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Dettaglio seduta n.158 del 14/10/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Comportamenti dei Consiglieri in aula


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Ritengo doveroso fare alcune comunicazioni che si riferiscono all'adunanza del 7 ottobre, nel corso della quale vi sono state manifestazioni di intolleranza che vanno fermamente respinte.
Non è la prima volta che simili episodi danno alle sedute del Consiglio un tono non degno di quest'aula. La vita del Parlamento piemontese pu svolgersi con la dignità istituzionale che le è propria se tutti ci atterremo alle regole che ci siamo dati spontaneamente.
Tutti i miei colleghi sanno perfettamente che cosa si può fare e che cosa non si può fare. Episodi e polemiche non giovano al funzionamento delle istituzioni, alla loro produttività ed efficienza che devono essere gli obiettivi di tutte le forze politiche.
E' mio dovere tutelare la dignità di tutti i colleghi, ma prima di tutto è necessario il rispetto e la stima reciproca. La polemica in sede politica è un lievito qualche volta per le idee, ma la polemica ha dei limiti dettati, tra l'altro, dal buon gusto.
Queste amare considerazioni spero che in quest'aula non si dovranno più sentire.
Chiede di intervenire il Consigliere Viglione, ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, al termine della seduta scorsa, abbiamo ritenuto di presentare un documento su una questione attualmente in discussione in Parlamento.
Ogni Gruppo ha il diritto di presentare documenti i quali possono essere votati o meno, accettati o meno, ritenuti giusti o ingiusti, se vengono giudicati in modo diverso, si stabilisce un fatto di ritorsione quando il Consigliere in aula non ha la tutela di chi governa l'aula.
Al termine di quella seduta non si è colta l'occasione di chiarire a me ed ai colleghi del P.L.I., della D.C., e del P.S.D.I., una frase che venne pronunciata.
Chi l'ha pronunciata ha spiegato in un documento che quella frase non era diretta ai proponenti dell'ordine del giorno ma al Parlamento che in quel momento discuteva del problema di cui l'ordine del giorno trattava.
Se così stanno le cose, non ho nessuna difficoltà a dire che l'incidente è chiuso.
Nel chiudere il problema vorrei però ampliarlo un poco a quanti pensano che le posizioni di autonomia dei Gruppi diventino qualche volta posizioni diverse.
In democrazia vi sono i partiti, vi è un governo e vi sono i Gruppi parlamentari. Se i Gruppi parlamentari fossero costantemente succubi dell'azione o dell'indirizzo di un governo, non vedrei in che cosa consiste l'azione dei Gruppi parlamentari.
Abbiamo formato un governo con la partecipazione di tre partiti, il P.C.I., il P.S.I., e il P.S.D.I., i quali hanno sottoscritto un programma di governo; al di là di questo non è nulla. Siamo impegnati a realizzare questo programma.
Nessuno pensi che l'atteggiamento del partito socialista che si proclama partito libertario, laico, pieno di dubbi quindi e con poche certezze come invece hanno altri partiti.
Se riteniamo che un provvedimento debba essere discusso e modificato lo facciamo fino in fondo, in un confronto costante con tutti gli altri Gruppi politici del Consiglio regionale. Non siamo conformisti, non ci adeguiamo a quello che viene considerato il "Palazzo" o il potere, abbiamo una nostra capacità originale di formare i programmi e di portarli avanti.
Chiunque pensi di offendersi se in Commissione qualcuno di noi ritiene di modificare un provvedimento oppure parla di sconfinamento di alleanze o parla nel campo dell'autonomia dei Gruppi parlamentari di una sovranità limitata, perde il suo tempo e si logora in queste polemiche perché nulla cambierà.
Se qualcuno ritiene quando si fanno delle dichiarazioni pubbliche in cui si individuano dei problemi o si fanno delle critiche, che questo sia sempre in funzione di rottura, sbaglia; se qualcuno si offende per questo può offendersi a lungo perché questo avverrà per tutto l'arco della legislatura e, finché vivrà la democrazia, avverrà per sempre.
Il Presidente Reagan è stato battuto dal Congresso negli ultimi mesi almeno dieci volte e non si è neanche doluto di questo.
Al Presidente Enrietti ho detto che finora nel Parlamento nessuno l'aveva ancora battuto. L'unica volta che siamo caduti non è stato a causa di un'opinione contraria, ma è stato perché mancava uno a fare la maggioranza.
Il fatto è che siamo ancora legati a vecchi schemi in cui vi è autoritarismo da una parte e conformismo dall'altra, per cui quando uno muove una critica questo diventa un elemento spurio all'interno di un Gruppo o di un Parlamento, e si pensa che debba essere espulso: processo alle opinioni dei tempi passati, che abbiamo sempre respinto.
Questo contribuisce a far crescere l'elemento democratico nel nostro Paese in cui i singoli Gruppi parlamentari esprimono la loro opinione. Non sempre il governo è l'oracolo.
Sono passati tanti anni da quando vi era chi aveva sempre ragione e chi criticava veniva estromesso dalla vita politica.
Questo governo ha un programma e noi insistiamo affinché il programma sia realizzato: ieri in sede di I Commissione abbiamo sollecitato l'esame congiunto dei provvedimenti sull'energia, insistiamo perché le leggi dell'agricoltura siano discusse, insistiamo perché il problema importante del volontariato sia esaminato.
Tutti coloro che dicono che ci sono delle remore e degli ostacoli devono indicare nome e cognome e comportamenti conseguenti e non soltanto fare affermazioni generiche.
Questo volevo dire perché ciascuno abbia coscienza che quando rendiamo delle dichiarazioni, non sono dichiarazioni di rottura, ma sono un contributo che diamo alla vita ed alla crescita democratica della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, con piacere prendo atto delle dichiarazioni del collega Viglione in merito all'incidente avvenuto nella scorsa seduta del Consiglio regionale che vanno a chiudere una spiacevole vicenda. E' una vicenda che ha riguardato i rapporti fra singoli componenti del Consiglio regionale e non investe il rapporto tra i Gruppi consiliari e tra i partiti.
Ringrazio lei signor Presidente e l'Ufficio di Presidenza per essersi fattivamente adoperati perché una spiacevole vicenda, che prima di tutto nuoceva alla dignità delle istituzioni, si concludesse così come si è conclusa, nel rispetto reciproco dei Consiglieri e nel rispetto della dignità delle istituzioni.
Presidente. La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, colleghi, le dichiarazioni del Presidente del Consiglio chiudono un episodio che ha caratterizzato non certo positivamente la fase finale dell'ultima seduta della nostra assemblea con alcune "code" immediate e successive, su cui sarebbe errato semplicemente sorvolare.
Chiariscono e si riappacificano due colleghi protagonisti della vicenda in aula. Ne siamo sinceramente lieti e in tal senso avevamo formulato dichiarazioni a caldo giovedì sera, pochi minuti dopo l'incidente.
Facciamo un brevissimo inciso perché non vorrei che nascessero altri dubbi. Il chiarimento avviene con lo spostamento di una affermazione nei riguardi del Parlamento: non vorrei che la pezza fosse peggiore del buco.
So che questo è rivolto a determinare modalità di discussione del Parlamento.
Una delle condizioni di visibilità in Consiglio regionale è proprio quella che il contrasto, inevitabile tra le diverse concezioni e le impostazioni politiche, non intacchi il comportamento e il rispetto che gli eletti del popolo devono mantenere e scambiarsi. A questi criteri abbiamo ispirato e continueremo a ispirare, come singoli e come Gruppo della D.C.
la nostra presenza e la nostra azione.
Nell'ultima riunione dei Capigruppo, a fronte di proposte legittime che tendevano chiudere il fatto semplicemente con le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, ho affermato che invece avrei preso la parola come puntualmente faccio nei limiti rigorosi di tempo che mi sono prefissato, perché per esprimere opinioni non necessitano sbrodolature e perché oggi un importante dibattito, come quello sulla situazione economica occupazionale, ci deve vedere impegnati.
Nessuna intenzione di riaprire polemiche o aprirne delle nuove. E sarebbe facile. Ai clamori e ai dissensi esterni abbiamo risposto con le altre forze politiche di opposizione con le quali costantemente ci raccordiamo P.L.I., e P.R.I., con la dignità e la chiarezza che da sempre ci contraddistingue.
Le brevi considerazioni di questo momento toccano gli aspetti istituzionali e politici conseguenti alla vicenda. Credo - è una mia personale regola di vita - che ogni fatto, ogni evento debba essere oggetto di meditazione, ogni evento non può passare invano. Allora, da questa meditazione emerge che nella vita del Consiglio si sono fatti troppo pochi passi in avanti. Avevamo fatto un dibattito l'11 febbraio scorso con diagnosi largamente concordanti, ma la cura, ammesso che tutti vogliano la cura, procede a rilento.
Occorrono veri salti di qualità, occorrono dei colpi d'ala per la dignità dell'istituzione. Se non avvengono, le responsabilità non possono essere equamente ripartite con un pari, purtroppo uno zero a zero destinato a non modificare equilibri di classifica: ci saranno molto presto occasioni in cui si discuterà di queste cose e in tale occasione parleremo, collega Mignone, con molta chiarezza di impegni, di comportamenti e di responsabilità non astrattamente ma in relazione ad incarichi ed a ruoli svolti da ciascuno di noi in quest'aula. In occasione del dibattito avevo concluso ricordando che il Consiglio deve essere veramente la casa di tutti non perché questa affermazione l'abbia inventata io, ma perché così vogliono le regole del gioco democratico.
Sono dolente di dirvi che ancora oggi un terzo degli eletti del popolo si sentono assai poco a loro agio in questa casa che pure, per volontà popolare, è anche la loro casa.
Dopo l'episodio dell'aula vi è stata una cosa al di fuori dell'aula.
Non giudichiamo i Consiglieri regionali e i loro vivaci comportamenti, ma non possiamo nasconderci che nella vivacità sono stati coinvolti dipendenti regionali. E' questa la polemica che non vogliamo aprire perch rischierebbe di essere ideologicamente settorializzata e finirebbe per l'acclaramento della verità di mettere i dipendenti regionali l'uno contro l'altro. Non tocca a noi questo. E allora ampliamo il ragionamento e ricordiamo solo di passaggio questo episodio e lo uniamo ai risolini, ai commenti manifesti che troppe volte in quest'aula affiorano sulla bocca di certi dipendenti regionali quando parlano Consiglieri regionali (non della maggioranza è ovvio) e lo uniamo ancora all'irrisolta questione della corretta collocazione fisica di troppi funzionari regionali durante lo svolgimento delle sedute.
Mentre dichiaro che ove simili episodi dovessero ancora verificarsi li segnalerò nel corso stesso di ogni seduta, credo di dover levare un invito (non uso la parola monito perché non sono in grado di ammonire nessuno): senta chi deve sentire, affinché nei dipendenti regionali di ogni tipo; di ogni idea, l'ideologia mai abbia il sopravvento sul dovere del servizio all'istituzione.
Questo invito avrà maggiore effetto se anche altre forze politiche vorranno farlo proprio.
L'episodio dell'ultima seduta ha avuto successive code politiche con l'eclatante punta delle dichiarazioni sulla stampa dei Capigruppo di maggioranza, Viglione e Bontempi, e con il conseguente comunicato congiunto delle opposizioni.
Con queste interviste si è entrati nel vivo del problema che costituisce il confronto scontro nel metodo, ripreso largamente stamane da Viglione, e nei problemi di questa Regione. Li riprenderemo con la chiarezza necessaria tra poco quando il dibattito sulla situazione socio occupazionale richiederà anche l'esame dei comportamenti e dell'azione di chi governa questa Regione e delle forze politiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi, dirò poche parole anche perché in sede di conferenza dei Capigruppo si è concordato di essenzializzare il nostro intervento su questa vicenda in considerazione tra l'altro dei lavori programmati per l'odierna seduta.
Poche considerazioni quindi ma dovute nella consapevolezza che è sempre in noi di dovere a questa sede innanzitutto il rispetto di quello che rappresenta e, poiché si tratta di una vicenda che è nata, si è consumata ed è degradata in quest'aula, è giusto che in quest'aula venga composta e comunque valutata dalle forze politiche.
E' costume invalso ormai ad ogni livello di parlarsi o comunicarsi attraverso i giornali. Recentemente una polemica Piccoli-Andreatta sulle questioni che sono note ha fornito esempio di questo costume. L'onorevole repubblicano Battaglia, capogruppo alla Camera dei Deputati, è intervenuto in questa questione invitando l'onorevole Piccoli ad obiettare sulla vicenda nel Parlamento.
Non riteniamo di avere l'esclusiva della difesa delle istituzioni, che sappiamo stare a cuore a tutte le forze politiche del Consiglio regionale.
Ma la situazione va valutata e la nostra posizione è stata fin dal primo momento di grande fermezza nella consapevolezza che essa riguardava due aspetti: uno istituzionale e su questo noi da tempo diciamo che occorrono correttivi ad un miglior funzionamento di questo Consiglio intendendo per Consiglio in senso lato, l'aula, la Commissione, la Conferenza dei Capigruppo, di cui non sempre le decisioni vengono rispettate da parte della conduzione del Consiglio; l'altro è più squisitamente politico ed è politico perché quando il degrado dei rapporti politici (e credo che su questo non piova) si traduce in degrado dei rapporti personali e si ribalta sulle istituzioni, questo non è assolutamente accettabile. Abbiamo solidarizzato con la posizione della D.C., attraverso il suo Capogruppo, sempre molto rispettoso della dignità del Consiglio e del suo regolamento, siamo stati i primi nella sede dell'Ufficio di Presidenza a dire che comunque questo argomento andava riportato all'aula e su questa posizione di rinvio all'aula abbiamo notato una posizione di volontà di superamento del fatto nella chiarezza e nel rispetto dei ruoli da parte del P.C.I.
Crediamo che giustamente e correttamente il Consiglio abbia, nella sua interezza,definito di arrivare a questo chiarimento in questa sede.
Sul fatto non vorrei soffermarmi perché superato attraverso le dichiarazioni dei protagonisti. Vorrei dire invece che abbiamo considerato tanto gravi e spiacevoli le offese che abbiamo sentito in quest'aula come quelle che abbiamo echeggiato nei corridoi subito dopo.
Su questo dobbiamo meditare, non pongo il problema come non ho voluto porlo nella sede dell'Ufficio di Presidenza. Mi è stata riferita la questione del personale. Come rappresentante di un Gruppo politico e membro dell'Ufficio di Presidenza devo considerare anche questo aspetto e penso che verrà posto nella sede opportuna.
Ho richiesto alla mia segreteria di raccogliermi la documentazione peraltro molto nutrita (la stampa ha dato molto risalto al fatto). La mia segreteria mi ha consegnato una cartella sulla quale c'è scritto "Il caso Viglione".
Ricordo qualche mese fa, quando pure il Consiglio venne investito di un'altra vicenda, che la stampa definì "la vicenda della notte dei lunghi coltelli" che la mia cartella portava il titolo "il caso Simonelli".
Qualcuno potrebbe chiedersi a chi toccherà la prossima volta.
Il Presidente della Giunta in occasione della riunione dei Capigruppo a chi gli faceva osservare che forse l'incidente nell'aula poteva avere qualche motivazione politica derivante dai malesseri della maggioranza, non foss'altro che per le dichiarazioni che hanno fatto seguito da parte del Capogruppo dei partiti socialista e comunista,, rispondeva che una cosa è il Governo e un'altra cosa sono le forze politiche. Su questo tema anche il Capogruppo del Partito socialista ha voluto puntualizzare e far conoscere la sua posizione.
Questo può anche essere condivisibile, soprattutto quando il Governo sia espressione di una coalizione di partiti e dunque la decisione governativa sia il più delle volte la mediazione di più idee. Ma forse questa è una vicenda un po' diversa e forse ha implicanze che però ora non voglio approfondire.
Prendo a prestito una frase di Ugo La Malfa che "contesto istituzionale e forze politiche debbono essere un tutt'uno". Ritengo però che si debba essere coerenti rispetto a questa necessità in ogni occasione.
I partiti di opposizione hanno scritto in un comunicato congiunto che spetta a tutte le forze politiche restituire dignità al Consiglio.
Noi vogliamo che l'odierno dibattito per la trasparenza nella quale si sta svolgendo abbia questa possibilità. Alle forze di maggioranza noi chiediamo comportamenti coerenti con la governabilità da loro vantata.
Un'opposizione, la nostra opposizione, vuole avere in questa sede un interlocutore vero e credibile. Se questi comportamenti coerenti non sono possibili, si abbia il coraggio di manifestarlo. Non è la prima volta che faccio questa richiesta. Se così non sarà credo che la cartella n. 3 quella del terzo uomo non sarà lontana.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'intervento del nostro Gruppo sarà estremamente breve, sintetico e non dispersivo pure nei limiti di tempo ridotti. E' la conseguenza di una legittima richiesta del Capogruppo democristiano di portare in quest'aula, in coda a una vicenda di cui siamo stati spettatori e protagonisti al tempo stesso, il problema del funzionamento delle istituzioni.
Ai due colleghi protagonisti della vicenda va la stima personale del mio Gruppo e di tutti noi.
Noi apprezziamo il Consigliere Montefalchesi perché difende una posizione politica difficile, in qualche misura radicale (non vorrei che questo termine venisse considerato un'etichetta). I comportamenti delle persone debbono essere valutati anche in relazione alle cose che dicono alle cose che fanno, e alle cose che in quest'aula sono chiamate a dire e a fare. E' evidente che ci si deve aspettare un comportamento diverso da chi per scelta politica è rappresentante di un momento culturale che non è della tolleranza, della mediazione, ma è espressione di denuncia.
Altrettanto vale per il collega Viglione. Per il Gruppo liberale e per molti di noi Viglione è rimasto il Presidente per eccellenza con tutto il rispetto dovuto al Presidente Enrietti. Non mi scandalizzo oltre misura di queste cose.
La letteratura del Parlamento inglese probabilmente farebbe arrossire Guido da Verona nel senso che gli attributi ché si rivolgono l'un l'altro i parlamentari inglesi non avrebbero cittadinanza in quest'aula. Ci sono stati episodi più gravi avvenuti in assenza dell'interessato. Non faccio nomi.
Prendo atto che il Presidente non solo non è attento ai lavori dell'aula, ma non è neanche attento a un dibattito che ha per oggetto soprattutto la sua conduzione dei lavori.



