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Dettaglio seduta n.180 del 17/02/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Dimissioni Assessore Marchesotti e relativa sostituzione (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prosegue il dibattito di cui al punto quarto all'o.d.g.: "Dimissioni Assessore Marchesotti. Presa d'atto e relativa sostituzione, ai sensi dell'art. 34, secondo comma dello Statuto".
La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel prendere la parola auspico che con questa seduta avremo l'onore della presenza della Giunta ai dibattiti che si svolgono in Consiglio.
E' un rilievo che va fatto, e che non può nascondere un giudizio negativo, presente anche nelle parole bonarie.
In questi ultimi tempi è stato detto e scritto, non senza verità, che viviamo in una regione senza pace.
Così è nella natura delle cose. Il Piemonte è una Regione senza pace a causa della crisi economica difficile e contraddittoria nelle sue manifestazioni strutturali.
I dibattiti sulla crisi economica e occupazionale hanno messo in evidenza come non esistano ricette precostituite e come i modelli consolidati storicamente abbiano tutti manifestato carenze e deficienze.
E' anche reso più complicato il riequilibrio territoriale e produttivo che era uno dei nodi strategici attorno ai quali ruotavano molte indicazioni politico-programmatiche predisposte dalle forze politiche.
E' in crisi il modello dello Stato di benessere.
Si è avuto invece lo sviluppo di forze e di tensioni neo-corporative che non possono non essere tenute in conto in un dibattito sull'attività della Giunta e sul funzionamento della maggioranza della prima metà della legislatura. Accanto alla crisi economica vi è stata anche una crisi sociale con un progressivo spappolamento dei rapporti sociali, con l'inasprimento delle tensioni.
Vi è una diversa articolazione dei Gruppi, vi è un diverso modo di essere e di stratificarsi delle forze sociali.
Sono anche in crisi i rapporti istituzionali. Si è reso più difficile il dialogo con lo Stato a causa di forme di neo-centralismo da un lato e del mancato riordino delle autonomie locali dall'altro.
A fianco di questi aspetti si è anche incanalata una sorta di crisi politica, poiché in momenti di incertezza a tutti i livelli anche le soluzioni politiche qualche volta hanno zoppicato. Del resto la dinamica sociale è tale che difficilmente rende possibile soluzioni politiche di lunga durata.
Vi sono state tensioni nei rapporti politici legate a diverse interpretazioni del ruolo dell'ente pubblico nelle dinamiche sociali, nelle prospettive verso le quali si andava a parare, e anche entro la maggioranza.
La scelta che noi socialdemocratici facemmo nel 1980 privilegiava un rapporto anzitutto con il PSI e poi con le altre forze laiche.
E' noto che la nostra proposta originaria era diversa dalla soluzione che in concreto si determinò, ma noi volemmo allora sacrificare questa prospettiva strategica ad un atteggiamento che era allora contingente e tattico.
Anche se ci pesa oggi la divisione tra i partiti laici all'interno di quest'aula, per il cui superamento sui contenuti e sui programmi - pur in ruoli diversi - pensiamo di dover continuare ad operare, anche se il ruolo di frontiera non sempre ci è riconosciuto.
Dal '76 indichiamo la prospettiva di un polo autonomo, che oggi anche altre forze politiche condividono e che ormai ci pare sia diventato un elemento di giudizio cui le vicende politiche italiane non possono sottrarsi.
Abbiamo fatto una scelta basata fondamentalmente sui programmi convinti di poter dare un contributo serio ed onesto alla comunità, certo nei limiti delle nostre forze che - non vogliamo nascondere - sono deboli senza tracotanza e senza alterigia.
L'abbiamo fatto con lealtà, cosa che con altrettanta fermezza chiediamo ad alleati ed avversari.
Non siamo più disposti a tollerare ritardi e incertezze sui contenuti sui programmi concordati, sugli obiettivi da perseguire per uscire dall'episodico, per dare qualcosa e cui la gente si senta legata e coinvolta e quindi s'impegni in uno sforzo comune per uscire da un momento che tutti riconoscono essere non facile.
Un giornale in questi giorni ci chiedeva che cosa ha fatto il nostro rappresentante nell'esecutivo.
Vogliamo assicurare da questi banchi che ci siamo impegnati con assiduità e con energia, anche se il giudizio deve essere collettivo per non alimentare l'immagine di un organo collegiale che nella realtà dei comportamenti troppe volte appare non esserlo.
Il nostro rappresentante ha cercato di dare alcune risposte significative. Credo si debba onestamente riconoscere che vi è stato in questi anni, anche grazie al nostro apporto, un diverso approccio ad alcuni temi come quello della grande viabilità e delle infrastrutture, un diverso rapporto con gli enti di stato come le Ferrovie e l'Anas. Cose non piccole in questi anni non facili sul piano amministrativo e sul piano del rapporto con lo Stato che ci pare diventato più problematico. Ma ci sono incertezze.
Non voglio negare, per l'onestà politica che deve esserci tra di noi che vi siano vicende che nascono da situazioni interne ad alcuni partiti, e che queste abbiano giocato negativamente sul funzionamento dell'istituto regionale.
Ma questo non è l'aspetto determinante, perché le difficoltà complessive istituzionali ed economiche sono state davvero grandi.
Bisogna essere attrezzati in modo nuovo per dare delle risposte positive. Qualche preoccupazione in noi c'è per le conclusioni cui è giunto il PSI, e cioè un sostanziale rinvio dello scioglimento dei nodi, mentre oggi vi è bisogno di certezze, di autorevolezza, di guida e di immagine politica, di una Giunta che governi le cose.
La maggioranza deve svolgere un ruolo di stimolo e propulsivo, occorre un esecutivo che non tentenni, che non si chiuda. Intendiamo l'ingresso dei nuovi Consiglieri all'interno della Giunta come una volontà ed un impegno di rilancio, di recupero, di ripresa di attività e di azione.
Basteranno pochi mesi per verificare se questo nuovo slancio avrà avuto luogo e si sarà concretizzato. In caso contrario, il nostro Gruppo dovrà verificare fino a che punto avviene il concretizzarsi del programma che fu alla base del nostro ingresso nella maggioranza.
Già oggi non possiamo anche noi non rilevare alcuni ritardi ed alcune incertezze. Credo di dover dire al collega Carazzoni che il nostro Gruppo non tace su queste cose, tant'è vero che più volte ha avuto modo di segnalare le cose che non andavano, ma anche di dire le cose che andavano che la Giunta ha realizzato.
Il programma che si è dato la maggioranza, anche con la verifica dell'anno scorso, è un programma che rimane valido e realistico sul quale alcune iniziative sono state realizzate: decisioni assunte in tema di energia, in tema di infrastrutture, il piano di sviluppo che oggi è rassegnato al giudizio del Consiglio e della comunità piemontese.
I tempi vanno recuperati in settori fondamentali perché il problema oggi è quello di dare esecutività e speditezza all'azione regionale l'obiettivo è quello di completare il programma concordato per fornire alla comunità piemontese un supporto determinante per la ripresa economica e il progresso sociale.
Il documento presentato dall'opposizione è un documento che non pu essere sottovalutato. Rappresenta alcuni momenti propositivi sui quali credo che la maggioranza tutta, soprattutto noi, potremo avere un confronto, ad esempio attorno al piano di sviluppo che è uno strumento fondamentale per dare significato strategico all'azione della Regione. E' un documento sul quale vi possono essere ulteriori arricchimenti e ulteriori elaborazioni da parte della comunità piemontese.
Vi è il nodo della legge urbanistica sulla quale non si possono tollerare ulteriori ritardi.
Dopo due anni anche le elaborazioni culturalmente più avanzate possono aver prodotto un frutto maturo per la discussione in quest'aula e nella comunità piemontese. Vi è il discorso della partecipazione degli enti locali, il discorso delle autonomie e delle deleghe, quello del riordino legislativo che con il nuovo assetto della Giunta costituisce un elemento nodale e puntuale in un discorso di riordino e di deleghe.
Non condividiamo la sottolineatura di una funzione gregaria del PSDI.
Il nostro Gruppo ha dato un contributo significativo attorno ad alcune scelte come quelle che or ora richiamavo in tema di energia, di infrastrutture e di un diverso rapporto fra il Piemonte e l'Europa.
Non vogliamo essere tacciati di aver chiuso un rapporto con la società piemontese, di non averne saputo cogliere le effervescenze e la vitalità e di non aver saputo sostenere la seppur lenta ripresa o di avere estraniato le istituzioni dalla società.
Questo non è il caso di questa maggioranza. Per noi è questo un momento importante sul piano programmatico e tale da farci prendere a carico i nuovi elementi e le nuove problematiche emergenti dalla società.
Questo avvicendamento nella Giunta sarà per noi emblematico, non più disposti a farci sballottare o a diluire o ritardare i programmi.
Non siamo disposti ad assumerci responsabilità non nostre, o perch vengono a mancare le condizioni di lavoro per obiettivi comuni e forti per la ripresa, oppure quando non si concretizzi la puntuale realizzazione delle indicazioni programmatiche che sono alla base della nostra partecipazione a questa maggioranza.
"Il caso Piemonte" non può aspettare ancora.
Tutti i partiti hanno un compito da svolgere.
E' un ruolo a cui non possono sottrarsi, siano essi di maggioranza come dell'opposizione.
Certo, chi governa, più degli altri. Noi vediamo le sostituzioni in Giunta come un momento per fare un bilancio delle cose fatte e ancora più per quelle da farsi, un momento di rilancio e di ripresa.
Con questo spirito diamo il voto favorevole alle sostituzioni preannunciate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Il Presidente della Giunta ha toccato problemi e questioni di grande rilievo che però necessitano di un respiro culturale e ideale che in un dibattito come questo sarebbe opportuno richiamare.
Sono questioni che investono problemi che devono fare i conti con una svolta storica. E' un processo pieno di contraddizioni con spinte al pessimismo e all'abbandono ma anche con speranze, interrogativi e sollecitazioni per uscire dalla crisi.
Pongono interrogativi sul modo in cui si intende affrontare la crisi dal punto di vista strutturale dimenticando che bisogna fare i conti con la crisi dei valori e degli ideali.
Come possiamo non fare i conti con la realtà dei cassaintegrati, dei disoccupati e con tutta quell'area che viene a poco a poco emarginata ed espulsa dal protagonismo nel campo produttivo? Come possiamo non richiamare la realtà dei nuovi poveri? Si realizzerà a Torino una iniziativa di gruppi cattolici che insieme con la collaborazione di un teologo e di un esperto affronteranno questa nuova realtà.
Sono esperienze nuove e significative che stanno nascendo e che si stanno sviluppando in modo vivo e palpante anche se non trovano ancora una cassa di risonanza all'interno delle istituzioni e delle grandi forze organizzate.
Mi riferisco al movimento per la pace, al volontariato, ai gruppi che si impegnano per la difesa del territorio.
Sono tutti portatori di valori nuovi che debbono trovare delle risposte anche nei processi di evoluzione o di rivoluzione tecnologica.
Voglio richiamare la grande partecipazione di popolo e di giovani che c'è stata per la tragedia del cinema Statuto nella manifestazione che ha voluto testimoniare la presa di coscienza della insicurezza in cui viviamo in ogni momento e dimostrare la grandissima volontà di reagire puntando sulla solidarietà, sulla collaborazione e sulla disponibilità a costruire una società nuova sia pur di fronte alla crescente preoccupazione per il domani.
I partiti, le grandi forze sociali, debbono farsi carico di questa volontà e debbono essere in grado di fondare il loro operare su questi valori autentici.
Di fronte alla crisi industriale e alla crisi produttiva, si pone il problema della organizzazione del lavoro. Come e che cosa dobbiamo produrre? Di che qualità deve essere il lavoro? Di che qualità deve essere la vita? L'egualitarismo pare una parola desueta, invece deve rispondere ai bisogni primari e fondamentali di tutti gli uomini, al di là delle loro collocazioni culturali e produttive.
Produttività vuole anche dire qualità e il concetto della quantità è largamente superato nei paesi industrializzati, che si pongono il problema di rapporti tra Nord e Sud, con il superamento dell'egoismo.
Questi temi e questi valori debbono permeare l'azione delle istituzioni tanto più quando esse sono sotto il segno di maggioranze progressiste.
I problemi dell'occupazione e dell'inserimento del Piemonte nell'Europa non si possono risolvere soltanto con il rilancio delle vecchie tematiche delle autostrade, della compromissione del territorio, degli interventi infrastrutturali.
Non ci sono soluzioni in tasca per questi problemi, è quindi necessario riflettere, chiedere con forza la trasparenza nelle posizioni, la chiarezza e la correttezza dell'azione di governo assumendo responsabilità confrontandosi con la società civile, anche con quella che da più fastidio che crea più problemi, che pone interrogativi reali, che è minoritaria e che non conta all'interno dei partiti e all'interno delle istituzioni.
Le istituzioni debbono essere punto di riferimento della società.
Diventa molto importante il dibattito anche nel momento in cui ci si trova a governare su queste prospettive.
Vuol dire convergere su un programma e su una alleanza di governo.
Credo che il dibattito debba aprirsi non solo con le opposizioni all'interno delle istituzioni ma debba aprirsi con quei processi nuovi che provengono dalla società e che segnano le linee di sviluppo per un domani migliore.
La politica non è solo un problema di schieramenti o di deleghe. Il programma che questa mattina il Presidente della Giunta ci ha delineato negli aspetti strutturali, deve farsi carico anche delle questioni che molto brevemente ho cercato di richiamare.



