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Dettaglio seduta n.179 del 17/02/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 27 e 28 gennaio '83 s'intendono approvati.


Argomento: Opere pubbliche

Interpellanza dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente il mancato inserimento delle opere di potenziamento dei porti liguri nei finanziamenti fondi legge finanziaria '82 L.N. 562/82


PRESIDENTE

Punto secondo all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze", si discute l'interpellanza dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente il mancato inserimento delle opere di potenziamento dei porti liguri nei finanziamenti fondi legge finanziaria 1982 L.N. 526/82.
La risposta al Presidente della Giunta, Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Egregi Consiglieri, sull'interpellanza presentata dal Gruppo consiliare PLI. relativa all'esclusione del progetto del porto di Genova-Voltri dai finanziamenti del FIO '82, ritengo doveroso esprimere le seguenti considerazioni.
Premesso che la nostra Regione, non da oggi soltanto, ha acquisito il chiaro convincimento che lo sviluppo del Piemonte è direttamente legato allo sviluppo del sistema portuale ligure e che quindi ogni intervento in tale direzione - obiettivo prioritario dell'economia nazionale - è da considerarsi intervento a sostegno anche delle politiche del sistema economico piemontese, risultano urgenti i finanziamenti dello Stato per i lavori progettati nei porti liguri, in quanto sono in corso parallelamente grandi opere di ammodernamento della rete ferroviaria di interconnessione fra le Regioni di retroterra (Piemonte e Lombardia) e la Liguria, opere concepite proprio in funzione degli obiettivi di potenziamento della portualità dell'Alto Tirreno, e di quella ligure in particolare.
E' pertanto, improcrastinabile che siano messi a disposizione del sistema portuale ligure finanziamenti tali da consentire un organico ed armonico sviluppo dei lavori portuali e di quelli per la rete infrastrutturale, sia ferroviaria che stradale.
In quest'ottica e con la consapevolezza di sostenere una linea-guida sul piano della programmazione interregionale, il Piemonte (ricevendone esplicite assicurazioni dall'allora Ministro per il bilancio e la programmazione economica, on. La Malfa) ha ribadito a suo tempo, e riconferma oggi, l'esigenza che nel piano del FIO '83, le occorrenze finanziarie dei porti liguri, ed in particolare dei lavori del porto di Genova-Voltri, debbano trovare immediata copertura sia relativamente al completamento delle opere già avviate sia per quelle progettate a livello costruttivo.
Tutto questo premesso, assicuro che non solo si continuerà da parte del Piemonte ad appoggiare le richieste liguri in materia, ma ci si batterà perché alla soluzione dei problemi portuali della Liguria venga riconosciuto negli anni a venire un flusso di finanziamenti tali da consentire avvio, prosecuzione ed ultimazione dell'intero complesso delle opere progettate. Circa il giudizio che gli interpellanti danno al ricorso operato dal nucleo di esperti ministeriali, ad indici di produttività degli investimenti definiti "di astratta imparzialità", è da osservare in primo luogo che le disponibilità del FIO '82 erano - com'è noto - estremamente limitate e che le decisioni, inoltre dovevano essere assunte in tempi strettamente ridotti, per cui, sia per ragioni di tempestività che per evitare possibili favoritismi, è parso opportuno al Governo servirsi di metodologie di analisi e verifica estremamente sofisticate fondate sull'uso dell'elaboratore, metodologie che, pur avendo in sé rischi di astrattezza offrivano quanto meno talune garanzie di oggettività.
Come seconda considerazione, va evidenziato che l'introduzione nella pubblica amministrazione di siffatti strumenti operativi, modellabili peraltro anche in base alle concrete esperienze attuative, deve effettivamente concepirsi ed essere impostata come "ausilio" alle scelte dell'operatore pubblico per sottrarlo a decisioni non sufficientemente supportate da dati oggettivi.
Ed è appunto per affinare sempre di più tali strumenti di analisi ed il loro impatto in ordini a decisioni della pubblica Amministrazione che la Conferenza dei Presidenti delle Regioni ha organizzato, nello scorso dicembre a Torino, un seminario nel corso del quale le problematiche relative agli indicatori di produttività sono state discusse e verificate da esperti, messe a confronto con talune risultanze conseguenti, rimeditate sulla scorta della concreta esperienza della prima attuazione del FIO '82 operando correzioni per una loro migliore utilizzazione in futuro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Noi conoscevamo già l'impegno che la Giunta regionale del Piemonte, e in particolare il Presidente Enrietti, avevano dedicato affinch l'utilizzazione del fondo per gli investimenti e l'occupazione, destinato alle Regioni, avvenisse in tempi brevi e, in particolare, perché, da quel fondo, venissero trovate risorse per dare continuità agli investimenti nel sistema portuale ligure e in particolare nel porto di Genova-Voltri.
Le parole del Presidente Enrietti, ci confermano in questa valutazione di apprezzamento per l'azione svolta dalla Giunta regionale in tale materia, azione condotta in piena sintonia con la Giunta ligure e, in particolare, col Vicepresidente Gamalero, Assessore ai trasporti della Regione Liguria.
Di questo impegno ne diamo atto, ma, con altrettanta convinzione sosteniamo che la decisione assunta di escludere dal riparto del FIO '82 il sistema dei porti liguri e in particolare il porto di Genova-Voltri costituisce un errore sotto tutti i punti di vista.
E', in particolare, una decisione che penalizza non solo l'economia ligure, ma l'intera economia del retroterra piemontese - lombardo.
Le polemiche di questi giorni, sulla decisione assunta dagli armatori pubblici, di non avvalersi del porto di Genova, per le diseconomie del suo esercizio, confermano, ancora in maggiore misura, la necessità che si operi presto per l'attivazione del sistema portuale di Voltri.
Avremmo gradito che la Regione Piemonte assumesse, su questa materia una posizione ancora più dura; non si accontentasse di premesse di recupero di questa ingiustizia, sui fondi dell'investimento dell'occupazione.
Questo non è avvenuto: di questo ci rammarichiamo, pur avendo ribadito in premessa, di essere a conoscenza dell'impegno che c'è stato affinché un tale errore non venisse compiuto.
Qualche parola, infine, al cosiddetto impiego degli elaboratori che nella nostra interpellanza, sono stati scritti male "in elaborati" (in realtà si voleva scrivere elaboratori). Io e il Gruppo liberale abbiamo scritto, nell'interpellanza, che il ricorso agli elaboratori non avrebbe dovuto, comunque, pregiudicare l'impiego delle normali capacità mentali di analisi e di decisione.
Ora, l'intervento infrastrutturale sul porto di Genova-Voltri, sembrava pronto a realizzarsi; i soldi sarebbero stati di immediato assorbimento (i lavori sono fermi perché mancano fondi); l'intervento stesso avrebbe avuto caratteristiche di produttività elevatissime; così non si riesce a capire come l'uso di uno strumento, cosiddetto tecnico, abbia portato a non finanziare Genova-Voltri per finanziare, invece, altri sistemi portuali di minore importanza.
E quindi (lo diciamo con molta franchezza), quando una decisione è di ordine politico, dev'essere preceduta da tutte le verifiche, da analisi tecniche del caso, ma non può mai essere mascherata una decisione politica sotto l'alibi di una valutazione oggettivamente tecnica.
Perché questo non è vero; gli elaboratori danno il risultato che uno vuole fare emergere e quindi noi, su questo metodo, su questa decisione, lo diciamo con molta franchezza, abbiamo assunto una posizione di totale contrasto, in quanto si tratta di decisione gravissima.
Da questo dibattito, desideriamo venga un impegno alla Giunta regionale del Piemonte; affinché non solo nell'83 si riconosca al porto di Voltri quanto necessario riguardo alle opere, ma si rimedi anche l'ingiustizia patita dall'economia piemontese nell'82 su questa distribuzione dei fondi.


Argomento: Viabilità

Interpellanza del Consigliere Mignone inerente il problema della viabilità da migliorare sulle SS 29 e 30


PRESIDENTE

L'Assessore Cerutti risponde all'interpellanza del Consigliere Mignone inerente il problema della viabilità da migliorare sulla SS 29 e 30.



CERUTTI Giuseppe, Assessore alla viabilità

La legge 12/8/82 n. 531 prevede all'art. 1 che il Ministro dei LL.PP.
sentite le Regioni, con proprio decreto, definisca la rete statale della grande viabilità; all'art. 2, si stabilisce che su detta rete l'ANAS provvederà, in accordo con le Regioni a redigere un piano decennale d'interventi al fine di migliorare ed adeguare la rete, così definita all'art. 1, alle esigenze del traffico, nonché alla realizzazione di eventuali nuovi tronchi di strade a collegamento ed integrazione delle esistenti.
Il piano decennale si articola in un primo programma stralcio di interventi per gli anni '82/87, per la realizzazione dei quali è previsto all'art. 5 della citata legge, il contributo delle Regioni per la realizzazione delle opere ed a tal fine l'Assessorato competente ha già predisposto apposita legge relativa convenzione per il programma lavori da eseguirsi in concorso Regione-ANAS, che sarà sottoposto, al parere della II commissione consiliare regionale.
Nell'ambito di detta convenzione Regione- ANAS sono stati previsti i seguenti interventi da realizzarsi sulle SS 29 e 30, e precisamente: SS 29 variante di Montà d'Alba: 20 miliardi SS 30 prolungamento tang. di Alessandria - da Cantalupo a dopo Borgoratto SS 30 circonvallazione di Ponti: 6 miliardi.
Contestualmente l'Assessorato ha predisposto, nell'ambito del piano decennale e del programma stralcio '82/87 le indicazioni per il primo triennio, delle opere di competenza dell'ANAS, che per la provincia di Alessandria risultano le seguenti: SS 456 "dei Turchino" - tronco Acqui Ovada variante al Martinetto SS 456 "del Turchino" - tronco Acqui Ovada variante di Ovada SS 211 variante di Pozzolo.
L'urgenza dei suddetti interventi e la loro priorità è stata stabilita da commissioni miste Provinciali, Regionali e Comprensoriali che esaminati tutti gli interventi necessari in base alle esigenze obiettive territoriali e di traffico attuale (censimento del traffico) e dei piani di sviluppo territoriale dei Comprensori, ne hanno definito la graduatoria in base all'urgenza ed alla priorità relativamente anche all'impegno finanziario ed ai tempi di esecuzione



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Ringrazio l'Assessore alla viabilità per le risposte fornitemi e anzitutto lo pregherei, se fosse possibile, di farmene avere copia.
L'interpellanza nasceva dall'esigenza di fare un momento di chiarezza rispetto ad alcune notizie, talora anche strumentali, che, al momento dell'approvazione della legge 531, circolavano attorno agli interventi da prevedersi su strade statali che sono di rilevanza regionale (se non addirittura di rilevanza nazionale) che certamente, per il Piemonte, hanno un'importanza cruciale in un discorso di riequilibrio territoriale e di collegamento, ad esempio, con il sistema dei porti liguri di cui poc'anzi si è discusso nella precedente interpellanza.
Mi sembra che le risposte fornite dall'Assessore facciano chiarezza in ordine agli impegni assunti, per le parti di competenza allo Stato e alla Regione, per dare alcune prime risposte alle esigenze più urgenti, per migliorare la viabilità su due statali che registrano flussi notevoli di traffico, in particolare per veicoli pesanti, e quindi, per un traffico che è direttamente interessato allo sviluppo industriale.
Pensiamo, ad esempio, in merito al piano energetico, l'importanza cruciale che verrebbe ad avere la viabilità nelle strade indicate, per quanto riguarda il rifornimento del carbone a Bastida Pancarana.
Mi pare di poter sottolineare, nella risposta data dall'Assessore, la positività di questo rapporto che si è stabilito fra l'ANAS e la Regione per far sì che, attraverso questa convenzione, si abbia il massimo di resa dalle risorse che entrambi gli Enti possono mettere a disposizione.
E' un principio di collaborazione che riteniamo segni una inversione di tendenza rispetto alle politiche precedenti; comunque, un'indicazione che vada perseguita anche in altri settori.
Accogliamo con soddisfazione le prime indicazioni operative che saranno portate all'esame della seconda Commissione per i primi interventi di carattere più urgente; e ci riserviamo di esprimere valutazioni più complessive nel momento in cui il piano decennale verrà portata dall'Assessorato in Consiglio. Grazie.


Argomento: Viabilità

Interrogazione dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente il casello di Villanova sull'autostrada Torino - Piacenza


PRESIDENTE

Esaminiamo infine l'interrogazione dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente il casello di Villanova sull'autostrada Torino Piacenza.
Risponde l'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore alla viabilità

Comunico che condividendo da tempo l'opportunità di dare completamento allo svincolo in oggetto, la Regione, dopo aver partecipato ad incontri e convegni proposti dalle forze locali e dagli Enti, ha inserito il progetto nell'elenco delle opere di competenza delle società autostradali da firmare e da finanziare nel piano decennale della viabilità in fase di predisposizione ai sensi dell'art. 5 della legge n. 531/82.
Ci auguriamo che queste indicazioni, che saranno portate all'esame della II Commissione vengano rispettate anche da parte del Governo e pertanto venga accettata la priorità indicata dalla Regione.



BASTIANINI Attilio

Sono soddisfatto della risposta dell'Assessore.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Martinetti. Ne ha facoltà.



MARTINETTI Bartolomeo

Ricordo che ho presentato mie interrogazioni sui porti liguri e sui collegamenti stradali con la Liguria, dopo la conferenza stampa tenuta dal Presidente della Giunta il 4 dicembre al Convegno di Alessandria.
Sarebbe stato opportuno rispondere anche a quelle interrogazioni per consentire una conoscenza completa dell'argomento.



REBURDO Giuseppe

Con quali criteri la Giunta risponde alle interpellanze e alle interrogazioni urgenti? Ne ho presentata una da più di due mesi sull'insediamento di una industria in un comune agricolo.
Intanto l'iniziativa in quel Comune procede.



