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Dettaglio seduta n.192 del 18/05/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo il dibattito sul documento presentato in merito al punto quarto all'ordine del giorno: "Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale".
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, all'inizio di questa infausta vicenda che ha occupato molto tempo, molto spazio e molta della nostra attenzione, il nostro Partito è giunto ad una posizione significativa e sarà il caso di meditare insieme e di considerare gli effetti non irrilevanti che sono venuti oggi in quest'aula.
Il nostro partito ha sostenuto sin dall'inizio che la soluzione della problematica regionale aveva una prima indicazione, che era quella delle elezioni anticipate e, in subordine, la strada in salita, difficile da percorrere, e probabilmente sul margine di un precipizio. Su questa siamo disponibili ad avviarci con le cautele e con la chiarezza che ci vuole su un percorso di questo genere. Queste nostre posizioni contraddittorie l'una all'altra che significato hanno? Il significato è identico per tutte e due le proposte. Perché elezioni anticipate? Non certamente per fuggire dalle responsabilità di una gestione amministrativa che ci ha visti coinvolti sia pure in posizione di opposizione, non certamente per andare alla ricerca di un consenso elettorale che, per i meccanismi che tutti conoscete, non premiano numericamente il nostro partito. La ragione era diversa. Occorre ricercare nel corpo elettorale il mandato politico su nuove proposte. La nuova realtà pone le forze politiche nella necessità di riflettere, di meditare, di proporre e di sottoporre, a se stesse prima ed agli elettori poi, le proposte politiche ed operative. Occorre azzerare gli ipotetici vincoli politici nei confronti dell'opinione pubblica e degli elettori e delle forze per rilanciare il dibattito politico.
La strada della Giunta laica aveva un significato diverso? Sicuramente no. Noi, pure riconoscendo il valore politico di una Giunta di minoranza nata sulla solidarietà liberale, socialdemocratica e repubblicana, non siamo così presuntuosi da non capirne il senso e da non dare spazio alle forze politiche maggiori affinché possano esprimere al massimo la loro capacità di proposta e di dibattito politico. Nessuna presunzione di poter coprire spazi di rappresentanza politica che non sono nostri. Nessuna presunzione di essere capaci di dare risposta come forze di governo egemoni, ma una situazione di transizione, politicamente decantata, che rilanci il ruolo delle due forze politiche maggiori del Consiglio: il PCI e la DC. Queste due soluzioni non hanno ancora trovato soluzione, ma mi sembra che siano dietro l'angolo che ci aspettano. Abbiamo anche l'impressione che su queste due posizioni ci sia una divaricazione netta e nella divaricazione individuiamo uno spazio di manovra che riteniamo di dover percorrere fino in fondo.
Vorrei ricondurre al significato preciso e politico del termine "arroganza", indubbiamente forte e riferito a chi ha proposto questo documento, questo Presidente e questa lista di Assessori: arroganza nella misura in cui si vuole forzare una realtà che non è più quella sulla quale si basano i titoli politici dei proponenti.
Spero di chiudere una polemica tra la nostra forza politica ed i proponenti del documento, in particolare il PCI. Le situazioni che portano alle elezioni anticipate, anche in termini procedurali e processuali, sono state messe in moto da chi ha proposto questo documento: una Giunta minoritaria ed un Presidente minoritario. Non solo, ma per il bisticcio tra il Regolamento e lo Statuto noi ci avviamo ad una situazione di ingovernabilità che certamente richiederà l'intervento delle autorità centrali. Alla fine di questa tornata avremo un Presidente eletto nel rispetto del primo comma dell'art. 32, ma non avremo, fermi restando gli atteggiamenti politici assunti in quest'aula, una Giunta. Non ci sembra proponibile, in termini formali, superare il rapporto tra voti a favore voti contrari ed astenuti.
Se voto di astensione ci sarà da parte del Gruppo socialdemocratico questa Giunta non sarà eletta. Questo Consiglio non è capace ad attuare le proprie regole ed il proprio Statuto. Non solo, ma si mette nelle condizioni di non poter proporre un altro governo fin quando il Presidente nominato non darà le dimissioni, perché non concorrono le condizioni per la proposta di un altro documento programmatico, di un altro Presidente e di un'altra lista di Assessori.
Se questa proposta conduce a questo risultato, la strada difficile e promossa, intuita ed offerta con umiltà dai partiti laici, diventa momento di decantazione di una vicenda politica insostenibile per ridare capacità di spazio e di proposta alle forze maggioritarie.
Il PSDI questa mattina ha tenuto un atteggiamento di grande correttezza, di grande coraggio e di grande linearità e, come tale, deve essere apprezzato da tutte le forze politiche sia che tale atteggiamento sia funzionale o meno al proprio disegno politico.
