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Dettaglio seduta n.146 del 15/07/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Punto primo dell'ordine del giorno: "Approvazione verbale precedente seduta".
Il processo verbale dell'adunanza consiliare antimeridiana del primo luglio 1982, distribuito ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna, se non vi sono osservazioni, si intende approvata.


Argomento: Viabilità

Interrogazione del Consigliere Valeri inerente le opere viarie coordinate con le Province


PRESIDENTE

In merito al punto secondo dell'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze", viene discussa l'interrogazione del Consigliere Valeri inerente le opere viarie coordinate con le Province.
Risponde l'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti e viabilità

La Regione ha avviato lo scorso anno e portato a compimento sul piano tecnico, ma tuttora in fase di consultazione: la definizione, d'intesa fra Province e Comprensori, della rete viaria d'interesse comprensoriale, tenuto conto del Piano regionale dei trasporti e della viabilità e dei piani socio economici e territoriali dei Comprensori, e dei livelli di priorità d'intervento la formazione del progetto di fattibilità della Pedemontana e la consultazione presso Province e Comprensori nonché la definizione delle priorità.
Su entrambi i lavori, che assumono carattere di proposta attuativa dei piani regionali e comprensoriali, le Province, la Regione e successivamente l'Anas (per i propri piani stralcio) sono invitati a realizzare i programmi finanziari annuali o pluriennali.
Si può osservare che il ponte in questione è stato approvato sul piano tecnico ed amministrativo e dunque finanziato da più di un anno, sono in avanzato corso le procedure di appalto con adeguamento degli strumenti finanziari agli aumenti dei prezzi intercorsi, e ciò da entrambe le amministrazioni interessate, le Province di Novara e Vercelli, che hanno dunque definito ed approvato i tracciati, le aree occupate da espropriare.
Forse era stata sospesa l'esecuzione in considerazione del fatto che il Magistrato del Po aveva chiesto l'allungamento delle campate dell'opera centrale ed inoltre perché le due Province hanno eseguito raccordi diversi da quelli prima appaltati. Questo ha rallentato l'esecuzione delle opere.
Sul piano funzionale l'opera costituisce un elemento importante per il collegamento della nuova viabilità Anas eseguita da Borgosesia a Varallo in raccordo con la futura Pedemontana verso Ghemme di cui pertanto non pu costituire alternativa, neppure rispetto ai tempi di attuazione in quanto della Pedemontana non esistono ancora, per quel tratto da Ghemme a Rolino i progetti esecutivi.
Infine per quando riguarda il coordinamento finanziario si pu senz'altro affermare che il lavoro svolto con Province e Comprensori è senza dubbio volto a tal fine, costituendo un documento tecnico programmatico e consensuale di rilevante interesse amministrativo e politico che tuttavia dovrà seguire progressivamente la sua attuazione negli anni, trovando sempre maggiore corrispondenza negli atti programmatici, amministrativi e finanziari degli Enti interessati.
Voglio anche aggiungere che nell'ultimo bilancio della Giunta regionale sono stati tolti i contributi di manutenzione ordinaria alle Province per trasformarli in investimenti. Ci auguriamo che, attraverso i fondi internazionali e con ulteriori disponibilità finanziarie delle Province, si possano assicurare nei prossimi due, tre anni, investimenti per 50 miliardi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere interrogante Valeri.



VALERI Gilberto

Con l'interrogazione intendevo sollecitare una valutazione di merito da parte dell'Assessorato, alla luce degli atti di programmazione in materia di viabilità predisposti in questi anni ed in questi ultimi mesi.
L'opera in questione va valutata in rapporto alle priorità del quadro di programmazione regionale e alle ristrettezze delle risorse.
Che il ponte (che ha un costo previsto di 10 miliardi circa), non sia alternativo alla Pedemontana, sono perfettamente convinto: ma proprio per questo chiedo se nell'ottica degli atti di programmazione compiuti dalla Regione assieme ai soggetti interessati, non sia necessario proporre alla Provincia di Vercelli una verifica delle priorità.
Quest'opera si trova a 6 - 7 chilometri di distanza dal futuro attraversamento del Sesia dell'asse pedemontano. Il fatto che di quest'opera non siano stati ancora predisposti i progetti, dovrebbe essere oggetto di discussione e di sollecitazione nei confronti dell'Amministrazione provinciale. Se l'asse pedemontano deve essere un momento di convergenza programmatica e progettuale da parte della Regione con gli Enti locali, allora occorre che gli atti dei vari soggetti siano coerenti col rispetto, in termini di impiego coordinato delle risorse delle priorità assieme definite. Non si tratta di imporre nulla agli Enti locali, ma, in un'ottica di programmazione partecipata e contrattata, le conclusioni a cui si perviene non devono essere vincolanti ed impegnative soltanto per la Regione Piemonte e per gli altri enti, restare un elemento accessorio e facoltativo, di volta in volta impugnabile, solo se ci sono da rivendicare contributi finanziari.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente il volo inaugurale Torino-Bruxelles


PRESIDENTE

Il Presidente Enrietti risponde all'interrogazione dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente il volo inaugurale Torino Bruxelles.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, è con molto piacere che rispondo all'interrogazione sull'attivazione del volo Torino-Bruxelles.
Prima di tutto mi preme dire che lo sforzo è stato grande per poter dotare Torino ed il Piemonte dei due collegamenti internazionali con Barcellona prima e con Bruxelles poi.
L'attivazione di questi collegamenti costituisce per la realtà piemontese un grosso risultato, soprattutto dal punto di vista economico commerciale nonché turistico, in quanto agevolerà e faciliterà l'inserimento della nostra Regione nel contesto europeo.
Se vogliamo, come tutti certamente fermamente vogliamo, il Piemonte abbracci sempre più la realtà europea erano indispensabili, a questo punto i due sbocchi verso il nord ed il sud d'Europa.
Entro comunque adesso, nel merito specifico dell'interrogazione relativa all'organizzazione del volo inaugurale del 31 marzo, Torino Bruxelles.
La Regione, in collaborazione con l'Alitalia, ha seguito direttamente l'organizzazione del volo inaugurale articolandola, come in occasione dell'inaugurazione del volo Torino- Barcellona, in due tempi.
Il volo del 31 marzo, a cui si fa riferimento nell'interrogazione costituiva una prima fase, molto formale, con la partecipazione di Consiglieri e Assessori regionali, oltre che del sottoscritto, di giornalisti italiani e di responsabili dell'Alitalia.
La seconda fase, in via di perfezionamento, consisterà in un coinvolgimento della stampa straniera, in un discorso di promozione turistica, a cura dell'Assessorato regionale competente.
La partecipazione del Consolato del Belgio, della Camera di Commercio ltalo-Belga, come pure dell'Associazione di amicizia italo-belga, è prevista per quest'ultima fase, sia per il carattere specifico che per il taglio particolarmente economico-commerciale-turistico che si è voluto dare a tale occasione.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il mio è un giudizio né di soddisfazione né di insoddisfazione. E' un giudizio che attiene a quelli che l'opposizione ritiene incidenti di percorso. La Giunta ha dato una giustificazione che ci auguriamo rimedi in prospettiva rispetto al segno non positivo lasciato con questa vicenda.
Il Presidente nella conclusione della sua risposta ha accennato al fatto che ci sarà occasione successiva in cui i rapporti con il Console e con le autorità interessate verranno recuperate. Ce lo auguriamo.


Argomento: Viabilità

Interrogazione del Consigliere Martinetti inerente la circonvallazione di Mondovì


PRESIDENTE

Interrogazione del Consigliere Martinetti inerente la circonvallazione di Mondovì.
Risponde l'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore alla viabilità.

Il progetto di massima della circonvallazione di Mondovì redatto dalla Soc. SPEA su incarico regionale nell'ambito della convenzione a suo tempo stabilito per la redazione del progetto di fattibilità dell'asse pedemontano e dell'asse Cuneo-Asti-Casale è stato ufficialmente trasmesso all'Anas (Compartimento di Torino) con lettera prot. n. 11276 del 30.9.1981 e per conoscenza alla Direzione Centrale e Centrale Tecnica dell'Anas stessa a Roma.
Nella lettera di accompagnamento si evidenziava come il progetto in questione costituisse uno dei tronchi prioritari dell'asse pedemontano anche secondo le indicazioni del Piano regionale dei trasporti. La Regione è stata recentemente invitata in via informale dall'Anas a fornire una prima proposta circa gli interventi prioritari nell'ambito regionale, per la formulazione del piano stralcio del piano decennale Anas, con lettera prot. n. 413 del 16.6.1982.
A tale operazione l'Assessorato si sta ora accingendo, sulla scorta delle preventive consultazioni avvenute con gli Enti locali attraverso le Commissioni miste Province, Regione e Comprensori a tale scopo appositamente costituite e sulla scorta dei documenti in tali sedi prodotti.
Le priorità dei tempi di attuazione degli interventi saranno determinati successivamente dagli Organi regionali competenti compatibilmente con le disponibilità finanziarie del piano stralcio succitato.
In sostanza, la circonvallazione di Mondovì rientra nelle priorità decise a suo tempo dall'Assessorato nel quadro degli interventi Anas, nella convinzione che nel 1982 dovesse partire il piano triennale Anas e si potesse disporre di circa 250 miliardi per investimenti.
La situazione finanziaria dello Stato lei lo conosce meglio di me pertanto è già avvenuto lo slittamento al 1983. Ieri la Commissione lavori pubblici ha dato il suo benestare alla legge sulla grande viabilità e nei primi giorni della settimana la legge dovrebbe essere approvata.
Nella legge sono previsti per i grossi collegamenti internazionali circa 800 miliardi (di cui 300 già assegnati) per cui ne rimangono per tutta l'Italia circa 500, quindi la quota che spetterebbe al Piemonte è alquanto limitata.
Vi è però la possibilità di attivare finanziamenti incrociati tra Regione e Anas. L'Assessore ha già predisposto il disegno di legge. Il Consiglio sarà chiamato a discutere sulla scelta degli interventi. L'art. 3 della legge prevede la predisposizione di un piano poliennale che riguarda le diverse Regioni, sentite le Regioni stesse.
Ritengo che questo sia il sostitutivo del piano triennale. Si dovranno programmare quegli interventi che sono stati indicati attraverso la consultazione delle Province e dei comprensori.
La circonvallazione di Mondovì, almeno per il primo lotto funzionale se verrà fatta la convenzione Anas-Regione, possa essere inserito nelle priorità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Ringrazio l'Assessore per le sue informazioni. La mia interrogazione aveva lo scopo di sentire confermare in questa sede consiliare le dichiarazioni che il Presidente della Giunta aveva fatto in occasione di una recente visita al Comprensorio di Mondovì. Devo dire che le informazioni dell'Assessorato competente sono molto meno ottimistiche di quelle del Presidente della Giunta.
Mi rendo conto che nella sede interessata si possa dare qualche speranza maggiore, purtroppo è stata dichiarata la speranza che il piano Anas potesse andare in funzione entro l'anno.
Sentiamo ora che vi è uno slittamento.
La Regione ha già provveduto alla redazione del progetto, ma sentiamo dire che gli organi competenti, la Commissione ed il Consiglio, dovranno valutare la priorità di questa opera insieme a tante altre priorità che esistono nell'ambito del Piemonte. E' una risposta un po' meno ottimistica probabilmente realistica, comunque ringrazio l'Assessore.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Vetrino inerente la mancata presentazione al Consiglio regionale del progetto di agenzia del lavoro


