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Dettaglio seduta n.17 del 31/10/80 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Interventi fondiari

Interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso inerente allo stato di evasione delle domande di miglioramento fondiario


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Iniziamo con l'interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso inerente allo stato di evasione delle domande di miglioramento fondiario.
Risponde l'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

La legge 51/1975 prevedeva l'art. 5 agevolazioni in conto interessi (5A) e in conto capitale (5B) per la realizzazione di miglioramenti fondiari quali strutture zootecniche, abitazioni rurali, ecc.
Le tabelle che seguono evidenziano lo stato di attuazione al 30 settembre 1980 degli interventi di miglioramento fondiario a favore delle aziende singole gestiti dagli Ispettorati provinciali dell'agricoltura.
Dallo schema del flusso delle domande di pag. 3 risulta la seguente situazione complessiva: a) erano pervenute al 9 giugno 1977 (data di chiusura) 13.277 domande per un importo a richiesta di 325.128 milioni b) sono decadute a vario titolo 4.513 domande per un importo di 115.428 milioni; sono classificate come decadute le domande respinte, le domande rinunciate e le domande che hanno ritrovato successivo accoglimento sulle leggi regionali n. 15/1977 e 457/1979 (per le quali si rimanda alla risposta fornita a seguito della recente interrogazione n. 25 del 17 settembre 1980) c) sono state finanziate con i fondi della legge 51/1975 e successivi rifinanziamenti 7.109 domande per un importo a richiesta di 162.453 milioni (la spesa ammessa a contributo è stata circa di L. 130.000) d) sono state trasferite sulla legge 63/1978 (con sdoppiamenti sui vari articoli della legge 63/1978) 1.741 domande per un importo di 45.079 milioni. Di tali domande trasferite, risultavano finanziate al 30 settembre 1980 in numero di 694 e per un importo di 22.984 milioni. Ne risultavano decadute n. 839 per un importo di 12.752 milioni e rimanevano da definire n. 208 per un importo di 9.353 milioni e) sono state trasferite sulla legge 457 domande per un importo di L.
18.112.301.000 per abitazione rurale dalle leggi regionali 51/1975 e 63/1978 alla 457/1978 art. 26.
Questa è la sintesi del documento che invierò agli interroganti.



PRESIDENTE

Il Consigliere Chiabrando ha facoltà di parlare per la replica.



CHIABRANDO Mauro

Prendo atto della risposta che è stata data e ci riserviamo di esaminare i dati che, essendo dati statistici, non credo saranno passibili di valutazioni, se non questa: mi pare di capire che di queste vecchie domande resterebbero ancora impigliate nelle reti degli uffici 2 mila domande, lo coglierei questa occasione, signor Presidente, per ribadire quanto ho già detto: sovente noi facciamo interrogazioni che richiedono dati e cifre. Se potessimo avere le risposte scritte risparmieremmo tempo.
Questo di oggi è un esempio di come avremmo potuto esaurire prima l'interrogazione, senza perdere tempo.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso relativa alla distribuzione del Bollettino "Piemonte Agricoltura"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interrogazione presentata dai Consiglieri Chiabrando Lombardi e Penasso relativa alla distribuzione del Bollettino "Piemonte Agricoltura".
L'Assessore Ferraris risponde agli interroganti.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Il Bollettino di informazione socio-economica della Regione Piemonte "Piemonte Agricoltura" viene realizzato secondo gli indirizzi che erano stati enunciati nel primo numero del giugno 1977: fornire agli addetti dell'agricoltura piemontese, in particolare ai titolari delle aziende agricole ritenute valide e suscettibili di sviluppo e ammodernamento, tutte le informazioni utili alla crescita e al miglioramento delle condizioni generali di lavoro e di vita nelle campagne.
In tal senso, e rispettando le indicazioni delle direttive CEE per l'ammodernamento dell'agricoltura, e intraprendendole ovviamente alla luce della legge 15, si ritiene che i destinatari del Bollettino debbano essere informati circa tutte le opportunità di ricorso alla legislazione comunitaria, nazionale e regionale, di iniziativa nei campi della produzione, della trasformazione e della commercializzazione dei propri prodotti, di utilizzo delle occasioni che comunque si presentino per l'aggiornamento professionale, tecnologico ed economico delle aziende.
In questo quadro anche l'informazione su quanto emerge dai convegni di studio può essere utile alla documentazione di quanti operano in agricoltura.
La distribuzione del Bollettino "Piemonte Agricoltura" viene effettuata seguendo i seguenti criteri: è stato costituito un indirizzario, composto attraverso le indicazioni degli uffici dell'Assessorato, che hanno fornito i nominativi dei titolari di azienda che intrattengono rapporti con la Regione per le varie forme di contribuzione, e quindi operano attivamente in agricoltura attraverso le indicazioni di altri Assessorati, in particolare quello all'istruzione, per inserire negli elenchi quanti seguono i corsi di formazione professionale attraverso le indicazioni delle organizzazioni professionali sindacali e cooperativistiche che hanno autonomamente deciso di far inviare il Bollettino ai propri associati attraverso le indicazioni di altri Enti pubblici (Comuni Comprensori, Comunità montane, Province) che hanno fornito altri nominativi infine attraverso la richiesta personale e spontanea di quanti in questi armi hanno sollecitato l'invio del Bollettino stesso.
In complesso si è così determinato un indirizzario di oltre 66 mila nominativi, riorganizzati attraverso il calcolatore elettronico.
Si calcola che circa il 93% dell'indirizzario comprenda nominativi di titolari di aziende agricole, singole o comunque associate, mentre il resto dei nominativi comprende tecnici operanti in agricoltura, amministratori pubblici, operatori delle comunicazioni sociali e singoli individui di cui non si conoscono le qualifiche.
I costi di realizzazione del Bollettino "Piemonte Agricoltura" si riducono alla stampa e diffusione dello stesso, essendo ogni attività redazionale del tutto non retribuita.
Nel corso del 1977 la Regione ha quindi speso per il Bollettino L.
45.940.000; nel 1978 L. 41.731.380; nel 1979 L. 62.824.477; nel 1980 (primi sei numeri) L. 38.337.221.
I costi di stampa e distribuzione sono particolarmente ridotti se si fa riferimento al costo unitario, circa L. 78,255 per copia.
Quanto alle copie stampate, salvo lievi variazioni, all'interno del migliaio di copie, è stabile da oltre un anno a 70 mila copie; era inferiore nel corso del primo anno di pubblicazione.
Quanto all'elenco numerico per Comune dei destinatari del Bollettino "Piemonte Agricoltura" si allega alla presente risposta copia, aggiornata al 5 giugno 1980, dell'elenco in possesso dell'Assessorato.
Circa la carenza di informazione sull'attività della Regione l'osservazione appare inesatta, in quanto criterio assunto fin dal primo numero è stato quello di dare pubblicità soltanto agli atti formali della Regione stessa, cioè leggi approvate, delibere assunte dalla Giunta o dal Consiglio, iniziative concretamente avviate e in questo senso l'informazione è sempre piena e puntuale.
Il numero 6 del 1980, cui fanno riferimento i Consiglieri interroganti forniva ai lettori materia di documentazione in merito ad un tema specifico, quello dell'impiego dell'aereo nella difesa fitosanitaria dei vigneti, che era stato oggetto di un convegno di studio della Regione Piemonte e che sarebbe stato tema di fondo di un congresso mondiale da ospitarsi a Torino nel settembre successivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Il Bollettino è un atto molto importante e interessa gran parte della popolazione rurale. Prendiamo atto delle notizie che ci ha dato l'Assessore. Abbiamo presentato questa interrogazione per conoscere queste notizie ma anche per dare alcuni suggerimenti poiché ci risulta che nei 66 mila nomi che compongono l'indirizzario ci sono molti doppioni.
Personalmente ricevo quattro Bollettini, forse uno è ancora indirizzato a mio nonno, il Consigliere Penasso ne riceve tre, quindi una verifica è opportuna.
Rileviamo poi che il contenuto del Bollettino potrebbe essere più vario e più ricco. Il numero unico sulla difesa antiparassitaria è stato certamente interessante, però data la materia trattata e il numero limitato delle persone a cui interessa quella materia, il suo costo è stato sproporzionato.
La Giunta compie molti atti oltre a quelli pubblicati sul Bollettino che potrebbero essere riportati. E' un suggerimento che diamo.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa e con essa abbiamo concluso l'esame delle interrogazioni ed interpellanze.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta") - Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Dibattito sui problemi socio-sanitari


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito sui problemi socio-sanitari.
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, signor Presidente, stamattina eviterò di fare come ha già fatto egregiamente il collega Beltrami, la storia della medicina e non risalirò da Esculapio a Bajardi, a Cernetti Bertozzi. Il Consigliere Beltrami ieri ha dato prova della sua cultura e gli siamo grati per la finezza del suo dire, per l'ampiezza delle cose che ha voluto ieri mattina, in apertura, farci intendere. Non mi addentrerò in fatti tecnici perché ci sono i medici per i fatti tecnici. Voglio cogliere alcuni aspetti di tutta la vicenda, che va sotto il nome di sanità o, per meglio dire come la relazione dell'Assessore Cernetti Bertozzi per molti aspetti pregevole, ci ha fatto intendere, dei fatti Sanitari o socio-assistenziali che ci pare il termine più corretto. Come dicevo, il mio disegno di stamane è quello di cogliere alcuni aspetti delle relazioni, aspetti che o non sono stati trattati, o che possono essere integrativi delle relazioni che ci sono state presentate. Intanto, vorrei dire che la salute non nasce oggi. E tu, Beltrami, hai fatto bene a ricordare l'ultimo periodo del governo di centro-sinistra alla Regione Piemonte, che va dall'agosto-settembre 1973 fino al 1975, e questo periodo ultimo al quale noi abbiamo partecipato e di cui non diamo un giudizio negativo in quanto durante quell'arco di tempo nacquero molti fatti importanti.
La salute, o il processo riformatore della salute, dicevo, non nasce certamente oggi con il nostro dibattito; ha alle spalle lunghi anni di comune lavoro. Nel quinquennio che ci sta alle spalle, quando l'attuale Presidente della Giunta, Enrietti, aveva l'Assessorato alla sanità e l'avv.
Vecchione quello dell'assistenza, intervennero certamente dei processi importanti a modificare una situazione che noi definivamo preoccupante. Una lunga preparazione, quindi, che si attesta sui fatti dell'individuazione delle zone, linee di intervento riguardo al campo socio-sanitario determinazione delle unità, un raccordo generale fra istituzioni e Regione con processi nuovi che la società andava maturando. Cioè, in quel periodo avvenne - parlo sempre dei sei-sette anni che ci stanno alle spalle - il sostanziale passaggio di una società priva di un messaggio culturale socio sanitario ad una nuova cultura socio-sanitaria. Questo mi pare di coglierlo molto bene nella relazione dell'Assessore Cernetti Bertozzi, ripresa per alcune parti dalla relazione dell'Assessore Bajardi. Il vero salto fatto in quegli anni è stato il nuovo modo di gestire la salute e l'assistenza, cioè la rottura dell'antico, l'emergere del nuovo, sviluppatosi nel Paese, ma che noi identifichiamo chiaramente nella nostra comunità regionale la quale ha saputo adempiere esattamente alle prescrizioni delle leggi sanitarie nazionali, al relativo piano di intervento alle leggi di riforma, talch con poche altre Regioni italiane, si è collocata tempestivamente sul piano della riforma, attivandone altresì i relativi strumenti.
Questo forte processo riformatore si identifica anche nell'altro processo che è quello della gestione del territorio, e forse non abbiamo ancora esattamente la coscienza di cosa abbia voluto dire: esso ebbe inizio nell'ultima parte della prima legislatura e pose le basi per la trasformazione di un modo tradizionale ed antico, quello dell'aspettativa della salute e della carità come momento dell'assistenza, in un momento autentico di diritto alla salute. Un secondo momento è quello che vede la salute passare da bene individuale a bene collettivo, che vede rompersi la concatenazione di mille interessi che dominano sia il processo dell'assistenza che quello della sanità e finalmente vede passare l'uomo dalla sua solitudine nella vita e nella morte alla solidarietà, al concreto interesse e, noi abbiamo detto, alla politica fatta a misura d'uomo. Si è così via via dato origine alla correlazione fra il campo della sanità e quello dell'assistenza. Vi è uno sforzo ed un disegno nella relazione dell'Assessore Cernetti Bertozzi, di essere consapevoli e di lavorare nella direzione di questa correlazione, anche se il documento ha alle spalle un senso di disperazione che si avverte laddove si lamenta la mancanza di strumenti, la non presenza di una lene riformatrice, il fatto che attraverso la 616 alcune competenze siano passate direttamente in sede locale senza la possibilità di una programmazione e di un intervento generale all'interno della comunità regionale. Allora, qual è il nodo centrale dell'attuale riforma, se alle nostre spalle il processo ha visto la rottura delle antiche catene, la non più solitudine dell'uomo di fronte alla salute, alla vecchiaia, per cui oggi andiamo verso un nuovo modello che ci viene offerto? Qual è questa strada, questo passo che dobbiamo ancora compiere nella politica che abbiamo definito a misura d'uomo? E' il processo che porta all'autogestione ed all'autogoverno della salute, che non si manifesta soltanto nella determinazione di fatti zonali, in aree geografiche, ma nella grande partecipazione e, per la Regione, non soltanto in mera erogazione di somme - come si deduce dall'affermazione che ha espresso anche l'on. Forlani, cioè del passaggio diretto delle somme dallo Stato alle Unità Sanitarie -ma nel saper essere l'espressione. popolare nel costituire il momento di indirizzo e di coordinamento. Questo è l'obiettivo che noi socialisti perseguiamo, ma il grande disegno non diventerà affresco se non supereremo una funzione di indicazione di strumenti o di impianto meramente tecnica. Certo, sappiamo tutti - la relazione lo riporta - la necessità di maggiore attenzione alla prevenzione, alla cura, riabilitazione, la non disarticolazione tra questi momenti, il valore che dobbiamo dare - come ha detto anche Marchini - alla classe medica; ma sappiamo anche che questo non costituisce di per se stesso riforma: la vera riforma è nel salto culturale.
Tutto quello che facciamo qui, oggi, è quasi del tutto sconosciuto alla periferia o fra la gente che legge i giornali, la quale non ne individua esattamente la portata ed è volta piuttosto a reclamare qualche servizio in più o a criticare qualche servizio che fosse in più per chi partecipa in modo diverso ai sistemi mutualistici, che non a cogliere il grande significato di questa autentica riforma che vuol dire finalmente l'interesse verso l'uomo, dalla sua nascita alla sua morte; processo di riforma talmente importante che, credo, proprio per questo non abbia trovato ancora la sua giusta dimensione. Se non c'è questo fatto culturale il processo non potrà mai andare a termine. Accanto a questo, nelle relazioni mi pare di non cogliere l'aspetto dell'informazione, la quale deve consentire ai milioni di cittadini, ormai centro dell'interesse e degli interventi, una maggiore conoscenza e coscienza del processo che si va sviluppando.
Ecco che allora, qui, ci misuriamo, Beltrami: le tue battute ed il tuo finissimo intervento possono essere colti certamente in questa direzione.
Quando voi andavate a parlare del processo riformatore che nell'800 venne portato avanti da grandi sacerdoti qui a Torino, nel dibattito che si è svolto a Vercelli sul libro di Castronovo "La storia del Piemonte negli ultimi cento anni", Castronovo ai domenicani, richiesto di questo, fu diplomatico, ma dopo disse che gli sembrava che questo processo che portavano avanti Don Bosco, Cottolengo, Cafasso, era un processo congeniale non tanto come riforma, quanto come costituiva. Non sono però di questa tesi, sono invece della tesi che ha costituito il momento di riforma.
Se non andassimo verso una informazione diversa oggi il cittadino ne saprebbe poco sulle Unirà Sanitarie, sulle Unità Locali, sulle Unità dei Serviti, sulla non divaricazione fra sanità e assistenza. Il cittadino ha accolto in questi anni la rottura dell'antico tipo di assistenza intesa come carità, la rottura dei grandi lager che costituivano il momento per morire e non per vivere, ha accolto il significato della grande rottura che è avvenuta in questi ultimi sei o sette anni. Ricordiamo quanto nel 1975 fossero ancora in vita questi sistemi e sappiamo quanto si è innovato con le comunità alloggio, con le case albergo, con le piccole unità dei paesi oppure dei quartieri, con la difesa anche del singolo cittadino nel tessuto sociale. E' stato un momento di riconduzione alla vita e non di rottura degli antichi modi. La legge sulla soppressione delle IPAB è stata vista come una non giusta rottura dei modi di assistenza dell'anziano, ma quei modi andavano rotti, quelle istituzioni non avevano più senso, ma dovevano essere ricondotte alle nuove unità che abbiamo approvato. Oggi il cittadino è ancora poco informato, seppure sia avvenuto questo processo all'interno dei quartieri, dei gruppi sociali e del sindacato.
La riforma però è tutt'altro che penetrata. Gli Assessori si pongono nell'ottica di creare un metodo di informazione che sia continuo, che non abbia fratture, che interessi i mass media. Senza questo non vi sarà riforma; allora, dobbiamo arrivare alle scuole, alla radio, alla televisione, ai quotidiani, ai periodici, ai gruppi sociali, alle istituzioni, creando strumenti per l'informazione, non considerando la salute solo come momento di erogazione di medicine, ma considerando come fatto permanente di partecipazione da parte dei cittadini alla costruzione dell'uomo. La costruzione dell'uomo non è un fatto che possa cadere sull'uomo, è un fatto che l'uomo stesso deve prendere su di sé pecche il processo riformatore avvenga veramente. Se non si farà tutto questo andranno perdute molte speranze e deluse molte attese.
Per quanto riguarda gli aspetti del pubblico e del privato, abbiamo già trattato in più occasioni; noi non siamo per la demonizzazione del privato.
Quando il privato in una società pluralistica sarà in grado di intervenire con capacità e di contribuire a dare la salute, non vi è nessun dubbio che sarà di aiuto e giustamente non sarà demonizzato. E' certo però che dobbiamo vedere tutto questo in una costruzione del pubblico adeguata.
C'era una clinica che aveva il TAC da un anno e mezzo e non c'era invece un ospedale in Piemonte che l'avesse; allora dobbiamo dire che questa costruzione deve avvenire rendendo il pubblico più forte, dando alla classe medica dignità, munendola di strumenti tali per cui possa competere veramente. Quindi non demonizziamo assolutamente niente.
Non siamo per dare la salute in appalto. La salute è un bene collettivo prezioso che va difeso attraverso linee di intervento e obiettivi che sono comuni al pubblico ed al privato.
Così come non si deve demonizzare il fatto che vi siano molti che si rivolgono alle consulenze esterne a Zurigo, a Lione, a Parigi, a Mosca, a New York. Riteniamo che la dotazione delle strutture piemontesi o di quelle esistenti all'interno del nostro Paese sia adeguata e capace di dare delle risposte valide per la salute. Abbiamo speso in questa direzione centinaia di milioni, a volte solo per liberare dall'ansia, dei malati che riponevano la speranza di guarire in una struttura esterna del nostro Paese, ma spesso questo non si è avverato. Bisogna avere anche il coraggio di dire queste cose.
Signori Assessori, signor Presidente, ci avviamo al secondo momento della riforma, quello dell'autogoverno e dell'autogestione della salute (il primo momento fu la rottura delle antiche catene e della solitudine dell'uomo), ci avviamo al concetto di grande solidarietà, tale da rendere più alta e più qualificata la vita umana.



