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Dettaglio seduta n.186 del 31/03/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 10 e 18 marzo 1983 si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che ha chiesto congedo il Consigliere Astengo.


Argomento:

b) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 18 febbraio 1983: "Norme concernenti il regime patrimoniale dei beni destinati alle Unità Socio-Sanitarie Locali" alla legge regionale del 18 febbraio 1983: "Modifica alla legge regionale 4/6/1975, n. 47 'Interventi a favore degli Enti locali territoriali dell'associazionismo e della cooperazione per lo sviluppo strutturale della rete distributiva del Piemonte'" alla legge regionale del 24 febbraio 1983: "Determinazione dell'ammontare dell'imposta sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile" alla legge regionale del 24 febbraio I983: "Concessione di contributo annuo al CINSEDO".


Argomento:

c) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo non ha apposto il visto: alla legge regionale del 18 febbraio 1983: "Istituzione della riserva naturale speciale della Valleandona e della Valbotto alla legge regionale del 18 febbraio 1983: Interventi per l'inserimento qualificato di giovani disoccupati e di lavoratori in cassa integrazione o ex dipendenti di aziende in crisi in cooperative già formate o di nuova costituzione".


Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute dell'8 15, 18 e 22 marzo 1983 - in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale


PRESIDENTE

Il punto terzo all'ordine del giorno reca: "Adempimenti di cui all'art.
32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale".
Vi do lettura dei primi tre commi del citato art. 32: "Il Presidente e la Giunta sono eletti dal Consiglio nel suo seno con votazione per appello nominale.
L'elezione avviene a seguito di presentazione di un documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione, con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative, il Presidente e l'intera lista degli Assessori.
Sulle linee politiche ed amministrative proposte si svolge un dibattito al termine del quale il Consiglio procede con votazioni successive all'elezione del Presidente e quindi della Giunta".
Fino a questo momento non mi sono pervenuti né la lista degli Assessori, n i programmi.
Secondo quanto concordato nella conferenza dei Capigruppo, nel corso di questa riunione ogni forza politica farà le sue dichiarazioni.
Do pertanto la parola al primo iscritto, Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'impegno pieno e responsabile delle forze democratiche presenti in questo Consiglio non è stato sufficiente a risolvere la crisi del governo regionale.
Siamo preoccupati per questa situazione che con il passare dei giorni rende più fragile la nostra opera e più inquieta la comunità piemontese e porta ulteriori elementi destabilizzanti nel Paese.
Motivi di preoccupazione ve ne sono parecchi. Sono in atto vere e proprie offensive contro le autonomie locali, contro i poteri locali e lo stesso sviluppo democratico. Avvertiamo pienamente la complessità di questa manovra, gli obiettivi che a fianco si perseguono, la profondità stessa del disegno. Può anche darsi, colleghi Consiglieri, che nostre debolezze abbiano consentito l'inasprimento e la penetrazione di questa strategia.
Comunque siano le cose - e presto lo sapremo - ci facciamo carico di questa situazione e prestiamo tutta la nostra attenzione per il superamento di questa crisi.
Dobbiamo rilevare, come hanno fatto tutte le forze politiche, che non hanno responsabilità dirette né le istituzioni né i partiti che sono e restano l'espressione democratica di una civile convivenza.
Sotto questo aspetto le manovre destabilizzanti non avranno alcun successo. Detto questo, avvertiamo la necessità che ciascuno faccia la sua parte, nessuno escluso, tutti hanno questo compito, e che i chiamati dalla volontà popolare affrontino questa prova con rigore e chiarezza come il momento d'altronde richiede. Il governo regionale è in crisi e dalla crisi si può e si deve uscire con ferma volontà, con idee chiare e propositi precisi, di cose concrete e di cose fattibili.
A queste aspirazioni, che credo siano di tutti ed anche della volontà popolare, occorre richiamarsi per impostare un programma serio, attendibile e realizzabile per quello scorcio di legislatura che ancora rimane, che valga a riscattare nei fatti il terribile momento di caduta di tensioni ideali che ha bruscamente interrotto la vita del governo regionale, che valga a ridare fiato e prospettiva ad un governo regionale rinnovato nello spirito, negli intenti e nella prassi, risollevandolo dallo stato di stagnazione, con il pericolo di involuzione che è inutile nascondere.
A questo rinnovato slancio il PSI intende fornire il proprio apporto politico, culturale, oltrechè operativo.
Noi siamo contro le elezioni anticipate che sono state a volte prospettate, non può certo assalirci il dubbio che iniziative giudiziarie possano condizionare l'operato politico, la formazione di maggioranze, di governi, siamo l'espressione di un voto popolare A questo dobbiamo rispondere politicamente e democraticamente. La difficile situazione economica del Piemonte e dell'intero Paese è il punto di riferimento come fatto prioritario del governo regionale, per le responsabilità che esso ha di indirizzo e di conduzione generale, per la scelta operativa che esso pu effettuare, per gli impulsi creativi che esso può imprimere alla collettività regionale. Tutto questo non può essere condizionato dall'intervento della Magistratura, come è lecito e giusto che semmai individua e tronca comportamenti illeciti dei singoli e ne determina le responsabilità dal punto di vista penale, né dobbiamo graduare politicamente le colpe, criminalizzare situazioni tutte da chiarire o peggio, cercare di trarre qualche vantaggio dal punto di vista politico.
Per questo siamo indisponibili anche per un cosiddetto "governo istituzionale" o di "salute pubblica". Se così fosse, dimostreremmo tutta la nostra fragilità politica e non meritevole del consenso popolare che a suo tempo ci è stato dato. Questo momento non si supera con la confusione politica, ma affermando e chiarendo ciascuno il proprio ruolo e definendo il proprio apporto.
In questo quadro non possiamo sottacere gli elementi di novità, di fantasia, di creatività che hanno contraddistinto gli ultimi governi a maggioranza progressista, pur con tutti gli errori che fatalmente sempre si commettono. Nel gioco democratico di formazione del governo pensiamo che tutti questi elementi che stanno alle nostre spalle, il patrimonio che sta nelle nostre spalle, abbiano un peso, che le cose sbagliate debbano essere corrette, che è sempre più fondamentale e necessario un rigoroso controllo da parte del Parlamento regionale sull'esecutivo, un confronto permanente tra le forze politiche di maggioranza e di opposizione, confronto che garantisce una democratica e civile convivenza, sempre ciascuno nel proprio ruolo che gli è stato assegnato dalla volontà popolare. Per ottenere risultati concreti occorre allargare il consenso - e questo è stato da noi affermato da lungo tempo - non strumentalmente, non certo per carpire un voto, ma per percorrere insieme la strada che ci porterà al superamento di questa situazione. Noi socialisti mostriamo particolare attenzione alle forze laiche e progressiste. Guai a noi se distruggiamo questi intenti passerebbero tutte le subalternità di cui a suo tempo ci siamo liberati. E' nostro dovere adempiere al mandato conferitoci non certo rifuggendo dal contributo per la formazione di un governo o maturando l'ipotesi di quella che viene chiamata salute pubblica.
Noi socialisti ci facciamo carico di questa situazione, l'affrontiamo con coraggio e rigore: chi ha sbagliato lo dirà la Magistratura e deve pagare, ma chi in questa vicenda risulta estraneo deve trovare un provvedimento immediato e noi chiediamo anche questo e rendiamo disponibili le nostre forze e la nostra rappresentanza per un esecutivo che sia in grado di affrontare questi problemi. Non siamo disponibili a farci mediare o condizionare da iniziative o provvedimenti che in questi giorni paiono avere questo obiettivo, noi lavoriamo per un governo che acquisisca e consolidi l'esperienza passata e ne modelli una nuova per l'avvenire.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi, come ha annunciato il Presidente del Consiglio, oggi non esistono le condizioni per addivenire alla votazione del Presidente della Giunta e degli Assessori per dare al Piemonte il governo che aspetta.
Crediamo tuttavia che questo dibattito sia un dibattito utile ed interessante perché nasce innanzitutto dalla necessità di riportare nella sede istituzionale le prese di posizione, le elaborazioni, magari le contraddizioni di ogni forza politica di fronte alla profonda crisi politica ed amministrativa della nostra Regione e perché queste posizioni vengano ufficializzate e portate al confronto delle altre forze politiche.
