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Dettaglio seduta n.196 del 15/07/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, il processo verbale dell'adunanza consiliare del 30 giugno 1983 si intende approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", rendo noto che le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 21 e 23 giugno, 1, 5 e 7 luglio 1983 - in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6/11/1978, n. 65 - sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento:

b) Pubblicazione materiale depositato presso l'Ufficio di Presidenza


PRESIDENTE

Informo inoltre il Consiglio regionale che tutti i Consiglieri hanno adempiuto, nel termine stabilito, agli adempimenti previsti dalla legge 5/7/1982, n. 441, recante disposizioni circa la pubblicazione della situazione patrimoniale dei titolari di cariche elettive, depositando presso l'Ufficio di Presidenza la dichiarazione relativa alla situazione patrimoniale, nonché copia della dichiarazione dei redditi. Tale materiale verrà pubblicato nelle forme previste dall'art. 11 della citata legge n.
441.


Argomento: Commemorazioni

c) Commemorazione dell'on. Vitale Robaldo, ex Consigliere regionale


PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, abbiamo appreso, ieri, con doloroso stupore della scomparsa, dopo una breve quanto incurabile malattia, dell'on. Vitale Robaldo, nostro collega tra le file del Partito Repubblicano durante la seconda legislatura.
Con questa prematura, inaspettata perdita - l'on. Robaldo era nato 47 anni fa a Cravanzana nell'Alta Langa - la vita politica piemontese e, più in particolare, quella albese viene privata di uno dei suoi protagonisti più capaci ed attivi.
Proprio ad Alba Vitale Robaldo inizia la sua attività politica dapprima tra le file del Partito Socialdemocratico poi tra quelle repubblicane.
Nel 1970 fu eletto Consigliere comunale ad Alba come rappresentante repubblicano mentre era già in carica come Consigliere provinciale. Divenne poi Consigliere regionale e, nel 1976, fu eletto deputato, carica che insieme a quella di Consigliere comunale albese, ha ricoperto ininterrottamente per tre legislature.
L'attività parlamentare dell'on. Robaldo è stata particolarmente intensa: Sottosegretario ai trasporti durante il secondo Governo Cossiga membro dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati, relatore di maggioranza della legge sui pentiti e membro della Commissione Giustizia della Camera.
All'interno del suo partito faceva parte della Direzione nazionale.
Nella sua attività parlamentare l'on. Robaldo aveva sempre cercato di ottenere il massimo per la sua terra di origine non dimenticando mai comunque, una visione globale dei problemi proiettati in campo nazionale.
Il ricordo che l'on. Robaldo ci lascia è quello, quindi, di un lucido attento e capace uomo politico.
Colleghi Consiglieri, voglio esprimere a nome del Consiglio regionale del Piemonte e mio personale alla moglie signora Rosalba, ai figli Renzo e Gerardo, alla famiglia e ai colleghi del Partito Repubblicano i sensi più profondi del nostro cordoglio.
Di certo la realtà politica piemontese ha perso oggi un suo profondo conoscitore.
Di questa perdita siamo tutti addolorati.