PRESIDENTE

Sono così conclusi gli interventi dei Consiglieri.
La parola all'Assessore Cernetti Bertozzi per la replica.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Devo un ringraziamento a tutti gli intervenuti per l'apporto costruttivo dato nel dibattito che è stato molto equilibrato ed interessante.
Al collega Beltrami che ha giudicato la mia relazione "femminilmente sfumata", dovrei rispondere che in questo la femminilità poco ha a che vedere: in genere non sono sfumata, anzi, sono aggressiva, quindi la sfumatura che qui è stata colta, è perplessità: ritengo una giusta perplessità e apprensione, non disperazione compagno Viglione. Sono perfettamente cosciente del divario esistente nel passaggio tra la programmazione e l'attuazione. Praticamente l'attuazione è avvenuta soltanto in alcune zone sperimentali. Ci sarà ancora un grosso lavoro da compiere. Sia chiaro che queste perplessità e questa apprensione non sono motivo di scoraggiamento, anzi, sono incentivazione per procedere subito per farai carico di tutto il peso e per andare avanti senza incertezze verso qualcosa di concreto.
Da che cosa derivano le perplessità? Dalla mancanza di una legge nazionale che preveda strumenti adeguati. Ci rendiamo conto che i mezzi per operare sono di difficile reperimento. Ci rendiamo conto che ci sono grossi problemi insoluti come quello del personale che ancora oggi non sappiamo in che ruolo immettere, non sappiamo come assumere, personale di cui non conosciamo né la funzione né la collocazione. In merito al personale c'è anche il grosso problema della formazione degli operatori, avvenuta soltanto in parte; ci rendiamo perfettamente conto che se la formazione non avviene, non può esserci il decollo della riforma assistenziale. Sul ruolo l'assunzione e la collocazione del personale è allo studio una legge che andrà a regolamentare la materia, appunto in mancanza della legge nazionale sull'assistenza.
Un'altra grossa difficoltà è data dalla mancanza di fondi sempre in carenza della legge nazionale sulla riforma per l'assistenza. Sono continue le difficoltà quando occorre concretare in un bilancio gli interventi quando si deve caricare le spese o sui fondi dell'assistenza o sul Fondo Nazionale della Sanità. Sono nodi che cercheremo di risolvere a livello regionale, visto che non verrà a tempi brevi la tanto sospirata legge sulla riforma dell'assistenza.
Si è anche parlato della cultura delle strutture. Si è detto giustamente che i risultati non possono essere valutati sulla quantificazione. Questo lo ritengo esatto. La Regione non è un cantiere, la cui importanza si misura dall'estensione. Certo, non possiamo valutare quello che abbiamo fatto per i minori dalla quantità delle strutture di asili nido create. E fermiamoci un attimo sul capitolo asili nido.
213 sono stati costruiti o direttamente dalla Regione o con contributi su 83 esistenti. Questi asili nido ricoprono soltanto l'8,44% del fabbisogno, previsto attorno all'11-12%. Ci sono gravi carenze di tali strutture in grossi centri urbani, dove il funzionamento di quelli esistenti è buono e dove i costi sono ridotti, mentre c'è un supero di queste strutture soprattutto nelle località di campagna e di montagna a causa del decremento demografico, della disoccupazione femminile, dello spopolamento delle zone, dell'invecchiamento della popolazione. Vi sono zone con una popolazione anziana attorno al 40%.
Siccome sono convinta che la maggioranza degli amministratori siano dotati di buon senso, basato sulla quotidianità e sulla realtà delle situazioni e siccome approvo la flessibilità delle strutture, ho autorizzato la riconversione da asilo nido a scuola materna, per i casi che venivano richiesti. Sempre più insistente si fa la richiesta di riconversione nelle zone montane e di campagna di asili nido in case di riposo. Certo, questa non è una riconversione che l'Assessorato privilegi sarà comunque un problema da prendere in considerazione: quando aumenta la domanda è doveroso prenderla in considerazione attraverso provvedimenti che tengano conto delle richieste avanzate dai singoli Comuni, ma soprattutto di quelle fatte dalle U.S.L. con una visione più globale. La quantità è un elemento che denota un'attività in un settore; certo non è l'unico elemento per giudicare la qualità della vita degli assistiti che la Giunta privilegia. E così non andiamo a qualificare quello che abbiamo fatto per gli anziani secondo le strutture che abbiamo approntato.
Compito della Giunta regionale è di lavorare in prospettiva programmando con una visione globale, in continuità con la precedente legislatura, una base sicura su cui partire per realizzazioni concrete.
Questo ci spinge anche verso un altro dovere, quello di assicurare con atti immediati, l'assistenza ai deboli: perché assolutamente non ci devono essere dei vuoti.
E' stata posta in rilievo la questione dei costi e a questo proposito mi sembra che la mia relazione sia stata trasparente: personalmente anch'io ho grosse perplessità sui costi. E' indubbio che l'assistenza non debba assumere una funzione surrogatoria di carenze strutturali. Qualora l'assistenza fosse allargata in questo senso sarebbe un campanello d'allarme di una società in sfascio. Mi auguro, pertanto, che l' Assessorato all'assistenza non diventi l'Assessorato più importante della Regione Piemonte: rischieremmo di "egamizzare" la nostra Regione passatemi il termine -. Inoltre l'assistenza non deve rincorrere i bisogni anzi deve predispone e sollecitare interventi complessivi per assicurare a chi si trova in stato di bisogno, non altrimenti risolvibile, soluzioni qualificate e qualificanti.
Un intervento autorevole ed apprezzato per la finezza e per la piacevolezza con la quale è stato esposto sottolineava che questi interventi sono fatti per soddisfare necessità individuali e personali; noi li chiamiamo collettivi e comprendono le fasce di esposizione al rischio e al bisogno.
Con questo, è chiaro che gli interventi assistenziali non devono cadere; anzi, devono essere selezionati e tali da essere efficaci secondo lo scopo che si prefiggono.
Per quanto riguarda il volontariato, devo dire che lo inseriremo in una visione più ampia. Auspichiamo il coinvolgimento, la collaborazione, la responsabilizzazione dei cittadini (che noi abbiamo chiamato "gestione sociale" con sensibile differenza; il concetto anche se basilare rimane abbastanza simile); lo privilegiamo non soltanto per il suo alto valore morale; siamo amministratori, quindi dobbiamo fare i conti con esigenze strettamente materiali, perché siamo ben coscienti del divario esistente fra bisogno e disponibilità economiche. Giustamente, come ha detto il Consigliere Viglione non rifiutiamo il privato, ma auspichiamo anche una confluenza del settore privato nel settore pubblico. Non vedo perch dovremmo rifiutare esperienze valide; perché dovremmo rifiutare strutture che, certo, devono essere riconvertite secondo criteri dell'assistenza più moderni e più aggiornati, che comunque devono essere utilizzate. Tutta questa contemperanza di pubblico e di privato dovrà andare di pari passo con lo spirito della riforma socio-sanitaria.
Per quanto riguarda il progetto anziani, veniamo al tanto discusso problema delle case di riposo, delle case protette, delle comunità alloggio e delle case albergo.
Personalmente sono abituata a fare questioni di sostanza ed evitare le questioni di forma. E' indubbio però che questa nomenclatura sottintende un salto di cultura. Mi spiego: rifiutiamo le case di riposo sul genere di quelle di Corso Unione Sovietica e di Corso Casale, tanto per fare due esempi in Torino, ma ce ne sono altri anche nelle province; rifiutiamo cioè questi ghetti, queste "anticamere della morte" non dignitose, a livelli tali che portano al degrado fisico e morale. Mi sembra doveroso rifiutare questo.
La riforma socio-sanitaria giustamente parla di riconversione di strutture. Dobbiamo allora riconvertire case per autosufficienti in case per non autosufficienti per assicurare a questa fascia più bisognosa una qualità superiore di servizi con un intervento sanitario molto più elevato che altrove.
Però non siamo per la deistituzionalizzazione sempre, comunque e a tutti i costi. Riteniamo che il buon senso e valide soluzioni stiano in un giusto mezzo.
In effetti, negli incontri tra la Giunta e le Province molte di esse hanno evidenziato problemi di anziani autosufficienti nelle campagne, nelle zone montane, per i quali è impossibile l'assistenza domiciliare perch abitano in casolari sparsi, spesso distanti chilometri l'uno dall'altro: pertanto, bisognerà provvedere strutture anche per questi anziani, magari con soggiorni temporanei, soprattutto nei mesi invernali. In questo caso dovremo stare attenti al tipo di risposta che si darà.
Ho visitato una grossa struttura sperimentale di Novara che è costata oltre 3 miliardi e mezzo. Mi ha colpita la diversa risposta che veniva offerta all'interno della struttura stessa: i due primi piani sono adibiti a camere ed enormi soggiorni dove, su enormi poltrone, gli ospiti stanno rattrappiti, muti, indifferenti, apatici. I due piani superiori erano attrezzati in mini alloggi. Lì gli ospiti erano arzilli, interessati ognuno voleva portarmi nel proprio appartamento per farmi vedere come l'aveva ammobiliato, che cosa ne aveva fatto e per dimostrarmi quanto era contento; questi hanno la possibilità di ricevere i parenti e gli amici, di ripulire il proprio alloggio, di cucinare, di uscire per la spesa: tutto questo li tiene vivi e attivi.
Dovremo valutare tutto questo per dare una risposta in positivo anche su queste strutture. In ordine a queste strutture è stato fatto un accenno sulle difficoltà che vi sono presso la Cassa Depositi e Prestiti. La legge regionale del Piemonte, votata dopo la legge nazionale, definisce strutture assistenziali , anche le case albergo e le comunità alloggio per anziani.
Non essendo stato fatto tale adeguamento in quella sede, la Cassa Depositi e Prestiti, finanzia soltanto le case di riposo. Non è questione di denominazione: dietro a questa c'è un salto di cultura, quindi non è la Regione ma è la Cassa Depositi e Prestiti che deve adeguarsi a concezioni più avanzate. Ma questo non è il solo nodo da sciogliere con la Cassa Depositi e Prestiti.
In ordine al progetto handicappati, il giudizio venuto dal Consigliere del P.R.I. è che la relazione è riduttiva perché riguarda soprattutto l'istituzione. C'è un progetto handicappati che dà, linee metodologiche dove si tratta dell'inserimento degli handicappati nelle strutture scolastiche, nei luoghi di lavoro e nella formazione professionale. Ho ritenuto di non riprendere quel discorso e di mettere invece l'accento sul problema che l'Assessorato tratta tutti i giorni: il problema degli handicappati gravi e gravissimi. Ci sono handicappati che richiedono l'assistenza di sei operatori fissi al giorno e la maggior parte degli istituti li rifiuta: quindi, è un problema di cui dobbiamo farci carico urgentemente. E' inutile nasconderci questa verità, è inutile pensare che questo dramma possa essere risolto con l'inserimento. Si dovrà anche risolvere la questione dei costi: un handicappato gravissimo può comportare una spesa dai sei agli otto milioni al mese.
Altre iniziative invece si possono assumere con costi molto più modesti: è l'abbattimento delle barriere architettoniche. I tecnici hanno valutato che sono aumenti che vanno dal 3 al 5%. La Regione dovrà portare avanti questo con impegno.
Ma per poter operare in modo razionale occorre fare un censimento raccogliere dati e percentuali degli handicappati gravi e dei meno gravi.
Il piano attuativo sugli handicappati sarà presentato nell'81, non perché è l'anno internazionale dell'handicappato, ma perché approfitteremo di quella circostanza per focalizzare il problema, e sarà accompagnato da un'ampia informazione che si rivolgerà agli amministratori, agli utenti alle famiglie, alla società.
Farò ancora qualche osservazione sui tossicodipendenti.
Ci rendiamo conto che questo tipo di assistenza deve essere inglobato in un progetto più ampio in un arco che comprenda l'assistenza all'infanzia, ai giovani, agli anziani.
Devo dire con estrema sincerità che presso l'Assessorato non esiste assolutamente nulla in materia. Occorrerà avviare un'indagine campione verificando l'esistente nelle strutture pubbliche e in quelle private.
Al collega liberale dirò che difficilmente mi soffermo sui termini: handicappato o non abile ; l'importante è risolvere i problemi, anche per quanto riguarda i tossicodipendenti. E' chiaro che nella relazione l'emarginazione del diverso è stata usata in termini provocatori da chi non crede e non vuole che vi siano l'emarginazione e i diversi.
Osservo, in ultimo, che era impossibile, a poco più di due mesi da quando assunsi la responsabilità dell'Assessorato, venire qui a proporre un piano concreto e preciso.
L'impegno per l'immediato futuro è di fornire i dati che sono stati richiesti e che non siamo stati in grado di fornire e un progetto concreto anche in ordine alla formazione. E' uno sforzo e un salto di cultura notevole che richiederà l'apporto di tutte le forze politiche. Nei pregevoli interventi di ieri e di questa mattina mi è sembrato di intravvedere un sostanziale consenso. E' auspicabile che tutte le forze politiche convergano verso obiettivi comuni.
Il collega liberale ha detto che la riforma sanitaria e socio assistenziale sarà attuata quanto tutti all'interno degli ospedali e all'interno degli istituti useranno il "lei". Posso invece dire, e ritengo di esprimere il parere della Giunta, che sarà veramente e profondamente attuata quando tutti si daranno del "tu".



