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Dettaglio seduta n.195 del 30/06/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute ", non essendovi osservazioni, il processo verbale dell'adunanza consiliare del 15 giugno 1983 si intende approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto se secondo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che ha chiesto congedo il Consigliere Salvetti.


Argomento:

b) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 9 e 14 giugno 1983 - in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6/11/1978, n. 65 - sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento:

c) Ordinanza del Pretore di Dogliani


PRESIDENTE

Comunico inoltre che il Pretore di Dogliani, con ordinanza in data 9 giugno 1983, ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale degli art. 48, primo comma e 55 della legge regionale 5/12/1977, n. 56 "Tutela ed uso del suolo" nella parte in cui assoggettano l'apertura e l'esercizio di cava, già sottoposti a necessaria autorizzazione dalla legislazione regionale di settore, a concessione edilizia, in relazione agli art. 41, 42, 117 e 123 della Costituzione ed agli art. 4 e 5 dello Statuto della Regione Piemonte.


Argomento: Commemorazioni

d) Commemorazione del Procuratore Capo Bruno Caccia


PRESIDENTE

Alcuni giornali hanno dato comunicazione che questa mattina il Consiglio regionale avrebbe commemorato il Procuratore Capo Bruno Caccia ma la commemorazione ha già avuto luogo lunedì 27 u.s, congiuntamente con il Consiglio comunale ed il Consiglio provinciale di Torino.
Il dott. Bruno Caccia è stato invece commemorato nella sede in cui si svolge il processo alle BR alle Vallette.
Il sottoscritto ha partecipato in vece dell'Assessore anziano Aldo Viglione.
Le comunicazioni sono così terminate.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo all'ordine del giorno: "Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale" In merito vi do lettura dei primi tre commi del citato art. 32: "Il Presidente e la Giunta sono eletti dal Consiglio nel suo seno con votazione per appello nominale.
L'elezione avviene a seguito di presentazione di un documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione, con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative, il Presidente e l'intera lista degli Assessori.
Sulle linee politiche ed amministrative proposte si svolge un dibattito al termine del quale il Consiglio procede con votazioni successive all'elezione del Presidente e quindi della Giunta".
Comunico che fino a questo momento non è pervenuto all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale nessun documento, quindi non sarà possibile procedere all'elezione degli organi statutari.
Nel corso della conferenza dei Capigruppo di martedì scorso si stabilì che ogni Gruppo avrebbe fatto le proprie dichiarazioni.
Ha pertanto la parola il Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, superata la fase elettorale i cui risultati alcuni attendevano per costituire la Giunta regionale vogliamo aprire questo intervento dicendo non retoricamente che bisogna fare presto. La macchina regionale è al collasso e gravi sono i riflessi a livello economico e sociale; un ulteriore ritardo non farebbe che aggravare il già difficile rapporto tra le istituzioni e la società; difficoltà di rapporto che è emersa anche nella consultazione elettorale che ha visto le astensioni dal voto in Piemonte molto più accentuate rispetto alla media del Paese.
Il nostro Gruppo con i Gruppi del Partito socialista e del Partito comunista aveva presentato un programma ed aveva affermato l'esigenza di non attendere il responso elettorale per ricostituire la Giunta regionale invece qualcuno ha voluto attendere senza peraltro ottenere dei grandi premi dall'elettorato. In questi giorni a livello sociale vengono a scadere appuntamenti importanti quali l'accordo Fiat che prevede il rientro dei lavoratori in cassa integrazione e che non possono vedere assenti le istituzioni. Ma un altro fatto gravissimo e preponderante rispetto agli altri ci induce a dire, senza retorica, che bisogna fare presto: l'assassinio del Procuratore Capo Bruno Caccia testimonia il riemergere del terrorismo a Torino e in Piemonte.
E' un'emergenza che pensavamo di aver superato e che invece si ripropone aggravata perché, come viene confermato dalle recenti indagini sulla camorra, vi è una commistione tra terrorismo e delinquenza comune.
Bisogna togliere al terrorismo la possibilità di far leva su una situazione sociale degradata nella quale il nuovo terrorismo potrebbe pescare per reclutare altri aderenti e per portare avanti un folle e triste disegno. Mi auguro che quei segnali che i giornali annunciano per ridare un governo alla Regione emergano da questa che è la sede appropriata dove deve essere ricostituita la Giunta regionale. Abbiamo già affermato che allo scandalo la sinistra deve rispondere recuperando contenuti di rinnovamento e trasformazione, nei programmi e nei metodi di governo. Per questo prima delle elezioni abbiamo detto che bisognava ricostruire subito la Giunta di sinistra su contenuti chiari, per questo abbiamo presentato con Partito comunista e Partito socialista un programma.
I risultati elettorali confermano l'esigenza di ricostituire Giunte di sinistra. Il popolo italiano, con la sconfitta della Democrazia cristiana ha detto una cosa inequivocabile: bisogna cambiare, c'è l'esigenza di un profondo processo di cambiamento nel nostro Paese. Ma la sinistra deve riflettere in particolare sul fatto che non ha saputo beneficiare appieno di questa esigenza espressa dalla società italiana e non ha saputo riempire di contenuti la proposta dell'alternativa per il governo del nostro Paese.
In questa tornata elettorale è stata espressa fiducia alla sinistra e la sinistra a livello locale è quindi chiamata a dare delle risposte chiare con contenuti di rinnovamento e di trasformazione che stimolino la partecipazione della società.
Questo è l'insegnamento che la sinistra deve trarre dalle elezioni per potersi ricandidare nel 1985 alla guida degli Enti locali e alla guida del Paese. Sono necessari schieramenti chiari, omogenei, basati sulle forze di sinistra. Per questo invitiamo tutta la sinistra a non farsi cogliere dalla tentazione di rincorrere partiti che in qualche modo hanno raccolto i successi elettorali su proposte moderate e di conservazione che ovviamente non possono provocare altro che divisioni nella sinistra.
