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Dettaglio seduta n.197 del 27/07/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, il processo verbale dell'adunanza consiliare del 15 luglio 1983 si intende approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Argomenti da aggiungere all'ordine del giorno per la seduta in corso


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale".
Secondo quanto concordato nella riunione dei Capigruppo del 26 luglio 1983 vi sono i seguenti argomenti da aggiungere all'ordine del giorno per la seduta in corso: 45) Dimissioni da membro dell'Ufficio di Presidenza del Consigliere Segretario Giorgio Salvetti 46 ) Ratifica (ai sensi art. 40 Statuto) deliberazione Giunta regionale n. 133-27102: "Legge 12/8/1982, n. 531 'Piano decennale per la grande viabilità - Programma stralcio 82/87 - Indicazioni per il primo triennio'.
Programma delle opere da eseguirsi da parte dell'ANAS, interessanti il territorio della Regione Piemonte, in convenzione con la Regione stessa" 47 ) Documento conclusivo del dibattito sulla riforma delle autonomie svoltosi in Consiglio regionale il 9 dicembre 1982 48 ) Esame ordine del giorno su Liquichimica di Borgaro.
Pongo in votazione la proposta di aggiungere all'ordine del giorno tali punti.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 45 Consiglieri presenti in aula.


Argomento:

a) Argomenti da aggiungere all'ordine del giorno per la seduta in corso

Argomento:

b) Congedi


PRESIDENTE

Comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Cerchio, Ferraris Gerini e Testa.


Argomento:

c) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 315/bis: "Rendiconto dell'esercizio finanziario 1982", nuovo testo presentato dalla Giunta regionale in data 22 luglio 1983; N. 316: "Norme transitorie alla legge regionale 17/10/1979, n. 60 e successive modificazioni", presentato dai Consiglieri regionali Simonelli, Mignone e Avondo in data 15 luglio 1983 N. 317: "Norme concernenti l'amministrazione dei beni e l'attività contrattuale della Regione", presentato dalla Giunta regionale in data 22 luglio 1983 N. 318: "Disposizioni finanziarie concernenti autorizzazioni di spesa per l'esercizio 1983 e 1984 e devoluzione di quote di assegnazioni statali nell'area di intervento agricoltura", presentato dalla Giunta regionale in data 25 luglio 1983 N. 319: "Assestamento al bilancio per l'esercizio finanziario 1983" presentato dalla Giunta regionale in data 25 luglio 1983.


Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 12 e 15 luglio 1983 - in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6/11/1978, n. 65 - sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

e) Decreti relativi alla nomina del Vicepresidente della Giunta regionale e all'assegnazione delle deleghe agli Assessori


PRESIDENTE

Comunico, infine, che sono stati distribuiti ai Consiglieri i decreti n. 5859 e n. 5860 del 18 luglio 1983 relativi alla nomina del Vicepresidente della Giunta regionale e all'assegnazione delle deleghe agli Assessori:



VIGLIONE Aldo

Presidente, funzioni istituzionali; coordinamento generale delle attività, regionali e dipartimentali; affari generali; servizi generali rapporti con la CEE; legale, contenzioso, legislativo; economato patrimonio, demanio; personale ed organizzazione; bilancio annuale finanze, tributi, ragionerie centrali e decentrate.



RIVALTA Luigi

Vicepresidente, funzioni istituzionali in sostituzione del Presidente programmazione economica; bilancio pluriennale; pianificazione territoriale; Enti locali; parchi; coordinamento progetti FIO coordinamento enti strumentali e partecipazioni regionali (IRES, IPLA FINPIEMONTE, CSI, Istituto Cartografico Regionale).



TAPPARO Giancarlo

Industria; lavoro ed occupazione; formazione professionale immigrazione.



FERRARIS Bruno

Agricoltura; forestazione; ESAP.



CERUTTI Giuseppe

Trasporti; viabilità, porti e navigazione interna pronto intervento; assetto idrogeologico; legge regionale n. 28 (viabilità, cimiteri, sedi municipali, illuminazione); espropri; CROP C.R.T.



CALSOLARO Corrado

Tutela dell'ambiente; energia; uso e risanamento delle acque; scarichi industriali; smaltimento rifiuti solidi; inquinamento atmosferico acquedotti e fognature; acque minerali e termali; urbanistica.



BRUCIAMACCHIE Mario

Commercio; artigianato; cave e torbiere; fiere e mercati; edilizia residenziale e scolastica; protezione civile; PROMARK.



FERRERO Giovanni

Cultura; beni culturali; istruzione; assistenza scolastica.



BAJARDI Sante

Sanità; sicurezza sociale; assistenza; polizia urbana e rurale.



MIGNONE Andrea

Turismo; sport; tempo libero; industria alberghiera; pesca e caccia.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni della Giunta regionale


PRESIDENTE

Chiede ora di parlare l'Assessore Tapparo per alcune comunicazioni. Ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Signor Presidente, colleghi, desidero portare all'evidenza del Consiglio il lavoro svolto dalla formazione del governo regionale in poi soprattutto in merito ad alcuni nodi della crisi occupazionale piemontese.
Abbiamo avuto un incontro con la Direzione della Montedison per appurare la linea strategica che tale macro impresa sta seguendo, linea di condotta che porta inevitabilmente ad una perdita secca nella Regione di oltre 3.000 posti di lavoro, principalmente concentrati nell'area di Verbania.
Sta ormai marciando, ma è ancora da definirsi una soluzione ponte: l'intervento della GEPI per gli stabilimenti Montefibre di Verbania ipotesi che dovrebbe dare lo sbocco ad una soluzione nuova con una nuova proprietà.
L'Istituto Donegani di Novara dovrebbe in tempi medi accrescere le sue unità di ricerca di 100 tecnici e ricercatori. Si tratta di attività trasferite dal centro di Linate e, presumibilmente, una parte di questi posti sarà occupata da tecnici che si trasferiranno da Linate.
Inoltre, lo stabilimento Vinavil di Villa d'Ossola subirà da un lato una riduzione (serviva Pallanza per quanto riguarda la serie acetica) e dall'altro lato, avendo un impianto con una capacità produttiva di 40.000 tonnellate, vi si trasferirà a partire dal 1985 una quota di produzione attualmente svolta nello stabilimento di Marghera. Nell'arco di due anni secondo la Direzione della Montedison, dovrebbe esserci una compensazione tra l'attuale contrazione di produzione per la serie acetica e la crescita delle produzioni che dovrebbero arrivare da Porto Marghera.
In generale la situazione Montedison in Piemonte presenta un calo netto di impegno che non è sostituito in termini significativi da altre attività.
Resistono i poli tradizionali della Farmitalia, quello della zona di Spinetta Marengo e quello rimasto dopo la crisi degli anni scorsi nel Vercellese.
Per quanto riguarda il discorso del terziario avanzato vi è l'ipotesi di chiusura del Centro di Ricerca Enichimica secondaria di Borgaro Torinese.
La Direzione conferma il non interesse al mantenimento di quel Centro per una serie di ragioni logistiche e per la sua scarsa economicità.
Secondo l'Enichimica sarebbe facile trovare una soluzione occupazionale per i 42 occupati presso quel Centro.
La nostra difesa, in questo caso, come in altri, non è puramente dell'occupazione fine a se stessa, ma è la difesa di un modulo importante di terziario avanzato, che è il cardine della nostra strategia, in quanto sappiamo che per il terziario avanzato non di natura industriale, per l'effetto di gravitazione sull'area milanese, per quella torinese sarebbero relativamente scarsi gli spazi.
Per quanto riguarda la Fiat il Presidente Viglione ieri ha avuto un incontro con il Dott. Annibaldi. Ho partecipato a questo incontro e ho posto in evidenza l'urgenza di riprendere il rapporto tra Regione e Fiat per affrontare i problemi generali dell'occupazione nell'area di nostra competenza e problemi specifici, tra i quali quello della fabbrica di escavatori Hidromac. Sono state fatte all'azienda richieste per un incontro di merito sui problemi occupazionali in quanto il 2 ottobre scade il diritto alla cassa integrazione.
I 7 mila rientri erano previsti, secondo l'accordo per il 30 giugno e seppure la trattativa tra Fiat ed organizzazioni sindacali presenta dei piccoli elementi di convergenza, vi sono ancora delle differenze sulle quantità e sui tempi.
Il mio Assessorato si fa promotore di un approfondimento con la Fiat per quanto riguarda tutti gli aspetti occupazionali e gli elementi indotti.
L'incontro programmato per il 2 settembre dovrebbe essere l'inizio di un lavoro continuo.
Nel campo della siderurgia la nostra Regione è toccata pesantemente dalla contrazione della produzione nel settore. In tre anni si sono persi circa 6 mila posti di lavoro e i tagli previsti porteranno ulteriori riduzioni. Si tratterà di vedere se i tagli toccheranno e in quale misura anche la parte privata come sembrerebbe. Questo fatto avrebbe un impatto immediato sull'ipotesi di rilancio produttivo e di ristrutturazione delle acciaierie Sisma e Ceretti nell'Ossola e la chiusura di quasi tutte le aree fusorie private ancora residue in Piemonte. Alcune produzioni qualificate come gli acciai Inox e gli acciai speciali sono concentrate nell'area di Torino (ex Teksid). In un incontro a livello nazionale abbiamo evidenziato che la nostra posizione non va nella logica di una guerra campanilistica ma nella salvaguardia di impianti tecnologicamente avanzati, recenti competitivi e quindi sarebbe un danno doppio il dover buttare risorse valide e competitive.
Per altre aziende minori la Regione ha compiuto opera, a volte di mediazione, a volte di sostegno, attorno ad uno sfilacciamento di rapporti con le banche. Alla Pianelli Traversa, per esempio, dal 1 luglio è stato nominato un Commissario straordinario, esistono quindi le condizioni per salvaguardarne il patrimonio tecnologico, gli impianti, il mercato del gruppo. Il nostro compito è stato di evitare che sfiducia e timori del sistema bancario potessero penalizzare in modo ingiustificato la ripresa dell'azienda.
L'altro ieri notte con la nostra assistenza è stato firmato l'accordo per la Gianetti e Osi, industria specializzata nella produzione di cerchioni. Si salvano a Torino 50 lavoratori per la costruzione di macchine speciali per la produzione di cerchioni.
Ci sono poi note negative di chiusura e di tagli all'occupazione, per esempio, per l'abbandono dell'area torinese da parte della Talbot che era insediata nella zona di Villastellone. Anche in questo caso abbiamo cercato di ottenere il mantenimento almeno del parco ferroviario, ma elementi di razionalità economica e di grande crisi che hanno colpito l'industria automobilistica non hanno permesso una dignitosa conclusione della trattativa che è insoddisfacente per i lavoratori e per noi.
Ci sono poi altri casi di più vecchia data. In un incontro in Regione con i parlamentari piemontesi abbiamo portato in evidenza come la Elcit abbia le carte in regola o per entrare nella nuova entità che dovrà gestire l'elettronica civile, la Rei, oppure per rappresentare un polo di produzione di elettronica civile, magari differenziato rispetto alla produzione di Tv colore. Abbiamo fatto pressione sulla GEPI affinché compia gli opportuni passi per rilanciare l'azienda per salvaguardare il suo mercato e le tecnologie. Probabilmente, ci sono delle responsabilità della GEPI per quanto riguarda il mancato intervento in termini di investimenti per fare della Elcit un'azienda capace di operare in qualche misura in modo diversificato.
L'Indesit è entrata, seppure in modo non soddisfacente, all'interno della Rel, comunque sembra che questo aggancio possa rappresentare una partenza significativa.
Ci siamo fatti parte attiva affinché le Acciaierie di Borgaro potessero finalizzare i finanziamenti per la ristrutturazione della siderurgia per diversificare la produzione. Abbiamo espresso la nostra disponibilità ad utilizzare i nostri strumenti di formazione professionale e di servizi reali per le imprese. L'accordo firmato salvaguarda una significativa parte dell'azienda. La proprietà dell'azienda stessa ha riconosciuto nel ruolo della Regione non solo un supporto morale o l'offerta di un utile tavolo di trattativa, ma un ruolo attivo e positivo che, credo, faccia giocare al massimo le risorse, limitate, che abbiamo in questa materia.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola ora al Presidente della Giunta regionale Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ad integrazione di quanto ha riferito l'Assessore Tapparo, informo che sulla questione Gondrand ci siamo incontrati con il Presidente della Regione Lombardia Guzzetti. La Direzione dell'azienda ha chiesto l'amministrazione controllata e si prevede l'intervento della Prodi.
La questione ha sfaccettature diverse. Si tratta di definire il futuro dell'azienda ed il tipo di attività che intenderà svolgere. Per :ora è impossibile prevedere quali saranno le scelte che il Commissario della Prodi, se nominato, intenderà avviare. Voglio garantire al Consiglio che la Regione Piemonte e la Regione Lombardia stanno seguendo. La Gondrand ormai è una multinazionale la cui maggioranza non è più italiana, ma tedesca.
Sabato, alle ore 15, si riuniscono i Presidenti delle Regioni per decidere l'atteggiamento da tenere verso il nuovo Governo e per affrontare il Presidente incaricato prima che sciolga la sua riserva.
Alle ore 10 vi sarà una riunione preparatoria e le Regioni italiane cercheranno di formulare unitariamente un documento da consegnare al Presidente incaricato nel quale ribadiranno le loro linee che sono l'esaltazione delle autonomie locali e la capacità di operare e di incidere nel quadro nazionale.
Alla prossima seduta del Consiglio regionale sarò in grado di dire il contenuto del documento che le Regioni italiane intenderanno sottoporre all'on. Craxi, designato per formare il Governo del Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Ci rendiamo conto che l'avvio del nuovo Assessore non è leggero e, al di là delle posizioni che ci caratterizzano, non possiamo che formulargli auguri che il suo compito sia reso più facile dalle circostanze ed abbia successo.
Fatta questa premessa, vorrei venire al merito delle informazioni date.
Montefibre e Montedison. L'Assessore ha detto che tutto si chiude con un calo di impegno delle Partecipazioni Statali. Vi è la privatizzazione della Montedison che porta come primo risultato una razionalizzazione estremamente pesante che si aggiunge alla ristrutturazione della meccanica e di altri settori industriali. Tutto questo apre problemi rilevanti ed incide sullo sviluppo del Piemonte. Se da una parte è importante che l'Istituto Donegani venga sviluppato è molto grave dall'altra la caduta dell'occupazione.
L'intervento assistenziale che mantiene i posti occupazionali a livello di cassa integrazione evitando i licenziamenti, è un intervento che contraddice le indicazioni date dal Parlamento con la legge 675 contrarie a nuovi interventi della GEPI nel Nord. Noi più volte abbiamo sostenuto che questo vincolo doveva essere superato. Ora il caso clamoroso della Montefibre lo fa superare e questo è assolutamente necessario anche per il collegamento al caso Elcit e per altre ipotesi che potranno verificarsi. La funzione GEPI di Agenzia del Lavoro è più necessaria al Nord dove esiste un'industria matura più che in altre zone del Paese. E' un argomento da riproporre al Parlamento e potrebbe essere uno dei temi da portare nell'incontro con il Presidente incaricato. Quanto alla chiusura del Centro Ricerche ENI di Borgaro se da un lato possiamo capire le esigenze di razionalizzare i centri di ricerca dall'altro non possiamo accettare il depauperamento lento del Piemonte proprio in questo settore. L'Università di Torino è favorevole alla permanenza del Centro di Borgaro ed il Ministro delle Partecipazioni Statali De Michelis si è impegnato in questa sede addirittura per un potenziamento.
Esprimiamo soddisfazione alla linea della Giunta per quanto attiene al caso Fiat. Non abbiamo firmato l'ordine del giorno proposto dai Gruppi di maggioranza perché riteniamo che prima di assumere un giudizio negativo sia necessario incontrare l'azienda per chiarire alcuni punti. Questo incontro può avvenire anche in sede di Commissione Lavoro. E' anche necessario un incontro tra organizzazioni sindacali ed azienda per discutere sulla rinegoziazione dell'accordo.
Siderurgia. Debbo ricordare all'Assessore Tapparo che quando abbiamo dibattuto il piano Finsider abbiamo detto, dati alla mano sui livelli occupazionali europei, che tutti i Paesi avevano già in corso un'ampia ristrutturazione, mentre nel nostro Paese essa doveva ancora avvenire avevamo quindi ipotizzato come necessario un drastico ridimensionamento della nostra presenza nella siderurgia. In quell'occasione fummo contrastati da altri interventi: i fatti però ora ci stanno dando ragione perché si va sulla strada del ridimensionamento che colpisce purtroppo anche il Piemonte.
Elcit. L'azienda deve essere salvata. C'è stato un grosso equivoco.
Essendo un'azienda GEPI, già in mano al settore pubblico, non è stata inserita nel piano complessivo della REL, mentre sono state privilegiate a torto o a ragione aziende private che si volevano salvare, come la Zanussi ed altre.
La soluzione non può che essere trovata che con il richiamare la GEPI agli impegni ed inserirla nella REL. Il discorso si risolve ad un tavolo a tre: Ministero dell'Industria, REL e GEPI.
Prendo atto delle comunicazioni sul caso Gondrand. Non mancheremo di approfondirlo in seno al Gruppo per dare quel contributo che sempre offriamo in questi casi, sia in sede di Commissione, sia con la partecipazione alle riunioni che la Giunta vorrà fissare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Barisione.