(I presenti osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto terzo all'ordine del giorno che reca: "Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale".
I Consiglieri hanno ricevuto il documento, di cui al secondo comma dell'art. 32 suddetto, sottoscritto dal prescritto numero di Consiglieri e recante altresì il nome del Presidente e la lista degli Assessori.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, d'intesa con i tre Gruppi firmatari del documento e proponenti la Giunta, farò una breve illustrazione. Il meccanismo previsto dallo Statuto che stabilisce le convocazioni del Consiglio entro i 15 giorni ha permesso di confrontarci più volte in questi mesi. Pertanto non farò un'illustrazione analitica del programma e tratterò soltanto di tre questioni che offro alla riflessione delle forze politiche.
1) La maggioranza che propone l'elezione della Giunta, con il relativo documento programmatico, si pone in un rapporto di continuità con la Giunta che ha governato la Regione dal 1980 in poi. Il programma contiene delle novità, in particolare la questione morale. Sul piano politico questa crisi vuole segnare per i tre partiti la chiusura di un lungo periodo di difficoltà e a volte anche di instabilità. L'intesa politico-programmatica della maggioranza ha l'obiettivo di portare alla scadenza naturale del 1985 il mandato elettorale con un governo in grado di affrontare i problemi del Piemonte. Questo è uno degli aspetti determinanti dopo le vicende della crisi vera e propria e del periodo precedente che hanno incrinato questa coerenza e questa linearità di approdo. L'altro elemento caratterizzante di questa maggioranza è l'"apertura", fuori dagli equivoci. Non si tratta della rimessa in discussione, magari strumentale, delle alleanze, a seconda dei momenti e degli eventi politici, nazionali o locali, ma è la concezione di una Giunta che ritiene di avere tutte le legittimazioni per governare ma ritiene di non potere esaurire, con le forze che la rappresentano, le potenzialità esistenti in Piemonte. E' quindi un'apertura che la maggioranza di sinistra ritiene di dovere indicare, come tratto caratteristico del suo lavoro; e di rivolgere a quei partiti che, dalle elezioni, hanno avuto una significativa affermazione, in particolare il Partito Repubblicano. Ripeto, questa apertura non è la messa in discussione dell'assetto di maggioranza, è, caso mai, un confronto che questa maggioranza auspica che si sviluppi negli altri Gruppi.
2) Il secondo punto che desidero sottolineare è quella parte del programma con carattere di innovazione nelle metodologie tradizionali per ridefinire l'identità dell'ente, le sue caratteristiche, il modo di operare e di essere nella società: e la cosiddetta questione della legittimazione istituzionale della Regione, con al centro due questioni di assoluto rilievo e di assoluta priorità: la questione occupazionale e i risvolti istituzionali della questione morale, vale a dire gli atti, i provvedimenti, gli impegni che assumiamo nel momento in cui usciamo dalla lunga crisi che ha avuto origine dagli scandali e che vogliamo realizzare per riconquistare un rapporto di forte legittimazione con la società civile. Insomma, credo che questa volta si sia lavorato delineando un programma che con chiarezza identifichi le proposte politiche ed il senso politico di una direzione di marcia e che abbia tutte le potenzialità per essere attendibile, serio, concretatile. Già all'indomani della crisi il confronto fra i tre partiti si è basato sulla chiarezza, sulla coerenza e sulla serietà, per cui i programmi non sono solo l'occasione, un po' strumentale, per giustificare degli accordi politici, ma sono la base e i contenuti, su cui si verifica la legittimità dell'intesa politica sin dalla sua nascita. Diamo molta importanza al programma e risottolineiamo l'importanza di una discussione all'interno del Consiglio e delle Commissioni, sulle misure complessive, non per introdurre meccanismi punitivi o rallentanti, ma per assicurare il massimo di chiarezza e di trasparenza dell'azione politica. Questi criteri si accoppiano con quelli più volte indicati del rigore, dell'attenzione amministrativa, delle politiche di apertura e di raccordo con la società, con le sue rappresentanze istituzionali, in particolare con il sistema degli Enti locali. La vicenda politica che ci porta a questa proposta è conosciuta.
Credo si debba dare atto a questa maggioranza degli elementi di diversità che la caratterizzano e che hanno caratterizzato il comportamento dei partiti. Devo dire che a questa proposta un contributo di rilievo l'ha dato il Gruppo del Partito di unità proletaria. Tutti abbiamo potuto apprezzare in questi anni la serietà di questo Gruppo e, sul piano politico, la proposta di governo, che venne operata nel mese di maggio, ha lasciato e mantenuto all'interno del problema caratteristiche di presenza, di contributo attivo ed intelligente. Ci preme sottolineare con la massima chiarezza e correttezza l'importanza di quel contributo, che consideriamo anche determinante ed utile per il lavoro futuro. Auspichiamo che i rapporti con il Partito di unità proletaria siano positivi.
3) L'ultimo elemento che desidero sottolineare riguarda la composizione della Giunta. Il Presidente è un vecchio amico ed anche un grande interlocutore, mio personale, dei tempi passati. A lui rivolgo anzitutto gli auguri nel momento in cui occorre dare una grande sterzata sul piano dell'efficienza, della capacità di intervento e della presenza; credo che tutto questo possa essere garantito dalla sua persona per la sua grande esperienza politica e per l'indubbia predisposizione all'attività amministrativa. Con gli auguri c'è l'impegno complessivo delle delegazioni dei tre partiti impegnati a realizzare il programma, soprattutto, a proporre entro i 60 giorni, l'elenco delle iniziative che ragionevolmente e realisticamente possono essere avviate. E' una Giunta che vede la presenza di uomini di grande esperienza ed un elevato grado di innovazione. Le presenze nuove sono quattro su dieci componenti. La struttura è articolata in dipartimenti.
Voglio sottolineare: nessuna speranza miracolistica, ma un'intenzione seria di lavorare sui dipartimenti intesi come pezzi costitutivi e costruttivi della collegialità, molte volte richiamata, di cui abbiamo lamentato, spesso, le difficoltà di realizzazione. Le cose difficili non si possono risolvere facilmente ed in poco tempo, ma a questa Giunta credo si possa chiedere l'impegno politico primario di avviare e di realizzare condizioni concrete per una crescita complessiva di collegialità e di capacità di governo. Questo è ciò che chiedono la gente, le istituzioni gli interessi organizzati, è ciò di cui si ha bisogno per riaccreditare un'immagine ed un ruolo della Regione messi in crisi dalle note vicende istituzionali nazionali e dalle vicende che ci stanno alle spalle. E' un compito difficile che richiede pochi programmi roboanti, poche dichiarazioni trionfalistiche e molto lavoro, molto impegno. La struttura del documento ha il significato del patto politico ed ha una prospettiva non breve; ha rimesso assieme i cocci e credo che serietà e lavoro paziente, conoscibile e verificabile, siano grandi garanzie che si possono dare. Questa crisi si chiude politicamente e ha la garanzia di una migliore produttività amministrativa nell'interesse del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, oggi dobbiamo dare un giudizio sulla proposta di soluzione della crisi, presentata da tre partiti di sinistra. Il nostro giudizio su questa soluzione non può che essere positivo in quanto la riproposizione del governo di sinistra non era affatto scontata all'inizio di questa crisi ed è una soluzione che abbiamo sempre auspicato e perseguito. Per questo obiettivo abbiamo lavorato in questi quattro difficili mesi. Rivendichiamo a nostro merito il contributo che abbiamo dato per arrivare a questa soluzione. La presentazione del documento firmato dai tre partiti, Partito socialista, Partito comunista e Partito di unità proletaria, anche se è stato bocciato dal Consiglio non è stata una parentesi, ma un passaggio decisivo che ha permesso di tenere ancorato il Partito socialista alla soluzione di sinistra e ha impedito la formazione di maggioranze diverse. Non solo, quel documento e il dibattito che su di esso si è avuto hanno permesso di fare chiarezza sulle responsabilità circa il prolungarsi della crisi nella fase pre-elettorale ed hanno evitato che l'elettorato premiasse l'incertezza ed il rinvio.
Quella è stata la premessa - di cui rivendichiamo anche noi il merito - per guadagnare la soluzione che oggi viene proposta. Nel dare però un giudizio positivo sullo schieramento di sinistra, dobbiamo dire che alcuni aspetti non ci soddisfano, in particolare rispetto al modo come si è arrivati a questa soluzione, mentre vi sono alcuni aspetti di merito negativi che vanno rapidamente recuperati. Non ci soddisfa innanzitutto perché non raccoglie l'apporto di tutte le componenti della sinistra.
Il Partito di unità proletaria non è tra i proponenti del documento perché non ha partecipato al confronto per la sua elaborazione e per la definizione dell'assetto della Giunta e non per nostra scelta, ma per l'assurda ed inaccettabile pregiudiziale posta dal Partito Socialdemocratico.
AI contrario, il rapporto con i compagni del Partito comunista e del Partito socialista è stato aperto e proficuo. Ma, evidentemente, una coalizione si giudica non solo dagli atteggiamenti e dal rapporto con le singole forze, ma dal rapporto che congiuntamente essa instaura con le altre forze. Per la nostra forza politica non è stato un rapporto positivo poiché non ci ha permesso il confronto nel merito con le altre forze di sinistra. Di questa discriminazione nei nostri confronti non facciamo né un fatto formale né un motivo da cui partire per delle ripicche.
Poniamo questa questione perché riteniamo di poter dare un contributo alla sinistra che non ci è stato permesso di dare appieno. A nostro avviso questa è la spia di un problema più generale che riguarda il modo con il quale la sinistra, dopo lo scandalo, costruisce i programmi, le scelte, con quali rapporti e con quali interlocutori definisce le scelte. Lo scandalo ha messo in luce un problema prioritario, quello della partecipazione e del rapporto tra le Giunta di sinistra e la società, l'affrontare questo problema implica la capacità della sinistra di aprirsi al rapporto con la società, con i movimenti sociali, con quei pezzi di società organizzata per raccogliere le esigenze ed il contributo che da questi viene.
E' su questo terreno che, a mio avviso, le cose ed il metodo non sono cambiati e le scelte operate per la soluzione della crisi sono ancora una volta frutto del lavoro di pochi. Le forze sociali di base, nel corso della lunga crisi, hanno presentato alle forze di sinistra delle proposte programmatiche per un confronto sui contenuti.
Il Partito di unità proletaria condivide gran parte di quelle proposte ma non ci risulta che altre forze di sinistra, oltre al Partito di unità proletaria, abbiano risposto nel merito di esse.
La partecipazione vera, non formale, inizia proprio da qui, dal tipo di rapporto che si riesce ad instaurare tra le forze di sinistra e tra queste e le forze vive della società.
In questo ambito poniamo il problema del nostro rapporto con gli altri partiti della sinistra, poiché la partecipazione, intesa come rapporto tra le forze di sinistra, e tra queste e la società, è direttamente connessa alla questione morale, che non è affrontabile solo con strumenti tecnici.
Dobbiamo sapere che se vogliamo che le consultazioni elettorali del 1985 riconfermino le Giunte di sinistra, non possiamo andare avanti come se nulla fosse successo; bisogna cambiare metodi, e tipo di rapporti con la società. Poniamo questo problema come una questione centrale per la sinistra perché siamo convinti che per costruire l'alternativa, nostro obiettivo di fondo, non c'è nessuno che in assoluto ha la verità in tasca mentre altri debbano fare numero e contorno; è invece necessario che l'alternativa sia un processo che raccolga il contributo di una pluralità di forze e soggetti che esprimono bisogni e proposte e gli Enti locali dove la sinistra è al governo è un terreno di verifica decisivo rispetto all'avanzare di questo processo.
Detto questo, entro nel merito del documento e dell'assetto della Giunta per fare alcuni rilievi.
L'assetto della Giunta premia oltre misura il Partito Socialdemocratico e siamo preoccupati di questo perché ci sembra non si sia tenuto conto della questione emersa nel dibattito successivo allo scandalo, cioè dei rapporto tra rappresentatività dei partiti che è derivato dal consenso elettorale e della quantità del potere che essi occupano. Tale questione riferita al Partito socialista, è stata una delle cause che ha portato allo scandalo, oggi tale problema si ripropone da parte del Partito Socialdemocratico, come se lo scandalo non avesse insegnato nulla.
Il programma contiene luci ed ombre. Rileviamo la sostanziale continuità tra questo programma ed il programma precedente presentato dal Partito comunista, Partito socialista e Partito di unità proletaria, quindi risottolineiamo il contributo da noi dato nell'elaborazione dei contenuti programmatici.
Ci sembra doveroso sottolineare positivamente l'organizzazione dipartimentale dell'esecutivo che tende a creare una vera collegialità nell'assumere le decisioni a differenza del passato, la priorità dell'occupazione la quale deve essere supportata da scelte immediate e concrete, gli strumenti per rendere trasparente la macchina regionale, e questo ha un rapporto stretto con la questione morale, l'accoglimento di alcune nostre proposte in merito all'energia.
Vi sono invece alcuni punti negativi che vanno recuperati, come quello sulla questione Fiat.
La parte che riguarda la politica industriale ha un'omissione grave per quanto riguarda la questione Fiat; cioè non vi è nessuna presa di posizione per quanto riguarda il legame rispetto degli accordi ed erogazione dei finanziamenti pubblici.
La Regione, sui finanziamenti alla Fiat, aveva dato in quest'aula un parere positivo a condizione che fossero rispettati gli accordi. L'accordo Fiat è scaduto e l'azienda non l'ha rispettato. E' necessario un pronunciamento per la sospensione dell'erogazione dei finanziamenti fin quando non si costituiranno le condizioni per il rispetto dell'accordo.
Questa omissione è tanto più grave in quanto la Fiat è capofila di un padronato retrivo che intende andare allo scontro con le organizzazioni sindacali e che rifiuta la bozza di proposta presentata dal Ministro Scotti per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici.
L'altra omissione si riferisce alla sanità. Nulla è detto sul riassetto dell'Unità Sanitaria Locale 1-23; nel progetto presentato dalla precedente Giunta si intravede una neo-centralità ospedaliera a scapito della prevenzione e del decentramento. E' una scelta contestata dalla nostra forza politica e da altre forze sociali. In sede di Commissione è iniziato l'esame del piano della Mandria. Occorre venire in chiaro rispetto a quelle che sono le intenzioni in merito alla lottizzazione, occorre inoltre esplicitamente dichiarare qual è la volontà politica sulla pista e sulla ricerca di una soluzione alternativa che garantisca la continuità produttiva.
Non condividiamo la scelta che viene fatta sulla casa, quella cioè di utilizzare fondi regionali per i "Buoni Casa". E' una proposta demagogica che non entra nella realtà del problema degli sfrattati. Siamo del parere che le risorse disponibili della Regione debbano andare in direzione della politica dell'affitto.
Abbiamo presentato una proposta, quella dell'azionariato popolare casa sulla quale è aperto il confronto.
Quanto al tema dell'energia apprendiamo con favore dell'accoglimento di alcune nostre proposte relativamente alle municipalizzate ed alla Consulta resta il nostro dissenso di fondo sulla scelta nucleare, rispetto alla quale rileviamo una situazione in movimento all'interno della sinistra: il Partito comunista si è schierato contro la centrale nucleare di Avetrana in Puglia e la centrale nucleare di Viadana (Mantova); inoltre ha ventilato l'ipotesi di rivedere in senso restrittivo il Piano Energetico Nazionale.
per quanto riguarda le mega centrali. Giudichiamo positivamente questa posizione e riteniamo che su di essa possano avvenire proficui confronti.
Ma allora ci chiediamo: la scelta è quella di una centrale nucleare solo in Piemonte? Su questa impostazione non solo non siamo d'accordo, ma chiediamo precisi pronunciamenti.
I giudizi articolati che abbiamo espresso ci inducono a sospendere il giudizio sul programma e sull'esecutivo, giudizio che sarà rispecchiato dal voto.
Ma non resteremo in attesa passivamente né ci ritireremo sull'Aventino ci impegniamo fin d'ora a dare il nostro contributo per l'attuazione di quelle parti del programma che condividiamo e che riteniamo qualificanti.
Continueremo a sollecitare alle altre forze della sinistra ed alla Giunta il confronto, attendendo da parte loro atti concreti e tendenti a ricostruire un pieno rapporto a quattro. Il prossimo appuntamento è quello della presentazione, entro 60 giorni, del programma di interventi operativi e del bilancio annuale: queste scadenze diranno se il rapporto a quattro in realtà si è ricostituito.
Auguro al Presidente ed alla Giunta designati un lavoro proficuo nell'interesse del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Chi è, signor Presidente e colleghi Consiglieri, l'avvocato Giuseppe Bara? E perché mai vogliamo richiamarne il nome proprio in apertura di questo nostro intervento, nella seduta consacrata alla nascita di una nuova "Giunta rossa"? Dunque: l'avvocato Giueppe Bara, libero professionista torinese, è un socialdemocratico. Anzi, un socialdemocratico di un certo rilievo, dobbiamo pensare se, nelle recenti elezioni politiche, il suo partito ha ritenuto di portarlo candidato nel Collegio Torino - Novara - Vercelli, addirittura proponendolo al numero 4 della lista, subito dopo i deputati uscenti Nicolazzi e Furnari ed il subentrante Genova. Così, l'avvocato Giuseppe Bara si è trovato in campagna elettorale. E l'ha condotta con impegno spendendo anche non pochi soldini, attraverso una lunga serie di inserzioni propagandistiche sui giornali, quale questa, che qui esibiamo, apparsa sul quotidiano "La Stampa" di domenica 26 giugno. Che cosa aveva, l'avvocato Giuseppe Bara, da dire e da promettere ai suoi potenziali elettori? Chiedeva - ovviamente con la piena autorizzazione del Partito Socialdemocratico, non essendo pensabile che si muovesse in forma autonoma un voto "contro le Giunte rosse". Proprio così. "Un voto contro le Giunte rosse". Bene: 101.812 cittadini hanno votato per il "solnascente" e, in particolare, 1.712 di loro hanno premiato con una preferenza la solenne promessa del candidato Giuseppe Bara. Questi elettori, adesso, possono ritenersi appagati: hanno voluto ancora credere nell'impegno del Partito Socialdemocratico ed infatti, a distanza di 15 giorni, proprio come già avvenuto subito dopo le elezioni amministrative del 1980, anche quelle condotte dai socialdemocratici in chiave marcatamente anticomunista, eccoti il Partito Socialdemocratico cambiare le carte in tavola, rientrare nella maggioranza di sinistra, rendere possibile il varo di una rinnovata "Giunta rossa".
Abbiamo voluto citare l'episodio riguardante Giuseppe Bara per sottolineare il comportamento quanto meno contraddittorio e sconcertante del Partito Socialdemocratico, che ha costretto lo stesso responsabile degli Enti locali, Panzini, a riconoscere (si veda "La Stampa" di sabato 9 luglio) come "i troppi tentennamenti della Segreteria hanno finito con l'offrire alla pubblica opinione un'immagine distorta del Partito Socialdemocratico". Ammissione già significativa, questa, ma che rimane largamente al di sotto della verità. Perché è vero - e sfidiamo chiunque a dimostrare il contrario - che l'atteggiamento socialdemocratico può e deve essere definito in un solo modo: una sceneggiata "alla Merola", neppure tanto abilmente interpretata (come vedremo), portata avanti a soli fini di interesse e di potere.
Difatti, il Partito Socialdemocratico non ha mai seriamente considerato l'eventualità di rivedere, neppure in presenza delle scandalose vicende successe, quelle alleanze che gli avevano garantito, a prezzo dell'appoggio determinante dato ai socialcomunisti, comode poltrone di governo e di sottogoverno. Quando la Giunta regionale cadde sotto il peso degli scandali, già da allora, senza avvertire scrupolo alcuno, i socialdemocratici erano prontissimi a rimettere in piedi la stessa screditata formula di sinistra. Forse che fu la tanto dibattuta "questione morale" a trattenerli? Suvvia, non facciamo ridere! Furono, piuttosto e soltanto, le ormai incombenti elezioni politiche a consigliare furbescamente, anzi, furbastramente, al Partito Socialdemocratico di prendere tempo e di soprassedere ad ogni decisione.
Incominciò così un inverecondo "gioco delle parti" che - simulando lo scontro tra le sue anime socialdemocratiche, quella "romitiana" e quella "nicolazziana" - era volto ad accreditare la falsa immagine di un Partito Socialdemocratico scosso dai dubbi, dilacerato nelle valutazioni, turbato sulle scelte da compiere.
Erano momenti, quelli, in cui, tanto per fare un esempio, il collega Cerutti fingeva di indignarsi per l'ipotesi di un accordo con il Partito di unità proletaria, dal quale - diceva allora (e si rileggano le sue dichiarazioni a "La Stampa" di venerdì 20 maggio) - "lo separavano mille anni luce"... E tutti in quest'aula - democristiani, liberali, repubblicani a dichiarare rispetto, ad esternare comprensione, ad usare riguardo per questo povero Partito Socialdemocratico, tanto travagliato al suo interno... Pareva di assistere ad una tragedia greca ed era soltanto invece, l'"opera dei pupi"! Solo il Movimento Sociale Italiano - questo lo dobbiamo pur citare a nostro merito - non si lasciò commuovere dalla "manfrina" socialdemocratica e disse chiaro sin dall'inizio di non avere alcuna fiducia nelle revisioni autocritiche del Partito Socialdemocratico; disse chiaro sin dall'inizio che quello del Partito Socialdemocratico era soltanto tatticismo pre elettorale; disse chiaro sin dall'inizio che, lasciando insoluta la crisi in attesa del 26 giugno, il Partito Socialdemocratico badava solo a tutelare meschini interessi di bottega. E i fatti, come previsto, sono venuti a darci piena ragione. Puntualmente, tre giorni più tardi, superato lo scoglio elettorale e subito dismessa la maschera anticomunista, ecco la conferma che i giochi erano fatti già da tempo e che si era soltanto preso in giro per più settimane l'opinione pubblica: il collega Mignone dichiarava qui la disponibilità del Partito Socialdemocratico a ritornare nell'alleanza di sinistra! Fu, la sua dichiarazione, la sola nota stonata di un copione accuratamente predisposto: perché, in verità, il giovane Capogruppo socialdemocratico, forse pungolato dall'impazienza di diventare Assessore, aveva scoperto le carte troppo in fretta, svelando una decisione che era sì scontata (per noi, almeno) ma che, seppur fittiziamente, doveva essere ancora ratificata dagli organi di partito.
Poco male: interviene il Segretario regionale del Partito Socialdemocratico, Boienti, che si incarica di rettificare le imprudenti ed intempestive anticipazioni di Mignone e che ripropone (udite! udite! ) una Giunta socialista e laica. Egli sa benissimo che il Partito socialista, da tempo favorevole all'opzione di sinistra risponderà di no: ma intanto almeno così spera, la forma è salva... Difatti, i socialisti respingono la proposta ed il Partito Socialdemocratico è ben lieto, a questo punto, di ritornare ai vecchi e mai ripudiati amori. Naturalmente lo fa - dice perché costrettovi dalla situazione, per assicurare la governabilità delle istituzioni e per dare un governo alla Regione Piemonte.
Ma forse che queste esigenze di governabilità e di governo, noi domandiamo, non erano avvertite oppure erano meno pressanti anche quattro mesi fa, anche tre mesi fa, anche due mesi fa? Forse che non esistevano il 30 maggio scorso quando - pur di impedire la formazione di un esecutivo di sinistra - il Partito Socialdemocratico votò contro quell'ipotesi accettando persino di confluire nel fronte dei "no" insieme ai due missini? (E, dopo questo precedente, non ci venga più a dire il collega Cerutti come già fece in altra occasione - il 28 luglio dell'80 per l'esattezza che lui con il Movimento Sociale Italiano non vuole contaminazioni...).
Che senso ha, chiediamo ancora, l'avere respinto solo poche settimane fa una proposta politica sostanzialmente identica nei suoi contenuti di fondo al documento programmatico che oggi, invece, si dichiara di voler accettare? Se a questa soluzione si voleva comunque giungere, tanto valeva arrivarci prima, evitando di tenere paralizzata per così lungo tempo la macchina regionale e risparmiando ai piemontesi quel vuoto di potere che si è fatto via via più drammatico davanti all'insorgere di gravi questioni regionali, quali il riemergere del terrorismo (con l'assassinio del Procuratore Caccia) o dell'acutizzarsi di tensioni sociali come quelle manifestatesi, ad esempio, nelle aree di Verbania e di Ivrea per l'annunciata chiusura degli impianti Montefibre.
Per gretti calcoli elettorali - tra l'altro rivelatisi senza fondamento, poiché minimo è stato in Piemonte l'aumento del Partito Socialdemocratico - si è cinicamente scelta, invece, la strada dell'opportunistico attendismo, senza riguardo alcuno per i mille incalzanti problemi della Regione, da quattro mesi condannati a marcire nell'attesa che i socialdemocratici si decidessero ad ufficializzare quella scelta alla quale - per mera cupidigia di potere - già da tempo si erano votati; ma che, soltanto per ragioni tattiche, si sono destreggiati a rinviare sino ad ora, sfruttando - proprio come l'avvocato Bara, dal cognome tanto emblematico - la credulità di tanti cittadini e l'ingenuità di molte forze politiche.
Oggi, dunque, si ritorna ad una maggioranza allargata dal Partito comunista al Partito Socialdemocratico e ad un governo di sinistra: ma prima ancora di dare un giudizio di merito sulla formula riproposta e di esplicitare le motivazioni che ci portano a severamente giudicarla crediamo opportuno formulare, dal nostro punto di vista, alcune riflessioni ad alta voce attorno a quanto ci sembra sia venuto emergendo in questa lunga crisi.
La prima riflessione riguarda il Partito Comunista: al quale innanzitutto, non vogliamo negare, perché sarebbe sciocco farlo, una fondamentale chiarezza di comportamento. Ha detto da sempre di puntare alla ricostituzione della vecchia coalizione, negandosi ad ogni appoggio esterno e dichiarandosi pronto a ritornare all'opposizione ove l'obiettivo di un governo di sinistra non fosse risultato raggiungibile. E - pur avendo dovuto pazientare oltre una ragionevole sopportabilità e ben al di là dei traguardi temporali via via proposti - sta, adesso, per ottenere lo scopo che si era prefisso.
E, tuttavia, sembra a noi che, proprio in questo momento di relativo successo, il Partito Comunista denunci i limiti della propria forza costretto com'è, pur di restare al potere, ad affidarsi ai soli alleati di sinistra, che le vicende di questa crisi hanno dimostrato - ed i comunisti sono i primi a saperlo - essere compagni di strada infidi ed insicuri sulla cui fedeltà nel lungo periodo si possono fondatamente nutrire seri dubbi. Diceva il collega Bontempi, in una recente seduta, che il Partito Comunista intende utilizzare questi ultimi 500 giorni di legislatura per gettare le basi dell'azione futura, guardando in prospettiva alla continuità di alleanze anche dopo il 1985. Crediamo, piuttosto, che già sarà molto se questa alleanza - eterogenea e scombinata, tenuta insieme solo dal collante dell'opportunismo di partito - riuscirà a resistere sino alle prossime elezioni.
L'impossibilità, dunque, o l'incapacità del Partito Comunista di diventare un polo aggregante di altre forze, nonostante i molti segnali lanciati in più direzioni, è il primo dato significativo che ci pare di dover cogliere e sottolineare. I comunisti potranno anche seguitare ad essere in maggioranza ma stretti, e costretti, entro un'alleanza ormai logorata, ieri ottenuta raccattando il voto di un ex liberale, oggi consentita dal ben ricompensato cedimento socialdemocratico, che di continuo li costringerà ad un'estenuante opera di mediazione e di compromesso, esposti sempre alle pressioni, ai ricatti, persino agli umori caratteriali degli altri partners. E così, in questo grigio logoramento, è avviato a naufragare completamente l'ambizioso - e preoccupante - disegno costruito sin dal 1975, di fare del Piemonte - regione ad economia industriale avanzata, collocata proprio al centro dell'Europa - un modello di "governo rosso", da proporre come esempio all'intero mondo occidentale.
La seconda riflessione la dobbiamo dedicare ai partiti di area socialista e laica: che proprio qui, in Piemonte, avevano sottomano la possibilità concreta - avvalorata anche dai recenti risultati elettorali di dare vita, solo che avessero avuto coraggio e fantasia, ad un grande gioco politico, innovatore rispetto ai logori schematismi del passato. E' stata, invece, un'occasione banalmente sciupata, che adesso pensiamo non verrà a riproporsi tanto presto.
A parte il Partito Socialdemocratico, del quale abbiamo già lungamente detto, il Partito Socialista - e proprio nel momento in cui, a livello nazionale, si sta marciando verso un Governo Craxi, che in pratica costituisce la negazione di quell'alternativa cara a Berlinguer - si è qui isterilito in una scelta "frontista" che certo appaga qualche personale ambizione, ma che non gli offrirà alcuna prospettiva al di fuori del piccolo cabotaggio politico del giorno per giorno.
Gli stessi laici - ci riferiamo al Partito Liberale ed al Partito Repubblicano - si sono dimostrati, nel corso della crisi, sovente incerti nelle valutazioni ed ancorati a posizioni non propriamente convergenti: venendo così, in ultima analisi, a confermare che il "polo laico" è nulla più che una finzione astratta ed accademica perché, alla prova dei fatti risulta essere politicamente inconsistente e perciò condannato a rimanere soltanto la somma di minoranze tra loro diversissime, anche se con taluni interessi comuni.
Anche questa esperienza, pur limitata, ci porta a concludere che non potrà essere il "polo laico" quella "terza forza" di aggregazione e di rappresentanza politica la cui esigenza è particolarmente avvertita tra chi come i ceti emergenti, le nuove professionalità, i quadri intermedi - non è più disposto a delegare al Partito comunista o alla DC la propria identità politica, per il semplice motivo che giudica il bipolarismo non più in grado di esprimere una politica e soprattutto una cultura politica idonea a governare la realtà attraverso i grandi movimenti che la società post-industriale imporrà e di cui già si percepiscono chiari sintomi. Con buona pace dei "laici minori", il "terzo polo" non può dunque che essere rappresentato dalla destra, la quale ha in sé i valori adatti per interpretare e rappresentare le speranze della "terza Italia".
Infine, l'ultima nostra riflessione vogliamo riservarla alla Democrazia Cristiana: per constatarne quella che è stata, a nostro giudizio un'imperdonabile debolezza propositiva ed alternativa, alla quale era necessario rimediare in modo diverso e con altra incisività (e forse si sarebbero raggiunti risultati differenti da quelli di oggi) sin dal momento della caduta dell'esecutivo di sinistra.
Invece, la DC - che con il suo Gruppo consiliare pur rappresenta un terzo di questa assemblea - ci ha dato l'impressione di assistere passivamente all'evolversi della crisi, limitandosi a ricordare a parole la sua posizione di partito di maggioranza relativa, ma - nei fatti - poi, non trovando in sé sufficiente autorità e forza bastevole per qualificarsi veramente come tale.
La presentazione di un documento di lavoro compiuta in extremis proprio alla vigilia di quella scadenza elettorale che doveva segnarne la clamorosa sconfitta - avvalora questa nostra sensazione.
Indubbiamente, la DC è rimasta frenata nelle sue autonome iniziative dall'illusione di poter riuscire a ribaltare le alleanze; e si è persa quindi dietro agli sterili tentativi di aggancio del Partito Socialista e del Partito Socialdemocratico, arrivando al punto di promettere un appoggio esterno ad un eventuale governo laico-socialista.
Ma proprio in questa incapacità a comprendere la realtà delle cose proprio in questa insensibilità nell'afferrare le situazioni reali, proprio in questa rinuncia a rivendicare orgogliosamente il suo ruolo, debbono essere ricercati i motivi di fondo che vedono oggi la DC ancora una volta relegata all'opposizione.
