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Dettaglio seduta n.138 del 10/06/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Zootecnia

Interrogazione del Consigliere Lombardi inerente i provvedimenti che si vogliono assumere per precisare la portata delle norme che dicono quando un allevamento di bestiame può essere considerato insalubre


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto secondo dell'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Lombardi inerente i provvedimenti che si vogliono assumere per precisare la portata delle norme che dicono quando un allevamento di bestiame può essere considerato insalubre.
Risponde l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

I criteri ai quali devono riferirsi i Comuni nell'assegnazione degli "allevamenti di animali" all'elenco delle industrie insalubri di prima classe, come disposto dall'art. 216 del T.U. n. 1265 del 27.7.1934 e del D.M. 23.12.1976, sono definiti nella Circolare n. 4 del Ministero della sanità del 1.2.1979 (che per facilitarne la consultazione si allega in copia) e dalla Circolare del Presidente della Giunta regionale del 28.7.1981 prot. 15/ECO che a tale proposito recepisce la definizione data dal comitato interministeriale e pubblicata sulla G.U. del 14.5.1980.
Poiché dalla interrogazione in oggetto si evince la possibilità che incertezze interpretative possano creare disparità nei criteri di valutazione da parte delle amministrazioni comunali nel predisporre l'elenco delle industrie insalubri di prima classe, questo Assessorato per quanto di competenza e nei riguardi dell'argomento in oggetto sta predisponendo con l'Assessorato alla tutela dell'ambiente una direttiva in proposito che verrà trasmessa alle Unità Sanitarie Locali di questa Regione, creando in tal modo i presupposti per una uniforme interpretazione ed applicazione delle normative sopra citate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Ringrazio l'Assessore per la risposta che rimanda la soluzione del problema ad una Direttiva CEE che è in via di emanazione. A questo problema occorre prestare notevole attenzione in quanto tocca un settore in difficoltà sia per il tipo di impegno che richiede, sia per il fatto che in questo momento non garantisce risultati economici molto brillanti.
Attendiamo la direttiva per poter, eventualmente, approfondire l'argomento.



PRESIDENTE

Sospendo per cinque minuti la seduta per attendere l'arrivo dei Consiglieri interroganti o di Assessori che devono rispondere alle interrogazioni.



(La seduta sospesa alle ore 9,50 riprende alle ore 9,55)


Argomento: Edilizia e norme tecnico-costruttive

Interrogazione del Consigliere Bruciamacchie inerente il rilascio di concessioni edilizie nel Comune di Borgo Marenco


PRESIDENTE

La seduta riprende. L'Assessore Simonelli risponde all'interrogazione del Consigliere Bruciamacchie inerente il rilascio delle concessioni edilizie nel Comune di Borgo Marenco (Alessandria).



SIMONELLI Claudio, Assessore all'urbanistica

Il Consigliere Bruciamacchie si riferisce al rilascio di concessioni edilizie avvenute nel corso del 1980 nell'amministrazione comunale di Borgo Marenco, per la costruzione di capannoni.
La costruzione di un edificio che nel corso si è rivelata non corrispondente all'ipotesi di edificio ad uso industriale, ma è venuta via via trasformandosi per assumere le caratteristiche di una discoteca.
La questione ha suscitato polemiche giornalistiche a livello comunale e un intervento da parte della Regione ha contestato al Comune il fatto che le due concessioni rilasciate, ai sensi dell'art. 85 della L. 56 riguardavano un'unica unità produttiva. In verità, nel momento in cui le concessioni furono rilasciate, vi era già una salvaguardia, essendo stato adottato alcuni giorni prima un progetto preliminare di piano regolatore che qualificava quella zona come zona agricola. Quindi, le concessioni non avrebbero potuto essere rilasciate neppure in relazione alla destinazione industriale.
In data 4.10.1980 veniva concessa una variante a volturazione delle presenti concessioni che sottintendeva una diversa utilizzazione.
La Regione ha fatto presente al Comune l'illegittimità dei comportamenti adottati e il Comune ha provveduto all'annullamento delle due varianti di concessione. Peraltro tale annullamento è avvenuto senza sentire, in via preliminare, la commissione edilizia. Abbiamo comunicato al sindaco l'irregolarità compiuta nella procedura di annullamento, ma non ci risulta che siano stati presi provvedimenti in merito.
Il privato nel frattempo ricorreva al TAR contro l'annullamento e otteneva la sospensione del provvedimento di annullamento. Risulta che i lavori sono stati ripresi dopo che il TAR ha sospeso la deliberazione comunale di annullamento, senza che il Comune sia più intervenuto sulla questione anche se risulta che il Comune si sia finalmente costituito in giudizio avanti il TAR nella causa che il privato ha introdotto.
Tale costituzione in giudizio è successiva all'interrogazione presentata dal Consigliere Bruciamacchie, quindi, la prima pronuncia del TAR in ordine alla sospensiva, è avvenuta con il Comune non costituito in giudizio.
Non vi è alcun dubbio che la concessione era, all'inizio illegittima che il comune abbia tardivamente proceduto al suo annullamento e che non abbia dato corso durante questa vicenda a tutti i comportamenti e gli atti che avrebbero dovuto essere condotti per ripristinare la legittimità della situazione. Abbiamo segnalato la vicenda al Pretore di Alessandria al fine dell'eventuale individuazione delle responsabilità penali.
Allo stato attuale, il Comune ha peraltro approvato un piano regolatore generale che la Regione non ha ancora esaminato, nel quale è mutata la zonizzazione e la normativa di attuazione relativa alla zona in cui esiste il fabbricato, perché è stata accolta una osservazione presentata durante la pubblicazione del preliminare e di conseguenza l'intera zona sulla quale esiste l'edificio, è stata destinata ad attività ricreative e turistiche.
Il futuro assetto della zona e le determinazioni del piano regolatore non possono essere oggetto di discussione e di esame ora, essendo materia che verrà trattata quando si determineranno le destinazioni del piano regolatore. E' comunque un problema aperto. Ci sono comunque due problemi distinti, nel senso che mentre è lecito prevedere altre destinazioni per discoteche od altro sulle quali non esistono indicazioni precise salvo il rispetto delle norme del traffico, degli accessi, non è ammissibile che ad una determinazione di questo tipo si pervenga in modo illegittimo e attraverso procedure irriguardose e con atteggiamenti disinvolti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