Crediamo, altresì, che sia dovere di ogni forza che siede in questo Consiglio dare un contributo per il superamento il più possibile rapido per ché oltre alla paralisi amministrativa, di problemi se ne presentano ogni giorno e credo anche con profondo disagio non soltanto di chi è costretto a fare l'Assessore, nonostante non lo sia più, ma anche di chi non avendo incarichi di tipo esecutivo può incontrare difficoltà anche soltanto partecipando alle riunioni delle Commissioni consiliari perché la precarietà della situazione rende difficile non soltanto le prese di posizione, ma le conseguenti decisioni e i ruoli che ne conseguono.
La nostra proposta politica credo sia nota per il superamento della situazione di crisi, ma forse non è inopportuno riparlarne anche perché non da tutti è stata intesa nella sua precisione.
Intanto noi non abbiamo mai parlato di un governo istituzionale abbiamo sempre parlato di un accordo istituzionale e questo lo dicemmo fin dal momento in cui chiedemmo le dimissioni della Giunta e facemmo in quest'aula la nostra ipotesi di superamento.
Non abbiamo mai parlato del governo di tutti, ma di un governo di emergenza che nascesse con compiti limitati nel tempo, dall'accordo di tutti.
Qualcuno ha detto che la proposta repubblicana non serve a nessuno.
Poiché essa è innanzitutto finalizzata all'obiettivo fondamentale di restituire fiducia alle istituzioni nel deteriorato rapporto con la comunità piemontese, credo che essa abbia il significato profondo di servire a tutti i cittadini.
Altri hanno detto che è una scatola vuota. Ma che cosa significa? Si potrebbe semmai dire che è una proposta senza involucro poiché di fatto la formula politica o lo schieramento che deve sorreggerla deve ancora nascere perché sarà il risultato di quel confronto e di quell'accordo su un programma ben delineato dai contenuti chiarissimi: la revisione e l'assunzione di prassi amministrative efficaci nei risultati quanto trasparenti negli atti decisionali. A questo proposito si potrebbe scrivere un libro: ognuno di noi ha un documento o una proposta ma ci sarà tempo per discuterne garantire l'ordinaria amministrazione gestire atti di straordinaria amministrazione in corso o in sospeso o in scadenza. Anche qui si potrebbero elencare tutte le cose che sappiamo benissimo devono essere fatte in termini urgenti, nel giro di sei-sette mesi.
E' stato altresì detto che la nostra proposta elimina l'indispensabile dialettica delle assemblee, cioè eliminando l'opposizione non ci sarebbero più quelle garanzie di controllo che spettano innanzitutto all'opposizione.
Non voglio polemizzare oltre, ma voglio dire che in assemblee nelle quali le situazioni di maggioranza e di minoranza erano ben definite, i controlli hanno portato a quel che hanno portato. Ma queste sono delle eccezioni. In generale, noi siamo per una democrazia nella quale, se si verificano le condizioni per la dialettica, questa dialettica deve sempre esserci e devono sempre sussistere le condizioni di maggioranza e di opposizione perché ognuno possa svolgere il suo ruolo.
Nella situazione attuale, ci rendiamo conto di quale tipo di dialettica c'é oggi fra i partiti nello sfascio generale nel quale tutti siamo stati coinvolti? L'unica dialettica che ci è consentita è quella di confrontare per capire quali possono essere ancora le condizioni politiche di certezza e di serenità nelle quali ricominciare ad operare. Pensate voi che queste condizioni siano ristabilite fino a quando non sarà completata la fase istruttoria e non pensate che soltanto allora il terreno del confronto politico sarà credibile e costruttivo? Detto questo, il Partito Repubblicano non crede di avere mai la verità in assoluto. Stiamo cercando tutti di elaborare in una situazione di grave difficoltà. Riteniamo che la rielezione della precedente Giunta sia un fatto improponibile. Imboccare questa via è un atto di grande coraggio qualcuno meno tollerante potrebbe addirittura parlare di un atto arrogante e non per una questione di numeri che è del tutto ininfluente (Schiller diceva che i voti si debbono pesare e non contare). Da questa vicenda si possono trarre tutte le valutazioni che si vogliono e non sta certo a noi anticiparne le conclusioni. Ma soltanto dai fatti che appaiono molti interrogativi ci dobbiamo porre. Bisogna avere il coraggio di riconoscere che anche in Piemonte la pratica dell'indebita occupazione degli spazi della società civile da parte dei partiti è diventata costume, con le conseguenze di degenerazione partitocratica che sono davanti a noi e che esigono i più coraggiosi rimedi se si crede nel sistema istituzionale del quale i partiti sono gli assi portanti.
Ecco perché occorrono difese istituzionali salde e dei meccanismi di garanzia reali se non si vuole ad un tempo la rovina delle istituzioni e dei partiti politici ed il prevalere di suggestioni qualunquistiche.
Ieri è avvenuto un confronto fra i liberali, i repubblicani e i socialdemocratici che è partito proprio da queste considerazioni.
Di questo confronto noi diamo un giudizio positivo perché esso ha consentito di concordare un'iniziativa politica congiunta di grande rilievo che è quella di approfondire innanzitutto le possibilità ed i modi per ripristinare il senso della funzione pubblica attraverso dei correttivi alle disfunzioni istituzionali.
Il lavoro che i tre Gruppi si accingono a fare sarà comunque un lavoro utile a questa assemblea che da qualche tempo risulta assai malata nel suo funzionamento.
Noi lavoreremo in questa direzione, nella speranza che da questa direzione possa anche nascere una rinnovata guida alla Regione Piemonte.
Gli amici liberali hanno parlato di elezioni anticipate per risolvere in assoluto tutte le difficoltà: non saremmo democratici, come riteniamo di essere, se non pensassimo che il ricorso anticipato alle urne, quando occorra, sia un'ulteriore possibilità democratica offerta ai cittadini di questo democratico Paese. Oggi, tuttavia, secondo noi, esistono ancora gli spazi per esplorare nuove e possibili soluzioni prima di determinarci al ricorso anticipato alle elezioni.
Esploriamole insieme queste possibili vie, raccogliamo l'invito che da ogni dove perviene per una soluzione rapida della crisi e per dare un governo al Piemonte, questo Piemonte che non avrebbe certo meritato di vivere e di soffrire questa brutta storia, ma che oggi attende da noi le risposte giuste per vedersi restituita la sua immagine moderna ed europea offuscata forse dai fatti odierni ma non ancora smarrita.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Io credo vada innanzitutto detto che (favorito da un logoramento della carica trasformatrice dell'esperienza delle Giunte di sinistra) si vanno ormai delineando con nettezza le caratteristiche di un rinnovato attacco alle Giunte di sinistra Due episodi di questi giorni intendo richiamare, da una parte il polverone che si sta alzando sul Comune di Roma con le accuse al Sindaco Vetere, a Nicolini, a Rossi Doria. Dall'altra una questione che ci tocca molto più da vicino ed è la bocciatura della legge sulle cooperative che recentemente abbiamo approvato in questo Consiglio.
Tale bocciatura ha il sapore di un attacco tutto politico da parte del Governo ad una legge che è attuativi dei compiti attribuiti alle Regioni in materia di concorso alla programmazione nazionale e regionale ai fini dello sviluppo economico e sociale.
Ma come, ci siamo fatti tanti discorsi sulla necessità di diminuire il numero dei lavoratori assistiti attraverso la C.I.G. e poi quando si fa una proposta concreta che va m questa direzione la si boccia.
E' difficile allora non pensare che tutti i discorsi sull'assistenzialismo non sono altro che il pretesto per portare con più forza l'attacco ai lavoratori mentre non viene assunto dal Governo come problema da risolvere.
A questo attacco dovremo rispondere politicamente in modo estremamente chiaro e preciso.
A me sembra, in sostanza, di poter dire che Fanfani ancora una volta ha dimostrato di aver perso pelo in qualche referendum, ma di non aver perso il vizio di attaccare a sinistra.
Ma io credo che i rilievi su questo attacco alle Giunte di sinistra non devono nemmeno per un momento offuscare l'esigenza di una riflessione seria, autocritica dura, sul perché fenomeni di malcostume hanno potuto proliferare anche nelle Giunta di sinistra, quali sono le cause politiche che vi hanno concorso.
Per capire, da questa analisi, cosa va cambiato di profondo nelle Giunte di sinistra per poterle difendere e rafforzare.



CERCHIO Giuseppe

Che cosa c'entra Fanfani?



MONTEFALCHESI Corrado

Una Giunta di sinistra ha fatto un atto concreto che risponde ai bisogni della società ed il Governo l'ha bocciato. Questo provoca problemi di rapporto tra le forze politiche e la società, un rapporto alle diverse responsabilità. Queste cose devono essere ricordate perché è facile per la società e per i cittadini mettere tutti nello stesso calderone e dire: "tutti sono uguali", mentre non è vero. Certo sull'attuale crisi ci sono delle responsabilità a sinistra che vanno rilevate per giungere ad un'autocritica dura...