Il PSDI ha tenuto un atteggiamento in progressione, ha rifiutato ad essere soggetto insieme ad altri ad uno scontro, quindi non ha aderito ad una proposta di formulazione di maggioranza contrapposta. Io stesso avevo in contrapposizione, ma che trovassero sul piano della proposta una modalità d'essere che continuasse a rendere legittimo il ruolo che vogliono assumere in questo momento di mediazione e di decantazione della situazione. Il nostro partito ha sottoscritto un documento che si impegna a sottoporre, senza pregiudiziali, alla discussione ed all'esame della DC e del PCI.
Noi manterremo il voto di astensione sul Presidente e sulla Giunta conché non avvengano fatti nuovi. I fatti nuovi devono essere provocati voluti in tempi molto stretti cioè prima della prossima seduta consiliare nella quale si verificheranno le condizioni tecniche perché il Presidente Viglione assuma la Presidenza della Regione. Non sarà invece capo della Giunta. E' rischioso dare l'appuntamento alla prossima seduta del Consiglio regionale senza che si siano esperite le condizioni dell'unica strada che in questo momento rimane parte, quella della Giunta di decantazione stretta, difficile, da percorrere con chiarezza, con coraggio, con umiltà.
Le forze politiche hanno capito, ognuna, secondo la propria logica, che hanno di fronte il tema dell'emergenza morale e politica e rispetto ad esso si sono atteggiate in modo chiaro e preciso.
Il PCI ha giocato nella realtà piemontese un ruolo particolare e ripercorrere ogni ipotesi ed ogni strada per mantenere un rapporto con la realtà, evidentemente ha la convinzione, magari amara, che questo Paese si cambia utilizzando i suoi strumenti e sa che con l'imperversare dei mass media e con il prevalere dei rapporti di forza per cambiare questa società bisogna essere presenti e protagonisti e non è sufficiente avere una cristallina e ricca posizione politica. Non mi scandalizzo, anzi apprezzo il lavoro che il PCI fa per rinnovare le sue posizioni ed i suoi obiettivi nella logica di cambiamento di questa società. Noi non sminuiamo questo documento e l'atteggiamento del PCI, ossia la volontà di rimanere al governo della Regione anche quando sono venuti meno i numeri. La politica non si fa solo con i numeri ma anche con la capacità di proposta e di confrontarsi con le altre forze politiche. E questo se lo dovrebbe ricordare anche l'on.le De Mita. Se un partito di maggioranza relativa non riesce a coagulare una maggioranza di governo, si pone il problema della capacità di proposta di una forza politica.
Nella conferenza dei Capigruppo si è deciso di mantenere gli interventi in termini ristretti. Dirò subito che il documento che ci viene proposto rivela che il tessitore è il PCI tant'è vero che in una pagina della quale non ricordo il numero c'è scritto: ".i comunisti presenti in Giunta." anziché gli Assessori o le forze politiche. Ma, che sia il PCI, non deve scandalizzare nessuno anche perché sarei curioso di sapere come potrebbe una delle altre due forze politiche cementare il documento, posto che i rappresentanti locali di questi partiti hanno sottoscritto un documento nel quale si impegnavano a formare un programma di governo con i partiti di minoranza laica.
Forse alcuni partiti hanno capacità di ubiquità perché è difficile riuscire a seguire due direttrici politiche. Questo documento, in una sua parte, è di grande respiro ma di grande respiro è l'altra proposizione politica dei partiti laici che intendono assolvere ad alcuni incombenti come l'avviamento del piano di sviluppo, la riforma di alcune leggi fondamentali, la modifica di articoli fondamentali dello Statuto. E' proprio qui la contrapposizione. Che un Ministro si rivolga ad un ufficiale di polizia giudiziaria con una telefonata per protestare sulla sua opera è un modo di concepire i rapporti tra i poteri dello Stato estremamente degradato. Questa classe politica ha il dovere del realismo e dell'unità rispetto ai temi che affronta. Non so se in questo momento ha titoli per proporre la riforma della Presidenza del Consiglio e di criticare la pletoricità degli organismi consultivi che presiedono alle decisioni finanziarie dello Stato.
Ritengo - e penso che siano molti a condividere questo fatto - che la riforma dello Stato si faccia in molti modi: si può concorrere alle maggiori decisioni dello Stato anche rimanendo a Torino, a Cuneo, a Moncalieri o a Susa. L'importante è che ognuno faccia in questo momento quello che la società richiede. La realtà piemontese non chiede la summa teologica che ancora una volta il PCI, il PSI ed il PDUP ci propongono, la quale ritiene di avere la chiave magica per aprire tutte le casseforti e per gestire la realtà, ma chiede che nell'anno e mezzo di governo reale che questa assemblea ha di fronte a sé, si sappia scegliere nel mazzo le chiavi con cui risolvere almeno alcuni problemi prioritari. Questa è la differenza tra la proposta politicamente ambiziosa e presuntuosa delle sinistre e quella più modesta e più umile, ma di grande serietà politica che viene dai partiti laici presenti sui banchi del Consiglio.