La ricostruzione che ha fatto l'Assessore è esatta: in effetti ci troviamo di fronte al rilascio di due concessioni in regime di salvaguardia per la costruzione di edifici per industrie manifatturiere che divengono poi un edificio unico che ha chiaramente l'aspetto di una discoteca.
L'annullamento delle due concessioni, dopo la presentazione di interrogazioni a livello comunale e articoli sulla stampa locale riconosce che le due concessioni sono state rilasciate in violazione di precise norme di legge. Il TAR annulla il provvedimento comunale per permettere interventi che non danneggino completamente la struttura. Ma doveva cessare l'opera di costruzione e di ultimazione dell'edificio stesso. In effetti oggi siamo alla parte finale dei lavori. Già sono installati gli impianti di depurazione dell'aria con il risultato che l'opera, nonostante gli interventi fatti, è stata portata a compimento. Non solo, ma è stata avanzata la richiesta in sede di osservazioni al piano regolatore di cambiamento di quell'area da agricola a turistico-ricettiva e naturalmente l'osservazione viene puntualmente accolta. Ci troviamo di fronte a un susseguirsi di fatti che lasciano molto perplessi.
La dichiarazione del Sindaco Giraudi dell'11.4.1981 dice che le due concessioni sono state rilasciate per l'industria manifatturiera.
Dice poi il Sindaco: "circa l'intenzione di dare vita ad una sala da ballo non è una novità per nessuno, ma si tratta di questioni non ufficiali".
Nel gennaio di quest'anno, quando si chiede al Sindaco se è vero che si vuole costruire quella discoteca, egli dice: "senz'altro; considerato quanto hanno già speso, la maxi discoteca nascerà e ci starà benissimo, non si vede perché si debba fare tanto baccano; c'è gente che vuole spendere i soldi e costruire: è assurdo mandarla via".
Probabilmente ci troviamo di fronte a una volontà precisa degli amministratori le cui dichiarazioni fanno dedurre che fin dall'inizio avevano questa intenzione e che tutti gli atti compiuti andavano a soddisfare una richiesta avanzata, che non era possibile soddisfare diversamente, se non attraverso quegli atti successivi che presumevano violazione e in seguito una sanatoria generale in sede di adozione del nuovo piano regolatore che trasforma l'area da agricola in turistico ricettiva.
Mi chiedo se, oltre agli atti compiuti dall'amministrazione comunale e l'invio della documentazione alla Magistratura, non ci sia spazio da parte della Regione di ricorrere a quei controlli che contempla la legge 56 per bloccare questa situazione.
I privati hanno fatto ricorso al TAR. La Regione non può intervenire a difesa della legge regionale? Se dovesse entrare in funzione quella maxi discoteca, le norme della legge 56 verrebbero travolte con un nostro totale fallimento.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Difesa idrogeologica

Interrogazione dei Consiglieri Biazzi e Avondo inerente i lavori di escavazione da parte di una ditta privata sul fiume Ticino, in territorio di Cerano


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Biazzi e Avondo inerente ai lavori di escavazione da parte di una ditta privata sul fiume Ticino in territorio di Cerano.
La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore alla viabilità