PRESIDENTE

La prego di cambiare tono.
In questo momento sto parlando proprio di quello che dice lei.



MARCHINI Sergio

Mi auguro di essere richiamato.



PRESIDENTE

Infatti l'ho richiamata Marchini.



MARCHINI Sergio

E se avrò altrettante intemperanze da chiedere la sua attenzione mentre parlo della conduzione dell'aula spero anche di essere invitato a lasciare l'aula perché chiedo la sua attenzione in un dibattito nel quale si discute il modo di conduzione dell'aula.
Le stavo ricordando che lei non ha ritenuto di richiamare i colleghi che hanno usato espressioni estremamente offensive nei confronti di colleghi non presenti in quest'aula.
Io stesso mi sono lagnato e sono rimasto mortificato di vicende che mi hanno interessato personalmente, ma non ho mai fatto questioni su questo.
Le espressioni che l'un l'altro ci diciamo attengono alla cultura, al temperamento, al gusto. I problemi istituzionali sono altri e non riguardano neanche la conduzione dell'aula. Anche questo attiene al temperamento, allo stile, alla formazione politica e culturale. Di questo parleremo assumendone la responsabilità nelle sedi proprie.
Il problema istituzionale è molto più grave. Perché si parla sempre di un problema istituzionale in contrapposizione e in contrappunto a un problema politico? E perché quando c'è la crisi politica si riscopre il problema delle istituzioni? Non è un caso che sul piano istituzionale si voglia rilanciare la grande riforma, non è un caso che in questa sede ci si ponga il problema della crisi delle istituzioni (non la crisi dei comportamenti tra uomo e uomo, la crisi delle immagini).
E' la crisi dell'istituzione nella sua funzione rispetto alla società civile. Allora, chiamiamo i fantasmi in quest'aula, signor Presidente.
Perché diventiamo oggetto di cronaca e di attenzione soltanto quando si riescono a cogliere comportamenti non da educanti di Via delle Rosine? Perché, disgraziatamente, quest'aula è soltanto più il luogo in cui avvengono queste cose.
Così come si è avvertito sul piano nazionale, anche noi dobbiamo cogliere questo problema. Comportamenti contraddittori e irresponsabili che mi coinvolgono dalla maggioranza all'opposizione, nella specie - dico provocatoriamente - dell'opposizione e della maggioranza, mi fanno pensare che il problema istituzionale si pone.
I problemi politici hanno più spazio e pagano maggiormente se vengono portati sulla cronaca dei giornali, ma i problemi politici debbono essere dibattuti in quest'aula. Se ci sono delle mozioni, qui si devono dibattere se si contestano alla Giunta ritardi, inadempienze, scollamenti e divisioni, qui si devono discutere, motivandoli e indicandone le responsabilità.
Altrettanto deve fare la Giunta, Presidente Enrietti.
Non mi sembra corretto che lei abbia ritenuto di fare delle dichiarazioni di unità della Giunta e di indipendenza della stessa rispetto ai comportamenti delle forze politiche che la compongono in una conferenza stampa e non in questa sede. Mi aspettavo una comunicazione del Presidente della Giunta in quest'aula su quanto pensa la Giunta dell'ennesima riunione, non so se dei "lunghi coltelli" o "delle forchette più o meno affilate" e in corso di Torino.
Come politici e rappresentanti del popolo che ci ha eletti siamo consapevoli che giorno dopo giorno, ora dopo ora, le istituzioni perdono il loro valore nei confronti di una istituzione sommersa, la partitocrazia. Ci vuole indipendenza, non prevalenza.
Non è molto opportuno che sui giornali si sia coperta con una presunta trattativa politica una controversia interna di partito. Seppure questa sia legittima e validissima non deve inficiare nelle istituzioni, ma deve avere nelle istituzioni uno sbocco.
Mentre ci scandalizziamo di espressioni più o meno eleganti che l'un l'altro ci siamo scambiati, non ci scandalizziamo del fatto che una forza politica di maggioranza ripropone una riflessione ai lavori delle Giunte e delle maggioranze. La Giunta deve dirci in quest'aula che si è data all'inizio di questa legislatura. L'ho letta sui giornali la risposta che la Giunta dà a questo interrogativo: non è frenata, non è rallentata, non è modificata nei suoi obiettivi, nei suoi programmi, nella sua unità.
Collega Sanlorenzo, non è ovvio questo come sembrerebbe di leggere nella sua espressione. Se fosse così ovvio, lei non avrebbe tenuto una conferenza stampa. Io la rimprovero su tali questioni. Qui non c'è più tensione politica, non ci si rende conto che le decisioni non avvengono qui ma avvengono nelle consorterie dei partiti.
Ho una tessera di partito da 26 anni e né rifiuto né voglio minimizzare la funzione del partito: i partiti devono organizzare il consenso per dare al consenso un contenuto, una proposta, ma non devono insidiare il lavoro delle istituzioni elette dal popolo. Questa è una funzione surrettizia prevaricante alla radice di molti mali della società italiana.
Al di là dell'aspetto istituzionale, esiste il problema politico. Non ricorderemo il Presidente Enrietti come un Presidente per antonomasia.
L'amicizia e la stima che mi legano a lui hanno ormai lunga data, ma la sua Giunta e la sua maggioranza non hanno tensione politica. Non abbiamo mai colto la volontà di cambiamento di questa società. L'abbiamo vista come continuazione passiva rispetto al messaggio (che noi contestavamo, ma che aveva la sua legittimazione popolare e soprattutto uno spessore politico e programmatico) del 1975, quando le Giunte di sinistra, anche se minoritarie nel consenso, erano maggioritarie nella proposizione.
Oggi avete una Giunta maggioritaria nei voti, ma minoritaria nelle proposizioni e nella realtà. Ecco allora che, di tanto in tanto, qualche forza politica, e in particolare il P.S.I., che è posto sul confine di questa minorità rispetto alle istanze della società civile Piemonte.
Questo è problema politico. Riportiamo il problema in quest'aula, non cerchiamo di minimizzare il ruolo delle forze politiche, che certamente hanno capacità maggiori di cogliere i cambiamenti della società.
Quando però le forze politiche avvertono i cambiamenti della società e le fanno emergere in termini di programmi, di contenuti e di proposte, ci vuole la capacità dei Gruppi consiliari dell'aula, delle Commissioni, della Giunta, ognuno nell'ambito delle proprie competenze, a far diventare quest'aula la sede in cui le novità diventano proposta politica e non subordinazione e adesione alle indicazioni altrui.
Questo tipo di messaggio, questo tipo di indicazione deve trovare termini operativi. Sul funzionamento del Consiglio non siamo mai giunti a conclusioni rigorose.
Il recupero di dignità del Consiglio rispetto all'esecutivo è difficile. E' una dignità che si deve conquistare a piccoli passi, facendo funzionare le Commissioni partendo dalla considerazione che il legislativo è atto del Consiglio e non della Giunta, prendendo l'abitudine di chiedere alla Giunta il parere sugli emendamenti.
Questo è un regcus o freudiano che indica un tenore reverenziale verso la Giunta, che è nello spirito dello Statuto, vecchio ormai di 15 anni. Va recuperata la primogenitura dell'assemblea e la primogenitura legislativa.
La Regione deve approvare le leggi, dettare indirizzi, ma non deve amministrare, che è funzione della Giunta. Questi comportamenti cesseranno quando anche il ruolo del Consigliere sarà prioritario e la collocazione dei Gruppi decorosa ed adeguata rispetto alla struttura residenziale.
Noi abbiamo scelto di essere Consiglieri, ma ogni giorno che passa ognuno di noi quasi si sente sminuito per fare solo il Consigliere rispetto all'Assessore. Le funzioni del Consiglio e delle Commissioni vanno recuperate in termini operativi, precisi e dettagliati.
Chiediamo di riportare in quest'aula il dibattito che la società civile trasferisce ai partiti e chiediamo alle maggioranze attuali che esistono e a quelle che si andranno a formare, di avere la capacità di cogliere la domanda della società civile e farne oggetto di dibattito politico. Per esempio, sull'occupazione,quale impostazione darà la Giunta? Fare politica vuol dire scegliere e governare il futuro.
Noi abbiamo l'impressione che questa Giunta sappia soltanto vedere e non sappia governare e la mancanza di capacità nel fare politica significa anche mancanza di tensione politica in quest'aula con tutti quei fenomeni di frustrazione delle forze politiche e delle istituzioni, che portano a considerare scandaloso un episodio in una democrazia, consapevole delle proprie funzioni, delle proprie responsabilità e dei propri poteri. I comportamenti ed i correttivi sulle scale, non li possiamo accettare.
Non solo non accetto che avvengano, ma non accetto che si sia consentito che queste situazioni siano maturate e siano esplose.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Avevo annotato alcune considerazioni che ho già svolto altre volte, ma che voglio riprendere relativamente alle cause delle difficoltà di lavoro e di convivenza nell'assemblea regionale.
La parola "clima" dice tutto e dice poco, è comunque indicativo dell'episodio a cui abbiamo appena assistito. Diventa difficile capirsi e sfuggire alla tentazione di ricondurre le cause del non funzionamento ad alcuni ruoli, ad alcune persone, in questo caso particolare al Presidente del Consiglio, cause che dipendono largamente se non esclusivamente da tutti.
Le regole del gioco della democrazia, le istituzioni, le loro procedure, il loro funzionamento sono nella responsabilità di tutti.
Dovremmo arrivare al dibattito e sarà il caso di ripensare al clima del tutto diverso da quello che ha reso peculiare l'esperienza regionale del Piemonte nelle altre legislature, alle anomalie che lo hanno determinato e al fatto che di fronte a gravi problemi le istituzioni sembrano occupare troppo tempo in discussioni.
Ci sono questioni molto importanti che se non le affrontiamo con la dovuta chiarezza e la dovuta serenità e il dovuto senso critico, rischiamo di non fare un buon servizio alle istituzioni. La martellante offensiva sulla conduzione del Consiglio è sbagliata nel merito. Ci possono essere dei limiti, ma chi non li ha soprattutto nel momento in cui non c'è convergenza di lavoro, non c'è l'intesa sul rispetto rigoroso delle regole? Che senso ha logorare le istituzioni? Nelle istituzioni si intrecciano ragioni politiche e personaggi di partito. Perché troppe volte l'autorità e l'autorevolezza che viene richiamata all'Ufficio di Presidenza è stata,nel tempo passato,intaccata da una non completa fiducia, autorevolezza e autorità in molte occasioni? La composizione dell'Ufficio di Presidenza, vede la presenza di tutti i partiti, e proprio gli incaricati dei Gruppi sono quelli che possono con diversità di visione, di retroterra e di patrimonio culturale dare il loro contributo per una conduzione rispettosa delle regole del gioco.
Spesso però, o perché il mandato sta per scadere o perché la presenza non c'è, si rischia di rendere debole questo lavoro.
Chiediamoci tutti: abbiamo fatto di tutto in questa direzione? Se la causa del malessere di un Gruppo è la mancanza di locali, credo si abbia ragione di porre il problema e di risolverlo. Questa è una questione che riguarda il funzionamento del Consiglio e noi siamo disponibili a offrire quelle due stanzette mettendo il nostro Gruppo nelle ristrettezze.
Ha ragione il Consigliere Marchini, ricordo le offese, gli insulti dei Parlamenti: ma noi vorremmo che ci fossero due pesi e due misure.
Ricordo che in questo Consiglio un applauso puramente intempestivo del Consigliere Revelli a un'affermazione di un Consigliere democristiano venne stanziato con una protesta e con un coro che mise tutti nella condizione di riprovazione. Le regole si garantiscono se la coerenza è costante e se non si ha l'impressione che se è in gioco qualche Gruppo o qualche persona, che sta da questa parte, più facilmente viene invocato il rigore.
Il mio partito da tempo ha una grande battaglia sulla questione morale a volte andando contro corrente e contro lo strapotere dei partiti, ma non credo che qui non si decida perché decidono le consorterie dei partiti.
Questa non è un'assemblea etero-diretta, è un'assemblea in cui si esprimono uomini, idee, volontà, impegni, capacità di governo e di analisi.
In questo senso ci vuole modestia, non unidirezionalità, non strumentalità.
Questo ragionamento lo dobbiamo fare su ognuno di noi se dobbiamo affrontare seriamente la terza legislatura ed il problema del funzionamento del Consiglio.
Avevo proposto un dibattito politico, ne è venuto fuori un dibattito misto, ma avremo occasione di rifarlo.
Il Consigliere Viglione ha ricordato l'autonomia dei Gruppi. Il nostro partito, nella situazione odierna, ritiene che siano fondamentali le regole della democrazia e del processo democratico e ritiene che è essenza di queste regole l'autonomia dei partiti e dei Gruppi, e cerchiamo di esercitarla, ma riteniamo che l'autonomia dei Gruppi debba essere coordinata con due principi, la lealtà e l'effetto di governabilità.
Negli Stati Uniti, se il Parlamento vota contro il congresso, il Presidente non si trova in crisi politica, ma nelle altre democrazie occidentali, da quella francese a quella inglese, gli atti di autonomia dei gruppi non possono che convergere entro i confini di un atteggiamento leale tra i partners della maggioranza e attraverso l'effetto di governabilità.
D'altra parte, quando si compone una maggioranza c'è il programma che la lega. Vorrei ricordare che con il P.S.I. e con il P.S.D.I. c'è qualcosa di più che un programma, c'è la storia, c'è un patrimonio, una fatica comune e autonoma per trovare la via d'uscita dalla crisi e per dare risposte ai problemi del Piemonte.
Le tensioni non derivano dalle idee. Le idee non sono mai motivo di tensione. Spesso per noi sono state anche motivo di ripensamento su una serie di questioni, proprio perché sono l'espressione di una parte della società, della sua autonomia, della sua capacità propositiva, questo ha portato frutti positivi nell'azione di Governo.
Non abbiamo mai parlato dell'autonomia delle idee e dell'autonomia del contributo, parliamo invece di una questione molto concreta quotidianamente verificabile, è quella dei comportamenti, della lealtà della governabilità. Se così ci comporteremo avremo difficoltà sui problemi, ma non dovremo più ritornare su questioni come queste.



PRESIDENTE

Possiamo ritenere chiusa la discussione.
Ringrazio tutti i colleghi che, sono intervenuti, sia quelli dell'opposizione e sia quelli della maggioranza. Questa discussione è stata utile perché da tutti gli oratori è venuta l'esigenza della correttezza.
Qualsiasi istituzione ha dei momenti di tensione. Vorrei fare una affermazione: il Presidente del Consiglio cerca in tutti i modi di essere il Presidente di tutti e non solo di una parte. La mia lunga esperienza di vita, non solo politica, ma anche in altri settori, ha dato ormai una figura di uomo non parziale che se qualche volta ha sbagliato lo ha fatto in buona fede.
Dopo questi chiarimenti credo si possa dare inizio ai lavori.


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

In merito al punto primo all'ordine del giorno "Approvazione verbale precedente seduta", se non vi sono osservazioni il processo verbale del 7 ottobre 1982 si intende approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Punto secondo all'ordine del giorno "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale". Rendo noto che hanno chiesto congedo i Consiglieri: Astengo, Carazzoni, Majorino, Ratti, Salerno.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 251: "Interventi volti alla promozione, avviamento e sostegno dell'autogestione in forma cooperativa ed associata, fra i giovani" presentato dai Consiglieri Reburdo e Montefalchesi in data 7 ottobre 1982 N. 252: "Interventi per l'attuazione di programmi infrastrutturali viari dello Stato" presentato dalla Giunta regionale in data 8 ottobre 1982 N. 253: "Concessione di contributo annuo al CINSEDO", presentato dalla Giunta regionale in data 8 ottobre 1982 N. 254: "Proposta di legge al Parlamento: istituzione della Provincia di Biella", presentata dai Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio in data 8 ottobre 1982.


Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 28 settembre e 5 ottobre 1982 - in attuazione dell'art. 7, P comma della legge regionale 6/11/1978 n. 65 sono depositate e a disposizione presso l'ufficio Aula


Argomento: Commemorazioni

d) Commemorazione del brigadiere Benito Atzei e delle vittime dell'attentato alla Sinagoga di Roma


PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, questa settimana abbiamo avuto due fatti gravi: si tratta del vicebrigadiere Atzei e della questione della Sinagoga di Roma.
Venerdì sera a Rocca Canavese un carabiniere, il vicebrigadiere Benito Atzei è stato ucciso in un conflitto a fuoco con un gruppo di terroristi.
Il dramma si è svolto con estrema rapidità.
Il vicebrigadiere insieme al giovane carabiniere Giovanni Bertello aveva istituito un posto di blocco alla periferia del piccolo centro. In questo è incappato un gruppo di terroristi a bordo di due auto. Da una di queste sono partite - dopo che il vicebrigadiere aveva impartito l'alt una serie di raffiche che, oltre a colpire mortalmente Benito Atzei ferivano, per fortuna in modo non grave, il carabiniere Bertello. L'arma dei carabinieri paga ancora una volta il suo alto tributo alla lotta al terrorismo.
Questa volta a sacrificarsi è stato un galantuomo di 44 anni, padre di un giovane di 14 e di una bambina di 9.
Colleghi Consiglieri, a nome di tutti noi desidero testimoniare ai familiari della vittima il cordoglio e la solidarietà del Piemonte per questo grave fatto che ci ha profondamente colpiti e commossi.
Sento inoltre il dovere di esprimere i sentimenti di viva e sentita partecipazione del Consiglio regionale ogni qualvolta la nostra democrazia viene colpita da attacchi eversivi e ancor di più quando questi sono causa della perdita di vite umane. Non dobbiamo permettere che imprese terroristiche siano accolte con la stessa indifferenza e rassegnazione di normali fatti di cronaca.
L'impegno a mantenere viva l'attenzione e la vigilanza dell'opinione pubblica resta un nostro preciso dovere, un contributo concreto alla lotta al terrorismo.
Ritengo inoltre doveroso ringraziare e rendere omaggio alle forze dell'ordine che con grande senso del dovere - pagando spesso con la vita si battono con tenacia e ostinazione a difesa dell'ordine democratico raggiungendo risultati di estremo rilievo.
Tutti ci auguravamo di aver estirpato dal Piemonte la piaga del terrorismo. Ora il feroce delitto di Rocca Canavese riporta alla memoria episodi che speravamo superati. E' quindi indispensabile accentuare ulteriormente la nostra mobilitazione contro il terrorismo, poiché è dimostrato come esso, nonostante i duri colpi subiti, sia ancora in grado di colpire con ferocia e crudeltà.
Il ristabilimento in Italia della convivenza civile e democratica oggi più che mai, l'obiettivo primario sul quale concentrare tutte le nostre forze.
Sabato a Roma un gruppo di terroristi ha attentato alla vita di cittadini di fede ebraica. Bombe, raffiche di mitra contro gente che usciva da un tempio nel giorno di festa, il sangue di tanti, la vita di un bambino.
Si chiamava Stefano Taché. Aveva appena 2 anni. Un'età nella quale i sogni sono ancora realtà. Mai come in questa occasione si deve affermare che è stato versato sangue innocente. Stefano con i genitori ed il fratello Marco di 4 anni era andato in sinagoga a celebrare il sabato. Ora la famiglia Taché è distrutta. Il fratello di Stefano versa ancora oggi in gravi condizioni in un ospedale di Roma. I genitori sono annichiliti dal dolore. Nessuno potrà mai consolarli.
Che dire in momenti come questi? Troppe volte in questi anni abbiamo commemorato cittadini, magistrati, carabinieri, poliziotti caduti nella difesa della democrazia. Ma stavolta il dolore è più lancinante, Stefano Taché era un bambino ebreo e per questo ha perso la vita.
Nessun attentato antiebraico aveva mostrato mai tanta ferocia ignoranza, razzismo. Gli assassini hanno colpito in una zona di Roma che da tempo è nella memoria e nel cuore di tutti. Di tutti quelli che hanno ancora nel ricordo la terribile alba del novembre 1943 quando le SS irruppero nel quartiere ebraico della capitale e rastrellarono uomini donne e bambini. Di questi ben pochi fecero ritorno dai lager. La strage di sabato dunque, che colpisce nella carne la comunità ebraica, romana ed italiana tocca nel profondo allo stesso modo, tutti gli italiani, tutti i democratici, e, più semplicemente, tutte le persone che non hanno smarrito il senso dell'umanità e della civiltà in un'epoca di più in più imbarbarita.
Colleghi Consiglieri, a nome di tutti noi desidero testimoniare alla famiglia Taché, ai feriti, alla comunità ebraica romana ed italiana il cordoglio e la solidarietà del Piemonte per questo gravissimo fatto che ci ha profondamente colpiti e commossi. Oggi il nostro impegno deve andare unicamente in direzione della pace, della coesistenza pacifica, della comprensione. L'unica scelta ammissibile - sempre - è quella dell'impegno democratico per salvaguardare la pace.
A nostro avviso l'attentato alla sinagoga di Roma è uno dei funesti risultati di un progetto internazionale teso a sovvertire l'ordine democratico di tutta l'Europa occidentale andando a colpire proprio le minoranze. Ed è proprio perseguitando le minoranze che si incomincia a minare il tessuto di libertà e di democrazia non solo di un paese, ma di tutto un continente. E' giunto dunque il momento di dire no alla barbarie che tenta di sommergerci.
Il nostro impegno per la libertà e la democrazia deve tradursi in una attività costante e in una vigilanza attenta. Ne va del nostro futuro di uomini liberi.
Colleghi Consiglieri, chiedo un minuto di silenzio in memoria delle vittime.



(L'assemblea ed i presenti in aula osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Situazione economico-occupazionale in Piemonte


PRESIDENTE

Passiamo al punto quarto all'ordine del giorno riguardante la situazione economico-occupazionale in Piemonte.
La parola al Presidente della Giunta.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, introduco il dibattito odierno sulla situazione economica ed occupazionale del Piemonte in qualità di Presidente della Regione che opera con modestia nell'interesse della comunità piemontese non toccato da alcuna provocazione che non voglio raccogliere.
Il dibattito che si apre oggi è in perfetta assonanza con le richieste della società piemontese di cui la Giunta regionale, unita e operosa, vuol cogliere ansie e spinte.
Sarà l'occasione anche per il Consigliere Marchini di inserirsi e fare tutte le sue valutazioni.
Questo dibattito cade in un momento estremamente difficile per il sistema economico internazionale, e di riflesso, per l'economia italiana e piemontese. Ne è testimonianza il grido di allarme che si è levato dall'Assemblea annuale del fondo monetario internazionale, sul paesaggio mondiale dell'economia, che ha avuto puntuale riflesso nella relazione tenuta dal Governatore Ciampi al Congresso nazionale del Forex tenutasi ultimamente a Torino.
Le manifestazioni di una crisi di eccezionale durata ed intensità, in termini di stagnazione, di disoccupazione e di dinamica dei prezzi, che colpisce tutto il mondo, indicano chiaramente la gravità del momento e l'urgenza con cui si deve agire. Gli effetti della prolungata recessione nell'inflazione, degli alti tassi di interesse e della caduta della domanda mondiale, si sono innestati sulle nostre debolezze strutturali aggravando i nostri problemi.
E' un fatto che l'economia mondiale si sta avvitando senza rilevante diversificazione di aree geografiche o configurazioni politiche anche se nei vari Paesi presenta intensità diverse.
Il carattere internazionale della crisi rende più incerto il risultato delle azioni che possono essere intraprese all'interno della nostra economia, caratterizzata da un alto tasso di inflazione, dall'elevato disavanzo pubblico, dall'alto costo del denaro e dell'attività produttiva in genere.
La situazione della nostra regione va inquadrata in questo contesto nazionale e internazionale e deve essere seguita con attenzione, anche perché come ho avuto più volte occasione di sottolineare, i segnali che vengono dal sistema piemontese sono emblematici e premonitori di processi generali poi riconosciuti in tutte le sedi.
Ho avuto occasione di leggere, alla ripresa dei lavori consiliari, la lettera che il 20 di agosto, alla ricostituzione del Governo ho ritenuto doveroso inviare al Presidente del Consiglio dei Ministri, per richiamare l'attenzione su alcune questioni di fondo che ancora dovevano essere risolte per l'economia piemontese nell'interesse generale del Paese. Da allora la situazione non ha registrati) miglioramenti. Anzi.
Lo stesso esame della situazione da parte degli industriali dà un quadro più pessimistico, né d'altra parte segnali in positivo provengono da altre realtà del Paese.
La convinzione è che il carattere stesso della crisi pone in luce l'insufficienza di singole azioni; richiede invece uno sforzo per raccordare i vari livelli di iniziative per raggiungere gli obiettivi che rimangono ancora oggi gli stessi di un anno e mezzo fa quando presentammo lasciatemi dire, con una realistica intuizione, i progetti per combattere l'inflazione, sostenere l'occupazione, rilanciare gli investimenti nella logica del riequilibrio della bilancia dei pagamenti.
L'azione della Regione è incentrata in alcune direzioni strategiche nei confronti del Governo, nei confronti dell'Europa, nei confronti delle altre Regioni, e recentemente di quelle del triangolo industriale, e nei confronti degli Enti locali.
Il bilancio del rapporto con il Governo, con le sue luci ed ombre, è sostanzialmente positivo almeno nel metodo. Alcuni frutti sono già venuti altri sono in maturazione; nel bilancio positivo vanno annoverati per la rilevanza che assumono in Piemonte: gli interventi sulle grandi infrastrutture, dalle ferrovie alla grande viabilità, anche se nelle ferrovie vi sono punti oscuri, come risulta dalla recente relazione che l'Assessore Cerutti ha fatto in questa sede l'impegno nel campo energetico, dalla determinazione nel realizzare la centrale nucleare e le centrali idroelettriche (si pensi solo a quello che significa l'intervento a Piedilago, Quincinetto) e all'approvazione della legge 308/82, con l'impegno di portare avanti anche le parti più stralciate dalla stessa legge l'attuazione della L. 526 per lo sviluppo dell'economia, che corrisponde, in larga parte, ad esigenze più volte sollecitate in istanze regionali ed interregionali e che, sia pure parzialmente, accoglie, in concreto con la previsione del fondo investimenti occupazionali il metodo di raccordo fra gli obiettivi della programmazione nazionale e la programmazione regionale l'approvazione della L. 46/82 sulle ricerche e sull'innovazione tecnologica, la cui importanza strategica era stata richiamata dal Ministro La Malfa nella lettera del 23 gennaio, di risposta a questa Regione che aveva già imboccato, emblematicamente, questa strada, allorché aveva approvato tra gli 84, il progetto Ignitor.
Proprio due giorni fa alla Fondazione Agnelli presentando il progetto Futurama è stata rilevata l'importanza dell'alta tecnologia dell'innovazione e del ruolo che può giocare in Piemonte, perché questa Regione si trova in una congiuntura favorevole con le sue rilevanti preesistenze, il suo basso incremento demografico e il conseguente equilibrio della forza lavoro.
Accanto a questi lati positivi del confronto ci sono, ancora nodi irrisolti la cui soluzione tarda a maturare, nel difficile panorama economico dal finanziamento del piano auto, all'iniziativa di riforma sul collocamento, alla riforma locale, vitale in un momento di drastici tagli che mettono in discussione la vita stessa delle Regioni e degli Enti locali da una politica del credito illuminata, che assicuri alle piccole e medie aziende sane (specie a quelle con produzioni rivolte all'esportazione) l'ossigeno necessario a una politica industriale che lasci alle Regioni quel giusto spazio per cooperare all'azione del Governo centrale.
Come Regione Piemonte, come Conferenza delle Regioni, continueremo a batterci su questi temi, convinti di svolgere il ruolo che la Costituzione ci assegna.
Oggi come Presidente di turno, proprio nella mia temporanea responsabilità dell'azione complessiva delle Regioni, mi sento di affermare che le iniziative che abbiamo intraprese come Regione Piemonte, sono state utili, come noi ci proponevamo, a richiamare l'attenzione su problemi di tutto il Paese e su una tematica comune a tutte le Regioni.
La formulazione, poi, dei tanto discussi progetti, alcuni dei quali già realizzati e oggi inquadrati negli undici "programmi" del Piano di sviluppo, è servita come terreno di confronto e di approfondimento dentro e fuori il Piemonte.
Ovviamente l'azione nei confronti del Governo, assieme alle altre Regioni, si accompagna all'azione concreta che, nei suoi limiti attuali finanziari e giuridici, la Regione svolge quotidianamente, sviluppando in ogni settore gli interventi mirati allo stesso obiettivo: quello della ripresa e del sostegno attraverso le finalità dello sviluppo dell'occupazione.
Con la presentazione del pacchetto di documenti del Piano di sviluppo che si presenta con caratteristiche di novità rispetto alla concezione di quello, ipotizzato in passato e attualmente non più proponibile, la Giunta ritiene che ci siano tutti i punti di riferimento per un lavoro comune adeguato alle esigenze attuali, con un duttile spazio di manovra per superare la crisi.
Gli undici programmi ci .consentono altresì di confrontarci con le realtà delle altre due Regioni del triangolo industriale, con le quali vogliamo sviluppare un azione coordinata per una maggiore efficacia degli interventi.
Anche in questo caso, non nel localistico interesse delle aree interessate, ma del Paese e del Mezzogiorno.
Nella stessa logica, abbiamo iniziato un' azione di raccordo a livello europeo, che dobbiamo intensificare se vogliamo uscire dalle secche dell'attuale situazione, se vogliamo essere parte integrante di una delle aree forti dell'Europa.
Così come in un momento di estrema difficoltà finanziaria appare essenziale un intenso raccordo con le autonomie locali per il coordinamento delle risorse complessive.
La difficoltà del momento che colpisce soprattutto il mondo del lavoro imprenditori e classe operaia e che l'Assessore Sanlorenzo vi esporrà nelle sue diverse sfaccettature, richiede per la sua soluzione di esplorare tutte le strade e tutti i livelli per scongiurare quella crescita zero che quella gran parte sana e fattiva della società non può accettare.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