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Vetrino inerente la mancata presentazione al Consiglio regionale del progetto di agenzia del lavoro.
Risponde l'Assessore Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Assessore al lavoro

Ho letto ieri su "Stampa Sera" un titolo che mi ha provocato un po' di angoscia: "Rivolta del Consiglio". Ho pensato: "sta a vedere che ci sarà un'altra presa della Bastiglia e non ne informano la Giunta".
Ho telefonato in Consiglio regionale e non c'erano né morti né feriti c'era invece l'interrogazione del Consigliere Vetrino. Riconosco il diritto di un Consigliere di presentare un'interrogazione, come riconosco il diritto della Giunta di presentare all'attenzione del Consiglio i progetti che ritiene opportuni. Devo dire che tutte le questioni che il Consigliere Vetrino ha presentato come osservazioni critiche sono destituite di qualsiasi fondamento.
La prima questione è la domanda che la signora Vetrino rivolge al sottoscritto per sapere quali siano i motivi per i quali il progetto dell'agenzia del lavoro non sia stato ancora presentato al Consiglio regionale.
L'interrogazione del Consigliere Vetrino risulta consegnata alla Presidenza il 13 luglio 1982. Per quanto mi concerne, i materiali relativi all'Agenzia del lavoro e tutti i documenti allegati sono stati consegnati il 9 luglio alla Presidenza del Consiglio e cioè assolvendo con un giorno di anticipo l'impegno che mi ero assunto con il Consiglio regionale di consegnare al Consiglio e quindi, secondo la prassi, alla Presidenza del Consiglio, i materiali relativi.
In secondo luogo il Consigliere Vetrino non sa, ma non è colpa mia (dato che l'ignoranza è facoltativa ma l'istruzione, specie quando si parte all'attacco è obbligatoria) che dopo aver preannunciato in Consiglio regionale la data del 10 luglio come termine entro il quale avrei presentato il progetto, sono stato convocato dalla IV Commissione del Consiglio regionale, dove ho accuratamente informato sui tempi, sui contenuti, non solo dell'Agenzia del lavoro, ma su tutta una serie di altri problemi ad essa connessi, e cioè i documenti che sono stati consegnati e oggi sono nelle mani dei Consiglieri.
Ho anzi detto in quella sede che probabilmente ci sarebbe stato uno spostamento nella consegna materiale dei documenti dal 10 al 12. Abbiamo invece rispettato quel termine con un giorno d'anticipo.
L'Agenzia del lavoro è stata, nei suoi contenuti assai generali approvata dal Consiglio regionale approvando il documento della verifica.
E' stato poi annunciato l'impegno di presentare i contenuti specifici al Consiglio regionale; è stato presentato l'indirizzo generale di questa linea in una seduta regolare della Commissione ed è stata consegnata alla Presidenza del Consiglio, un giorno in anticipo rispetto al previsto.
I rilievi da questo punto di vista sono del tutto infondati e come tali li respingo.
Il fatto poi che un giornale abbia pubblicato il lunedì 12 luglio (tre giorni dopo che il documento era stato presentato alla Presidenza del Consiglio) una notiziola in cui si comunicava la presentazione del progetto per l'Agenzia del lavoro, è questione che riguarda i diritti di informazione dei giornali, l'eventuale solerzia del giornalista, ma che non ha alcuna attinenza alla regolarità di rapporti fra il Consiglio, la Giunta e gli Assessori. Il fatto poi che lunedì, tre giorni dopo che il documento era stato consegnato alla Presidenza del Consiglio, la Giunta abbia anche consegnato il documento ai sindacati, documenta soltanto della tempestività e della correttezza della Giunta nei confronti di una delle fondamentali parti sociali interessate.
Mi permetto di considerare che, rispetto alla questione centrale del coinvolgimento delle forze politiche attorno a questo problema, quando il Consigliere avrà il tempo di leggere i documenti che sono stati consegnati il 9, si accorgerà che non sono deliberazioni da prendersi in questo Consiglio, ma sono documenti di discussione che devono essere tradotti in altre sedi, per esempio, alla Commissione regionale per l'impiego e come tali sono dei documenti aperti a tutte le forze politiche del Consiglio regionale.
Ho voluto portare tutto il materiale in Consiglio regionale proprio perché le forze del Consiglio regionale possano dare un contributo, quindi ho agito esattamente nello spirito della richiesta che il Partito repubblicano aveva rivolto in quest'aula.
Quando la Giunta dimostra di rispettare gli impegni che assume nella forma e nella sostanza, comunque il primo impegno di attuazione concreta e a tempi rapidissimi di una parte della verifica su una materia complessa e delicata. Sono materiali che vengono offerti, l'opposizione, in questo caso il Consigliere Vetrino, trova su questo argomenti di polemica pretestuosi sterili e del tutto inconsistenti che permettono però ai giornali di fare i titoli.
Questo non esalta la centralità del Consiglio regionale, ma banalizza il confronto fra le forze politiche. Vorrei ricordare quello che ho letto sui giornali e l'avete letto anche voi.
Recentemente l'ex Ministro degli esteri inglese ha rivelato che aveva presentato al Governo di sua Maestà brittanica un progetto secondo il quale sarebbe stato possibile evitare la guerra delle Maldinas. Il Parlamento del Regno Unito parlerà di questo problema, dopo che la guerra è finita, dopo che sono morti centinaia di uomini e dopo che si sono spesi 5 mila miliardi di lire.
Questo succede nel paese che ha dato la Magna Charta e che viene ricordato tutti i momenti come punto di riferimento dei principi della democrazia occidentale. I principi della democrazia occidentale nello statuto nostro e nel regolamento nostro così imperfetti sono uno dei punti più alti di elaborazione del sistema di partecipazione e di democrazia che ci siano attualmente nel mondo. Se poi non li sappiamo usare è un'altra faccenda. Ma quello che abbiamo costruito nel nostro Paese, con quei principi e con quelle norme è qualche cosa che appartiene al patrimonio della cultura democratica di tutto il Paese. Se non vogliamo cadere sempre nel ridicolo, cerchiamo di portare il confronto sui contenuti; le forme hanno la loro portata, ma quando le forme vengono travolte ed i contenuti vengono offerti, la partita non è corretta in questo Consiglio regionale e mi permetto di dolermene alquanto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Questa è una data storica per il Consiglio regionale del Piemonte perché è la prima volta che un'interrogazione ha una risposta così rapida tanto è vero che, sempre nel rispetto della democrazia esistente in questo Consiglio, non ero stata informata che oggi si sarebbe data questa risposta e ora non ho nemmeno sottomano la documentazione che mi sarebbe necessaria per replicare.
L'Assessore Sanlorenzo ha risposto con un tono che non riterrei opportuno visto che i Consiglieri regionali hanno la possibilità di rivolgersi, con grazia, e di avere delle risposte se non aggrazziate certamente accettabili sotto il profilo della forma. Vorrei dire all'Assessore Sanlorenzo, che io lavoro per un tipo di società nel quale non soltanto i giornalisti, ma tutte le persone possono esprimere sempre ed in ogni momento quello che pensano, e quando è necessario, con la fantasia come avviene per i giornalisti, tenendo conto che i titoli vengono fatti non dai giornalisti ma dal capo redattore.
Detto questo, vorrei anche dire all'Assessore Sanlorenzo che purtroppo io non ho ricevuto né prima, né immediatamente dopo quei documenti che peraltro ho ricevuto viceversa il giorno 14 luglio alle ore 16,15 nel mio ufficio del Gruppo consiliare repubblicano, che peraltro non ho ancora potuto esaminare; sono sei volumetti ognuno dei quali risponde ad una serie di problemi che, secondo la mia parte politica, avrebbero bisogno anche di un approfondimento all'interno del Consiglio regionale. Come ho già avuto modo di dire, di questo argomento aveva accennato il documento della maggioranza. Va detto che i giornalisti ed i sindacati hanno ricevuto i sei volumetti prima dei Consiglieri regionali.



SANLORENZO Dino, Assessore al lavoro

La Presidenza del Consiglio li ha ricevuti il 9.



VETRINO Bianca

A me non interessa. Lei deve preoccuparsi di fare in modo che i Capigruppo ricevano prima di ogni altro il materiale.



SANLORENZO Dino, Assessore al lavoro

No. Lei non conosce il regolamento e lo Statuto della Regione Piemonte.



VETRINO Bianca

Io non contesto che lei abbia mandato questi documenti il 9 luglio però qui siamo in un regime nel quale qualcuno può dimenticarsene.



SANLORENZO Dino, Assessore al lavoro

Questo va detto a chi si dimentica, caso mai.