I colleghi Avondo e Biazzi mi hanno richiesto di rispondere se sono a conoscenza del fatto che sul fiume Ticino, in Comune di Cerano sono stati autorizzati dall'Ufficio del Genio Civile di Novara lavori di escavazione di sistemazione delle sponde da parte di una ditta privata, se tali lavori sono ritenuti compatibili con gli studi e approfondimenti che sono in corso da vario tempo anche in collaborazione con il consorzio del parco lombardo della valle del Ticino, chi abbia elaborato il progetto dei lavori ed in quali sedi sia stato presentato il progetto stesso, quali enti siano stati coinvolti e quali pareri abbiano eventualmente espresso.
Ritengo che si debba inquadrare questa interrogazione su una vecchia questione esistente su un tratto del fiume Ticino non classificato che si trova nel territorio di Cerano.
Dopo le alluvioni dell'anno scorso il Comune di Cerano aveva richiesto il pronto intervento per opere di pronto intervento. Lo stesso Comune aveva predisposto un progetto che riguardava gli aspetti spondali e la difesa di un isolotto per attrezzature sportive.
Quando i tecnici della Regione avevano esaminato il vecchio progetto che era stato presentato dalla Ditta Elmi, che opera nel settore delle cave per recuperare una parte di intervento ed ovviare a certi inconvenienti avevano dato parere favorevole. Sennonché c'è stata una reazione che ritengo ingiustificata, da parte del Parco Lombardo, per cui sembrava che si trattasse di una concessione di escavazione di puro interesse personale.
Questa materia è stata verificata in incontri a livello tecnico con il Parco Lombardo.
Abbiamo presentato un progetto successivamente elaborato dal Comune di Cerano. In sostanza non c'è la volontà da parte lombarda di collaborare e di valutare quelle che sono le necessità del territorio piemontese.
Il risultato delle prime riunioni è contenuto nella risposta che consegnerò per iscritto agli interroganti. L'Assessorato ha trasmesso al Magistrato del Po, come organo tutorio di buona parte del fiume Ticino perché risponda sulla validità degli atti sottoposti.
Nel frattempo la ditta privata, interessata da una erosione spondale (che peraltro nel progetto generale viene riconosciuta come opera necessaria per difendere interessi di carattere generale e la proprietà privata) presentava al Genio Civile di Novara una richiesta per realizzare questa difesa spondale con movimento di materiale scavato nel fiume e rimesso sulla sponda.
All'intervento privato si dovrebbe inserire l'intervento pubblico per la difesa spondale vera e propria (posa di grossi massi,blocchi in calcestruzzo, per non vanificare il trasporto del materiale di riempimento).
Il Genio Civile, nel pieno delle sue disponibilità giuridiche e penali ha autorizzato questo intervento nell'ambito di quelle generali che la Regione intende operare sul quale si attende il parere definitivo del Magistrato.
Leggo la conclusione: "Il Presidente della Giunta, a conoscenza del fatto che sul fiume Ticino, in territorio di Cerano, sono stati autorizzati dal servizio regionale decentrato per le opere pubbliche e la difesa del suolo di Novara, lavori di protezione della sponda destra in località Villa Giulia, con utilizzo di materiale alluvionale per imbottitura di sponda detta autorizzazione è stata rilasciata, visti i motivi di urgenza, ai sensi dell'art. 58 del R.D. del 25 luglio 1904, n. 523, nell'ambito delle funzioni amministrative delegate agli allora Ingegneri Capi dei Geni Civili, in territorio della Regione Piemonte, con decreto del Presidente della Giunta regionale 7513 del 27 dicembre 1977, nonché con deliberazione 61-16024 adottata il 29 agosto 1978 dalla Giunta regionale del Piemonte.
Esclusa, per quanto esposto, qualsiasi collaborazione, almeno sino ad oggi da parte del Consorzio del Parco Lombardo della Valle del Ticino, la Giunta ritiene i suddetti lavori, proprio perché intesi alla mera difesa spondale compatibili con le indicazioni contenute nella documentazione predisposta dal tecnico di fiducia del Comune di Cerano, tenuto conto anche delle conclusioni dello Studio Zampaglione. Il progetto per i lavori di cui sopra è stato redatto dal Dott. Aristide Daldos, iscritto all'Albo degli agronomi della provincia di Pavia con il n. 84 e dipendente dall'Azienda Mandelli, è stato presentato per l'esame di merito al servizio regionale decentrato per le opere pubbliche e la difesa del suolo di Novara, a ciò legittimato per compito di istituto. Sono stati informati al riguardo la Provincia di Novara, il Consorzio del parco piemontese del Ticino, il Comune di Cerano e, con l'affissione al relativo Albo Pretorio, la sua popolazione, senza seguito di opposizione di osservazioni. Vale la pena di soggiungere, per completezza di informazioni, che l'omessa concessione di autorizzazione della difesa di sponda, non motivata sotto il profilo idraulico, importa la personale responsabilità penale e civile per il responsabile del servizio ove venga dimostrato, nel caso di eventi alluvionali, che la mancata esecuzione per difetto di autorizzazione di tale difesa di sponda si possa configurare come concausa di danni a persone e a cose".
Mi auguro che dopo l'intervento privato si possano concludere con un intervento regionale, tutti gli interventi, anche a difesa dell'isolotto, e di completare nel territorio di Cerano quelle opere di difesa, più volte richieste, per le quali esiste già un finanziamento regionale, in modo da ovviare ad altri possibili inconvenienti che andrebbero a toccare interessi privati ma anche interessi comunitari.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Mi dichiaro soddisfatto della risposta dell'Assessore e prendo atto che questi lavori sono compatibili con un progetto complessivo a cui l'Assessore ha fatto cenno.
Desidero mettere in luce alcuni aspetti che devono preoccupare il Consiglio regionale. Non si sono tralasciati interventi pesanti nei confronti del parco piemontese del Ticino e del Presidente del Comprensorio novarese, nel senso che si esprimevano vivissime preoccupazioni rispetto alle ipotesi di escavazione in alveo del fiume e si chiedeva di cessare ogni attività estrattiva per consentire il recupero ecologico di questa parte del fiume.
Il parco lombardo del Ticino non ha ritenuto di esprimere lo stesso trattamento nel momento in cui si trattava del progetto in questione.
Inoltre l'atteggiamento del Genio Civile di Novara rispetto a quel progetto fa sorgere una serie di interrogativi. La rapidità con la quale il progetto è stato esaminato e la rapidità con la quale il progetto è stato licenziato e autorizzato.
Non solo, l'Assessore ha richiamato il fatto che il Comune di Cerano fosse a conoscenza di questo progetto. Devo dire che forse abbiamo delle informazioni diverse, nel senso che il Comune di Cerano non è stato informato preventivamente della decisione del Genio Civile. L'unica conoscenza che il Comune di Cerano ha avuto è dovuta dalla pubblicazione nel proprio Albo Pretorio del progetto stesso.
Prendiamo atto dell'impegno assunto dall'Assessore.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interrogazione del Consigliere Chiabrando inerente le norme antisismiche nel Piemonte