Il Gruppo liberale si rammarica di dover esprimere un "no" alla candidatura Viglione, personaggio che in lunghi anni ha dimostrato di avere numeri maggiori di chiunque altro per svolgere la funzione di Presidente in questo delicato momento.
Siamo disponibili a rivedere la nostra posizione sul Presidente conch avvengano fatti nuovi nel corso di questi giorni ed abbiano un seguito. Il nostro Gruppo politico prenderà idonee iniziative perché questa espressione di volontà e di impegno politico del PSDI non cada nel nulla.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il documento sottoscritto dal PSI fa riferimento alla verifica del giugno 1982. Ci sono dei riferimenti al PSDI perché quella esperienza e quel contributo politico e culturale hanno ampliato il discorso sull'impostazione e sul programma della Regione.
Ci sono perciò ragioni di carattere politico e sociale che non si possono sottacere.
I partiti che dal 1975 al 1980 avevano predisposto il piano di sviluppo inserendo in particolare la parte industriale: quei riferimenti hanno motivo di essere riconsiderati oggi per trovare la soluzione del problema e della crisi nel settore dell'industria. Occorre tener conto dei risultati elettorali del 1980 che sono stati favorevoli alle sinistre nella Regione Piemonte. Il collega Marchini ha parlato di verifica attraverso un'elezione anticipata ma sarei molto cauto su questo. Per ora abbiamo questa presenza in termini politici e non possiamo non far riferimento alla situazione del 1980. Devo anche contestare chi riferendosi alle posizioni assunte dal nostro Capogruppo parla di rottura nei confronti della Giunta. E' stato un atteggiamento critico nei confronti della Giunta per spronarla ed impegnarla sulle proposte programmatiche del 1980.
Il documento dà la possibilità di discutere ampiamente la politica portata avanti in questi ultimi due anni. Non crediamo di cambiare dopo tre anni di esperienza la rotta politica perché si tratterebbe di capovolgere tutto l'indirizzo politico e programmatico.
Chi vi parla ha una lunga esperienza politica e si rende conto che cosa significherebbe il capovolgimento dell'indirizzo politica in Regione con la crisi in atto. Non è vero che la Giunta non affronta i problemi. Poteva essere risolto il problema elettronico. Ci troviamo invece di fronte alla decisione presa dal Ministero dell'Industria che aggrava la situazione sia perché la crisi perdura sia perché siamo in periodo elettorale.
Il documento firmato dal PSI, PCI e PDUP individua le priorità. La crisi non investe solo il ruolo di governo, ma investe tutte le forze politiche. La Giunta regionale ha avuto difficoltà notevoli nell'affrontare la crisi industriale. La responsabilità dei piani industriali non è di competenza regionale ma è chiaro che la Giunta regionale ed il Consiglio non si sottraggono di fronte alle responsabilità che investono sia il settore economico che quello industriale ed occupazionale.
Il documento tratta anche della riforma della pubblica amministrazione argomento che investe il Governo centrale, ma anche le Regioni per cui occorre capacità e collaborazione. Dovremmo creare condizioni e rapporti collaborativi tali per cui quando viene predisposto il bilancio dello Stato siano coinvolte le istituzioni e in particolare le Regioni. Il Partito Socialista intende svolgere la propria funzione e guarda con attenzione a questa riforma che è imposta dai problemi che ci attanagliano tutti i giorni, ma che è imposta da problemi di natura politica.
L'altro tema che va affrontato con urgenza è quello della riforma delle autonomie locali. Nessun partito prevale sull'altro, né c'è arroganza da parte dei firmatari del documento. E' una proposta politica che viene posta al Consiglio regionale. Il PSI in questi giorni ha anche verificato le strade che conducono ad una Giunta laica, ma in un momento di difficoltà e di crisi economica come questo come può una Giunta laica che non ha il sostegno della maggioranza essere impegnata nella gestione del governo regionale? La D.C. ha valutato la possibilità di entrare nel governo della Regione Piemonte. Nessuno contesta questa proposta, ma il PSI è per una collocazione a sinistra. Il documento è aperto al PSDI che invitiamo ad appoggiare non solo, ma lo invitiamo a decidere con celerità di entrare in Giunta. Voglio soffermarmi brevemente sulla figura del Presidente designato per dire che, malgrado le diverse interpretazioni date ai suoi interventi il compagno Viglione, con la sua intemperanza e la sua carica, ha saputo impostare e presentare il primo piano di sviluppo, dare direttive ed affrontare con decisione i problemi.
Il PSI, componente della sinistra, propone il compagno Viglione alla carica di Presidente della Giunta regionale oltre ai compagni proposti come Assessori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo due mesi e mezzo di crisi siamo finalmente di fronte ad una proposta di nuovo esecutivo il quale peraltro, in base alle dichiarazioni delle varie forze politiche formulate nei giorni scorsi e riconfermate anche stamani, sembra avere improbabile avvio ed in ogni caso difficile e precaria esistenza.