Credo che possiamo attenderci da questo dibattito, lungamente preparato, un risultato positivo perché a ciò siamo portati dalla complessità e gravità dei problemi che dobbiamo affrontare, ma a ciò siamo anche portati dalla necessità di fare un salto di qualità nel confronto del Consiglio.
La gravità della crisi economica e dei suoi riflessi sociali non pu essere negata o nascosta. Questa non è un'opinione della Giunta n dell'Assessorato all'industria e lavoro: questa è una realtà.
La recessione in atto è di carattere mondiale. In quasi tutti i principali Paesi industrializzati si toccano records del numero dei disoccupati.
Willy Brandt ha detto recentemente che in questa situazione non sono i governi che governano la crisi, ma è la crisi che fa cadere i governi.
Aggiungo che gli effetti della crisi provocano vaste ripercussioni di carattere politico immediate e persino contraddittorie come dimostrano i recenti comportamenti elettorali in quasi tutta Europa.
I principali economisti del 'mondo sono impegnati nella ricerca per la soluzione di un problema che sinora non è stato risolto, dato che la crisi ha alcune caratteristiche vecchie, ma quelle più rilevanti sono profondamente nuove dato che le ricette del passato non servono ad uscire dalla crisi.
Recentemente Ruffolo ha sintetizzato la situazione e la qualità nuova della crisi dicendo: "Rispetto a queste mutate condizioni - mutate internazionalmente e per ora definitivamente - dice l'on. Ruffolo "una politica di puro e semplice incremento della domanda, di tipo classico .keynesiano, si scontra contro il muro dell'inflazione dilagante e una politica di puro contenimento, monetaristica, si scontra con la crescita della disoccupazione e peraltro non elimina l'inflazione".
Mi pare che gli elementi di novità siano esattamente questi, quindi sarebbe sterile un dibattito fra di noi che prescindesse da questi elementi di novità e non ci impegnasse tutti nella ricerca di una soluzione che finora nessuno ha trovato, perché la crisi non solo investe il mondo occidentale e la sua economia, ma investe anche le economie che in crisi erano per altri motivi è con accenti differenti a quelle dell'oriente



BASTIANINI Attilio

Quelle sono sempre in crisi.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