PRESIDENTE

Penso che la Giunta intenda rispondere in tempi brevi.
Le interrogazioni sono per ora discusse; domani riprenderemo questo punto all'ordine del giorno.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente" rendo noto che sono in congedo i Consiglieri: Astengo, Cernetti Bertozzi Fassio Ottaviano.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 290: "L.r. 4/6/75, n. 47: "Modifiche" presentato dalla Giunta regionale in data 26/1/83 N. 291: "Interventi per l'attuazione in Piemonte della legge 21/5/81 n. 240, recante provvidenze a favore dei consorzi e delle società consortili fra piccole e medie imprese nonché delle società consortili miste", presentato dalla Giunta regionale in data 26/1/83 N. 292: "Piani e incentivi per l'uso razionale dell'energia e lo sviluppo delle fonti rinnovabili", presentato dai Consiglieri Ferro Bruciamacchie, Acotto, Bontempi, Valeri e Avondo in data 27/1/83 N. 293: "Interventi per la salvaguardia e lo sviluppo di aree di elevato interesse botanico", presentato dalla Giunta regionale in data 2/2/83 N. 294: "Autorizzazione all'acquisto di un immobile da destinare a sede di Centro di Formazione professionale della Regione" presentato dalla Giunta regionale in data 2/2/83.
N. 295 "Rifinanziamento della l.r. 1/3/79, n. 10: 'Norme per la programmazione sportiva in Piemonte' "presentato dalla Giunta regionale in data 2/2/83 N. 296: "Norme di attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 20/12/79 n. 761, in materia di procedure concorsuali e disciplina del rapporto di impiego del personale delle UU.SS.LL." presentato dalla Giunta regionale in data 2/2/83 N. 297: "Copertura posti di infermiere psichiatrico vacanti nelle piante organiche delle UU.SS.LL.", presentato dalla Giunta regionale in data 2/2/83 N. 298: -Riconoscimento dell'anzianità pregressa ai dipendenti regionale" presentato dalla Giunta regionale in data 2/2/83.
N. 299: "Proposta di legge al Parlamento del Consiglio regionale del Piemonte per la istituzione delle Province di Biella e di Verbania" presentato dai Consiglieri Acotto, Biazzi, Bontempi, Revelli, Avondo.
Valeri in data 8/2/83.
N. 300: "Proposta di legge al Parlamento del Consiglio regionale del Piemonte per la istituzione della Provincia del Verbano - Cusio - Ossola" presentato dai Consiglieri Beltrami, Borando, Paganelli, Bastianini Cerutti e Viglione in data 10/2/83 N. 301: "Partecipazione della Regione Piemonte alla SOCOTRAS S.p.A" presentato dalla Giunta regionale in data 11/2/83 N. 302: "Istituzione del servizio affari giudiziari e penitenziari" presentato dalla Giunta regionale in data 11/2/83 N. 303: "Sottoscrizione di nuove azioni della S.A.C.E. S.p.A." presentato dalla Giunta regionale in data 11/2/83 N. 304: "Abrogazione della l.r. 4/6/75 n. 41 'Individuazione ed istituzione dei Comprensori' e concorso delle Province nell'attività di programmazione regionale", presentato dai Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio in data 15/2/83.


Argomento:

c) Apposizione Visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 22/12/82: "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1983" alla legge regionale del 22/12/82: "Interventi per l'attuazione di programmi infrastrutturali viari dello Stato".


Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale e dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 18 e 25 gennaio, 1 e 8 febbraio 1983, e dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale in data 25 gennaio 1983 - in attuazione della L.R. 6/11/78, n. 65 in materia di consulenze ed incarichi, sono depositate e a disposizione presso l'Ufficio Aula.


Argomento: Commemorazioni

e) Commemorazione vittime dell'incendio al cinema Statuto di Torino


PRESIDENTE

Colleghi e Consiglieri, è difficile, in una occasione come questa trovare parole adatte.
L'immane tragedia del cinema Statuto, nella quale sono perite 64 persone, ha annichilito tutti.
Una sciagura che ha immerso Torino, il Piemonte, l'Italia in un profondo dolore.
Mai, nella storia recente di Torino, si era verificata una catastrofe di tali dimensioni.
Torino, la sua gente, si sono ripiegate nel loro indicibile strazio e da più parti sono giunti messaggi di solidarietà.
Al Consiglio regionale sono giunte espressioni di cordoglio dei Consigli regionali dell'Emilia Romagna, della Lombardia, delle Marche della Sicilia, dell'Umbria, della Valle d'Aosta, del Presidente del Parlamento di Catalogna e del Console Generale del Libano in Italia.
Della tragedia dello Statuto,ciò che colpisce è il fatto che questa si sia verificata in un giorno di festa, di serenità.
Un giorno, che è una parentesi tra una settimana e l'altra di lavoro.
Sono morti asfissiati padri e madri con i loro figli, giovani, anziani.
Si sono spente tante speranze: quelle di giovani coppie; di genitori che ambivano ad un futuro dignitoso per i propri figli; di tante ragazze e ragazzi che stavano vivendo con serenità la loro gioventù e tanti altri piccoli e grandi sogni che ognuna delle vittime custodiva nell'animo.
Ci chiediamo il perché di questa tragedia e i perché sono tanti.
E debbono, sottolineo debbono, avere una spiegazione.
L'inchiesta in corso deve chiarire lo svolgimento della catastrofe minuto per minuto. Si deve sapere se le porte di sicurezza erano apribili o meno. Se queste erano bloccate.
Se l'origine del disastro è da imputare a colpevole pressapochismo o se, a sciagura o dolo.
Una legislazione in materia di sicurezza nei locali pubblici esiste. La si deve applicare. I controlli sull'agibilità, sui sistemi di sicurezza sugli arredi, debbono essere eseguiti con cadenze di verifica il più possobile ravvicinate. Se la legge non è più al passo coi tempi, la si modifichi. In questo settore ogni ritardo, ogni faciloneria, sono colpevoli.
Guai a chi, per risparmiare, evita di dotare il proprio locale di quanto esista di più efficiente in materia di sicurezza. Gli arredi devono essere, sì, ignifughi ma non debbono essere esalatori di gas mortali.
Le autorità hanno il dovere, la responsabilità, di far applicare, costi quel che costi, tutte le norme per la sicurezza nei locali pubblici.
Colleghi Consiglieri, voglio esprimere ai familiari delle vittime la più profonda, sentita e partecipe solidarietà del Consiglio regionale.
Cercheremo di essere vicini anche nei fatti, a chi è stato colpito cosi crudelmente, negli affetti più cari.
Un primo aiuto è stato già deciso. A giorni si riunirà il Comitato regionale di solidarietà che deciderà di adottare ulteriori misure capaci se non di lenire l'immenso dolore, di non far rimanere soli i famigliari delle vittime.
Colleghi, chiedo un minuto di silenzio in onore delle vittime.



(I Consiglieri e i presenti in aula, in piedi, osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Dimissioni dell'Assessore Marchesotti e relativa sostituzione