Al collega Bontempi dico che siamo disponibili al confronto sulle norme statutarie e regolamentari, ma ci pare difficile, dato il disposto dell'art. 32 che è abbinato all'art. 35 dello Statuto, scindere l'elezione del Presidente da quella della Giunta. Per quanto riguarda l'interpretazione della maggioranza semplice, non siamo disposti a far passare un'interpretazione non chiara. Se una Giunta non ha i numeri per nascere non nasce, non è scritto da nessuna parte che deve nascere ad ogni costo un governo minoritario. Cade una proposta e se ne può fare un'altra come avviene in tutte le democrazie. Ci sono i tempi, le modalità per avanzare altre proposte.
Il nostro "no" è scontato, ma le ragioni della nostra netta opposizione saranno più chiare se si avrà presente la posizione tenuta dal nostro Gruppo prima e dopo la crisi con una linearità ed una coerenza che ci paiono incontestabili e che vogliamo ricordare.
La questione giudiziaria e conseguentemente la questione morale che sono alla base della crisi sono state giudicate da noi, anche per la loro manifestazione sincrona in Regione e nel capoluogo, come eccezionalmente gravi e non possiamo non ricordare che sul tema del rigore noi abbiamo ripetutamente in quest'aula richiamato la maggioranza denunciando la spesa facile, il ricorso immotivato a consulenze di ogni genere, l'inazione e lo sperpero di taluni enti strumentali, le decisioni verticistiche e personali, la caduta di tensione morale, il deterioramento grave, anche sotto questo aspetto, dell'immagine dell'Ente Regione.
Ma abbiamo anche sostenuto, perché ne siamo fermamente convinti, che la questione giudiziaria non è che la spia di una sottesa grave questione politica, in sostanza: che la crisi preesisteva. La nuova edizione della Giunta di sinistra nata nel 1980 non è mai stata in grado di avviare un'effettiva azione di programmazione e di governo per contrastare la crisi economica e sociale, per indirizzare organicamente ed utilmente le risorse disponibili e reperibili.
La conflittualità interna, la difficoltà se non l'impossibilità di operare una sintesi fra le divaricanti posizioni socialiste e comuniste hanno causato continue pause, esasperanti verifiche che, unitamente ai condizionamenti finanziari del passato, hanno contribuito a concretare una vera e propria paralisi amministrativa.
Pesanti sono le responsabilità politiche dei due maggiori partiti della coalizione. Da un lato i socialisti hanno giocato tutta la loro rilevante forza di contrattazione nei confronti del Partito Comunista sul terreno del potere, anziché sul terreno dei contenuti. D'altro lato il Partito Comunista ha posto sopra ogni altra aspirazione l'obiettivo di salvare la formula di sinistra e la sua partecipazione al governo del Piemonte.
Ma invece è proprio la formula che è in crisi. Sono cadute le ragioni politiche e di consenso che ne avevano originato la nascita e in certa misura legittimato l'esistenza. Caduta la credibilità sul tema del moralismo e del rigore, scema anche l'azione di fronte ad una crisi economico-sociale che non si supera con il massimalismo e l'appiattimento ma solo ricercando nuove vie di rilancio e di azione. La formula non è idonea neanche e soprattutto in una regione industriale a creare le condizioni per la ripresa dello sviluppo e dell'occupazione.
Abbiamo sostenuto infine che gravi danni sotto il profilo politico economico ma anche sociale e culturale sono derivati al Piemonte dall'aver sostenuto ed imposto, al di là di ogni logico riferimento al consenso elettorale, omogenee amministrazioni di sinistra a tutti i principali livelli, con un grigio appiattimento di formula che ha contribuito all'arretramento del Piemonte. Abbiamo suscitato così le ire dell'"Unità" che ha finto di non capire il nostro esplicito riferimento non al Comune di Torino, ma al Comprensorio ed alla Regione ove la D.C. ha, piaccia o non piaccia, la maggioranza di consensi. Partendo da queste analisi e da queste premesse abbiamo giudicato velleitaria ed improponibile una nuova Giunta di sinistra ed abbiamo richiesto una svolta nel governo regionale.
Ed anche qui non abbiamo atteso la formale apertura della crisi che era già nei fatti. Il nostro documento di metà legislatura datato 26 gennaio afferma testualmente: "Per evitare la paralisi è necessaria una vera svolta nell'azione di governo della Regione che rappresenti un salto di qualità, una risposta più alta ai problemi del Piemonte, ma non è certo la Giunta di sinistra logorata e stanca che può interpretarla e condurla. Per concretarla occorre una svolta anche politica, una maggioranza diversa, più omogenea, che voglia e sappia veramente invertire la rotta. Senza una nuova ampia alleanza democratica fra socialisti, laici e democristiani, la fase di stanca è destinata a proseguire indefinitamente".
