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Dettaglio seduta n.210 del 20/10/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Deliberazione della Giunta regionale relativa a: "Quarto prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al capitolo n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1983, della somma di Lire 10.053.480.200"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Colleghi Consiglieri, è stato richiesto di iscrivere all'ordine del giorno la deliberazione relativa al quarto prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al capitolo 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1983, per la somma di lire 10.053.482.200.
La deliberazione è stata approvata all'unanimità dalla I Commissione.
Chi approva è pregato di alzare la mano. Il Consiglio approva all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti in aula.
La deliberazione recita: "Il consiglio regionale visto l'articolo 40 della legge regionale 29 dicembre 1981, n. 55 concernente il prelevamento dal fondo di riserva di cassa visto l'articolo 2 della legge regionale 5 settembre 1982, n. 14 che fissa in L. 12.044.591.301 la dotazione del fondo di riserva di cassa Considerato che le previsioni di cassa dei seguenti capitoli: n. 3560, concernente: 'Contributi in capitale per il riordino agrario per la costruzione, il ripristino ed il miglioramento di alpeggi, pascoli e prati pascoli nonché per la realizzazione di strutture, infrastrutture ed attrezzature fisse e mobili, ivi compresi i gruppi elettrogeni', e con dotazione di L. 74.000 n. 7630 concernente: 'Erogazione di fondi per far fronte ai maggiori oneri derivanti dalla realizzazione dei programmi di edilizia residenziale sovvenzionata per il quadriennio 1978/1981', e con la dotazione di L.
10.000.000.000 n. 11960, concernente: 'contributi agli Enti delegati per l'esercizio delle funzioni in materia di diritto allo studio nell'ambito universitario', e con la dotazione di L. 53.406.200 risultano inadeguate rispetto alle effettive necessità.
Tenuto conto che l'integrazione ed il prelievo possono essere stabiliti nella misura di L. 10.053.480.200 ritenuto altresì che i pagamenti da effettuare sui capitoli indicati rivestono carattere di particolare urgenza visto il parere favorevole espresso dalla I Commissione consiliare permanente delibera 1) l'incremento delle previsioni in termini di cassa per l'anno finanziario 1983, relativamente ai capitoli e negli importi di seguito indicati: Capitolo n. 3560 L. 74.000 Capitolo n. 7630 L. 10.000.000.000 Capitolo n. 11690 L. 53.406. 200 L. 10.053.480.200 2) la riduzione complessiva di L. 10.053.480.200 del fondo di riserva di cassa di cui al capitolo n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1983.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno presentato dai Consiglieri Reburdo, Montefalchesi Marchiaro, Moretti, Bontempi e Mignone inerente la protesta nelle carceri italiane


PRESIDENTE

Passiamo al punto 27 dell'ordine del giorno "Esame ordine del giorno presentato dai Consiglieri Reburdo,Montefalchesi, Marchiaro, Moretti Bontempi e Mignone inerente la protesta nelle carceri italiane".
La parola al Consigliere Marchiaro.