PRESIDENTE

Infine esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Chiabrando inerente le norme antisismiche nel Pinerolese.
Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore ai piani territoriali

In riferimento al primo capoverso dell'interrogazione inerente la "verifica delle norme al fine di semplificarle ed applicarle ai casi essenziali", con le circolari del Presidente della Giunta regionale n. 4/PT del 16/3/82 e n. 7/PTE del 13/4/82 si è provveduto a fornire istruzioni ai Sindaci dei Comuni classificati al fine di rendere più semplici e snelle le procedure pur nel rispetto delle norme statali (legge 2/2/74 n. 64 e relativi D.M. di attuazione) che risultano di assai difficile applicazione.
In particolare si sono fornite istruzioni: a) per le costruzioni in corso (art. 30 legge 64/74) alla data di entrata in vigore del D.I. di classificazione (6/3/82) chiarendo il concetto di inizio e fine lavori (completamento delle opere strutturali) e prevedendo esclusioni per gli interventi edilizi di mera ristrutturazione e manutenzione (cioè per quegli interventi che non comportano variazioni volumetriche dell'edificio esistente) e per quelli di altezza inferiore ai m 7 misurati secondo quanto disposto dal punto C.2 del D.M. 3/3/1975. Si tenga presente che per queste due ultime esclusioni le relative istruzioni verranno fornite con successiva circolare in fase di elaborazione di cui si allega la bozza, che è già stata approvata dalla Giunta.
Con tale ulteriore circolare si provvederà altresì a fissare il termine ultimo ed inderogabile (30/6/82) per la presentazione delle denunce ai sensi dell'art. 30 della legge n. 64/74 in quanto si ritiene che il numero delle denunce presentate sia circa il 50 del totale; b) per le nuove costruzioni e per le ristrutturazioni e manutenzioni. Si è chiarita la documentazione da produrre nonché con la nuova circolare in fase di definizione si forniranno schede tipo per l'elaborazione dei progetti e delle relative relazioni di calcolo.
Quindi è un'operazione di semplificazione, come richiede l'interrogazione del Consigliere Chiabrando, che per varie ragioni trova risposta oggi, ma che risale alla fine di aprile.
Per quanto concerne la documentazione per le costruzioni in corso si specifica che vengono richiesti unicamente atti già in possesso del richiedente quali concessione edilizia e relativi progetti architettonici e strutturali nonché dichiarazione del Sindaco che certifichi che i lavori erano iniziati.
Per le nuove costruzioni il potere discrezionale dell'Amministrazione regionale è molto ridotto per non dire nullo in quanto la documentazione da allegarsi all'istanza è fissata dall'art. 17 della legge 64/74.
Per quanto riguarda il terzo e quarto capoverso dell'interrogazione che fa riferimento alla modalità di applicazione delle norme, come già ricordato per le costruzioni in corso le norme della legge 64/74 si applicano unicamente a consistenti lavori edilizi ed esclusivamente in riferimento alle altezze e distanze degli edifici (punti C.2 e C.3 del D.M.
3/3/1975). Per quanto concerne invece piccoli lavori di riattamento e costruzioni insignificanti da iniziarsi dopo il D.I. di classificazione l'iter di approvazione è molto semplificato e la documentazione ridotta. Si tenga presente che le pratiche non sono migliaia ma (alla data odierna) 800 per l'art. 30 di cui 100 istruite e 50 per le nuove costruzioni di cui 40 istruite.
Per l'art. 30 si prevede che in 15-20 gg le pratiche giacenti possano essere istruite.
Siamo in una fase di eliminazione di queste pratiche e la conseguente autorizzazione viene rilasciata in tempi celeri. Vi è una difficoltà operativa da parte degli uffici nel provvedere alle parti relative all'attuazione delle procedure e in particolare alla dattiloscrizione degli atti relativi, anche se a questo stiamo cercando di porre rimedio (quest'ufficio si presenta carente soprattutto sul piano della capacità operativa di ufficio più che sul piano della analisi tecnica).
Attualmente operano a tempo pieno presso l'Ufficio di Pinerolo due ingegneri in missione da Torino, un architetto, una segretaria con la collaborazione costante di docenti del Politecnico di Torino (Istituto di tecnica delle costruzioni). Inoltre si sta provvedendo a bandire un concorso per l'assunzione di tre laureati in ingegneria e/o geologia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere interrogante.