Anche il successivo documento comune delle opposizioni dell'11 febbraio partiva dalla premessa della crisi strisciante e della paralisi operativa per sottolineare l'esigenza di un forte rilancio dell'azione regionale fissando sinteticamente obiettivi e priorità per una diversa azione di governo.
Apertasi la crisi dopo tanti tentennamenti ed incertezze (si è riusciti ad essere temporeggiatori oltre ogni limite anche nel prendere coscienza della corretta esigenza delle dimissioni di Giunta! ) abbiamo rivendicato con forza un ruolo di governo e di responsabilità conforme al peso del nostro partito, al suo grado di consenso popolare, al suo esser forza di maggioranza relativa ed abbiamo respinto l'ipotesi di una D.C. piemontese attendista o rinunciataria.
Se qualcuno ha voluto cogliere nell'opposizione puntuale, ma corretta che è conforme al senso delle istituzioni del nostro partito, una volontà di non porsi oggi come forza di governo ha compiuto una valutazione errata.
Non temiamo di governare oggi in questa difficile contingenza se ovviamente ve ne sono le condizioni.
Ma, nello stesso tempo, non abbiamo fatto questioni di formula o di struttura dell'esecutivo e consapevoli anche della gradualità dei tempi politici abbiamo seguito e stimolato l'iniziativa delle forze laiche e socialiste. Abbiamo chiesto al Partito Socialista Italiano, del quale abbiamo compreso e rispettato il momento difficile, un gesto di autonomia nei confronti del Partito Comunista. Sembra che questo gesto lo si voglia compiere a livello comunale sollevando la questione del Sindaco contro un eccesso di "personalismo" e per un corretto richiamo a dar conto delle responsabilità politiche che sono cosa diversa dalla correttezza personale e non in Regione ove invece vi sarebbero le condizioni per un discorso più ampio promuovendo, senza un confuso impegno di governo, un più largo e corretto concorso delle forze politiche al governo del Piemonte.
E con sincerità dobbiamo sottolineare come l'incredibile slalom di posizioni enunciate dal Partito Socialista attraverso il suo "versatile" Capogruppo nel corso degli appuntamenti quindicinali in quest'aula non ha mancato di lasciarci profondamente perplessi.
Siamo passati da una subitanea quanto secca riconferma della formula di sinistra con una svolta degna di un volo pindarico al superamento delle formule ed alla sperimentazione di nuove strade, per ritornare, in vista del traguardo, per quanto precario, di una Giunta minoritaria, con singolare resipiscenza (come si possono giudicare diversamente le aperte quanto inconsuete blandizie al PDUP!) sul vecchio cammino.
Nessuna capacità personale può consentire all'infinito di eludere le scelte. Se il Partito Socialista Italiano ha scelto in Piemonte, in via definitiva, l'alternativa di sinistra con il "protettorato" dell'accordo delle Frattocchie lo dovrà dire in quest'aula ed agli elettori. Di questa scelta, dell'utilità che ne deriverà per il Piemonte, non potrà evitare la responsabilità.
Abbiamo valutato positivamente l'iniziativa delle forze laiche di opposizione (PRI e PLI) tesa all'incontro con le forze socialiste per una Giunta laica di transizione e l'attenzione e la disponibilità dei socialdemocratici. Il disimpegno dalla maggioranza di sinistra di questi ultimi costituisce un importante e significativo passo che assumerà vero significato se si confermerà non essere un temporaneo ripensamento pre elettorale. Noi non abbiamo fatto calcoli elettorali dimostrando ampia disponibilità a sostenere una Giunta laico-socialista che avrebbe certamente rafforzato e rafforzerebbe il peso (anche elettorale) dei partiti cosiddetti minori. Di fronte alla presentazione della Giunta di sinistra sulla quale dobbiamo oggi esprimerci abbiamo proposto un faccia a faccia: la contrapposizione di analoga Giunta minoritaria per bloccare un'iniziativa che non giudichiamo positiva e per far emergere con maggiore evidenza la debolezza della proposta e la sua inagibilità. L'iniziativa non ha avuto seguito perché il Partito Socialdemocratico non l'ha considerata utile sul piano complessivo dei rapporti politici. Una scelta che rispettiamo anche se ci hanno lasciato perplessi alcune preoccupazioni come quella di "non appiattirsi sulla Democrazia Cristiana" o di non "rimettere in gioco la Democrazia Cristiana".
Ma la D.C. è comunque nel gioco per il suo consenso popolare, per la sua rinnovata proposta politica, per la sua iniziativa che la pongono al centro del dibattito politico, economico e culturale.
Non è vero che a livello locale manchi l'iniziativa. Noi abbiamo atteso l'iniziativa delle forze laiche e socialiste e siamo pronti ad assumere la nostra, come dirò nella fase conclusiva del mio intervento.
Il disegno di isolare la Democrazia Cristiana con una classificazione di comodo tanto caro al Partito Comunista non ha ormai credibilità alcuna perché si scontra con la realtà dei fatti e degli atteggiamenti.