PRESIDENTE

Ha ora la parola l'Assessore Bajardi per la replica.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Corre l'obbligo anche da parte mia di ringraziare i dodici colleghi che sono intervenuti nella discussione. Aveva ragione la collega Cernetti Bertozzi di rilevare l'impegno in questo dibattito che credo ci sarà utile nello svolgimento della nostra attività. Vorrei ringraziare in particolare il collega Beltrami, il cui ruolo non può essere disgiunto quello di esponente della Democrazia Cristiana e da Presidente della V Commissione, a cui competono molte grandi incombenze, quelle che conseguono assieme all'Assessorato ed assieme a tutti i membri della Commissione e del Consiglio, nel completamento di quel quadro generale. Si è anche ironizzato sulle trenta leggi che devono essere realizzate: vorrei chiarire, trenta temi, che potranno essere compendiati anche in cinque leggi. Ma, saremo capaci? Non abbiamo possibilità di copiare da altri, dobbiamo camminare con la prudenza e la consapevolezza che compiremo molti errori e, quindi, la consapevolezza, già sin d'ora, che dovremo ritornare in seguito sul lavoro svolto. Preferisco però qualcosa di fatto oggi, che contenga un errore scontato del 5-10 %; piuttosto che qualcosa di perfetto tra un anno che non potrà, quando sarà perfetto, nemmeno avvalersi dell'esperienza concreta nel lavoro.
Sono prevalsi nella discussione apprezzamenti positivi, in primo luogo sul taglio delle relazioni e sulla metodologia. Credo, personalmente, di dover esprimere, come ha fatto la collega Cernetti Bertozzi, la mia soddisfazione ed anche per quanti hanno collaborato, direttamente o indirettamente, nella preparazione di questo materiale.
Il Consigliere Marchini ha usato parole eccessive, credo, ma il criterio era quello di tentare di fare il punto. Devo però ricordare che per quanto riguarda la spesa potrei qui elencare quelle tre relazioni sulla parte finanziaria riguardo all'assistenza; sulla parte finanziaria riguardo agli ospedali, nel '77 e nel '78; le tre relazioni sull'assistenza sanitaria dal punto di vista finanziario, di cui due nel '79 ed una nell"80. Dovremo compiere un lavoro faticoso, di recupero, di tutte le in formazioni; particolarmente doveroso in un'assemblea regionale al 50 rinnovata, in cui la costruzione di un processo unitario non è qualcosa che deve essere lasciato al caso, ma costruito coscientemente. Ma il criterio è anche di confermare ed approfondire la linea contenuta nella proposta di piano regionale socio-sanitario, da difendere come documento di principio con la piena disposizione a ragionarci sopra e a fornire un'ipotesi di lavoro. Mi pare di poter dire che i rilievi, anche quando il richiamo è alla prudenza, alla verifica, alla sperimentazione, arricchiscono le ipotesi di lavoro avanzate dalla Giunta e ci permettono di concludere che siamo in possesso di una "carta di credito ad operare".
La Giunta ne prende atto con soddisfazione, era un suo esplicito intendimento e si impegna a darne attuazione. Dobbiamo farcela in questa direzione stiamo mettendo a regime una macchina nuova e complessa, le U.S.L., con una complessa ed articolata operazione di recupero e di rilancio di tutte le competenze ereditate dal sistema passato. Vorrei aggiungere ancora che noi abbiamo di fronte un'occasione storica, forse l'atto più rilevante per il nostro Paese dei prossimi cinque anni, che lascerà una traccia profonda per altri 25 o 30 anni, prima di poter prendere decisioni di così grande rilievo. Fallire vorrebbe dire far fallire lo stesso concetto di riforma, non solo nell'ambito della politica sanitaria, ma nello sviluppo dell'attività intera del nostro Paese.
Credo che nella proposizione delle nostre tematiche piemontesi noi non abbiamo copiato solo dagli inglesi, e non è nemmeno detto che sia fallita la riforma sanitaria in Inghilterra. Al collega Beltrami, che ha riportato le parole e gli approfondimenti dell'economista inglese Seldom, vorrei ricordare che nello stesso convegno svoltosi il 31 gennaio, organizzato dalla Fondazione Einaudi, un altro autorevolissimo economista inglese ha sostenuto, con altrettanta dovizia di informazioni, una tesi sostanzialmente opposta ed ha sottolineato che la soluzione dei problemi connessi ai, servizi sanitari non sta nel "libero mercato" ma nella vigilanza sui servizi. Ma, non si tratta tanto di porsi il problema se siamo o no in difformità con quanto hanno fatto gli inglesi o in coerenza.
Dobbiamo sì avvalerci di tutte le esperienze, ma dobbiamo porci il problema di far bene in Italia e in Piemonte, avvalendoci del frutto e del confronto che è doveroso compiere analizzando tutte quante le questioni.
E' dalla consapevolezza di tutto ciò che deriva l'affermazione che la riforma sanitaria in Piemonte non può essere il risultato né di un solo partito, né di una classe, né di una categoria. E' una grande operazione di civiltà, è la riforma socio-sanitaria, perché un altro elemento di novità che sta crescendo nell'adeguamento della proposta presentata al Parlamento è che essa viene ad essere integrata da quella parte programmatica sociale, portata avanti in quelle poche proposte di piani regionali che sono stati presentati tutti come piani regionali socio-sanitari. E' una grande operazione di civiltà, ho detto, che ci permette di portare ad una sintesi superiore tutto quanto abbiamo ereditato dal passato come cultura come strutture e come patrimonio. Sarà una sintesi molto complessa, vera se in essa ognuno si appresterà con due atteggiamenti: la convinzione delle proprie visioni, della propria esperienza; la disponibilità a riflettere, a confrontarsi, a cambiare le proprie opinioni e proposte in una visione pluralistica ampia ed articolata da cogliere nel vero senso; pluralismo non come stato di necessità ma come esigenza da cogliere per realizzare questa grande operazione storica.
Tutto ciò credo valga particolarmente nelle soluzioni tecniche da dare ai problemi, che di per se stesse mal si adattano quando i problemi dell'uomo sono diversi, al limite singoli. L'uomo concreto è irripetibile ed irripetibile è il suo concreto collocarsi nell'ambiente: anche di ci dobbiamo tener conto in un rapporto globale aperto a cui dobbiamo andare e possiamo andare con sforzo, con ricerca e con modestia. Il problema del pluralismo permea tutta quanta la visione del servizio sanitario nazionale.
Vorrei riferirmi a ciò affrontando i problemi del pluralismo istituzionale a cui nessuno fa cenno ma che è uno dei punti di partenza se vogliamo seguire correttamente un'impostazione di questo genere: rapporto fra Stato Regioni, U.S.L.
A questo capitolo si ispira tutta l'argomentazione emersa nel dibattito sulla spesa. Non voglio richiamare al luogo comune che "chi ha soldi in mano è colui che decide", ma è certo che il concetto della spesa è un elemento che passa all'interno di tutto il discorso del pluralismo istituzionale. Credo di non errare nel rilevare come nella propria dichiarazione programmatica il Presidente del Consiglio Forlani ha dato più spazio alla sanità; il "Corriere medico" ha apprezzato la quantità, il triplo dello spazio dedicato dall'ex Presidente Cossiga alla sanità. Ma non credo che sia un problema di quantità. Credo che debbano essere rilevati gli elementi positivi contenuti nella dichiarazione programmatica del Governo e, in primo luogo, quel richiamo che suona per noi tutti "attenzione alle scadenze del 31 dicembre"; attenzione non burocratica, con il sollecito alle Regioni e agli Enti locali ad attuare tutte le misure previste nel piano, ma per dare efficienza ed efficacia non fine a se stessa ma in una visione più generale, e capisaldi di tutto ciò la qualificazione dell'impiego delle risorse, l'aumento della produttività punto trainante di questo discorso il ruolo della politica degli investimenti per il riequilibrio tra il nord ed il sud e per il potenziamento dei servizi di assistenza primaria e della prevenzione. Io però, a questo punto vorrei cogliere alcuni elementi di contraddizione che sono presenti nella pratica politica, nel ruolo della politica degli investimenti nella recente decisione assunta dal Senato - ed io richiamo quel poco della politica di investimenti della mia relazione - che prevedeva un incremento del fondo in spesa corrente nel fondo in spesa investimenti, il Senato ha approvato, seppure con una riduzione da 2.500 a 2.000 miliardi l'incremento della spesa corrente; però, per quanto riguarda il 1980, quell'investimento previsto, che io avevo segnalato, quello suggerito dal Consiglio Nazionale della Sanità, non è stato incluso. Il che vuol dire che qualcosa ci deve far riflettere, se seriamente la politica degli investimenti e non della spesa corrente è quella che deve e pu inarcare il segno del rinnovamento. E, ancora, non posso trascurare un altro fatto legislativo: è stata presentata in Parlamento la legge finanziaria, quella che regolamenterà per il 1981 tutti i rapporti tra Stato, Regioni ed Enti locali, ed è stato riproposto di nuovo nella legge finanziaria quanto era già stato proposto nel '78 e poi tolto, nel '79 e poi tolto, viene riproposto nell'80, il problema che i flussi finanziari passeranno direttamente dallo Stato alle U.S.L., il che è un elemento per lo meno dubbio, sia sul piano politico, sia sul piano tecnico ed organizzativo. Certo, esiste un drammatico problema: una serie di Regioni nel nostro Paese (come risulta da una relazione presentata in Parlamento) ad aprile aveva un residuo di spesa corrente di 800 miliardi, ma la Regione Piemonte non ha nessun residuo di spesa corrente; di qui la legittimità nostra di non accettare atteggiamenti burocratici nella soluzione di problemi che esistono, ma non possono andare sulla strada della tecnocrazia e del non rispettare i patti tra i ruoli diversi dei vari livelli istituzionali. In questo campo ritengo vi sia lo spazio per una presa di posizione da parte del nostro Consiglio e delle forze politiche, perch come nel '80, nel '79, nel '78 questa posizione è stata recuperata, essa lo possa essere ancora in occasione dell'imminente dibattito che ci sarà alla Camera dei Deputati, sia sugli aspetti più generali dell'incremento del fondo generale del servizio sanitario nazionale, sia per quanto riguarda l'organizzazione dell'erogazione di queste risorse, che deve essere coerente con il pluralismo istituzionale. Un altro aspetto del pluralismo è quello economico. Nella mia relazione vi ho dedicato spazio, lo ha ripreso la collega Cernetti Bertozzi, non voglio soffermarmi. Voglio solo dire che la legittimità di una presenza del momento pubblico non viene messa in discussione. Viene posto in discussione il fatto che vi deve essere uno spazio reale per il momento privato, non fittizio, non artificioso e, in quanto fittizio ed artificioso, esso non produce altro che un aumento indiscriminato della spesa sanitaria, perché certo il momento pubblico deve garantire una serie di servizi, e li può garantire in questa operazione all'interno delle strutture che ha già e si pone per noi affrontando alcuni aspetti particolari (quelli degli investimenti, per esempio, decisi dal nostro Consiglio all'inizio di quest'anno per i servizi di analisi chimica e radiologica all'interno degli ospedali). Il momento pubblico deve garantire una verifica puntuale dell'efficacia, della tempestività con cui queste risorse sono state utilizzate e dei risultati che esse possono produrre, ed una determinazione, quindi, del ruolo concreto che in questo spazio possono avere le varie componenti economiche.
Ritengo che una riflessione che è stata fatta da molti relativamente al pluralismo sociale sia di dovere. Innanzitutto, partendo dalla constatazione che in questo settore operano una pluralità di categorie e in particolare, le categorie che giocano un ruolo determinante nella gestione del servizio della riforma sanitaria. Il medico, credo che debba essere rassicurato: nell'impostazione nostra non vi è nessuna visione riduttiva del ruolo del medico, ma piena consapevolezza che senza il medico e contro il medico noi non facciamo nessuna riforma sanitaria; allora i allo stesso modo, senza gli infermieri, senta gli altri operatori, noi non riusciamo a realizzare la riforma sanitaria, come senza una partecipazione attiva degli utenti non costruiamo nemmeno il servizio sanitario nazionale.
Credo di poter affermare che la collocazione, oggi, del medico nel servizio sanitario non punta assolutamente alla figura unica del medico-funzionario crediamo ancora nel rapporto di fiducia, anche se esso non può essere esteso a tutto il sistema ed è legittimo pensare che nell'ospedale possa essere correttamente portato avanti il discorso del tempo pieno per avere un ospedale efficiente, funzionante nelle ventiquattro ore, non commisto con tutta l'attività dei servizi di base. E' in ragione di ciò che se non riusciremo a spuntarla per il tempo pieno è altrettanto ragionevole ipotizzare che il tempo definito , degli specialisti ospedalieri non pu esplicarsi solamente all'interno dell'area specialistica, altrimenti per ragioni .di funzionalità, non ideologiche, non è possibile pensare che uno specialista nell'ospedale possa erogare nello stesso momento un'assistenza generica a quegli utenti i cui bisogni si collocano in qualsiasi momento della giornata, e bisogna poi attendere, invece, come è la lunga attesa di molti utenti, il termine delle prestazioni specialistiche all'interno dell'Ente per poter fruire poi dell'assistenza generica. Vi sono degli elementi discriminanti che derivano da una visione funzionale dell'erogazione del servizio e non certamente pregiudiziale. E, ancora tutta quella tematica del volontariato che è stata richiamata: certo, se ci sarà una riduzione dei costi lo registreremo, ma non può essere fatto nessun discorso che punti al riconoscimento del volontariato come riduzione dei costi del servizio sanitario nazionale. Al volontariato dobbiamo guardare con attenzione per cogliere quanto deriva dai valori più generali del problema della riforma; dal fatto, come è stato rilevato, che il protagonista è l'uomo ed è doveroso che altri uomini affrontino il problema in termini di solidarietà, anche con un impegno personale, sebbene questo non possa essere considerato un metro di misura dell'impegno di tutti gli uomini.
Ma, per quanti vogliono cimentarsi in questo ambito, nell'ambito di un sistema che è un diritto ed un dovere da garantire a tutti da parte della collettività, può e deve trovare spazio. Anche in questo campo devono trovare soluzioni concrete i problemi del pluralismo religioso, nelle strutture e nell'atteggiamento di volontariato, in modo che il complesso delle strutture che si richiamano ad orientamenti religiosi possano avere un riconoscimento all'interno del sistema che non corrisponda esclusivamente ad una visione di efficienza, ma che tenga conto anche di quegli elementi peculiari che in alcuni casi si connotano anche in gruppi di minoranza etnica, il cui rispetto del problema religioso coincide, in certa misura, con l'attenzione ad una serie di altri problemi di origine territoriale.
Le scelte: il riequilibrio con lo strumento della programmazione, la prevenzione con il problema dell'assistenza di base; di qui un nuovo appuntamento che credo di poter dare sulla tematica dei distretti, che è il nuovo livello in cui il concetto di U.S.L. si invera con una concreta erogazione del servizio in quella porzione di territorio; a cui dobbiamo chiamare tutti gli operatori di quella porzione di territorio, siano essi sanitari o sociali, e costruire anche un interlocutore politico. E' vero la 838 non propone un interlocutore politico a livello del distretto: si limita a livello delle U.S.L.; ma non ci vieta niente e dobbiamo ispirandoci anche alle indicazioni contenute nella legge regionale 3 lavorare su questo. E' a livello di distretto che vi è quel gruppo di operatori che ha il contatto quotidiano con gli utenti, che vi è la possibilità concreta di un interlocutore pubblico, politico, privo di funzioni gestionali, non chiamato a far delibere, ma che può ragionare con questo complesso di operatori e verificare l'attuazione di quei programmi delle U.S.L., che diventano concrete nel momento in cui si costruiscono dal basso. Sono i programmi di riordino del servizio di base e di distretto quelli nei quali prevale il momento della prevenzione ai vari livelli nell'ambiente, nella fabbrica, perché lì c'è un discorso concreto. Credo che a questo punto il richiamo agli elementi introdotti nella relazione mi permetta di quasi concludere, richiamando l'attenzione dei colleghi che hanno posto una serie di problemi sull'impegno da parte della Giunta a riferire in Consiglio e, prima ancora, in Commissione, sulla verifica dell'utilizzo delle risorse per i servizi di analisi e radiologici e per tutto ciò che riguarda il capitolo dell'edilizia ospedaliera.
In questi giorni abbiamo fatto il censimento delle richieste pervenute ufficialmente all'Assessorato. La cifra che ne consegue è l'esigenza del fabbisogno di 80 miliardi per soddisfare quanto è stato richiesto.
Agli 80 miliardi dobbiamo aggiungere quanto il piano prevede perché la diffusione dei servizi sul territorio è un obiettivo che deve essere seguito non con atteggiamenti dirigistici, ma neanche lasciando spazio alla spontaneità.
Di quegli 80 miliardi, 15 servono per pagare debiti per lavori già eseguiti o per pagare quelle opere che la Cassa Depositi e Prestiti non finanzia più.
E qui farò un piccolo inciso. Forse sarà sfuggito a qualche collega che quando nella relazione e nei vari documenti si parla di spesa sanitaria predeterminata vuol dire che nel prossimo bilancio 1981 la spesa ospedaliera, al di là dei residui degli anni precedenti, sarà solamente utilizzo del Fondo Sanitario Nazionale. Nulla di più e nulla di meno, la chiarezza di una politica di programmazione lo esige.
Allora dovremo fare fuoco con la legna delle risorse che ci vengono messe a disposizione, con quelle briciole residue, dopo che la politica degli investimenti non è stata accolta. Mi auguro che lo sia prima della fine dell'anno e avremo appena le risorse per pagare, utilizzando anche la fantasia. Mi impegno sin d'ora a riferire, quando la Commissione lo riterrà sul capitolo della spesa ospedaliera. E' un tema su cui dobbiamo seriamente riflettere, e se del caso esaminare in Consiglio, perché bisogna dare risposte concrete a problemi concreti con risorse concrete che abbiamo a disposizione e non con quelle che potremmo auspicare ma che dal 1981 non possiamo più sottrarre dalla parte restante del bilancio regionale.
Sul problema posto dalla collega Vetrino Nicola, il Comune di Torino non ha ancora deciso. Si è detto che il Comune di Torino dovrà decidere prima della fine dell'anno, mi permetto di osservare che dovrà decidere prima del 21 dicembre, e potrà anche decidere di non fare niente; in ogni caso dovrà assumere una posizione pubblica per collocarsi correttamente in questo disegno che può prevedere anche fasi di transizione proprio perch nella soluzione dei problemi non dobbiamo avere nessun schematismo.
I colleghi Montefalchesi, Carazzoni ed altri hanno chiesto dati informazioni e socializzazione di elementi di conoscenza. Tutti i dati sono a tabulato. Certo, l'utilizzo di essi deve essere corretto in quanto non vorrei essere accusato di operazioni di linciaggio. Una elaborazione anonima dei dati permette di cogliere la sostanza del problema. Il centro di calcolo ha già prodotto degli elaborati per fasce di età, per raggruppamenti territoriali, quindi è già possibile iniziare un discorso serio. Gli elaborati in corso ci dicono già che la spesa farmaceutica (160 miliardi indicati nella relazione) si colloca in modo molto difforme sul territorio. Anche questi dati sull'utilizzo dei farmaci saranno messi a disposizione del Consiglio dopo opportune analisi in Commissione per concordarne un utilizzo corretto ai fini della realizzazione degli obiettivi della politica di piano. Forse sarà opportuno raccogliere tutto il materiale fornito con le relazioni passate, per metterlo in blocco a disposizione dei Consiglieri.
Il Consigliere Mignone chiede che sia accelerata l'adozione della proposta di piano regionale socio-sanitario. La Commissione ha deciso di iniziare la consultazione nel mese di gennaio, bloccando i lavori del Consiglio per dieci o quindici giorni affinché tutti i Consiglieri siano in grado di parteciparvi, sia al centro che in periferia, sì da costruire una conoscenza non "di collegio" ma regionale e da trarre l'indicazione per un aggiornamento del piano. In questo modo il Consiglio porrà ragionevolmente decidere sia in ordine al piano sia in ordine alle leggi richiamate, prima della prossima estate. Nella seconda metà del 1981 si potrà passare alla fase attuativa più consapevole, che permetterà di mettere a disposizione delle U.S.L., alle quali entro il 31 dicembre passeranno le competenze degli altri Enti territoriali, tutti gli elementi utili per lo svolgimento della loro funzione.



PRESIDENTE

Mi è pervenuto un ordine del giorno firmato da tutti i Gruppi, tranne che dai Gruppi D.C. e M.S.I.



REVELLI Francesco

E' un ordine del giorno presentato dal P.C.I. a cui hanno aderito gli altri Gruppi escluso il M.S.I.



CARAZZONI Nino

Il P.C.I. ovviamente non richiede la firma del M.S.I. al suo ordine del giorno, noi faremmo altrettanto. Credo però che sia compito suo, signor Presidente, mettere a disposizione di tutti i Gruppi il materiale distribuito in modo che si possa esaminare.



BONTEMPI Rinaldo

Propongo di passare ad un altro punto e di votare questo ordine del giorno alla fine della seduta.



PRESIDENTE

D'accordo.


Argomento: Caccia

Interrogazione dei Consiglieri Cerchio, Chiabrando, Sartoris e Brizio inerente la legge sulla caccia


PRESIDENTE

Mi è giunta la richiesta del Consigliere Cerchio di passare all'esame dell'interrogazione sulla caccia da lui presentata unitamente ai Consiglieri Chiabrando, Sartoris e Brizio.
L'Assessore Simonelli si è dichiarato pronto a rispondere.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla caccia

Con l'interrogazione i Consiglieri firmatari intendono sapere se da parte della Giunta si intende avviare con tempestività la modifica alla legge sulla caccia.
Proprio in questi giorni in Commissione abbiamo definito alcune modifiche al testo di legge che si sono rese necessarie dopo l'esperienza del primo anno di applicazione della legge regionale. Le modifiche vanno in varie direzioni, comprese alcune di quelle che i Consiglieri hanno richiamato nell'interrogazione: il divieto di sparo a distanza inferiore a 150 metri (art. 47) e la possibilità di realizzare l'abolizione della scelta obbligatoria tra esercizio di caccia in montagna e quello in pianura. La legge in questo momento è avanti alla VI Commissione e quindi arriverà in aula molto presto, forse per la prossima seduta di Consiglio.



PRESIDENTE

Il Consigliere Cerchio ha facoltà di replica.



CERCHIO Giuseppe

E' nota la posizione del Gruppo della Democrazia Cristiana in ordine alla legge 60, della fine del '79, sul problema della caccia e dobbiamo dire, come abbiamo rilevato negli interventi in allora, che in realtà non ci pareva del tutto buona la legge regionale sulla caccia, come, viceversa è il giudizio espresso dall'Assessore, soprattutto per alcune contraddizioni fra quella legge regionale e la legge quadro nazionale ed alcune incongruenze di una normativa regionale che, per la verità approvata con un certo ritardo, ha causato una certa stasi di quasi un anno a cui sono conseguite una serie di difficoltà in questo senso. Noi abbiamo con alcuni colleghi della D C., presentato questa interrogazione nel settembre, stante l'imminenza, al 21 settembre, dell'inizio della stagione venatoria e la necessità, quindi, di riproporre una serie di modifiche alcune solamente tecnico-formali ed operative, altre di sostanza alla legge, in quanto, in effetti, riteniamo di dover giungere ad una sintesi organica che la precedente legge non ha dato, fra quelli che devono essere gli interessi della fauna per una seria difesa dell'ambiente, gli interessi degli agricoltori e, infine, gli interessi della caccia quale elemento di equilibrio faunistico e della pratica di una sana politica del tempo libero.
Siamo lieti che la nostra interrogazione abbia provocato e stimolato la presentazione di alcune minime modifiche alla legge regionale sulla caccia o, meglio ancora, l'interpretazione di alcuni articoli. Siamo dell'avviso che su questo argomento si dovrà con tempestività - e certo il prossimo Consiglio regionale lo vorrà - entrare nel più specifico della legge, per produrre quei miglioramenti che certamente la legge regionale del 1979 non ha prodotto, né ha risolto come problemi legati alla caccia stessa.
Ringrazio per la risposta e, soprattutto, per la disponibilità espressa, tra l'altro, nella stessa relazione della legge, da parte dell'Assessore di pervenire a queste modifiche come passo iniziale di una successiva modifica organica della legge stessa.



PRESIDENTE

L'interrogazione è così esaurita.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta") - Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Ordine del giorno presentato dai Consiglieri Viglione, Mignone, Revelli Vetrino Nicola, Marchini, Montefalchesi e Paganelli a conclusione del dibattito sui problemi socio-sanitari


PRESIDENTE

Al fine di porlo in votazione rendo noto il contenuto dell'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Viglione, Mignone, Revelli, Vetrino Nicola, Marchini, Montefalchesi e Paganelli sui problemi socio-sanitari.
Chiede la parola il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Il testo ordine del giorno signor Presidente, è di una tale genericità che il M.S.I., avrebbe potuto condividerlo.
E' bene però chiarire la questione che qui si è determinata. Il Consigliere Revelli ha sostenuto che l'ordine del giorno era stato inizialmente presentato dal Gruppo comunista e doveva intendersi come presentato dagli altri Gruppi, escluso il M.S.I.: pertanto, non si sentiva personalmente disposto di chiedere la mia firma. Ho già detto prima che ritengo non corretta, ma in regola con le norme politiche che si sono adottate e che si seguono, questa procedura.
Successivamente, però, il Presidente del Consiglio in persona mi ha domandato di firmare l'ordine del giorno. E' nata una questione che non ritengo ancora risolta e che sarà bene esaminare nel corso della conferenza dei Capigruppo: se, cioè, un ordine del giorno che viene presentato dalle varie forze politiche, può essere dal Presidente del Consiglio allargato ed esteso, con invito alla firma a tutti i Gruppi presenti in assemblea. Per il momento si è risposto alla questione dicendo, non da parte del Presidente del Consiglio, ma da parte del Consigliere Revelli, che questo non è possibile farsi. Stando così le cose, ringraziando il Presidente che ha voluto, anche in questa occasione, dare prova di imparzialità, non posso, unicamente per una questione di principio, dare voto favorevole ad un ordine del giorno del quale, pur condividendo la sostanza, non viene chiesta e non viene concessa l'apposizione delta mia firma.
Darò pertanto un voto di astensione.