VETRINO Bianca

Io faccio politica. Dico che come Capogruppo di un partito di minoranza, che ha necessità più di altri di essere informato rispetto a questi temi. La Giunta deve tener conto di queste cose e fare in modo che i rapporti fra Giunta e Consiglio siano tali da consentire queste cose. Lei si doveva preoccupare che i Consiglieri regionali, i Capigruppo dei gruppi di maggioranza e di minoranza fossero informati per tempo su questo argomento che è estremamente importante, sul quale il Consiglio deve pronunciarsi.
Le assicuro che sarebbe stato più corretto e più rispettoso della centralità del Consiglio, che la Giunta nel suo documento ha detto di voler valorizzare e tenere presente, se l'Assessore Sanlorenzo avesse fatto pervenire più tempestivamente ai Consiglieri regionali questa cosa.
Non ho altro da aggiungere, vorrei dire a commento che questo non è un fatto isolato perché questa maggioranza governa attraverso le interviste.
E' un metodo che abbiamo più volte contestato e continueremo a contestare.
Contemporaneamente ho presentato un'altra interrogazione all'Assessore Salerno relativamente al progetto dell'Enea i cui documenti, al momento non sono a conoscenza di nessuno.
Questo metodo non lo vogliamo. Una maggioranza che si rispetti deve tenere sempre conto della centralità del Consiglio. Su questi argomenti ci stiamo confrontando ormai da mesi quasi da anni. Abbiamo chiesto un recupero del ruolo del Consiglio e delle situazioni regionali il che avviene anche nella misura in cui la maggioranza e la minoranza riescano a stabilire una dialettica corretta che, per quanto riguarda l'Agenzia del lavoro, non c'è stata o perlomeno non c'è stata nel modo giusto garantendo a tutti l'informazione necessaria.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Vedo con piacere che in tema di interrogazione si può rispondere nell' arco di poche ore.
Domando alla Presidenza del Consiglio regionale come mai ci siano delle interpellanze e delle interrogazioni del Gruppo della Democrazia Cristiana che attendono risposta da oltre sei mesi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il mio intervento probabilmente non attiene né all'una né all'altra fase. Per proprietà di documentazione, suggerisco che venga disposto lo stralcio degli atti di una espressione non felice detta dal Vice Presidente della Giunta regionale quando ha valutato un certo comportamento "ridicolo".
Pensiamo che sia un'espressione sfuggita alla volontà del Vice Presidente e siamo certi che egli intenda ritirarla e che quindi debba essere stralciata dagli atti. Qualora, invece, non fosse ritirata, dobbiamo esprimere il nostro rincrescimento, perché la considereremmo una valutazione sul modo di far politica del Consigliere Vetrino, la quale ha invece tutta la nostra considerazione.



PRESIDENTE

Sulla questione posta dal Consigliere Paganelli devo ricordare come nella sede della conferenza dei Capigruppo più volte sia stata affrontata la questione.
Devo fare anche notare che qualche volta la stessa Giunta aveva suggerito di dedicare una seduta intera alle interrogazioni ed alle interpellanze. Ci sono evidentemente anche delle questioni di merito che attengono strettamente al rapporto tra Giunta e Consiglio.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo dell'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente" rendo noto che hanno chiesto congedo i Consiglieri: Carazzoni Mignone, Picco e Revelli.


Argomento:

b) Presentazione progetto di legge


PRESIDENTE

E' stato presentato il seguente progetto di legge: N. 233: "Disposizioni finanziarie concernenti autorizzazioni di spesa per gli esercizi 1983 e 1984, nonché modifiche alla legge regionale 7 maggio 1981, n. 15 e devoluzione di quote di assegnazioni statali nell'area di intervento agricoltura", presentato dalla Giunta regionale in data 8 luglio 1982.


Argomento:

c) Presentazione proposta di regolamento


PRESIDENTE

La Giunta regionale in data 8 luglio 1982 ha presentato la proposta di regolamento sulla: "Disciplina del servizio di Cassa economale"


Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 1 e 7 luglio 1982 in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6/11/78 n. 65, sono depositate a disposizione presso l'Ufficio Aula.
Comunico inoltre che una delegazione di lavoratori della Ceat ha chiesto un incontro con i Capigruppo. Credo che nel corso della seduta i Capigruppo o i Consiglieri delegati possano incontrare la stessa, data la particolare urgenza del problema.


Argomento: Rapporti con altre Regioni - Rapporti Regioni - Governo - Sanita': argomenti non sopra specificati

Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale


PRESIDENTE

La parola al Presidente Enrietti per comunicazioni.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

La mia breve comunicazione riguarda l'incontro avuto nei giorni passati tra la Giunta regionale del Piemonte e la Giunta regionale della Liguria.
La crisi che attraversa il paese e in particolare il triangolo industriale è già stata esaminata in questo Consiglio e deve essere oggetto di iniziative e di proposte da parte delle Regioni in concomitanza con le iniziative del Governo, perché il triangolo industriale possa avere spazio per costruire un disegno strategico di rilancio della sua economia. Occorre studiare strategie e forme di collaborazione nuove.
E' stato redatto un documento di cui sottolineo alcuni punti significativi.
Le Giunte del Piemonte e della Liguria, concordando sul disegno strategico che riconosce essenziale una politica rivolta all'Europa comunitaria e per lo sviluppo del Mezzogiorno, ritengono essenziale e determinante la partecipazione a questo disegno della Regione Lombardia. A tale scopo propongono un incontro triangolare per approfondire i meccanismi e le forme di collaborazione e danno il mandato ai due Presidenti.
A conclusione dell'incontro, sono stati formati una Commissione generale di coordinamento, che si occuperà dell'armonizzazione dei programmi istituzionali, e tre gruppi di lavoro aventi per oggetto problemi concernenti il territorio e l'ambiente, lo sviluppo delle attività economiche, la promozione e l'integrazione delle attività in campo culturale e sociale.
Domani mattina avrò un incontro con il Presidente della Lombardia Guzzetti e con il Presidente della Liguria, Teardo. Pure domani mattina ci sarà un incontro tra i Presidenti delle Regioni e il Presidente del Consiglio Spadolini per definire tempi e modi di organizzare e di coinvolgere i Consigli regionali e gli enti locali e per promuovere una iniziativa che coinvolga gli interessi dell'Europa e la politica per il Mezzogiorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Nella riunione dei Capigruppo è stato concordato di dare alla comunicazione del Presidente della Giunta il valore di fatto storico in riferimento all'avvenuta riunione, che apre problemi enormi.
Infatti, i problemi nazionali sono stati collocati nei problemi europei, nel momento in cui le Regioni devono fare molta attenzione a iniziative autonome di singoli grandi Comuni delle Regioni stesse.
Abbiamo convenuto di non intervenire nel merito oggi, in quanto il dibattito si terrà nella seduta del 26 prossimo. Mi premeva per sottolineare questo fatto perché, almeno per quanto riguarda il nostro Gruppo, il silenzio sarebbe apparso alquanto strano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Ci pare che il Presidente della Giunta Enrietti abbia posto in modo estremamente corretto la questione. Mentre i gruppi laici avevano manifestato con un comunicato perplessità sui modi e sui comportamenti di chi ha organizzato il progetto Mito al convegno di Stresa, oggi riteniamo invece, che, così come è stato impostato, l'incontro tra le Regioni Piemonte, Lombardia e Liguria possa dare un contributo a livello nazionale superando il gigantismo dei mostri urbani quali diventerebbero le città di Torino e di Milano che sorpasserebbero ogni politica di programmazione ed ogni intento di riequilibrio territoriale e vanificherebbero la politica che si è affermata in questi ultimi anni, venendo meno alla parola data alle popolazioni sul riassetto del territorio.
Il Gruppo socialista, in questo senso, darà tutto il suo appoggio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Anche il Gruppo liberale esprime apprezzamento per l'iniziativa della Giunta che riporta ad un quadro di governabilità ed anche di razionalità i rapporti non già tra le grandi aree urbane del "Gemito" ma delle grandi aree territoriali che interessano le tre Regioni nord occidentali. Mi rifaccio a quanto ha dichiarato il Capogruppo democristiano in ordine al fatto che i Gruppi di minoranza riservano ogni considerazione di merito al dibattito che si affronterà a giorni. Devo esprimere al Presidente Enrietti, anche a titolo personale, la mia considerazione per la tempestività dell'iniziativa che ha fatto da contraltare a quella presa dai Gruppi laici. Il nostro Presidente ha dimostrato misura, senso del governo e senso delle istituzioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Intervengo molto brevemente per esprimere parere favorevole sull'iniziativa assunta dalla Giunta e sul taglio dato. Le dichiarazioni di merito verranno rese il 26 luglio. Mi premeva di dare il significato del mio Gruppo in riferimento alle dichiarazioni fornite dal Presidente della Giunta e di ricordare come le iniziative su questo terreno da parte delle amministrazioni comunali delle grandi aree urbane possano avere una collocazione del tutto legittima entro la politica regionale, ma a condizione che la politica regionale abbia il suo ruolo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Sanlorenzo per una comunicazione.



SANLORENZO Dino, Assessore all'industria e al lavoro

Desidero comunicare al Consiglio regionale l'esito positivo raggiunto in ordine all'accordo della Iveco. Non entro nel merito delle caratteristiche dell'accordo, perché ho preparato una nota che faccio pervenire ai Consiglieri.
Desidero invece avvertire i Consiglieri regionali che sulle altre questioni estremamente delicate della Nebiolo e della Graziano le prossime giornate saranno decisive.



