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Dettaglio seduta n.142 del 23/06/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Carazzoni, Cerchio, Mignone e Penasso.


Argomento:

b) Presentazione progetto di legge


PRESIDENTE

E' stato presentato il seguente progetto di legge: N. 228: "Integrazione alla legge regionale 12/10/1978, n. 63 'Interventi regionali in agricoltura e foreste'", presentato dai Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso in data 16 giugno 1982.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo - Rapporti Regione - Parlamento

Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale


PRESIDENTE

Ha ora la parola il Presidente della Giunta regionale Enrietti per alcune comunicazioni.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Lunedì scorso vi è stato un incontro con il Ministro Bodrato, presenti i Capigruppo del Consiglio, i parlamentari piemontesi membri della Commissione Istruzione della Camera, Gandolfi, Nespolo, Allegra Fiandrotti, nel corso della quale si è esaminata la situazione dell'Università in Piemonte.
I parlamentari, dopo l'informazione del Ministro hanno consegnato una bozza di emendamento che si impegnerebbero a presentare in Commissione, che ha già avuto il consenso da parte di tutti i parlamentari facenti parte della Commissione Istruzione Piemonte.
E' fissato un ulteriore incontro per martedì mattina.
Dopo questo confronto il dibattito ritornerà in Consiglio regionale.
Mentre ho la parola, approfitto per dare un'informazione circa un incontro che, insieme con gli Assessori Testa e Cerutti, ho avuto con il Direttore della Cassa Depositi e Prestiti, dott. Falcone.
Come è noto a tutti la questione della Cassa Depositi e Prestiti è delicata per tutta l'economia nazionale ed è estremamente delicata per quanto riguarda il Piemonte.
Ne parlo perché oggi pomeriggio si terrà una riunione tra una delegazione ristretta dei Presidenti delle Regioni di cui anch'io faccio parte e Lama, Carniti e Benvenuto per trattare una serie di problemi riguardanti la sanità, l'occupazione, ecc.
Vorremmo sollevare anche la questione inerente le indicazioni che la Cassa Depositi e Prestiti ha dato per la distribuzione dei mutui, che riteniamo estremamente penalizzanti per la programmazione regionale.
L'Assessore Testa darà un'informazione specifica a questo riguardo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Testa.



TESTA Gianluigi, Assessore alle finanze

La Cassa Depositi e Prestiti ha autonomamente deciso, attraverso il proprio Consiglio di amministrazione, di corrispondere i mutui ai Comuni sulla base del criterio di assegnare 50.000 lire per ogni abitante: il criterio è estremamente discutibile, perché non consente ai Comuni che non hanno in corso delle opere di non utilizzare di questo finanziamento mentre altri Comuni non riescono a raggiungere il plafond necessario inoltre, questo criterio blocca una serie di mutui già perfezionati.
Attualmente sono giacenti, per acquedotti e fognature, circa 90 miliardi (compresi in quel prospetto che è stato fornito al Consiglio unitamente ai documenti presentati al Governo) che noi, con il Ministro La Malfa, ci eravamo impegnati a sbloccare presso la Cassa Depositi e Prestiti.
Sono opere finanziate dalla Regione il cui contributo è già in bilancio e che sono pronte per essere avviate.
Lo sblocco dei 90 miliardi avrebbe permesso di attivare all'interno dell'economia piemontese un notevole flusso di attività.
In realtà, il criterio delle 50.000 lire per abitante esclude la maggior parte di finanziamenti, con effetto quindi negativo.
La Cassa ha adottato questo criterio essenzialmente per restringere la massa di credito: a dimostrazione di questo il dato che la Cassa Depositi e Prestiti a tutt'oggi ha erogato circa 88 miliardi su 116 disponibili per il Piemonte.
Vorrei ricordare ai colleghi che lo scorso anno (ed anche due anni fa) ai primi di luglio, il Piemonte aveva già esaurito totalmente il plafond.
Questo significa che sostanzialmente quest'anno siamo a meno della metà dell'assorbimento rispetto agli anni scorsi, il che dimostra che il criterio applicato blocca l'attivazione di mutui e quindi l'esecuzione delle opere.
Nell'incontro con il Direttore della Cassa Depositi e Prestiti abbiamo cercato di rimuovere questo ostacolo: soprattutto per quanto concerne i danni alluvionali, la formula della quota fissa per abitante sembra assurda di fronte all'entità dei danni alluvionali; anche un Comune di 100 abitanti può registrare un miliardo di danni. Purtroppo il criterio è rigido anche in caso di calamità naturali. L'unica via possibile pare quella del convenzionamento tra Comuni.
La Regione Emilia è su questa strada.
L'Assessorato sta studiando di mettere in atto questo meccanismo che però risulta estremamente complesso, in una Regione come la nostra con 1.209 Comuni e richiede un processo di aggregazione molto ampio. Va anche detto che è difficile che un Comune rinunci a favore di un altro: l'opposizione in seno al Comune ha buon gioco ad opporsi a questa manovra.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Credo che la via per ottenere la concessione dei mutui sia quella di attivarsi a livello politico perché l'autonoma deliberazione della Cassa Depositi e Prestiti sia modificata.
Il convenzionamento tra i Comuni non è possibile nella realtà piemontese, né sarebbe logico perché creerebbe dei contenziosi e dei crediti fra i Comuni difficilmente risolvibili.
C'è anche molta lentezza nell'erogazione dei mutui relativi al fondo perequativo per opere di urbanizzazione primaria a totale carico dello Stato.
A nostro avviso si dovrebbe lasciare un certo margine intorno alle 50.000 lire per abitante che oggettivamente non hanno un supporto valido.
I Presidenti delle Giunte regionali e le forze politiche devono muoversi perché questo ostacolo sia superato ed altri criteri vengano seguiti nell'erogazione dei mutui ai Comuni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo che di questa comunicazione venga consegnata ai Gruppi una nota riassuntiva scritta, per poterla esaminare in sede di Commissione e poi in sede di Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Turbiglio.



TURBIGLIO Antonio

Mi riferisco alla comunicazione sulla situazione dell'Università in Piemonte del Presidente Enrietti.
Non ho capito se nella riunione che si è tenuta presso la Giunta ci sia stata unanimità di consensi dei presenti.
Ho letto la notizia sul giornale, ho sentito parlare di dislocazione su Novara, mentre non ho sentito parlare di Cuneo. Voglio far presente che non ci sono concordanze sulle dislocazioni dell'Università.
La provincia di Cuneo non può essere dimenticata perché molte zone sono lontane dalle sedi centrali dell'Università e ha bisogno di essere aiutata in questo campo.
Vorrei inoltre sapere se le informazioni date oggi sono definitive oppure se sono l'inizio di un lungo discorso e quali sono le posizioni delle varie parti politiche.
La nostra forza politica, per esempio, ha da tempo dibattuto questo tema in convegni, ha sottoscritto dei documenti.



PRESIDENTE

La parola ancora al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Nella conferenza dei Capigruppo di lunedì il Gruppo D.C., relativamente alla proposta dei parlamentari di modifica al disegno di legge, approvato dal Senato ed ora in esame alla Camera, ha chiesto che l'argomento venisse portato in VI Commissione consiliare proprio per quelle implicazioni cui faceva cenno il Consigliere Turbiglio, considerato che nel disegno di legge si danno specifiche indicazioni territoriali che non hanno il supporto del parere e della decisione del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Le comunicazioni che ha fatto il Presidente della Giunta in merito alle Università vertono sul problema generale dell'Università sul quale non vi è l'accordo di tutte le forze politiche.
Il Senato ha approvato una legge sulla quale il Gruppo PCI si è astenuto (e l'astensione al Senato equivale al voto contrario) perché è una legge pessima: si prende atto di quanto è avvenuto in Italia in questi anni e si fa una sanatoria sanzionando le Facoltà che sono sorte sia a titolo pubblico che a titolo privato.
Ciò è avvenuto in parte per necessità, in parte per clientelismo, in parte per municipalismo.
Si dice che nel prossimo quadriennio alla programmazione universitaria ci penserà il Ministro all'Istruzione (contro Bodrato non abbiamo niente da dire, ma non ci va questo Governo) che avrà la delega di stabilire quali Facoltà decentrerà secondo le direttive dell'Università di Torino (che a noi non piace nuovamente perché il Rettore si chiama Cavallo). Questo metodo è contrario a quello della programmazione, sulla quale la Regione Piemonte si è espressa nella prima legislatura con due ordini del giorno e nella seconda legislatura.
Chiediamo che il sistema regionale universitario sia saggiamente diffuso e giustamente concentrato ed avvenga con la diffusione dell'Università di Torino, ma con la creazione di una seconda Università che permetta centri di ricerca, Facoltà, laboratori diffusi secondo le direttive del Consiglio.
L'altra questione è di non fare una seconda Università e di lasciare una sola Università in Piemonte ad libitum di chi farà il Ministro della Pubblica Istruzione e dell'attuale Rettorato.
Su questo non siamo d'accordo.
Mi spiace, ma il Consigliere Brizio non è informato di niente.
Avete il Ministro e non sapete neanche che cosa sta facendo.



(Voci in aula)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

I lavori del Consiglio andrebbero meglio in futuro se ognuno di noi cercasse di fare il proprio dovere rispettando gli impegni che i Gruppi prendono nelle sedi opportune.
Credo vada rispettata la volontà della Giunta che intendeva dare un'informazione nei termini convenuti e che sia opportuno ricordare al Consiglio che i Capigruppo si erano impegnati a non intervenire nel merito.
In effetti, se dovessi intervenire sull'Università, avrei molte cose da dire anch'io.
Sulle informazioni che ci ha dato l'Assessore Testa convengo con chi ha chiesto di riportare l'argomento in sede di Commissione consiliare competente.
I Comuni, attraverso le loro associazioni, l'ANCI e la Lega delle Autonomie Locali, hanno fatto conoscere alla Cassa Depositi e Prestiti che su quel criterio non si può fare affidamento non soltanto perché c'è il Comune con 100 abitanti che può non aver bisogno del finanziamento e perch non ha in programmazione determinate opere, ma perché quand'anche arrivassero le 50.000 lire per 100 o 200 abitanti - come diceva un Sindaco in una riunione dell'ANCI - con quella cifra non si realizzerebbe nemmeno un metro di fognatura.
Chiediamo che la Regione faccia il suo dovere portando avanti i suoi lavori in modo da incidere sull'economia piemontese.



BRIZIO Gian Paolo

Chiedo la parola per fatto personale.



PRESIDENTE

Ha la parola.



BRIZIO Gian Paolo

Mi è stato detto che non sono informato. Sono stato informato telefonicamente della riunione dei Capigruppo.
Ci è stato detto che c'era un incontro dei Capigruppo con il Ministro della Pubblica Istruzione.
Abbiamo poi letto sui giornali che sarebbero stati presenti anche i parlamentari piemontesi.
Non potevo avere un'informazione complessiva e particolareggiata perch in modo non specifico è stata indetta la riunione, né ho avuto la fortuna di essere informato come è stata informata la maggioranza che in quella sede era presente con il Capogruppo ed il rappresentante della VI Commissione.
Sui temi di fondo avevo sufficiente informazione per poter prendere le posizioni che ho preso. Il discorso della sfiducia al Governo ci può andare bene, noi potremmo avere analoga sfiducia verso questa Giunta.
Essendo entrati nel merito del discorso dobbiamo dire che sul terreno della programmazione dell'Università la Regione ha assunto solo delle posizioni generiche e non ha preso delle posizioni specifiche.
Chiedo che questo argomento venga correttamente portato nella competente Commissione. Non sarebbe corretto che il Parlamento decidesse la dislocazione di sedi universitarie senza il parere della Regione Piemonte.



(Il Consigliere Revelli applaude)



PAGANELLI Ettore

Non si applaude ironicamente un collega. Non ci stiamo a queste battute, signor Presidente.
Noi usciamo dall'aula per scorrettezza verso un Consigliere.



PRESIDENTE

Sospendo la seduta per alcuni minuti e convoco i Capigruppo.