PRESIDENTE

Come da telegramma inviato ai Consiglieri, chiedo l'iscrizione all'o.d.g. del punto quarto: "Dimissioni dell'Assessore Marchesotti"; presa d'atto e relativa sostituzione ai sensi dell'art. 35, secondo comma dello Statuto.
Chi è d'accordo all'inserimento di tale punto è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.
La parola al Presidente Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Concordo sulla procedura adottata; mi pare che l'accettazione delle dimissioni, la sostituzione dell'Assessore Cernetti, la votazione di altri due Consiglieri che diventano Assessori, non possa essere un fatto formale come d'altronde ho già detto nella conferenza dei Capigruppo, è un fatto di rilevanza politica che deve, fuor di dubbio, essere preceduto da un dibattito politico.
Ed è perciò che mi accingo a svolgere una comunicazione che diventa, di fatto, una relazione, articolata e motivata, sull'attività della Giunta regionale, sul ruolo della Regione, dall'inizio di questa legislatura a oggi, formulando proposte per il futuro.
Ma prima ancora di fare questa introduzione, mi corre l'obbligo di esternare all'amico e al compagno Marchesotti come ho già fatto d'altronde per la collega Cernetti (Marchesotti e stato con me per sette anni e mezzo a guidare nella Giunta regionale responsabilità di governo) a nome di tutta la Giunta regionale, il più caloroso ed affettuoso abbraccio per la sua opera laboriosa nell'interesse della comunità piemontese.
Questo dibattito può essere la migliore occasione per stimolare un confronto severo, sereno e aperto tra le forze politiche sulla strada finora compiuta della III legislatura, sulle sue condizioni di partenza sulla situazione complessiva, sulle iniziative che il governo regionale ha assunto per farvi fronte, sugli impegni futuri che ci attendono di qui al 1985.
Come è alla mente di tutti i Consiglieri, nel 1980 si formò una maggioranza tra Partito socialista, Partito socialdemocratico e Partito comunista, di cui fu espressione la Giunta, definita "democratica e di sinistra", che attualmente è alla guida della Regione Piemonte. L'accordo fra i tre Partiti, cui si aggiunge il contributo autonomo e critico del PDUP, ha rappresentato un fattore di evoluzione e di novità rispetto alla maggioranza formatasi all'indomani delle elezioni del 15/6/75.
Era questo un fatto nuovo certamente non limitato al solo Piemonte, ma che qui ebbe la sua prima significativa affermazione in un accordo di governo regionale.
La Giunta venne eletta nel momento in cui si stavano producendo rapide modificazioni dei dati oggettivi della situazione economica e occupazionale del Piemonte, che si ripercossero con particolare gravità sulla nostra Regione. Si pensi che la situazione economica del Piemonte negli anni centrali della legislatura manifestava segni di sviluppo, e ancora alla fine del '79 si registrava sostanzialmente un tasso di piena occupazione.
Può valere un esempio per tutti: la massima azienda della regione, la Fiat, procedette ad assunzioni di personale ancora all'inizio del 1980 duramente contrastata dall'Amministrazione regionale, che paventava un abnorme sviluppo, mentre subito dopo le elezioni amministrative, a luglio vennero annunciati migliaia di licenziamenti, aprendo uno scontro sociale le cui ripercussioni sono andate ben oltre la vertenza della Fiat.
La crisi economica si allarga rapidamente colpendo duramente l'apparato produttivo del Piemonte, portando il tasso di occupazione - tra disoccupati e cassaintegrati - all'11%, il più alto dalla fine della prima guerra mondiale a oggi, mandando in crisi dichiarata, circa 500 aziende dei più svariati comparti.
Nel contempo, sotto l'egida di governi anche differenti, che si susseguono alla guida del Paese, nel tentativo di contenere l'abnorme estendersi del deficit dello Stato, causa di inflazione e di limitazione delle possibilità di ripresa, viene progressivamente portata avanti una politica di taglio della spesa pubblica ai Comuni e alle Regioni. Ma nelle Regioni più ancora proporzionalmente che nei Comuni, si assiste di fatto alla paralisi dell'autonomia finanziaria.
Diversamente dalla II legislatura, caratterizzata da una certa abbondanza di fondi regionali, soprattutto a partire dal '77, il bilancio della Regione negli ultimi tre anni, è oscillato per le spese libere attorno a cifre di 100 miliardi, poco più della capacità di investimento di una media azienda.
Il resto dei 3500 miliardi, di cui la Regione dispone, va in gran parte per pagare gli stipendi e la gestione della Sanità. Oppure la Regione fa l'ente pagatore dei soldi decisi a Roma. Fenomeno che è stato presente anche negli anni da '75 all'80, ma con quantità differenti di fondi a disposizione.
In sintesi, la Regione non può più fare le stesse cose che si facevano quando c'era sviluppo, più soldi da spendere e più possibilità di spenderli.
In questa situazione generale, aggravata dalle perduranti incertezze del quadro politico-nazionale, si è trovata a operare la Giunta regionale e tenendo conto di tutto ciò vanno valutati i risultati conseguiti.
Devo intanto rivendicare a merito della maggioranza, che qui in Piemonte si è garantita la governabilità, elemento indispensabile per affrontare le difficoltà emergenti del quadro generale che ho test tratteggiato.
Questa non può sembrare cosa da poco se si pensa a quante regioni province e grandi Comuni in Italia continuano a stentare nel trovare quella stabilità politica indispensabile per assumere e concretizzare iniziative.
Ma va giudicata anche la qualità dell'iniziativa politica della Giunta.
Nella differente situazione creatasi nel Paese e nella Regione, il governo piemontese ha assunto la piena consapevolezza del cambiamento, che ovviamente non è solo di carattere sociale e culturale del modo di essere dello sviluppo. Non è dato da poco.
Sempre, la classe dirigente, politica, industriale e culturale registra a posteriore i mutamenti.
La tensione e l'attenzione della Giunta in un quadro di difficoltà crescenti a tutti i livelli, ha invece messo a fuoco la dinamica emergente.
Il cambiamento di rotta è stato quindi immediato! Occorreva rispondere agli avvenimenti incalzanti con una strategia complessiva, quella delle linee guida del programma della Giunta regionale adeguando, se del caso, anche il tiro (come è avvenuto con l'aggiornamento del programma) e adottare interventi incisivi in grado di innescare movimenti di controtendenza.
Lungi dall'essere episodica, come sostenuto nel documento dell'opposizione, l'attività legislativa e l'azione amministrativa delle Regioni, hanno risposto a questo quadro di insieme e a questa esigenza reale.
Ne sono testimonianza i documenti presentati al Governo, gli stessi 84 progetti, la filosofia del piano di sviluppo, le battaglie per l'approvazione delle leggi nazionali ritenute strategiche, la logica dei progetti elaborati per il FIO, non a caso inquadrati nei programmi del piano di sviluppo, l'attività della Consulta sul credito, il "taglio" della nuova convenzione con la Tesoreria, tesa a garantirsi più che tassi di favore, aperture di credito per i progetti d'investimento, la mobilitazione nel settore energia, l'ottenimento dei finanziamenti da parte del CIPE numerosi anch'essi per settori ma "mirati", come richiesto da questa Giunta.
Certo che è stato un discorso arduo connotato da un lavoro spesso oscuro, anche difficile da comprendere, molto più facile da criticare, da liquidare, una visione riduttiva con giudizi sommari.
Ma ora, a quasi tre anni dall'inizio della legislatura, legando i fili di un riassunto ragionato, il disegno complessivo emerge con la necessaria chiarezza.
Consapevoli come eravamo della qualità e della gravità della crisi abbiamo dato battaglia culturale e politica circa la sua natura e i modi per uscirne.
E allora il primo interlocutore della Giunta regionale del Piemonte non poteva che essere il Governo.
La questione era prima di tutto quella di far capire al Governo che la situazione in Piemonte stava cambiando, che si ponevano i problemi della crisi industriale e della ristrutturazione, di una disoccupazione crescente e di nuovi problemi, quali quello dei cassaintegrati.
Quando ponemmo all'attenzione del Paese il "Caso Piemonte", lo facemmo nella consapevolezza che nella nostra regione si stesse giocando una partita decisiva per la ripresa e lo sviluppo di tutta l'Italia.
Il collasso della macchina produttiva piemontese avrebbe significato un impoverimento reale di tutti gli italiani, la dispersione di un patrimonio di lavoro e di una potenzialità di sviluppo certamente irripetibile.
Per questi motivi ponemmo il "Caso Piemonte" come questione nazionale chiave per superare le difficoltà di tutto il Paese.
Volemmo fosse chiaro che qui non era tanto in gioco il tessuto economico di una Regione, quanto le possibilità di ripresa di una nazione e per questo l'attenzione del Governo era doverosa e necessaria.
Possiamo oggi dire che il confronto serrato con i governi che si sono succeduti, non è stato privo di risultati concreti che non possono sfuggire a un osservatore attento. La consapevolezza che dalla crisi sarebbe uscito un Piemonte comunque differente dalla sua immagine tradizionale, sta alla base dell'alta iniziativa politica di grande respiro attuata dalla Giunta la scelta di candidare il Piemonte, a pieno titolo, con la propria spiccata e autonoma vocazione industriale, a diventare un'area ad elevato livello di integrazione economica, capace di competere sul piano commerciale e produttivo con le aree forti dell'Europa e di finalizzare il proprio sviluppo al più generale processo di ripresa e sviluppo dell'intera economia nazionale ed in particolare, delle aree meno sviluppate del Paese.
Le iniziative conseguenti a questa scelta di fondo, hanno avuto per oggetto la CEE e le possibilità di accesso da parte del Piemonte ai finanziamenti comunitari; si è inoltre prodotta una serie di contatti con realtà regionali di altri Paesi, al fine di migliorare le infrastrutture affinché favoriscano la mobilità e il collegamento del Piemonte con le linee di penetrazione nel sistema europeo: strada, ferrovie, aerovie.
L'iniziativa piemontese che ha anche permesso di dar vita alla "Comunità dei Cantoni e delle Regioni delle Alpi Occidentali", proprio nell'intento di costruire strategicamente un'area di forte integrazione europea per contribuire allo sviluppo equilibrato del Paese.
Da questa impostazione di fondo sono discese realizzazioni concrete? Noi rispondiamo: molte.
Quante ne restano da fare fino alla fine della legislatura? Parecchie.
Non voglio certo tediarvi con l'elenco delle iniziative intraprese dalla Giunta, giacché l'elenco sarebbe lungo.
Voglio qui ricordare però alcune tappe significative del lavoro della Giunta, come la battaglia, affinché passasse in Parlamento, la legge sulla grande viabilità, la cui approvazione permette al Piemonte il completamento di una rete viaria ancora monca e come tale gravemente insufficiente rappresenta l'avvio di un volano di lavoro e occupazione e risponde in maniera concreta all'esigenza di salvare il Piemonte con l'Europa.
In campo energetico, sottolineo che una giusta disponibilità di energia a congrui prezzi è condizione di base per rimettere in movimento la macchina dello sviluppo, la Regione si è impegnata in una scelta difficile quella nucleare, che riteniamo inevitabile ed urgente con le dovute garanzie, secondo le determinazioni assunte a grande maggioranza in sede di Consiglio regionale.
Conseguentemente la Regione ha compiuto tutti gli atti di una competenza per mettere il governo nazionale nelle condizioni di individuare il sito per la costruenda centrale elettronucleare, gestendo questa vicenda dagli aspetti per molti versi delicati e spinosi, senza provocare strappi o traumi nella comunità piemontese.
Il lavoro compiuto ha dato i risultati che ci si erano prefissi, le parole di apprezzamento pronunciate dal Ministro dell'Industria, Pandolfi per l'operato del Piemonte, durante la sua recente visita a Torino, sono in questo senso assai significative.
Nel comparto della sanità, nel perdurare tutt'ora della grave assenza del Piano nazionale, unico strumento di effettiva razionalizzazione della spesa, il Piemonte ha lavorato per l'attuazione del proprio piano socio sanitario, garantendo il pieno decollo delle UU.SS.LL. e completando il grande e vario affresco legislativo in attuazione della legge nazionale di riforma; parallelamente ha provveduto alla definizione della normativa per la riforma dei servizi sociali, anche in questo caso nel perdurante ritardo del quadro legislativo nazionale.
Mi piace qui ricordarla questa legge 20, per il grosso significato riformista che la caratterizza, la grossa spinta ideologica e di cui, sono sicuro, il nuovo Assessore all'assistenza, sarà in grado di proporre l'attuazione in maniera incisiva, in coerenza agli obiettivi di fondo e in aderenza alla grande tensione che animava l'Assessore Cernetti, che ritengo oggi di dover, per questo, ancora ringraziare.
Ma sulla sanità consentitemi di spendere un'ulteriore parola.
L'opposizione (il documento dell'11 febbraio che mi è giunto soltanto ieri sera, e quindi mi perdonerete se continuerò a citarlo, non solo per la sua rilevanza politica ma anche per la sua recente lettura critica) rileva che "per la carenza della medicina di punta dal Piemonte continua il flusso dei malati verso le città del mondo".
Vorrei ricordare come l'eliminazione di questi oneri, ove si voglia garantire comunque ai cittadini piemontesi la risposta alle esigenze di salute, particolarmente pregnanti nei casi dolorosi di ricovero all'estero (trapianti, cardiologia, oncologia) passa attraverso la realizzazione degli interventi previsti nel piano socio-sanitario che, per strutture fisiche reperimento e addestramento del personale, non si attuano con un colpo di bacchetta magica.
Anzi. L'avvio delle realizzazioni (si pensi al Blalok, al Centro Trapianti) rappresenta un'anticipazione come è noto rispetto alla stessa prima stesura del piano socio-sanitario, proprio per i tempi, gioco forza lunghi della realizzazione dei servizi.
Ma come il piano prevede, è necessario garantire sia la medicina di punta che quella sul territorio come si sta portando avanti, pur con difficoltà del buco di 400 miliardi (207 del totale) relativi all'82 ancora non erogati dallo Stato, per i programmi di attività delle spese delle UU.SS.LL.
Altra critica che va rigettata, almeno per la gran parte, quella sulla velocità di spesa in agricoltura.
Nel biennio '80/82, gli stanziamenti disposti a favore dell'agricoltura ammontano a 445 miliardi.
I pagamenti realmente effettuati nello stesso periodo, che parzialmente si riferiscono a impegni degli anni precedenti, sono stati pari a 445 miliardi; questa somma rappresenta circa il 50% della massa di denaro disponibile, con un sensibile miglioramento della capacità e velocità di spesa della Regione, che infatti nel periodo '72/79, cioè in otto anni aveva potuto spendere soltanto 238 miliardi, pari al 22,4% della massa spendibile.
Si può fare meglio, non v'é dubbio, questo presuppone però di risolvere il problema delle difficoltà di cassa relative ai nuovi meccanismi di erogazione di fondi posti in essere dal Ministero del Tesoro.
Ingenerosa è la critica a una Regione lenta e pasticciona, avanzata sulla base di una relazione estremamente corretta del Difensore Civico. Per la sua stessa natura, la relazione deve essere critica, lo richiede il senso del dovere e l'alta responsabilità e dell'istituto e della persona che noi tutti abbiamo scelto. Come tale, elenca una serie di carenze reali che non possono però essere avulse, se non strumentalmente, dalla sua conclusione.
La voglio ricordare: "Il ridotto numero dei problemi che hanno investito le strutture regionali comprova che la collettività, tranne limitati casi, non ha avuto fino ad ora, la necessità di sollevare proteste nei confronti dell'Amministrazione regionale e comprova implicitamente che la macchina regionale, pur nella vastità dei compiti attribuiti alla sua competenza e della ampiezza delle connesse funzioni che devono essere espletate, pu essere considerata nel complesso funzionante".
E' vero tuttavia che molte cose devono essere migliorate nel funzionamento della macchina regionale.
Ma la Regione ha solo dieci anni: la sua legge sulle strutture, che doveva essere fatto compiuto nella I legislatura, è stata approvata alla fine della II e attuata nella III, mostrando subito i suoi limiti, per il mutarsi delle competenze regionali, dello stesso suo ruolo.
In nessuna legislatura si è per altro pensato di creare una struttura burocratica, analoga a quella dello Stato e delle Province, perché non era questo il compito della Regione che dovrebbe avere un ruolo di programmazione, e alla quale invece lo Stato continui ad attribuire sempre più funzioni gestionali.