PRESIDENTE

Ha ancora la parola l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Il documento sulla spesa sanitaria onde facilitare ai Consiglieri l'acquisizione di elementi di ordine generale, sarà consegnato nella mattinata. Alla relazione sono allegate una ventina di tabelle che faciliteranno la conoscenza della dimensione del problema.
Il capitolo del fondo sanitario nazionale è stato avviato nel corso del 1979 sulla base dei dati della spesa storica del 1977. Su quella base furono distribuite alle Unità Sanitarie Locali le risorse nel 1979, nel 1980 e nel 1981.
La rilevazione effettuata nel 1977 si è rivelata importante sia per i suoi aspetti positivi e sia per gli aspetti negativi. Le spese effettivamente sostenute o le spese impegnate hanno prodotto delle conseguenze non marginali, sulle quali dobbiamo richiamare la nostra attenzione in relazione al fatto che la Regione Piemonte fruisce di una disponibilità del Fondo Sanitario Nazionale nettamente inferiore in proporzione al numero della popolazione.
Nel Fondo sanitario nazionale sono confluite spese degli Enti locali profondamente diverse in quantità e in qualità, in particolare nella nostra Regione l'impegno degli Enti locali non ha avuto quella rilevanza di risorse che hanno avuto altre Regioni, quali il Veneto, l'Emilia-Romagna e la Toscana. E' anche profonda la differenza delle strutture sul territorio: i postiletto per esempio, nella nostra Regione sono in rapporto sette per mille e nelle altre Regioni è 13-14 per mille.
Questo squilibrio, che riflette la storia del servizio sanitario, degli ospedali e degli Enti locali lascia una profonda traccia. Cosa si può dire del fondo del 1981? L'importo attribuito alla sanità è stato inserito nella bozza di piano sanitario nazionale proposta al Parlamento nel triennio 1981/1983. In quella documentazione è previsto un fabbisogno pari a 21.445 miliardi. Le Regioni già nel 1980 avevano evidenziato l'inadeguatezza di quella previsione ed avevano sottolineato la necessità di almeno 23.000 miliardi per il fondo sanitario medesimo.
Non erano state previste delle spese automatiche derivanti da decisioni a livello nazionale, quali il rinnovo delle convenzioni con i medici generici e specialisti ambulatoriali, che non potevano e non dovevano essere ignorati.
In pratica, quindi, il fondo del 1981 era sottostimato all'inizio e le valutazioni a cui sono pervenute oggi congiuntamente le Regioni, il Ministero della sanità, la Direzione generale della programmazione, su un fabbisogno valutato attorno ai 23.200 miliardi, è confermato dai rendiconti finali del 1981, presentati peraltro dalle Regioni.
Su questo meccanismo, si inserirono le decisioni del Consiglio dei Ministri del luglio 1981 che hanno prodotto una decurtazione che si è tradotta per la Regione Piemonte in 89 miliardi.
Oggi a consuntivo del 1981, ci troviamo a registrare una necessità di risorse pari a 90 miliardi per chiudere i conti relativi all'anno 1981 (qualche centinaio di milioni in più degli 89 miliardi).
In sostanza la nostra Regione con il controllo della spesa è stata all'interno della previsione iniziale di 21.550 miliardi. Ciò ha fatto sì che nella ripartizione delle somme successive fino a 23.000 miliardi abbiamo avuto una partecipazione inferiore.
Si pongono problemi non formali, sulle conseguenze che derivano per quelle istituzioni che presentano i conti nei termini e per le altre istituzioni che presentando i conti in tempi successivi, come conseguenza di un insufficiente controllo della spesa.
Faccio alcune considerazioni sull'evoluzione della spesa, per introdurre qualche elemento di chiarezza. Nel periodo 1977/1981 le spese complessive sanitarie sono aumentate del 107%; nello stesso periodo, il prodotto interno lordo è aumentato del 110%, quindi le spese sanitarie sono cresciute di meno rispetto al prodotto interno lordo. Vorrei trarre una conclusione in relazione a queste sommarie considerazioni. Possiamo affermare che anche considerando il Fondo nel suo ammontare complessivo includendo cioè la parte in conto capitale, l'istituzione del Fondo sanitario nazionale non ha coinciso, almeno per quanto riguarda l'erogazione a livello centrale, con un'espansione della quota di risorse da destinare alla tutela della salute.
Il finanziamento alla Regione, pare avere tenuto quasi unicamente conto della valutazione di aumento dei costi dei servizi esistenti, nulla concedendo ad un reale aumento dei servizi stessi e all'avvio di un processo di riequilibrio dei rapporti tra le Regioni.
L'azione delle Regioni si è quindi espletata in questi anni, in presenza di una situazione nella quale le risorse a disposizione sembrano diminuire nei valori relativi.
Per quanto riguarda la spesa del 1981 del Piemonte, i valori segnalati ricavati dall'ultimo rendiconto trimestrale del 1981, ammontano a 1.623 miliardi di lire. Se si considera che i dati desunti dai rendiconti trimestralisono tradizionalmente sovrastimati (è comprensibile per la difficoltà a far coincidere i capitoli di bilancio con le spese effettive) emerge per la nostra Regione una situazione, per la chiusura dei conti del 1981, di relativa tranquillità. Se si esaminano però gli stessi dati rapportandoli al quadro nazionale, emergono alcuni problemi.
Tra gli obiettivi fondamentali del piano sanitario nazionale, è presente in primo luogo la necessità di un riequilibrio della spesa sanitaria in rapporto sulla base della popolazione. Ciò emerge vistosamente (richiamo al riguardo i materiali allegati) da questi dati.
La media 1981 di spesa pro-capite del fondo sanitario per abitante è di 403.000 lire. In Piemonte la spesa è stata di 359.000 lire. I parametri massimi sono stati di 311.000 lire per abitante nel Molise, 491.000 lire per abitante nel Friuli-Venezia Giulia. C'è una differenza di quasi 200.000 lire tra la cifra minima del Molise e la cifra massima del Friuli.
Voglio richiamare alla vostra attenzione le cifre delle grandi Regioni: lire 435.000 per il Veneto; lire 442.000 per l'Emilia Romagna; lire 445.000 per la Toscana; lire 470.000 per il Lazio; lire 388.000 per la Lombardia.
La maggior parte delle Regioni del Mezzogiorno hanno cifre superiori rispetto a quella della Regione Piemonte: per la Campania lire 378.000; per la Puglia lire 374.000; per la Sardegna lire 384.000. Le 355.000 lire della Calabria e le 345.000 lire della Sicilia sono poco al di sotto della spesa pro-capite per abitante della nostra Regione.
Da questi dati emerge che la percentuale della popolazione esistente ai fini di una distribuzione delle risorse, in ragione del numero della popolazione, dovrebbe prevedere una nostra partecipazione (dati del censimento del 1981) del 7,96% del Fondo sanitario nazionale, La percentuale della spesa prevista nel piano era invece, del 7,032%; la percentuale a rendiconti trimestrali del 1981 è scesa del 7,037% ; la distribuzione delle risorse integrative del 1981 è scesa al 6,1 2 %. Se ne deduce una evidente penalizzazione della Regione Piemonte nell'assegnazione delle risorse effettuate dal Ministero della sanità, anche nei confronti di altre Regioni ed in particolare di quelle che hanno assunto con maggiore determinatezza il contenimento e il controllo della spesa sanitaria.
In effetti, ogni tentativo di contenimento della spesa sanitaria, in presenza di atteggiamenti volti al ripiano, a piè di lista, produce di conseguenza degli ulteriori aggravamenti degli squilibri da cui si è partiti, che vanno nella direzione opposta a quella voluta dalla legge 833 e richiesta dalla proposta di piano sanitario nazionale e sempre auspicata da tutte quante le forze politiche.
Che cosa possiamo dire per il 1982? Considerata la situazione del 1981 le Regioni hanno richiesto al Ministero della sanità, la predisposizione per il 1982 di nuovi criteri di riparto, criteri anche non definitivi, ma che tengono conto sia dell'esigenza di avvicinarsi alla quota pro-capite sia della concreta situazione esistente nelle varie regioni che non possono permettere l'arretramento della erogazione dell'assistenza.
L'ipotesi di ripartizione che viene presentata dalla Direzione centrale della programmazione del Ministero della sanità, propone l'introduzione di parametri del tutto nuovi, che introducano l'utilizzo del criterio del numero della popolazione in certe voci, perché questo è l'unico modo per procedere ad un riequilibrio delle risorse. Il meccanismo che viene proposto è quello di : detrarre l'importo relativo dalla somma generale dei 27.200 miliardi che è considerato il fabbisogno per il 1982, riconosciuto dal Ministero e dal Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Spadolini, una somma dalla quale viene detratto l'importo relativo alla medicina generale e alle prestazioni integrative da ripartire, secondo la popolazione detrarre un importo di 456 miliardi per esigenze particolari, gestite a livello nazionale, con criteri finalizzati dalla somma rimanente detrarre una quota da stabilirsi (il 10%, il 15% o il 20%) per ripartirla secondo la popolazione il residuo importo ripartito in proporzione alla spesa globale del 1981.
Queste indicazioni di massima tengono conto di alcune raccomandazioni che il Consiglio sanitario nazionale ha fatto al Ministero della sanità affinché la ripartizione del Fondo nell'anno 1982 accentui e recuperi il processo di riequilibrio tra le Regioni nella ripartizione delle risorse non pregiudichi la situazione di sufficienza assistenziale in atto nella generalità delle Regioni e rispetti possibilmente criteri ancorati a standards di servizio e a linee di programma, quali quelle che sono già emerse nella stesura definitiva approvata dalla Commissione Sanità del Senato e che mi auguro nel prossimo autunno vada all'esame in aula.
Si deve però evidenziare che, nello stesso momento in cui si riconosce il fabbisogno del 1982, in 27.200 miliardi a bilancio dello Stato è iscritta solo la somma di 23.120 miliardi di lire, un divario di circa 4.000 miliardi riconosciuto, ma non presente nelle risorse disponibili.
Esiste il problema del reperimento di queste risorse entro la fine dell'anno perché se la sua incidenza non ha creato problemi nel 1981 per la nostra Regione, ne creerà sicuramente per l'82.
Ove fosse riconosciuta e quindi finanziata la somma prevista di 27.200 miliardi a livello nazionale, per la Regione Piemonte vi sarebbe un incremento di assegnazioni di 256 miliardi, passando dallo stanziamento di 1.674 miliardi a 1.930 miliardi. Questo incremento è pari al 15,3 inferiore al massimo dì incremento del 16 % previsto dal Governo.
Sono sufficienti questi stanziamenti per il 1982? Le valutazioni che possiamo fare sono le seguenti. Le Unità Sanitarie Locali hanno consegnato il loro rendiconto del primo trimestre 1982 con una spesa globale di 453 miliardi. Se rapportiamo tale somma ai quattro trimestri, giungiamo a 1.812 miliardi rispetto ai 1.930 miliardi che spetterebbero alla Regione Piemonte sulla base di questi meccanismi.
Va detto però, che il primo trimestre è sempre sottostimato, in quanto non compaiono alcune voci importanti ed onerose quali la tredicesima mensilità che si scaricano solo sulla quarta trimestralità. Possiamo tuttavia proporci di riuscire a chiudere i bilanci in pareggio se la somma di 1.930 miliardi sarà riconosciuta.
Evidentemente, se la somma a disposizione della Regione sarà inferiore insorgeranno serie difficoltà. Resta aperto, comunque, il problema della copertura dei 4.000 miliardi circa, quale differenza tra le somme iscritte al bilancio dello Stato (23.120 miliardi) e la cifra necessaria per chiudere i conti del 1982.
Anno 1983. La spesa sanitaria per il 1982 conferma l'andamento già segnalato dalle Regioni e dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni del maggio scorso.
Gli scostamenti più significativi rispetto all'anno 1981 riguardano i grossi aggregati di spesa, come la medicina generica e pediatrica, la specialistica convenzionata ed infine per lo scattare degli automatismi contrattuali del personale, scatti, classi, contingenza. In sostanza, per quelle spese che dipendono da disposizioni esterne alla volontà degli organi regionali e delle Unità Sanitarie Locali, come lo stesso Ministro della sanità ha avuto più volte occasione di rilevare.
Esiste, quindi, l'esigenza primaria per tutti i livelli di governo di conoscere prima dell'inizio dell'esercizio 1983 l'entità del Fondo sanitario nazionale, per superare definitivamente la pratica della chiusura dei conti a piè di lista ed impostare i bilanci in termini preventivi. E se risparmi si debbono fare, saranno e dovranno essere impostati a preventivi perché a piè di lista e a consuntivo non si può assolutamente risparmiare.
La richiesta precisa è quella dell'individuazione nell'ambito della legge finanziaria, del 1983, del fabbisogno di spesa per consentire la ripartizione delle risorse alle regioni, non sulla base di riparti transitori, come quelli che riteniamo possibile fare per il 1982, ma sulla base di riparti nuovi, finalizzati basati sulla spesa pro-capite con il correttivo della mobilità sanitaria tra le regioni.
Tutto questo deve avvenire entro il 1984.
Sono convinto che solo a queste condizioni sarà possibile uscire dalle polemiche contingenti.
E' inutile ricordare il nostro piano regionale, l'impegno e il lavoro delle Unità Sanitarie Locali a presentare i propri piani di attuazione e di spesa per il 1982/1984 entro il mese di settembre, ciò permetterà di tentare di gestire questo capitolo difficile.
Dirò qualche parola in materia di investimenti e di stanziamenti in conto capitale.
Gli stanziamenti ottenuti non hanno rispettato le previsioni dell'ipotesi del piano sanitario nazionale e ciò ha riflessi negativi nella concreta erogazione dei servizi, perché solo tramite una politica di investimenti in capitali è possibile pensare alla riorganizzazione della spesa corrente. In effetti, gli stanziamenti per investimenti in capitali ammonteranno a 34 miliardi per il 1982 (di meno dei 36 miliardi che abbiamo avuto a disposizione per il 1981).
La manovra messa in atto dal Governo per il mantenimento della spesa del 1981 e il fatto che tali misure sono intervenute nel corso dell'anno di gestione, ha avuto conseguenze razionali nella spesa sanitaria complessiva aggravando i problemi della spesa stessa nel medio periodo ed accentuando gli squilibri tra regione e regione.
In questa fase il Piemonte è stato punito sotto vari aspetti: perché si è accentuato lo squilibrio tra la nostra ed altre Regioni perché la prima integrazione della spesa 1981 avvenuta sulla base di rendiconti tra le Regioni è stata effettuata modificando i fondi iniziali previsti da quella del Piano sanitario nazionale gli stanziamenti per gli investimenti largamente al di sotto di ogni previsione non possono non produrre inevitabili conseguenze nella erogazione dei servizi.
Ne consegue la necessità della definizione delle risorse del mese di settembre per il 1983, riflettendo, sul ritardo dell'adempimento di quell'articolo della legge 833 che prevede il finanziamento del Servizio sanitario nazionale a totale carico della popolazione, però in proporzione al reddito, con l'utilizzo dei sistemi ordinari di prelievo fiscale. Questa pare la strada maestra per uscire da un'impostazione assistenziale nei confronti delle erogazioni sanitarie. A maggior ragione quando già ora è dimostrato che oltre l'80% del finanziamento della stessa avviene con le detrazioni sulle buste paga di tutti i lavoratori, in particolare, di quelli a rapporto dipendente. Il concreto avvio dell'indicazione di finanziamento previsto nella legge 833 del fondo sanitario nazionale potrebbe riportare la gestione dell'attività sanitaria in termini ordinari rinunciando a rilanci di esperimenti quali i tickets nella diagnostica che hanno prodotto oggetti di burocratizzazione, la distrazione di personale sanitario verso funzioni amministrative creando serio malcontento nella popolazione.



