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Dettaglio seduta n.159 del 14/10/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Situazione economico-occupazionale in Piemonte (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prosegue il dibattito sulla situazione economico-occupazionale. Ha chiesto di intervenire il Consigliere Alasia. Ne ha facoltà.



ALASIA Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri. E' lontano da noi, per nostra formazione culturale e per l'ambito mentale che abbiamo e per l'impegno che portiamo che rifugge da ogni atteggiamento di estraneità, il tono di chi di fronte agli avvenimenti esclama compiaciuto, "noi l'avevamo detto, noi l'avevamo previsto".
Ciò che avevamo detto e avevamo previsto, risulta dai verbali del Consiglio di un anno fa; ma non è motivo di compiacimento per nessuno se la situazione è quella che avevamo previsto. Ma è doveroso, come ha fatto la Giunta documentarci sulla situazione, e guardarlo in faccia.
Fra i tanti problemi si è richiamato quello della mobilità. I colleghi che fanno parte della Commissione regionale dell'impiego sanno quanto ci siamo tormentati e interrogati su questo problema. E voglio trattarlo seriamente non limitandomi a gettare titoli in aria come se fossero coriandoli giacché la genericità non serve a nessuno tanto più se la genericità è accompagnata da velate allusioni che su questa questione ci sarebbe stato un dissenso. La Regione Piemonte ha stipulato per prima accordi sulla mobilità; alla Melco di Asti, alla Mossi &Ghisolfi di Tortona, alla Singer di Leinì, quando ancora non esisteva né alcuna normativa contrattuale né alcuna sperimentazione né una legge in proposito.
Le Giunte che hanno retto la Regione dal 1975 ad oggi hanno sempre ritenuto la mobilità di un'esigenza "fisiologica" specie in momenti di ristrutturazione.
L'Assessore Sanlorenzo e questa Giunta sono stati i primi in Italia ad avviare la sperimentazione in assenza di sperimentazione. Dico con calma e con coscienza che è utile per tutti servire la verità e non gettare titoli vuoti in aria; quindi nessuna preclusione ideologica, ma dovere di guardare i fatti. Ed allora mi atterrò ai fatti.
L'Assessore Sanlorenzo nel corso della penultima seduta ci ha informati sui risultati dell'esperimento di mobilità effettuato nell'arco di 7/8 mesi. I risultati sono clamorosamente deludenti e inducono tutti ad una riflessione tanto più che abbiamo voluto tutti la mobilità. Della Commissione regionale dell' impiego fanno parte i consiglieri Brizio e Bastianini e il sottoscritto come supplente in rappresentanza del P.C.I.
Su quei dati dobbiamo ragionare analiticamente: Sanlorenzo ce li ha forniti a metà del mese di settembre; e ce li ha forniti perché si ragioni sopra e non per 'dichiararsi ottimista o pessimista.
Come comunisti tenteremo un ragionamento senza alcuna pretesa. Dei 7500 lavoratori interessati dalla deliberazione che abbiamo assunto all'avvio dell'esperimento, 400 si erano dimessi subito; il 4 settembre i dimessi erano 633. Ma le fonti imprenditoriali parlano ora di 2 mila dimessi.
E' un fatto rilevante e pongo degli interrogativi.
E' sfiducia nella mobilità? Sistemazioni trovate per canali diversi? Dimissioni incentivate con indennità extra contrattuali, via via aumentate nel tempo? (La Fiat è arrivata a 12/13 milioni). Quali sistemazioni precarie di extracontrattuale si sono trovate? Forse la parte più consistente è entrata nel terziario dequalificato nella piccola e marginale attività commerciale; la parte più qualificata si sarebbe occupata attraverso passaggi diretti: pare (ho dei dati parziali) che una piccola parte che comprende anche dei giovani, sia rientrata al sud.
Ho posto delle domande. Ma mi sento di rispondere con molta serenità che in tutto questo c'è il segno del precario.
E veniamo alla gestione di questa vicenda. Il 4 settembre le offerte di lavoro sono state 472. Al di là di ogni valutazione, lo scarto fra il numero dei lavoratori interessati e il numero dei posti offerti è abissale.
Ma un giudizio serio non può limitarsi all'area iniziale degli interessati perché la mobilità dovrebbe necessariamente aprirsi a quelle situazioni di crisi nelle quali nel frattempo ci siano stati accordi di mobilità. Non v'è ragione né giuridica, né morale, né sociale, né sindacale perché le donne di Rivarolo vengano dopo gli operai di Mirafiori. Del resto l'orientamento della Commissione dell' impiego è aperto ad assumere successive deliberazioni.
Dunque il divario fra l'area degli interessati e i posti offerti è ancora più sostenuto quando si parla di mobilità, si parla di situazioni reali cioè tutte quelle che esigono mobilità.
Se poi si guardano analiticamente i dati di questa modestissima gestione si vede che rispetto alle 472 offerte di lavoro gli avviati sono stati 75; ma di questi 27 non hanno superato il periodo di prova e 30 sono stati rifiutati dalla ditta.
Seconda considerazione. Perché i convocati che non hanno accettato l'offerta sono 633? Perché quest'alta percentuale di rifiuto? Quali sono state le offerte? Fra le varie ragioni di rifiuto viene avanzata quella della doppia attività.
L'Assessore Sanlorenzo questa mattina ci ricordava le indagini sui cosiddetti bioccupati che risalgono al 1979 e che la situazione di oggi è ben diversa.
Pare ormai certo che l'offerta dell'economia sommersa si sia notevolmente ristretta negli ultimi mesi.
L'eloquenza delle cifre ci porta a constatare che la quantità e la qualità dell'offerta è del tutto irrisoria.
Non ho nessuna intenzione di fare la corte alla D.C. ma devo dire che la rivista democristiana "lettere piemontesi" ha trattato molto correttamente questo problema e inviterei i colleghi a leggere quell'articolo che conclude dicendo che di tutta questa faccenda i lavoratori non hanno responsabilità alcuna.
Ai problemi delle modifiche, delle riforme e delle strutture del mercato del lavoro va dunque attribuito il peso che essi realmente hanno.
Consentitemi quindi di venire al cuore della questione, che è di carattere produttivo. E si ha un bel dire che è un'osservazione ovvia. Per noi questa è sempre stata un'osservazione ovvia. I verbali di un anno fa ne parlano ma così non possono dire coloro che fecero una campagna miracolistica sulla mobilità in un polverone che ancora non è finito al quale seguì un'altra stagione, quella del terziario.
Colleghi, che di problemi seri e delicati, come quello della mobilità e del terziario, si sia fatta poi la panacea di tutti, i mali, è segno brutto di questa Italia politica che non sapendo affrontare le questioni di ordine produttivo, si dà ai pressapochismi nei quali non si trova né mobilità reale, né terziario qualificato, ma solo l'arte dell'arrangiarsi nel sottolavoro o nel terziario "cialtrone" come acutamente lo ha definito il prof. Prodi al convegno al quale ho partecipato con Martini all'Università di Pavia.
Quando parlo di arte dell'arrangiarsi, non do un giudizio di ordine morale: arrangiarsi, cari colleghi, sta qui per "ingegnarsi", come si dice in un pittoresco termine meridionale. Del resto, la nostra società è così complessa, come dicono i colleghi del P.L.I., da stimolare comportamenti e bisogni che non sempre sono affrontabili nei limiti dei tradizionali bilanci familiari.
La recente indagine del prof. Gallino sui bi-occupati fa riflettere su molti aspetti e la Giunta dovrà riflettere pur considerando la sfasatura esistente fra il 1979 e oggi. Comunque lo si voglia giudicare anche in questa fase di "cala", questo è un fenomeno economico rilevante non solo italiano, non è solo un fenomeno contingente; contiene aspetti patologici ma anche aspetti "fisiologici".
L'indagine consentirà un attento esame del problema la cui esistenza l'avevamo intuita da tempo. Parlando in questo Consiglio ebbi il modo di ricordare che in questo Pese c'è chi ha e lavora uno e nove e c'è chi lavora zero.
L'Assessore Sanlorenzo diceva questa mattina che nel corteo dei disoccupati non c'erano i bi-occupati. Dobbiamo spiegarci la contraddizione di questa società che ha tanti volti diversi.
Il prof. Garelli, giudica questo bio-lavoro come mezzo individuale per lottare contro il caro-vita a scapito del sistema generale.
Questa riflessione fa meditare su che cosa non offre il sistema in generale dal momento che il fenomeno è così esteso. Su cinque o sei occupati nel 1979 vi era un bi-occupato. Il fenomeno esiste e interessa il docente universitario come l'operaio. Le motivazioni sono varie e complesse.
Vengono soddisfatte così esigenze produttive che altrimenti rimarrebbero insoddisfatte. Capisco il ruolo di elasticità che gioca nell'economia questo fatto. E' difficilmente scomponibile in una situazione come questa il razionale dall'irrazionale.
Tuttavia l'offerta del doppio lavoro affonda largamente le sue ragioni nel bisogno economico. Non bisogna essere schematici, ma occorrerà porsi la domanda sui bisogni indotti in questa società.
Se ognuno di noi si guarda attorno nel rione, nella casa dove abita ha conoscenze dirette da valutare. Come capita a me, per esempio, di conoscere quella famiglia operaia di immigrati che lavora alla Fiat, che come secondo lavoro si rompe le ossa a scopare le scale, che compra la giacca di renna alla figlia, alla quale padre e madre non parlano mai e che in casa non ha un solo libro. Io preferisco non avere la giacca di renna e spazzare qualche scala in meno.