La proposta di Giunta di sinistra che senza il concorso e l'assenso dei socialdemocratici risulta essere minoritaria o comunque non maggioritaria anche nell'ipotesi, per noi auspicabile, di un reintegro rapido del peso rappresentativo del Partito Socialista Italiano, è una proposta inadeguata velleitaria ed in certa misura arrogante che particolarmente il Partito Comunista ha perseguito con pervicace ostinazione usando tutti i mezzi di pressione e di persuasione.



BONTEMPI Rinaldo

Quali mezzi?



GUASSO Nazzareno

Fate dei fatti. Aggregate.



(Voci in aula)



BRIZIO Gian Paolo

Tu che aggreghi prendi i voti sul tuo documento.
Abbiamo aspettato due anni e mezzo che faceste qualche cosa ed avete riproposto quello che abbiamo proposto noi.
E' stato sufficiente che la proposta socialdemocratica di incontro con i laici ed i socialisti per sondare la possibilità di una Giunta laica fosse accettata dal PSI per scatenare una rabbiosa reazione accompagnata dal richiamo a presunte attese popolari misurabili con la mobilitazione di forze sulle piazze. Sembra quasi che il ricambio democratico non rientri al di là delle affermazioni verbali, fra le ipotesi accettabili per i comunisti.
Ma se la formula è logora e debole e la maggioranza è di fatto numericamente inesistente anche il programma è tutt'altro che convincente.
Fra l'ipotesi di un programma essenziale, concreto e realizzabile e quella più ambiziosa di un programma a largo respiro è stata seguita una via intermedia almeno discutibile. In troppi punti il programma riprende (con quale credibilità?) le osservazioni che spesso il nostro Gruppo ha formulato dai banchi dell'opposizione ed alle quali non è stata prestata, a suo tempo, adeguata attenzione quando non è stata data negativa risposta.
Si parla di promuovere le condizioni per il controllo da parte dell'assemblea degli atti politicamente, finanziariamente e socialmente rilevanti mentre ci si è sempre rifiutati di far esaminare dal Consiglio le convenzioni stipulate con enti pubblici e privati e di recepire in bilancio i relativi impegni.
Si sostiene che va ripristinato rigorosamente il metodo di passaggio obbligatorio attraverso i Comprensori combinato con il controllo del Consiglio quando si sono sempre contrastate tutte le nostre richieste in proposito e ci si è persino rifiutati di inviare al preventivo richiesto esame consultivo dei Comprensori le schede dei Comuni da assoggettare obbligatoriamente a PPA.
Si ipotizza l'apertura ai tecnici, alle competenze e professionalità esterne nelle USL secondo una proposta D.C. respinta nelle sedi competenti.
Si propone una massiccia riduzione delle quantità delle consulenze quando la si è negata fino a ieri di fronte alle ripetute istanze e denunzie da noi presentate.
Si riscopre la necessità di un'azione collegiale di Giunta laddove si è operato per frazionare, per settorializzare, per creare compartimenti stagni.
Si postula che l'uso delle risorse va sottratto ad ogni particolarismo attraverso l'individuazione di parametri oggettivi mentre si è proceduto con la più assoluta discrezionalità.
Si prevedono tagli nelle spese di gestione e di funzionamento dell'Ente che furono rifiutati e giudicati impossibili quando noi chiedemmo esplicitamente il coraggio di incidere con il bisturi della ristrutturazione nella macchina regionale per evitare la paralisi. Vi sono poi significative carenze: per il piano di sviluppo ci si limita a proporre una generica revisione ed integrazione con l'apporto dei Comprensori e di un nuovo ufficio; per la revisione della legge urbanistica si rimane nel generico e si compie addirittura, per quel che riguarda i tempi, un passo indietro rispetto al disatteso documento di verifica che fissava un target preciso. Per quel che riguarda il bilancio si ignora il problema dell'assestamento e dei criteri per predisporlo; abbiamo in mano un bilancio tecnico, affrettatamente approvato a fine '82 senza consultazioni non corrispondente alle esigenze e scarsamente gestibile. Non vi è un quadro degli investimenti possibili o prioritari nell'ambito delle risorse proprie, né si affronta il tema fondamentale delle scelte in ordine al FIO (Fondo investimenti ed occupazione) intorno alle quali pure si è discusso in I Commissione e l'Assessore anziano - Presidente Viglione ha fornito anticipazioni alla stampa contemporaneamente all'annuncio di quel rigoroso taglio dei radio-telefoni e delle spese gestionali, non effettuato quando da noi richiesto in ripetute interpellanze.
Possiamo anche votarti come Presidente di una Giunta diversa.