PRESIDENTE

Data la natura e l'ampiezza della comunicazione dell'Assessore Bajardi il Consiglio dovrà assumere una posizione ed affrontare un dibattito.
D'altra parte, per l'economia dei lavori della seduta odierna, un dibattito di questo genere sposterebbe il peso dei lavori e sacrificherebbe gli altri punti all'ordine del giorno. Se i colleghi Consiglieri sono d'accordo, si potrebbe ora intervenire per eventuali richieste di chiarimento e individuare il momento in cui collocare un dibattito di questa portata.
La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

I dati che ha fornito l'Assessore Bajardi li avevamo già in parte letti sulla stampa dato che ormai appartiene al rito il fatto che il Consiglio regionale venga informato dai quotidiani o da altri canali di comunicazione. E' un aspetto apprezzabile, quanto meno per la vivacità di chi riesce a cogliere le comunicazioni anzi tempo. Potremmo magari ricorrere a valutazioni di altro genere ma non è il caso di farlo questa mattina e soprattutto non è il caso di sottrarre tempo ai lavori del Consiglio.
Dopo la prima meditazione fatta leggendo i giornali di ieri, vorremmo riservarci di farne un'altra se l'Assessore e l'Ufficio di Presidenza molto cortesemente, volessero raccogliere il testo stenografico, anche non corretto e trasmetterlo ai diversi Gruppi consiliari.
Propongo di fissare questo argomento per una prossima seduta del Consiglio regionale. Noi vorremmo confrontare questo complesso argomento che investe l'opinione pubblica e la finanza del Paese e lo vorremmo raccordare alla situazione esistente entro il territorio regionale.
Rileviamo che la distribuzione dei posti- letto che stabilisce un rapporto di confronto tra il Piemonte, il Veneto e altre regioni sia rilevabile anche all'interno delle UU.SS.LL. della Regione Piemonte; che la distribuzione dei quattrini, ingiustamente calata con un raccordo alla spesa storica può essere ugualmente ribaltata come compensazione non intervenente all'interno delle UU.SS.LL. Abbiamo a suo tempo raccolto dei dati su questo argomento e li vorremo approfondire in questa sede. Aderiamo alla proposta di fissare un dibattito compatibilmente con i tempi tecnici dei lavori del Consiglio, chiediamo che la relazione dell'Assessore venga distribuita, suggeriamo la stesura di un ordine del giorno che evidenzi le difficoltà del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Concordo con la proposta fatta poc'anzi dal Presidente della V Commissione anche perché la relazione dell'Assessore Bajardi è di un certo spessore e comporta una serie di valutazioni che i Gruppi consiliari ed il Consiglio devono avere modo di approfondire.
Credo si possa programmare questo dibattito prima della fine del mese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Sono d'accordo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Convengo con il Consigliere Beltrami sull'opportunità di dedicare al dibattito una apposita seduta e concordo sul fatto che questa sia un'occasione di confronto stretto e robusto, che forse non ci porterà a posizioni di consenso, ma ci permetterà di assumere adeguate misure nei comportamenti nostri e nei comportamenti rispetto al Governo centrale.



PRESIDENTE

Possiamo considerare chiusa la discussione. Nella conferenza dei Capigruppo si valuterà, sulla base dei suggerimenti venuti, l'opportunità di collocare un dibattito su questa materia entro il mese di luglio.