Ed ho qualche dubbio sull'affermazione che questo fenomeno non tolga posti di lavoro ai disoccupati. Intendiamoci: in un' economia irrazionale tutto si spiega e l'irrazionale diventa oggettivo. Ma se esistesse una seria programmazione (non rigida e non sovietista) quanti comportamenti anomali troverebbero il loro sbocco e la loro applicazione in modo diverso più sociale, più produttivo? Il magrissimo risultato che abbiamo avuto non ci porta affatto a sottovalutare le riforme e i provvedimenti che debbono essere avviati negli strumenti del mercato del lavoro, anzi, siamo convinti (e lo prova l'impegno della nostra politica e della Giunta) di dover affrontare le strozzature e le deformazioni che ci sono e che sono aperte; ma diciamo del pari che giocheremmo a rimpiattino se non ponessimo fortemente l'accento sul problema di fondo della politica economica industriale.
Vediamo allora se riusciamo a fare un discorso unitario, nella sua globalità e nella sua interezza non seguendo solo un segmento o uno spezzone per fare un discorso di comodo.
I colleghi di parte liberale hanno presentato un'interpellanza per approfondire la situazione economico-occupazionale definita "complessa".
L'invito ad approfondire l'argomento interessa anche la nostra forza politica. Al collega Bastianini vorrei dire che da almeno 40 anni sento fare sui problemi economici questa contrapposizione tra ottimisti e pessimisti; con accentuazioni e sfumature varie e reciproche accuse di insensibilità o di irresponsabilità. C'è anche chi è ottimista in primavera e pessimista in autunno e viceversa; c'è chi è ottimista se è al Governo e pessimista se è all'opposizione. C'è poi ora una nuova specie di chi riesce ad essere contemporaneamente al Governo e all'opposizione e quindi è contemporaneamente ottimista e pessimista che è come direi più argutamente io un ottimo pessimista. Orbene, c'è chi dosa in un modo e chi dosa in un altro, e piega i propri giudizi a convenienza di bassa cucina politica.
Noi comunisti apparteniamo alla filosofia che si riassume nel pessimismo dell'intelligenza e nell'ottimismo della volontà. Anche questa però è una frase abusata che non soddisfa nessuno. Né il nostro Partito, n la Giunta, né Sanlorenzo, non hanno mai giocato al catastrofismo ma hanno sempre detto che la situazione è grave.
Non c'è atto, non c'è convegno, non c'è documento in cui il Partito comunista non abbia posto l'accento sulla "complessità" della situazione.
Abbiamo detto che la crisi non è sempre stagnazione e che si presentano intrecciati elementi di stagnazione, di ristrutturazione e di sviluppo.
Solo chi ha interesse a presentare un Partito comunista arcaico e massimalistico può fingere di ignorare la nostra visione complessiva delle situazioni e cogliere spezzoni di un discorso piegandoli al proprio ragionamento e assumendoli a giudizio generale.
Questo è troppo comodo e ha le gambe corte.
Perché come ci ricordava il compagno Revelli argutamente è la furbizia di Garibuia. Nella tradizione popolare Garibuia passava per persona poco furba, tuttavia era persona generosa che nascondeva i soldi nella tasche altrui, il che non capita più al Garibuia di oggi. Cari colleghi liberali l'indagine trimestrale della Federpiemonte prevede tempi duri ancora per i prossimi mesi. Cito testualmente dalla terza relazione: "il clima di opinione degli industriali piemontesi è nuovamente improntato a forte pessimismo. E' nuovamente aumentata la frequenza con cui le aziende manifestano intenzione al ricorso alla Cassa integrazione. Per gli ordinativi si è registrato un sensibile peggioramento. I giudizi pessimistici sull'occupazione sono sensibilmente più numerosi che alla fine di marzo". Non capisco come si può leggere con platonica tranquillità tutto questo e poi muovere scandalo se Sanlorenzo ci dà quella radiografia che prima ho cercato di commentare.
Non è sufficiente dire che la situazione è complessa. Questa osservazione vera non può ridursi ad una sorta di limbo dove c'è il bene ed il male, il bianco e il nero.
La capacità sta nel saper leggere e interpretare gli elementi nella loro dinamica e i fatti che segnano una tendenza ed un modello.
Quale modello? Quale quadro di insieme esce dalle sovrapposte radiografie dei vari fattori economici? Vi siete mai chiesti perch patronato e Governo ormai da molto tempo, non parlano più, non dico di piena occupazione (che non sarebbe un argomento così orripilante), ma nemmeno di aumento dei livelli occupazionali.
Ho ascoltato e approvato in parte lo scambio di opinioni che c'è stato tra il Ministro De Michelis e Carlo De Benedetti.
Non è da poco la polemica tra i Ministri che temono che la manovra economica del Governo porti a 3 milioni di disoccupati e quelli che vorrebbero inasprire la stretta.
C'è il problema del costo del lavoro. Chi l'ha mai negato? Noi respingiamo la montatura di chi fa di questo problema un momento fondamentale nel momento in cui il salario ha perso il suo potere reale.
Il ministro De Michelis ha lasciato intendere che il problema della politica:di sviluppo è del tutto aperto all'interno della compagine governativa. E' aperto anche all'interno delle forze imprenditoriali, se è vero che De Benedetti ha aperto la polemica all'interno della Confindustria.
Siamo davanti a scelte di carattere sociale e politico di grande rilevanza che si ripropongono a livello internazionale. I compagni socialisti non si sono mai chiesti che cosa succede in Germania? Nel Paese più ricco e più industrializzato d'Europa si rompe la decennale alleanza fra socialdemocratici e liberali sulle scelte economiche e sociali. Su questa problematica, che coinvolge tutto il mondo, si misureranno le forze politiche, e non sui piccoli escamotages paraideologici del fronte laico.
Noi abbiamo aziende industriali, aziende agricole, aziende commerciali e dei servizi ad altissimo livello tecnologico,che in questi anni hanno fatto grandi investimenti, registrano una occupazione decrescente. Vi sono poi varie e infinite forme di assistenza, di sussidio, mentre il pubblico impiego torna a rimproverarsi come miraggio e come ricovero dell'occupazione, giovanile e intellettuale.
In questi giorni il Banco di Sicilia ha svolto uno studio sulla congiuntura. Cito alcune frasi: "Anche se essenziale, il problema della finanza pubblica non è il solo che richiede di essere affrontato alla radice. C'è da considerare il basso tasso di capitalizzazione della nostra economia. Nel 1981 gli investimenti fissi cono stati pari al 17,5% del prodotto interno lordo contro percentuali che vanno fino al 23% dei paesi europei. Le spese per la ricerca e per lo sviluppo sono fra i più bassi di tutta l'area occidentale".
Vogliamo allora fare i conti con questi problemi dai quali poi discendono le scelte selettive e prioritarie da farsi? Oggi c'è allarme e preoccupazione per il rifinanziamento della legge 675. Anche nelle ristrettezze del presente si devono cercare i mezzi di espansione selettiva e graduale, come sostengono le Confederazioni; ma, appunto per questo, il problema non è solo d'ordine quantitativo.
All'Assessore Sanlorenzo che ha richiamato opportunamente il Min.
Marcora a questo proposito relativamente al piano auto, vorrei raccomandare di porre assieme al problema del rifinanziamento i problemi di qualità selettivi di obiettivi che debbono essere garantiti dall'intervento pubblico. Giustamente nella relazione del Presidente Enrietti fatta a nome di tutte le Regioni questo motivo è ritornante con critiche dure sul modo in cui le Regioni hanno potuto dare quei pareri.
La politica di settore per come è stata sin qui gestita sulla legge 675 è universale da parte di tutte le Regioni.
Il prof. Mamigliano rilevava in un convegno a Pavia che i piani di settore alla fine sono risultati semplice aggregazioni statistiche. Credo sia difficile sostenere che semplici aggregazioni statistiche consentano quelle scelte selettive e quelle priorità di cui tanto si è parlato in questi anni. Quello che diceva Momigliano è un poco diverso da quello che dice Marcora che attribuisce solo alla "legislazione a cascata" la disfunzione della legge 675. Non è questo il punto. I programmi d'azienda e gli impegni assunti devono rientrare in una politica di settore. Questo voglio dirlo chiaramente ai compagni socialisti che in alcuni loro convegni non hanno detto esattamente questo. La coerenza si misura con il piano di settore; i soldi pubblici devono essere finalizzati a una decisione pubblica e non viceversa.
E' stato importante che le Regioni italiane interessate al piano auto riunite il 17 settembre su iniziativa della Giunta avessero chiesto il piano rispetto dell'accordo Fiat, perché uno slittamento al 1985 di quell'accordo così come viene ventilato, sarebbe inammissibile, anche dal punto di vista della serietà. Vorrebbe dire di fatto svuotare di significato ogni impegno al rientro: ci sarebbe l'esodo volontario (da 5 milioni siamo passati ai 13 milioni) l'invecchiamento, il prepensionamento con una perdita secca sul piano occupazionale, mentre la Fiat fruirebbe del sostegno pubblico e facendo nuovi ricorsi alla Cassa integrazione, che nel solo 1981 è costata 350 miliardi. Ormai lo strumento della Cassa integrazione è utilizzato per la ristrutturazione. Sul piano della ricerca e, dell'innovazione tecnologica manifestiamo nuovamente il nostro dissenso sul modo in cui il Governo ha condotto l'operazione. Il Centro ricerche della Volkswagen ha 5 mila addetti. Quello della Fiat che ne aveva più di mille, si va dimensionando sui 600. Sono calati i dirigenti, gli impiegati gli operai, gli intermedi.