Non v'è dubbio, per altro, che molte cose devono essere fatte in questo settore dalla revisione della legge sulle strutture, alla accelerazione dei tempi concorsuali, alla chiarezza del rapporto Assessore struttura funzionaria. Occorre però, che a questo, che è un nodo centrale dello stesso ruolo della Regione, collaborino tutti, maggioranza e opposizione stampa e sindacati.
E' un rapporto di fiducia tra politici e funzionari, di rispetto per i ruoli senza sovrapposizioni , confusioni e intolleranze.
Come non può essere strumentalizzato il falso problema delle consulenze che, osteggiato in modo totale, ha portato di conseguenza, la Regione a non poter utilizzare le preziose potenzialità esistenti, carenza gravissima specie nel settore della programmazione e della progettualità, eliminando proprio lo strumento di accesso ai fondi comunitari e, oggi, anche forse, a quelli nazionali del FIO.
La critica sulla revisione della legge 56, ci tocca da vicino. Anche se molte cose, quelle proposte negli 84 progetti, sul settore urbanistico sono già state realizzate Il ritardo è comunque giustificabile in relazione agli sfaccettati problemi culturali, ideologici, che attraversano non solo i partiti di maggioranza, ma anche dell'opposizione, su una legge cardine della II legislatura Né il tempo, però, è trascorso a vuoto.
Il dibattito politico che è comunque emerso sulle modifiche da apportare a questa legge, dovrebbe consentire a questa Regione e a tutte le forze politiche, una revisione della legge all'altezza, per respiro e per concettualità, a quella, che, indipendentemente dalle valutazioni di merito, tutti hanno riconosciuto alla legge 56 Sul raccordo con gli Enti locali non v'è dubbio che deve essere più stretto.
Più che la mancanza di una legge nazionale di riforma, i provvedimenti legislativi nazionali, che non prevedono un raccordo tra le risorse dei Comuni e la programmazione regionale (esempio vistoso è l'ultimo decreto legge sulla finanza locale) hanno inciso in maniera oggettiva, sulla possibilità di reale raccordo con i problemi degli Enti locali.
Per altro, come è noto, sono stati presentati dalla Giunta alcuni disegni di legge di delega in settori specifici e per singole materie, in attuazione agli impegni assunti a giugno nel presentare al Consiglio l'aggiornamento del programma.
Anche se questi disegni di legge non valgono ancora a comporre un quadro organico, rappresentano tuttavia momenti importanti nei settori dell'agricoltura, dell'artigianato e del turismo.
In quest'ultimo settore non può essere sottolineata la riforma dell'organizzazione turistica locale, l'ampio rilancio delle iniziative legislative e amministrative del settore.
Come non può sottacersi che sulla questione centrale della crisi automobilistica non è mancata né l'iniziativa qualificata (europea), n quella unitaria con le altre Regioni italiane, né quella per la sperimentazione della mobilità, che in ogni caso doveva essere tentata per togliere qualsiasi pretesto e qualsiasi alibi.
Sono stati impediti licenziamenti collettivi e difesi migliaia di posti di lavoro con 80 accordi e centinaia di interventi.
Abbiamo cercato di introdurre elementi di governo democratico nei processi di crisi e si è avviata, senza poteri, una politica di sostegno alle piccole e medie aziende (ricerca di mercati stranieri, politica di sostegno dei consorzi).
Abbiamo avviato una politica del lavoro verso i cassa-integrati, i disoccupati e i giovani con iniziative legislative originali.
Siamo l'unica Regione d'Italia ad aver raggiunto un accordo con le OO.SS.
Come sempre, il Piemonte è in prima fila nell'applicazione della legge sui trasporti e della legge sulla casa.
Abbiamo ridotto le spese superflue e aumentato la capacità di spesa.
Sono state attuate alcune iniziative culturali di grande rilievo (basti pensare alle ombre elettriche visibili e invisibili).
E per finire un altro dato, anch'esso illuminante della strategia del governo piemontese. La Giunta ha più volte sostenuto con il Governo che l'innovazione tecnologica, insieme all'energia, all'informatica e a una illuminata politica del credito, rappresentano le chiavi di volta per la ripresa.
Il progetto Ignitor, che ha aperto un vivace dibattito culturale e politico è in questo senso strategico ed insieme emblematico.
Rappresenta la volontà della Regione di rilanciare il Piemonte seguendo una strada difficile ma seria che risponde insieme alla vocazione industriale, del lavoro, tecnico-scientifica della nostra gente.
Come abbiamo ritenuto di impegnarci, oltre che sull'energia e sul credito, di cui ho già accennato, nel campo dell'informatica, e a livello regionale e a livello nazionale, consci che è un tema decisivo per affrontare il problema della carenza di risorse, e anche per la riforma della pubblica amministrazione.
L'elenco sarebbe ancora lungo: da una politica dei parchi che ci pone all'avanguardia, al sostegno del settore artigiano e promozionale, alla rinnovata attenzione nei confronti degli Enti strumentali; e chiedo scusa ai colleghi Assessori che se non ho citato tante iniziative che li hanno appassionati e impegnati in questi anni.
Molto lungo però è anche l'elenco di quello che si deve ancora fare. Ne siamo consapevoli.
Quali le cose da realizzare? Ho già in parte risposto, ma ritengo, per chiarezza, di riassumere: in un primo luogo, tutta la parte di aggiornamento del programma non è ancora attuato, sia in termini di realizzazioni concrete, sia in termini di definizione legislativa e amministrativa.
La Giunta regionale ha avanti a sè quasi due anni e mezzo di legislatura: è più che la dirittura finale per raccogliere quello che finora ha seminato, ma anche quello che viene messo oggi in cantiere.
Vorrei però puntualizzare alcune scadenze: presentazione del D.D.L. di revisione della legge 56 entro il mese di marzo.
E' però contemporaneamente necessaria anche l'ultimazione dell'esame da parte del Consiglio regionale, della revisione legislativa della legge 28 sulle opere pubbliche, sollecitatami da tutti i Comuni insieme all'approvazione della legge di revisione sui CORECO, il completamento del pacchetto, in tema di politica industriale di tutti i disegni di legge presentati dalla Giunta, in attuazione dell'aggiornamento del programma e a seguito del dibattito sulla politica industriale, ivi compreso il disegno di legge a favore delle cooperative giovani.
Non appena verrà approfondito dal Consiglio regionale il piano di sviluppo, la presentazione di progetti concreti (che non fossero già approvati) con la relativa copertura finanziaria, da ricercarsi nelle risorse sia nazionali che regionali, sia negli Enti locali che comunitarie.
Una revisione critica, non appena saranno certi i fondi attribuiti alle Regioni del bilancio 1983 e di quello pluriennale.
Un confronto serrato con il Governo, per altro già iniziato a livello interregionale e stimolato proprio dalla Regione Piemonte, sulla politica della formazione professionale, strumento davvero strategico nel settore della corretta occupazione.
Un raccordo ancora più stretto con gli Enti locali, come auspicato anche dall'opposizione.
Una corretta utilizzazione della potenzialità dei Comprensori secondo le stesse indicazioni emerse nel dibattito consiliare.
Una ripulitura delle leggi regionali, ai fini della snellezza delle procedure, progetto già previsto dalla Giunta, ma mai realizzato, anche in relazione all'incalzare delle esigenze, oltre che del mutare dello scenario della realtà economica e sociale.
Una puntuale rendicontazione dell'attuazione degli 84 progetti da presentarsi entro marzo, anche se è noto ai Consiglieri sia la realizzazione di alcuni, sia l'iniziativa della Giunta, politica legislativa e amministrativa per la maggior parte di essi, a prescindere dalla considerazione che gli stessi hanno rappresentato un mezzo, concreto per il confronto, poi realizzato, con il governo.
Alla base di tutto c'è però la necessità del dialogo costruttivo sereno e aperto tra tutte le forze politiche, maggioranza ed opposizione.
Dialogo costruttivo che traspare evidente anche dallo stesso documento dell'occupazione dell'11 febbraio, insieme alla preoccupazione reale per la situazione della nostra Regione.
Condivido queste preoccupazioni.
Penso di avere illustrato, or ora, un progetto di governo, non abbiamo timore di confrontarci, come sempre, su un altro progetto di governo alternativo, se c'é, che sia stimolo e sia proposta.
Lungi dal voler contrapporre blocco a blocco, condivido l'auspicio di lavorare insieme, nelle naturali diversità di ruoli e di ideologia.
Signor Presidente, signori Consiglieri, da tutto quanto è stato detto emerge una Regione consapevole dei problemi sul tappeto e determinata nel proseguire l'opera finora svolta per assicurare al Piemonte un futuro di sviluppo.
L'attuale maggioranza, che ha raccolto l'eredità e che si considera continuatrice dell'azione della Giunta della seconda legislatura, è determinata a portare a conclusione il programma di legislatura, specie con l'attuale ingresso della Giunta dei Consiglieri Viglione e Bontempi.
Nel rinnovare alla collega Cernetti il più vivo ringraziamento, porgo all'Assessore Marchesotti, che da oggi non fa più parte dell'esecutivo, il grazie più sincero ed affettuoso a nome mio personale, della Giunta regionale, dei partiti della maggioranza che mi hanno dato questo mandato per il prezioso ed appassionato contributo, per l'intelligente e competente azione da lui svolta in questi anni difficili, in uno dei settori più importanti e delicati, per la sua presenza attenta e puntuale sulle tematiche complessive affrontate dalla Giunta, per la serietà e coerenza che lo hanno sempre contraddistinto nei suoi comportamenti.
La presenza dei Consiglieri Aldo Viglione e Rinaldo Bontempi nell'esecutivo è il segno, per il ruolo finora svolto, quali Capigruppo dei due grandi partiti della maggioranza, per la capacità personale che tutti loro riconoscono, della volontà di continuare a lavorare con un rinnovato vigore, come traspare chiaramente dalla lettera inviata dai Segretari della maggioranza nella giornata di ieri.
Permettetemi di citarne la parte centrale, di questa lettera: "Non ci siamo trovati, in questi anni, di fronte a problemi semplici.
Crediamo, senza voler tacere limiti e ritardi, che la Giunta abbia ben operato, dimostrando impegno nel governo di una gravissima crisi sociale nel definire (in un momento in cui tutti i riferimenti stanno saltando) una programmazione possibile attraverso i progetti elaborati (in discussione in Consiglio), amministrando capitoli di spesa sempre più condizionati sia dall'irrigidimento centralistico, sia dal deficit della spesa pubblica nazionale.
Ma non possiamo certo pensare che quanto sino ad oggi abbiamo fatto sia sufficiente. La posta in gioco è molto alta. Il senso vero della crisi richiede, oggi più che mai, alla Regione ed al complesso degli Enti locali una governabilità fondata su coraggiose scelte di qualificazione dello sviluppo.
Le sinistre che nel panorama nazionale hanno purtroppo motivi di divisione in Piemonte, hanno una tradizione e ragioni profonde di unità hanno la capacità di accettare la sfida dei tempi. Questo comporta, come sempre, pari dignità politica, capacità di discutere in un modo franco e spregiudicato i problemi, un rapporto costruttivo e proficuo - nei rispettivi ruoli - con le forze di opposizione che tanta parte rappresentano nella comunità regionale.
Le delegazioni PCI, PSI, PSDI, per queste ragioni hanno ritenuto importante cogliere l'occasione degli adempimenti dell'art. 35 per rilanciare una salda unità tra le nostre forze politiche attraverso un rafforzamento ed una maggiore coesione dell'azione della Giunta regionale.
Questo è il significato dell'ingresso in Giunta dei compagni Aldo Viglione e Rinaldo Bontempi, Capigruppo del PSI e del PCI".
Questa è la lettera.
Concludendo, lo scorcio di legislatura che ci separa dalle elezioni amministrative del 1985, deve vederci impegnati in un grande sforzo di realizzazione, perché la crisi non è superata, perché i problemi non sono risolti, perché il Piemonte non si aspetta da noi - da noi tutti maggioranza e opposizione - che ci perdiamo dietro le piccole cose, ma vuole da noi il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi che ci siamo prefissi nell'interesse dell'intera comunità piemontese.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta ha trasmesso al Consiglio regionale la lettera di dimissioni dell'Assessore Marchesotti. La lettera dice: "Caro Presidente, ti prego di accettare le dimissioni da Assessore regionale motivate dalle esigenze di favorire le operazioni di avvicendamento all'interno della delegazione comunista. Ringrazio te e i colleghi della Giunta per il buon lavoro in comune svolto e ti prego di estendere i miei ringraziamenti al Presidente del Consiglio e ai colleghi Consiglieri tutti, coi quali ho lavorato in questi anni".
Credo di interpretare il sentimento di tutti i colleghi nell'esprimere apprezzamento per il lavoro che l'Assessore Marchesotti ha svolto in tutti questi anni. Marchesotti è uno dei padri fondatori di questa Regione.
Chiede di parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, ho ascoltato attentamente l'ampia introduzione del Presidente della Giunta. Ma dobbiamo dire subito che, per quanto ci riguarda, non lo seguiremo lungo la strada da lui indicata, di tentare un bilancio delle cose fatte e delle cose che restano da fare, a metà legislatura regionale.
Non lo seguiremo perché più pertinente ci sembra affrontare prima l'argomento che è all'ordine del giorno dei nostri lavori; vale a dire l'elezione di due nuovi Assessori, che comporta grosse conseguenze per il governo regionale e sul quale, dunque, è opportuno che ci si soffermi un po' più a lungo. Noi ci accostiamo a questo dibattito, che affrontiamo sommessamente, però credendo in piena coscienza nelle cose che andremo a dire, nelle tesi che ci permetteremo esporre e nelle conclusioni che ci auguriamo di potere giungere a dimostrare per tutti, anche al di là della scontata prevenzione con la quale le altre forze politiche vorranno accoglierle.
Ci accostiamo a questo dibattito, dunque, avendo in premessa un interrogativo di fondo da esporre; un interrogativo che vogliamo proporre a noi stessi e all'intera assemblea regionale. Ci chiediamo, e lo domandiamo ai Consiglieri di tutti gli altri Gruppi politici, quale senso, quale significato, quale funzione, debba e possa ancora assumere questa discussione, quando ciascuno di noi, entrando in aula stamani, già sapeva per averla letta sui quotidiani d'informazione nei giorni precedenti, la conclusione alla quale si era stabilito di dover giungere. Non certo attraverso un democratico confronto di idee e di opinioni, quanto piuttosto obbedendo alle leggi ferree della più arrogante partitocrazia.
Vicende non di poco conto sono successe nelle settimane passate; la Regione Piemonte ha rischiato di rimanere senza una guida, il governo regionale si è trovato a un passo dalla crisi, lo stesso Presidente della Giunta ha corso il rischio di perdere il suo posto. Poi, tutto si è sistemato o, per meglio dire, come preciseremo nel corso dell'intervento tutto è stato "congelato"; per cui, noi, adesso, sappiamo che Enrietti resterà (si fa per dire), al comando; che il direttivo resterà (si fa ancora per dire), rafforzato con la nomina di Viglione; che la maggioranza rossa seguirà (si fa sempre per dire) nella propria azione.
Ma, colleghi Consiglieri, in tutta questa situazione, che sta a metà tra il buffo e il serio, quale compito, funzione, ruolo, è toccato a noi? A noi, come sentiamo spesso affermare, quali rappresentanti elettivi; a noi quali esponenti della sovranità popolare; a noi delegati del popolo. Quale compito, quale funzione, quale ruolo, è toccato a noi in questa assemblea regionale? Nessuno. Nessuno, perché per noi, al posto nostro, in vece nostra, altri hanno discusso, deliberato, scelto; altri si sono arrogati il diritto di prendere decisioni. Altri: cioè l'esecutivo socialista, cioè "La Ganga", cioè Martelli, Craxi. Tant'è che ora, quelle decisioni, i Consiglieri di maggioranza sono chiamati soltanto ad approvare e i Consiglieri di minoranza sono chiamati soltanto a respingere secondo uno stucchevole gioco delle parti che, personalmente parlando, ci ha anche largamente disgustati.
L'assemblea regionale è dunque ridotta a un mero organo di ratifica di decisioni che vengono prese al di fuori di essa, al di sopra di essa e, in molti casi, come in questo caso, contro di essa.
Ci si risponderà con una alzata di spalle, ci si dirà che tutto questo appartiene a un costume corrente, a una prassi normale, fa parte del gioco.