Siamo per la ricostituzione della Giunta di sinistra qui e nel Comune di Torino. Abbiamo presentato una proposta ed un programma. A quel programma ci ancoriamo e da quei contenuti partiamo per dare il nostro contributo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Il risultato delle elezioni politiche anticipate - risultato al quale si è voluto strumentalmente legare la soluzione della crisi regionale, così accantonando nel tempo, con cinismo e con incoscienza, i molti gravi ed urgenti problemi del Piemonte - questo risultato, dicevamo, è ormai conosciuto ed assimilato, anche se, forse, non da tutti ben digerito.
Crediamo sia doveroso, oltreché legittimo, dedicare alla sua interpretazione almeno per la parte che riguarda il Movimento Sociale Italiano, qualche parola di questo nostro intervento, prima ancora di vedere in che modo ed in quale misura il responso delle urne potrà (o potrebbe) venire ad incidere sulla realtà della Regione. Il successo della Destra Nazionale è stato, finalmente, netto e non contestato; lo hanno dovuto riconoscere tutti, dalla radio alla televisione, dalla stampa italiana a quella estera, dai leaders dei partiti avversari ai politologi delle più diverse scuole.
E' stato, questo successo, un premio alla coerenza ed al coraggio dei nostri ideali che, nella buona e nella cattiva sorte, mai abbiamo mancato di sempre onorare. Ed è stato, insieme, un riconoscimento alla bontà dei nostri programmi concreti: per la questione morale, per la riforma costituzionale, per l'impegno sociale verso il mondo della produzione e del lavoro.
E' dunque fallito - anche questa volta, ma questa volta crediamo in modo definitivo - il tentativo, pervicacemente portato avanti da oltre 35 anni, di spazzarci via, di ridurci al silenzio, di costringerci nel ghetto: lo diciamo senza alcuna iattanza, senza alcun trionfalismo, senza alcuna tracotante vanteria, ma nella serena convinzione che, adesso, non sarà più possibile ignorare dovunque, anche all'interno di questa assemblea - il democratico contributo di opposizione positiva, di critica costruttiva, di proposta alternativa, espresse da una forza politica che rappresenta il quarto partito nazionale che raggiunge oltre il 7%, dell'elettorato, che dà voce alle attese ed alle speranze di più di 2 milioni e mezzo di italiani.
Questa è la vera "novità" scaturita dalle urne : e su questa realtà diversa noi chiamiamo a riflettere le altre parti politiche.
Si è voluto osservare che (come le schede bianche, come le schede nulle) i voti dati al Movimento Sociale Italiano non sono di adesione o di consenso, ma di pura protesta. In parte può anche essere vero. Ma, se pure lo fosse, questo dimostrerebbe soltanto che noi siamo riusciti a diventare gli interlocutori privilegiati di un popolo giustamente indignato dagli errori e dai soprusi della partitocrazia e del malgoverno. Sta a noi semmai, sta alla nostra capacità, al nostro impegno, alla nostra fantasia operare così all'esterno quanto all'interno di questo partito - perch anche la protesta emotiva di oggi abbia domani a trasformarsi in adesione ed in consenso convinti: e, in questa direzione, il nostro impegno sarà totale.
Venendo poi ad esaminare i risultati elettorali secondo l'ottica regionale, dobbiamo subito dire che siamo rimasti stupiti e sorpresi nell'ascoltare da taluni pulpiti come il voto del 26 giugno andrebbe e dovrebbe essere interpretato quale indicazione per una riconferma del governo di sinistra.
La dialettica, si sa, e quella politica in particolare, consente una varietà infinita di interpretazioni. E' anche vero, però, che soltanto la fredda eloquenza dei numeri permette l'accertamento di una verità univoca: ed a quest'ultima noi vogliamo rifarci.
Orbene, che cosa ci dimostrano le cifre? Che in Piemonte (voti per la Camera dei Deputati) il Partito Comunista ha perso lo 0, 5%, cui deve assommarsi la perdita dell'1.7% ottenuto dal Partito di unità proletaria nelle precedenti elezioni politiche; e che il Partito Socialista, nell'intero territorio regionale, è andato avanti soltanto dello 0,1%. Quindi, per la sinistra, un regresso globale di oltre 2 punti sul 1979.
Se poi prendiamo il risultato di Torino Città (sempre per la Camera dei Deputati) la tendenza al ribasso si accentua. Infatti, il Partito comunista (che in apparenza guadagna lo 0,2%) in realtà non ottiene tutti i voti già presi dal Partito di unità proletaria (1,4%) e deve quindi registrare una perdita dell'1,2%; ed il Partito socialista cala, a sua volta, dello 0,7%.
In totale, per le sinistre, quasi 2 punti in meno del 1979.
Infine, se ci rifacciamo al risultato delle regionali 1980, anche più consistenti sono le perdite: Partito comunista - 2,4% più uno 0,7% del Partito di unità proletaria, uguale a - 3,1%; Partito socialista addirittura - 5,5%. Totale: - 8,6%, ai partiti di sinistra.
Quanto ai socialdemocratici, il Partito socialdemocratico perde a Torino lo 0,5% sulle politiche 1979 e l'1% sulle regionali 1980.
Se questi dati sono esatti (e sfidiamo chiunque a contestarli) far balzare fuori una conferma della passata e travolta "Giunta rossa" ci sembra veramente essere un gioco di prestigio ma, soprattutto, una forzatura arrogantemente tentata in dispregio del voto popolare. Abbiamo più volte ripetuto, nel passato, che la formula del governo di sinistra privata dell'apporto socialdemocratico - era improponibile per ragioni morali, per ragioni logiche, per ragioni numeriche. Diciamo ora che la formula del governo di sinistra - anche se dovesse venir numericamente rinvigorita dal Partito socialdemocratico e, quindi, risultasse realizzabile - sarebbe comunque una soluzione che i piemontesi, ed i torinesi in particolare, hanno già dimostrato di condannare: una soluzione pertanto, anti-responso elettorale, anti-giudizio popolare, antidemocratica in una parola.