Bisognava avere il coraggio per battersi più decisamente, rinunciando una buona volta alle complici strizzatine d'occhio, ai furbeschi ammiccamenti, alle allettanti serenate. che sono risultate, poi, non paganti, risolvendosi soltanto in un'inutile perdita di tempo, perché oggi i comunisti (ed i loro alleati di comodo) ritornano a governare la Regione Piemonte. Decidendosi ad intraprendere un simile disegno, si poteva anche restare battuti: ma, in ogni caso, si sarebbero gettate le basi per un futuro di riscossa.
Ma, per fare tutto questo, probabilmente si doveva essere una forza politica diversa da ciò che è la DC: possedere, cioè, l'orgoglio, la grinta, l'ambizione di un grande partito, sorretto e spinto avanti da valide motivazioni: cose, queste, che la povera Democrazia Cristiana degli anni '80 sembra aver perduto, ammesso che le abbia mai possedute. Mai come in questa circostanza, dunque, la DC ci ha richiamato alla mente l'immagine di una zattera che sta andando alla deriva: una zattera ancora carica di voti, ma priva di qualunque orientamento perché nelle sue vele non soffia più il vento della tensione ideale, della spinta motivata, della determinazione cosciente...
Ormai, togliete alla DC il potere, cioè il clientelismo, e rimarrà ben poco di questo partito: è accaduto a livello regionale, può darsi avvenga su scala nazionale.
E passiamo, a questo punto, al giudizio di merito sulla proposta politica che oggi viene qui sottoposta al nostro voto per iniziativa congiunta dei tre partiti della sinistra.
Il documento programmatico - documento che, con bello stile, si è voluto prima presentare alla stampa e dopo distribuire ai Consiglieri, a riprova che la tanto conclamata "centralità del Consiglio regionale" seguita a rimanere un vuoto slogan - non ci pare offrire sostanziali innovazioni rispetto all'altro documento programmatico, già respinto il 30 maggio scorso. Avevamo detto allora - e ci scusiamo di doverci ripetere che non ne davamo un giudizio benevolo, poiché le molte dichiarazioni in esso contenute, che volevano e dovevano sembrare vincolanti ed impegnative quali, ad esempio, quelle sulla necessità di ridefinire il rapporto tra sfera pubblica, sfera sociale e sfera privata; di rilanciare in modo incisivo la politica di programmazione; di predisporre un programma operativo per gli enti strumentali, ecc. - ci apparivano come affermazioni scontate molte delle quali senza neppure il sapore della novità, in quanto da troppo tempo le sentivamo ripetere, per non vederle mai attuate.
Dobbiamo confermare adesso quel nostro precedente giudizio, anche dopo la rilettura delle 58 pagine di questa "seconda edizione", ritenendola per il momento soltanto una velleitaria elencazione di intenti, almeno sino a quando alle parole non seguiranno fatti concreti.
Quale credito, infatti, è possibile concedere, ricordando che le promesse di oggi vengono rilasciate da quelle stesse forze, da quegli stessi partiti, da quegli stessi uomini che già nel 1980 avevano garantito nei programmi di quel tempo, un governo efficiente e coordinato. e poi ci hanno dato una Giunta priva di qualunque collegialità, con Assessori marcianti a ruota libera; scrupoloso uso del denaro pubblico. e poi, nel 1982, hanno speso un miliardo al mese per consulenze; chiarezza ed onestà amministrativa. e poi sono finiti travolti dallo "scandalo delle tangenti" seria programmazione. e tuttora non sono riusciti a varare il piano di sviluppo; revisione della legge urbanistica. ed ancora adesso, a tre anni di distanza, sono fermi (pagina 43 del documento) all'"urgenza ed indifferibilità" di modificarla? Quale credito, ripetiamo, si vuole ottenere con questo documento? Vi sono, però, due punti sui quali pure intendiamo dire qualcosa, per una precisazione ed una conseguente constatazione.
La precisazione: si afferma (a pagina 4) che "non è accettabile alcun cedimento alle forze che vorrebbero produrre una diminuzione del ruolo dei partiti". Confessiamo di non avere ben compreso a chi vada il riferimento.
Comunque, per scrupolo di chiarezza, non abbiamo alcuna difficoltà a dichiarare, per quanto ci riguarda, che noi - e ci sembra di averlo già detto altra volta - non siamo certo "per" la distruzione dei partiti, ma siamo certo "contro" la partitocrazia: che ha snaturato, corrotto, fatto degenerare questo nostro sistema politico, oggi infatti non più "democratico" ma "partitocratico"; e per guarire il quale appunto bisogna cambiare i partiti, per allentare la loro morsa soffocante sullo Stato, per limitare la loro invadenza nella società, per mutare le loro regole interne, per ridimensionare lo strapotere dei loro apparati...
E' questo l'obiettivo, ed il senso vero, della nostra proposta di "alternativa al sistema".
Non capirlo, o fingere di non comprenderlo, rivela soltanto la non volontà oppure l'impotenza a venir fuori dalla crisi, che è morale innanzitutto: e gli scandalosi fatti di Torino, nei quali troviamo implicati i figli di questo sistema corrotto e corruttore, cioè i "quarantenni rampanti" nati, allevati e cresciuti in questo "regime di partiti", sono lì a provarlo; dalla crisi, dicevamo, che si è abbattuta sulle nostre istituzioni.
La constatazione, che è conseguente, in certo qual modo, alla precisazione or ora fatta: leggiamo (alla pagina 19) che viene enunciato il buon proposito di "sottrarre le istituzioni alle eccessive invadenze partitiche". Benissimo: questo assunto sembrerebbe avvalorare la tesi che poc'anzi abbiamo esposto. Sennonché, veniamo a sapere, dalla lettura dei giornali e da certe ammissioni fatte nell'ultima riunione dei Capigruppo che persino le deleghe assessorili - le quali spettano per competenza al Presidente della Giunta, che deve distribuirle in piena autonomia - sono state discusse, concordate, addirittura sottoscritte dai Segretari regionali dei tre partiti di maggioranza, illustri sconosciuti (due almeno perché il terzo è anche Consigliere regionale), non investiti da alcun mandato popolare.
Ci chiediamo allora, e lo domandiamo in particolare a voi, colleghi del Partito Comunista, del Partito Socialista, del Partito Socialdemocratico: forse che questa non è una palese contraddizione? Ed aggiungiamo: forse che in queste contraddizioni non sta la prova della vostra incapacità a riformare i meccanismi automatici di un sistema che anche voi giudicate logoro e superato, ma del quale continuate a restare prigionieri? Pensiamo che in tutto quanto siamo andati sin qui dicendo sia implicito il giudizio negativo del Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale al proposto governo regionale delle sinistre. Alla sua ricostituzione noi ci siamo da sempre dichiarati contrari per tre ordini di motivi che adesso alla conclusione del nostro intervento, ancora una volta ci sembra opportuno richiamare. Abbiamo in passato sostenuto, e qui lo confermiamo la necessità e l'opportunità di non andare alla riedizione di una "Giunta rossa" per ragioni morali, per ragioni logiche, per ragioni aritmetiche.
Queste ultime sembrano adesso superate a seguito del disinvolto atteggiamento assunto dai socialdemocratici che, con il loro appoggio renderanno possibile la formazione dell'esecutivo. In realtà, lo sono soltanto in apparenza: perché se andiamo a vedere il voto del 26 giugno constatiamo che i tre partiti di sinistra (Partito comunista, Partito socialista, Partito Socialdemocratico) hanno ottenuto globalmente soltanto una minoranza di consensi, scendendo dal 59,2 % delle elezioni regionali 1980 al 45,7 % di oggi. E', dunque, una coalizione fittiziamente maggioritaria quella che si accinge a riassumere il governo della Regione: una coalizione che ha sì, all'interno di questa assemblea, ancora i numeri sufficienti per reggersi in piedi; ma che non li ha più al di fuori del "Palazzo", tra la gente piemontese, con la quale prima o poi pur si dovranno fare i conti.
Ecco: la verifica elettorale - che noi abbiamo insistentemente richiesto e della cui validità restiamo più che mai convinti - avrebbe consentito di accertare subito, ed in modo inequivoco, questa verità, della quale caparbiamente, potremmo dire non democraticamente, ci si ostina a non voler tenere conto.
Ragioni aritmetiche, pertanto, che ci sembrano tuttora sussistere. E poi, ragioni logiche: perché la formula di sinistra - adesso riproposta come il toccasana di tutti i malanni regionali per gli ultimi 500 giorni di legislatura - in verità era prima caduta, scandali a parte, perché da tempo aveva esaurito la propria carica, logorandosi attraverso una lunga agonia di conflittualità interna, di meschine ripicche, di accentuati personalismi. che hanno prodotto per diretta conseguenza l'inattività e la paralisi completa dell'istituto regionale. Non è che, cambiando il Presidente della Giunta, questi mali potranno all'improvviso guarire. No il malessere di fondo è destinato a perdurare - e già ne sono evidente dimostrazione le polemiche subito fiorite all'atto stesso della presentazione del documento programmatico per la significativa mancanza di alcune firme di Consiglieri della maggioranza - soprattutto per il fatto che è venuto a mancare quello che deve costituire il cemento solido di qualsiasi coalizione che voglia veramente essere "di governo" e non soltanto "di potere": il cemento solido della tensione ideale che neghiamo essere presente in questa maggioranza e nel governo di sinistra, tenuti insieme, invece, da un coacervo di interessi, più o meno confessabili e dichiarati. Infine - ma diremmo soprattutto - consideriamo con accentuata severità l'ipotesi di ricostituire la "Giunta rossa" per tante valide ragioni morali. Venire a riproporre alla guida della Regione, come se nulla fosse accaduto, gli stessi partiti che, attraverso i loro uomini di punta sono finiti coinvolti, o quanto meno sono stati compromessi, nel più grave scandalo abbattutosi sul Piemonte dal dopoguerra ai giorni nostri, è arrogante soluzione che non tiene conto delle così diffuse ed avvertite esigenze di rinnovamento, di onestà, di pulizia morale.
I cittadini piemontesi, spettatori sgomenti ed indignati di quanto accaduto, hanno atteso invano un segnale di novità e di svolta che testimoniasse questa volontà rinnovatrice e venisse a ridare credibilità all'istituto regionale.
Sono ripagati, oggi, con la riproposizione, insensibile e sfacciata, di un'altra "Giunta rossa".
La loro delusione è la nostra. La loro sfiducia è la nostra.
La loro condanna al governo delle sinistre è la stessa condanna che ne pronuncia, con rigore e con fermezza, la Destra Nazionale.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ci sembrerebbe troppo facile e a questo punto forse anche banale iniziare questo nostro intervento evidenziando le contraddizioni politiche dei partiti che oggi si presentano con una ricomposta coalizione di governo di sinistra, ma soprattutto sarebbe ormai inutile puntare il dito sul ruolo giocato dal Partito Socialdemocratico in questa lunghissima vicenda la cui conclusione ha risolto anche la diatriba interna al Partito Socialdemocratico decidendo di partecipare ad una maggioranza del tutto simile a quella clamorosamente infrantasi sulla questione morale. Non c'è infatti alcuno che non abbia perfettamente compreso le furberie elettoralistiche: d'altra parte anche molti elettori le hanno comprese ed i risultati elettorali stanno ad evidenziare lo scarso apprezzamento dei piemontesi per i partiti che oggi si candidano al governo, se è vero che questi tre partiti hanno registrato un consistente regresso.
Altri hanno detto e diranno di queste contraddittorietà: a noi preme in questo momento dare un giudizio politico non tanto sul passato, ma sul futuro e poiché il futuro è legato certamente al quadro politico, ma è anche e soprattutto condizionato dal quadro programmatico, noi abbiamo cercato nel documento contenente le linee politiche ed amministrative della nuova maggioranza un terreno di possibile confronto, ma questo confronto non è stato possibile poiché di fatto il programma della nuova Giunta non esiste. Abbiamo già avuto modo di dichiarare che il precedente documento (quello presentato il 14 maggio, non molto dissimile dal presente) ci pareva una dichiarazione di principi piuttosto che un documento di programma commisurato ai due anni di gestione che ancora abbiamo di fronte prima della consultazione del 1985.
Il documento odierno non è un documento di programma tant'è vero che lo stesso ne presuppone e ne preannuncia un altro da presentarsi entro 60 giorni. Tuttavia, lo stesso rivela l'intenzione di fissare dei grandi obiettivi e delle priorità che di fatto però non vengono fissati, ma soltanto generalmente enunciati, anche se a volte con analisi e diagnosi approfondite ed anche apprezzabili. E' noto che sui grandi principi è anche possibile ottenere adesioni e convergenze, le stesse che più volte in quest'aula abbiamo già verificato, per esempio, sul tema della questione morale e sui suoi risvolti istituzionali. E' infatti indubbio, come si dice nel documento, che la dimensione e le caratteristiche della questione morale possono far parlare di un problema nazionale, come però è indubbio che la questione ha avuto recentemente forti accentuazioni e forti accentuazioni in Piemonte ed anche in Liguria.
A proposito della questione morale noi abbiamo ritrovato nel documento molti dei punti che avevano formato oggetto di accordo sul documento istituzionale redatto congiuntamente al PLI ed al Partito Socialdemocratico, prima appunto che il Partito Socialdemocratico abbandonasse la via del confronto fra laici che liberali e repubblicani proponevano e sollecitavano sui temi generali e specifici dell'attività regionale ed abbracciasse il discorso più affascinante degli incarichi da ricoprire nella costituenda Giunta: discorsi fruttuosi, visto che su tre rappresentanti in Consiglio il Partito Socialdemocratico riempirà due Assessorati oltre la carica di Presidente del Consiglio, il che in termini percentuali significa che la presenza del Partito Socialdemocratico nei posti del potere alla Regione Piemonte sono al 100 %, mentre per il Partito socialista sono al 33 % (una percentuale esemplare) e per il Partito comunista sono al 25 % (una percentuale che fa pensare). Se queste percentuali guideranno anche le nomine del cosiddetto sottogoverno, il Partito Socialdemocratico deve avviare una pronta campagna di tesseramento! Ma il documento contiene anche un apposito capitolo sulle nomine ed esiste un impegno solenne dei tre partiti a sottoporre a verifica tutte le nomine di loro competenza nei principali enti. Noi ci auguriamo che questo avvenga, anche perché proprio su questi aspetti in questi tre anni siamo purtroppo ritornati senza alcun successo, visto che l'Amministratore Delegato della SITO, per il quale esprimemmo molti dubbi ancor prima della sua designazione, sta tuttora al suo posto e né il suo curriculum vitae, n la sua denuncia dei redditi sono mai pervenuti al vaglio della competente Commissione Nomine.
Ecco perché laddove il documento parla di un rapporto chiaro per evitare fenomeni di lottizzazione politica, sul principio si può convenire in assoluto, ma si converrebbe assai di più ove alla grammatica seguisse la pratica, come giustamente ha detto il Presidente Viglione in una sua recente intervista. Anche perché queste lottizzazioni politiche hanno ormai intessuto anche gli organici del personale regionale, organici tanto ingigantiti oggi da volerli drasticamente ridurre, come ha detto ancora il Presidente Viglione, ma che si sono ingigantiti in questi anni ad opera delle stesse forze che oggi li vogliono ridimensionare e forse si sono ingigantiti più in ossequio alle necessità dei partiti che a quelle dei servizi regionali. Questa commistione, diventata costume all'interno della Regione Piemonte, necessita tempestivamente di una nuova distinzione tra responsabili pubblici e tecnici in ogni settore e certamente anche nel campo delle USL. come prevede il documento.
Questo accenno alle USL è l'unico al campo della sanità fatto nel documento, il che ci sembra più strano ove si consideri che uno dei principi sui quali la nuova gestione intende informarsi è quello di un più razionale e controllato uso delle risorse ed il rigore amministrativo e l'onestà sono i cavalli di battaglia del Presidente Viglione.
Inutile ricordare che il 60% del bilancio della Regione è rappresentato dalle spese per la sanità ed è dunque in questo campo che vanno concentrati gli sforzi per evitare gli sprechi e razionalizzare le spese. La Commissione per la spesa pubblica costituita a livello parlamentare romano circa due anni fa ha recentemente concluso i suoi lavori e nelle conclusioni ha individuato nelle Regioni la funzione di controllo e di gestione delle USL. Ecco perché ci sarebbe parso fondamentale il capitolo della sanità, sul controllo della spesa sanitaria e su un impegno ad evitare che gli organi politici continuino ad invadere la sfera della direzione tecnica, soffocandone la necessaria autonomia. E' noto che quattro anni di attuazione del Servizio Sanitario Nazionale hanno grandemente deluso le aspettative dei cittadini, anche di quelli piemontesi.
I repubblicani hanno sempre considerato il principio di un efficiente servizio sanitario pubblico, finanziato da ciascun cittadino in proporzione al reddito ed accessibile a tutti in condizione di parità, un passo importante lungo la strada già imboccata da tutte le grandi democrazie dell'occidente, ma al tempo stesso hanno avanzato critiche e riserve a taluni aspetti della riforma rivelatesi premonitrici circa i guasti che ne sarebbero derivati, di dimensioni tali da autorizzare talune forze politiche ad incentivare la politica del "tutto privato", altrettanto pericolosa quanto quella del "tutto pubblico". Noi ci saremmo aspettati da una Giunta che, forse con un orgoglio eccessivo si presenta come l'unico punto essenziale per la governabilità della Regione, un discorso sereno e ragionato sulla sanità, innanzitutto consapevole delle esigenze della gente. Noi attendiamo questo programma sulla sanità per una verifica dello stato di attuazione del piano sanitario regionale, ma anche per una verifica delle condizioni di salute della popolazione piemontese in relazione alla spesa sanitaria regionale.
Il documento non tratta di molti altri aspetti che pur attengono peculiarmente alla delega regionale e si sofferma su argomenti che notoriamente per contro non attengono alla sfera decisionale regionale: in questo senso il lodevole intento ha valore di sensibilità al problema e di sollecitazione degli organi responsabili.
Abbiamo con attenzione cercato il paragrafo sull'artigianato che tanto sta a cuore al Partito Socialdemocratico, ma non abbiamo trovato il progetto annunciato dal Segretario regionale - ripetutamente richiesto nelle interviste giornalistiche - da essere considerato appunto uno dei capisaldi del programma socialdemocratico: una specie di punto ricattatorio come al tempo della prima adesione del Partito Socialdemocratico alla prima Giunta di sinistra per la revisione della legge 56, revisione non ancora avvenuta e riproposta nel documento odierno.
Sarebbe interessante potersi soffermare sul capitolo della partecipazione che specie in un momento come questo necessiterebbe di ragionati confronti (Bontempi ne ha parlato nella sua introduzione ed anche Montefalchesi ha messo il segno su questo aspetto importante in questo momento): notiamo che il documento ignora la figura del Difensore Civico che pure potrebbe avere parte notevole nell'azione di avvicinamento tra la pubblica amministrazione ed il cittadino soprattutto quando tale istituzione venga vista come struttura pubblica di partecipazione, né si parla fra gli organi della partecipazione delle Consulte che pure esistono e rappresentano dei canali ormai conosciuti e consolidati di rapporto tra il Consiglio e la gente.
Così come dal momento che il problema del territorio e dell'ambiente è stato affrontato, ci saremmo aspettati un progetto più incisivo.
Riconoscere alle problematiche ambientali l'importanza che rivestono come componenti non secondarie del processo di sviluppo sociale ed economico della Regione è una dichiarazione importante. Ma non è sufficiente: nell'accenno programmatico sull'ambiente ci sembra che questa Giunta, che pure in passato aveva avviato iniziative in questo campo che avevamo quasi sempre condiviso, registri una caduta di tensione. Le iniziative per la tutela dell'ambiente e della qualità della vita vanno svincolate dalla casualità ed occorre un programma più globale: definire un programma per l'ambiente basandolo sul piano della Mandria (progetto grandioso in via di realizzazione negli anni a venire) e su un programma di aree attrezzate di orti non ci sembra francamente un programma per la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali dalle quali, ripetiamo, dipende ogni ipotesi di progresso di tutta una Regione. Poiché questa è materia tutta regionale, a parte la questione dei parchi nazionali, su questa materia noi torneremo con insistenza, intanto perché sappiamo di poter contare su un interlocutore convinto come ha dimostrato di essere l'Assessore Rivalta in tutti questi anni, ma soprattutto perché crediamo che non sia programmabile nessuna iniziativa credibile di sviluppo sociale ed economico senza che i problemi legati alla tutela ed al corretto uso delle risorse naturali siano messi in luce in tutta la loro importanza e siano portati a soluzione.
Signor Presidente e colleghi, la nostra posizione critica e non favorevole verso la coalizione di sinistra e verso il suo incompiuto programma non ci esimono dal riconoscere le responsabilità che in questa assemblea ci sono date e che la recente consultazione elettorale ha voluto esaltare.
Il nostro laicismo e dunque il nostro rifiuto di concezioni fideistiche e dogmatiche non ci autorizza a confutare l'orgogliosa affermazione della costituenda Giunta "che oggi in Piemonte non esiste un'alternativa credibile alla Giunta di sinistra" (dichiarazione orgogliosa che peraltro è stata resa in termini più dimessi e che io ho molto apprezzato dal tono intelligentemente utile del collega Bontempi).
Proprio perché il marasma abbattutosi sulla nostra Regione rendeva difficile capire quale sbocco politico credibile potesse avere la crisi immensa che ancora ci travaglia e i cui effetti caratterizzeranno ancora gli anni a venire, noi pensavamo che soltanto un accordo istituzionale potesse essere propedeutico a definire quale fosse la maggioranza possibile e credibile per il Piemonte in attesa della consultazione del 1985. Quello che sappiamo oggi è che i piemontesi ed i torinesi vorrebbero delle maggioranze nelle quali i partiti laici potessero portare quel contributo al buon governo di cui i laici hanno dato per solito buona prova, anche nelle sedi più impegnative. Oggi non esistono le condizioni politiche e nemmeno programmatiche per questo contributo del PRI al governo, ma giorno per giorno noi continueremo ad essere sollecitatori del buon governo e ne misureremo con pazienza tutti i passi.
La nostra riconfermata posizione di oppositori non esclude un nostro atteggiamento di cortesia in un momento comunque importante e quindi vanno tutti i nostri auguri di buon lavoro a questa nuova Giunta, agli Assessori ed al suo Presidente, il cui prestigio in quest'assemblea è talmente al di sopra di tutto che, come qualcuno ha già detto, avrebbe potuto essere un Presidente adatto a qualsiasi maggioranza.
E anche l'augurio che questo biennio consenta alla Regione Piemonte di recuperare nell'opinione pubblica piemontese quell'immagine di rappresentanza, di raccordo, in una parola di fiducia che gli scarsi risultati programmatici di questi tre anni e gli scandali dei mesi scorsi hanno fortemente compromesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea, Assessore regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con la proposta che presentiamo, e che il Gruppo socialdemocratico ha sottoscritto, si chiude un periodo particolarmente difficile (durato tre anni) anche per la nostra istituzione.
Quello di questi anni è stato un confronto complesso sviluppato su due fronti: da un lato quello della situazione economica, che ancora oggi denota segni preoccupanti di crisi dell'industria, dell'apparato produttivo e dei livelli istituzionali, di fronte alle incertezze sui rimedi e sulle soluzioni da apportare. Posto che non esistono ricette precostituite con le quali prefigurare in tempi brevi soluzioni certe.
Anche noi dobbiamo dare il nostro contributo per ristabilire il dominio della Regione nel processo di riequilibrio dell'economia, posto che diversamente, vi è soltanto l'alternativa di subire i costi crescenti di un aggiustamento operato nei fatti, attraverso una redistribuzione iniqua di ricchezza e con sprechi di risorse.
La situazione economica ha creato gravi difficoltà nella società.
Abbiamo avuto un corrompimento del tessuto sociale, spappolato nel rivendicazionalismo spicciolo in cui domina l'assuefazione all'instabilità economica e all'inflazione permanente. Il documento, in modo realistico senza fare promesse miracolistiche, in modo contenuto e per certi versi dimesso cerca di dare alcune fattibili risposte ad uno di questi problemi.
In questi anni ci ha travagliato anche la crisi istituzionale della Regione, intesa come ente capace di essere punto di riferimento per la comunità piemontese e punto di raffronto con lo Stato.
Dopo i primi cinque anni di promessa delle Regioni, dopo l'età della certezza con gli anni dal '75 all'80, registriamo questo quinquennio come il quinquennio del confronto da un lato con le tendenze neocentralistiche dello Stato in un sforzo di ridisegnare il complesso sistema delle autonomie italiane e, dall'altro, con una congerie di gruppi e di categorie che hanno fatto dello strumento di contrattazione preventiva (che finisce per togliere capacità e ruolo decisionale alle istituzioni) un momento base per la loro strategia.
Siamo impegnati perché i prossimi cinque anni non rappresentino l'età della delusione, siamo perché l'istituto regionale possa rivitalizzarsi possa riprendere il cammino che ha percorso negli anni passati per diventare punto di riferimento preciso, costante ed autorevole per la comunità piemontese. La crisi di questi mesi e la soluzione che viene proposta si colloca nella linea di continuità lungo la strada che scegliemmo nel 1980.
Non è stata una strada sempre facile, né sempre l'abbiamo percorsa agevolmente, perché abbiamo trovato insidie esterne, trappole, peraltro anche attese, e qualche disimpegno interno inaspettato.
Però crediamo che questa sia la strada lungo la quale ancora bisogna muoversi per dare una risposta stabile ed autorevole ai problemi della Regione Piemonte.
Questi mesi hanno sottolineato una terza emergenza, quella della questione morale per la quale noi fin dai primi interventi dopo la crisi che si è aperta nel mese di marzo dicemmo che non bastavano soluzioni affrettate, ma occorrevano scelte meditate e ponderate, soprattutto scelte basate su un metodo di governo dai contenuti rinnovati. Dicemmo allora che non poteva più bastare il mero protagonismo individuale, che non era più sufficiente il pragmatismo operativo, che occorreva un Consiglio che discutesse meno e decidesse di più, che occorreva un ritorno ai valori, un radicamento alle idee, ai grandi ideali, alle tensioni; era cioè necessario che la gente trovasse dei punti e degli ancoraggi per i quali ritenesse che valesse la pena di continuare ad impegnarsi per combattere.
A noi pare che questi quattro punti siano ricompresi nel documento oggi sottoposto all'esame del Consiglio e che noi abbiamo sottoscritto.
Un'intesa, se si deve raggiungere, va raggiunta sui programmi e sui contenuti. Il Partito Socialdemocratico, fino a che non ha visto realizzate queste condizioni, non ha dato il suo consenso.
C'erano alcune strade da percorrere, che i colleghi hanno già ricordato: si poteva, in tutta fretta, ripercorrere la strada della Giunta di sinistra. Noi dicemmo no, perché ritenevamo opportuna una riflessione ed un dibattito al nostro interno ed all'interno della sinistra e di questo Consiglio sul perché eravamo precipitati, dove eravamo precipitati, sulle strade che dovevamo imboccare per dare di nuovo alla Regione l'autorevolezza che deve avere, se vuole essere una Regione che sa governare.
Si potevano cambiare le alleanze e noi abbiamo anche esplorato quella strada. Abbiamo tentato di valutare se vi erano le condizioni programmatiche, ancor prima che politiche, per realizzare delle diverse alleanze. Dobbiamo dire con tutta onestà che, dopo gli inizi interessanti abbiamo avuto, soprattutto da parte dei Gruppi laici, delle tiepide risposte alle nostre indicazioni; soprattutto da parte del Partito Socialista che ha sempre detto di non voler percorrere con noi questa strada.
E' poi venuta l'incertezza del risultato elettorale, al quale noi abbiamo fatto riferimento perché volevamo capire qual era l'indicazione che emergeva dall'elettorato rispetto alla situazione della Regione Piemonte.
Non siamo andati in campagna elettorale con la maschera degli anticomunisti, questo è un luogo comune che una volta per tutte va dimenticato, è un'arma che deve essere posta da parte perché non risponde alla verità.
Da molti anni il nostro partito, anche a livello nazionale, ha parlato chiaramente sugli storici steccati, sul loro superamento. Questa accusa non ci tocca. Perché abbiamo oggi ritenuto di percorrere questa strada, mentre alla fine di maggio votammo contro la proposta del Partito comunista, del Partito socialista e del Partito di unità proletaria? Intanto perché la proposta di oggi parte da un nucleo centrale propositivo dei partiti dell'area socialista democratica e riformista che hanno un rapporto paritario all'interno dell'esecutivo, non squilibrato a favore del Partito comunista, come qualcuno ha rilevato. Questa era per noi una condizione importante.
In secondo luogo perché nasce come proposta senza infingimenti né senza fregole o frette. L'accusa del collega Carazzoni è ingiusta ed ingiustificata. Dicemmo dopo una serena analisi del dato elettorale che vi erano indicazioni per ripercorrere questa strada; peraltro, in questi tre mesi abbiamo sempre ribadito che la strada che ci avviammo a percorrere nel 1980 poteva essere una strada ancora percorribile fino all'85 purché si verificassero alcune condizioni ed alcune modificazioni attorno ai contenuti ed attorno al modo di affrontare all'interno dell'esecutivo i problemi del Piemonte.
Di fronte alla ridistribuzione dei voti all'interno del blocco conservatore vi è la tenuta complessiva delle forze di sinistra ed in particolare del Partito comunista, con il quale andiamo verso un tipo di collaborazione che è anche confronto. Uno degli elementi unificanti delle forze socialiste, democratiche e progressiste è quello di cercare di rompere il bipolarismo per far crescere un terzo polo, autorevole ed in grado di sapersi contrapporre ai due partiti maggiori.
Di fronte all'impossibilità di percorrere altre strade per i rifiuti che abbiamo avuto in questi mesi, ci siamo assunti l'onere di dare un governo alla Regione. Vi è bisogno di un governo aperto al contributo ed al confronto di altri Gruppi. Ci pare che alcuni Gruppi abbiano dato sul piano del confronto programmatico indicazioni e segnali che noi accogliamo in modo molto positivo.
E' stato detto da parte del rappresentante del Partito di unità proletaria che vi è stata una pregiudiziale del Partito Socialdemocratico.
Abbiamo sempre detto che le alleanze si formano sui documenti e sui programmi. Le affermazioni del collega Montefalchesi su molti punti qualificanti del programma ci fanno dire che questa convergenza non è stata possibile. Mi riferisco ad una nuova politica per la casa, alla politica energetica. Quindi, non preclusioni aprioristiche, ma un confronto che nasce dal dibattito attorno ai programmi ed attorno ai contenuti da dare al governo della Regione Piemonte.
Effettivamente, il programma che viene sottoposto all'esame del Consiglio in parte ricalca le indicazioni contenute nel documento presentato nel mese di maggio. Allora dicemmo che alcune parti del programma erano condivisibili, in particolare quelle che attengono alle questioni istituzionali. Ma in questo documento programmatico vi sono anche degli elementi di novità che attengono alla politica industriale, al ruolo del pubblico nel governo dell'economia, alla politica della casa, alla partecipazione ed al tema delle consulenze e dei rapporti con l'apparato funzionariale della Regione Piemonte.
Sono elementi di novità che ci trovano del tutto consenzienti e per i quali vi è stato il nostro contributo decisivo.
Sono queste le ragioni che ci hanno indotto a riprendere la collaborazione che avevamo iniziato nel 1980. E' una collaborazione basata su una nuova tensione morale e civile, poiché questa dobbiamo ricreare all'interno dell'istituto regionale, senza distinzioni di ruoli, siano Gruppi di maggioranza o di opposizione. Dobbiamo dimostrare di essere una classe politica capace di rispondere ai problemi che la comunità ci sottopone. Dobbiamo sembrare una classe politica che, sia pure nei ruoli diversi, sia in grado di rappresentare un punto di riferimento certo autorevole, stabile per la comunità piemontese.
Con questa indicazione il nostro Gruppo ha sottoscritto il documento sottoposto all'esame dei colleghi Consiglieri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere



BRIZIO Gian Paolo

Dopo oltre quattro mesi finisce dunque formalmente, ma non sostanzialmente, a nostro avviso, la lunga crisi della Regione Piemonte.
Una crisi senza precedenti per la durata, per la sua profondità, per la gravità degli episodi che ne hanno caratterizzato la manifestazione esterna, per il suo identificarsi quasi con quella sottesa dell'istituto regionale che in Piemonte è andata emergendo in tutta la sua pesantezza con la terza legislatura. Quando ci si attendeva, dopo la fase statutaria e delle leggi di impianto, dopo la redazione di un primo quadro legislativo complessivo, la definitiva "messa a regime" dell'ente, la sua azione si è inceppata, si è fatta più inadeguata e stanca; si è vanificata la programmazione, è caduto il tono operativo, l'immagine si è rapidamente deteriorata. Sono venuti al pettine i nodi di un panregionalismo velleitario, di una Regione dispensatrice generosa e facile di risorse, di un trionfalismo imprevidente. Questi nodi sono le attese deluse, le risposte mancate e i condizionamenti gravi, che noi abbiamo ampiamente documentato con un'analisi sulla rigidità del bilancio e che pesano sulla disponibilità di risorse per oggi e per domani.
Mentre esplodeva una crisi economica e sociale senza precedenti con la violenza di una lunga bufera si manifestava una grave incapacità di governo nella nostra Regione, l'impossibilità di concretare una sintesi operativa efficace fra posizioni molto diverse e prendeva corpo con la tattica del rinvio ed il ricorso all'episodico, una cultura della crisi foriera di inerzia e di rassegnazione e di una vera e propria paralisi amministrativa.
In questo senso noi abbiamo sostenuto e sosteniamo ancora oggi che la crisi preesisteva agli episodi del marzo scorso, che l'inadeguatezza ed il logoramento della formula di governo non sono estranei, né ininfluenti, ma anzi sono fra gli elementi più gravi e quindi da rimuovere della crisi piemontese che infine l'omogeneità grigia di governo che ha caratterizzato il Piemonte negli ultimi anni lo ha soffocato e lo soffoca sul piano economico, politico e culturale, né è stata capace di evitare una grave caduta di carica e di tensione morale.
La nostra richiesta di una svolta nel governo regionale è coerentemente conseguente a queste valutazioni ed è stata la costante, il filo conduttore della nostra azione prima e nel corso della crisi. E' la nostra convinzione sulla necessità di una svolta di governo che ci fa dire oggi che la crisi si chiude sul piano formale, ma rimane nella sostanza, perché si procede ostinatamente su una via sbagliata che non ci porta fuori dalla grave situazione del Piemonte.
In posizione nettamente alternativa, anzi contrapposta alla nostra, il Partito Comunista ha operato con continuità e con determinazione per la riconferma della maggioranza di sinistra, ponendo ancora una volta sovra ogni altra aspirazione l'obiettivo di salvare la formula e con essa la sua partecipazione diretta al governo del Piemonte. E qui occorre ricordare che a metà della crisi è stata formulata una prima volta la proposta di un nuovo esecutivo di sinistra e che tale proposta è stata battuta in aula non avendo conseguito la maggioranza. Anche qui si tratta di un fatto nuovo nella storia della nostra Regione e di un episodio che non può essere facilmente accantonato, perché non è solo stato respinto un esecutivo a due: Partito comunista - Partito socialista, sbilanciato nettamente a favore dei comunisti per le note vicende e la conseguente indisponibilità oggettiva di molti socialisti, ma è stato bocciato un programma ad esso connesso presentato come prodotto di un lavoro a tre: Partito comunista Partito socialista - Partito Socialdemocratico, ma risultato nella sostanza in gran parte un documento interno del Partito Comunista frettolosamente ed acriticamente accolto dalle altre forze politiche.
Nel dibattito in aula solo la Democrazia Cristiana, a conferma della sua reale attenzione ai contenuti, ha dato un giudizio sintetico, ma allo stesso tempo approfondito sul programma, sottolineando da un lato l'inadeguatezza della proposta complessiva e dall'altro la sua scarsa credibilità per il recepimento di osservazioni e proposte spesso e ripetutamente formulate dall'opposizione democristiana alle quali non era stata prestata, a suo tempo, adeguata attenzione, quando non era stata data negativa risposta (emblematico è quanto avviene oggi: il Presidente Viglione è impegnato a togliere i radiotelefoni, ma quando la Democrazia Cristiana si opponeva a queste spese facili non vi erano state la dovuta sensibilità ed attenzione).
In quell'occasione il voto contrario dei socialdemocratici è stato determinante e si può ben dire, ancor più ora che abbiamo visto quale è stata la decisione finale dei socialdemocratici, che esso è stato motivato anche e soprattutto dalla presa di posizione netta della Democrazia Cristiana, del PLI e del PRI in merito all'interpretazione dell'art. 32 dello Statuto e dell'art. 69 del Regolamento.
Le forze di opposizione rifiutandosi fermamente di accettare precedenti singolari e di consentire, per la terza volta, la formazione di una maggioranza di sinistra sull'equivoco del trasformismo o dei cavilli hanno spinto il Partito Socialdemocratico ad uscire dall'ambigua astensione e lo hanno forzato ad una scelta netta che, pendente la campagna elettorale (lo sottolineo), è stata di ripulsa nei confronti della Giunta di sinistra.
Sappiamo ora con fondatezza, come avevano sostenuto i repubblicani in particolare e lo stesso Paganelli, parlando a nome del nostro Gruppo, che non c'è mai stata una vera disponibilità al cambio di maggioranza da parte del Partito Socialdemocratico, al quale per la verità io avevo dato ben altro credito, ed è allora prevalsa nel Partito Socialdemocratico e ne ha orientato la decisione una posizione pre-elettorale di comodo, tattica e strumentale, un atteggiamento spregiudicato che merita un giudizio severo anche sotto il profilo della moralità politica.
Resta comunque il fatto che se oggi si ricompone la Giunta di sinistra essa nasce con paternità precisa e responsabilità che non potranno essere negate o respinte, resta il fatto che la sconfitta in aula allora della Giunta di sinistra ha aperto una fase nuova della crisi nella quale peraltro solo la Democrazia Cristiana - che non è una zattera che si muove al vento, Carazzoni - ha cercato di inserirsi con una precisa e chiara iniziativa, mentre ha invece trovato spazio fra tutte le altre forze politiche un generale attendismo nei confronti dei risultati delle elezioni politiche nazionali.
Nella prima fase della crisi il nostro Gruppo pur evidenziando con forza la necessità di una nuova alleanza fra socialisti, laici e democristiani e rivendicando ruolo e spazio al nostro partito, consapevole del peso crescente delle forze laiche e socialiste, ha cercato di stimolarne l'iniziativa mostrando particolare apprezzamento verso l'ipotesi di una Giunta terzaforzista, anche di transizione ed assicurandole comunque il necessario sostegno: è stata una posizione politica ragionevole che ha saputo cogliere i limiti di quella che era la situazione.
Bocciata la prima riproposizione della Giunta di sinistra abbiamo assunto l'iniziativa di predisporre e presentare un nostro documento programmatico aperto, accettando così la sfida del Partito Comunista Italiano (non rimasta senza eco in altre forze politiche) che ci rimproverava di presentarci come forza alternativa alla Giunta di sinistra solo sul terreno degli schieramenti e non su quello dei contenuti. Il nostro documento era ed è soprattutto indirizzato a quelle forze politiche che non ci sono naturalmente alternative per offrire un contributo all'analisi della profonda crisi piemontese ed una conseguente proposta di governo comune adeguato alle esigenze del momento. Una proposta aperta puntata, come abbiamo già detto, soprattutto su due obiettivi. Da un lato battere la cultura della crisi che sembra dominare il Piemonte anche a livello istituzionale e che sta permeando la società stessa con il germe della rassegnazione e della rinuncia attraverso la proposta di un governo dello sviluppo che ha sicuramente le sue condizioni pesanti nel rigore e nei tagli, ma in certa misura inevitabili.
In secondo luogo, riproporre il caso Piemonte, che esiste, in termini radicalmente diversi, senza pietismo e rivendicazionismi vuoti, ma con uno sforzo teso a recuperare le risorse e le capacità di iniziative proprie del Piemonte, delle sue forze economiche e sociali intorno ad un obiettivo, ad un progetto di ripresa e di sviluppo capace di suscitare, di liberare e non di ingabbiare le energie e gli entusiasmi.
Nel presentare il nostro documento non siamo caduti nella trappola di legarlo al dato elettorale, di farne momento, anche strumentale, di confronto della consultazione in corso ed abbiamo evidenziato esplicitamente il suo valore nel contesto della legislazione regionale nata nel 1980 con determinati rapporti di forza, con precise indicazioni di fondo tuttora ben valide; una legislatura da salvare con proposte legislative concrete dopo il fallimento di una gestione velleitaria e povera, demagogica ed inconsistente. La nostra proposta ha così avuto almeno il merito di fungere da cartina di tornasole rispetto alla vantata quanto inesistente sensibilità ai contenuti. I comunisti che avevano tentato di "porre in mora" la Democrazia Cristiana sul terreno dei contenuti non hanno prestato, come d'altra parte i socialisti, alcuna attenzione al documento e dagli altri partiti alcuna dei quali pure (come i socialdemocratici con l'Assessore Cerutti) avevano affermato perentoriamente: "prima i programmi e poi le formule", l'approfondimento è mancato e sono giunti, se si escludono i liberali, solo apprezzamenti formali nel Consiglio scorso.
Al di là delle affermazioni verbali, dunque, non sono i programmi, il confronto, le convergenze o le divaricazioni sui contenuti che contano e fanno da supporto alle decisioni politiche ed alle formule, ma queste ultime che fan premio per quello che significano sul piano del potere, per quello che contengono sul terreno della gestione. Ed allora si cercano interpretazioni di comodo del risultato elettorali, tali da costituire supporto, sostegno, giustificazione di scelte già fatte e tatticamente rinviate.
Non è la nostra lettura dei risultati disinvolta, come scrive senza motivazione l'"Unità", al contrario, considerare come dato fondamentale la caduta della Democrazia Cristiana in Piemonte e commisurandola alla perdita inferiore del Partito comunista che sorpassa in voti la Democrazia Cristiana, trarre la conclusione affrettata di una riconferma da parte degli elettori dell'esperienza di sinistra significa dare una lettura parziale ed un'interpretazione errata alle indicazioni elettorali. Ed è singolare che proprio i partiti dell'area socialista sostengano una tesi siffatta che fa dipendere dai movimenti dei grandi partiti i loro atteggiamenti e che è poi in sostanza la tesi del bipolarismo attribuita alla Democrazia Cristiana per contrastarla con ogni energia. Se si guarda invece alle grandi coalizioni possibili necessarie per governare in un sistema proporzionale con un ampio arco di partiti come il nostro, occorre invece osservare, come abbiamo già avuto occasione di sottolineare, che la consultazione del 1980 aveva attribuito alle forze di governo in Piemonte (Partito comunista, Partito socialista, Partito Socialdemocratico, Partito di unità proletaria) il 52,9% dei voti e 33 seggi; ora queste forze raggiungono nel 1983 alle politiche solo il 45,7% con una caduta del 7,2%.
Anche se si aggiunge l'1,8% conseguito da Democrazia Proletaria, come nuova forza di estrema sinistra, si tocca appena il 47,5% corrispondente a 29 seggi. Esce dunque non confermata, ma sconfitta la maggioranza di sinistra alla quale manca il riferimento del consenso popolare. Quella che si propone oggi alla guida della Regione è, sulla base dei risultati delle politiche, una coalizione minoritaria.
Al contrario è il pentapartito l'unica maggioranza che emerge come possibile secondo le indicazioni elettorali con un complesso del 57,5 inferiore solo del 4,3% al 61,8% del 1980 dovuto alla caduta delle forze dell'area socialista, perché alla caduta Democrazia Cristiana corrispondono aumenti di liberali e repubblicani, significativi talché le tre forze di opposizione democratica (DC, PLI, PRI) considerate nel loro complesso passano dal 41,6% al 41,9% e sono in lieve crescita.
I dati dunque penalizzano la Democrazia Cristiana, non la proposta complessiva di governo e le forze laiche e socialiste perdono una grande occasione per porsi come polo centrale e nuovo, come terza forza significativa cogliendo la proposta che abbiamo formulato, non per interesse di partito, ma nella convinzione che avrebbe potuto concretare la svolta necessaria nel governo del Piemonte. Ma le forze laiche e socialiste sono apparse divise da strategie diverse ed anche da piccoli giochi tattici.
In realtà, socialisti e socialdemocratici hanno da un lato sopravvalutato i rischi di scioglimento del Consiglio con conseguente consultazione elettorale in un momento non favorevole, ma soprattutto dall'altro mostrato il timore di rafforzare ulteriormente con un ruolo di governo repubblicani e liberali mostratisi pericolosi concorrenti nell'ambito dell'area terzaforzista ed hanno quindi trovato comoda la copertura comunista nel pieno di una crisi economica che continua con un'asprezza senza precedenti.
Così facendo in definitiva penalizzano la Democrazia Cristiana con un gioco piccolo e di limitate prospettive. Sembrano non rendersi conto che il Partito Comunista tiene nelle grandi città e nelle regioni industriali soprattutto per il ruolo di governo che gli è attribuito e che utilizza consapevolmente ed in chiave conflittuale con il Governo nazionale e quindi contro gli stessi alleati da un lato ed in termini organizzativi e di gestione del consenso dall'altro. In verità ci stupisce questo appiattimento sui comunisti, i socialdemocratici lo compensano con un pieno di incarichi fisicamente non superabile, ma non così il Partito socialista che sembra veramente nell'angolo. Ai socialisti avevamo chiesto, in un momento di grave difficoltà, un gesto di autonomia nei confronti dei comunisti, un'iniziativa sul terreno propositivo disposti a valutarla e ad appoggiarla concretamente. Era parso per un momento che ci fosse la volontà di reagire ricercando nuove vie, una flessibilità diversa con la determinazione di individuare le responsabilità politiche, senza eccezioni.
Con il passare dei giorni, invece, si è realizzato un lento ripiegamento che anche al Comune di Torino sembra concludersi sulla questione Novelli con una resa senza condizioni.
In questo quadro la formazione di una nuova Giunta di sinistra per chiudere la legislatura è soprattutto un grave errore politico in termini operativi, sul terreno dei contenuti e della gestione.
Intanto l'esecutivo è sbilanciato come non mai a vantaggio del Partito comunista che ottiene la metà dei componenti la Giunta con una rappresentanza proporzionale assai superiore a quella della Giunta del 1980. La riduzione dei componenti la Giunta è dovuta ovviamente non alla volontà di risparmiare i compensi, come ironicamente è stato sottolineato da qualche organo di stampa, ma per non aggravare ulteriormente il peso dei comunisti nell'esecutivo. C'è la Presidenza Viglione che con il suo prestigio rafforza la delegazione del Partito socialista nel governo regionale. Certamente i comunisti accoglieranno con particolare soddisfazione il passaggio del nostro "Avvocato" dai banchi del Consiglio alla Presidenza della Giunta. Viglione è stato in questi anni una "spina nel fianco" per la Giunta e la maggioranza con una serie di interventi di critica pungente e puntuale assai più vicini alla posizione dell'opposizione che non a quella del governo.
Finisce così da un lato l'illusione che fosse prevalente nel comportamento del Capogruppo socialista, il disegno politico, la strategia e non invece il desiderio tattico di una personale umana rivincita dall'altro il grande equivoco che attraverso la conclamata autonomia dei Gruppi si trasformava in una confusione di atteggiamenti, se non di ruoli fra maggioranza ed opposizione. Non ci dispiace che questo equivoco sia finito. Abbiamo grande considerazione delle capacità del Presidente Viglione e siamo convinti che si impegnerà a fondo per imprimere un ritmo nuovo al lavoro dell'esecutivo e per tentare di ricostruire un'immagine regionale quanto meno dignitosa, ma dubitiamo che egli possa, con questa maggioranza logorata e stanca, raggiungere i risultati che sarebbero necessari.
Egli è stato il Presidente della Regione grande dispensatrice dell'effimero trionfalismo regionale, della spesa facile ed in certa misura credibile, il Presidente del rigore, del controllo, dei tagli di spesa, del rilancio basato sulla severità di un'indispensabile ristrutturazione? Noi non crediamo. Anche perché la maggioranza è la stessa, con forze politiche non omogenee che hanno di fronte alla crisi della società industriale visioni ed approcci culturali marcatamente differenziati perché il programma appare ripetitivo e grigio, da un lato figlio delle ripetute ed improduttive verifiche, dall'altro copia appena riveduta e corretta (per la parte della legge urbanistica e dell'artigianato) di quello respinto nel maggio scorso.
La crisi economica della nostra Regione continua e sembra farsi ogni giorno, se possibile, più grave. "In Piemonte è già finita la speranza della ripresa" titola "24 Ore" di ieri il pezzo dedicato alle previsioni degli industriali piemontesi per il terzo trimestre 1983. Come per il passato al di là delle affermazioni verbali ed al di là delle diverse dichiarate intenzioni socialiste e socialdemocratiche continuerà a prevalere in Piemonte il grigio collettivismo burocratico congeniale ad un certo ruolo del Partito Comunista Italiano.
Grave è la responsabilità dei socialisti e dei socialdemocratici perch il Piemonte ha bisogno di tutt'altro, di un governo tra forze omogenee che creda nello sviluppo e lo persegua, che ne ricerchi le condizioni, che sappia esprimere spinta ideale e grandi obiettivi. E il Piemonte non pu attendere. Il 1985 è ancora lontano, non è dietro l'angolo e i 500 giorni che ci separano dalla fine della legislatura potrebbero essere decisivi.
Per quel che ci riguarda, ci collochiamo dunque all'opposizione con tutta serenità, ma anche con precisa convinzione e con la determinazione che ci deriva dalla consapevolezza di assolvere un ruolo fondamentale sempre, ma ancor più necessario di fronte a questo tipo di maggioranza.
Veniamo da una giornata elettorale negativa che ci ha penalizzato con una consistente flessione, che non ci lascia certo indifferenti e ci spinge ad approfondite riflessioni.
Ma nessuno pensi o si illuda che ciò ci possa rendere più stanchi disattenti o rinunciatari. Al contrario, quanto avvenuto ci stimola all'impegno, a rappresentare con coerenza l'elettorato che nel 1980 ci ha dato il mandato che oggi esplichiamo.
Sentiamo tutto il peso del compito che ci attende, ma anche l'orgoglio di rappresentare una funzione insostituibile ed una forza alternativa al governo delle sinistre.
Poiché giudichiamo il governo che oggi si forma inadeguato, una risposta sbagliata alle esigenze della Regione, sentiamo il dovere di reagire con energia e ci sentiamo legittimati a condurre un'opposizione istituzionalmente corretta, com'è nelle tradizioni del nostro partito, ma di tono diverso rispetto al passato: in Consiglio, nelle Commissioni, sul territorio, fra la gente.
Non rinneghiamo certo l'azione di questi anni costruttiva e puntuale ma tendiamo ad approfondirla perché non vogliamo fare sconti ad una maggioranza che si ripresenta immutata e quasi come se nulla fosse successo dopo le sue idi di marzo.
Non accetteremo che si stendano veli più o meno pietosi sul passato, ma lavoreremo per sollevarli, per guardare fino in fondo, perché il rigore morale non è questione di una stagione, ma è problema e dev'essere costume di ogni ora, di tutti i giorni.
Lavoreremo per far emergere le contraddizioni di questa maggioranza per creare nel tempo le condizioni di un governo diverso, più utile per il Piemonte, migliore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Turbiglio.



TURBIGLIO Antonio

Signor Presidente, signori Consiglieri, ho letto con molta attenzione il documento contenente le linee politiche, le linee amministrative e le proposte della nuova Giunta. Ho fatto poi una rilettura, d'altra parte obbligatoria per lo spessore del documento. Mi sono però fermato alla fine della premessa, trovando nelle prime quattro pagine validi argomenti per una discussione generale e per un intervento di analisi critica alla soluzione della crisi che nella premessa pone le giustificazioni. Sulle altre 54 pagine non mi pare sia il caso di intervenire oggi e, se saranno ispiratrici del preciso programma di interventi operativi che la Giunta presenterà entro 60 giorni, di questi interventi parleremo allora. Oggi vorrei analizzare le affermazioni, poste a base e a giustificazione della nascita di una maggioranza che vuole collocarsi in un rapporto di continuità con quella che ha governato il Piemonte dal 1980. Questa maggioranza ha innanzitutto coniato una parola nuova (probabilmente ama i neologismi): continuismo (non sarà una continuità ma un continuismo). Ho l'impressione che i giochi siano già iniziati. Il vocabolario non contiene questa parola e questa maggioranza è solita coniare parole nuove.
Ci si batte il petto, si recita il "mea culpa" per errori commessi che si dice - non saranno ripetuti. Da domani si vivrà una nuova vita. Si dichiara senza esitazione che l'intesa politico-programmatica ha l'esplicita ambizione di garantire un governo stabile al Piemonte fino alla scadenza elettorale del 1985 e poi si continua con la dichiarazione di apertura alle altre forze politiche (in verità in questi giorni assolutamente ignorate) per un confronto con la sinistra sui problemi del governo piemontese. Ai partiti di democrazia laica, che il voto del 26 giugno ha particolarmente valorizzato, si chiedono scelte chiare nell'ottica sottolineata e dovrà essere primario il riconoscimento delle capacità della sinistra nel governare e l'ineluttabilità del punto di riferimento essenziale che loro spetta. A nostro avviso, è opportuna più cautela e più modestia. Ci si riferisce poi al voto del 26 giugno; non far un'analisi di ingegneria politica sui numeri e sui voti del 26 giugno.
Altri, prima di me, l'hanno fatto immediatamente, forse perché sono molto più illuminati.
Mi riferisco al Partito Socialdemocratico il quale non ha avuto alcun dubbio: tre giorni dopo le elezioni, a numeri ancora caldi, in Consiglio il Capogruppo Mignone affermava che le elezioni avevano indicato un proseguimento della. Giunta di sinistra. Nella premessa si fa riferimento costante alla verifica di metà legislatura tra Partito comunista, Partito socialista e Partito Socialdemocratico dimenticando - e non si capisce perché - che in quella maggioranza c'era anche il Partito di unità proletaria. Si dimentica poi completamente il distinguo del Partito Socialdemocratico che si è astenuto sul voto della Giunta prima delle elezioni. Si dimentica che la legittimazione affermata da questa maggioranza con riferimento alla verifica del mese di giugno 1982 è tutt'altro che una legittimazione, ma è la riconferma della cosiddetta centralità del Consiglio, che in seno all'Ufficio di Presidenza vede attualmente un Presidente di maggioranza, un Vicepresidente di maggioranza e due su quattro Consiglieri Segretari sempre di maggioranza: qui c'è la centralità del Consiglio, ma i numeri sono diversi. La dialettica tra maggioranza e minoranza, definita principio vivificatore della democrazia dentro ogni istituzione, non nasce anche nelle persone rappresentative delle istituzioni e garanti della correttezza di un dialogo? Le cariche istituzionali sono garanzia super-partes che, con l'investitura, danno alle persone assoluta autonomia rispetto al Gruppo di appartenenza o di collocazione in maggioranza o in minoranza.
Questa posizione istituzionale di indipendenza, ora più che mai, la chiediamo e la chiederemo in questo Consiglio, non certo per colpire o indicare persone o personaggi attualmente investiti da inchieste, ma nell'ottica di vedere a capo delle istituzioni uno stimolo il più possibile incentivato, per attuare le riforme, per imporre e far rispettare procedure e regole di Statuto, per instaurare una nuova cultura che non può essere di compromessi e di convenienze per questa o per quella maggioranza o per maggioranze più dilatate, ma solo territorio di lavoro e di realizzazione dell'istituto regionale. Il Presidente e la Presidenza devono essere lo specchio di tutti i cittadini che vogliono riconoscersi nelle istituzioni devono essere lo specchio di tutti i piemontesi (in verità, in essi non si sono riconosciuti, e ce l'hanno detto le ultime votazioni). Dal Consiglio dovranno arrivare gli stimoli diretti alla Giunta perché governi rispettando impegni e tempi, dal Consiglio dovranno arrivare gli stimoli per i lavori delle Commissioni, dal Consiglio dovrà venire il richiamo al rispetto delle attuazioni di programmi senza remore, senza ritardi, senza favoritismi. Mi sono chiesto se sono diversi i comunisti in Piemonte da quelli che ci sono in Parlamento dove hanno chiesto, preteso ed ottenuto il posto di Presidente alla Camera e chiedono, pretendono ed otterranno posti di Presidente di Commissione. Che cos'è la centralità per un partito che ha tre rappresentanti in Consiglio regionale e ne colloca, senza confrontarsi con le opposizioni, uno alla Presidenza e due in Giunta come Assessori. La dialettica con i Gruppi consiliari dovrà verificarsi nella definizione minuziosa degli impegni operativi prevista entro 60 giorni. In premessa si chiede la collaborazione di tutte le parti politiche presenti in Consiglio.
Come potete avere la pretesa che Gruppi consiliari come quello repubblicano e quello liberale, che sono stati premiati in queste ultime votazioni, si possano prestare come portatori di zaini o come fornai per estrarre gli oggetti più infuocati ancora presenti nel governo piemontese? La priorità che avete posto di "difesa e di sviluppo dell'occupazione che ispira tutte le proposte settoriali" sottolineandola come "discriminazione tra progresso e conservazione" che cosa vuol dire? Progressisti sono coloro che vogliono difendere i posti di lavoro, anche quelli improduttivi degli enti inutili e conservatori sono coloro che, analizzando le situazioni, indicano strade di riflessione e di pausa, purtroppo dolorose, ma obbligate per ristrutturare i cambiamenti che la dinamica economica ed industriale richiede in una rivoluzione continua e che la difesa del mercato e dell'efficienza tiene primariamente in atto. Si chiede di difendere il posto di lavoro di chi ce l'ha, ma a quelli che non ce l'hanno chi glielo difende e chi glielo darà? Non basta parlare di sviluppo e di conservazione di posti di lavoro: bisogna fare enunciazioni che non siano vaniloquio, bisogna dire che in Italia ed in Piemonte non si può ulteriormente invocare moralità e rigore e non seguire strade severe e dolorose, ma obbligate, che richiedono prima di tutto sacrifici, coraggio, ripensamenti, soprattutto molta serietà e non demagogia.
La Democrazia Cristiana è stata severamente punita in queste ultime votazioni: analizzando questo voto non nel senso numerico, ma nel senso del significato politico, credo che la Democrazia Cristiana abbia perso i consensi non come partito, in quanto in Italia è riconosciuto che dal dopoguerra ad oggi è riuscita a conservare la libertà per tutti, è riuscita a portare avanti certi discorsi. Ha peccato soprattutto nella pratica e nell'attuazione della sua forza di governo, della sua forza di maggioranza.
La Democrazia Cristiana è riuscita ad occupare posti che non le spettavano è riuscita a richiamare su di sé la volontà di potere e di governo anche quando questi non erano di suo diritto. In provincia di Cuneo il 95-96% dei Sindaci sono democristiani. Tutti i Presidenti delle banche e quasi tutti i Presidenti delle USL sono democristiani. La Democrazia Cristiana ha giocato in questo ruolo, una volta collegandosi con il Partito Socialdemocratico una volta con il Partito socialista, una volta con il PRI, qualche volta anche con il nostro partito. Questo metodo ha indotto gli elettori a rifiutare i voti alla Democrazia Cristiana, ma non è stato condannato il partito, bensì il metodo. A me pare che questo metodo ora si ripeta e vanga portato avanti dalle forze di sinistra che, in questa occasione, non sono disposte a nessun colloquio, a nessuna critica, sono soltanto tese a portare avanti i posti di potere collegandosi nuovamente con il partito che aveva dimostrato incertezze, con il Partito socialista; che aveva sospeso ogni decisione in attesa di chissà quale messianica indicazione che doveva derivare dai risultati elettorali. Delle proposte di Giunta parleremo al momento opportuno. Personalmente non ho molta fiducia che il programma vada avanti, comunque me lo auguro: siamo qui per dare un contributo, per lavorare affinché i punti qualificanti del documento siano effettivamente realizzati. Farò solo alcuni brevi richiami. Sulla modifica della legge n.
56, per la quale noi ci siamo particolarmente battuti in Commissione vorrei chiedere, dato che il documento non ne porta la firma, se è d'accordo il "padre" dell'urbanistica piemontese, il Consigliere Astengo.
Inoltre, mi chiedo se le firme mancanti nel documento hanno un carattere ignoto a noi non espresso o se sono mancanti per dissociazione dal documento.
La questione morale era stata portata in discussione già nel 1980.
Siamo nel 1983 e continuiamo a parlarne. La questione morale mi fa venire in mente un grave incidente della Giunta di questi ultimi tempi. Mi riferisco all'ultimo concorso per posti di VIII livello, bocciato dal TAR.
La questione morale riguarda anche questi argomenti e vorrei che la Giunta desse al Consiglio regionale le delucidazioni necessarie. I liberali, dal mese di giugno 1982, per i motivi espressi e sottolineati, non partecipano più ai concorsi indetti dalla Giunta regionale. Anche sotto questo aspetto avevano valutato la situazione, quindi un certo riconoscimento ed un plauso dovrebbe arrivare.
Il Consigliere Brizio ha parlato dei radiotelefoni. Chiedo al Presidente Viglione se questa è la bandiera del rigore o se non è piuttosto un'indicazione di spesa facile e di mani bucate nella gestione della Regione Piemonte dal 1975 in poi.
Abbiamo assistito da parte di molti all'entusiastica riabilitazione del Presidente Viglione per il suo carisma, per la sua volontà, per il suo dinamismo. Vorrei però ricordare a lui che sono note le sue mani bucate, il suo modo di dilatare la spesa senza cognizione, senza reali e giustificati motivi. Noi continuiamo ad essere incredibili sulle novità, sui cambiamenti, sulle volontà di seguire nuove strade, meno demagogiche e più coraggiose, le uniche per le quali noi intendiamo qui restare per lavorare ed impegnarci. Napoleone è tornato sulla poltrona e vi rimase solo cento giorni. Noi ne abbiamo ancora 500 davanti e speriamo che gli altri 400 siano di buon augurio per la nostra istituzione.
Al collega Marchini lascio esprimere la valutazione politica del nostro partito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Anch'io vorrei portare la mia opinione su questo dibattito e, se mi permettete, partirò più da lontano. Prima di entrare nel merito delle proposte contenute nel documento programmatico presentato dal Partito comunista, Partito socialista e Partito Socialdemocratico, farò alcune riflessioni non indifferenti rispetto al contenuto del documento programmatico ed alla posizione che personalmente assumerò in Consiglio regionale.
La prima considerazione è che indubbiamente sul voto del 26 e 27 giugno bisogna riflettere di più. E' un voto che se da una parte ha portato alcuni elementi di chiarezza ha aperto dall'altra una fase politica incerta difficile e complessa, come giustamente sottolineava un titolo azzeccato del "Manifesto": "Non moriremo democristiani se..."; questo "se" è molto importante anche se la sua importanza non pare sia stata colta dalle forze politiche di sinistra e soprattutto dal Partito comunista che ha riproposto la politica di alternativa nel nostro Paese. Le elezioni hanno dimostrato che le condizioni per un'alternativa esistono, però l'alternativa va costruita attraverso un processo molto complesso che non ha primogeniture.
E' necessario costruire l'alternativa sulla base degli apporti, delle esperienze delle forze culturali e sociali che intendono dare un contributo effettivo a questa alternativa non di potere ma di programma, di cultura di valori in questa società, che per tanti aspetti si trova a livelli di degrado preoccupanti.
Il risultato elettorale ha detto con chiarezza che il popolo italiano vuole pulizia, buon governo, giustizia sociale, vuole un governo che sappia affrontare problemi dei più deboli e degli emarginati della società. Questo dovrebbe chiamare in particolare le forze di sinistra ad una valorizzazione attenta delle prospettive che si aprono. Nella costruzione dell'alternativa vanno definiti alcuni elementi fondamentali, come in politica internazionale, il tema della pace e dei nuovi rapporti. La lettera dei Vescovi americani ci dice quali valori sono in gioco, quale drammatica situazione esista e come sia folle, inaccettabile e pazzesco pensare di avviare nuove politiche di riarmo. Una vera pace è costruita sulla liberazione dal bisogno e dalla fame dei popoli, ma anche sulla garanzia della libertà e dell'autodeterminazione dei popoli che non può che passare attraverso il superamento dell'egemonia dei blocchi militari. C'è l'esigenza di una nuova organizzazione internazionale che dia ai popoli del Terzo e Quarto Mondo la possibilità di uscire dalla condizione di sfruttamento, di condizionamento in cui li tengono le politiche economiche militari, sociali e culturali delle grandi nazioni, in particolare degli Stati Uniti d'America.
Ci sono poi aspetti interni al nostro Paese che riguardano le scelte sul terreno sociale ed economico e sul terreno della garanzia delle libertà e dei diritti dei cittadini che vivono momenti di preoccupazione.
Sul processo NOCS che si sta celebrando nel Veneto ha dato una parola chiarificatrice il Presidente della Repubblica di fronte alle strumentalizzazioni ed agli attacchi alla libertà da parte della Magistratura, attacchi preoccupanti perché provengono da forze politiche che dovrebbero avere maggiore attenzione a questi problemi. Pertini ha detto: "Si ha la più alta espressione di democrazia quando in un Paese si riescono a fare processi come questi".
Ma su un altro fatto voglio soffermarmi perché sfugge all'attenzione nostra e dei mezzi di informazione. In Italia stanno succedendo fatti molto preoccupanti per quanto riguarda la limitazione della partecipazione popolare all'interno del movimento pacifista nazionale ed internazionale.
Il 26 giugno a Saluzzo durante uno sciopero della fame, manifestazione regolarmente autorizzata dal Sindaco ed appoggiata dal Vescovo, sono intervenuti i Carabinieri che hanno sequestrato i pannelli collocati da quattro giorni sul sacrato del Duomo, sono state arrestate e condotte in carcere due persone e ivi trattenute per tre giorni per resistenza a pubblico ufficiale. E' questa la strada più opportuna? Ricordo altri due episodi: quello che è avvenuto a Comiso per il mancato rinnovo dei permessi di soggiorno a due pacifisti tedeschi, uno dei quali era là per conto delle Chiese evangeliche tedesche da alcuni mesi, e quello è avvenuto a Roma dove militanti del movimento pacifista che distribuivano volantini sono stati arrestati e trattenuti per diverse ore in Questura.
C'è poi una questione sulla quale è aperta anche la discussione tra le forze politiche che hanno sostenuto questa Giunta: la decisione della Confindustria di respingere la proposta relativa al contratto dei metalmeccanici e la debolezza del governo e l'inconsistenza del Governo centrale, la sua non sufficiente volontà di imporre una soluzione ad un problema così grave e così drammatico. Per la prima volta il sindacato ha posto la questione della riduzione dell'orario di lavoro ai fini di una maggiore occupazione e per dare ai disoccupati, ai cassaintegrati ed ai giovani uno spiraglio di prospettive per il domani. Su questo fatto grave dovremmo misurarci in questo dibattito.
Molto rapidamente scenderò nel merito del programma.
Prima di tutto si può discutere sul metodo usato. Dopo il cosiddetto "scandalo delle tangenti" alcune organizzazioni di base come le ACLI ed altre, hanno riflettuto su quei fatti chiedendosi perché siano successi nonostante la gestione delle sinistra nei maggiori Enti locali del Piemonte che avrebbe dovuto essere più garante rispetto ad altre maggioranze, più trasparente e più cristallina. Ed è giusto che queste forse si rivolgano alle forze di sinistra ponendo i loro problemi e presentando, per la prima volta nella storia della Regione, loro proposte programmatiche. E' stato uno sforzo non indifferente che dovrebbe essere colto per il suo significato politico, ma questo non è stato tenuto nella dovuta considerazione. Per dare un segnale di cambiamento nella fase delle trattative avevamo chiesto che la composizione delle delegazioni avesse delle presenze più articolate rispetto al passato. Qualche timido tentativo è stato fatto, ma la lettura che viene data nella società in genere è che ancora una volta è prevalso nelle forze politiche l'interesse stretto di partito più che quello di aprire una discussione più complessa e più contraddittoria, ma forse più produttiva con chi nella società si rende disponibile in modo costruttivo. Anche questo è un elemento di perplessità difficile da superare. Entrando nel merito del documento e delle proposte di carattere programmatico, debbo dire che c'è uno sforzo di innovazione ma è uno sforzo di innovazione che lascia ancora un margine di grande incertezza e di grave preoccupazione. Politica industriale. Non emerge con chiarezza il punto che dovrebbe essere indiscutibile per una maggioranza di sinistra: alla politica della Fiat che sfrutta al massimo il finanziamento pubblico non è opposta un'azione ferma per quanto riguarda il mantenimento degli accordi a suo tempo sottoscritti per quanto riguarda il rientro dei cassaintegrati. Questa maggioranza ha una politica di rinnovamento o soltanto dei brevi accenni di cambiamento? Esiste una proposta della passata maggioranza di saldare l'integrazione tra sanità, assistenza, consigli di circoscrizione.
Politica del territorio e dell'ambiente. Il disinquinamento, un corretto rapporto tra città e campagna, tra industria ed agricoltura, un organico e programmato sviluppo delle aree rurali ai margini delle aree metropolitane sono dati importanti, ma è anche importante che questa politica si misuri anche con la realtà dei parchi. Come è pensabile fare una politica di difesa del territorio ipotizzando per il Parco della Mandria due livelli di compromissione, uno relativo al raddoppio della pista Fiat, l'altro relativo agli insediamenti nel parco e nel pre-parco? Se la decisione attorno a questo problema dovesse avvenire sulla base della proposta presentata in Commissione, vi saranno divisioni e difficoltà ad accettare un'impostazione di questo tipo. Formazione professionale.
Forse è opportuno riprendere la discussione su come debba essere interpretato il ruolo della formazione professionale nell'ambito della politica programmatoria della Regione. Potrei citare altri esempi, potrei parlare di quello che sta succedendo nella zona ovest di Torino. Non mi pare che queste siano strada da sviluppare e da portare avanti fino in fondo, mi sembra necessario rivedere...