PRESIDENTE

Ha la parola il Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

E' consuetudine anche in questo Consiglio, che se la Giunta non replica, parla per ultimo il rappresentante del Gruppo comunista che è il rappresentante del maggior gruppo di maggioranza. Se invece la Giunta ritiene di replicare, credo sia legittima la richiesta del rappresentante del Gruppo della DC, di chiudere gli interventi da parte dei Gruppi.
Se non si vuole fare così non importa. Richiederò la parola in sede di dichiarazione di voto.
Sono principi di correttezza parlamentare.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

Non è previsto dal Regolamento che una Giunta regionale non possa replicare. Può decidere di non replicare. Voglio difendere il principio che se una Giunta regionale di qualunque maggioranza introduce un dibattito, ha il diritto anche di concluderlo.



PAGANELLI Ettore

Anch'io volevo tutelarmi. Siccome però c'è anche il principio che quando ci solo le votazioni si fanno le dichiarazioni di voto, io parlo adesso e mi riservo di parlare in sede di dichiarazione di voto.
Signor Presidente, signori Consiglieri, il 10/6/82 si concludeva con un dibattito, una verifica tra le forze di maggioranza partita 80 giorni prima, con lo scopo dichiarato di profonde ristrutturazioni all'interno della Giunta per il rilancio della Giunta stessa.
Poiché dopo 80 giorni, nulla avveniva né a livello di uomini né di programma, nel mio intervento dichiaravo: "la nostra previsione è fin troppo facile: la situazione non è risolta, ma congelata. A nostro avviso se ne riparlerà presto".
La storia deludente anche degli ultimi mesi di vita regionale è troppo presente in noi per essere richiamata. Il 3 febbraio di quest'anno l'esecutivo del PSI (il rituale del 1983 è analogo a quello del 1982) ritiene di "cogliere l'occasione della scadenza di metà legislatura per esaminare l'adeguatezza dell'attuale Giunta ed affrontare i gravi problemi della comunità piemontese".
L'esecutivo del PSI "si fa contemporaneamente interprete della volontà diffusa tra le forze politiche di maggioranza di un rinnovamento" e di un rilancio della Giunta per migliorare la capacità ed affrontare i problemi della comunità piemontese, con particolare riferimento agli interventi di indirizzo e di guida politica.
Sulla guida politica aggiunge "ritiene che questo grave problema di conduzione politica che trova un'ampia eco negli ambienti sociali, politici ed economici del Piemonte, vada affrontato con senso di responsabilità e senza traumi della maggioranza, tenendo soprattutto in vista gli interessi della collettività piemontese".
Che la Giunta regionale fosse e sia bisognosa di un rilancio lo abbiamo da sempre affermato anche noi; che la conduzione politica del Presidente fosse e sia assai debole lo abbiamo da sempre affermato anche noi. Solo che noi, per quelle forze di gentilezza che si usano tra forze politiche, lo dicevamo con toni sfumati.
Il Partito socialista no: lo afferma a chiare lettere, senza mezzi termini e con fermi propositi.
Per la verità, lo aveva affermato già a marzo, aprile, maggio dello scorso anno quando, senza neppure troppa prudenza, venne già individuata il successore dell'Assessore Simonelli.
Questa volta, invece, con maggiore prudenza il nome viene solo sussurrato: il designato non è Assessore al "bilancio pluriennale" ma solo al più limitato "bilancio annuale". Dopo lo scossone del comunicato socialista, gli ambienti bene informati e quella parte di opinione pubblica che segue ancora le cose regionali, si attendono chissà quali stravolgimenti alla ricerca dell'adeguatezza dell'attuale Giunta ad affrontare i gravi problemi della comunità piemontese ecc, ecc.
Noi, più maliziosi, pensiamo invece che non sarà ancora la volta buona per i gravi problemi del Piemonte.
Puntualmente il volo a Roma dei massimi esponenti socialisti porta ancora ad un nuovo rinvio legato ad un congresso straordinario di questo partito e ai destini elettorali di diversi autorevoli personaggi.
Il copione del 1982 si ripete ancora. Ricordate (e dico ricordate perché il fatto è solo affidato alla memoria storica e non all'operatività che, se fosse scattata, ne avremmo un ricordo ben più presente) che a giugno del 1982 venne creata una sorta di CIPE regionale con a capo l'Assessore Simonelli che doveva coordinare un Assessore comunista, uno socialdemocratico, quattro socialisti, Presidente compreso. Questa volta avviene qualcosa di simile. Il coordinatore non sarà però il Presidente sussurrato (Testa), ma il Presidente ingiustamente sacrificato nel 1980 (Viglione), il quale dovrebbe avere svariati coordinamenti e infiniti rapporti. Il mio unico riferimento è l'articolo della Stampa di domenica 13 febbraio.
Insorgono con i comunicati il PCI (ci dicano chiaramente se vogliono cambiare o no l'attuale Presidente, se si intende lasciare nell'ingovernabilità la Giunta sino alla fine dell'anno) e il PDUP che parla di "pericolosi e confusi dualismi di ruolo e di potere francamente incomprensibili".
Una situazione come quella che ho sommariamente richiamato, con precisi riferimenti inconfutabili, anomala, paradossale, solo al Presidente Enrietti può apparire di serafica normalità, tanto da non farne cenno alcuno nell'intervento di stamane. Un po' di coraggio, una maggiore aderenza alla realtà a volte non guasterebbe. Questa situazione impone a noi delle considerazioni di ordine politico che abbiamo il dovere di fare nella massima chiarezza.
Ovviamente facciamo solo le più evidenti e cioè: che la più autorevole adesione alle nostre critiche avanzate nel tempo verso la Giunta ci viene proprio dal partito che nella Giunta stessa ha il maggior peso rappresentativo.
Ci è stato detto da quella sede che la Giunta ha bisogno di rinnovamento e di rilancio e che vi è un grave problema di conduzione politica. Ma, fatta la diagnosi che riteniamo esatta ci si propone una cura parziale, con medicinali di per sé accettabili, ma purtroppo insufficienti alla gravità della malattia.
Che però è riduttivo, colleghi del PCI, del PDUP, del PSDI attribuire solo (sono vostre parole) al dibattito interno del PSI, a dosaggi interni di questo partito la situazione di crisi e di stallo dell'esecutivo.
L'accettazione sull'altare della maggioranza delle incertezze e delle ambiguità di una forza dell'alleanza vi fa compartecipi a pieno titolo della situazione complessiva.
Ci saranno, anzi, ci sono travagli interni al PSI, ma è venuto meno il progetto politico, mancano oggi le motivazioni che in passato hanno legittimato un'alleanza politica. Non prenderne atto, al di là delle conseguenze da trarre, vuol dire trascinare nel tempo dubbi contraddizioni, incertezze.
Che questo esecutivo ha oggi un Presidente privo della indispensabile autorevolezza politica.
Posto che con lei, Presidente Enrietti, è alquanto impietoso il suo partito, dobbiamo sul piano politico, essere molto chiari. Un Presidente che in dieci mesi deve passare due volte sotto le grandinate suscitate dai suoi compagni, ne porta ovviamente visibili i segni su se stesso e sulla sua azione di governo.
L'intervento pacificatore e dilatorio del suo segretario nazionale pu confortare lei, signor Presidente, non la comunità regionale, non certamente quella larga fetta che noi rappresentiamo.
Che siamo in presenza di una crisi strisciante o di crisi di governabilità zoppicante e incerta che continuerà. Posso ripetere le parole del giugno 1982: "La situazione non è risolta, ma congelata".
Alla domanda politica nostra, delle altre forze di opposizione, ma anche del Partito socialista, domanda di rilancio della Giunta, si risponde con un piccolo, e per una parte dovuto, rimpasto e con una promessa di altro rimpasto (che è dato intravvedere più ampio) fra 7-8 mesi quando gran parte della legislatura avrà bruciato i suoi giorni.
Che bisogna intendersi, collega Viglione, su collegialità e dualismo.
Certo che noi abbiamo sempre invocato la collegialità - e tocco la prima delle tre direttrici che sono state enunciate stamane da Viglione - e siamo lieti che si affronti la questione. Ma la collegialità per Statuto va garantita dal Presidente come è scritto nello Statuto.
E' un compito istituzionale che ha il Presidente. Se si ricorre ad altri è segno che qualcosa non funziona.
Il paventato non da noi, ma dalla maggioranza, dualismo di direzione al di là delle buone intenzioni, ci sarà se le informazioni sulle deleghe di Viglione sono esatte e saranno confermate.
Il Presidente Enrietti stamattina avrebbe dovuto parlare del problema delle deleghe.
E' un problema che ha avuto una eco esterna notevolissima e avrebbe dovuto parlarne proprio perché questo è stato suscitato da partiti della maggioranza e per dimostrare a noi che le istituzioni non sono cosa propria e che il Consiglio non è una cosa vuota.
Parlare di dualismo è un eufemismo. Avremo una Giunta, colleghi, in cui senza nulla togliere ad altri Assessori, c'è un Presidente e c'è un Vicepresidente, il comunista Sanlorenzo, che non mi pare abbia temperamento per rinunciare ad alcuna prerogativa vicaria istituzionale, c'è il capo del CIPE regionale (Simonelli) che coordina mezza Giunta in cui entra Viglione che a sua volta coordina il coordinatore e gli Assessori già coordinati da Simonelli e quelli ancora da coordinare.
Pienamente comprensibile, a questo punto, il profilo politico l'ingresso del collega Bontempi in Giunta. Politico preparato e uomo di raro equilibrio.
Il mio giudizio collega Bontempi, non dipende solo dal fatto di essere iscritto anch'io al sindacato dei Capigruppo che ci porta ad una reciproca benevolenza.
Viene chiamato a continuare in Giunta quella paziente opera di tessitura e di mediazione che lo ha impegnato nei banchi del Consiglio nella prima metà della legislatura.
Se mi si passa il paragone - e lo dico con rispetto e affetto per entrambe - alla mossa di un allenatore, che fa scendere in campo un attaccante irruente e scompiglia difese come Viglione, si affianca la contromossa dell'altro allenatore che utilizza un difensore preciso attento, di quelli che non mollano l'attaccante, come Bontempi.
Il paragone mi porta a parlare di quelli che diventano Assessori.
Entrano in Giunta Viglione e Bontempi, due protagonisti che hanno lasciato segni positivi nella prima parte della legislatura.
Perché faccio questa valutazione? Perché sono stati uomini che sostanzialmente hanno ricercato il dialogo e praticato il rispetto: Bontempi per temperamento, Viglione ha maggiormente scoperto il dialogo quando nel fulgore della sua posizione politica ha dovuto conoscere i giorni dell'amarezza e dell'abbandono.
Non vorrei che lo dimenticasse nel momento in cui riassaggia il potere proprio Viglione, che ricorda sempre a tutti noi la famosa battuta di Garabello.
Ma, dal faceto voglio passare al serio.
Disse un giorno, quella luce che è stato per gli uomini il Pontefice Giovanni XXIII: "Anche fra persone colte e spirituali può correre diversità di pareri e di vedute in cose discutibili. Ciò è innocuo alla carità e alla pace qualora si salvi la temperanza dei modi e la concordia degli animi".
Non ne faccio né ne ho mai fatto mistero: non ho alcuna simpatia per gli avversari politici freddi e distaccati, ne ho molta quando sento che il mio avversario è innanzitutto un uomo che rispetto, dal quale sono rispettato anche se fra di noi "corre disparità di pareri e di vedute in cose discutibili".