Sì, per altri motivi. Però avevano un elemento costante dell'incremento del prodotto lordo nazionale che era una costante, ed era la base della pianificazione.
Anche esse tendono invece a manifestare la tendenza ad uno sviluppo molto più ridotto dei tassi di sviluppo che avevano caratterizzato, almeno secondo i loro parametri economici, in passato. La questione riguarda quindi l'intiero sistema economico mondiale. Non devo sottolineare il modo come la crisi si ripercuote sui paesi in via di sviluppo o su quelli che in via di sviluppo ancora non sono.
Il nostro Paese vi è immerso con i suoi tratti specifici e la nostra Regione, a sua volta, è investita pienamente da questa fase recessiva. Così non potrebbe non essere, data la struttura economica della nostra Regione dati i suoi rapporti ombelicali con l'economia europea e mondiale. Nel bene e nel male, nei periodi di alta o di bassa congiuntura, nei periodi di sviluppo e nei periodi di crisi le conseguenze sono sempre rilevanti, data la concentrazione che c'è nella nostra regione di una parte consistente dell'apparato e della produzione industriale del nostro Paese. Non dovrebbe essere possibile in questo Consiglio dividerci su questi dati di fatto.
Non si tratta qui di condurre su questa questione né una disputa ideologica, né alcuna strumentalizzazione politica. E nessuno credo davvero può accusare la Giunta regionale del Piemonte di catastrofismo se dall'inizio della sua esistenza, nella III legislatura e nei confronti della crisi che veniva manifestando i suoi effetti, nel fuoco di uno scontro sociale, ha teso semplicemente a mettere in evidenza, assieme alla volontà di uscire dalla crisi con lo sviluppo, i dati che venivano dalla sua esperienza, dati peraltro specifici e originali, dato che altri non li avevano forniti, che non erano esaustivi dell'analisi complessiva della situazione dell'economia piemontese, ma che andavano individuati perch erano quelli che nessuno segnalava.
Abbiamo cercato di segnalare, avvertire, ciò che stava mutando non guidati né da pregiudiziali ideologiche, né da intenti antigovernativi e meno che mai da vocazioni catastrofiste. Questa Giunta ha assunto il governo della Regione in una situazione economica difficile e assai diversa rispetto ai 5 anni precedenti.
Devo ricordare ancora una volta che alla fine dell'anno 1980, dal punto di vista economico è come se si parlasse di secoli fa, c'era in Piemonte la piena occupazione, non c'era il fenomeno della Cassa integrazione a zero ore, la Fiat aveva appena finito di assumere 10 mila persone, oggi la situazione è profondamente diversa. I fenomeni all'origine della crisi erano in atto in Piemonte come nel mondo da parecchio tempo ma il modo di manifestarsi nella nostra Regione non erano quelli che abbiamo conosciuto e che conosciamo in questo momento.
Non si vede quale interesse avrebbe ora a forzare i dati, quelli negativi, della realtà per dare un'immagine eccessiva dei processi in corso dopo due anni e mezzo del suo governo. L'interesse politico sarebbe caso mai opposto.
Quindi, né dati forzati e nemmeno abbellimenti strumentali della realtà, ma impegno rigoroso nell'analisi e nell'azione per affrontare i problemi con il massimo dell'impegno, avendo coscienza dell'enorme disparità fra le risorse a disposizione e la qualità dei processi negativi da dominare e dei problemi da risolvere.
Partiamo dunque dai fatti e da alcuni dei dati incontrovertibili che illustrano la situazione.
Negli Stati Uniti i senza lavoro hanno raggiunto la cifra record di 11 milioni e 300 mila disoccupati, pari al 10,1% della forza lavoro.
In Germania i disoccupati sono oggi 1 milione e 800 mila; in Francia 2 milioni; in Gran Bretagna 3 milioni e 300 mila. In Italia i senza lavoro sono oltre 2 milioni 340 mila senza tenere conto della cifra dei cassaintegrati. Unica eccezione a questa cifra drammatica è il Giappone.
Questa è la situazione di oggi.
Per quanto riguarda il 1983 io riporto, a puro titolo di riflessione per i Consiglieri, alcune delle previsioni che sono state pubblicate. E non scelgo nemmeno quelle che invece sono davvero catastrofistiche e che appaiono in questi giorni sui giornali e sulle riviste, tra le altre una rivista rispettabile dal punto di vista dell'appartenenza, che per la prima volta nella sua storia ha la copertina intitolata "Crak".
Gli esperti dell'OCSE prevedono che nel 1983 la cifra dei disoccupati complessiva dei paesi industrializzati toccherà la quota di 37 milioni.
Dobbiamo sperare che non sia così, ma è dovere intellettuale dirlo.
In questo quadro l'unica voce che si stacca, prevedendo che invece ci sarà una ripresa e un rilancio dell'economia americana, è quella dell'economista Holmer che nel recente Convegno di Rimini del Centro Pio Manzù, ha sostenuto la previsione di questo rilancio. Ma, ha aggiunto "non sarà di dimensioni particolarmente rilevanti".
Spero che la ripresa della borsa americana di questi giorni in qualche modo possa confermare questo solitario ottimista.
Ho segnalato due giudizi credo seri anche se divergenti, per riportare i margini relativamente ristretti del dibattito che in sostanza (oggi come oggi) non verte sulla gravità della crisi, ma sulle possibili terapie per curarla. E' stato scritto, mi pare felicemente, che siamo di fronte ad una diagnosi comune e a tante terapie diverse.
Se passiamo dalla situazione internazionale a quella italiana, io non devo fare altro che rinviare i Consiglieri regionali alle recentissime relazioni di Andreatta e di La Malfa pubblicate sui giornali di ieri per un quadro della situazione che nessuno può evitare di giudicare grave per l'enormità del deficit pubblico, per il differenziale di inflazione rispetto ad altri Paesi europei, non solo perché l'inflazione tende a riprendere ma perché c'è un differenziale che rimane e si aggrava dato che in altri Paesi non hanno risolto il problema della disoccupazione, anzi, lo hanno aggravato, ma qualche punto per accentuare in meno l'inflazione l'hanno conseguito, e per la crescita della disoccupazione che nel nostro Paese si accompagna alle crescite degli altri Paesi.
I dati sono sotto gli occhi di tutti: non appesantirò la relazione con la citazione di tutti quelli che potrebbero essere citati. Aggiunger soltanto qualche elemento di valutazione della situazione piemontese. Il Prof. Terenzio Cozzi scriveva: "le notizie sull'andamento dell'economia piemontese in questo scorcio d'autunno segnalano che la situazione di crisi non solo permane, ma si sta ulteriormente aggravando e diffondendo verso settori di aree prima meno severamente colpite...." Ieri il Presidente della Federpiemonte Frignani parlava di questi elementi nuovi per quanto riguarda la zona del Biellese, c'è poi il problema dei paesi che stanno andando in bancarotta come il Messico l'Argentina ed altri che non pagano né le commesse né i prodotti già consegnati. Parecchie aziende chiedono un intervento sul sistema bancario per far anticipare i pagamenti di consegne già avvenute a quei paesi, che però non pagano per effetto del loro disastro economico interno.
E prosegue il Prof. Cozzi: "Non c'è più quasi alcun settore industriale che preveda per i prossimi mesi miglioramento o anche solo mantenimento dei depressi livelli produttivi annuali".
Poi aggiunge altre osservazioni sulle quali andrei più cauto perché la sua visione è così pessimistica da non salvare più nessuno. Io invece devo dire che le cose dopo hanno degli elementi di apprezzamento che non possono rimanere al di fuori del nostro giudizio.
E l'opinione degli industriali? Pininfarina scrive sulla Stampa Sera dell'1l ottobre: "la situazione è sotto gli occhi di tutti, i problemi sono comuni all'intero sistema italiano, ma a Torino si ripetono con particolare asprezza. Mi riferisco alle aziende in crisi ma anche alle aziende che potrebbero entrare in crisi da un momento all'altro".
Confrontando i dati medi del primo semestre 1982 con quelli del 1981 si riscontra un calo complessivo di 30 mila occupati di cui 5.550 nell'industria. Attenzione però ai dati perché in aprile la situazione era di un certo tipo, da aprile ad oggi le cose si sono modificate, purtroppo nel senso di un peggioramento della situazione.
Tra l'81 ed il primo semestre 1982, poi, vi è stato un calo occupazionale di 19.500 unità tale cioè da annullare l'incremento 77/81 con una riduzione di altri 7.000 addetti nel settore dell'industria.
L'incremento dei disoccupati è stato quindi di 21.293 per il Piemonte (+19,1%) e di 11.396 per la sola Provincia di Torino (+15,3%). Questi dati provocano degli effetti sociali. Non siamo solo dei chirurghi o degli analisti che analizzano la crisi per fare un dibattito astratto ma dobbiamo avvertire che la crisi economica si trasforma in crisi sociale. Questo deve preoccuparci nello stesso modo come ci preoccupa il giudizio, il dibattito e le misure che contrapponiamo.
Il corteo dei disoccupati esasperati che si è recato l'altro giorno dall'Ufficio di collocamento al Comune di Torino non è soltanto un fatto di cronaca, è un fatto grave e inedito nella nostra storia recente.
L'assemblea dei cassintegrati ed il corteo che ha sfilato nelle vie di Torino, se da un lato testimonia (per fortuna) la possibilità per il movimento sindacale di avere un rapporto organizzato con questi lavoratori testimonia anche che quelli che erano in corteo, certamente il doppio lavoro non l'avevano.
La crisi piemontese è essenzialmente crisi che investe i settori industriali. Con questo non si intende dire che negli altri settori non ci siano elementi di difficoltà.
La questione che abbiamo di fronte è resa più complessa dal fatto che alla crisi industriale non corrisponde un decollo di altri settori come auspichiamo. Quando parliamo di modernizzazione del sistema industriale del Piemonte, ci auguriamo un incremento in altri settori, per esempio, nel terziario superiore. Abbiamo invece il fenomeno del calo complessivo dell'occupazione e probabilmente questo fenomeno continuerà anche quando ci sarà la ripresa economica . Quando ci sarà la ripresa degli investimenti ad alta intensità di capitale provocherà nel breve periodo un aumento della fuoriuscita di mano d'opera.
L'esistenza di alcune migliaia di cittadini piemontesi, lavoratori licenziati o cassaintegrati che da mesi e mesi non prendono il salario (nemmeno quello previsto per legge) per disfunzioni e ritardi vari, segnala un altro punto di esasperazione che io ho il dovere di dire in questo Consiglio regionale.
Venerdì scorso i parlamentari di tutti i partiti hanno preso atto che in 28 aziende ci sono lavoratori che hanno un ritardo nella corresponsione della cassa integrazione che va da un massimo di 33 mesi a un minimo di 5 mesi. Credo che tutti coloro che qui dentro hanno a cuore, non solo il problema delle teorie economiche, ma degli uomini concreti che sono vittime della crisi, dobbiamo ricordare come sia difficile con l'aumento continuo del costo della vita vivere con 650.000 lire di stipendio. E come sia possibile sopravvivere dopo mesi e mesi di non erogazione dell'assistenza dovuta.