Argomento: Università

Dibattito sui problemi delle sedi universitarie in Piemonte


PRESIDENTE

Passiamo al punto quarto all'ordine del giorno: "Dibattito sui problemi delle sedi universitarie in Piemonte". Al riguardo sono stati presentati i seguenti ordini del giorno: 1) n. 158 presentato dai Consiglieri Revelli, Avondo, Bruciamacchie Guasso, Ariotti e Valeri 2) n. 162 presentato dal Consigliere Vetrino 3) n. 167 presentato dai Consiglieri Paganelli, Brizio, Villa e Bergoglio.
La parola al Presidente della Giunta regionale.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Nell'introdurre il dibattito sulle localizzazioni delle sedi universitarie vorrei fare una breve premessa d'ordine politico generale.
La Giunta non si è presentata e non si presenta con un documento su questo argomento, lasciando alla capacità di sintesi del Consiglio regionale di arrivare ad un documento che si augura sia unitario.
In questo momento il Piemonte, attraverso i suoi parlamentari, si trova a combattere una difficile battaglia nella sede della Commissione istruzione della Camera, quindi occorre dare loro un sostegno unitario perché questa battaglia dia un risultato positivo nei confronti del Paese.
E' fuor di dubbio che occorre recuperare quanto il Consiglio regionale ha già fatto negli anni passati, dato che il discorso sulle sedi universitarie non è un discorso nuovo.
Dietro suggerimento di alcuni Consiglieri regionali, la Giunta ha avuto incontri con il Ministro Bodrato, con i parlamentari piemontesi facenti parte della Commissione istruzione della Camera e con i sindaci delle città capoluogo e i Presidenti delle Province del Piemonte.
I parlamentari piemontesi hanno consegnato un documento (che credo sia a conoscenza del Consiglio) che è incentrato sull'emendamento che gli stessi parlamentari intendono proporre che prevede l'istituzione di una seconda Università degli Studi in Piemonte con sede legale in Vercelli e con insediamenti a Novara ed Alessandria.
Su questo emendamento si è tenuta la seconda riunione, presenti i parlamenti ed il sottosegretario Costa. L'orientamento complessivo è favorevole sulla proposta di richiesta della seconda Università in Piemonte, ma si vorrebbe una soluzione più articolata dei vari insediamenti. Mi spiego.
La seconda Università del Piemonte dovrebbe avere un'articolazione nella parte occidentale ed una nella parte orientale del Piemonte: la parte orientale con sede a Vercelli e con insediamenti a Novara ed Alessandria la parte occidentale con sedi a Torino e con eventuali insediamenti a Cuneo.
In generale si è riscontrata la disponibilità ad esaminare in fasi successive la proposta.
Nel confronto con i parlamentari, con i sindaci e con i Presidenti delle Province si è riscontrato però un atteggiamento diverso per quanto riguarda gli insediamenti, siano essi a Novara, ad Alessandria, a Vercelli o a Cuneo.
La proposta dei deputati piemontesi prevede una Facoltà di medicina e di chirurgia con sede a Vercelli, una Facoltà di ingegneria civile, chimica ed elettronica a Novara, una Facoltà di economia e commercio a Novara, una Facoltà di scienze e matematica, chimica e fisica ad Alessandria e, sempre ad Alessandria, una sede agraria, scienze di produzione animale, alimentare e di enologia.
Già in questo si denotano alcune discrepanze,quindi è necessario approfondire questo argomento.
L'orientamento unanime del Consiglio regionale - a mio avviso - deve ritrovarsi sulla necessità di premere sul Governo perché decida sulla seconda sede universitaria in Piemonte. Credo sia secondario il fatto che mancano diversi finanziamenti per la sistemazione delle sedi stesse della Città di Torino. Se ponessimo al centro della questione il recupero dei finanziamenti per le sedi di Torino, il problema dell'orientamento generale per la formazione e l'istruzione degli studenti del Piemonte, che dovrebbe trovare sbocco con la seconda Università, sarebbe rimandato nel tempo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Il Presidente della Giunta ha correttamente riferito dello stato dei lavori rispetto ad un dibattito che si è sviluppato all'interno della comunità piemontese e rispetto al problema della seconda Università.
In occasione di una delle riunioni, delle quali ha riferito il Presidente e precisamente nella seconda riunione con i parlamentari presenti i Capigruppo, il sottosegretario Costa e l'on. Romita, nella sua qualità di Presidente della Commissione istruzione della Camera, si è rilevato che, a quel punto del dibattito, sarebbe stato importante un pronunciamento del Consiglio rispetto alle ipotesi che si andavano individuando per la richiesta della seconda Università e si chiedeva espressamente alla Giunta di porre all'ordine del giorno questo argomento tra l'altro, facendo seguito a interrogazioni presentate sull'argomento mesi fa.
Ecco perché abbiamo accolto con favore questo dibattito all'interno del Consiglio regionale, dibattito che tende a definire la nostra posizione rispetto alla necessità di una seconda Università in Piemonte.
E' necessario che rispetto a questo tema ci sia una posizione precisa del Consiglio regionale, in quanto il disegno di legge già approvato dal Senato e attualmente all'attenzione della Commissione della Camera purtroppo, non ha tenuto conto delle esigenze e delle speranze del Piemonte.
Devo dire che il voto favorevole del Senato è stato un voto piuttosto sofferto. Possiamo leggere tra le righe della dichiarazione del Senatore Gualtieri poco convincimento rispetto a quel disegno di legge. Egli è stato costretto a dire che il suo voto era legato al patto che lo legava alla maggioranza, tant'è vero che disse: ".. non ho nessuna esitazione a dirlo ho soltanto molto rammarico per il fatto che non si sia riusciti a rimanere tutti su un testo più rigoroso e più programmatico", dopo aver messo in evidenza che proprio tra le Regioni derubate dei loro diritti di avere una seconda Università c'era il Piemonte, l'Emilia e la Campania.
Il nostro compito è quello di recuperare uno spazio in questo disegno di legge e a questo proposito ci hanno pensato i parlamentari piemontesi all'interno della Commissione istruzione della Camera redigendo un progetto di legge che tende a recuperare una possibilità di inserimento. Qualunque altra via rinvierebbe di molti anni la soluzione della seconda Università in Piemonte.
E' vero che nell'ultimo comma dell'art. 1 è prevista la Regione Piemonte con la Campania, l'Emilia Romagna, la Puglia, come Regione destinataria di una futura programmazione universitaria, quindi di una seconda sede, però, accettare quel comma significa inesorabilmente rimandare di molti anni la soluzione per il Piemonte.
Dico per inciso che la Città di Roma, che ha ottenuto un provvedimento quale quello che sollecitiamo alla Commissione della Camera, ben otto anni fa, tuttora non ha ancora l'Università funzionante. Questo dobbiamo dirlo alla comunità e su questo dobbiamo prepararci.
Il Presidente, nel presentare la sua relazione rispetto a questo problema ha voluto evidenziare quelle che sono le possibilità di insediamento.
Riteniamo che su questo occorrerà confrontarci. Tuttavia quello che interessa oggi è il pronunciamento sulla necessità della seconda università. Sollecitiamo il dibattito al nostro interno su questo e quella sarà un'occasione per ripensare ad un problema di cultura universitaria per il Piemonte, capace di far superare i campanilismi, anche se sono comprensibili i confini regionali e le frontiere.
Occorre andare alle origini per ricercare il tipo di università, che è previsto dal dettato costituzionale.
L'università prevista dagli artt. 33 e 34 è una università di alta qualificazione scientifica, è il luogo dove la ricerca ha un ruolo prioritario rispetto alla didattica ed alla formazione professionale, è una Università non elitaria, ma sicuramente selettiva, aperta ai capaci e meritevoli; anche se privi di mezzi. Questo tema è stato ripreso nell'ordine del giorno, che ha presentato la D.C. che fa seguito a quelli presentati dal PCI e dal mio Partito nei giorni scorsi.
Il modello di Università, che con il passare degli anni è andato realizzandosi in Italia attraverso le varie riforme, è molto diverso da quello programmato e discusso alla Costituente. Non essendosi abolito il valore legale della laurea, come insistentemente richiesto dal PRI e da altre forze politiche, l'Università italiana ha finito inevitabilmente per essere caratterizzata da un numero sempre più grande di studenti, ed è fonte, purtroppo, di disoccupazione intellettuale sempre maggiore che penalizza le classi meno abbienti. Questo rapido evolversi di presenze ha comportato un eccessivo aumento del numero dei docenti, ha determinato la loro conseguente dequalificazione e l'impossibilità per l'Università di accogliere nuove leve di ricercatori, ovvero di coloro che danno vita a gran parte dell'attività di studio.
Che cosa ci ripromettiamo attraverso questo nuovo progetto di Università del Piemonte che è un progetto di decongestionamento dell'Ateneo torinese che in questi anni ha avuto delle grandi difficoltà anche sotto il profilo della conduzione amministrativa? E' vero che Bologna ha 60 mila iscritti, ma è anche vero che negli Stati Uniti non esiste una sola Università con queste cifre, e la dimensione ottimale è di 15/20 mila iscritti.
La nuova Università non va vista come un servizio locale. E' un servizio culturale, un'occasione culturale con delle ambizioni anche extra regionali. Ecco perché, per esempio, ci sembrano non accettabili le posizioni di rifiuto in assoluto del nuovo ateneo. Siamo d'accordo con il PLI. In una intervista resa dal Consigliere Bastianini alla stampa, qualche giorno fa, egli dice che alla comunità piemontese è utile un imponente sforzo per mettere in funzione un originale sistema di alta qualificazione professionale integrata con attività di ricerca. E' quanto anche noi abbiamo chiesto nel nostro ordine del giorno. Ma questo non esclude il riconoscimento, anche di segno culturale, al Piemonte, unica tra le grandi Regioni ad avere un solo Ateneo, dell'attribuzione di una seconda sede.
Come ha detto giustamente il Presidente della Giunta, la nostra azione di riferire alla Commissione Istruzione della Camera l'orientamento del Consiglio regionale rispetto a questo tema ha però anche un altro aspetto: il sostegno che i parlamentari hanno bisogno anche perché - non dimentichiamolo - all'interno di quella Commissione non ci sono soltanto i parlamentari piemontesi, ma ci sono anche i parlamentari di tutte le altre Regioni.
Crediamo anche che il dibattito non si debba fermare al Consiglio regionale. Correttamente alcuni partiti e alcune istituzioni hanno preso iniziative per allargarlo. Noi crediamo che un rapporto più intenso con l'Università possa definire il contenuto degli eventuali corsi di laurea e degli abbinamenti.
Abbiamo presentato un ordine del giorno rispetto a questo problema che evidentemente è aperto a tutti gli emendamenti e a tutte le aggiunte che si riterrà di apportare. Esamineremo con attenzione gli ordini del giorno presentati dagli altri Gruppi. Sarebbe importante, proprio per dare quel supporto a cui mi riferivo, che si arrivasse ad un ordine del giorno concordato, definito e unitario; che raccogliesse il massimo dei consensi a rappresentanza dell'interesse generale della Comunità, segnatamente della comunità culturale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Le Regioni Piemonte, Lombardia e Liguria, si trovano in pendenza di una Università a Genova, di una a Pavia, di una a Milano e di una a Torino. Ci troviamo quindi in presenza di sette università, di cui alcune distano trenta o quaranta chilometri l'una dall'altra, altre distano più di cento chilometri, che è la distanza che intercorre tra il sud del Piemonte con l'Università di Torino o con le altre Università. Questa ipotesi va verificata.
Perché questo scoppio, questa necessità, questa evidenziazione, questa corsa ad avere in Piemonte la localizzazione della seconda Università in un polo che dista trenta-quaranta chilometri dalle altre Università? Possiamo dire che la programmazione ha una sua ragione, possiamo dire che il riferimento territoriale e la ricomposizione del territorio vanno visti per quello che devono essere realmente, nel contempo però dobbiamo dare una giustificazione dell'ottava università.
Dobbiamo dire che l'Università e il Politecnico di Torino non hanno soddisfatto le esigenze delle comunità piemontese.
Il motivo di fondo è che l'Università di Torino non ha saputo essere punto di riferimento, capace di dare delle risposte in termini culturali elevati, come dovrebbe dare un complesso universitario. Si è cercato di uscire fuori creando delle strutture medico-sanitarie legate all'Università a Novara ed a Vercelli e poi via via, in questi dodici anni, si è sviluppato un processo che ci ha portati a richiedere il secondo complesso universitario nella parte orientale del Piemonte.
Mi chiedo poi perché la parte orientale del Piemonte debba avere l'Università, atteso che quella zona dista 22 chilometri da Milano e pochi chilometri da Pavia e da Genova.
La "suggestione" universitaria la riferisco a una serie di elementi che si sono verificati nel secondo dopoguerra e dopo la Liberazione: le macerie delle università colpite dai bombardamenti e l'ipotesi di far sorgere nuovi modelli del tipo di quelli anglosassoni, in cui lo studente universitario non si trova davanti al professore solo al momento degli esami, ma conduce una vita collettiva, partecipa a seminari, svolge una vita universitaria intensa con i suoi compagni. Tutto questo ha portato a ritenere che l'Università di Torino non poteva dare queste risposte e così hanno preso corpo alcune spinte che, nel loro complesso, non le ritengo accettabili.
Allora, bisogna dire che occorre dare una risposta autentica, bisogna realizzare un momento culturale elevato, una vita universitaria completa un momento di crescita generale e culturale della società. Così si giustificano le ipotesi di sdoppiamento. In un primo tempo si ipotizzava un'Università che irradiava sul territorio alcune facoltà, oggi, invece, si aprono altre possibilità per la parte est del Piemonte che però per il momento sono localizzate ma individuate genericamente nelle province di Alessandria, di Asti e di Cuneo.
Questo a nostro giudizio non ha nulla a che vedere con la programmazione. Diciamo invece che, di fronte all'inerzia e all'inettitudine del Ministero della pubblica istruzione, di fronte all'inerzia delle strutture pubbliche e delle istituzioni del capoluogo piemontese, che videro l'affermarsi di tecnologie altissime e videro crescere il mondo industriale, non si è saputo creare un modello culturale ed universitario adeguato. Bisogna prendere atto di questa situazione senza infingimenti, dicendo che questo non ha nulla a che vedere con la programmazione generale del Paese, dicendo che non funzionando l'Università di Torino occorre operare dei distacchi sia nella parte occidentale, che noi identifichiamo nella provincia di Cuneo, sia nella parte orientale che identifichiamo nel Novarese e nel Vercellese come stato di necessità, quasi stato di guerra, dando all'esterno la possibilità di crescere culturalmente, di creare un modello di vita universitaria collegiale, in modo che si esprima tutta la cultura che il nostro paese possiede.
Allora, la giustificazione la troviamo nello stato attuale di disagio della vita universitaria di Torino, che è ripartita in mille piccoli edifici, in strutture edilizie il più delle volte le une separate dalle altre. Allora è giusta la proposta del Presidente della Giunta che colloca nei due poli, uno ad occidente e uno ad oriente della Regione due momenti di supporto alla vita universitaria torinese. Diciamo che questo stato di necessità ci porta ad accettare la proposta formulata, però non diciamo che è una proposta di programmazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, condivido l'ordine del giorno presentato dalla D.C. soprattutto nella parte che si riferisce al Piemonte orientale. E' fuor di dubbio che qualche incompresione vi è stata quando abbiamo discusso delle ipotesi di Novara e di Vercelli.
Il collega Viglione ha parlato di distanza di 20 chilometri tra una città e l'altra, ma per essere precisi 20 chilometri distano tra Novara e Vercelli, mentre da Novara a Milano i chilometri sono 50. Se poi consideriamo il tratto che corre tra la Stazione Centrale oppure tra il casello dell'autostrada e la Città degli studi vediamo che ci sono altri 50 chilometri almeno come tempi di percorso.
La distanza da Novara a Genova è di 90 km.; la distanza da Vercelli a Genova è di 80 km., per venire a Torino ci sono 100 km. Occorre poi tener conto che le due province unite rappresentano una popolazione di un milione di abitanti di cui circa mezzo milione sono localizzati nel Piemonte nord.
Da Verbania a Milano ci sono 100 km., da Domodossola a Milano ce ne sono 150; da Domodossola a Torino ce ne sono 200. Vogliamo considerare queste distanze? Di queste cose bisogna tener conto quando si parla di programmazione.
Come la Regione ha ritenuto di individuare nelle zone di Verbania, di Novara, di Vercelli le cosiddette aree attrezzate per gli insediamenti industriali, così in parallelo, si devono localizzare aree attrezzate per la cultura.
Non è insana tale proposta e quindi è da sottoporre alla valutazione di tutte le forze politiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO CORDARO