Con queste premesse dovrei forse dire che, pur nella negatività del giudizio politico complessivo sulla Giunta, siamo lieti di questi ingressi.
Intendiamoci, il gruppo della DC non si atteggia mai aprioristicamente e valuterà anche, le cose nuove, se verranno, se riusciranno a germogliare con la imminente primavera. Ma allo stato attuale ci pare che da un lato l'innesto sia insufficiente a dare nuovo vigore ad un corpo troppo asfittico, mentre, dall'altro lato, pur col rispetto verso i nuovi designati, sentiamo il vuoto che Bontempi e Viglione lasciano nel rapporto e nel raccordo tra i Gruppi.
In una Regione dove è insufficiente il rapporto Giunta-Consiglio, dove la Presidenza del Consiglio è stata intesa come fatto di maggioranza o, per altri aspetti, di registrazione notarile, senza spingersi ad una grande funzione di raccordo istituzionale, gli unici esili fili esistenti corrono tra i gruppi.
E mentre rivolgiamo il saluto delle armi a Marchesotti che lascia la Giunta, e auguriamo buon lavoro ai nuovi Assessori e ai due nuovi Capigruppo del PCI e del PSI coi quali cercheremo, con il fascino ma anche con il timore e le incertezze che il nuovo sempre rappresenta, di non spezzare gli esili fili.
Nella difficile situazione regionale, confusa e contraddittoria, ancora una volta una risposta forte e precisa è venuta dalle opposizioni e ha toccato nel segno, stante la difesa che il Presidente Enrietti ha fatto stamane e che farebbe bene ad inviare agli organi del suo partito per informarli della sua attività.
Non si poteva tacere. Democrazia Cristiana, Partito liberale e Partito Repubblicano non hanno taciuto.
Hanno inviato il loro messaggio alle altre forze politiche e alla comunità regionale.
Nella sempre affermata autonomia di valutazione politica, ma nella concorde esigenza di rilancio dell'attività regionale, tre gruppi di opposizione si sono posti come punti di riferimento della comunità piemontese. Non cartello delle opposizioni, ma valutazioni politiche che concordano, non come forze che hanno scelto una via moderata e conservatrice per uscire dalla crisi o per svilire il significato di queste Giunte, come ha detto il neo Capogruppo Revelli, commentando a caldo il nostro documento.
E' troppo facile fare affermazioni di maniera. Noi ci siamo posti come forze che vogliono che il Piemonte sia innanzitutto governato, che la Regione funzioni, che governi veramente.
Questa Regione, non è né conservatrice né avanzata. E' una Regione che funziona ancora poco.
E della cosa ormai si sono accorti i piemontesi e anche gli organi di informazione. Credo non sia male per tutti meditare su qualche corsivo recentemente apparso. Proporsi di farla funzionare, di far svolgere alla Regione il suo ruolo perché il "Piemonte aspetta" non vuol dire fare scelte moderate.
Abbiamo scritto nel documento: "La Regione ha perso ogni capacità di conduzione strategica nel suo complesso, capacità che indipendentemente dai giudizi di merito aveva avuto nella prima e nella seconda legislatura." Oggi o non vi è un progetto politico o vi è incompatibilità tra i progetti delle singole forze di maggioranza. Faccio un riferimento, e qui tocco il secondo punto dei tre conclusivi di Viglione.
Non ci auguriamo nessuna rissa. Se in questi due anni e mezzo le risse già sorte in quest'aula e fuori, avessimo voluto coltivarle, il giochetto sarebbe stato facile.
Nessuna attesa di rissa, ma come si supereranno i contrasti di impostazione e visione politica fra le varie forze di maggioranza ce lo dovrete pur dire.
Non mi pare ad esempio, che tra Viglione e Sanlorenzo vi sia stata in passato una eguale valutazione della crisi del Piemonte, ed ancora conosciamo tutti la posizione che in quest'aula e in convegni anche recenti ha assunto il Consigliere Viglione sulla politica sanitaria.
Che cosa accadrà nel momento in cui Viglione assume l'Assessorato dell'assistenza e sicurezza sociale che fa parte di un unico dipartimento con la sanità? Che cosa accadrà se coordinerà il settore? Nella situazione di movimento che in questa Regione inevitabilmente ci sarà, credo sia legittimo lavorare per un'altra maggioranza che non diventa necessariamente moderata o conservatrice.
Credo sia legittimo alla mia forza politica, senza svilire il significato della Giunta di sinistra, porsi come alternativa di questa Giunta e come punto di riferimento di una nuova maggioranza, che per Bastianini è addirittura necessità.
Sia chiaro, noi lavoriamo per questo, convinti che l'alternanza è il sale della democrazia.
Il progetto politico è molto semplice: far funzionare la Regione nei suoi compiti istituzionali, non inseguirne altri, che non ci competono recuperare prima che sia troppo tardi il rapporto con gli Enti locali e con i cittadini, programmare sul serio, anticipando.
E' vero quanto diceva stamattina Viglione. Essere rigorosi nella spesa essere solleciti nell'operare. Sembrano cose semplici persino banali invece, ovviamente con tutti i corollari operativi che ne discendono sono il programma alternativo al suo, Presidente Enrietti.
Ma se questo resta l'obiettivo di fondo della nostra azione, che si avvia anche a verifiche elettorali, non ci sfuggono i problemi dell'oggi.
Ci preoccupa la crisi strisciante di questa Regione, ci preoccupa il sostanziale congelamento di una situazione precaria sino all'autunno.
Da questa situazione discendono gli obiettivi strategici e specifici che con il PLI e PRI (forze con le quali anche per l'amabilità degli interlocutori in questa Regione abbiamo un costante colloquio e larga convergenza di valutazioni e proposte) abbiamo avanzato e sui quali la Giunta dovrà fornirci ben altre risposte di quelle indicate dal Presidente Enrietti stamani.
Nel dibattito del 10/6/82 il Consigliere Revelli aveva parlato di "scadenziario" sul piano operativo. Non se ne è fatto nulla, anzi, l'unico impegno temporale assunto, la modifica della legge 56, è stato completamente disatteso.
Questa modifica (come il cosiddetto piano di sviluppo destinato ad operare negli ultimi mesi della legislatura) ormai sta diventando in quanto a concretezza, come la famosa araba fenice di Metastasio: "che ci sia ciascun lo dice (i colleghi socialdemocratici in particolare) dove sia nessun lo sa".
Ma è dal bilancio '83 che bisogna cominciare subito per costituire un segno di svolta tra una Regione che opera per compartimenti assessorili e una Regione che recuperi una capacità d'intervento complesso e programmato.
In un arco di tempo limitato non si possono assumere grandi impegni anche questo bisogna avere il coraggio di dire, ma quelli che si assumono occorre mantenerli e accanto agli impegni economicamente onerosi e quindi da raccordarsi col bilancio, gli impegni che incidono meno finanziariamente, ma che ci devono consentire il recupero di quel rapporto con gli Enti locali oggi fortemente in crisi: il decentramento di compiti e responsabilità, la semplificazione delle leggi e delle procedure.
Ma sugli impegni torneremo nel tempo per precisarli e sollecitarli. In questo momento ci preme ribadire che siamo preoccupati di una fase interlocutoria che si caratterizza sostanzialmente con un rinvio, siamo preoccupati a che le logiche di partito abbiano il sopravvento sulle esigenze della comunità piemontese.
E ci apprestiamo a vivere questa fase di vita regionale che vedrà magari tanta buona volontà e tanto attivismo da parte di due nuovi Assessori, ma che lascia irrisolto il grave problema di conduzione politica.
Vede, Presidente Enrietti, dai primi interventi del 1980 sino a quello del giugno '82 (mi riferisco agli interventi di carattere politico) ho cercato di dire a lei ed alla Giunta che in questa Regione a livello istituzionale non si può fare a meno di nessuna forza che abbia radici ideali e per quanto ci riguarda anche tanto popolari nella realtà sociale.
Mi pare non sia un discorso fuori dalla realtà se (come mi è parso di capire leggendo i giornali) il Partito comunista nel suo recente congresso provinciale ha tanto discusso e dibattuto il patto per lo sviluppo per combattere la crisi.
Un autorevole personaggio, Novelli, se ben ricordo, ha detto che i problemi dello sviluppo sono i problemi di tutti.
Mi pare non sia un discorso fuori della realtà, se il terzo dei punti di Viglione di stamane è stato proprio quello del processo di partecipazione di tutte le forze in questa Regione.
Ma forse, nonostante il tema sia stato ricorrente nei miei interventi non ho avuto il dono di esprimere compiutamente il concetto, o visto da un'altra visuale, sono stato presuntuoso a ritenere che lei e la sua Giunta potessero porre attenzione ad una voce modesta e forse insufficiente al compito, ma rappresentativa di circa un milione di altre voci della comunità piemontese. Il mio dovere è però quello di ripetere anche oggi il concetto e di dire che il principale errore di conduzione politica che è certamente suo per la figura istituzionale e per le prerogative che ha il Presidente della Giunta, ma che è anche di tutti i partiti che costituiscono la maggioranza è consistito nel non tener conto di tutte le forze vive, rappresentative della realtà sociale della Regione: la recente e pure autonoma vicenda del rinnovo dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale è in proposito emblematica.
Forse ho fatto male a ripetermi anche oggi, forse è inutile ripetere le stesse cose. Sono un uomo però che crede nella virtù della speranza, che pensa che anche la flebile voce cui accennavo poc'anzi, la goccia ripetuta qualche segno può lasciare.
Se non qui, ove a volte ho la sensazione di essere in ingranaggi di uno stanco rituale, nella società, nell'opinione pubblica più attenta.
L'ho già ricordato: in questi ultimi tempi i segnali di recepimento ci sono stati. Merita dunque continuare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Presidente Enrietti ci ha ricordato che non è mai inutile ripercorrere le cose fatte, quelle avviate non solo per capire ciò che resta da fare, i limiti, le insufficienze, ma anche per renderci conto che ciò che è stato fatto ha un suo valore e porta i segni della volontà politica.
Altrettanto devo dire che non considero né inattuale, né inopportuna la dichiarazione congiunta delle opposizioni. Bisogna riconoscere che in questa Regione, sin dalla sua nascita, c'è stato un rapporto, a volte duro a volte di scontro, ma pur sempre proficuo con l'opposizione e i problemi della centralità del Consiglio regionale, del ruolo della Giunta, della sua collegialità hanno una valenza politica, ma hanno anche alla base un problema strutturale.
Non è una considerazione che faccio in modo intempestivo.
L'abbiamo affrontata in un nostro convegno nel corso della verifica dello scorso anno, a cui si è riferito testé Paganelli.
Dovremmo riflettere al di là delle responsabilità politiche che ognuno porta e nei ruoli specifici di maggioranza e di opposizione su quel grande fatto che dev'essere l'unità nelle regole del gioco e la possibilità di cambiare qualcuna, indipendentemente dagli ordinamenti nazionali.
Crediamo profondamente che la Regione possa in qualche misura riformare se stessa, a partire non dalle deleghe spicciole ma dai problemi che deve affrontare, che quindi comportano, al di là delle competenze dei singoli Assessori, di affermare un ruolo di governo strutturalmente nei fatti anche con lo Statuto che abbiamo.