(La seduta, sospesa alle ore 10 riprende alle ore 10,40)



PRESIDENTE

La seduta è riaperta.
Dopo questa breve sospensione, dovuta ad un certo nervosismo ed incomprensione, circostanza che purtroppo si ripete abbastanza sovente devo rilevare che a volte, forse involontariamente, alcuni Consiglieri si esprimono in forma impropria o addirittura hanno battute di scherno.
Questa è un'assemblea legislativa e prego i colleghi di improntare i loro interventi alla massima correttezza verbale e gestuale.
L'episodio di questa mattina non è isolato e ha scatenato reazioni nel Gruppo che si è sentito offeso.
Condanno l'episodio perché un Consigliere ha trasceso uscendo dal normale comportamento in una seduta di Consiglio regionale.
Mi auguro di non dover più tornare sull'argomento, perché penso che tutti siamo rattristati da questo episodio che certamente non depone bene sull'andamento dei lavori di cui io sono responsabile.
La parola al Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, accetto la sua censura rivolta nei miei confronti.
Non avevo alcuna intenzione, applaudendo, di offendere il Consigliere Brizio. Se questo è stato, me ne rammarico io stesso.
Essendo in un'assemblea elettiva, credo che alla correttezza e alla dignità di cui lei parla e alla quale facciamo tutti riferimento, bisogna pure che qualche volta ci sia qualche souplesse. Posso aver trasceso, ma nelle grandi democrazie occidentali, al contrario dei Soviet sovietici esistono anche queste cose.



PRESIDENTE

Ritengo chiuso l'incidente.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame progetto di legge n. 204: "Modifiche per l'adeguamento della legge regionale 5/12/1977, n. 56 e successive modifiche ed integrazioni, alla legge 25/3/1982, n. 94"


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo all'ordine del giorno che reca: Esame progetto di legge n. 204: "Modifiche per l'adeguamento della legge regionale 5/12/1977, n. 56 e successive modifiche ed integrazioni, alla legge 25/3/1982, n. 94".
La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Non voglio accendere altri problemi, ma desidero che a verbale risulti la nostra riserva.
La nomina dei relatori di questo progetto di legge esce dalla prassi della nostra assemblea, intanto perché abbiamo un relatore ed un correlatore e soprattutto uno dei relatori è un membro del governo regionale. Non faccio nessuna questione. Si proceda.
Resti questa riserva a verbale perché, se la cosa dovesse ripetersi, la questione verrà formulata dal mio Gruppo in altra forma.



PRESIDENTE

Anch'io mi sono stupito della doppia nomina.
Mi è stato spiegato che in un primo tempo sarebbe stato assente il Consigliere Biazzi, per cui venne nominato il Consigliere Cerutti.
Il Consigliere Biazzi, invece, è presente e ha la parola.