Il dibattito sulle sedi universitarie è molto importante e credo che le osservazioni che sono emerse in questa sede e negli incontri a cui il Presidente della Giunta regionale Enrietti ha accennato nell'introduzione possono consentirci di trarre delle conclusioni utili per la comunità piemontese.
Il collega Viglione ha sviluppato un intervento che mi ha sorpresa, in quanto non ha nascosto la sua perplessità rispetto alle soluzioni proposte dal Presidente Enrietti.
Ricordo che in occasione della discussione del piano socio-sanitario si parlò dell'esigenza di decentrare la ricerca medica e che non bisognava fare delle Molinette un mito, ma, a volte, possono essere diverse le interpretazioni. Al di là di questa considerazione, il problema dell'Università in Piemonte non si può ridurre ad un fatto di ricerca visto che esistono rilevanti problemi di didattica, di necessità di creare tra gli studenti, gli insegnanti e la struttura universitaria complessivamente intesa, un rapporto continuo.
Il decentramento visto in questa ottica è certamente un'esigenza da soddisfare. Tuttavia dobbiamo porre l'accento su altri problemi che oggi sono stati affrontati in modo parziale e non programmato. Se vogliamo ripercorrere la storia del Consiglio regionale in merito ai problemi dell'Università, dobbiamo dire che gli ultimi dodici anni non sono stati densi di attenzione, ricchi di studi sui problemi dell'Università come si vuole fare intendere.
Sono stati approvati dal Consiglio regionale due documenti: L'ordine del giorno approvato il 17 settembre del 1974, nel quale si individuavano le sedi di Novara, di Alessandria, di Savigliano con l'ipotesi di una seconda Università nell'area torinese. Questa prima indicazione era emersa sulla base di studi effettuati dall'Ires.
L'ordine del giorno approvato il 16 giugno 1977. Da allora, non ci sono stati altri pronunciamenti ufficiali tanto è vero che né nell'aggiornamento del programma della Giunta regionale, né nelle linee del Piano di sviluppo si parla di nuova università, ma si fa il richiamo alla cultura extraeuropea.
La valutazione dell'Ires del febbraio 1974 conteneva una precisione di spesa attorno ai 105 miliardi con una proiezione fin verso il 1985.
Da allora silenzio. Non so se nel frattempo si siano fatti ulteriori passi o si siano avviati altri studi.
Concordo con il Consigliere Viglione quando dice che questo modo di procedere non è programmazione. Intanto, devo dire che non abbiamo una relazione sulla quale discutere, ma abbiamo una comunicazione del Presidente che ci informa sugli incontri con i parlamentari, con il Presidente della Commissione, con il Ministro della pubblica istruzione con i Sindaci, che però non esauriscono la fase di programmazione e di indirizzo della Regione Piemonte.
Quanto abbiamo sentito accennare negli incontri o letto è piuttosto la sintesi tra le diverse esigenze che non il frutto di un ragionato programma di intervento.
I nodi da sciogliere sono molti. E' più opportuno orientarsi verso una grande università, oppure è più utile orientarsi su università specializzate per settori sul modello delle università di altri paesi? Questa potrebbe essere una scelta che potremmo fare e che potrebbe essere collegata alla vocazione culturale delle aree geografiche del Piemonte.
La stessa impostazione della riforma dell' università, in discussione al Parlamento che prevede una ripartizione in dipartimenti fa pensare che non sia illogico prevedere strutture universitarie integrate per settori dipartimentali e Facoltà tra di loro omogenee.
Dovremmo avere elementi in più per capire che cosa si vuole raggiungere incentrando alcune Facoltà in determinate zone geografiche.
Come giustamente ha osservato il Consigliere Vetrino, in questo momento non si tratta tanto di scegliere la collocazione dell'Università in una sede o in un'altra, ma si tratta di scegliere se si vuole un'altra università in Piemonte. Nel caso degli incontri citati dal Presidente della Giunta si sono messi in evidenza questi problemi. Questo provvedimento è stato approvato dal Senato, quindi nessuno deve stupirsi se il Senato della Repubblica l'ha votato all'unanimità per dire poi alla Camera che esso non va bene per la Regione Piemonte.
Noi siamo favorevoli a che si consenta al Piemonte di avere un'altra università, ma ci sembra quanto meno anomalo individuare alcune sedi universitarie in assenza di quelle scelte che dovrebbero preesistere alle scelte di localizzazione universitaria. Come ho già ricordato all'inizio del mio intervento, in un primo tempo si erano scelte le sedi di Novara Alessandria e Savigliano quindi, in un ordine del giorno, che non è stato smentito, né dall'attuale maggioranza, nè dalle altre forze politiche, si era individuata un'impostazione complessiva del Piemonte che aveva se non altro il supporto di studi preparatori. Ora si decide di cambiare, senza che al cambiamento si faccia riscontro con studi appositi che consiglino questo, mutamento di indirizzo. Infatti, dal 1977 al 1982, non siamo venuti a conoscenza di iniziative assunte dalla Regione Piemonte al riguardo.
La fretta di decidere prima dell'approvazione della legge nazionale che prevede l'istituzione di nuove università in Italia, non può essere l'unico elemento a favore di una soluzione piuttosto di un'altra.
Va detto con chiarezza se si vuole realmente una seconda università nella Regione o se si vuole semplicemente far pensare che la si voglia per lasciare poi tutto come prima. Dico questo anche perché mi ha stupito sulla stampa di due giorni fa una specie di curioso antagonismo a distanza, per cui in un incontro che si è avuto a Torino, tra il Sindaco della città, il Ministro dell'istruzione e il Rettore dell'Università si è fatto un esame serio e dettagliato sulle esigenze finanziarie dell'Università di Torino e sulle difficoltà di realizzare i progetti a suo tempo approvati. C'è da chiedersi: se non ci sono i soldi per rifare i tetti e le caldaie delle sedi universitarie funzionanti, che cosa succederà in quelle che dovranno venire? Stupisce la non casualità del collegamento tra le iniziative della Giunta regionale del Piemonte. Stupisce che, nel momento in cui la Giunta ed il Consiglio regionale del Piemonte affrontano in termini meno riservati o silenziosi il problema dell' università in Piemonte, si senta l'esigenza di farci arrivare, via stampa, un messaggio che dice che soldi ce ne sono pochi.
Non si può fare una dichiarazione di adesione all'istituzione di più università in Piemonte e poi lavorare per potenziare l'unica sede esistente a Torino.
Iniziative di questo genere devono essere commentate perché non possono sfuggire all'analisi della Giunta regionale. Inoltre, qual è la sede istituzionale in cui questo tema deve essere affrontato? Il collega Brizio, sin dal 21 giugno scorso, chiese che la Commissione Consiliare competente affrontasse in modo organico e non discontinuo e disarticolato il problema per poter dare delle indicazioni chiare ai parlamentari ed ai Gruppi politici nazionali. La stessa considerazione è stata riproposta dalla sottoscritta e dal collega Villa, in occasione dell'incontro che avvenne presso la sede della Giunta regionale il 29 giugno, anche perché l'Assessore Ferrero, aveva dichiarato che c'era l'esigenza di approfondire e di ricercare qualche elemento in più rispetto a quelli che abbiamo. Quindi, anche in quella sede erano emerse delle perplessità.
I dati che il collega Viglione poneva all'attenzione del Consiglio regionale, dovrebbero essere oggetto di una valutazione più approfondita.
Non si può sviluppare il nostro ragionamento soltanto sulle distanze chilometriche, ma occorre valutare le implicazioni culturali geografiche ambientali e tenere presenti le esigenze e le caratterizzazioni delle aree.
Per esempio, c'è la carenza delle Facoltà di psicologia e di sociologia per cui gli studenti della nostra regione sono costretti a recarsi a Padova.
Dagli incontri è emerso che parecchie strade sono percorribili. Quella degli emendamenti al testo di legge approvato dal Senato è, da un punto di vista pratico, forse la più rapida. Sicuramente non risolve l'esigenza dell'approfondimento del tema che da tutte le parti politiche viene sollecitata.
L'Università costituisce un elemento importante e trainante di stimolo nell'ambito della situazione locale strutturale ed ambientale.
Noi riteniamo che non si deve andare verso università di grandi dimensioni, ma si debba cercare di privilegiare nelle varie aree della Regione Piemonte le peculiarità socioculturali ed ambientali che consentano da un lato di ridurre il fenomeno della pendolarità e dall'altro di valorizzare le differenze esistenti nelle varie aree del Piemonte.
Questo ci sembra il modo più corretto per affrontare il problema dell'università in vista del progetto più generale dello sviluppo e della programmazione.
Anche questa volta però il ruolo di stimolo e di programmazione della Regione Piemonte è un po' sbiadito. Siamo di nuovo nella condizione di dover scegliere in fretta e furia, applicando un concetto di programmazione un po' confuso.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il nostro intervento sarà breve perché quando si hanno idee chiare normalmente non si ha molta difficoltà ad esprimerle. Una perplessità ce l'abbiamo. Eravamo convinti di venire qui ed essere nella splendida solitudine del dubbio, scopriamo invece di essere in larga compagnia nel dubbio; probabilmente ci troveremo di nuovo in splendida solitudine sul piano della coerenza e dell'assunzione delle responsabilità conseguenti.
Noi liberali non da oggi ci occupiamo di questo. Esiste un progetto di legge a firma di un nostro parlamentare. La GLI ha organizzato l'anno scorso un convegno su questo argomento e ne ha tratto delle conclusioni.
Quindi il comportamento della nostra forza politica ha testimoni nel suo passato ben precisi.