I tre gruppi della maggioranza hanno mandato al Presidente Enrietti una lettera, che la collega Vetrino ha definito asciutta e molto realistica per nulla apologetica. Ci accingiamo ad eleggere due nuovi Assessori, una operazione che non saprei meglio descrivere di quanto non sia descritto in questa lettera.
Entrano in Giunta due Capigruppo e noi cogliamo un'occasione per un avvicendamento che avremmo voluto indipendente dai problemi che la compagna Cernetti deve affrontare.
Il compagno Marchesotti non va via in ritardo da questa Giunta; non c'era nessun problema né di merito né di qualità. Il nostro partito, per quel poco che può ancora contare, è un partito sotto questo profilo diverso da tanti altri, se non quasi da tutti.
Gli avvicendamenti li facciamo non sotto la spinta di un bisogno politico ma in una prospettiva e non siamo affatto stanchi di costruire un'ipotesi di alternativa. Non è affatto di circostanza il saluto che rivolgiamo a un grande compagno, di grande esperienza, che ha operato bene in questa Giunta e che per noi ha un significato particolare perch nell'Assessorato di cui si è occupato Marchesotti, ha segnato qualcosa di importante per il nostro partito, cioè un rapporto e una concezione delle politiche di alleanza verso certi ceti, i cosiddetti ceti intermedi, forse i più tradizionali, che sono una condizione essenziale di un progetto di cambiamento ma anche dell'evoluzione del nostro partito.
Non dimenticate che è di grande portata il fatto che il partito comunista oggi si misuri con le realtà partendo da nessun pregiudizio di blocco, di religione, ma con una grande laicità, all'interno di una grande prospettiva di rilancio dell'idea del socialismo in occidente e sapendo che se non entra in campo questa grande idea e questa grande forza, neanche il blocco in cui si trovano altre esperienze di socialismo all'est, non saranno risolte.
Partiamo quindi dalla concezione che i giochi non sono fatti neanche qui in Piemonte. Entrano in Giunta due Capigruppo, Viglione che non ha bisogno delle mie presentazioni, per le sue capacità, per quello che ha rappresentato in questa Regione e Bontempi, l'uomo che ha retto il gruppo per sette anni e che forse più di altri ha una visione complessiva e sa portare maggiormente le esigenze di raccordo con il Consiglio della vita complessiva della Regione.
Si parla di crisi strisciante, di crisi della direzione politica, di incertezze operative, di mancanza di un progetto di governo. Noi non abbiamo alcuna difficoltà ad assumerci le responsabilità che ci competono che non sono solo quelle di una via fatta tutta di petali di rose o solo lastricata di buone intenzioni.
E' una via durissima, è una via di alternativa che in Piemonte ha un significato strutturale, profondo diverso da altre maggioranze.
E' stato facile rompere la Giunta in altre Regioni, importanti, ma minori di questa, dove lo scontro e i problemi sul tappeto non sono del tipo che qui abbiamo e non hanno né la valenza né il riflesso generale per il nostro Paese.
All'interno della sinistra c'è un dibattito ed è una grande forza che qualche volta ci può anche logorare, ma è una grande forza che può fare a meno del contributo delle dichiarazioni dei documenti, della battaglia politica dell'opposizione.
C'è differenza fra il '75 e l'80. Quella unità ha permesso di estendere questa Giunta e di collegarci ad una proposta che si avanza da parte del PSDI di un socialismo europeo, non dipinto come quello che era tanti anni fa, un socialismo giunto anch'esso a dei limiti strutturali nella crisi dello stato sociale.
Questo è il primo termine dello scontro, quello che parte dalla crisi dell'esperienza dello stato sociale in tutto l'Occidente, quindi dalla crisi economica che si intreccia con esso e quindi dal ruolo delle istituzioni e dalla funzione che hanno lo Stato e le istituzioni nel loro complesso.
Il secondo tema di scontro è quello che riguarda il problema del rinnovamento della vita politica, della vita dei partiti, del rapporto tra i partiti, lo Stato e le istituzioni.
C'è chi parla di grande riforma, di piccola riforma. E' un tema di fondo molto sentito.
Non vi può essere nessuna riforma economica e sociale che non si intrecci profondamente con la riforma dello Stato. Il fatto stesso che le istituzioni locali governate dalle sinistre in senso aperto si misurino con la crisi per fronteggiare i pericoli immediati, e al tempo stesso per guardare in prospettiva per una nuova qualità dello sviluppo, vuol dire porsi il problema di una alternativa politica, significa spingere ulteriormente il discorso che è stato fatto in tutti questi anni, vuol dire fare i conti con l'insieme del sistema di governo, con gli interessi costituiti.
Le questioni strutturali urgono. Se l'inflazione è il grande indicatore della crisi economica, la crisi morale è l'indicatore della crisi politica.
L'alternativa per la quale noi lavoriamo con questo schieramento, con questi contenuti ed anche con questo dibattito nella sinistra per una soluzione alternativa ci dice che non è possibile farlo nel vecchio blocco sociale, non è possibile farlo nella vecchia politica d'alleanza.
Questo vuol dire che escludiamo il canto delle sirene che ci può essere rivolto ad un patteggiamento facile. Sta già ad indicare che c'è una competizione forte e molto ravvicinata sulle cose e anche nell'aggregare altre forze. Questo è il ruolo e il compito che ha il PSI con l'area socialista nei confronti dell'atea laica.
Sin dal 1980 noi non abbiamo mai detto al PSI di non costruire quest'area laica.
Qui, dove c'è il grande nodo strutturale dell'industria, della grande crisi, qui dove il Piemonte è area cerniera, il cuore del vecchio sviluppo e non si sa se ne avrà uno nuovo, mi pare che tutte le centralità o di facciata o di rincorsa del potere hanno le gambe corte.
Ecco perché c'é conflittualità. Il PSI avanza una proposta riformista.
Noi vogliamo che questa riforma vada avanti.
Abbiamo il diritto di discutere. Se c'è conflittualità all'interno del PSI, se ci sono questioni o beghe o vicende interne, è un problema di quel partito.
E' per questo che noi siamo rispettosi di quel dibattito interno. C' un'altra certezza in Piemonte: c'è una forza all'interno della sinistra che è anche la strada che fa il nostro partito. Noi non avremmo nessun diritto di chiedere di cambiare senza essere cambiati noi stessi.
Non darei per scontato che è sopravvissuta soltanto una formula e che la politica avviene dopo, mentre nella società c'è un cambiamento diverso.
L'offensiva neo-liberista non è passata. Ci sta cambiando anche nel nostro Paese.
Quella politica di rigore che anche noi vogliamo praticare da un altro versante e che oggi viene praticata in un modo per noi inaccettabile e non del tutto accettabile anche per le altre forze di sinistra che fanno parte del governo nazionale ci dice che i giochi non sono fatti.
Non è cosa facile aspettarsi che crolli o cada una formula politica.
Crollerebbe subito se non avesse nessun contenuto, se non avesse nessun sforzo autentico di ricerca di uno sbocco positivo alla strategia che vogliamo dare allo sviluppo del Piemonte e alle alleanze che cerchiamo di aggregare.
Per quanto ci riguarda, diciamo subito che il movimento operaio ha di fronte un grande compito. Certo non può difendere le questioni così come le ha conquistate in passato.
In qualche misura si ripropone il vecchio problema degli anni 50, in situazioni del tutto mutate.
Allora noi fummo sconfitti non solo per la durezza dello scontro in atto, non solo perché c'era Valletta, ma anche per un'altra ragione; perch non avemmo la forza complessiva di affrontare quel grande moto di sviluppo.
Oggi ci siamo in questa ristrutturazione. Vogliamo tentare in ogni modo di fare la nostra parte e non vogliamo certo che ci vengano propinate sotto gli occhi soluzioni del tutto diverse da quelle che noi auspichiamo.
C'è un modo di perdere nelle maggioranze di sinistra: uscirne. Tutte le volte che si è formata l'area laica e socialista contro di noi non è finita bene.
E' andata nella subalternità verso la DC, una subalternità che ha una capacità di egemonia nello Stato e nel potere, capacità che noi non abbiamo; sarà perché non ci siamo mai arrivati, ma è certo che là dove l'area laica-socialista si incontra con noi a pari dignità politica l'attacco non passa, si discute, si hanno di fronte diverse prospettive.
Non è affatto indifferente stare in questa situazione di crisi alla maggioranza o all'opposizione; è importante stare nelle istituzioni in maggioranza di fronte a questo tipo di scontro; la possibilità anche di schierare in un dibattito ampio che faccia passare la bilancia da una parte, da quella del cambiamento anche dove vi possono essere obiettivi comuni sulla vita interna della regione, su rapporti che vanno senza dubbio migliorati con il Consiglio, su una attività che veda portare più avanti la centralità di questa assemblea elettiva di cui voi spesso parlare.
Questo non è un elemento di chiusura, è un elemento anzi di confronto e di apertura. Crediamo che alcuni paragrafi del vostro documento debbano essere presi seriamente in considerazione.
Ne sentiamo il bisogno anche noi. Ma, detto questo, siamo altrettanto convinti che quando discutiamo all'interno della sinistra non lo facciamo solo per dei pretesti, lo facciamo anche perché la posta in gioco è molto alta; ne va dell'avvenire di tutto il movimento operaio - democratico, e non credo si possa soltanto stare a discutere di quanto pesino oggi nel lavoro produttivo le vecchie classi sociali.
I partiti non corrispondono mai alla vecchia nomenclatura delle classi.
Noi siamo capaci di aggregare per la nostra parte, insieme alle forze della sinistra, nel modo più vasto possibile, uno schieramento per il cambiamento.
Per questo lavoriamo. I due Assessori che entrano in Giunta non faranno miracoli, non c'è nessun salvatore della patria, né socialista né comunista ma lavoreranno per dare rilancio e coesione.
Crediamo che possano fare un buon lavoro e possano comunque contribuire alla definizione di questo progetto complessivo.
Voglio anche aggiungere che in merito alle questioni delle deleghe, noi non vogliamo avere due Presidenti. Chiediamo al PSI se ha delle scelte da compiere di compierle; ma fatta un'affermazione del genere, non vogliamo affatto mettere in discussione il positivo che è stato fatto.
Non dimenticate che qui con il merito e con la responsabilità di tutto il Consiglio, e precipuamente di questa maggioranza, che può avere tanti limiti, si è governata una crisi sociale come in nessun altro paese fino ad oggi. Non basta. Bisogna dare uno sbocco, bisogna che le cose siano più operative.
Quell'elenco che ha fatto Enrietti stamattina, non è consegnato al niente. Per quanto riguarda la programmazione, verso la quale spesso siamo critici da questi banchi, è ciò che è possibile oggi nella definizione di un disegno che dovrà assumere la dignità strategica.
Noi vogliamo dunque forzare questa governabilità formulando un programma di alternativa passo dopo passo con la giusta e dovuta prudenza e con il confronto con tutti senza voler estendere una nostra egemonia, ma credendo che abbia diritto all'egemonia oggi nel Paese, partendo anche dal Piemonte una sinistra ampia, democratica che guardi al socialismo.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