Vi pare dunque tanto strano, colleghi, se questo Paese pretende di capire che cosa capita nel campo della ricerca? Nei provvedimenti di legge il Governo ha soppresso la precedente dizione del suo testo che così suonava: "Individuare i temi della ricerca nell'ambito dei settori dell'attività di cui al comma secondo, lettera a, art. 2, della legge 675 e sulla base degli obiettivi previsti dai programmi finalizzati relativi agli gessi settori approvati dal Cipe". Vi pare dunque tacita vincolistica o vetero-comunista la domanda al Governo per capire che cosa l'ha indotto a modificare la precedente sua formulazione che noi sosteniamo? Vi pare tanto strano se questi ottusi comunisti chiedono che la ricerca sia finalizzata e che su di essa si eserciti un controllo e una volontà politica? Siamo convinti che se non si metterà mano a questi problemi, se non si avvierà una politica produttiva selezionata con finalità e per obiettivi non reggerà nessun disegno.
Questa mattina è venuta una delegazione della Venchi Unica, per porre un problema drammatico in quanto da gennaio quei dipendenti non prendono più una lira.
All'art. 1 della legge finanziaria n. 83 si legge che il Governo è delegato a ridurre progressivamente il trattamento straordinario della cassa integrazione-guadagni e a porre un limite temporale di graduale esaurimento del trattamento stesso. Come se fosse questo problema avulso dalle questioni di ordine sociale e produttivo. La Giunta ha indicato di concerto con le altre Regioni una serie di misure con lettera del Presidente Enrietti in qualità di coordinamento delle Regioni.
I miei ragionamenti sono sulla linea di quel documento che condivido totalmente. Vorrei però richiamare l'attenzione del Presidente Enrietti sul punto che tratta del piano dell'alluminio.
La questione è stata discussa in quest'aula alla presenza del Min. De Michelis nel mese di marzo.
Il Consigliere Avondo e il sottoscritto hanno avuto incontri per la questione dell'Istituto sperimentale metalli leggeri di Novara. Il Preside del Politecnico ha visitato coi noi gli impianti, come abbiamo documentato puntualmente dal mese di marzo ad oggi alla Giunta. A tale riguardo prego la Giunta di portare alla discussione nella prossima seduta la nostra interpellanza giacché le proposte di risanamento e di riorganizzazione del settore dell'alluminio risalgono al mese di luglio, e le Regioni sono invitate a discuterne e il Politecnico deve chiudere i suoi programmi.
In ordine al mercato del lavoro la Giunta presenta una serie di proposte, alcune delle quali sono articolate in progetti di legge.
Relativamente all'Osservatorio del lavoro va raccolta la sollecitazione che ci viene fatta perché sia una struttura flessibile, che coinvolga cioè più Assessorati con competenze in materia di mercato del lavoro (agricoltura formazione professionale, commercio) e ricordo che la Giunta deve assicurare al progetto un carattere interassessorile. E faccio un'autocritica perché io non riuscii a darlo.
Non si dovrebbero frapporre ulteriori indugi al progetto per i cassintegrati e si dovrebbe passare rapidamente alla discussione e all'approvazione del testo.
Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo dibattito cade in un momento di grandi e gravi tensioni sociali, ne abbiamo avuto la prova questa mattina con la manifestazione effettuata da parte dei lavoratori Venchi Unica e della Tecmo, qui in Consiglio regionale.
Quindi è necessario che ogni parte politica, per quel che è in grado di fare, dia un contributo per risolvere i grossi problemi che travagliano la nostra Regione.
Prima di entrare nel merito dei problemi, devo dire di non aver capito alcuni argomenti toccati dal Capogruppo socialista. Premesso che questa mattina il capogruppo socialista ed il sottoscritto abbiamo ricomposto la vicenda spiacevole avvenuta la scorsa settimana in Consiglio regionale tuttavia, dissensi politici di merito e di metodo tra le sue posizioni e le mie restano. Non ho sentito da parte del Capogruppo socialista un giudizio di merito sulle proposte della Giunta.
Non capisco se il Gruppo socialista, ha una collocazione diversa rispetto al suo Capogruppo, infatti il Consigliere Viglione lamenta il fatto che la Regione dovrebbe investire 500 miliardi di residui passivi, ma sa anche, in quanto è stato Presidente della Giunta nella passata legislatura, che anche allora c'erano residui passivi, che negli ultimi due anni sono diminuiti soprattutto per effetto di minori trasferimenti di risorse dallo Stato alla Regione.
Inoltre perché sollecita il decollo dell'area attrezzata dell'alto novarese quando proprio un suo compagno di partito ne ha impedito il decollo, provocando addirittura la crisi della Giunta di sinistra a Gravellona? O il capogruppo socialista ha delle notizie errate oppure il suo è un attacco deliberato alla Giunta. Sono d'accordo sull'autonomia dei gruppi rispetto all'esecutivo, ma faccio fatica a capire quest'autonomia quando in suo nome si mistifica la realtà.
Inoltre il Capogruppo socialista ha sostenuto che il tema del dibattito odierno verte sul confronto tra il sistema pluralistico e il sistema totalitario, io credo invece che la centralità dell'odierno dibattito sia rappresentata dalla crisi del Piemonte, con l'aspetto più drammatico la crisi delle 28 aziende i cui lavoratori da mesi sono senza salario e non sanno come far fronte alle esigenze della loro famiglia.
Per questo ritengo che sia opportuno e doveroso di fronte a tale situazione che ogni forza politica dia il suo contributo.
Questo dibattito è stato preceduto da polemiche sul giudizio da dare sulla gravità della crisi. C'è stato uno scambio di dati, di numeri sui lavoratori in cassa integrazione e sui disoccupati. La posizione di Bastianini tende a negare l'evidenza dei fatti, la gravità della crisi, e tende ad introdurre contraddizioni tra i partiti che formano la Giunta. Io non chiedo al Consigliere Bastianini di credere al numero di cassintegrati o al numero di disoccupati o di aziende in crisi che dà la Giunta, ma credo che debba fidarsi dei dati che fornisce il Governo, nel quale il suo partito è rappresentato, che dicono che nel prossimo anno ci saranno 3 milioni di disoccupati.
E mi sembra alquanto improbabile che quell'aumento di disoccupati non colpisca ulteriormente il Piemonte, se non vi saranno interventi energici e tali da invertire la tendenza in atto, interventi che non potranno essere affidati alla libertà d'impresa e alla spontaneità dei processi.
Ma sarebbe ingeneroso ricondurre la posizione di Bastianini ad un bisticcio sui numeri, in effetti quella posizione ha un'ispirazione di fondo, vuole cioè tentare di dimostrare che la riacquistata libertà d'impresa e l'eliminazione dei lacci e dei lacciuoli sono la ricetta giusta per affrontare la crisi.
A me sembra invece che l'evidenza dei fatti dimostri il contrario, non spio perché vi è un'obiettiva difficoltà a rispondere con i metodi e gli strumenti tradizionali ad una crisi che riveste un carattere mondiale e quindi pone un problema di utilizzo programmato delle risorse, della ricerca di nuovi settori dove investire e di nuovi interlocutori con i quali instaurare rapporti paritari di interscambio e cooperazione.
La realtà della crisi ci ricorda anche le grosse responsabilità dei fautori del neoliberismo e di quei governi (compreso quello italiano) che hanno accompagnato tale scelta con la politica monetarista e l'alto costo del denaro, strangolando il sistema produttivo.
Ricordando queste responsabilità del governo certo non dimentico le divisioni che al suo interno vi sono, da una parte con la linea monetarista di Andreatta e della D.C., e dall'altra la linea più aperta del P.S.I.
tendente a privilegiare i problemi dello sviluppo e valuta con preoccupazione i riflessi negativi che la linea monetarista ha sull'occupazione. Tuttavia, quando passano scelte concrete, quali quelle che il governo sta operando, o si traggono le conseguenze di un dissenso, o si condividono le responsabilità di una linea di politica economica, che fa ancora una volta pagare i più poveri con gli aumenti delle tariffe, con la mancata correzione delle iniquità fiscali, aumentando così il divario tra le classi sociali, e ponendo le condizioni per un apparato produttivo ridimensionato.
Per questo come PDUP siamo profondamente contrari a tale linea ed alla scelta di cedimento che il sindacato sta, conducendo con la discussione sul costo del lavoro e la scala mobile. Del resto è riconosciuto anche da autorevoli economisti che non è il costo del lavoro il problema prioritario per uscire dalla crisi.