CHIABRANDO Mauro

Desidero dare atto all'Assessore del suo impegno. Infatti molti problemi sono già stati risolti.
Rimane da risolvere qualche problema sulle procedure ma credo che anche questi potranno essere superati con il tempo. La questione più rilevante che non ho citato nell'interrogazione perché è emersa successivamente riguarda l'indagine geologica. Un Comune ha visto respingere il suo piano regolatore con la motivazione che doveva essere dotato di studio geologico.
Il Comune ha reagito rispondendo di non avere i mezzi finanziari per questo.
Questa parte toccherebbe alla Regione che ha un ufficio geologico attrezzato e che potrebbe sollevare i piccoli Comuni da questo onere. Pongo questo problema all'attenzione dell'Assessore e chiedo che venga affrontato.


Argomento:

Interrogazione del Consigliere Chiabrando inerente le norme antisismiche nel Piemonte

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo dell'ordine del giorno "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale" rendo noto che hanno chiesto congedo i Consiglieri Carazzoni e Fassio Ottaviano.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 226: "Norme concernenti il regime patrimoniale dei beni destinati alle Unità Sanitarie Locali" presentato dalla Giunta regionale in data 2 giugno 1982 N. 227: "Rendiconto dell'esercizio finanziario 1981", presentato dalla Giunta regionale in data 4 giugno 1982.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 30 aprile 1982: "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1982".


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione degli Agenti di P.S. Giuseppe Carretta e Franco Sammarco assassinati a Roma dalle br


PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, è con profondo colore che ci accingiamo, ancora una volta, a commemorare due nuove vittime della barbarie terroristica. A Roma nella notte tra lunedì e martedì due agenti di pubblica sicurezza sono stati barbaramente trucidati. Le vittime sono Giuseppe Carretta e Franco Sammarco ambedue di 28 anni. Entrambi erano sposati e padri. Il primo di due figli il secondo di uno, tutti in tenera età.
I due agenti stavano svolgendo normale servizio di pattuglia nella zona di villa Glori. Al momento è ancora da definire la meccanica dell'attentato. Quello che è certo è che gli assassini perché i terroristi altro non sono hanno agito con inumata, terribile, ferocia. Dopo aver bloccato e disarmato i due sventurati agenti i terroristi li hanno fatti inginocchiare, poi gli hanno esploso, a bruciapelo, un colpo di pistola alla nuca. Una sequenza che ricorda le esecuzioni naziste.
Colleghi Consiglieri, a nome di noi tutti desidero testimoniare ai familiari delle vittime il cordoglio e la solidarietà del Piemonte per questo ennesimo grave fatto che ci ha colpiti e commossi. Sento inoltre il dovere di esprimere i sentimenti di viva e sentita partecipazione del Consiglio regionale ogni qualvolta la nostra democrazia viene colpita da attacchi eversivi e ancor di più quando questi sono causa della perdita di vite umane. Non dobbiamo permettere che azioni banditesche come quelle dei terroristi siano accolte con la stessa indifferenza e rassegnazione di normali fatti di cronaca.
I recenti successi sul terrorismo non ci devono illudere. Molto è stato fatto dalla polizia, dai carabinieri, dalla magistratura. Questo è innegabile. Nel contempo tutto il popolo italiano ha detto no a chi vuol fare valere i suoi deliranti propositi solo col piombo delle armi. I terroristi, come ho detto, sono solo assassini. Dietro di loro non esiste nessuna ideologia se non quella del sangue. Il loro sciagurato nichilismo è senza uscita. I terroristi sono solo dei disperati e nulla più.
In sostanza è tutto un paese, tutta la sua gente che rifiuta il terrorismo. La sorveglianza democratica deve continuare. Alla lunga, ne sono convinto, la civiltà, la ragione prevarranno sulla brutale barbarie.
Un minuto di silenzio in onore dei caduti.