MARCHIARO Maria Laura

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, i Gruppi P.C.I. e P.d.U.P. il 14 settembre hanno presentato un ordine del giorno sulla situazione carceraria per porre all'attenzione del Consiglio una questione che ha raggiunto ormai livelli di ingovernabilità senza precedenti.
In Piemonte questi problemi sono più acuti, sia per l'addensarsi delle presenze di detenuti nelle case circondariali, sia per la condizione del carcere Le Nuove di Torino.
I mali complessivi del sistema carcerario li conosciamo, li ricordo qui soltanto schematicamente.
Nelle carceri italiane vi sono 26 mila posti per una popolazione carceraria che sfiora le 40 mila unità e la tendenza costante all'aumento dei detenuti non solo è indicativa di inefficienza nell'amministrazione della giustizia, ma è anche legata ai residui arcaici del nostro Codice.
All'interno di una popolazione carceraria così vasta, oltre 30 mila detenuti sono in attesa di giudizio di primo e di secondo grado ed è pesante il rapporto tra i secondi ed i primi che non hanno ancora avuto alcuna indicazione rispetto al loro reato e alla loro pena.
Il grado di promiscuità è sconvolgente e soltanto questo dato indica come la riforma del 1975 sia totalmente disattivata e inapplicabile.
In alcune celle delle Nuove convivono 6-7 detenuti di età diversa e per reati diversi: il rapinatore abituale convive con il ragazzo che ha compiuto il primo furto e con il drogato.
Le carceri sono luoghi orrendi, malsani, fatiscenti. Il piano di edilizia carceraria non ha fatto nessun passo per cancellare gli orrori di questa realtà sociale.
La presenza di questa situazione della criminalità di tipo mafioso camorristico e politico, ha esasperato tutti i problemi e portato le carceri a un livello di emergenza assoluta.
Nel convegno organizzato dal Consiglio regionale all'inizio di quest'anno si è affrontato il problema del personale carcerario, che è scarso e sottoposto a condizioni di lavoro molto dure, in attesa di una riforma del corpo degli agenti di custodia che è il pilastro per poter attuare la riforma penitenziaria del 1975.
In questi ultimi mesi si sono sviluppate, con carattere di sistematicità su tutto il territorio nazionale, proteste civili e pacifiche dei detenuti con scioperi della fame. I documenti dei detenuti affermano che non costringono nessuno alla lotta, che non lottano contro le guardie carcerarie o contro la direzione e che cercano il dialogo con le istituzioni.
E' un linguaggio nuovo che rivela come il movimento dei detenuti comuni è riuscito a vincere in un momento di estrema difficoltà rispetto ai disegni eversivi del contropotere criminale.
Oggi la popolazione carceraria è disponibile a mobilitarsi per la ricerca del dialogo con le istituzioni.
I loro documenti ufficiali enumerano le richieste che sono contenute nel pacchetto che il Governo ha presentato in questi giorni al Parlamento per avviare la riforma complessiva del sistema giudiziario.
Gli esperti che sono intervenuti nel dibattito di questi giorni hanno rilevato la necessità di graduare il trattamento, privilegiando il recupero sociale, come è previsto nella riforma del 1975, vincendo la repressione e distinguendo la grande criminalità di cui conosciamo tutti la pericolosità (presente in termini massicci nelle carceri) e la delinquenza comune.
Non apro la questione delle carceri speciali e del grado di arbitrio e di vessazione esistente all'interno di queste strutture, ma un accenno alla necessità di eliminare le discriminanti e le vessazioni disumane in tale forma di detenzione è opportuno farlo.
Non compete però a noi affrontare questo tema: credo che vada affrontato invece il discorso della gradualità dei provvedimenti individuando il livello normale di detenzione e il livello di sicurezza attenuata per i reati lievi, per le pene già comminate e brevi, per l'istituto della semilibertà.
Rilevante è rispetto a questi problemi il ruolo che possono avere la Regione e gli Enti locali. Il progetto che aveva presentato la Giunta poneva una particolare attenzione al recupero e al potenziamento delle carceri mandamentali per i livelli di sicurezza attenuata, il che vuol dire impegno diretto nella programmazione dell'edilizia carceraria in coordinamento con il Ministero, distribuzione dei detenuti, interventi di formazione, preparazione degli operatori penitenziari, misure per l'inserimento nel lavoro, attenzione ai problemi sanitari, all'assistenza allo svago.
Sono problemi concreti su cui richiamo l'attenzione del governo regionale e delle forze politiche; sono problemi che non possiamo più lasciare relegati ai documenti, ma che vanno affrontati concretamente.
Voglio porre qui un'altra questione di estrema attualità, quella del nuovo carcere delle Vallette. Il cantiere sta languendo; se non arrivano i finanziamenti entro la fine di dicembre saranno messi in cassa integrazione 40 operai su 120 e oltre 60 operatori legati alle attività dell'edilizia altri 40 operai saranno messi in cassa integrazione entro Pasqua del prossimo anno e nel giro di pochi mesi il cantiere delle Vallette potrebbe essere chiuso.
Inoltre ricordo che i processi ai terroristi, tenutisi alle Vallette per ragioni logistiche e di sicurezza, hanno ostacolato i lavori di costruzione non solo, ma vi sono forti preoccupazioni che l'aula delle Vallette debba funzionare normalmente per altri grandi processi addirittura, anche per il processo sulla strage di Bologna.
Se viceversa, arrivassero i finanziamenti e per qualche mese si lasciasse libera l'aula dei processi, l'estate 1984, due lotti dell'edificio che permetterebbero di ospitare 500 detenuti circa con un oggettivo alleviamento del disagio e delle sofferenze che si vivono quotidianamente nelle Carceri delle Nuove.
Entro un anno e mezzo con i contributi che la comunità piemontese deve esigere si potrebbero terminare tre caserme e il braccio della semilibertà.
Queste ipotesi vanno valutate in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, quindi chiedo al Presidente della Giunta di promuovere una riunione con l'Amministrazione giudiziaria, con la Prefettura, con i sindacati per valutare le possibilità operative, per portare a compimento almeno una parte dell'edificio delle Vallette.
Questa è la prima proposta. L'altra proposta, espressa nell'ordine del giorno, è quella di promuovere un confronto su alcune iniziative che la Giunta sta portando avanti e che, tra l'altro, dovrebbero essere maggiormente conosciute e maggiormente valorizzate. Sono questioni innovative e importanti che hanno richiesto un grande sforzo operativo ed una grande intelligenza creativa nel rapporto con gli operatori penitenziari, quindi sarebbe opportuno fissare al più presto un dibattito in cui questi elementi vengano messi in evidenza e ci sia una spinta ulteriore per portare avanti il processo indicato nel progetto che già avevamo discusso in questa sede.
La terza proposta è di natura politica. Dopo l'iniziativa di gennaio quando avevamo dibattuto con gli agenti di custodia, con gli interlocutori politici a livello parlamentare e con gli esperti la riforma penitenziaria è giunto il momento di riprendere le fila di quel discorso e di assumere delle iniziative che portino alla sindacalizzazione e alla riforma del corpo degli agenti.
Ritengo sia importante che le forze politiche trovino l'unità e l'accordo per riprendere quel discorso e per ridare voce a una realtà che altrimenti voce non riesce ad avere.
Un'altra importante funzione di questa istituzione sembra essere quella di sensibilizzare ulteriormente l'opinione pubblica. Credo che tutti i colleghi abbiano scorto la significatività della convergenza delle forze politiche e delle istituzioni dello Stato in questo momento.
E' un fatto importante che non possiamo considerare come scontato, ma che dobbiamo vivificare con una presenza continua.
Abbiamo voluto visitare più volte le Nuove per poter esprimere un giudizio imparziale e circostanziato sulla vita degli agenti e dei detenuti.
Le Nuove sono un luogo di sofferenza e di orrore dove, nonostante la buona volontà di molti che vi lavorano, non si riesce a superare un livello sconvolgente di disumanità.
Non credo che la nostra comunità possa accettare in silenzio una situazione del genere.
La strada per cancellare orrori è lunga e difficile. Incominciamo subito, dando qualche segno concreto e dimostrando la nostra sensibilità e la nostra volontà a rendere questa società più civile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra

Ho chiesto la parola su questo argomento che mi sta particolarmente a cuore avendolo seguito durante il mio incarico di Assessore.
Con il DPR 616 molti compiti importanti sono passati alla competenza degli Enti locali: la prevenzione primaria, la prevenzione specifica con interventi mirati, in campo civile, amministrativo, assistenziale, il recupero delle case circondariali, gli interventi sanitari, culturali formativi per l'avvio al lavoro all'interno ed all'esterno degli istituti di pena, l'assistenza alle famiglie dei detenuti, l'assistenza post penitenziaria, la collaborazione negli affidamenti in prova e nella semi libertà, ecc.
E' un campo vastissimo che si apre alla Regione.
Si è parlato del disumano sovraffollamento esistente nelle carceri, ma io credo che nel limite delle competenze regionali si possa incidere con la prevenzione e sulle reciditività puntando al recupero delle case mandamentali per diminuire la popolazione delle carceri circondariali soprattutto per quei detenuti che hanno pene lievi o che sono in carcerazione preventiva.
La Regione può ancora intervenire nel campo della formazione professionale e sul lavoro all'interno del carcere. Ricordo che la Regione Piemonte aveva organizzato una mostra mercato del lavoro dei detenuti.
Quando visitai le principali carceri piemontesi mi furono fatte proposte interessanti sull'impiego di detenuti come cuochi, dal momento che attualmente per le esigenze del carcere i cuochi vengono assunti dall'esterno, facendomi rilevare come questa professione trovi immediata risposta anche dopo che il detenuto viene dimesso.
Di conseguenza la Regione potrebbe organizzare corsi di formazione professionale per coloro per i quali sta per finire il periodo di detenzione o per coloro che sono in semilibertà.
La Giunta aveva approvato un provvedimento contenente le linee programmatiche e di intervento sul disadattamento, sulla devianza e sulla criminalità, ma il succedersi di tre Assessori dell'Assessorato all'assistenza in meno di dieci mesi ne hanno rallentato l'attuazione.
Occorrerà verificare in che modo quel provvedimento può trovare il finanziamento ed eventualmente provvedere alla sua riconversione in legge affinché si possa dare un contributo sia ai detenuti che vivono situazioni disumane sia agli agenti di custodia in favore dei quali la Regione aveva anche assunto iniziative per il reperimento di alloggi trattandosi, per la gran parte di personale immigrato dal sud che non ha il conforto della famiglia dato appunto le scarse possibilità di reperire alloggi nelle città dove esistono case mandamentali.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la diffusa protesta registrata nelle settimane scorse nelle carceri italiane e alle Nuove è la conseguenza di un disagio reale, di una sofferenza umana che supera le dimensioni della pena.
I detenuti protestano oggi con sistemi non violenti, attraverso lo sciopero della fame, nella speranza di riuscire ad ottenere un regolamento più moderno e carceri meno affollate.
Per riuscire a rieducare i cittadini che hanno sbagliato, che hanno violato la legge, si deve essere in grado di offrire loro una speranza, una possibilità di recupero, ma la speranza bisognerebbe incominciare a darla proprio a quei detenuti che hanno cominciato questa protesta dilagante, che non deve essere messa a paragone con gli scopi di violenza cui abbiamo assistito in tempi passati.
Nessuno può offrire la soluzione di mali che si sono consolidati nel tempo, ma guai se la democrazia fosse sorda alle necessità di agire subito.
Per questo motivo di fondo il Gruppo repubblicano condivide lo spirito con il quale alcuni colleghi hanno proposto al dibattito consiliare l'ordine del giorno sulla situazione delle carceri, datato 14 settembre.
Dobbiamo sottolineare come il nostro sistema penitenziario sia oggetto di denunce clamorose e di polemiche sulle responsabilità e sulle situazioni di degrado e di arretratezza indegne di un paese civile e moderno.
I dati riportati nei discorsi di apertura dell'Anno Giudiziario sono chiari, così come sono chiari i dati degli operatori del settore resi nel recente convegno regionale degli agenti di custodia, al quale era presente in rappresentanza del Partito repubblicano, l'on. Robaldo, che fu relatore della legge sui pentiti.
La popolazione detenuta in Italia è costituita in media da 30/40.000 unità, a seconda degli effetti dei provvedimenti di amnistia e di condono che risalgono al 1978 e al 1981.
La capienza dei circa 200 edifici penitenziari non va oltre le 28.000 unità; da qui derivano, affollamento, indiscriminato concentramento di detenuti per reati diversi, impossibilità di ogni misura riabilitativa ingovernabilità del sistema carcerario.
Il problema delle carceri non è quindi più rinviabile e deve essere affrontato alla radice, e la radice non si trova negli istituti di pena, ma nelle aule dei tribunali.
Il dato che rende più drammatica la situazione è che gran parte dei detenuti oggi in carcere non è stato mai condannato in modo definitivo, il che significa secondo la lettera e lo spirito della Costituzione che gran parte della popolazione carceraria italiana è da considerarsi innocente. I ritardi della giustizia e la lunghezza dei processi creano disagi non solo alla coscienza civile del paese, ma anche alle strutture carcerarie.
Un importante passo avanti è già stato compiuto all'inizio del corrente mese, durante le sedute del Consiglio dei Ministri che si è occupato pienamente dei problemi della giustizia, sono stati messi a punto numerosi disegni di legge che ora passano all'esame del Parlamento nell'intendimento di un rapporto privilegiato tra governo e Parlamento quello che Spadolini definì la "corsia preferenziale".
Questi provvedimenti sono stati appunto incanalati nella corsia preferenziale.
I disegni di legge all'attenzione delle Camere toccano i punti nodali del sistema giudiziario e propongono riforme in tutti quei settori le cui inadeguatezze si sono fatte sentire pesantemente in questi anni.
Prima di tutto è stato esaminato il nuovo Codice di procedura penale attraverso cui passa la possibilità di rinnovare la macchina della giustizia e quindi di porre un freno alla lunghezza esasperante dei processi.
Il governo ha deciso di ripresentare il testo approvato dalla Commissione Giustizia della Camera nel corso della passata legislatura. Al fine di snellire il lavoro dei Tribunali, viene modificato l'art. 31 del Codice di procedura penale e la competenza per gli omicidi colposi e i furti aggravati passa al Pretore.
Snellendo i processi, si interviene indirettamente anche sulla carcerazione preventiva.
Inoltre, un disegno di legge autonomo del Consiglio dei Ministri sulla carcerazione preventiva diminuisce di un quarto il tetto fissato nel 1979 e stabilisce che il termine di carcerazione preventiva non può essere superiore ai 2/3 della massima pena prevista.
Viene ampliata la facoltà del giudice di concedere la libertà provvisoria, anche quando il processo è in corso, tranne che per i delitti di tipo mafioso o terroristico.
Inoltre vi è la novità del giudice di pace intesa per alleggerire i magistrati ordinari e per garantire almeno i diritti degli imputati.
Queste misure definitive non possono che confortarci rispetto alla situazione che andiamo qui illustrando e comunque suggeriscono un diverso approccio alla questione in esame che vorremmo definire in modo più sostanziale.
Sarebbe infatti opportuno a questo punto sollecitare un organico integrativo per la Magistratura piemontese che, come abbiamo potuto recentemente rilevare da una pacata denuncia del Giudice Vaudano sul quotidiano "La Repubblica", è impossibilitata ad operare per una strutturale carenza del personale.
Questi, se pur importanti provvedimenti non risolveranno i problemi carcerari, così come non possono essere adottati come giustificativi di questa situazione.
La verità è che la riforma del 1975 suona nei confronti delle forze politiche che l'approvarono, più che degli addetti ai lavori, con un impietoso capo d'accusa.
E' stato l'ennesima riforma che credevamo di poter prendere in prestito dai paesi più avanzati del nostro, senza avere un retroterra e soprattutto i mezzi e la volontà per procedere alla sua attuazione.
Lo stesso è avvenuto per la riforma sanitaria.
L'errore che si fa nel nostro Paese è di collocare riforme forti, ma in un sistema debole, contraddittorio e caotico, incapace di reggerle.
In questi ultimi anni l'attenzione delle forze politiche si è fissata solo su alcuni aspetti divenuti nel frattempo caratteristici e per certi versi fondamentali.