BIAZZI Guido, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la proposta di legge in esame è una conseguenza della legge nazionale n. 94 che reca norme per l'edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti e comporta un adeguamento della legge urbanistica regionale n. 56.
E' anche però una scelta autonoma della Regione, che ha voluto avvalersi della possibilità di emanare, entro 90 giorni, disposizioni per l'attuazione di leggi dello Stato, possibilità che non tutte le Regioni hanno voluto seguire.
Questo è anche un modo per rivendicare il ruolo che su questa materia la Costituzione riserva alle competenze regionali: dettare norme in materia urbanistica all'interno dei principi fissati con legge quadro dello Stato.
Sulla legge n. 94 e sui decreti Nicolazzi si è molto discusso ed anche polemizzato: ora è legge dello Stato che va applicata in quanto tale. Una delle conseguenze indirettamente positive delle proposte del Ministro Nicolazzi è di avere riacceso il dibattito e il confronto sui problemi dell'urbanistica e sulla crisi delle abitazioni e dell'edilizia in Italia.
E' fuori dubbio che si è accentuato in questo modo l'interesse per queste tematiche, spingendoci a misurare sia con le ragioni strutturali della crisi del settore sia con i problemi che sono sorti con l'applicazione delle normative introdotte nel nostro ordinamento giuridico in particolare dopo il 1977.
E non poteva essere altrimenti se si pensa alle grandi e positive innovazioni introdotte con la legge nazionale n. 10 e con la legge regionale n. 56.
Non è forse peregrino ricordare quanto è emerso in questi giorni a Toronto al Congresso della Federazione internazionale delle professioni immobiliari e cioé che la crisi dell'edilizia è a livello mondiale e che tra le cause di essa sono in testa gli alti tassi di interesse praticati in tutti i Paesi industrializzati.
Vengono anche indicati i cosiddetti lacci e laccioli tra le cause della crisi. Ma le aree di maggiore depressione sono quelle degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, dove non si può dire che sia stata portata avanti, in questi anni, la politica dei lacci e dei laccioli.
Lo stesso Consigliere economico di Reagan per la politica edilizia dice che la crisi continuerà ancora per qualche anno.
Nel Congresso di Toronto sono state messe in evidenza inoltre le molte distorsioni esistenti sul mercato dell'edilizia negli Stati Uniti distorsioni che esistono anche in Italia. Anche da noi c'è stata una diminuzione radicale degli investimenti per l'edilizia e soprattutto per l'edilizia abitativa, e come negli Stati Uniti nell'81 c'è stato un aumento dell'edilizia che riguarda gli uffici, cioè i settori in cui i profitti possono essere più alti del 30%. Nel 1982, negli USA, si prevede un incremento del 20% per gli uffici, mentre per l'edilizia abitativa un crollo del 50 %. Da noi cresce notevolmente la domanda di modifica della destinazione d'uso.
Questo ci spinge anche ad andare più a fondo nell'enucleare le ragioni strutturali della crisi edilizia nel nostro Paese e nel resto del mondo che vanno ben oltre i limiti veri o presunti derivanti dalla normativa vigente.
Va ricordato, inoltre, che i decreti Nicolazzi prima e la legge 94 ora in Piemonte si sono inseriti in un processo di revisione ed aggiornamento della normativa urbanistica che è già in corso da tempo e ha già preso corpo con documenti e proposte ai legge dei vari Gruppi.
Ricordo le linee presentate dal PCI nel maggio del 1981 sull'adeguamento della legge regionale 56, la proposta di legge della DC quella del PLI, quella del PSDI e la proposta della Giunta regionale di modifiche alla legge regionale n. 56.
Le modifiche possono inserirsi nel giudizio stesso che diamo sulla 56 un atto fondamentale della seconda legislatura. In II Commissione si è convenuto di tenere fermi i punti fondamentali di quella legge, indicando i binari su cui si potrà marciare per la sua revisione; semplificare le procedure, ridurre i tempi, diversificare gli adempimenti a seconda della dimensione dei Comuni, una riserva ai Comuni delle competenze su determinati tipi di adempimenti; una maggiore efficacia gestionale; un decentramento delle funzioni e delle istruttorie.
Si potrebbe aggiungere che su questi punti l'accordo è andato molto oltre la stessa maggioranza. Un nodo rimane aperto sulla 56 e cioé occorre fare il possibile perché si dispieghi fino in fondo la potenzialità della legge e perché si arrivi al suo funzionamento a regime, andando avanti con il completamento della pianificazione territoriale, utilizzando, se del caso, anche i poteri sostitutivi verso gli enti inadempienti.
Non possiamo dimenticare che a regime si dovrà arrivare in un quadro di una riforma complessiva del sistema delle autonomie del nostro Paese.
La legge dello Stato ha colto le esigenze che sono diffuse di semplificazione e di snellimento delle procedure anche se alcune delle soluzioni proposte sono discutibili.
A livello regionale è stato avviato un analogo processo di revisione organico con le proposte di revisione della legge 56 e con la legge approvata nel dicembre scorso relativa alle aree da destinare all'edilizia pubblica o sovvenzionata e con la proposta di legge in discussione relativa alla formazione del patrimonio di aree e di immobili da parte dei Comuni.
L'esame del progetto di legge n. 204 ha impegnato la II Commissione dal mese di marzo scorso, in un confronto tra le forze politiche e la Giunta regionale. Molte difficoltà tecniche ed interpretative sono state superate in quanto la legge 94, per l'iter particolarmente travagliato in Parlamento e per le novità che introduce nel nostro ordinamento giuridico presenta numerosi punti di non chiara interpretazione.
D'altra parte, l'iniziativa legislativa in materia di tutela ed uso del territorio si colloca in un processo di evoluzione e di involuzione del dibattito culturale nazionale e regionale.
E' un processo che conosce momenti alterni di avanzamento e di riflusso, di chiarezza e di confusione e che riflette l'evoluzione della realtà e dei rapporti sociali che in essa si muovono.
Forse non può essere altrimenti, se pensiamo alla mole di interessi legati alla trasformazione e all'uso del suolo, interessi che evidentemente agiscono ad ogni livello per influenzare o per modificare la normativa in materia.
Un'ultima considerazione prima di passare all'articolato. La legge 56 ha segnato una svolta nella gestione ed uso del territorio e ha costituito uno stimolo a valorizzare l'esistente, passando dalla confusione precedente ad un processo di riordino.
Ha inciso in modo positivo anche sulla cultura urbanistica della gente e degli amministratori. I dati sulla strumentazione urbanistica sembrano indirettamente confermare questa impressione.
I Comuni dotati, nell'aprile scorso, di strumento urbanistico generale vigente sono 630 con 216 strumenti urbanistici generali in itinere; i PPA approvati sono 378, in itinere ce ne sono 71. Queste cifre mi pare confermino l'affermazione fatta in precedenza di un elevamento indubbio della cultura urbanistica all'interno della nostra Regione.
L'articolato: le nuove disposizioni statali prevedono l'approvazione dei PPA nell'ambito del Comune. Si è resa pertanto necessaria una revisione della legge regionale 56 per due ordini di motivi: per rendere coerenti le procedure di approvazione dei piani stessi e per introdurre uno strumento che consenta in ogni caso una conoscenza dei programmi comunali tale da permettere alla Regione la formulazione dei propri programmi pluriennali di attività e di spesa e la redazione dei bilanci consolidati dei Comprensori.
Si è così dovuto sopprimere o riordinare una serie di articoli. Si sono introdotti un programma operativo delle opere e degli interventi pubblici ed una normativa transitoria che determina i tempi dei successivi adempimenti per garantire il passaggio coordinato tra le due diverse discipline procedurali.
La legge si compone di quattro articoli: l'art. 1 modifica la legge regionale n. 56 all'art. 33; inoltre, recepisce la nuova procedura di approvazione del PPA.
Tenendo conto dell'esperienza maturata nell'applicazione della legge regionale, si è ampliata la possibilità di assentire alcuni ampliamenti di edifici produttivi al di fuori del programma di attuazione e a tal fine si è sostituita completamente la lettera b) del settimo comma dell'art. 33 consentendo tali ampliamenti in misura maggiore che nel passato. Si è modificato l'art. 35 precisando che i PPA sono compilati su modelli operativi predisposti dalla Giunta regionale, procedura già prevista nell'art. 83 della legge 56 che di fatto non è stata utilizzata.
All'art. 36 si individuano i caratteri che rendono necessaria nei Comuni inferiori ai 10.000 abitanti la formazione dei PPA. Riguardano come previsto dalla legge 94 i caratteri ambientali, turistici e industriali.
Rilevante è il fatto di avere allargato il cosiddetto carattere oltre l'ambito strettamente comunale tenendo conto dell'influenza esercitata da un insediamento industriale o da una località turistica di richiamo sull'intero bacino turistico o industriale.
L'elenco dei Comuni obbligati alla formazione dei PPA sarà aggiornato periodicamente dal Consiglio regionale con delibera motivata per singolo Comune. Si precisa, inoltre, che rimane la facoltà anche per i Comuni non obbligati di dotarsi di PPA.
All'art. 37 si recepisce la nuova procedura di approvazione dei piani pluriennali e si stabilisce l'obbligo di inviarne copia alla Regione e al Comprensorio.
E' prevista la facoltà per il Comune di procedere, non più di una volta all'anno, ad una modifica ed integrazione dei PPA; si mantengono i poteri sostitutivi della Regione in caso di mancata adozione. Si chiarisce infine, colmando una lacuna dell'attuale normativa, che nelle more tra un PPA e l'altro, l'attuazione dello strumento urbanistico è limitata ai soli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro, di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia. Viene ovviamente soppressa la facoltà di approvare unitamente ai PPA i progetti delle opere pubbliche.
Si inserisce, infine, l'art. 37 bis nella legge 56 che prevede l'obbligo per tutti i Comuni di approvare contestualmente al bilancio un programma operativo, con previsione pluriennale di approvazione delle opere.
Tale introduzione può consentire alla Regione e ai Comprensori la conoscenza di dati, programmi e disponibilità finanziarie dei Comuni, che sono essenziali ai fini della formazione dei programmi pluriennali di spesa, della valutazione di ammissibilità a contributo delle opere stesse e per la redazione dei bilanci consolidati dei Comprensori.
L'adozione del programma è anche l'occasione per tutti i Comuni di fare il punto sui propri programmi e per verificare le disponibilità su cui possono contare per programmare la propria attività.
Può essere anche un modo per iniziare a semplificare, coordinare e razionalizzare l'inoltro e la sorte delle domande di contributo che gli Enti locali rivolgono alla Regione.
A tal fine viene presentato un ordine del giorno in cui si prevede che la Giunta regionale si impegni a far sì che il programma operativo possa sostituire le molteplici domande che i Comuni inoltrano in base alle singolo leggi di settore. E' presentato anche un emendamento in questo senso. Ne discende che la Regione dovrà attrezzarsi in modo da permettere che queste indicazioni di programmazione e coordinamento della spesa non rimangano lettera morta. Modifiche di poco rilievo sono apportate all'art.
53, 58 e 77. L'art. 83 viene modificato sostanzialmente e vengono abrogate le parti riguardanti l'approvazione dei PPA da parte della Regione.
Si stabilisce che i Comuni dotati di strumento urbanistico generale inadeguato, approvato prima del 1968, potranno approvare, congiuntamente all'adozione di una variante specifica, il primo PPA, qualora non l'abbiano ancora fatto, solo adottando almeno il progetto preliminare del piano regolatore generale. Comunque, l'approvazione dei PPA non potrà avvenire oltre i 120 giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale dell'elenco dei Comuni obbligati.
Analogamente è prevista la decadenza del PPA e l'applicazione delle limitazioni di cui al primo comma dell'art. 85, qualora dopo un anno dall'approvazione della variante specifica il Comune non faccia seguito con l'adozione e trasmissione del progetto di piano regolatore generale.
La stessa procedura è prevista con il secondo programma con l'avvertenza che non si potrà approvare il terzo se prima non ci si è adeguati alla normativa urbanistica regionale. Una procedura sostanzialmente analoga è prevista per i Comuni con strumento urbanistico post 1968.
Altre norme riguardano il coordinamento tra i PPA e i piani di recupero (ex legge 457), l'obbligo di approvare i PPA entro i 120 giorni della pubblicazione del nuovo elenco del Bollettino Ufficiale, le limitazioni di attività edilizia conseguenti al mancato rispetto dei tempi, l'eventuale applicazione dei poteri sostitutivi.
Perché queste procedure articolate e relativamente severe? motivi che hanno spinto a questa formulazione sono, da una parte, lo stimolo che si vuol dare ai Comuni perché adeguino i loro strumenti urbanistici e, dall'altra, nella fase di adeguamento necessariamente transitoria, si vuole consentire un'attività edilizia anche se per un periodo non indefinito ma limitato di tempo.
All'art. 84 si estendono le limitazioni di capacità insediativa del primo programma di attuazione al secondo programma di attuazione.
All'art. 85 si viene a colmare una lacuna presente nella legge 56 in quanto in tutta la legge per i Comuni non obbligati al PPA e dotati di uno strumento urbanistico ante 1968, non si prevedevano limitazioni ma l'applicazione del proprio strumento urbanistico.
All'art. 2 si precisa come le possibilità d'intervento previste al di fuori del PPA riguardano essenzialmente l'edilizia residenziale. Si indicano quali sono le concessioni e le autorizzazioni assentibili, cioè fuori dai PPA. Si precisa, inoltre, e si chiarisce che alcuni contenuti di cui all'art. 34 della legge 56 non sono transitoriamente obbligatori. Si tratta del non obbligatorio inserimento nei PPA degli interventi di restauro e di risanamento delle aree destinate a edilizia popolare e del rispetto della proporzione tra edilizia pubblica e privata. Queste norme valgono ovviamente fino al 31 dicembre 1984.
All'art. 3 si norma il periodo transitorio fino all'entrata in vigore della legge così da regolare in modo ordinato il passaggio alla nuova disciplina per cui i PPA già approvati all'entrata in vigore della legge mantengono la loro efficacia; successivamente il tutto, varianti o PPA nuovi, verranno approvati dai Comuni. La Regione si impegna a fornire l'elenco dei Comuni obbligati, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, e questo è importante per ridurre al minimo il periodo tra l'approvazione della legge e la pubblicazione dell'elenco.
Viene proposta l'urgenza della legge stessa. La Commissione ha lavorato con molta assiduità e molto impegno. Prezioso è stato indubbiamente l'aiuto dei funzionari della Commissione e dell'Assessorato. Soprattutto grazie al loro impegno si è riusciti a concludere un lavoro che sembra molto positivo anche sotto l'aspetto tecnico.
La Commissione ha licenziato a maggioranza il progetto di legge e lo raccomanda all'approvazione del Consiglio regionale.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Premetto alcune considerazioni sull'atteggiamento che il Gruppo DC terrà nella discussione di merito sull'articolato del disegno di legge 204 anche per giustificare una collocazione politica che ci vede ancora una volta critici e quindi non disponibili ad accettare la totalità delle proposte che sono state formulate, anche se sono già state discusse e modificate in Commissione. L'esame e la votazione del disegno di legge 204 pone finalmente il Consiglio regionale in condizione di modificare la legge regionale urbanistica n. 56 in modo più radicale di quanto non sia stato fatto con la legge 50 del 20/5/1980.
L'occasione discende da adempimenti di legge nazionale in quanto è noto che la legge 94 modificando, tra l'altro, l'istituto del PPA, impone conseguentemente alle Regioni l'adeguamento dei propri contenuti normativi e legislativi in proposito fissando anche i tempi relativamente ad alcuni adempimenti. Insistiamo nel definire questa un'occasione subita e non voluta da questa maggioranza che regge l'esecutivo e le modifiche sono di portata limitata rispetto agli obiettivi politici e alle promesse che sono state reiteratamente fatte sia all'inizio della legislatura sia in occasione della cosiddetta verifica. Tutto ciò non è certo merito dei socialdemocratici piemontesi né possiamo dare degli alibi di paternità a qualsiasi Gruppo politico e nemmeno al cosiddetto cartello laico.
Siamo in presenza di adempimenti che accettano le conseguenze che derivano dall'impostazione data dal legislatore a livello nazionale, ma che sostanzialmente cercano di non scostare i contenuti della legge 56 dal modello che i socialcomunisti avevano dato alla legge stessa negli anni 1977/1978, anche se poi sono sopravvenuti atteggiamenti critici che avrebbero dovuto produrre effetti ben diversi rispetto alle promesse fatte.
Non ci stupisce nemmeno il ritardo nell'approntare il corpo totale di queste proposte di modifica e non accettiamo nessuna enfasi per riconoscimenti di iniziative a forze politiche di maggioranza; semmai sottolineiamo come anche questo disegno di legge in attuazione della legge 94 sia frutto di una proposta sollecitata dalla DC e dalle altre forze di opposizione, in leggera difformità rispetto a posizioni di maggiore integralismo che da parte di alcune componenti della forza di maggioranza erano emerse nella Commissione stessa.
Denunciando, quindi, ancora una volta, i ritardi con i quali la maggioranza intende affrontare le modifiche alla 56, con tutte le conseguenze che il Piemonte sta subendo e subirà nei prossimi anni rispetto alle condizioni di sviluppo, ci apprestiamo comunque ad entrare nel merito delle modifiche dicendo fin d'ora che, indipendentemente dai risultati che sono acquisibili con questa maggioranza e con questo testo, i problemi insoluti e le risposte mancate permangono e quindi la battaglia non pu limitarsi a questa sede e a questo ambito, ma dovrà proseguire nelle sedi opportune e su contenuti ben maggiori.
Questa battaglia non è vinta nemmeno dai ferrei sostenitori dell'integralità e dell'intangibilità concettuale della legge 56 che sostenevano essere il fiore all'occhiello del testo della legge Bucalossi (che tra l'altro è stata approvata dodici mesi prima). Comunque questi fiori all'occhiello oggi vengono demitizzati e ricondotti ad una dimensione molto più realistica soprattutto per quanto attiene ad alcuni contenuti che voglio brevemente ricordare.
In secondo luogo la programmazione comunale dell'attività edilizia viene sottratta, in quanto tale, al controllo della Regione trattandosi di materia di competenza delle Amministrazioni comunali che non debbono trovare in sede di programmazione dell'attività edilizia ulteriori imposizioni al loro operato da parte della Regione.
Il terzo fiore all'occhiello riguarda la programmazione dell'attività edilizia concepita nella 56 come l'universo delle attività e delle trasformazioni all'interno di una comunità.
In ultimo il PPA, che non è strumento urbanistico pertanto non è assoggettabile né ai controlli né a quelle precauzioni formali proprie dell'innesco delle misure di salvaguardia che si riferiscono agli strumenti urbanistici.
Nonostante l'accettazione di questi contenuti che sono stati trasferiti, accettati o meno concettualmente dalla maggioranza, in questo testo vi sono ancora alcuni punti oscuri sui quali abbiamo già operato una battaglia in Commissione ed ottenuto qualche modificazione ai testi iniziali.
Innanzitutto l'elenco dei Comuni, secondo cui alcune realtà comunali debbono essere assoggettate a questa penalizzazione, nonostante la loro dimensione economica, sociale e di attività edilizia non giustifichi questo tipo di assoggettamento.
Abbiamo insistito perché non si parli di elenchi di Comuni ma si parli di provvedimenti motivati separati anche perché riteniamo che queste condizioni non permangano continuativamente, ma possano semmai essere modificabili in funzione di eventi di programmazione a scala sovracomunale che possono quindi legittimare un tipo di controllo e di previsioni più oculate di quanto non possa essere fatto a scala comunale.
Riteniamo che la Regione affronti nel merito il problema degli strumenti di supporto alla programmazione, non cerchi quindi di inserire furtivamente in questo testo legislativo un nuovo tipo di programma operativo sostituendolo di fatto ad un'azione di raccolta e di coordinamento di dati utili alla programmazione che potrebbero essere comunque effettuati dalla Regione senza inutili imposizioni di produzioni cartacee.
Proporremmo che questo programma operativo venga sostituito da un documento allegato al bilancio senza avere le caratteristiche di onnicomprensività di programmazione, così come è richiesto nel testo.
I nostri maggiori dubbi e le nostre riserve sono relative agli artt. 2 e 3.
Non sto a spendere altre parole per denunciare come questa situazione di transitorietà di fatto si perpetui ormai da 5/6 anni con il rischio di eludere le aspettative e gli stessi strumenti di incentivazione che sono stati predisposti dal legislatore nazionale, come già prima avevo ricordato.
E' quindi necessario che la transitorietà venga ad assumere il rilievo dovuto con l'impegno ad affrontare l'elaborazione e l'approvazione dei piani territoriali, diversamente l'impalcatura della legge 56 viene ancora una volta a denunciare i suoi limiti con tutte le conseguenze che possono derivare sia sulla strumentazione sia sull'attività in quanto tale.
In ultimo ricordo come i contenuti della legge 94 non siano tutti affrontati in questo disegno di legge. Molti temi che concernono istituti innovativi, quali il certificato d'uso, l'interpretazione dell'applicabilità del silenzio - assenso, i concetti propri relativi ad alcune definizioni che se anche non sono obbligatoriamente riproponibili in un testo legislativo regionale, debbono avere nella realtà regionale un'interpretazione sufficientemente comune in modo da evitare sperequazioni, abusi o dare adito a possibilità di annullamento di concessioni da parte della Regione.
Da tempo abbiamo auspicato che l'Assessorato formuli proposte di chiarimento da poterne valutare l'opportunità di inserimento o nella legislazione oppure in una circolare, ma finora non abbiamo ancora avuto nessun pronunciamento da parte dell'Assessorato.
Ci apprestiamo a presentare degli emendamenti rispetto al testo presentato. Valuteremo conseguentemente la posizione che assumeremo nel voto finale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerutti.