Il problema che oggi ci si pone è di capire quale sviluppo ed in quali settori possiamo riavviarlo per contenere la crisi e rilanciare un'espansione dell'apparato produttivo. E' questo l'interrogativo a cui dobbiamo rispondere per affrontare una crisi che è di dimensioni internazionali, ma anche per rispondere alla latitanza del mondo imprenditoriale, di cui la vicenda della Ghisfond è solo l'ultimo in termini di tempo.
L'esempio più eclatante di tale latitanza è senza dubbio il fallimento dell'esperimento di mobilità, la cui causa è sì la mancanza di posti di lavoro, frutto dell'incapacità di individuare nuove occasioni di sviluppo che allarghino la base occupazionale; ma è anche causato dalla scelta del mondo imprenditoriale tendente alla difesa dei profitti in un apparato produttivo sempre più ridimensionato. Ma c'è un'altra ragione del fallimento della mobilità, che è riecheggiata anche ieri durante le consultazioni con il mondo imprenditoriale, il quale rivendica un mercato del lavoro sempre meno affidato al controllo pubblico e sempre più ai meccanismi spontanei di domanda ed offerta.
Un mercato del lavoro, afferma la Federpiemonte, libero da vincoli rigidità, condizionamenti, che tradotto in un linguaggio più comprensibile significa libertà di licenziare e possibilità di ricattare chi resta in azienda. Quali sono le nostre proposte: la prima è quella anche contenuta nel documento del Presidente della Giunta a nome della conferenza dei Presidenti delle Regioni, cioè il problema del rapporto tra competenze statali e poteri di intervento delle Regioni.
Certamente è indispensabile un raccordo tra le scelte delle Regioni e la politica del governo in modo da avere non tante politiche industriali diverse, quante sono le Regioni, ma un quadro generale e delle priorità decise a livello nazionale. Ma tale quadro generale deve tenere conto delle indicazioni, dei suggerimenti, dell'esperienza pratica di gestione delle leggi e dei provvedimenti delle Regioni, quale istituzione con poteri di programmazione più a diretto contatto con il territorio.
Cioè le Regioni che concorrono realmente alla programmazione nazionale.
Perché questo si realizzi è necessario mettere in discussione due questioni: La prima è la necessità di assegnare alle Regioni reali poteri di intervento in materia di politica industriale.
La seconda questione che è necessario mettere in discussione, è il modo con il quale il Governo fa politica industriale e la gestisce.
Infatti il Governo è inadempiente in tanti campi: ricordo che ci sono voluti quattro mesi per concordare un incontro per la Ceat; il ritardo di anni nella definizione delle commesse pubbliche per l'informatica' provocando l'esborso di miliardi per la cassa 'integrazione ai lavoratori della Olivetti, è in ritardo nell' approvare il provvedimento per l'impiego dei lavoratori nel campo della protezione civile. La programmazione industriale poi 'o non l'ha fatta, oppure si sono fatti piani di settore che non tengono conto della realtà e sono in contraddizione con la programmazione stessa.
Sono sotto gli occhi di tutti le contraddizioni sul piano della siderurgia.
Ricordiamo che l'Italia è l'unico paese della Ceca ad avere una bilancia commerciale in netto passivo e crescenti percentuali di importazione. Un intervento serio del Governo dovrebbe intervenire in due direzioni; con un piano di settore in grado di intervenire sui prodotti di importazione adeguare l'apparato produttivo, per limitare le importazioni stesse inoltre dovrebbe ricontrattare le quote Cee sulla base del consumo reale di prodotti siderurgici dei singoli Paesi e non sulla base delle capacità produttive, essendo esse aumentate in modo diverso nei vari paesi della Cee. Infatti dal 1975 ad oggi le capacità produttive dell'Italia sono invariate, mentre quelle degli altri paesi Cee sono aumentate all' 1,55%.
Rispetto al piano auto, da una parte c'è stato il ritardo di un anno nell'insediamento del comitato della componentistica e dall'altra non c'è nessun collegamento tra l'erogazione dei fondi per l'innovazione tecnologica (legge 46) e gli obiettivi e i vincoli per la concessione dei finanziamenti che sono definiti dal piano auto. Quindi le risorse umane vengono utilizzate da una parte per fare il piano di settore e dall'altra per affossarlo. Un altro aspetto sul quale riteniamo si debba impegnare una Regione guidata da una Giunta di sinistra è l'affermare con forza la difesa dei ceti sociali più poveri che la crisi colpisce duramente. Noi diciamo no alla modifica della scala mobile, no alla legge finanziaria che autorizza il Governo ad emanare un provvedimento grazie al quale dopo due anni la C.I. scende del 10% ogni trimestre e fino ad esaurimento dell'erogazione stessa.
Questa ipotesi non è accettabile per due motivi: 1) fintanto che non viene approvata la riforma del mercato del lavoro noti si può procedere a fare le riforme a pezzi 2) poiché sull'assistenzialismo si sta facendo un polverone dicendo cose inesatte, se si vuole evitare che un lavoratore stia in cassa integrazione per anni si devono creare le condizioni per la sua ricollocazione oppure si deve garantirgli la sussistenza.
Tra l'altro vorrei ricordare che mentre per i lavoratori della Venchi non si trovano pochi miliardi per la Cassa integrazione il Governo ha trovato i miliardi necessari per aumentare gli stipendi ai dirigenti statali.
Sugli strumenti di gestione del mercato del lavoro, relativamente all'agenzia di lavoro devo rilevare che c'è una contraddizione tra quanto è scritto nel Piano di sviluppo e quanto è detto nel documento di chiusura della verifica. E' uno strumento attivo per l'occupazione, come è scritto nel documento di verifica; oppure è un contenitore tagliando il rapporto di lavoro tra lavoratore e azienda, come sembra si prefiguri sui documenti elaborati sempre alla Giunta, quale proposta di Piano di sviluppo? Sulla prima ipotesi siamo d'accordo, mentre non lo siamo sulla seconda.
Sulla mobilità, non basta dotarsi di strumenti moderni per la gestione del mercato del lavoro, perché essa si realizzi. Se vogliamo concretamente parlare di mobilità, dobbiamo agire su tutte le potenzialità di impiego compresi i passaggi diretti e le chiamate nominative. Dobbiamo attivare lo strumento della formazione professionale, ma per fare questo occorrono i fondi e scelte di priorità che devono essere fatte anche dalla Giunta.
Il sottoscritto con il Consigliere Reburdo ha proposto un ordine del giorno che, partendo dall'interpellanza presentata a suo tempo al Presidente della Giunta sulla, carenza di personale negli uffici fiscali di Torino, invita la Giunta a presentare un progetto al Consiglio regionale e al Governo relativo ad un esperimento di mobilità negli uffici fiscali della pubblica amministrazione. Questo permetterebbe di attuare concretamente la mobilità e consentirebbe a quegli uffici di funzionare portando un contributo nella lotta all' evasione fiscale ed al reperimento delle risorse.
Chiediamo alle forze politiche e alla Giunta di esprimersi in proposito.
Sulla Fiat, dobbiamo registrare il non rispetto dell'accordo: 300 lavoratori dovevano rientrare entro il 30 settembre, &invece non sono rientrati malgrado le affermazioni verbali della Fiat sul rispetto dell'accordo. Io credo che non saranno certo 300 lavoratori a mettere in crisi la Fiat dopo che 40.000 lavoratori ne sono usciti negli ultimi 2 anni.
In realtà la ragione mi sembra prettamente politica, il non rientro dei 300 lavoratori sono un segnale politico con il quale la Fiat si arroga il diritto di rispettare o meno gli accordi liberamente sottoscritti. Ben diverse sarebbero state le reazioni se fossero state le Organizzazioni sindacali a non rispettare l'accordo. Ben altra gravità assume l'atteggiamento della Fiat, se si tiene conto che gli accordi tra le parti sociali finora hanno regolato i conflitti nella nostra società e il non rispetto dell'accordo Fiat significa instaurare la legge del più forte.
Questo va segnalato per tutti quei pericoli di ingovernabilità dei conflitti sociali che possono verificarsi.
C'é la volontà di formalizzare al Governo quella volontà politica che è emersa questa mattina dall'intervento, di Sanlorenzo? Io credo che ci siano degli argomenti molto convincenti da usare con la Fiat, ovvero i finanziamenti pubblici, che devono essere concessi solo se la Fiat rispetta l'accordo e di fronte al non rispetto degli accordi, la Regione deve chiedere al Governo la sospensione dei finanziamenti. Inoltre è necessario che il Governo chiarisca la sua posizione e se intende avallare il disegno della Fiat.
Questa posizione l'avevamo espressa anche nel luglio scorso per motivare il nostro dissenso (ricordo che fummo l'unico gruppo) sul parere positivo espresso dalla Giunta sulla concessione dei finanziamenti alla Fiat.
Avanzammo nostre riserve sulla reale volontà della Fiat di rispettare gli accordi. Sanlorenzo in quell'occasione si augurava di riuscire a convincermi rispetto alla giustezza della scelta della Giunta. Questa volta purtroppo è stata la Fiat a convincere Sanlorenzo della giustezza della nostra posizione. Dal giornale "La Repubblica" apprendiamo che il P.C.I. è orientato su una posizione di rigidità nei confronti della Fiat, in merito alla questione dei finanziamenti.



