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Dettaglio seduta n.20 del 13/11/80 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Iniziamo con il punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute". Se non vi sono osservazioni, i processi verbali delle sedute del 6 novembre 1980, distribuiti all'inizio della seduta odierna, si intendono approvati.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute

Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento: Commemorazioni

a) Commemorazione di Renato Briano, capo del personale della "Marelli" assassinato a Milano dalle brigate rosse


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, con sgomento e con profondo dolore, desidero commemorare in quest'aula un'altra vittima del terrorismo, Renato Briano capo del personale della "Marelli", assassinato ieri a Milano dalle brigate rosse.
L'uccisione del dirigente industriale, un uomo di 46 anni che lascia moglie e tre figli, segna la ripresa della strategia eversiva del nostro Paese e rappresenta il tentativo di strumentalizzare e rendere più acute le tensioni già esistenti all'interno del mondo del lavoro. Questo ennesimo attentato, compiuto dopo mesi di tregua durante i quali colpi durissimi sono stati inflitti all'organizzazione del partito armato, dimostra che la minaccia del terrorismo è tutt'altro che sventata e ci richiama tutti alla vigilanza e al massimo impegno di lotta.
Credo di interpretare i sentimenti dell'intero Consiglio regionale del Piemonte esprimendo la partecipazione al dolore di un'altra famiglia ferocemente colpita nei suoi affetti più cari e rinnovando la nostra volontà di contribuire alla definitiva sconfitta del terribile fenomeno terroristico del nostro Paese.
Propongo un minuto di silenzio per onorare la memoria di Renato Briano.



(L'assemblea e i presenti, in piedi osservano un minuto di silenzio)


Argomento:

b) Congedi


PRESIDENTE

Comunico il congedo del Consigliere Astengo.


Argomento:

c) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: n. 27: "Disciplina per l'apertura, l'esercizio e la vigilanza dei laboratori privati di analisi mediche a scopo diagnostico", presentato dalla Giunta regionale in data 12 novembre 1980 n. 28: "Integrazione della legge regionale 13 agosto 1979, n. 41" (Disciplina dell'insegnamento dello sci in Piemonte), presentato dalla Giunta regionale in data 12 novembre 1980 n. 29: "Provvedimenti per la realizzazione di impianti di depurazione degli scarichi degli insediamenti produttivi in attuazione dell'art. 20 della legge 10 maggio 1976 n. 319 e dell'art. 5 della legge 24 dicembre 1979 n. 650", presentato dalla Giunta regionale in data 12 novembre 1980.


Argomento: Artigianato

d) Presentazione relazione illustrativa in materia di artigianato


PRESIDENTE

Comunico inoltre che è stata presentata, da parte della Giunta regionale, ai sensi dell'art. 9 della legge 64/1979, la relazione illustrativa in materia di artigianato.


Argomento:

e) Delibere assunte dall'Ufficio di Presidenza e dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Infine rendo note le delibere assunte dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale nella seduta del 20 ottobre 1980 e dalla Giunta regionale nella seduta del 4 novembre 1980 in attuazione dell' art. 7 primo comma, della legge regionale 6 novembre 1978 n. 65.
Delibera assunta dall'ufficio di presidenza nella seduta del 20 ottobre 1980.
Affidamento al signor Franco Pesando, consulente e perito d'arte dell'incarico per le valutazioni e le stime necessarie ai fini assicurativi ed inventariali sul patrimonio artistico di Palazzo Lascaris.
Durata dell'incarico: sei mesi dalla data di registrazione della convenzione.
Spesa totale: L. 2.300.000 circa.
Delibere assunte dalla giunta regionale nella seduta del 4 novembre 1980.
102 - Legge regionale 12 ottobre 1978 n. 63, art. 25, punto 2. Studi indagini e ricerche nel campo della forestazione. Cap. 3300 del bilancio per l'anno finanziario 1 98 0. Accredito fondi all'Ispettorato regionale delle foreste. Ferraris.
135 - Conferimento incarico al dr, arch. Marcello Caretta per le opere di sistemazione e ristrutturazione dell'immobile sito in Torino, Via P. Amedeo n. 17. Spesa di L. 2.000.000 oneri fiscali compresi. Testa.
Le comunicazioni sono così esaurite.


Argomento: Università

Prosecuzione esame legge rinviata dal Governo: "Diritto allo studio nell'ambito universitario"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto terzo all'ordine del giorno: Prosecuzione esame legge rinviata dal Governo: "Diritto allo studio nell'ambito universitario".
Chiede di intervenire il Consigliere Viglione. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, questo disegno di legge ebbe nella seconda legislatura regionale, all'interno di quest'aula, un lungo dibattito. Il rinvio da parte del Governo ripropone alcuni temi fondamentali che già erano stati dibattuti tra le forze politiche e nel mondo dell'Università.
Sia la relazione dell'Assessore Ferrero sia l'intervento del Consigliere Bergoglio Cordaro ci riportano a questi temi di fondo che brevemente esaminerò.
Mi pare che tra le forze politiche non esista un problema rispetto alle finalità ed agli obiettivi che la legge intende cogliere, ossia l'accesso allo studio a quanti, pur meritevoli ma non abbienti, debbono avere parità ed uguaglianza. Nè ho sentito critiche od interventi rispetto ad una collocazione strategica dell'edilizia che sia l'Opera universitaria sia la Regione stanno dando specie al complesso universitario di Torino avendo per ora importanza minore le sedi staccate, quindi il recupero di edifici storici monumentali quali il Palazzo degli Stemmi in Via Po oltre ad altri lavori che il Rettore Magnifico e i responsabili dell'Opera universitaria attualmente stanno avviando. Un progetto che, in carenza di uno specifico trasferimento delle competenze, la Giunta aveva avviato unitamente al Comune ha trovato l'unità di consensi all'interno delle forze che operano nel mondo della scuola. Le contraddizioni e i contrasti sorgono sul modo in cui si esercita il trasferimento di competenze e di funzioni dell'Opera universitaria se in modo diretto da parte della Regione o attraverso le deleghe ai Comuni dove ha sede l'Università. Tutto sommato il discorso è incentrato sul Comune di Torino. Mancano le strutture proprie della Regione, cui riferisco al Capogruppo della D.C., avv. Paganelli, che per anni e con calore difese il concetto della Regione come Ente di promozione legislativa, di programmazione e di pianificazione e non come momento di gestione, tant'è vero che ancora recentemente si sollecitano iniziative atte a riportare il concetto della fase di gestione non da parte della Regione ma da parte dei Consorzi dei Comuni, delle Comunità montane distinguendo i ruoli che la Regione vuole assumere e non sovrapponendo i compiti della Regione e quelli degli Enti comunali.
Quindi restano valide le osservazioni che ha fatto il Consigliere Bergoglio Cordaro rispetto agli obiettivi che si vogliono compiere e che si vogliono realizzare, rispetto all'uguaglianza, alla necessità di strutture sufficienti in questa città che, dal punto di vista dell'organizzazione industriale, ha compiuto passi giganteschi, ma che, dal punto di vista di strutture universitarie, grossi passi avanti non ha compiuto. Il secondo nodo sul quale possiamo trovare concordanza è quello della partecipazione degli interessati alla sorte e alle decisioni del mondo accademico.
Resta il nodo della delega ai Comuni là dove ha sede l'Università ossia al Comune di Torino. Non vorrei che questa aria fosse viziata dal Comune di Torino e dal fatto che vi è una maggioranza che esprime la maggioranza di quasi tutta la Regione Piemonte o almeno di quella che si andrà costituendo, quindi non vorrei che, sotto questo aspetto, ponessimo dei problemi che, in definitiva, sono inesistenti. Si potranno porre successivamente attraverso un dibattito che andremo a promuovere non soltanto qui, ma anche all'interno dell'Università rendendo protagonisti gli studenti delle decisioni che assumeremo quindi non assolvendo e risolvendo in una sola dizione di una mera delega un problema così importante come il diritto allo studio. Esistono determinati timori che il Comune di Torino non possa gestire rettamente da un punto di vista politico ma nel Comune non ci sono soltanto le forze della maggioranza ma vi si esprimono vivacemente anche le forze dell'opposizione, quindi non mi pare di poter dare un giudizio così negativo sulla delega al Comune di Torino quasi identificando le istituzioni nella maggioranza attuale quando sappiamo benissimo che le maggioranze possono modificarsi. Fortunatamente la democrazia offre queste possibilità.
Il problema è piuttosto su come andremo a collocare questa delega.
Parteciperanno gli studenti a questo processo? Diciamo di sì. Ho detto che la legge è il primo momento non il momento esaustivo di questo processo.
Amici della D.C., voi avete sempre sostenuto la non gestione dell'Ente Regione e adesso che andiamo al processo di delega che voi avevate sollecitato e che nel vostro programma avete incluso, la figura di Novelli parrebbe quasi riassuntiva, sembrerebbe che Novelli ne faccia un bel boccone iscrivendo tutti al suo partito e non se ne parla più. Non esiste solo Novelli al Comune di Torino, esistete anche voi. Il vostro Gruppo si lancia sempre nell'opposizione ogni giorno, è protagonista importante.
Questo è anche abbastanza offensivo rispetto al ruolo degli studenti perch se fosse sufficiente il poter procedere sulla strada di una delega per l'Opera universitaria e con questo andare alla conquista di tutto quello che è il voto politico, direi anche che sarei offensivo verso gli studenti che, poi, tutto sommato non sono poi attratti da quello, ma rispetto ai processi della società, hanno ben altre richieste da fare.
L'Assessore Ferrero ha detto che questa legge non gli piace. Io dico che la legge nelle sue linee generali mi piace, se l'opposizione ne ha una migliore la può presentare , e la esamineremo. Il Partito Socialista assume l'impegno di aprire un dibattito nella società e nell'Università per creare reali momenti di partecipazione al diritto allo studio.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Signor Presidente, signori Consiglieri, non vorrei ripetere le motivazioni, articolate ed approfondite, che sono state portate, a sostegno della legge sul diritto allo studio nell'ambito universitario, nella seduta del 22 aprile 1980, da parte dei Consiglieri Marchiaro, Ferrero, Astengo Fiorini, se non per ricordare che esse, con i successivi interventi dei Consiglieri Conti, Marchini, Bianchi, Soldano, Castagnone Vaccarino, hanno costituito una riflessione comune, sul problema ora riproposto, di notevole livello ed interesse per i molteplici aspetti delineatisi, non risolti e non facilmente risolvibili in un quadro di incertezza giuridica tuttora esistente; per le attese del mondo universitario che non si potevano né si possono disattendere, per le ipotesi di lavoro prospettate. Vi rimando agli atti di quella seduta. Ritengo, però, di dover richiamare solo alcuni aspetti di carattere generale e particolare unitamente ad alcuni fatti determinatisi in questi anni ed in questi ultimi mesi.
Con il D.P.R. 616 siamo di fronte alla possibilità di impostare una visione organica del diritto allo studio. Il citato D.P.R. trasferisce alle Regioni le funzioni amministrative, i beni, il personale delle Opere universitarie. Con l'art. 45 attribuisce ai Comuni le funzioni amministrative in materia di assistenza scolastica per tutte le scuole di ogni ordine e grado: è, cioè, in prospettiva, la via per ricomporre la materia del diritto allo studio. La Regione, con delibera del Consiglio dell'11 dicembre 1979, ha promosso un coordinamento delle attività delle Opere degli Atenei e dell'Isef, coordinamento richiesto anche dalle organizzazioni sindacali e dagli studenti. In questi anni si è stabilito un rapporto positivo tra Regione, Provincia, Comune ed istituzioni universitarie. Ricordo le convenzioni quadro tra Regione e Politecnico, tra Regione ed Università, tra Regione - Università ed ospedali, l'istituzione del Museo delle scienze naturali; il riutilizzo di vecchie e nuove strutture edilizie, che ha permesso di avviare a soluzione il problema delle sedi universitarie. Si deve ricordare lo sforzo, in particolare, del Comune di Torino, che non ha eguali in Italia, anche gli ultimi atti lo confermano e l'impegno ad effettuare interventi che consentano di mettere a disposizione delle Università alcuni fabbricati municipali dei quali il Comune ha la disponibilità (la Caserma Podgora, il Palazzo Campana, parte dell'Istituto di Riposo per la vecchiaia). E' questo un tentativo per superare la logica dei servizi separati, le disarmonie e le diseconomicità constatati, nella gestione delle diverse istituzioni. Ed è in questo senso (lo dico in particolare alla collega Bergoglio Cordaro) che vanno intese le affermazioni del Consigliere Marchiaro, ispirate tutte al D.P.R. 616, legge dello Stato, votata da tutti i partiti. Accanto all'esigenza di sottrarre il sistema formativo alla sua condizione separata, per quanto riguarda gli aspetti culturali, territoriali, sociali e di partecipazione, di converso la necessità di mantenere ad ogni istituzione il suo ruolo e la sua peculiarità: alla Regione una funzione essenzialmente programmatoria, agli Enti locali una dimensione di carattere gestionale, all'Università le sue specifiche competenze, nel pieno rispetto della sua autonomia.
Sulla base di questi elementi, nella carenza di una legge quadro nazionale, le alternative possibili, gestione diretta delle Opere da parte della Regione, costituzione di un ente specifico, delega agli enti territoriali, si erano ristrette. Rifiutata la gestione diretta della Regione per una corretta valutazione del suo ruolo, evitata la costituzione di un ente per i difficili problemi di rapporto con la componente universitaria, rimaneva la delega ai Comuni. Il meccanismo della delega manteneva alla Regione possibilità di indirizzo ed in questo caso, poich la delega era in pratica al Comune di Torino che aveva dimostrato di possedere le strutture per affrontare attività analoghe a quelle delle Opere universitarie, mense, servizi residenziali, culturali, territoriali e sportivi, era assicurata la gestione di questi servizi. La presenza di una Commissione che indicava membri designati dall'Università: Politecnico Isef e dagli studenti, garantiva la partecipazione dei diretti interessati con ampi poteri vincolanti non solo consultivi. E' su questo punto che il Commissario di Governo è intervenuto, sottolineando che i compiti dati alla Commissione erano lesivi dell'autonomia comunale. Il rinvio della legge, il 28 maggio 1980, ha riaperto una serie di problemi; non tanto, credo, sulla questione della delega, dal momento che le osservazioni del Commissario di Governo non vertono su questo (del resto il rinvio, in questi, mesi, della legge lombarda che prevedeva l'ente specifico, elimina anche questa alternativa) quanto sulle difficoltà di gestione già nate dalla mancanza di una legge. Le osservazioni del Commissario di Governo riguardano i delicati rapporti, tra enti, Regione, Comune, Università; rapporti da garantirsi nella sua autonomia e da valorizzare nelle sue potenzialità. Per questi motivi mi era sembrata opportuna la primitiva proposta dell'Assessore, di rivotare la legge con gli emendamenti suggeriti dal Governo e questo per rispondere alle attese delle Opere universitarie che hanno esigenze immediate di funzionamento e degli studenti che hanno bisogni concreti.
Nello stesso tempo lasciare aperta la prospettiva di riprendere la discussione tra le varie forze in questione, per un giusto approfondimento un continuo confronto, una vasta partecipazione, sia per non interrompere alcun rapporto tra le varie istituzioni, in attesa anche delle prospettive della futura legge quadro, sia per avere il massimo di apporti nel riconoscimento delle autonome proposte dell'Università, per un miglioramento della legge.
Su questa linea il Gruppo comunista intenderebbe procedere.