(Voci in aula)



MONTEFALCHESI Corrado

...sulle cause che hanno portato alla degenerazione delle Giunte di sinistra nella Regione e nel Comune.
Molte cose sono state dette e scritte in questi giorni, io credo che la scelta peggiore per la sinistra sarebbe quella di affrontare la questione morale (che emerge dalle vicende del Comune e della Regione) come un problema in sé scindendolo dalle ragioni vere che hanno portato alla degenerazione.
A me sembra che le ragioni vanno ricercate nel fatto che componenti unitarie delle Giunte (socialisti o partiti laici) abbiano usato il loro ruolo determinante per costruire le maggioranze, per imporre una loro impostazione nei programmi e nei metodi di Governo, che ha portato a svuotare le ragioni, il senso politico e i contenuti di trasformazione per i quali le Giunte di sinistra avevano avuto la legittimazione a governare.
Mentre, d'altro canto, si è determinata una subalternità del PCI rispetto agli alleati che per il timore di mettere in pericolo le Giunta di sinistra lo ha indotto ad estenuanti mediazioni e passi indietro sui contenuti, cosa che ha fatto perdere alla sinistra in grossa parte il rapporto con la propria base sociale ed ha contribuito a far venire meno la partecipazione.
Cioè, il timore di metterle in pericolo, se si fosse andati ad un chiarimento di fondo sui contenuti di fronte alla gente, ha invece contribuito a creare le condizioni migliori per metterle in difficoltà.
Conseguenza di ciò, anche per effetto della cosiddetta deideologizzazione della politica, ha portato al penetrare anche nella sinistra e nel PSI in particolare di quei fenomeni che hanno permesso alla D.C. di governare per 35 anni, per i quali il consenso si costruisce sempre meno su un'idea od ipotesi di costruzione e trasformazione della società, e la politica di riduce a mezzo per salire i gradini della scala sociale; per cui il consenso lo si costruisce attraverso una spregiudicata e pragmatica risposta ad interessi clientelari ed a volte corporativi, che presuppone una rincorsa all'occupazione del potere.
Diciamo questo non come aggressione o invettiva moralistica, ma perch deve essere oggetto di analisi e riflessione politica, peraltro già iniziata in settori del PSI, se come giustamente fa notare Ruffolo quando un partito come il PSI che raccoglie il 10-12% dei voti, occupa il 40%, del potere pubblico è facile che si innestino processi degenerativi.
Se questa è la dimensione del problema, la soluzione di esso non sta nel dotarci solo di strumenti di controllo ipergarantisti, certo ci vogliono strumenti che rendano trasparente e controllabile l'attività amministrativa; ma il PDUP ritiene necessaria una reale svolta nei contenuti che permetta di recuperare quelle scelte politiche e quei contenuti di trasformazione per i quali la maggioranza dei cittadini si è espressa con il voto a sinistra e che ha legittimato la sinistra a governare e per questa via recuperare, da parte della sinistra, un rapporto con la propria base sociale.
E' chiaro che questo è possibile nella misura in cui si fanno delle scelte di governo su contenuti chiari e discriminanti, selezionando i bisogni a cui rispondere.
Perciò la scelta sullo schieramento non è indifferente, il PDUP ritiene che tale svolta è possibile nella misura in cui si fa la scelta del ricostituire le Giunta di sinistra senza pasticci o confusioni.
Tale svolta non sarebbe possibile con aperture ai laici che sono portatori di contenuti ed istanze spesso antitetici a quelli di sinistra.
Noi crediamo che se si vuole fare una scelta di schieramento diversa da quello di sinistra, con apertura ai laici o, peggio, con una Giunta fondata sulla centralità laica, scelte che non rispondono nei contenuti a quella domanda di trasformazione per la quale la maggioranza della gente si è espressa e che ha legittimato con il voto le Giunta di sinistra a governare, allora riteniamo che la parola debba ritornare subito alla gente sottoponendosi al giudizio degli elettori.
I numeri per ricostituire una Giunta di sinistra ci sono, noi chiediamo che i Consiglieri arrestati si dimettano, come scelta politica per rafforzare la ricostituzione di una Giunta di sinistra e non certo come giudizio preventivo sulla loro colpevolezza.
Riteniamo però che per attuare questa svolta sia necessaria l'apertura di un grande dibattito e confronto da parte della sinistra con la società scontenuti e sui modi per avviare un'estensione del potere in grado di far crescere la capacità di controllo, partecipazione e di gestione da parte della società organizzata.
Qui bisogna chiarire anche a sinistra che cosa si intende per partecipazione, se è una cosa generica vuota, fatta di atti e sedi formali ma non decisionali.
Oppure se, come a mio avviso deve intendersi, come organizzazione della società nella quale crescono forme di gestione ed autogestione di una serie di servizi e problemi che toccano la società stessa.
C'è da fare una riflessione critica sul fatto che mentre questa esigenza è ormai indilazionabile, l'esperienza più emblematica sotto questo aspetto che è quella dei Consigli subisce un attacco che rischia di snaturarne il senso.
Noi dobbiamo denunciare che l'apertura di questo dibattito e confronto con la società non c'è e che il dibattito è sequestrato nelle Segreterie nazionali dei partiti, in una discussione meramente di schieramento, nella quale i contenuti diventano una cosa subalterna e variabile dipendente.
Paradossalmente in una situazione in cui si impone una svolta, anche per riportare la politica a fatto di massa, costruita su contenuti chiari e con la partecipazione della gente, di contenuti sì discute quasi niente ed a partecipare non ci sono nemmeno più le strutture dirigenti locali dei partiti.
Per questo noi riproponiamo con testardaggine nel dibattito le proposte ed i contenuti sui quali abbiamo avviato un confronto con forze politiche di sinistra e con forze sociali.
I contenuti concernono: il funzionamento e la collegialità dell'esecutivo dando attuazione ai dipartimenti l'avvio di una fase di decentramento e di delega la revisione dei criteri delle nomine, assumendo come base per il confronto tra le forze di sinistra la proposta di legge presentata dal Gruppo comunista la finalizzazione delle consulenze a precisi ed espliciti obiettivi da verificare in sede di Commissione competente l'attribuzione degli appalti sulla base delle proposte che abbiamo fatto nella passata seduta del Consiglio regionale l'assunzione fino al quarto livello presso la pubblica amministrazione ad iniziare dalla Regione attingendo dal collocamento una verifica della funzionalità degli enti strumentali alle esigenze collegiali dell'esecutivo iniziative tendenti all'acquisizione di nuovi poteri alle Regioni sulle questioni dello sviluppo, dell'occupazione e dell'industria tenendo conto delle priorità settoriali. Inoltre mentre il Governo sta assumendo come linea strategica per la concessione dei finanziamenti del FIO la presentazione da parte delle Regioni di progetti immediatamente operativi ed appaltabili che contengano un'analisi costi-benefici, è necessario che la Regione si doti di strutture adeguate per la predisposizione dei progetti. Se la struttura politica in grado di rispondere a tali esigenze progettuali è il CIPE regionale, è invece mancante completamente la struttura tecnica. Per questo proponiamo che la Regione si doti di un servizio apposito che risponda a tali esigenze anche attraverso la qualificazione del personale nel campo dell'occupazione va qualificato il settore della cooperazione l'area dei servizi, il settore artigiano, il settore dell'energia, il settore dell'agricoltura iniziative per il coordinamento e la promozione delle aziende sui mercati esteri, in particolare una politica di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, fondata sulla fornitura di tecnologie appropriate per l'agricoltura e per l'energia rilanciare il riequilibrio territoriale che sconfigga le illusioni che stanno alla base del progetto MI-TO (per il quale la ripresa dello sviluppo passa attraverso il riaccentramento delle risorse nell'area metropolitana) la questione Fiat in rapporto ai finanziamenti ed al rispetto degli accordi il rilancio della politica di salvaguardia dell'ambiente la presentazione di un piano energetico regionale per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili e la ridefinizione di competenze e di strumenti di intervento degli Enti locali e di partecipazione alle scelte una riflessione sul funzionamento della sanità che recuperi un intervento finalizzato principalmente alla prevenzione e, in tal senso, organizzare la struttura della sanità e la finalizzazione delle risorse rifiuto della scelta di far pagare i tagli alla spesa pubblica ai soggetti più deboli che necessitano di assistenza ed attuazione della legge n. 20 una politica della casa con disponibilità di case un affitto in risposta all' emergenza rappresentata dagli sfratti.