Quali le alternative possibili a questo stato di cose? La ragguardevole avanzata del Partito Liberale e, soprattutto, del Partito Repubblicano parrebbero avallare l'ipotesi di una formula pentapartita: alla quale, lo aggiungiamo per inciso, il Movimento Sociale Italiano non voterebbe certo la propria fiducia; ma di cui sarebbe disposto, tuttavia, a considerare, se pur criticamente, l'operato, per il solo fatto che, con essa, verrebbe allontanato dal potere il Partito Comunista. Sennonché, il pentapartito ci sembra oggi improponibile non tanto per la sinora dichiarata indisponibilità del Partito Socialista (che stante le caratteristiche di quel partito, potrebbe venir tranquillamente e disinvoltamente rimangiata, ove soltanto se ne riscontrasse la convenienza); quanto piuttosto per il crollo elettorale della Democrazia Cristiana, che ha toccato punte del 6% in Regione e del 7%, a Torino, solo in parte riassorbito dai partiti laici.
Anche questa strada, dunque, ci sembra impercorribile.
Né diverso credito ci sentiamo di dover concedere ad ipotesi di governi istituzionali (già respinti dal Partito Comunista e, se i colleghi ce lo consentono, anche dal Movimento Sociale) o di giunte laiche minoritarie, in teoria possibili, ma che nei fatti, poi, non hanno alcuna possibilità di formarsi. Che resta, allora, anche alla luce delle recenti elezioni? Resta soltanto l'ipotesi di uno scioglimento del Consiglio regionale e di un ricorso anticipato alle urne, come da noi sostenuto sin dall'inizio di questa lunga e tortuosa crisi. Ipotesi che - a questo punto, in questo momento, da questa sede - il Movimento Sociale Italiano richiama all'attenzione del Commissario di Governo: il quale, a nostro avviso, a parte la formale lettera di sollecito inviata alla Presidenza del Consiglio, è rimasto anche troppo a lungo a guardare l'accertata ingovernabilità di questa Regione e finalmente dovrebbe farsi carico delle iniziative che gli competono, per porre fine allo stato di paralisi le cui conseguenze, sul piano sociale come sul piano amministrativo, come sul piano economico, sono avvertite pesantemente da tutto il Piemonte. Nuove elezioni, dunque.
Sappiamo che non sono la sola via d'uscita perché altre ne possono venir escogitate.
Ma sappiamo anche che sarebbero l'unica soluzione corretta per rispondere a quell'esigenza di rinnovamento, di pulizia morale, di ordine che il voto del 26 giugno ha reso ancor più evidente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Se la normalità avesse accompagnato i lavori della nostra assemblea questo Consiglio alla data odierna avrebbe già dovuto discutere l'assestamento di bilancio, il rendiconto consultivo generale, lo stato d'attuazione dei programmi regionali, ma la normalità non è conosciuta da questo Consiglio ormai da quattro mesi ed alle gravi inadempienze statutarie si aggiunge la paralisi amministrativa che ha contribuito a far cadere l'immagine della Regione Piemonte, immagine già pesantemente offuscata dai fatti tuttora all'attenzione della Magistratura.
Nel contempo opera un esecutivo che speriamo non si arroghi il diritto di decisioni politiche importanti e di ampia portata. Ho esaminato velocemente le delibere che la Giunta ha assunto con i poteri del Consiglio. Esse rispondono ad argomenti che vorremmo qualificare di ordinaria amministrazione o, quando non abbiano questa caratteristica, mi risulta siano state portate all'attenzione delle Commissioni competenti (questo è avvenuto per quanto riguarda la II Commissione). Dunque, questo esecutivo è costretto ad operare nell'ambito del giorno per giorno confermando un metodo di gestione che abbiamo contestato alla precedente Giunta che tuttavia agiva in un ambito di legittimità politica che evidentemente non si può riconoscere all'attuale esecutivo. Questa nostra diffidenza prescinde dagli impegni personali del Presidente Viglione e degli Assessori dimissionari che agiranno sicuramente al massimo delle loro possibilità.
Riteniamo che questo Consiglio abbia ormai esercitato un'eccessiva tolleranza rispetto ad una situazione che lo priva delle sue funzioni essenziali di indirizzo e di controllo, mentre le Commissioni consiliari o non si riuniscono o, quando lo fanno, il clima di abbandono e di inutilità che caratterizza le sedute indica la stanchezza e presto, per quanto ci riguarda, il rifiuto ad operare in un quadro di instabilità che non ha più giustificazione.
Ci sembra molto strano che siano i partiti della sinistra a tergiversare (avendo la parola per prima non so che cosa diranno questi partiti: il mio unico riferimento è sempre e soltanto il collega Montefalchesi che per la verità nei confronti della sinistra è assai più rigido e severo della sottoscritta) in una situazione così confusa nella quale un'ombra di esecutivo brancola obbligato alla ricerca costante di legittimità giuridica e le funzioni istituzionali sono bloccate e per questo negatorie di quella gestione democratica alla quale è prioritariamente ispirato il nostro Statuto. A quattro mesi dalla crisi, ci rammarichiamo che le forze politiche di questo Consiglio, al di fuori dei colleghi del PLI, non abbiano saputo cogliere l'utilità della nostra proposta di accordo istituzionale che avrebbe da tempo ricondotto alla normalità le funzioni generali della Giunta e del Consiglio e soprattutto oggi ci consentirebbe di valutare il quadro politico nuovo determinato dalla recente consultazione elettorale con un occhio attento, ma non frettoloso o speculativo o ancora dilatorio, magari in attesa che a Roma si formi il Governo. Noi questo non l'accetteremo perché un governo è necessario, perché la situazione economico-sociale del Piemonte è costantemente grave (e l'autunno deve trovare delle forze politiche capaci di affrontare una situazione che potrebbe anche presentarsi più grave) perché la recrudescenza del terrorismo, che ha visto cadere una vittima illustre quale il Procuratore Capo Bruno Caccia, esige una presenza credibile della Regione Piemonte, capace di affrontare in condizioni di stabilità e di solidarietà l'offensiva di sangue che ha ripreso lo slancio.