PRESIDENTE

Alla prossima riunione dei Capigruppo verrà proposta la questione che lei ha avanzato e cioè stabilire se è nelle mie possibilità o meno fare apporre la firma ad altri Gruppi.
La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Prendo la parola solamente per non lasciare un equivoco che l'intervento del Consigliere Carazzoni potrebbe far sorgere: non si tratta di un ordine del giorno presentato dal Partito Comunista cui poi gli altri hanno dato adesione, perché noi Gruppo della Democrazia Cristiana, se intendiamo dare adesione a qualche cosa la diamo manifestando la nostra dichiarazione di voto. Si tratta invece di un ordine del giorno che è presentato dalle forze politiche che l'hanno firmato.



PRESIDENTE

Dopo le dichiarazioni dei Consiglieri Carazzoni e Paganelli, possiamo procedere alla votazione dell'ordine del giorno. Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale preso atto delle relazioni degli Assessori alla sanità ed all'assistenza e delle proposte ed osservazioni scaturite dall'ampio dibattito; considerata la grande rilevanza che riveste per l'intera comunità piemontese la corretta attuazione della riforma sanitaria si impegna a promuovere, con la collaborazione della Giunta, forme adeguate di informazione e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica a rivolgere, con il contributo dei Gruppi consiliari, un appello, ad ogni cittadino della comunità piemontese ad essere partecipe e protagonista di questo grande processo riformatore".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 39 voti favorevoli e l'astensione del Consigliere Carazzoni.


Argomento: Questioni internazionali

Esame mozione presentata dai Consiglieri Bontempi e Marchiaro sulla situazione politica nei Paesi dell'America Latina


PRESIDENTE

Procediamo con il punto sesto all'ordine del giorno che reca: "Esame mozione presentata dai Consiglieri Bontempi e Marchiaro sulla situazione politica nei Paesi dell'America Latina".
Ha chiesto di parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, è un peccato, io credo svolgere questo argomento, per l'importanza che esso riveste, per le implicazioni che ha riguardo ad un nostro comportamento, riguardo ad una tragedia di popoli interi, già un po' sul finire della mattinata e soprattutto, in un'aula in cui il dialogo è difficile. Ritengo che se il Consiglio prende la dirittura di riuscire a sfilacciarsi attorno a questioni procedurali (riguardo agli ordini del giorno) e a trascurare queste questioni, dobbiamo fare ancora un momento di riflessione tutti per riuscire a dare alla vita di questo Consiglio ed ai contenuti che ci diamo per sviluppare delle iniziative, il giusto e necessario rilievo. Chiedo scusa di questo sfogo, ma l'ho fatto per richiamare un'attenzione che credo sia presente nelle forze politiche in sé, ma che non può eludere il momento di confronto e di discussione qui in corso attraverso i temi che sono stati da questa mozione proposti.
Per la verità è una mozione che è stata proposta a settembre; allora era tragicamente attuale, a motivo dell'appena avvenuto golpe in Bolivia e dell'esplodere della guerra civile in S. Salvador. Ma ritengo che discuterla proprio oggi, alla fine del mese di ottobre per una serie di fatti e di avvenimenti che si determinano in quella parte del mondo, sia ancora molto tempestivo e particolarmente utile.
Tenuto conto del tempo che ci siamo dati e raccomando a me stesso di non contravvenire a quell'impegno di chiudere entro l'una, taglierò parti di una relazione che poteva essere più ampia. Una relazione in cui, in ogni caso, rispetto a quelli che sono i contenuti della mozione, credo vadano fatti alcuni aggiornamenti ed alcune precisazioni. I due mesi che sono intercorsi dalla presentazione della mozione sono stati mesi densi di altri avvenimenti. Devo dire, però, che insieme agli avvenimenti delittuosi, al crescere spaventoso di una repressione in alcuni Paesi come il S. Salvador il Guatemala, la Bolivia, insieme a dei fatti singoli di grande risonanza come, ad esempio, la scomparsa in Argentina del Segretario del Partito Comunista paraguayano - c'è uno scenario in cui si stanno esprimendo dei fatti nuovi.
Sarà bene, allora, ripercorrere un attimo molto velocemente l'analisi delle varie situazioni, dividendo, per comodità di esposizione, l'analisi a seconda delle parti in cui si divide la geografia politica dell'America Latina.
La situazione del "cono sud" del continente: situazione del Paraguay, Paese immobile ormai da 25 anni, sotto la dittatura spietata e feroce del gen. Stroessner, che ha avuto anche fremiti di rivolta contadina, ultimamente, stimolati anche dal basso clero, ma che sono stati soffocati duramente da un rilancio della persecuzione e in questa chiave va letta anche la scomparsa del Segretario del Partito Comunista paraguayano in Argentina.
Cile: la Giunta di Pinochet è passata da una repressione di massa ad una repressione selettiva ed ha intrecciato a quest'azione diversa sul piano della repressione, anche il dispiegamento di un programma vero e proprio di stabilizzazione economica sotto la guida autorevole dei cosiddetti "Chicago Boys", gli allievi di Milton Friedman. La resistenza in questo Paese si è fatta più difficile, gli elementi di divisione tra le forze politiche e democratiche la rendono più difficile e questa politica questa assunzione anche, di nuovi valori, che cerca di introdurre in questa maniera, attraverso anche queste grandi consulenze, il regime di Pinochet determina nel Cile una delle situazioni di maggiore difficoltà per una ripresa organizzata con prospettive della resistenza democratica.
In Argentina il governo Videla cerca anch'esso programmi di normalizzazione economica e sociale e cerca di impostare un disegno di reintegrazione nazionale; in realtà ha da nascondere i circa 15 mila scomparsi nella repressione e serve, senza ritegno, una restaurazione arrogante del privilegio dell'oligarchia.
Uruguay: Paese che fu, fino a pochi anni fa, uno dei modelli democratici del continente latino-americano, con una classe operaia la più organizzata e combattiva, la più vicina alle tradizioni europee, purtroppo mantiene ancora oggi il primato mondiale del numero dei cittadini imprigionati e torturati ed il più alto numero di esiliati in tutto il mondo (un milione e mezzo) e questo dà il segno che nonostante le vacue promesse di un ritorno delle libertà civili, la situazione è molto infelice.
Bolivia: Paese del patto andino, non più del cono sud. Non ripercorrerò tutte le fasi - sarebbe troppo lungo - che hanno portato e poi costituito la messa a regime del golpe e del sistema golpista. Proprio in quella parte dell'America Latina dove, per una serie di fatti, la democrazia tendeva, seppure con oscillazioni ed in maniera molto tormentata a fare dei passi, magari anche attraverso dei militari democratici, il caso della Bolivia, il riapparire nella forma più drammatica e più violenta della repressione dittatoriale, riporta indietro la situazione generate e l'esecranda avventura di Garcia Meza e dei suoi centurioni è un'avventura che cerca di estendere questi sistemi e le loro caratteristiche ripugnanti in tutto il resto della zona.
Abbiamo poi il centro-America. Qui, vorrei sottolineare (non è possibile, nell'economia breve di questo discorso) come le caratteristiche rispetto all'America Latina propriamente dette sono differenti: qui abbiamo in rivolgimento un settore la cui influenza americana è maggiore, in cui peraltro, elementi di diversificazione interessanti si sono verificati, in cui, però, il grande problema rispetto al Brasile, rispetto alla stessa Argentina, rispetto ai Paesi della zona andina, è quello del passaggio drammatico da una fase di concezioni economiche dominanti - quella dell'esportazione agricola e, quindi, della sottomissione alle grandi Compagnie transnazionali tipo la "United Fruit" e quelle che hanno determinato per lunghissimi anni la politica in questo Paese - ad un processo di industrializzazione che contiene in sé degli elementi anche interessanti. E non è un caso che nella geografia di questi Paesi ci siano Stati come il Costarica, l'Honduras, in cui si sta affermando un sistema democratico, come Panama che ha tentato di allentare certi legami troppo soffocanti con gli Stati Uniti, come il Guatemala e il S. Salvador che in qualche misura, proprio per questi motivi, proprio per essere in un'area che è forse più vicina di altre ad elementi di movimento democratico, si esprimono più che come ripresa di vecchie tradizioni, in forma generalizzata di massa, di ribellione ad un sistema che ha toccato il fondo della repressione e del genocidio.
Vorrei ricordare in S. Salvador, in particolare, ma in tutto il centro America e nell'America del sud, il ruolo che sta giocando la Chiesa cattolica, un ruolo che mentre in Brasile è ancora preso nell'equivoco tra le gerarchie ecclesiastiche e preti alla eldercamara, qui è ormai passato ad una fase decisamente di riconoscimento e di promozione della lotta popolare in mezzo ai contadini ed attraverso le loro lotte. L'episodio dell'arcivescovo Romero credo sia il più indicativo, in quanto dà il segno di quanto più vasto sia questo movimento di ribellione, che io definisco di ribellione perché in questi Paesi - per esempio in S. Salvador - la storia degli ultimi cinquant'anni è quella di continua alternanza di nuove forme repressive con tentativi di ribellione di massa sottoposti a inaudita repressione. Purtroppo, però, anche qui i dati sono spaventosi: vorrei ricordare la carneficina che è stata scatenata in Guatemala: Amnesty International, che ha proclamato questo anno 1980 come l'anno dei diritti umani in Guatemala, calcola che in dieci anni siano state assassinate o siano scomparse circa 70 mila persone (la media con cui le persone vengono uccise o scompaiono in Guatemala è dalle tre alle otto giornaliere!). Nella nostra mozione riportavamo che dall'inizio di agosto 2 mila persone sono già morte assassinate per motivi politici in Guatemala. A questo si aggiunge il Salvador, in cui, purtroppo (è tragico ricordare questi numeri che scandiscono i segni di una repressione la quale, d'altra parte, pare nelle sue manifestazioni così brutale, legata al momento della disperazione, ma continua ormai da anni) nelle ultime settimane il ritmo è di 20-30 omicidi per notte e gli "Squadroni della morte" degli ultras di destra, fiancheggiatori della Giunta, predicano la necessità di eliminare fisicamente almeno 150 mila persone (in un Paese che non è molto popolato che ha 4 milioni e 600 mila abitanti, che è come il Piemonte) per ripristinare l'ordine nel Paese.
Questo è il quadro molto sommario, a cui dobbiamo aggiungere, come elemento di grande preoccupazione, il fatto che proprio in questa zona, nel centro-America, l'ondeggiare della politica statunitense abbia delle ripercussioni gravissime. Abbiamo avuto una campagna di Carter sui Diritti Umani, che è stato un elemento positivo, lo dobbiamo dire, perché ha staccato in molti casi un collegamento diretto o, comunque, ha messo in difficoltà l'azione di certi gruppi economici e le loro branche amministrative e militari nell'appoggio a questi Governi. Però, abbiamo in questo momento le notizie di un appoggio, di un'istruzione dei militari di S. Salvador per la repressione negli Stati uniti. Abbiamo l'appoggio degli Stati Uniti alla riattivazione di quel famigerato "commando de defensa" centro-americana, il famoso Codeca, i cui scopi sono stati già nel programma istitutivo quelli di un annientamento e di una lotta senza quartiere alle sinistre: tutti sapete che sotto questi obiettivi si cela il permanere, la istituzionalizzazione delle dittature e del fascismo in America Latina.
Il compito della mozione non è di fare un'analisi, ma di richiamare un'ampia sensibilizzazione delle forze politiche e di proporre delle iniziative, vorrei però ancora ricordare qui, un dato che dobbiamo aver presente: non coglieremmo altro che l'aspetto di demonizzazione pura delle dittature in America Latina, se non andassimo a capire che proprio là forse più che negli altri Paesi del Terzo Mondo, si sta giocando una partita, per gli sviluppi complessivi del mondo, di enorme portata. Voglio dire che la grande questione del rapporto nord-sud del mondo (quella trattata con tanta incertezza all'ONU, ripresa meglio al Parlamento Europeo) si gioca molto in America Latina. Nel 1980 l'America Latina sarà la regione del mondo a più alta urbanizzazione e a non raggiunta autosufficienza alimentare: lo preannuncia la crescita nel suo territorio delle città, che oggi sono le più affollate del mondo e l'abbandono a fiumi delle campagne. A Mexico si prevedono 41 milioni di abitanti nel 2000.
Questi fenomeni sono di una portata cosmica, perché addirittura intere generazioni si trasferiscono, intere campagne e paesi si svuotano per far crescere delle megalopoli in cui, insieme alla speculazione, la più selvaggia possibile, coesiste la povertà urbana più abissale che si possa ricordare e che ormai tocca, se non supera, i casi dell'India o di certi Paesi del Terzo Mondo afroasiatico. Le disuguaglianze spaccano le città in nuclei di estremo sottosviluppo, fasce fluttuanti ma in continua espansione di ceti medi e di classi operaie, oceani veri e propri di sottoproletariato urbano (le favelas sono quelle che si conoscono di più), in tutti questi Paesi le prospettive sono di un drammatico ingigantimento di questa situazione. Dietro a ciò ci sono le componenti di un regime capitalistico feudale nella "tenencia", la proprietà della terra; c'è una industrializzazione selvaggia pilotata per meri interessi da qualche grande gruppo che non è neanche omogeneo, anzi, spesso si fa dipendente di qualche pretoriano, rispetto al veri e propri interessi nazionali. Credo che vada fortemente ricordato come proprio in questa parte del mondo - per queste sue caratteristiche di anticipazione, in qualche misura del modo di stabilirsi dei rapporti nord-sud - l'intreccio degli elementi di retroguardia, addirittura di vetustà del sistema economico e sociale e gli elementi forzati di novità introdotti senza che questo possa passare attraverso la partecipazione delle masse, il coinvolgimento, la democrazia i diritti civili ed umani, tutto questo debba essere un grande ammonimento per noi. Proprio perché è di queste proporzioni lo scontro, noi crediamo che vada fortemente rilanciato anche da qui. Bisogna far vivere dentro di noi, nel nostro Paese, nella nostra Regione, una strategia di attenzione a quello che sta succedendo nell'America Latina. Non saremmo coerenti noi comunisti, se non svolgessimo una parte di questo tipo rispetto a quello che da tempo indichiamo come uno dei punti di analisi fondamentali nel mondo, il nuovo ordine economico internazionale da cui scaturiscono profonde conseguenze anche per i Paesi che ritengono, impropriamente, di essere al coperto da certi rischi; occorre pertanto che ci sforziamo di capire e di cercare di risolvere non solo le grandi tragedie di milioni di cittadini sudamericani, di democratici, di lavoratori, di sindacalisti contribuendo a questo dobbiamo avere la consapevolezza che lavoriamo anche e soprattutto per un diverso assetto mondiale.
Capendo che libertà e democrazia sono valori universali ed indivisibili, per cui vale la pena di battersi comunque e dovunque dobbiamo avere la capacità di sviluppare delle giuste analisi, una giusta informazione, per esempio (prima mi lamentavo per la ristrettezza del tempo, perché l'informazione poteva essere più approfondita).
L'informazione può permetterci di capire quali forme, anche nuove, di solidarietà e di denuncia siano capaci di cogliere il legame anche tra avvenimenti diversi - dicevo prima, la situazione tra tre parti dell'America Latina che sono anche strutturalmente diverse - e di riuscire a collocare la nostra azione in un rapporto più ampio sui nodi di fondo della crisi mondiale del rapporto tra nord e sud del mondo, dei processi di trasformazione ed emancipazione dei popoli e di partecipazione dei popoli e delle masse. Stabilire quindi questo rapporto fecondo tra la lotta per la libertà di quelle parti del mondo ed i destini di tutto il mondo, pu essere anche un modo per costruire un nuovo internazionalismo, una risposta alle domande ed alle preoccupazioni che tutti noi travagliano quando ci poniamo di fronte ai problemi di dove stiamo andando.
In questo senso credo diventi molto importante capire che la nostra mozione - ed io mi auguro davvero che negli interventi dei colleghi e nelle conclusioni che se ne potranno trarre ci possa essere consenso - contiene un dato importante: la necessità di assumere tempestivamente delle iniziative.
Negli ultimi mesi, insieme alla coscienza di questi fatti spaventosi all'allargarsi dell'ala nera e cupa della reazione e del fascismo nell'America Latina, ci sono anche indicazioni e fatti che fanno pensare ad una situazione che presenta degli elementi veri, reali, di movimento. Ci sono, in particolare, in alcuni di questi Paesi delle condizioni dove le forze democratiche, pur nella tragedia di una repressione violentissima, si sono unite e si stanno unendo e dove la lotta di massa vive e si alimenta di nuove alleanze.
Vorrei sottolineare, il caso dell'Uruguay e del S. Salvador come esempi,che si può e si deve rispondere agli appelli che ci vengono rivolti e sono appelli drammatici provenienti da tutti questi Paesi, da tutte le forze democratiche che nella clandestinità o in esilio lottano per ripristinare la democrazia. Ed è il caso di sottolineare, io credo, questi punti, perché ci possono servire anche per assumere delle iniziative concrete.
Che cosa chiedono agli europei, agli italiani i movimenti di resistenza, le forze democratiche, i governi clandestini, la Chiesa cattolica in tutti quei Paesi come dicevo prima in cui lo schieramento è ormai netto ed univoco? Chiedono iniziative, di solidarietà politica chiedono di non essere lasciati soli, chiedono di stabilire, di avere relazioni con tutti i Governi, con tutte le organizzazioni, e le forze democratiche del mondo, chiedono pronunci amenti, prese di posizione appelli e incontri. E queste non sono parole, è politica attiva e concreta.
Lo hanno dimostrato alcuni fatti in casi specifici di tentativi per isolare quei regimi e per far sentire un fronte di convergenza, di solidarietà da parte di tutti i Paesi del mondo democratico come la chiave di volta per riuscire ad incidere anche all'interno. Insieme a questo sono molto importanti forme e strutture di concreta solidarietà.
Alle proposte che facciamo in questa mozione con tutta la fantasia e con tutta la dialettica ed il confronto che sapremo valutare, dobbiamo aggiungere iniziative concrete sul piano della solidarietà. E' decisivo il contributo di conoscenza, di informazione, di sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Nei vari Paesi democratici occorre promuovere e far promuovere, partendo dalle istituzioni e coinvolgendo in questo processo i Partiti, le associazioni democratiche, tutte le strutture della democrazia e della solidarietà militante che per altri fatti abbiamo messo in piedi.
Per questo l'iniziativa che proponiamo può essere un grande momento di confronto fra tutti per determinare forme e modi anche permanenti di iniziativa.
Proponiamo una conferenza per la difesa dei diritti civili e le libertà democratiche in America Latina. Questa iniziativa, se promossa e adeguatamente preparata dal Consiglio regionale, può diventare un momento importante di presa di posizione ideale e di grande significato. Di qui potrebbero partire delineazioni migliori e più concrete delle strutture permanenti della solidarietà. Si tratta di ridare slancio al Comitato Italia - America Latina; si tratta di pensare a forme e strutture di solidarietà che coinvolgano tutti gli Enti locali e le associazioni del Piemonte. Ci sono forme diverse di solidarietà: c'è la solidarietà dei Paesi che con le loro gracili forze devono sostenere la conquista della libertà, come il Nicaragua, che è proprio incastonato tra il Guatemala e S.
Salvador, in mezzo a processi che rischiano di travolgere la straordinaria esperienza pluralistica della rivoluzione sandinista; c'è la solidarietà per migliaia di esuli in Italia e in Piemonte; sono solidarietà che devono avere sedi e mezzi per poter intervenir e tempestivamente.
L'8 di novembre a Washington si riunisce l'Assemblea Generale dell'Organizzazione degli Stati d'America per discutere la situazione dei diritti umani in America Latina e in Uruguay e credo sia importante far giungere per quella occasione - la voce del Consiglio regionale del Piemonte perché la piattaforma che gli Stati americani stabiliranno sia rafforzata dalla nostra autorevole posizione.
Il 30 novembre il regime uruguayano tenta quella che gli uruguayani chiamano la legittimazione e, truffa, una specie di referendum per legittimare un regime che democratico non è; che, anzi, ha fatto la sua ragion d'essere nell'annientamento della democrazia. Il dato importante è che in aprile in Uruguay si è costituita la convergenza democratica. E' importante che si sia costituito questo organismo politico di grande peso e che è la giusta chiave di volta e una indicazione per tutti gli altri Paesi per recuperare il massimo di unità tra le forze di sinistra, le forze del movimento operaio e sindacale, le forze cattoliche e contadine per riuscire a rovesciare i regimi dell'America Latina.
Il 23 novembre verrà in Italia e in Piemonte una delegazione della convergenza democratica: sarà opportuno riceverla per discutere quali prese di posizione il Consiglio regionale potrà assumere.
E' importante capire che si può e si deve comunque svolgere un'azione nuova da parte del Consiglio regionale, di questa comunità e più in generale del Governo italiano. Chiediamo l'impegno per premere sul Governo per un'azione internazionale adeguata che comporti il boicottaggio dei Governi dell'America Latina che fanno massacri, torture, repressioni.
Chiediamo forme di aiuto concreto e solidarietà alle popolazioni, sostegno di ogni iniziativa internazionale, europea e nazionale.
All'Europa e all'Italia tutti i movimenti democratici dal fronte guatemalteco a quello salvadoregno, a quello uruguayano guardano con grande speranza. Tocca a noi essere all'altezza e non deluderli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Signor Presidente, signori Consiglieri, la proposta di mozione all'attenzione di questo Consiglio regionale deve essere valutata come una proposta positiva, valida nella sua sostanza e nelle problematiche che illustra; valida, in particolare, se sarà in grado di creare uno stimolo per i Gruppi consiliari ad esprimere seri e preoccupati giudizi sulla politica internazionale, a realizzare delle proposte o degli interventi propositivi e concreti, per collocarci anche come istituzione regionale realmente e concretamente, tempestivamente, nella tematica proposta, vasta per la sua dimensione e significativa per i contenuti in gioco.
Innanzitutto concordo sul fatto che questa mozione sia datata, nel senso che dal r settembre ad oggi fatti significativi in negativo si sono verificate in molti Paesi dell'America Latina e centrale, e dovrà quindi essere integrata. Ma, direi che è di estrema attualità, soprattutto per le conseguenze che in determinati Paesi (esempio il piccolo Salvador, dove una situazione repressiva rischia di eliminare fisicamente, data la dimensione piccola del territorio, ogni possibilità di resistenza o di alternativa al regime in atto) vengono ricordate in essa. La drammatica situazione della Bolivia, dove è opportuno richiamare soprattutto la presenza di un governo clandestino e la solidarietà che deve essere data a questo governo ed al ruolo che in questo Paese svolge la Chiesa, soprattutto con i pronunciamenti in settembre della conferenza episcopale boliviana. Il caso del Salvador, dove proprio in ottobre è stata assassinata Maria Magdalena Enriquez, rappresentante della Commissione per i Diritti Umani, ed anche Melvin Rigoberto Dellana, rappresentante dell'Ufficio Informazioni della Democrazia Cristiana; dove si sono verificati ripetuti attacchi, fra il 24 e il 27 ottobre, a sedi dei Gesuiti, ed altri fenomeni ancora, che proprio in questi giorni hanno insanguinato questo Paese Viene ricordato il caso del Guatemala e su questo non si può non tener presente l'aggravamento che in questi giorni si è realizzato con l'assassinio di 25 missionari del Sacro Cuore e con l'uccisione dall'estate ad oggi, di alcune decine di dirigenti nazionali del Partito Democratico Cristiano, fra i quali l'on. Niriega.
Vorrei rilevare come il collega Bontempi abbia allargato giustamente il discorso ad altre realtà non citate nella mozione, al caso dell'Uruguay dove a fine novembre si rischierà una seconda edizione del referendum-farsa per regolarizzare un regime, quel referendum che è stato realizzato poche settimane fa nel Cile, dove si è instaurato dal '73 un regime di tortura e di sparizioni, dove proprio nel giugno di quest'anno sono stati uccisi alcuni dirigenti nazionali di forze politiche democratiche e, fra questi il Presidente del Partito Democratico Cristiano, Gian Paolo Terra. O dove ricordava il collega Bontempi, proprio in questi mesi si è realizzato il coordinamento nella convergenza democratica che sta portando avanti anche in Piemonte una voce di informazione su questi problemi.
Non dimentichiamo alcuni Paesi che sono stati, attraverso la presenza di resistenti o di esiliati o di autoesiliati, qui da noi, per partecipare ad incontri appunto con la nostra istituzione regionale: mi riferisco al caso dell'Argentina, con l'incontro che abbiamo avuto con delegazioni ed amici di quel Paese, il Paese di Videla, che adesso sta per riportare in termini di trasferimento di poteri ad altro collega; Paese che ha espresso in questi giorni il Premio Nobel per la pace 1980, nei confronti del quale ancora una volta il regime ha inteso esprimere dei giudizi negativi e contrari.
Queste cose non possono non essere ricordate, soprattutto per il collegamento che hanno all'interno di determinate forze esistenti ed operanti nell'America Latina e nell'America centrale, anche se vi sono casi in cui vi è stata la capacità di realizzare dei regimi democratici, pur in situazioni difficili di belligeranza vicina: mi riferisco al regime della Columbia, del Venezuela, o posso richiamare per certi aspetti il caso del Perù, dove, peraltro, i marxisti sconfitti in termini non previsti in una competizione elettorale presidenziale sono passati alla clandestinità.
Su tutti questi problemi noi esprimiamo un intervento di solidarietà a delle iniziative che certamente la mozione dei colleghi propone.
Qui è stato ricordato il ruolo che grosse forze dello schieramento nazionale hanno svolto, anche se con metodologia graduale, in questi anni nella politica americana. Mi riferisco ai salti di qualità che l'amministrazione Carter ha fatto nei rapporti con alcuni Paesi dell'America Latina; basta citare il caso del Nicaragua, da una posizione di appoggio avvenuta negli anni passati, al regime di Somoza (colui che ha portato all'uccisione, statisticamente, si dice, oltre 40 mila persone) alla posizione che ora gli Stati Uniti hanno riproposto di un regime nuovo alternativo. Questo, però, non deve far chiudere gli occhi sull'esistenza ancora oggi di certi legami che la politica statunitense detiene in negativo in alcuni Paesi dell'America Latina. Nè possiamo non ricordare la politica certo imperialista che purtroppo, anche qui con conseguenze negative, ha realizzato l'Unione Sovietica che, attraverso Cuba, ha esercitato in questi anni una pressione ideologica sempre più forte in tutto il centro America e non solo pressione ideologica, ma influenza sostanziale: dopo la recente instaurazione di un regime filocastrista nell'isola di Grenada, nei Caraibi, quest'isola si sta trasformando in una vera e propria base aeronavale. Si può verificare la presenza nell'America centrale di uno scontro frontale, da un momento all'altro, tra forze comuniste e forze della destra totalitaria. Sono questi aspetti preoccupanti di una situazione che ci deve vedere, come rappresentanza istituzionale e come forze politiche, attenti nei giudizi, negli atteggiamenti, nelle proposte da avanzare. Condivido l'opportunità di partire dai problemi dell'America Latina per realizzare la proposta conferenza per la difesa dei diritti civili e delle libertà democratiche tra i popoli, dedicando, nel corso di questa conferenza una specifica sezione al caso dell'America Latina. Ma, realisticamente, non ci pare opportuno, su un problema di questa dimensione e di questo valore settorializzare geograficamente la violazione dei diritti umani nei nostri continenti e, soprattutto, nei confronti delle popolazioni: esistono purtroppo in ogni latitudine del mondo imperialismi, egemonismi, processi farsa per scoraggiare il dissenso, resistenze di partigiani, da quelli islamici a quelli latino-americani, massacri presenti sia nella drammatica situazione dell'America Latina sia in quella afgana, infamie, angherie mostruose, delitti di regime. Tutto questo deve essere fatto oggetto di una denuncia significativa dalle forze politiche qui presenti. A questo bisognerà dare tempestività di iniziativa. Propongo, approvando tutte le iniziative (sia di stimolo presso il Governo italiano, sia la conferenza) un lavoro anche congiunto nel realizzare un Comitato di lavoro per la conoscenza di dati ed elementi per dare certezza e riferimenti a questa conferenza che si vorrà organizzare, nel quale siano presenti le organizzazioni sindacali e quelle associazioni che in questi anni hanno rappresentato nella nostra realtà piemontese e torinese momenti di sollecitazione e di proposizione sui temi della difesa dei diritti civili.
Si potrà anche esaminare il significativo, e forse simbolico (ma per aggregarsi in termini concreti) utilizzo del Fondo di solidarietà della Regione Piemonte in alcuni casi gravi che abbiamo citato in sintesi.
Chiedono certo pronunciamenti ed interventi, queste popolazioni resistenti che combattono per un principio di affermazione dei diritti democratici nei loro Paesi; chiedono anche solidarietà concreta, nei limiti e nelle competenze che una istituzione quale quella della Regione Piemonte è in grado di esprimere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianca Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