Ecco, su questi contenuti siamo aperti al confronto nell'ambito della sinistra, siamo pronti a dare tutto il nostro apporto positivo e costruttivo di idee e proposte, se da subito è chiaro che si lavora per una scelta di sinistra.
Se diversamente tale chiarezza non emerge e si lavora per altre ipotesi confuse e pasticciate che non possono che portare alla paralisi nelle scelte e ad una piatta continuità sui contenuti, la nostra azione non potrà che assumere una caratteristica di denuncia.
Ebbene, compagni del PCI e del PSI, abbiamo letto sui giornali della vostra volontà di ricostituire Giunte di sinistra, ma fino ad oggi non solo non vi sono stati incontri collegiali delle forze di sinistra, ma per quanto ci riguarda non abbiamo avuto modo (e non certo per nostra scelta) di avere nemmeno incontri bilaterali. Mentre abbiamo avuto un incontro positivo con la sinistra indipendente.
E di questo siamo profondamente stupiti. Deve essere chiaro che, come siamo aperti al confronto oggi, saremo altrettanto risoluti domani nel rifiutare avanzi di minestra freddi e rancidi che eventualmente ci venissero proposti.
E poiché ci sono delle esplicite prese di posizione sulla volontà di ricostituire uno schieramento di sinistra proponiamo alle forze di sinistra un incontro per avviare un processo che porti alla ricostituzione della Giunta.
Siamo sereni e tranquilli in quanto convinti che i problemi ed i contenuti che proponiamo sono espressione di reali bisogni di larghi strati sociali e pertanto non eludibili, con i quali la sinistra tutta dovrà fare i conti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, come convenuto nella conferenza dei Presidenti di Gruppo, siamo tenuti a rendere in questa sede una breve dichiarazione: ma dobbiamo subito dire, per la verità, che ci accingiamo a farlo con animo poco predisposto verso quello che giudichiamo essere soltanto un vuoto rituale, accademico e persino stucchevole.
Al di là, infatti, delle molte cose che già sono state dette e che ancora si potranno dire, solo una constatazione - a questo punto - è possibile fare: che gli adempimenti previsti dall'art. 32 dello Statuto non possono essere adempiuti. Che non si è ancora in grado di eleggere il Presidente della Giunta regionale. Che, insomma, la crisi ufficialmente apertasi quindici giorni or sono, tuttora non ha trovato soluzione e sembra anzi ben lontana dal venire risolta.
Per cui, alla domanda - posta come primaria esigenza dall'opinione pubblica - di fare in fretta, di non sciupare altro tempo, di mostrare con i fatti l'effettiva volontà di "voltare pagina", questa è la deludente risposta offerta dalle forze politiche di regime. Ed intanto il perdurante vuoto al vertice della Regione continua a ripercuotersi sulla vita economica piemontese, dove il blocco progressivo di molti settori appare sempre più evidente.
Non v'è abilità oratoria o capacità dialettica in grado di nascondere questo insoddisfacente risultato: dal quale si deve dedurre che la gravità diremmo, l'eccezionalità della situazione venuta a determinarsi ancora non sia stata ben compresa oppure che, per un interessato e perverso calcolo tuttora si finga di non comprenderla.
Del resto, non l'aveva capito - od aveva finto di non capirla - lo stesso governo regionale che, nella seduta del 10 marzo, respingeva sprezzantemente la nostra richiesta di dimissioni... salvo poi venire travolto, soltanto cinque giorni più tardi, dall'ondata di arresti abbattutasi su alcuni suoi componenti! Adesso, due settimane si sono lasciate consumare nella vana ricerca di una via d'uscita alla crisi: abbiamo assistito al "balletto delle formule" ma dobbiamo constatare che, per ora, non si è andati avanti di un solo passo.
Vi è l'ipotesi di una meccanica ripetizione della maggioranza di sinistra: ipotesi che respingiamo, non esitando a definirla immorale, ancor prima che improponibile.
Ed è improponibile perché mancante, al momento ed in conseguenza delle carcerazioni intervenute, dei 31 voti necessari a concretizzarla. Ma, ancor più, sarebbe immorale perché tesa a ripristinare una situazione ormai largamente e definitivamente screditata.
Perché infatti - ripetendo quanto già affermato in precedenza - noi riteniamo che, dalle scandalose vicende emerse, escano compromessi non soltanto i singoli personaggi che vi sono rimasti coinvolti, ma anche, e diremmo soprattutto, i partiti che tali personaggi hanno portato alla ribalta.
Perciò, pur ammesso che sia possibile superare l'ostacolo numerico attraverso l'espediente di far dimettere i Consiglieri inquisiti, alla riedizione della maggioranza di sinistra si oppone - ed è un limite invalicabile - una considerazione d'ordine morale e politico insieme: se mai dovesse rinascere un governo PCI - PSI - PSDI, esso non sarebbe più credibile a fronte dell'opinione pubblica e segnerebbe di fatto la morte ingloriosa della terza legislatura regionale, nel crescente distacco - per diffidenza, per sospetto, per non più accordata fiducia - del cittadino dall'istituzione.
Vi è, poi, l'ipotesi di un allargamento della maggioranza di sinistra ai partiti laici minori che certo - se accolta - darebbe alla futura Giunta la tranquillità di una più larga consistenza.
Ma - a parte il fatto che ci divertirebbe non poco vedere il moralismo repubblicano ed il rigorismo liberale messi a copertura di un governo di sinistra (e di un governo, poi, che ha tali precedenti...) - a parte questo, dicevamo, Partito Repubblicano e Partito Liberale hanno già esplicitamente respinto la possibilità di un loro coinvolgimento e, quindi allo stato dei fatti, anche questa soluzione appare impraticabile.
Vi é, ancora, l'ipotesi di una Giunta "istituzionale" o di "emergenza" o di "salute pubblica", aperta a tutti i partiti che si autodefiniscono "democratici" e che null'altro risultato produrrebbe, a nostro avviso, se non quello di un'equivoca ammucchiata, messa in scena non già per superare il trauma ed i postumi dello scandalo attraverso una gestione del potere più corretta e trasparente, ma soltanto per limitare i danni alla partitocrazia nel suo complesso, danni che - come i fatti del Comune di Torino stanno ormai dimostrando al di là di ogni possibile dubbio - hanno investito in eguale misura maggioranza ed opposizione.
Questo, soltanto questo, starebbe a significare un eventuale "governo di tutti".
E potremmo ancora a lungo continuare nell'esame critico delle varie formule che, nei giorni scorsi, abbiamo sentito proporre: per dimostrare, a conclusione, come tutte, per un motivo o per l'altro, siano irrealizzabili e soprattutto improponibili, se veramente dovessimo credere che le forze politiche sono animate dalla ferma volontà di compiere un radicale ed inequivoco rinnovamento nella conduzione della cosa pubblica.
Per cui, in ultima analisi, ci sembra restare in piedi soltanto un'eventualità: quella che il Movimento Sociale Italiano, da solo e per primo, ha indicato sin dall'inizio di questa oscura crisi e che, con piacere, in queste ultime ore abbiamo visto cominciare ad essere ripresa sia pure con inaccettabili ed assurdi "distinguo", anche da altre parti politiche quali i repubblicani ed i liberali: la formazione, cioè, di un esecutivo-ponte che, con mandato ristretto e per limitata durata di tempo impegni - senza pretestuose discriminazioni di "archi costituzionali" tutti i partiti non coinvolti nelle malavitose vicende della Regione e del Comune.
E' certo, lo comprendiamo benissimo, una soluzione di emergenza: ma nell'emergenza noi siamo stati precipitati da quanto accaduto.
Ed è una proposta radicalmente innovatrice, che esce fuori dai consueti ed obsoleti schemi del passato: ma di novità, e di novità sostanziali, oggi ha bisogno il Piemonte.
Altrimenti, se anche questa ipotesi dovesse venire respinta, tanto varrebbe, ed è la seconda, ultimativa richiesta della Destra Nazionale,non indugiare oltre nello studio di bizantine costruzioni di ingegneria partitica e decidersi invece a guardare finalmente in faccia alla realtà quale essa è e non come si vorrebbe che fosse.
Quando è impossibile sciogliere un nodo, lo si taglia.
Quando non sussistano le condizioni per formare una qualsiasi Giunta se ne prende atto e si va alle urne.
Noi chiediamo, dunque, che si avvii la procedura di scioglimento del Consiglio regionale, solo modo rimasto per dimostrare un'autentica volontà di moralizzazione: lasciando la Magistratura completamente libera di accertare le responsabilità ovunque esse si annidino e rimettendo al corpo elettorale, con un'anticipata consultazione, il giudizio sui partiti che attraverso tanti loro uomini "emergenti", di questa squallida storia di corruzione e di malgoverno, sono i primi e più diretti responsabili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