Sono punti di esasperazione e la crisi economica tende a trasformarsi in crisi sociale: questi problemi vanno affrontati e li stiamo affrontando perché si possano risolvere. C'è la collaborazione con i Parlamentari ricercata e voluta da tutti i Gruppi. Per la questione della Ghisford è fissata una convocazione a Roma per martedì e questo è frutto del lavoro congiunto con i Parlamentari.
Naturalmente la crisi presenta anche elementi di ambiguità e di contraddizione. Intanto non certamente tutti i settori industriali sono in crisi e all'interno di 'ogni singolo settore la crisi colpisce diversamente le grandi aziende dalle medie, dalle piccole. Una recente indagine pubblicata proprio in questi giorni sul "Mondo" segnala una maggior vitalità delle piccole aziende al di sotto dei 200 dipendenti rispetto a quelle di dimensioni maggiori; questi sono dati di carattere nazionale, ma non c'è motivo di non pensare che qualcosa del genere succeda anche nella nostra regione.
Altri complessi hanno già compiuto importanti processi di ristrutturazione e risanamento finanziario e sono pronti per la ripresa economica (quando questa verrà).
I fattori di crisi sono diversi e non sono tutti presenti allo stesso modo 'nei vari settori. Ci sono differenze rilevanti anche fra regione e regione del nostro Paese, come ancora recenti statistiche dimostrano.
Aumentano i numeri dei disoccupati e dei cassaintegrati, ma certo persiste anche il fenomeno del doppio lavoro anche se su questo aspetto del problema dobbiamo, credo, avvertire una sua diminuzione rispetto ai risultati ampiamente teorizzati da una recente indagine, la cui validità scientifica è fuori discussione, ma che si riferisce però alla situazione esistente nel 1979 e nel 1980 quando la situazione economica e occupazionale e industriale era completamente diversa da quella che è venuta maturando nell'81 e nell'82. Lo stesso modo come il mondo dei disoccupati reagisce alle offerte di lavoro, presenta problemi che non possono essere risolti linearmente o con analisi superficiali. Si veda la disparità di adesioni ad un recente concorso per addetti alla nettezza urbana, rispetto al concorso più specializzato per infermieri di ospedale.
Maggior appetibilità dell'impiego pubblico, qualunque esso sia, e minor propensione ad andare a cercare impieghi che esigano specializzazioni impegni di varia natura e di vario genere.
E' in ogni caso del tutto evidente che la severa analisi dei fattori di crisi che colpiscono l'industria piemontese non può esimersi dal mettere in attivo la tenacia, la voglia di combattere e di impegnarsi per uscire dalle situazioni di difficoltà che contraddistinguono la maggioranza degli imprenditori e dei lavoratori anche se in questo campo la stessa ambiguità che esiste in certi settori del mercato del lavoro, esiste negli investimenti.
Credo quindi di trovare un punto di assenso con quanto ha scritto recentemente il Consigliere Bastianini.
C'è un ricorso troppo facile alla Cassa integrazione, forma utile per ottenere finanziamenti indiretti che servono ad una azienda in difficoltà.
Forse dobbiamo mettere allo studio qualche elemento che impedisca questa gonfiatura artificiale. Ci sono anche scioperi degli investimenti assolutamente ingiustificati.
Il costo del denaro è troppo alto, ma c'è la fioritura in questi tempi di una serie di finanziarie che riescono a collocare prestiti a tassi superiori a quelli già elevatissimi delle banche. Tutto ciò dimostra la complessità della crisi che abbiamo di fronte, ma anche la possibilità di uscirne. E noi vogliamo uscirne con una strategia di sviluppo, non con la crescita zero. Vogliamo uscire da questa situazione con alcune scelte di indirizzo e di fondo. Cito un breve assunto del Prof. Forte che dice: "Noi non crediamo che si possa costruire alcuna politica economica efficace in Italia (lasciamo stare gli altri Paesi) ponendo come obiettivo un prodotto nazionale che 'cresce di zero': questo è assurdo, perché se è vero che il mondo occidentale e l'Italia in particolare, a causa dell'alto costo del petrolio deve spendere di più (per noi si tratta di un costo dell'8% sul prodotto nazionale annuo! ) ciò comporta che dobbiamo lavorare e produrre di più e 'non di meno'. Quindi reputiamo che qualsiasi politica che si basi sul presupposto della crescita zero sia disfattistica: sarebbe pertanto accettabile solo se fossimo alla liquidazione. Il che, considerando come è fatta l'Italia, con i suoi imprenditori, lavoratori ed operatori dinamici certamente non è vero.
Quali sono le scelte di fondo che la Regione Piemonte intende proporre e intende compiere con i suoi mezzi, con la sua iniziativa, per contribuire al risanamento dell'industria piemontese e alla fuoriuscita dalla crisi secondo una linea di sviluppo? Le scelte fondamentali le abbiamo ribadite nei documenti di piano, le abbiamo anticipate negli 84 progetti presentati all'unanimità dalla Giunta regionale del Piemonte e qui valutati positivamente da molti Gruppi, non solo della maggioranza, e li abbiamo ripresentati negli 11 progetti anch'essi presentati dalla Giunta e sotto la direzione del Presidente del Cipe, Assessore Simonelli. Quindi è un prodotto collegiale della Giunta regionale.
Per quanto concerne il sistema produttivo piemontese si potrebbe dire che la nostra scelta è quella di elevare la sua produttività, di andare avanti assai rapidamente sulle vie dell'innovazione tecnologica e scientifica, di fare, anzi, dell'innovazione quello che la Commissione industria della Camera ha indicato come "asse fondamentale" attorno a cui devono essere organizzati tutti gli interventi che dovrebbero concorrere a formare la nuova politica industriale del Governo".
E se vogliamo prendere un altro dei punti qualificanti di scelta che ispirano la politica della Giunta, è certamente quello di favorire richiedere, ottenere, produrre, una ripresa decisiva degli investimenti.
Certo, direi che con Sylos Labini, non penso a investimenti di qualsiasi genere. Penso invece a investimenti selezionati sulla base di priorità industriali ben definite e di una politica che sia in grado di garantire altre possibilità di occupazione nel caso in cui posti di lavoro vengano distrutti. Quindi la nostra richiesta non è di un'espansione pura e semplice del credito in tutte le direzioni giacché è del tutto evidente che una politica del genere produrrebbe effetti inflazionistici.
La dizione è diversa.
In coerenza con questi obiettivi si pongono le richieste di intervento che la Regione Piemonte, con altre Regioni italiane, ha rivolto al Governo sin dall'inizio del 1981. Nella consapevolezza che il futuro dell'industria piemontese dipende dalla capacità di inserirsi nei mercati internazionali dei prodotti ad alta tecnologia, abbiamo a suo tempo ripetutamente sollecitato, sia il Governo sia le Commissioni parlamentari competenti, per l'approvazione della legge sull'innovazione tecnologica e la ricerca applicata.
La legge approvata nel febbraio dell'82 è divenuta operativa con l'assegnazione dei relativi stanziamenti, stabiliti dalla Legge 526 del 7 agosto scorso.
Abbiamo già aperto con i competenti Ministeri un confronto di merito per una rapida attuazione della legge. Sappiamo infatti che da parte delle industrie e dei centri di ricerca piemontesi, sono già state avanzate rilevanti ed importanti richieste di finanziamento.
Tali richieste da parte di Istituti ed Imprese piemontesi, soltanto sul fondo innovazione, sommano a 1.200 miliardi (ind. automobilistica e componentistica 18 domande, elettronica 3 domande, siderurgia e chimica 1 domanda per ciascun settore).
Egualmente è stato evidenziato al Governo come le misure adottate in materia di credito in generale, ed in particolare per l'industria, non solo non si prefigurano come una risposta positiva alla crisi, ma sono tali da aggravare la recessione in atto colpendo in particolare la struttura diffusa delle piccole e medie industrie (e in Piemonte queste sono 16.000).
La questione del credito assume un'importanza eccezionale. Qui c'è un punto di convergenza con quello che ha scritto recentemente il Consigliere Bastianini. In particolare le nostre richieste sul credito agevolato erano tese a stimolare un orientamento secondo precise linee di programmazione industriale, di selezione, di prontezza e continuità nell'erogazione.
Non dobbiamo infatti dimenticare che dei 207 progetti di ammodernamento, ampliamento e ristrutturazione industriale per complessivi 1253 miliardi di investimenti approvati a livello ministeriale con il parere favorevole della Regione, solo in minima parte i dati pareri sono stati effettivamente finanziati dagli Istituti di credito, i quali effettivamente, ritenendo remunerativo il tasso di riferimento hanno sospeso la stipulazione dei relativi contratti. Quindi è una Regione che ha i progetti, sa quello che dovrebbe fare per ammodernare il sistema produttivo, questo però è il vincolo.
A questo riguardo abbiamo più volte sollecitato un provvedimento legislativo volto a sbloccare questa situazione. Più in generale sempre nel campo dell'innovazione, i compiti prevalenti che la Regione intende assumere e che già sono delineati nell'apposito progetto del II Piano regionale di sviluppo consistono "nell'elaborare e nel coordinare a livello locale quella parte della politica di innovazione che l'amministrazione centrale, non può sviluppare e non riesce ad attuare in tempi accettabili".
Sarà nostro impegno proporre di riportare su scala regionale i fondi destinabili in questo campo alle piccole e medie imprese e al tempo stesso accrescerne le risorse finanziarie.
Da parte sua la Regione individuerà e definirà iniziative volte: a) a concedere agevolazioni integrative di quelle stabilite dalle leggi nazionali per favorire il consorziamento tra piccole e medie imprese che intendono produrre servizi in grado di migliorare la loro efficienza produttiva o per favorire il consorziamento tra soggetti utilizzatori e fornitori di tecnologia b) a prefinanziare programmi di ricerca proposti da piccole e medie imprese all'I.M.I. Ci risulta infatti che i tempi di istruttoria superano mediamente i 24 mesi. In questo quadro si intende proporre alla Finpiemonte opportune forme finanziarie-assicurative per coprire il rischio di un successivo rifiuto della domanda da parte dell'I.M.I.
c) a rafforzare il ruolo del fondo di garanzia già costituito presso la Finpiemonte a favore di progetti di ricerca sviluppati direttamente dalle imprese o dagli istituti convenzionati d) ad avviare una politica di informazione a favore delle piccole e medie imprese dei risultati delle ricerche finalizzate svolte dal C.N.R.
e) ad agevolare gli investimenti tecnologici che migliorano l'efficienza dell'impresa f) a completare l'azione già iniziata dall'Assessorato e tesa all'individuazione dei lavoratori pubblici e privati che operano nella Regione (che sono tanti e qualificati e che hanno già fatto uno sforzo di investimento estremamente rilevante. Crediamo di essere in grado nei prossimi giorni di fornire i dati oggetto di questa ricerca), per la ricerca applicata ai fini di un coordinamento della loro attività e per l'individuazione di quelle ricerche che rispondendo agli obiettivi della Regione in riferimento ai settori produttivi di prevalente rilevanza economica possono essere proposti dalla Regione stessa al competente Ministero per la stipulazione dei contratti previsti dall'art. 10 della legge 46.