BRIZIO Gian Paolo

Fai delle denunce?



REBURDO Giuseppe

Non faccio denunce, ma rilevo dei fatti. Per la prima volta i Comuni si sono organizzati per affrontare il tema della formazione professionale. E' un fatto di grande rilievo sollecitato da anni, gli amministratori di zona hanno sviluppato delle proposte, hanno aperto dei problemi con alcuni enti privati che operano nella zona. E' un terreno attorno al quale forse è necessario aprire una discussione ed una verifica.
Concludo con una breve osservazione. Non è possibile dare delle deleghe o pensare di scrivere i programmi e non avere la volontà di attuarli.
Questo programma innovativo e positivo lascia aperte delle questioni che dovranno di volta in volta essere giudicate e valutate.
Il mio orientamento su questa proposta lo esprimerò al termine del dibattito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prima di entrare nel merito del documento sostenuto anche dal mio partito, vorrei ricordare che il Gruppo socialista ha tenuto la linea della continuità: uso questo termine che è pratico ed accessibile. La continuità non è un'invenzione, ma ha una sua ragione. Già nel 1980 il Partito Socialista, d'intesa con i Partiti Comunista e Socialdemocratico e con l'apporto critico del Partito di unità proletaria, aveva impostato una politica di indirizzo. Abbiamo fatto un'analisi sulla situazione socio-economica della Regione la quale, cari colleghi, ci convince che la nostra non è pura arroganza politica, ma è una scelta significativa per la soluzione dei problemi, così come risulta da studi fatti dal Partito Socialista e dagli altri partiti che hanno predisposto il piano programmatico e che sostengono la politica della continuità. Però dobbiamo fare anche un'analisi di natura elettorale: non credo che si debbano fare solo delle battute dicendo che la sinistra in Piemonte ha raggiunto il 47 % dei consensi. Nel complesso la sinistra ha superato il 47 % perché in alcuni Comuni il dato politico amministrativo è in aumento e dobbiamo tenere conto anche dei riferimenti quando si eleggono i Consigli regionali, comunali e provinciali. Oggi esiste la condizione in Consiglio regionale per continuare la politica impostata nel 1980 con l'apporto dei partiti che già allora facevano parte della maggioranza.
Vorrei anche rivolgermi al Partito di unità proletaria che continua a dare il suo sostegno critico a questa Giunta. Il Partito di unità proletaria ha avuto responsabilità in sede di Commissione consiliare, è stato sempre presente su tutti i problemi, ha collaborato con la Giunta con proposte per la soluzione dei problemi.
Occorre fare una riflessione sulle responsabilità della Giunta regionale. Il Gruppo socialista è del parere che non si devono scaricare, a livello centrale, i problemi economici e industriali. Quante volte è stata consultata la Giunta in merito a problemi industriali? Che io ricordi in quest'aula le decisioni relative al piano elettronico le ha decise il Ministro Pandolfi, senza consultare la Giunta regionale, nonostante il Consiglio regionale avesse approvato all'unanimità un ordine del giorno in merito. Quindi la responsabilità della crisi occupazionale non ricade sulla Giunta regionale.
Il documento affronta poi la riforma istituzionale, il tema della partecipazione e quello della situazione economica attraverso il piano di sviluppo. In quest'aula più volte è stato affrontato il tema della riforma istituzionale, ma il Consiglio regionale deve agire anche nei confronti del futuro governo perché vengano definiti i compiti regionali: la Regione non deve essere consultata, ma deve partecipare alla formazione del piano e questo naturalmente implica la partecipazione dei livelli periferici. Si pone il problema della partecipazione degli enti istituzionali, ma anche di tutta la comunità piemontese. La partecipazione non si realizza soltanto attraverso le Commissioni, ma deve essere organizzata già nei momenti di preparazione della programmazione. La Giunta si è riservata di preparare il documento programmatico entro 60 giorni per dare priorità e per gore termini di attuazione precisi in ordine ai problemi economici, a quelli riguardanti il settore terziario e gli aspetti tecnologici legati allo sviluppo della Regione. Questo disegno coinvolge tutte le forze politiche della Regione. Creare un governo di transizione vuol dire non affrontare i problemi. Il rinnovamento della società piemontese non è soltanto nelle nostre intenzioni, ma è nell'impostazione del programma e nell'individuazione dei problemi che abbiamo accennato il collaborazione con le altre forze politiche: il Partito Comunista ed il Partito Socialdemocratico.
Questo è anche un momento di confronto con le altre forze politiche.
Nel momento in cui la Giunta presenterà il documento verificheremo i problemi vari ed il problema gestionale dell'Unità Sanitaria Locale.
Per rispondere a chi lamentava che la stampa era a conoscenza del documento politico prima dei Consiglieri devo dire che se c'è stata una dichiarazione di qualche Consigliere di maggioranza, questa non rientra nelle responsabilità di partito, ma rientra nella responsabilità individuale. D'altra parte se si deve dare una risposta a quanto viene chiesto dalla stampa non si commette nessun errore nei confronti del Consiglio regionale, né si va al di là del rapporto politico. Occorre revisionare il pacchetto delle nomine, la Commissione deve essere più rigida proprio in seguito ai fatti successi nella nostra Regione ed al Comune di Torino. Occorre verificare le capacità e le conoscenze specifiche di coloro che vengono indicati. Non è un discorso di individuazione del personaggio, ma è un discorso che interessa tutte le forze politiche e che deve essere affrontato con serietà dai partiti quando discutiamo la questione delle nomine. Più volte la Democrazia Cristiana tira in ballo la questione del Comune di Torino. Il nostro partito non affronta questo problema in termini di contrapposizione politica e ha sempre dichiarato che resta ferma la scelta di una Giunta di sinistra. Ne stiamo discutendo questi giorni e non posso anticipare le conclusioni, certo è che non vogliamo creare difficoltà nell'Amministrazione comunale ed alla comunità torinese, ma vogliamo risolvere la crisi della Giunta perché l'economia della città ne tragga vantaggi. Non c'è stato equivoco nell'ambito del Consiglio regionale da parte del compagno Viglione: la sua posizione era di stimolo e di critica nei confronti della Giunta precedente.
Il collega Turbiglio è stato molto critico. Per affrontare la politica regionale occorre coraggio nell'impegnare i fondi, non basta il dinamismo.
Se sono state commesse delle scorrettezze, si denuncino, ma se il responsabile del vertice regionale ha affrontato gli impegni con decisione questo torna a suo merito, e proprio per questi motivi oggi il Partito Socialista lo impegna di nuovo al vertice regionale. Il compagno Viglione è candidato alla Presidenza della Giunta con l'appoggio del Partito Socialista, del Partito Comunista e del Partito Socialdemocratico, per la sua capacità di conduzione della Giunta. Il Partito Socialista esprime anche voto favorevole ai candidati proposti a cariche assessorili, in loro ripone fiducia politica. Si troveranno di fronte a gravi problemi, ma avranno l'apporto del Gruppo e del Partito.
La collegialità politica ed un diverso rapporto tra i partiti dell'area democratica e progressista. Credo che attraverso la dialettica si possano trovare soluzioni per il futuro politico della nostra comunità e maggiori consensi da parte delle forze operative della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il nostro Gruppo ha ritenuto di dover affrontare in tutta la sua importanza questo dibattito, quindi, il mio intervento segue, integra e completa, per quanto sia opportuno l'intervento del collega Turbiglio, rilevando prima di tutto come i partiti che si riconoscono nella Costituzione repubblicana, quindi nell'alveo garantista che ha dato luogo alla Costituzione repubblicana ed allo Statuto della Regione Piemonte, non abbiano sollevato il problema di come indecorosamente si è proceduto a dividere le competenze della Giunta lasciando l'onere di sollevare la difesa delle istituzioni al MSI che, con assoluta schiettezza, dichiara che a queste istituzioni non crede e che queste istituzioni vuole cambiare.
Signor Presidente del Consiglio (mi rivolgo prima a lei e poi mi rivolgerò all'Assessore anziano), le ricordo che nello Statuto e nel Regolamento sono previste due funzioni del Presidente del Consiglio: che intervenga a chiusura del dibattito per fare delle considerazioni, delle riassunzioni e delle valutazioni che tuteli la dignità dei Consiglieri e la cosiddetta centralità del Consiglio.
Le chiedo, signor Presidente, di dare corpo a queste sue attribuzioni per la violazione palese, inaccettabile, scandalosa e grave, soprattutto perché è passata sotto silenzio e non è stata colta dai rappresentanti dei partiti costituzionali che si sono avvicendati alla tribuna, violazione che ha fatto sì che la revoca della delega, prevista dall'art. 36 dello Statuto, sia stata rapinata dai Segretari dei partiti. Qualche collega sostiene che queste sono questioni da avvocato di provincia o da qualche erede fuori tempo di personaggi politici del Piemonte (anche se ha prodotto fior di politici). Ricordiamo che gli Statuti sono le prime rivendicazioni di libertà delle collettività nei confronti dell'aristocrazia e del potere centrale. Gli Statuti regionali sono il riconoscimento dato dalla Costituzione alle Regioni della loro facoltà di autodeterminarsi, di darsi un proprio modello di comportamento, quindi di applicare in modo più consono alla loro cultura ed alle loro tradizioni il dettato costituzionale. Non si può lasciare passare sotto silenzio e senza una risposta istituzionale da parte del Presidente del Consiglio e del Presidente della Giunta questo fatto di grande gravità. Il collega missino ha detto con un'affermazione colorita ed efficace che i Segretari dei partiti non hanno legittimazione democratica. Hanno legittimazione politica che è una cosa completamente diversa.
Sono queste questioni di avvocato di paese? Ricordo ai colleghi, al Presidente del Consiglio, al Presidente della Giunta in pectore ed Assessore anziano attuale, che in quest'aula continuiamo ad ignorare che sopra questa volta illuminata esiste un problema ancora tutto da affrontare e da risolvere: quello della questione morale. Già il fatto di chiamarla "questione morale" è un eufemismo. Probabilmente, quando si apriranno le aule giudiziarie questa vicenda verrà chiamata come si chiama il comportamento di chi viola le leggi, le persone, le istituzioni, i Gruppi i partiti. La classe politica piemontese (e pure la mia) ha la sua parte di colpa per aver creato questo artifizio e per aver cercato di sublimare una vicenda scandalosa come quella delle tangenti. Ma, visto che abbiamo trovato una collocazione decente per la questione morale che - ripeto sulle cronache dei giornali e sugli annali della Procura Generale hanno un altro nome, poiché questa vicenda l'abbiamo collocato sul piano istituzionale, sul piano istituzionale difendiamola.
Cos'è la questione morale sul piano istituzionale? In quel documento che esce dalla Segreteria del Partito comunista e che frettolosamente gli altri partiti hanno sottoscritto, è stato usato un termine che ci sembra adeguato; si è parlato a proposito del comportamento dei partiti nelle istituzioni di "invasione" e si è scritto che da parte degli estensori del documento si accetterà il ruolo di invasori da parte dei partiti rispetto alle istituzioni. Chi sono questi tre signori che hanno firmato il documento e che hanno assunto i poteri del Presidente della Giunta sottraendogli il potere funzionale di democrazia e di garanzia al Consiglio regionale? Chi sono questi se non degli invasori che vanno respinti e come tali da lei, signor Presidente, dichiarati e qualificati in quest'aula? Chiedo che su questa vicenda inaudita la Presidenza del Consiglio esprima il suo giudizio. Lo Statuto prevede questa facoltà e io chiedo che lo faccia.
Cari colleghi, se andiamo a scrivere sulla questione morale (se non vogliamo chiamare le cose con la crudezza con cui si chiamano alla Procura della Repubblica, al Tribunale civile, al Tribunale penale, alla Corte d'Appello, alla Corte d'Assise) non possiamo pensare che la questione morale sia l'applicazione delle tariffe che valgono a Milano sui lavori dell'edilizia, non è certamente la questione morale quella di fare delle pubbliche audizioni sui candidati alle cariche più qualificate della Regione. Queste sono questioni risibili anche se molto televisive.
Evidentemente l'estensore del documento vede molti telefilms americani, in cui le Commissioni senatoriali americane che sono qualcosa di diverso dalla nostra Commissione Nomine, passano il loro tempo ad interrogare illustri signori.
Ho fatto qualche esperienza da Commissario di concorso e devo dire che ho grande difficoltà ad esaminare le capacità di un aspirante al IV o al V livello e mi rifiuto nel modo più assoluto di sapere se un cittadino ha le qualifiche che dovrebbe dimostrare in una pubblica audizione per fare il Presidente di SITO o il Presidente della Finpiemonte. Questi linguaggi e questi comportamenti una volta si chiamavano demagogia: "dare al popolo quello che il popolo chiede per non dare niente al popolo". Questo è il senso di come viene trattata la questione morale.
Chiedo che il Presidente del Consiglio esprima il suo giudizio sulla vicenda che i tre Segretari di partito hanno ritenuto di stilare e sottoscrivere un documento con cui decidevano l'attribuzione delle deleghe della Giunta regionale del Piemonte.
Il documento presentato ai nostri occhi non incomincia con: "I Consiglieri o i Gruppi consiliari...", ma incomincia con una parola strana: "I partiti" i quali sottopongono all'assemblea regionale il documento programmatico sulla scorta del quale si eleggerà il Presidente del Consiglio e la Giunta. Si dirà che io vivo fuori della realtà e che il tempo che passo ad osservare le montagne mi ha impedito di vedere quello che avviene nella città; ma, guarda caso, leggo "Espressione della Città" leggo "La Repubblica", "Tempo", "La Stampa" e vedo che la questione morale e le questioni istituzionali attengono a quegli atti che i padri coscritti della nostra Regione hanno fatto: dare più poteri al Presidente del Consiglio, sottrarre questi poteri alle pressioni dei partiti, essere unico responsabile nei confronti del Parlamento e della linea politica del governo che presiede. Queste cose che le forze politiche e i nostri rappresentanti a livello parlamentare non riescono a fare o fanno con grande fatica, noi, in questa Regione, le abbiamo già realizzate molti anni fa, con lo Statuto. Consentitemi di mantenere il mio stupore e lo sdegno sul fatto che quello che gli altri non sono riusciti a fare noi siamo riusciti a farlo, ma siamo i primi a disfarlo.
Detto questo, passo all'esame del documento. Non è un esame di carattere analitico, ma è un esame al contrario. Abbiamo sentito Mignone che fa l'insegnante ma potrebbe fare altrettanto bene l'avvocato, fare una difesa della posizione socialdemocratica sul piano del documento. Non si è avuta neanche la decenza di riscrivere i due documenti, quello bocciato dai socialdemocratici e quello approvato dai socialdemocratici è stato fotocopiato. Con la matita bianca si è cancellato il numero di 7 Assessori e si è sostituito con 9; quando poi la fotocopiatrice non è stata sufficiente ad affrontare i tempi politici, si sono rimessi insieme i pezzi. Allora, sono andato a cercare le differenze che voi rivendicate di avere ottenuto e che invece non ci sono e che sono il titolo politico e la giustificazione che voi vendete all'opinione pubblica. Quali sono queste differenze fra i due documenti: l'uno nei confronti del quale il Partito Socialdemocratico ha dato voto contrario, l'altro nei confronti del quale il Partito Socialdemocratico ha dato voto favorevole. Nella prima facciata manca la firma di Montefalchesi e di altri personaggi, ma non entro nel merito degli altri personaggi perché andrei a sollevare delicati problemi di partito che, come sapete, si possono conoscere nelle sedi dei partiti qualche volta in corridoio, mai in Consiglio. Il Gruppo liberale stamattina ha avuto modo di confermare l'apprezzamento nella persona di Montefalchesi e nella posizione politica che difende con tanta coerenza. Non siamo noi a trasferirlo dalla periferia al centro della vita politica, a seconda delle opportunità politiche. Però, il documento che Montefalchesi aveva sottoscritto è rimasto integrale, quindi probabilmente sono i socialdemocratici ad accettare la linea di Montefalchesi e non viceversa.
Nella premessa è stato soppresso un pezzo e ne è stato inserito un altro quella soppressione ritengo di poterla attribuire nella mia fantasia ad un personaggio che non è più sui nostri banchi, che ha fatto carriera, non come senatore, ma come deputato. E' una persona con la quale mi sono scontrato, ma che ha un grande senso morale delle istituzioni e del suo impegno politico. Nella premessa si dice che bisogna riscattare il triste momento di caduta di tensione ideale che ha bruscamente interrotto la vita del governo regionale. Questa riflessione critica, questa realistica valutazione della storia di una coalizione, magari anche di un partito, è caduta improvvisamente in questo documento. Quindi, cari amici socialdemocratici, se prima della vostra adesione la sinistra aveva riflettuto sulle ragioni della caduta di tensione politica, e magari a qualcos'altro, con il vostro intervento, questo non c'è più. Al posto di quella mezza pagina è stata scritta un'interpretazione di comodo sui risultati elettorali e il Partito comunista, unico vincente fra i tre partiti di sinistra in Piemonte, ha ritenuto di interpretare il risultato elettorale come un risultato positivo, come tale se l'è meritato e come tale se lo gestisce.
Cari amici socialdemocratici, non cercate di vendere una ritirata di comodo come una vittoria. La vostra è stata una ritirata strategica ed alla fine della guerra potrebbe anche essere un momento di un lungo cammino, che speriamo di concludere insieme. E' una ritirata strategica che cerchiamo di rendere la più decente possibile.
A pag. 4 c'è un'accentuazione della polemica tra le linee dei comportamenti economici del nostro Paese. Nessuno però, neanche la collega repubblicana, ha sostenuto scelte di tipo monetaristico nella conduzione della vita regionale. Capitolo II. Al n. 1 ed al n. 2 nessuna differenza.
Al n. 3 cade un riferimento pesante nei confronti del Governo centrale quale causa primaria della crisi regionale. Al n. 4 nessuna differenza.
Al capitolo III c'è un tono che non fa onore alla cultura garantista del Consiglio regionale del Piemonte. Bisogna stare o da una parte o dall'altra. O si dice che decide la Magistratura o decidiamo noi. Siccome è la Magistratura che decide, non possiamo mettere in dubbio che qualche nostro collega sia venuto meno alle caratteristiche di correttezza, di probità, indicate come essenziali per l'amministratore pubblico. Sono sicuro che quei colleghi non sono venuti meno a queste cose e rifiuto che un documento della Regione Piemonte, in quanto votato, quindi anche da me porti prima del giudizio del Magistrato questa valutazione.
Prego i colleghi della maggioranza di chiosare questa parte del documento in modo che il discorso propositivo non sia contestualmente un discorso di valutazione sull'operato dei colleghi sui quali non darò alcun giudizio se non per rinnovare la mia stima ed il convincimento che la loro vicenda così amara si concluderà nel migliore dei modi. Sempre al capitolo III nessuna differenza alle voci B, C, D, E.
Salta un intero capitolo forse anche qui per la riflessione socialdemocratica? La seconda parte di questo capitolo conteneva norme per la riduzione delle consulenze.
Probabilmente il cambiamento in peggio del testo non è da attribuire alla volontà politica dei socialdemocratici, forse c'è stato un incidente di fotocopiatrice e di collage.
Sulle politiche prioritarie noto che c'è un significativo riferimento alle fonti di finanziamento internazionale e su questo non dubito che gli amici socialdemocratici avranno fatto la loro parte. Siamo al capitolo riguardante la pianificazione territoriale. Sulla legge urbanistica (una delle tante vittorie sul campo dei socialdemocratici) non ho letto nessuna differenza.
E' stata invece strappata quella pagina che rivelava come il documento fosse una velina per l'interno del Partito comunista nella quale "i comunisti" si lagnavano delle sentenze della Corte Costituzionale. E' apprezzabile che in questi ultimi due mesi di crisi si sia ritenuto opportuno di non mettersi in polemica con le sentenze della Corte Costituzionale. Questo è tutto il contributo che è venuto dall'elaborazione del documento A al documento B sul problema urbanistico, quindi, non mi pare che si possa "vendere" come una vittoria sul campo la modifica della legge 56.
Sull'energia manca un rigo che ho l'impressione che si sia tolto ad arte, che però era il senso di tutta la politica energetica nucleare della Regione. C'era scritto: "volontà del governo della scelta", questo passaggio politicamente così significativo che ci ha caratterizzati nei confronti delle altre Regioni è stato tolto. Non sarà un dramma, se l'Assessore subentrante riterrà di dover continuare la linea intrapresa troverà, come l'aveva trovata l'Assessore attuale deputato, la collaborazione di tutte le forze politiche, salvo le riserve di qualche Consigliere. Vorrei sapere che cos'è che giustifica le interviste di uno dei tre che danno le deleghe agli Assessori. Bisognerà coltivarselo come amico per il 1985. Le tre persone che danno le deleghe bisogna seguirli invitarli a pesca e a caccia (Viglione ha una riserva di pesca ed è stato fotografato mentre infila il verme ad un illustre prelato! ). Non è quello dell'energia il campo sul quale i socialdemocratici possono cantare vittoria. Sulle iniziative nei confronti degli Enti locali nessuna differenza, nemmeno sulla riorganizzazione. Il documento meriterebbe anche qualche approfondimento sul merito, ma, dopo quanto ha detto Turbiglio, mi limito a recuperare due note di carattere generale. L'impostazione della maggioranza continua ad avere un concetto rivendicativo e velleitario; si rivendicano alla Regione compiti che non le spettano per sfuggire alle responsabilità di non saper gestire le funzioni che invece le competono.
Questo velleitarismo si vede nella politica industriale laddove si cerca di introdurre un ulteriore livello di verifica dei finanziamenti alle imprese legate in modo rigoroso al parametro dell'occupazione. Che l'occupazione sia un obiettivo è vero, ma è un parametro vincolante che attiene alla politica nazionale e non soltanto a quella regionale.
Questo documento, al di là del richiamo aulico a guardare alto, a mirare al forte impegno, è una rilettura di quanto questa legislatura ha partorito, ma potremmo dire che ha partorito molto poco.
Visto che presiedo la V Commissione devo dire che sulla vicenda energetica non si è colto il passaggio delicatissimo dalla prima fase che attiene alla scelta nucleare nella quale si andava a verificare quali dovevano essere i corretti strumenti decisionali e gli strumenti diretti ad ottenere il consenso all'operazione alla fase delle scelte conseguenti. A quel tempo non esisterà alcun potere della Regione di mettere in movimento il meccanismo intelligenza - volontà - risorse rispetto ad un processo più generale che vogliamo interpretare. Mi sembra che questa Giunta più che sollevare i problemi tenda a governarli in modo deteriore, tenda cioè a capire come l'atteggiarsi su questi argomenti possa produrre più o meno consenso. L'obiettivo vero di questa maggioranza è quello dei consensi, non quello dei contenuti. Visto che mi ero ripromesso di dire pubblicamente qualche cosa all'Assessore anziano, devo dirgli che in questi mesi di sua reggenza qualche attenzione a questi problemi poteva darla. Turbiglio ha parlato di Napoleone che è entrato in Italia nel Cuneese e siamo lieti che sia venuto, soprattutto per quella regione, ricordo però che Aiaccio non è in provincia di Cuneo! Ho l'impressione che a questa assemblea non sia consentito di lasciar passare sotto silenzio l'immagine della Regione che dalle attività dell'Assessore anziano è emersa. Abbiamo scoperto che le diseconomie regionali sono rappresentate dai telefoni degli Assessori, che un Assessore regionale non abbia necessità di un radiotelefono sulla proprio auto (è difficile che abbiano inventato i radiotelefoni per gli innamorati respinti o per le massaie che vogliono conversare!).
Questa tecnologia è stata adottata per un management di alto livello e ho l'impressione che il Presidente Viglione togliendo i telefoni agli Assessori ritenga non tanto inutili i telefoni per gli Assessori, ma inutili gli Assessori per i telefoni! Sono più che certo che nel tempo che occorre per andare in auto da qui a Roma, l'Assessore può fare le cose più diverse: guardare il panorama, leggere il giornale o affrontare problemi delicati. Si tratta di vedere se la delicatezza dei problemi giustifica l'utilizzo di un certo strumento. Ma non è su questo che volevo richiamarlo. Volevo richiamarlo su un aspetto molto delicato, molto più napoleonico del suo atteggiamento: quello sul personale. Anche in questo caso ci vuole il rispetto delle istituzioni. Gli attuali organici regionali comprendono 3.500 persone di cui sono coperti 2.900 posti. Quale tipo di investitura ha avuto Viglione (a meno che gliel'abbiano data quei tre personaggi che comandano in Piemonte) per stabilire che la legge delle strutture dovrà passare da 3.500 a 2.000 persone.
Questa valutazione lei potrà farla come Presidente della Giunta e presenterà a questo proposito un progetto di legge, potrà farla il suo partito e sarà presentato un disegno di legge. Mi sembra quanto mai inopportuno nel momento in cui stanno per aprirsi le aule giudiziarie sul comportamento delle istituzioni ai loro più alti livelli, mettere all'agogna il personale come il personale che non producesse, come se non fosse attaccato alle istituzioni, come se fosse superfluo, inutile, da mandare a casa in pensione e speriamo che ci vada il più presto possibile perché non andremo a rimpiazzarlo. Questa proposta non mi trova assolutamente consenziente.
Questo ragionamento ebbi a farlo nei confronti dell'Assessore al personale che avevo richiamato perché ritenevo del tutto fuori luogo i blitz di tipo teutonico alle porte dei nostri uffici per cogliere in fallo qualche usciere che ha la debolezza del caffè fuori orario rispetto ad un sistema che, probabilmente, ha altre debolezze. Quello che avevamo detto in quella sede non era molto fuori luogo. Andiamoci cauti a dire che risolviamo il problema riducendo il personale e impedendo loro di prendere il caffè. I problemi sono ben altri, misuriamoci su questi, altrimenti non possiamo permettere a Turbiglio di fare i riferimenti all'illustre corso ma dovremo ridurci a fare riferimento ad altri comportamenti politici.
Rimane la valutazione politica del Gruppo liberale sulla vicenda politica nel suo complesso e quindi la dichiarazione di voto che faccio immediatamente.
Si è detto molto sui risultati elettorali, pare che essi dicano due cose: la prima, che il PRI ed il PLI sono riusciti a drenare soprattutto nelle grandi aree urbane l'elettorale medio-centrista, l'elettorato di opinione che alla Democrazia Cristiana non competeva. Siamo quindi riusciti a fare la nostra parte. Non ce ne voglia la Democrazia Cristiana A noi sembra che la politica sia molto più facile se ognuno di noi è ridotto alla rappresentanza di chi veramente si sente di rappresentare e non di chi ci nomina soltanto avvocati di ufficio. Molte volte i democristiani sono avvocati di ufficio di categorie che poi non pagano la parcella e la volta dopo vanno da un altro. E' bene che la Democrazia Cristiana abbia finalmente i suoi clienti che pagano la parcella e che la votano. Nell'area torinese il PLI ed il PRI in questo momento hanno più voti della Democrazia Cristiana; questo vuol dire che sul piano storico i partiti di democrazia laica moderata, quelli che fanno i governi in questa nostra Europa, hanno fatto la loro parte e hanno ricondotto la Democrazia Cristiana alla sua dimensione fisiologica, sono riusciti a far sì che la Democrazia Cristiana possa presentarsi come rappresentante di clienti di fiducia e non come rappresentante di clienti d'accatto. Questo elemento è positivo.