L'odierna riunione del Consiglio regionale, dopo una fase convulsa (la più dolorosa, la più confusa), per certi aspetti ne apre una nuova, che auguriamo possa rapidamente portare ad una soluzione operativa, ridare dignità alle istituzioni, recuperare un rapporto franco con la gente nonché credibilità e senso dello Stato. Per raggiungere tali obiettivi, che sono condizione preliminare ad ogni valutazione di merito, non possono bastare assemblaggi di cocci, ma neppure chiusure aprioristiche n moralismi di maniera, libreschi e non animati invece dal soffio vivificatore del civile impegno sentito come radice del proprio modo di essere e di fare politica.
La lobby di Zampini, se acclarata, con i suoi legami con il mondo economico, i suoi rapporti con gli ambienti politici, le sue interferenze nei partiti, il suo generare l'inquinamento delle istituzioni, è assurta a caso di dimensioni nazionali, cioè emblematico di un certo modo di intendere la politica, in una Regione con grandi tradizioni civili e democratiche.
Dobbiamo quindi tutti dare risposte adeguate e per certi versi esemplari per l'intera Nazione, anche per rendere giustizia a tutti gli amministratori, e sono la grande maggioranza anche in Piemonte, che operano quotidianamente con serietà, onestà e sacrificio.
Le dimissioni della Giunta sono già state un primo segnale di diversità rispetto ad altre situazioni italiane. Poiché è un problema che riguarda tutti, non si può non sollecitare anche il contributo di tutti attorno ad alcune considerazioni generali che, seppur brevemente, mi permetto di sottoporre ai colleghi. Infatti, alcuni elementi di giudizio sulle vicende di Torino non possono essere dimenticati perché, credo, di qui partirà la proposta socialdemocratica di contenuti su cui verificare le possibili convergenze: 1) l'alternanza ed il ricambio di chi è al potere è un fatto vitale per la democrazia, tale da consentire la verifica delle azioni compiute e da evitare il formarsi di incrostazioni degenerative e di abusi, di rapporti consolidati tra amministratori pubblici ed interessi privati e di una certa sorta di presunzione di intoccabilità. Questo, ovviamente, vale per tutti e per tutti i livelli, non solo quello regionale.
2) Vi è bisogno di un ritorno ai valori, alla cultura politica ed ai simboli. Per troppi anni si è enfatizzata l'immagine tecnocratica del potere premiando il piglio manageriale, la capacità di controllo dei mass media, il pragmatismo operativo. Oggi emerge con chiarezza che la scelta di fare attività politica, non fondata anche - ma in primo luogo - su un giudizio di valore e su un radicamento culturale e di prospettiva, su un riferimento concreto all'interesse generale, può portare ad un uso disinvolto del potere. Proprio ieri il prof. F. Barbano su "La Stampa" richiamava questo aspetto, là dove faceva riferimento alla densità morale di una città e di una regione.
3) Le istituzioni debbono fare più politica amministrativa e meno discorsi.
Oggi ci chiediamo, e ce lo chiede la gente, come mai sia potuto succedere tutto ciò e perché noi non abbiamo smascherato questi fatti. La verità è che il Consiglio regionale tende sempre più ad essere una palestra oratoria su questioni generali e sempre meno un centro di controllo e di verifica delle attività dell'esecutivo. Questo deve essere un impegno di tutti prioritario per il nuovo programma. Vi sono già proposte presentate dai vari Gruppi e credo si possano rapidamente approntare strumenti che consentano di ridare nei fatti una centralità al Consiglio attorno a questi temi: il legislativo, il controllo e la verifica.
4) Ritorna il tema dei controlli sugli atti e sulle attività degli enti pubblici. Certo nessuno pensi a ritorni a forme di neo-centralismo o a semplici verifiche burocratiche, ma è altrettanto vero che occorre recuperare una capacità di controllo delle attività degli enti per evitare il formarsi dei fenomeni degenerativi su cui siamo stati chiamati ad esprimerci.
E' questo un grande tema su cui con forza dobbiamo porre la nostra attenzione, per non spogliarci anche della funzione politica che non pu essere surrogata dalla Magistratura. Con questo spirito e su questi problemi intendiamo aprire il confronto politico, dopo le dimissioni della Giunta regionale, nella quale vogliamo purtuttavia segnalare il contributo reso dal nostro Gruppo. Quasi per ironia, ci pare di dover richiamare l'attenzione sul fatto che proprio in questi ultimi mesi stavano giungendo a compimento importanti atti su cui più volte ci siamo soffermati, seppur con toni critici.
Si pensi alle modifiche della legge urbanistica, al progetto del secondo piano di sviluppo, ancorché lacunoso e da correggere, alla legge quadro in materia di trasporti, al significativo apporto ed anticipazione all'unanime richiamo per una legislazione di settore organica, chiara e severa nel contempo. Un bilancio operativo quindi non disdicevole che speriamo possa proseguire con celerità, perché la società ci chiama a non eludere le esigenze, a dare risposte precise e realistiche, non vuote o di maniera.
Sotto questo profilo non può essere giudicata completamente negativa questa esperienza anche se le è mancata forse quella che è stata verificati i fatti, la causa della nostra presente avventura, la mancanza cioé di un filo conduttore, di un'interna tensione civile e politica, di una grande prospettiva strategica che significasse nel contempo l'eliminazione di Ministeri onnipotenti ed una forte guida unitaria. Ci avrebbe evitato l'episodico, il pragmatico ed il settoriale, veri vincitori di questa vicenda che vede invece sconfitti lo strategico, il riferimento ai valori, il globale. E' per questo che è, forse, giusto e non giusto al tempo stesso, partire dai fatti accaduti per mettere sotto processo un esecutivo o una formula politica. La presente esperienza dimostra che non sono le formule politiche di per sé sole a garantire limpidezza e serietà di lavoro e di programmi. Forse un processo di smitizzazione non fa male e ci consente di uscire dallo stereotipo e dal miracolistico.
Certo, le maggioranze di sinistra, per il solo fatto di chiamarsi così non possono essere certezza di rigore e di serietà. Non sono state cioé le salvatrici della patria. Bene, allora credo che il discorso valga anche alla rovescia, e oggi qui nessuno può da solo atteggiarsi a salvatore.
Molto più modestamente dobbiamo tra tutti trovare un comune terreno di intesa che consenta alla nostra istituzione di superare il non facile guado in cui ci troviamo. E' per questo che non è sufficiente, come prima cosa attaccare questa Giunta o parlare di nuove e diverse alleanze o di tattiche o di posizioni precostituite. Il momento chiede qualcosa di più e di meglio che non la semplice riproposizione di schieramenti contrapposti in modo più o meno manicheo, e di lì partire. Dobbiamo, i partiti soprattutto debbono trovare un diverso punto di partenza, un diverso modo di convergenza, un più alto sentire ed intendere il loro ruolo nelle istituzioni, che sono da esaltare e non da piegare alle tattiche.
Tale era il senso della nostra proposta di incontro tra tutte le forze politiche democratiche per trovare almeno un comune punto di riferimento una proposta che conserva oggi, riteniamo, una sua positività e che ci pare anche altre forze politiche, pur con accenti diversi e magari con diverse intenzioni, stanno condividendo.
Alcune riserve, per ora, sull'iniziativa non ci esimono dal continuare ancora su questa strada in una fase delicata avendo per obiettivo la volontà di difesa delle istituzioni, anzitutto.
Quindi, dobbiamo aprire il confronto tra di noi con la volontà di dare un grande segnale alla comunità, di proporre alla gente un patto fra gentiluomini che si ponga l'obiettivo del risanamento delle istituzioni e che faccia della questione morale e degli strumenti attuativi di questa una pratica di azione quotidiana e non uno slogan da comizio.
Su queste basi valuteremo quindi le proposte di contenuto e di schieramento degli altri Gruppi e ne faremo alcune noi stessi da confrontare.
E' in questo spirito che è avvenuta la riunione di ieri pomeriggio fra i Gruppi laici che ha dato luogo ad una sorta di comitato paritetico per valutare proposte sul piano istituzionale ed aprire il confronto. E' una proposta che non vuole certo prefigurare delle formule politiche e che dovrà essere irrobustita dall'apporto degli altri Gruppi.
Per noi, da sempre, vi è la volontà di proseguire m un rapporto privilegiato tra le forze socialiste e laiche; ed è su questo che vogliamo, in primo luogo insistere anche per scoraggiare tendenze emergenti a nuove forme di bipolarismo.
E' con questo spirito che diciamo di no alla proposta di elezioni anticipate perché non è questo il rimedio né per le istituzioni né per la società: non è questo - soprattutto - che si aspetta la gente.
Vi è l'esigenza di fare in fretta perché vi sono dei problemi urgenti a cominciare dall'assestamento di bilancio che, dopo l'approvazione della legge finanziaria, dovrà essere modificato. Le elezioni anticipate non danno delle risposte a tempi brevi, ma provocano paralisi amministrativa.
Dobbiamo anche dire con chiarezza che non è neppure la mera e semplice riproposizione di una Giunta di sinistra che ci può trovare pienamente consenzienti. E' una formula che va eventualmente irrobustita e vivificata e non da intendersi come chiusura, riduzione dei ranghi ed abbassamento di profilo politico e programmatico: come dire "tanto per arrivare alla bell'e meglio alla fine".