(I Consiglieri e i presenti in aula osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Organi, strumenti e procedure della programmazione

Relazione del Presidente della Giunta regionale sull'aggiornamento del programma a metà legislatura, a conclusione della verifica, e relativo dibattito


PRESIDENTE

Punto quarto all'ordine del giorno: "Relazione del Presidente della Giunta regionale sull'aggiornamento a metà legislatura, a conclusione della verifica, e relativo dibattito".
La parola al Presidente della Giunta.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, a due anni di legislatura, le problematiche complesse affrontate da questo Governo, da questa Regione hanno imposto una pausa di riflessione e di verifica sul programma a suo tempo presentato, sulla sua attuazione, sulla spinta da imprimere ad alcune tematiche, sull'evoluzione che alcune scelte fatte e realizzate richiedono.
Nel dicembre 1980, nell'illustrare il programma della Giunta 80/85 ebbi modo di dire che sulla strada di confronto, di verifica, di accettazione critica, ci impegnavamo a continuare.
E' in questa logica che oggi presentiamo questo aggiornamento sulla base degli approfondimenti dei partiti della maggioranza che sostiene il governo regionale e dei confronti dialettici e critici, sempre costruttivi delle altre forze politiche.
Uno dei punti più sviluppati sull'aggiornamento programmatico è anzitutto una riflessione sull'Ente Regione, a undici anni dalla sua nascita, sulla sua identità, sul suo ruolo, sulle leve da azionare per il suo rilancio.
Queste linee sono state individuate in tre direttrici principali: rapporti con il Governo e Parlamento, all'interno del Consiglio e della Giunta, nei confronti degli Enti locali.
Nella prima direttrice, va perseguita ed incentivata l'azione portata avanti con decisione proprio in questa terza legislatura, sia a livello regionale che a livello interregionale. Occorre costruire un nuovo sistema finanziario per le Regioni in stretto collegamento con il nuovo sistema finanziario degli Enti locali, recuperando non solo la ratio ma la lettera dell'articolo 119 della Costituzione prevedendo a favore delle Regioni tributi propri, quote di tributi erariali, contributi speciali.
Solo così sarà possibile recuperare una propria autonomia finanziaria certa ed immediatamente impegnabile.
Occorre in secondo luogo un più stretto raccordo con lo Stato, nel tentativo di incidere sulle grandi scelte nazionali. Su questa strada la Regione si è già mossa in maniera determinata, anche nell'ambito della Conferenza dei Presidenti e un primo risultato è stato conseguito con il d.d.l. sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri approvato dal Governo il 30 aprile scorso, che formalizza la Conferenza stessa, fatto di notevole significato sotto il profilo istituzionale.
La presenza regionale va altresì riaffermata, attraverso l'iniziativa regionale di leggi nazionali, il rafforzamento della Commissione bicamerale, l'istituzionalizzazione di meccanismi che aggiornino il Parlamento alla nuova realtà istituzionale italiana, di cui la funzione legislativa regionale è parte integrante.
All'interno degli organi regionali, deve essere valorizzata la centralità del Consiglio, esaltata la funzione legislativa, intesa come struttura portante e non di dettaglio, lo snellimento dell'iter legislativo regionale, la collegialità dell'esecutivo.
Al fine di corrispondere alle esigenze di funzionalità e di efficienza degli organi statutari e dell'attività dei Gruppi consiliari, va altresì potenziata e razionalizzata la rete delle sedi regionali, le cui carenze sono particolarmente avvertite in questa legislatura.
L'efficacia dell'azione regionale è strettamente connessa alla capacità di elaborazione e di operatività del personale a tutti i livelli, che deve essere sempre più coinvolto e, quindi partecipe, e valorizzato nella sua professionalità sia specifica che generale.
Solo una classe funzionariale moderna, consapevole degli obiettivi e dell'operare della Regione è in grado di garantire i risultati che l'istituzione, nel suo insieme intende raggiungere.
La terza direttrice riguarda l'articolazione del rapporto Regioni-Enti locali, altro grande tema di riforma istituzionale che stenta a trovare sbocchi politici nella naturale sede decisionale del Parlamento.
A questa problematica, la Regione è vivamente interessata, non solo per la sua esperienza, unica nel panorama nazionale, dell'attivazione dei Comprensori, ma anche perché il ruolo regionale può dispiegarsi compiutamente solo nell'armonico, costruttivo collegamento con gli Enti locali del suo territorio.
Le proposte vanno quindi nella linea di avviare iniziative anticipatrici della riforma nazionale, come momento di recupero di un efficiente sostegno delle autonomie. Esse spaziano dai programmi di collaborazione tra Comprensori e Enti provinciali, anche ai fini della verifica dell'assetto e della semplificazione delle competenze esercitate a livello consortile, allo strumento della delega all'Ente intermedio e ai Comuni, come associazioni poli funzionali, dall'approfondimento dei problemi dell'area metropolitana, alla revisione delle circoscrizioni territoriali dell'Ente intermedio, alla convocazione degli Stati generali dell'82.