CERUTTI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, preciso che il mio nome è apparso come relatore in quanto, in attesa del Consigliere Biazzi, si è fatto il mio nome pur sapendo che sarei intervenuto a nome del Gruppo. Il Consigliere ha detto che questa modifica è subita dalla Giunta.
Ritengo che l'atteggiamento del Ministro Nicolazzi, che ha voluto non senza contrasti portare avanti al Parlamento la legge 94, sia positivo.
Il Consiglio regionale è chiamato ad adeguarsi alla legge nazionale anche in modo forzato per alcuni Gruppi politici e deve apportare alcune modifiche anche sostanziali alla normativa regionale.
In sede di Commissione abbiamo dato il nostro voto favorevole riservandoci di presentare alcuni emendamenti in fase di dibattito consiliare.
Si tratta di definire alcuni aspetti che hanno valore ai fini attuativi ma che, così come sono formulati nel testo in discussione, rischiano di vanificare lo spirito della legge 94.
Mi riferisco in particolare all'art. 91 dove il recupero edilizio (interventi del tipo d) è vanificato.
All'art. 83 si parla degli strumenti urbanistici approvati dopo il 1968. Qui il riferimento alla legge 94 è chiaro perché si parte da quella data per il riconoscimento degli strumenti urbanistici operativi.
Riteniamo che la formulazione attuale sia estremamente limitativa nei confronti della legge nazionale e a questo proposito presentiamo un emendamento con il quale proponiamo di imporre ai Comuni l'adozione del progetto preliminare del piano a dieci anni dall'approvazione del piano precedente.
Rimane una piccola perplessità per quanto riguarda l'elenco dei Comuni obbligati alla predisposizione del programma di attuazione.
Non mi sento di fare processi alla formulazione che si è data alla legge. Il riferimento alla legge nazionale è chiaro, il giudizio che ciascuna forza politica darà in modo da non vanificare alcuni aspetti che riteniamo estremamente importanti che la legge 94 ha portato in modo soprattutto qualificante per quanto riguarda la diversificazione territoriale da Comune a Comune perché il porre già una soglia oltre ai 10.000 abitanti, il limitare a determinate condizioni, i Comuni al di sotto di questa soglia obbligandoli alla formazione del programma di attuazione significa anche rendersi conto della realtà territoriale dei Comuni pertanto rendersi conto che certe imposizioni a certi Comuni per numero di abitanti, per certe caratteristiche i Comuni che hanno, diventa un atto al di fuori di ogni possibilità programmatoria da parte di questi Comuni.
Condivido la norma che obbliga di allegare la documentazione ai bilanci comunali. Questo potrebbe consentire una valutazione più corretta da parte degli organi di programmazione regionale e privilegiare quei Comuni che sono in condizioni finanziarie e territoriali di estrema carenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Il nostro atteggiamento non prescinde dal giudizio che abbiamo dato sulla legge 94 in sede nazionale che, purtroppo, per soli sei voti non ha sortito l'effetto di eliminare dalla stessa gli aspetti negativi riguardanti la programmazione urbanistica.
L'ispirazione di fondo della legge 94 va verso la liberalizzazione dell'uso del territorio, riapre spazi alla speculazione, è in linea con quella che chiamiamo la controriforma neo-liberista e neo-centralista che in qualche modo si aggancia ai discorsi generali sulla gestione complessiva dell'economia che toglie possibilità alle Regioni di operare in campi di intervento che in passato loro competevano.
Le norme sugli sfratti sono state continuamente usate come arma di ricatto per far passare altre norme che sono inaccettabili e contro le quali continuiamo a lottare. Ricordo che l'eccezione di incostituzionalità presentata al Parlamento dal nostro partito su una serie di norme ha sortito l'effetto importante di evidenziare le crepe all'interno della maggioranza.
Nel momento in cui una legge nazionale tende a cancellare 40 anni di lotte e di legislazione urbanistica, non si può non tener conto del giudizio che abbiamo dato a livello nazionale proprio quando la legislazione nazionale invade il campo legislativo delle Regioni in un'ottica neo-centralista.
La nostra posizione rispetto al disegno di legge n. 204 così com'è stato licenziato dalla Commissione è tesa a recuperare una serie di elementi di controllo e di programmazione secondo l'ispirazione di fondo della legge 56 del 1977.
E' necessario anche ricordare che queste sono soltanto le prime modifiche alla legge 56 in quanto sono in atto altre proposte di modifica da parte della Giunta, quindi rimane aperto il problema di fondo ossia se attraverso questo primo atto la Regione intende recepire ed adeguarsi alla legge nazionale, oppure se questo è l'avvio di un processo che porterà ad adeguare la legislazione regionale recependo le ispirazioni di fondo che sottendono alla legge 94. Questo problema condizionerà le ulteriori modifiche alla legge 56 e già nella votazione degli emendamenti potremo incominciare a verificare.
Sarà anche opportuno che con la presentazione delle ulteriori modifiche alla legge 56 la Giunta regionale e l'Assessorato competente presentino una relazione sulla gestione della legge stessa e sulla validità degli strumenti attuativi al fine di poter valutare l'utilità o meno di ulteriori modifiche.
Ci siamo battuti contro la legge 94 ed il voto che esprimeremo oggi terrà conto di questa posizione politica. Continueremo la battaglia per far maturare negli Enti locali una cultura di gestione urbanistica e del territorio democratica, partecipata, contro la speculazione e i rischi dei disastri degli anni passati.
Con questi principi ci atteggeremo anche nella votazione degli emendamenti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Signor Presidente, non avrei intenzione di intervenire in queste condizioni.
Perché questa pregiudiziale? Perché ci troviamo di fronte ad un fatto nuovo che deve essere sottolineato.
L'intervento del Consigliere Cerutti riapre il discorso su due punti e mezzo del provvedimento di legge, modificando in modo avvertibile e significativo l'esito dei lavori della Commissione.
Nella Commissione, dopo un lavoro faticoso ed intenso, si era arrivati ad una votazione su un testo che per alcuni punti nodali dava indicazioni in una certa direzione. Oggi, il Consigliere Cerutti, a nome del PSDI e di una componente della maggioranza riapre il problema del recepimento del decreto Nicolazzi per quanto attiene gli interventi alla lettera d), riapre il problema per quanto riguarda la possibilità di operare con programmi di attuazione con strumenti urbanistici post-'68, semplicemente ponendo il termine di validità di legge di dieci anni e, con qualche maggiore prudenza, dimostra di comprendere le ragioni sviluppate con forza e con foga dalle opposizioni in Commissione sul nodo degli elenchi dei Comuni. In più, ci risulta, della disponibilità della maggioranza ad accogliere un altro dei punti forti della posizione dell'opposizione cioè di emendare l'art. 37 consentendo l'aggiornamento dei programmi d'attuazione per le esigenze motivate di ordine produttivo.
Ecco allora il perché, indipendentemente dalle memorie trasmesse agli atti, abbiamo posto questa pregiudiziale, cioè che ci fosse un'adeguata rappresentanza del governo della Regione sui banchi del Governo. Questa legge ci sembra ancora nel divenire. Quando, per bocca del rappresentante del PSDI, autorevole esponente di Giunta, si riaprono in aula i punti, sui quali si era discusso per dei pomeriggi interi in Commissione e sui quali le opposizioni che rivendicano a proprio merito l'aver insistito a lungo sull'importanza di riflettere a fondo su questi tempi, vuol dire che noi oggi non votiamo sulla legge votata in Commissione, ma votiamo su un testo di legge aperto ai lavori d'aula, all'attenzione che l'esecutivo porrà all'emergenza dei lavori d'aula, alle posizioni che le forze politiche assumeranno nell'aula su questi specifici punti, e noi costruiremo il provvedimento di recepimento della legge 94 nell'ordinamento regionale.
Non era un atto formale il richiamo ad una possibilità di dialogo e di confronto nell'aula perché c'è un fatto nuovo. Abbiamo delle riserve sull'atteggiamento da tenere su questa legge ove le linee indicate dall'Assessore Cerutti fossero integralmente recepite.
Si tratta di modifiche sostanziali.
Ma dopo questa premessa dovuta alla particolarità del dibattito e alla situazione in cui il dibattito si sta svolgendo, vorrei anticipare come intendiamo partecipare ai lavori sulla discussione ed approvazione della legge, con un intervento di carattere generale e poi con interventi di carattere specifico articolo per articolo.
Il provvedimento 94 (Nicolazzi) aveva due sezioni: una che riguarda la normativa in materia urbanistica ed una che riguarda la programmazione in materia edilizia.
La Giunta si è fatta parte diligente di predisporre un testo di recepimento della parte di normativa urbanistica, ma non ci sembra che giunga puntuale all'appuntamento con la normativa di programmazione per la parte edilizia.
Apprezzo che l'Assessore Rivalta, ancorché non direttamente interessato alla conversione in legge di questo provvedimento, sia presente nella discussione.
Voglio ricordare come su questo tema il Gruppo liberale abbia presentato una propria proposta di legge.
Richiamo le altre forze politiche all'importanza di questa iniziativa perché qui si parla tanto di rivendicazioni regionalistiche e poi non siamo in grado di tutelare la Regione, nemmeno nei campi dove più importante e più necessaria è la sua azione di programmazione.
Lamentiamo che l'applicazione di alcune norme del decreto Nicolazzi di fatto esproprino la capacità programmatoria della Regione nella realizzazione di una serie cospicua di interventi. In pratica il Nicolazzi ha spartito la gestione dei finanziamenti della legge 457 e dei rifinanziamenti della legge 25 in due canali: una parte ordinaria che confluisce nelle responsabilità regionali ed una parte che viene passata direttamente dal Ministero ai grandi Comuni al di sopra i 100.000 abitanti per quanto riguarda le opere di urbanizzazione e alle aree metropolitane per quanto riguarda i finanziamenti della legge 25, la cui programmazione esula completamente dalla capacità e dalla competenza regionale.
Questo è un fatto molto grave. Mi stupisco che questa maggioranza che molte volte abbiamo accusato di avere una visione sindacale della funzione regionale, spesso in contrapposizione ai problemi dello Stato, non faccia polemiche su questi temi.
Come può l'Assessore Rivalta pensare di programmare correttamente i finanziamenti della legge 457 con i meccanismi che ha già messo in atto quando gli passano da un'altra porta tutti i finanziamenti di acquisto e di urbanizzazione delle aree che vengono dati direttamente ai Comuni e quando vengono dati direttamente al governo delle grandi aree metropolitane i finanziamenti della legge 25? Soprattutto chiedo a questo esecutivo come fa a pensare di conciliare questa smagliatura nelle norme dello Stato con la legge 6 che abbiamo approvato proprio per la programmazione dell'uso delle aree. Noi abbiamo votato la legge però agli atti del Parlamento ci sono gli emendamenti che avevamo presentato.
Apro una parentesi. Perché il dibattito comunista, con la forza che ha invece di attaccarsi al feticcio del silenzio - assenso che è davvero un falso problema, non ha fatto propria questa rivendicazione centrale? C'é la proposta liberale con cui chiediamo che in tempi brevi si arrivi ad un confronto e si dica se questa Giunta non ritiene di fare una norma che rivendichi alla Regione, in contraddittorio con il CER. la localizzazione di questi finanziamenti, che saldi questa programmazione con la legge 6.
A nostro avviso è opportuno arrivare all'approvazione di questa fase del provvedimento contestuale al recepimento della parte urbanistica.
La seconda considerazione è di carattere generale.
Credo che tutte le volte che si discute di urbanistica ci sia un vizio di fondo per cui, apparentemente, quelli che si schierano per la semplificazione delle procedure, per la riforma della strumentazione urbanistica siano dei neo-liberisti, interessati soltanto a veder rifiorire la speculazione, mentre tutti quelli che si collocano per il rigore delle procedure e per la complicazione degli strumenti urbanistici siano per la difesa dell'ambiente e della natura.
Questa schematizzazione non l'accetto, perché non è vera. Il problema è un altro e dobbiamo essere molto attenti non tanto nella discussione di questo provvedimento limitato, ma in prospettiva della revisione della legge 56.
Il vero nodo non è tanto nel ritoccare le procedure di questa legge, è nel domandarci se nella realtà articolata e complessa piemontese in cui vi sono situazioni territoriali molto difformi e condizioni di trasformazione molto variabili, quell'impianto normativo, costituito in riferimento ad una particolare gerarchia di strumenti urbanistici, sia adatto a conseguire dei risultati.
Se ne siamo convinti, probabilmente ha ragione il prof. Astengo nel dire che su quel binario il meglio che si poteva fare è questa legge e questa bardatura.
Se siamo invece convinti che quell'assetto di gerarchia di strumenti urbanistici, di collegamento tra strumenti urbanistici e strumenti operativi, di saldatura tra strumenti urbanistici e responsabilità di formazione e di approvazione non è adatto a governare le trasformazioni territoriali del Piemonte negli anni '80-'90, noi dobbiamo immaginarci un impianto legislativo sostanzialmente modificato e diverso.
Questo è il grande tema della verifica della legge 56 a cui dobbiamo avvicinarci senza convinzioni ideologiche ma ragionando di più sull'opportunità di modificare la gerarchia degli strumenti urbanistici diversificarci profondamente, di capire che il governo del territorio avviene più con gli strumenti operativi che non con gli strumenti generali cioè di abbattere una mitologia della pianificazione urbanistica su cui di fatto si costruiscono le velleità delle lezi e le impotenze amministrative.
Che qualche fondamento il mio intervento ce l'abbia lo dimostra un fatto: si dice che la legge 56 non è una legge restrittiva ma è restrittiva soltanto in attesa di essere messa a regime.
Oggi non facciamo pagare alle autonomie locali le umiliazioni di norme penalizzanti quando la responsabilità degli atti che consentirebbero di superare queste norme penalizzanti non spetta agli Enti locali ma spetta alla Regione. Abbiamo il paradosso di una Regione che impedisce ai Comuni di esercitare la pienezza delle loro responsabilità nella pianificazione urbanistica, sotto il vincolo dell'assenza di strumenti di carattere generale che non toccano le autonomie locali ma toccano la Regione. Su questo tema qualche riflessione va fatta per spezzare questa spirale perversa tra un mondo descritto dalle leggi che non esiste ed un mondo reale che è umiliato dalle leggi e poi di fatto trova gli sbocchi sbagliati per dar seguito alle iniziative che sono in corso. Questo provvedimento noi lo vogliamo leggere nella sua esiguità.
Qui stiamo discutendo come recepire nell'ordinamento della legge 56 una parte di una parte del provvedimento ex Nicolazzi, cioè le norme che riguardano i programmi di attuazione. Si sono scontrate sostanzialmente due posizioni: quella che riteneva che, indipendentemente dalle norme oggi vigenti nella Regione, lo spirito del Nicolazzi dovesse essere totalmente recepito ed inserito e di quelli che ritenevano che lo spirito del Nicolazzi doveva essere recepito solo in quanto risultasse compatibile con il più generale assetto che la Regione Piemonte si era data.
Su che cosa si è discusso? Di cose secondarie, che qui non è il caso di richiamare e di cose importanti. E' per i liberali cosa importante l'eliminazione dall'art. 36 del termine "elenco".
Non per un fatto formale, perché è ben vero che si parla di elenco con motivazione riferita ad ogni singolo Comune ma a noi sembra che questa dizione apra lo spazio al fatto che la norma è l'essere inseriti nell'elenco, mentre la dizione che eliminasse la parola "elenco" farebbe capire che quella è l'eccezione. Noi vogliamo che nel Piemonte come nelle altre Regioni i Comuni al di sotto dei 10.000 abitanti siano obbligati alla formazione del programma pluriennale di attuazione, in quanto eccezione non in quanto vi sia una situazione bilanciata controllata caso per caso ma che rientri in un complesso superiore di controllo dell'attività urbanistica, perché il programma di attuazione, come è ancora ribadito dal provvedimento Nicolazzi è un atto amministrativo non un atto urbanistico quindi, salvo casi eccezionali, la sua formazione deve dipendere dalla volontà del Comune di operare su quelle linee.
C'è poi l'altro problema di fondo, il tentativo di individuare dei criteri oggettivi per l'individuazione dei Comuni che di fatto produce delle difficoltà rilevanti.
Vi è poi il nodo di fondo delle attività produttive. Riteniamo che i tempi per dar seguito alle iniziative delle attività produttive siano sostanzialmente più rapidi dei tempi di formazione dei programmi di attuazione, anche perché l'esperienza di questi primi anni ci fa vedere come i programmi di attuazione siano già in ritardo, siano attuati con maggiore ritardo e quindi i nuovi programmi tardino.
Il Comune di Torino è stato fra i primi a fare il programma di attuazione, ha fatto un aggiornamento, ormai scaduto, la formazione del nuovo programma non viene, quindi vuol dire che un'iniziativa che non fosse stata inserita tre anni fa, dovrà aspettare ancora due anni prima di poter essere recepita nelle norme.
Ecco, quindi, da un lato la nostra posizione di fondo di chiedere l'estensione della normativa del Nicolazzi, anche non al residenziale, in quanto in termini letterali a noi non sembra che ci sia questo vincolo comunque, anche se ci fosse, trattandosi di principio generale era legittimo che la Regione Piemonte rivendicasse una pienezza di responsabilità su questa materia; in via subordinata chiediamo che l'art.
37, in cui si parla della modificazione del programma di attuazione in qualsiasi momento, apra delle finestre non soltanto per la legge 457 (peraltro meno irrilevante perché la quasi totalità degli interventi avviene in piani 167, quindi già esclusi dalla disciplina del programma di attuazione, o per le varianti ai piani urbanistici generali), ma si apra una finestra su un provvedimento motivato del Comune per iniziative di carattere produttivo.
L'altro punto di scontro e di discussione è all'art. 37 bis che è un compromesso in quanto introduce il programma operativo delle opere (sarebbe anche opportuno correggere letteralmente questa cacofonia) degli interventi pubblici.
Ho l'impressione che a volte la Regione predichi bene ma razzoli male.
Si barda l'obbligo per i Comuni di produrre questo ulteriore pezzo di carta con l'esigenza della Regione di tener sotto controllo la programmazione degli interventi, il coordinamento, ecc.
La Regione stessa nell'usare degli scarsi finanziamenti di cui dispone non si perita di seguire le procedure stabilite dalle norme di legge, quale quella di sentire i Comprensori.
I Comuni si ribellano a queste cose.
La nostra posizione su questa materia è molto chiara. Non si creda di schiacciare l'opposizione liberale su questo provvedimento con il marchio infamante della reazione o della speculazione. Non è così. Noi siamo d'accordo che i Comuni debbano trasmettere alle Regioni la scheda annuale di domanda delle aree, siamo anche d'accordo di invogliare i Comuni a far sì che questa domanda non sia il foglio compilato a ciclostile dal Segretario comunale, ma che abbia la dignità di una delibera comunale.
Vogliamo, però, per evitare ogni equivoco, spogliare questo documento da ogni contenuto di carattere urbanistico.
Questo documento deve essere un atto amministrativo di raccolta, una volta all'anno, delle esigenze di intervento e delle richieste di finanziamento dei Comuni, altrimenti viene ad essere un programma di attuazione di serie B dopodiché la sua efficacia viene ancora ad essere più discutibile che se non fosse fatto in termini generali.
Oggi accettiamo una sanzione per i Comuni che hanno uno strumento urbanistico ante-'68 e che non abbiano provveduto nemmeno all'adozione del progetto preliminare. Ci sembra giusto che i Comuni i quali abbiano governato così male se stessi siano penalizzati.
Quindi cadono le nostre riserve su questa parte del provvedimento.
Ci sembra inapplicabile la disposizione che dice che ove non sopraggiunga l'approvazione definitiva decade il programma pluriennale per le parti non attuate, già la legge Ponte dava un certo numero di anni per realizzare certe cose.
Questo è comunque un aspetto secondario.
Ci siamo invece battuti con forza e ci fa piacere vedere che il PSDI abbia accolto la nostra posizione per fare salvi gli strumenti post-'68.
Una cosa è la pianificazione urbanistica e una cosa è la programmazione attuativa.
La Regione usi le sanzioni che meglio crede per obbligare i Comuni a fare i piani ed aggiornarli, ma non impedisca agli stessi la pienezza delle proprie responsabilità amministrative.
L'Assessore Cerutti diceva: "Non facciamo una sanatoria che valga all'infinito, teniamo presente che dopo dieci anni i piani vanno revisionati".
Questa posizione l'accogliamo rivedendo il termine dei dieci anni perché una Regione che non sempre è adempiente nei termini previsti pu accettare che il Comune abbia qualche ritardo nella formazione di questi documenti. Ci domandiamo, però, perché i Comuni sono così restii a fare della programmazione urbanistica. Perché oggi un Comune che metta in piedi la revisione del proprio strumento urbanistico incappa nelle tagliole ragionieristiche delle limitazioni dimensionali nella formazione del piano in quanto non esistono i piani territoriali di coordinamento la cui formazione non dipende dai Comuni. Ecco la resistenza del Comune che preferisce gestire responsabilmente con prudenza, con attenzione lo strumento urbanistico esistente ancorché imperfetto, piuttosto che avventurarsi in una pianificazione che subirebbe le tagliole di carattere puramente formalistico.
Ci fa piacere che si capisca che togliere dagli interventi esclusi dal programma di attuazione la ristrutturazione edilizia di fatto porterebbe ad un'interpretazione del tutto diversa dalla sostanza del provvedimento Nicolazzi, quindi ci auguriamo di approfondire la proposta formulata dai socialdemocratici su questa materia.
Qualche riflessione va ancora fatta sulla lettera b) dell'art. 2 perlomeno per indicare meglio ai Comuni la strada attraverso la quale possono procedere al riconoscimento delle situazioni di fatto maturate (zone C che nel corso dei dieci anni sono diventate zone B).
La posizione del nostro partito è: un richiamo alla necessità di completare il recepimento del Nicolazzi rivendicando una capacità di programmazione per la totalità degli interventi edilizi un'indicazione di lavoro sulla revisione della legge 56 una disponibilità, posta l'apertura del Partito socialdemocratico ad accogliere in misura significativa alcune delle indicazioni fornite dall'opposizione, a lavorare per produrre un testo di legge che soddisfi le esigenze dell'economia edilizia e della domanda abitativa senza porre in pericolo equilibri territoriali e valori ambientali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Dal dibattito sono emerse molte opinioni interessanti e la posizione dei diversi Gruppi politici in aula.
Pensiamo fermamente che, di fronte agli emendamenti che sono stati presentati o che debbono essere presentati, occorra qualche riflessione sull'organicità del testo, perché in questa materia non si deve essere oscuri, ma occorre essere chiari.
Forse sarebbe opportuno ricondurci nella Commissione per poter predisporre un testo corretto.
Di fronte ad una serie di interessi schierati, di opinioni vagliate, di giuristi pronti ad ogni interpretazione, la precisione del linguaggio e l'esatta indicazione degli obiettivi che si intendono cogliere, sono opportuni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