I repubblicani sono innanzitutto grati ai Consiglieri Bontempi e Marchiaro per aver portato all'ordine del giorno di questo Consiglio la mozione. Personalmente sono anche grata per la disponibilità e la pazienza dimostrata dai due Consiglieri, nel vedersi posporre ogni volta questa mozione che porta la data del 1° settembre in occasione di più ordini del giorno, non perché vi erano argomenti più importanti e più urgenti, ma probabilmente perché più nostri ci costringevano ogni tanto a rimandare questa mozione, in questo "più nostri" c'è l'egoismo di tutti, convinti che i nostri problemi, seppure gravi e preoccupanti, siano i veri e i soli problemi, dimentichi che mentre viviamo in stato di democrazia, seppure fragile perché non ancora consolidata, perché continuamente minacciata ieri dal terrorismo (speriamo di poter dire ieri per quanto l'articolo di Alessandro Galante Garrone dell'altro giorno fosse un campanello d'allarme) oggi, da una crisi economica che ha rischiato di innescare dei pericoli anche alla convivenza civile, dimentichi che nel mondo non qualcuno, ma numerosissimi uomini non conoscono e non vivono in democrazia.
Infatti, se escludiamo il mondo occidentale, si può dire che nella metà e nei tre quarti del mondo gli uomini vivono in stato di privazione dei diritti civili, in assenza totale di libertà, di libertà fortemente condizionata. Mentre parliamo delle libertà represse ormai conquistate dall'America Latina non possiamo dimenticare i popoli dell'Africa e dell'Asia che per regimi oligarchici, militari, religiosi non hanno la possibilità di realizzarsi compiutamente come uomini e come cittadini del mondo.
Tra questi popoli meno fortunati dobbiamo annoverare quelli dell'America Latina, di cui questa mattina ci occupiamo, e segnatamente di quelli le cui sofferenze, la mozione dei Consiglieri comunisti ci ricorda che riflettono situazioni di intollerabile violenza che per la gravità e per la dimensione debbono trovare quella solidarietà e quelle condanne che da molte parti del mondo si sono levate dopo le notizie degli arresti e degli assassini.
Questi focolai di violenza ricorrente e dilagante in un processo generale di aggravamento della vita politica sud-americana sono la conseguenza del clima di cospirazione nel quale quei Paesi vivono in permanenza dall'inizio del secolo, da quando cioè i sistemi politici tradizionali instaurati dopo l'indipendenza entrarono in crisi e non riuscirono più a stabilizzarsi. Da allora sono stati sottoposti ad ogni genere di tensioni, ormai strutturali, che da tempo esplodono nella forma di una instabilità generalizzata quando non giungono all'insurrezione popolare, ricordando le rivolte di schiavi, indios e contadini del passato quindi alle repressioni, alle violenze e agli arresti.
Quello che è avvenuto in Bolivia, in Salvador e negli altri Paesi non costituisce uno dei soprassalti tipici di una società che sembra avere nel golpe l'esito finale di qualunque tipo di operazione politica. Sono i sintomi di un processo di aggravamento delle condizioni interne dal punto di vista economico e politico, tra l'altro con lo spegnersi anche di speranze, probabilmente illusorie e megalomani, di clamorosi e rapidissimi sviluppi economici, come è capitato ad esempio in Brasile. Si tratta della tendenza a risolvere problemi delicati di convivenza economica interna attraverso l'uso della forza e la repressione che inevitabilmente segue.
Hegel nel suo studio classico sulla filosofia, della storia aveva vaticinato una guerra tra i popoli latini e quelli anglosassoni dell'America, una sorta di guerra tra ricchi e poveri. Il suo vaticinio è stato per ora sfatato in quel senso, ma le guerriglie in atto nell'America Latina, per certi aspetti sono anche peggiori. Credo debba essere soprattutto la povertà fisica, ma anche intellettuale, che ci deve preoccupare e che deve soprattutto preoccupare uomini liberi e democratici come noi, fortunati di vivere in situazioni democratiche.
Sappiamo che la povertà e l'indigenza rendono l'uomo schiavo e non v'è dubbio che tutte le decisioni che sono state prese e vengono quotidianamente prese nel polo ricco delle Americhe si ripercuotono inevitabilmente sulle decisioni riguardanti i popoli sud-americani. Questo è scontato per tutti i popoli meridionali, inevitabilmente, sia che si decida di guerra o di pace, di politica, di religione, di cultura o di discriminazione, di agricoltura o di industria, la cassa di risonanza che si determina ha tanta forza da essere in grado di incidere indirettamente nel bene e nel male sul destino dei più deboli.
Ecco quindi quale deve essere lo sforzo comune per aiutare quei popoli a trovare una soluzione politica di governo democratico; aiutarli a trovare un progetto di sviluppo autonomo, culturale ed economico-sociale, in grado di assicurare anche a quei popoli pari dignità all'interno delle Americhe ed all'interno di tutte le nazioni.
Vorrei cogliere questa occasione per richiamare l'attenzione su un particolare aspetto di questi Paesi. Sono Paesi nei quali la condizione della donna è ancora profondamente precaria anche rispetto a quei Paesi nei quali essa è meno precaria rispetto a quella del mondo occidentale.
E' evidente che dove c'è ingiustizia e dove c'è violenza, questi mali si ripercuotono più drammaticamente e più duramente sul mondo femminile.
Ecco perché vorrei chiedere che dove la mozione sollecita la solidarietà dei partiti e delle associazioni, si inserissero le associazioni femminili e i movimenti femminili dei partiti che non possono essere da meno in questa attenzione e in questa azione in difesa di chi vive in stato di schiavitù, di violenza o di chi è morto per affrancarsi da essa.
Vorrei, anzi, ricordare che la conferenza mondiale della donna svoltasi nel mese di luglio a Copenaghen, alla quale hanno partecipato le delegazioni di 136 Paesi appartenenti all'ONU, ha trattato specificatamente il problema della condizione della donna nel Paese dell'America Latina. La nostra delegazione ha preso posizione su questo argomento. Leggo brevemente una parte dell'intervento, che può significare più direttamente l'impegno delle donne italiane anche a questo riguardo. Dopo aver detto che le uguaglianze, lo sviluppo e quindi la pace non saranno realizzati finché non saranno cancellate le ingiustizie che ancora si perpetuano nei confronti della metà del genere umano in quell'intervento è detto: "Per arrivare a tali risultati l'Italia auspica che, come sempre, esista una scienza della guerra, divenga oggetto di studio comune e si approfondisca sempre di più la scienza della pace fondata sulla educazione alla pace, sulla conoscenza dei meccanismi che la mettono in pericolo e sulla individuazione degli strumenti per costruirla. Le donne non possono rimanere indifferenti alle sistematiche violazioni dei diritti umani messe in atto da dittature e da eserciti di occupazione. La sparizione di uomini, donne e bambini, il massacro di giovani studentesse, l'uccisione di chiunque si esponga a tale regime o cerchi di fuggirvi, sono crimini che offendono l'umanità e in particolare si pongono contro il progetto politico delle donne, che è un progetto di vita, di sviluppo, di benessere, di uguaglianza e non certo di morte e di sopraffazione".
Chiedo che la mozione venga aggiornata con la richiesta di coinvolgimento delle associazioni e dei movimenti femminili dei partiti.
Credo che questa sia occasione di confronto come ha detto il Consigliere Bontempi, ma credo che sia anche occasione di riflessione profonda per tutti noi. Concordiamo sulla proposta di delegarne l'organizzazione al Comitato regionale per l'affermazione dei valori della Resistenza che potrà decidere nella sua autonomia se tale conferenza sia inseribile e attuabile in tempi tempestivi, affinché possa essere data concretezza alla sensibilità che il Consiglio regionale del Piemonte ha oggi esternato, solidarietà alla quale i repubblicani intendono vivamente associarsi. Grazie.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

I recenti e sanguinosi fatti che sono avvenuti in molti Paesi dell'America Latina, in particolare in Bolivia, l'eccidio che si sta consumando in El Salvador da parecchi mesi, ad opera delle Giunte militari in alcuni casi, purtroppo, appoggiate dalla Democrazia Cristiana....