Ma ce n'è un altro di tipo negativo. La sinistra moderata, Partito socialista e Partito Socialdemocratico, non sono riusciti a sottrarre un solo voto al Partito comunista.; questo significa che il radicamento del Partito comunista è così forte d'averlo fatto passare come una salamandra nel fuoco nella tornata elettorale dalla questione morale nella quale guarda caso (sarà un incidente della storia), è pure capitato.
Il vero vincitore di questa vicenda che ha oggi la sua conclusione è il Partito comunista che è riuscito a passare vincitore attraverso una difficile vicenda elettorale, attraverso una difficile vicenda di tipo morale. Normalmente le vittorie di qualcuno sono anche la sconfitta di qualcun altro. Se non sono la sconfitta liberale e repubblicana e se la Democrazia Cristiana è fuori gioco, gli sconfitti di queste elezioni sono il Partito Socialista e il Partito Socialdemocratico che non sono riusciti ad ottenere il risultato che a loro compete dalla storia, sempre che loro convengano con noi che il problema politico del nostro Paese è la riduzione del peso dei due poli contrapposti, democristiani e comunisti. Se non convengono su questo non c'è nessuna cuginanza tra di noi. Se l'obiettivo che in comune perseguiamo della riduzione del peso dei due poli non è stato ottenuto, qualcuno è stato sconfitto: i socialisti e i socialdemocratici.
Astengo Giovanni, probabilmente, ha diritto di non essere d'accordo in questa mia valutazione perché lui probabilmente fa una scelta diversa.
Ritiene invece che il Partito comunista con il Partito socialista debbano crescere di voti e magari anche che cresca il Partito comunista da rendere possibile l'alternativa di sinistra. Badate bene, amici socialisti che il Segretario Craxi ci viene a dire che fin quando i rapporti di forza tra Partito comunista e Partito socialista sono questi, non si fa neanche la politica alternativa. E' una sconfitta comune dei laici rispetto all'obiettivo comune della riduzione del peso dei comunisti e dei democristiani, ma è una sconfitta specifica dei socialisti e dei socialdemocratici rispetto all'obiettivo che loro compete di sottrarre voti all'area comunista.
Che cosa c'entra tutto questo? Un dato storico del nostro Paese ci dice che a livello inconscio gli italiani rifiutano l'ipotesi di un Partito Comunista come partito di maggioranza relativa. Pare che in certe regioni d'Italia abbiano riaperto le fornaci e che si sia ricominciata la produzione di quei mattoni speciali che i democristiani sono usi usare per fare le dighe al comunismo. Ecco perché ritengo che la scelta del Partito socialista e del Partito Socialdemocratico sia molto grave. Comportamenti come quelli della Regione Piemonte, comportamenti che aiutano il Partito comunista a rafforzare il radicamento nella società, radicamento che a Torino ed in Piemonte è risultato profondo, allontanano la prospettiva dell'allargamento dell'area intermedia, ma soprattutto rimettono in circolo e rendono possibile a brevissima scadenza la riproposizione del timore del sorpasso del Partito comunista. Le elezioni in Italia si sono sempre decise sul frontismo una volta, sul sorpasso un'altra volta. Probabilmente fra cinque anni l'elemento del sorpasso sarà di nuovo un elemento trainante della politica democristiana e noi tutti laici pagheremo il prezzo di questo. Probabilmente la responsabilità di questo sarà maggiore di quei partiti che non hanno operato abbastanza per ridurre il peso del Partito comunista. Questa valutazione sarà discutibile. Prego i colleghi socialisti e socialdemocratici di voler riflettere.
Nelle aree del Piemonte e della Lombardia, nelle aree dove è più profondo il radicamento dei laici, abbiamo il dovere di arrivare alle elezioni amministrative, di far sì che il Partito comunista venga ridotto nella sua rappresentanza. Questo, si chiaro, non in odio solo al Partito comunista, ma anche in odio alla Democrazia Cristiana Se il Partito comunista alle prossime elezioni non inizia anche lui la parabola discendente come l'ha iniziata la Democrazia Cristiana, per il gioco dei contrapposti, ci sarà un rilancio della sinistra. Evidentemente al Presidente Viglione farà molto piacere il rilancio dei comunisti bisognerebbe anche dichiararlo quando darete il voto di fiducia a Craxi. Se siete per l'aumento dell'area comunista dichiaratelo a Montecitorio e a Palazzo Madama. Il nostro sarà un voto negativo nei confronti delle proposte conseguenti al documento.
Nelle istituzioni i nostri colleghi hanno dimostrato impegno e continueremo a svolgerlo. Se il Partito comunista ha vinto le due battaglie, quella elettorale e il difficile passaggio attraverso incidenti di carattere morale, vuol dire che questo partito ha al proprio interno serietà, capacità di organizzazione e merita rispetto dalle altre forze politiche.
Il Partito socialista ha in questo momento grosse difficoltà di tipo gestionale, organizzativo, di immagine, di orientamento per affrontare una prova politica così difficile come la contrapposizione al Partito comunista. Proprio perché ci rendiamo conto delle difficoltà del Partito socialista, ci rammarichiamo che il Partito Socialdemocratico non abbia fatto di più e meglio per cercare di portare il Partito socialista su queste linee. Dico ancora qualcosa per quanto attiene le interviste giornalistiche e televisive dei tre saggi che governano il Piemonte. In nessuno degli incontri con il Partito Socialdemocratico il PLI ha riproposto come sua opzione nell'immediato le elezioni anticipate. Devo invece dire che questi tre personaggi avevano la curiosa abitudine che quando parlavano con i liberali, proponevano a loro la Giunta di sinistra quando parlavano con i socialisti proponevano a loro la Giunta laica: questo mi pare un modo strano di fare politica. Ci è anche stato detto che questo sarebbe stato un nostro disegno strategico. Ringraziamo uno dei tre personaggi per averci ascritti alla filosofia di Bon Clausewitz. Credo per che un partito faccia meglio a riferirsi a Bon Clausewitz che a Sor Tentenna. Nonostante questa vicenda che non potrà non lasciare il segno nei nostri rapporti, continueremo a considerare la specificità del Partito socialista e del Partito Socialdemocratico in Giunta, perché in una democrazia imperfetta come la nostra, come un disegno politico che consideriamo più vicino alle realtà della nostra Regione, hanno la necessità che vengano recuperati i rapporti tra i partiti di democrazia socialista - liberale - laica e quindi in questo senso coglieremo con il massimo interesse e con la massima attenzione e soprattutto offriamo la massima collaborazione alle espressioni in Giunta dell'area socialista e dell'area socialdemocratica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Mi sembra opportuno concentrare la nostra attenzione, a differenza di quanto è avvenuto nel corso del dibattito, sul lavoro che ci attende.
Signor Presidente, signori Consiglieri, a me sembra che dobbiamo cogliere il significato politico di ciò che oggi qui sta avvenendo. Molti interventi hanno "pincolato" variamente: il Partito Socialdemocratico sarebbe ridondante ed "occuplettato", il Partito comunista pronto ad accettare tutto, oppure egemone, velinaro, impartitore di ordini.
Sono stati poi dati dei voti come quelli che vengono assegnati dai giornalisti sportivi. Io credo che siano tutti punti di vista che spiegano molto poco o quasi niente di quanto sta avvenendo. Io dico che non era affatto scontato, né prima del voto, né dopo, che si dovesse ricostituire dopo due anni e mezzo di difficile cammino e di crisi in un percorso politico che ha avuto momenti alterni, che noi non abbiamo sottaciuto dopo lo scandalo, una Giunta di sinistra.
Questo deve farci riflettere dei fenomeni politici: siamo contrari alle interpretazioni di mero schieramento, solo tattiche o peggio ancora a quelle interpretazioni che cercano di attribuire le cause reali dei fatti a comportamenti singoli.
Le tempre e i caratteri individuali contano, ma la ricostituzione della Giunta di sinistra è data dal fatto che nel Paese e in Piemonte esiste una realtà di cui il voto è stato elemento dimostratore. I socialdemocratici hanno ritenuto di partecipare alla Giunta di sinistra con una prospettiva fino al 1985, ma io dico anche oltre quel termine.
Che senso ha allora parlare di rappresentazione oleografica o "guittesca" di un Partito Comunista velinaro? Di un Partito Comunista che non appartiene alle cose? Noi né impartiamo ordini né scriviamo idee per gli altri, perché ognuno ha le proprie idee. Siamo partiti con questo profondo rispetto, che forse altri non hanno sempre avuto, siamo partiti da questa concezione dei rapporti politici per realizzare il principio della pari dignità politica.
Questo è uno degli elementi di rinnovamento su cui puntiamo con una prospettiva politica anche a livello nazionale, quella dell'alternativa.
Noi riteniamo che questo sia lo "zoccolo" dell'alleanza politica costruita su un rapporto che parte dai contenuti e dai problemi per proporre soluzioni.
Il documento insiste sullo sviluppo ed è collegato con il documento della verifica e cerca di riacquisire principi di legittimazione e di autorità alle istituzioni, comando legislativo, governo politico.
La pittura di maniera non sta in piedi perché sono passati i tempi in cui si poteva accreditare che i comunisti portavano le idee, scrivevano le cose da una parte e dall'altra parte ai partiti alleati interessava il potere.
Il voto è stato rivelatore della consistenza delle sinistre, della loro validità. Lo dico senza arroganza, senza pretese, senza fare un proclama roboante. Sotto questo profilo la vittoria non è di questo o di quel partito, ma è la vittoria della sinistra.
In alcuni interventi sono mancate le riflessioni. Non si può ridurre tutto a macchietta. Se la politica fosse così, molti non accetterebbero più di praticarla, non accetterebbero più di rilanciare in uno stato democratico la funzione dei partiti, dell'aggregazione, dell'organizzazione delle idee, della proposizione dei contenuti.
Da altri interventi è venuta con chiarezza la spiegazione della Giunta di sinistra. Non si possono prendere le cose al contrario o mettere insieme piccoli pezzi o argomenti, anche se possono avere una loro validità, perch non bisogna perdere il fuoco della questione.
Dopo due anni e mezzo in cui sono sorti elementi di conflittualità politica fra noi e i compagni socialisti, non è senza spiegazione il fatto che si ricomponga la Giunta di sinistra. Questo fatto non può essere svalorizzato né può essere attribuito ad un'egemonia terzinternazionalista che non abbiamo più e che, se l'avessimo, io la rifiuterei, né può essere rivendicata un'insaziabile voglia di potere da parte di altri partiti.
Ci sono delle componenti che possono far leggere le cose in questa maniera, ma solo da chi non vuol leggere la realtà e la verità. Noi siamo stati critici con il Partito socialista, ma come non riconoscere che dopo lo scandalo il Partito socialista è sempre stato rettilineo nel comportamento, cosa per noi molto apprezzabile. Questo comportamento ha fatto cadere qualsiasi altra ipotesi, è stata una scelta che può aver fatto arrabbiare l'opposizione, ma sul piano democratico è stata una scelta chiara che ha contribuito a raggiungere l'esito a cui siamo arrivati.
Il rapporto con il Partito Socialdemocratico invece è stato più tormentato e più difficile soprattutto prima della crisi. L'ipotesi di governo alternativo non è mai stata giudicata praticabile da questo partito che invece ha fatto la scelta che oggi salutiamo con piacere forse e che forse poteva fare prima. Chiediamo che nei comportamenti sulle regole nell'efficienza, nell'operatività, questa alleanza si irrobustisca ancora più di quanto sia avvenuto nei due anni e mezzo passati, nei quali ci siamo trovati di fronte a nuove difficoltà sul piano sociale e sul piano economico e a nuove situazioni politiche. Nel documento abbiamo dato alcune indicazioni fondamentali tutt'altro che peregrine. Altre indicazioni saranno esposte dalla Giunta.
Senza chiarezza, senza questa determinazione non si potrebbe lavorare insieme. Certo non è un programma risolutivo dei problemi, ma ha degli approcci che invito a valutare e a non farsi prendere troppo la mano. La contraddittorietà politica, i problemi vengono ignorati o viene ignorato il tentativo innovatore di affrontare i problemi sul tappeto; ma mi viene il sospetto che qualcuno a forza di blaterare voglia dire che quei problemi non ci sono e che tutto debba rimanere come prima. Mi riferisco alla questione morale. Non si può liquidarla con una battuta o ignorare le cose senza fare altre proposte. Allora le proposte sono queste, si lavora su queste o se ne avanzano delle altre.
Nomine.
Vorrei segnalare un fatto che non è comune al panorama politico nazionale.
I partiti che hanno responsabilità di governo a livello nazionale dovrebbero ragionare su ciò che avviene nei Ministeri e negli accordi politici di governo.
Fare la Giunta vuol dire fare un programma, darsi degli obiettivi.
Altra cosa invece è trattare sulle questioni dei cosiddetti posti che noi vorremmo chiamare responsabilità nell'ambito della funzione di governo.
Non si può disconoscere la novità di questo principio, non si pu sottovalutare questo fatto, non è avvenuto da nessun'altra parte. Le riflessioni sul principio del predicare e del praticare potrebbero andare avanti. Io credo che occorra praticare più che predicare. Quando dobbiamo fare i conti con il principio di presenza dei partiti nella società secondo me assolutamente cruciale in una democrazia, temperarne l'eccessiva "pervasività" quando vogliamo definire gli assetti istituzionali in modo che siano rispondenti ai bisogni, occorre qualche riflessione teorica. La riflessione teorica su questo documento non è ipergarantista, ma è moderna spinge al massimo le verifiche e i confronti delle forze politiche e delle forze sociali sugli atti che si compiono: questo è uno stimolo reale a far meglio.
Su queste cose noi abbiamo lavorato insieme. Sul fatto che il documento non sia cambiato molto rispetto a quello precedente devo dire che questa è la testimonianza della sostenibilità delle proposte. Non si pu ragionevolmente pensare di governare chiusi politicamente agli apporti esterni. Queste cose sono scritte per ora, ma noi vogliamo farle diventare realtà. Quando ho detto che le cose non torneranno più come prima ho detto anche che la chiarezza degli accordi ed il loro mantenimento sono questioni fondamentali e chi si impegna a fare le cose vuole essere credibile cercando di portarle avanti. Se poi non vi riesce ne dichiarerà la causa.
Partecipazione. Mi rivolgo in particolare a Montefalchesi e a Reburdo.
Il documento va esaminato più per il suo significato che per le parti che mancano. Convengo senz'altro che avremmo potuto aggiungere la partecipazione. E' chiaro che politicamente deve esistere il rapporto tra finanziamento alle industrie e rispetto degli accordi. Non possiamo dimenticare che la novità di questo documento è nel tentativo di riattivare la partecipazione attraverso un processo per ora metodologico aperto alla società per ristabilire un rapporto creativo.
Quando parliamo di programmazione parliamo di progettualità democratica e diamo un senso politico alle parole. Ho incontrato i gruppi di base che ricordavano Montefalchesi e Reburdo ed alcune proposte che venivano avanzate le condividevo personalmente, mentre altre no. Però condividevo il metodo.
Pregherei che la collocazione di Montefalchesi fosse positiva. La motivazione della partecipazione è seria per quanto riguarda il programma.
Il raccordo con la società non si attua che attraverso la partecipazione cercando di cogliere, in un momento di scontro sociale, i bisogni di civiltà che vengono rappresentati variamente dalle organizzazioni.
Dall'esperienza politica che ci sta alle spalle e dall'analisi della situazione che rinvia alle precisazioni programmatiche che proporrà la Giunta parte la struttura materiale, il senso reale della Giunta di sinistra.
Quindi nessun proclama, anzi, un invito in questa fase politica a riflettere su come riuscire con impegno, con serietà, con presenza a realizzare quello che abbiamo scritto con leggi, provvedimenti. Sappiamo che dobbiamo spendere molte energie per rimontare un terreno non più favorevole soprattutto per le difficoltà che l'Ente Regione e le istituzioni hanno nel rapporto con i cittadini e con le categorie.
Le condizioni di lavoro sono chiarezza, individualità ed autonomia dei Gruppi, senso di coesione intorno al programma al fine di riaccreditare autorità, figlia della legittimazione democratica, in capo alla Regione Piemonte.
Il nostro è voto convinto. Non abbiamo l'arroganza di ritenerci paghi né di pensare di essere chiusi. Il Partito comunista, senza arroganza e con molta tranquillità, ritiene di essere come ha confermato il voto, una forza indispensabile per governare il Piemonte.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, signori Consiglieri, cercherò di non approfittare della vostra benevolenza in chiusura di dibattito, però vorrei cercare di sollevarmi dal richiamo di rigore etico che il Consigliere Bontempi, in chiusura dei dibattiti, solitamente vuole sovrapporre alle valutazioni delle forze politiche.
Stamattina in aula correva una farfalla; nel vederla svolazzare e nel vedere l'Assessore anziano che ricercava consensi ed auguri con strette di mano ripensavo alla metafora che è presente nelle valutazioni dei contenuti politici che aleggiano in questa circostanza. Vi è l'incapacità sostanziale di proporre un programma che abbia un'incidenza precisa su argomenti specifici e che sia finalizzata ad affrontare argomenti e problemi gravi in questa congiuntura di fine legislatura e la volontà di riproporre la riattualizzazione della maggioranza di sinistra, con la preoccupazione più di recuperare l'immagine della maggioranza di sinistra che non di recuperare un'immagine in quanto nuova aggregazione capace di affrontare i problemi. Questa caratteristica pervade purtroppo tutta la logica della proposta: dalla composizione dell'esecutivo ai contenuti del programma e mi spiace davvero di dover sottolineare come in questa equivoca impostazione il Partito Socialdemocratico Italiano sia stato tanto ridicolo nella propria collocazione politica. E' la volontà di volere continuare l'olocausto dell'auto-eliminazione, un'auto-eleminazione che precostituisce a facilita alcune riforme istituzionali, che forse il Presidente Craxi neo eletto, o che dovrà essere nominato, potrebbe già prefigurare.
Nel giudicare certi risultati elettorali noi potremmo dare credibilità ad alcune affermazioni di colleghi di altre forze politiche e cioè che forse nel 1985 la capacità di auto-escludersi da uno scenario di vera dialettica politica dei socialdemocratici prefiguri certamente la presenza di minori avversari sulla scena politica. A noi spiace fare queste affermazioni e queste constatazioni. Non abbiamo mai avuto dubbi sulla capacità e sui contenuti ideologici reali dal punto di vista dell'incidenza storica; avevamo avuto però rispetto della coerenza che il filone storico se non il filone politico, della socialdemocrazia italiana andava perseguendo nella realtà politica italiana. Alcuni sostengono: perch perdere 74 giorni di potere quando si potevano tenere nella congiuntura allo scavalco delle elezioni? Questa negazione e sconfessione di una motivazione è esistenziale dei socialdemocratici rispetto alla collocazione del Partito Comunista. Io non voglio sostenere che l'anticomunismo dei socialdemocratici sia un anticomunismo da bottega, di facile improvvisazione, anzi, ritengo che vi fossero tutte le ragioni storiche e politiche per poter perseguire questa linea in una dialettica di differenziazione rispetto alla collocazione di altre forze socialiste laiche. Dobbiamo però constatare che questa motivazione è venuta man mano spegnendosi e che ormai il Partito Socialdemocratico si colloca in una pura subordinazione al Partito Comunista. Può essere questa una scelta. Noi riteniamo di doverci collocare, rispetto alla scelta di egemonia del Partito Comunista e dell'ispirazione che sta dietro alle impostazioni programmatiche in una posizione ben precisa. La risposta crediamo di averla data con il nostro documento. Ci spiace che il Consigliere Carazzoni non abbia colto il significato della nostra proposta che non era né riduttiva né in extremis: ma volutamente fatta per ribaltare sulla comunità piemontese il reiteratamente rifiutato confronto tra le forze politiche.
Abbiamo cercato il confronto, ma non abbiamo avuto i riscontri dovuti perché, se i giochi erano già in gran parte fatti, le preoccupazioni in campagna elettorale erano quelle di ricercare consensi motivati da ben altre ragioni. Non mi soffermo quindi sul programma. In merito avrei potuto fare alcune valutazioni come quelle che ha già svolto opportunamente il Consigliere Marchini sulle affinità e sulle presenze e sulle cancellazioni strategicamente operate nella nuova edizione.
Riteniamo che la risposta in termini di contenuti ed il confronto siano operati sulla nostra proposta e, quando interverremo sulle proposte che l'esecutivo vorrà fare, riprenderemo quelle proposte che sono formulate con la collaborazione di tutto il nostro Gruppo consiliare: non sono il frutto di alchimie delle Segreterie di partito, ma sono frutto di esperienze vissute all'opposizione e matura te con coerenza, con dignità, con grande limpidezza.
Sottolineo soltanto alcuni punti di cui, se non ne parlassi, sarei tacciato di dimenticanza. Mi riferisco al tema delle autonomie e delle deleghe, argomento affrontato solo fugacemente nella formulazione del programma, ma che invece riveste, alla chiusura della terza legislatura regionale, un aspetto fondamentale. Ma non solo è irrisolto il problema della modificazione dei rapporti tra la Regione e i livelli intermedi, non viene neanche affrontato minimamente l'impegno della costituzione delle due province nuove nella realtà piemontese che tutte le forze politiche avevano sottoscritto, né vengono affrontati impegni in ordine alla collocazione rispetto a quelle strutture delle autonomie che giacciono inoperanti, molte volte prive di contenuti, di motivazioni e di capacità di risposte ai problemi reali, quando giacciono irrisolti anche aspetti procedurali di passaggi di pratiche, ecc. La realtà esterna del Piemonte su queste strutture aveva prefigurato la sua capacità di essere presente e di contribuire alla costruzione delle politiche regionali.
Questi aspetti uniti a quelli risibili, già sufficientemente evidenziati dalle nuove motivazioni del rigore che giustificherebbero tutta una serie di controlli e che di fatto sappiamo smentiti dai comportamenti che si sono tenuti nel passato, sono tali da non rendere credibili gran parte delle proposte che vengono formulate. Perlomeno per gli aspetti innovativi e di contenuto il confronto deve essere operato più profondamente a cominciare dal problema della politica dello sviluppo che è parte di cerniera dei contenuti della nostra proposta. Noi riteniamo che si debba esercitare un confronto che non può non essere ridotto in questi pochi minuti. Mi soffermerò solo sul capitolo relativo alla questione morale che, secondo noi, è emblematico del "vuoto politico" o se preferite d'una totale assenza di cultura che viene data per scontata nei rapporti tra soggetto e società e società ed istituzioni. Non vogliamo affermare che tale assenza abbia caratterizzato ed appiattito la presenza della sinistra in Italia, anche nel governo degli spazi di potere, ma soprattutto nella dialettica sugli sviluppi della nostra società.
Cari compagni comunisti, avete sbagliato tutto sulla questione morale: non avete compreso quali sono i problemi reali che stanno sotto, a sostegno e - come diceva Bontempi - allo "zoccolo" della questione morale. I problemi non sono problemi di garantismo, non sono problemi di controllo.
Se così fosse, vorrebbe dire che tutto ciò che abbiamo fatto sia in termini di strumenti per i controlli, sia in termini di nomine degli amministratori, è totalmente sbagliato. Mi rifiuto di pensare una cosa del genere. Noi vogliamo affermare invece che l'assenza di valutazione di aspetti più generali, che molte volte ha caratterizzato l'analisi di questi problemi, non deve essere ascritta nella totalità alla sinistra nella sua presenza storica generale in Italia perché faremmo torto della capacità dialettica e di presenza rispetto ai problemi; non vorremmo che su questo aspetto vi fosse un'ingiusta valutazione del ruolo svolto per la costruzione dello sviluppo e la crescita della società civile. Ma questi comportamenti, recentemente evidenziati in tutte le loro storture ed ambiguità e le presunte legittimazioni che vengono sottese come una ragnatela di protezionismo e di garantismo, appositamente confezionate per tutelare e nascondere affari di partito, sono inaccettabili e debbono essere smascherate e denunciate; non solo per le conseguenze ed i misfatti nei modi di gestire le istituzioni, ma per l'inquinamento ed il deterioramento del ruolo e della funzione dell'impegno politico dei singoli nella società. Perché si diceva, nei giorni caldi degli scandali, che quanto stava succedendo rischiava di attaccarci addosso come una lebbra? Perché sentivamo, amici e colleghi Consiglieri, venire avanti negli avvenimenti e nei risvolti dell'informazione e della contro-informazione una sottile ironia del perverso ed un malinteso sadismo fra una sorta di peccato originale comune a tutto e a tutti. Ma il fastidio e la rabbia per tutto ciò non era tanto in rapporto ai singoli casi, quanto alla logica data per scontata, imperante e quindi una norma, nei singoli Gruppi e nelle singole forze politiche.
Noi questo dobbiamo denunciarlo. Noi non pretendiamo di criminalizzare nessuno, né le forze politiche né i singoli, ma dobbiamo insistere nel diritto a distinguere e a denunciare la verità; e la verità è questa: l'occupazione del potere comporta per alcuni soggetti e per alcune forze politiche un uso sfrenato di denaro e di strumenti atti a procurarselo costantemente per sostenere apparati, per tacitare attivisti, giustificare ruoli di preminenza più che per presenza nella società e nel sociale.
A fronte di tali risvolti esistono le esigenze dei partiti: più piccoli sono e più necessitano di protagonismo e quando non sono sorretti da capacità di proposta e di dialettica, intervengono sollecitazioni clientelari, legate al micro-sistema economico delle istituzioni.
Questa capacità di saper ricercare per imporre il consenso dando il segno concreto di un'onnipresenza efficace anche nei risvolti più correnti dell'attività amministrativa, è comunque praticata correntemente e disinvoltamente dai partiti di sinistra ed è diffusa questa convinzione nell'opinione pubblica, direi quasi senza inibizioni.
Potremmo certo distinguere nei dettagli su come la pratica viene attuata dai singoli soggetti e dai partiti, ma qui mi preme procedere nel ragionamento per sollecitare una riflessione che nasce anche dalla lettura del documento presentato: perché Partito comunista, Partito socialista Partito Socialdemocratico ripropongono in un programma dei 500 giorni "livelli di regole e di comportamenti" per l'osservanza di categorie morali? Ci siamo chiesti questo? Ed è questo il nodo politico della questione.
E, comunque, come è proponibile una ridefinizione di tali "categorie morali", se fosse vero sono talmente estranee dalla loro cultura e dalla loro storia da esigere "controlli dei comportamenti" dei singoli in riferimento a tali regole? La società del "moralismo pubblico" come categoria morale avulsa dalla "moralità" in quanto tale può essere invocata come un prodotto storico culturale di una cultura laica ed illuministica, ma è nonostante tutto largamente estranea non solo alla concezione onnicomprensiva dei valori civili e religiosi, ma sopratutto dell'inscindibilità dei valori dell'uomo del soggetto, rispetto ai valori comuni e sociali.
Morale od amorale credo discendano, in politica, più dai riscontri sugli effetti prodotti sulla comunità dei nostri simili, che dal ruolo e dalla legittimazione formale dei nostri comportamenti.
Quindi, caro Bontempi, quando andiamo a ricercare queste belle definizioni in ordine alle garanzie ed ai controlli, ripensiamo soprattutto al fatto che risorse e strumenti, patrimoni...