Desidero prima di tutto rassicurare i colleghi dell'opposizione sulla grande considerazione che abbiamo avuto sul documento che loro hanno presentato.
Ci siamo anzi preparati a questa risposta: la risposta del Presidente della Giunta è una risposta davvero collegiale. C'è stata una riunione di Giunta per rispondere a quel documento, abbiamo richiesto il contributo di tutti gli Assessori per cui meno che mai questa è stata la risposta di un Presidente che parlava a titolo personale.
E' stato un tentativo di rispondere ai problemi che voi avete posto nel documento che, come diceva il collega Bastianini, è il documento migliore che le opposizioni hanno presentato.
L'abbiamo considerato un documento serio soprattutto la dove dice: "La DC, il PLI, il PRI sono convinti che le condizioni del Piemonte, stretto fra i problemi di una crisi grave e le speranze di un nuovo sviluppo rendono necessaria una situazione di effettivo movimento e di maggiori aperture nel confronto fra tutte le forze politiche".
Il dibattito però non è stato adeguato alle speranze di quella frase perché dalle opposizioni non è venuta una indicazione di come possiamo fare per affrontare una crisi così grave e come possiamo stabilire un nuovo dialogo fra la maggioranza e le opposizioni.
Il Piemonte non esce dalla crisi da solo e non ci esce nemmeno se la Regione funzionasse meglio. Deve funzionare meglio di come la Stampa la descrive.
Il Difensore Civico, non ha detto che la Regione è lumaca e poltrona anzi, ha detto che il numero delle osservazioni che i cittadini piemontesi hanno fatto all'istituto regionale è assai poco rispetto alla quantità delle funzioni amministrative.
Dalla crisi non si sta uscendo; e non si sta uscendo oltre che per le nostre insufficienze, per questioni che sono ben più rilevanti.
Galbraith ha fatto rilevare a tutti l'impotenza degli economisti ad affrontare una crisi di così grandi proporzioni e di così grandi novità qualitative e quantitative.
Si è salvato nei confronti dell'Italia dicendo che è un Paese che capisce poco, che è sempre in crisi, ma che va sempre avanti. E' una frase che consola, può consolare anche noi, ma non ci aiuta molto a trovare la strada per uscirne fuori.
La tensione culturale che l'amico Reburdo vede venir meno è in realtà presente in ciascuno di noi. Non mi basta nemmeno leggere Amendola per trovare la soluzione ai problemi della classe operaia e non trovo nemmeno nelle risoluzioni del mio partito la soluzione da indicare.
Si può ripetere dieci volte che ci vuole un nuovo sviluppo, ma poi bisogna entrare nel merito per dire in che cosa consiste questo nuovo sviluppo.
Abbiamo cercato di lavorare in questa direzione; non abbiamo certo cavalcato la crisi, ma abbiamo tentato di dare un governo democratico ad un processo di ristrutturazione che poteva anche evolversi in senso antidemocratico.
Provate a pensare se non fossimo riusciti a bloccare l'offensiva terroristica prima che venissero avanti le conseguenze della crisi sociale e si fosse realizzata la congiunzione delle conseguenze della crisi sociale con il massimo dell'offensiva terroristica che cosa sarebbe successo in questo Piemonte laboratorio.
Questo siamo riusciti ad evitarlo tutti assieme, dobbiamo fare uno scatto tutti assieme e guardare quello che siamo nel Paese, quello che abbiamo assieme conseguito e quello che dobbiamo ancora conseguire.
Da questo punto di vista quell'aspetto del bilancio dobbiamo metterlo nell'attivo, è un attivo di tutta la collettività che va al di là delle distinzioni tra maggioranza e opposizione.
Se vogliamo partire da qualcosa per costruire qualcos'altro, dobbiamo anche dire che non è stato improduttivo il dialogo con il governo e non è privo di significato il fatto che si discute oggi in una situazione di difficoltà della maggioranza, ma non di crisi che paralizzi le opposizioni.
E' anche troppo facile ricordare le crisi che circolano nelle Regioni.
Non voglio mettermi a fare i confronti con altre realtà che sono peggiori di questa per dire che noi siamo migliori degli altri.
Le Regioni sono in crisi tutte quante da questo punto di vista. Si salvano le Regioni forti perché sono più forti.
Si abbandona qualunque disegno organico di riforma istituzionale regionalista e si va alla ricerca dei rapporti di collaborazione con i grandi potentati economici per salvare il salvabile.
La nostra posizione con la Fiat non è mutata, noi siamo per il rispetto degli accordi, siamo perché i finanziamenti siano dati se sono finalizzati ad un programma di sviluppo dell'industria.
Dobbiamo inquadrare il contesto della politica regionale nel contesto della politica nazionale e internazionale per capire i passi da compiere in avanti.
Ci sono le cose che vanno e quelle che non vanno.
C'è il tentativo di porre il confronto fra di noi su questioni che abbiano la dignità, il respiro di un progetto per uscire dalla crisi, fatto di pragmatismo e di idee illuminanti.
Non è vero, che è caduta la tensione nei confronti delle nuove povertà e delle gravi conseguenze della crisi.
Abbiamo scoperto i cassaintegrati quando non li scoprivano nemmeno i sindacati, abbiamo difeso la gravità della loro condizione umana quando qualcuno li dipingeva come scansa fatiche e doppio-lavoristi, abbiamo cercato di affrontare un problema nuovo.
Ci vuole tensione ideale per scoprire la realtà e l'abbiamo organizzata, perché se abbiamo decine di migliaia di disoccupati e di cassaintegrati che non sono organizzati né nei sindacati né rispondono agli appelli delle istituzioni e diventano un grande mare in cui ciascuno pu pescare e dirottare la spinta e la protesta che viene da questi ceti colpiti di nuova povertà e di nuova disgregazione, senza dargli un punto di riferimento, veniamo meno al dovere di riaggregazione che la Regione e gli Enti locali devono avere. E' questo il significato del progetto che abbiamo portato avanti.
Le modifiche che vengono qui annunciate porteranno ad una rissa in Giunta? Devo dire ai colleghi che risse in Giunta finora non ne sono mai avvenute.
Avete avuto in questi due anni e mezzo un episodio, uno spettacolo di Assessori che polemizzano a vicenda, che fanno le guerre di dichiarazioni sui giornali, che si insultano, che fanno cadere un Presidente della Giunta perché non vanno d'accordo fra di loro? Avete potuto accusarci di aver copiato dall'immagine del governo nazionale in questo senso? Mi pare di no.
Perché dovrebbero adesso insorgere le risse in Giunta? Non penso che ce ne saranno, ci sarà il tentativo di una sintesi non facile fra forze politiche diverse, fra componenti ideali diverse, fra temperamenti diversi fra preparazioni culturali diverse che tuttavia per noi rappresentano un grande fascino.
All'esordio della III legislatura abbiamo detto che stavamo facendo un esperimento che aveva idealmente un grande valore: mettere assieme comunisti, socialisti e socialdemocratici per la prima volta in Italia e per la prima volta in Europa per vedere se riuscivano a esprimere una cultura di Governo.
Un idillio non poteva essere. Nessun partito cambia la sua natura solo perché partecipa a una composizione di governo. I contrasti, le difficoltà le deficienze sono qualche cosa contro cui bisogna combattere.
Stiamo facendo un esperimento di grande rilevanza almeno per alcuni di noi che vedono in questo anche la legittimità o meno di costruire per questa via una stabile alternanza di governo, del rispetto delle opposizioni, una alternanza che in Italia non c'è mai stata dal 1974 ad oggi.
Se si deve sperimentare questa alternanza la si può sperimentare in una Regione come questa, dove Comune, Provincia, Regione e tanti altri Comuni operano sulla collaborazione fra comunisti, socialisti e socialdemocratici.
Lasciate la nobiltà di sperare che questa esperienza, per chi ci crede possa dare i suoi frutti, anche se in modo tormentato.
E' vero non siamo tutti eguali, diciamo a volte cose diverse, ma veniamo dalla stessa origine e questo nessuno può dimenticarlo. Noi non lo dimentichiamo, non pensiamo che i compagni socialisti e socialdemocratici lo vogliono dimenticare.
Lavorare per un'intesa, per un progetto per lo sviluppo, per un'unità non è una tensione ideale sufficiente? Non è un obiettivo che vale? Non è qualche cosa che vale la pena di meditare abbandonando qualsiasi personalismo, dimenticandosi dei ruoli, delle deleghe, delle funzioni? Capisco chi dice: "abbiamo un disegno alternativo".
Noi ci battiamo per altri principi. Avete però il dovere di presentare questo disegno alternativo, che non può essere solo una Regione che funzioni perché in questo senso non è alternativo.
Anche il nostro disegno presuppone una Regione che funzioni molto di più, ma non siamo ancora all'alternativa.
La forza politica ha il diritto di presentare un disegno alternativo ma deve prospettarlo. Cerchiamo di snebbiare il nostro dibattito politico da ciò che è sovrastrutturale, andiamo al cuore dei problemi.
Allora, le possibilità di incontro e di confronto torneranno ad essere quelle di sempre.
In qualche modo dobbiamo reagire persino alla tendenza nazionale che è quella di far si che ci sia la omogeneizzazione dei contrasti da tutte le parti, per cui se litigano a Roma bisogna litigare da tutte le parti.
Cerchiamo di reagire anche a questo.
L'originalità della questione piemontese, vediamola anche in questo senso.
Senza di questo non usciamo dalla crisi.
C'è un compagno che lascia questa Giunta dopo 7 anni e mezzo di lavoro.
Non crediate che i comunisti siano così diversi da non essere travagliati e investiti anche loro umanamente dai processi che interessano la formazione di maggioranze di questa natura. Siamo uomini di carne ed ossa esattamente come Gramsci aveva descritto nel 1920.
Siamo un po' diversi, crediamo che questa diversità sia qualche cosa di utile alla democrazia del Paese: in questo momento lo stiamo dimostrando con questo episodio.
Questo è un processo che interesserà forse altri uomini di questa Giunta. Sarà qualche cosa che vedrà alla prova la capacità della sinistra di essere coerente con le cose che dice e con le cose che fa.
Apprezzatela come un contributo di umiltà, di servizio alla causa non di Giunta o di una maggioranza ma dei problemi al centro del vostro documento.
Se il dibattito e le conclusioni di oggi devono aprire una fase nuova nella vita della regione, anche questo episodio che viviamo oggi può essere qualche cosa di utile, per dimostrare che le possibilità di dialogo continueranno, anche se cambiano i soggetti che l'hanno rappresentato, con i nuovi soggetti che verranno a riscoprire quelle responsabilità, lungo una linea, che l'amico Paganelli conosce molto bene, è la linea che abbiamo inaugurato quando è nata questa Regione.
Altrove hanno fatto diversamente, ma qui sono cambiate maggioranze e certi rapporti si sono sempre mantenuti. Altrove si sono comportati diversamente, ma qui le Presidenze delle Commissioni alle maggioranze e alle minoranze sono state date sin dalla I legislatura, con un'intesa, fra le forze, assai diversa e assai lontana da quella dell'epoca della solidarietà democratica.
Altrove hanno fatto diversamente, ma qui, abbiamo mantenuto, anche nei momenti di maggiore difficoltà, un determinato tipo di rapporto.
Questo è un bene per la nostra Regione, non dobbiamo perderlo e se il dibattito di oggi significa qualche cosa di nuovo, sia anche qualche cosa che consolida qualche cosa di vecchio.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione socio-economica