BARISIONE Luigi

L'Assessore ha portato in Consiglio regionale i problemi più scottanti dell'occupazione nell'industria piemontese e sarebbe opportuno che la Giunta fissasse una riunione a tempi rapidi in sede di Commissione per approfondire molti di questi aspetti che in sede di Consiglio non è possibile approfondire.
Chimica. Oltre al problema della Montedison, in ordine alla quale l'intervento GEPI può superare i licenziamenti dei lavoratori di Pallanza e di Ivrea ed il problema dei licenziamenti alla Ferroleghe di Domodossola c'è la necessità di definire il ruolo della chimica italiana e delle fabbriche piemontesi che operano in questo settore.
Sempre nel quadro della chimica è grave la decisione dell'ENI di chiudere il Centro di Ricerche di Borgaro. Sta andando avanti un disegno strategico errato secondo cui la struttura e le Partecipazioni Statali si assumono gli oneri della chimica primaria lasciando ai privati la chimica fine. Occorre finalmente porre mano al piano della chimica in Italia e nel quale anche le Partecipazioni Statali abbiano il loro ruolo nel campo della chimica fine. Quanto al Centro Ricerche di Borgaro il problema non è solo per le 42 unità impiegate le quali per l'alto livello di qualificazione troveranno una collocazione all'interno della struttura piemontese, ma è un problema di strategia a più lungo respiro.
Siderurgia. E' stato presentato al Consiglio regionale, con la firma di tre colleghi della maggioranza, un ordine del giorno. Il Piemonte ha già pagato un prezzo altissimo, ma anche in questo campo occorre un piano complessivo che abbracci la Partecipazione Statale e l'industria privata. A noi non sta bene che i tagli all'occupazione vengano spostati dalla struttura pubblica a quella privata, né ci sta bene che l'Italia sia ulteriormente penalizzata. Siamo un Paese importatore di acciaio Inox quindi c'è l'esigenza della copertura del consumo interno. Inoltre vanno definiti gli assetti proprietari se non vogliamo trovarci di fronte a tagli selvaggi per cui chi non ha una collocazione né nel sistema pubblico né nel sistema privato (come la SISMA) rischia di essere emarginato da qualsiasi confronto.
Fiat. La Fiat nell'ambito della politica industriale ha assunto la punta più avanzata di chi vuole penalizzare l'organizzazione sindacale sia non firmando i contratti dei metalmeccanici sia non rispettando gli accordi aziendali sottoscritti e gli accordi raggiunti con le Partecipazioni Statali. Probabilmente i miliardi che dovevano servire per gli impianti siderurgici per la creazione di posti di lavoro sostitutivi servono per compiere operazioni finanziarie.
Elettronica. La vicenda Elcit va inserita nel piano complessivo dell'elettronica civile e potrebbe avere un rapporto con altre aziende elettroniche del Piemonte, come la Olivetti.
Ribadisco la necessità che la Giunta presenti in Commissione una relazione su tutte queste situazioni e sugli accordi non rispettati e che su questa si svolga un dibattito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Condivido l'invito del collega Barisione ad approfondire in sede di Commissione questi temi.
Purtroppo nel settore chimico più avanzato (chimica fine) verifichiamo il disimpegno delle aziende pubbliche e un non adeguato impegno delle aziende private. La Montedison è sempre più un'azienda commerciale e sempre meno un'azienda produttrice e la chiusura di alcuni suoi stabilimenti penalizza ulteriormente il nostro Paese rispetto ai rapporti commerciali con l'estero, per esempio la chiusura della Mon te fibre di Pallanza ci costringerà ad importare il nylon 66 di cui la Montefibre è l'unica azienda produttrice e la chiusura dello stabilimento Ferroleghe ci costringerà ad importare il prodotto di base per la siderurgia.
Condivido le considerazioni del Consigliere Brizio sul ruolo della GEPI in questi anni e sul disimpegno al Nord, però per quanto riguarda la Montefibre "l'ultima spiaggia" sarà un intervento ponte che garantisca la continuità produttiva. In sede di verifica con il Governo si dovrà sollecitare un provvedimento stralcio che permetta alla GEPI di intervenire immediatamente, la quale dovrà dire chiaramente a quali condizioni vorrà avviare la produzione scartando l'intervento assistenziale che garantisce la cassa integrazione, ma che chiude gli spazi di mercato. L'altra strada quella di attendere la modifica della legge, è una strada lunga alla fine della quale ci troveremmo con la Montefibre di fatto chiusa, mentre la sua ripresa produttiva potrà ridare spazio ad altre aziende come la Vinavil di Villadossola.
Enichimica. Non possiamo accettare la chiusura dello stabilimento e dobbiamo fare una battaglia per impedire questa soluzione. La collocazione occupazionale dei 40 dipendenti non preoccupa poiché la loro professionalità è di un livello così alto da escludere problemi di reinserimento, mentre preoccupa la salvaguardia dell'unità produttiva che opera nel campo della chimica fine rispetto al quale il nostro Paese dipende dall'estero e rispetto al quale dominano le grandi multinazionali estere.
Il Governo deve dire che cosa intende fare in questo settore visto che in Italia imperversano le multinazionali. Dobbiamo anche tenere conto dell'accordo del marzo 1982 con cui il Governo si è impegnato per favorire lo sviluppo produttivo dello stabilimento Enichimica. Gli accordi vanno rispettati non solo da parte della Fiat e per i privati, ma anche e soprattutto da parte del Governo. Siamo nell'assurdo: la Commissione Industria della Camera nel dicembre dello scorso anno, in un documento dichiara che la struttura produttiva del nostro Paese non è competitiva con quella degli altri Paesi perché gli investimenti nel settore della ricerca sono un terzo degli investimenti fatti dagli altri Paesi. Se quella relazione aveva un senso, mi pare allora assurdo pensare di chiudere le strutture esistenti. Dalla riunione della scorsa settimana dei Gruppi politici con il Consiglio di fabbrica e le organizzazioni sindacali è scaturito un ordine del giorno che oggi verrà sottoposto all'esame del Consiglio regionale con il quale si richiede un incontro immediato con i Ministri interessati e con i dirigenti ENI.
Fiat. Lo Stato non può erogare le sue poche risorse senza una logica di indirizzo e controllo dell'economia ed una capacità di verificare i risultati che sul piano occupazionale vengono raggiunti. La Fiat è il capofila delle aziende che vanno allo scontro frontale con il movimento sindacale, con i lavoratori e con il Governo e la Fiat ha assunto una posizione precisa circa il non rispetto degli accordi.
Di fronte a questi atteggiamenti dobbiamo chiedere la sospensione dell'erogazione dei finanziamenti in attesa che Fiat ed organizzazioni sindacali trovino un punto di incontro sul rispetto dell'accordo.
Siderurgia. I tagli sono reali e provocheranno ripercussioni drammatiche sull'apparato produttivo. Il rapporto con la CEE deve essere ancorato ad alcune questioni.
I tagli all'interno della Comunità non possono prescindere dalla situazione sociale dei singoli Paesi e dal rapporto produzione-consumo di prodotti siderurgici dei singoli Paesi. Il nostro Paese continua a produrre meno di quanto consuma. Vi è poi un problema di equilibrio tra gli stabilimenti produttivi e - diciamolo chiaramente - il Piemonte è l'unica regione che ha pagato. Quando si è raggiunto l'accordo Teksid-Finsider, si era detto che l'equilibrio produttivo tra gli stabilimenti di Torino e gli stabilimenti di Terni avveniva attraverso l'aumento delle quote di produzione Inox. Questo non è avvenuto, non è certo opportuna la guerra tra Torino e Terni, ma la si eviterà solo espandendo le quote di mercato.
Elettronica. La costituzione della REL ha l'obiettivo di recuperare delle quote di produzione dato che le nostre industrie producono meno del 20 % nel campo dell'elettronica civile mentre il resto è in mano alle aziende estere. Questo recupero di quote di produzione darebbe una prospettiva reale anche alla Elcit, quindi va recuperato un rapporto tra Elcit e REL.
Per ultimo è opportuno ed urgente effettuare una verifica complessiva con le Partecipazioni Statali circa il ruolo che tali aziende intendono assumere nella nostra Regione. In questi ultimi anni è aumentato il peso delle aziende a partecipazione statale, ma tali aziende non sono state capaci di provocare un'inversione di tendenza nei punti di crisi, anzi rischiano di diventare capofila nella distruzione anche di quei settori fondamentali per la nostra economia, quali sono i centri di ricerca.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Innanzitutto ringraziamo l'Assessore al lavoro che ci ha informati sulla situazione occupazionale della Regione. E' giusto che i problemi occupazionali ed il piano di ristrutturazione siano dibattuti in Consiglio regionale, ma è anche utile ed opportuno il contributo della IV Commissione dove sono presenti tutte le forze politiche.
La vicenda Montedison, che investe l'area del Verbano, va affrontata tenendo conto degli indirizzi programmatici del nuovo Governo e della politica che il gruppo che si è andato costituendo intende avviare nel campo della chimica.
Per quanto riguarda il Centro Ricerche di Borgaro non esiste solo la questione occupazionale, ma soprattutto un fatto scientifico, il problema dell'investimento nel campo della ricerca nel nostro Paese è carente. E' un problema che deve vedere impegnato il potere esecutivo (la Giunta) ed il Consiglio regionale che deve farsi carico di intervenire presso l'ENI.
Ringraziamo l'Assessore per il tempestivo intervento presso il Ministro delle Partecipazioni Statali ed il Presidente dell'ENI.
Questione Fiat. Vengono meno gli impegni assunti dalla Fiat. Prendiamo atto del rinvio e poiché il problema è vasto dobbiamo discutere con la Fiat chiedendo di rispettare gli impegni assunti.
Piano siderurgico. Prendiamo atto della proroga proposta dalla CEE.
Siamo preoccupati per il ritardo sul piano della ristrutturazione e non vorremmo che questo ritardo creasse ancora una volta situazioni di crisi occupazionale.
Elettronica. Occorre una riflessione di natura politica sugli indirizzi della GEPI, che sta dando un'impostazione in alcune aree (vedi caso Zanussi) e questo ci preoccupa molto, mentre non tiene conto dello sviluppo di una società elettronica come la Elcit, creata dalla GEPI stessa.
Chiediamo l'immediato intervento della Giunta e del Consiglio regionale perché venga fissato un incontro tra il Ministero dell'Industria, la GEPI la Elcit e la società finanziaria.
Ringrazio anche il Presidente della Giunta che ci ha informati sul problema Gondrand che ci preoccupa, mentre il terziario sotto il profilo economico e sociale è in aumento in tutti i Paesi del mondo, qui si assiste a cadute. Occorre fare una riflessione sull'economia monopolizzata industriale ed in particolare l'economia piemontese e si richiede un equilibrio ed un potenziamento del terziario superiore. Invitiamo l'Assessore ad informarci sempre e tempestivamente su queste questioni. Il nostro Gruppo politico vuole essere a conoscenza dei fatti per quell'impegno che intende esprimere in questo campo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Evito di ripetere le osservazioni da altri colleghi fatte sulla situazione occupazionale della nostra Regione e mi limito ad accentuare quanto detto in ordine alla necessità di sviluppare tutti gli sforzi possibili per il mantenimento del Centro Ricerche di Borgaro. Credo che i valori che tali Centri rappresentano vanno salvaguardati, soprattutto in un momento come questo, in cui dobbiamo guardare ad attività più sofisticate per qualificare le iniziative industriali del nostro Paese.
Mi associo agli apprezzamenti dei colleghi rivolti all'impegno dimostrato dal neo Assessore Tapparo che, per la verità, ha dato anche qualche notizia positiva, in particolare relativamente alla mia città con l'annuncio dell'ampliamento del Centro di Ricerca Donegani di Novara.
Per il resto è stato un lungo bollettino medico di malati cronici o nuovi ed una serie di necrologi che avremmo preferito non sentire.