Il rilancio della Regione Piemonte passa anche attraverso l'azione già iniziata e sviluppata, ma che va sempre più intensificata nel contesto europeo. La naturale vocazione europeistica del Piemonte deve essere oggi più che mai rinsaldata non solo sotto il profilo economico, ma anche politico.
Gli strumenti sono quelli già individuati: dei grandi assi viari di penetrazione e di collegamento con i porti liguri (e alcuni risultati della decisa azione di stimolo fatta coralmente dalla Giunta e dalle forze politiche si sono già verificati con l'approvazione della legge alla Camera sulla grande viabilità) dei collegamenti con le Regioni europee, sia con la costituzione della Comunità dell'arco alpino occidentale, sia con la realizzazione di gemellaggi, per la soluzione di problemi comuni del massimo possibile coordinamento della politica regionale a quella comunitaria per utilizzare appieno le sue risorse, sia a livello di contributi che di finanziamento della capacità di incidere anche per la politica comunitaria nella strategia nazionale, utilizzando sia le sedi governative che quelle interregionali del rafforzamento dei collegamenti ferroviari ed aerei con i grandi poli europei più interessanti sotto il profilo economico, commerciale e turistico.
Gran parte dell'aggiornamento del programma, ovviamente è tesa nell'attuale situazione economica, ad incentivate al massimo le potenzialità del Piemonte, le risorse pubbliche e private, ad utilizzare gli strumenti legislativi in funzione dello sviluppo e della crescita economica, non attenuando mai, peraltro, l'attenzione alla qualità della vita, alla difesa dell'habitat naturale o costruito, alla tradizione delle popolazioni interessate.
In coerenza con la politica regionale tesa ad una prospettiva di sviluppo occorre anzitutto reimpostare una politica territoriale coerente, avente come nuovi obiettivi la crescita qualitativa, il rafforzamento delle funzioni metropolitane del polo torinese, da un lato, lo sviluppo equilibrato del resto della Regione, in base alle potenzialità ed alle risorse variamente disponibili nelle diverse realtà locali, dall'altro selezionando anche fra le infrastrutture quegli interventi che concorrono alla realizzazione di progetti complessi.
Presupposto è altresì una corretta definizione dei ruoli dell'operatore pubblico e degli operatori privati nelle t trasformazioni territoriali attraverso una concentrazione che consenta la fattibilità in concreto della pianificazione territoriale.
Questa politica evidenzia la necessità di avvalersi del piano territoriale, inteso come punto di riferimento certo e reale, per orientare le scelte localizzative degli operatori.
Occorre altresì esaltare sempre più la funzione di coordinamento e di interprete delle esigenze che emergono dalla comunità, da parte della Regione, potenziando al massimo i livelli scientifico-operativi delle strutture.
E' altresì del tutto evidente la necessità di procedere, sulla base delle esperienze effettuate, a sciogliere alcuni nodi della L. 56 nell'interesse della stessa pianificazione urbanistica e della stessa valorizzazione culturale della legge da più parti vissuta solo come momento frenante, o eccessivamente burocratizzato.
Anche in questo caso occorre responsabilizzare gli Enti locali, quali soggetti di programmazione e pianificazione, così come gli Enti locali devono essere i primi protagonisti della politica del verde, dei parchi e della forestazione.
L'analisi, e la valutazione della situazione economica postula oltre che una strategia complessiva di politica industriale da parte della Regione, il necessario trasferimento di poteri da parte dello Stato, che si concretizzi in orientamenti è proposte dirette ai livelli centrali, e in progetti regionali.
Obiettivi primari sono la difesa dell'occupazione e il recupero dell'efficienza e competitività del sistema industriale, perseguiti in stretta connessione per il loro stesso raggiungimento.
Nei confronti della grande impresa occorre attivare un corretto rapporto ai fini della stessa efficacia della programmazione regionale favorendo l'instaurarsi di forme adeguate di democrazia industriale che permettano al Sindacato di essere inserito nelle realtà decisionali dell'Impresa.
Nei confronti della piccola e media impresa il ruolo regionale è quello di orientamento e integrazione, che individua i grandi obiettivi e svolge una politica di sostegno attraverso propri interventi anche in collaborazione con altri soggetti.
Grande rilevanza, assume, in questa strategia, una politica del credito, che la Regione intende perseguire, pur nella limitatezza delle proprie competenze, sia svolgendo un'azione nei confronti del Governo, sia attraverso una collaborazione e una valutazione congiunta della situazione con gli Istituti di credito che operano in Piemonte, per promuovere le iniziative più idonee.
La Consulta permanente accettata recentemente dagli Istituti di credito assume anche questo significato.
Strettamente coordinato alla politica industriale, va visto lo sviluppo del terziario, che in una logica di corretto equilibrio dei due settori diventa esso stesso momento di produzione.
Un'attenzione particolare viene rivolta nell'aggiornamento programmatico, al mercato del lavoro, alla necessità della sua riforma legislativa, al fine di dotare le Regioni, di strumenti e normative flessibili in grado di rispondere, anche in via sperimentale, alle più diverse e mutabili esigenze.