Non riteniamo che si debbano legare a doppio filo le vicende del Comune e della Regione. Nel Comune vi è la possibilità numerica di una maggioranza di sinistra senza il nostro contributo numerico: ebbene, la si faccia in fretta e il nostro partito continuerà con quell'attenzione critica che fin qui ha ad essa dedicato.
Crediamo comunque che, al di là delle opportune verifiche che ancora andranno fatte e che richiedono tempi non brevi, occorra proseguire e fare in fretta i confronti e gli incontri per dare rapidamente una risposta che parta da un programma minimo concordato. Magari attraverso una soluzione ponte o di emergenza, comunque per evitare la paralisi, per investire il Consiglio di maggiore autorità, per lasciare alla Magistratura la conclusione dei propri lavori, ma soprattutto per non lasciare ulteriormente affievolire i rapporti tra la Regione e la società.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, un'analisi logica, che non pretende di essere la sola possibile, ma che è per i liberali forte nei passaggi e confortata dai fatti, può essere utile per trovare nel Consiglio una soluzione al problema di un governo per l'istituzione regionale.
Il punto di partenza è la straordinarietà della situazione. Situazione straordinaria per la gravità e la complessità dei fatti contestati dalla Magistratura; gravità e complessità ben diversa da quanto, come un'epidemia anche strana, sta correndo l'Italia, situazione straordinaria perché vede il Consiglio regionale mutilato di tre membri e con altri membri in una posizione di indagine giudiziaria; situazione straordinaria perch indebolisce il ruolo politico e di funzione amministrativa del terzo maggiore partito, la cui centralità ed il cui impegno per la governabilità era, è e sarà condizione necessaria per ogni soluzione politica. In più situazione straordinaria perché è avvertibile un distacco tra cittadini ed istituzioni facendo stupore non tanto che fatti come quelli oggetto di indagine avvengano, ma che siano avvenuti in una Regione che anche con distacco aristocratico si era per anni convinta di essere diversa dalle altre realtà italiane.
Per questo, in questa situazione straordinaria, sembra ai liberali che la risposta più chiara sia il rinnovo del mandato elettorale, inteso non come bagno di espiazione, ma come mezzo per conseguire tre obiettivi: ristabilire un rapporto di fiducia tra elettori ed eletti ripristinare condizioni di rapporto normali tra i partiti per una piena ripresa della vita democratica ottenere dal corpo elettorale una risposta non equivoca su quali politiche e su quali alleanze si debba costruire il futuro del governo per il Piemonte.
Ma se la strada delle elezioni non fosse percorribile, anche per le difficoltà che le norme e le procedure impongono, occorre che ogni forza politica dica senza tatticismi, senza ambiguità, senza fini nascosti quali strade ritiene percorribili e quali obiettivi si propone.
Per questo i liberali hanno detto sin dall'inizio - e riconfermano se ancora ve ne fosse bisogno - la propria indisponibilità ad allargare il consenso alle Giunte di sinistra.
Con la stessa serenità, pur se molto tranquillizzati dai chiarimenti che anche in questa sede il Capogruppo repubblicano ci ha dato e che ci sembra abbiano dato un'interpretazione autentica della loro proposta diversa da quanto poteva essere intesa dai giornali, riteniamo che eventuali esecutivi istituzionali, che riducessero la separazione tra chi governa e chi controlla, manderebbero alla comunità piemontese un segnale opposto a quanto in questa situazione si richiede.
La strada o, meglio, il sentiero stretto che può essere tentato, deve essere costruito in rapporto alla straordinarietà del momento.
Per costruire questa linea serve un passo preliminare. Un'intesa più stretta tra i partiti laici minori che, come già concordato ieri, si impegni in primo luogo nell'individuare comuni linee di maggiori e più penetranti controlli (ci hanno fatto molto piacere le parole di Mignone in cui abbiamo sentito per la prima volta risuonare molti temi che, come opposizione, avevamo fatto presenti sulla necessità di rivedere alcune regole di funzionamento ed alcune norme di comportamento, anche non scritte, tra esecutivo e Consiglio) non come un patrimonio esclusivo delle forze laiche minori, ma da aprire senza riserve al confronto ed ai contributi delle altre forze politiche che sappiamo impegnate con eguale decisione della nostra e con almeno pari capacità su queste linee.
Ma su questa intesa può anche essere costruita un'ipotesi di governo di transizione, a termine, che recuperi un rapporto con il Partito Socialista ed un raccordo con tutte le forze politiche nel rispetto dei ruoli e che riconosca nella struttura, negli assetti degli organi istituzionali, dal Consiglio alle Commissioni, la straordinarietà del momento che stiamo vivendo e che restituisca al Piemonte, senza possibilità di proroghe, a termine, in una situazione decantata - e ci auguriamo anche alleggerita dei problemi giudiziari - la possibilità di ripresa di una piena dialettica politica.
Su questa sola linea lavoriamo, su questa lunghezza d'onda abbiamo inteso si sia svolta la riunione di ieri tra repubblicani e socialdemocratici, su questa linea crediamo debba essere battuta la tentazione, pericolosa ed umiliante, di far decidere a Roma quanto riguarda Torino, su questa linea chiediamo agli altri partiti di usare la stessa coerenza e la stessa chiarezza e di non usare, almeno in questa situazione straordinaria, del disegno laico solo per aumentare il proprio peso su altri tavoli e per altre alternative.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, prendo la parola penultimo in questo dibattito - e credo sia giusto in situazioni come questa mantenere un ordine rispettoso seppure lo scarto in termini di voti sia leggero rispetto alla D.C. - e quello che dirò vuole esprimere una riflessione sulla situazione politica e sulle sue cause e vuole avanzare alcune proposte, che peraltro sono già note, ma che intendo precisare conferendo a questa occasione la sua piena dignità, cioè riportando all'interno delle istituzioni il dibattito che nei momenti di crisi è prerogativa delle Segreterie dei partiti.
Tutti abbiamo preso atto che accordi ed intese non sono conclusi. Il momento è importante e non va né sciupato né sprecato. Cercheremo di andare avanti nell'operazione, verità che da tempo il nostro Gruppo ed il nostro partito stanno compiendo e che l'accelerazione violenta provocata dalla vicenda giudiziaria e dalle sue conseguenze politiche ci induce a fare oggi ed anche domani con molta chiarezza.
"Operazione verità, operazione chiarezza": all'insegna di queste due parole, di questi due obiettivi ci siamo mossi, subito dopo la vicenda giudiziaria, per cogliere gli elementi politici. Già nel primo intervento parlai di non considerare possibile un'assoluzione politica per nessuno, in particolare per chi aveva governato, stando però agli elementi di ragionamento, di riflessione ed alle indicazioni.
La linea che stiamo portando avanti al nostro interno nelle assemblee con un lavoro che considero di straordinario peso ed importanza, parte dal non voler dimenticare e dal non voler perdere lo spessore dei processi che stanno alla base di questa situazione e dalla valutazione, la più lucida possibile, delle ragioni per le quali si è arrivati a questa situazione. Il rischio è di perdere lo spessore delle analisi, l'unico che ci pu permettere di capire quali sono le soluzioni politiche più giuste e di non compiere dei salti illogici.
L'analisi logica che Bastianini ci invita a fare noi l'abbiamo fatta.
E' un'analisi logica che non porta alle stesse sue conseguenze. Quello che è successo ha messo in crisi un certo modo di fare politica, ha messo soprattutto in crisi alcune regole, non scritte, che negli ultimi tempi tendevano ad avviluppare la vita politica piemontese e, per essere chiari la vita politica del nostro Paese.
Non possiamo che partire di qui per capire che cosa nei meccanismi di governo, nei meccanismi politici, nei rapporti fra cittadini ed istituzioni o fra cittadini e partiti non ha funzionato o, meglio, ha preso una strada pericolosa.
Venerdì scorso abbiamo presentato un programma che pone al centro la questione morale, noi comunisti abbiamo alle spalle una sperimentazione un'analisi, una riflessione ed abbiamo avvertito la difficoltà a far passare queste riflessioni negli atti concreti. Quel documento non ha la pretesa di essere la verità, è interessante per il taglio che propone alla riflessione delle forze politiche. E' un documento che parte dalla riflessione sulle cose, sul modo di dislocarsi dei rapporti politici e introduce nuove proposte per quanto riguarda il modo di governare, per quanto riguarda l'atteggiarsi dei rapporti tra partiti ed istituzioni. Nel convegno che si tenne qui, avvertimmo un sintomo che qualcosa non andava.
Ponemmo la riflessione sul come i partiti, queste grandi istituzioni essenziali per la democrazia, debbono rivedere il loro modo di essere, le loro funzioni, il rapporto con le istituzioni.
In questo senso, partendo dalle esperienze vissute in prima persona abbiamo cercato di capire la connessione tra questo modo di intendere il nuovo livello dei rapporti tra partiti ed istituzioni, tra partiti e cittadini. Mi sono accorto da un lato con soddisfazione e dall'altro con un po' di amarezza, che molte delle cose che proponevamo o erano già introdotte nell'azione di governo negli anni dal 1975 in poi come elemento di rottura rispetto all'esperienza precedente, o sperimentate, ma che a volte si sono affievolite, o erano cose nuove che però stavano nello stesso filone.