Vorrei chiedere all'Assessore di mettere nella sua agenda un segnalibro alla pagine del Verbano e dell'Ossola. Spesso se ne parla, si accentua il carattere di gravità della situazione occupazionale in quelle zone, ma raramente si fa riferimento alla proporzione esistente fra abitanti e posti occupazionali in crisi. Non siamo lontani dai 100 mila abitanti e i posti in crisi sono quasi 10 mila. Fuori dai toni usuali che si tengono in questi consessi, ritengo che vi sono anche dei mastodonti malati, che le Partecipazioni Statali sono spesso insufficienti a garantire uno sviluppo efficace dell'attività industriale; pertanto bisogna guardare con coraggio e con senso dell'economia e dello sviluppo in prospettiva alle vicende che caratterizzano l'attività imprenditoriale e industriale.
Per l'Ossola e per il Verbano, oltre alle iniziative che già sono state avviate per mantenere l'esistente, chiedo un progetto speciale dell'Assessore e della Giunta perché si avviino delle attività che scoprano aspetti sostitutivi delle attività attualmente esistenti. Ricordo che la SIM di Verbania, la Sisma, la Ceretti di Villadossola, la Ferroleghe di Domodossola non possono tutte essere salvate e che è inutile sperare di mantenere tutto quanto esisteva fino a ieri: occorre una diversificazione produttiva che dia prospettive a lunga distanza. Ovviamente la disponibilità a lavorare dai banchi dell'opposizione in questo senso è totale e completa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le comunicazioni dell'Assessore al lavoro sono pregevoli, è invece criticabile e non opportuno che cresca un'immagine assessorile della Regione, quindi i telegrammi al Ministro devono essere inviati dal Presidente della Giunta e se del caso, affiancati dalla firma dell'Assessore.
Come nei riti, cambiano i protagonisti, ma il copione è sempre quello.
Preoccupa che questo dibattito per la maggior parte ha per oggetto la difesa dell'occupazione, perciò l'economia è un'economia di proposta.
Certo, discutere sulle Partecipazioni Statali dopo quarant'anni e rendersi conto che sono state il veicolo del più grande errore di gestione politica del Paese è la riflessione che le forze politiche fanno ed è auspicabile che la facciano.
Si auspica coraggio nel trarre le conseguenze, naturalmente non si è molto d'accordo ad accettare le conseguenze del coraggio di accettare le conseguenze.
Non penso che questa maggioranza, che non molti anni fa puntava al riequilibrio territoriale con il trasferimento dell'occupazione al Sud, ha titoli per rivendicare priorità nel mantenimento dei posti di lavoro al Nord. Queste polemiche forse hanno giustificazione in altra sede.
Vorrei fare un'annotazione. In questo Consiglio regionale frequentemente si parla di terziario superiore. Se leggiamo la storia dell'economia, scopriamo che il secondario è nato e si è sviluppato nella misura in cui il primario ha liberato energie e risorse: è cresciuto il secondario quando si sono liberate risorse funzionali al primario, quindi ci sarà un terziario nella misura in cui il secondario sarà in grado di sostenerlo ed avrà bisogno del terziario stesso.
Il terziario significa utilizzazione di campi diversi, non produttivi il cui costo economico ricade sul secondario, oppure l'utilizzazione di tecnologie, di beni e di servizi e di prestazioni a favore del secondario di cui il secondario è richiedente.
Dobbiamo difendere gli elementi del secondario portante che determinano un terziario superiore d'uso di servizio, di informazione, di strutture di varia natura anche di tipo informatico.
Ho l'impressione che sia stato inopportuno anticipare la discussioni sulla Fiat. Dobbiamo fare un'osservazione che a qualcuno sembrerà sgradevole.
L'economia non è il regno dell'onore dei patti che s'osservano, ma delle esigenze. Auspico che le pressioni tra Governo, Fiat, Giunta ed Assessorato possano portare al massimo rispetto degli impegni assunti a suo tempo, ma le risorse che vengono richieste dalla Fiat, a parte che sono nettamente inferiori a quelle che, in pari condizioni, negli altri Paesi Vengono messe a disposizione dell'attività automobilistica, valgono per il futuro, non per il passato.
Consideriamo che il problema occupazionale è una conseguenza del passato, non è una prospettiva verso il futuro. Non facciamoci portare da un ragionamento apparentemente lineare: "pacta sunt servanda" perché questo non è il regno del diritto, ma è il regno dell'economia che in ogni giorno in ogni momento, è regolata, condizionata e determinata dall'esigenza del rispetto di regole economiche che si rimuovono e si modificano nel tempo.
La Giunta deve chiedere al Governo di verificare che il rispetto degli accordi venga mantenuto al massimo rispetto all'esigenza di garantire l'economicità dell'operazione nel complesso.
Occorrerà verificare con senso della realtà in che misura il Centro Ricerche di Borgaro sia funzionale per il futuro. L'operazione di salvataggio dovrebbe essere accompagnata da iniziative e da processi tali che facciano di quel complesso un vero Centro di Ricerche.
Sulla siderurgia ci sembra prematuro un giudizio. Il quadro che abbiamo sotto gli occhi ci fa ritenere che l'Italia sia alla resa dei conti e i conti che deve rendere sono facilmente determinabili: inefficienze ed assistenzialismo si misurano rispetto ai concorrenti sul terreno economico con il differenziale di inflazione. Siamo in una forbice che tende ad allargarsi sempre più e che si misura con i coefficienti dell'inflazione.
Auspichiamo che il nuovo Governo, che sarà guidato da un partito che fino adesso non era protagonista su questo, sappia ricondurre tutti gli elementi della polemica ad un unico determinatore: recuperare la produttività del nostro sistema riducendo le aree parassitarie ed assistenziali, le quali non sono soltanto i troppo polemizzati invalidi dell'Irpinia, ma sono, per esempio, le Partecipazioni Statali perché mentre l'invalido è il terminale di una situazione, l'assistenzialismo in termini economici è l'elemento che mette in moto il processo finale, l'assistito singolo dell'Irpinia.
Il nostro Gruppo avrà la massima attenzione ed offrirà disponibilità e collaborazione all'Assessore. Fa voti peraltro che il Governo si costituisca al più presto e che su questa complessa materia sappia assumere una strategia globale, non occasionale e non episodica.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Tapparo per le risposte ed i chiarimenti emersi dalle richieste dei Consiglieri.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Un chiarimento lo devo al Consigliere Marchini sui telegrammi. Se fossimo in un'azienda mi direbbero che non conosco molto bene il manuale delle procedure; forse è così. Tengo però a precisare che non ho intenzione di costruire un Assessorato feudo.
Venendo alla questione non vorrei fare un discorso filosofico o di grandi indirizzi economici. Occorre vedere il merito...
La valutazione microeconomica dell'ENI è quella della convenienza economica aziendale ed è stata dimostrata da una serie di valutazioni, alle quali noi contrapponiamo una serie di criteri e, diciamo, di razionalità diverse per le quali riteniamo economicamente valida questa iniziativa cioè il mantenimento ed il rafforzamento del Centro di Ricerche Enichimica di Borgaro.
A volte è difficile discernere con estrema precisione quello che è valido economicamente e quello che non è valido. Non sempre il mercato è un preciso indicatore di queste convenienze.
Voglio sottolineare il rischio di scollamento tra alcune valutazioni svolte in sede nazionale o dalle macro imprese e le nostre valutazioni e le nostre scelte di fondo per quello che riguarda lo sviluppo economico del Piemonte, alla luce del nostro PRS.
Noi abbiamo evidenziato alcuni elementi di fondo tra i quali quello che se il Piemonte ha ed avrà nel terziario superiore una significativa possibilità di sbocco, mentre non avrà altre possibilità reali economicamente valide per poter irrobustire il proprio assetto economico in termini occupazionali. Le pressioni che ho fatto su Reviglio non avevano lo scopo di pietire la permanenza del Centro, ma di evidenziare che la caratteristica dello sviluppo piemontese è imperniata su questo aspetto di crescita del terziario superiore avanzato.
Non condivido la tesi che il terziario avanzato sia sempre meccanicamente trascinato dal secondario. Non sempre l'allocazione delle risorse viene ottimizzata dalla domanda del mercato, infatti la diffusione dell'innovazione ha a volte bisogno di una certa "spinta", di un orientamento e di facilitazioni. Compito nostro è anche quello di dare questa "spinta" alla diffusione dell'innovazione, alla creazione di un ambiente adeguato. Per esempio, la formazione professionale con il secondo livello può aiutarci in questa direzione. Stiamo formando operai in CIG della Olivetti da operai generici ad addetti alla logistica aziendale, con un salto notevole dall'operatività e la professionalità.
Sono quindi d'accordo che queste discussioni debbano essere approfondite in sede più opportuna e più pratica com'è la IV Commissione quindi si può prevedere, prima del Ferragosto, un incontro di lavoro per affrontare in dettaglio queste questioni.
Nel documento programmatico noi enfatizziamo la centralità dell'occupazione non come fatto a sé stante, ma vedendola nell'ottica di piena interrelazione con una ristrutturazione competitiva dell'apparato economico. In questo senso stiamo aprendo il discorso con la GEPI soprattutto per la questione Elcit e Montefibre.
Forse sono stato poco preciso quando ho detto che la Montedison presenta una perdita secca di 3 mila posti di lavoro in Piemonte. E' vero come operazione, ma se l'operazione aggancio GEPI darà uno sbocco per quanto riguarda la Montefibre la perdita in termini occupazionali non sarà di 3 mila, ma sarà di 3 mila meno quello che riusciremo a salvaguardare economicamente con l'operazione "ponte" della GEPI.
Il Consigliere Nerviani rimarca il problema del Verbano - Cusio Ossola. Io l'ho sottolineato e l'ho detto anche venerdì in un'assemblea aperta organizzata dal Consiglio di fabbrica della Montefibre di Verbania dove non potevo considerare la Montefibre come un fatto circoscritto. La Regione cerca di dare un respiro più ampio ai problemi della zona. Da parte nostra c'è la considerazione che quella è un'area di crisi significativa come lo sono altre zone, ma questi elementi, seppure importanti, non dovrebbero essere solo un fatto di sensibilità del governo regionale, ma dovrebbero essere indicatori da trasferire nella programmazione, che deve essere concepita come un processo dinamico.
Per quanto riguarda la Fiat non c'è nessuna difficoltà che il 2 settembre si faccia un incontro allargato. Credo, comunque, che una salvaguardia dei diversi ruoli deve essere riconosciuta, senza per questo pregiudicare il valore centrale di questa assemblea elettiva.
Per rispondere al compagno Moretti vorrei sottolineare una questione di principio. L'uso finalizzato delle risorse pubbliche che vanno alle aziende è un problema prima di tutto di politica industriale per avere dei riscontri sul modo in cui vengono utilizzate le risorse. E' anche importante che l'uso finalizzato delle risorse pubbliche guardi anche al rispetto dei patti tra le parti sociali, però lo vedrei come un elemento diverso rispetto al fatto che le risorse pubbliche trasferite alle imprese debbono essere finalizzate in modo corretto.
E' stato sollecitato un confronto con le Partecipazioni Statali e con la GEPI. Questo obiettivo lo vorremmo raggiungere anche con la Fiat, con la quale prima della riunione del 2 settembre, come già detto, i funzionari della Fiat ed i funzionari del mio Assessorato faranno, a livello tecnico una parte del lavoro per offrire alla discussione un materiale di discussione già semilavorato.
Ieri ho avuto la visita di un corteo di disoccupati che arrivano solitamente dal Palazzetto dello Sport alla fine di deludenti chiamate numeriche: per migliaia di persone che siedono sulle tribune vi sono sempre pochissime chiamate. Questi disoccupati hanno dato vita ad una forma di organizzazione chiamata Coordinamento Disoccupati raccordata in qualche forma alle organizzazioni sindacali. I disoccupati hanno alcuni problemi che porrò in IV Commissione. Probabilmente dovremo pensare a qualche cosa non roboante tipo conferenza sulla disoccupazione, ma qualche cosa che coinvolgendo questa assemblea, possa permettere di analizzare il fenomeno e individuare soluzioni non assistenziali, ma concrete e di breve periodo.