Il dibattito di oggi ci ha richiamati ai temi istituzionali e ai temi generali di rinnovamento delle forze politiche, di adeguamento degli schieramenti, di crisi delle istituzioni.
Mi pare che nel dibattito sia rimasto in sordina, al di là della piacevolezza di qualche battuta, il tentativo emerso sui giornali di gettare la croce sul Partito socialista per le vicende che oggi stiamo discutendo e di farne in qualche modo il capro espiatorio delle difficoltà della Regione, forse anche per il travaglio esplicito, la trasparenza del confronto, la facilità con la quale il dibattito nel mio partito viene trasmesso all'esterno senza essere velato da compiacenze e da ipocrisie di maniera.
Qui i giusti richiami alle tematiche e alle polemiche del confronto hanno fatto giustizia di qualche facile tentativo di trovare dei capri espiatori per una crisi che c'è ma che dobbiamo saper vedere con grande chiarezza e con grande lucidità, se non ci vogliamo ingannare.
Siamo a metà avanzata della legislatura, abbiamo grossi problemi, le forze politiche sono tutte responsabilmente impegnate a cercare di capire quello che sta succedendo qui e fuori di qui.
Questi anni, apparentemente grigi, in questa legislatura di transizione, apparentemente opaca, apparentemente vuota, in realtà sono stati anni nei quali lo storico dell'economia, lo storico dell'istituzione riconoscerà degli elementi importanti di mutamento.
Intanto il venire meno di alcune certezze e di alcuni miti sui quali tutti avevamo costruito, ognuno per la parte sua, negli anni passati, le nostre certezze.
E' venuto meno il mito del buon governo delle Giunte rosse, figlio del benessere del Welfare State all'italiana, il grande mito che sorreggeva le Giunte di sinistra con molti quattrini da spendere, molta fantasia, la capacità di esportare, di arricchire, di approfondire il modello emiliano degli anni '60 in tutta Italia; servizi pubblici, gratuiti o a prezzo politico, grandi iniziative, grande mobilitazione di massa, novità rivitalizzazione delle istituzioni.
Tutto questo è venuto meno perché la crisi economica ha distrutto i fondamenti su cui questo modo di governare si era potuto reggere.
E' anche venuto meno il mito del bagno nel mercato, dell'efficienza imprenditoriale, come salvezza per le amministrazioni pubbliche.
E' venuto meno su un'onda che non è solo italiana ma mondiale, quella che sta distruggendo alla radice i fondamenti teorici delle politiche monetariste.
Gli Stati Uniti e l'Inghilterra, paesi che le hanno praticate, le stanno vertiginosamente abbandonando di fronte all'incalzare della disoccupazione crescente che sta mettendo in forse il consenso dell'amministrazione repubblicana negli Stati Uniti e di quella conservatrice in Inghilterra, portando nei convegni e nel vivo della lotta politica, riportando in primo piano quelle tematiche keynesiane e neo keynesiane troppo frettolosamente archiviate come figlie del passato, alle quali invece stanno tornando con attenzione le forze politiche, le forze economiche, i governi in Europa e nel mondo.
Forse non c'è più sicurezza sui modelli. Certo, le trasformazioni profonde di questa società e di questa economia hanno fatto perdere sicurezza sui modelli.
E' una ricerca quella che tutti quanti compiamo.
Le vie italiane allo sviluppo che forse con una certa provinciale accettazione di questi modelli avevamo praticato nel passato, si sono rivelate non praticabili anche perché in realtà oggi, non avremmo più modelli da prendere come punti di riferimento. Era facile trovare modelli da applicare quando funzionavano: oggi nessun modello funziona, ed è difficile imitare dei modelli che non ci sono più. Allora ecco che è caduto un modo facile di fare le Giunte a sinistra, è caduta una ricetta apparentemente valida sul fronte moderato e conservatore. Bisogna trovare il modo di governare una società in trasformazione, di governarla in un momento di risorse scarse, in un momento in cui la crisi della finanza pubblica è l'unica vera crisi con la quale ci troviamo a fare i conti.
Non credo che esista in questo paese una crisi dell'economia reale.
Credo che i fenomeni che attraversano anche dolorosamente la realtà del Piemonte, con i disoccupati, i cassa-integrati, siano prevalentemente fenomeni di trasformazione e di ristrutturazione, non necessariamente di crisi.
Dove la crisi morde in profondo e dove la crisi non trova ancora ricette per essere superata, è sul sentiero della finanza pubblica, il cui vertiginoso disavanzo non è controllabile, le cui conseguenze anche sull'economia reale rischiano di essere laceranti e che chiama in causa gli enti pubblici, le amministrazioni periferiche alle quali viene attribuita la responsabilità di essere centri di spesa incontrollati, la cui dinamica della spesa non è sottoposta a vincoli rigidi, in qualche modo fattori di una spesa indicizzata, destinata a crescere senza controlli e quindi i primi soggetti del contenimento e dell'intervento da operare dal centro.
C'è una crisi dell'Istituto regionale e non possiamo considerare la Regione Piemonte isolata dal contesto in cui ci troviamo ad operare qualcosa da esaminare al microscopio verificando se sono presenti i cromosomi dell'efficienza e della capacità come se si trattasse di verificare se rispondiamo a parametri ottimali di funzionamento delle istituzioni pubbliche.
Questo discorso può valere forse per una tesi di laurea di uno studente, peraltro sprovveduto, ma non può servire nel dibattito politico ci vuole un giudizio di relazione, bisogna fare i confronti, bisogna vedere che cosa succede uscendo dai confini di questa Regione, bisogna vedere che cosa sono le Regioni oggi a 12 anni dalla loro istituzione, bisogna prendere atto del fallimento del grande disegno regionalista di trasformare lo Stato. Questo disegno è fallito. Siamo comunque tutti in difesa, stiamo difendendo almeno alcune delle ragioni della grande riforma regionale, con un ridimensionamento del ruolo della Regione, con una riconduzione delle Regioni ad esercitare poteri nella sfera loro propria, non più ad essere la punta di diamante di un processo riformatore che avrebbe dovuto coinvolgere in basso gli Enti locali, e in alto l'apparato centrale dello Stato.
Che cosa é, e che cosa può essere la Regione Piemonte con riferimento a questo problema e a quello che succede fuori di qui? Valutiamo per tutto quello che ha significato il ruolo che il Piemonte ha avuto in questi anni nel quadro nazionale.
Non è un problema di viaggi, di conferenze stampa, di presenza e di protagonismo del Presidente o di altri. E' l'aver capito che molta parte della partita la si gioca nel confronto con il potere centrale, che oggi la Regione vive ed ha un ruolo nel momento in cui si raccorda con il livello centrale, nel momento in cui non è provincia dell'impero capace di giocarsi in proprio le sue fortune, ma nel momento in cui è un tassello di uno Stato in crisi che contribuisce e collabora ad uscire dalla crisi insieme con gli altri tasselli, fino a comporre il quadro complessivo di un paese diverso.
Non sottovalutiamo il ruolo che abbiamo avuto come Piemonte, come singoli come Giunta e come Consiglio nelle vicende e negli accadimenti di questi anni, nella politica industriale, nella politica finanziaria, nella politica dell'energia, nelle ispirazioni e negli stimoli al dibattito istituzionale, nella politica della cultura.
In che modo abbiamo giocato la nostra partita? Vogliamo dire che la Regione è lumaca? E sia. Abbiamo commesso degli errori, abbiamo sbagliato, personalmente io sono convinto che abbiamo sbagliato a configurare delle strutture regionali all'insegna dell'appiattimento e della scarsa difesa della professionalità del personale della Regione. Quello che il sindacato riconosce oggi come un limite nella politica nei confronti dei settori produttivi, credo sia stato un limite anche nei confronti dei settori della pubblica amministrazione. Può darsi che le strutture burocratiche vivano di vita propria, che le sindromi che rendono così difficoltosi i movimenti, i tempi, le procedure della tradizionale burocrazia dello Stato siano in realtà un male capace di diffondersi a tutti i livelli e che quindi ne soffriamo anche qui. Vogliamo guardarci in faccia, vogliamo dirci le cose fino in fondo? Siamo convinti che ritardo, la lentezza, l'appesantimento l'attorcigliamento sia un fatto che riguarda l'esecutivo soltanto e non il funzionamento di tutte le istituzioni? Non chiama in causa le responsabilità di tutte le forze politiche? Siamo convinti che nel suo funzionamento e nelle sue attività Commissioni e Consiglio, siano stati fulmini di velocità? Siamo convinti che il tempo che abbiamo dedicato ad approfondire i contenuti e la qualità delle leggi regionali, abbiano fatto premio rispetto ai grandi dibattiti su problemi di politica estera o su temi che esulavano dalle nostre competenze? Siamo convinti che certe leggi da lungo giacenti e non discusse o insabbiate o ritardate o intricate nel confronto delle Commissioni non avrebbero potuto venire prima in aula? Non basta soddisfare formalmente l'adempimento consegnando un testo di legge alla Commissione. Il problema è quello di capire se ci vogliamo ingannare in un giochino in cui la Giunta presenta dei pezzi di carta soddisfacendo a degli obblighi formali e i pezzi di carta restano fermi sul tavolo delle commissioni o se vogliamo fare delle leggi sapendo che per fare leggi e provvedimenti costa fatica, impegno, bisogna far lavorare il cervello, bisogna affaticarsi, confrontarsi seriamente e in tutte le sedi.
Considero umiliante e un errore di questa Giunta l'essersi fatta incastrare da una polemica sulle consulenze tale che ci ha portato ad essere la Giunta d'Italia che ha fatto minor ricorso alle capacità propositive e innovative della scienza, della tecnica e della cultura.
In questo momento la programmazione non ha un solo consulente. I consulenti che lavorano sulla legge urbanistica non hanno avuto rinnovata la consulenza da mesi.
Ci siamo fatti incastrare in un gioco assurdo di veti inconcepibile in base al quale in questa Regione non riusciamo più né a produrre né a far funzionare un supporto naturale del lavoro delle amministrazioni.
Non voglio citare i dati che hanno retto la scorsa legislatura in cui proposte, idee, capacità innovative, fantasia sono stati un dato positivo.
Fare il discorso del rigorismo spicciolo, dell'austerità bottegaia, del ripiego sulle sole energie interne, è un modo per isterilire la vita della regione, per renderla inadeguata, per impoverirla, per renderla incapace di svolgere il proprio ruolo.
Il discorso della programmazione.
E' finito il mito della programmazione onnicomprensiva, della programmazione panacea di tutti i mali.
Qui si vive alla giornata, in un quadro nel quale non è possibile programmare nemmeno il mese prossimo, per non dire la settimana.
Non sappiamo ancora quali saranno le risorse di cui la Regione disporrà nel 1983. Abbiamo approvato un bilancio con un atto di buona volontà fondato non su una legge, ma su un disegno di legge che non è stato approvato dal Parlamento. I dati che riguardano la finanza delle Regioni sono contenuti in pezzi della legge finanziaria, che non è approvata, in pezzi del decreto sulla finanza locale che è decaduto, che il Senato ha deciso di non convertire.
Quindi abbiamo costruito un bilancio fondato su elementi contabili non sicuri, non certi secondo il significato che la legge di contabilità da a queste parole.
Come possiamo lavorare in queste condizioni? Dobbiamo tuttavia però lavorare. Abbandoniamo i miti della onnicomprensività, della capacità di affrontare tutti i temi, facciamo progetti seri, concreti e realistici, entriamo nel merito di questi progetti, ma facciamo anche funzionare le nostre capacità di proposta traguardiamo le difficoltà dell'oggi e cerchiamo di vedere che cosa sarà questa società domani.
Credo che la società domani abbia in se il potenziale per essere migliore, che da questa crisi si possa uscire con una struttura produttiva più forte, più competitiva, più adeguata alla concorrenza internazionale sempre più dura, ma cominciamo a giocare il nostro ruolo, esercitiamoci anche in queste capacità previsionali.
Ecco dov'é il potere della conoscenza.
Il tentativo di capire quello che succede non può esserci tolto da un decreto del Ministero del Tesoro, dalle difficoltà della finanza pubblica.
Ci viene tolto solo dalla nostra miopia, se non esercitiamo fino in fondo il potere della conoscenza.
Abbiamo un ruolo da assolvere, ma dobbiamo sapere qual è la parte che oggi ci viene assegnata e non recitare il copione che è stato scritto 12 anni fa e che non è più attuale.
Nelle polemiche forse è implicito un complimento: questo PSI che in un momento di crisi e di paralisi dell'amministrazione riesce a esprimere contemporaneamente quattro Presidenti: quello che c'è stato, Viglione quello che c'è Enrietti; quello che potrebbe essere e non sarà, che sono io; quello che forse sarà che è Testa.
Andiamo al di là di questi elementi divertenti, piacevoli, affascinanti ma marginali e arriviamo al cuore dei problemi, alla crisi delle istituzioni, alla necessità di pensare cose diverse da quelle che abbiamo fatto in passato.
L'impegno a cui siamo chiamati è un impegno rigoroso, severo nell'avviare i processi per migliorare l'efficienza della macchina amministrativa regionale.
Facciamo dibattito sul funzionamento della macchina regionale, facciamo dibattiti sul funzionamento delle leggi, sui meccanismi legislativi che abbiamo prodotto in questi anni che meritano di essere rivisti, revisionati e riportati a piena efficienza, diamo corposità e concretezza alle cose che facciamo.
Non illudiamoci su un ruolo che non è più il nostro. Le forze della maggioranza questa consapevolezza la hanno. Le proposte di dando della Giunta e il suo rafforzamento hanno questo significato.
Il discorso su questi aspetti istituzionali, non può essere chiuso solo nell'ambito della maggioranza.
La maggioranza ha un suo programma, esprime i suoi uomini, dà alla Giunta il contributo massimo delle forze di cui dispone, ma non crede che da una crisi così grave si esca a colpi di maggioranza, con l'imposizione del potere dei numeri.
Il gioco che abbiamo davanti a noi in questi mesi e in questi anni è un gioco grosso che richiama tutte le forze istituzionalmente interessate al funzionamento della Regione; non è quindi un discorso di chiusura, ma è un discorso di apertura, di confronto, di crescita del nostro ruolo.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