PRESIDENTE

La parola alla signora Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Colleghi Consiglieri, le riserve di fondo che avevano motivato l'atteggiamento negativo dei repubblicani nei confronti del disegno di legge 506 della passata legislatura, diventato poi legge regionale e rinviato dal Commissario di Governo, continuano a permanere, anche se attenuate per alcune correzioni che sono state apportate nel nuovo disegno di legge.
L'ambizioso titolo di questa legge non trova, secondo noi, di fatto rispondenza nell'articolato né potrebbe realizzarlo per due ordini di considerazioni generali: il primo è che nel nostro Paese il diritto allo studio è lungi dall'essere acquisito. Il sistema educativo è, a tutt'oggi in larga parte inadempiente rispetto al proprio compito di ridurre essenzialmente le disuguaglianze sociali e di consentire l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Al contrario, il non funzionamento delle scuole per l'infanzia, i discutibili metodi didattici ed educativi nella scuola elementare e media, la permanenza di un consistente fenomeno di evasione dall'obbligo scolastico, vanificano il proclamato principio di raggiungimento di uguali opportunità formative per i bambini a prescindere dalla loro estrazione culturale e sociale. Conseguentemente la scuola secondaria non ha la possibilità né gli strumenti per selezionare i migliori secondo il criterio del merito e non della provenienza sociale n per fornire ai giovani un'adeguata preparazione culturale e professionale.
La scuola è, dunque, avulsa dal proprio contesto sociale, in quanto non è strumento attivo di mobilità fra classi e di inserimento nel mondo del lavoro, vi è invece strettamente legata in quanto ne riflette immutata la stratificazione sociale. Se la scuola non qualifica i criteri di selezione sociale saranno ancora al censo o al livello culturale della famiglia di provenienza. Il sistema dell'istruzione in una società aperta ed in evoluzione non può però limitarsi a riprodurre l'esistente, ma esercitare un ruolo attivo di modificazione dei rapporti sociali. Da ciò l'importanza che la scuola resti un servizio pubblico collegato con gli altri strumenti di politica economica e da ciò la pericolosità dei tentativi di privatizzazione dell'istruzione dal finanziamento alle scuole private confessionali, all'abolizione del valore legale del titolo di studio.
Quanto all'Università è indubbio che l'ultima delle rivoluzioni profonde subite dal nostro sistema universitario è stata quella liberalizzazione degli accessi alla fine degli anni '60 che finì con il sancire la trasformazione dell'Università di élite in Università di massa.
Tale provvedimento rispondeva alla crescente domanda di cultura da parte delle giovani generazioni e ad una diversa visione dell'Università non più solo come fucina della futura classe dirigente, ma come sede di elaborazione, di discussione di una nuova cultura autonoma. Il mancato adeguamento delle strutture universitarie e l'assenza di una programmazione politica economica, tale da garantire ai giovani laureati uno sbocco lavorativo, hanno tuttavia vanificato queste conquiste. Lungo tutti gli anni '70 ad una crescente massa di iscrizioni si è accompagnata perciò una progressiva dequalificazione dell'istruzione universitaria. Da ambìta meta di pochi fortunati l'Università è diventata, nel migliore dei casi, scelta provvisoria in mancanza di adeguate prospettive di impiego oppure una specie di esamificio per giovani che già lavorano o sono in cerca di un lavoro e vedono nella laurea un qualcosa da aggiungere al proprio curriculum. Su questo terreno, non certamente felice, cala oggi la legge regionale in discussione in questo Consiglio, rientrando la materia tra quelle attribuite dai decreti alla competenza degli Enti locali. La delega si rendeva necessaria perché le diverse zone presentano situazioni e problemi diversi su cui occorre intervenire con strategie che non possono essere uniformi, se davvero si vogliono affrontare e rimuovere con ogni mezzo i molteplici ostacoli che limitano di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini.
Il nuovo disegno di legge ci sembra tuttavia che nell'articolato rettifichi di fatto gli obiettivi del disegno originario 506 e riporti l'ambito della legge in un più corretto contesto istituzionale regionale avendo ridimensionato gli articoli che andavano ad interferire nella competenza dello Stato. Sull'ente delegato della gestione, previsto nel Comune e sul quale peraltro il Commissario di Governo non eccepisce occorre ricordare che di fatto i Comuni sono titolari dell'assistenza scolastica in senso lato e che il vero problema, secondo noi, è quello di stabilire se il tipo di servizio erogato dalle Università possa essere ricondotto all'assistenza scolastica tipica, che sono gli scuolabus, le refezioni e tutte le cose che conosciamo.
Riteniamo che proprio in virtù di rapporti diretti, che negli anni passati si sono instaurati tra Regione ed Università e che hanno consentito alcune realizzazioni anche importanti, il rapporto diretto Regione Università debba essere mantenuto attraverso un collegamento, un organo che riassuma collegialmente tutte le competenze della scuola, dell'Ente locale della docenza e dell'utenza e garantisca tutte le istanze di partecipazione che sono venute, che si sono rinnovate in questi giorni (abbiamo visto con quanta attenzione gli studenti ci hanno seguito e attendono le decisioni del Consiglio regionale relativamente ai loro problemi), il che non vuol dire gestione diretta della Regione, anche noi in passato abbiamo sovente criticato un'ingerenza eccessivamente gestionale della Regione nei confronti invece di quelli che sono i suoi compiti istituzionali precisi di programmazione. Questa non è un'ingerenza diretta, è una partecipazione, un coordinamento che dovrebbe svolgere la Regione relativamente ad un ente superiore che raccolga come ho detto tutte queste altre istanze. A suffragio di questa nostra indicazione valga anche la considerazione che può sembrare superflua, ma che è abbastanza importante, che l'utenza universitaria è, per la sua stessa estrazione, un'utenza regionale con riferimenti e collegamenti che trascendono l'ambito comunale. Proprio perché la gestione dei servizi relativi al diritto allo studio non pu essere un fatto solo interno all'Università com'era finora e nella considerazione tanto meno il suo gestore non può essere un ente solo tecnico (nessuno potrà mai negare che anche gestendo una mensa o un collegio si possa far politica; vorrei anche ricordare per inciso che stiamo trattando di problemi che coinvolgono un certo numero di miliardi all'anno e quando dico che si può far politica anche gestendo una mensa od un collegio voglio dire che se voglio favorire per esempio l'accesso ad un corso piuttosto che ad un altro, do più servizi a quel corso e realizzo il mio obiettivo).
Crediamo che un rapporto di coordinamento e di raccordo regionale diventi fondamentale. Certo una legge nazionale che sancisce uniformemente su tutto il territorio nazionale quali sono le vere competenze delle Regioni, quali gli interventi dell'Università, i diritti degli studenti, la regolamentazione delle tasse, avrebbe oggi reso superfluo questo dibattito che ripete un altro dibattito svoltosi alcuni mesi fa e risolto tanti problemi che la genericità in materia del decreto 616 lascia irrisolti.
A questi problemi di competenza si aggiungono quelli di livello e di efficienza dei servizi, notoriamente di bassa qualità, in quanto è noto che la carenza nell'offerta di mense, di posti letto, di trasporti, di sedi destinate ad attività culturali, ricreative e sportive è malamente compensata dalla distribuzione inadeguata e spesso iniqua del presalario.
Ecco perché è auspicabile che nel definire con precisione l'ente di gestione, e noi ci auguriamo che oggi veramente questa decisione avvenga e il disegno di legge abbia il suo iter definitivo, è anche auspicabile secondo noi, una progressiva demonetizzazione dell'assegno di studio a vantaggio di una fornitura di servizi di migliore qualità; più rigorosamente selettivi sulla base del reddito e del merito. Circa la nostra posizione sul voto a questa legge ci riserveremo al termine del dibattito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