Argomento: Province

Esame progetti di legge nn. 269-299-300 relativi all'istituzione delle Province di Biella e di Verbania


PRESIDENTE

Passiamo ora il punto ventiduesimo all'ordine del giorno: "Esame progetti di legge nn. 269-299-300 relativi all'istituzione delle Province di Biella e di Verbania".
Non sto a ricordare le procedure che ci hanno portato all'esame del testo unificato, perché il relatore ne farà oggetto di esame nelle sue dichiarazioni.
Do quindi la parola per il primo progetto di legge, concernente la proposta di legge al Parlamento del Consiglio regionale del Piemonte per l'istituzione della Provincia di Biella, al Consigliere Petrini.



PETRINI Luigi, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la questione della quale oggi ci occupiamo, esaminando la proposta di legge per l'istituzione della Provincia di Biella, è reale ed è nata dalle aspettative della pubblica opinione e dai voti degli Enti locali interessati.
Purtroppo, tali attese sono andate, sino ad ora, deluse. Sul piano locale, infatti, sono trascorsi ventotto anni dal momento in cui i Sindaci biellesi (correva l'anno 1955) invitavano, per la prima volta, il potere centrale ad assumere un'iniziativa per istituire Biella capoluogo di Provincia.
Molta acqua è quindi passata sotto i ponti. Purtroppo anche sopra di essi: l'alluvione del 1968 stroncò la vita di molti biellesi e procur miliardi di danni.
Se ancora oggi trattiamo il problema "Provincia" è perché non è venuta meno la speranza che accompagna chi compie ogni sforzo rivolto ad una grande finalità. Abbiamo la convinzione che la struttura "istituzionale" fa parte della crescita globale dell'esperienza umana su un territorio. Esso va inteso non come pura entità o ripartizione geografica, ma come habitat dell'uomo.
Le nostre città sono infatti un importante spazio di lavoro: entro esse trovano testimonianza passione ed impegno, doti destinate anche a contribuire ad un rinnovamento della vita politica regionale e nazionale.
Gli 83 Comuni del Biellese, in armonia con il disposto dell'art. 133 della Costituzione, hanno ora pendente, al Parlamento, la richiesta di istituzione della Provincia di Biella, consenziente il Consiglio provinciale di origine.
Mi pare ovvio che la Regione Piemonte, manifestatasi l'iniziativa costituzionale dei Comuni biellesi, ne prenda atto e dia - attraverso il progetto di legge che ora discutiamo - una risposta con l'assenso alle stesse.
Ai biellesi non interessa - di certo - la sigla che targa le automobili e il blasone campanilistico. Interessa la Provincia per lo sviluppo che ne può derivare, per l'autogoverno delle popolazioni interessate, per il collegamento diretto con i c'entri decisionali dello Stato, grazie al quale sono possibili risposte e risoluzioni rapide e non dilazionate.
Rammento che nel 1963 ci interessammo al caso della sede della Banca d'Italia in Biella. Una disposizione di carattere nazionale prevedeva tali uffici solamente nei capoluoghi di Provincia. Ma a Biella la dipendenza dell'Istituto era presente sin dall'inizio del secolo. Nonostante i precedenti e tutti gli interessamenti, nulla si ottenne. Non ebbe importanza alcuna che una città come Biella, dalle esigenze economico finanziarie notevoli e nella quale sono operanti sportelli di ben undici tra Banche ed Istituti di credito nazionali ed internazionali, esponesse valide argomentazioni.
Prevalse la rigida applicazione di norme non certo aderenti alle mutate necessità. Ed oggi assistiamo a centinaia di chilometri giornalieri in turismo monetario! Il Consiglio provinciale di Vercelli, il Comprensorio del Biellese e del Vercellese, il Consorzio dei Comuni del Biellese, tutti i partiti politici, tutte le organizzazioni economiche e sindacali, tutti gli ordini professionali, gli stessi 83 Comuni hanno ribadito che il territorio biellese dispone di requisiti storici, amministrativi e culturali (ricordiamo che Biella fu capoluogo di Provincia per 227 anni) di omogeneità territoriale e socio-economica, di una radicata tradizione consociativa dei Comuni, per divenire sede di Provincia.
Il reddito complessivo prodotto nell'area biellese (sono dati del 1979) risulta di circa 1.200 miliardi con un valore pro-capite di 5,5 milioni di lire circa, valore che pone il Biellese fra le prime quindici Province d'Italia, secondo in Piemonte solo a Torino e Novara.
Il conferimento al Biellese dell'autonomia provinciale è una reale esigenza dalla quale può scaturire lo sviluppo di una programmazione dai molteplici aspetti, estremamente scorrevole per l'aggregazione basata sulla perfetta omogeneità territoriale, amministrativa ed economica: questa è tipica nella preminenza della lavorazione della lana, in proiezione nazionale ed internazionale.
Per queste ragioni in Biellese attende di vedere riconosciuto, anche a livello istituzionale, il rango che gli compete.
Per questo, signor Presidente, il Biellese chiede soprattutto un atto di giustizia. La Provincia, oggi, è una struttura periferica dell'Amministrazione dello Stato: e la Comunità biellese auspica che tale struttura possa servire e lo Stato e i cittadini, in quel contesto di serietà, laboriosità ed intraprendenza che è stato sempre tipico delle nostre genti.
Le autonomie locali, nella realtà socio-politica italiana, sono un dato di fatto storico "riconosciuto" dalla Repubblica, che ne deve curare la "promozione". La Repubblica non può limitarle né comprimerle - se non nei casi di incompatibilità espressamente previsti - anzi, deve promuoverle ulteriormente.
In sostanza, si è compreso che una realizzazione sempre più compiuta del pluralismo istituzionale assicura un più diretto ed un più facile rapporto con i cittadini, avvicinandoli alle espressioni fisiche del "potere" e rendendoli soprattutto più vicini ai servizi che a tutti essi debbono essere assicurati.
Se è vero che lo Stato ricerca in ogni sua azione un corretto recupero del rapporto con i cittadini, non è pensabile che, esso Stato, neppure replichi ad una richiesta di 83 Consigli comunali e non prenda in considerazione delibere inoltrate nella naturale sede di discussione sin dallo scorso anno.
Ci auguriamo quindi che la presente proposta di legge al Parlamento consenta lo sblocco dell'attuale situazione.
Anche se durante l'ottava legislatura del Parlamento nazionale si è vista una discreta utilizzazione, almeno quantitativa, da parte dei Consigli regionali, del potere di iniziativa legislativa loro attribuito dall'art. 121 della Costituzione, purtroppo il bilancio in termini di leggi approvate è tuttavia anche per l'ultima legislatura deludente: della cinquantina di proposte presentate complessivamente alla Camera ed al Senato solo una è diventata legge: la maggior parte delle altre non è stata neppure presa in considerazione dalle competenti Commissioni parlamentari.
Si vuole forse determinare un contenzioso Stato-Enti locali che rivelerebbe solamente la profonda arretratezza della nostra cultura istituzionale e la carente considerazione dalle dimensioni più profonde del nostro vivere civile? Stato ed Enti locali non sono realtà contrapposte, ma espressioni diverse di una medesima socialità. Anche per questo la nostra speranza non si attenua.
Noi siamo convinti della grande rilevanza che la riforma delle autonomie locali riveste ai fini della definizione del futuro assetto complessivo dello Stato italiano. Inoltre la nuova legge comunale e provinciale va al più presto varata, altrimenti l'intero sistema dei poteri locali rischia di essere compromesso per sempre. Ed è inutile che io sottolinei l'importanza dell'argomento. Basterà osservare che la legislazione attualmente in vigore è ancora quella, salvo poche modifiche del 1934 e che, nel frattempo, la società italiana ha subito radicali trasformazioni in tutte le direzioni: da società contadina a società industriale, dal regime autoritario al regime democratico, dallo "stato minimo" allo "stato sociale" con la dilatazione abnorme dei servizi pubblici in ogni settore di attività.
Una riforma che è in ritardo rispetto ai tempi indicati dalla Costituzione. Essa rappresenta un completamento del disegno costituzionale successivo alla riforma regionale degli anni '70 e, soprattutto, può, più di altre, incidere sul progresso reale del nostro Paese.
In una realistica visione delle cose occorre affermare che l'iter di approvazione della riforma della legge sulle autonomie locali è stato lento e che vi è una sostanziale caduta di tensione politica intorno alla realizzazione definitiva dell'assetto autonomistico disegnato dalla Costituzione.
Così rilevava recentemente un rapporto del CENSIS.
Dopo un periodo di attese vane e frustranti, la riforma delle autonomie prese comunque corpo con la presentazione, da parte governativa, durante la Presidenza Spadolini, della legge di riforma. Essa, in buona parte, ha recepito le istanze più sopra richiamate, ma ha raccolto anche critiche sull'ordinamento delle Province e dei Comuni, sulle funzioni della municipalità all'interno delle aree metropolitane, sulle nuove circoscrizioni provinciali, indicate come comprensive di una popolazione superiore ai 250.000 abitanti.
Tra l'altro, su quest'ultimo particolare, vorrei evidenziare che oggi sulle 95 Province italiane ve ne sono ben 15 al di sotto di questo limite e che in un'intera Regione tutte le Province ivi esistenti hanno meno di 250.000 abitanti. Io ritengo che importante non sia tanto il numero di abitanti, quanto il fatto che ciascun territorio provinciale corrisponda ad una zona economicamente e socialmente omogenea, con una dimensione adeguata al ruolo assegnato alla Provincia e che, soprattutto, consenta un'organica programmazione delle funzioni e dei servizi.
Lo stesso Ministro on.le Rognoni aveva affermato che il limite dei 250.000 abitanti non rivestiva carattere di perentorietà: pertanto tale indicazione può essere riveduta e modificata.
Il progetto dell'on.le Rognoni (che sarà certamente ripresentato alle Camere) è comunque un contributo importante per procedere oltre nella discussione della riforma. Ma questo grande disegno di riordino istituzionale, per i riflessi che avrà sulla vita autonomistica del nostro Paese, richiede, io credo, l'apporto di tutte le forze politiche. La mia sensazione è che oggi, al di là di significative convergenze, non esiste un accordo pieno.
Per contro, è da auspicare, da parte di tutti, che attorno a questa grande riforma possa costituirsi una larga aggregazione di consensi, tale da permettere, in tempi brevi, il varo definitivo del testo di legge.
Esiste poi una preoccupazione parallela: quella riguardante la riforma della finanza locale. Essa non può essere scissa da quella attinente alla riforma delle autonomie.
Infatti, non è possibile attribuire collocamenti e compiti all'Ente intermedio ed ai Comuni senza, nel contempo, fornire gli strumenti finanziari adeguati allo svolgimento degli stessi, recuperando una potestà impositiva attraverso la quale meglio si eserciti l'auspicato principio di autonomia. I due provvedimenti devono infatti procedere di pari passo se si vuole confermare e salvare il ruolo delle autonomie del nostro Paese.
Infatti, con il venir meno della potestà impositiva dei Comuni non solo si sono consolidati squilibri gravissimi tra Enti locali ed Enti locali, non solo è stata incentivata, in maniera non più controllabile, la spesa pubblica periferica, ma soprattutto - ed è questa la cosa più grave - si è spezzato il rapporto democratico tra amministratori ed amministrati: voglio dire che, essendo la finanza comunale derivata dal bilancio dello Stato interlocutore del Sindaco non è più il cittadino amministrato, ma il Ministero del Tesoro.
Dico inoltre che il Sindaco è costretto, per amministrare la propria comunità, a trascorrere intere giornate non in Comune ma a Roma presso i Ministeri oppure presso gli Assessorati della Regione con tutte le conseguenze anche sul piano del clientelismo e del trasformismo politico che si possono immaginare. Ecco perché non è possibile pensare ad una vera riforma del potere locale senza ripristinare una quota consistente di potere impositivo negli Enti locali.
E' mia sensazione che nella situazione venutasi a determinare dopo i convegni di Lecco sulle "nuove Province", la riflessione per un'azione comune che conduca, quanto prima, ad una conclusione parlamentare, ha la possibilità di avvalersi di alcuni punti fermi.
Essi sono: 1) a Lecco dal mese di gennaio, nel giro di due mesi, si sono tenuti tre convegni nazionali, rispettivamente promossi dal PSI, dalla DC e dal PCI. In tali occasioni si è registrato l'assenso esplicito dei responsabili nazionali di quei partiti, La Ganga, D'Onofrio e Cossutta, sul problema dell'istituzione di un numero limitato di Province "mature" non subordinando, sic et simpliciter, la legge istitutiva delle nuove Province all'avvenuta approvazione della legge regionale di riforma delle autonomie.
2) Il rappresentante del Governo, l'on.le Virginio Rognoni, allora Ministro dell'Interno, come risulta dal testo registrato del discorso, al quale si attribuiva una posizione più prudente in materia ed una linea intesa a porre in via preliminare l'approvazione della legge generale su ogni altro problema locale, ha chiaramente dichiarato che: a) uno stralcio delle norme sulle Province è possibile ed è ben visto dal Governo b) un'iniziativa particolare per Biella, Lecco, Lodi, Rimini e qualche altra situazione "matura" può essere utilmente perseguita in tale contesto.
3) Per quanto riguarda la DC, più particolarmente, è emersa con ogni evidenza la posizione del prof. Francesco D'Onofrio, dirigente centrale DC per le autonomie locali, diretta a giungere in tempi rapidi ad un riconoscimento istituzionale della "maturità" delle quattro città (e rispettivi territori) convenuti al convegno. Precisamente la posizione del prof. D'Onofrio può essere così riassunta: a) la riforma generale è un obiettivo cui la DC mira senza riserve e con l'intenzione di dare il proprio determinante contributo per giungere alla sua approvazione entro la data delle elezioni amministrative del 1985.
A tal fine, la DC ha preso immediati contatti con i responsabili nazionali degli altri partiti per definire una procedura e dei contenuti unitari cercando di alimentare, trattandosi di problemi istituzionali, quello "spirito della 392" che già fece progredire le autonomie al tempo della definizione delle competenze regionali; la riprova sta nel fatto che da metà febbraio iniziò la discussione nell'apposita Commissione senatoriale del testo-base governativo e che oggi, ad elezioni concluse, si riparla di riforma delle istituzioni. Intorno a questi temi le forze politiche dovranno, nel nuovo Parlamento, misurarsi e prendere finalmente posizione.
Per ora non ci resta che formulare un augurio ed un impegno: che l'amara profezia di alcuni secondo il quale le elezioni amministrative del 1985 si svolgeranno ancora con la vecchia legge del 1934 non possa e non debba avverarsi b) in tale contesto occorre portare all'approvazione del Parlamento un numero limitato di situazioni "mature", anche nel senso concreto che abbiano già esperito le procedure previste dall'art. 133 della Costituzione e dove esistono le condizioni non in contrasto con lo spirito e la lettera della proposta di riforma generale. Questa approvazione può, dunque intervenire subito, indipendentemente dalla legge di riforma che avrà tempi tecnici più lunghi, solo che si ritrovi un minimo di unità ed una comune volontà di procedere da parte delle forze politiche.
Tutta questa azione programmatica si impone anche alla luce di alcuni dati storico-statistici.
Assumiamo - come riferimento - tre date: l'anno 1870 come punto di partenza, l'anno 1927 come ultimo momento di consistente costituzione di nuove Province e l'anno 1983, cioè l'oggi.
Si registra: anno 1870: popolazione italiana 27 milioni - Province 69 anno 1927: popolazione italiana 40 milioni - Province 91 anno 1983: popolazione italiana 56 milioni - Province 95.
In quasi 40 anni (1945-1982) sono state costituite solo 4 nuove Province (Caserta, Pordenone, Isernia ed Oristano) e negli ultimi 55 anni (1927-1982) la popolazione è cresciuta di 16 milioni (da 40 a 56, cioè del 40 %).
Vorrei ancora aggiungere - con chiarezza - che le sei attuali Province piemontesi non sono più aderenti al disegno di Ente intermedio di programmazione di pianificazione (ed anche di gestione amministrativa) delle funzioni a loro attribuite e per la copertura del territorio geografico.
Ciò inteso e riferito alle esigenze del cittadino, il quale si muove disorientato - tra Provincia, Circondari, Comprensorio, Consorzi di Comuni ed altri organi periferici (dalle aziende speciali alle Comunità montane dai distretti scolastici alle Unità Sanitarie, da strutture socio-sanitarie a circondari e così via) che tra l'altro si sono trasformati in centri autonomi di spesa con conseguenze facilmente immaginabili.
Una Provincia che possa riunire, entro i suoi confini, tutte queste varie articolazioni, rendendole chiare, funzionali, comprensibili, meno costose, rende, in definitiva, un servizio al cittadino.
Ecco perché infine s'impone con tanta urgenza la riforma della legge comunale e provinciale: anche per riportare le Regioni alla loro funzione di coordinamento e di programmazione contro la tendenza ad occuparsi della gestione minuta e dell'amministrazione diretta; e per ridare promozione e vitalità alle stesse autonomie locali.
Signor Presidente, con questi intendimenti come relatore della proposta di legge presentata all'esame del Consiglio regionale, auguro che il vostro voto, colleghi Consiglieri, confermi il voto unanime della Commissione e risponda positivamente alle giustificate attese delle nostre popolazioni.



PRESIDENTE

Ringraziamo il relatore. E' superfluo sottolineare l'importanza dell'atto che stiamo per votare.
Questo disegno di legge si voterà con la procedura normale, quindi dopo la discussione gli interventi avranno un seguito simile a quelli dei disegni di legge normali.
La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Nella conferenza dei Capigruppo di ieri si era concordato di esaminare con le proposte relative all'istituzione delle Province di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola l'ordine del giorno sulle autonomie locali facendo un dibattito unico.



PRESIDENTE

Passiamo allora alla proposta di legge nn. 299-300 per l'istituzione della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola.
La parola al relatore, Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido, relatore