In questo senso abbiamo recentemente riproposto, e lo riproporremo ufficialmente, al PLI ed al Partito socialdemocratico di riprendere un dialogo che avevamo avviato, che sul problema istituzionale aveva già ottenuto un consenso. Ci auguriamo che questo dialogo possa rafforzarsi in questi giorni e fare molta strada in vista di una soluzione che riteniamo possibile alla Regione Piemonte nella quale le forze laiche abbiano quel consenso che la recente consultazione elettorale ha a loro affidato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, riprendiamo oggi il dibattito sulla formazione della Giunta regionale a pochi giorni di distanza da una significativa tornata elettorale che non può non avere un riflesso sulle nostre discussioni e su questo dibattito. E' pur vero - come è stato ricordato dal collega liberale in sede di conferenza di Capigruppo - che oggetto del nostro Consiglio è la formazione di un esecutivo e la discussione di un documento programmatico che non c'è, essendo stato respinto quello presentato dal Partito comunista e dal Partito socialista e non essendo formalmente presentato quello che il Gruppo della Democrazia cristiana ha fatto pervenire come base di discussione e di incontro ai Gruppi consiliari. Ma è altrettanto vero che una consultazione elettorale come quella del 26 giugno, per gli elementi che ha innescato nel quadro politico italiano, non può non trovare un'eco in questa sede, seppur in termini succinti. Si è trattato di un risultato elettorale problematico di interpretazione e per certi aspetti difficile.
Tra gli elementi su cui dovremmo riflettere vi è il voto di protesta di non comprensione per questa consultazione elettorale anticipata che è sfociata in un voto sulle propaggini estreme del quadro politico e nelle schede bianche e nulle.
Questa percentuale ormai non può essere trascurata dalle forze politiche e deve preoccuparci per un recupero di fiducia, di rapporto con la società, per un impegno di coerenza propositivo, ma soprattutto risolutivo dei problemi.
Con soddisfazione abbiamo visto crescere i consensi verso quell'area socialista e laica che per noi è stata sempre un punto di riferimento costante. Anche se per il nostro partito l'incremento è stato inferiore a quello di altri ed anche alle nostre stesse aspettative (le cui ragioni dovremo attentamente valutare anche in chiave autocritica), indicativa e significativa è la crescita globale di questo polo che - ritrovando una comune base di intenti e di contenuti può sbloccare il sistema politico italiano per un recupero verso lo sviluppo.
Ciò conferma anche l'indicazione che a più riprese in quest'aula noi socialdemocratici abbiamo dato ed è anche la conferma che questa indicazione è stata compresa e condivisa dalla popolazione, seppure in un quadro strategico che dovrà ancora acquistare immagine, elementi interni e contorni più definiti. Per converso dobbiamo registrare ancora la sostanziale tenuta, pur con alcune flessioni, del Partito comunista ed il forte calo della DC, che stenta sempre più a mantenere quelle aree di consenso che avevano caratterizzato il suo elettorato tradizionale.
Questo è certamente un quadro schematico, che forse può non essere condiviso ma, a nostro avviso, queste sono le linee di tendenza che si colgono e che peraltro possono essere confermate anche da quella intelligente analisi che e stata fatta l'altro giorno sul "Sole 24 Ore" da Maria Weber utilizzando il calcolatore dell'Università di Milano.
Per ciò che può rilevare a livello regionale poiché noi sostenevamo che aspettare il giudizio degli elettori non era cosa da trascurare - ci pare che l'esperienza amministrativa di questi anni alla Regione Piemonte non sia uscita penalizzata dal risultato elettorale, ma, per alcuni versi, anzi confermata; semmai, viene sottolineata l'opportunità di un suo allargamento, cosa che abbiamo sempre perseguito in questi anni.
Soprattutto emerge la necessità di un rapporto più stretto tra i partiti di area socialista e laica, i quali, partendo da una piattaforma accomunante, vadano al confronto con le altre forze politiche.
E' una tesi che in questi mesi abbiamo sempre sostenuto a chiare lettere, senza equivoci, quando dicevamo di non rinnegare l'esperienza di questi anni o anche di ripercorrerla; però, partendo da un rapporto preferenziale tra i partiti socialisti, cioè con premesse diverse. Per questo dicemmo "no" al precedente tentativo, in quanto appunto partiva da condizioni e premesse di natura diverse. Cosi come partiva da contenuti diversi, poiché quel contenuto non poteva in molte parti trovarci consenzienti, mentre mancavano alcune indicazioni per noi fondamentali. Già oggi, all'indomani del risultato elettorale, abbiamo avuto un incontro con il Gruppo socialista, che ha ribadito la propria scelta annunciata in questo Consiglio nei mesi scorsi; scelta che finisce per diventare un elemento con il quale occorre confrontarci. Pur lasciando agli organi del mio partito, che si riuniranno lunedì prossimo, la precisazione della decisione ultima, ci pare che non ci sia oggi altra strada politicamente percorribile che non quella di riprendere l'alleanza di questi tre anni, se pur rinnovata per intenti e volontà. Qualora si concretizzino le condizioni politiche e programmatiche, credo che entro la metà di luglio si potrà dare al Piemonte un governo stabile ed autorevole in grado di affrontare i problemi economici e sociali, soprattutto in grado di ridare alle istituzioni consiliari autorevolezza e capacità decisionale.
Su questa strada andremo al confronto politico sui programmi, con gli altri partiti laici prima e con la DC poi, soprattutto facendoci carico del fatto che questa situazione di stallo non può andare oltre e che non si pu giocare sui veti incrociati. Vi è la necessità di dare un governo alla Regione, specie dopo i gravi fatti di terrorismo avvenuti in un momento di scadenza elettorale (fatto del tutto nuovo ed inusato): essi sono andati a colpire una Magistratura che in questi anni è sempre stata in prima linea nella lotta contro il terrorismo, contro la droga, contro l'inquinamento delle istituzioni. Tuttavia in questo quadro gravissimo occorre dire che bisogna coprire i vuoti istituzionali: non si possono lasciare dei vuoti in questo momento assai delicato per la tenuta democratica ed economica della Regione. Ci faremo responsabilmente carico della necessità di dare un governo alla Regione, seppur forse potrebbe non essere questa la soluzione ideale che avremmo auspicato. Riteniamo tuttavia che altrettanta sollecitudine vi debba essere anche per il Comune. E' per questo che invitiamo socialisti e comunisti a dare una soluzione organica e stabile a questo Ente per il quale il ragionamento attorno al blocco delle attività ai meccanismi indotti per l'economia piemontese valgono ancor più che non per la Regione. Con queste indicazioni nei prossimi giorni andremo al confronto con le altre forze politiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