L'approvazione di questa legge non è rinviabile soprattutto perch occorre colmare un vuoto di normativa che ha portato gravi disfunzioni e gravi disparità di trattamento tra gli studenti. Vorrei soffermarmi su alcuni aspetti che riguardano la condizione degli studenti, al di là dei giochi politici tra maggioranza e minoranza. Si pensi, per esempio, alla grave contraddizione esistente tra Università e Politecnico nella ripartizione dei fondi e rispetto agli studenti che utilizzano la mensa: alcuni studenti hanno svolto un'analisi che rivela come negli ultimi sedici mesi al Politecnico sono stati serviti in media 28.000 pasti al mese e all'Università dai 10 ai 15.000 pasti. Questo ha portato certamente a condizioni diverse ed insostenibili specie per il Politecnico anche perch gli studenti non possono utilizzare tutte le mense per effetto della gestione separata. Quindi occorre un intervento di razionalizzazione, di programmazione e di gestione programmata degli interventi. La gestione attuale è privatistica e tesa a coltivare il proprio orticello mantenendo alcuni privilegi che derivano dalle maggiori dotazioni di fondi. Se vogliamo che il diritto allo studio non sia solo un diritto sancito sulla carta e un diritto soltanto per chi ha i mezzi per studiare, è necessario risolvere questi problemi, altrimenti la selezione non sarà in base all'intelligenza e alle capacità di ognuno, ma sarà una selezione in base alle possibilità. Per questo è necessaria una programmazione degli interventi puntando all'omogeneizzazione dei trattamenti. La non approvazione di questa legge significherebbe il prolungamento di una situazione precaria, a volte drammatica, sicuramente causa nei prossimi mesi di problemi e di proteste tra gli studenti.
Il Comune ha i mezzi e gli strumenti per gestire questa legge, ha la possibilità di avviare a soluzione questi problemi assumendo altre iniziative a livello territoriale. Mi riferisco soprattutto alla questione della mensa. La polemica sorta, se debba essere il Comune o meno l'ente delegato, non mi sembra rivolta ai problemi concreti, ma a questioni di schieramento politico. Se al Comune ci fosse una maggioranza con la D.C.
l'atteggiamento di quel partito sarebbe uguale? Vorrei trattare per ultimo il problema della Commissione perché la volontà a proposte degli studenti contino realmente e perché ci sia una loro reale partecipazione è necessario che il parere della Commissione sia vincolante e non consultivo. Questo dato non può essere usato in termini strumentali per non approvare la legge e per prolungare la situazione drammatica di oggi. Fa un certo effetto sentire dai banchi della D.C.
parlare di partecipazione dopo che per decenni il Governo, nel quale la D.C. non ha un ruolo secondario, ha gestito ostacolando il decentramento dei poteri e la partecipazione. Voglio ricordare che nel testo originale della legge c'era il parere vincolante della Commissione e questo parere vincolante è stato respinto dal Governo nel quale la D.C. ha un ruolo non secondario. Se la D.C. intende fare una battaglia per la partecipazione la potrà fare nella discussione della legge quadro alla Camera. Sarà una battaglia che dovremo fare con tutte le nostre forze.
Quella battaglia per la riforma generale dell'Università si potrà vincere soprattutto se ci sarà una reale partecipazione e mobilitazione degli studenti. Grazie.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Villa. Ne ha facoltà.