Nella situazione di ingovernabilità del sistema carcerario si sono diffuse tra la popolazione detenuta nuove figure di identità, soprattutto quella del terrorista. Non dimentichiamo che la cifra nel totale dei detenuti imputati o condannati per reati di terrorismo fa si che ve ne sia uno ogni 30 negli istituti penitenziari. La differenza sostanziale del regime negli istituti di maggior sicurezza rispetto a quelli di regime ordinario consiste appunto nell'abolizione, per dichiarati motivi di sicurezza, di ogni tipo di attività comune da svolgersi durante la giornata.
L'interpretazione di questo principio veniva affidata, a causa del ripetersi di preoccupanti episodi di violenza, all'art. 90 della legge 354 del 1975, la possibilità da parte del Ministero di Grazia e Giustizia di sospendere l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla legge per un periodo strettamente necessario. Sarebbe tuttavia auspicabile che, pur di fronte ad una normativa dichiaratamente di carattere temporaneo, fossero sollecitate al Governo da parte del Consiglio regionale, norme legislative rispondenti all'esigenza i specificare i limiti entro i quali può essere modificato rispetto agli altri istituti, il regime vigente nelle carceri speciali, onde evitare che con semplici provvedimenti amministrativi vengano compresse e limitate le regole di trattamento, sia pure soltanto nei confronti di alcune persone, in modo da violare il dettato costituzionale che vieta i trattamenti contrari al senso di umanità e prevedere rigorosamente le condizioni per l'assegnazione dei detenuti agli istituti di maggior sicurezza, garantire conseguentemente un controllo dell'organo giurisdizionale sulle assegnazioni stesse ed istituire inoltre una revisione periodica delle condizioni che hanno determinato l'assegnazione. L'assegnazione, infatti, avviene attualmente con semplice provvedimento dell'amministrazione penitenziaria, che viene adottato sulla base dei rapporti e segnalazioni anche riservate delle direzioni degli istituti per i detenuti comuni, mentre per i detenuti cosiddetti politici è determinante la segnalazione dei Magistrati inquirenti per i reati da terrorismo.
In genere è sufficiente che l'imputato nel corso dell'interrogatorio si dichiari prigioniero politico.
Al provvedimento inverso, cosiddetto di declassificazione, che è anch'esso di competenza dell'amministrazione ed è in genere preceduto da un altro provvisorio il quale fissa il periodo di osservazione di prova, si giunge per una via piuttosto tortuosa e spesso non priva di angoscia per il detenuto che vi aspira.
Chi infatti intenda dissociarsi dai progetti eversivi o dalla spirale delle violenze in carcere, deve innanzitutto convincere l'amministrazione penitenziaria della sincerità della sua dissociazione: il che appare particolarmente difficile quando non si tratti di persone che essendo coinvolte in importanti inchieste sul terrorismo, abbiano la possibilità di diventare degli importanti pentiti. La via normalmente scelta da chi si trova in tale situazione particolare, è quella dell'isolamento volontario e totale che può protrarsi anche per molti mesi e che oltre agli aspetti negativi dell'isolamento in sé presenta altri aspetti indubbiamente angosciosi, quali l'incertezza sul proprio futuro penitenziario e, non ultimo, il grave timore per la propria incolumità fisica in quanto la scelta stessa dell'isolamento lo pone in una situazione inequivocabile ed oramai irreparabile di inimicizia rispetto ai compagni irriducibili.
Accanto ai problemi dell'apparato della giustizia e dell'adeguamento dei supercarceri rimarrà comunque quello delle strutture fisiche all'interno delle quali rinchiudere i condannati. Non è un problema secondario, specie se si vuole rispettare alla lettera il dettato costituzionale che parla della detenzione come rieducazione e non si pu rieducare nessuno in stabilimenti cadenti. Naturalmente la costruzione di nuovi stabilimenti richiede lo stanziamento di fondi sufficienti e questo è uno sforzo non indifferente per un paese come il nostro che fa dell'urgenza di comprimere la spesa pubblica una necessità primaria.
Ma forse qualche cosa si può cominciare a fare sul piano regolamentare sull'utilizzazione più razionale delle strutture esistenti, sull'attenta valutazione delle decisioni che si vanno prendendo.
Un altro grave problema di questo triste universo, riguarda i carceri minorili.
E' risaputo quanto il sistema di rieducazione e prevenzione degli istituti non funzioni. Chi finisce in carceri minorili entra in un circolo che lo porterà quasi sicuramente in un carcere vero e proprio. Noi non possiamo condividere l'attuale ordinamento sulle carceri minorili, lo riteniamo antiquato ed incapace di svolgere una funzione rieducativa. Siamo certamente a conoscenza delle iniziative avviate presso il Ferrante Aporti del parziale successo della sperimentazione avviata nel campo della formazione professionale ed a questo proposito è importante che si definisca più concretamente l'accordo inserito nel progetto giovani tra gli artigiani e il Comune di Torino anche perché sulla base delle passate esperienze riguardo ad ipotesi lavorative e formative negli istituti di detenzione di diverso ordine, dobbiamo rilevare fra tanti fallimenti il parziale successo di questi corsi di artigianato. Ricordo benissimo la mostra promossa dalla Regione lo scorso anno della quale ha parlato la collega Cernetti poco fa. Ulteriori corsi di artigianato presso il carcere minorile hanno riscontrato uguale successo, dobbiamo però rilevare che ad un interessamento iniziale del detenuto segua un andamento ed una frequentazione dei corsi attivati assai discontinua, con risultati ridotti nella fase finale.
Ricercando le cause di questo fenomeno, non possiamo imputare gli artigiani istruttori di una carenza professionale, infatti il problema è insito soprattutto nell'inorganicità e assenza di coordinamento attraverso cui le iniziative vengono inserite, perché non si tratta del lavoro in s ma del diritto al lavoro e perché questo fondamentale concetto per il reinserimento futuro dei soggetti in questione si concretizzi in qualche modo non si può chiedere all'artigiano di fare anche le veci dell'assistente sociale, perché il problema di fondo per la comprensione e la riuscita di questa iniziativa è che vi sia, all'interno degli istituti quanto all'esterno, una rete reale di assistenza sociale che garantisca la continuità del lavoro e l'inserimento stesso dei cittadini a tutti gli effetti.
Si tratta di un assetto globale che richiede una completa revisione perché la criminalità giovanile è soprattutto l'effetto di una devianza e per il recupero di quella devianza che si configurasse in atteggiamenti criminali non serve la punizione; bisogna sempre agire tenendo ben presente che si tratta di devianza. Alla Camera dei Deputati è depositato un progetto di legge dei repubblicani che propone la creazione di centri residenziali per il recupero di tossico-dipendenti.
Il criterio che l'ha ispirato è quello di recuperare i devianti che per la loro particolare condizione non possono essere lasciati nell'ambiente dove la devianza è nata.
Mutando ciò che c'è da mutare, lo stesso criterio deve ispirare il recupero di quella devianza che si estrinseca nella criminalità, creare dei centri all'aperto, ove si possa svolgere qualche attività, dove il numero degli abitanti non sia elevato, dove la privazione della libertà non sia sinonimo di carcere.
Non bisogna dimenticare che l'obiettivo principale è di dare a questi minori un modello ed uno scopo di vita, quindi una identità che non sia criminale.
Non altro; non punire, non vendicarsi, che, se qualcuno avesse diritto alla vendetta, sarebbe ben arduo stabilire se si tratti del giovane o della società.
In carcere non esiste educazione se non alla delinquenza. Come si fa a punire un minorenne che non ha ancora avuto il tempo di decidere se sbagliare? Questi sono gli appunti che abbiamo ritenuto di portare alla discussione su questo argomento in sede di Consiglio regionale.
Abbiamo sotto gli occhi l'ordine del giorno presentato dai colleghi il giorno 14 settembre. Lo riteniamo condivisibile nello spirito ma riteniamo che debba essere aggiornato alla luce dei provvedimenti che ha preso il Governo recentemente.
Gradiremmo inoltre che venisse fatto un accenno alla questione del carcere minorile, perché ci sembra argomento non di secondaria importanza.
Se ci sarà l'opportunità di concludere con un ordine del giorno unitario ci faremo propositori di emendamenti sulla base delle nostre osservazioni.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