All'inizio di questo dibattito pareva che gli argomenti sui quali dovevamo ragionare fossero quattro: la mancanza di una proposta di Giunta e di programma il risultato elettorale il documento proposto dalla Democrazia cristiana l'uccisione del Procuratore Capo Bruno Caccia.
Si è invece introdotta a sorpresa, stravolgendo la logica dello Statuto, la dichiarazione del collega Mignone.
Devo richiamare il Presidente che ha il dovere di essere Presidente di tutto il Consiglio e non soltanto di un arco del Consiglio. Quando, signor Presidente, le ho ricordato che lei qui come tutore dello Statuto non deve acconsentire a che si forzino le decisioni delle forze politiche e dei Gruppi che devono dare un'indicazione di programma, non ho visto così sbagliato. Signor Presidente, manca il documento previsto dallo Statuto manca l'indicazione del Presidente prevista dallo Statuto, manca l'indicazione degli Assessori prevista dallo Statuto e lei ha consentito che di fatto si desse corso alla soluzione della crisi politica della Giunta regionale.
Debbo dirle con assoluta franchezza, signor Presidente, che il Gruppo liberale non consentirà oltre che i lavori in quest'aula vengano condotti cosi come troppe volte sono stati condotti.



PRESIDENTE

Non accetto queste dichiarazioni.



MARCHINI Sergio

Le chiedo scusa a titolo personale. Il Capogruppo del Partito socialdemocratico ha fatto una proposta politica, ha indicato un'inversione di comportamento non attraverso le forze e gli strumenti indicati dallo Statuto, ma utilizzando un tempo che non è destinato a questo, stravolgendo lo Statuto e non rispettando questa assemblea. Lei non è intervenuto e io la richiamo al dovere che lei aveva, secondo gli accordi.



PRESIDENTE

Collega Marchini, non posso permetterle di parlare in questo modo. Io ero d'accordo che si esprimessero i punti di vista dei Gruppi. I Capigruppo erano presenti ed hanno acconsentito. Mi creda, anch'io sono sorpreso di queste dichiarazioni.