VILLA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prima di iniziare l'intervento vorrei ricordare all'Assessore che agli emendamenti degli artt. 13 e 14 deve ancora essere indicata la data. Inoltre la data del 1° settembre sarà modificata all'art. 13 e all'art. 14 e non si fa cenno dell'art. 15 che ha le stesse caratteristiche: quindi, ad evitare che la legge, che probabilmente approverete, sia illegittima, sarà opportuno provvedere a queste integrazioni.
A sei mesi dal dibattito consiliare durante il quale venne approvata dalla maggioranza la legge sul "Diritto allo studio nell'ambito universitario" ci ritroviamo a discutere lo stesso argomento. Sono cambiate in parte le persone, ma riteniamo che possa mutare anche, almeno in parte la valutazione e l'impostazione stessa, se non la materia del contendere.
Permane, certo, in tutti gli interventi quella carica che traspare ancora dalla lettura del verbale del Consiglio regionale del 22 aprile 1980. Rivive il responsabile ed appassionato accostamento ad un problema che non viene limitato soltanto in luoghi economici, ma che si profonda in una realtà giovanile che è andata man mano assumendo varietà di forme ed intensità di tono tali da esigere da parte nostra una sempre più vigile attenzione. Rivive più incombente l'esigenza di una soluzione a livello nazionale, che chiuda, nel quadro legislativo generale, il pur lodevole sforzo di adattamenti temporanei e singoli, i quali, proprio per questa temporaneità e singolarità, possono presentarsi con caratteristiche sperimentali non sempre giovevoli di fronte ad un problema scottante come quello del diritto allo studio, per il quale (art. 2 degli emendamenti) "la Regione opera per realizzare un sistema organico di attività e servizi integrati con quelli esistenti o da realizzare sul territorio".
Dobbiamo preoccuparci tuttavia di non cadere in un'azione ripetitiva che riporti pari pari il già detto: non si tratta di chiosare, di soffermarci nel bis in idem; se non altro perché si sono verificati fatti nuovi, ulteriori sviluppi che devono essere esaminati e che possono creare situazioni, dubbi, perplessità, quali mi è parso di intravvedere durante i lavori di Commissione nell'Assessore Ferrero e che già trasparivano nel passato dibattito da alcune sue osservazioni.
Il Consigliere Viglione non ha dubbi - beato lui! -. Quando lo ha detto mi è venuto in mente Bacone là dove dice che dal dubbio può sorgere la verità, mai dalla confusione. E la delega è fondamento di confusione.
Penso, quindi, che la nostra riflessione debba incentrarsi sul "nuovo" che si è verificato in questi ultimi mesi: un nuovo carico certo di tutte le meditazioni passate, ma reso attuale e sollecitante da due momenti: il rinvio della legge in questione, datato 28 maggio, da parte del Commissario del Governo e la parallela vicenda della quasi omonima legge 17 aprile 1980 della Regione Lombardia.
Sarebbe un modo di agire superficiale, inoltre, non raccordare questi fatti ad altri tre documenti, e cioè: l'ipotesi di legge quadro nazionale lo stralcio della bozza di deliberazione attuativa e lo stesso D.P.R. 616.
E' vero che viene presentato un testo con i rilievi accolti, si potrebbe dire, a scatola chiusa o con una sottomissione dall'aspetto commercialistico di chi vuole assolutamente un esito; comunque chiudere prendere o lasciare. Sarebbe, tuttavia, interessante conoscere a quali conclusioni è pervenuta la Giunta dopo che certamente ha rivolto la sua attenzione al confronto fra i due dettati legislativi. E non parlo evidentemente, delle conclusioni operative che ci troviamo davanti, con l'invito a votarle; ma della soddisfazione - od insoddisfazione che deriva alla Giunta dal nuovo atto legislativo. A noi sembra che l'impalcatura logica, se pure da noi già contrastata, ma logica nelle sue linee interne abbia avuto un fierissimo scrollone, specie dalle osservazioni sull'art. 2 e sull'art. 10 della legge.
Le osservazioni del Governo che falsano la delega quale è stata indicata nell'altra discussione in Consiglio regionale.
Quali crepe si sono riscontrate e quale spaccato è apparso dopo l'abbattimento di questi due pilastri portanti del disegno di legge n. 506? La distorta ed inficiata fisionomia rimasta dopo le ferite, che si chiamano lesione delle autonomie e declassamento del parere della Commissione, pu essere rifatta con operazioni di chirurgia estetica? A nostro avviso ne esce fortemente segnata la coerenza concettuale della legge rinviata.
Il nuovo art. 2, infatti, rimanda ad obiettivi più lontani e meno specifici e, nella negazione dell' "utilizzo delle strutture didattico scientifiche degli Atenei e degli Istituti di istruzione superiore e di quelle disponibili sul territorio", nonché nella negazione del "riequilibrio degli interventi fra i vari ordini di istruzione", viene distaccata in pratica una consistente aliquota di quell'accezione culturale del diritto allo studio che era il fondamento da tutti riconosciuto nella stesura della legge. Si riduce in tal modo l'azione pubblica ad un'attività assistenziale; ed allora la delega, l'istituto stesso della delega, si immiserisce in adempimenti economici e meccanici, anche se incidono per oltre una decina di miliardi.
Un colpo assai più duro viene portato a quella coerenza concettuale, di cui parlavo, dalle osservazioni all'art. 10, là dove la caratteristica vincolante viene cassata dal parere della Commissione per il diritto allo studio. La trama, nella quale risaltava a giorno il giudizio competente dei Commissari, la loro capacità di iniziativa, la stessa fantasia dei giovani l'equilibrio ed anche il confronto politico ed amministrativo della Regione e dell'Ente delegato, sfrangia in isolate, se pur indispensabili sfilacciature di soli supporti residenziali o di trasporti o di mense; non si salva la componente culturale, sfumata obiettivamente, se non nelle intenzioni, dalla soluzione: delega.
A contrariis, ma con gli stessi traguardi si dipana la vicenda della legge lombarda. Là si era assunto un orientamento che si concretizzava nella costituzione dell'Istituto per il diritto allo studio universitario (ISU). Da noi la delega, in Lombardia l'Istituto: da noi il Commissario di Governo, pur riconoscendo costituzionalmente legittima la delega, rileva gli stridori che l'autonomia dell'Ente locale produce nel contatto con l'autonomia degli Atenei; e riduce drasticamente lo spazio che tutte le parti politiche avevano ritagliato in modo concorde e consapevole delle domande della società; in Lombardia il Commissario del Governo affaccia un giudizio di merito e rileva una deroga formale alle leggi dello Stato.
Non è esatto affermare che vengono riconosciuti illegittimi, e quindi bocciati, gli Istituti per il diritto allo studio universitario. Abbiamo difatti potuto apprendere che la volontà di tutte le forze politiche lombarde è di apportare delle modifiche alla loro legge 434/1980, ma di mantenere ferma la soluzione affidata alla costituzione degli ISU.
Molto cauta, invero, è la presa di posizione del Commissario governativo: "non appare corrispondere ai criteri di necessità, economicità e convenienza", dove si entra con ogni evidenza nel merito del provvedimento. E, pur ribadendo il concetto con una pezza giustificativa che si rifà all'art. 48 dello Statuto regionale lombardo "che consente la formazione di Enti solo nei casi di impossibilità, della delega agli Enti locali territoriali", ha rilevato esclusivamente un vizio di forma in punto costituzione, in quanto, essendo "concretamente rimessa alle procedure amministrative", "deroga al principio" che "dispone la riserva di legge in materie di istituzione di nuovi enti". Ma c'è di più. La seconda osservazione al terz'ultimo capoverso del documento di rinvio recita letteralmente: "la genericità della locuzione 'presso ogni Università ha sede un ISU' appare implicare il non consentito allocamento degli ISU nell'ambito della sede fisica delle Università". Si tratta, dunque, di una questione di collocazione fisica, non di impossibilità giuridica di esistenza.
Occorre, ad abundantiam, non solo fermarci agli aspetti che maggiormente attengono alla legittimità. Per il nostro Consiglio regionale ha rilevanza l'atteggiamento politico dei nostri colleghi della Lombardia.
La legge proposta dalla maggioranza fu approvata da tutte le forze dell'arco costituzionale. In particolare cito il P.S.I. proponente ed il P.C.I. approvante, perché i rappresentanti di questi due partiti in Piemonte si interroghino ulteriormente se la strada lombarda non è più percorribile e rettilinea, se si presta a minore confusione e a minori difficoltà di attuazione, nei confronti della soluzione della delega che ci viene proposta. Non è poi inutile ricordare che la Lombardia ha già concordato il nuovo testo con emendamenti ed integrazioni che consacrano definitivamente la costituzione degli Istituti. E' indubbio che ci troviamo su un terreno non di solida roccia, che si apre al gioco delle opinioni ed al nuovo. Tuttavia l'affermazione dell'Assessore Fiorini (penso fosse una "voce dal sen fuggita") che "quando si acquisisce una nuova competenza, è bene sperimentare subito una soluzione diversa" sembra a me risentire forse più della ristrettezza dei tempi che si avviavano veloci alle scadenze elettorali, piuttosto che della prudenza e delle argomentazioni dialettiche preliminari a qualunque soluzione meditata di problemi di simile peso.
E' opinione comune che occorra stringere i tempi per dare una cornice a livello nazionale alla questione che stiamo trattando. Dall'augurio che i ritmi parlamentari accelerino al massimo, deve sorgere anche il suggerimento a non innovare troppo affrettatamente.
Giusta e meritevole è stata l'opera di formazione di un'ipotesi di legge quadro nazionale per l'attuazione del diritto allo studio a livello universitario. Anche solo da una lettura affrettata si ritrovano in essa tutti gli spunti e tutti i filoni che arricchiscono i vari dettati regionali e non è azzardato prevedere che una meditazione sull'argomento che si avvalga dei tecnici e dei politici, dei giovani e delle forze sociali in uno sforzo concorde tendente all'appagamento di un diritto possa portare ad un approdo ove confluiscano tutti gli itinerari onestamente diretti al fine comune.
Nell'ipotesi troviamo all'art. 5 tre tipi di organizzazione degli interventi: 1) enti ed aziende (da quanto tempo in parecchie Regioni questo tema dell'azienda viene dibattuto con vivacità e proprietà e quanto viene ritenuto producente, ovviamente per settori e per interventi ben determinati! ) regionali 2) delega delle funzioni 3) gestione diretta delle Regioni.
Punto fermo per qualsiasi scelta: il rispetto dei principi di cui all'art. 2, dove, tra l'altro, nell'ultimo comma si ipotizza: "Gli interventi di fondazioni, di enti e di privati a favore degli studenti universitari devono essere resi possibili da parte delle Regioni". Ora, non è da ritenersi alquanto macchinosa l'attuazione di simile probabilità attraverso lo strumento della delega all'Ente locale? E non è più aperto un ente, un'azienda, direttamente la Regione, ad essere il luogo dei punti di generosità e di memorie? Pensiamo anche a questi risvolti che possono non essere affatto secondari e marginali.
Veramente , poi, si sente il fiato grosso se ci si addentra anche solo in maniera fuggevole nell'analisi dello stralcio della bozza di deliberazione attuativa della legge regionale sul diritto allo studio universitario. Un primo intoppo, per l'immediato, si incontra nella determinazione dei soggetti di delega, come vengono riproposti ai sensi dell'art. 3 della legge regionale e cioè "Enti locali sede di Ateneo e di ISEF". Oggi in Piemonte esistono le strutture universitarie in Torino, ma non possiamo dimenticare che 1.300-1.400 studenti frequentano i Corsi Ufficiali pareggiati di Medicina di Vercelli e di Novara. Tra questi giovani vi saranno pure, Consigliere Viglione, degli studenti particolarmente meritevoli ovvero che si trovano in situazioni di particolare disagio economico (cito la lettera H dello stralcio). Vercelli e Novara non sono sedi di Ateneo; occorre aggiungere l'anello della convenzione tra questi due Comuni e quello di Torino? Scricchiola l'impalcatura della delega alla lettera B quando la delibera affronta i servizi culturali, turistici e sportivi, se è vero quanto è scritto sulla prevedibilità di "altri Enti pubblici operanti nel settore" come organizzatori delle attività attinenti tali servizi, e di più "non escludendo comunque iniziative specifiche". Da parte della Regione questo rientro dalla finestra, o ritorno a casa se preferiamo, come avviene? Ci riprendiamo una parte della delega? Il servizio editoriale e librario previsto alla lettera C ha compiti di estrema delicatezza, che solo con molto coraggio possono essere affidati per delega, se veramente questo servizio "provvede alla produzione e diffusione di materiale didattico e scientifico", anche se l'ente delegato lo programmerà "in accordo con gli Atenei e ISEF".
Il servizio di prestito librario "presso biblioteche già esistenti (ex Opere universitarie) o presso le biblioteche degli Atenei e ISEF o presso quelle dell'Ente delegato" sembra non comprendere tutte le altre biblioteche piemontesi, tagliando un rigogliosissimo supporto all'attività di studio e specialmente di ricerca. Potrebbe venir meno l'appoggio indispensabile proprio nel momento topico dello sforzo conclusivo della vita universitaria: la stesura della tesi. Tralascio altre sottolineature di problemi di minor rilievo ma che non hanno certo soluzioni facilitate attraverso la delega.
Non vorrei, a questo punto, assumere i paludamenti del Doctor Subtilis (non ne ho né il fisico né la propensione), ma ritengo doveroso comparare almeno indicativamente, alcuni articoli del Capo VI del D.P.R. 616 e precisamente il 42, il 44 ed il 45. E' questa, infatti, una sollecitazione che sorge dall'intervento del Consigliere Marchiaro là dove affermava nell'aprile scorso, "il legislatore attribuisce ai Comuni le funzioni amministrative in materia di assistenza scolastica per tutte le scuole di ogni ordine e grado", citando, non correttamente, a mio sommesso parere l'art. 45 del D.P.R. 616.
Infatti, l'art. 42 tratta l'assistenza scolastica "a favore degli alunni di istituzioni scolastiche pubbliche o private, anche se adulti" tendente a "facilitare..., l'assolvimento dell'obbligo scolastico".
L'art. 44 si riferisce invece specificatamente all'assistenza scolastica a favore degli studenti universitari, staccandola in chiaro modo dal coacervo dell'art. 42.
L'art. 45, infine, attribuisce ai Comuni "le funzioni amministrative indicate nell'art. 42"e non accenna a quelle dell'art. 44. Non è illogico ritenere dunque che ciò sia accaduto per considerazioni che vedono sostanzialmente diversificati gli interventi a favore di due categorie di discenti, anche formalmente distinti nella stessa nomenclatura: "alunni" nell'art. 42, "studenti" nell'art. 44.
E fra le distinzioni rintracciabili ha sicura rilevanza l'aspetto territoriale, che viene a chiare lettere assunto nel primo comma dell'art.
44. Si può concedere il dettato per il rispettivo territorio" sia da intendere nel modo più semplicistico di riferimento giurisdizionale? O non si tratta piuttosto dell'indicazione di una connotazione geografica, la quale deve essere in toto assunta ai fini contemplati dalla legge, che non possono essere ristretti nella cinta daziaria di un Comune. Esso potrebbe parere neanche legittimato a venire delegato in tale materia. Lo so: è una tesi ardita; ma è strettamente correlata al concetto culturale che è stato enunciato sul diritto allo studio, nell'ambito universitario nella relazione introduttiva alla discussione dell'aprile scorso. L'impostazione concettuale della collega Marchiaro ha avuto consenso ed approfondimento da tutti i Consiglieri che presero la parola in quel dibattito, e che rimarcarono con forza la domanda culturale proveniente dai giovani.
Fra i contrasti, anche vivaci, alcune idee fecero cardine per una comune valutazione e tutti ne sentirono il fascino. Ma, se permettete colleghi Consiglieri, desidero evidenziare la particolare sensibilità con la quale la D.C. accosta questo diritto, concepito non soltanto in termini monetari (pre-salario, borse di studio) o di servizi quali la mensa, i trasporti, la residenza, ovviamente di grave momento, ma concepito soprattutto come collaborazione, sostegno, incitamento, aiuto per l'apprendimento: particolare sensibilità perché si afferma in questa visione lo spirito (il trascendentale, Assessore Ferrero, Consigliere Bontempi), con l'intelligenza e la volontà, che si eleva al di sopra del contingente e del caduco; in fondo è un diritto all'eterno: è la primogenitura di fronte al piatto di lenticchie (oh, certo anch'esse indispensabili). Se allora esaminiamo il diritto allo studio in questa accezione più ampia e nello stesso tempo più profonda, ci accorgiamo che con relativa facilità la parte assistenziale può anche essere assunta programmata, gestita da un Comune delegato, ma ci rendiamo contemporaneamente consapevoli che lo strumento delega per questo problema diventa riduttivo.
E' indubbio, infatti, come ogni problema abbia un proprio spazio ottimale; i problemi di area vasta hanno uno spazio che supera i confini anche di una grande città, la quale può essere guida, punto di riferimento polo di attrazione, quello che vogliamo, ma non può assorbire ed assommare in se stessa i fermenti dell'essere, le tradizioni contadine e le tensioni operaie, le abitudini di generazioni di montagna e di collina, le interferenze e le mescolanze che nei tempi hanno originato quell'aspetto tipico di civiltà che vive ancora diffusa, nonostante tutto, in tutto il Piemonte.
Allarghiamo allora la visione verso esiti che dilatino in ogni contrada piemontese un diritto vero, completo, sostanziale allo studio. Sia un consorzio fra Province, prefigurazione di compito per l'Ente intermedio (già nell'intervento della collega Soldano c'era in nuce quest'idea), sia un'azienda regionale, sia un ente strumentale della Regione, sia un Istituto ad hoc.
Confrontiamo queste ipotesi tra di noi, affidiamole ad un gruppo di studio, teniamo contatti con gli Enti istituzionali che comunque agiscono in questo settore, colleghiamoci con le altre Regioni: insieme sviluppiamo le iniziative per una celere approvazione della legge quadro nazionale insieme approntiamo un articolato di legge. Non andate da soli ad una sperimentazione, che potrebbe essere transitoria, che potrebbe rivelarsi inadeguata, se pur legittima. La sperimentazione inevitabilmente suggerisce, nel suo divenire, domande, dubbi, esitazioni, in positivo segno di preoccupata serietà, in negativo avventurismo di atteggiamenti arditi.
Comunque è d'obbligo un riesame, una verifica nel processo verso gli obiettivi.
E sono certo, per quel tanto che conosco della correttezza dell'Assessore e per quel tanto che stiamo constatando, di rigore nei vari interventi (anche se non condivisi) , che questa verifica ci verrà proposta fra qualche mese.
La chiediamo non per un preconcetto traguardare l'opera dell'Ente delegato (vi è d'altronde, credo, una responsabilità, per lo meno politica in vigilando da parte del delegante).
La chiediamo, questa verifica, per un'obiettiva dinamica sulla validità della meta prescelta, sul suo problematico esaurire i bisogni, che si volevano soccorrere, sul suo bilanciamento con altre soluzioni; sulla sua stessa ragion d'essere: se cioè la prudenza che non improvvisa non faccia per caso premio su una impostazione forse anche velleitaria. A volte le fughe in avanti hanno tristi sbocchi.
Consiglieri comunisti e socialisti, ripensate ai ritmi ed alle soste dei vostri compagni emiliani, rimeditate le concezioni dei vostri compagni lombardi.
Ancora un pensiero e concludo: più di ogni altro deve essere presente ad ognuno di noi ed a noi tutti insieme che l'argomento in discussione, il diritto allo studio nell'ambito universitario, riguarda i giovani, i quali a questo diritto devono coniugare la responsabilità del dovere dello studio. La società di domani sarà quella che essi preparano oggi per sé e per i giovani di domani. Non permettiamo che delle leggi che li riguardano abbiano origine nella confusione e neanche in una relativa perspicuità.
Non ho trattato ad esempio i punti: personale, finanziamento convenzioni, ecc, per risolvere i quali non sono lievi le difficoltà che si dovranno incontrare.
La sperimentazione, cui accennavo, potrebbe essere per i soggetti del diritto un provare e riprovare in corpore vili: così non potrebbero avere fiducia e noi dobbiamo loro darne.
Non possiamo rimanere insensibili e sordi quando i giovani ci chiedono di imparare e di non essere derubati del loro futuro.