L'introduzione che ho fatto questa mattina, ha avuto eco in questo Consiglio regionale in maniera differenziata. Devo ringraziare i colleghi Consiglieri: Revelli, Viglione, Reburdo e in parte Bastianini. Ringrazio gli interventi testé fatti dal Vicepresidente Sanlorenzo e dall'Assessore Simonelli che hanno dato un taglio elevatissimo al dibattito che si è instaurato in questo Consiglio. Non altrettanto devo dire per altri interventi, in particolare per quelli che si sono riferiti soprattutto sui vari documenti del PSI, sulle varie dichiarazioni di qualche esponente del PSI su un documento della Segreteria nazionale del PSI, su Craxi e così via dicendo.
Avendo una forte vocazione istituzionale, abbiamo fatto prevalere alle logiche di corrente la logica istituzionale, ha prevalso la serenità del giudizio e non ha prevalso ciò che poteva essere un danno al partito soprattutto un metodo di lottizzazione che purtroppo abbiamo malamente imparato da un grande partito di questo Paese. Non c'è un solo dirigente della DC che non abbia avuto una critica da parte di una corrente della stessa DC.
Non accettiamo alcuna critica in questo senso. Sono estremamente aperto e coraggioso. Parlando in una stanza di vetro, molte cose vengono fuori e in una democrazia matura è bene che vengano fuori. L'importante è trarne delle sintesi responsabili e tali che non rechino alcun danno alle istituzioni.
Come stabilisce l'art. 35 dello Statuto ho immediatamente richiesto al Presidente del Consiglio la sostituzione dell'Assessore Cernetti. Non vi è stato un momento di pausa nell'attività del Consiglio.
L'Assessore Simonelli ha parlato dell'autorevolezza con cui il Piemonte si muove nei confronti del Governo, delle altre Regioni, dell'Europa.
Vengono qui Ministri, autorevoli uomini di Governo, forze sociali per discutere con pari dignità i gravi problemi che investono il Piemonte.
E' giusto che il Consiglio regionale sia informato tempestivamente delle deleghe, come stabilisce lo Statuto. L'assegnazione della delega è un atto monocratico del Presidente della Giunta regionale, i Gruppi consiliari che formano le maggioranze, sentiti i segretari dei partiti.
Sono emerse in alcune dichiarazioni di Consiglieri della minoranza la proposta di una nuova maggioranza. Per la prima volta dopo due anni e mezzo sentiamo parlare di formazione di una nuova maggioranza. Nelle grandi democrazie occidentali si parla in questi termini. Un disegno alternativo da contrapporre alla maggioranza con un dialogo sereno, forte, un disegno alternativo. Non per minimizzare, ma, di fronte alla crisi che attanaglia il Piemonte, l'Italia e l'Europa, non può essere un disegno alternativo quello del funzionamento della Regione. Concordo che le grandi cose partono dalle piccole cose, ma non credo che possa essere questo un disegno alternativo. Vorrei davvero che venisse in questo Consiglio un disegno alternativo.
Avrei preferito sentire che questo disegno alternativo prende corpo, dà sostanza programmatica, lancia appelli alle forze politiche per la costruzione reale di un disegno alternativo. Ma questo allo stato attuale non è avvenuto.
Ci si richiama alla partecipazione, ma il processo di partecipazione reale deve venire fuori dal dibattito, dal confronto sulle cose, dal dialogare insieme questa o quell'altra proposta. Non credo che la partecipazione debba essere confusa con un discorso di lottizzazione.
Vorrei che venisse fuori con più forza un dialogo, un confronto sulle cose una puntualizzazione sugli errori se ce ne sono, una proposta di soluzione.
Questo non è venuto. Siamo in un momento di incertezza, non ci sono modelli precisi da seguire, quindi anche nelle tradizionali Giunte di sinistra, si vive un momento di ripensamento.
Che cosa avviene nel mondo, che cosa avviene in Europa? La formula che guida la Regione oggi non è una formula sopravissuta, è una formula arricchita da un contributo di forza e di progresso sempre più aperto, e noi chiediamo il contributo di altre forze di progresso. Questa linea politica arricchita prende corpo, ha dimensioni non soltanto nazionali, ma europee. Non possiamo restare insensibili a quello che è avvenuto in Francia, in Portogallo, in Grecia, in Svezia. Non siamo insensibili a un confronto sereno e costruttivo fra forze di progresso e fra forze che si richiamano legittimamente alle forze moderate e alle forze di conservazione.
Questo è un modello ancora tutto da inventare, ma qui in Piemonte a questo modello si è data una dimensione precisa, per quanto mi riguarda sollecito un disegno alternativo, che abbia una proposta politica, che abbia possibilità di coagulare forze omogenee, che sappia prospettare un disegno complessivo. Questa Giunta ha dato un contributo per la realizzazione di una linea politica alla quale si potrà in futuro contrapporre una nuova maggioranza, della quale però oggi non abbiamo visto né la delimitazione politica né i contributi programmatici né e soprattutto la spinta vitale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Farò una sola considerazione.
Ho seguito con molta attenzione le parole del Vicepresidente dell'Assessore Simonelli e del Presidente della Giunta.
Nelle parole di Sanlorenzo c'era una nota di fiducia e di speranza nella Regione; nelle parole di Simonelli, forse per il suo carattere e il suo modello di preparazione, una nota oscura per la Regione. Noi crediamo nel futuro della regione.
E' vero, c'é la crisi, ma le grandi riforme si fanno proprio nei momenti di crisi: dagli anni '20 agli anni '30 la grande America visse una delle crisi più drammatiche: il Presidente di allora, Rooswelt, pose le basi di un rinnovamento che dura ancora oggi con alterne vicende di ogni paese e di ogni Stato. Il momento della crisi ci porta a ritenere che profonde modificazioni devono essere fatte. Mi riferisco alla Regione e giustamente, Simonelli ci richiama ai limiti delle nostre possibilità.
Nessuno però ci richiama ai limiti dell'impossibilità. Il Piemonte e la sua popolazione ci richiedono soltanto le cose che a noi spettano e non sono poche: per quanto riguarda il governo del territorio, per esempio Simonelli ci ha richiamati ad una azione forte, vigorosa, immediata pregnante, di grande vitalità e noi accogliamo questo suo incalzare su questi problemi.
Noi crediamo a questa Regione e ne vogliamo sviluppare gli elementi portanti. Si dice che mancano le risorse per garantire lo sviluppo. Questo è vero, il bilancio tuttavia porta 3060 miliardi circa, che vogliono pur dire qualche cosa, sebbene non siano adeguati ai bisogni emergenti. E' vero che una parte sono destinati al settore della sanità; è vero che sono coperti da oneri precedenti diluiti nel tempo, ma ci sono dei margini che possono essere attivati nel governo del territorio, per esempio, che non hanno un costo reale elevato.
La Regione si misura soprattutto nel governo del territorio il quale comprende la vita, lo sviluppo, il rapporto fra l'uomo e l'ambiente, una serie di proposizioni che non hanno dei costi reali elevati da impedirci di organizzarli.
Non siamo per lo sviluppo di questa regione, crediamo nel suo futuro e diamo il voto favorevole in questa prospettiva che non è di ottimismo ma di ragionamento fondato sui dati che abbiamo e che ci inducono a ritenere che per il futuro qualcosa potrà essere fatto.
Con questo spirito il Gruppo socialista ringrazia quanti sono intervenuti in questo dibattito e vota a favore delle proposte della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Svolgerò questa breve dichiarazione di voto partendo dalla considerazione che faceva il Vicepresidente Sanlorenzo: dalla crisi non si sta ancora uscendo. Mi chiedo se non è fallita quella scelta, che noi nel 1980 criticammo in modo aspro, che vedeva l'uscita del Piemonte dalla crisi nel legame con l'Europa.
Non è forse il caso di pensare ad un'altra strada per uscire dalla crisi. Sono d'accordo con Sanlorenzo quando dice che bisogna essere in grado non soltanto di pensare al "nuovo", ma anche di proporre qualcosa di nuovo, altrimenti formuliamo solo parole vuote, slogans dietro cui si cela l'incapacità complessiva di proporre.
Perché alla domanda: "che cosa produrre" non aggiungiamo: "che cosa fare per evitare che milioni di persone muoiano di fame nei paesi sottosviluppati"? Questo interrogativo contiene dei valori sui quali la sinistra sta riflettendo da quando si parla di rapporto Nord-Sud. Sul "Mondo Economico" del 1° dicembre si legge: "nella crisi attuale l'Italia è di fronte ad un'alternativa: o tentare una costosa modernizzazione sul fronte della competitività con gli altri Paesi sviluppati, il che non può contemplare una politica verso il Terzo mondo, o cercare di sviluppare un dialogo selettivo con il Sud, in particolare con i paesi mediterranei, che permetta di sostenere lo sviluppo italiano attraverso il sostegno allo sviluppo autocentrato di nuovi partners. L'Italia può fornire tecnologie, impianti industriali, agro-alimentari, contro garanzie di forniture di materie prime".
Perché non legare la risposta alla crisi del che cosa produrre, al contributo che il Piemonte può dare allo sviluppo di quei Paesi? Perché non legare la risposta al dramma dei due milioni di cittadini espulsi dalla Nigeria che rischiano di morire di fame? In questa risposta c'è per la sinistra il modo di farsi punto di riferimento all'esigenza di partecipazione dei giovani, che si esprime con le migliaia e migliaia di giovani che hanno dato e danno vita al movimento per la pace. Sono d'accordo con Simonelli quando dice che abbiamo fatto un po' di demagogia.
Non si può governare il nuovo senza conoscere. Bisogna affrontare questo argomento senza demagogie, sapendo che probabilmente investire razionalmente le risorse significa spenderne anche molte per conoscere.
Ed è per questo che sono necessari programmi chiari ed obiettivi chiari.
L'esperienza delle Giunte di sinistra non è un'anomalia da chiudere con il 1985. Se la sinistra ha sì dei problemi, ma intanto tenta di interrogarsi, le risposte che danno gli altri Paesi d'Europa e gli USA non sono la ricetta consigliabile per uscire dalla crisi.
Il nostro atteggiamento critico nei confronti di questa Giunta è un tentativo di ricerca comune all'interno della sinistra, non solo per difenderci e per appiattirci sulle difficoltà, ma per adeguare i nostri programmi alla gravità della crisi e andare avanti con l'obiettivo di costruire nella società un nuovo blocco sociale.
Sulla sostituzione del compagno Marchesotti con il compagno Bontempi non abbiamo nulla da eccepire, in quanto essa ci viene presentata come una questione tecnica di avvicendamento. Ringraziamo Marchesotti e auguriamo buon lavoro al compagno Bontempi al quale daremo voto favorevole.
La nomina dell'Assessore Viglione ha un significato e un valore politico diverso. Il Partito socialista all'inizio di questa vicenda ha detto chiaramente che andava verso un processo, di rilancio della Giunta stessa.
Questo rilancio non mi sembra sia accompagnato da contenuti e da schieramenti per il cambiamento. Per questi motivi su questa votazione ci asterremo. Siamo coscienti che questa posizione è diversa rispetto a quella espressa nel 1980.
Ma non siamo noi ad avere cambiato posizione, quanto invece i contenuti di governo della Giunta ad aver subito un'involuzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il Gruppo liberale intende replicare su due argomentazioni che sono state fatte in questo dibattito e trarre una breve considerazione.
Il neo capogruppo del Partito comunista ha ritenuto di mettere in forse la valutazione fatta dal Capogruppo liberale, e cioè che questa formula non sia più in sintonia con la società che governa ma che sia superata dalla stessa società che governa.
La maggioranza di sinistra si è presentata con pieni titoli nel 1975 l'anno in cui Torino e non soltanto la Torino operaia, ha chiesto che si ponesse fine a un certo metodo di governo del territorio, che si rimeditasse sulle conseguenze di uno sviluppo discutibile nei giudizi, ma certamente tumultuoso nella realtà. Quell'investitura che dalla società piemontese è venuta non nei voti ma nella delega politica è stata gestita dalla maggioranza di sinistra.
Abbiamo l'impressione di avvertire che, così come in quel momento il Piemonte e Torino avevano espresso l'esigenza di delega a forze politiche in grado di portare il rispetto alla realtà del territorio.
Ai partiti di cultura laico-liberale che sono sempre stati l'espressione delle componenti delle società in crescita compete la funzione storica di rimettere in movimento la capacità di proposta, di azione e di mobilitazione dei ceti in crescita.
Come i partiti laici sapranno mobilitare queste risorse e queste capacità di proposta, è un problema che non attiene solo agli schieramenti in questo Consiglio, ma alla capacità di rapporto e di rappresentanza.
C'è poi un elemento che indica come questa maggioranza incomincia ad avvertire che il suo idillio con la realtà è finito. Non passa sotto silenzio la perdurante e ripetuta insofferenza che ha il Gruppo comunista e in particolare il Vicepresidente Sanlorenzo, agli atteggiamenti della Stampa.
Ho l'impressione che lei, Vicepresidente, avverta con la sua sensibilità politica che non c'è più sintonia con la grande maggioranza della società piemontese.
Prima del 1975 un contributo non secondario l'ha dato la grande stampa la grande stampa è la voce dell'opinione pubblica.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