GUASSO Nazzareno

Di errori se ne fa uno solo, non due.
Ne prendiamo atto e chiediamo che anche la Giunta si comporti conseguentemente. Chiediamo inoltre, alla Giunta di farci conoscere la quantità dei finanziamenti pubblici richiesti e di quelli ottenuti dalla Fiat, dal momento in cui è stato firmato l'accordo.
Riteniamo inoltre importante conoscere al più presto i risultati dell'indagine sulla componentistica promossa lo scorso anno con gli 84 progetti. Conoscere il comparto della componentistica è decisivo se si vuole fare politica industriale. Infatti è essenziale sapere quali sono i componenti dell'auto sui quali si incentra l'innovazione del prodotto quali riflessi questo determina sulle aziende della componentistica in termini di ristrutturazione; riorganizzazione, innovazione; quali sono i riflessi dell'innovazione del prodotto sui vari settori industriali (elettronica, chimica legata all'introduzione della plastica, ecc.).
Conoscere tutto ciò, ci pare decisivo per orientare la ristrutturazione e la riorganizzazione di vari settori produttivi e per indirizzare la concessione dei finanziamenti della legge 46 sull'innovazione.
Vi è un altro strumento a disposizione delle Regioni e degli Enti locali per incidere sulla politica industriale e sulla crisi; la politica del territorio e la destinazione d'uso delle aree che si liberano per effetto della crisi. L'esempio del Lingotto è il più emblematico, ma c'è quello della Pietra di Omegna, quello della Venchi Unica.
Le proposte avanzate per l'uso delle aree della Pietra di Omegna e di quella del Lingotto sono inadeguate.
Sull'area della Pietra di Omegna si sta tentando una grossa speculazione da parte della proprietà, mentre relativamente all'area del Lingotto le proposte avanzate finora sono inadeguate ad affrontare la gravità della crisi.
Smettiamola con i miti, con i musei, con i concorsi di idee, altrimenti potremmo correre il rischio di fare un museo della disoccupazione al Lingotto! Per il Lingotto, noi proponiamo che una parte sia utilizzata per un centro di sperimentazione e di costruzione di nuove tecnologie non gerarchizzanti, legate allo sviluppo di nuovi settori in grado di accogliere e dare risposta a quanto di positivo è emerso in questi anni come critica all'organizzazione del lavoro, ad organizzazioni produttive dequalificanti ed alienanti, da parte dei lavoratori e delle loro organizzazioni, un'altra parte proponiamo sia utilizzata per la ricollocazione di piccole e medie aziende e aziende cooperative.
E' una proposta coraggiosa che implica la volontà politica, dell'Ente locale di uscire dall'ottica dell'ente creatore di servizi sociali, e porsi sul terreno produttivo, un Ente locale imprenditore collettivo, in grado di attivare risorse verso un nuovo e diverso sviluppo.
Inoltre accenno solo per titolo altri settori in cui l'Ente locale pu svolgere un ruolo importante: nella politica dell'ambiente, dell' energia del risanamento dei centri storici e dei nuclei abitati delle grandi città e può collegare questi interventi a interventi per il risparmio energetico per il recupero e il trattamento dei rifiuti solidi urbani e industriali al riguardo c'è una proposta delle Organizzazioni sindacali per la riconversione dell'azienda Fulgor di Alessandria, come centro di trattamento dei rifiuti industriali.
L'Ente locale può anche svolgere un rilevante ruolo per favorire la cooperazione. Abbiamo presentato a tal fine una proposta di legge che si rivolge soprattutto ai giovani.
In conclusione, io credo che si deve vincere una battaglia contro coloro che pensano che le Regioni e gli Enti locali debbano essere puramente centri di servizio.
Questa battaglia va vinta se vogliamo trasformare il ruolo delle Regioni e degli Enti locali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Non ho preparato il mio intervento, quindi parlerò a "braccio" soprattutto sollecitato dalle osservazioni fatte dal collega Montefalchesi.
Tutte le considerazioni portano a concludere che la colpa è sempre di questo povero Governo, detto non a caso "governo ladro".
Come Consigliere regionale e come professionista posso dire che nei settori in cui si operava molto, oggi si opera ben meno a causa dei fondi e delle disponibilità che sono venuti a mancare. Per esempio, in agricoltura sono decimate le possibilità di erogazione della Regione e naturalmente l'Assessore competente di colpe non ne ha perché passa quello che il convento gli passa.
Bisogna però chiarire molti aspetti e sarà bene che il Presidente della Giunta e l'Assessore al bilancio si pronuncino. Il Capogruppo socialista per aver ricoperto la carica di Presidente della Giunta regionale per 5 anni sarà pure capace di fare i conti e di dire con chiarezza e precisione in questa sede se è vero che ci sono 500 miliardi di residui. In tal caso sarà opportuno utilizzarli in, quei campi in cui la Regione pu utilizzarli. Nel settore agricolo, per esempio, dove se si assumono le iniziative, gli interventi sono sicuramente proficui perché si creano posti di lavoro e si produce ricchezza.
Perché il Governo"sembra" così poco disponibile a trasmettere i fondi a tasso agevolato per tutte le imprese grandi o piccole che potrebbero lavorare, produrre e esportare? Non dimentichiamo che in Italia dal centro sinistra in poi si è nazionalizzato il 50% circa delle industrie italiane; che l'industria nazionalizzata italiana non ha bisogno dei prestiti a credito agevolato perché è già tutta un'agevolazione. Infatti i passivi, che registra alla fine dell'anno lo Stato glieli paga al 100; i crediti agevolati dovrebbero arrivare alle industrie private attraverso le banche, le quali non concedono soldi se non dietro opportune garanzie. Vogliamo fare alcune considerazioni su un fatto che non sembrerebbe Molto eclatante? Il Governo per poter far fronte alle sue esigenze, deve indebitarsi continuamente attraverso quei prestiti che passano sotto il nome di Bot o di Cct.
Giorni fa erano apparse sui giornali alcune notizie allarmistiche secondo cui sembrava che il Governo avrebbe proceduto al congelamento dei Bot con la conseguente impossibilità per i risparmiatori di riconvertirli in denaro.
Se così fosse quando verrebbero restituiti quei soldi? Quando la svalutazione ne avrà azzerato il valore? La Banca .d'Italia e il Ministero del tesoro dicono che la notizia è infondata.
Per il solo fatto però che la notizia sia circolata,ha fatto sì che dei 3 mila miliardi e 250 milioni di Bot dell'ultima asta ne sono stati sottoscritti solo 1000 miliardi. Il Cavallo non beve più. Lo Stato per incamerare denaro è stato costretto a "ingolosire" il risparmiatore dando degli interessi elevatissimi.
Il timido accenno di abbassamento dei tassi di sconto di un solo punto o di mezzo punto è valso a non ingolosire più il risparmiatore, quindi lo Stato si trova nella condizione di non avere più denaro. I timori di Montefalchesi sono comprensibili perché la gente ridotta senza lavoro e senza salario si esaspera al punto che a un certo momento, manda tutti al diavolo, dal PDUP al M.S.I.
Può esserci allora quella ventata di qualunquismo che lui teme.