L'ordine del giorno con la firma del sottoscritto ha lo scopo di costituire da un lato una presa di posizione su alcuni problemi di carattere generale che vanno affrontati con norme legislative nazionali dall'altro di impegnare la Giunta a presentare un programma di iniziative sulle materie di competenza della Regione misurandosi con le forze politiche sui contenuti e sulle proposte.
Ci sono problemi che vanno risolti a livello nazionale e problemi che vanno affrontati e risolti dalla Regione e dagli Enti locali.
La protesta pacifica che si è svolta in queste ultime settimane nelle carceri deve farci riflettere profondamente perché dimostra che la popolazione carceraria ha fatto un salto di qualità e di coscienza.
Le richieste pervenute dalle carceri, che sono generalmente condivise mettono l'accento sulle condizioni di vita nelle carceri ma anche su una serie di norme che riguardano la riforma della carcerazione preventiva, la riforma del sistema penale.
La situazione esistente alle Carceri Nuove rispecchia generalmente la situazione delle carceri italiane.
La lunga carcerazione preventiva e la lentezza dei processi sono la causa dell'eccessivo affollamento delle carceri rendendo difficile per l'ente locale lo svolgimento di quelle funzioni di sua competenza come iniziative ricreative, culturali, sportive, relative alla formazione professionale ed al lavoro.
Con l'approvazione dell'ordine del giorno che questa sera è all'esame del Consiglio regionale dovrebbe uscire un segnale alla popolazione carceraria e una sollecitazione nei confronti del Governo e del Parlamento affinché portino avanti le iniziative legislative proposte recentemente dal Governo sulla riduzione della carcerazione preventiva e sulla riforma dei codici che permetta una rapida celebrazione dei processi.
Queste sono le condizioni per eliminare il sovraffollamento, per migliorare la condizione della popolazione detenuta e per permettere alla Regione e agli Enti locali di svolgere la loro attività.
Le iniziative del Consiglio regionale possono inoltre premere per sollecitare la riforma dell'ordinamento degli agenti di custodia affinch siano soggetti attivi nella rieducazione dei detenuti.
Durante l'ultima visita che con altri colleghi ho effettuato alle Carceri Nuove ho sentito spesso parlare da parte dei detenuti dell'agente di custodia come di "quello che mi conosce meglio", però l'agente ha un peso scarso e molto relativo nel giudizio che viene formulato ai fini di una eventuale uscita dallo stato di detenzione, prima di aver scontato totalmente la pena.
Molti detenuti, nonostante il fossato profondo che li divide dagli agenti di custodia, riconoscono il ruolo dell'agente, costruire le condizioni perché questo ruolo possa essere svolto.
Prima di attuare le proposte che sono di nostra competenza, dobbiamo fare un bilancio di ciò che abbiamo fatto, con una relazione sullo stato di attuazione della deliberazione sulla devianza e criminalità. Poi predisporre un piano di intervento della Giunta che coinvolga gli Assessorati competenti.
E' essenziale il ruolo della formazione professionale per i giovani ed è necessario che la Regione presenti un piano che delinei gli strumenti con i quali si tenta il reinserimento del detenuto nella società.
In questa iniziativa al primo posto c'è il lavoro: in che modo il detenuto trova lavoro? Non esiste una struttura che permetta di superare le diffidenze della società e del mondo del lavoro nei confronti del detenuto.
Rispetto al carcere delle Vallette. I tempi di costruzione hanno superato qualsiasi ipotesi ragionevole. Si parla di apertura nel 1984 o nel 1985, ma penso che vi sarà ancora uno slittamento, perché i processi ai terroristi, che lì si tengono, non permettono di far avanzare i lavori (sembra che si celebrerà alle Vallette anche il processo per la strage di Bologna) e poi anche per la carenza di finanziamenti. Negli anni 1974 e 1975 sono stati appaltati alla società Navone lavori per un preventivo di 11 miliardi e 800 milioni, oggi siamo a 100 miliardi di costo.
Siamo a livelli incompatibili e inaccettabili. Come diceva la collega Marchiaro credo anch'io che fra pochi mesi possano essere terminati alcuni lavori e si possa aprire parzialmente la struttura per ospitare una parte dei detenuti che affollano le Nuove.
Questa possibilità di utilizzo parziale delle Vallette deve essere verificata anche perché i lavori sono ancora in corso e occorre dare sicurezza a chi lavora.
Invito la Giunta a riunire attorno ad un tavolo i soggetti interessati Governo, Magistratura, i responsabili degli istituti di pena, per verificare la disponibilità ad erogare i finanziamenti necessari e per l'utilizzo parziale delle Vallette.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'argomento meriterebbe una profonda e vasta esplorazione di aspetti diversi, ma mi limiterò a quelli pertinenti al nostro livello istituzionale e alle competenze che intendiamo rivendicare.
In questo momento sta entrando il Presidente della Regione e spero che voglia sentire alcune mie considerazioni in ordine al problema delle strutture carcerarie con riferimento al territorio, aspetto sul quale nella passata legislatura vi sono stati incontri a volte suggeriti dai problemi connessi alla gestione del post-terrorismo e all'ordine all'interno delle carceri.
Sulle strutture delle carceri il Presidente Viglione aveva dato la sensazione di una certa capacità di gestione della loro articolazione.
Questa sensazione in realtà, forse non per colpa del Presidente Viglione, è sfuggita alle istituzioni se pensiamo che a partire dagli anni 1979/1980 ad oggi, una serie di diaspore e di iniziative prese da varie città nella rincorsa ai finanziamenti per l'edilizia carceraria, ha portato alla costruzione di stabilimenti non programmati e non finalizzati alle effettive esigenze della Regione.
Sul problema del supercarcere di Cuneo, delle strutture di Alba, di Novara e di Vercelli, si dovrebbe fare un commento che però non è pertinente in questa sede, ma sul problema delle Vallette, è opportuno dire alcune cose.
Il progetto delle Vallette non procede perché da una previsione di 506 posti, così come fu chiesto di destinare a me quando ero Assessore all'urbanistica, si è passati ad un supercarcere con caratteristiche di sicurezza e di polifunzionalità dal punto di vista penale del tutto aberranti rispetto alle previsioni degli anni '70. Già in quel periodo la destinazione era stata oculatamente scelta per evitare una ghettizzazione in una zona eccessivamente isolata e lontana dalle strutture del territorio.
Si era pensato a quell'area perché compresa tra due agglomerazioni urbane e vicine agli ospedali psichiatrici di Collegno che sarebbero stati smantellati e recuperati come attrezzature di appoggio, strutture professionali e di reinserimento per i carcerati, oppure come strutture parallele di carcerazione preventiva con caratteristiche funzionali non strettamente simili a quelle delle strutture carcerarie vere e proprie.
Questo disegno negli anni '75 doveva essere oggetto di controllo da parte del governo locale. In ogni convegno e in ogni occasione di incontro e di dibattito ci si è invece sempre compiaciuti di denunciare le inadempienze del Governo, la non osservanza di determinate premesse programmatiche.
Quando ci avviciniamo a quella zona, in certe ore del mattino o della sera, quando è invasa dalle nebbia, vediamo spuntare da ogni punto della macchia verde agenti con sistemi di protezione da supercarcere.
In realtà la detenzione di una determinata popolazione carceraria rende di fatto ingestibile il territorio dove vi è una presenza demografica quanto mai rilevante.
Questo aspetto deve essere denunciato in questa sede e prego il Presidente della Giunta di farsi carico di questa realtà.
Quanto ai rapporti tra strutture e territorio devono essere rivendicate le competenze regionali, prima di tutto nel compito di coordinamento e quindi di condizionamento. Con la riforma carceraria ci sono possibilità di intervento delle istituzioni e del governo locale.
Sono argomenti sui quali più volte ci siamo intrattenuti e sui quali il convegno sulla riforma penitenziaria, che si è svolto in questa sede nel gennaio 1983, ha già dato ampia esplorazione.
Sull'applicazione della riforma non mi soffermo ulteriormente. Ritengo di richiamare l'intervento del collega Ratti a concludere di quel convegno per evidenziare non solo la posizione del nostro Gruppo, ma la posizione comune a tutte le forze politiche ed a tutte le componenti specialistiche che erano intervenute in quella sede.
Era stato molto oculatamente visto il problema dell'habitat all'interno delle carceri con riferimento alla società esterna.