(Interruzione e protesta del Gruppo della Democrazia Cristiana)



MONTEFALCHESI Corrado

....di quei Paesi, gli assassini di massa che si registrano nel Guatemala, sono il segnale più profondo e più crudele delle crisi di quei regimi politici e sociali dell'America Latina, che possono solo ricorrere al terrore e all'omicidio per autoperpetuarsi, avendo fallito, sotto la spinta dei processi oggettivi e dei movimenti di liberazione, l'obiettivo di gestire la politica neocoloniale degli USA in quella decisiva parte del mondo.
La rivoluzione nicaraguense, "questa splendida, incoercibile e tragica anarchia delle masse insorte", come l'ha definita Thomas Borge, ha riproposto a partire dall'America Latina, e specificatamente dal centro America, dove sta crescendo una forte spinta rivoluzionaria, tutti gli interrogativi sulla strategia, la tattica e la prospettiva del processo di liberazione. Interrogativi teorici e pratici che riguardano non solo la sinistra latino-americana, ma quella di tutto il mondo: cioè, se e come è possibile mettere in discussione il sistema di dominio politico ed economico messo in atto dagli USA e le nuove forme di dipendenza dal capitale internazionale. Se e come ipotizzabile rompere, in un'area strategica come questa, considerata "Mare Nostrum" dagli USA, il vecchio sistema di potere, portatore di sangue, oppressione e miseria. E tutto ci in un quadro caratterizzato da crescenti tensioni internazionali che potrebbero indurre a tentazioni ancora più marcate di rappresaglia e repressione contro i popoli che in America Latina lottano per la loro indipendenza.
Il Consigliere di Carter per l'America Latina indica in un suo recente rapporto, la necessità di una democratizzazione e modernizzazione fortemente controllate, ma proprio quanto sta avvenendo dimostra quanto sia impraticabile democratizzare e modernizzare nell'ambito del vecchio ed esclusivo rapporto di dipendenza dal nord America. E' proprio per l'emergere di questa consapevolezza che si sono spostate forze consistenti dello schieramento socialdemocratico e cattolico, tradizionalmente moderate, su posizioni radicali, portandole in molti Paesi a convergere con le posizioni antimperialistiche portate avanti dai movimenti guerriglieri.
In questo senso gli anni '80 si presentano assai diversi dai decenni passati, per ché oggi le contraddizioni interimperialistiche intercapitalistiche ed intersocialiste appaiono assai accentuate, sì da mutare il quadro in cui si svolsero il golpe contro la rivoluzione democratica il Guatemala nel 1954, il golpe militare in Brasile nel 1964 la sconfitta di Allende nel 1973, per ricordare alcune tappe chiave dell'ultima fase storica.
Un quadro mutato, innanzitutto, per la crisi petrolifera ed il rincaro delle materie prime che hanno per un verso - rafforzato agli occhi degli USA e degli altri Paesi sviluppati l'importanza dell'America Latina e in particolare dei Paesi, produttori di greggio (Messico, Venezuela, Equador) ma per un altro hanno accresciuto il potere contrattuale di questi Paesi. E questo in una situazione nella quale cominciano a pesare più che nel passato, anche in questa parte del mondo, gli interessi di altri Paesi (Germania, Francia, Giappone, Spagna) spinti dalla crisi alla ricerca di nuovi mercati per i loro prodotti e per i loro capitali e di nuove fonti di approvvigionamento.
Questo intreccio di nuove forme di dipendenza e inedite spinte autonomiste ha reso la situazione ancora più instabile ed ha accentuato le pressioni tese ad ottenere le garanzie di una riproduzione dei sistemi politici entro i limiti angusti delineati dalla famigerata Trilateral.
All'alba degli anni '80 l'America Latina appare così pervasa dalla consapevolezza di essere un grande continente che emerge sul piano mondiale, ricco di petrolio e di altre materie prime strategiche, dotato quindi di propria forza potenziale in grado di incrinare il rapporto di dipendenza dagli USA, ma costretto ancora nel quadro di una subordinazione spesso altrettanto pesante, ad altri settori del capitale internazionale.
E' certo però che questo complesso e contraddittorio intreccio di spinte e di interessi ha contribuito a determinare le condizioni per lo sviluppo di processi che vedono settori della borghesia industriale di alcuni Paesi, dei partiti socialdemocratici, democristiani e cattolici collegarsi con i movimenti popolari e rivoluzionari. Gli approdi di tali processi sono ancora incerti e differenziati, ovunque la vecchia egemonia mostra le sue crepe, anche quando risponde con il massacro e la dittatura avanza però il tentativo di costruire una nuova spinta: decisamente rivoluzionaria, trainata dal Movimento Sandinista nel centro America, di apertura liberalizzante in Brasile, sollecitata da un Movimento operaio indipendente e dotato di una struttura democratica in Perù, sotto il segno dell'unità delle forze di sinistra in Equador e nella Repubblica Dominicana, con un proprio carattere di marca populista in Messico, dove sono stati legalizzati i partiti di sinistra.
Fermenti covano anche in quei Paesi stretti nella morsa delle più feroci fra le dittature, come l'Argentina, il Cile, l'Uruguay ed il Paraguay, dove la convergenza delle forze di sinistra e democratiche si sta battendo per boicottare il referendum-farsa sulla costituzione che istituzionalizzerebbe il regime fascista, e le elezioni-farsa previste per l'81.
Gli esiti e le prospettive di questi processi si giocano certo sul terreno interno, ma dipendono anche molto dal quadro internazionale. Sempre di più e con maggiore forza si pone il problema di un interlocutore reale in Europa per i Paesi e le forze emergenti dell'America Latina. Per sconfiggere le dittature certo non bastano appelli e solidarietà, ma una iniziativa politica che investa i Governi dei Paesi occidentali si rende necessaria; la sinistra europea dovrebbe essere protagonista di una battaglia per un nuovo rapporto non imperialistico e neocoloniale fra l'Europa ed i Governi democratici dei Paesi in via di sviluppo, bloccando invece ogni forma di aiuto e di presenza in quei Paesi retti da dittature.
Siamo ancora molto lontani da questo. Il nostro augurio è quello che queste discussioni siano finalmente reali e finalizzate ad iniziative concrete di impegno politico ed economico in favore dei popoli latino americani e che oggi si esca di qui con impegni, il più possibile unitari.
Alcune proposte le abbiamo già fatte; siamo d'accordo con la mozione presentata dai compagni comunisti e con le proposte in essa contenute.
Ricordo che noi abbiamo presentato un ordine del giorno sull'argomento, ma siamo per trovare una soluzione all'interno della mozione dei compagni comunisti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

L'America Latina da parecchi decenni pare essere il banco di prova di tutti i regimi reazionari. Non condivido le argomentazioni del collega Montefalchesi perché non ritengo che la Democrazia Cristiana sia portatrice di golpe. Non ho votato il suo ordine del giorno e ho il coraggio di dirlo chiaramente. Non condivido il suo atteggiamento perché non si possono fare delle affermazioni così gravi su un partito che è rappresentato in tanti Stati del mondo quasi fosse fautore di golpe in tante parti del mondo. Se si hanno le prove che questo è avvenuto lo si dica con chiarezza.



MONTEFALCHESI Corrado

In Cile.



VIGLIONE Aldo

Abbiamo ospitato il Presidente della Democrazia Cristiana, che fu gravemente ferito a Roma, e non mi pare che possa essere definito autore del golpe in Cile. O siamo alla stupidità e la stupidità deve essere rigettata, oppure dobbiamo dire queste cose con altrettanta chiarezza. Non possono essere accettate queste formulazioni così superficiali e così prive di buon senso.
Perché dobbiamo lottare perché cambi questa situazione? Perché questi fenomeni non sono limitati a quegli Stati, ma perché il disegno della reazione mondiale è di esportarli altrove. Il collega Bontempi ricorda le favelas, ricorda l'urbanizzazione, città che diventeranno città mostre e non sarà certamente New York a rappresentarne il primato, ma saranno le città del Brasile, dell'Argentina, del Messico che porteranno ad inurbare milioni di persone senza un destino, senza una economia, senza una speranza, quindi preda di qualsiasi regime.
Non sono neanche d'accordo che il discorso dell'America Latina debba coinvolgere in questo momento anche altre situazioni maturate. Le abbiamo presenti, ne abbiamo discusso in sede di Consiglio regionale, abbiamo con dannato certe situazioni che si sono determinate.
Non si può però porre sullo stesso piano fatti storici che hanno rappresentato momenti di liberazione e di innovazioni profonde e la situazione dell'America Latina. Credo che la situazione debba essere vista nella sua particolarità ed enormità del disegno reazionario mondiale. Noi siamo perché si proceda ad un'ampia conferenza in occasione di tutti gli eventi internazionali, che sono previsti per il mese di novembre, di cui si è discusso e di cui hanno parlato anche i Consiglieri Vetrino Nicola e Cerchio. Non sono d'accordo sulla proposta del boicottaggio perché bisogna distinguere: un conto è il Governo, un conto sono le popolazioni che subiscono il regime dittatoriale, autoritario, crudele e che non debbono essere poste sul piano del boicottaggio. Il vero boicottaggio semmai potrebbe essere la rottura dei rapporti e delle relazioni. Allora bisogna trovare uno strumento. Il vero nodo sta nel trovare uno strumento che non sia il boicottaggio che finirebbe per danneggiare ulteriormente e rendere più grave la situazione economica. Il Piemonte sotto questo aspetto non è certamente carente, il Piemonte ha dato solidarietà agli esuli della Spagna, della Grecia, del Portogallo, dell'America Latina e di ogni Paese in condizione di sofferenza democratica e anche in questa occasione, cosi come ha proposto giustamente Bontempi, andrà ad una conferenza per allargare il dibattito e rendere più forte la nostra azione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Il Gruppo socialdemocratico interviene brevemente, non perché questo sia un tema di irrilevante importanza per questo consesso, ma perché larga parte delle cose che i colleghi hanno detto sono da noi condivisibili.
Il Gruppo socialdemocratico ha visto con occhio favorevole l'iniziativa portata avanti dai Consiglieri Bontempi e Marchiaro per porre l'attenzione di questa assemblea su questo problema e aderisce alle iniziative suggerite. Anche noi riconosciamo che, seppur premuti da una serie di urgenze che travagliano il Piemonte in questo particolare momento, questa è anche una assemblea titolata ad esprimersi ogni qualvolta è minacciata la pacifica convivenza tra i popoli, sono soffocati i diritti civili e non sono garantite le libertà politiche. Sottolineiamo positivamente il contributo che ha già dato l'Ufficio di Presidenza nell'esprimere la solidarietà di questa assemblea ai rappresentanti degli esuli provenienti dai Paesi dell'America Latina in cui la dittatura è imperante. Anche noi esprimiamo la nostra piena e completa solidarietà agli esuli e a coloro che lottano contro la dittatura e la barbarie. Il principio della libertà va riaffermato in ogni sede e in ogni momento.
Concordiamo con i contenuti ancor più che con il significato della mozione che ci è stata illustrata ed esprimiamo la nostra più viva preoccupazione per il quadro democratico internazionale che presenta sempre più numerosi punti di deterioramento. Siamo anche d'accordo sugli opportuni aggiornamenti della mozione datata 1° settembre. Esprimo a viva voce il nostro dissenso sull'intervento fatto dal Consigliere Montefalchesi, sia per le affermazioni rivolte alla D.C., sia per le affermazioni che fa nei confronti dei partiti socialdemocratici. Il Consigliere Montefalchesi, se non abbiamo male inteso, pare abbia voluto sottolineare un presunto ruolo dei partiti socialdemocratici a fianco della reazione. Questo intervento si muove in un cliché stereotipato che non può portare alcun contributo di crescita democratica. Il voler fare sempre di ogni erba un fascio non è positivo e dà luogo ad affermazioni preoccupanti, perché non ci fanno capire fino in fondo se è stato accettato il sistema parlamentare democratico, ed è pericoloso non volendo riconoscere il ruolo che i partiti socialdemocratici all'interno dell'Internazionale socialista hanno sempre dato per la crescita delle libere istituzioni democratiche all'interno dei vari Paesi. Siamo consapevoli che tutte quelle iniziative che portano all'instaurarsi di regimi autoritari e dittatoriali non contribuiscono a quel disegno di politica di distensione a cui tanta parte, tanto contributo ha dato il socialdemocratico Willy Brandt.
Siamo d'accordo per una conferenza per i diritti civili, con il taglio che è stato illustrato dal Consigliere Bontempi. Certamente si possono fare conferenze per analizzare le situazioni di tutti i Paesi, laddove comunque la libertà dei popoli è minacciata; siamo preoccupati per la situazione in Afghanistan e in Polonia, ma riteniamo che questa conferenza sia da focalizzare sui problemi dell'America Latina, aperta ai contributi che ne volessero derivare per altre situazioni. Siamo convinti che soltanto le libere istituzioni possono favorire il pacifico crescere delle relazioni tra i popoli e gli stati. Le vicende ci suggeriscono di vigilare sempre per la difesa delle istituzioni democratiche, di non lasciare alcun spazio ed alcuna indulgenza a fatti e a tentativi che tendano a destabilizzare i sistemi democratici, poiché, in quanto tali, sono più esposti alle insidie di chi trama per regimi autoritari. I fatti e le esperienze su cui oggi meditiamo ci insegnano che il Leviatano è ancora in giro per il mondo. E' proprio dalle esperienze sulle quali noi con fermiamo la nostra solidarietà che dobbiamo meditare per il rafforzamento della vigilanza, per il mantenimento della democrazia nel nostro Paese e in tutti i Paesi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, diciamo subito che noi non potremo seguire la strada degli interventi precedenti. Confessiamo di non essere studiosi dello stato socio-politico dell'America Latina e del susseguirsi di golpe e di pronunciamenti che li caratterizzano e che, probabilmente, seguiteranno a caratterizzarli per un po' di anni ancora. Onestamente, pertanto, non ci sentiamo in grado di dare un giudizio approfondito sulle singole esperienze più o meno rivoluzionarie di quei Paesi. Tuttavia, abbiamo chiesto di intervenire in questo dibattito perché la mozione del Partito Comunista dalla quale in gran parte dissentiamo per le ragioni che esporremo nonch per quella burocratica elencazione, piuttosto macabra di numeri - quasi che le questioni di principio, per avere un valore, dovessero essere quantificate - questa mozione, dicevamo, ci offre l'occasione per fare un'affermazione di fondo.
Il Movimento Sociale Italiano ha sempre sostenuto che i governi militari ed i relativi golpe o colpi di stato che li portano alla ribalta non gli piacciono e sono al di fuori della sua prassi e della sua dottrina: procurano molti più guai di quanti problemi non riescano a risolvete e ci per la semplice ragione che tutte le azioni che devono affrontare sono politiche e non militari. Le evoluzioni, quei radicali mutamenti delle cose in meglio o in peggio, in qualunque Paese sono sempre state fenomeni che riguardano i politici. Ce l'hanno confermato in questi ultimi anni la fine dei colonnelli greci e quella di segno opposto dei colonnelli portoghesi.
E' pur vero che questo discorso è più valido per l'Europa, perché per quanto riguarda i Paesi dell'America Latina, mancando spesso ogni equilibrio ed ogni seria esperienza politica, dobbiamo riconoscere che il golpismo, sia di destra o di sinistra o di centro, è all'ordine del giorno.
Tuttavia, quella da noi esposta sull'argomento è la nostra convinzione di fondo a cui vogliamo aggiungere un'altra affermazione di principio prendiamo netta e precisa posizione contro tutti gli attentati alle libertà individuali, civili, radicali, di qualunque parte siano, di qualsiasi segno siano. Ed è qui, proprio su questo, che dissentiamo dalla mozione comunista, mozione che non avremmo alcun imbarazzo a condividere se non fosse a senso unico. Cominciamo col dire, infatti, che forse ciascuno di noi avrebbe il dovere - prima di parlare di Paesi esteri - di meglio documentarsi anzitutto sulla situazione interna italiana, se è vero come è vero (e lo si può rilevare da molte interrogazioni presentate in Parlamento) che l'Italia democratica è la Nazione occidentale con il più alto numero di detenuti politici per reati d'opinione (non parliamo ovviamente, di terroristi); e che, quanto a libertà sindacale, meglio sarebbe non parlare, come ci suggeriscono le recenti vicende Fiat, con i relativi procedimenti giudiziari per violenze commesse a danno di chi intendeva esercitare il diritto al lavoro. Proseguiamo rassicurandovi colleghi comunisti, che non intendiamo ricordare i milioni di morti, ormai accettati come fatto storico della Rivoluzione russa, o gli assassini politici di illustri uomini anche della vostra parte, di cui è segnata sanguinosamente tutta la storia del comunismo italiano ed internazionale. E neppure ricorderemo gli attentati alla libertà dei popoli, ultimo, per ora quello dell'Afghanistan. Vogliamo soltanto rammentare gli ospedali psichiatrici, i campi di concentramento, i gulag della Russia, la repressione delle libertà invocate dagli studenti dell'Estonia, la persecuzione degli intellettuali in tanti Paesi dell'Est, o anche solo la loro epurazione, laddove esistono ancora delle libertà. Come il caso Sechi insegna. Epurato per aver scritto che a Bologna il Primo Cittadino doveva essere comunista sì, ma guarda caso non però Zangheri (e, tra l'altro, di Zangheri potremmo dire cose anche divertenti, se non è stato smentito quanto ha scritto un quotidiano il 19 settembre, che Zangheri un pochino deviazionista lo deve essere stato pure lui, se è vero che tra il '43 e il '44 si trovava presso il comando della Caserma già Savoia-Forlì, nelle formazioni della Repubblica Sociale Italiana, dopo aver giurato fedeltà alla Repubblica di Mussolini).
Ma, per tornare al tema, intendiamo ribadire ancora una volta la nostra affermazione di principio secondo la quale chiediamo anzitutto soluzioni politiche per qualsiasi crisi e non soluzioni golpiste; ed invochiamo giustizia per la libertà e la dignità dell'Uomo, dovunque essa sia messa in pericolo. Le indignazioni unilaterali non ci commuovono, né ci convincono.
Se, dunque, l'indignazione dei comunisti non fosse, come è, a senso unico completi il Partito Comunista la mozione, condannando insieme alle persecuzioni dell'America Latina anche quelle della Russia e chiedendo uno stesso impegno politico e civile anche contro l'Urss ed i suoi satelliti magari cercando di non dimenticare che una delle primissime nazioni che ha riconosciuto il nuovo governo golpista e fascista della Bolivia è proprio stata la Russia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Ritengo di dover respingere l'accusa farneticante rivolta dal collega Montefalchesi ai partiti democristiani. La sua dichiarazione, se non fosse intervenuta la dichiarazione del Capogruppo del Partito Socialista Italiano, Potrebbe essere un problema di mera rilevanza e di costume, di preparazione, di gusto. Ma, poiché il Capogruppo socialista ha ritenuto che su questo comportamento la maggioranza si debba pronunciare e, proprio perché le aule consiliari cessino di essere dei momenti ripetitivi e monotoni, ho chiesto formalmente a nome del mio Gruppo che il Consiglio regionale si pronunci subito su questa vicenda. Ricordiamo che il collega Montefalchesi non solo fa parte della maggioranza, ma ha responsabilità istituzionali proprie molto delicate, è Presidente della IV Commissione lavoro e, come tale, presiede i momenti più delicati della vita della nostra città e della nostra Regione. Vogliamo sapere se il collega Montefalchesi è Consigliere della maggioranza, se la maggioranza si riconosce o meno nelle sue dichiarazioni e se il collega Montefalchesi riconoscendo di non essere più rappresentante della maggioranza, dichiara le dimissioni dalla IV Commissione. Fatta questa premessa, insisto sulla richiesta che il mio ordine del giorno venga preso in considerazione, oggi altrimenti le assemblee, i parlamenti, la voce della collettività e dei cittadini finiscono di esprimersi sempre nelle salette ovattate. Non per niente questa Giunta di sinistra ha condotto questo tipo di costruzione. Se noi guardiamo questo palazzo vediamo come è stato finito, ovattato, chiuso è un buco, è un bunker, è chiuso e assediato.
Sono convinto che un giorno o l'altro quando cambieremo maggioranza - e mi auguro presto - scopriremo che sotto c'è un piano quasi segreto, dove ci saranno degli scheletri, in particolare ci saranno camions di documenti, di delibere ,che sono spariti improvvisamente! E veniamo al tema.
Mi pare puntuale l'iniziativa che la sinistra ha voluto prendere con questa mozione.
L'America Latina non è da noi lontana. Questa mattina, sentendo gli interventi, ricordavo che circa 20 anni fa ci fu un dibattito al Teatro Carignano, con la presenza del prof. Passerin d'Entréves, dell'on. Malagodi e di un religioso. Un'affermazione di Malagodi mandò in bestia il rappresentante della Chiesa e forse sarà il caso di farla tornare di attualità, perché 20 anni fa si parlava di questi problemi e adesso si continua a parlarne; probabilmente il problema non è solo di contingenza politica, ma è molto più profondo.
Ricordiamo come in certe vicende libertarie di Cuba molti di noi si siano riconosciuti, qualche generazione ha visto nelle vicende libertarie non in quelle comuniste e reazionarie di Castro, ma contro Batista l'espressione di quella che avrebbe voluto essere il suo essere e il suo impegno in un certo contesto storico. Poi c'è stata la delusione di Castro c'è stata la delusione di Che Guevara: le magliette dei nostri ragazzi sono sparite e sono state bruciate, vorrei sapere se adesso si riterrebbe ancora di portarle avanti o meno.
Ma c'è un fatto particolare che mi fa pensare che l'America Latina ci sia vicina. Lo sport è un fatto di massa e, alle volte, i fenomeni sportivi creano nella collettività internazionale dei canali che non sono solo di simpatia ma che rivelano l'interesse e la partecipazione alle vicende dei popoli.
Ricordiamo quando Juantorena dominava le Olimpiadi e la simpatia che quel personaggio ha raccolto in tutto il mondo, certamente non soltanto per la forza della natura che esprime la sua prestazione atletica, ma perch molti di noi si sono identificati in quel personaggio proprio come nell'argomento che stiamo dibattendo, nel prendere atto, nel sapere nell'intuire a livello anche di simpatia, di telepatia, l'esistenza di questo dramma in un mondo che non è lontano. Nell'illustrazione del Capogruppo comunista è interessante, significativo e da condividere questo aspetto della vicenda. Dobbiamo pensare e riflettere come questi fenomeni a tempo più o meno lontano, reagiranno sul nostro modo di vivere, sulla nostra realtà,sulla nostra democrazia. Non è tanto un fatto di solidarietà per far sì che le condizioni dei cittadini di quei Paesi diventino diverse ma è dal punto di vista politico che un certo impegno deve far sì che certi fenomeni e certi movimenti non pervengano a risultati che si ribalterebbero necessariamente, a tempi più o meno brevi o più o meno lunghi, sul nostro modo di vivere e di operare. L'America del nord, notevolmente meno ricca dell'America del sud, si è sviluppata in democrazia, in libertà, in progresso (ma su questo Montefalchesi ha qualche dubbio perché, a sentire lui, l'America sarebbe costituita da 232 milioni di agenti Cia e da alcune centinaia di migliaia di cittadini che lavorano per tutti. Se è il Paese più progredito del mondo in termini economici è un altro miracolo del liberismo americano che andremo ad approfondire). Certamente all'origine della diversa civiltà tra nord e sud, è passato un momento della storia.
Queste nostre iniziative possono essere elementi di conforto e di supporto all'iniziativa politica per resistere ai fenomeni e alle situazioni descritte, ma certamente non daranno frutti a tempi brevi perch la democrazia è il fiore dello sviluppo dell'umanità, è il momento culminante dello sviluppo di una società che pere, tende a deteriorarsi subito; questi Paesi devono trovare un loro modo di sviluppo. Oltretutto la pianta della democrazia che cresce sull'albero della libertà non si pu piantare in ogni paese nello stesso modo: non esistono due fiori di libertà e di democrazia eguali. Ricordo di aver avuto delle difficoltà quando un giorno ebbi a dire che se fossi stato in Cina sarei stato comunista sulla linea di Lin Piao: quello mi pareva un piccolo fiore di libertà e un piccolo fiore di democrazia: evidentemente era diverso da quello che noi vogliamo coltivare. Così come i fenomeni di non libertà in tutto il mondo sono diversi, proprio perché la pianta della libertà e della democrazia è diversa sotto le diverse latitudini, anche il fiore della prepotenza e della dittatura è diverso sotto i diversi climi.
Ecco allora che, se vogliamo fare una conferenza che non sia ripetitiva, che non sia generalizzante dei problemi e quindi poco producente, se vogliamo mobilitare gli uomini di cultura del Piemonte diamogli un argomento preciso su cui riflettere, cause antiche, nuove e addirittura future perché probabilmente le cause sono i fatti che verranno dopo, in definitiva sono gli obiettivi. Se vogliamo fare un primo atto di solidarietà nella comprensione della complessa problematica e dare un contributo nella ricerca di modi nuovi per realizzare in quei Paesi il fiori della libertà sulla pianta della democrazia, la conferenza, ridotta ai problemi specifici dell'America Latina, sia un messaggio più preciso più pregnante, rispetto alla proposta che viene dalla D.C., che propone una conferenza allargata sui diritti del cittadino con una specifica sezione all'America Latina, che, oltretutto, costituirebbe un precedente che ci impegnerebbe ad affrontare con altrettante specificità altri fatti.
Purtroppo la storia della libertà è la storia delle vittorie dell'intolleranza, della sopraffazione. Siccome avremo di fronte ai nostri occhi altre vicende di questo tipo, con la nostra adesione all'iniziativa chiediamo che tali iniziative non vengano generalizzate con un anonimo messaggio alla solidarietà, alla difesa dei cittadini, alla ripulsa della violenza e delle dittature, ma siano un'analisi approfondita storicamente pregnante, magari arricchita dagli elementi che diceva il collega del M.S.I.
Diamo quindi l'adesione del nostro Gruppo alla proposta di organizzare questa conferenza con la motivazione che ho esplicitato, il mio pessimismo mi fa pensare che nel corso di questa legislatura altri orizzonti, altri cieli vedranno e vedono vicende non meno drammatiche e non meno tristi che avranno bisogno di un altrettanto specifico, significativo e pregnante esame.
Rinuncio ad illustrare l'ordine del giorno che ho rassegnato alla Presidenza poiché nella sua estrema disorganicità e limitatezza non ha bisogno di illustrazioni: si limita a deplorare gli argomenti proposti dal collega Montefalchesi ed esprime ai colleghi della D.C. e ai movimenti cattolici democristiani del mondo intero la nostra solidarietà e il nostro riconoscimento per quanto hanno fatto per la libertà e la democrazia.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