BORANDO Carlo

SANLORENZO Vicepresidente della Giunta regionale



BORANDO Carlo

Non a caso Almirante parlerà a Torino domenica mattina.



BORANDO Carlo

Può darsi che ritenga opportuno entrare in scena pensando che questo sia il suo momento. Come si può modificare questa situazione? A questo punto non ci troviamo più d'accordo. Il Capogruppo socialista ha detto stamane alcune verità inconfutabili. L'ex Ministro delle finanze Franco Reviglio ha calcolato che le tariffe agevolate in Italia comportano una spesa "sociale" per lo Stato che oscilla tra i 22 e i 23 mila miliardi.
Forse sarà opportuno che si prepari un ordine del giorno per invitare lo Stato e le forze politiche ad avere il coraggio di dire ai dipendenti dell'Enel che pagano la bolletta ridotta del 75% che si scaldino e si cuociano la minestra pagando come pagano tutti gli altri; ai dipendenti statali che paghino il treno come lo pagano tutti gli altri e così via. Chi ha il coraggio di dire questo? Quali sono i partiti che non temono di perdere dei voti? Forse nessuno.
Le ingiustizie ci sono in tanti altri settori. Se si esamina poi il settore delle pensioni di invalidità, va a finire che in Italia invece di 1 milione di invalidi (rispetto ai 56 milioni di abitanti) ce ne sono 5 milioni e mezzo. Se si vuole esaminare la classificazione "di categoria lavoratrice dei coltivatori diretti" va a finire che si scopre che vengono classificati non solo gli autentici coltivatori diretti, ma anche i conduttori di 50 o 100 ettari. Ecco allora che i criteri adottati in favore dei coltivatori delle zone di colline e di montagna, finiscono per essere estesi a conduttori di tenute il cui reddito è molto alto.
E' venuto il momento di ragionare, è venuto il momento di porre delle limitazioni allo Stato assistenziale, è venuto il momento di mettere mano al problema della scala mobile.
Molto opportunamente Viglione stamattina ha parlato dei Paesi industrializzati dell'occidente, i quali queste esperienze le hanno fatte.
Sono intervenuti in Belgio, in Inghilterra, negli Stati Uniti, nello stesso Governo social-comunista francese che aveva iniziato con spese allegre ed entusiastiche sulla base delle promesse assunte in campagna elettorale, ma ha dovuto poi fare una virata di 180 gradi e riscoprire un decreto di De Gaulle per giustificare che gli indici della scala mobile applicati così come vengono applicati sono anticostituzionali, quindi illegittimi, quindi da eliminare. E' doloroso far tornare indietro, è doloroso far rinunciare alla gente "conquiste" acquisite, però se vogliamo venir fuori dalla crisi dobbiamo avere il coraggio di agire conseguentemente. Leggo sui giornali le polemiche fra i più rappresentativi sindacalisti della C.G.I.L. della C.I.S.L. e della U.I.L. Ancora ieri in ordine al depennamento di imposte la C.G.I.L. vorrebbe fosse fatto in un modo, mentre gli altri due sindacati non sono d'accordo perché verrebbero detratti 8500 miliardi che lo Stato dovrebbe incassare.
E' vero che gli 8500 miliardi li risparmierebbero i lavoratori occupati, ma chi pensa ai disoccupati, agli emarginati, ai giovani che cercano lavoro? I veri poveri sono coloro che non hanno il lavoro o che lo hanno perso.
In questa direzione bisogna andare, quindi, anche i sindacati, come i partiti, devono rinunciare un po' alle loro prerogative associazionistiche nell'interesse della comunità.
L'anno scorso per approvare la legge finanziaria, si sono impegnati 7 mesi. Quest'anno riuscirà a passare? E' una legge fisica, più un soggetto va giù, più la velocità aumenta: così accadrà per l'economia italiana.
O si fa un esame di coscienza generale e si propone qualche forma risolutiva, assumendosene tutti la paternità e la responsabilità a costo di sacrifici, oppure, caro Montefalchesi, con le prossime consultazioni elettorali ci sarà il pericolo di Almirante e di coloro che vanno alla ricerca dei voti sparsi, che probabilmente saranno tanti.