In questa connessione rimane il nodo principale che ha riferimento alle riforme che debbono essere attuate all'interno della struttura carceraria e del sistema penitenziario e ha riferimento a tutto ciò che succede all'esterno delle strutture.
Non solo è un problema urbanistico, ma anche di struttura della società o di quelle componenti della società che intendono dare un apporto in questa direzione tenendo conto che l'istruzione professionale, le iniziative parassistenziali e il reinserimento nel mondo del lavoro, sono aspetti che indirettamente investono anche il nostro livello istituzionale.
Mi auguro che in occasione del dibattito e nell'enucleazione dei contenuti legislativi della legge che dovrà essere votata in questa sede la Regione riservi un proprio ruolo e una destinazione di risorse proprio al volontariato perché produca determinati effetti e possa metterci in condizione di operare il recupero e la rieducazione integrativa, che ovviamente non può essere svolta durante il periodo di detenzione.
Il terzo punto, ripreso negli ordini del giorno presentati, riguarda il ruolo e la regolamentazione degli agenti di custodia. Nel convegno avevamo già evidenziato l'esigenza di non forzare la riforma istituzionale del Corpo fintanto che alcune riforme del sistema penitenziario non fossero state sufficientemente definite in modo da adattare il ruolo e la regolamentazione del corpo all'attuazione complessiva della riforma penitenziaria.
Non possiamo non prendere atto del fatto che su questo piano il Governo si è mosso e che il Consiglio dei Ministri ha discusso alcune proposte di riforma sulla carcerazione preventiva e sulla possibilità di accelerare la celebrazione dei processi per i detenuti in attesa di giudizio.
Non contraddicendo, ma capovolgendo la logica dell'ordine del giorno presentato, abbiamo presentato un altro ordine del giorno che riprende questa realtà dell'imminente esame da parte del Governo e del Parlamento di tali misure, ritenendo che, anche per la consapevolezza derivata dalla protesta nelle carceri, siano maturi alcuni nodi e che siano possibili da parte del Governo e del Parlamento alcuni atti concreti.
Questo voto del Consiglio deve trasformarsi in un atteggiamento più responsabile che non consista solo nel recepire i contenuti di una protesta, ma in una richiesta al Governo perché perfezioni al più presto questi provvedimenti, li renda noti e renda soprattutto possibile alle istituzioni locali e al governo regionale un ruolo di collaborazione per gli aspetti che ho già ricordato e per quelli che possono essere oggetto di contenuti legislativi.
Lascio ad altri colleghi il commento relativamente agli aspetti che concernono le linee programmatiche sul disadattamento, sulle devianze e sulla criminalità, aspetti che sono stati esaminati nelle dovute sedi.
Per quanto non presente in questa mia breve illustrazione dell'ordine del giorno mi rifaccio agli interventi del collega Consigliere Ratti svolti in occasione del convegno testé ricordato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Mi domando, e come me altri colleghi se lo sono chiesto, a che cosa serva un dibattito in cui ogni Consigliere parla, esce e se ne va, in assenza dell'Assessore competente almeno per quanto riguarda la delibera a cui ha fatto riferimento la collega Cernetti.
Non vorrei che si consideri il dibattito su questo tema quasi come un riempitivo poiché oggi sono slittati altri argomenti che erano previsti all'ordine del giorno.
La collega Vetrino ha sviluppato una serie di temi nei quali noi ci riconosciamo e che non riprendo per non dilungarmi. Il punto che ci sembra caratterizzante è quello relativo al personale che dovrebbe affrontare la riforma e che il Consiglio regionale e la Giunta per le loro specifiche competenze in materia di formazione professionale hanno il compito di formare gli operatori che dovranno attuare nelle carceri la riforma.
Spesso in Consiglio vengono esaminati ordini del giorno che evidenziano problemi o proteste che emergono all'esterno. E' una specie di difesa della nostra sensibilità un vuoto di intervento, quasi una copertura di vergogna con gli ordini del giorno.
Prendendo lo spunto dalla deliberazione che ha ricordato la collega Cernetti, ci poniamo il problema di attuare quel poco che la Regione è in grado di attuare.
Credo che le osservazioni fatte dai colleghi presenti sulla drammaticità della criminalità e della devianza giovanile, meritino più rispetto da parte nostra che non il solito rito del dibattito.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Presidente Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Colleghi Consiglieri, non credo di essere destinatario del problema carcerario in Piemonte, seppure la Giunta e il Consiglio si siano occupati a lungo del problema, vorrei soltanto riassumere alcuni argomenti.
Edilizia carceraria. Ce ne stiamo occupando.
Ha ragione il Consigliere Picco ricordando che il carcere delle Vallette era previsto per 500 posti. Quando chiedemmo un ulteriore allargamento del carcere di Torino prospettavamo 800 posti.
Il carcere, la cui spesa era prevista in circa 10 miliardi, costerà 100 miliardi, di cui 80 già finanziati e gli ultimi 20 in corso di finanziamento.
L'apertura è prevista per la fine del 1985. Bisogna però considerare che con una spesa di 100 miliardi la Città di Torino realizza le "Nuovissime" e, nell'area delle Nuove che già le appartiene, realizzerà nell'ambito del quartiere alcuni servizi sociali.
Nel frattempo sono entrati in funzione il supercarcere a Cuneo, ma con caratteristiche e novità di impostazione indubitabili, il carcere di Ivrea con tutte le difficoltà che ha presentato.
Miglioramenti sostanziali si sono attuati nei carceri di Alessandria di Novara.
E' in corso di costruzione il carcere di Alba, iniziato come piccolo carcere dietro protesta degli avvocati e della Città, ma che si avvia ad essere un supercarcere.
E' iniziata la ristrutturazione di Saluzzo nella vecchia Castiglia. C'è il supercarcere di Fossano.
Quanto ad Asti il Consiglio comunale e le forze politiche hanno sollevato dubbi sul fatto che la città abbia un supercarcere. E' in corso di sistemazione il carcere di Biella. Credo perciò che il Piemonte possa essere abbastanza tranquillo. Torino non è tra le punte più elevate delinquenziali. Alba addirittura è alla punta più bassa d'Italia.
Il Piemonte potrà ospitare dai 4000 ai 5000 detenuti il che vuol dire che sopporta una buona fetta pari al 15-20% di tutti i detenuti italiani.
Ma il problema è duplice, perché non si tratta soltanto di intervenire nel campo dell'edilizia ma si tratta di eliminare le tane delle Nuove e degli altri carceri e di togliervi chi è in attesa di giudizio, circa il 60% dei detenuti.
Vi è poi il problema dell'assistenza e presso l'Assessorato competente esiste un servizio che si occupa dei rapporti con i detenuti.
Vi è il problema della semi-libertà, vi sono i problemi del lavoro e della qualificazione professionale nel campo della semi-libertà.
All'interno delle Nuove vi sono scuole professionali a cui la Regione ha contribuito in parecchie circostanze per inserire i detenuti nella società.
In sostanza, dal punto di vista edilizio la situazione è migliorata mentre dal punto di vista umano, sia per l'affollamento eccessivo dei carceri, sia per la lentezza dei processi, si sta regredendo.
Accetto la proposta avanzata dai Consiglieri Picco, Vetrino e Montefalchesi di riunire i direttori degli istituti di pena con le autorità competenti perché il problema è molto grave dato che coinvolge molti aspetti.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La discussione è conclusa. C'è un ordine del giorno del Gruppo D.C.
sullo stesso argomento. Questa materia ci ha visti su posizioni molto vicine per cui penso sia possibile trovare una formulazione unitaria di ordine del giorno.
Chiedo ai proponenti se sono d'accordo di votare il giorno 27 un ordine del giorno unitario che raccolga gli elementi emersi dalla discussione.
La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Sono d'accordo sulla proposta di votare il prossimo 27 gli ordini del giorno. L'ordine del giorno da me firmato impegna la Giunta a presentare una relazione in merito alla gestione della deliberazione sulla devianza e sulla criminalità ed a presentare un piano di intervento relativamente alle materie di competenza della Regione.
Vorrei sapere se la Giunta è disponibile.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Vorremmo organizzare su questa materia un incontro con i responsabili.
Non abbiamo difficoltà di accogliere quanto ha sottolineato il Consigliere Montefalchesi, ma lo vorremmo confrontare con il sistema carcerario nel suo insieme.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra

Alla luce di quanto sta avvenendo a livello di Governo, che ha modificato alcuni aspetti rispetto alla situazione esistente al 14 settembre 1983, sarebbe opportuno modificare l'ordine del giorno.
Vorrei inoltre proporre la formazione di una Commissione consiliare per approfondire tali problemi. Molti incontri sono stati fatti per l'approfondimento di questa materia, ma ci sono compiti specifici che spettano alla Regione e che senza indugio vanno portati avanti, primo fra tutti il finanziamento della deliberazione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

La V Commissione può occuparsi dei problemi nel campo dell'assistenza quindi potrà fare le proposte e operare.



PRESIDENTE

Per quanto riguarda la nomina della Commissione, come Presidente dell'assemblea, faccio mie le osservazioni del Presidente della Giunta assegnando tali competenze alla V Commissione che è pienamente titolata per svolgere gli approfondimenti e per proporre le indicazioni al Governo regionale sulla materia.
La discussione è chiusa.


Argomento: Nomine

Approvazione dei criteri per la designazione di rappresentanti della Regione in enti ed organismi


PRESIDENTE

E' stato proposto di iscrivere all'ordine del giorno un documento che fa riferimento ad altro documento presentato dalla Commissione consultiva per le nomine.
La Commissione consultiva per le nomine ha elaborato un documento che indica i criteri per la designazione dei rappresentanti della Regione negli enti e negli organismi.
Desidero sottolineare che si è trattato di un lavoro molto approfondito che ha visto la partecipazione di tutti i Gruppi consiliari e che ha portato a un esito unanime e di grande significato politico.
Chi approva l'iscrizione di tale proposta è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 38 Consiglieri presenti.
L'ordine del giorno recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte preso atto dei criteri formulati per la designazione di rappresentanti della Regione in enti ed organismi da parte della Commissione consultiva per le nomine li approva e si impegna a predisporre rapidamente la normativa definitiva in materia".
Chi approva è pregato di alzare la mano. L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 38 Consiglieri presenti.


Argomento: Artigianato

Presentazione di un ordine del giorno del Gruppo P.L.I. relativo alle posizioni assunte dalle associazioni artigiane in relazione al documento elaborato dal GIOC


PRESIDENTE

C'è un ordine del giorno presentato dal Gruppo P.L.I. relativo alle posizioni assunte dalle associazioni artigiane in relazione al documento elaborato dal GIOC.
Chiede la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Anche il Gruppo PCI con i Gruppi PSI e PdUP ha presentato un ordine del giorno sulla stessa materia che tratta quello presentato dal Consigliere Marchini.
Data la rilevanza dell'argomento, ritengo sia opportuno mantenere i due ordini del giorno e valutare la materia nella sede del futuro dibattito che si terrà sull'artigianato.
Si potrebbe convenire un ordine del giorno di tipo metodologico.
Ho preparato un testo che non è sostitutivo dell'ordine del giorno presentato o di altri che si potranno presentare, ma che permette di assumere una posizione chiara sull'argomento.
Se riteniamo di non votarlo, rimangono da votare i due ordini del giorno presentati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Esprimerò un'opinione circa la situazione dell'artigianato.
Il Ministro dell'industria e dell'artigianato e l'hanno svolto un'indagine sulla situazione economica dei vari settori dalla quale risulta che l'artigianato non ha subito forti cadute come quello industriale.
Questo dato ci suggerisce di affrontare la questione artigianato non solo assumendo una posizione di parte o votando un ordine del giorno dibattendolo in sede consiliare e concludendolo con un ordine del giorno.
Riconosciamo che nell'ambito dell'artigianato vi sono molte attività serissime, però, di fronte ad una pubblicazione occorre verificare fino in fondo le responsabilità di alcune aziende.
Ci sono problemi di natura economica dei quali il Consiglio deve tenere conto per i riflessi che possono avere sul Piano di sviluppo, e ci sono problemi che riguardano la tutela dell'artigianato.
Per quanto riguarda la questione della riforma dell'artigianato attualmente in discussione presso la Commissione parlamentare, ritengo che il Consiglio debba dare il suo apporto relativamente alle proposte legislative sull'apprendistato.