Signori Consiglieri, poiché le relazioni sui progetti di legge nn. 269 299-300 sono già state consegnate ai Consiglieri da alcuni mesi, le darei per lette e mi limiterei ad alcune considerazioni.
Parlare dell'importanza delle autonomie locali, della loro riforma e dell'istituzione delle Province di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola non è che parlare dei problemi gravi che attraversano il Piemonte ed il Paese.
Abbiamo appena terminato un'ampia discussione sulle comunicazioni del Presidente e dell'Assessore al lavoro ed abbiamo avuto la conferma del ruolo che svolgono la Regione o gli Enti locali attorno ai problemi dell'occupazione, delle ristrutturazioni, delle riconversioni e dello sviluppo. Ricordiamo l'ampio dibattito tenuto in questo Consiglio alla fine dell'anno scorso e le proposte per l'istituzione delle Province del Verbano Cusio-Ossola e di Biella si collocano nella visione che abbiamo del decentramento inteso come momento per avvicinare i servizi alla comunità e soprattutto come mezzo per governare i processi economici partendo dai bisogni e dagli interessi della maggioranza della gente. Questo intervento è facilitato dall'esigenza di decentramento chiaramente manifesta da decenni nel Verbano-Cusio-Ossola e nel Biellese.
E' profonda in Italia la crisi dello Stato in tutte le sue articolazioni e richiede alla legislatura che sta per aprirsi a livello nazionale una grande capacità per trasformare l'apparato pubblico dello Stato e degli Enti locali.
Le proposte che stiamo discutendo vanno in quella direzione, sono uno stimolo verso l'attuazione della riforma delle autonomie, che si spera venga avviata dalla nuova legislatura in tempo per poter arrivare in porto prima della scadenza elettorale del 1985. Il dibattito su questi temi è stato ampio ed approfondito in tutto il Paese, si tratta ora di concluderlo. Le proposte di legge che avanziamo sono accompagnate da un ordine del giorno in cui si riassume la sostanza del dibattito dell'anno scorso del Consiglio regionale, ovvero, la costituzione di un Comitato tecnico politico, un confronto con le Commissioni parlamentari che discutono il disegno di legge di riforma delle autonomie, la nostra proposta della convocazione degli "stati generali delle autonomie", il completamento dell'esperienza comprensoriale attraverso piani di lavoro a termine, l'avvio delle trasformazioni delle Amministrazioni provinciali in funzione del nuovo ruolo che dovrebbero assumere in vista della riforma e così via.
C'è un problema di carattere formale. Abbiamo la relazione ai disegni di legge presentati al Consiglio regionale, si tratterà ora di trovare la formulazione per redarre le relazioni al disegno di legge che verrà presentato al Parlamento nazionale.
Per quanto riguarda la Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, abbiamo già discusso in questa sede le motivazioni che ne suggeriscono l'istituzione.
Sono motivazioni di carattere geografico, storico, economico, sociale e culturale che non riprendo. Vorrei soffermarmi brevemente sulla collocazione diversa che dovrà avere la Provincia del Verbano-Cusio-Ossola rispetto alle Province tradizionali. Siamo in un'area tripolare, divisa in tre sub-aree. La collocazione dei servizi dovrà tenere conto dell'articolazione che è tipica in questa zona del Piemonte. Mentre in quasi tutte le Province vi è un centro che è il punto di riferimento per tutto il territorio circostante, come è il caso di Biella, nel Verbano Cusio-Ossola abbiamo tre centri di gravitazione del tutto autonomi anche se tra di loro interdipendenti. Perciò nella ripartizione dei servizi si dovrà tenere conto della peculiarità della zona e delle sue caratteristiche. Ci sono tre cittadine al di sotto dei 35 mila abitanti e se si concentrassero i servizi all'interno di un'unica cittadina si stravolgerebbe l'assetto territoriale e l'equilibrio di quella zona. Sono problemi non secondari che dovranno essere affrontati concretamente al momento dell'istituzione della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola.
Non ho altro da aggiungere. Per quanto non ho detto in aula e particolarmente per i dati riguardanti le caratteristiche economico-sociali del Verbano-Cusio-Ossola, rimando i Consiglieri alla relazione a loro mani.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Biazzi.
Anche questa relazione va parzialmente sottolineata per l'importanza che riveste sia per gli atti preliminari sia per le conclusioni che ugualmente auspichiamo positive nei confronti di questa vicenda.
Il Consigliere Genovese illustrerà ora il documento conclusivo che era stato concordato al termine del dibattito svolto nel dicembre 1982 sulla riforma delle autonomie, dibattito che sarà stampato negli appositi atti del Consiglio. Questo non è stato fatto finora perché mancavano le conclusioni contenute nel documento che verrà votato oggi. La pubblicazione potrebbe essere integrata, al limite, se i Capigruppo la sottoscriveranno con la pubblicazione delle leggi che voteremo oggi e il dibattito di questa seduta.
La parola al Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, una stagione piuttosto lunga di difficoltà politiche e di mancato funzionamento della nostra istituzione portano a discutere oggi in Consiglio, contestualmente ai disegni di legge per l'istituzione delle Province di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola, il documento conclusivo del dibattito sulla riforma dell'ordinamento delle autonomie e della finanza locale, che si è svolto il 9 dicembre 1982.
L'attualità di quel dibattito non è venuta meno e il documento conclusivo, approvato all'unanimità dalla I Commissione nello scorso mese di marzo, richiama i punti di convergenza che allora erano stati raggiunti.
Il documento licenziato dalla I Commissione sottolinea l'impegno ed il ruolo della Regione Piemonte, in accordo con le autonomie locali e con le loro associazioni rappresentative, per addivenire in tempi solleciti alla riforma che tutti auspichiamo; occorre ora utilizzare gli spazi possibili per avviare un confronto con il Parlamento e con le Commissioni parlamentari ed ottenere una riforma più calibrata in termini territoriali tale da tener conto delle peculiarità della nostra Regione.
La Regione può giocare un ruolo positivo, in accordo con le autonomie locali; l'obiettivo è quello, ripetiamo, di avere una riforma aderente alle esperienze di questi anni ed alle esigenze di articolazione amministrativa della nostra Regione.
Nel momento in cui si pongono in votazione i disegni di legge di iniziativa regionale per l'istituzione delle Province di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola è ben presente l'urgenza del riordino generale del sistema delle autonomie e degli enti intermedi e della definizione del governo dell'area metropolitana di Torino, dato che la proposta di creazione di nuove Province svincolata da una riflessione generale e dagli impegni che la Regione si è assunta con le autonomie del Piemonte segnerebbe il riconoscimento di giuste esigenze e di richieste storiche, ma creerebbe scompensi sul resto del territorio.
Nel documento viene sottolineata la necessità di governare, nella fase di trapasso, l'attività dei Comitati comprensoriali e delle Amministrazioni provinciali, cominciando a costruire il ruolo nuovo delle Province ed il loro raccordo con i Comitati comprensoriali.
Pensiamo che la nuova Giunta vorrà presentare delle proposte al Consiglio regionale sui rapporti con gli Enti locali e sulla definizione delle deleghe che gradualmente dovranno trovare traduzione concreta all'interno di un disegno generale; in questa direzione, il documento richiama la necessità che il processo di delega investa le Province, le Comunità montane, i Comuni e le loro associazioni e realizzi organicamente una connessione stretta fra l'attribuzione delle deleghe ed i contenuti e le procedure della programmazione regionale e sub-regionale e al contempo chiede che al nuovo assetto istituzionale, delineato nei progetti, venga acquisita l'articolazione territoriale realizzata in forme comunitarie ed associative negli ultimi anni, con particolare riferimento alle Comunità montane ed alle Unità Sanitarie Locali; chiede poi l'istituzione da parte della Regione di associazioni polifunzionali di Comuni a cui demandare, nel contesto della legislazione di delega, quelle funzioni di scala intercomunale che sono utilmente esercitabili ad un livello sub provinciale; chiede, infine, la definizione delle deleghe a livello provinciale e sottolinea l'esigenza di procedere alla revisione della normativa regionale, in coerenza con la logica della delega e del decentramento.
Riteniamo inoltre di dover sottolineare l'esigenza della riorganizzazione parallela delle strutture regionali perché gli apparati amministrativi della Regione e del sistema degli Enti locali abbiano una logica coerenza con i processi di delega e di programmazione.
Il documento contiene poi degli impegni precisi per la Giunta e per il Consiglio regionale: innanzitutto, l'istituzione di una Commissione tecnico politica per definire, in collaborazione con gli Enti locali piemontesi gli Atenei e studiosi della materia, un più preciso quadro istituzionale di riferimento in funzione dell'azione complessiva che la Regione intende sviluppare verso il Governo, il Parlamento e gli Enti locali, nella prospettiva della riforma delle autonomie o di uno stralcio della riforma che quanto meno porti alla realizzazione dell'impianto della nuova Provincia entro la scadenza amministrativa del 1985. Questo per un motivo preciso che leggo testualmente: "... onde evitare iniziative frammentarie o sperimentazioni prolungate che potrebbero rischiare di provocare una deresponsabilizzazione politica del sistema delle autonomie e fenomeni di separatezza tra titolarità delle funzioni, proprie e delegate, e l'esercizio delle stesse".
Il secondo impegno è quello di realizzare un confronto permanente con il Comitato ristretto e con la Commissione del Senato impegnati nella discussione delle proposte e dei disegni di legge in materia di riforma del sistema delle autonomie e della finanza locale.
Il terzo impegno è di convocare entro il 1983, in collaborazione con gli Enti locali, una "Conferenza delle autonomie del Piemonte" per realizzare un confronto, anche a rilevanza operativa, intorno ad organiche proposte di riforma e di riordino, nei termini e con i contenuti di massima precisati dal presente documento.
A titolo personale, invito la Giunta, che si propone di presentare entro 60 giorni al Consiglio regionale progetti, iniziative ed impegni di attività, a trovare uno spazio adeguato per la traduzione degli impegni e delle linee operative in ordine alle indicazioni nel documento contenute.
Il rilancio dell'attività della Regione sta a cuore a tutti noi ed è legato all'approfondimento dei rapporti con il potere centrale e con il sistema delle autonomie locali; può ridare a tutti il ruolo che in questa assemblea ci compete ed è per questo che tutte le forze politiche debbono sentirsi nuovamente impegnate in un disegno di riforma delle istituzioni e della realtà amministrativa, a cui sono legate tante speranze sul futuro del sistema democratico del Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi limiterò anche per ragioni di tempo ad alcune brevi sottolineature politiche per quanto riguarda la proposta di legge al Parlamento sull'istituzione della Provincia di Biella.
La lunga relazione che l'accompagna è sostanzialmente condivisibile e dà conto dell'impostazione e del grado di maturazione a cui è giunta la questione ormai annosa della Provincia biellese.
Del resto la proposta di legge è anche il portato dell'ampio dibattito che si è svolto in Consiglio regionale sul tema del riordino del governo locale, dibattito che, come ha illustrato il collega Genovese, giunge oggi a formale conclusione attraverso un apposito ordine del giorno unitario.
Noi avevamo partecipato a quel dibattito presentando una mozione nella quale veniva riassunta la nostra posizione sulle questioni concernenti il riordino delle autonomie locali ivi comprese quelle degli Enti intermedi.
Tenendo conto di tale elaborazione e quindi del nostro autonomo contributo partirei da un'osservazione: la proposta di legge della Regione Piemonte per l'istituzione delle Province di Biella e di Verbania sarà certamente uno dei primi atti ufficiali in materia istituzionale a raggiungere il nuovo Parlamento scaturito dal voto del 26 giugno. Mi auguro che la coincidenza tra la scelta del nostro Consiglio e l'apertura di una nuova legislatura, che dovrebbe caratterizzarsi anche per le preannunciate innovazioni industriali, sia effettivamente di buon auspicio per la proposta che avanziamo al Parlamento.
Da anni infatti gli Enti locali e le Regioni si battono per un nuovo ordinamento delle autonomie e la decisione del Consiglio regionale ha innanzitutto il significato di premere in questa direzione.
Questa azione oggi esce però dal generico ed indica già ora quali possono essere alcuni enti intermedi o nuove Province per la nostra Regione. In questo quadro la futura Provincia di Biella trova una collocazione del tutto opportuna, come ha dimostrato l'ampio dibattito che sul tema si è sviluppato nella comunità locale biellese e che troviamo riassunto in maniera chiara nelle deliberazioni degli 83 Comuni biellesi che sono state richiamate dal relatore.
Il nostro Consiglio regionale, recependo in maniera unitaria queste istanze, credo voglia sottolineare come le prerogative tipiche dell'area biellese, messe in evidenza nella relazione alla proposta di legge, possano essere adeguatamente rappresentate da un ente prevalentemente di programmazione quale dovrà essere la nuova Provincia. Tenendo ferma questa impostazione generale, l'istituzione della Provincia di Biella è quindi un dato maturo da potersi realizzare già ora a condizione che sia inteso come anticipazione delle direttive della riforma. Si tratta perciò, a nostro avviso, di utilizzare lo strumento dell'ordinamento vigente non già per fare una vecchia provincia in più, ma per rendere più ravvicinato l'obiettivo di un nuovo ente intermedio, che per il Biellese è gi à in grado di decollare.
Se il Parlamento ed il Governo nascituro sceglieranno questa strada dovrebbero da un lato cadere i vincoli piuttosto grezzi previsti nel disegno di legge del Governo, sul numero degli abitanti e, dall'altro trovare giusta risposta all'osservazione di alcuni Comuni valsesserini sugli ambiti regionali in programmazione.
Mi auguro perciò che si possa speditamente procedere in questa direzione a livello nazionale e che questo Consiglio nei suoi atti legislativi, quali, per esempio, le deleghe, possa aiutare il processo indicato nelle proposte che oggi esaminiamo e che tra poco voteremo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Signor Presidente, signori Consiglieri, pur apprezzando la parte positiva delle due relazioni relative all'istituzione delle Province di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola, desidero fare qualche precisazione.
Non intendo mettere il bastone fra le ruote, ma desidero che rimanga agli atti che almeno uno dei sessanta Consiglieri che compongono questo Consiglio regionale ha detto, e i posteri lo leggeranno, che non riesce a capire come nell'istituzione della Provincia di Biella che raggruppa 83 Comuni tutti decisamente d'accordo a costituirsi in Provincia, non vi sia compreso anche il territorio della Val Sesia.
Se avessi una carta geografica traccerei una linea che si configura pressappoco con la SS 142, Biella-Cossato-Ponte di Gattinara, e poi prosegue per collegamento con la costruenda autostrada Voltri-Sempione. In sostanza, Alagna si trova a 100 chilometri da Vercelli quando invece potrebbe trovarsi a 50 o 60 chilometri da Biella.
Nell'ambito poi della Provincia di Novara, mi domando perché il Comune di San Maurizio d'Opaglio che lambisce le acque della sponda occidentale del Lago d'Orta inoltrandosi per 10-12 chilometri oltre Gozzano finisce per trovarsi nel Comprensorio di Novara quando invece naturaliter dovrebbe far parte del Comprensorio di Verbania.
Ma, a parte questi particolari geografici, raccomando agli amici che fanno parte della Commissione che stilerà la relazione al Parlamento affinché evitino di rendere le iniziative ulteriormente anti-economiche. Mi riferisco ai costituendi servizi delle nuove Province ed al personale.
Faccio un esempio accessibile a tutti. La Provincia di Novara ha 800 dipendenti; quando sarà ridotta a metà avrà bisogno di solo 500 dipendenti.
Gli altri 300 che fine faranno? Resteranno presso la Provincia di Novara o verranno trasferiti alla Provincia del Verbano-Cusio-Ossola? Lo stesso discorso vale per Vercelli e Biella. Perché se gli 800 dipendenti resteranno alla Provincia di Novara e la Provincia del Verbano-Cusio-Ossola sarà libera di acquisirne 500-600 si farà pressappoco la stessa fine che si è fatta quando si è eliminata la G.P.A. e si sono creati i CO.RE.CO. con nuove spese e nuovo personale.
Faremo la stessa fine fatta con i Comprensori. In sostanza, non dobbiamo illuderci di risolvere il problema occupazionale continuando ad istituire cose di questo genere creando impieghi per i colletti bianchi nelle aziende pubbliche, che sono si indispensabili per il funzionamento delle istituzioni, ma in termini di ricchezza non producono nulla.
E' necessario il riordino delle autonomie locali le quali per richiedono una normativa ben precisa e limiti stabiliti perché ogni ente può diventare un ente impositore. Viviamo in un Paese dove il cittadino paga le tasse sulle tasse. La bolletta dell'ENEL di due anni fa, oltre all'importo ENEL applicava l'IVA e su tutto applicava un'aggiunta di imposta. Sul biglietto della Torino-Milano si pagano le tasse sulle tasse perché lo Stato ha raddoppiato il biglietto per aiutare le autostrade del Sud. La gente, a furia di essere salassata, ad un certo punto si ribellerà.
Ritengo sia buona regola per un amministratore pubblico tenere conto di queste cose, quindi nella stesura di quella relazione queste cose dovranno essere precisate dimostrando serietà nella speranza che più in alto se ne manifesti altrettanta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Simonelli.