Si affronta il tema istituzionale senza affrontare il problema, aperto da una nostra esplicita proposta, della modifica statutaria. In tema di energia, per confermare l'unicità di indirizzo, si prende addirittura atto delle divergenze di posizione tra le forze di maggioranza in merito alla scelta nucleare! Ma veramente si crede, si può credere, che una Giunta siffatta, senza maggioranza, possa costituire la risposta adeguata alle esigenze del Piemonte e dei piemontesi nel pieno di una crisi senza precedenti? Abbiamo il triste primato della cassa integrazione con un terzo del totale nazionale (1981: 173 milioni di ore su 500 milioni complessivi).
Abbiamo ormai dal 1980 un saldo negativo nel consolidato pubblico allargato. Cioè il Piemonte riceve e spende di più di quello che dà allo Stato con una grave inversione storica.
Gli impieghi bancari che rappresentavano nel 1980 il 9,2% del totale nazionale cadono nel 1982 all'8,8%. Sono indicatori impressionanti! Senza una spinta nuova, senza un salto di qualità del governo locale non si creeranno le condizioni per quel rinnovamento capillare e reale del tessuto produttivo necessario per interrompere la caduta e riprendere faticosamente l'ascesa.
Se le posizioni politiche rimarranno, come è presumibile, immutate questo governo non passerà, ma quand'anche con qualche espediente o qualche provvisoria benevolenza, non certamente nostra, ciò dovesse accadere è facile prevedere che avrà vita effimera e contrastata: non mancherà a breve un altro appuntamento.
Intervenendo in quest'aula il 14 aprile a nome del mio Gruppo dicevo testualmente: "Non vi è ragione per cui il Piemonte sia l'unica Regione d'Italia con il partito di maggioranza relativa posto strumentalmente all'opposizione".
Non si può parlare di mancanza di iniziativa e di aggregazione. E' un disegno politico di isolamento della D.C. in questa Regione, connesso alla crisi economica e ad un complesso di fatti, disegno dal quale probabilmente non sono neanche state estranee le forze economiche e produttive della Regione. Ma è un disegno che mostra la corda e sta per crollare.
Nelle elezioni del 1980 gli altri partiti della formata maggioranza non si sono presentati tutti agli elettori con una proposta di governo alternativa ad un governo con la D.C.
Il PSDI aveva al contrario richiesto consenso agli elettori per battere l'esperienza di sinistra e consentire, già allora, una svolta. Né alla caduta di consenso del PCI (che perdeva il 10% dei seggi) ed alla conseguente avanzata del PSI può essere dato significato diverso.
Puntualmente il nostro Segretario nazionale on.le De Mita parlando lunedì a Torino ha ripreso questo tema sostenendo con forza il "diritto dovere" della Democrazia Cristiana di essere in Piemonte forza di governo.
Più che il diritto noi oggi sentiamo il dovere. Il dovere di non accettare supinamente questo logoramento, questa caduta della vita amministrativa locale, di reagire con energia. Sentiamo il dovere di esprimere ancora una volta la disponibilità a sostenere l'ipotesi di Giunta laica cui ha fatto cenno il Consigliere Cerutti in quest'aula. Sentiamo il dovere di rivolgere alle altre forze democratiche, che non ci sono naturalmente alternative, un appello per una comune, non importa come strutturata, assunzione di responsabilità.
Lo facciamo oggi, lo rifaremo domani assumendo, se del caso, idonee iniziative perché sappiamo che i tempi per salvare questa legislatura (non sul piano formale perché la sopravvivenza è sempre possibile, ma su quello sostanziale di un'azione dignitosa, utile, produttiva) sono tempi brevi e la responsabilità allora molto grande.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Poiché sono uno dei presentatori della proposta politica dei tre partiti della maggioranza, ritengo di dover intervenire brevemente.
Condivido totalmente l'intervento del compagno Moretti, il suo significato politico e le precisazioni che ha fatto sul programma.
Vediamo di intenderci su alcuni punti di partenza perché in qualche intervento, come in quello di Brizio, ho colto elementi di disaccordo negli interessi della comunità piemontese. Propongo: il funzionamento della pubblica amministrazione e i problemi dei funzionari; le perdite economiche e finanziarie che rischiano di incidere gravemente su una situazione già grave l'assenza di un governo autorevole.
Gli interessi della gente sono il metro per richiedere un governo subito o per attendere i risultati elettorali? Se dovessimo basare le decisioni nelle sedi istituzionali sul confronto elettorale, credo che non faremmo mai governi o che avremmo sempre governi effimeri. Nell'autonomia delle istituzioni c'è una ragione statuale, istituzionale e politica che attiene al pluralismo, alla diversità, ai problemi concreti di cui ci si deve occupare. Ma, al di là di questo, gli interessi della collettività piemontese chiedono che si facciano tutti gli sforzi possibili per formare un governo. Oggi tutti richiedono un governo, allora se tutti richiedono un governo e se questo corrisponde agli interessi della collettività, il darci un governo non è un atto di arroganza, ma un atto di responsabilità e di coraggio soprattutto quando questo atto non è frutto di improvvisazione o di una forzatura, ma frutto di un lavoro difficile e complesso che dura ormai da più di 60 giorni. Sarebbe arroganza impedire di fare un governo.