A volte è la voce del padrone.



MARCHINI Sergio

Però, quando parlava a vostro favore, era la voce dell'opinione pubblica. Ricordo i contenuti degli articoli della stampa degli anni dal '71 al '74 nei confronti delle maggioranze di allora.
Molti sono gli elementi che fanno dire che questa maggioranza non è più in sintonia con la realtà che governa, ma che è superata dalla stessa realtà che governa.
Il collega Bastianini ha elencato questa mattina le argomentazioni che accompagnano il nostro voto negativo.
Ci auguriamo che da parte di qualcun altro venga ribadito il rifiuto della proposta terzomondista che ci viene in modo fascinoso dal collega Montefalchesi.
Abbiamo apprezzato molto anche se ci dispiace, la commossa clorale des adeiux del neo deputato Simonelli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, gli interventi in replica del Vicepresidente Sanlorenzo, stimolanti anche se discutibili, dell'Assessore Simonelli, al quale invece avremo molto da obiettare, del Presidente Enrietti, al quale moltissimo ci sentiremmo di rispondere, anche onestamente per il tono arrogante con il quale ha voluto respingere certe affermazioni non solo nostre, hanno mirato ad alzare il tiro.
Una scelta nobile, qualificante oppure un espediente tattico per distogliere l'attenzione da quelli che sono i veri problemi al centro di questo dibattito e che devono essere forzatamente riportati nella loro esatta dimensione? E' cosa ottima parlare di Galbraith e di Keynes, sognare il congiungimento Europa-Piemonte, tracciare grandi disegni, ma tutto questo è destinato a rimanere soltanto vuota retorica se alla base non sono i piccoli problemi che vengono affrontati e soprattutto risolti.
In questa dichiarazione di voto, che potrebbe essere superflua visto che pensiamo di esserci espressi dall'intervento di stamattina con sufficiente chiarezza, per far intendere a tutti quale sarà il nostro atteggiamento in sede di voto, punteremo soltanto ad evidenziare alcuni punti che sono stati detti e ripetuti anche da altre parti politiche.
Non soltanto dalla nostra parte è stato criticato, pur non avendo il coraggio di giungere alle estreme conseguenze e di chiamarlo "dominio della partitocrazia", questo prendere le decisioni al di fuori e al di sopra dell'assemblea regionale.
Se ne sono lamentati in parecchi. Ripetiamo che avremmo preferito per che si avesse il senso di responsabilità di chiamare le cose con il loro nome così come noi crediamo di avere fatto.
Si è parlato in alcuni interventi, nelle parole conclusive dell'intervento del collega Bastianini e in alcuni passi dell'intervento del collega Mignone, di una soluzione che in realtà non risolve niente o risolve poco, ma che è piuttosto destinata a lasciare le cose bloccate cosi come sono per altri mesi ancora.
La collega Vetrino ha parlato di osservanza di equilibrismi in Giunta introdotti per non squilibrare ancor più questa già scollata maggioranza.
Anche questa è stata una considerazione interessante. Lo stesso Montefalchesi, il collega Paganelli e altri hanno parlato della questione delle deleghe che influirà pesantemente sulla operatività di questo governo regionale.
Abbiamo citato vari colleghi che in misura diversa sono venuti a dare una conferma delle cose che abbiamo detto stamani: segno questo che la nostra posizione non è sostanzialmente isolata o diversa da quella di altre forze come spesso si vuole far credere.
Dobbiamo concludere con una sola osservazione non tanto rivolta alla maggioranza e al governo regionale, quanto alle forze di opposizione. Ci pare inevitabile che si diano due sole strade per il futuro di questa Giunta: o si perseguirà il disegno di un collegamento tra la maggioranza e alcuni gruppi dell'opposizione, il cosiddetto polo laico che Viglione nel suo intervento diceva che si vuole rendere autonomo dalla sudditanza democristiana oppure sarà inevitabile che proprio quello che ci si ostina a negare, proprio quello che ci si affanna a voler contestare, proprio quello contro il quale si appuntano le critiche da tutte le parti, diventa realtà e cioè il cartello delle opposizioni.
Per questo noi diciamo che in questo cartello anche il MSI, volente o nolente, dovrà rientrare, nonostante tutte le discriminazioni, nonostante tutte le emarginazioni, perché le stesse cose si possono benissimo dire anche stando a destra.
In conclusione la Destra Nazionale, conferma la propria piena, motivata sfiducia nei confronti di questo governo regionale, nei confronti di questo governo delle sinistre e annuncia che in sede di votazione voterà contro le proposte formulate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, signori Consiglieri, annuncio innanzitutto il voto contrario del Gruppo DC. E' però un voto che si accompagna all'augurio cordiale ai due Assessori che entrano in Giunta di poter fare qualche cosa di diverso, di poter dare quel tono più alto alla Giunta che da tante parti è stato richiesto.
Il Presidente della Giunta in tutti i dibattiti che si sono svolti in questo Consiglio è solito dare i voti a coloro che sono intervenuti.
Questa volta noi non abbiamo raggiunto la sufficienza e non abbiamo accettato di recitare a soggetto sulla sua relazione introduttiva ma ci siamo collegati alla realtà. Quest'aula non può essere avulsa dalla storia dei partiti, dall'opinione pubblica, dalla stampa.
Alla realtà non si sfugge con battute di dubbio gusto e facilmente ritorcibili sui partiti che ne richiederebbero altre.
Noi non ci incamminiamo su questa strada.
Vogliamo seguire i punti più alti del dibattito e il dibattito ha fatto emergere che si può anche discutere in questo Consiglio di altra maggioranza.
Se da un lato vi è l'interesse, legittimo e espresso con molta chiarezza dal Vicepresidente Sanlorenzo, di compattare quella che pu essere una maggioranza originale che si è creata in questa Regione, da parte nostra è attenzione ad essere partecipi a questo movimento.
Ci fa un grosso torto il Presidente Enrietti, nel ritenere che quando abbiamo parlato di Regione che funziona, intendessimo dire una Regione che passa più velocemente le carte da un ufficio all'altro.
Noi abbiamo fatto preciso riferimento ad una Regione che fa fino in fondo il suo compito istituzionale, che approva le leggi, che le modifica che le attui tempestivamente.
La modifica della legge 56 fatta un anno e mezzo fa, avrebbe influito sulla situazione economica.
Al collega Revelli devo dire che una frase del suo intervento ci ha colpito: la scelta di stare comunque al governo. Non è indifferente per il PCI stare al Governo o all'opposizione.
Noi saremo proprio attenti che l'esigenza di stare al Governo del PCI non faccia premio su ogni cosa e faccia venir meno i principi che in altre sedi sono tenacemente perseguiti da questo partito.
Sanlorenzo ci ha benevolmente rimproverati di non aver approfondito i temi che erano indicati nel documento.
A lui dico semplicemente che questi temi basta andare alle Commissioni per approfondirli.
Sono d'accordo con lui che i disegni alternativi non sono completamente divaricanti. E' inutile che ci raccontiamo tante cose. I disegni alternativi possono essere parzialmente alternativi.
Sul terreno concreto ci possono essere delle possibilità d'intesa.
Alle tante proposte che sono state avanzate dalle opposizioni, molti di voi non hanno posto la benché minima attenzione.
A Simonelli che ha fatto un intervento da un lato realistico e dall'altro catastrofico quasi vedendo nel Consiglio la responsabilità di tante cose, devo ricordare che non siamo solo noi della DC che facciamo degli appunti al funzionamento del Consiglio.
Sembra quasi che la responsabilità di tutto ciò che non funziona in questa Regione sia da addebitarsi al Presidente della I Commissione, ma non è proprio così.
Il discorso di Simonelli non chiude, ma apre tutte le problematiche di questa Regione nel suo realismo e nel suo catastrofismo. Domani non è un altro giorno, domani è la continuazione di questo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

L'attribuzione delle deleghe da parte di un esecutivo è un problema squisitamente politico e dimostra la visione che i partiti hanno delle istituzioni.
Noi avevamo anche indicato i tre modi che potevano essere perseguiti: due più ortodossi in riferimento al dettato statutario, un terzo di carattere contingente che non condividiamo ma che poteva essere l'unico possibile nella situazione confusa e incerta nella quale ci troviamo.
Un modo per mascherare dignitosamente il rilancio.
Il Presidente della Giunta ci ha detto che attribuirà le deleghe nei prossimi giorni dopo aver sentito i gruppi di maggioranza e le segreterie politiche dei partiti di maggioranza. Noi consiglieremmo al Presidente della Giunta, di legge prima anche l'art. 32 dello Statuto e poi naturalmente di sentire i gruppi di maggioranza e le segreterie politiche.
Certo avevamo la speranza che la ventata di efficienza che i due validi Capigruppo tenteranno di portare nella maggioranza potesse anche significare per la maggioranza stessa il recupero di una più tesa sensibilità istituzionale e un miglior rapporto tra la Giunta e il Consiglio, portando nell'ambito della Giunta, quelle istanze di maggior coordinamento, di rispetto del regolamento e delle regole.
Noi temiamo però che nemmeno questo sarà possibile. Il Presidente della Giunta nella sua replica ci ha parlato sovente come dirigente del suo partito. E' questo, signor Presidente, che ci preoccupa; la confusione e la identificazione del partito con le istituzioni.
E' l'errore che noi abbiamo già riscontrato nel comportamento della signora Cernetti, errore da cui derivano le degenerazioni che portano alle lottizzazioni che il PSI oggi persegue avendole imparate dalla DC, come ha detto il Presidente.
Non credo che il PSI debba imparare niente da nessuno, ma se proprio vuole imparare qualche cosa può impararlo riferendosi ai grandi uomini che ha avuto nella storia del suo passato e ai tanti autorevoli galantuomini che ha nella storia del presente, come Reviglio o Bobbio.
Se i presupposti sono questi, il tono di rassegnazione dell'Assessore Simonelli, mi sembra più che giustificato. Noi però non ci rassegneremo.
La nostra posizione è contraria.
La riconfermiamo in sede di dichiarazione di voto.
Il nostro atteggiamento però resta quello dell'ultimo capoverso di quel documento congiunto del quale tanto si è parlato e cioè di disponibilità al confronto, all'apertura, al dialogo.
E' in questo spirito che facciamo ai due intelligenti e validi Capigruppo che ci lasciano, gli auguri più sinceri e affettuosi di buon lavoro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo per l'ultima volta la parola da questi banchi. Non poteva essere assente la voce del nostro Gruppo in queste dichiarazioni di voto.
Devo anche riprendere il tono, i contenuti e le proposte presenti nell'intervento di Revelli.
Revelli non ha detto che comunque non è indifferente stare al governo per il PCI, lui ha detto che non è certamente indifferente di fronte a questa crisi che ci sia una Giunta di sinistra e che ci sia anche la presenza dei comunisti nella Giunta.
Abbiamo sempre detto a chiare lettere che non c'é un interesse per il nostro partito a stare nelle maggioranze a tutti i costi.
Di qui deriva il giudizio positivo.
Il lavoro che abbiamo compiuto per risolvere problemi grandi e inediti e di fronte a nuove difficoltà, è positivo.
Siamo disponibili in ogni momento ad accettare le proposte di rilancio che ci vengono fatte.
Nei tratti dell'umore a volte sono parso troppo condizionato dal compito di governare l'aula e dai problemi e dalle ripercussioni che hanno avuto.
Sono certo e consapevole che l'accettazione del gioco democratico deve portarci a intendere il problema del cambiamento delle maggioranze non come un dramma o come un incubo.
Secondo me questo è un dato fisiologico della democrazia. E' importante per chi crede a certi obiettivi e al ruolo delle maggioranze riuscire a costruire rispetto a questi obiettivi un'azione concreta.
Di fronte all'ampiezza della crisi non è affatto indifferente che a fronteggiarla ci sia una coalizione politica di sinistra con la presenza dei comunisti.
Non riteniamo comunque che questo avverbio debba essere richiamato come giustificazione a tutti i costi.
In questo Gruppo, che lascio nelle mani di un nuovo Presidente compagno di grande autorevolezza, di grande intelligenza e di grande capacità di capire gli altri, troverete sempre un interlocutore serio e attendibile, un elemento propulsore, reale per affrontare i problemi del Piemonte.



PRESIDENTE

La discussione e le dichiarazioni di voto sono terminate.
Passiamo alla votazione per alzata di mano, la presa d'atto delle dimissioni.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 54 favorevoli 30 Consiglieri astenuti 24 Consiglieri Ai sensi del secondo comma dell'art. 35 dello Statuto, pongo in votazione, per appello nominale, l'approvazione della sostituzione dell'Assessore Marchesotti con il Consigliere Bontempi.
Tale sostituzione deve avvenire con le modalità previste per l'elezione della Giunta e cioè con la maggioranza semplice.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 55 hanno risposto SI 31 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri.
Poiché si è raggiunta la prescritta maggioranza, il Consigliere Bontempi è proclamato Assessore, in sostituzione del Consigliere Domenico Marchesotti.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/53, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 56 dello Statuto.
Pongo in votazione, per alzata di mano, l'immediata esecutività.
E' approvata all'unanimità dei 55 Consiglieri presenti.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Sostituzione dell'Assessore Cernetti


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto all'o.d.g.: "Sostituzione dell'Assessore Cernetti ai sensi dell'art. 35, secondo comma dello Statuto".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 23 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere Poiché si è raggiunta la prescritta maggioranza, il Consigliere Aldo Viglione è proclamato Assessore, in sostituzione dell'ex Assessore Elettra Cernetti Bertozzi.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/53 n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi dell'art. 65 dello Statuto.
Pongo in votazione, per alzata di mano.
E' approvata all'unanimità dei 54 Consiglieri presenti.



GUASSO Nazzareno

Comunico, molto brevemente, che il nuovo Presidente del Gruppo consiliare PCI è il Consigliere Revelli.



PRESIDENTE

Ne prendiamo atto. Comunico che il Consiglio sarà convocato per domani alle ore 9.30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.45)



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