PRESIDENTE

E' ora iscritto a parlare il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la cosiddetta cultura della crisi, quell' atteggiamento politico e culturale rispetto al quale ci dobbiamo porre a fronte dei gravi fenomeni di recessione e di disoccupazione, non è per noi, come per alcune forze politiche, motivazione essenziale.
Dobbiamo affermare con forza che non è nemmeno estranea alle ragioni di una dialettica e di una presenza che non intendiamo rimettere a nessuno, ma che rispetto alla quale intendiamo collocarci con responsabilità e non ambiguamente in ordine ai ruoli politici che sosteniamo sia nel governo locale come nel governo nazionale.
Entro subito nel merito di alcune questioni che concernano l'occupazione per sottolineare come, se è vero che l'Italia pare destinata a chiudere nel 1982 con una crescita del prodotto interno dell'1%, in una situazione di inflazione costante, a fronte degli sforzi che altri Paesi stanno facendo per contrarla, non vi sarà possibilità di assorbire né gli incrementi né le eccedenze di forze di lavoro. E siamo in presenza di un'evoluzione della nostra società che vede un aumento contenuto della popolazione attiva.
Siamo qui per farci carico del senso di responsabilità e per parlare delle cose che ci competono e non di quelle che non ci competono. Quando facciamo riferimento ad alcuni valori o ad alcune posizioni, come precedentemente ha fatto il Consigliere Borando, e non lo facciamo per essere i soliti "grilli parlanti" i quali vogliono ricordare i sacri sistemi, o per collocarci acriticamente quasi che le difficoltà che il governo regionale e nazionale devono affrontare non fossero nostre difficoltà. Riteniamo che da queste affermazioni debbano discendere dei comportanti in ordine alla spesa pubblica.
Il Presidente Enrietti, che in,questo momento assume un ruolo di rilievo come Presidente temporaneo della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, si rende conto che le Regioni se continuano con un atteggiamento conflittuale nei confronti dello Stato non risolvono assolutamente nulla? Non è possibile su questi argomenti ottenere grandi unanimismi e grandi consensi, però sottolineiamo come siano del tutto assenti nella relazione dell'Assessore Sanlorenzo alcune analisi e credo non involontariamente.
Abbiamo l'impressione che i dati statistici siano manovrati e molte volte sfuggano di mano all'Assessore al lavoro, agli altri Assessori, o al Presidente che qualche volta ha citato impropriamente dei dati con interpretazioni sempre quantitative e non qualitative.
1) Cito per primo il dato di raccordo che interessa le condizioni di mercato. Il dato della disoccupazione è riferito settori in crisi e a posti di lavoro in pericolo. L'analisi non c'è. Sono state privilegiate alcune domande pubbliche (registratori di cassa) rispetto a possibili correzioni di altre domande e di altri prodotti che non sono stati sufficientemente analizzati sui quali invece in larga misura si fondano le difficoltà e la progressiva diminuzione dei posti di lavoro. Vi sono industrie che lavorano prevalentemente sui mercati esteri, per le quali il confronto sul costo del lavoro ha importanza, vi sono industrie che producono prevalentemente per la domanda interna dove la razionalità della produzione e il rapporto tra produttività e addetto ha influenza più che non il costo del lavoro. E' un errore il voler mettere a confronto la realtà delle industrie che hanno una prevalente espansione sulla domanda interna e la realtà delle industrie che hanno difficoltà competitive internazionali, è un grave errore rispetto alle analisi che vengono compiute e agli atteggiamenti che la Regione intende avviare o alla mediazione che vuole portare avanti in termini di vertenze tra i lavoratori ed imprenditori. Non è questa la sede per approfondire il discorso.
Ci stupiscono gli atteggiamenti di alcuni Assessori regionali al lavoro in ordine agli interventi relativi alla legge 675, atteggiamento che da un lato pare rivendicare una serie di competenze e di giusti diritti ad intervenire nella analisi dei fenomeni di difficoltà che vengono denunciati dagli imprenditori con distinzione tra situazioni territoriali e situazioni di mercato diverse dall'altro invece (pag. 14 del documento) conclude che la normativa deve presiedere a queste analisi, deve di fatto riconoscere un completo trasferimento alle Regioni secondo parametri prefissati di gestione e di assegnazione di fondi attualmente previsti all'art. 19.
Riteniamo che vi siano delle palesi contraddizioni che sottendono un atteggiamento politico che è proprio del modo di considerare il rapporto Regioni-Stato e il rapporto tra crisi e crisi.
2) Siamo preoccupati che l'occupazione giovanile e tutti i riflessi che questo problema comporta rispetto a quello che Sanlorenzo ha denunciato essere la conseguenza sociale della crisi economica, non sia stato sufficientemente analizzato nella relazione dell'Assessore al lavoro.
Riteniamo che nel settore della disoccupazione giovanile vi siano maggiori possibilità di intervento della Regione sia in termini promozionali, sia in termini di analisi in settori che non riguardano propriamente le competenze dell'Assessorato al lavoro.
Mi stupisce, per esempio, che l'Assessore alla cultura non abbia parte nella difficile congiuntura che i giovani devono affrontare che va dalla scelta scolastica all'inserimento nei posti di lavoro. I giovani rappresentano più dei due terzi dei disoccupati, sono quelli che stanno pagando maggiormente questa crisi e vedranno sempre più aggravate e ristrette le loro possibilità di inserimento in un mercato del lavoro che ha scarsa mobilità ed elevati costi. Questo mercato purtroppo oggi tende a privilegiare e a favorire chi ha già un posto di lavoro rispetto a chi non ce l'ha.
Quando si parla di mercato del lavoro si elude da una serie di precise responsabilità e non v'è dubbio che le forze politiche che sostengono a spada tratta certi atteggiamenti sindacali dovrebbero saper distinguere dal significato e dall'impegno sociale che queste organizzazioni stanno svolgendo rispetto a certe categorie, non dico privilegiate perché tutti abbiamo il privilegio e il diritto di avere un posto di lavoro che comunque hanno acquisito il posto di lavoro. Riteniamo sia opportuno un aggiornamento del rapporto dell'Assessore al lavoro in connessione con l'Assessore che si occupa di istruzione professionale. Il dato sulla disoccupazione giovanile esige una analisi più approfondita e un aggiornamento che, probabilmente, la Regione ha fatto o sta facendo ma di cui non abbiamo avuto informazione.
L'università ancora oggi crea palesi illusioni in troppi settori. I dati di' questi giorni per settori che sono di mia competenza specifica non possono non pormi in allarme sul come continuano ad essere considerati come trainanti verso i quali si riserva un'eccedenza di diplomati che invece dovrebbero essere messi in condizioni di avere un'opzione di istruzione para-professionale.
Non dimentichiamo che vi sono settori di governo pubblico, riferiti all'ecologia, al territorio, dove non mancano le possibilità di lavoro. La realtà è che l'inserimento di questi giovani in queste realtà esige una mediazione, come a suo tempo si è tentato di fare con la legge 285, perch non si creino pericolose e ambigue posizioni di assistenzialismo.
Sotto questo aspetto gli indicatori dello sviluppo e la capacità ricettiva dei posti di lavoro devono essere analizzati. In questo settore la Regione non manca di competenze e, se mancassero, potrebbe collateralmente attivarle in settori che attengono all'istruzione professionale e alla cultura.
La crisi economica ha il pericoloso risvolto di addivenire qualche cosa di ingovernabile e non solo in termini di cortei. Sappiamo che in Piemonte una limitazione di cortei è già stata trovata con una serie di soluzioni politiche a livello di Enti locali. Ma il problema deve essere analizzato con una certa attenzione per l'ambiguità del rapporto tra i problemi ed il ruolo che le forze politiche svolgono. Mi rivolgo in particolare alle forze di sinistra.
Per quali ragioni problemi, come il posto del lavoro, la conflittualità sindacale, il rapporto tra sindacati e partiti sono appaltati ad alcune forze politiche e ad alcune componenti e sono completamente estranei ad altre.
Questo potrebbe anche essere interpretato come un facile modo di ricomporre un' identità di presenza delle varie componenti politiche, per in realtà, ha a che fare con problemi ben più complessi che investono aspetti di cultura. Sembrerebbe quasi che solo alcune forze politiche siano adatte a risolvere i problemi. Non solo, ma assistiamo a un'ambiguità rispetto alla posizione di Cossutta, alle difficoltà interne di Berlinguer alla conflittualità che esiste tra alcune componenti del PCI, che sarebbero in fondo motivate da alcune grosse divergenze su aspetti determinanti quali il costo del lavoro. Tutto questo è possibile? Qual è la logica e la dialettica interna alle forze politiche, qual è la dimensione reale dei problemi e a quali soluzioni ci si deve riferire? Questo richiamo lo faccio alle sinistre perché non ci riteniamo tra quelle forze politiche che presumono di avere la chiave di soluzione di questi problemi e quindi di interpretare anche la dialettica dei problemi dei lavoratori solo in funzione di questi problemi.
Sarebbe logico che queste forze politiche chiarissero al loro interno i rapporti in modo da poter ridurre la loro dialettica a episodi estemporanei e fluttuanti e da arrivare ad un confronto su questi temi che evidenzi le differenziazioni e indichi le soluzioni di alcuni problemi.
Certe esigenze occupazionali si imporranno negli anni a venire in una forma di ineluttabilità sempre più interessante, sempre più grave e quindi il problema occupazionale incomberà sempre di più sui nostri ruoli politici e sul nostro modo di porci dialetticamente. Ecco perché insisto nella chiarezza dei rapporti rispetto ai problemi.
La relazione che presiede alla discussione sulla legge finanziaria ha dei dati di connotazione qualitativa, vi è una crescita dei posti di lavoro che registra una maggiore occupazione femminile, quindi un rapporto diverso della società rispetto al mondo del lavoro, rapporti che si vanno evolvendo rispetto ai problemi dell'educazione e della famiglia ai quali noi atteniamo grande importanza e grande attenzione, anche se è un'attenzione che molte volte non può non registrare preoccupazioni.
Anche questo esigerebbe nella realtà piemontese un'analisi di merito più approfondita. Il problema della donna che sempre più si affaccia a posti di lavoro nuovi, a volte assorbendo ruoli che tradizionalmente spettano al settore maschile, non lo registriamo come un fatto negativo.
Esige invece una presa di coscienza quindi una consapevolezza che forse negli anni '80 non ci è propria; comunque esige un rafforzamento della tutela dei giovani. Insisto nel dire che i giovani sono penalizzati anche da questo tipo di espansione che può essere interpretato positivamente per nella situazione congiunturale attuale presenta alcune valenze.
L'altro punto riguarda la forbice tra il costo del lavoro pagato dalle imprese e l'andamento dei salari che i lavoratori si trovano nella busta.
Non vogliamo continuare ad essere ripetitivi per la soddisfazione di esserlo, ma vogliamo dire alcune verità. Il fatto che il costo del lavoro non si riferisce solo al salario che il lavoratore percepisce, ma ad altri fattori inflazionistici dati dai disavanzi pubblici ricorrenti e dagli andamenti monetari ci induce a considerare questo problema con senso di responsabilità rispetto a competenze di nostra specifica attinenza, per esempio, la spesa pubblica.
IL problema della componente che grava sulle imprese per contributi sociali ed imposte dirette, laddove il salario netto è sollevato da queste voci, naturalmente pone dei problemi rispetto al modo di concepire il rapporto del servizio pubblico, rispetto al contenimento di questi costi.
Ho già detto che non è da generalizzare questo discorso ma è da rapportare soprattutto a quei settori aziendali che hanno a che fare con il mercato internazionale dove questo problema ha la sua rilevanza.
Questo divario non esiste nell'economia sommersa, però esiste nell'ufficializzazione dei rapporti del sindacato il quale è eccessivamente preoccupato del reale allargamento della base occupazionale e di nuovi posti di lavoro.
La difesa del salario netto, a fronte di uno Stato che ha necessità di finanziare la spesa pubblica, finisce per incrementare ancora di più il costo del lavoro, costringendo le imprese a volte ad arrogarsi di ruoli catastrofici, a volte ad arrangiarsi con la caduta della propria capacità competitiva e quindi con una indiretta riduzione di posti di lavoro.
Riteniamo che sostenere le aziende e il costo del lavoro, come si pretende dalle Regioni in una costante conflittualità con lo Stato non faccia altro che accrescere ancora di più la spesa pubblica e l'inflazione.
Apprezziamo il richiamo che il Governo sta facendo nel richiamo al senso di responsabilità distinguendo tra l'assistenzialismo che riguarda certe aziende rispetto ad altre.
E' opportuno che in questa tematica la Regione si collochi con un corretto ed efficiente impiego degli strumenti a disposizione sia per quanto riguarda l'orientamento, la formazione professionale, i suggerimenti che possono essere dati rispetto alla normativa e al funzionamento degli strumenti legislativi, ma anche per quanto riguarda un'assunzione di responsabilità politica complessiva rispetto al proprio ruolo in tema occupazionale.
E' chiaro che ogni posto di lavoro creato in senso imprenditoriale e in senso pubblico, concorre a diminuire un divario preoccupante, concorre per anche a creare una credibilità nelle istituzioni che di fronte all'opinione pubblica sono sempre l'emblema dello spreco, dell'indifferenza rispetto ai problemi di disavanzo pubblico e di espansione incontrollata della spesa pubblica.
Nonostante la poca credibile nelle istituzioni, di fronte alla conflittualità sui bilanci con lo Stato, non vi è mai chi chiede di meno anzi dalla nostra parte politica, ha denunciato il fatto che alcuni ministeri hanno ottenuto di più di quanto era stato richiesto. La nostra posizione di austerità, e di rigore non ha nulla a che vedere con quelle posizioni rigoristiche di Andreatta che gestisce un Ministero la cui erogazione di spesa ha obiettive difficoltà tecniche da affrontare. E' una posizione politica, richiamata eloquentemente nelle sedi di partito (e l'articolo dell'"Avanti" dà le conclusioni del PSI in proposito) ma poi deve trovare riscontro nel comportamento delle amministrazioni e delle istituzioni. Dov' è questo rigore quando sappiamo che la Giunta regionale non ha minimamente colto questo significato nei suoi comportamenti? Non voglio nemmeno fare dei riferimenti specifici perché le nostre polemiche sulle consulenze e sulle spese correnti sono note, ma dov'è il segno di un atteggiamento di rigore che consenta di dire: "si è rinunciato a questa spesa per orientarla sugli investimenti, per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro? ". Non abbiamo questa sensazione. Lo abbiamo già denunciato e continueremo a denunciarlo.
Questa mattina il Consigliere Viglione ha ribaltato posizioni precedentemente assunte. Il dato reale è che una serie di leggi sono prive di finanziamenti, alcune leggi che nella precedente legislatura erano state modestamente e anche intelligentemente concepite, come la legge sul patrimonio storico, la legge sulle aree attrezzate artigianali non hanno finanziamenti. I finanziamenti destinati ad alcune strutture di servizio come la cartografia, i piani regolatori, non producono effetti. Inoltre, la modifica delle leggi 28 e 56 di fatto non suscitano nuovi comportamenti da parte dell'amministrazione regionale e non alimentano nuove speranze nelle amministrazioni locali. Va fatto un richiamo al modo con il quale la Regione e la Giunta si vanno collocando rispetto alla tematica investimenti.
Tema che non vogliamo riduttivamente relegare nella polemica sulle metodologie di un documento rispetto ad un altro, a noi interessa il dato sostanziale e qualitativo.
A noi preme avere denunciato una certa contraddizione di comportamento ed una certa insufficienza nei ruoli della Regione ancora una volta dicendo che, se è vero che la cultura della crisi deve tutti quanti coinvolgere deve coinvolgerci su un confronto in cui i dati non siano travisati e alterativi, ma vi sia un'effettiva possibilità di soluzione.