PRESIDENTE

Il Consigliere Carazzoni il giorno 13 ottobre ha presentato su questa materia una interrogazione che oggi ha deciso di trasformare in ordine del giorno e che verrà esaminato con gli altri.
La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, innanzitutto la ringrazio di avere dato comunicazione del documento a mia firma su questa questione.
Abbiamo difficoltà a giungere ad un ordine del giorno unitario. E' accettabile la proposta di ordine metodologico data dal collega Bontempi.
Sabato 22 si terrà una manifestazione di proposta e di protesta da parte delle forze dell'artigianato.
Nell'imminenza di questa manifestazione, ferme restando le posizioni di ciascuno di noi sull'artigianato e sull'apprendistato, occorre dire una parola chiara. Non seguirò il collega Moretti, che ha voluto addentrarsi nel merito della questione, e propongo di esaminare la proposta che ha formulato Bontempi, alla quale sono pronto ad aderire.
Se invece si vuole aprire la discussione, come si è tentato da qualche parte, mi riservo di intervenire successivamente.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

In primo luogo intendo ringraziare la Presidenza perché ha ritenuto di considerare la mia lettera con cui richiedevo la sottoposizione dell'argomento alla Conferenza dei Capigruppo.
Non dovremmo confondere il merito con le procedure.
E' indubbio che faremo un dibattito sull'artigianato, ma non dobbiamo dimenticare che, piaccia o non piaccia, siamo di fronte ad un incidente di percorso dell'Amministrazione regionale.
Siamo in presenza del patrocinio della Regione ad un'iniziativa che dà dell'artigianato una certa immagine.
Si tratta di una sola iniziativa patrocinata dalla Regione, che esce con certi giudizi. C'è il rischio che da parte del più sprovveduto degli artigiani si identifichi il soggetto della pubblicazione con il patrocinante la manifestazione. Quindi, in primo luogo, deve essere chiarito questo equivoco, ma il modo per chiarirlo non è certo quello signor Presidente, di convocare la Commissione per lunedì pomeriggio, senza dare la possibilità ai Gruppi politici di valutare questo argomento.
E' indubbio che c'è stato un incidente di percorso. Quindi chiedo ai colleghi Capigruppo se ritengono opportuno che si superino gli ordini del giorno. Se poi vogliamo entrare nel merito, dicendo che è stato opportuno o inopportuno, come da qualche parte si è sentito dire, suggerirei, per esempio, di promuovere indagini conoscitive anche sull'assenteismo e in questo caso solleciterei un'organizzazione a me vicina a chiedere il patrocinio della Regione.
Che cosa direbbero le forze di sinistra se una certa associazione imprenditoriale uscisse con un libro bianco sull'assenteismo, sui cassintegrati, o sui dipendenti Fiat licenziati alcuni anni fa? Certamente richiederebbero che sia scissa la responsabilità di chi avesse fatto certe affermazioni e delle forze politiche che in questa sede si riserverebbero di esprimere i loro giudizi.
A mio giudizio da questa sede deve uscire un comunicato stampa a firma dei Presidenti dei Gruppi consiliari nel quale si dice che sono all'esame del Consiglio più ordini del giorno sulla materia dell'artigianato, che saranno valutati nel dibattito già calendarizzato e nel quale si dichiarerà che le forze politiche non sono coinvolte rispetto alle valutazioni fatte in una certa pubblicazione e si riservano su questa il più ampio giudizio.
Deve essere chiarito il ruolo della Regione e delle forze politiche in questa vicenda con una posizione di distanza e di autonomia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Ritengo giusto che si pervenga ad un ordine del giorno metodologico così come è stato proposto dal Consigliere Bontempi, nel quale si specifichi che, di fronte a certe interpretazioni, le istituzioni hanno il diritto-dovere di favorire il confronto delle idee.
Naturalmente le idee sono di coloro che le esprimono e il fatto che l'istituzione ne favorisca il confronto non significa che le sposi in parte o totalmente.
Non voglio entrare nel merito della questione perché avrei molto da dire. Secondo me non è un incidente di percorso.
Non so se sono giuste tutte le affermazioni fatte dal libro bianco della GIOC, però se il divario tra le affermazioni fatte in quel libro e la scarsità delle denunce all'ispettorato del lavoro è ampio evidentemente ci sono delle ragioni.
In questo senso sarebbe opportuno per esempio ricordare che nel settore artigiano non esiste lo statuto dei diritti dei lavoratori, per cui quando un apprendista denuncia un fatto, rischia di essere licenziato.
L'ordine del giorno proposto dal Consigliere Bontempi risponde alle attuali esigenze.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

La linea indicata dal Consigliere Marchini è percorribile, siccome per in questo momento è stato presentato l'ordine del giorno a firma del Consigliere Bontempi, propongo di esaminarlo per poter uscire entro questa sera con un ordine del giorno che chiarisca le reciproche responsabilità.
Il nostro Gruppo ha partecipato all'incontro di lunedì e al Convegno di cui trattasi.
Alcune parti del libro bianco lasciano perplessi perché danno l'impressione che vi sia una certa parzialità, e le posizioni non possono essere da tutti condivise.
Sarebbe opportuno sospendere la seduta per verificare se vi è la possibilità di concordare un ordine del giorno che ribadisca la posizione di autonomia e di diversa responsabilità degli organizzatori del convegno e dell'istituto regionale.



PRESIDENTE

Leggo l'ordine del giorno presentato dall'Ufficio di Presidenza prima di porlo in votazione: "Il Consiglio regionale del Piemonte viste le prese di posizione delle associazioni artigiane esprimenti lo stato di disagio e di disappunto sui contenuti del Convegno e della pubblicazione presentata dalla GIOC a Palazzo Lascaris consapevole che talune interpretazioni possono avere dato origine a valutazioni distorcenti i contenuti del Convegno ribadisce che la messa a disposizione di sedi per la libera esplicazione delle idee e delle proposte da parte delle associazioni e organizzazioni della società civile sono presupposto per un confronto ampio e serio sui problemi gravi dell'oggi, tra cui certamente va annoverata la questione dell'apprendistato, e che in tale ambito ogni organizzazione assume la responsabilità delle proprie proposte, che automaticamente saranno valutate dalle singole forze politiche".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno dei Consiglieri Montefalchesi, Barisione e Moretti relativo alla revisione della legge 482/68 sul collocamento obbligatorio (rinvio)


PRESIDENTE

Ordine del giorni dei Consiglieri Montefalchesi, Barisione e Moretti relativo alla revisione della legge 482/68 sul collocamento obbligatorio.
La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

E' una proposta di presa di posizione del Consiglio regionale sulle assunzioni obbligatorie nelle aziende dei lavoratori che divengono invalidi in attività di lavoro.



BRIZIO Gian Paolo

Il tema è importante. Il Gruppo D.C. chiede di poterlo approfondire prima di dare la sua valutazione. Credo che questa mia richiesta sia legittima. Con l'ordine del giorno in mano al prossimo Consiglio assumeremo una posizione idonea.



PRESIDENTE

Poiché in questo momento viene a mancare il numero legale, questo documento verrà posto all'ordine della prossima seduta.
Il Consiglio è convocato per il mattino del giorno 27 ottobre.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,35)



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