Ma si tratta di un gioco che ci rifiutiamo di comprendere, di ammettere e di accettare: questo gioco non ci piace più. Anzi, crediamo che sia tempo ormai di eliminarlo.
Ma quale democrazia è questa? Valeva la pena (e lo chiediamo a voi colleghi Consiglieri), valeva la pena di impegnare tante lotte, sostenere tante battaglie, versare tanto sangue, per arrivare a un risultato così deludente e mortificante? E, badate, non diciamo questo soltanto per spirito polemico; lo diciamo invece con l'amarezza e il rimpianto per l'occasione che si è perduta dando vita a un sistema che è falsamente democratico, che è "sconciamente" dominato dai Partiti; che si annulla, riconducendo tutto sotto la cappa pesante della partitocrazia. Un sistema, cioè un modo di comportamento, un atteggiamento, che, per tornare al caso nostro, al caso piemontese, assume e pretende di decidere le sorti di una comunità di quattro milioni e mezzo di abitanti, facendole unicamente dipendere dagli scontri fra i Gruppi dalle lotte di corrente, dalle contese personali e, in ultima sede dall'intervento mediatore di un Capopartito.
Sentiamo ogni giorno parlare (e per la verità dobbiamo dire che non siamo noi a parlarne tanto spesso) del dovere morale di difendere le istituzioni; ebbene, (e consegniamo alla meditazione dei colleghi questa domanda), forse che questa umiliante esperienza, cioé lo svilimento al quale in questi giorni è stata sottoposta l'assemblea regionale, deve essere considerato una difesa degli ordinamenti democratici o non piuttosto un esempio del modo come queste istituzioni possano venire colpevolmente degradate? E proprio da parte di chi, poi, almeno a parole, non perde occasione per proclamarsene impegnato difensore! Detto questo con profonda convinzione, passiamo pure ad affrontare, nel merito, i due punti all'ordine del giorno attorno ai quali si va sviluppando questo dibattito.
Vorremo cercare di vederci più chiaro; cercare di capire meglio, al di là delle formulette burocratiche di enunciazione, la reale portata dei mutamenti che si propongono per il governo regionale. Per uno di questi due, vale a dire la sostituzione dell'Assessore Marchesotti con il Capogruppo comunista Bontempi, poco o nulla abbiamo, in realtà da dire anche se il cambio potrebbe forse indurci a qualche maliziosa interpretazione. Ma per l'altro previsto mutamento, vale a dire la nomina di un nuovo Assessore nella persona del Consigliere Viglione, noi dobbiamo esternare, e a voce alta, le nostre perplessità.
Perché, a quanto pare, a quanto si dice, a quanto è stato pubblicato dai giornali e non smentito, a quanto questa mattina il Presidente della Giunta ha detto e soprattutto a quanto non ha detto, ecco, noi vorremmo capire che cosa accade in realtà con l'ingresso in Giunta del Consigliere Viglione.
Perché qui non si tratta soltanto di sostituire l'Assessore all'assistenza; no, signori, qui siamo chiamati in pratica a eleggere accanto a Enrietti, forse anche al di sopra di lui, un altro Presidente tali e tanti sono i compiti che, ripetiamo, a quanto si dice al Consigliere Viglione, verrebbero attribuiti. Si parla di coordinamento della programmazione; di coordinamento dei dipartimenti riguardanti la sanità e l'assistenza, il lavoro e la formazione responsabilità negli affari generali, cioè di tutti i rapporti con l'esterno compresi quelli con il sistema creditizio e finanziario; si parla, per finire, di relazioni con il Consiglio regionale.
Altro che "Regione vice presidenziale", quale noi denunciavamo un tempo per la nomina del Vicepresidente Sanlorenzo! Qui siamo addirittura alla "Regione bi-presidenziale!". E sarà il caso di predisporre in tutta fretta un disegno di legge di riforma dello Statuto, che tenga conto delle mutazioni intervenute; e che preveda, magari, oltre al Presidente della Giunta, la figura di un amministratore unico, quale in effetti il collega Viglione dovrebbe diventare, per la cura degli interessi piemontesi.
Sportivamente, noi possiamo soltanto prendere atto che il Capogruppo del PSI. dopo la lunga resistenza (e speriamo che apprezzi il termine che abbiamo scelto), al nuovo assetto istituzionale portato dalla terza legislatura, sia giunto adesso a coronare con successo la sua personale anzi la sua personalissima lotta, tanto spesso identificata, non vogliamo altrimenti commentare, con le vicende della Regione.
Scavando nel nostro archivio, noi siamo andati a rileggerci l'intervista che il 28 luglio del 1980 il Consigliere Viglione ebbe a rilasciare a "Stampa Sera" per affermare, tra l'altro, che egli, malgrado tutto, avrebbe continuato a fare il proprio dovere, tra virgolette "guardando all'onestà di chi governa"; frase che poi, per altro, non è stata mai sufficientemente e ulteriormente chiarita; e abbiamo meditato a lungo sul significato di questa sua odierna rinascita, ottenuta caparbiamente con tanta tenacia e perseveranza.
E' un dato di fatto, dicevamo, che si può solo constatare; ma proprio per questo motivo, non si può non rilevare la finzione, quasi diremmo l'ipocrisia, della formulazione così come riportata dall'ordine del giorno della seduta.
Ecco, noi lo ripetiamo; il Consiglio regionale, qui è chiamato a designare un altro Presidente, non a dare adempimento all'art. 35 dello Statuto. E tutto questo, allora, non avrebbe comportato più correttamente l'azzeramento della situazione e le dimissioni dell'intero esecutivo? Ma fuori d'ogni ironico commento, e al di là del caso personale, quali conseguenze politiche può avere l'atto che stiamo per compiere? Noi vogliamo astenerci dal dare giudizi personali; vogliamo lasciare parlare invece i Partiti che compongono l'attuale maggioranza. Mentre il PSDI come al solito, tace, pago e soddisfatto di quanto già ottenuto in contropartita del suo appoggio determinante; mentre il PSI nel documento votato dall'esecutivo regionale sabato 12 febbraio, proclama enfaticamente di volere creare le condizioni unitarie più favorevoli al rinnovamento e al rilancio della Giunta piemontese; il Partito comunista, con un documento diffuso il giorno successivo, testualmente afferma: "Non ci possono essere per ragioni interne socialiste, due Presidenti in Regione. Siamo stati a saremo leali con le scelte del PSI ma dicano chiaramente se vogliono cambiare l'attuale Presidente, dicano se si intende lasciare tutto nell'ingovernabilità, costringendo la Giunta all'immobilismo sino alla fine dell'anno".
Siamo mortificati di magari inquinare con il nostro consenso le tesi del Partito comunista; ma crediamo proprio di dover dire che, su questo punto, in questo caso, l'analisi comunista della situazione ci appare esatta. Altro che rinnovamento, altro che rilancio! Con la soluzione proposta non si potrà altrimenti andare che alla conflittualità permanente del governo regionale. E con i risultati, riguardo agli assillanti problemi piemontesi, che riesce sin troppo facile immaginare! Ma anche a voler prescindere da tutte queste considerazioni, anche a non volersi soffermare sulle conseguenze prossime che determinerà nella Giunta regionale l'ingresso del nuovo Assessore, rimane comunque la constatazione amara di una Regione che, da mesi e mesi, è condannata ad un paralizzante immobilismo per l'incapacità, per le divisioni, per i contrasti delle forze politiche che la guidano e che sempre, da mesi e mesi, sono impotenti ad assumere una qualunque organica decisione programmatoria.
Si è perduto gran tempo con la verifica PSI-PCI-PSDI, che in pratica ha tenuto bloccata per tutto l'autunno 1982 l'attività della Regione; si è perso altro tempo nei giochi fioriti intorno al rinnovo della Presidenza del Consiglio. E adesso, altro tempo ancora è stato sciupato con questa (non sapremmo come definirla) "buffa istoria" di marca socialista, che è nata con la scusa di chiudere politicamente il "caso Cernetti" (ecco un altro esempio di inammissibile contaminazione tra istituzione e Partito) e a un certo punto, addirittura ha minacciato di terremotare il vertice della Regione per poi concludersi con il più classico dei compromessi.
Compromesso intervenuto soltanto a cogliere le cose così come stanno, a congelarle, a bloccarle; rinviando ogni decisione e ogni futura scelta a un congresso regionale straordinario che il PSI ha deciso di tenere nel mese di maggio; e ancora, e più, alle destinazioni elettorali che alcuni esponenti socialisti in Giunta vorranno prendere. Nell'attesa, il Piemonte può aspettare, mortificato da questo lungo stallo, avvilito da questa crisi strisciante, irrisolto il grave problema della sua conduzione politica.
Il Piemonte, con tutti i suoi giganteschi problemi aperti: il territorio, la casa, la sanità, la formazione professionale; il Piemonte come ci veniva prima ricordato, dei disoccupati e dei cassa-integrati delle industrie sull'orlo del fallimento, dell'inflazione galoppante, dei consumi sempre più ridotti, può aspettare! E insoluti continuano a rimanere i nodi centrali di questa Regione, come anche già sostenuto dagli altri Gruppi di opposizione con una critica approfondita che noi, dobbiamo dirlo pienamente condividiamo: il varo del piano di sviluppo, la revisione della legge urbanistica, l'inceppata funzionalità del Consiglio regionale. Ecco ricercare responsabilità singole o di partito in questa situazione incancrenita che si è venuta a determinare, riteniamo sia ozioso. Molte sono le colpe del PSI che, con le sue interne risse, ripicche astiose contrapposizioni frontali, senza dubbio ha contribuito in modo determinante a rendere questa Regione non efficiente e non funzionante. Ma ugualmente colpevoli, però, sono anche gli altri "partner" della coalizione maggioritaria: Il PSDI e il PCI soprattutto; i quali, pur di restare comunque al potere, tutto questo hanno accettato, acconciandosi a un lento e progressivo logoramento.
Ma questa ricerca di responsabilità, come dicevamo, poco ci interessa.
Ci interessa molto di più, e lo diciamo a conclusione, affermare, al giro di boa della III legislatura regionale, il fallimento ormai consolidato di questa Giunta. Che è emblematico fallimento della formula di sinistra dell'alleanza di sinistra, della direzione della conduzione delle sinistre della stessa "cultura di governo" delle sinistre. Cose, tutte queste contro le quali la Destra Nazionale è onorata di essersi sempre tenacemente battuta e impegnata a continuare a battersi anche per il futuro. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Vorrei tanto non essere disturbato dal brusio di voci che perviene dalla parte destra nel settore del pubblico.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nei documenti programmatici di questa Giunta, si era sempre sostenuto che a metà (come d'altronde avviene in tutte le istituzioni e negli Enti idonei a realizzare progetti), si sarebbe discusso e si sarebbe analizzata compiutamente la situazione. Cosa che mi pare, oggi, sostanzialmente, si stia facendo. Questo, anche per affrontare meglio il futuro.
Diciamo subito che noi, socialisti, non siamo fra quanti ritengono che i governi debbano essere o esaltati o condannati. Quindi, la critica logica di chi mi ha preceduto, del Consigliere Carazzoni, sempre pieno di "humour" inglese (del popolo dei cinque pasti come un tempo dicevate), a volte "humour" un po' nero, può essere aiutare. Ma non riteniamo che il governo debba essere in "toto", come qualcuno fa per principio o essere del tutto esaltato o essere del tutto condannato, come ha fatto il Consigliere Carazzoni.
Noi socialisti riteniamo che, pur partecipando a un governo così importante, come è quello piemontese (questa realtà deve essere sempre presente), non si debba mai provare compiacenza per il solo fatto della nostra partecipazione, né pretendere che da un'altra parte non vi possano essere ostilità. Cioè, il senso che non debba esserci una opposizione che costantemente condanna un governo a cui non partecipa e di una maggioranza che comunque lo esalti, non è presente in noi.
Noi siamo per una visione critica e propositiva. Ecco perché oggi, a metà legislatura, noi formuliamo delle proposte (noi come Gruppo socialista), e discutiamo il documento che il Presidente della Giunta Enrietti ci ha proposto, così denso di cose fatte o di proposte che possono essere svolte rapidamente per l'avvenire.
Questo anche per esaminare le nuove realtà. Io ritengo, colleghi Consiglieri, che questo debba essere un punto che noi dobbiamo approfondire.
Alcuni decenni addietro - e qui gli economisti che hanno lavorato a lungo, Genovese, per esempio, che ha lavorato nel campo della ricerca e della programmazione economica o quanti hanno seguito l'evolversi della società, lo sanno bene - la società si modifica con una rapidità decennale se andiamo ancora più indietro, si modificava con rapidità di cinquant'anni. Oggi, invece, abbiamo una società che ha una evoluzione molto più rapida, valutabile nel volgere di un anno o, al massimo, di un biennio.
L'altra sera, Agnelli, nel dibattito che ha avuto alla televisione con Craxi, con De Mita, con Lama ed altri, ha rilevato questo dato: la Fiat assumeva, tra il '79 e l'80, circa quindicimila dipendenti, per poi aprire un processo che portava, pochi mesi dopo, all'espulsione di sessantamila dipendenti nel settore dell'automobile. E qualcuno potrebbe essere indotto a osservare: "chi l'avrebbe mai detto?" Ma ecco che qui potrebbe scattare il momento critico e propositivo; cioè, sostanzialmente, noi diciamo che le forze politiche devono essere anticipatrici di un determinato processo e non esserne trascinate. E se vengono trascinate, è perché non hanno avuto l'intuito di realtà in evoluzione con rapidità di mesi e anche di giorni.
A volte emergono realtà inattese; ma voi, fino alla vigilia, non lo vedevate ancora, non avevate la percezione delle realtà che sopraggiungevano alle vostre spalle e vi lasciavate agganciare e travolgere. Ecco perché, a metà legislatura, conviene forse, di fronte a questi processi rapidamente evolutivi, (quello della Fiat, di cui Agnelli stesso non ha saputo dare una spiegazione se non col dire che bisognava rimettere le cose a posto, è solo uno dei tanti esempi) aprire, in questo momento, un dibattito e una soluzione di governo.
Colleghi Consiglieri, non credo che vi possiate lamentare, né voi della D.C., del Partito liberale, del Partito repubblicano, del fatto che a metà o oltre metà di una legislatura, si operino delle scelte che sono del futuro, quando al governo nazionale queste scelte si operano ogni sei mesi o al massimo entro l'anno quando, per cadute verticali di alleanza o sostanzialmente, per i programmi espressi e relativa mancata realizzazione quei governi vengono ad esaurirsi, come è stato per esempio dell'ultimo governo Spadolini, uomo politico apprezzabile ma che, sostanzialmente aveva esaurito la sua carica.
Questi ultimi anni, ripeto, sono stati contrassegnati da questi atti ma nonostante questo, dobbiamo dire che noi socialisti non abbiamo mai cavalcato la crisi, come si dice.
Noi abbiamo detto e abbiamo indicato che non abbiamo mai cavalcato la crisi; abbiamo invece detto che si poteva superare la crisi; abbiamo indicato nuove prospettive e anche un cambio strutturale stesso dell'intera società economica e sociale della nostra Regione. Cioè, sostanzialmente noi abbiamo combattuto l'immobilismo; perché magari, c'era chi voleva che noi versassimo lacrime in continuazione per settimane, che pure potevano essere versate di fronte alla situazione; ma non sarebbero servite a nulla.
Noi abbiamo combattuto questo immobilismo che si voleva da certa parte; noi abbiamo detto che la crisi si può superare, che il modello è quello dell'impianto delle grandi democrazie occidentali, progressiste e oggi con governi socialisti o comunque, con forte rappresentanza socialista; abbiamo detto che quello era il modello nel quale noi eravamo inseriti; e pertanto che attraverso questa strada, attraverso la lunga marcia, attraverso le istituzioni, noi saremmo arrivati a superare la situazione in cui noi ci troviamo.
Oggi, diciamo che si dà un assetto nuovo di governo. In effetti è abbastanza singolare che i due Capigruppo dei Partiti che rappresentano la forza numericamente più importante del Governo, siano chiamati a sedere sui banchi della Giunta. E io credevo che da parte dell'opposizione, che aveva sempre reclamato la collegialità, sempre preteso che non vi fosse separatezza nei singoli rami dell'Amministrazione regionale, del governo regionale, che vi fosse un'unità di disegno d'intenti; pensavo che vi fosse lode, oggi. Come no? L'avete reclamato, l'avete preteso sempre, tutto questo, in tanti anni; e oggi che questo è realizzato, voi criticate perch questo è realizzato? Ma dove vi trovate e che cosa volete, alla fine? Dovete rispondere, dovete precisare, dovete chiarire! Voi potete scegliere la strada dell'humour nero che a Carazzoni è più congeniale. Ma io non credo che le grandi forze qui presenti possono avviarsi semplicemente su questa strada, perché potrebbero anche sbagliare! Prevedete che domani la conflittualità nel governo regionale sarà presente? Vi possiamo subito dire che non sarà presente.