Voglio esprimere l'adesione della Giunta all'iniziativa politica contenuta nella proposta del Gruppo comunista, che si incentra nell'organizzazione di una conferenza per i diritti civili dei popoli dell'America Latina, e questa adesione per tre ordini di motivi: uno di carattere ideale, uno di carattere morale, uno di carattere politico.
Quello di carattere ideale deriva dalla scelta che molti di noi hanno compiuto quando hanno iniziato la vita politica, cioè di assumere ideali di libertà e di indipendenza nazionale come motivazioni profonde e non contingenti della propria milizia. Ma c'è una ragione ideale più specifica più diretta, che ci porta a condividere questa impostazione e ad aderire a questa iniziativa, è addirittura una motivazione che deriva da un patrimonio ormai acquisito da questa assemblea regionale e dalla sua esperienza storica. Ricordo la sera dell'11 settembre 1973, quando la radio ci portò la notizia che stava consumandosi il golpe cileno mentre qui c'era una riunione di Capigruppo allargata ad alcuni: decidemmo di scrivere immediatamente una presa di posizione che poi altre Regioni, altri partiti avrebbero ;assunto nei giorni seguenti. Scrivemmo queste parole: "Gli autori del colpo di stato che hanno tradito la parola data e che hanno infranto la tradizione democratica delle forze armate cilene, oggi si presentano come portatori di ordine e pace sociale, ma intanto danno al Paese morti, arresti e coprifuoco, stati di assedio, sospensione delle Camere liberamente elette e della libertà di stampa".
Il Consigliere Bianchi - l'allora Capogruppo della Democrazia Cristiana disse: "In questo momento qualcuno sta sparando"; - perché l'assalto alla Moneda era già avvenuto, ma la resistenza continuava e continuò ancora per ventiquattro ore in quel palazzo che veniva bombardato dall'aria - ed allora aggiungemmo nel documento una frase che precisava la posizione della Regione Piemonte in quel momento, cioè eravamo anche con quelli che sparavano in quel momento (naturalmente dalla parte della democrazia).
Parecchio tempo dopo mi trovai a leggere in un libretto di poesie e di canti dell'opposizione cilena un biglietto che fu trovato nelle rovine della Moneda; in esso c'era la dimostrazione evidente che in quella sera avevamo visto giusto, cioè anche dopo la morte del Presidente c'era stata la resistenza armata: una frase che era stata raccolta in forma di poesia da questo ignoto militante di democrazia popolare cilena "Quando ritroverai le mie ossa, amore, tienile nella nostra casa e portami a passeggio nella mia urna, sulla piazza, per salutare col fazzoletto il Presidente che continuerà ad affacciarsi al balcone per tutti gli anni, senza badare al numero di carri armati, degli aeroplani e dei traditori".
Voglio dire che la vicenda cilena l'abbiamo vissuta come simbolo di tutta quest'azione che abbiamo svolto a favore dei popoli dell'America Latina. Pochi giorni dopo si tenne a Torino la più grande manifestazione di massa che si sia conosciuta dopo la Liberazione, in difesa della libertà del popolo cileno, che vide più di centomila giovani da tutte le parti d'Europa venire a Torino. Dopo allora venne qui Laura Allende, Isabella Allende, Bernard Leighton, del quale non ci era ignota neanche la sua posizione diversa da quella del Presidente Fray, diverse l'una dall'altra ma nessuna delle due golpista. Bernard Leighton venne ospitato da noi come simbolo di democrazia, di libertà; lo facemmo parlare qui a Torino, nella nostra assemblea regionale, a Novara, e fu l'inizio di quella che poi sarebbe stata l'attività che avremmo portato avanti: ricevemmo poi Santuccio e la famiglia - il simbolo di quella che era stata la vicenda in Italia dei Fratelli Cervi, quella famiglia sterminata in ogni parte dell'America Latina, che rappresenta una speranza ed un patrimonio di tutto il mondo democratico -. Organizzammo il Festival per Victor Yala assassinato da Pinochet, a cui parteciparono migliaia di giovani organizzammo il Comitato Italia - America Latina in occasione dei campionati mondiali di calcio. Sono centinaia i latino-americani che vivono in Piemonte - ecco il legame concreto che abbiamo con una realtà specifica della nostra regione - e ci chiesero di impegnarci in un'azione che volesse sensibilizzare l'opinione pubblica sul fatto che in Argentina, in quel momento, non c'erano soltanto i campionati di calcio, ma anche migliaia di persone che sparivano sotto l'azione delle Squadriglie della Morte, le quali liquidavano fisicamente gli oppositori che non si sa neanche quanti sono stati, dove sono andati a finire. Poi intervenimmo per la liberazione di Padre Testa, aiutammo la rinascita della rivoluzione sandinista (ricordo che tre navi sono partite con gli aiuti raccolti in tutta Italia). Tutto questo lo abbiamo fatto perché abbiamo una visione non solo ideale del problema, ma politica, concreta, che consiste prima di tutto nel fatto che nell'America Latina vivono milioni di italiani e centinaia di migliaia di piemontesi che sono organizzati in associazioni, che abbiamo visitato con delegazioni ufficiali della Regione, entrambe le volte capitanate dal Presidente Oberto. Ecco perché vogliamo questa conferenza, perché vogliamo ristabilire un collegamento con questo popolo italiano che vive in tutti i Paesi dell'America Latina. Ma, c'è un'altra ragione politica più specifica più attuale. Permettete che io ricordi quello che è stato richiamato due giorni fa dal Presidente Forlani nel concludere il dibattito al Senato, con parole di "oscuro pessimismo" - hanno detto certi giornali, io dico di "analisi obiettiva" della realtà internazionale nella quale ci muoviamo -: "Stiamo camminando troppo a ridosso dell'orlo oltre il quale c'è la catastrofe". Queste parole le ha pronunciate dopo aver citato l'incontro con un grande leader dell'America Latina e dopo aver parlato con lui delle due esperienze che più lo hanno fatto meditare: l'esperienza del Cile e quella della Turchia, che voi, Consigliere Carazzoni, sul vostro giornale non avete bollato, ma che avete esaltato come un'esperienza irreversibile ed inesorabile; voi avete salutato questo golpe di militari come qualcosa che potrebbe anche succedere in Italia, dato che la crisi delle istituzioni ed i tempi, che propongono una seconda Repubblica sarebbero, per voi, da questo fatto alimentati ed aiutati. Questo è quello che voi sostenete, non da oggi; questo è ciò che non vi dà titolarità per essere da un lato ignoranti delle cose che succedono nel mondo e poi levare il dito ad insegnare al mondo come dovrebbe difendere la democrazia. Voi che portate la responsabilità storica di aver consegnato al nostro popolo vent'anni di dittatura e di centinaia di migliaia di morti, scaraventati in tutte le direzioni a morire per ideali falsi, dai quali non avete mai voluto prendere le distanze! Quindi, dal vostro pulpito non viene in questa assemblea nessun insegnamento. Viene soltanto e sempre a lei, che è intelligente, ma gioca la sua intelligenza in maniera equivoca in questa assemblea; la sua intelligenza avrebbe senso se quando si parla di questi temi ci fosse prima di tutto una riflessione autocritica del Movimento da cui lei parte, si ispira e da cui non vuole scindere in nessun caso le sue radici ideali, che hanno però questo retaggio tragico per il nostro Paese.
Il discorso è quindi molto attuale e molto italiano il mondo - la signora Vetrino Nicola lo diceva - oggi non è contrassegnato da centinaia di Paesi che vivono nella democrazia, ma da centinaia di Paesi dove la democrazia non c'è in nessuna forma, lo sono fra quei comunisti che giudicano che nel nostro Paese c'è oggi il più alto grado di democrazia dell'Europa occidentale. Il problema che pone il Presidente del Consiglio Forlani è quello di prendere coscienza di questa originalità italiana (io aggiungo che questa originalità è composta di tante parti, tra cui anche quella nella quale io milito).
Ad ogni modo credo sia giusto educare le nuove generazioni alla coscienza di questi valori. Quindi, organizziamo una conferenza, non solo per i popoli dell'America Latina, ma per destare l'interesse, la curiosità culturale, perché non ci siano vuoti di coscienza fra le nuove generazioni per far ricordare a quelli che hanno dimenticato e far riflettere coloro che non hanno dimenticato ma devono capire la partita che si sta giocando in questo momento in tutto il mondo: da qualunque parte si guardi, davvero siamo sull'orlo dell'abisso, sia per il problema della pace, sia per quello della libertà. Allora, se non ci fosse un'assunzione di responsabilità anche da parte di un'assemblea che rappresenta politicamente quattro milioni e mezzo di italiani, sarebbe un vuoto, una lacuna, ed è giusto dedicare a questo uno spazio, che vogliamo sempre dedicare, purché ci sia chiarezza di valutazioni sull'importanza e dimensione del problema ed anche concretezza di iniziative.
Ritengo che la nostra Regione e tutte le altre Regioni italiane debbano, in una situazione così delicata di crisi del nostro Paese assumere i problemi di una cultura della pace, della democrazia, della libertà e dei diritti civili come prima linea ispiratrice della loro stessa esistenza come parte dello Stato italiano. Nel momento stesso in cui rivendichiamo ai Comuni ed alle Regioni le competenze di governo più generali, che non sono soltanto quelle dell'art. 117 della Costituzione nel momento in cui ci impegnamo, come ci siamo impegnati, in questa battaglia mortale contro il terrorismo, ed oggi ne verifichiamo finalmente anche i risultati; nel momento in cui abbiamo assunto questi problemi di carattere generale come problemi unitari di questa assemblea, abbiamo fatto qualcosa di essenziale per le sorti della democrazia nel nostro Paese: abbiamo fatto il nostro dovere. Non è vero che non serve intervenire: la liberazione di Corvalani è stata anche merito della pressione internazionale; la liberazione di Santucci è stata merito della solidarietà internazionale; la liberazione di Padre Testa è avvenuta grazie a questa pressione internazionale. Quando abbiamo telefonato in America Latina alle ambasciate ed ai governi per chiedere informazioni, una risposta l'abbiamo ottenuta, ed è stata intanto la manifestazione che questi uomini erano ancora vivi ed era possibile liberarli; quindi, concretezza. E concretezza è stata anche quando abbiamo fatto un ciclo di proiezioni di films sull'America Latina, perché concretezza ha voluto dire per centinaia di giovani conoscere cose che non conoscevano e che devono sapere se vogliono essere cittadini dell'Italia di oggi, in grado di capire i processi che avvengono, e di scegliere la loro strada nell'impegno politico ideale secondo una ragione, una cultura. Si esce dalla crisi se c'è più cultura non se ci sono omissioni od ignoranza. La crisi è una crisi di valori e l'affermazione di nuovi o vecchi valori succede ad un gran movimento culturale, ideale e morale.
Quando diciamo oggi di essere dalla parte di quelli che soffrono, dalla parte dei preti piccoli e dei preti grandi - che hanno in quasi tutti i Paesi dell'America Latina una funzione di avanguardia nella lotta contro le dittature - quando siamo con i minatori che sono in galera e siamo contro i soldati che indicano ai giudici conio devono comportarsi nella magistratura, quando siamo con i peones, che cosa siamo noi? Siamo quelle forze politiche, ideali e culturali, che hanno ben presente la realtà dell'America Latina anche dal versante che è stato poco analizzato e verificato oggi. La Bolivia di oggi è governata da un gruppo di pazzi sanguinari che hanno preso in mano la bandiera di una rivoluzione filosofica anticomunista e cristiana e giustamente il Vescovo di La Paz sdegnosamente rifiuta queste etichette, denunciando in tutte le chiese della città (con un documento che è seguito dall'invito di non discuterlo nelle chiese per timore che provochi nuove repressioni) uno per uno tutti i massacri che questa gente compie giorno per giorno. La Bolivia non è soltanto un Paese dove dittatura e gente che la subisce si confrontano: è un Paese anche che, bisogna ricordare, ha solo sei milioni di abitanti, ma è il secondo produttore al mondo di stagno, con una riserva enorme di gas naturali, che esporta petrolio ed argento, che ha un'agricoltura potenziale enorme e che ha il reddito pro-capite di quarantamila lire al mese! Il più basso di tutta l'America Latina. Allora, bisogna capire che coloro i quali prendono in mano le bandiere anticomuniste sono poi quelli che in realtà difendono gli interessi degli esportatori di cocaina (con introiti di miliardi e miliardi); questi sono i termini dello scontro in atto in quel continente, che a noi non sono ignoti, né lo sono le ripercussioni dirette sul nostro Paese.
Il Consigliere Viglione ha posto giustamente il problema di come si, fa a combattere questi Paesi: con la rottura delle relazioni diplomatiche? Con l'ostracismo? Bisogna valutare caso per caso. Le sanzioni furono qualcosa che favorì il fascismo - bisogna che impariamo anche dalle esperienze storiche - perché presentarono il fascismo come un movimento ed un governo che in qualche modo interpretava gli interessi nazionali contro il sistema delle plutocrazie che voleva schiacciarli; le sanzioni non indebolirono il fascismo, ma gli diedero una dignità che non aveva. Milioni di donne e di uomini andarono a portare le fedi, a raccogliere il ferro, per sostenere una causa che portava poi il Paese alla rovina. E, nello stesso tempo, non dobbiamo pensare che da questo derivi la sola conclusione che dobbiamo riconoscere tutti i regimi militari e tutti i regimi golpisti, altrimenti si fa il danno del popolo, perché il Governo italiano non fece questo con il Cile: è stato uno dei pochi Governi in tutta l'Europa occidentale e nel mondo che non hanno mai riconosciuto il Governo cileno. Dobbiamo quindi prendere atto che ci sono forme diverse con cui combattere e condurre il nostro comportamento. Certamente non ci può essere nessun riconoscimento per il Governo boliviano attuale; diverso è stato invece l'intervento della politica estera del nostro Paese riguardo ad altri Paesi dell'America Latina; non tocca a noi, naturalmente, essere soggetti protagonisti nell'indicare questa politica. Noi, però, possiamo fare cose specifiche e concrete, secondo i casi. L'esperienza degli aiuti ai popoli del Nicaragua è stata del tutto positiva: oggi abbiamo migliaia di amici in quel Paese che sanno che esiste non solo l'Italia, ma anche il Piemonte, e lo sanno perché sono loro giunti gli ospedali da campo, gli strumenti medici necessari per aiutare un popolo che non ha più niente, che è stato depredato dalle dittature che lo hanno preceduto oltre che massacrato.
Vogliamo qui a Torino gli esponenti leaders di questa America Latina che si batte per la pace e per la coesistenza pacifica; vogliamo unire questo popolo, perché è vero che se un popolo è unito non sarà mai vinto.
L'America Latina, Consigliere Marchini, non è fatta di miliardi di agenti della Cia e da poche centinaia di milioni di uomini che sorreggono con il loro lavoro gli interessi degli altri. L'America Latina è un Paese di centinaia di milioni di uomini che vivono al di sotto del minimo consentito per vivere e, invece, pochi gruppi dirigenti che sfruttano Paesi che potrebbero essere la ricchezza del mondo. Allora, dobbiamo avvertire che la funzione che possiamo avere come comunità regionale è quella di una grande azione di stimolo e di pressione ideale e culturale.
Consigliere Carazzoni, lei è stato qui in due legislature. Forse debbo ricordarle che non ho aspettato il suo invito per prendere posizione quando c'è stato da prendere posizione sull'Afghanistan, non è stato lei che si è mosso per chiedere una posizione sulla Cecoslovacchia. Devo anche rivendicare al partito nel quale milito che è stato il primo partito, il 20 agosto 1968, a prendere la posizione che doveva prendere nei confronti dell'invasione sovietica in Cecoslovacchia. Allora basta con queste menzogne! Non si può mischiare tutto e sempre contrabbandare con questa vecchia logora ed antica contrapposizione culturale del nostro Paese, dal '48 ad oggi, situazioni che sono diverse, modificazioni che sono avvenute dentro di noi, in tutti i partiti. La realtà di oggi è quella che è parsa nell'intervento del Consigliere Bontempi e del Consigliere Cerchio, con il quale abbiamo avuto polemiche asprissime, ma che qui dà il segno di una consapevolezza di tipo nuovo a cui, maggioranza e opposizione, devono guardare. Questo è uno dei grandi temi sui quali il popolo italiano deve essere unito, con le convergenze necessarie, anche riaffermate dal Parlamento italiano.
Se abbiamo impiegato un'ora e mezza nella discussione di oggi, credo sia staia ben impiegata, e possiamo andare fieri sia nei confronti della comunità sia nei confronti degli occhi lontani che guardano a questo piccolo nostro appuntamento con interesse, con simpatia e con speranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, signori Consiglieri, prendere la parola come Capogruppo della D.C., dopo un'ora da che è successo il fatto che ha polarizzato l'attenzione del dibattito, già di per sé interessante, fa sì che questa parola sia più calma e più misurata di quella che sarebbe stata se fosse intervenuta immediatamente. Con la mozione presentata dai colleghi comunisti è stato posto un problema reale che riguarda la vita civile individuale, che riguarda la libertà di individui di tanti Paesi dell'America Latina.
Presi da piccoli fatti quotidiani, abbiamo finito di rinviare troppe volte i fatti veri e drammatici denunciati nella mozione che aveva un momento temporale. Intervenendo a nome del mio Gruppo il collega Cerchio ne ha aggiunti altri che aggiornano il documento che il Consiglio regionale esamina.
Nel parlare dell'America Latina e nel collocarci come forza politica per primi abbiamo ricordato, attraverso la parola del Consigliere Cerchio che le libertà non sono conculcate solamente nei Paesi che erano citati nella mozione e, aderendo in gran parte alle proposte contenute in quella mozione, abbiamo espresso l'opinione che la trattazione avvenisse in un quadro più ampio, che i problemi dell'America Latina fossero una specificazione grossa, importante in una trattazione generale che non poteva venir meno nel momento in cui un'assemblea, che rappresenta oltre quattro milioni e mezzo di abitanti, si ferma, anche in un'ora insolita, a discutere.
E' opportuno vedere come collocare il tema più ampio con quello che specificatamente è stato posto. Ha ragione il Consigliere Viglione quando per primo ha detto che i problemi delle libertà dei popoli ed individuali ci sono in tante parti del mondo, ma questi problemi non devono avere una collocazione unica, che finirebbe di far perdere delle particolari visioni ma devono avere una collocazione geografica, devono essere collocati in climi, anche politici, diversi.
Poiché sarebbe elusivo fermarci al tema specifico che è stato posto pensiamo che il tema generale debba trovare una sua giusta collocazione.
Nessuno vuole confondere situazioni e fatti che riguardano anche la storia del nostro Paese: giustamente, ha detto il Vicepresidente Sanlorenzo, il tema generale deve trovare la sua collocazione perché non indebolisce il tema specifico, ma lo rafforza.
Nel dibattito si è inserita la frase infelice del Consigliere Montefalchesi. Mi dolgo che quel mezzo, tanto caro a tutti e che troppe volte ci disturba, il telefono, mi abbia proprio in quel momento portato fuori di quest'aula; se fossi stato presente, anche se il Consigliere Montefalchesi (mi riferisco alla seduta di ieri) ha il potere di ordinare ai Consiglieri democristiani il silenzio, lo avrei più violentemente interrotto di quanto non abbiano fatto i colleghi del mio Gruppo proprio per la responsabilità che sento di avere rappresentando l'intero Gruppo democristiano.
La gravità di quella affermazione è già stata ripresa dagli esponenti delle altre forze politiche e io li ringrazio. Ringrazio in particolare il Consigliere Viglione per il tono, il calore e per l'obiettività, questo è il concetto, con cui si è collocato nel dibattito rispondendo a quella affermazione del Consigliere Montefalchesi.
L'intervento degli altri Gruppi mi esonera dall'entrare nel merito di questa affermazione ed a replicare.
Al Consigliere Montefalchesi dico solo che visioni politiche aprioristiche, immotivate e distorte come la sua, se fossero raccolte dalle altre forze politiche, porterebbero solo a contrasti, all'odio fra gli uomini. E noi non perseguiamo l'odio. La D.C. conosce il sangue dei suoi uomini, e ve ne sono anche in quest'aula, versato per la libertà e per la democrazia in tutte le parti del mondo. Siamo cristiani, conosciamo il perdono ed in tale visione ci poniamo sul piano personale; ma sul piano politico, un giudizio ci deve essere, duro, senza tentennamenti sull'affermazione del Consigliere Montefalchesi.
Apprezziamo la mozione che è stata presentata dai colleghi del Gruppo comunista e se sarà possibile vorremmo aderire alle prospettive che propone, ma diciamo con molta fermezza che in questa occasione non possiamo confondere la firma del rappresentante della Democrazia Cristiana con quella del rappresentante del P.D.U.P. Questa è la nostra condanna morale e politica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Io devo fare una precisazione ed una rettifica. Le mie informazioni - e mi scuso se in questo senso sono state intese - non volevano suonare come un disconoscimento dell'impegno democratico di lotta per la libertà, a partire dal nostro Paese, che i partiti democristiani hanno avuto, cosa che non è assolutamente in discussione e do atto ai partiti democristiani di questo.