Evitiamo il cammino, troppo facile forse, che li avvia alle comode "osterie dell'avvenire", dove il soddisfacimento materiale di un diritto li priva della tormentosa ma appagante sollecitazione al senso del dovere e alla pazienza della responsabilità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio intervento sarà breve perché sull'argomento del diritto allo studio già abbiamo avuto modo di discutere ampiamente nella primavera scorsa, quando si approntò e approv il testo di legge, poi rinviato dal Governo; quindi mi scuserò anche con i colleghi se non farò un intervento molto lungo, né aulico nel suo modo di estrinsecarsi.
Siamo di fronte ad una legge rinviata, quindi già discussa ed ampiamente approfondita anche in sede di consultazione per ciò che riguarda le finalità, gli obiettivi che si vogliono perseguire e le modalità attraverso le quali questi obiettivi devono essere perseguiti, anche se è corretto che si ridiscuta perché è giusto che le leggi vadano con il passo della società e non si fossilizzino, e questo allora vale per tutta la legislazione statale e regionale.
Credo che il problema si possa riassumere in questo modo; la gestione è: chi gestisce, cosa, come e quando. In Commissione, quando furono discussi gli emendamenti approvati dalla Giunta regionale in ordine alle motivazioni di rinvio da parte del Commissario di Governo, non si approfondì l'aspetto del cosa e del come questa legge dovesse disciplinare.
Il nodo fu subito su chi dovesse gestire questa complessa materia e le posizioni furono fin dall'inizio divaricate fra di loro senza margini e possibilità di incontro, anche riducendo lo spazio del dibattito che invece doveva essere fatto sul diritto allo studio. Avrebbe sicuramente ragione il Consigliere Vetrino Nicola con la posizione, già sostenuta anche dalla precedente collega, quando dice che il cappello "Diritto allo studio" vuole significare molte cose, ma la legge in fondo ha degli aspetti limitati. E' pur vero che con diritto allo studio si possono intendere diecimila cose e tipi di provvedimenti. Il taglio della legge, conseguente alla delega del D.P.R. 616 e della legge statale, invece è più riduttivo, nel senso che intende affrontare un aspetto del problema. Altrimenti, come ho sentito negli ultimi interventi, coinvolgendo tutto l'aspetto culturale, davvero potremmo andare anche a ledere l'autonomia dell'Università che invece tutti vanno dicendo che non deve essere toccata, perché in questo modo si andrebbero a toccare i curriculum degli insegnanti e dei profili professionali, sui quali si può anche discutere, ma che esulano dalle nostre competenze.
Invece va salvaguardata e difesa l'autonomia delle istituzioni universitarie. E' pur vero - dicevo - che sulle finalità e sui servizi da realizzare nel settore del diritto allo studio nell'ambito universitario vi sono ampi margini di consenso, mentre le divergenze sono su chi deve gestire questa complessa materia. Occorre dare delle risposte urgenti al riguardo perché il diritto allo studio va salvaguardato e garantito anche uscendo dai limiti assistenzialistici. E' vero, c'era dell'assistenzialismo, ma c'erano delle leggi che in modo stratificato hanno disciplinato il diritto allo studio favorendo un filone assistenzialistico.
Occorre dare un taglio rispetto alle stratificazioni di funzioni che nel tempo si sono andate attribuendo alle Opere universitarie ed agli Enti che si occupano dell'assistenza allo studente sul territorio. Nasce una duplice esigenza, da un lato quella di riorganizzare in senso moderno il settore degli interventi volti a garantire il diritto allo studio, che non si risolve solamente con la riduzione delle tasse o con l'assegno di studio, ma che deve estendersi ad altri servizi che consentano allo studente di poter realizzare fino in fondo l'Università. Allora occorre dare agli studenti le possibilità per frequentarla, perché possano tutti i giorni avere un confronto con i docenti, con le strutture, con la cultura ufficiale. La legge, sia pur nei limiti che ricordavo, comincia ad affrontare questi temi, ma occorre una legge quadro da parte del Governo che è stato fino ad oggi inadempiente. Dall'altro lato non si deve procedere per isole settoriali. Occorre spingere il processo di riorganizzazione e di coordinamento degli interventi, non considerando lo studente separato dagli altri aspetti della società. Un conto è l'ente gestore, altro conto è la diffusione dei servizi sul territorio. Da questo punto di vista credo che non pregiudichi la delega ad un ente fisicamente situato in un certo luogo né la possibilità di decentramento di attività e di servizi agli studenti che non sono residenti in quel particolare territorio.
Noi ribadiamo quella che è sempre stata la nostra posizione: "no" alla gestione diretta della Regione delle materie che le vengono delegate. Noi siamo per l'istituto della delega, per il decentramento delle attività e delle funzioni, perché la Regione recuperi il suo compito principale che è legislativo, di coordinamento e di programmazione. Con questa legge, la Regione non deve rinunciare alle sue possibilità di coordinare le iniziative esistenti sul territorio, anzi, va riaffermata questa fattibilità.
L'altra soluzione proposta è stata quella dell'ente autonomo. Mi pare che il rinvio della legge lombarda sia molto chiaro al riguardo. Si possono fare dei sofismi o delle argomentazioni giuridiche, anche pertinenti, per mi pare che la legge al riguardo sia molto chiara. La motivazione del rinvio è chiara dove dice: "la costituzione di un ente non appare corrispondere ai criteri di necessità, economicità e convenienza di cui alla normativa dei principi'. . ., connessa con i principi di buona amministrazione e lo Statuto della Regione che consente la formazione di enti solo nei casi di impossibilità della delega agli Enti locali e territoriali". Dell'atteggiamento del Governo si può anche dare una lettura diversa. Se da un lato il Governo nel caso del Piemonte rinvia quegli articoli che addirittura ledono l'autonomia del Comune e dall'altro rinvia una legge dicendo che non si può istituire un ente regionale, vuol dire che il senso complessivo dell'atteggiamento del Governo era quello di rafforzare l'istituzione della delega agli Enti locali per la gestione del diritto allo studio.
A noi pare condivisibile una soluzione transitoria, per l'immediato che certamente dovrà essere rivista alla luce della legge quadro.
Nell'immediato non si può percorrere altra strada al di fuori della delega all'Ente locale, visto che le altre ipotesi sono cadute. Nel contempo occorre sollecitare il Governo a definire la legge quadro e a questo proposito sono anche d'accordo sulla stesura di un ordine del giorno.
Concludo dicendo che siamo d'accordo su questo testo di legge.
Occorrerà anche far sì che gli strumenti di partecipazione delle varie componenti universitarie siano realizzati fino in fondo. Un grosso nodo è quello della partecipazione che le Opere universitarie già quando furono istituite parecchi anni fa denunciavano. Alcune leggi hanno modificato queste tendenze ed oggi la situazione è un po' migliorata. Altro nodo è quello del come si gestiscono queste cose; il nodo della partecipazione è un nodo sul quale occorre puntare tutte le risorse. Si tratterà di verificare come funzionano, quindi occorre dare il tempo alla legge di entrare in vigore. La Commissione, così come è stata articolata, consente spazi di partecipazione e di decisione alle varie componenti universitarie.
Al riguardo occorre sgombrarsi dei pregiudizi, anche per questo ho fatto un intervento che non vuole essere inficiato né di crocianesimo da un lato n di materialismo dall'altro.
Vengo all'ultima parte del mio intervento che riguarda la posizione del mio Gruppo in ordine a questo provvedimento, anche perché vi è stata la diffusione di un documento che cita in prima persona il mio Gruppo, e per certi aspetti, mi pare un documento strumentale. Vorrei richiamare l'intervento che fece il nostro rappresentante il 22 aprile in sede di discussione di quel provvedimento. Il nostro Gruppo da un lato rilevò il pericolo che ci si limitasse ancora ad un fatto di pura assistenza opinione largamente condivisa, e criticava l'assenza della legge quadro.
Allora si disse che era un provvedimento che poteva rimanere ancora in sospeso in attesa che la legge quadro arrivasse in tempi brevi, come pareva; cosa che invece non avvenne. Si puntualizzò anche l'aspetto del limite della delega ad un solo Comune. Si trattava anche di arrivare in tempi brevi ad un decentramento universitario, cosa anche questa che non avvenne; perché diversamente, allora sì, vi sarebbe stato il problema del coinvolgimento di tutti gli Enti locali nel cui territorio esiste una sede universitaria.
Furono queste le argomentazioni in base alle quali si articol l'intervento del nostro Gruppo. Oggi la situazione è diversa, e vi è l'urgenza di dare una risposta alle esigenze degli studenti. E' anche per questo che il nostro Gruppo vota a favore , degli emendamenti presentati in seguito alle motivazioni del rinvio del Commissario, di Governo, e chiede che il Consiglio si pronunci con un ordine del giorno per sollecitare l'approvazione della legge quadro.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Questo dibattito sta diventando certamente più ampio e più interessante di quanto non facesse presumere l'articolato che era sui nostri tavoli. Di questo dobbiamo essere grati ai colleghi che sono intervenuti ed alle forze politiche che hanno ritenuto di aprire un dibattito su questa vicenda.
Perché questo dibattito con i suoi contenuti sul cosa e sul come, si fa nell'autunno '80 e non si , è fatto nella primavera dell'80, quando del "cosa" e del "come" si è trattato abbastanza poco? Mi pare di ricordare che il dibattito della passata legislatura soffriva di ristrettezze diverse, certamente non meno pressanti delle attuali. Oggi si è andati oltre l'articolato e quindi da parte della mia forza politica qualcosa andrà detto su questa vicenda, visto che si è scomodato Bacone e la funzione del dubbio. Il dubbio può anche produrre l'astensione, tra l'altro, il fatto che da un rappresentante della D.C.
venga esaltato il dubbio, mi fa nascere delle crisi esistenziali. Non siamo integralisti quindi consentiamo che tutte le forze culturali e politiche si avvalgano anche delle conquiste della cultura non strettamente confessionale.
Segnaliamo con piacere e con simpatia il fatto che il concetto del dubbio sia fatto proprio dalla D.C.
Siamo ad una svolta estremamente delicata, soprattutto per una forza politica che crede non in una società egualitaria, ma crede in una società competitiva, conflittuale, basata sulle capacità di muoversi dei cittadini e che tende a realizzare più che una democrazia, che significa poco, una meritocrazia. E' evidente che se lo sbocco al quale vogliamo arrivare è di porre in essere la gara sociale, la giustizia nei confronti dei cittadini vuole che questa gara sociale parta da posizioni eguali il più possibile.
Questo non è più soltanto un problema di garantire delle quantità di tipi economici di interventi, ma di garantire l'eguaglianza, ad esempio, nella diversità. In questo senso ho apprezzato l'ultimo intervento della D.C.
dove si richiamava la necessità di salvaguardare la diversità delle eguaglianze della nostra Regione. Sono convinto che non sia opportuno trasferire gli studenti con le loro esperienze, con le loro fantasie e con la loro vita di relazione non solo alla Città di Torino ma forse neanche nelle altre sedi decentrate quando ci saranno. Probabilmente l'Università la si vive anche nel proprio paese di poche decine di anime, perché il periodo di distacco dell'individuo dal suo habitat in una - grande città totalizzante, crea delle profonde crisi che poi portano a quel distacco tra la classe politica e i cittadini che molte volte sono un distacco tra la classe dirigente e i cittadini stessi. E' indubbio che la classe culturale che esce dall'Università probabilmente ha avuto una recisione traumatica dei suoi legami con la collettività, quindi quando si traduce oltre che in classe culturale, professionale ed impiegatizia anche in classe politica evidentemente tende a decentrare questo tipo di distacco. Quindi è certo che un sistema che renda possibile l'accesso allo studio e lo supporti di tutte le iniziative ed i supporti necessari a garantire il perseguimento del risultato della laurea o comunque della cultura o comunque dell'istruzione o comunque della professionalità su tutto il territorio regionale, in parità di condizioni, mai eguali, uguali nel contenuto, ma diversi nel modo di essere prestati, è un obiettivo che, a nostro avviso si può perseguire soltanto attraverso un processo.
Mi pare che un minimo di serenità da parte di tutti ci dovrebbe far dire che esistono in questo dibattito pochi spazi. E' indubbio che da parte del Parlamento e del Governo, per le decisioni che ha assunto, traspare chiara, evidente, la volontà di non lasciare approdare ad alcuna soluzione fino a quando non ci sarà la legge quadro. Possiamo interpretare come vogliamo le contraddittorie motivazioni e i rinvii, ma è abbastanza evidente che la legge quadro dello Stato sarà il momento in cui questo dibattito realmente si aprirà.
In un intervento si è auspicato che la legge quadro chiuda alle diverse ipotesi. Noi crediamo invece che la legge quadro debba dare alle Regioni certezza di operare, ma in una diversità di soluzioni in un ventaglio di ipotesi.
Mi auguro che la legge quadro ci dica chiaramente quali sono le condizioni che dobbiamo rispettare per poter scegliere l'una o l'altra delle soluzioni che riteniamo più congeniali al nostro territorio. Non è tanto un problema legislativo, ma è un mero problema di tecnica, giuridica e legislativa. Non è un problema politico, non si tratta di scegliere da parte del Governo se sia meglio il Comune, se sia meglio l'ente, se sia meglio il consorzio. Quindi il dibattito su questo problema deve essere estremamente prudente proprio perché non trovi nelle forze del Parlamento del Governo, in una qualunque maggioranza, in una qualunque visione di un Ministro l'alibi per una soluzione che ci trovasse magari tutti non consenzienti sullo sbocco che la legge quadro va ad avviare.
Proprio perché questo dibattito, oltre che applicato nella relazione del servizio, verrà letto dalla collettività regionale ed anche nazionale noi andremo a votare contro questa legge pur essendoci astenuti nel dibattito della primavera scorsa.
La Giunta fa proprie delle osservazioni che sono del Governo. Queste osservazioni, questa indicazione, questo segno del processo in essere secondo noi, è da respingere. Quindi come atto di indicazione politica non possiamo votare a favore di una modifica della legge che riduce ulteriormente gli spazi di decisione e di presenza degli studenti, anche se ci rendiamo conto che queste osservazioni sono obbligate per il Governo.
E veniamo al discorso della delega. Il rappresentante della D.C. ha detto di più di quanto voleva dire o per qualcuno in modo non sufficientemente comprensibile. Se si legge lo Statuto non si può dire che non si crede nella delega. Probabilmente non si crede che gli enti locali così come sono adesso, possano essere destinatari delle deleghe.
Credo nella delega, però è chiaro che il Comune, ancora legato alle leggi che fanno sì che si debba preoccupare di certificare e di dichiarare delle cose, si trova in difficoltà ad assumere attività di gestione, perch manca del supporto legislativo. E' evidente che se inseriamo nell'autonomia del Comune e nelle sue regole di comportamento, che vengono dalla legge comunale e provinciale, degli spazi politici, tipo lo spazio decisionale degli studenti, andiamo contro le leggi dello Stato. Probabilmente l'Ente locale potrà essere con pienezza destinatario della delega quando dell'Ente locale si sarà fatto quell'ente di riforma che lo rende suscettibile di essere legittimo soggetto di gestione dei servizi di questa portata. Questo è un problema che non si riduce all'ambito dei supporti al diritto allo studio, ma che attiene a tutta l'attività gestionale, che attraverso alla nostra legge, diamo ai Comuni. Evidentemente facciamo inventare ai Comuni delle cose strane (che i CO.RE.CO. poi non bocciano perché il loro ambito è molto più ridotto), ma che di fatto portano una rivoluzione della realtà negli Enti locali mentre Stato e Parlamento non prendono atto che il Comune dell'anno 1980 va ridisegnato e riscritto: in definitiva si deve fare il discorso sulle autonomie locali sulle quali nessuno ha idee chiare. Nessuno può rimproverare agli altri di non avere idee, se il P.C.I. si ricrede, per esempio, sul Comprensorio: è un dibattito molto ampio. In questo senso probabilmente, il dubbio deve portare qualche volta alla preoccupazione.
Non è detto che la delega è destinata ad un tipo di ente che non ha né le strutture, né un patrimonio di esperienze, né un quadro normativo e legislativo che possa garantirci i risultati che vogliamo ottenere. I risultati che si dovrebbero ottenere con questi interventi sono soprattutto due: diffondere sul territorio regionale la garanzia al cittadino di poter accedere all'Università ed alle sue forme diverse, a prescindere dalla sua collocazione sul territorio. Non è neanche più un problema di consorzi di Province, di preoccupazione per Novara e Vercelli, ma è un problema di incominciare a costituire un tipo di realtà in modo che alla fine dell'esperienza universitaria non ci sia quella frattura individuabile nel nostro Paese in cui il laureato quando ritorna nel suo habitat non vi si ritrova né vi si potrà ritrovare in futuro.
Certamente è difficile ottenere questo risultato facendo gestire al Comune di Torino questi servizi nei limiti normativi esistenti, dove è chiaro che gli studenti non avranno spazio decisionale e dove è certo che il Comune di Torino non potrà fare convenzioni con gli enti esterni se non nell'ambito dei limiti della normativa nazionale.
Prendiamo atto che la maggioranza con questo articolato prosegue un processo che è cominciato nella passata legislatura e si adegua alle osservazioni del Governo, osservazioni che, a nostro avviso, non sono accettabili da una forza di minoranza come la nostra non responsabile del governo di questo fenomeno, ma dell'interpretazione del fenomeno che deve essere denunciata e sottolineata anche perché un voto diverso non possa essere considerato, dal legislatore che ci ha fatto questa osservazione un'adesione.
Una volta tanto ci troviamo di, fronte a un discorso articolato in cui tutti, ognuno per la propria parte (e la Giunta fa la parte ingrata di difendere una soluzione che non condivide cuius commoda eius incommoda) tendono a modificare il quadro generale. A noi sembra che nella specie ad una forza di minoranza si debba dire in questo processo che deve pervenire ad un risultato normativo sulla legge allo studio ma soprattutto sulla riforma degli Enti locali, non può passare ad un giudizio positivo su quanto la Giunta ci viene a proporre. Proprio perché questo è un momento di un processo - il Consigliere Viglione diceva a nome del suo partito e forse anche della maggioranza che non si tratta di chiudere questa vicenda in una torre di acciaio e di vetro - diamo il nostro contributo proponendo un ordine del giorno che, al di fuori degli schematismi obbligati in cui ci siamo chiusi, un po' per incapacità politica, un po' per la necessità del quadro normativo, impegni il Comune di Torino a ricercare con inventiva politica e prudenza delle parti, degli spazi di partecipazione e di decisione per gli studenti. Il Comune di Torino può reperire spazi di presenza per gli studenti, però la responsabilità politica deve essere mantenuta a questo Consiglio regionale e deve essere data al Consiglio comunale contestualmente al licenziamento della legge. Nel nostro or dine del giorno auspichiamo che il Comune di Torino ricerchi con gli Enti locali del Piemonte, in particolare con i Comuni sedi di istituti universitari forme di convenzione che riducano il disagio e questo handicap che andiamo a creare fra i cittadini torinesi e non torinesi.
Ricordiamoci che in queste vicende è difficile rispettare il presupposto fondamentale della programmazione regionale, cioè l'alleggerimento del polo torinese rispetto al resto del Piemonte. Il riequilibrio del Piemonte si ottiene anche con questi atti, evitando cioè che la classe dirigente piemontese continui a vedere Torino come un passaggio obbligato della sua presenza e della sua esistenza.
Voteremo contro a questo progetto di legge per le motivazioni che abbiamo portato e ci scusiamo se nell'occasione abbiamo ricordato anche le ragioni di dissenso dal primitivo progetto di legge che avevano portato alla nostra astensione.