Vogliamo partecipare a questi progetti non presentandone altri in contraddizione con quelli che sono in corso nei centri di ricerca piemontese, ma coordinando questa ricerca e finalizzandola in una direzione che elevi l'efficienza complessiva della ricerca scientifica applicata.
Pensiamo di sostenere con iniziative, non solo nostre, tutti gli sforzi che in qualsiasi modo vengono compiuti per aumentare la nostra capacità di esportazione. E' una delle altre grandi scelte, giacché l'ultima previsione degli industriali piemontesi segna un pericoloso elemento di caduta in questo campo.
Deve invece verificarsi esattamente l'opposto cioè la capacità di espandere ulteriormente il rilevante grado dì esportazione della nostra industria, malgrado la restrizione del mercato internazionale e l'accentuata competitività interna fra i vari sistemi.
Le iniziative della Regione in questo campo, anche attraverso l'utilizzo degli enti strumentali, sono tese a favorire campagne di penetrazione su specifici mercati, a sostenere finanziariamente il ricorso delle imprese ai servizi di società specializzate nell'export, ad assistere le imprese ad accedere alle agevolazioni previste dalle leggi nazionali (227/77, 394/81).
Alcune iniziative della Regione in questo campo hanno dato esito positivo.
In questa direzione la Regione vuole continuare facendo partecipare altre imprese oltre a quelle normalmente dedite all'esportazione e inserendo il complesso del nostro sistema produttivo nella ricerca possibile di nuovi mercati.
L'obiettivo che con il progetto aree industriali attrezzate si intende perseguire, è quello di delineare una politica concreta di stimolo e di indirizzo dei processi di localizzazione e rilocalizzazione industriale orientato ad un riequilibrio territoriale, nel quadro dello sviluppo, della razionalizzazione-qualificazione dell'apparato produttivo regionale.
L'attuale stato di crisi dell'apparato industriale può far ritenere secondaria la definizione di politiche e strumenti di politiche e strumenti di riequilibrio territoriale, la cui valenza, in termini di supporto allo sviluppo socio-economico, è in gran parte connesso con una ripresa della capacità di investimento delle imprese a sua volta collegata con un rilancio del sistema produttivo a livello regionale e nazionale.
Se questa osservazione è indubbiamente vera è altrettanto vero per che, proprio in una fase di crisi diventa necessario predisporre strumenti che permettano di valorizzare ed ampliare gli effetti in termini di sviluppo, di scelte di investimento da parte delle imprese.
In altri termini una adeguata ed organica infrastrutturazione del territorio può costituire una delle componenti per una qualità rinnovata dello sviluppo industriale. La Giunta regionale perfezionerà martedì prossimo la propria proposta da presentare al Consiglio regionale per l'aggiornamento del programma pluriennale degli interventi da realizzare ai sensi della legge regionale n. 9 del 1980 e per la formazione del programma di attuazione relativo al 1982.
Nelle proposte delle Regioni vi è una modifica della legge 9, secondo le indicazioni più volte segnalate dal mondo industriale e ancora ieri sera ripetute nell'incontro con l'ing. Frignani. Dovrà essere impegno della Giunta di reperire nell'ambito delle scarse disponibilità finanziarie per l'anno 1983, i fondi occorrenti perché il programma di aree approvato dal Consiglio regionale possa trovare pronta attuazione.
Dirò poche parole sull'azione della Regione nelle situazioni aziendali in crisi.
Vorrei che in questa sede non ritornasse la storia dell'assistenzialismo. L'assistenzialismo quale riferimento ha con l'azione svolta dalla Regione nei confronti delle aziende in crisi? Che lo si voglia o no, le aziende in crisi, i lavoratori ed i sindacati si rivolgono alla Regione. E questo fatto non è da considerarsi in modo negativo, ma segnala semmai l'inadeguatezza dei poteri concreti della Regione in questa materia.
Questa inadeguatezza si scontra contro la domanda crescente.
Abbiamo ottenuto nella nostra azione 61 accordi, e investimenti per 369 miliardi senza richiedere l'intervento della Gepi. Abbiamo fatto sì che gli elementi di crisi delle aziende a confronto della necessaria ristrutturazione ed a confronto della legittima azione di difesa dei livelli occupazionali condotta dai sindacati, trovasse degli sbocchi non assistenziali. In nessun caso, comunque, la Regione poteva dare un finanziamento a titolo di assistenza.
Ancora qualche parola sulla questione della Fiat, visto che è una questione di estrema attualità e lo sarà nei prossimi mesi.
Si deve ricordare che, per quanto riguarda la Fiat Auto, stabilimento di Mirafiori e Rivalta, sebbene il Cipi abbia approvato il relativo piano di ristrutturazione per un ammontare complessivo di 117 miliardi di mutuo diretto e 235 miliardi di finanziamento bancario, in effetti, poiché queste sono le attuali disponibilità finanziarie della legge 675, potranno essere soltanto erogati 40 miliardi di mutuo diretto, e 4,5 miliardi di finanziamento agevolato bancario.
In effetti il Governo sembra abbia intenzione di erogare altri finanziamenti, in parte entro l'anno. E noi siamo certamente perché sia sostenuto lo sforzo della Fiat per il successo del nuovo modello. Ma dobbiamo dirlo francamente, siamo anche perché gli accordi siano rispettati. Sia quelli con i Sindacati sia gli impegni assunti con la Regione, perché i finanziamenti devono servire per gli scopi che sono stati dichiarati e l'azione deve essere portata avanti anche nei confronti di quella parte dell'accordo che è stato stipulato con la Regione che prevedeva, da un lato il parere favorevole al piano della Fiat, e dall'altro il rientro in fabbrica di consistenti aliquote di lavoratori per fare fronte all'aumento di domanda occupazionale necessaria per attuare il modello T.1.
Noi siamo per l'applicazione di questa intesa che è stata formalizzata .in una deliberazione di Giunta.
Come i Consiglieri sanno, nella delibera con la quale la Regione Piemonte ha espresso parere favorevole al finanziamento richiesto dalla Fiat, c'era l'espressa dichiarazione dell'Azienda che l'incremento di occupazione necessario per attuare il nuovo modello Tipo 1 sarà attuato attraverso la mobilità interna e "in misura significativa" attraverso il rientro in azienda dei lavoratori in Cig straordinaria.
Noi richiediamo il rispetto di questo impegno.
Consideriamo positivamente che sia stato istituito, sia pure con un anno di ritardo, il Comitato per la componentistica. Adesso deve funzionare ricuperando il tempo perduto.
Un risultato positivo, rispondente alla linea di intervento proposta dalla Regione - è quello adottato dal Governo per il superamento, in modo coordinato, della crisi che ha investito le aziende Indesit - Voxon Emerson.
Come è noto l'Indesit ha annunciato recentemente l'uscita dall'amministrazione controllata. E' un risultato che consideriamo anche nostro.
Con riguardo alle problematiche relative ad alcune realtà industriali della nostra Regione, dobbiamo invece segnalare i gravi ritardi e le mancate risposte in merito al piano dell'informatica pubblica ed all'introduzione dei registratori di cassa come strumento di politica fiscale con ovvi riferimenti alla situazione Olivetti al nord ed al sud l'assoluta indeterminatezza della linea governativa sulla grave crisi della Ceat; la necessità di una profonda riflessione sul piano della siderurgia pubblica; la necessità di accelerare i tempi per la presentazione di un piano chimico nazionale in cui si definiscono non solo il ruolo dell'Eni della Montedison e dell'industria pubblica e privata, ma anche gli indirizzi produttivi e gli assetti gestionali della chimica italiana per un profondo risanamento e rilancio del settore.
Infine, le iniziative che la Regione intende fare sul mercato del lavoro, in gran parte i Consiglieri le conoscono perché tutti i materiali a questo proposito sono stati distribuiti.
Il mio intervento tende soltanto ad aggiornare la situazione rispetto a questo proposito.
1) AGENZIA DEL LAVORO La Regione Piemonte ha richiesto al Governo di intervenire perché, con particolare riferimento alla grave situazione dell'economia e dell'occupazione in Piemonte, si sperimenti l'Agenzia del lavoro. Perch ciò sia possibile sul piano istituzionale occorre: a) che con apposito intervento sia effettuato uno stralcio del titolo II del d.d.l. 1602 (ex 760) in discussione al Senato oppure l'approvazione definitiva della legge b) che su questa base normativa si realizzi una anticipazione della riforma in Piemonte, dando avvio all'agenzia del lavoro.
L'argomento è tecnico e specialistico, ma vorrei che i Consiglieri apprezzassero, nel caso in cui questa esperienza andasse in porto, che cosa produrrebbe in concreto.
Compiti dell'agenzia saranno quelli di studiare e realizzare progetti volti a rendere possibile l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro. In particolare si dovrebbero tentare interventi nuovi per favorire l'avviamento, in posti di lavoro adeguati, di fasce di disoccupati o inoccupati particolarmente difficili da collocare o ricollocare.
Non si intendono soltanto lavoratori di bassa qualifica, ma anche quelli di alta qualifica che non trovano il posto di lavoro. L'Assessore al lavoro e all'industria della Regione Lombardia ci ha detto che il problema è essenzialmente relativo ai lavoratori con alta qualifica.
2) OSSERVATORIO SUL MERCATO DEL LAVORO E' in discussione presso la I e la IV Commissione consiliare regionale un disegno di legge presentato dalla Giunta per l'istituzionalizzazione dell'Osservatorio sul mercato del lavoro che prevede una sua articolazione a livello territoriale, come strumento necessario per garantire un reale coordinamento delle diverse competenze della Regione in materia di politica del lavoro.
La presentazione del disegno di legge costituisce, tra l'altro l'attuazione dell'impegno sottoscritto dalla Giunta con le organizzazioni sindacali. Chiediamo che al più presto sia portato in aula per la sua approvazione.
3) COOPERAZIONE In attesa che, sulla base di quanto propose a febbraio il Ministro Marcora, il Governo presenti e il Parlamento approvi uno specifico disegno di legge, la Regione Piemonte ha preso l'iniziativa di elaborare una sua bozza di disegno di legge regionale. In questo modo intende dare attuazione agli impegni assunti con le organizzazioni sindacali, per garantire forme di sostegno alle cooperative formate, in modo particolare, da lavoratori in Cig e giovani disoccupati.
In sintesi si prevedono per iniziative in materia di competenza regionale: a) agevolazioni sul credito in modo da ridurre il costo del denaro b) finanziamenti a tasso agevolato per programmi di investimento c) creazione di strutture tecniche di sostegno.
Il progetto verrà presentato entro ottobre ed anche per questo disegno di legge chiediamo sin da ora se è lecito prendere a prestito frase di modo, una corsia preferenziale nei lavori delle Commissioni per giungere pronti alla sua approvazione.
4) PROGETTI PER L'UTILIZZO DI LAVORATORI IN CIG E DI DISOCCUPATI IN