MARCHINI Sergio

Le chiedo scusa di aver trasformato un giudizio di fatto, sul quale lei acconsente, in un giudizio di valore sul comportamento del Capogruppo socialdemocratico.
Torneremo sul contenuto, collega Mignone, e spiegheremo all'assemblea perché per alcune riunioni di Capogruppo il Gruppo Partito socialdemocratico ha ritenuto di non essere presente.
La mancanza del documento è un dato di fatto sotto gli occhi di tutti il cui significato politico incomincia in tutta la sua importanza.
Ci sono state le elezioni. Anche questa Regione e questa istituzione si aspettavano di capire se a metà del corso della legislatura fosse opportuno aggiustare il tiro dei nostri comportamenti rispetto alle indicazioni degli elettori. Questo non e esattamente proprio, ma possiamo pensare che non sia molto improprio.
Il risultato delle elezioni è univoco, è di grande portata. Non cerchiamo di minimizzarlo portando a casa, immediatamente, una certa manciata di danaro - mi consenta il Gruppo socialdemocratico -. O cerchiamo di capire che cosa e avvenuto a livello nazionale, non tanto sui consensi collega Mignone, ma su quella parte di elettorato che ha ritenuto di non riconoscersi più nel nostro sistema. Ho l'impressione che i destinatari delle non sconfitte elettorali (in questo arco ci sta anche il Partito socialdemocratico) abbiano la grande responsabilità di misurare con molta attenzione i loro comportamenti futuri. Le furberie delle forze politiche non sono più accettate dai nostri cittadini e non sono più accettate dal nostro Paese. La perdita di forza della Democrazia cristiana insieme al numero dei non votanti in Piemonte (500 mila) sui quali bisogna riflettere.
Questa legislatura dovrà avere una capacità di governo nei prossimi cinque anni del tutto nuova e molto più significativa di quanto non abbia avuto in passato. Perciò l'interpretazione del messaggio nazionale, caro Mignone non si fa in 48 ore, ma si fa meditando gli organi di partito, valutando le cose che si debbono fare. Se è vero, come è vero, che non esistono le condizioni per un governo con il Partito socialista e Partito comunista rispetto ai problemi che abbiamo a livello nazionale, questi due partiti con il Partito comunista ed il PRI non avranno più un peso marginale nel governo del Paese, ma un peso centrale, determinante.
La battaglia per la pari dignità contro la Democrazia cristiana è stata vinta in queste elezioni. Allora, se siamo diventati la forza centrale nel Paese, sia pure nella nostra diversità e nella nostra conflittualità abbiamo il dovere di prudenza, di meditazione nell'assumere le nostre decisioni, quindi non possiamo leggere i risultati il martedì e prendere gli accordi il mercoledì per fare una Giunta di sinistra in Piemonte: questo vuol dire giocare con i risultati, oppure giocare con i presupposti dei risultati, con le promesse che si sono fatte nei confronti degli elettori.
Il documento della Democrazia cristiana se formalmente non è proponibile ha diritto ad una risposta in questa sede. Il nostro giudizio è insieme positivo e di sospensiva: è positivo in quanto la Democrazia cristiana ha deciso di prendere un'iniziativa pragmatica e di proposta politica ed è apprezzabile perché esprime una valutazione su tutti i principali problemi della Regione, indica con prudenza lo sbocco politico del ragionamento programmatico e non ha alcuna volontà né di egemonia, n di presenza. Mi pare che il Gruppo della Democrazia cristiana vada ringraziato per questo contributo. Questo documento ha però il limite di non aver considerato i tempi brevi in cui deve essere attuato, 24 mesi quindi dovrebbe essere leggibile attraverso una scaletta di priorità e di importanza.
Probabilmente se ci fossero state le condizioni politiche per trasformare il documento in un programma di proposta di maggioranza si sarebbe potuto integrare per questa parte.
E' stato ucciso il Procuratore Capo della Repubblica Bruno Caccia. Si è tenuto un Consiglio regionale molto importante che sul piano formale immediatamente ha messo a fuoco i ritardi e le nostre responsabilità. Se era un Consiglio regionale come tale doveva essere condotto, se invece era una cerimonia doveva avere come rappresentante della Regione il suo Presidente. Non voglio fare una polemica, ma un momento cosi delicato come quello in cui viene ucciso il Procuratore Capo della Repubblica di Torino l'istituzione principale del territorio, manca del proprio rappresentante investito nella pienezza dei suoi poteri, mi ha riproposto un interrogativo.
Perché muoiono tanti giudici? Muoiono tanti giudici perché la Magistratura ha dovuto farsi carico delle vacanze, delle insufficiente e delle inadempienze della classe politica. La responsabilità della morte di Caccia e degli altri Magistratura in termini politici attiene alla classe politica. Le riforme più significative del nostro ordinamento giuridico non le ha fatte il Parlamento, ma le ha fatte la Corte Costituzionale.
Ricordiamoci che nei confronti del terrorismo ha giocato l'elemento repressivo ed inquisitorio e la capacità di individuare i responsabili. Nei confronti della camorra non ci sono comportamenti delle forze politiche e delle istituzioni, ci sono comportamenti della Magistratura. E' evadente che quando uno dei tre poteri dello Stato, quello giudiziario, diventa l'unico punto di riferimento per la soluzione dei grandi problemi del Paese, le animosità e quanto c'è di incivile nella collettività si scatenano nei confronti di quell'unico potere rimasto. L'accusa che pu essere stata fatta alla classe politica, in occasione della morte del Procuratore Capo Bruno Caccia, è che il Presidente della Giunta regionale ed il Presidente della Regione non c'era, esisteva al suo posto l'Assessore anziano.
Ci sono stati quattro mesi per dare una soluzione alla crisi, le condizioni politiche e numeriche c'erano. Perché la crisi non si è risolta? Perché il bisticcio su Novelli sì o Novelli no? E' un bisticcio tra persone? Allora, le forze politiche non hanno più dignità dì svolgere la loro funzione. Se i problemi politici c'erano e restano, collega Mignone non si sono modificati per il gioco delle preferenze su Nicolazzi o su altri personaggi. Esistevano ed esistono.
Accetteremo con assoluta lealtà le decisioni del Partito socialdemocratico. Preso in contropiede, ho qualche difficoltà ad esprimere altre valutazioni. Prudenza politica mi suggerirebbe di attendere, ma il mio temperamento morale mi fa dire immediatamente. Difficilmente noi saremo disponibili alle verifiche in sale e salette più o meno ufficiali su programmi, scalette, ordini del giorno, ipotesi di lavoro, contributi costruttivi. La maggioranza che si vuole costituire intorno alla sinistra dovrà dibattere i suoi documenti in aula. Dopodiché il Partito socialdemocratico non si aspetti l'opposizione che c'è stata nella prima parte della legislatura che abbiamo considerato come periodo di transizione tra la chiusura dell'ipotesi di sinistra e la preparazione di un'ipotesi diversa. La vostra scelta non va soltanto al 1985, ma va oltre. Sono certo che la scelta di sinistra non e una scelta di gestione ordinaria di qui ai 1985, ma è un lavoro di legittimazione a presentarvi alle urne a quella data con programmi che vanno ben al di là dei 20 mesi che ci stanno davanti. Quindi gli amici del Partito socialdemocratico non si aspettino da parte del nostro partito la prudenza e la comprensione con cui abbiamo capito le difficoltà di un periodo di transizione che andava dal 1980 al momento "x" (che poteva anche essere il 1985. Il nostro comportamento non sarebbe cambiato). Il Codice Penale e le vicende di questo Paese hanno fatto si che questo momento "x" sia venuto nel 1983.