PRESIDENTE

La parola al collega Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo del Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale mantiene il suo giudizio sostanzialmente negativo sull'intero disegno di legge e ciò in coerenza con l'atteggiamento che era stato tenuto in sede di lavori preparatori della legge, approvata nell'aprile del 1980 e in sede di trattazione della stessa.
Fatta questa premessa, va rilevato che il compito odierno del Consiglio regionale è limitato, in quanto è circoscritto ad accertare se le osservazioni del Commissario di Governo, relative alla illegittimità costituzionale di alcune norme della legge del 23 aprile 1980 e relative alla violazione del principio della riserva della legge allo Stato, siano state accolte dalla Giunta; quindi se siano corretti, o meno, gli emendamenti che sono stati apportati agli artt. 2, 10 e 16 della legge. Ma indipendentemente dall'accertamento della coerenza degli emendamenti con le osservazioni fatte dal Commissario di Governo, il nostro giudizio, come ho accennato, rimane negativo: essenzialmente perché si tende ad attuare questo sacrosanto diritto allo studio nell'ambito universitario attraverso quell'istituto della delega al quale ci si era riferiti in sede di approvazione della legge nell'aprile scorso ed al quale si sono già riferite le altre forze di opposizione. Istituto della delega che non è da condividersi sia per i limiti normativi che troverebbe, comunque, l'ente delegato cioè il Comune; e sia perché la delega, così come è conferita, e come risulta da quelle parti della legge che non sono state censurate dal Commissario di Governo, si caratterizza per la sua non concretezza, per i suoi connotati non precisi e perché (segnatamente se è applicata dal Comune di Torino) è suscettibile, a nostro avviso, di essere strumentalizzata.
Queste in sintesi le ragioni del nostro voto negativo.