BONTEMPI Rinaldo

Ho detto che più che di un sistema di garanzie e di controlli, si tratta di un sistema di trasparenza e di conoscenza di quello che si fa.



PICCO Giovanni

Sì, ma questo tipo di trasparenza e di conoscenza fa parte di quelle famose categorie morali che voi date per scontate che ognuno di noi non possegga nei propri comportamenti: questo è inaccettabile. Noi riteniamo che queste categorie morali non possano essere reinventate nel programma di un'azione politica, ma debbano essere intrinsecamente presenti nell'ambito di una concezione politica che vede il rapporto tra soggetto ed istituzioni, tra partiti e società di tipo diverso. Quando noi affermiamo che risorse, strumenti, patrimoni pubblici o delle istituzioni, sono sottratti o stornati a qualsiasi titolo dalle loro destinazioni di utilità pubblica, non sono più recuperabili nel sociale a fini perequativi vogliamo dire che, se si è rubato, quella restituzione del sociale non potrà più avvenire. Quando affermiamo questo, cari colleghi, affermiamo non già queste cose per velleità o per presunzione di voler essere ex-chatedra detentori di verità, ma perché constatiamo come lo scompenso tra risorse energie e strutture impiegate rispetto alla soluzione dei problemi della società, è tale da esigere una denuncia. Gli esempi si potrebbero sprecare.
Pensiamo a quale uso sono soggette le consulenze, le attività promozionali e via dicendo. E' necessario che ripensiamo a questa proposta programmatica dopo la sconfitta che è avvenuta, con una capacità di dare a questa teoria del sistema delle garanzie. Credo che, in fondo, questa teoria sia insita in una certa collocazione ideologica del Partito comunista, rispetto ai problemi della società; penso che questo sistema di garanzie vada ripensato soprattutto da quelle forze politiche che sono al Partito comunista alleate, se non vogliono essere fagocitate in una logica che rischia di portarle ad una legittimazione di comportamenti, che sono esplosi fortunosamente per una serie di vicende morali, ma che purtroppo sono insite del comportamento costante in tutte le amministrazioni rette da certe forze politiche.
Una Giunta che nasce dopo una lunga crisi sulla questione morale, ma che da tale questione non riesce a cogliere nel vivo i problemi politici che debbono essere affrontati, è per noi una Giunta ipotecata da troppe contraddizioni dalle quali non riuscirà a liberarsi nell'enunciazione così sporadica ed anche un po' troppo ottimistica di aspetti e di problemi, così come vengono enunciati nel documento. Ecco quindi ripresa nell'edizione programmatica e riproposta da Viglione, dopo la sconfitta di metà giugno la teoria del sistema di garanzie con il Partito comunista, che rifiutiamo come metodo e come obiettivo della cosiddetta questione morale. Colleghi debbo terminare perché mi rendo conto che su questi temi le considerazioni sarebbero lunghe.
Credo però di avere denunciato nella non accettazione di una certa linea politica, una contraddizione. Noi non ricadremo nell'equivoco di andare ad indicare questa o quella forza come alternanza od alternativa alla vostra posizione. Diciamo però che su alcuni problemi la contraddizione e l'alternativa come scontro sarà totale, quindi lo attueremo a tutti i livelli consci di apportare un contributo al rigore non morale, ma politico, nel considerare il rapporto tra noi e la società.



PRESIDENTE

Passiamo alle dichiarazioni di voto.
La parola al Consigliere Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore regionale

Colleghi Consiglieri, un partito ha la sua dignità e, visto che un collega si permette di definirlo ridicolo, consentirete che qualche rappresentante sottolinei le stonature che in questo importante dibattito sono venute. Ritengo che per definire ridicolo un altro partito bisogna essere a posto moralmente, altrimenti ci si potrebbe chiedere da che pulpito viene la predica, non dico nei confronti delle persone, ma nei confronti dei partiti. Sappiamo che il Partito Socialdemocratico è un partito all'attenzione della maggioranza e delle minoranze, ma questo è inevitabile quando si devono assumere responsabilità di governo in un'istituzione: chi è all'opposizione muove le critiche ai possibili alleati. Questa mattina non speravamo che la Democrazia Cristiana dicesse: bravi socialdemocratici, anche se abbiamo apprezzato le critiche contenute nell'intervento del Consigliere Brizio. Cosa che non è venuta dall'ultimo intervento. Con la Democrazia Cristiana siamo stati artefici di grandi scelte a livello nazionale dal 1947 in avanti. Abbiamo collaborato in parecchi Governi con la Democrazia Cristiana senza mai pensare di ricevere un premio politico per l'azione svolta dal nostro partito. La crisi ha colpito all'improvviso tutti i partiti presenti in Regione e nel Comune di Torino, sia quelli in maggioranza che quelli all'opposizione. I cittadini si sono chiesti come sia possibile essendo all'opposizione essere coinvolti con uguale intensità negli scandali. Il nostro partito ha affrontato la campagna elettorale senza denunciare nessuno. La nostra carta d'identità è quella di un partito che ha cercato di fare del suo meglio. Abbiamo detto che era necessaria una Giunta-ponte formata da partiti laici e con il sostegno dei partiti maggiori dall'esterno. Questa ipotesi è stata scartata per scelte che competono ad altri partiti. Ci è stato chiesto di partecipare alla Giunta di sinistra, alla vigilia del voto e noi abbiamo detto che era importante verificare come si sarebbe comportato l'elettorato.
Oggi la Democrazia Cristiana ha perso il 5-6 % dei voti ed allora di fronte al moralismo, alla correttezza che rivendica Picco ci chiediamo perché i cittadini italiani non hanno premiato questo grande partito come hanno fatto in passato visto che ha tutte queste credenziali.
Il collega Marchini accusa i socialdemocratici e socialisti di non aver saputo strappare più voti al Partito comunista: è evidente che il Partito comunista agli occhi dell'opinione pubblica ha le carte in regola per tenersi il suo elettorato. In verità il Partito comunista ha perso il 2 dei voti considerando la presenza nelle sue liste del Partito di unità proletaria. I voti che il Partivo Socialdemocratico ha guadagnato (circa lo 0,3 % ) non rappresentano quello che speravamo.
Forse non siamo stati compresi o forse non siamo degni di questo riscontro elettorale. Oggi, dopo le elezioni, abbiamo comunque fatto una valutazione oggettiva ed abbiamo impostato una stretta alleanza con i colleghi socialisti. Nell'ultimo congresso del Partito socialista è stato ribadito il concetto del riformismo socialista in Italia ed il Partito Socialdemocratico, che è sempre stato riformista, ha un grosso merito nel concetto storico del Paese. Facendo questa considerazione abbiamo ritenuto di dire ai colleghi socialisti che c'è la possibilità di fare nella Regione Piemonte un governo diverso. Si sono formulate proposte e programmi e qualcuno ha voluto ridicolizzarli parlando di collages o roba del genere forse dimenticando di leggere il discorso, che abbiamo voluto cambiato, per quanto riguarda la politica industriale, la casa, la partecipazione che rinviamo ad un programma concreto che intendiamo presentare entro i prossimi 60 giorni. Qualcuno ha detto che i socialdemocratici sono impegnati al 100 %, ma se avessimo partecipato ad una Giunta laica il 100 lo dovevamo avere anche dall'altra parte per questioni numeriche. Sappiamo che andiamo ad assumerci una doppia responsabilità nella Giunta. Non riteniamo di poter dire che questa Giunta risolverà tutti i problemi del Piemonte. Il Presidente Viglione, che guiderà questa Giunta, sa che le difficoltà per uscire dalla crisi non sono superabili facendo uno sforzo soltanto regionale. E' il contesto nazionale, oserei dire internazionale che ci vede coinvolti. All'organo centrale di governo abbiamo chiesto di operare in stretta collaborazione ed attraverso un continuo confronto. Le risorse sono diminuite e i tagli che la legge finanziaria ha determinato alla Regione Piemonte richiederanno una maggiore collaborazione con il Governo. Il problema occupazionale, qualsiasi colore abbia la Giunta, è grave. Nessuno ha la bacchetta magica per risolverlo, i 170.000 disoccupati e cassintegrati sono un problema che si trascinerà per anni, pertanto ci vedrà impegnati in tutto lo sforzo morale e politico che ciascuno di noi può fare. La politica si fa con scelte programmatiche attraverso il rispetto delle persone. Dal dibattito di oggi mi sono reso conto che il rispetto delle persone e dei ruoli politici c'è da una parte, ma ce n'è molto di meno dall'altra. Il rispetto è una condizione indispensabile per unire gli sforzi, per cercare di mediare gli obiettivi e le diverse concezioni della società. Certamente noi faremo il nostro dovere nella Giunta che sta per nascere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Intervengo per una brevissima dichiarazione di voto.
Il nostro atteggiamento non è indifferente rispetto alla ricostituzione di questa Giunta di sinistra. Ciò che ha ispirato in passato il nostro lavoro è stato il tentativo di qualificare la capacità di governo delle forze di sinistra, così faremo in futuro con l'obiettivo di dare un contributo, seppur modesto, perché la sinistra possa ricandidarsi nel 1985 al governo della Regione.
Non nascondiamo l'esistenza di un problema di rapporti politici e che in questa contingenza non ci è stato permesso di portare appieno il nostro contributo. Sui contenuti del documento consentiamo in parte, mentre vi sono alcuni elementi di giudizio che rimangono in sospeso o sono negativi in particolare rispetto a reticenze od omissioni del programma. Questo ci porta ad una sospensione di giudizio che si tradurrà nel voto di astensione. Ma vogliamo dire con chiarezza che non ci faremo da parte, non ci metteremo a fischiare i falli, poiché non è nel nostro costume, ma continueremo a sporcarci le mani, ad essere scomodi quanto serve e a dare il nostro contributo per attuare i contenuti che condividiamo di questo programma. I lusinghieri giudizi che vengono espressi sul lavoro svolto dalla nostra forza politica in questi tre anni non possono che stimolarci a fare meglio e a continuare a tenere un comportamento coerente. Non ci lasciano indifferenti i giudizi, le sollecitazioni e le disponibilità che sono venuti dal Partito socialista e dal Partito comunista. Riteniamo ci siano tutte le condizioni per approfondire e migliorare un rapporto con questi due partiti e, se ci sarà altrettanta volontà politica, riteniamo ci siano le condizioni per recuperare il rapporto a quattro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il dibattito non mi ha totalmente soddisfatto su alcune questioni che ho sollevato a titolo personale e rispetto alla mia esperienza ed al mio collegamento con la società.
Siamo tutti coscienti che la situazione così difficile per il Piemonte si inserisce in un contesto nazionale ed internazionale ancora più complesso e più complesso e più drammatico e che debba essere affrontata con l'apporto, con l'energia e con la disponibilità delle forze progressiste disponibili ad affrontare in termini di giustizia e di vera libertà la crisi.
Esprimerò voto favorevole all'attuale proposta di Giunta anche se è un voto che si dovrà misurare su aspetti qualificanti del programma e su quelle cose che in esso non sono contenute.
Questa maggioranza, con l'apporto del Partito di unità proletaria, ha tutte le potenzialità migliori per rispondere ai problemi a cui prima accennavo. In questo senso il mio sarà un voto favorevole.



BRIZIO Gian Paolo

Chiedo a che titolo ha parlato il collega Reburdo.



PRESIDENTE

Era una dichiarazione di voto. Può farlo benissimo.
Non sapevo che cosa voleva dire il collega. Poteva benissimo dire il rovescio.



BRIZIO Gian Paolo

Chiedo al collega se la sua dichiarazione è a nome del Gruppo o se è dissonanza. Compito del Presidente è anche quello di richiamare i dipendenti regionali ad attenersi al Regolamento.



PRESIDENTE

Infatti, il pubblico in aula è tenuto ad astenersi da ogni manifestazione a favore o contro.



BRIZIO Gian Paolo

Vorremmo anche sapere a che titolo assistono i dipendenti regionali presenti.



PRESIDENTE

Ogni Assessorato provvederà a controllare.
La parola ora al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Il Gruppo del Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale negherà la fiducia all'ipotesi di nuova maggioranza e di nuovo governo votando "no" al nome del Presidente della Giunta e alla lista degli Assessori proposti.
Intervenendo nel dibattito generale abbiamo già ampiamente motivato le ragioni che ci spingono ad assumere questa posizione. Sono motivi che si richiamano a ragioni morali, le quali avrebbero dovuto sconsigliare la riproposizione di una Giunta rossa. Sono motivi di principio che attengono alla struttura partitica stessa che al nuovo esecutivo si è voluto dare.
Sono anche ragioni di merito perché riteniamo che il governo di sinistra sia incapace ed inadeguato, come già è stato dimostrato nel passato, di assolvere agli urgenti compiti ed ai gravi problemi del Piemonte. Ci schiereremo dunque all'opposizione che eserciteremo con rigore e con fermezza, non solo nell'interesse dei nostri elettori, ma anche in rappresentanza di quella più vasta area di destra che in noi si è identificata e che sempre più tornerà ad identificarsi domani.
Vogliamo auspicare che a questo compito attendano senza complici coperture anche le altre forze di minoranza, alle quali intendiamo rivolgere un appello perché si decidano a prendere atto della nuova realtà scaturita dalle vicende della crisi.
Abbiamo davanti una coalizione di potere che, proprio perché è tale, al potere starà abbarbicata sino al 1985. Sarebbe un grave errore, sarebbe un lusso imperdonabile, se alla scadenza elettorale il "fronte delle minoranze" si presentasse diviso, incerto o, peggio ancora, discriminante in forza e sulla base di distinguo che non hanno più ragione d'essere.
Presentarsi all'appuntamento del 1985 divisi vorrebbe dire non tenere conto obiettivamente di tutte le forze che compongono l'opposizione e questa ci sembrerebbe un'imperdonabile leggerezza che ci auguriamo non sia commessa da alcuno.
Se, nonostante questa nostra posizione responsabile, il nostro invito non fosse raccolto e capito o si fingesse di non avvertirlo, dobbiamo dire che allora continueremo la nostra lotta di opposizione al governo di sinistra con uguale spirito, con uguale impegno, di quello degli anni passati in compagnia soltanto delle nostre idee e dei nostri principi.
Quelle idee e quei principi in forza dei quali riteniamo di dover dire adesso un "no" al Presidente ed alla Giunta di sinistra.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Astengo.