Se voi ritenete di riproporre la sinistra come torni ala di governo della Regione per gli anni che vanno dal 1985 al 1990, ci troverete oppositori fermi, corretti così è la nostra tradizione, ma implacabili rispetto a certi atteggiamenti. Chiederemo ragione dei silenzi pre elettorali, delle inaugurazioni di comodo e di comportamenti analoghi che abbiamo avuto modo di controllare durante questa tornata elettorale. Le chiederemo al Partito socialdemocratico, al Partito socialista, al Partito comunista. I tempi cambieranno. Il periodo di transizione giustificato i rapporti tra le forze politiche che erano di tipo particolare. Il ritorno alla normalità politica, signor Presidente del Consiglio e colleghi Consiglieri, comporta anche il ritorno alla normalità dei rapporti tra le forze politiche: un rapporto di dibattito, un rapporto di contrasto, un rapporto di rispetto, una non sarà più un rapporto come quello che il Partito socialista ed il Partito socialdemocratico ci hanno imposto, quello cioè di misurare i nostri comportamenti e i nostri atteggiamenti in ordine ad aspettative che matureranno nel 1985. Le aspettative che matureranno dal 1985 non deriveranno più dai nostri comportamenti, dalla nostra disponibilità a non forzare certe posizioni polemiche e critiche, ma deriveranno rispetto alle cose che sapremo dire e al modo in cui sapranno farci capire dalla gente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo le consultazioni elettorali i socialisti esprimono soddisfazione nel vedere che sono aumentati i loro Deputati. Tutti gridano vittoria, ma il Partito socialista non ha avuto una mazzata. Si parla di colloquio aperto con le forze laiche escludendone la forza maggiore (Partito socialista), ma questo discorso è incomprensibile. Il nostro Segretario lanciò l'idea della forza laica aggregando i due partiti socialisti. Ora altre forze laiche vogliono determinare l'indirizzo politico, occorre fare un'analisi corretta dei risultati elettorali per formare un governo.
Vorrei fare un breve panorama sui risulta ti elettorali regionali. Noi siamo soddisfatti della tenuta del nostro partito, anzi, in campo regionale, sono aumentati i consensi. Il Partito socialista e tutta la sinistra ha tenuto. Questo è motivo di scelta politica da parte del nostro partito.
Abbiamo detto in quest'aula che la continuità non era solo un ragionamento di natura strumentale, ma era una scelta politica del nostro partito e ora lo verifichiamo in termini elettorali.
L'intervento del Capogruppo Mignone ci dà motivo di soddisfazione dal punto di vista politica per quanto ripropone la costituzione di un'area socialista aperta alla sinistra. Superiamo le questioni statutarie e facciamo discorsi più politici sulle proposte avanzate dal Partito socialdemocratico, che prospettano la costituzione di un governo regionale.
Come è possibile riproporre un governo laico se questo non ha forza e consistenza per favorire la ripresa economica e lo sviluppo della nostra Regione? Non siamo nemmeno disponibili alla costituzione di un governo transitorio. Siamo invece per un governo regionale stabile, siamo per la riproposizione del governo sperimentato nel 1980. Ci siamo presentati con una proposta politica responsabile per la costituzione del governo regionale e a livello comunale abbiamo criticato il vertice, ma siamo per una Giunta di sinistra. Quindi c'è un impegno politico ed una responsabilità del Partito socialista, ciò che non verifichiamo da parte di altre forze politiche. Ci impegniamo a presentare entro la metà del mese di luglio un documento ed un programma. Ne condividiamo l'indirizzo politico e la scelta. Non andiamo alla ricerca di furbizie politiche, ma di una soluzione alla crisi della Regione Piemonte.
All'indomani delle consultazioni elettorali del 1980 abbiamo fatto una scelta e oggi vogliamo continuare su questa strada anche perché il risultato elettorale ha premiato le forze di sinistra della Regione Piemonte.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, alla luce del risultato elettorale non possiamo fare a meno di trarre qualche spunto. A noi preme dare conto della nostra linearità e della chiarezza di comportamento.
Questo mi pare il modo per riacquistare il rapporto con i cittadini.
Noi abbiamo sempre detto che era sbagliato ricomporre la Giunta dopo la competizione elettorale.
La competizione elettorale ha avuto un significato che vale a livello nazionale e a livello regionale: la tenuta e la riconferma della sinistra nel complesso. La conferma che la sinistra è radicata nella società italiana è venuta dal Partito di unità proletaria. Certo ci sono mille difficoltà e mille problemi e questo risultato non ci esime dalla responsabilità di prendere in esame i problemi che esistono: l'astensionismo da parte di larghi strati di cittadini, gli elementi di erosione dei voti, ma prima di questo va fatto un ragionamento politico di fondo che riguarda la sinistra nel complesso, visto che abbiamo vincolato il nostro comportamento e la nostra campagna elettorale all'insegna dell'alternativa democratica.
Questo elemento viene confermato in Piemonte con segnali positivi particolari nella grande area urbana e possiamo collegarlo senza particolari meditazioni alle conseguenze politiche.
Noi però non abbiamo atteso questa conferma poiché già prima delle elezioni sostenevamo la legittimità a governare: se c'era bisogno delle prove di questa legittimità, questa è venuta da questo partito.
Siamo fortemente preoccupati che, mentre si fanno discorsi di crisi, di responsabilità della classe politica, dell'attacco terroristico alle istituzioni dello Stato, si ripropongono elezioni o posizioni in contraddizione ed incomprensibili alla luce delle urgenze regionali. Che cosa significa l'affermazione del Capogruppo Marchini quando dice che ci vuole tempo e meditazione. Temo che questa meditazione significhi traslocare sul tavolo nazionale la questione del Piemonte.
Questo sarebbe un ulteriore e gravissimo danno alla nostra capacità autonoma di forze politiche.
Diciamo "no" alle elezioni perché sarebbero in contraddizione con messaggio dominante di questa consultazione elettorale l'astensionismo. I voti bianchi, i voti nulli che cosa significano? Significano una classe politica chiara e trasparente che sappia governare di più. Non vogliamo continuare in una situazione anomala, non vogliamo approfittare della collocazione che vede cinque comunisti presenti in Giunta ed un compagno socialista facente le funzioni di Presidente ed un socialdemocratico.
Vogliamo che cessi questa situazione al più presto. Siamo nettamente contrari ad elezioni distruttive del tessuto democratico. Siamo contrari anche alle altre proposte perché il risultato elettorale mostra che il pentapartito ha delle difficoltà di fondo dovute alla sconfitta elettorale della Democrazia cristiana Le dichiarazioni del rappresentante del MSI sono di benevolenza verso il pentapartito, ma credo che questa sarebbe una strada alternativa per impedire il governo di sinistra più che per proporre un progetto omogeneo e sostenibile politicamente.
Prendere atto della nostra forza e della nostra centralità nella vita politica piemontese è politicamente un fatto serio che deve essere tradotto in comportamenti ed in giudizi politici.