L'intervento del Consigliere Viglione è opportuno.
Voglio sottolineare, a testimonianza della battaglia che è stata svolta, che tutte le argomentazioni che sommariamente ho accennato, e che Bastianini ha ripreso più puntualmente, sono state oggetto di una battaglia delle opposizioni comuni.
I colleghi che hanno assistito ai lavori della Commissione possono testimoniare come su questi argomenti si sia tornati più volte. Ritenevamo che in aula pervenisse un testo riassuntivo della posizione della maggioranza.
In questo senso il mio intervento aveva espresso le nostre riserve e quindi i nostri atteggiamenti critici, disposti, in base a modificazioni che possano intervenire nei lavori a modificare l'atteggiamento.
Ho voluto fare questo chiarimento perché l'intervento che ho fatto precedentemente non aveva potuto tenere conto di imprevedibili posizioni modificate dalla maggioranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Il Gruppo comunista è d'accordo con il Consigliere Viglione ed accede volentieri ad un esame di merito.
Per quanto riguarda gli strumenti urbanistici post-'68 siamo disponibili ad un confronto sulle reali questioni per far emergere la realtà e per verificare se sia opportuno introdurre o meno delle modificazioni alla norma proposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Visto che la riunione è rinviata, credo vada rilevato il significato politico della disponibilità della maggioranza a voler scendere ancora sul terreno del confronto rispetto a problemi che ha visto i Gruppi consiliari di maggioranza e di minoranza impegnati in un dibattito molto intenso e molto approfondito.
Devo però rilevare che di fatto stiamo ancora aggiungendo rinvii ad un provvedimento che si trascina ormai da moltissimo tempo. Purtroppo sono trascorsi inutilmente 190 giorni visto che stiamo ancora definendo la data di riesame e quindi di approvazione da parte del Consiglio. In questo frattempo i Comuni sono stati completamente ignorati nel senso che nemmeno quella circolare con le indicazioni fondamentali si è attuata. Non soltanto ma siamo stati costretti ad intervenire su questa legge, a volte molto pesantemente su un organismo già abbastanza compromesso tanto è vero che c'erano i famosi disegni di legge per questo provvedimento.
E' difficile tenere i tempi che ci eravamo proposti malgrado avessimo avuto tutto il tempo necessario per arrivare con quelle modifiche sostanziali alla legge 54 sulle quali poter inserire anche le modifiche del decreto Nicolazzi.
Questo non è successo, lo registriamo con una certa amarezza ricordando che nel momento in cui nella Commissione consiliare facemmo questa proposta rimanemmo completamente isolati sia da parte della maggioranza sia da parte della minoranza.
Ringrazio la maggioranza che intende esaminare le modifiche che proponiamo all'art. 37 che possono dare snellezza ed elasticità in un settore vitale come quello della nostra economia, consentendo modifiche anche alla realizzazione di impianti industriali ed artigianali purché si determinino condizioni straordinarie e di eccezionale urgenza.
Siamo disponibili ad intervenire alle riunioni dei Capigruppo e della Commissione consiliare che saranno fissate purché si proceda con urgenza e nel più breve tempo si possa dare certezza agli Enti locali che aspettano dalla Regione delle risposte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Sono letteralmente sconcertato per il fatto che la riunione di oggi aveva l'obiettivo di approvare la legge che deve recepire, nei termini previsti di 90 giorni il provvedimento Nicolazzi e adeguare la legislazione regionale alla legge 94.
Dalla II Commissione è uscito un testo di legge sul quale i partiti della maggioranza concordavano. Oggi la concordanza non c'è più, si propone di rimandare il provvedimento in Commissione, quindi l'applicazione della legge 94 scatta senza che da parte della Regione ci siano indicazioni di adeguamento della legislazione regionale.
Il 10 luglio scadono i 90 giorni, quindi entrerà in vigore la legge 94.
Questo rinvio è grave e non posso non rilevare che quei timori che avevamo prospettato nel momento della verifica oggi si verificano.
Gli emendamenti proposti dal PSDI sono inaccettabili, del resto abbiamo espresso chiaramente la nostra posizione rispetto a quella della Giunta perché non soltanto si adegua la legislazione regionale alla legge 94 ma si recepisce l'ispirazione e la scelta politica che sottendono alla legge 94.
Inoltre, è inaccettabile l'andamento dei lavori di questa seduta e la proposta fatta dai partiti di maggioranza che compongono la Giunta di rinviare il provvedimento in Commissione.
C'é incoerenza tra ciò che i partiti esprimono in sede di Commissione e ciò che esprimono in aula.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore all'urbanistica