Non sottostimiamo la problematica che interessa la nostra Regione. Ci rendiamo conto che la nostra è una realtà culturalmente avanzata e proiettata verso il futuro e verso aree dell'universale, non della specificità di questa o di quella provincia. Ci rendiamo conto che questa area del futuro ha canali diversi rispetto alle diverse specificazioni. In questo senso concordiamo sul fatto che la nostra Regione debba avere una maggiore diffusione e una maggiore presenza di cultura, che non chiamerei solo universitaria, ma di livello superiore attraverso gli strumenti e le strutture capaci di realizzarlo.
Un primo punto va stabilito non per fare una gerarchia tra poveri e disadattati o tra realtà ed esigenze; ma il dubbio che ha posto il collega Viglione: "quale ragione avrebbe una localizzazione prima ad est che non a ovest", a noi non sembra neanche una domanda da porre poiché ci sembra chiaro che in questo momento le situazioni di maggior disagio per gli interessati e di maggior domanda per la specificità della risposta si collocano su Cuneo e non sul Piemonte orientale.
A questo punto nascono le perplessità perché il presentare un emendamento per chiedere una seconda università in Piemonte sembra voler saltare sul treno all'ultimo momento per non essere additati tra quelli che non c'erano.
Noi preferiamo rimanere a terra ed essere additati fra quelli che sul treno non hanno voluto salire. Però chi non vuole salire sul treno della seconda università, scenda. Se scende la D.C. non depositando un documento che chiede una seconda sede universitaria in Piemonte, scenda il PSI, non contraddicendosi nel suo intervento laddove ci viene a dire che il discorso della Giunta è slegato da ogni logica di programmazione, è slegato dal contingente, addirittura dai "gemiti" e dai "miti" che vanno di moda, è slegato dal Piano di sviluppo.Quindi ci sembra un discorso tecnicamente improponibile.
Se le forze politiche piemontesi avessero il coraggio di dichiarare chiaramente che non esistono in questo momento le condizioni di conoscenza e di approfondimento sul tema tali da giustificare una richiesta specifica di una seconda università allocata nella parte orientale del Piemonte e di un'articolazione sul territorio di quella torinese, compirebbero un gesto di assoluta serietà che non modificherebbe la programmazione nazionale e ci farebbe fare una volta tanto la figura di una classe politica responsabile che non cerca a tutti i costi di non essere meno attenta ai problemi del deputato o del senatore locale.
Noi non riteniamo che sia essenziale in questo momento il problema della seconda università in Piemonte in primo luogo perché non crediamo che in questo momento il problema della cultura superiore si realizzi soltanto e unicamente con le Università. Riteniamo che la Regione (e nella relazione dell'Assessore Ferrero questo si era detto) largo spazio debba dare alla formazione professionale post scuola media superiore e post università.
Questo compito la Regione deve assumerlo e non può delegarlo allo Stato facendo nascere una serie di facoltà o di università che attrarrebbero quelle poche intelligenze ancora libere da impegni finanziari e familiari dopo l'università e dopo il liceo.
La ricerca di una seconda università, tra l'altro, taglia alla radice il discorso dell'Assessore Ferrero di creare una cultura industriale e professionale, slegata dalla accademia universitaria e per quanto possibile collegata o integrata con la cultura dell'università.
Il Consigliere Viglione rilevava che la domanda della seconda università non è una domanda originata da una tradizione o da una esigenza precisa, ma è derivata dall'insufficienza dell'università di Torino.
Ho la netta impressione che questa sia la classica manovra di mascheramento e di fughe in avanti con cui si fa credere ai cittadini, meno fortunati per la loro localizzazione sul territorio, che si faranno nascere delle strutture universitarie in periferia, più confacenti e più idonee di quella di Torino. Il che non è vero perché nulla facciamo, anzi, togliamo le risorse perché l'Università di Torino diventi quella che vorremmo o continui ad essere quello che è, perché, se le risorse non vengono riportate a Torino non soltanto l'Ateneo non si sviluppa, ma non si mantiene.
In secondo luogo non dobbiamo dimenticarci della riduzione degli iscritti all'Università. Secondo noi questo fatto è dovuto al calo demografico, ma anche al fatto che esistono forme di acculturazione e di professionalizzazione non strettamente legate all'università.
Con questa iniziativa mettiamo in discussione addirittura le poche chanches che ha l'Università di Torino di vedersi approvato il progetto di ristrutturazione generale, con una previsione di spesa di 130 miliardi quasi pari alla spesa necessaria per la localizzazione di una seconda università. Allora, le risorse che la pubblica istruzione potrà destinare alla nostra Regione serviranno per fare una seconda università o per potenziare e rilocalizzare sul territorio l'università esistente? Questa scelta compete a noi.
Con l'ordine del giorno che ci viene sottoposto la scelta è fatta: vogliamo la seconda università per motivi campanilistici e di bandierina messa sulla cannoniera e non ci importa se la Madre Patria, cioè l'Università di Torino, va a fondo.
Ricordiamo tra l'altro che il nostro Ateneo va a fondo. La Dottoressa Bergoglio ci parlava puntualmente di caldaie e di tetti. Io parlo, per esempio, di impianto elettrico. L'anno prossimo per insufficienze di sicurezza il Palazzo Nuovo potrebbe non essere agibile: eppure, con leggerezza, suggeriamo allo Stato di istituire una seconda Università con una spesa di impianto di 200 miliardi.
Nessuno poi ha fatto un'altra considerazione che mi sembra doverosa nei confronti dei giovani.
Il processo di gerarchizzazione delle università è un fatto sotto gli occhi di tutti.
Ci sono università di serie "A" e università di serie "B". L'università di Torino non è un'università di serie "A", perché i nomi migliori tendono a localizzare presso il centro del potere, presso paesi dove non esistono le gelate notturne.
Che tipo di Università daremo ai nostri ragazzi in una di quelle pur bellissime e nobilissime città di provincia? L'università non è solo legata al numero degli addetti, alle risorse, agli allievi che vi vengono iscritti, ma è legata all'habitat culturale, tecnologico e scientifico sul quale vive.
Allora ho qualche difficoltà a pensare che il Novarese abbia quell'habitat tecnologico, scientifico e culturale che giustifichi quello che abbiamo detto.
Non solo. Dobbiamo anche tener presente che quanto prima avremo il numero programmato nell'università e noi ce lo auguriamo. Queste università di confine non sarebbero che uno escamotage per sfuggire alla programmazione della politica universitaria. Ma c'è un'altra considerazione da fare. Gli iscritti all'Università di Torino e provenienti da Novara sono mille, quelli provenienti da Vercelli sono 2 mila, sono 3 mila quelli provenienti da Asti e 8 mila quelli da Cuneo.
Non mi pare che localizzando una università a Novara si decongestioni il polo torinese, probabilmente decongestioneremo altre Università. Non parliamo di un bene di consumo che si vende sulla porta di casa. Riteniamo che un decentramento dell'università sul territorio torinese debba avvenire quando questa abbia assorbito le risorse per ristrutturarsi e quando disponga delle risorse per gestirsi. Perché il Piemonte dispone di 36 miliardi per la gestione universitaria mentre la Lombardia dispone di cinque volte tanto? Non è un problema di cannoniere, è un problema di munizioni. Bisogna avere prima le munizioni, se poi per poterle utilizzare sarà necessario una seconda cannoniera, utilizzeremo anche la seconda cannoniera.
Mi piacerebbe poi sapere, con questi chiari di luna, i partiti che si rifanno al rigore finanziario ed amministrativo come ritengono di trovare le risorse per impiantare una nuova università e per gestirla.
Noi riteniamo che si debba puntare con fantasia e capacità di innovazione alla creazione di centri di cultura superiore, di tipo tecnologico così come è stato fatto a Biella. Esistono capoluoghi di provincia, che possono svolgere una ottima funzione legata alla loro vocazione agricola, o artigianale o enologica. Questi gli obiettivi da perseguire, queste le strade da percorrere. Sul piano universitario riteniamo che il decentramento sul territorio delle Facoltà debba avvenire conché si sia verificato che queste Facoltà decentrate sul territorio ne abbiano i presupposti e determinino le conseguenze volute da una seria politica universitaria.
La programmazione regionale, la nostra volontà di recuperare il terziario, il balbettio sul MITO-gemito, che sembra adesso recuperato in modo decoroso dalla Giunta con la ricomposizione di una .programmazione interregionale che vede le tre Regioni favorite nel collegamento tra il sud e l'Europa, ci sembrano i canali, gli obiettivi, i livelli su cui la cultura universitaria va affrontata. Mi sono convinto, sentendo gli interventi che mi hanno preceduto, che non esiste nelle forze politiche che si sono espresse fino adesso alcuna convinzione sull'emendamento che si vuole chiedere.
Le argomentazioni portate dai Consiglieri Viglione e Bergoglio attengono al buon senso comune e alla volontà che abbiamo tutti di gestire la cosa pubblica in modo sereno e serio e queste considerazioni non possono poi tradursi in un voto contrario e in contraddizione rispetto a quanto si è annunciato.
Quindi ci auguriamo che quando dovremo approvare un documento, esso non sia né quello che la Giunta ci ha illustrato, né quello che la D.C. ha presentato, perché se i nostri lavori dovessero essere soltanto un'occasione per saltare sul treno che passa trionfale in qualche città della nostra Regione, noi su quel treno non ci saremo, arriveremo con quello successivo convinti di non essere sul treno sbagliato.



PRESIDENTE

I lavori riprenderanno alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,00)



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