PRESIDENTE

Il dibattito sulla situazione occupazionale è così concluso.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame p.d.l. n. 238 relativo a: "Deroga all'art. 2, secondo comma, lett. b), della legge regionale 5/6/79, n. 28. Smaltimento rifiuti solidi"


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Chiedo di iscrivere all'ordine del giorno il progetto di legge n. 238 relativo a: "Deroga all'art. 2, secondo comma, lett. b) della legge regionale 5/6/79, n. 28 (smaltimento rifiuti solidi)", che ha ottenuto voto favorevole in sede di VIII Commissione.



PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano la proposta d'iscrizione all'ordine del giorno del suddetto progetto di legge.
E' approvato all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.
La parola al relatore Consigliere Ferro.



FERRO Primo, relatore

Poiché la relazione, approvata in Commissione, è stata distribuita per tempo ai Consiglieri, propongo di darla per letta.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolato: Art. 1 "Sono ammesse al contributo regionale di cui all'art. 2 secondo comma lettera b) della legge regionale n. 28 del 5 giugno 1979, le spese sostenute dagli enti di cui all'art. 2 della legge regionale 4 giugno 1975 n. 46 che abbiano realizzato negli anni 19,81 e 1982 il trasporto dei rifiuti solidi urbani agli impianti di smaltimento e alle discariche controllate consortili e non consortili.
Le domande di contributo relativo ai costi annui di gestione sostenuti nell'anno 1981, unitamente alla documentazione di rito, dovranno pervenire entro il 30 novembre 1982".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "Alla spesa per l'anno 1982 si fa fronte con le somme iscritte al capitolo 9140 del bilancio 1982.
Il capitolo 9140 è aumentato da L. 150.000.000 a L. 250 milioni.
Alla copertura degli oneri di cui al comma precedente si provvede mediante una riduzione in termini di competenza e di cassa di L. 100.000.000 della quota, del capitolo 12500 del bilancio 1982 relativa al finanziamento della legge regionale 'Norme per la conservazione del patrimonio naturale e dell' assetto ambientale'.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare con proprio decreto le occorrenti variazioni del bilancio.
Alla spesa per l'anno 1983 si provvederà in sede di predisposizione del relativo bilancio".
Si passi alla votazione.
Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 45 dello Statuto ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte".
Si passi alla votazione.
Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Passiamo ora alla votazione sull'intero testo di legge.
Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.
I lavori del Consiglio proseguiranno domani alle ore 9,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,20)



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