Credo che oggi una grossa contraddizione ha pervaso buona parte degli interventi e rischia di farci perdere di vista il senso di questa legge.
Il Piemonte è l'unica Regione che può approvare entro i 90 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge 94 la legge di recepimento della normativa regionale: che non si valuta l'importanza ed il significato di questo fatto e che ci siano palesemente in atto soddisfatti tentativi per allungare i tempi e fare in modo che anche il Piemonte si unisca al coro delle Regioni inadempienti rinunciando a legiferare in una materia di sua competenza, sono elementi che non nobilitano la nostra attività.
Certo, non ci possiamo compiacere dei ritardi che indeboliscono il ruolo delle istituzioni.
Questo primo elemento non è stato sufficientemente valutato.
Il secondo elemento che ha animato il dibattito è la più o mena soddisfazione nel presentare queste norme e nell'introdurre nel sistema normativo regionale il decreto Nicolazzi. Io non so quale sia il grado di entusiasmo o di gradimento con cui si accolgono queste norme: le riteniamo un atto necessario e dovuto.
Però da un lato si è dato atto che questa proposta di legge ha recepito in modo corretto la normativa del decreto Nicolazzi e ha introdotto delle modifiche profonde nel contesto della legge 56 e dall'altro si è detto che non si è andati abbastanza avanti da cambiarla radicalmente.
E' una contraddizione che non regge, visto che, per dichiarata volontà e per necessità del sistema legislativo della 56, potevamo affrontare nei 90 giorni soltanto l'aspetto che richiamava in causa le Regioni con un adempimento preciso, quello relativo ai PPA.
Questo aspetto non l'abbiamo affrontato con un disegno di legge organico che, dopo le modifiche in Commissione, conserva l'intelaiatura di fondo che aveva inizialmente.
La Commissione ha varato un disegno di legge approvato a maggioranza tuttavia con una serie di problemi ancora aperti, tanto è vero che un Gruppo liberale non votò in quella sede riservandosi il voto in aula.
Quindi mi stupisce la sorpresa che ha suscitato l'intervento del collega Cerutti quando anche in Commissione alcune questioni rimasero aperte e la Giunta si dichiarò disponibile a verificare alcune questioni in aula. Fu tanto chiaro quel comportamento della Giunta in Commissione che il Gruppo liberale non votò in Commissione dicendo che riservava il suo giudizio dopo la discussione degli emendamenti in aula.
I punti più controversi sui quali si sono soffermati gli interventi dell'opposizione non erano contenuti nel disegno di legge iniziale della Giunta, ma furono introdotti durante i lavori della Commissione. Se ci preoccupasse uno spirito di bandiera non avremmo difficoltà a cancellare le cose che, non noi, ma la Commissione ha introdotto nel disegno di legge.
Le preoccupazioni di fare in fretta e di fare bene sono presenti a tutti noi, non significano che si debba ricominciare da capo. La Giunta accoglie la richiesta fatta da Viglione e da altri interventi di ritorno in commissione, nel senso che, con la replica dell'Assessore, si chiude in aula la discussione generale sul disegno di legge.
Il prossimo Consiglio si aprirà con la votazione dell'art. 1 ritenendosi, con la replica dell'Assessore, chiusa la discussione generale sulla legge.
Devo fare pertanto al Consiglio alcune brevissime considerazioni in ordine ai punti principali che sono stati sollevati.
Abbiamo affrontato l'art. 6 della legge 94 e abbiamo tentato di dare organicamente un corpus all'accoglimento delle norme della legge 94 nel sistema della 56.
Abbiamo cercato di mantenere un criterio di obiettività nella determinazione dei Comuni obbligati a presentare il PPA ed abbiamo ancorato l'elenco ad alcuni criteri inseriti nella legge che diventeranno parametri con la deliberazione di Consiglio. Questo non per voler irrigidire in modo irragionevole l'individuazione dei Comuni obbligati, ma semplicemente per ancorare i Comuni che devono fare il programma pluriennale di attuazione ad una serie di parametri di natura obiettiva anche se la motivazione che dovrà presiedere all'individuazione dei Comuni deve essere analitica, cioè riguardare ogni Comune.
In base alla legge 56 i Comuni largamente inadempienti non avrebbero potuto procedere né al primo né al secondo PPA. Quindi le norme che abbiamo introdotto all'art. 83 sono norme che aprono prospettive che nella legge 56 non ci sono.
Quindi sono norme non restrittive, ma di allargamento. Ne abbiamo ampiamente discusso in Commissione.
Quando si indica il progetto di piano regolatore preliminare adottato significa in realtà rimettere nelle mani dei Comuni il problema. Non è un attentato all'autonomia comunale, anzi è un riconoscimento che uno strumento ancora nell'imperio del Comune viene già usato come punto di riferimento per valutare i PPA. Questo perché ci sono strumenti urbanistici pre e post 1968 che hanno delle dilatazione di espansione residenziale mostruose che passano da 10 a 65.000 abitanti, che moltiplicano del 500% le proprie possibilità edificatorie.
Se consentissimo a questi Comuni di fare i PPA (che viene approvato in sede comunale) consentiremmo di espandere di cinque volte le loro possibilità edificatorie e la loro popolazione. Sarebbe un risultato obiettivamente ragionevole? Credo di no.
Siamo disponibili ad esaminare con l'intenzione di accogliere l'emendamento presentato dal Gruppo repubblicano in ordine alla possibilità di modificare i PPA, anche al di là dell'annuale occasione di verifica quando vi siano esigenze di insediamenti produttivi. Ci possono essere aziende industriali che possono ottenere un finanziamento GEPI dopo che il Consiglio comunale ha variato il PPA che rischiano di perdere il finanziamento e di non poter fare la ristrutturazione che consente la tenuta in vita dello stabilimento.
Questo è un esempio di flessibilità nell'uso dello strumento che pu essere accolto quando risponde ad esigenze obiettive, o consideriamo il programma pluriennale di attuazione un errore della dottrina e della cultura ed auspichiamo che il PPA scompaia dal novero - degli strumenti legislativi e di programmazione, oppure consideriamo che il programma di attuazione sia uno strumento utile che consenta di quadrare i conti delle Amministrazioni pubbliche, che fa coincidere i programmi di espansione delle attività di costruzione e quelli di realizzazione degli investimenti per infrastrutture e servizi, che consenta ai Comuni di programmare su base pluriennale la loro attività di spesa, che dà certezza e diritto ai privati operatori circa la loro possibilità di realizzare gli interventi togliendoli dalla condizione di incertezza assoluta o di insubordinazione a forme di ricatto e di indebito prolungamento dei tempi e delle procedure e lo consideriamo un elemento utile se applicato laddove la dimensione dei problemi lo richiede, non dobbiamo salutare con favore ogni occasione ed ogni pretesto per togliere dalla legge il PPA.
Questi sono i dati del problema.
La responsabilità del mancato piano territoriale di Torino è del Comprensorio di Torino, non della Regione.
L'art. 37 bis è l'individuazione di un documento che abbiamo chiamato deliberazione sul programma delle opere pubbliche. Questo documento ci pare di grande importanza perché aumenta le possibilità di programmazione degli Enti locali e consente ai Comuni, con quel minimo di solennità che è data dalla delibera di Consiglio, di approvare i programmi di opere pubbliche.
Può essere che la norma non contenga il dettaglio degli adempimenti che devono essere connessi alla formazione di questo documento. Questo però non ha nulla a che vedere con un documento urbanistico: è una deliberazione di programmazione a livello comunale e, come tale, non ha alcun contenuto di natura urbanistica.
La richiesta delle cartografie permette di identificare in concreto di quali opere e di quali interventi pubblici si tratta sul territorio. Se ci viene richiesto il completamento di una rete fognaria vogliamo capire se si tratta di completamento davvero oppure se si tratta di iniziare una nuova costruzione da un'altra parte.
Interventi assentiti in base alla legge 94, fuori del PPA. A sfatare l'immagine di una maggioranza divisa o problemi gravi su questo punto, devo dire che il punto d), che il disegno di legge iniziale della Giunta non conteneva la richiesta che gli interventi di ristrutturazione edilizia dovessero essere individuati cartograficamente nei piani regolatori.
Durante i lavori della Commissione emerse questa proposta e, senza particolari ostilità ed obiezioni nell'ambito della Commissione medesima fu poi recepita ed inserita nel disegno di legge.
In quella occasione mi riservai di sentire l'opinione della Giunta su questo punto. Fu la Commissione che l'inserì: nessuna difficoltà a prendere in esame gli emendamenti che modifichino questo punto. Forse l'eccesso di democraticità nella discussione ha consentito di assemblare le proposte arrivate in Commissione e di fare apparire in questa sede la Giunta portatrice di un disegno di chiusura o di un disegno restrittivo, quando in verità taluni elementi restrittivi furono introdotti durante i lavori della Commissione e non nel disegno iniziale della Giunta. C'è un'ampia disponibilità a verificare.
Abbiamo maturato la convinzione anche suffragata da pareri dell'Ufficio Legislativo del Ministero dei Lavori Pubblici e dell'Avvocatura dello Stato che la legge 94 è una legge destinata esclusivamente alle attività residenziali. Questo è un punto irrinunciabile della legge. Con questo spirito e con queste considerazioni la Giunta è disponibile ad una verifica degli emendamenti in modo che si possa arrivare ad iniziare la votazione sui singoli articoli alla prossima seduta del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa.
Alla conferenza dei Capigruppo saranno affidati compiti di programmare la messa all'ordine del giorno della prosecuzione di questo argomento.