Possiamo prenderci le patenti che ci meritiamo, ma quelle sbagliate non le vogliamo.
Noi abbiamo sempre detto che avevamo un percorso da compiere e l'abbiamo compiuto insieme ai compagni del PSDI e del PDUP in un'ipotesi politica legittima ed in grado di esprimere un governo; ma abbiamo anche sempre detto che qualora queste condizioni non si verificassero noi non avremmo giocato ad impedire la formazione di un altro governo. Non isoliamo nessuno, caro Brizio, isola chi non vuole che si formi un altro governo.
Nelle proposte avanzate non abbiamo trovato le condizioni per uscire dalla crisi. Con il nostro "no" alla proposta laica è venuta da parte del compagno Moretti, a nome del PSI, la dichiarazione di non disponibilità in questa situazione ed in questo percorso.
Con il ringraziamento che ho fatto qui al PSDI (non l'ho fatto per lisciare né Cerutti né Benzi) c'era la constatazione che nel governo costituito nel 1980 erano venuti elementi di novità con l'apporto di quel partito.
Devo dare atto che nel corso della formulazione del programma vi è stata, da parte dei compagni socialdemocratici, un'attenzione ed una precisione sui temi istituzionali ed in particolare la volontà di andare avanti in una certa direzione. Il fattore tempo, accoppiato alla chiarezza sono elementi che si sposano con gli interessi della comunità. La stessa decisione del direttivo del PSDI credo debba essere inverata con gli atti.
Il PSDI ha deciso l'astensione, quindi entro la prossima settimana occorre diradare il dubbio: l'astensione come può essere intesa? Credo ci sia la volontà da parte del PSDI di evitare il pateracchio dell'ingovernabilità qualora si eleggesse un Presidente senza una Giunta (ma credo che anche il compagno Viglione non accetterebbe una situazione così anomala che renderebbe estremamente difficile qualsiasi atto).
Non possiamo fare più guai di quelli che si sono già prodotti. Sarebbe un enorme guaio lasciare la Regione in una situazione di reale ingovernabilità senza dare agli altri la possibilità di fare altre proposte. Noi diciamo che vanno verificate le condizioni politiche e statutarie perché avvenga contestualmente la nomina del Presidente e della Giunta. Nella seduta consiliare del 28 luglio 1980 venne eletto il Presidente con 60 presenti, di cui 33 erano i voti favorevoli, 25 i contrari e 2 astenuti. La Giunta venne eletta, attuando l'art. 32 dello Statuto, con 30 sì, 27 no e 3 astenuti. Quella Giunta venne formata. Nel 1980 il concetto della maggioranza semplice (metà più uno) non si è verificato. Voglio concludere su un argomento rilevante. Questa mattina ho parlato del rischio che questo divenga un rito. Si tende a dimenticare che le Giunte si formano sui programmi e che i no ed i sì devono attenere ai fatti. Non vorremmo ricevere dei rimproveri perché abbiamo presentato un programma. Questa è una cosa che si deve fare, e che si deve fare anche per esprimere i no ed i sì.
Le osservazioni della D.C. le ho capite, adesso: sono quelle che non danno credibilità a queste forze politiche. Una risposta del genere è di pesante chiusura. Io non uso, neanche nei confronti della D.C., chiudere la porta in questo modo perché ho sempre qualche elemento di speranza.
Prendiamo atto di questo atteggiamento, ripetiamo che non vogliamo impedire la formazione di altre maggioranze ed accettiamo ampie osservazioni. L'attendibilità sta nel fatto che siamo scesi dagli slogan alle cose concrete, abbiamo anche detto in che modo abbiamo persino indicato le questioni su cui non eravamo d'accordo. Tra i tre partiti che fanno parte della maggioranza, per esempio, non c'è concordanza sulla questione nucleare. Penso che dire queste cose con chiarezza sia una regola di democrazia, di serietà per ristabilire un rapporto corretto.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

Il dibattito è così concluso.
Ricordo che ai sensi del primo e quarto comma dell'art. 32 dello Statuto il Presidente e la Giunta sono eletti con votazione per appello nominale: è proclamato eletto Presidente il Consigliere che ha conseguito la maggioranza assoluta dei voti dei Consiglieri assegnati alla Regione.
Prego pertanto un Consigliere Segretario di procedere all'appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 56 maggioranza richiesta 31 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 27 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri Poiché non si è raggiunta la maggioranza richiesta, ai sensi del quinto comma dell'art. 32 dello Statuto l'elezione del Presidente è rinviata ad altra seduta da tenersi non prima degli otto giorni e non dopo i 15.
Secondo quanto concordato nella riunione dei Capigruppo di ieri il Consiglio regionale è convocato per martedì 26 maggio prossimo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 16.50)



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