ASTENGO Giovanni

Signor Presidente, signori Consiglieri, vorrei intervenire molto brevemente per ristabilire la verità dei fatti, individuare il senso dell'elezione della Giunta, anche per attutire questa specie di convulso tumulto degli ultimi tempi.
Il significato dell'elezione di questa Giunta non è solo un tentativo di pura e semplice ricomposizione, come è apparso a qualcuno, ma è un fatto nuovo, importante nella vita della nostra istituzione. Questo avviene dopo tre anni circa dalla prima riedizione della Giunta di sinistra. In questo periodo la mediazione è stata molto difficile non solo perché esistevano in Piemonte situazioni di estrema difficoltà economica, ma anche perché gli obiettivi non erano stati evidenziati con grande chiarezza e fermezza.
All'inizio si volle quasi dare una sterzata alla Giunta di sinistra della seconda legislatura, mai scalfita dal benché minimo turbamento interno, con un annacquamento generale degli obiettivi che l'avevano guidata.
L'intorbidimento della linea politica ha portato conseguentemente a forti tensioni interne che sono state le vere cause della caduta di questa Giunta che era intrinsecamente debole.
L'elezione odierna significa riportare la Giunta di sinistra nella sua vera funzione di conduzione in senso progressivo, in senso di ricerca di obiettivi nell'interesse pubblico e nell'interesse della classe lavoratrice del Piemonte.
L'operazione di oggi non è una ricucitura, ma è il rilancio della Giunta di sinistra nella Regione Piemonte.
Il Capogruppo Bontempi ha individuato con molta precisione questo significato che il Gruppo Socialista ritiene sia l'unica via da percorrere per ridare fiato alla nostra istituzione, per individuare le operazioni da compiere e i progetti da realizzare ed anche per rivedere le dichiarazioni programmatiche in quelle parti che ancora si presentano caduche. Tutto ci significa slancio, fiato politico e propulsione.
Noi riteniamo che la costituzione di questa Giunta, con gli uomini che la rappresentano, sia l'unica occasione per riprendere questo slancio.
Il nostro Partito è estremamente orgoglioso di aver mantenuto una posizione ferma ed è particolarmente orgoglioso che a guidare questa Giunta sia il compagno Viglione, che è stato il motore della seconda legislatura e che ha dato, a quel tempo, risultati molto consistenti, che si sono voluti appannare nel tempo, ma che ritorneranno ad essere riconsiderati nel ciclo storico del nostro Piemonte come elemento di un processo di sviluppo non accantonabile. Il Partito Socialista, godendo dell'autonomia dei suoi organi e con la consapevolezza dell'importanza di questa operazione di rilancio delle forze di sinistra (alle quali speriamo si aggreghino, come ha recentemente dichiarato Montefalchesi, altre forze di sinistra in una prospettiva di riunificazione completa), ritiene di aver dato un apporto naturale con la speranza che entro 60 giorni si possano risolvere le questioni riguardanti gli Assessorati e vengano dati chiarimenti generali che consentano alla nostra parte politica la massima fiducia in se stessa e nei propri esponenti.
In questo senso formuliamo un voto positivo e i migliori auguri al Presidente ed alla Giunta che stiamo per eleggere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Intervengo soltanto per la veste editoriale di questo dibattito. Noi avevamo già, anticipato le conclusioni, ma visto che ella, signor Presidente, ha avuto la bontà di darci la parola, desidero dire che il nostro voto negativo esce più, motivato dalle dichiarazioni che abbiamo sentito dal Partito Socialista.
Sono dichiarazioni che hanno estremamente rasserenato e che non potevano che venire in questo tono da una persona rettilinea come il prof.
Astengo: non ha cercato di dirci che questa è una Giunta aperta ai laici.
E' una Giunta aperta a Montefalchesi. A questo punto suggerisco agli amici socialdemocratici di non chiedere più le modifiche della legge 56 perch non so che tipo di modifica potrà arrivare.
Apprezzeremo molto se questa Giunta si "caratterizzerà" perché è dalla contrapposizione di posizioni chiare che i protagonisti della contrapposizione trovano argomenti di dibattito politico, il quale pu essere di livello superiore di quello che può nascere soltanto dallo sfruttamento delle "zone grigie" come qualche volta è avvenuto. Attenzione però, se vogliamo rimproverare alla prima parte di questa legislatura la troppa presenza di zone grigie, che hanno permesso che nascesse un "inquinamento" del dibattito politico, ha un senso (e ci aspettiamo di capire nel futuro che cosa significherà chiarire queste zone), se invece l'interpretazione della zona grigia vuol dire riportare la sinistra operaistica, la sinistra che deve farsi carico in primo luogo degli interessi delle classi lavoratrici, dopo le dichiarazioni di voto del Partito Socialdemocratico, il Partito socialista ha voluto accentuare il colore della Giunta che sta per nascere.
Esprimo le mie scuse personali al collega qui presente per un tipo di verbo che ho utilizzato in ordine all'attività posta dai Segretari politici nei confronti della Giunta: se "rapinare" i poteri del Presidente della Giunta non è il termine giusto, chiedo se è giusto "usurpare" come sempre si è fatto contro lo Statuto e lo spirito della Costituzione.
Nell'occasione le chiedo ancora, signor Presidente, che alla fine del dibattito valuti l'opportunità che le deriva dallo Statuto di esprimere la sua personale valutazione sull'iniziativa dei Gruppi di maggioranza di sottoscrivere un documento in cui si anticipano le deleghe che sono di competenza del Presidente della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Il nostro voto contrario è un voto scontato. Le ragioni e le motivazioni le abbiamo illustrate ampiamente negli interventi di oggi ed in quelli precedenti.
Voglio fare soltanto due puntualizzazioni finali. Innanzitutto il Gruppo Democrazia Cristiana, con tutti i suoi componenti, è ampiamente schierato a difesa delle libertà individuali, del rispetto dell'uomo.
In un dibattito acceso qualche battuta può sfuggire, non mi pare n giusto né generoso né accettabile definire "personaggio" il Consigliere Picco che ha pagato di persona per mantenere viva la fiaccola della libertà e delle istituzioni.
Il Gruppo Democrazia Cristiana nel suo complesso si sente fortemente impegnato su questo terreno e non può essere discriminato. D'altro canto il collega Turbiglio (laico e liberale) proprio stamani con il suo intervento ha riconosciuto al nostro partito quello che al nostro partito per la sua presenza e per la sua storia compete sul terreno della libertà e della democrazia.
Vengo al nostro atteggiamento rispetto a questa Giunta. Anch'io, come Marchini, devo dire che la dichiarazione di Astengo raccoglie tutte le nostre motivazioni.
Astengo è stato durissimo definendo gli ultimi due anni di gestione anni infelici, anni improduttivi.
Concordiamo pienamente. Quella che nasce - dice Astengo - è una Giunta di sinistra classica, non più ammorbidita come quella nata nel 1980. Anche questo ci trova pienamente confortati perché questa è anche la nostra convinzione.
E' per questo, caro Cerutti, che non comprendiamo come i socialdemocratici possano sostenerla, come possano parteciparvi dato che è la Giunta del 1975 alla quale vi siete opposti con noi. Non accettiamo una lettura dei risultati elettorali tale da costituire per voi l'elemento di una certa scelta. Questo non è né giusto ne corretto. Dai risultati elettorali emerge invece l'opposto. E' un errore dare una lettura di comodo puntando soprattutto sull'andamento dei due grandi partiti: è quella scelta bipolare che proprio voi contestate.
Un complesso di contraddizioni è alla base della maggioranza che rinasce oggi. E' una scelta sbagliata, non utile al Piemonte.
E qui siamo di opinione esattamente contraria a quella illustrata dal collega Astengo. Per la ripresa ci vuole un approccio diverso, non l'approccio del 1975, in tempi diversi, in condizioni diverse, rapidamente bruciato anche sul terreno delle risorse.
L'approccio di oggi è un approccio di rigore per creare le condizioni della ripresa. Questa maggioranza sta già perdendo dei colpi e lo si è visto dalle incertezze di taluni interventi.



PRESIDENTE

Al collega Marchini devo dire che personalmente non ho partecipato a nessuna riunione di nessun partito, di nessun Gruppo, perciò sono stato estraneo a qualsiasi trattativa.
L'unico documento che ho ricevuto è quello che hanno sottoscritto i colleghi che hanno presentato la Giunta. Il futuro Presidente della Giunta designerà le deleghe agli Assessori.
Spero che il collega Marchini mi voglia dare atto di questo.
Prima di passare all'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta ricordo che l'art. 32 dello Statuto prescrive che "Sulle linee politiche ed amministrative proposte si svolge un dibattito, al termine del quale il Consiglio procede con votazioni successive all'elezione del Presidente e quindi della Giunta. E' proclamato eletto Presidente il Consigliere che ha conseguito la maggioranza assoluta dei voti dei Consiglieri assegnati alla Regione. Ove non sia raggiunta la maggioranza richiesta, l'elezione è rinviata ad altra seduta da tenersi non prima di otto e non oltre quindici giorni".
Passiamo pertanto all'elezione del Presidente: la votazione avviene per appello nominale: dicendo "sì" si intende approvare il programma, il suo contenuto ed il Presidente proposto.
Prego un Consigliere Segretario di procedere all'appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 58 maggioranza richiesta 31 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 25 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere Proclamo quindi eletto Presidente della Giunta il Consigliere Aldo Viglione che ha conseguito la maggioranza richiesta dallo Statuto.
Invito il collega Aldo Viglione a prendere posto al banco della Presidenza della Giunta.



(Il Presidente della Giunta prende posto)



PRESIDENTE

Propongo inoltre che tale deliberazione sia dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62, facendo presente che la proposta deve essere approvata per alzata di mano a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 58 maggioranza richiesta 31 favorevoli 58 Consiglieri Tale deliberazione è quindi immediatamente eseguibile.
Passiamo ora all'elezione della Giunta regionale. Il settimo comma dell'art. 32 dello Statuto recita: "Avvenuta l'elezione del Presidente, il Consiglio procede all'elezione della Giunta a maggioranza semplice, con votazione della lista ad esso collegata".
Pongo pertanto in votazione la lista degli Assessori proposti.
Prego un Consigliere Segretario di procedere all'appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 58 maggioranza richiesta 31 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 25 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere Poiché si è raggiunta la maggioranza richiesta proclamo eletti Assessori i Consiglieri: Rivalta Luigi - Bajardi Sante - Bruciamacchie Mario - Calsolaro Corrado Cerutti Giuseppe - Ferraris Bruno - Ferrero Giovanni - Mignone Andrea Tapparo Giancarlo.
Invito i colleghi eletti a prendere posto al banco della Giunta.



(Gli Assessori prendono posto)



PRESIDENTE

Propongo inoltre che tale deliberazione sia dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62, facendo presente che la proposta deve essere approvata per alzata di mano a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 58 maggioranza richiesta 31 favorevoli 58 Consiglieri Tale deliberazione è quindi immediatamente eseguibile.
La parola ora al neo-Presidente della Giunta, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'elezione della Giunta regionale piemontese cade in un momento di verifica generale della politica del Paese a seguito delle elezioni politiche e del rinnovo di molte amministrazioni locali. Non mi immetto sulla strada dei numeri, non mi domando chi ha vinto o chi ha perso, non mi auguro che un partito sia schiacciato, mi auguro invece il successo di tutti i partiti democratici.
Ringrazio tutte le componenti politiche di maggioranza che si sono riconosciute nel documento programmatico: Partito comunista, Partito Socialdemocratico, Partito socialista ed i partiti di opposizione che con toni diversi hanno voluto portare un contributo critico. Tutti hanno riconosciuto la vastità del confronto nei lunghi mesi dell'attesa.
I Partiti, Comunista, Socialista e Socialdemocratico, hanno oggi ritenuto di procedere agli adempimenti statutari proponendo un documento programmatico, una lista di governo e la conseguente elezione. Non riteniamo che questo sia un atto di arroganza, né tanto meno di affrettata decisione.
Siamo di fronte ad una crisi drammatica, senza precedenti, che occorre affrontare con grande decisione e rapidità.
Occorre prima dì ogni altra cosa riportare immagine e limpidezza velate dai recenti avvenimenti, tutti da chiarire, ma che possono avere messo in dubbio il principio del buon governo delle Giunte di sinistra, del nuovo modo di governare e del nuovo modello di sviluppo. Noi non crediamo che le cose stiano in questo modo. I recenti fatti possono riguardare degli uomini e non risulta che alcun partito od istituzione ne sia coinvolto.
La questione morale è ben altra, è la mediazione tra efficienza ed il principio complessivo dell'onestà del governo. La questione morale tocca il modo di governare, l'esercizio di un rapida potere decisionale, l'assenza di atti meramente discrezionali, l'abbandono di ogni clientela, il perseguimento della giustizia sociale, una politica volta a riequilibrare il territorio, ad affrontare le antiche e nuove povertà, a sviluppare l'economia e l'occupazione. Per risolvere questi problemi, che toccano a fondo la questione morale, occorre vi sia un governo ed un parlamento regionale, cioè che nel loro complesso le istituzioni siano funzionanti.
Questa coalizione non è fallita nelle sue realizzazioni, né nei suoi scopi, ne nei suoi modelli (mi rincresce che Brizio si richiami sempre al fallimento di questa coalizione); ha avuto semmai dei momenti di sosta nel percorso.
Riteniamo, e voi ben lo sapete, che non esistono alternative dal momento che nessun vero programma è stato proposto, né soluzioni diverse con caratteristiche durature e, cosa più importante, fondate su vasto consenso. Ripeto, la situazione è grave, ma tutt'altro che indominabile.
Per parte nostra ce ne facciamo carico con un governo di cui fanno parte il Partito comunista, il Partito Socialdemocratico ed il Partito socialista ma nello stesso tempo vogliamo allargare il consenso ai Gruppi progressisti, ai laici, verso i quali la nostra attenzione ha assunto in determinati momenti caratteri di fraternità, alla Democrazia Cristiana che è e resta un grande partito con il quale abbiamo aperto un dialogo da lunghi anni in sede nazionale.
Abbiamo respinto l'ipotesi formulata dalle forze politiche di governo di rinviare ancora e di abbinare il governo locale a quello nazionale E' un'ipotesi che sovente viene avanzata, ma è stata da noi respinta perché facciamo riferimento al principio della governabilità e dell'alternanza democratica.
Non esiste alcuna democrazia duratura se non vi è alternanza, infatti il cosiddetto bipartitismo imperfetto nostro ha portato a conseguenze di ingovernabilità.
L'alternanza democratica non è matura in sede nazionale, ma è possibile in sede locale.
Le recenti elezioni hanno indicato la possibilità di costruire un'alternativa. Abbiamo già detto che sarebbe stato erroneo, profondamente sbagliato, proseguire sulla strada del rinvio, che ci è stato più volte consigliato, puntando sulla questione nazionale che non può avere implicanza diretta con quella regionale.
La mancata formazione del governo regionale avrebbe aggravato la soluzione nazionale, non avrebbe offerto un supporto istituzionale complessivo per il governo del Paese. Una Regione come il Piemonte non è trascurabile.
A noi pareva vana un'ulteriore attesa che ci avrebbe collocato nel novero delle crisi più lunghe e travagliate, cancellando quell'immagine di un Piemonte austero, autore di realizzazioni storiche inimitabili, di possenti virtù e di dedizione.
Noi non conosciamo l'arte del rinvio, del temporeggiamento né tanto meno avremmo potuto ulteriormente deludere la comunità regionale che da noi attende rapidità di decisione.
Il governo regionale ora è fatto, si è dato un programma con i Gruppi che lo sostengono ed intende realizzarlo. Preciseremo, entro 60 giorni, o meglio con la presentazione del bilancio di previsione 1984, cosa che avverrà entro la fine del mese di settembre, rispettando i termini di legge, le scelte possibili entro il 1985: la politica dei piccoli passi sicura e consolidata.
Noi abbiamo definito questa situazione. "la continuità del cambiamento", sostanzialmente la forma politica rimane, semmai è aperta al consenso di tutte le forze laiche e progressiste. Voi stessi avete potuto constatare quale sia stato il rinnovamento, negli uomini, nei programmi nei metodi di governo, in questi mesi. La proposta che vi sottoponiamo ha lo scopo di affrontare la seconda parte della legislatura, di innovare profondamente, di procedere ad un radicale rinnovamento dell'istituto regionale.
Si è detto da più parti (in Lombardia è aperto un dibattito) che la Regione è stanca istituzionalmente, che soffre già di sclerosi, che ha disperso o vanificato la carica del 1970. Questo non corrisponde del tutto al vero. Forse i processi di trasformazione sono stati lenti, il processo delle autonomie locali, sul quale dovrebbe fondarsi la Repubblica, sono ritardati, vi sono commistioni di competenze e la mano ferrea del Governo è ineliminabile, quasi una sorta di privazione della libertà di decisione e di gestione da parte dell'istituto regionale.
Sono i tempi difficili e duri come questi che inducono a profonde e radicali modificazioni.
Non è stata forse la grande crisi del 1933 che ha scosso l'America di Roosevelt. Il dopoguerra italiano con le fabbriche distrutte? Il miracolo di un popolo povero e disperato? Non vi pare che questa situazione così grave sia l'occasione da cogliere per un grande slancio per un comune ed effettivo rinnovamento della nostra comunità e del nostro Paese? Noi oggi intendiamo sottoporti alla vostra attenzione alcune iniziative molto importanti ed indicare alcuni obiettivi che possono costituire la base di un'intesa. Sappiamo bene che i rapporti Giunta-Consiglio hanno subito con gli anni un logoramento quasi una forma di separatezza e di isolamento.
Ebbene, noi vogliamo superare tutto questo. Probabilmente una delle cause maggiori di questa crisi istituzionale e dei guasti che si sono determinati hanno le loro radici in questo distacco. Ciò vuol dire compiere atti concreti senza blandizie od immotivati rifiuti verso l'opposizione vuol dire un governo aperto al controllo, ad un costante esame, all'apporto dell'opposizione come fattore determinante. Vuol dire procedere in un vero rapporto di collegialità che impedisca il compimento di atti arbitrari meramente discrezionali, clientelari.
Ma tutto questo non è sufficiente per determinare il nuovo modello che vi vogliamo prospettare e che riteniamo abbia dei contenuti nuovi. Se importante è il raffronto tra le forze politiche ed il confronto democratico, altrettanto importante è il rapporto con la comunità esterna e con tutte le istituzioni. Senza questo raccordo non vi potrà essere mai una vera vita democratica. Un armonico disegno che determini i livelli di intervento delle Province, delle Comunità montane, dei Comprensori e le loro attribuzioni resta uno dei nodi fondamentali per un'effettiva partecipazione. La Giunta si impegna a proporre profonde trasformazioni sia per i diversi ruoli, sia per il complessivo processo di delega. L'impegno che ci assumiamo è serio e porta a decisive conclusioni. In questa legislatura noi daremo inizio ad un raccordo generale fra Comprensorio e Provincia, affidando a quest'ultima l'organizzazione interna nell'ambito territoriale e procederemo a delegare in importanti settori competenze e funzioni (abbiamo cominciato a farlo con il disegno di legge sui trasporti). Ciò comporta il trasferimento di non meno di 1.500 operatori regionali di cui 600 già è carente l'organico regionale. Il residuo personale dovrà avere particolari qualifiche e preparazione nell'attività legislativa e di programmazione; elementi fondamentali di una corretta vita regionale che dà gli indirizzi e gli obiettivi e garantisce la gestione degli Enti locali.
Ma tutto questo deve porsi un obiettivo, il riequilibrio economico territoriale al quale non possiamo rinunciare perché è stato l'elemento fondamentale del piano di sviluppo 1975-1980.
Il punto centrale del programma è l'occupazione.
Senza occupazione non vi è nulla: un uomo, un giovane non occupato non conta nulla, diventa un disperato e questo molte volte non viene compreso quando si parla del problema centrale della disoccupazione.
Non si ha riguardo della disperazione del giovane che, uscito dalle scuole, bussa ad ogni porta, percorre ogni via, arriva alla raccomandazione, ma dopo anni è ancora da occupare.
Sono 160.000 oggi i giovani e i meno giovani che in Piemonte non sono occupati. La formazione di questa Giunta assume significato e valore proprio da questo impegno. Per realizzare tutto ciò occorre un forte consenso popolare, una grande unità fra tutte le forze istituzionali sociali e politiche. Noi riteniamo di aver già sperimentato in passato tutto ciò, di aver maturato il consenso su questa linea.
Occorre aver presente che in mancanza di risorse finanziarie è necessario sviluppare iniziative sul territorio offrendo possibilità di coretto utilizzo dei suoli, concordando con gli imprenditori interventi moltiplicatori, sollecitando ogni fatto produttivo, raccordando le volontà che esistono negli ambienti industriali e nei settori sindacali.
La nuova Giunta si impegna a procedere all'esame di tutti gli strumenti urbanistici giacenti entro il giugno 1984. Entro tale data la Giunta si impegna ad esaminare e a decidere in ordine a tutte le pratiche giacenti nei vari uffici regionali.
E' una sfida, ma tempi duri ed amari come questi ci danno la forza e la volontà di assumere queste decisioni. Il programma presentato, se sarà attuato, attiverà almeno 40.000 posti di lavoro entro il 1985.
Aspettiamo prima di giudicare, perché la superficialità di un giudizio dato ora potrebbe trasformarsi in un'autocritica dopo.
La Regione, con le sole risorse, non può risolvere questa difficile situazione: occorre l'impegno politico di tutte le istituzioni ed un accordo tra tutte le categorie imprenditoriali. E' sufficiente pensare all'approvazione di circa 800 strumenti urbanistici giacenti per comprendere il valore di questo impegno.
Ogni giorno sul tavolo dell'Assessore all'urbanistica se ne aggiungono a decine. Molti Comuni e Comunità montane hanno proposto piani urbanistici (l'ultimo è quello di Castelnuovo Don Bosco). Certo, la legge urbanistica per favorire lo sveltimento delle procedure deve essere modificata.
C'è stata una crescita culturale; occorre il falso storico secondo cui la legge 56 ha rallentato tale crescita e l'organizzazione del territorio di cui è stata, semmai, autrice.
In una società moderna le condizioni si modificano, nessuna condizione è statica, una società muta ogni anno. Il Giappone, per esempio, si è ripromesso di produrre entro un anno supercalcolatori mille volte più potenti di quelli attualmente sul mercato. In un panorama simile che cos'e la modifica della legge 56? Anzi, la modifica della legge urbanistica deve essere affrettata perch le situazioni cambiano di mese in mese. Accanto a tutto questo dobbiamo attivare la formazione professionale di massa. Anche il Governo Mitterrand ha lanciato la formazione professionale di 20 milioni di operatori per il 2000. Non si tratterà del solito rapido corso, ma di una formazione umana e professionale che coinvolgerà non meno di 30-40.000 giovani.
Si tratterà di potenziare le scuole esistenti assegnando risorse adeguate soprattutto nel campo della telematica dei supercalcolatori. La Regione non potrà però affrontare e risolvere da sola un problema di questa vastità. Occorre fare riferimento alle forze produttive, agli artigiani che vedono la rivalorizzazione del lavoro manuale e dell'apprendistato, al comparto commerciale, ai centri di esportazione, al raccordo con gli organismi internazionali ed europei, come la CEE ed il BIT ed al sindacato.
Il Piemonte deve divenire un laboratorio in grado di essere competitivo all'interno dell'Europa ed anche all'esterno con l'America e con il Giappone.
La robotistica, la telematica, la scienza dell'informazione sono penetrate anche nelle piccole fabbriche e questa Regione deve essere "esperimento di laboratorio" modello per le altre Regioni italiane e non solo italiane.
Questo modello di per se stesso porta alla riduzione dell'occupazione ma sviluppo, formazione della ricchezza ed allargamento dell'area economica favoriscono un'ulteriore occupazione, per cui vanno respinte le tesi che bocciano le novità tecnologiche nell'industria come elementi di rottura.
E' prioritaria anche la scelta della salute.
E' in atto una fase di trasformazione. La congiunzione fra i servizi sul territorio e gli ospedali è in fase di ripensamento non soltanto in Piemonte ma in tutto il Paese.
Signor Presidente, signori Consiglieri, i tempi sono così gravi e così pieni di tempesta da richiedere il massimo impegno e la massima decisione.
I tre partiti hanno dimostrato di volere la formazione di questo governo regionale con fermezza, con chiarezza e soprattutto con grande spirito di fratellanza. Hanno confrontato i programmi, si sono dimostrati aperti alla partecipazione ed alle decisioni da parte di tutte le forze che compongono il Consiglio regionale. Con questo spirito noi ci accingiamo ad assumere le responsabilità di questo governo.



PRESIDENTE

Formulo a nome di tutti i Consiglieri gli auguri di buon lavoro al Presidente della Giunta ed ai colleghi Assessori. Il Consiglio sarà convocato a domicilio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 16)



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