Argomento: Università - Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Esame deliberazione: "Diritto allo studio nell'ambito universitario. Attività di indirizzo e coordinamento. Definizione per l'anno accademico 1982/83 dell'ammontare dell'assegno di studio, della borsa di studio e dei limiti di reddito per beneficiare dell'assegno e della borsa di studio e di altri servizi a prezzi differenziati, nonché dei requisiti di merito richiesti"


PRESIDENTE

Nell'ultima riunione era stata richiesta dalla Giunta l'iscrizione all'ordine del giorno della seguente deliberazione: "Diritto allo studio nell'ambito universitario. Attività di indirizzo e coordinamento.
Definizione per l'anno accademico 1982/83 dell'ammontare dell'assegno di studio, della borsa di studio e dei limiti di reddito per beneficiare dell'assegno e della borsa di studio e di altri servizi a prezzi differenziati, nonché dei requisiti di merito richiesti".
Ne chiedo, se non vi sono obiezioni, l'iscrizione all'ordine del giorno. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 38 Consiglieri presenti in aula.
La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Normalmente le deliberazioni non hanno un relatore, ma poiché ad una deliberazione di questa portata è opportuno dare i dovuti chiarimenti, in assenza del Presidente della Commissione, dirò brevemente quanto necessario, il che varrà anche come dichiarazione di voto del Gruppo.
La deliberazione in esame, rispetto a quella dell'anno scorso presenta, oltre gli adeguamenti dovuti rispetto alle fasce di reddito l'estensione dell'assegno di studio e della possibilità di usufruire dei servizi anche da parte degli studenti iscritti a scuole dirette a fini speciali e l'introduzione per l'anno accademico '83-'84, per l'assegno di studio, accanto al criterio del numero degli esami, anche del criterio della votazione media conseguita, cioè il criterio del merito.
Sono inoltre aggiunti alla deliberazione gli schemi dei bandi di concorso, schemi che devono essere pubblicati entro il mese di Luglio. Si rischia, in caso contrario, di dare margini troppo ristretti agli studenti o di applicare i bandi dello scorso anno.
Le linee generali della deliberazione sono state sottoposte dalla Commissione alle varie espressioni dell'Università e, in base a questo incontro che la Commissione ha avuto con gli esponenti del mondo universitario, corpo accademico e studenti, sono già avvenute modificazioni rilevanti.
La discussione nell'ambito della Commissione ha dato origine a momenti di riflessione. I componenti della Commissione si sono riservati di precisare ulteriormente le loro posizioni. Credo che il Gruppo D.C. abbia presentato degli emendamenti scritti.
Il Gruppo comunista è d'accordo sulle linee generali portate avanti dall'Assessorato per dirimere questo problema. Pur tenendo conto delle perplessità del mondo degli studenti di fronte all'eventualità di introdurre il criterio del merito, il Gruppo comunista è d'accordo di impostare un discorso di questo tipo, cioè di introdurre il criterio del merito per ottenere la borsa di studio perché ritiene sia necessaria una serietà maggiore nell'ambito degli studi.
Aspettiamo alcuni chiarimenti da parte degli esponenti della D.C. per avere la possibilità di una decisione e di una risposta in merito.
Dall'esame delle richieste che sono già state fatte in Commissione potrei dire che c'è una difficoltà oggettiva nell'accettazione di alcune di esse, che sembrano andare contro l'interesse stesso degli studenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Con questo provvedimento si introduce una serie di principi che noi condividiamo nell'impostazione generale in quanto una maggiore serietà ed una maggiore rigidità nella concessione dei mezzi economici e sussidiari per garantire lo studio ai capaci e ai meritevoli fanno parte della nostra tradizione di democratici cristiani che non sono mai scesi ad atteggiamenti sessantotteschi.
Al di là di queste considerazioni di principio, le norme che andiamo a definire sono nella sostanza condivisibili. Alcuni aspetti specifici per ci lasciano delle perplessità che abbiamo cercato di tradurre in emendamenti anche se non è facile individuare in quattro o cinque emendamenti la questione complessiva.
In particolare, i nostri emendamenti tendono ad eliminare discriminazioni tra le categorie degli studenti e tra le categorie dei lavoratori.
Il primo emendamento tende a non discriminare tra famiglie che hanno redditi derivanti da lavoro dipendente e quelle che hanno redditi derivanti da lavoro autonomo.
Questo problema è stato discusso anche in Commissione. E' vero che il reddito da lavoro autonomo è più soggetto ad evasione fiscale, tuttavia non è opportuno codificare in un provvedimento del Consiglio regionale che i lavoratori autonomi, per il fatto che sono autonomi, sono anche evasori fiscali. E' un criterio scorretto che non potremmo sottoscrivere in quanto sappiamo che esistono altre fasce di evasione. Il Gruppo D.C. chiede di sopprimere questo capoverso.
Il secondo emendamento relativo all'utilizzo delle borse di studio o degli assegni in servizi apparentemente è di poca rilevanza, ma, a nostro avviso, assume un'importanza politica che riteniamo di dover sottolineare anche in questa sede.
Nella fattispecie abbiamo richiesto che l'utilizzo di assegni in servizi possa avvenire anche presso le strutture private. Nella proposta allegata alla deliberazione questo punto circa le modalità dell'utilizzo in servizi è indeterminato. Una mezza pagina è lasciata in bianco come anche al punto successivo, relativamente ai bandi. Forse l'Assessore si riserva di integrare questa parte dopo la discussione di oggi. Viene considerato servizio il posto letto presso il Collegio Universitario Einaudi e che quanto non è citato non venga considerato.
Le dichiarazioni dell'Assessore Ferrero erano nel senso di allargare il concetto di utilizzo in servizi anche nei confronti di gestioni private.
Un altro emendamento riguarda la sostituzione della parola "facoltà" con le parole "corso di laurea" in quanto presso diverse Facoltà si tengono più corsi di laurea con all'interno diversi livelli di difficoltà e diverse valutazioni scolastiche, per cui il riferirsi alla media delle medie è un dato numerico meno significativo di quello relativo alla valutazione media presso il corso di laurea frequentato.
Abbiamo inoltre chiesto di inserire una norma di carattere transitorio che costituisce un'eccezione alla regola precisa, non generica o immotivata per i casi di una deroga per un eventuale esame non sostenuto e di una deroga per un eventuale punteggio al di sotto della media prevista.
L'ultimo emendamento propone di aggiungere a pag. 13 del bando di concorso la nota: "per gli studenti iscritti al primo anno del corso di laurea il termine del 31 agosto dell'anno precedente viene prorogato dal 15 ottobre".
I nostri emendamenti, mentre da un lato consentono di introdurre norme più restrittive in ordine alla distribuzione degli assegni di studio e dei servizi, dall'altro tendono a considerare le oggettive difficoltà che soprattutto nella prima applicazione del provvedimento, possono insorgere.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

Il criterio generale a cui ci siamo attenuti nelle attività inerenti alle opere universitarie è stato quello di mantenere sia pure con difficoltà non tanto derivanti da questioni ideologiche ma da problemi concreti nell'esercizio delle funzioni amministrative e dell'inquadramento del personale, una continuità rispetto all'impianto precedente.
L'orientamento generale della Giunta è di proporre documenti che contengano ogni anno delle variazioni modeste da poter valutare a consuntivo l'effetto che i diversi cambiamenti introducono. Si tratta di una gestione nuova per la Regione, quindi va trattata con molta cautela, ma contiene all'interno dei bandi, delle normative e delle prassi una giusta e consolidata mediazione tra i diversi settori.
L'anno scorso abbiamo introdotto dei rilevanti mutamenti all'interno delle fasce di reddito estendendo i benefici a persone che erano state escluse l'anno precedente. Quest'anno si è inteso introdurre, sia pure con una salvaguardia, un maggiore peso nel criterio di merito. Su questa questione la Giunta, la Commissione per il diritto allo studio e la Commissione permanente si sono pronunciate in modo largamente maggioritario.
Questo, in realtà, non viene visto dagli attuali fruitori del servizio con eccessivo favore. L'aumento del merito, infatti, tende a modificare la composizione delle persone che recepiranno il beneficio in quanto sposta su coloro che hanno risultati scolastici più alti la quota crescente di interventi regionali. Per questa ragione ho difficoltà a introdurre all'interno di questo provvedimento lo spirito degli emendamenti del Gruppo D.C. che, sia pure in modi e in forme diverse, tendono a riaprire delle condizioni di merito e di reddito di maggiore, sia pure limitata, larghezza rispetto al testo in discussione. Il senso complessivo degli emendamenti è o di estendere in termini di merito o in termini di reddito le possibilità di accesso ai benefici.
Questo, nei confronti degli studenti rende meno nitida la discussione che dovrà avvenire a partire dal mese di settembre sull'esatto peso e sul contenuto che alle questioni di merito devono essere dati.
Così com'è nella sua versione originaria la deliberazione pone la volontà politica e quindi impegna i nostri interlocutori ad entrare nel merito sulle questioni di principio. Gli emendamenti aprono delle soluzioni amministrative che potrebbero essere accolte, ma che danno l'impressione di una posizione meno nitida della Regione, tanto più che quest'anno la deliberazione porta un'innovazione nel senso che si è deciso comunemente di allargare lo schema dei bandi. Preciso, tra l'altro, che quelle parti a cui faceva riferimento il Consigliere Bergoglio sono volutamente in bianco e tocca all'ente delegato e al Comune completarle.
Per quanto riguarda il secondo capoverso a pag. 3, si tratta di offrire una composizione interna dei beneficiari che favorisca i percettori di reddito indipendente rispetto ai percettori di reddito dipendente. Capisco le argomentazioni ma, rispetto ad una situazione consolidata, questo emendamento permette ai lavoratori che hanno un reddito da lavoro autonomo di raddoppiare quasi il livello di reddito per avere i benefici. Lo spostamento qualitativo in questi termini non è accettabile perché produce un cambiamento a sfavore dei lavoratori dipendenti. Questo significa passare da 6 a 11 milioni per i precettori di reddito da lavoro autonomo quindi non è un piccolo cambiamento.
Emendamento a pag. 5, primo capoverso. La base statistica, tanto più si restringe passando dalle Facoltà ai corsi di laurea, tanto più diventa fluttuante; inoltre, diventa meno certa nel suo significato. Abbiamo i dati delle Facoltà e non siamo in grado di ottenerne altri. Quindi su quell'emendamento a pag. 5 si dovrà ridiscutere per il prossimo anno.
Emendamento a pag. 4, quarto capoverso. L'aggiunta delle parole: "presso strutture private" non mi dà fastidio. Voglio solo rilevare che qui si vuole fare un processo alle intenzioni. Voglio far notare ai Consiglieri che sarà complicata la destinazione ottimale delle risorse pubbliche per cui aprire questa fase in cui vi sono dei nuovi collegi in costruzione l'avallo di strutture private come fatto voluto ed aggiunto non capisco se significa interruzione dei lavori edilizi o se ha soltanto un significato di testimonianza. In quest'ultimo caso, visto che vi è un rapporto tra persone serie, non vedo perché si debba ribadire questo punto ogni qualvolta sintatticamente la frase lo consente. Se, invece, si intende l'interruzione dei lavori edilizi, dato che si stanno spendendo miliardi per quelle strutture, vorrei discuterne chiaramente. Finora sui primi tre emendamenti non ritengo di poter convenire.
Sull'ultimo emendamento non sono d'accordo. Siccome i posti letto devono essere attribuiti all'inizio dell'anno, questa estensione determina una situazione di incertezza. Ne ho discusso con gli studenti i quali avevano in proposito opinioni divergenti. Alla fine erano dell'opinione di non cambiare niente per non creare differenze tra Facoltà e Facoltà.
Sull'emendamento sono molto perplesso. In Commissione si era fatto un ragionamento sulle borse di studio, sui pre-salari e sulle provvidenze. Qui si parla di ragioni familiari che non dovrebbero interrompere il diritto al beneficio. Questo, in via di principio, mi pare ragionevole. Siccome, per introduciamo una serie di "inasprimenti" nella situazione di merito, ma valgano le condizioni di miglior favore per l'anno accademico che sta per cominciare, che verranno fra due anni, mi chiedo se scegliere oggi questa situazione tecnica particolare non sia preclusivo proprio in relazione ai discorsi fatti in Commissione dal prof. Rigamonti, dalla prof.ssa Gambino i quali avevano opinioni sia pure diverse, ma più generali.
Sono del parere che l'accoglimento di questa soluzione specifica dia l'impressione che il Consiglio tra le infinite soluzioni diversamente graduate, abbia deciso di sceglierne una in particolare. Ho qualche perplessità e preoccupazione ad accettare l'emendamento. Non c'è chiusura da parte mia, ma non riesco a capire perché debba essere votato questo emendamento chiudendo un dibattito che è ben più complesso.