Né approviamo (l'avevo anticipato al carissimo amico Bastianini) il documento delle opposizioni che assumeva quasi un tono di frontismo; quel frontismo che noi abbiamo avuto tanti decenni addietro e che non ci è stato di buon augurio da parte del fronte dell'opposizione. Un tale fronte di opposizione potrebbe esserci se ci fosse una guerra delle Falkland o una calamità gravissima; ma non si adatta a noi. Perché noi socialisti abbiamo per lunghi anni condotto tutta una serie di battaglie, di iniziative tese a un rapporto di colloquio tra Gruppi laici e socialisti, per formare questo polo esistente tra 17 rappresentanti, pur con tutte le difficoltà che si manifestano poi all'interno (noi lo riconosciamo; e riconosciamo anche che spesso qualcuno, da parte dei compagni comunisti, ci ricorda che sostanzialmente il polo non ha prodotto gran che).
E allora il nostro discorso di tanti anni fa (non quello dell'esclusione di una grossa parte significativa politica presente qui o presente nel Paese, ma sottintendente un rafforzamento delle istituzioni attraverso dei modelli alternativi), noi lo perseguiamo ancora perch riteniamo, giustamente o ingiustamente, che si possano formare dei poli alternativi tra coloro che compongono la parte progressista e socialista del Paese e chi ha un ruolo diverso, più composito, diverso, come può avere la D.C.
Questo discorso non lo proponiamo per l'esclusione di una così importante forza politica; la proponiamo perché, se vogliamo un modello democratico a lungo termine propositivo del Paese, non vi è altra soluzione che quella della formazione di modelli alternativi che garantiscano la democrazia in un Paese.
E allora riteniamo che questo discorso sia solo interrotto verso le forze laiche; riteniamo cioè che sarebbe grave errore da parte nostra rifiutare un dialogo su un terreno di comune ricerca e, da parte delle forze laiche, un errore grave se essi partecipassero a un cartello dell'opposizione che, di fatto, li renderebbe subalterni alla D.C.
A questo punto bisogna che ciascuno, poi, operi una scelta. Noi continuiamo a proporre un'adesione più vasta. Perché se, in effetti, si vuole realizzare quel programma che il Presidente Enrietti ha specificato meglio oggi, e che tutti condividiamo, occorre una base più larga di consenso. Le riforme non si fanno a colpi di spesa o a colpi di mandato; ma si fanno se c'è una larghissima base di consenso, che fa proprie e porta avanti tutte le istanze programmatorie di una società così complessa e industriale come quella piemontese e anche quella nazionale. Allora, ecco il discorso per cui i due Capigruppo del PSI e del PCI hanno aderito alla richiesta di partecipare a un governo. Perché, nel momento in cui la crisi è più grave, più alta e decisa deve essere la risposta.
Ma non che le persone che vi partecipano, di per se stesse, diano questa garanzia; ma perché le forze che hanno alle loro spalle possono essere garanzia di questo processo più vasto di consenso che si può e si deve operare nel nostro Paese, appunto, per la drammatica situazione in cui ci troviamo. Allora, vi prego, credete a tre proposizioni, vi prego di credere, almeno nelle nostre intenzioni.
Primo: non sperate nella rissa di domani, potreste anche perdere secondo: non pensate a formulazioni abnormi solo perché si è deciso di dare finalmente il via a quel processo che tutti reclamavano, di collegialità di una direzione; terzo: che in definitiva, il nostro obiettivo è quello di rendere più forte e più democratico e più partecipato il processo all'interno del Consiglio regionale e all'esterno del Consiglio regionale.
Non vi diremo che da domani cambierà tutto, caro Paganelli; m'hai espresso ieri una battuta come tu sai dare, di grandissima intelligenza e di buon umorismo, dicendo "non fare come quell'altra volta che, magari, tu dici che cambia tutto poi non cambia niente!" Noi non diciamo che domani cambierà tutto; diciamo soltanto che si è aperto questo processo nuovo; vi preghiamo e vi sollecitiamo di analizzarlo meglio, non di sottovalutarlo ché, evidentemente, potreste incorrere in alcuni errori.
Quindi, se queste tre proposizioni abbastanza accettabili nel complesso, possono essere alla base del nostro incontro di (chiamiamolo propositivo e non soltanto di critica amara per cose che potevano essere fatte e non sono state fatte, per delle proposte che potevano essere formulate e non sono state formulate) accoglietelo per quella che è la nostra intenzione: una larghissima partecipazione di un larghissimo consenso che noi ricerchiamo fra tutte le forze politiche in tutto il Paese.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi: noi abbiamo ascoltato con molto interesse e con molta attenzione le ampie dichiarazioni fatte dal Presidente della Giunta. Per la verità avevamo ascoltato con identico interesse anche le numerose altre dichiarazioni che, si può dire ogni sei mesi, il Presidente della Giunta ha rivolto a questo Consiglio.
E' vero, come dice Viglione, che non occorre scandalizzarsi se a metà legislatura si sente la necessità di un aggiornamento della situazione; ma devo dire che questo non è un aggiornamento a metà legislatura; di aggiornamenti, durante il corso della legislatura ne abbiamo avuti, come detto prima, praticamente ogni sei mesi; le verifiche sono state numerose e questa può essere considerata un'ennesima verifica. Questa maggioranza ha avuto bisogno, di volta in volta, di uno slancio, di un rilancio e adesso siamo alla fase dello smalto.
Questo, come ho detto, non è un aggiornamento, uno scandaglio; abbiamo risentito, ripeto, con lo stesso interesse, le dichiarazioni programmatiche del Presidente; come questa mattina, per altro, avevamo letto, con interesse, le dichiarazioni che le tre segreterie dei tre Partiti che compongono la maggioranza di governo alla Regione Piemonte, ci avevano fatte pervenire e che sono contenute in una lettera al Presidente della Giunta.
Devo dire che il tono delle dichiarazioni contenute in questa lettera al Presidente della Giunta, ci sembrano assai più assimilabili, proprio nel loro contenuto di responsabilità, nella loro asciuttezza di contenuto al documento che viene chiamato come carletto dell'opposizione dell'11 febbraio (e mi spiace che il Presidente della Giunta l'abbia ricevuto solo ieri, il che mi induce a pensare che in questa Regione non funziona nemmeno il servizio postale), che non alle dichiarazioni trionfalistiche del Presidente della Giunta.
Le risposte a queste dichiarazioni trionfalistiche o anche esaltanti per usare un termine molto bello che stamattina ha già usato anche il Consigliere Viglione, queste risposte, signor Presidente della Giunta, non gliele dà l'opposizione, perché sarebbe anche troppo facile; gliele abbiamo date tante volte! Ma, credo, gliele dà una comunità regionale piemontese che, in ogni sede, lamenta l'assenza della Regione, la burocrazia regionale, le difficoltà di rapporto con la Regione.
Non parlo tanto della comunità civile; la comunità civile, purtroppo il più delle volte non conosce ancora bene quale sia il suo interlocutore diretto rispetto alle cose che non vanno; e si lamenta col Comune, con la Giunta regionale, col Governo. No, parlo di un'altra comunità, quella politicamente organizzata, parlo dei Comprensori, delle USL degli Enti strumentali, dei Comuni, i quali, in ogni occasione, in ogni riunione anche soltanto nelle consultazioni che hanno le Commissioni con la comunità organizzata, lamenta costantemente una difficoltà di rapporto quando non un'assenza di rapporto con la Regione Piemonte.
Detto questo, vorrei però più specificatamente attenermi all'argomento che è all'oggetto del nostro Consiglio regionale odierno: ed è praticamente le dimissioni di un Assessore e la sostituzione di due Assessori.
La sostituzione di un Assessore o di più Assessori, come ha detto il Presidente della Giunta, non è mai un fatto soltanto tecnico; può essere soltanto un fatto tecnico. Ma certamente non è un fatto tecnico nella giornata odierna perché, se cosi fosse, appunto nella circostanza odierna non avrebbe assunto quel rilievo politico oltre quell'attesa che ha assunto.
Vorrei dire però che, in ogni caso, il problema delle assegnazioni delle deleghe, quando appunto non abbia questa connotazione, questa esigenza tecnica, della quale prima dicevo, è sempre un problema politico oltre che istituzionale. E il modo con il quale lo si affronta dimostra anche, in questo caso, la visione politica che i Partiti hanno delle istituzioni.
Credo che ripercorrere gli articoli dello Statuto regionale in una giornata come questa e in un momento come questo, non sia inopportuno.
Il quarto comma dell'art. 36 del nostro Statuto dice che: "il Presidente assegna ad ogni Assessore funzioni ordinate organicamente per gruppi di materie" Il quinto comma dice inoltre che "il Presidente ha altresì facoltà di modificare l'attribuzione dei compiti e delle funzioni di ogni Assessore ogni qualvolta, per motivi di coordinamento e di funzionalità, ne ravvisi l'opportunità".
C'è spazio, in queste due enunciazioni, per ritagliare tutte le possibili interpretazioni; ove, però, secondo noi, non si annulli il valore e la validità del secondo comma di questo stesso art. 36 e cioè: "il Presidente dirige e coordina l'attività della Giunta e assicura l'unità dell'indirizzo politico ed amministrativo e la collegiale responsabilità di decisione della stessa".
Mi sembra che, alla luce di questo interessante art. 36 prioritario appaia dunque che si definiscano i criteri attraverso i quali si possa pervenire all'attribuzione di quelle deleghe che consentiranno, agli Assessore, la gestione e l'amministrazione delle relative e conseguenti competenze.
A nostro avviso, due possono essere i modi attraverso i quali raggiungere un'attribuzione corretta e rispondente agli interessi dell'amministrazione. Un primo modo è quello che le deleghe siano coerenti e organizzate sulla base degli obiettivi e degli indirizzi che discendono dalle proposte politico-programmatiche le quali sono il presupposto della maggioranza di governo.
Ci rendiamo conto che a trenta mesi della legislatura, assumere questo metodo per pervenire alla ridefinizione delle deleghe, è impresa alquanto ardua, per quanto le dichiarazioni della Giunta, questa mattina, ci abbiano tentato e abbiano anche tentato di convincere tutti.
Il programma regionale che avrebbe dovuto ancorarsi a quello strumento di programmazione più ampio, più articolato, più complessivo, definitivo che è il piano di sviluppo, programma che, nel suo svolgersi, dovrebbe poi far derivare quegli atti amministrativi, regolamentari e legislativi che dovrebbero avere il loro esito politico-amministrativo in quest'aula; quel programma regionale, non lo diciamo noi e non lo dico soltanto io, per ammissione delle stesse forze di maggioranza (e si leggano in proposito tutti i documenti che in questi ultimi quindici giorni sono stati prodotti dalle segreterie politiche), questo programma non ha prodotto l'effetto che sarebbe stato necessario rispetto alle attese e alle necessità della comunità.
Noi non abbiamo mai mancato di riconoscere le difficoltà che si frappongono, in questa legislatura, e non solo e non tanto per le difficoltà di rapporto all'interno della sinistra (che ci sono), quanto altrettanto per le difficoltà generali di governo in senso lato e di governo delle Regioni in particolare, per tutti i problemi dei quali, qui tutti abbiamo sempre parlato e dei quali parliamo ogni volta che abbiamo occasione di incontrarci, con i rappresentanti delle altre Regioni.
Ciò nondimeno, sentiamo di poter affermare che nemmeno le occasioni offerte alla Giunta, siano state raccolte; non solo, ma non si è fatto nulla nemmeno quando il richiamo dell'opposizione fu tempestivo e opportuno. Quello che viene interpretato come un cartello delle opposizioni, è niente altro di più che una presa di posizione delle opposizioni in momenti gravi della comunità.
Noi, quelle occasioni le avevamo già espresse circa un anno fa, forse anche meno o di più, non ricordo bene; vennero ribadite l'11 di febbraio proprio per segnare un momento di presa di responsabilità delle opposizioni di fronte a una situazione incancrenita, dalla quale sembrava non dover più sortire nulla, e soprattutto di fronte a una situazione che alla stessa opinione pubblica appariva confusa e senza via d'uscita.
Abbiamo cercato di riabilitarla, la Giunta, ecco! Oggi, recitare il "mea culpa" come si fa attraverso i recenti comunicati della segreteria socialista e della segreteria comunista, con questo documento congiunto delle segreterie regionali pervenuto al Presidente Enrietti, secondo noi è certamente apprezzabile ma tardivo rispetto a delle prese di responsabilità di coscienza che dovevano essere fatte assai prima, e non a trenta mesi dalla legislatura.
Abbiamo dunque constatato che, in questa Regione, il criterio di attribuzione delle deleghe, partendo dal programma di governo, è stato impossibile.
C'è però poi un modo più semplice e anche coerente, se vogliamo, al comma dell'art. 36 già ricordato; e cioè, il criterio della omogeneità delle materie, che risponde a un concetto aziendale dell'amministrazione pubblica per il quale l'accorpamento delle materie risponde a una necessità di razionalità, affinché il destinatario della delega, avendo una visione unitaria dei problemi, possa svolgere una gestione coordinata e quindi più efficace senza dispersione di energie e di risorse.
Dobbiamo poi constatare che nemmeno questi criteri hanno avuto molta fortuna nell'ambito di questa maggioranza.
Credo sia infatti indubbio che la caccia è assai più omogenea alla pesca che non all'urbanistica; così, come più volte abbiamo detto, che le partecipazioni regionali, quelle che noi chiamiamo i cosiddetti Enti strumentali, assai più opportunamente si omogeneizzerebbero con i compiti della Presidenza della Giunta o nell'ambito della stessa programmazione o con il patrimonio e le finanze regionali.
Ma queste cose io le ho già dette; e non mi riferisco infine agli Assessori; parlo delle materie in senso generale.
Come Repubblicani, noi riteniamo che questo criterio della omogeneità sia assai più applicabile alle Commissioni consiliari per le loro funzioni istituzionali di partecipare al procedimento di formazione delle leggi, che devono discendere da quel programma operativo. Riconosciamo però che la delega, sulla base del criterio della omogeneità, possa essere un metodo corretto, anche se ci sembra preferibile, ripetiamo, un organigramma della struttura della Giunta che, ad esempio, poggi sulle attività dipartimentali. Ipotesi, questa, tentata negli anni '75/76, in funzione della programmazione; io non c'ero, ma credo anche con qualche discreto risultato.
Ma in questa legislatura, per ora, non la si è nemmeno tentata. Perch non si è tentata? Perché, presupposto di questa attività, è infatti la collegialità delle scelte e il loro coordinamento: due presupposti che sono mancati e che costituiscono, a nostro avviso, le debolezze intrinseche di questa maggioranza.
Assenza di collegialità e carenza di coordinamento segnano le difficoltà ad assumere posizioni di omogeneità o, quanto meno, di unità di intenti.
Le differenze, nei processi esplorativi ed elaborativi, sono certamente fondamentali, in quanto sono garanzie di pluralismo, pur nella stessa area.
Viglione faceva il discorso delle compiacenze; per carità, siamo contenti che all'interno di una maggioranza si verifichi, nella fase elaborativa tutto il dibattito necessario per giungere alla decisione, la più necessaria, la più congrua e la più adatta a risolvere l'istanza della comunità in quel momento. Ma governare significa avere poi la capacità di sintesi politica, in aderenza agli obiettivi e agli indirizzi generali concordati che sono alla base di quel contratto di maggioranza che è appunto indispensabile in un esecutivo.
Questi sono i due modi, normalmente corretti, attraverso i quali si pu arrivare all'attribuzione delle deleghe.
C'è poi un terzo modo, che è un modo nuovo, certo usato per esempio in questa maggioranza (io la chiamerei la delega su misura), ritagliata quasi come un vestito sulla personalità, sull'esperienza, sulle capacità politiche di coloro che dovranno indossare la delega. Lungi da noi l'idea che le caratteristiche dell'uomo non debbano essere tenute nel debito conto; combattiamo per una società di uomini tutti liberamente pensanti.