SIMONELLI Claudio

Il Gruppo socialista è d'accordo sui progetti di legge istitutivi delle Province di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola.
Non ripeterò quanto è stato egregiamente detto dai colleghi intervenuti e mi limiterò a qualche valutazione in relazione a questa iniziativa non consueta per il Consiglio regionale.
Credo che questa iniziativa abbia prevalentemente un valore provocatorio e, se devo dire la mia personale opinione, non credo che sortirà alcun risultato pratico immediato. Ritengo tuttavia che sia utile per due motivi fondamentali: per riaffermare le competenze e le responsabilità della Regione in tema di ordinamento degli Enti locali, quindi per occupare uno spazio che le Regioni avrebbero potuto coprire da tempo con più fantasia legislativa perché lo strumento scelto obbliga il Parlamento, e spero anche il Governo, a fare i conti con l'indilazionabile necessità di procedere alla riforma dell'ordinamento delle autonomie. Quindi è un'iniziativa utile sia come riaffermazione del ruolo costituzionale delle Regioni, sia come stimolo ad affrontare concretamente i temi della riforma delle autonomie.
Il discorso della riforma è maturo, ma qualche preoccupazione in proposito deriva sia dalla storia tormentata del progetto di riforma, sia dai contenuti del testo considerato come utile base di discussione, la proposta Rognoni, alla cui formazione le Regioni non hanno contribuito ed i cui contenuti non sono certo di tenore regionalista.
Siamo al secondo stadio del processo di riorganizzazione delle amministrazioni locali, che ha avuto come primo stadio il "Rapporto Giannini" ed i provvedimenti legislativi che ad esso sono seguiti; ora siamo al secondo tempo della riforma della pubblica amministrazione, dopo il primo tempo che è stato caratterizzato da un forte contenuto regionalista dei decreti 616. Ora, il progetto Rognoni rappresenta un miglioramento rispetto ai progetti precedenti, ma non fa della Regione il perno del sistema delle autonomie. Le Province, per certi aspetti e giustamente, trovano una nuova dimensione ed un nuovo spazio nel progetto Rognoni, però a scapito del ruolo programmatorio e di indirizzo globale della Regione.
Anche il tema della riforma istituzionale, di cui il Presidente del Consiglio incaricato è strenuo fautore da tempo, fa perno sul miglioramento della qualità e del funzionamento della pubblica amministrazione centrale del Governo e del Parlamento, e non a sufficienza tiene conto del ruolo delle autonomie e dei poteri decentrati. Quindi, oltre alle iniziative che assumiamo oggi, occorre che le Regioni recuperino il loro spazio quali interlocutori del Governo e del Parlamento; perciò, oltre alla proposta di dare vita ad una Consulta permanente delle autonomie per il collegamento con Comuni e Province, occorre un'iniziativa da parte della conferenza dei Presidenti. Invitiamo il Presidente della Giunta a farsi portatore di questa esigenza perché la rappresentanza delle Regioni sia interlocutore del Governo e del Parlamento sui temi della riforma.
Non possiamo rassegnarci a vedere le Regioni messe in un canto quasi che il moderno ed il nuovo debbano essere concentrati, da un lato nell'amministrazione centrale e, dall'altro, nei poteri locali rinnovati e potenziati a scapito delle Regioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, un breve intervento per consentire sulla relazione relativa ai provvedimenti sottoposti al nostro voto, in particolare su quella del collega Petrini in ordine all'ipotesi Biella, ipotesi della quale il nostro Gruppo è stato portatore di iniziativa e significativo fautore in Commissione.
Quella di Biella è un'individuazione che ha tutti i numeri per non essere contraddittoria rispetto ai nostri disegni, anzi, sarà una condizione necessaria perché questi disegni di concretino.
Devo ringraziare il collega Simonelli per il suo intervento che qualificherei spregiudicato. Direi che questa spregiudicatezza istituzionale rispetto alle logiche di partito dovrebbe diventare un modo d'essere di una classe politica regionale che dovrebbe avere una sua dignità, una sua dimensione ed una sua responsabilità.
Ho sentito l'intervento dell'esponente comunista e ho deciso di chiedere la parola proprio su questo argomento. Non sono assolutamente convinto che si possano "copiare" certi modelli di ragionamento che sono finiti nel progetto Rognoni; siccome il nostro Paese segue le mode, per far passare qualunque discorso basta inserirlo nella "moda", quindi il disegno della nuova Provincia è accettabile nella misura in cui sia fondato sulla programmazione.
L'intervento di Simonelli ha evidenziato i rischi che ci sono in questa soluzione semplicistica del problema. Sono convinto che andrà in crisi l'istituto regionale sia per quello che ha detto Simonelli, sia per una considerazione molto semplice: il disegno che ci sta di fronte chiude i nostri spazi e dà per scontato che esista un disegno immaginario e perfetto in cui il disegno programmatorio a piramide vede i tre soggetti: Stato Regione e Provincia egualmente capaci ed egualmente consapevoli ed equilibrati nelle proprie competenze ed attività. Ma così non sarà e Simonelli ha fatto un intervento che rimarrà significativo in questa tornata di Consiglio quando ci ha detto che di fatto la programmazione regionale è entrata in crisi soprattutto perché è entrato in crisi il quadro programmatorio nazionale.
Se il disegno è quello di mettere in evidenza l'elemento programmatorio della provincia, come ente terminale, avremo una Provincia con la stessa dignità politica della Regione in quanto è espressione di elettorato diretto.
Prendiamo atto che questo ente finale sarà portatore di una domanda molto più attuale e viva rispetto a quella razionalizzatrice della Regione.
Quindi la Regione si troverebbe schiacciata rispetto ad un disegno, sempre in ritardo, sempre indefinito, non comprensibile dallo Stato, quindi il quadro programmatorio finale è quello che nasce di nuovo da una serie di scelte parcellizzate da parte della Provincia, sulla quale difficilmente un'istituzione regionale, come l'attuale in crisi di identità ed in crisi istituzionale, riuscirebbe ad essere elemento di governo.
La sollecitazione del collega Simonelli di meditare sul disegno di riforma degli Enti locali, anche a costo di mettere in discussione certi documenti che i colleghi majores hanno votato a Roma, mi sembra un preciso dovere nei confronti della collettività ma anche dell'istituzione e del perfezionamento del disegno costituzionale dello stato delle autonomie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo per dichiarare principalmente il nostro voto favorevole ai due progetti di legge al Parlamento per l'istituzione delle Province di Biella e di Verbania e ci per le ragioni fondamentali che si colgono nelle relazioni fatte dai colleghi Biazzi e Petrini.
Il contributo del nostro Gruppo avrebbe voluto essere più pregnante ed incisivo, in particolare per quanto riguarda la motivazione a favore dell'istituzione della Provincia di Verbania, per la quale avrebbe dovuto intervenire il collega Carazzoni, che peraltro non può provvedere a questo suo contributo per un impedimento imprevisto ed imprevedibile.
Il nostro comportamento sarà invece di astensione sul documento relativo alle autonomie, documento che è già stato illustrato, in quanto pur condividendosi ampiamente l'auspicio relativamente al completamento della riforma degli Enti locali, possibilmente entro il 1984, quanto meno per quanto riguarda la riforma dell'ente intermedio e pur potendosi condividere sull'inciso laddove si tende a rivendicare ed esaltare la funzione primaria della Regione come Ente che legifera, che programma e che delega l'attuazione delle proprie leggi e delle proprie programmazioni all'ente intermedio, non ci trova peraltro consenzienti - in questo si annida la ragione della nostra astensione - il riferimento ai Comprensori.
E questo non tanto per le ragioni che in diverse occasioni abbiamo avuto modo di porre in quest'aula nei confronti del Comprensorio, ma soprattutto perché lo stesso progetto Rognoni sulla riforma delle istituzioni prevede l'abolizione dei Comprensori entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di riforma.
Anche da altre parti politiche sono state espresse numerose riserve sulla sussistenza del Comprensorio. Si tratta di un ente morituro, quindi non vediamo come si possa fare ad esso un incisivo riferimento.
Ci trova infine d'accordo il punto relativo alla costituzione della Commissione tecnico-politica.
Vista la presenza del Capogruppo Carazzoni, il quale illustrerà il voto favorevole in riferimento all'istituzione della Provincia di Verbania prego di considerare il mio intervento come un intervento puro e semplice e non come dichiarazione di voto onde consentire al Consigliere Carazzoni lo sviluppo delle tesi previste.
Prima di chiudere, ritengo riferirmi a quanto è stato accennato dal collega Consigliere socialista, il quale ha messo in evidenza come nel programma del governo in formazione si accenni principalmente ad una riforma delle istituzioni intese come riforma della pubblica amministrazione centrale e non sia tenuta, se non in secondaria considerazione, una riforma delle autonomie.
Al riguardo intendo mettere in evidenza come viceversa la nostra parte politica, che ha avuto un ruolo di primogenitura sulla questione della riforma delle istituzioni, abbia articolato sotto forma di progetto di legge costituzionale un intero disegno organico di riforma non solo della pubblica amministrazione dello stato in sede centrale, ma anche in sede periferica. Per quanto riguarda Comune, Provincia e Regione è stato attraverso le linee maestre e principali di questo progetto di riforma istituzionale e costituzionale, esaltato il ruolo della partecipazione attraverso le due tesi fondamentali dell'elezione del Sindaco, del Presidente della Provincia e del Presidente della Giunta regionale direttamente dal popolo e dagli elettori ed attraverso una partecipazione numerica paritetica e paritaria delle forze politiche unite alle forze del lavoro e della produzione in sede di Consigli comunali, provinciali e regionali, quindi se questa discrasia c'è in sede di visione e di programmazione concreta dell'attuale governo, non c'è da parte della nostra forza politica che ha saputo, sotto il profilo propositivo, individuare delle soluzioni di riforma istituzionale anche per quanto riguarda le autonomie locali, tali da valere come contributo e discussione accanto al disegno di legge Rognoni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, mi scuso con lei e con l'assemblea tutta per il ritardo. Non è per nostalgia che devo far notare che è irrimediabilmente finito il tempo in cui i treni viaggiavano in orario (ho preso un Espresso che è arrivato con un'ora e quaranta minuti di ritardo).
Credo che la discussione, alla quale non ho potuto assistere nella prima parte, abbia già chiarito alcune posizioni in ordine alla proposta istitutiva di queste due Province.
Noi vogliamo chiarire che il nostro voto favorevole non mancherà a conferma di quanto già anticipammo in sede di I Commissione nel mese di marzo scorso.
Ciò premesso, dobbiamo aggiungere che mancheremmo ad una nostra precisa responsabilità se, intervenendo in questo dibattito, tacessimo alcune verità scomode che, se soltanto si avesse il coraggio di dirle, anzich limitarsi ad interventi facili a raccogliere il consenso, motiverebbero le più ampie riserve.
Ci pare sia il caso di parlare chiaro e lo si può fare avendo il coraggio di non badare agli interessi ristretti, partitici ed elettorali interessi che sono anche della nostra parte politica, delle due zone del Biellese e del Verbano-Cusio-Ossola. Dobbiamo fare talune osservazioni di fondo e di principio.
La prima è indirizzata alla formula stessa che si è suscitata per sostenere le candidature di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola, vale a dire la proposta di legge al Parlamento nazionale. Ebbene, noi non dobbiamo nasconderci - anche per non voler alimentare troppo facili speranze - che questa strada porta soltanto alla manifestazione di intenti, di principi di buona volontà, è soltanto una manifestazione puramente accademica, in quanto non ci risulta che in nessun caso e per nessun motivo mai il Parlamento nazionale abbia preso in considerazione proposte di legge che sui più svariati argomenti, venivano avanzate dalle Regioni.
Neppure in questa occasione la regola troverà la sua eccezione, tanto più che consimili iniziative sono già state assunte da altre Regioni e tanto più che in sede parlamentare da tempo sono presenti progetti di legge specifici riferiti al Biellese ed al Verbano-Cusio-Ossola.
Abbiamo coscienza di affermare senza dubbio cose risapute dai colleghi Consiglieri, ma vogliamo dirle con chiarezza, non tanto per questa assemblea, quanto per le popolazioni interessate, che forse non conoscono i complicati meccanismi che dovrebbero portare all'approvazione delle leggi di iniziativa delle Regioni da parte del Parlamento e che potrebbero essere indotte a dare un valore esagerato, enfatico, ad un atto che, tutto sommato, va ricondotto invece in termini di normalità.
Questa è la prima nostra osservazione, alla quale dobbiamo far seguire una seconda, riferita questa volta non più alla formula scelta per appoggiare le candidature di Biella e dell'Alto Novarese, quanto riferita ai soggetti che l'hanno proposta.
Intervenendo il 9 dicembre 1982 nel dibattito che si è svolto sulle autonomie locali, noi avevamo testualmente dichiarato a proposito delle aspirazioni emergenti in varie aree del Piemonte e delle rivendicazioni per nuove circoscrizioni provinciali: "Il governo regionale deve uscire dalla sua posizione agnostica, deve sapere dare corpo e motivazione a scelte precise, anche se difficili ed impopolari, deve trovare il coraggio di assumere una decisione così come consentito ed anche imposto dall'art. 133 della Costituzione".
Ma, il governo regionale - ci riferiamo alla Giunta presieduta da Enrietti - questo dovere morale e politico non ha avuto la forza, la capacità ed il coraggio di trovarlo: tanto è vero che oggi ci troviamo ad esaminare una proposta di legge, non un disegno di legge. La distinzione non è soltanto formalmente e sottilmente giuridica perché è chiaro che ha una sua precisa valenza politica. Infatti, ben diversa autorevolezza avrebbe avuto una legge presentata dal governo regionale e confortata dall'assenso delle forze politiche, di quanto non l'abbia una legge formulata dalle forze politiche, le quali possono aver agito sotto la spinta di varie e contrastanti sollecitazioni, alla quale il Governo si limita a concedere un assenso formale.
Dobbiamo dunque denunciare la mancanza di assunzione di responsabilità da parte del governo regionale che sulle proposte istitutive delle Province di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola si è astenuto.
Infine - è la terza osservazione - non possiamo passare sotto silenzio l'ingiustificato ritardo con il quale si è finalmente deciso di approvare questi provvedimenti.
Non ci riferiamo tanto ai mesi che si sono persi per colpa della crisi.
La sostanza delle cose non cambierebbe se anche le proposte di legge fossero state approvate - così come si era preventivato - il 15 marzo scorso. Ci pare dunque che non abbia dato prova di grande sensibilità la Regione Piemonte che, per accorgersi di queste istanze, per trovare in se stessa la forza di concretarle in un corpo legislativo, ha dovuto lasciar trascorrere mesi ed anni per giungere a definire soltanto ora la propria posizione, collocandosi ben ultima rispetto ad analoghi passi compiuti da altre Regioni, si veda la Lombardia per Lecco e Lodi, l'Emilia Romagna per Rimini.
In ultima analisi, non ci sembra azzardato pensare che o veramente si ravvisa la necessità, ai fini di un migliore assetto territoriale, di sostenere la candidatura di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola - ma in tale ipotesi non riusciamo a capire perché si sia voluto perdere tanto tempo oppure non si crede alla possibilità di queste due nuove Province ed allora appare dubbio che le proposte di legge presentate abbiano una reale efficacia. Ci sembrano essere piuttosto un espediente per salvare la faccia senza gran rispetto per le attese della popolazione.
Nel merito dei provvedimenti in esame, per quanto riguarda Biella, noi siamo d'accordo, perché la richiesta ci pare fondata e condivisibile per un bisogno di funzionalità, per esigenze di autonomia, per capacità di autogoverno che sono elementi distintivi unici di questa comunità socio economica.
Occorre prendere atto della tenacia, della passione, dell'obiettiva fondatezza, con le quali la tesi dell'autonomia provinciale è stata portata avanti dagli 83 Comuni del Comprensorio biellese, sempre uniti nelle scelte di fondo a cominciare da quella fondamentale del futuro capoluogo. Sotto questo aspetto il Biellese, entità ben distinta e caratteristicamente specificata come zona fervida per industrie, commerci, per il Centro europeo dell'economia tessile e laniera, sicuramente costituisce un Comprensorio definito ed omogeneo e a pieno titolo merita la dignità provinciale.
Possiamo soltanto augurarci che venga ad essere superato l'ultimo ostacolo che ancora si frappone alla realizzazione di questo disgno, cioè che sia abbattuto il parametro assurdo dei 250 mila abitanti posti dal progetto Rognoni nel precedente Consiglio dei Ministri.