PRESIDENTE

Pongo quindi in votazione gli emendamenti presentati dal Gruppo D.C.
che recitano rispettivamente: 1) a pag. 3 sopprimere il secondo capoverso.
2) A pag. 5, al primo capoverso sostituire alle parole "per ogni Facoltà" la dizione: "per ogni corso di laurea".
3) A pag. 4, al quarto capoverso sostituire il punto con virgola ed aggiungere: "anche presso strutture private".
4) A pag. 5, al primo capoverso inserire: "Per garantire la continuità degli studi le norme relative alla media e al numero degli esami possono in via eccezionale e per una volta sola nel periodo di durata del corso degli studi universitari, essere derogati consentendo la possibilità di recupero di un esame nella sessione immediatamente successiva, ed ammettendo lo scarto di un punto sotto la media prevista".
5) A pag. 13 aggiungere in nota: "per gli studenti iscritti al primo anno del corso di laurea il termine del 31 agosto dell'anno precedente viene prorogato dal 15 ottobre".
Chi è favorevole al primo emendamento è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 13 voti favorevoli, 27 contrari e 3 astensioni.
Chi è favorevole al secondo emendamento è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 13 voti favorevoli, 27 contrari e 3 astensioni.
Chi è favorevole al terzo emendamento è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 13 voti favorevoli, 27 contrari e 3 astensioni.
Chi è favorevole al quarto emendamento è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 12 voti favorevoli, 27 contrari e 4 astensioni.
Chi è favorevole al quinto emendamento è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 12 voti favorevoli, 27 contrari e 4 astensioni.
Ha ora la parola il Consigliere Vetrino per dichiarazione di voto.



VETRINO Bianca

La posizione del Gruppo repubblicano sarà una posizione di astensione tecnica in quanto questa deliberazione è stata posta all'ordine del giorno per accordo intervenuto all'interno della conferenza dei Capigruppo ieri pomeriggio. Né io né il collega Gastaldi facciamo parte della sesta Commissione che aveva all'esame questo provvedimento, quindi non abbiamo potuto intervenire in modo motivato e responsabile.
Mi spiace molto questa posizione di astensione tecnica in quanto mi è parso di comprendere dalle parole dell'Assessore che finalmente in questa deliberazione si ribadisce il concetto del merito che noi ogni anno richiediamo. Mi è anche sembrato che alcune osservazioni che vengono dal Consigliere Bergoglio meritino un approfondimento.
Questa è un'occasione per ribadire la necessità che anche le Commissioni programmino i loro lavori in modo che deliberazioni importanti non vengano presentate in chiusura di seduta e su di esse si esprimano dei giudizi molto parziali, non motivati e non responsabili come sarebbe stato nelle nostre intenzioni.
Spero, comunque, che si riduca presto il numero delle Commissioni consiliari in modo che la presenza dei Gruppi minori sia maggiormente garantita. Soprattutto, spero che gli elettori ci diano più voti la prossima volta! Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Non possiamo accettare l'impostazione ultima che è stata data dall'Assessore.
Lo ringraziamo per aver detto che verrà ripresa la discussione su alcuni aspetti tecnici. Ci sono posizioni politiche che sottolineano una discriminazione tra il lavoro autonomo ed il lavoro dipendente e viene misconosciuta la necessità di dare cittadinanza politica anche alle strutture private.
Il Gruppo D.C. darà voto contrario augurandosi che con la ripresa della discussione la deliberazione possa modificarsi per i prossimi anni.



PRESIDENTE

Pongo ora in votazione la deliberazione nel testo originario che recita: "Il Consiglio regionale vista la legge 2211211979, n. 642 di conversione in legge con modificazioni del D. L. 31/10/1979, n. 536 concernente il trasferimento alle Regioni delle funzioni, dei beni e del personale delle opere universitarie di cui all'art. 44 del D.P.R. 241711977, n. 616; preso atto che la legge regionale 17/12/1980, n. 84 relativa a 'Diritto allo studio nell'ambito universitario' all'art. 7 attribuisce alla Regione la funzione di indirizzo e coordinamento anche mediante l'approvazione di linee di indirizzo o direttive pluriennali ritenuto necessario, in vista dell'emanazione dei bandi di concorso per i vari benefici a favore degli studenti universitari per il prossimo anno accademico 198211983, modificare sia i limiti di reddito per poter ottenere i benefici stessi, sia l'ammontare dell'assegno di studio e della borsa di studio in quanto gli stessi non risultano più congrui e adeguati, sia i requisiti di merito per l'anno accademico 1983/1984 sentito il parere della Commissione consiliare competente delibera di stabilire, secondo le modalità sottoindicate, per l'anno accademico 198211983, le seguenti fasce di reddito, al netto dei contributi assistenziali e previdenziali per l'attribuzione delle tessere mensa e di altri servizi a prezzi differenziati: limite di reddito per la prima fascia: L. 11.200.000 limite di reddito per la seconda fascia: L. 15.600.000 limite di reddito per la terza fascia: L. 19.200.000.
Il limite di reddito per la prima fascia è anche quello fissato per l'attribuzione dell'assegno di studio per l'anno accademico 1982/1983.
I limiti di reddito sono così individuati: 1) le cifre relative al limite di reddito indicano il limite massimo familiare (comprensivo di contingenza) riferito a famiglia con un figlio a carico e con un lavoratore dipendente o assimilato (pensionato) la cui contingenza sia pari o superiore al massimo di contingenza detraibile per l'anno 1981 ai sensi delle attuali disposizioni (L. 4.983.000); qualora la contingenza percepita dal lavoratore risulti inferiore a detta cifra, il limite di reddito valido nel caso in questione sarà uguale a L. 11.200.000 meno la differenza tra il massimale della contingenza (L. 4.983.000) e la cifra realmente percepita a titolo di contingenza del lavoratore.
Nel caso di due o più lavoratori dipendenti o assimilati (pensionati) in famiglia il limite di reddito familiare di cui sopra risulta aumentato di una cifra pari alla contingenza percepita dal secondo lavoratore (sino ad un massimo di L. 4.983.000) o alla somma delle contingenze percepite dal secondo, terzo, ecc, lavoratore (ciascuna delle quali comunque sino ad un massimo di L. 4.983.000).
Quindi nel caso di famiglia il cui reddito sia autonomo o assimilato (per esempio redditi immobiliari) e quindi privo di contingenza, il limite richiesto per l'attribuzione del beneficio sarà di L. 6.21 7.000 (L.
11.200.000 meno L. 4.983.000 - massimale di contingenza).
I limiti di reddito di cui sopra, che perciò risulteranno diversi da caso a caso in relazione alla natura del reddito familiare, saranno poi aumentati di L. 1.500.000 per ciascun figlio a carico oltre al primo.
2) La cifra che farà testo ai fini dell'attribuzione del beneficio richiesto e che perciò verrà raffrontata con il limite massimo del caso specifico ricavato secondo i criteri di cui al punto 1), sarà quella relativa al reddito lordo familiare I.R.P.E.F.
Si ricorda comunque che, per la valutazione dei redditi familiari verranno presi in considerazione tutti gli elementi forniti e quindi non soltanto i redditi dichiarati ai fini dell'I.R.P.E.F., ma anche i dati reddituali emergenti da altri documenti allegati alle domande degli studenti, o dagli accertamenti della Guardia di Finanza.
3) Restano comunque confermati i criteri di valutazione per l'attribuzione di benefici in vigore già precedentemente adottati con la passata legislazione in quanto non contrastino con le presenti disposizioni. Per quanto non contemplato nella presente deliberazione valgono le disposizioni dei singoli bandi di concorso redatti secondo gli schemi allegati alla presente deliberazione e qui di seguito riportati per farne parte integrante.
Ai sensi del D.P.R. 10/3/1982, n. 162 hanno titolo a concorrere per il conferimento dell'assegno di studio e a usufruire dei servizi previsti per l'attuazione del diritto allo studio nell'ambito universitario anche gli studenti iscritti a scuole dirette a fini speciali.
Per quanto riguarda la determinazione dell'ammontare dell'assegno di studio, calcolando le varie componenti di spesa che devono sostenere gli studenti in sede e fuori sede, si ottengono i seguenti importi: L. 1.000.000 per gli studenti fuori sede L. 650.000 per gli studenti in sede.
Gli studenti beneficiari dell'assegno di studio avranno diritto altresì al rimborso delle tasse universitarie.
Per gli studenti fuori sede, assegnatari di assegno di studio, dovrà essere utilizzata in servizi una somma non inferiore a L. 350.000 (somma risultante dalla differenza tra l'assegno di studio assegnato agli studenti fuori sede e quello assegnato agli studenti in sede).
L'obbligo di cui sopra non sussiste qualora lo studente dimostri di non poter beneficiare dei servizi per mancanza degli stessi.
L'ammontare delle borse di studio viene così stabilito: L. 750.000 per gli studenti fuori sede L. 450.000 per gli studenti in sede.
Per gli studenti fuori sede, vincitori di borse di studio, dovrà essere utilizzata in servizi una somma non inferiore a L. 300.000 (somma risultante dalla differenza tra la borsa di studio assegnata agli studenti fuori sede e quella assegnata agli studenti in sede).
L'obbligo di cui sopra non sussiste qualora lo studente dimostri di non poter beneficiare dei servizi per mancanza degli stessi.
I prezzi dei servizi, considerato anche quanto previsto dall'art. 3 della legge 26/ 2 /1982, n. 51 di conversione con modificazioni del D.L.
22/12/1981, n. 786, sono così fissati: servizio mensa: prima fascia L. 750 (limite L. 11.200.000) seconda fascia L. 1.200 (limite L. 15.600.000) terza fascia L. 1.800 (limite L. 19.200.000) quarta fascia L. 3.000 (oltre L. 19.200.000) servizio alloggio: prima fascia L. 270.000 (limite L. 11.200.000) seconda fascia L. 340.000 (limite L. 15.600.000) terza fascia L. 480.000 (limite L. 19.200.000).
Per quanto riguarda il merito richiesto per ottenere l'assegno di studio e quello per la borsa di studio, si ritiene opportuno che lo stesso sia uguale per lo studente che segua i piani di studio consigliati dalla Facoltà e per colui che ai sensi della legge 11/1211969, n. 910 (relativa alla liberalizzazione dei piani di studio) abbia predisposto un piano individuale, confermando quanto già fissato lo scorso anno, ossia, per ogni anno di corso e per ogni corso di laurea, il numero degli insegnamenti che gli studenti devono aver superato con successo per avere titolo alla concessione dell'assegno di studio o di altre provvidenze, così come indicato nella tabella allegata; sino al raggiungimento del pieno regime di tale meccanismo valgono per lo studente k condizioni a lui più favorevoli.
A partire dall'anno accademico 1 98 311 984, per l'assegno di studio verrà inoltre introdotto, accanto al criterio del numero di esami, anche il criterio della votazione media conseguita, votazione che dovrà essere pari o superiore al voto minimo, stimato per ogni Facoltà e scuole di istruzione superiore, secondo la tabella allegata.
Ai fini della valutazione del merito scolastico, si precisa che, per beneficiare del servizio mensa, deve valere il principio della continuità degli studi, ossia che lo studente deve superare almeno un esame nel corso dell'anno antecedente alla presentazione della domanda.
Sono esclusi dal beneficio dell'assegno di studio e di altri sussidi e servizi a prezzi politici gli studenti iscritti ad un corso di laurea per il conseguimento della seconda laurea.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente esecutiva ai sensi dell'art. 49 della legge 101211953, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 28 voti favorevoli, 11 contrari e 3 astensioni.
Prima di concludere i nostri lavori comunico ancora ai presenti che il Consiglio verrà convocato per il giorno 1° luglio prossimo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,50)



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