Lungi altresì da noi l'idea che bisogna far luogo ai tecnici perch sarebbero più bravi dei politici; anche i tecnici sbagliano molto, come tutte le persone umane e come a volte gli stessi grandi tecnici ammettono.
Quello che rifiutiamo sono gli equilibrismi, non perché non conosciamo la validità degli equilibrismi in politica, ma perché non li condividiamo quando esse, anziché rispondere a logiche di operatività gestionale rispondono a logiche di potere e di partito, il cui eccesso di interferenza evidenzia altresì il problema dell'effettività dell'autonomia politica regionale. Questo è un discorso che dovremo poi anche forse affrontare.
Ecco perché non ci sembra che la delega su misura sia coerente con le affermazioni di rispetto istituzionale che più volte in quest'aula abbiamo udito, anche in tono enfatico.
L'abito su misura è oggi un abito costoso, molto costoso! Detto questo però, siamo certi che i due destinatari di questo abito, che non sappiamo ancora se sarà variegato, se avrà molti colori o quali colori avrà (lo sapremo nei prossimi giorni); i due neo-assessori lo vestiranno con tutta dignità; e ad essi, pur da una nostra posizione di una opposizione critica e contraria fin dal momento della loro investitura, vanno i nostri auguri per un lavoro idilliaco.
Cogliamo altresì l'occasione per salutare l'Assessore Marchesotti ringraziandolo del suo impegno negli anni del suo incarico. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei ricordare che intervenendo in occasione della seduta in cui si è rinnovato l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, abbiamo affermato l'esigenza di un salto di qualità, nella funzionalità della Giunta.
L'esigenza di un salto di qualità, emerge, spesso non solo da una non perfetta funzionalità dell'esecutivo, ma in qualche modo, spesso, da una instabilità derivante da protagonismi e ambizioni mal celate, all'interno di una delle componenti che formano la Giunta, cioè il Partito socialista che negativamente hanno pesato sul funzionamento complessivo della Giunta avevamo altresì ricordato la necessità di una riqualificazione dei contenuti di governo, come condizione non soltanto per riaffermare la scelta dell'unità di sinistra. Cosa che, per parte nostra facciamo anche in questa occasione; ma per lavorare affinché, nell'85, le forze di sinistra si ripresentassero, con le carte in regola, per ricandidarsi alla guida della Regione.
Ebbene, il Presidente Enrietti ha tracciato un bilancio di quanto la Giunta ha fatto in questi anni difficili, caratterizzati da una crisi certamente senza precedenti.
E anche noi, molto brevemente, tracceremo un bilancio, però con un approccio un po' diverso; e il nostro approccio è quello di verificare l'operatività, le cose che si sono fatte, partendo dall'ottica di osservazione di un Gruppo come il PDUP che vuole verificare se si andrà avanti sul terreno, che a noi sembra determinante, della trasformazione condizione per affrontare con profitto la crisi strutturale in atto, una crisi che richiede una profonda modifica del vecchio tipo di sviluppo.
Per questo, appunto, vi è necessità di un tale approccio. A me sembra che, rispetto alle speranze che avevamo manifestato nell'80 con il nostro voto favorevole, il trentesimo, decisivo per la costituzione di questa Giunta, non c'è dubbio ci sia un generale arretramento rispetto ai contenuti, che seppure in una situazione certamente diversa e con una crisi non certamente acuta come l'attuale, seppure in modo embrionale e a volte contraddittorio, avevano tuttavia avviato una fase di trasformazione negli anni '75/80.
Le scelte di governo che avevano caratterizzato il modo di operare della Giunta di sinistra, in quegli anni, determinavano e incentivavano una partecipazione sociale alle scelte; avevano in sé un diverso modo di concepire la qualità della vita e dello sviluppo.
Mentre a me sembra che, in questi anni, si sia progressivamente logorato il rapporto con la società; e credo di poter dire che sempre di più le Giunte di sinistra rischiano di diventare un simulacro dentro cui ci sono dei contenuti, nei quali sempre più labile ed evanescente appare l'obiettivo della trasformazione e la costruzione di un blocco sociale e politico che la sostenga e la sostanzi.
Certo, bisognerebbe essere miopi per non vedere quanto abbiano inciso su tale involuzione, politico-programmatica, le scelte anche operate da alcuni partiti a livello nazionale. Ciò che però mi preme rilevare è che di fronte al mordere della crisi, si evidenzia tutta l'insufficienza di programmi che rispondano all'esigenza di fare delle Giunte di sinistra, i protagonisti di una battaglia, per una diversa qualità dello sviluppo.
Ed è proprio il persistere di questo limite a rendere inevitabile, il rifluire in scelte tendenti al rilancio del vecchio meccanismo di sviluppo invertendo le scelte positive compiute in passato.
Una tale involuzione, anche in questa Regione, è possibile riscontrarla in scelte politico-programmatiche che si concretizzano nell'illusione di rispondere alla crisi attraverso il rilancio di investimenti nelle infrastrutture e in mega impianti funzionali al rilancio del modello di sviluppo in crisi.
Vorrei accennarne alcuni. Perché non ricordare come la scelta fatta recentemente sulla metropolitana, significa un arretramento anche culturale: rispetto al dibattito che c'era stato agli inizi degli anni '75/76 quando si operò una scelta esattamente opposta a quella fatta oggi e al dibattito politico, fortemente caratterizzato, nel quale hanno fortemente influito le tematiche riguardanti il privilegiare il trasporto pubblico, la tematica della viabilità delle città, l'esigenza di risparmiare risorse per soddisfare bisogni sociali. Così, come non ricordare che, sulle questioni ambientali e di gestione del territorio, ci si avvia a grandi passi verso un rapporto di quasi rottura con i movimenti mentre negli anni 75/80 vi era un largo consenso sociale alle scelte della Giunta di sinistra, la quale costituiva un dubbio punto di riferimento oggi sorgono comitati contro le scelte più recenti, da essa operate.
E' evidente che un'illusione quale quella del rilancio delle infrastrutture e dei mega-impianti, costituisce una grave aggressione al territorio; ricordo soltanto i titoli: la centrale nucleare, l'accettazione supina del mega-aeroporto della Malpensa con i riflessi negativi sul nostro territorio regionale, la scelta della pista Fiat di velocità alla Mandria.
Credo che questo, in qualche modo, fa emergere una rinnovata subalternità della Regione nei confronti non solo della Fiat, ma del patronato. E la spia di questa subalternità al vecchio modello di sviluppo emerge soprattutto esaminando l'atteggiamento della Regione sulla questione dei piani di ristrutturazione della Fiat e della Pininfarina. Così come sulla questione della legge 56, ricordata dal Presidente Enrietti, a me sembra che qui si determini un'inversione di tendenze rispetto alla scelta politica di gestione controllata e programmata del territorio che aveva ispirato questa legge.
Non c'era certo da illudersi sul fatto che gli interessi che tale legge colpisce, che erano poi gli interessi che per un trentennio hanno fatto del territorio una occasione di speculazione e di buoni affari, avrebbero duramente reagito. Se questo era scontato, non certo si può pensare di andare a una mediazione con questi interessi attraverso un arretramento sui contenuti che rischia di diventare una rotta; mentre appariva e appare ancora oggi urgente attrezzarsi per fronteggiare questo tipo di scontro.
Se noi riteniamo che sui contenuti, quindi si sia andati indietro, ci sembra che neanche dal punto di vista della partecipazione si siano fatti dei grandi passi avanti. E questo è grave nel momento in cui a noi sembra importante e decisivo stimolare la partecipazione di una varietà di oggetti con la condizione non solo di reggere lo scontro in atto per affrontare la crisi, ma anche per sostenere una nuova qualità dello sviluppo che sia in grado di tener testa alla crisi.
Ebbene, credo che troppo spesso ci si dimentichi - e per quanto ci riguarda è proprio il movimento operarlo a insegnarcelo -, che la gente partecipa nella misura in cui vi sono sedi dove la gente possa non solo esprimere il proprio pensiero, ma possa anche contare e incidere sulle scelte.
Anche su questo, non mi sembra che si siano fatti passi avanti; nel favorire lo sviluppo di sedi istituzionali decentrate, con reali poteri dove la gente possa partecipare e contare. Ne è un esempio sintomatico il ritardo nell'assegnazione delle deleghe, cioè nel liberarsi di tutte quelle attività gestionali che appesantiscono e burocratizzano l'attività regionale a tutto svantaggio del ruolo della programmazione.
Altro esempio emblematico è il disegno di legge sulla riduzione delle USL a Torino; dove non viene certo esaltato il ruolo dei Comuni nei processi di formazione delle decisioni.
Sono tutti sintomi certamente preoccupanti, ai quali si può aggiungere la sollecitazione che la Giunta regionale ha fatto verso il Governo nel caso dell'emanazione della legge che sottrae ai Comuni i poteri per quanto riguarda l'individuazione dei siti per l'installazione di grandi impianti di produzione energetica.
A me sembra che siano veramente a un punto di svolta per la Regione per la Giunta di sinistra.
O ci attrezziamo per risalire una china che, per molteplici ragioni abbiamo cominciato a discendere; e in questo senso a me sembra che ancora una volta, anche per la Giunta di sinistra, si riproponga il problema se governare per conto della gente o governare con la gente; oppure, se non risaliamo questa china, è inevitabile un appiattimento e una rassegnazione che rischia, - non certo per la forza dell'opposizione, ma per le debolezze della Giunta di sinistra -, di riconsegnare la Regione ad altre Amministrazioni.
Credo che da questo punto di vista, allora, l'accento va posto sulle cose da fare. Al di là dei giudizi che si possono dare sulla relazione del Presidente Enrietti, ciò che mi sembra emergere è una carenza rispetto alla definizione di un quadro strategico all'interno del quale individuare un'articolazione di contenuti e di operatività della Giunta.
La partecipazione: questo mi sembra uno dei capisaldi che, come sinistra, abbiamo individuato quale scelta per riformare complessivamente lo Stato.
E allora, perché non ricordare che una riforma dello Stato non può che partire dal livello locale? E che la riforma degli Enti locali sarà determinata anche dal livello della partecipazione che oggi riusciamo a determinare prefigurando, con atti concreti, il ruolo che gli Enti locali devono assumere con la riforma; altrimenti sarà inevitabile, ad esempio che passi il progetto Rognoni; cioè che passi, sostanzialmente, una maggiore centralizzazione delle decisioni; l'emarginazione degli Enti locali; una gestione sempre più centralizzata e autoritaria delle scelte cioè uno Stato sempre meno partecipato, o incline a scelte sempre meno democratiche.
Quale debba essere lo sviluppo, per quale occupazione operare, questo è un altro problema di fondo da porre per affrontare la crisi e all'interno del quale collocare le scelte di Governo.
Come non ricordare, allora, che l'esaurimento di alcune risorse (pensiamo alla questione energetica) non può non farci porre il problema di un diverso rapporto tra territorio, questione delle risorse e l'ambiente con un ruolo determinante degli Enti locali (anche in funzione della programmazione), quali Enti istituzionali più a diretto contatto con il territorio, in grado di essere elementi propulsivi non soltanto per un nuovo sviluppo, ma anche per scelte partecipate in grado di rispondere ai problemi del lavoro e dell'occupazione.
In quest'ottica ed in questo ambito, noi dobbiamo operare come sinistra, se vogliamo pensare realmente, al di là delle cose che diciamo di ricostruire un blocco sociale di forze, e quindi ricostruire valori e proposte per affrontare la crisi e per ricandidarci alla guida della Regione, come Giunta di sinistra.
Ecco allora che, riguardo alle scelte che vengono fatte oggi, con la sostituzione di due Assessori dimissionari con i Capigruppo di due maggiori partiti della Giunta, pur comprendendo tutto il valore politico di questo atto, come elemento di stimolo al rilancio della Giunta, alcune scelte non sono condivisibili.
Noi comprendiamo come alcuni componenti della maggioranza abbiano subito influenze e scelte esterne che esulano dall'ambito dei Gruppi e dall'ambito istituzionale. Siamo rispettosi per i problemi interni di tutte le forze politiche.
Ma quello che, intanto, non è accettabile, è che questi problemi vengano scaricati sulla Regione, sulla Giunta. E vogliamo anche usare questo nostro ruolo, che il Presidente Enrietti ha voluto ricordare, di un appoggio autonomo e critico, per rendere più trasparente il dibattito tra le forze politiche che si riconoscono in questa maggioranza.
Dalle notizie che si hanno e che sono emerse anche dalla stampa, non sarà accettabile per noi che l'organizzazione della Giunta e la ripartizione delle deleghe si trasformino in questioni che nulla hanno a che vedere con la funzionalità della Giunta stessa. Cioè, mi sembra che rispolverare, per esempio, la questione dei dipartimenti (senza entrare nel merito e dare un giudizio politico di cosa siano stati i dipartimenti e perché non hanno funzionato), il verificare anche le carenze per cui gli Assessorati rassomigliano sempre più a Ministeri, non è possibile senza fare valutazioni dense di significato.
Anche perché molte cose sono mutate. Ad esempio, se un dipartimento ci deve essere, deve esserci pure un collegamento tra vari settori; e oggi prioritario mi sembra divenga un collegamento tra il settore dell'energia con quelli dell'edilizia, dell'agricoltura, della gestione territoriale.
Così a me sembra che non sarà accettabile per noi, che la ripartizione delle deleghe, l'organizzazione della Giunta, diventino una variabile dipendente non già dalla funzionalità della Giunta, ma dall'esigenza di rispondere ad ambizioni e protagonismi personali. Che per altro, in questi tre anni circa, non sono mai stati nascosti dal Consigliere Viglione.
E tanto più inaccettabile sarebbe questo per noi, in quanto una tale eventualità determinerebbe pericolose confusioni e dualismi che, appunto nulla hanno a che vedere con l'esigenza di rinnovamento e dei contenuti di governo e di funzionalità della Giunta.
Mi avvio alla conclusione, rendendomi conto che questo nostro giudizio di metà legislatura, contrasta con le speranze che avevano accompagnato il nostro atteggiamento all'inizio di questa stessa legislatura; contrasta con le speranze che avevamo manifestato, con il voto che avevamo espresso in occasione dell'elezione della Giunta, "quel nostro trentesimo voto".
Ma debbo dire subito che, a scansa di equivoci, non ci rassegneremo (per riprendere una frase che ho già usato) a "fischiare i falli"; non ci rassegniamo a una navigazione precaria, rassegnata di questa Giunta e della Giunta di sinistra, non ci chiamiamo fuori. Abbiamo, in questi anni, ma soprattutto in quest'ultima fase, sollevato problemi; fatto proposte tentato, insieme ad altri Gruppi, di rispondere a problemi concreti; forse già da oggi o domani, discuteremo della legge sulla cooperazione un'iniziativa anche nostra; forse oggi o domani discuteremo dell'ordine del giorno sugli apprendisti, un'iniziativa nostra e di altri Gruppi, della D.C. dei Repubblicani, del PCI. Intendiamo discutere al più presto del modo con il quale si affrontano le questioni energetiche, attraverso un coinvolgimento reale degli Enti locali per sviluppare la partecipazione.
Intendiamo riproporre la questione del parere che la Giunta ha dato sul piano di ristrutturazione della Fiat e se, a fronte di un non rispetto degli accordi, la Giunta non ritiene di modificare il giudizio positivo visto che, nella delibera, è chiaramente scritto che il parere positivo è legato al rispetto degli accordi.
Intendiamo cioè continuare ad assumere, Presidente Enrietti, il nostro ruolo di stimolo, perché noi riteniamo che, in questo modo, possiamo dare un contributo a un rinnovamento dei programmi, dei contenuti di governo di questa Giunta, nel senso di predisporre questa Giunta a una ripresa di rapporto pieno, aperto con la società; che permetta di costruire quel blocco sociale che, per noi, certamente, significhi la riconferma della Giunta di sinistra nell'85, e come partito, significhi un primo passo verso la costruzione dell'alternativa con un blocco sociale, con la gente, con dei contenuti partecipati, e non alternativa che sia assemblaggio di alcuni dei partiti di sinistra e laici.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, siamo convinti che il documento uscito come dichiarazione congiunta, non come cartello, dei Capigruppo di tre forze all'opposizione della Regione Piemonte, sia un buon documento, sia un documento contenuto nei giudizi, propositivo in alcune indicazioni di lavoro comune e aperto al dialogo politico. E abbiamo l'impressione che, di questo spirito non settario, la stessa Giunta se ne sia resa conto per la risposta puntuale che ha voluto dare ai diversi punti di quel documento, e per le indicazioni di strategia politica che, dal Presidente della Giunta sono venute, e poi sono state riprese dal Presidente del Gruppo consiliare socialista.