PRESIDENTE

Ha chiesto nuovamente la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, con questo intervento credo mi sia dovuta una specie di facoltà di replica, lo vorrei fare due considerazioni ed una proposta. Noi dobbiamo stare molto attenti quando impostiamo questi dibattiti, perché partiti con una motivazione ed un obiettivo, rischiano poi, o perché non c'è una discussione preventiva sufficiente su quello che si vuole ottenere in quel momento, o perché si inseriscono a volte delle valutazioni che io non esito a definire di mera bottega, del tutto sproporzionate ed inadeguate rispetto al taglio ed alla portata drammatica dei problemi, di spostare il fuoco dei problemi trattati.
Avevamo qui degli esuli paraguayani che sono venuti per sentire quello che le forze politiche intendevano fare per la tragedia che vivono sulla loro pelle: se dentro queste cose ci mettiamo un altro animo, un altro spirito, se veramente non ci capiamo fino in fondo, svolgiamo una funzione non adeguata alle intenzioni che avevamo. Credo sia necessario, allora, non introdurre nel dibattito politico delle valutazioni che portano all'inasprimento tra i Gruppi; se si parla di prospettive oscure di popoli credo si abbia il dovere di essere debitamente seri e non si possa debordare con aneddoti vari. Se non capiamo queste cose non pretendiamo di farci capire mai da nessuno, qualsiasi cosa trattiamo, anche le più alte e le più impegnative. Altre cose sono le diversità di valutazioni politiche che sono anche emerse, legittime; è emersa anche la grande convergenza sulla necessità di lavorai-e in una direzione che è quella di affermare comunque e dovunque i valori della democrazia e della libertà e di batterci, con tutte le funzioni, quella critica, innanzitutto, quella dell'intelligenza, per capire e per mettere assieme forze ed energie.
Credo che abbiate apprezzato, colleghi, un taglio nella mia introduzione, che era il richiamo ad una grande unità democratica, anche perché, anche distinguendoci in altri dibattiti in altri momenti, non accetteremo mai che al Partito Comunista sia fatto carico di situazioni di altri Partiti Comunisti, cosiddetti socialismoreali, che non ci trovano d'accordo; né intendiamo far carico alla Democrazia Cristiana e ad altri partiti di comportamenti che questo partito ha assunto in altre parti del mondo. Intendiamo sottolineare, per esempio, che nella Giunta del S.
Salvador contro Duarte tanti esponenti democristiani stanno morendo ed io credo, ho la fiducia di pensare che questa democrazia che abbiamo in Italia sia dalla parte degli altri e non dalla parte di chi è nella Giunta. E' nel concetto di fondo che dobbiamo ritrovarci. Ci rendiamo conto della pochezza di questa assemblea se venisse intesa solo come modo di esplicazione di qualche commento di bottega.
Sono venute anche altre proposte, tra l'altro accolgo totalmente quello che molto saggiamente Viglione ci ha ricordato. Continuo a ritenere che sia giusto organizzare una conferenza sui problemi dell'America Latina; questo non elude altre iniziative sul problema più vasto dei diritti civili. La nostra parte è da sempre disponibile e vuole, fino in fondo, essere alla testa di tutti i processi che criticamente e politicamente possono portare a far sì che le libertà siano affermate, rafforzate e difese.
Chiedo che la mozione non venga votata, perché abbiamo tutte le possibilità di lavorarci per tener conto degli aggiornamenti indispensabili, anche se la mia opinione, e quella del mio Gruppo, è conforme a quella che ho sentito da parte della Giunta, di mantenere questo fuoco e gli impegni tempestivi che ci siamo detti, impegni che sono anche in relazione a quella scadenza del 30 novembre che io ritengo importante.
E' la convergenza democratica, il grande fatto nuovo di unità, che insegna a noi anche come dobbiamo fare i dibattiti e come qui nessuno possa permettersi palestra per sfoghi. Dobbiamo avere la capacità di far conseguire alle cose che diciamo degli atti, altrimenti lo "starnazzare dei polli di Renzo" renderebbe problematico a molti anche di continuare in questa attività.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Prendo la parola brevemente quale presentatore dell'ordine del giorno sull'incidente di Montefalchesi (dopo quello che ha detto, penso si possa chiamare amico). In primo luogo non accetto reprimende da nessuno perch ognuno ha della lotta politica e del modo di fare politica la sua concezione. Quindi chiedo che non si chiuda brevemente la vicenda. Mi pare che si siano posti due problemi, uno di carattere umano che è il comportamento infelice del collega Montefalchesi, sul quale evidentemente non si può insistere oltre dopo la precisazione che ha fatto, che gli fa onore.
Esiste un primo problema politico che è stato sollevato dal Capogruppo del Partito Socialista Italiano, ed esiste un secondo problema politico: si è cercato di bollare una richiesta di chiarificazione di un comportamento politico di una forza, cioè del Partito Socialista, come un fatto goliardico. Questo non mi pare accettabile. Il goliardico se lo prenda qualcuno che ha qualche anno più di me. Se il Partito Socialista ha ritenuto, per bocca del suo Capogruppo, di dover valutare se il comportamento dell'amico e del collega Montefalchesi fosse condivisibile e non censurabile da parte della maggioranza, è una pronuncia che è venuta dalla maggioranza, io ho fatto soltanto il mio dovere di Consigliere di mettere in movimento lo strumento tecnico che in quest'aula portava a questo tipo di chiarimento.
Pertanto ritiro il mio ordine del giorno a condizione che anche il collega Capogruppo del P.S.I. consenta sul fatto che le dichiarazioni del Consigliere Montefalchesi fanno chiarezza non solo sul piano umano, ma anche sul piano politico.



PRESIDENTE

La parola al Capogruppo del P.S.I., Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, al di là della vicenda che è accaduta, esprimo l'opinione che in queste occasioni sia il Presidente del Consiglio ad esprimere e sintetizzare tutto quello che l'assemblea ha detto. Se vi è stata una frase che io non credo che, tutto sommato, risponda alle intenzioni vere e proprie dell'autore, ripeto, spetta al Presidente riassumere le opinioni maturate rispetto a questo fatto che tocca una parte della politica del Consiglio regionale. Se non avessimo questo metodo indubitabilmente, in ogni occasione come questa, non di un dibattito politico, ma di affermazioni che appaiono di per se stesse lesive, ciascuna forza dovrebbe trovare i mezzi per poter invece ristabilire la verità.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Viglione. Personalmente e come Presidente del Consiglio ritengo che l'incidente provocato dalle affermazioni "giovanili" del collega Montefalchesi, dopo la sua ritrattazione, sia senz'altro da ritenere chiuso, anche perché qualche espressione verbale anche io ebbi a dirla, nel momento della discussione, quando ero tra quei banchi; però non bisogna inasprire dei contrasti che non hanno nulla a che fare con quanto noi intendiamo proporre riguardo alla Giornata per l'America Latina.
Mi pare che la proposta fatta dal Capogruppo Bontempi sia da esaminare.
I Capigruppo, nella riunione che si svolgerà martedì prossimo, vedranno cosa si può fare per realizzare questa grossa manifestazione.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Non posso non sottolineare la poca correttezza tenuta in questa occasione nei confronti del mio Gruppo. Che il Consigliere Viglione abbia in quest'aula molto ascendente è indubbio, ma che una sua idea diventi poi un metodo di procedura mi pare volergli attribuire troppo. Mi sembrava che si dovesse sciogliere il nodo relativo all'ordine del giorno presentato dal mio Gruppo e questo nodo mi pare che competesse a noi scioglierlo.
Ritengo che la dichiarazione del Capogruppo socialista significhi che l'affermazione di Montefalchesi non costituisce un problema politico prendo atto e dichiaro di ritirare l'ordine del giorno.



PRESIDENTE

L'incidente è chiuso e la mozione esaminata e dibattuta.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno relativo all'estensione della Cassa Integrazione Guadagni al personale delle mense aziendali e dei servizi di pulizia


PRESIDENTE

I Consiglieri Montefalchesi, Avondo, Vetrino Nicola, Mignone, Viglione Paganelli e Turbiglio presentano il seguente ordine del giorno: "Il Consiglio regionale del Piemonte riunitosi il 30 ottobre 1980 viste le conseguenze che la crisi Fiat, Indesit e di altri grandi gruppi stanno determinando, in termini occupazionali, sulle imprese appaltatrici di servizi di mense aziendali e di pulizia sprovviste dei benefici della Cassa Integrazione Guadagni, ritenendo di dover salvaguardare l'occupazione in questo settore chiede al Ministero del lavoro di dare immediato corso agli orientamenti assunti in sede ministeriale nella riunione del 21 ottobre 1980, presente il Ministero del lavoro, la Regione Piemonte, tramite l'Assessorato al lavoro, le organizzazioni sindacali e parlamentari piemontesi, nella quale si erano manifestati gli orientamenti di estendere la Cassa Integrazione Guadagni ai lavoratori delle mense o ristorazione sospesi dal lavoro causa crisi aziendali delle imprese industriali appaltanti Ritiene opportuno che il Ministero del lavoro, in concomitanza del riconoscimento della crisi di settore delle aziende industriali nell'immediato quella Fiat, estenda tale provvedimento anche alle aziende appaltatrici dei servizi".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Comunita' montane

Ordine del giorno concernente l'elezione dei rappresentanti nei Consigli delle Comunità montane


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno firmato dai Consiglieri Sartoris, Mignone, Bontempi, Paganelli, Vetrino Nicola, Turbiglio e Viglione sull'elezione dei rappresentanti in seno ai Consigli delle Comunità montane.



MARCHINI Sergio

Mi astengo su questo ordine del giorno, perché la questione, sul piano istituzionale, è estremamente grave. Non sta a noi dire ai Consigli comunali quali sono le norme di comportamento nell'espressione del loro voto.



PRESIDENTE

L'ordine del giorno recita: "Il Consiglio regionale considerato che è in corso, da parte dei Comuni montani della Regione, l'elezione dei rappresentanti in seno ai Consigli delle Comunità montane, ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 11 agosto 1973 n. 17 ritenuto a) di dover ricordare l'opportunità di una pronta costituzione dei Consigli di Comunità affinché questi ultimi possano procedere, previa l'elezione degli organi propri, al sollecito avvio dell'attività b) di dover richiamare a contenuto del secondo comma del citato art. 3 laddove si sancisce la partizione in:'due di maggioranza ed uno di minoranza', dei tre rappresentanti del Comune riaffermato il generale principio della rappresentanza delle minoranze e delle loro autonome determinazioni invita i Consigli comunali dei Comuni montani della Regione Piemonte: 1) a provvedere sollecitamente all'elezione dei rappresentanti nei Consigli delle Comunità montane competenti per appartenenza 2) a tener conto, nell'elezione di cui al precedente n. 1 ed in riferimento al rappresentante delle minoranze (dei o del candidati designati dalle minoranze stesse) non solo al fine di preservare un corretto costume democratico nei rapporti all'interno degli Enti, ma anche per assicurare l'indispensabile rapporto di fiducia tra il Gruppo ed il suo componente.
Invita altresì il Parlamento a predisporre una modifica legislativa che traduca in norma gli enunciati principi".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato a maggioranza con 39 voti favorevoli e 2 astenuti.


Argomento: Commercio al dettaglio - Sanita': argomenti non sopra specificati

Esame deliberazione: "Regolamento di esecuzione delle norme contenute nella legge 30 aprile 1962 n. 283 e successive modificazioni, concernente la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, D.P.R. 25 marzo 1980 n. 327. Modalità per il rilascio delle autorizzazioni sanitarie e per esercizio della vigilanza sanitaria di competenza regionale"


PRESIDENTE

Si tratta ora di votare il testo che segue: "Il Consiglio regionale visto il R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 vista la legge 30 aprile 1962, n. 283 visto il D.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4 visto il D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 vista la legge 23 dicembre 1978, n. 833 visto il D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327 vista la deliberazione della Giunta regionale n. 26-1122 del 14 ottobre 1980 sentito il parere espresso dalla V Commissione consiliare permanente delibera di individuare nella Giunta regionale l'organo competente ad esercitare le funzioni ed a provvedere alle incombenze di pertinenza regionale previste dalla legge 30 aprile 1 96 2, n. 283 e dal relativo regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327 continuando ad avvalersi operativamente dei Medici e dei Veterinari provinciali e dei rispettivi uffici fino all'approvazione delle leggi regionali previste dagli artt. 16 e 32 della legge 23 dicembre 1978, n.
833 di confermare ai Medici ed ai Veterinari provinciali l'incarico per il rilascio delle autorizzazioni sanitarie di competenza regionale previste dalla legge 30 aprile 1962, n. 283 e dal D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327 avvalendosi dell'opera del personale di vigilanza sanitaria in servizio presso i rispettivi uffici, in ossequio alle disposizioni del Ministero della sanità impartite con circolare n. 20900-32 in data 1° maggio 1942 di stabilire che, fino all'attivazione dei servizi delle U.S.L.
previsti dalla legge regionale n. 60 del 22 Maggio 1980 e fino all'attuazione della legge regionale ex art. 32 della legge 83311978, alle incombenze derivanti dalla richiesta e dalla assegnazione dei libretti sanitari di cui all'art. 37 del D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327, continuino a provvedere, secondo le rispettive competenze, gli Ufficiali sanitari e gli altri Medici in servizio presso i Comuni nonché, per le indagini e gli accertamenti microbiologici, sierologici, radiologici e per ogni altro accertamento ritenuto necessario, i Laboratori provinciali di Igiene e Profilassi, i servizi dei Consorzi Provinciali Antitubercolari ed i servizi ospedalieri che già provvedono in merito attesa l'urgenza di provvedere in merito a quanto sopra dalla data di entrata in vigore del D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327, di dichiarare la presente deliberazione immediatamente esecutiva, a norma dell'art. 49 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 e di mandare a pubblicarla sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.
Il Consiglio regionale è convocato per giovedì 6 novembre 1980 alle ore 9,30 e alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,30)



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