Siamo anche d'accordo sulla Provincia del Verbano-Cusio-Ossola che viene a cogliere una vecchia aspirazione, risalente non come si è voluto ricordare nell'autunno 1944, ma addirittura alla primavera del 1939, quando attraverso la fusione dei Comuni di Intra, di Pallanza e di Suna si creava Verbania quale presupposto indispensabile per la futura Provincia.
Il Presidente Viglione sorride, ma questa precisazione dovevo farla, se non altro perché mi piace ricordare che in quel tempo le città si fondavano davvero (vedi Littoria) e le Province si creavano sul serio (vedi Imperia).
Poi è cambiato il quadro storico e l'idea di una Provincia nell'Alto Novarese, sganciata da Novara, ha avuto vicende alterne e nel presente sembra essere riuscita ad amalgamare vasti anche se non unanimi consensi.
E' interessante notare che rispetto all'iniziativa esistono però ancora delle riserve che noi vogliamo richiamare per memoria. Esistono riserve riferite al tipo di autonomia richiesta, perché una vasta parte di questo Comprensorio non chiede tanto la Provincia autonoma, ma la Regione autonoma. Ne sono prova inconfutabile le 60 mila firme poste in calce ad una proposta di legge di iniziativa popolare ed il consenso che è andato in precedenti elezioni al Movimento autonomistico dell'UOPA. Riserve rispetto all'ambito territoriale che si vuole riservare al nuovo Ente che sono vive specie nella fascia di confine verso Novara, nella zona dei castelli cusiani, dove i Comuni rifiutano, dal loro punto di vista forse non infondatamente, l'adesione al nuovo istituto provinciale.
Riserve infine riferite alla scelta futura del capoluogo. E' bastato infatti che nella precedente proposta del Partito Comunista si accennasse a Verbania come possibile capoluogo che immediatamente si sono avute le riserve di Omegna, di Domodossola e di Gravellona, che vanta di essere il baricentro della zona.
La realtà è questa e ci impone di pensare ad una provincia tripolare che veda decentrati i servizi sul territorio nelle tre sub-aree in cui si distingue. Queste sono però riserve non nostre.
Nostro è invece l'appunto che pensiamo di dover rivolgere a questa proposta di legge. Non crediamo che siano state sufficientemente motivate tutte le ragioni che dovrebbero indurre alla concessione dell'autonomia provinciale e che si sono volute identificare nella drammatica situazione economica ed occupazionale della zona e nell'estrema marginalità di cui essa soffre all'interno del Piemonte. In realtà queste sole argomentazioni ci sembrano piuttosto riduttive. Infatti, se bastasse l'elevazione a Provincia per superare la crisi in una zona, soprattutto in questi tempi in Italia si avrebbe un'improvvisa fioritura di molte nuove Province.
Purtroppo, l'autonomia non è la panacea di tutti i mali, non può servire essa sola e da sola a risolvere il problema della difesa del posto di lavoro, a far funzionare le industrie, a risanare i bilanci.
Quanto poi alle difficoltà di collegamento dei centri dell'Alto Novarese con Novara, con Torino, con Milano, non è che si possono superare per il fatto stesso di diventare Provincia. Si potranno superare soprattutto adesso che appaiono all'orizzonte i miracolistici interventi promessi dal Ministro Nicolazzi sul proseguimento dell'autostrada da Voltri, sulla costruzione della superstrada per Domodossola; solo quando questi interventi saranno effettuati sarà pensabile di ridurre la marginalità della zona, ma sino a quando queste cause non saranno rimosse è evidente che le distanze chilometriche resteranno sempre uguali vuoi con la Provincia, vuoi senza Provincia.
Sotto questo profilo dobbiamo dire che la seconda proposta di legge ci ha lasciato un poco perplessi e forse sarebbe stato possibile ottenere risultati migliori ricercando, anziché ignorando faziosamente, il contributo anche della nostra parte politica che non avrebbe certo mancato di dare.
Non intendiamo comunque sottostare a stati d'animo particolari e concludiamo ripetendo il nostro voto favorevole a queste due proposte di legge. Sarà un voto profondamente convinto per Biella Provincia ed un voto calorosamente augurale per la Provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Al documento sulle autonomie daremo un voto di astensione intanto in quanto ritroviamo, contro la nostra tematica alla quale siamo seriamente radicati l'esaltazione improvvisa del ruolo dei Comprensori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Per il Gruppo comunista si sono pronunciati il compagno Acotto ed il compagno Biazzi. Si tratta ora di nominare la Commissione che dovrà stendere la relazione alle due proposte di legge da presentare al Parlamento. Le due leggi sono giunte in aula in assenza del terzo relatore il neo senatore Bastianini.
Al collega Borando vorrei ricordare che l'art. 133 della Costituzione dà ai Comuni la facoltà di modificare le circoscrizioni provinciali, quindi un'iniziativa legislativa della Regione non può non tenere conto dei pronunciamenti che i Comuni hanno espresso, inclusi quelli che possono apparire incongrui o contraddittori, ma che ciò non di meno rispecchiano l'orientamento espresso da quelle assemblee elettive.
Il documento che affronta il nodo degli assetti istituzionali ha un nesso stretto con le due proposte di legge per l'istituzione delle Province di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola. C'è il rischio però che queste due proposte vadano ad aggiungersi alle altre che hanno atteso inutilmente l'approvazione del Parlamento nelle scorse legislature e quindi che non se ne faccia nulla. Il nodo è nel riuscire a sbloccare la riforma delle autonomie.
Discutendo di assetti istituzionali non si deve pensare che si tratti di mera ingegneria giuridica, occorre invece avere presente che gli assetti istituzionali regolamentano l'attribuzione e l'assetto di poteri concreti in ordine all'attuazione e all'efficienza degli interventi nelle realtà locali e nel rapporto tra istituzione e cittadini.
I Consiglieri Simonelli e Marchini hanno sottolineato le loro preoccupazioni sul ruolo delle Regioni. I limiti del progetto Rognoni sotto questo profilo erano già stati evidenziati da tutte le parti politiche nel convegno organizzato dalle Regioni a Roma circa un anno fa. Non si tratta soltanto di indeterminatezza del ruolo delle Regioni, ma di un recupero di poteri e di competenze a livello centrale, così come abbiamo avuto modo di constatare in questi ultimi anni. Si tratta di un disegno mirante esplicitamente a relegare le Regioni ad un ruolo subordinato. Il dibattito in proposito potrebbe essere molto ampio, mi limito però a domandare a questa assemblea se proprio gli interrogativi qui sollevati sul ridotto ruolo delle Regioni non debbano indurre a rivedere alcune parti del documento approvato in I Commissione, soprattutto là dove esso propone uno stralcio della riforma delle autonomie in ordine alla creazione del futuro ente intermedio. Mi pare che proprio il procedere per stralci pu ingenerare quei rischi e quei pericoli che qui venivano ricordati facilitando manovre volte ad introdurre surrettiziamente un ridimensionamento ed una ridefinizione al ribasso del ruolo della Regione.
Se l'ipotesi di stralcio era allora, alla fine della legislatura giustificata dai tempi stretti entro cui si operava, ora non pare più attuale e le preoccupazioni che la mossero possono cadere. Si potrebbe quindi eliminare al punto 3) del documento le parole: "o di un suo stralcio".
Credo sia opportuno che l'Ufficio di Presidenza del Consiglio e la Giunta si assumano l'impegno di operare dopo la pausa feriale per convocare la conferenza delle autonomie piemontesi, avviando un lavoro preparatorio sicuramente complesso ed ampio, da svolgere d'intesa con l'ANCI, l'URPP e l'UNCEM. Questo importante appuntamento potrebbe attuarsi entro l'anno o nei primissimi mesi del 1984 e si può evitare che esso si riduca ad una semplice occasione di dibattito generale e generico. Ciò è possibile se sin da ora Regione ed Associazioni dei Comuni e delle Province opereranno autonomamente e di concerto tra loro per definire indirizzi e proposte in ordine alle deleghe di programmazione e di gestione ed alla costruzione del necessario raccordo programmatico tra i diversi livelli del governo locale e regionale.
Vi è poi la proposta di istituire una Commissione tecnico-politica attinente anche alla problematica, oggetto del voto che saremo chiamati ad esprimere, dei due progetti di legge. Con esse viene definita in termini di proposta al Parlamento, l'indirizzo d'azione regionale per il riassetto territoriale del Piemonte nord-occidentale in vista della futura riforma delle autonomie. Rimane però il resto del Piemonte e l'area metropolitana ed esistono le richieste degli Enti locali di Casale, di Alba e di Ivrea per il riconoscimento di quelle aree quali future Province - Ente intermedio.
Su tali proposte la I Commissione ha unitariamente rifiutato di pronunciarsi proprio per i pericoli di frammentarietà e di incoerenza che potrebbero manifestarsi. Ma non si può tacere più a lungo. La Commissione tecnico-politica che viene proposta, sostenuta da esperti di valore e dai rappresentanti dei Gruppi consiliari, potrà definire un'ipotesi di proposta da portare al dibattito della comunità regionale, a partire da quelle realtà che oggi rimangono escluse dalle proposte di legge in esame.
Diversamente, se così non si facesse, c'è il rischio che si amplino e si aggravino le spinte localistiche, andando verso situazioni che sempre più difficilmente sarebbero governabili e riportabili a sintesi unitaria regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Il dibattito odierno è solo una tappa di un grande dibattito che in Piemonte e in tutta Italia deve continuare a svilupparsi in vista dell'approvazione della riforma delle autonomie locali. Nei due Governi Spadolini si erano intensificati gli incontri e le prese di posizione rispetto a questo problema. Si parlava della possibilità di arrivare alla riforma delle autonomie locali entro il 1983. Purtroppo questa scadenza non potrà essere rispettata, anche se risulta che tra i primi incontri del Presidente incaricato, l'on.le Craxi, ci sia stato l'incontro con il Presidente dell'ANCI e con il Presidente dell'UPI e che il tema fondamentale sia stato un accordo per pervenire, nel più breve tempo possibile, alla legge di riforma delle autonomie. Speriamo quindi nel Presidente Craxi anche per queste cose.
Noi riteniamo che l'ordine del giorno proposto al Consiglio abbia quindi lo scopo di un ennesimo sollecito al Governo perché ci dia la riforma: se questo ordine del giorno ha questo obiettivo lo voteremo favorevolmente però vorremmo anche che esso fosse oltre che un intervento sul Governo, anche un'assunzione di responsabilità della Regione verso l'intero sistema delle autonomie piemontesi per pervenire a più coordinati rapporti Enti locali - Regione, migliorati da un quadro legislativo nuovo con chiarezza di certezze, di dettagli, di compiti e di deleghe. Perché già da ora questi rapporti necessiterebbero di adeguamenti perché non continuino a determinare quelle carenze che in passato abbiamo lamentato anche da questi banchi.
Il fatto, per esempio, che il Consiglio abbia approvato un bilancio di previsione e si appresti a votare il suo assestamento senza la consultazione dei Comuni e delle Province è un atto gravissimo che va rilevato. Non si può invocare una riforma delle autonomie che esalti il ruolo partecipativo ed autonomo degli enti sottordinati per ledere poi le più elementari regole della partecipazione e dell'autonomia.
Per riferirmi ai disegni di legge che riguardano la costituzione di nuove Province, non voglio ricordare la posizione dei repubblicani a livello nazionale rispetto alla questione delle Province. Siamo stati a livello nazionale i presentatori di un disegno di legge che prevede la soppressione delle Province. I repubblicani hanno tolto tale pregiudiziale perché potesse avviarsi il dibattito, ma non hanno ancora rinunciato alla loro iniziativa politica, tant'è vero che il Parlamento, prima di votare la legge di riforma delle autonomie locali, dovrà pronunciarsi sul disegno di legge di soppressione delle Province. Questa è la nostra posizione a livello nazionale alla quale cerchiamo di essere coerenti.
A nostro avviso, nei casi specifici va verificato se le previste Province di Biella e di Verbania hanno le caratteristiche territoriali strutturali e funzionali che la nuova legge di riforma al Parlamento richiede per il cosiddetto ente intermedio. Sul disegno di legge governativo abbiamo alcune perplessità, per esempio sull'individuazione delle funzioni, mentre sul criterio che ha guidato il legislatore nella definizione di "aree vaste", che ha lo scopo di evitare appunto il moltiplicarsi di strutture periferiche dello Stato e dei costi relativi che peserebbero sulla già dissestata finanza locale, noi ci siamo trovati perfettamente d'accordo.
Crediamo di poter riconoscere tali caratteristiche nelle Province di Biella e di Verbania ed auspichiamo che vengano in futuro definite come sedi di ente intermedio.
E' vero che la riforma non è dietro l'angolo, ma è pure vero che la riforma è in corso. Questi disegni di legge, nel momento in cui si riaccende il dibattito di fronte al nuovo Governo, potrebbero avere il segno dell'intempestività: "non si costruisce una parete quando si pensa di buttare giù la casa"; tuttavia i due disegni di legge hanno certamente un valore politiche che, per quanto ci riguarda, sottoscriviamo e condividiamo.
Il nostro voto sarà però di astensione che ha il senso di una coerenza politica rispetto alla posizione che abbiamo, peraltro, attualizzato togliendo la pregiudiziale di fronte alle posizioni degli altri partiti tutti contrari, ma che non abbandoneremo fino a quando la riforma delle autonomie locali sarà legge, il cui impianto dovrà rispondere a taluni presupposti, uno dei quali è, per i repubblicani, quello che l'ente intermedio fra Regione e Comune debba essere uno ed uno solo.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Sono uno dei firmatari della proposta di legge per l'istituzione della Provincia di Biella ed anche per quella di Verbania vorrei che ci fosse sia la mia adesione personale che quella della Giunta.
Già nelle mie dichiarazioni a nome della maggioranza, al momento della costituzione del governo regionale, prospettai la modificazione complessiva del quadro istituzionale; del resto, proprio il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri incaricato, on.le Craxi, pone l'esigenza di collegare la riforma economica con la riforma istituzionale, lo ritengo che entro la fine dell'anno o all'inizio del 1984 dovremo provvedere ad una profonda modificazione e cioè dar corpo e vita alla Provincia nei rapporti con la Regione ed il Comprensorio: quel secondo livello di cui si è sempre parlato nella fase di formazione dei precedenti Governi. Nell'incontro con le Regioni l'on.le Andreotti affermò che il secondo livello sarebbe stato uno ed uno solo, la Provincia non avrebbe più avuto carattere amministrativo ma programmatorio nella pianificazione e nella gestione del territorio. Credo che ci stiamo avviando verso questa forma di riorganizzazione della Provincia nell'ambito territoriale, superando una logica di separazione tra Provincia e Comprensorio: la legge sui trasporti che è già stata presentata in II Commissione, vedrà per prima l'attuazione della delega in modo ampio e significativo.
A nome della Giunta dichiaro che daremo piena adesione ai progetti di legge che avranno ben chiaro questo obiettivo. Ma la Giunta vuole spingersi oltre: vogliamo essere i formatori delle prime decisioni di una "Provincia Comprensorio", della riutilizzazione e rivisitazione della Provincia nell'ambito territoriale. Questo avverrà con un processo di deleghe, non a carattere generale ma a carattere settoriale, secondo il ragionamento del Governo.
Se l'on.le Craxi, che ha sempre sostenuto la grande riforma, riuscirà a formare il Governo otterrà molte convergenze su questo problema; ma la convergenza più importante è avvenuta nel momento della formazione della Costituzione, nell'incontro delle grandi volontà popolari che hanno dato luogo ai grandi processi riformatori. Da allora le volontà popolari non hanno più trovato un accordo su molti punti e la Costituzione non è stata pienamente attuata. Nuove convergenze popolari si svilupparono al finire degli anni '60 e nacquero le Regioni, ma interverranno poi altre separazioni ad impedire il libero funzionamento delle nuove istituzioni costituzionali.
Non sono dell'opinione di quanti ritengono che le Regioni non avranno un futuro ed un significato, vero ed autentico, di riforma del Paese.
Credo, invece, che la Regione abbia costituito un grande momento di riforma. Non è più il tempo di piangere sulle nostre miserie e lamentarci dei nostri mali: oggi ci vogliono riforme, volontà, atti positivi che diano l'immagine di un'istituzione valida ed operante.
Entro la fine dell'anno, o ai primi del 1 984, presenteremo con il bilancio alcuni momenti importanti di questo raccordo tra Provincia e Comprensorio, sviluppando azioni che possono fare uscire dall'attuale situazione di stallo l'attività di molte zone della nostra Regione che si sentono lontane ed isolate.
La Giunta regionale approva quindi le proposte di legge che sono state formulate al Parlamento.