Con lo stesso spirito di attenzione, abbiamo ascoltato il documento letto dal Presidente Enrietti. Abbiamo capito, anche se non condividiamo le parti di difesa del passato e ne abbiamo invece apprezzato alcune: sia riguardo alle indicazioni di lavoro futuro, sia, per la prima volta riguardo a riflessioni critiche su quanto questa maggioranza e questa Giunta deve verificare al suo interno, per rispondere agli obiettivi che lei stessa si è dati, di governo complessivo della comunità piemontese.
Né la Vetrino, né Paganelli dalla lunga esperienza, né io dall'esperienza più breve ma dalla non acerba ingenuità, ci illudevamo che le nostre ragioni vi convincessero e chiediamo al Presidente Enrietti, alla Giunta, di non considerarlo un fatto di preconcetto se, con altrettanta franchezza, vi diciamo che le motivazioni e le ragioni portate a difese non ci hanno convinto.
Escludo, da questo mio intervento, due generi di argomenti in un dibattito che si svolge in un clima stanco rispetto all'importanza del momento politico che stiamo vivendo, per motivi che cercherò poi di richiamare nell'ultima parte del mio intervento. Li escludo, dicevo proprio per cercare di dare maggiore finalizzazione alle parole che, per il Gruppo liberale, intendo esprimere su due ordini di considerazioni. Primo: il merito dei giudizi, cioè discutere in questa sede, in questo momento se, sulle diverse cose, abbiamo ragione noi che critichiamo, o la Giunta che si difende. Per queste valutazioni, nel corso dei dibattiti che si avvieranno, ci sarà motivo di articolare meglio i giudizi ponderati che come una delle forze all'opposizione, abbiamo dato sull'azione della Giunta nel suo complesso, e sull'azione dei singoli Assessorati.
Ed escludo anche il richiamo a fatti, come dire, attinenti alla normalità della vita politica, certo non auspicabili, ma in fondo inevitabili e tali da non creare scandalo; quindi, né fatti interni del Partito socialista, da cui più forti ancora che dalla voce di alcuni dei Gruppi all'opposizione, sono venute critiche sul bilancio della Giunta, n alle strumentalizzazioni che di questo atto di partito si potrebbero fare né alle brevi vacanze romane di un consistente nucleo dirigente socialista e agli esiti che ne sono emersi né ai destini elettorali che, dietro questi esiti, sembrano celarsi; né al pure importante problema dell'assetto di Giunta, delle deleghe, della scomposizione e ricomposizione degli Assessorati; né alle polemiche tra le forze della maggioranza (perché non sono polemiche di poco quando si afferma che due presidenti per una Giunta rischiano di essere troppi!).
Queste non sono cose che abbiamo detto noi; ma non voglio costruire il mio intervento su questi elementi di polemiche e di divisione. In ogni casa e in ogni rapporto tra forze politiche, ci sono cose e fatti che possono portare a polemiche di superficie, mentre dobbiamo avere sempre la capacità di guardare nel fondo della ragione per cui si costruiscono le maggioranze le maggioranze si cambiano e cambiano le strategie complessive per un governo politico di una comunità complessa come quella piemontese.
Questi obiettivi di logiche generali, passano a volte anche attraverso le misure dei fatti di tutti i giorni, ma devono essere valutati per la loro ragione di fondo.
Voglio invece fermarmi di più sul fare politica a Palazzo Lascaris, su quale è oggi la collocazione del nostro partito, per rispondere in modo chiaro, esponendo anche i dubbi che abbiamo, a quelle che sono le indicazioni contenute nell'intervento del Presidente Enrietti, e alle parole del Presidente del Gruppo socialista Viglione.
Io credo che le ragioni dell'opposizione liberale a questa maggioranza a questa Giunta, noi le troviamo certo, ogni giorno, in molti fatti specifici, nell'azione di controllo e di indirizzo che cerchiamo di svolgere.
Ma quando all'interno del Gruppo prima, e poi in un direttivo del Partito tenutosi sabato scorso, ci siamo interrogati se una forza politica può giustificare una sua collocazione all'opposizione su semplici valutazioni di doveroso controllo sui fatti ordinari, ci siamo risposti di "no". Abbiamo troppe ambizioni per credere che le ragioni della nostra opposizione siano riconducibili a fatti minori che, pure in continuità rileviamo nell'operato della Giunta.
Abbiamo riflettuto sulle ragioni di questa opposizione; sui trenta mesi di Regione che abbiamo passato su questi banchi, o per i lavori delle Commissioni. E ci siamo convinti che le ragioni di fondo della nostra opposizione a questa coalizione di Governo e a questa Giunta, sono i titoli stessi per una nostra richiesta di cambiamento politico, che si identifica con quel disegno alternativo di governo su cui stiamo lavorando.
Enrietti ha rivendicato con puntuale pedanteria e con continuità ci che la Giunta ha fatto; e proprio in questi giorni, lavorando su una raccolta dei principali interventi tenuti in quest'aula - un lavoro lungo e faticoso -, io ho scoperto che c'è anche una continuità, una logica, una strategia nell'azione nella presenza politica del Partito liberale in quest'aula, nelle proposte che formula, nell'articolazione ai diversi livelli.
E che, le ragioni della nostra opposizione, sono le ragioni stesse della richiesta di cambiamento politico.
Le voglio ricordare, proprio perché la comunità piemontese abbia, in quest'aula, anche il segno di una possibile diversa proposta di Governo.
Noi riteniamo che la terza legislatura, come è anche contenuto nel documento di alcune forze all'opposizione, debba, proprio per quei fatti che evidenziava Enrietti: il difficile rapporto Regione-Stato; le difficoltà della finanza locale che mutano nella qualità, non solo nella quantità; il tipo di azioni che le Regioni possono svolgere; debba essere guidato da un esecutivo che centri la sua azione su tre obiettivi, che sono: il decentramento dei compiti e delle responsabilità, per valorizzare le autonomie locali e per ricondurre la Regione a un compito di legislazione e di coordinamento per la programmazione; la semplificazione del complesso delle norme della Regione, per garantire alla comunità piemontese di poter disporre di leggi semplici e di rapida applicazione; e infine un'operazione di incisivo risanamento del bilancio regionale, che ridia spazio alle possibilità di investimento per progetti strategici al cambiamento del Piemonte.
Queste sono le tre grandi coordinate su cui si costruisce oggi un governo complessivo della comunità piemontese. E se su questi tre obiettivi, che sono obiettivi generali, non fatti specifici e marginali noi giudichiamo l'operato della Giunta, e non possiamo darne una valutazione positiva.
Ci sembra che non sempre, non con la dovuta forza e con la dovuta incisività, siano tenuti presenti queste tre grandi colonne su cui si pu costruire una utile terza legislatura regionale.
E ci domandiamo, poi, se è occasionale che questi tre grandi obiettivi su cui poi, in fondo, c'é una convergenza larga, non siano stati conseguiti; se sia occasionale, o se non dipenda dalle difficoltà che ha oggi una maggioranza di sinistra, specie se rigidamente intesa, a coglierli, questi tre obiettivi. E, secondo noi, il giudizio è questo; che in una situazione stretta delle finanze locali, in una situazione resa difficile dal momento particolare di cambiamento delle stesse grandezze su cui si costruisce l'economia del Piemonte, le Giunte di sinistra hanno esaurito, con una spinta propulsiva, la capacità di proposta l'innovazione, o, in un certo modo, l'hanno paralizzata.
E ci sono dei motivi per cui questo avviene; c'è una nuova ambizione socialista; di fronte ai fatti proposti dalla crisi economica, il disegno dei due grandi partiti della sinistra dà luogo a delle obiettive condizioni di scollamento, rese tanto più vere per le divaricate responsabilità a livello centrale, rese tanto più vere in sede locale, malgrado tutto, per le condizioni particolari del nostro sistema economico e produttivo; cioè che, oggi, ci troviamo di fronte a una struttura di maggioranza che sopravvive al disegno che ha rapportato alla creazione di questa struttura di maggioranza.
C'é in fondo, nella politica italiana, sempre, la tendenza, nelle formule, a sopravvivere a se stessa; cioè i cambiamenti politici, per una serie di motivi, avvengono in ritardo rispetto alle condizioni che ne determinano l'esaurimento; è avvenuto per il centro-sinistra, a livello centrale locale, e io ho l'impressione che avvenga anche per le Giunte di sinistra.
Certo, questa diagnosi che noi facciamo, su cui abbiamo costruito la nostra presenza politica in questa sede, ha, rispetto al disegno che abbiamo in testa, tempi e modi di svolgimento diversi e più lenti.
Probabilmente, come tutti gli schemi; quando lo si confronti con la realtà e quando lo si sovrapponga ai cambiamenti, ai travagli intrecciati, anche di fatti personali delle forze politiche, è probabile che anche questo nostro schema non sia da giudicare perfetto rispetto al disegno complessivo che ci poniamo di fronte.
Ci sono dei fatti di cui dobbiamo tener conto, e ne voglio parlare con molta franchezza sperando di non essere frainteso; noi abbiamo per la D.C.
per esempio, un grande rispetto; certo, la gestione dell'opposizione avviene in modo agevole. Però, non possiamo dimenticare che, mentre questa DC esprime con grande dignità le attese e le speranze del Piemonte, che io chiamo "statico", cioè del Piemonte dalle forti tradizioni sociali ed economiche delle Province, questa stessa DC è ancora incapace, anche nelle aree di opposizione, di concorrere con noi a costruire una proposta di sviluppo per le zone e le realtà del Piemonte, dove maggiore è stato nel passato il cambiamento sociale e dove oggi, più gravi, sono i problemi.
E noi dobbiamo dirle con serenità e franchezza queste cose, senza dare giudizi; perché certo, anche sulla nostra casa si possono dare giudizi; e lo stesso dobbiamo ritenere per questo nostro disegno; cioè che in questo momento, magari tra un anno, ci siano valutazioni e giudizi diversi; la politica è fatta di cambiamenti. Anzi, secondo me, dovrebbe esserci una legge che, comunque, l'alternanza, oltre un certo periodo di tempo, sia obbligatoria e vincolante.
E' una riflessione su cui, quando uno pensa a quanto male facciano le incrostazioni di potere legate alla stabilità degli uomini e delle forze politiche, sempre a determinati livelli, si rende conto che questa battuta che è paradossale, perché la democrazia non è fatta di regole fisse, deve indurre a qualche riflessione. Alla riflessione di non considerare un dramma il passare dal governo all'opposizione, né un successo assoluto passare dall'opposizione al governo; ecco, questo è il motivo della riflessione: a non far mancare mai la solidarietà complessiva di governo che sia al governo o all'opposizione.
Dicevo, di questa nostra valutazione per cui oggi, solo dalle forze di democrazia laica, socialista e liberale, possa venire un disegno di cambiamento radicale e profondo, e che questa prospettiva deve essere per tanto più forte nelle idee e nella coerenza in quanto è debole come forza politica.
Questo nostro disegno incontra oggi obiettive difficoltà; ad esempio ci attendevamo dai socialdemocratici nelle istituzioni e nella Giunta, un ruolo di raccordo, di cerniera, di maggiore apertura, che ci sembra sia progressivamente venuto a mancare. Certo, troviamo difficoltà a trovare occasioni di accordo comunque con i socialisti, anche quando ci sembra che abbiano al loro interno spazio e forme deteriori di pratica del potere.
Difficoltà anche nei rapporti che i liberali hanno con i repubblicani entrambi così facili al consiglio -, per lo stile e la disponibilità, credo dei rappresentanti di entrambi i Gruppi, i quali tuttavia scontano spesso incomprensioni e difficoltà per una permanente competitività elettorale tra i due partiti.
Quindi lo sappiamo che questo disegno di crescita, di un ruolo laico è difficile; ma non ci rassegniamo che non abbia futuro. In fondo constatiamo che il Piemonte, escluse le zone dell'egemonia comunista: Toscana, Emilia e Umbria, è l'ultima regione d'Italia ad avere in pieno la Giunta di sinistra.
Valutiamo come queste considerazioni non siano né strumentali, n campate in aria; è in atto un processo. Ed ecco allora come, non strumentalmente, sia chiara la decisione di rivedere qualcosa in questo esecutivo, sia una decisione apprezzata dai liberali e non la giudichiamo un passo indietro o non una battuta d'arresto.
La giudichiamo un passo un po' storto, un po' di fianco; certo, non lo consideriamo un errore, perché riteniamo che le attuali difficoltà non siano da ricercarsi negli uomini, ma nella struttura del disegno politico a monte; e perché, anche nei modi e nelle forme con le quali si è arrivati a un tale disegno, si è persa l'occasione di verificare una convergenza di programma tra i partiti laici e anche la forza del consenso che tale convergenza avrebbe, che è sicuramente più larga nella comunità piemontese di quanto oggi espresso dall'attuale Consiglio.
Io credo che la comunità piemontese si aspetti molto da questa nostra capacità di lavoro comune. C'è delusione da parte nostra; con l'augurio a Viglione e a Bontempi, aggiungo una battuta: gli anni passano per tutti uno non può restare "enfant" prodigio per tutta la vita. C'è un po' di delusione per i tempi lenti, per i passaggi secondo noi inutili attraverso i quali questo processo, che è in atto, avviene.
Ma non commetteremo l'errore di isolarci; noi siamo soddisfatti se potremo confrontarci. Abbiamo ancora dei dubbi, quali oppositori; con un governo più efficiente lavoreremo senza indulgenze ma anche senza preconcetti, per far crescere, malgrado la differente collocazione l'occasione di comprensione, di intesa e di lavoro comune.
Nelle valutazioni delle forze politiche - e mi avvio alla conclusione bisogna cercare anche di essere realisti: la vischiosità di una società così complessa ci rende convinti che al di là dei nostri desideri oggi probabilmente, non sono mature le condizioni per una alternanza secca della maggioranza. Né questo ci crea problemi o drammi; probabilmente non la consideriamo nemmeno nostro obiettivo centrale.
Un maggior ruolo dei laici; è questo l'obiettivo per il quale lavoriamo e che riteniamo addirittura obiettivo più importante e più centrale di un cambio della maggioranza oggi.
Certo, la nostra posizione di liberali non è facile; è stretta, molto stretta, da un disegno politico di responsabilità laica che cammina troppo adagio per le nostre speranze; dalla volontà di emergere con pienezza di rispetto a un ruolo non più subalterno nei riguardi di altre forze politiche; dalle difficoltà che incontriamo nel dare pieno credito al partito socialista quando ci sembra che tardi troppo a dare seguito a un disegno politico che pure lo vede protagonista, nel Paese e nel Piemonte nei contenuti prima ancora che non nei disegni di assetto generale, alla impossibilità di praticare intese col partito comunista, da cui, per altro spesso, apprezziamo pragmatismo per affrontare i temi, problemi, soluzioni situazioni. Ci siamo posti con grande spregiudicatezza questi dubbi, queste incertezze, queste riflessioni nel nostro Consiglio regionale; ora, su questi temi, devono lavorare gli organi di partito. La politica cambia; i partiti che si credevano morti vivono e vivono bene e si aprono nuovi spazi. E' quindi una posizione di attenzione e di attesa quella che noi abbiamo, su questa vicenda; e lavoreremo anche nei mesi prossimi, per confrontare il nostro scadenziario, costruito insieme alle due forze di opposizione, democrazia e repubblicana, con lo scadenziario che ci viene proposto dalla Giunta che in molti punti, vediamo, riprende temi e argomenti da noi sollevati. Lavoreremo anche nei prossimi mesi, a partire da domani, con una sola nota di pessimismo: abbiamo l'impressione che, in realtà, il vero confronto politico, nel Piemonte, riprenderà una volta che siano sciolti i nodi di settembre.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, i lavori terminano qui. Il Consiglio è convocato per oggi pomeriggio alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12.50)



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