Se non pensiamo a questo è facile fare i salti logici per cui ad una crisi di queste dimensioni vengono ricollegate affermazioni come: occorre cambiare, occorre introdurre un'altra formula di governo. Che senso ha questo, se non partiamo dai percorsi credibili, reali, che i partiti, i Gruppi consiliari hanno fatto in questi anni? Questa questione tocca tutte le forze politiche. Bisogna dare pesi e misure a seconda di quello che un partito ha fatto, non solo detto. Proprio perché abbiamo la capacità autocritica, la voglia e la tensione per capire in che cosa abbiamo sbagliato, abbiamo anche l'energia morale per andare ad un confronto molto duro con chi oggi sembra fare della politica e dei politici, tutti insieme, tutti eguali, la causa dello sfascio del Paese.
Credo ci siano all'interno delle forze politiche gravi responsabilità ma, proprio perché partiamo dalla volontà di riflettere, non accettiamo che ci sia una mitica società economica, organizzata, che nei confronti delle istituzioni ha solo chiesto chiarezza e trasparenza. Se facessimo questo ragionamento solo in questo modo non andremmo molto lontano. Non a caso questo fatto è scoppiato a Torino. Mi dà fastidio il piemontesismo di maniera. C'è un problema strutturale. Più alto è il confronto con la struttura economica, più alta è la necessità di una trasformazione delle istituzioni in un governo dell'economia e questo ha portato, forse più che altrove, la necessità di stabilire regole e di cambiarne alcune, cosa che forse non siamo riusciti a fare.
La riflessione non può che partire da questo problema che riguarda tutti. Poi potremmo anche scendere nei particolari. Non è un'affermazione generica, in questo Consiglio abbiamo una storia di vita comune nel modo in deliberazioni, le leggi. Tutti hanno da porsi questa questione, ma c'è una questione da porre complessivamente al mondo dell'economia, alla società civile, alla società della cultura e della scienza. Ci sono questioni che dobbiamo portare con lungo respiro, ma dobbiamo anche capire le ragioni politiche, le formazioni e le formule politiche che possono dare più garanzia per uscire da questa situazione.
Non vogliamo Giunte di sinistra in maniera arrogante, tanto è vero che non abbiamo nessun timore nel dire che nel gioco democratico c'è il cambiamento delle maggioranze: questa è la forza della democrazia. Noi crediamo però di poter fare un discorso credibile, comprensibile, non da tribuna, sul fatto che le Giunte di sinistra hanno una legittimazione di fondo per l'opera che dobbiamo compiere da oggi in avanti, per il rapporto nuovo con la società, per l'interazione attiva nei confronti della società per modificare certe regole di comportamento. Le carte in regola derivano dal 1975 a cui ci possiamo connettere con gli aggiornamenti necessari in relazione ai nuovi problemi.
Le Giunte di sinistra nel 1975 portarono elementi di novità sul piano dell'autonomia e della dignità delle istituzioni rispetto al potere economico, procedure partecipate e trasparenti. Se questo negli anni ha perso vigore è perché sono venuti in evidenza fattori negativi, una caduta di partecipazione, elementi di conflittualità politica di fronte all'incertezza delle prospettive ed alla profondità della crisi. Le cause sono molte. Ci sono stati elementi soggettivi ed errori di valutazione anche nel modo di intendere le alleanze, le linee su cui attestare l'alleanza politica, difficoltà di capire.
In questo senso accetto la riflessione interna alla sinistra su come governare le città, su come governare una crisi di trasformazione complessa come questa. Il PCI sta svolgendo un'azione di massa di grandissimo interesse. Invito gli altri partiti a fare cose simili. E' un grandissimo elemento di orientamento che deve uscire dalle assemblee. Abbiamo sentito fare dai nostri compagni riflessioni drammatiche, feroci e profondamente serie. Noi non ci siamo presentati né con arroganza della difesa di un patrimonio molto ricco né strappandoci i capelli, ma ci siamo presentati con un orientamento che cerco di percorrere in questo mio intervento, la comprensione di alcune cause strutturali di fondo e la necessità di avere più gente, più partecipazione, più teste, più idee a collaborare e a determinare una linea quanto mai difficile di fronte alla gravità della crisi e all'inadeguatezza delle istituzioni.
Siamo stati messi in ginocchio da un rigurgito pesante del centralismo e questa cosa l'abbiamo giocata forse male. Da alcuni di noi, che siamo all'opposizione al Governo nazionale, sembrava l'attacco al Governo, quindi dagli amici della D.C. una difesa.
Lasciamo perdere il giudizio che dava Viglione, e che condivido sull'attacco alle Giunte di sinistra, ma credo che ci sia un attacco ancora più profondo alle Giunte, ai poteri locali, credo che ci sia in fondo la messa in discussione, il protagonismo ed il ruolo di governo di tanti amministratori. Certo, non sono immuni da colpe, non sono immuni da modi di stare nella politica secondo vecchie regole. Comunque, questo elemento ci ha messi in ginocchio, ci ha dato minori certezze, ci ha dato minori poteri e minore capacità di essere punto di riferimento nei confronti della gente.
Dobbiamo partire da qui per capire che cosa abbiamo fatto, ma soprattutto che cosa non abbiamo fatto in questa direzione. Non c'è stata forse un'accettazione da parte dei partiti, nessuno escluso, che la via della scorciatoia, del tagliar fuori il sistema delle autonomie fosse la più semplice per risolvere la crisi? Si distrugge il tessuto istituzionale portandolo alla consunzione per cui anche la militanza e l'impegno rischiano di ridursi. Chi può oggi fare l'amministratore in una prospettiva chiusa e di pesanti condizionamenti centralistici? Ci sono poi i nostri torti, i nostri difetti e nel documento di diciotto pagine abbiamo analizzato i rapporti tra i partiti e le istituzioni, le politiche e le misure concrete.
Noi non sottovalutiamo i controlli, anzi, riteniamo che qualche cosa di serio e di nuovo debba accadere, nei controlli tra esecutivo ed assemblea e nei controlli amministrativi. Questa storia ci insegna che, laddove un sistema amministrativo non funziona più e le tradizionali mediazioni istituzionali ed amministrative vengono meno, il confronto rischia di essere anomalo ed ingiusto tra chi decide (i politici) e la Magistratura.
Abbiamo spesso parlato di controlli di merito, di chi fa i controlli, di come si fanno, dei criteri.
Sbaglieremmo tuttavia se credessimo che sia questo il punto: il punto sta in politiche diverse, in politiche di grande apertura nel governare attraverso la trasparenza e la chiarezza. Per esempio, il rapporto tra tecnici e politici è una questione che non dipende soltanto da noi o dalle nostre discussioni sul personale. E' un problema che dobbiamo affrontare con molta chiarezza.
Dobbiamo dirlo o no che certi fenomeni stanno diventando deteriori perché i politici, sia per forza oggettiva, sia per la debolezza di certe caratteristiche giuridiche degli apparati, si stanno appropriando di funzioni non loro? Quando parliamo della negoziazione politica sugli atti amministrativi parliamo anche di questo. C'è un problema di piena responsabilità dei funzionari da attribuire con procedure e regole che concretizzino sia in senso positivo che in senso negativo questa responsabilità.
Noi abbiamo riflettuto e continueremo a farlo. Non crediamo di avere il talismano della felicità in tasca, abbiamo però delle proposte.
Quante volte abbiamo sostenuto che era importante intervenire in maniera nuova nell'economia, ma rivendicavamo un rapporto di autonomia, di chiarezza, di distinzione, di proposta, secondo le regole istituzionali. Mi ricordava Valeri le proposte che lui fece per un maggiore controllo tra Consiglio e Giunta, ma vennero altri contributi, le proposte di legge, gli ordini del giorno che votammo insieme ad altri sul modo di distribuire e di attivare le spese regionali attraverso i Comprensori.
Tutto questo per dire che di rilancio delle Giunte di sinistra noi parliamo perché riteniamo di averne le condizioni potenziali. Proponiamo le Giunte democratiche di sinistra, siamo per gli allargamenti. E' il rilancio, è una nuova fase, è la svolta. Il discorso che facciamo con tutti (perché vogliamo dialogare con tutti), in particolare all'interno della sinistra, è che questa svolta è possibile se c'è una grande chiarezza politica, se ci sono condizioni reali di operatività. La nostra proposta non è un grossolano atteggiamento per l'esterno. Quando parliamo di disponibilità nostra a far dare le dimissioni da parte del nostro compagno inquisito e chiediamo a chi è in questa situazione di fare altrettanto, ci rivolgiamo all'esigenza di ripartire subito in condizioni nuove, reali di operatività.
I repubblicani parlano di accordo istituzionale. Noi crediamo che l'accordo debba esserci tra tutti, al di là di chi governa, e crediamo anche che non possa essere confuso un accordo istituzionale con il governo.
Il governo deve assumersi le sue responsabilità, deve avere il controllo da parte delle opposizioni, deve soprattutto portare avanti, nel limite di una situazione straordinaria, quei provvedimenti necessari per intervenire sulla crisi.
Per quanto riguarda le elezioni anticipate, credo sia venuta a tutti la suggestione di un atto liberatorio che rimetta a nuovo la situazione.