Non siamo disponibili a dare un appoggio esterno al governo laico. I tempi sono decisivi. Non possiamo sfuggire al dopo elezioni che ci impone di formare una Giunta in tempi brevi, comunque entro la prima metà di luglio. Ci sono scadenze importanti, quali l'assestamento di bilancio, il rendiconto, si devono assumere decisioni rilevanti e il Consiglio deve poter lavorare magari anche con sedute straordinarie nel mese di agosto per recuperare il tempo perduto. Vi è comunque l'urgenza di dare un governo alla Regione. Come non abbiamo giudicato positivamente la sospensione di giudizio, del Partito socialdemocratico, così prendiamo atto positivamente che l'orientamento di oggi si traduca rapidamente in atti e fatti politici concreti.
Intendiamo lavorare partendo dai problemi aperti e dalla questione morale che è il punto centrale del nostro nuovo documento che riproporremo non appena vi saranno le condizioni per proporlo.
L'aula del Consiglio è una sede importante. Se dentro l'aula si cerca di rappresentare con coerenza e con serietà lo sforzo dei partiti e il loro legame con la società può venire quel recupero dei partiti che dicevo prima. Se invece le evenienze sono vissute come evenienze tattiche, come occasione in cui si può cambiare opinione alla luce delle schermaglie questa strada non può portare lontano. Noi invece intendiamo andare lontano, intendiamo fare del nostro meglio perché i problemi del Piemonte vengano affrontati non solo a parole ma nei fatti. I fatti richiedono un governo di sinistra credibile nella Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, signori Consiglieri, credo abbia ragione il Consigliere Bontempi: i fatti esigono un governo concreto capace di operare. A quattro mesi dall'apertura della crisi, questo è quanto mai necessario. La crisi va comunque risolta sia perché il Piemonte attraversa difficoltà economiche senza precedenti, sia perché ci troviamo di fronte ad un vuoto operativo dell'istituto regionale, sia perché è in atto un nuovo attacco alle istituzioni manifestato dall'efferato assassinio del Procuratore della Repubblica dott. Caccia.
Il Gruppo Democrazia cristiana non si sente peraltro responsabile del pesante ritardo che è stato consumato. Ha sempre sostenuto che la crisi tocca la formula e riguarda i contenuti e che la maggioranza di sinistra non è idonea a farla recedere come gli avvenimenti regionali di questi ultimi tre anni hanno dimostrato. Il Gruppo Democrazia cristiana con determinazione, ma con molta umiltà e con molta serenità, ha proposto le possibili soluzioni diverse. E' necessaria una svolta. Ancor prima di conoscere il risultato elettorale abbiamo giudicato importante il peso delle forze laiche e socialiste; infatti siamo rimasti per un certo tempo in attesa di loro iniziative e ci siamo dichiarati disponibili a sostenere un governo laico-socialista, ma questo sostegno non è venuto da altre parti politiche. Inoltre non si può dimenticare che il 31 maggio sono stati bocciati in aula l'esperimento di sinistra ed il programma che oggi si vorrebbe riprendere.
Noi abbiamo proposto un documento programmatico e ringraziamo quelle forze politiche, i liberali in particolare, che hanno espresso apprezzamento per il suo contenuto e per il suo taglio. E' una proposta di confronto con quelle forze che non ci sono alternative. Essa vuole contribuire intanto a battere la cultura della crisi esistente in Piemonte anche a livello istituzionale e che sta permeando la società tutta con il germe della rassegnazione ed inoltre proporre un governo dello sviluppo che, ovviamente, pone delle condizioni pesanti sotto il profilo finanziario e sotto il profilo operativo. Il "caso Piemonte" esiste, ma deve essere riproposto in termini radicalmente nuovi senza pietismo e rivendicazionismi, si deve compiere uno sforzo per liberare le forze economiche e sociali da certi ingabbiamenti e per raccoglierle attorno ad un progetto di rilancio della nostra Regione; progetto che, a nostro avviso, è mancato e va ricercato.
Questi i due motivi sostanziali che sono alla base del nostro documento. Vi è poi una serie di dati operativi che hanno il significato di un contributo al confronto politico. Nel presentare il documento, prima della consultazione elettorale, il Segretario regionale del nostro partito ha dichiarato che questa proposta non era legata al dato elettorale, non siamo noi ad aver posto il dato elettorale come giro di boa della situazione. Questo riconfermiamo oggi anche se non possiamo non prendere atto del risultato elettorale che innesca importanti movimenti. Il nostro partito ha subito una forte flessione e noi ci interroghiamo e riflettiamo.
E' una flessione che esige un esame approfondito, che forse è legata ad una protesta che si è principalmente indirizzata verso il partito che ha maggiori responsabilità di governo nazionale, ma la caduta di consenso della Democrazia cristiana non è l'unica novità di questi risultati elettorali. I risultati elettorali vanno letti con attenzione maggiore di quella che qui è stata prestata. Anche le sinistre non sono state confermate. Mi spiace, Consigliere Mignone, ma dire che l'esperienza di sinistra è confermata nella Regione Piemonte significa fare una lettura affrettata dei risultati elettorali e mi auguro che gli organi regionali del Partito socialdemocratico lo rilevino. La consultazione regionale del 1980 dava alle forze di governo del Piemonte (Partito comunista, Partito socialdemocratico, Partito di unità proletaria, Partito socialista) il 52,9%/, dei voti; queste forze di governo passano nel 1983 al 45,7% se poi aggiungiamo l'1,8 % dei voti assegnati a Democrazia Proletaria, come forza di sinistra nuova che si colloca alla sinistra del Partito di unità proletaria che adesso è confluito elettoralmente ed abilmente nel grande grembo del Partito comunista, si sale al 47, 5%. Quella che si propone alla guida della Regione è una coalizione minoritaria. La caduta del 5,4% è di gran lunga superiore alla caduta del pentapartito dovuta in gran parte alla flessione della Democrazia cristianae dei socialisti, il pentapartito, che si vorrebbe liquidare, in realtà, aveva il 61,8 % nel 1980 e scende oggi al 57,5% comunque s i presenta come forza maggioritaria della Regione Piemonte. I dati elettorali ci penalizzano, ma non possiamo dire che penalizzano la proposta complessiva. La nostra caduta corrisponde all'aumento delle forze liberali e repubblicane, infatti le tre forze di opposizione nella Regione Piemonte passano dal 41,6% al 41,9% dei consensi.
E' una realtà che non può essere dimenticata. Ci spiace che il Gruppo socialdemocratico oggi abbia dato un'improvvisa accelerata verso la soluzione della crisi perché noi, ripetutamente, quando altre forze politiche giudicano attendista o strumentale la posizione del Partito socialdemocratico, l'abbiamo difesa. L'accelerazione di oggi non ci pare abbia giustificazione, soprattutto perché precede le determinazioni dei competenti organi regionali del partito.
Ci auguriamo che questi esaminino la situazione con attenzione. Le ipotesi sono due: o si è disponibili ad affrontare i problemi del Piemonte con una politica adeguata per uscire dalla crisi (e noi siamo allora pronti al confronto perché ci sentiamo di dare un contributo) o questi problemi nel merito non si vogliono affrontare e si vuole andare semplicisticamente verso una soluzione di sinistra con il rientro rapido nella maggioranza che è stata battuta dal voto elettorale. In questo caso ne prenderemo atto e la nostra opposizione sarà istituzionalmente corretta, ma certo assai più rigorosa perché la nostra forza politica ritiene che questa scelta è inopportuna e inidonea a far uscire il Piemonte dalla grave crisi che attraversa.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

I nostri lavori terminano qui e, nel frattempo, ricordo ai presenti che il Consiglio verrà convocato secondo i termini statutari. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 16.55)



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