PRESIDENTE

Il dibattito è concluso.
L'Ufficio di Presidenza assumerà le necessarie decisioni per quanto riguarda la relazione che accompagna i disegni di legge al Parlamento.
Procediamo ora alla votazione dei progetti di legge nn. 269 e 299: "Proposta di legge al Parlamento del Consiglio regionale del Piemonte per l'istituzione della Provincia di Biella".
Art. 1 "E' istituita la Provincia di Biella con capoluogo Biella. La circoscrizione territoriale della Provincia comprende i seguenti Comuni: Ailoche, Andorno Micca, Benna, Biella, Bioglio, Borriana, Brusnengo Callabiana, Camandona, Camburzano, Campiglia Cervo, Candelo, Caprile Casapinta, Castelletto Cervo, Cavaglià, Cerreto Castello, Cerrione Coggiola, Cossato, Crevacuore, Crosa, Curino, Donato, Dorzano, Gaglianico Graglia, Guardabosone, Lessona, Magnano, Massazza, Masserano, Mezzana Mortigliengo, Miagliano, Mongrando, Mosso S. Maria, Mottalciata, Muzzano Netro, Occhieppo Inferiore, Occhieppo Superiore, Pettinengo, Piatto Piedicavallo, Pistolesa, Pollone, Ponderano, Portula, Postua, Pralungo Pray, Quaregna, Quittengo, Ronco Biellese, Roppolo, Rosazza, Sagliano Micca, Sala Biellese, Salussola, Sandigliano, S. Paolo Cervo, Selve Marcone, Soprana, Sordevolo, Sostegno, Strona, Tavigliano, Ternengo Tollegno, Torrazzo, Trivero, Valdengo, Vallanzengo, Vallemosso, Valle S.
Nicolao, Veglio, Verrone, Vigliano Biellese, Villanova Biellese, Viverone Zimone, Zubiena, Zumaglia".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "I Ministri competenti predisporranno quanto occorre perché gli organi ed uffici della nuova Provincia siano costituiti e possano iniziare il loro funzionamento entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
Il Ministro dell'Interno nominerà un Commissario, che avrà facoltà di stipulare contratti e di assumere qualsiasi impegno nell'interesse della nuova Provincia".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "Le elezioni del nuovo Consiglio provinciale avranno luogo in concomitanza con le elezioni per il rinnovo dei Consigli provinciali nel restante territorio nazionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 "Il personale della Provincia di Biella sarà tratto, per quanto possibile, dagli Enti che attualmente gestiscono i servizi sul territorio della costituenda Provincia, attraverso gli istituti della mobilità previsti dalle normative dei contratti di lavoro".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 "Con decreti del Presidente della Repubblica, su proposta dei Ministri competenti, sentita la Regione previo parere del Consiglio di Stato in adunanza generale, sarà provveduto ad approvare i progetti, da stabilirsi d'accordo con l'Amministrazione provinciale interessata, e d'ufficio in caso di dissenso, per la separazione patrimoniale e per il riparto delle attività e delle passività, anche di carattere continuativo, fra le Province di Vercelli e Biella, nonché a quanto altro occorra per l'esecuzione della presente legge".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 "Tutti gli affari amministrativi e giurisdizionali pendenti, alla data di inizio del funzionamento della nuova Provincia, presso la Prefettura e gli altri organi anche giurisdizionali della Provincia di Vercelli e relativi a cittadini ed enti dei Comuni di cui all'art. 1 passeranno, per competenza, ai rispettivi organi ed uffici della Provincia di Biella".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Art. 7 "Il Governo della Repubblica è autorizzato a procedere alla revisione delle circoscrizioni finanziarie e giudiziarie per armonizzarle con l'ordinamento territoriale della nuova Provincia".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 "I Ministri competenti sono autorizzati a provvedere alle occorrenti variazioni dei ruoli del personale ed alla costruzione e all'arredamento degli uffici statali e dell'Amministrazione provinciale arrecando, per la relativa spesa, le necessarie variazioni nei bilanci di propria competenza".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 "La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Pongo ora in votazione l'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.
Passiamo ora alla votazione dei progetti di legge nn. 299 e 300: "Proposta di legge al Parlamento del Consiglio regionale del Piemonte per l'istituzione della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola".
Art. 1 "E' istituita la Provincia del Verbano-Cusio-Ossola.
La circoscrizione territoriale della Provincia comprende i seguenti Comuni: Ameno, Antrona Schieranco, Anzola d'Ossola, Arizzano, Armeno Arola, Aurano, Baceno, Bannio Anzino, Baveno, Bee, Belgirate, Beura Cardezza, Bognanco, Brovello Carpugnino, Calasca - Castiglione, Cambiasca Cannero Riviera, Cannobio, Caprezzo, Casale Corte Cerro, Cavaglio Spoccia Ceppo Morelli, Cesara, Cossognon Craveggia, Crevola d'Ossola, Crodo Cursolo Orasso, Domodossola, Druogno, Falmenta, Formazza, Germagno, Ghiffa Gignese, Gravellona Toce, Gurro, Intragna, Lesa, Loreglia, Macugnaga Madonna del Sasso, Malesco, Masera, Massino Visconti, Massiola, Meina Mergozzo, Miasino, Miazzina, Montecretese, Montescheno, Nebbiuno, Nonio Oggebbio, Omegna, Ornavasso, Orta San Giulio, Pallanzeno, Pella Pettenasco, Piedimulera, Pieve Vergonte, Pisano, Premeno, Premia Premosello - Chiovenda, Quarna Sopra, Quarna Sotto, Re, San Bernardino Verbano, Santa Maria Maggiore, Seppiana, Stresa, Toceno, Trarego, Viggiona Trasquera, Trontano, Valstrona, Vanzone con San Carlo, Varzo, Verbania Viganella, Vignone, Villadossola, Villette, Vogogna".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "I Ministri competenti predisporranno quanto occorre perché gli organi ed uffici della nuova Provincia siano costituiti e possano iniziare il loro funzionamento entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
Il Ministro dell'Interno nominerà un Commissario, che avrà facoltà di stipulare contratti e di assumere qualsiasi impegno nell'interesse della nuova Provincia".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "Le elezioni del nuovo Consiglio provinciale avranno luogo in concomitanza con le elezioni per il rinnovo dei Consigli provinciali nel restante territorio nazionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 "Il personale della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola sarà tratto, per quanto possibile, dagli Enti che attualmente gestiscono i servizi sul territorio della costituenda Provincia, attraverso gli istituti della mobilità previsti dalle normative dei contratti di lavoro".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 "Con decreti del Presidente della Repubblica, su proposta dei Ministri competenti, sentita la Regione previo parere del Consiglio di Stato in adunanza generale, sarà provveduto ad approvare i progetti, da stabilirsi d'accordo con l'Amministrazione provinciale interessata, e d'ufficio in caso di dissenso, per la separazione patrimoniale e per il riparto delle attività e delle passività, anche di carattere continuativo, fra le Province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola, nonché a quanto altro occorre per l'esecuzione della presente legge".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 "Tutti gli affari amministrativi e giurisdizionali pendenti, alla data di inizio del funzionamento della nuova Provincia, presso la Prefettura e gli altri organi anche giurisdizionali della Provincia di Novara e relativi a cittadini ed Enti dei Comuni di cui all'art. 1 passeranno, per competenza, ai rispettivi organi ed uffici della Provincia del Verbano Cusio-Ossola".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Art. 7 "Il Governo della Repubblica è autorizzato a procedere alla revisione delle circoscrizioni finanziarie e giudiziarie per armonizzarle con l'ordinamento territoriale della nuova Provincia".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 "I Ministri competenti sono autorizzati a provvedere alle occorrenti variazioni dei ruoli del personale ed alla costruzione ed all'arredamento degli uffici statali e dell'Amministrazione provinciale arrecando, per la relativa spesa, le necessarie variazioni nei bilanci di propria competenza".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 "La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Pongo ora in votazione l'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.
Pongo quindi ai voti la proposta di inviare al Senato le due proposte di legge al Parlamento testé votate.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 47 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Enti Locali - Forme associative - Deleghe: argomenti non sopra specificati

Documento conclusivo del dibattito sulla riforma delle autonomie locali svoltosi in Consiglio regionale il 9 dicembre 1982


PRESIDENTE

Votiamo ora il documento conclusivo del dibattito sulla riforma delle autonomie locali svoltosi in Consiglio regionale il 9 dicembre 1982, di cui al punto quarantasettesimo all'ordine del giorno.
Secondo le proposte suggerite dal Consigliere Genovese vi è una variazione da apportare al secondo capoverso del punto 1): le parole "entro la legislatura" sono sostituite con le parole: "prima delle elezioni amministrative del 1985". Con questa variazione pongo in votazione il documento.
Il Consigliere Valeri aveva accennato ad alcune variazioni, ma non le ha formalizzate.



VALERI Gilberto

Poiché il ruolo delle Regioni rimane indeterminato e c'è il rischio che si vada ad una riforma non complessiva, ma a pezzi separati e di volta in volta, proponiamo di togliere il richiamo "allo stralcio".



PRESIDENTE

Non vi sono obiezioni alle proposte formulate dal Consigliere Valeri.
Passiamo alla votazione del suddetto documento. Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte: 1) Preso atto delle comunicazioni della Giunta regionale in data 9 dicembre 1982 e dell'ampio dibattito che ne è seguito intorno al problema dei rapporti con gli Enti locali e della riforma dell'ordinamento delle autonomie auspica il completamento, prima delle elezioni amministrative del 1985, della riforma degli Enti locali e del regime della finanza locale, nei termini di massima definiti dal confronto parlamentare tuttora in corso 2) considerato il ruolo fondamentale della riforma delle autonomie anche per il necessario rilancio dell'istituzione regionale, oltreché le peculiari esigenze e gli specifici problemi concernenti il riordino istituzionale della realtà piemontese richiama l'esigenza prioritaria, già recepita nelle proposte di legge d'iniziativa regionale al Parlamento, dell'istituzione della Provincia di Biella e della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola sottolinea l'urgenza del riordino sull'intero territorio regionale del sistema degli Enti intermedi e della contestuale soluzione del complesso problema del Governo dell'area metropolitana di Torino.
3) Richiamata l'esigenza di governare, sino all'istituzione della Provincia - Ente intermedio, l'ulteriore fase di attività dei Comitati comprensoriali piemontesi e di partecipare alla trasformazione delle Amministrazioni provinciali in funzione del nuovo ruolo che le stesse dovranno assumere, ritiene che si debba assicurare: a) il consolidamento dei contenuti più rilevanti dell'esperienza comprensoriale, intesa come valido momento di programmazione su area vasta e di raccordo tra i livelli istituzionali sub-regionali b) il funzionamento dei Comitati comprensoriali ed il completamento delle iniziative e delle azioni programmatiche di loro competenza attraverso definiti piani di lavoro c) all'avvio della costruzione del nuovo ruolo di programmazione della Provincia - Ente intermedio, anche attraverso la definizione di nuovi raccordi con l'attività della Regione e dei Comitati comprensoriali d) l'impianto di nuovi rapporti istituzionalizzati tra i Comuni, le Comunità montane e le Province, in relazione alle funzioni ed al ruolo che queste ultime verranno ad assumere richiamata altresì la necessità di dare attuazione ad un processo organico di delega di funzioni alle Province, alle Comunità montane, ai Comuni ed alle loro associazioni, ritiene che si debba realizzare: e) la stretta connessione tra l'attribuzione delle deleghe ed i contenuti e le procedure della programmazione regionale e sub-regionale f) l'acquisizione al nuovo assetto istituzionale delineato dai progetti di riforma, dell'articolazione territoriale realizzatasi nelle forme comunitarie ed associative già sperimentate (Comunità montane e USSL) g) l'istituzione di Associazioni polifunzionali cui demandare, nel contesto della legislazione di delega, quelle funzioni di scala intercomunale utilmente esercitabili a livello sub-provinciale h) la revisione, in coerenza con la logica propria della delega e del decentramento, delle normative 'sostanziali' contenute nella legislazione regionale per adeguarne indicazioni e contenuti al nuovo impianto istituzionale i) la riorganizzazione delle strutture regionali e, in particolare, di quelle periferiche, per superare gli elementi più marcati di settorialità e per sviluppare un impianto strumentale coerente rispetto alla valenza generale degli Enti delegati.
Il Consiglio regionale conseguentemente si impegna: ad istituire una Commissione tecnico-politica per definire, in collaborazione con l'insieme degli Enti locali piemontesi, con gli Atenei e studiosi della materia, un più preciso quadro istituzionale di riferimento in funzione dell'azione complessiva che la Regione intende sviluppare verso il potere centrale e gli Enti locali, nella prospettiva della riforma delle autonomie onde evitare iniziative frammentarie o sperimentazioni improvvisate che potrebbero rischiare di provocare una deresponsabilizzazione politica del sistema delle autonomie e fenomeni di separatezza tra titolarità delle funzioni, proprie e delegate, e l'esercizio delle stesse a realizzare un confronto permanente con il Comitato ristretto e la Commissione del Senato impegnati nella discussione delle proposte e dei disegni di legge in materia di riforma del sistema delle autonomie e della finanza locale a convocare, entro il corrente anno e in collaborazione con gli Enti locali, la 'Conferenza delle autonomie del Piemonte' per realizzare in quella sede un confronto, anche a rilevanza operativa, intorno ad organiche proposte di riforma e di riordino, nei termini e con i contenuti di massima precisati dal presente documento.
Il Consiglio regionale, infine, impegna la Giunta e l'Ufficio di Presidenza, in collaborazione con la conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari, a dare attuazione alle indicazioni ed agli impegni contenuti nel presente documento".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 45 voti favorevoli e 2 astensioni.
Prima di concludere i nostri lavori ricordo ai presenti che il Consiglio riprenderà nel pomeriggio alle ore 15,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,50)



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