Questa proposta va però analizzata con molta attenzione. Siamo contrari ad ipotesi del genere e non sarà il ricatto delle elezioni a farci accettare qualsiasi soluzione. Credete forse che in questo cliam di sfiducia chi proponesse delle misure di risanamento in campagna elettorale verrebbe creduto? Credete sia questo il punto? No. Bisogna cambiare rotta laddove è necessario farlo, nel concreto, nell'operare quotidiano, nei programmi centrali costruendo gli schieramenti sulla base della chiarezza politica dei programmi.
Quando parliamo di tempi rapidi ci rendiamo conto della complessità della situazione. Il nostro partito si interroga drammaticamente, ma dimostra di avere la forza di reagire, di sapere non disperdere il patrimonio di questi otto anni e questo vuol dire far il contrario di quello che si sta facendo in Campania. Non dimentichiamo che dal 24 novembre scorso in Campania è aperta la crisi.
Noi riteniamo di potercela fare con il rilancio deciso delle Giunte di sinistra. Accettiamo di confrontarci con tutti gli altri partiti. Forse stiamo dentro un percorso stretto, ma riteniamo di poter dare al Piemonte una risposta positiva alla novità negativa, una risposta da parte di una classe politica che forse incomincia qui ad insegnare come si deve risanare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'appuntamento statutario che impone a scadenze pressoché fisse di verificare la possibilità di costituzione della Giunta, che deve sostituire quella dimissionaria, rende possibile anche alle forze politiche di precisare posizioni e valutazioni e consente di seguire l'atteggiamento di ogni forza nello svolgersi della crisi, nei passaggi che la crisi presenta.
Cerchiamo di precisare la nostra posizione con la massima sinteticità e la migliore chiarezza.
Abbiamo detto in questi giorni e ripetiamo in questa occasione che per uscire dalla difficile situazione è necessario un cambiamento, una svolta di governo. Per noi non è politicamente proponibile una riedizione della Giunta di sinistra uscente.
Non leghiamo questa richiesta assolutamente a fatti di natura penale (è una precisazione questa che ripetiamo e ripeteremo in ogni momento), né la leghiamo solamente alla questione morale che è emersa prepotentemente in questo periodo. La colleghiamo invece ad un discorso più ampio, ad una situazione complessiva di scarsa efficienza della Giunta dimissionaria, di caduta del buon governo e di tensione morale che ancora recentemente e prima degli eventi traumatici aveva fatto affermare, l' 11 febbraio scorso a noi, ai liberali, ai repubblicani: "I risultati di questa crisi da troppo tempo strisciante si vedono e sono stati puntualmente evidenziati nella prima fase della legislatura: in particolare le istituzioni della Regione funzionano con difficoltà".
Il Gruppo comunista rendendosi conto della difficoltà della situazione è uscito giorni fa con un documento di "prime proposte" cui ha fatto riferimento il collega Bontempi, proposte che sono state riprese anche da alcuni interventi particolarmente da Montefalchesi e da Mignone, che indicano per l'esecutivo in via di formazione linee per lo più non seguite sino ad oggi dall'esecutivo dimissionario e viceversa costantemente indicate e reclamate nel tempo dai Gruppi di opposizione.
Ma proprio questa impostazione che viene data dal Gruppo comunista con questo suo documento che fa riferimento alle cose che si sono dette e discusse negli anni passati, proprio questa impostazione ci fa porre una domanda: perché queste linee e questo programma non potrebbero essere portate avanti e gestite innanzitutto da quei Gruppi che non solo oggi ma in passato le hanno invano sostenute? Un grande e non facile compito sta oggi di fronte alle forze politiche piemontesi.
Ridare credibilità e speranza alle istituzioni, ridare slancio ed immagine ad una Regione che oggi appare gravemente ferita.
Noi crediamo fermamente che i Gruppi politici di questo Consiglio abbiano ancora forza e capacità per questo compito.
Ho già detto l'altra volta, e lo ripeto, che accanto alla forza e capacità ci vuole però molta umiltà, che è quella che noi cerchiamo di mettere in ogni nostro atteggiamento. Umiltà che non vuol dire debolezza (nessuno la scambi per tale perché errerebbe), ma paziente e dignitosa ricerca di ricostruzione di un'immagine ed efficienza della Regione.
Il nostro Gruppo ritiene che il discorso delle elezioni anticipate in Regione, anche se suggestivo come è sempre l'appello al popolo, sia oggi come oggi quanto meno prematuro e difficilmente praticabile.
Un'esatta lettura dell'art. 126 della Costituzione (noi, collega Montefalchesi, guardiamo la Costituzione, sempre anche quando il Governo in riferimento alla Costituzione deve fare delle osservazioni alle leggi regionali) e l'art. 51 della legge 10/2/1953 devono convincerci dell'attuale impraticabilità di tale ipotesi.
Ma al di là del richiamo istituzionale che pure deve essere sempre presente, vi è una ragione di ordine generale. Rifugiarsi nelle elezioni equivarrebbe ad una rinuncia preventiva, senza ricerca di soluzioni, ad un abbandono di campo, senza esplorare, senza un approfondito e leale confronto.
Il nostro Gruppo ritiene inoltre che il governo di questa Regione debba nascere nel pieno rispetto delle regole della democrazia che vogliono dialettica e confronto tra una maggioranza ed un'opposizione. In questo senso ho molto apprezzato i chiarimenti su di una proposta che la collega Vetrino ha reso oggi nel suo intervento.
Noi, partito di maggioranza relativa, in questa Regione, riteniamo doveroso in questo momento ed in questa situazione indicarci come forza di governo.
Legittima la nostra richiesta il rispetto del consenso elettorale.
Anche noi ogni sera, caro Bontempi, verifichiamo davanti ai nostri elettori questa situazione, verifichiamo il nostro atteggiamento, verifichiamo il consenso che hanno le nostre proposte, ma soprattutto nel momento in cui si pone la necessità di una forma di governo alternativa (Mignone ha parlato di alternanza che è il sale della democrazia), verifichiamo l'azione coerente, rigorosa, corretta di opposizione, mai sterile, ma sempre volta al miglior funzionamento delle istituzioni.
Questa indicazione che abbiamo il dovere di fare, non viene fatta astrattamente ma si colloca nelle considerazioni più vaste che facciamo.
Nel momento in cui non ci appiattiamo su soluzioni incerte, ma richiamiamo il disegno democratico di maggioranza e di opposizione, abbiamo ben presenti tutti gli aspetti e le conseguenze di queste regole.
ll nostro partito, nel Comitato regionale di domenica, per risolvere la crisi della Regione si è rivolto in particolare alle forze di democrazia laica e socialista che - dice il documento - hanno senza dubbio una funzione essenziale dichiarando la propria disponibilità per ogni confronto, chiarimento e proposta rispettosa dei dati essenziali del sistema democratico.
Credo sia naturale e corretto che un partito si muova innanzitutto nella linea organica che guida principalmente le sue scelte ed i suoi indirizzi ai vari livelli a cominciare da quello nazionale.
Negli ultimi giorni, nelle ultime ore, per la Regione, si sono affacciate ipotesi di soluzione che partono e fanno perno soprattutto sui partiti di democrazia laica e socialista, cui hanno fatto riferimento i colleghi Vetrino, Mignone, Bastianini, i quali a tempo e con programmi definiti, pare intendano proporre uno stacco dal passato, l'eliminazione di errori più volte denunciati e la ricerca di una nuova immagine regionale.
Se il fine di questo tentativo è lo sforzo per salvare le istituzioni per ridare credibilità alle stesse, per ristabilire un rapporto con la comunità piemontese, posto che questi sono i nostri obiettivi, siamo disponibili ad approfondire l'ipotesi che avanza senza complessi di inferiorità che non ci sentiamo di avere, senza atteggiamenti altezzosi che sono lontani da noi e che nemmeno la forza numerica ci suggerisce, che non pratichiamo verso alcuno e che pensiamo nessuno abbia nei nostri confronti.
Un governo - anche se limitato nel tempo - deve avere un programma preciso di cose fattibili, credibili, realizzabili, accompagnate dalla certezza del rigore assoluto che deve ispirare l'azione amministrativa.
Questo programma, i suoi contenuti, non li scriviamo oggi. Li abbiamo delineati e scritti negli atteggiamenti di questi primi anni di legislatura. Li abbiamo sintetizzati nella dichiarazione congiunta che l' 11 febbraio scorso, con i Capigruppo Bastianini e Vetrino, abbiamo reso alla comunità regionale.
A questo documento intendiamo riferirci per il programma della nuova Giunta e per le discussioni che ci saranno per dare al più presto, come auspichiamo, un governo al Piemonte.



PRESIDENTE

Ringrazio i colleghi per la serenità della discussione, per le valutazioni e le precisazioni che sono state fatte da tutte le forze politiche. Nonostante le prese di posizione, diverse da Gruppo a Gruppo c'é un denominatore comune: il desiderio che in Piemonte si faccia presto e bene un governo in modo che la comunità piemontese si senta pienamente rappresentata.
Approfitto della parola per augurare a voi ed alle vostre famiglie buona Pasqua.
Il Consiglio sarà convocato a domicilio secondo le norme statutarie vigenti, non prima di otto giorni e non dopo quindici giorni.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12)



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