PRESIDENTE

Gli interventi sono esauriti.
La parola all'Assessore Ferrero per la replica.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

A nome della Giunta devo ringraziare gli intervenuti per il contributo reale che hanno dato alla discussione (forse il tempo maggiore che è di fronte a questa legislatura permette anche una riflessione più distesa di quanto non fosse possibile nella fase precedente della discussione) contributo al quale non sono in grado, e non sarebbe nemmeno mio titolo, di dare risposta immediatamente, che comunque sarà alla base della discussione che si aprirà dopo la votazione di oggi con la dovuta ampiezza. Concordo con gli interventi del Consigliere Viglione che andavano al di là della posizione di un Gruppo politico e già delineavano una strategia ed un'impostazione di governo complessiva delle questioni.
Ringrazio anche gli altri intervenuti, in particolare il Consigliere Marchini, per le considerazioni sul rapporto tra le Regioni ed il Governo in , materia di valutazione del significato e della portata delle osservazioni quando queste vengono.
Permettetemi anche di rispondere ad alcune provocazioni culturali del Consigliere Villa. La prima provocazione culturale riguarda quella del Doctor Subtilis che, mi pare, sostenesse l'assoluto dominio della razionalità nella misura in cui le cose erano però sottratte o sottraibili ad elementi irrazionali e nella sua impostazione teologica arriva a concludere che nessun atto, nessuna decisione e nessun elemento del mondo fisico e dei rapporti tra gli uomini possono avere questa totalità di immanenza e quindi sono tutti rinviati ad un percorso dentro e verso la trascendenza. In questa sede credo che dobbiamo usare altri atteggiamenti teologici, non mi metterei su questa strada. Se devo fare una garbata critica, mi pare che l'intervento del Consigliere Villa soffrisse un pochino di questa suggestione, cioè riportasse su questioni che hanno una loro concretezza ed una loro realtà un insieme di tematiche che qui difficilmente si riassumono e si concludono. Preferirei quindi ragionare in termini di maggiore concretezza e con uno schema logico che tenterò di sviluppare che forse ricorderà qualche altro, secondo me più rilevante dal punto di vista della discussione culturale su quei temi dell'epoca.
Due sono le questioni sulle quali il Consiglio si è pronunciato: la prima è la discussione in merito all'accoglimento o meno delle obiezioni del Governo, la seconda è un dibattito generale sui temi della democrazia della partecipazione, degli aspetti istituzionali riferiti alla questione delle Opere universitarie.
A proposito della prima questione, mi pare che vi siano due punti sui quali interrogarsi: 1) si deve o meno rispondere al Governo? 2) la risposta che viene data sulla, base della proposta della Giunta è, oppure no, legittima dal punto di vista tecnico del termine, gode o meno di legittimità giuridica? Le alternative devono essere valutate molto realisticamente in termini di conseguenza nel caso che si risponda con una votazione, quindi accogliendo le osservazioni del Governo, oppure se si decide di non rispondere alle obiezioni del Governo e di lasciare cadere la legge.
Credo che dobbiamo dirci chiaramente che cosa succede se oggi non si risponde a quelle obiezioni. Mi pare fosse contenuto negli interventi e quindi non faccio che ripetere le parole già dette nel primo intervento del passato Consiglio che ha aperto la discussione. E' stato detto che se non si risponde, si procede soltanto agli adempimenti che attengono al personale e ai patrimoni senza un quadro legislativo generale, si procede quindi alla modificazione delle leggi regionali che riguardano il personale e i patrimoni e la Giunta regionale diventa, pro tempore, la titolare delle gestioni amministrative in materia di Opere universitarie. Questa soluzione è, a mio avviso, peggiore del male che si vuole combattere perché viene lasciata alla discrezionalità della Giunta.
In sostanza la Giunta si vedrebbe temporaneamente nelle condizioni di dover riproporre, in un tono ancora minore, in un modo quindi ancora più burocratico, amministrativo e debole un discorso di Commissione. Quindi si ridurrebbe nell'angustia dell'esecutivo una cosa che si ritiene non essere accettabile nella dignità di una legge che riferisce una Commissione ad enti, quindi ai Consigli, quindi al dibattito delle forze politiche, quindi al complesso delle relazioni politiche sociali, istituzionali che, in questo caso, si scatenano sempre giustamente. Quindi a me pare che, nel breve periodo, se non si risponde alle obiezioni del Governo si configura una situazione che è probabilmente il fondo di quella catena di cui Marchini dichiara di avere preoccupazione e che motiva il suo voto, cioè si fa un passo all'indietro. Non solo, ma si accelerano i tempi amministrativi e burocratici, di scioglimento dei Consigli di amministrazione e quindi si accelerano i tempi che invece devono essere calibrati sulla base della volontà di tutte le forze politiche, non soltanto di quelle di maggioranza per addivenire alle necessarie fasi di discussioni, transizione coinvolgimento. La questione ha una rilevanza concreta soprattutto per gli studenti, nel momento in cui vi sono richieste di unificazione delle condizioni di trattamento da parte dei due Consigli di amministrazione più rilevanti: Università e Politecnico in materia di costo dei pasti, tipo di menù, fasce di reddito, ecc. Questo farebbe sì che le decisioni in materia non vengono più con il coordinamento e con il ruolo attivo della Regione e quindi con le sue funzioni di indirizzo assunte dai Consigli di amministrazione, ma verrebbero direttamente assunte con un atto tutto interno alla Giunta regionale da una deliberazione della Giunta stessa quindi si configura una situazione temporanea di maggiore debolezza rispetto alle tesi fondamentali che si discutono e si interrompe la possibilità di riprendere e di valorizzare tutto il contributo che dai Consigli di amministrazione e attraverso essi dall'Università è fin qui venuto.
Se invece rispondiamo si può continuare nelle sedi opportune e si potranno anche valutare i tempi e i modi attraverso una discussione e non soltanto attraverso un atto amministrativo i cui tempi finiscono per determinare anche la qualità dei risultati.
La risposta presentata è quella legittima perché sulla sua modalità nessuno ha espresso alcuna obiezione ed è una risposta che in quell'impegno politico assume, rispetto al Consiglio, una rilevanza tecnica. Infatti in sede tecnica, con specialisti ed esperti della materia, è stata valutata soppesata e definita. Si tenga conto che, nel periodo in cui è venuto il rinvio dal Governo, i punti fondamentali erano due: il richiamo all'art. 97 della Costituzione sulla corretta e buona amministrazione, sulla non duplicità di enti, sulla necessità di ridurre le spese correnti, e la necessità di procedere rapidamente, ai sensi della Costituzione stessa all'assegnazione delle deleghe agli Enti locali.
Sul fatto di rispondere non ho dubbi, a meno che non si ponga un'altra questione e cioè che il contenuto della delega è fatto grave politicamente e aberrante, comunque, è un dato pregiudiziale a qualunque discussione di merito. La mia risposta, dal punto di vista giuridico, è scontata perch un'affermazione di questa portata significa una revisione della Carta Costituzionale; è scontata dal punto di vista dell'ordinamento politico di questa Giunta. La delega non è soltanto un meccanismo amministrativo, è un modo amministrativo per costruire il sistema delle autonomie locali; ma nei confronti di una Giunta che ritiene questo uno dei punti fondamentali della sua strategia, non si può chiedere l'accettazione di una pregiudiziale di principio che vanificherebbe completamente il segno, non nelle Opere universitarie, ma nell'impostazione generale di uno sforzo.
Sul piano delle citazioni vorrei ricordarne un'altra: la storia delle tentazioni del demonio che ha molte versioni, quella di Marlowe in cui Faust viene dannato, quella di. Goethe in cui viene salvato e la versione moderna di Thomas Mann che è proprio la riflessione di un uomo non di sinistra e non di opinioni avventuristicamente volte verso la partecipazione del sommovimento delle classi sociali, il quale dopo l'esperienza del nazismo e da tedesco, riflette sul significato e sulla portata degli errori compiuti da una classe dirigente nei confronti di un metodo. A metà del libro c'è il colloquio tra il musicista e il diavolo. Il diavolo ha un atteggiamento suadente, il diavolo non dice che il musicista sfuggirà all'inferno, anzi, gli assicura che il patto che fa con lui lo porterà sicuramente all'inferno e che l'inferno è il luogo delle sofferenze più atroci, ma che questo è lontano e che quello che conta nei patti che si fanno è la forza o la debolezza, i vantaggi o gli svantaggi che nell'immediato si possono conseguire.
Invito a non fare patti affrettati su questioni di principio pensando che queste sono cose che vengono per il futuro, perché oggi si discute soltanto delle Opere universitarie. Preferisco realisticamente muovermi in una prospettiva che dia a questa legislatura regionale un segno, non come è stata la prima, di costituzione, non come è stata la seconda, di prima attività, ma di inizio di consolidamento su alcune questioni fondamentali dell'attività della Regione.
Dicevo all'inizio che si è aggiunto un dibattito generale. Siccome alcune delle cose dette sono dei contributi reali, è necessario, così come i Consiglieri hanno riflettuto prima di intervenire, sia permesso alla Giunta di riflettere e di discutere per avanzare delle proposte.
Mi limito ad alcune questioni: è necessario che il Consiglio sia messo a conoscenza di ulteriori informazioni per meglio inquadrare la dimensione del problema soprattutto pensando agli sviluppi futuri. Una delle richieste degli studenti è quella di arrivare all'integrazione ed omogeneità tra le diverse Opere per garantire uniformità di trattamento a qualunque studente perché non è ammissibile introdurre differenze. Queste differenze non sono nate da un intento cattivo di qualcuno, ma sono la normale dinamica interna di enti diversi i quali, trovandosi ad affrontare situazioni ed in condizioni diverse, si muovono tentando, ciascuno nel proprio ambito, di raggiungere l'ottimo. Generalmente, se non vi è un coordinamento esplicito, questo ottimo porta anche delle differenze. Esistono dei documenti, proposti ed approvati dalla precedente V Commissione del Consiglio regionale, che dall'integrazione e dall'omogeneità facevano l'elemento fondamentale del ruolo della Regione. Il dibattito di oggi consente alla Giunta di procedere in modo spedito per definire le condizioni in cui riaprire il Collegio di Corso Lione 44. La questione è più complessa di quello che può sembrare non si tratta solo di acquistare macchinari, ma ci sono questioni di comodati ed altre ancora. Ne parleremo in Commissione. Fiduciosi che dal Consiglio venga riconfermata l'impostazione precedente, abbiamo provveduto a convocare i Consigli di amministrazione, sulla base dei poteri conferiti con deliberazione dell'Assessore competente, e la prossima settimana dovrebbero venire proposte concrete, tecnicamente conclusive, da parte dei Consigli di amministrazione stessi. Abbiamo preferito non interferire con atti amministrativi nella loro autonoma decisione, prefigurando già nei rapporti con i Consigli di amministrazione il discorso di indirizzo, di programmazione, di funzione della Regione, quale sia il soggetto istituzionale che gestirà questa materia.
Esiste ed opera a Torino l'Ente Collegi. Invito i Consiglieri ad aggiungere anche questo secondo punto alla materia di discussione. Mi è giunta voce che la Regione si troverà, in un prossimo futuro, coinvolta da un atto nazionale nella gestione di questo Ente oltre all'Università, al Politecnico e all'ISEF con maggiore difficoltà perché non è, né nella fase attuale, né nel prossimo futuro, soggetto in alcun modo alle direttive o alla legislazione della Regione Piemonte.
La terza informazione riguarda i quattrini. Ogni anno viene effettuata, a livello nazionale, una ripartizione dei fondi tra le diverse Regioni. Le preoccupazioni che erano state ventilate dai Presidenti delle Opere universitarie pare si stiano avverando. E' arrivata una proposta da sede autorevole di assegnazione di riparto dei fondi tra le Regioni. Non dico i nomi delle Regioni, comunque le ho scelte in modo tale per cui l'appartenenza politica possa non farne una questione strumentale: una Regione molto piccola, forse la più piccola d'Italia, che ha 1/10 degli abitanti del Piemonte, pare abbia assegnati 7 miliardi. Un'altra Regione a noi vicina 24 miliardi. Non voglio parlare di altre Regioni perché si arriverebbe a livelli incredibili. Contestualmente a questo pare ci sia un ripianamento di debiti che altre gestioni, meno oculate di quella piemontese, hanno accumulato negli anni passati. Al Piemonte toccherebbero 5 miliardi e 900 milioni. Allora queste informazioni che ho voluto dare per punti hanno diretta attinenza con la discussione generale.
Credo che debba essere salutato come un fatto positivo e nuovo che, non solo e non tanto qui, ma in generale, questa vicenda abbia riaperto una discussione e sollecitato la presenza attiva degli studenti.
Le cose che si discutono nelle sedi più ristrette sono poi le cose che si discutono anche nelle sedi più larghe. Questo è un fatto positivo ed è la condizione benefica partendo dalla quale si può affrontare la questione politica fondamentale e spinosa, sulla quale oggi non sono in grado di indicare altra che i titoli della rappresentanza e il ruolo dell'Università e degli studenti nell'impostazione delle Opere universitarie e nella politica della Regione Piemonte. Le attività museali, i consorzi con l'Università, il discorso delle sedi universitarie, il decentramento dell'Università, le Opere universitarie e moltissimi altri temi rendono l'Università e il Politecnico interlocutori privilegiati e fondamentali che la Regione deve valorizzare nella sua impostazione politica generale.
C'è un problema di discussione, di rappresentanti, del loro ruolo, c'è un problema di cooperative e di forme di autogestione.
Sono del parere che un ruolo forte di programmazione dello Stato e delle Regioni presuppone e richiede forme di autogoverno e di capacità di proposta crescenti da parte della comunità regionale, altrimenti si arriva ad un pasticcio istituzionale.
Mentre sulla partecipazione del ruolo dell'Università e del Politecnico non ho alcun dubbio, andrei più piano a trarre da questo discorso un meccanismo istituzionale. Voglio fare un esempio: la Giunta passata in materia di parchi in una certa fase ha deciso di procedere alla costituzione di strutture di gestione aziendale. Questo atto significa lo sforzo di legare alla valorizzazione, alla tutela ed alla promozione delle diverse aree del Piemonte un gruppo crescente di cittadini; quindi, la natura aziendale, che potrà anche essere ridiscussa e superata dalla prossima legislatura, in vista di altre soluzioni più avanzate, si pone nella situazione concreta come un modo di dare fiato e forza alle associazioni dei protezionisti e a tutti quei cittadini e a quegli amministratori che sul tema della tutela della salvaguardia si erano sempre impegnati. L'operazione aziendale ha paradossalmente portato nei Comuni e nelle associazioni un peso maggiore di quella problematica. Non sono convinto che tutte le aziende e tutti gli enti abbiano lo stesso segno. Di aziende ve ne sono di molti tipi, vi sono aziende consortili municipalizzate, di natura privatistica; vi sono enti, istituti con legge regionale e, all'interno di questi, vi sono diverse opzioni. Non ho però la sensazione, signori Consiglieri, che la questione della natura istituzionale sia così intimamente consequenziale a quella della partecipazione degli studenti. Su questo punto mi permetto di dire che i mesi che verranno potranno approfondire questo e sono d'accordo con chi lo sosteneva anche a modificare le opinioni attuali della Giunta.
La questione della delega con la legge che votiamo oggi si innesta immediatamente in una discussione di contenuti. Lo schema a cui si riferiva qualche Consigliere non è la proposta della Giunta, ma è un tentativo di avere dei titoli. Ne aggiungiamo degli altri, cominciamo a definire tutte le materie sulle quali è giusto che le Opere abbiano rilevanza, vediamo quelle che sono giuste per la Regione in termini di indirizzo, definiamo quali sono gli indirizzi possibili e nella legge che oggi votiamo procediamo concretamente a prefigurare la conclusione di un dibattito che oggi non si chiude.