LAVORI SOCIALMENTE UTILI

La Regione Piemonte ha presentato a giugno al Governo una proposta che prevede la costituzione di un corpo per il volontariato civile.
Poiché il Governo non ha ancora ufficialmente assunto in proprio la proposta della Regione Piemonte, nonostante la più volte dichiarata disponibilità e impegno del Ministro Zamberletti, nonché di altri tre Ministri, la Regione Piemonte non può procedere all'organizzazione tecnica del progetto.
Tuttavia si è impegnata con le organizzazioni sindacali, per realizzare, con le poche risorse finanziarie disponibili, un'esperienza significativa, come dimostrazione della propria volontà.
Si tratterebbe in altri termini di: raccogliere la disponibilità dei lavoratori realizzare un corso per la formazione di un gruppo di volontari civili in un'area da definire.
La Regione inoltre intende recepire i suggerimenti e le proposte che provengono dagli Enti locali o da altre organizzazioni, per promuoverne la generalizzazione su scala regionale.
In particolare guarda con interesse alle iniziative che il Comune di Torino ha recentemente pubblicizzato (utilizzo lavoratori in Cig e disoccupati per la revisione del catasto, per il censimento delle terre incolte, per il prolungamento dell'orario di apertura di biblioteche e musei).
Alcune di queste iniziative possono essere attuate in altri Comuni del Piemonte e rispondono all'esigenza di puntare da un lato tutti i nostri sforzi alla ripresa dell'economia e a creare posti di lavoro stabili e dall'altro di trovare delle forme intermedie che diano occupazione e impiego del tempo libero ai cassaintegrati.
Il problema del lavoro part-time l'avremo per molto tempo nella nostra Regione, in Italia e nel mondo giacché i processi di investimento produrranno nel breve periodo ulteriori aumenti dei tassi di disoccupazione.
Questa gente che non viene inserita nel processo produttivo o viene espulsa dal processo produttivo, costituirà un problema sociale e politico a cui bisogna dare una soluzione di fondo e una soluzione parziale.
Mi auguro che il dibattito di oggi non si esaurisca qui, ma si concluda con qualche punto di convergenza che dia conforto alla Giunta nel proseguire nella sua azione. Se i Capigruppo lo riterranno necessario si potrà fare una verifica delle linee che abbiamo esposto oggi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non vi tratterrò a lungo perché ritengo che si possano esprimere le proprie opinioni anche in tempo sufficientemente breve. E' doveroso ringraziare chi ha proposto questo dibattito anche se negli ultimi mesi abbiamo affrontato questo tema in più occasioni.
La situazione economica della nostra Regione, del nostro Paese, ma potremmo dire dell'insieme mondiale, è straordinariamente difficile. In molti paesi occidentali l'elemento determinante è la crescita zero.
Ne conosciamo i dati, quindi non credo di doverli ripetere. Nei Paesi del Terzo Mondo il livello di indebitamento ha raggiunto soglie tali da valicare ogni possibilità di ricostruzione finanziaria. I paesi del Terzo Mondo non pagano ed i Paesi creditori che devono avere i pagamenti rischiano di entrare in crisi compromettendo il loro sviluppo.
Il quadro dei regimi occidentali, cosiddetti liberi, non è difforme rispetto a quello dei regimi colletivistici dell'Est. La crisi è ancora più profonda. E' una crisi del sistema. Il modello è incapace di sviluppo autonomo anche solo se ci riferiamo alle sole risorse elementari, come il cereale e il grano, malgrado le loro superfici siano molto estese rispetto al numero degli abitanti.
L'Unione Sovietica per poter sopportare il peso interno e quello esterno dei Paesi che la riguardano importerà quest'anno 600 milioni di quintali di cereali, malgrado fosse stata nel passato il granaio dell'Europa.
I quasi 100 miliardi di dollari dei Paesi colletivisti e in primo luogo la Polonia e la Romania ormai largamente insolventi, testimoniano il fallimento dei sistemi non pluralistici. Questo è il punto nodale della discussione che oggi dobbiamo affrontare.
La ricerca della soluzione per la nostra crisi va fatta nel sistema delle cosiddette libere democrazie occidentali (diciamo "cosiddette" perch qualcuno le contesta mentre noi riteniamo che siano le vere democrazie).
Il nostro Paese ha una forte rigidità finanziaria e molti problemi fra i quali il principale è quello energetico. Il deficit energetico quest'anno si aggira attorno ai 15 mila miliardi e crea la rigidità finanziaria che si è tentato di superare con un mero monetarismo (la cosiddetta linea Andreatta): stringere la borsa, non dare più credito e risorse finanziarie non fare girare la manovella, stringere quello che i nostri nonni chiamavano "il giro dell'olio sull'insalata" (più il giro era stretto meno olio si consumava). Oggi viene condotta una politica meramente monetaristica che chiude ogni flusso attraverso il non giro della manovella e il non giro inflattivo, quindi la caduta dell'inflazione prima ai termini del 16% e poi del 13%. Tutto questo però non ha risolto i problemi.
La relazione del Prof. Forte, che ha avuto un correttivo da parte del segretario del partito, on. Craxi, può costituire la base sulla quale discutere. Nella relazione c'è il rifiuto dei metodi cosiddetti colletivistici.
La nostra è una società pluralistica, l'unica che sia in grado di produrre sviluppo. E' una società che oggi è a crescita zero, ma che domani sarà in grado di superare la crisi, quindi non catastrofismo, ma rigore risanamento e giustizia. Su questo possiamo aprire un terreno comune.
La relazione previsionale per il 1983 parla di interventi contestuali su più fronti. Non disegna soltanto il fronte della manovra monetaristica ma disegna alcuni interventi di ripresa che dobbiamo esaminare.
Dice la relazione previsionale che ci troviamo in presenza di rinnovate spinte inflazionistiche e di depressione economica. Mentre una volta si riteneva che la spinta inflazionistica fosse produttiva di uno sviluppo proprio perché il massiccio intervento del denaro provocava una ripresa produttiva, oggi registriamo invece che registra spinte deflazionistiche.
E potremmo riportarci agli studi della grande crisi del 1929 ma non è il caso di allargare il discorso. Con la crescita a zero andiamo verso i 3 milioni di disoccupati.
La relazione previsionale dà alcuni correttivi: uno sviluppo nel 1983 attorno all'1%, l'inflazione al 113%, una disoccupazione in salita. Occorre quindi superare quella fase che ha visto presenti negli ultimi 20/25 anni il dilemma sviluppo-inflazione.
Quali sono le proposte del Gruppo socialista? Il Gruppo parlamentare socialista vuole la sua autonomia, mi riferisco ai documenti del nostro Partito che vedremo come mediare.
L'opinione del nostro Partito è bando alla retorica delle lacrime, del sangue che è addirittura una fase perniciosa. In questo modo si ingenera solo sfiducia, malanimo e disorientamento.
Il nostro Segretario correggendo alcuni elementi della relazione dell'on. Forte, ha dato piena solidarietà all'azione del Governo Spadolini.
Quali sono le proposte che formuliamo? Riduzione della spesa pubblica recupero del gettito fiscale, riequilibrio del carico fiscale fra lavoratore dipendente e gli altri contribuenti.
La Direzione del nostro partito ritiene di sostenere anche il rilancio degli investimenti privati. Come si giunge a questo? Intanto con il ribasso dei tassi del credito con il sostegno dell'esportazione, con la politica attiva del lavoro, incentivazione tecnologica, formazione professionale profili professionali. In ultimo vi è un accenno alla mobilità del lavoro nella quale ci siamo misurati in altre occasioni anche scontrandoci. La rigidità del lavoro non può in modo assoluto favorire alcun miglioramento della situazione esistente.
Siamo in fase inflazionistica che impedisce qualsiasi investimento quindi dobbiamo valutare il costo del lavoro, rinegoziare la scala mobile per non percorrere la strade del 1982.
Una neutralizzazione dei loro effetti può essere ottenuta attraverso il contenimento delle altre spinte inflazionistiche, il deficit pubblico l'impossibilità di avere risorse per investire nell'economia. Occorre modificare i meccanismi automatici in un senso più rispondente alle esigenze economiche e generali del Paese. Questo mi pare che una parte del sindacato ha già responsabilmente assunto posizione in questo senso.
Bisogna pure tutelare la diversa professionalità dei lavoratori.
"E' sempre più apprezzabile - dice la relazione dell'on. Forte a nome del nostro Partito - quella parte del sindacato che si rende conto di questa vicenda e la sostiene". Quindi modificare gli automatismi salariali i costi e le strutture.
Fu un errore storico l'iniziativa della Confindustria che non ha voluto la trattativa su questo terreno ed ha scelto invece l'ipotesi della rottura. Ma bisognerà anche esaminare le politiche tariffarie protette.
Reviglio dava due dati e su questo dobbiamo misurarci perché non c'è più tempo di fare delle affermazioni e poi tenere dei comportamenti diversi. Le politiche tariffarie protette nel sistema pubblico italiano comportano 23 mila miliardi di esborsi da parte del bilancio pubblico.
Con l'evasione fiscale, anche solo dell'IVA (15 mila miliardi) si forma il deficit pubblico italiano.
Vogliamo fare della parole ancora o vogliamo cambiare questi sistemi? Cambiamo! Ma allora bisogna dire in Parlamento che le migliaia di persone che sono beneficiarie di tariffe senza averne il minimo diritto, non potranno più beneficiarne perché si deve cambiare, perché altrimenti il denaro per gli investimenti e per creare posti di lavoro non ce ne saranno più e il Paese si avvierà verso un'ipotesi terzomondista.
Che cosa può fare la comunità? Siamo qui a discutere del contributo che possiamo dare perché il Paese possa uscire dalla crisi. Occorre un raccordo generale con la comunità che in parte esiste ed in parte non esiste occorre allargare la sfera del raccordo generale con la comunità per far comprendere che soltanto attraverso determinate metodologie usciremo dalla crisi; diversamente continueremo questo discorso qui e in altre istituzioni ma dalla crisi non si uscirà. Raccordo generale con la comunità vuol dire compiere dei sacrifici: chi ha di più ne compierà di più, chi ha di meno ne compierà di meno.
Chiediamo che la nostra comunità dia un ulteriore contributo. Noi socialisti riteniamo che debba essere superata la fase conflittuale permanente tra imprenditore e lavoratore per favorire gli interessi più generali che la comunità ed il Paese hanno di fronte. Non riteniamo affatto esaustiva la continua conflittualità tra imprenditore e lavoratore, n siamo per il corporativismo, ma siamo perché si proceda su un terreno in cui gli interessi generali del Paese vengano ad essere assunti e difesi.
Anche la Regione deve fare la sua parte. Molte volte sono critico verso il Governo che a volte è inerte e non riesce ad esprimersi, che per finanziare un investimento industriale impiega anche sei mesi. Però la critica agli altri comporta anche una autocritica interna. La Regione Piemonte per varie ragioni tra intervento diretto e intervento mediato ha una somma di 500 miliardi di residui che non producono alcun elemento di aiuto e di superamento della crisi. Allora è giusto muovere la critica al Governo Spadolini per la lentezza con la quale si muove, per la pesantezza della sua azione, per non essere capace a dare una risposta immediata alla crisi, ma dobbiamo fare anche un'autocritica.
Il nostro Gruppo aderisce alla linea qui emersa rispetto alla competitività sul mercato, alla tecnologia, alla formazione professionale alla qualità e quantità del lavoro e alle aree industriali del Piemonte.
E vengo agli undici progetti.
La legge prevedeva che i progetti delle Regioni fossero indirizzati allo sviluppo dell'economia. Se volevano andare in quella direzione, quale occasione migliore potevano avere per andare verso l'area attrezzata del Cusio-Ossola-Verbano che soffre di una situazione estremamente complessa dal punto di vista occupazionale. Potevano andare verso l'area Monregalese il Cebano, Carrù, Dogliani, un'area che si è vista decapitata di 120/130 mila abitanti.
Invece, si sono scelte altre strade. L'area industriale di Mondovì nella passata amministrazione, dopo l'arrivo del metano, 20 industrie lì si sono collocate dando un valore sostitutivo a quell'economia.
Questi sono strumenti nostri regionali e non del Governo Spadolini sono strumenti che la Regione deve utilizzare immediatamente lasciando da parte altre suggestioni, anche se importanti e necessarie. In questi giorni abbiamo fatto un viaggio in Bulgaria per stabilire alcuni rapporti commerciali con i settori economici di quel Paese. Abbiamo rilevato dal punto di vista promozionale e dell'informazione l'assoluta assenza di autentiche iniziative raccordanti specialmente tra le piccole e medie industrie, le quali non sono in grado di crearsi un mercato, di conoscerlo di penetrarlo.
Da questa crisi non si esce senza il consenso di milioni di persone che nell'insieme sanno dove vogliono andare, hanno fiducia nelle istituzioni danno il loro consenso e la loro adesione.
Per ottenere questo consenso occorre il confronto con tutte le forze politiche, con ciò che rappresentano, con il patrimonio storico-culturale economico che hanno alle loro spalle. Il Gruppo socialista è disponibile per questa politica.



PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri una delegazione di lavoratori della Venchi Unica ha chiesto un incontro con i rappresentanti dei Gruppi politici e con la Giunta.
Prego i delegati dei Gruppi e della Giunta di riceverla nella sala dei Capigruppo.
Chiede la parola il Consigliere Cerchio. Ne ha facoltà.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Data l'importanza di questo dibattito e data la necessità al tempo stesso di incontrare la delegazione della Venchi Unica, propongo per correttezza di interrompere il dibattito, di incontrare i lavoratori della Venchi Unica e di proseguire il dibattito nel pomeriggio.



PRESIDENTE

Se non vi è opposizione a questa proposta sospendiamo la seduta.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,35)



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