PRESIDENTE

Terminata la replica dell'Assessore Ferrero, procediamo alla votazione degli articoli.
Art. 2 (Finalità) "La presente legge disciplina l'attuazione del diritto allo studio nell'ambito universitario al fine di favorire l'accesso agli studi universitari, facilitare la frequenza degli studenti ai corsi universitari e post-universitari e consentire la prosecuzione degli studi agli studenti capaci e meritevoli ancorché privi di mezzi.
L'attuazione del diritto allo studio avviene in conformità degli obiettivi posti dalla programmazione nazionale e regionale e dei relativi strumenti attuativi.
La Regione, nel rispetto del pluralismo delle istituzioni e degli indirizzi culturali, collabora con gli Atenei e gli Istituti di istruzione superiore (I.S.E.F.), per la realizzazione delle finalità di cui alla presente legge.
Al fine di perseguire una politica unitaria e programmata del diritto allo studio, la Regione opera per realizzare un sistema organico di attività e servizi integrati con quelli esistenti o da realizzare sul territorio".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'articolo 2 è approvato.
Art. 10 (Compiti della Commissione per il diritto allo studio nell'ambito universitario) "Alla Commissione per il diritto allo studio nell'ambito universitario sono attribuiti i seguenti compiti: 1) esprimere pareri obbligatori relativamente al programma di cui all'art. 8 e più in particolare: a) sul tipo di gestione dei servizi b) sulla destinazione dei beni c) sulla ripartizione dei fondi d) sul rendiconto e sulla relazione finale e) sulle convenzioni ente delegato - Atenei per quanto attiene al diritto allo studio nell'ambito universitario.
2) Esprimere pareri facoltativi sulle questioni che l'ente delegato sottopone in ordine alla materia e sulle iniziative complementari e di servizio assunte dall'ente delegato medesimo e connesse ai fabbisogni formativi 3) proporre iniziative sociali o culturali all'ente delegato 4) elaborare la proposta di regolamento di cui all'art. 9".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 58 hanno risposto SI 34 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'articolo 10 è approvato.
Art. 13 (Norme transitorie) "Le norme di cui ai precedenti articoli della presente legge sono applicabili a partire dal 1° gennaio 1981 salva diversa richiesta degli enti delegati. Nelle more è costituita una Commissione mista composta da sei membri designati di cui tre dall'ente delegato e tre dal Consiglio regionale con voto limitato a due. Tale Commissione collabora con gli attuali Consigli di amministrazione delle Opere universitarie ai fini della graduale attuazione delle norme della presente legge".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 23 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'articolo 13 è approvato.
Art. 14 (Personale) "Il personale delle Opere universitarie dell'Università e del Politecnico viene messo a disposizione dell'ente delegato a decorrere dal 1° gennaio 1981.
Il Comune provvede a corrispondere al personale predetto il trattamento economico in godimento e continua ad applicare le norme in vigore alla data del 1° novembre 1979 relative allo stato giuridico ed al trattamento economico di attività, previdenza, quiescenza ed assistenza.
Con successiva legge regionale verranno stabilite le modalità dell'inquadramento per la definitiva sistemazione del personale di cui trattasi".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 23 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'articolo 14 è approvato.
In merito all'art. 15 viene presentato dalla Giunta regionale il seguente emendamento: Art. 15 (Patrimonio) "Il patrimonio delle Opere universitarie dell'Università e del Politecnico è, a partire dal 1° gennaio 1981, trasferito alla Regione con osservanza di quanto disposto dal D.L. 31/10/1979 n. 536 convertito con modificazioni nella legge 22/12/1979, n. 642 e dal D.M. P.I. del 31/10/1979.
I beni necessari per l'espletamento delle funzioni delegate sono assegnati agli enti delegati con deliberazione della Giunta regionale.
Con successiva legge regionale si provvederà alla definitiva sistemazione giuridica del patrimonio delle Opere universitarie".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 32 voti favorevoli, 22 contrari e 4 astenuti su 58 presenti e votanti.
Si passi ora alla votazione del nuovo testo dell'art. 15.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 58 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'articolo 15 è approvato.
Art. 16 (Disposizioni finanziarie) "Alle spese connesse allo svolgimento delle attività delle Opere universitarie fino alla data dell'effettivo esercizio delle funzioni da parte degli enti delegati si provvede, per l'anno finanziario 1980, con la somma di 2.500 milioni iscritta al capitolo n. 11960 dello stato di previsione della spesa per l'anno medesimo, ai sensi dell'art. 41 della legge regionale 14/3/1978, n. 12.
A decorrere dall'anno finanziario 1981 negli stati di previsione della spesa sarà istituito apposito capitolo con la denominazione 'Contributi agli enti delegati per l'esercizio delle funzioni in materia di diritto allo studio nell'ambito universitario', il cui stanziamento sarà determinato con le leggi di approvazione di ciascun bilancio.
Agli oneri derivanti dall'esercizio della delega di cui all'art. 5 della presente legge, si provvede, a decorrere dall'anno finanziario 1981 con le disponibilità degli stanziamenti corrispondenti al capitolo n. 1850 dello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1980".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 58 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'articolo 16 è approvato.
La parola al Consigliere Bergoglio Cordaro per la dichiarazione di voto.



BERGOGLIO Emilia

Signor Presidente, signori Consiglieri, la portata della dichiarazione di voto non consente di riprendere vari punti sviluppati in sede di discussione. Alcune osservazioni però in sede di dichiarazione di voto meritano di essere fatte anche per ribadire il significato degli interventi che la sottoscritta e il collega Villa a nome del Gruppo D.C. hanno manifestato.
Devo dare atto della notevole capacità dell'Assessore Ferrero nella sua replica ai vari interventi, in particolare a quelli dell'opposizione, per essere sfuggito alla sostanza del problema. Si sono svolte molte considerazioni sul ruolo, sulla funzione degli enti, sull'istituto della delega, considerazioni certamente interessanti sotto il profilo didattico ma non strettamente attinenti alla legge in discussione. Ribadiamo, per chiarezza, che non siamo contrari alla delega in assoluto, ma siamo nettamente contrari alla delega in questo caso. In realtà la delega di questa gestione al Comune di Torino difesa dall'Assessore, con motivazioni che nella sostanza definiscono che solo la gestione del Comune è accompagnata dall'istituzione della Commissione, mentre in Regione tutto sarebbe di competenza e gestito dalla Giunta, sembra una motivazione troppo debole, perché la stessa Commissione che si vuole istituire per il Comune potrebbe benissimo essere istituita per affiancare la Giunta regionale nella sua gestione. Quindi questa motivazione non regge ad un'osservazione attenta.
Altre osservazioni meritano attenzione. Si dice che il Comune di Torino ha le strutture per gestire questi servizi. A noi non risulta che il Comune di Torino abbia mai gestito né mense né collegi universitari. Sappiamo che gestisce un certo numero di pasti per le scuole elementari e medie attraverso un appalto a ditte che confezionano monorazioni e multirazioni precotte che vengono distribuite nelle scuole, per cui da un lato forze politiche vicino all'attuale maggioranza, attraverso i sindacati, chiedono la trasformazione di mense per operai e lavoratori da pasti precotti a quelli freschi per una serie di considerazioni di tipo sanitario dall'altro lato questo tipo di alimentazione viene proposto per i figli di questi operai e lavoratori. Non abbiamo condiviso questo tipo di scelta non riteniamo questa scelta un titolo di specializzazione del Comune di Torino. Nè mi sembra degna di attenzione da parte nostra la domanda del Consigliere Montefalchesi quando dice che se ci fosse la D.C. in maggioranza anziché all'opposizione al Comune di Torino il nostro atteggiamento forse sarebbe diverso. La stessa domanda potremmo ribadirla all'attuale maggioranza. Il punto non è questo. Non abbiamo affatto mutato passando dal ruolo di maggioranza al ruolo di opposizione, la nostra opinione in tema di partecipazione, di decentramento e di pluralismo di servizi.
Lo spirito dell'osservazione del Governo, laddove si vuole istituire con legge regionale una Commissione che avrebbe un potere vincolante rispetto alle autonomie decisionali degli organi comunali, è semplicemente che non si può violare con legge regionale una legge nazionale che regola il funzionamento dei Comuni e che a poteri decisionali esclusivamente al Consiglio comunale. In questo senso va vista quella osservazione ed in questo senso, aderendo alla legislazione vigente, dobbiamo accettare che questa osservazione sia corretta. Ci sono stati degli aperti dissensi, il P.S.D.I., per la precisione, passando da una posizione di voto contrario ha espresso oggi voto favorevole. Non basta stupirsi - Consigliere Mignone per le interruzioni, per quanto sommesse. Sono state poste delle domande anche impertinenti circa il numero delle poltrone che accompagnano questo mutamento. Non voglio riprendere questa considerazione....



(Voci di intemperanza dal pubblico e dai banchi del Consiglio)



PRESIDENTE

Considerate le intemperanze verificatesi sospendo la seduta.
Il Consiglio riprenderà alle ore 15,15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13)



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