Proprio nella logica del superamento del puro assistenzialismo, occorre sperimentare un'agenzia regionale del lavoro, rivolta alla promozione e progettazione di particolari programmi finalizzati, di iniziative riguardanti la cooperazione ed il lavoro autogestito, di piani di formazione professionale, di riqualificazione e avvio al lavoro.
Particolare rilevanza assume infatti, nell'attuale fase di progressiva modernizzazione dell'apparato industriale e produttivo, la professionalità qualificata della forza lavoro, e in questa prospettiva, vanno assunte idonee iniziative nel settore post-diploma e post-laurea.
Stante il suo carattere determinante nell'economia piemontese l'agricoltura abbisogna di una vera e propria politica agricola economica che esalti l'imprenditorialità, comporti interventi qualificati sul territorio e modifichi i rapporti attuali tra industria e agricoltura e fra settore agro-alimentare e mercato.
Gli interventi devono riguardare le strutture produttive; i nuovi rapporti con il mercato e l'industria di trasformazione, il riordino e il potenziamento delle utenze irrigue, la migliore utilizzazione del territorio, le zone collinari e montane.
Occorre una programmazione agricola che coinvolga direttamente i soggetti sociali e istituzionali e solo una revisione della legislazione che abbia al centro la delega delle funzioni, in materia di "agricoltura foreste e alimentazione", al sistema delle autonomie locali può raggiungere il risultato.
L'obiettivo dell'equilibrio tra sviluppo produttivo, difesa delle risorse e protezione dell'ambiente caratterizza anche l'azione della Giunta regionale nel settore dell'ambiente e dell'energia il cui approvvigionamento è davvero decisivo nella ripresa economica.
La linea da proseguire e portare avanti è quella: dei progetti integrati, che poi fanno capo al progetto ambiente finalizzato al controllo degli "elementi essenziali": acqua, aria e suolo del coinvolgimento degli enti nazionali e locali per la realizzazione di un piano energetico flessibile, collegato con gli indirizzi nazionali della costituzione di una società regionale per l'energia, come braccio operativo della Regione che coinvolga anche gli Enti locali, le aziende municipalizzate del governo del nucleare, sotto il profilo, non solo energetico, ma scientifico e di ricerca, insieme alle autonomie territorialmente interessate.
Un rilancio economico abbisogna per sua stessa natura di un sistema di trasporti adeguato ed efficiente.
Si ravvisano oggi in Piemonte tre nodi essenziali: la grande viabilità il riequilibrio del territorio regionale, la riorganizzazione dell'area metropolitana torinese. Lo scioglimento di questi nodi è l'obiettivo della Giunta in questa legislatura.
Sempre sul versante più strettamente economico particolare attenzione è stata dedicata al settore artigiano, la cui tradizione deve essere valorizzata.
Strumenti essenziali sono, in questo campo: una illuminata politica creditizia il piano di settore delle aree attrezzate, in collegamento con quello industriale un progetto di riordino dei processi di autogoverno della categoria e di delega alle Province e alle Comunità montane un rilancio dell'artigianato artistico e tipico attraverso un progetto di normativa regionale specifica un sistema informativo permanente utilizzando l'apporto del C.S.I., e un'osservatorio congiunturale per seguire l'evoluzione del settore l'incentivazione delle attività promozionali, anche attraverso l'attivazione di un centro di esposizione permanente delle produzioni artigiane e tipiche piemontesi.
Analoghe considerazioni possono essere svolte nel settore commerciale che necessita di un approfondito sistema informativo, di interventi a sostegno del processo di trasformazione del settore di promozione di centri commerciali programmati e integrati.
Anche il turismo, in linea con gli indirizzi del Piano di sviluppo deve essere considerato come vera e propria componente per la ripresa economica e per il rilancio della potenzialità di sviluppo di alcune aree, quelle montane e fluviali, ma anche quella metropolitana di Torino e degli altri centri urbani del Piemonte.
L'intervento turistico va visto come momento propulsore di attività promozionali, e di valorizzazione delle caratteristiche ambientali e culturali delle singole aree.
Gli Enti locali devono essere al centro di questa politica che deve trovare il necessario supporto, in questa legislatura, di interventi nel settore organizzativo, coadiuvati da un efficace sistema informativo.
La politica della casa è stata da sempre all'attenzione della Giunta regionale e il Piemonte è la prima regione in senso assoluto nell'attuazione e nell'anticipazione dei progetti biennali del piano decennale.
La soluzione del problema casa attiene infatti, da un canto, alla qualità della vita della comunità, dall'altro costituisce, anche nell'attuale, un notevole impatto sull'economia nazionale, come volano trainante di una serie molto ampia di settori, anche per la stretta interconnessione con i servizi e le infrastrutture del territorio, con le altre politiche settoriali e industriali.
Occorre peraltro procedere su queste linee introducendo ulteriori livelli qualitativi degli interventi (programmi integrati, acquisizione delle aree, ricerca di soluzioni urbanistiche e territoriali, attivazione di società miste, ricerca di nuovi finanziamenti, interventi sull'assegnazione, canoni e patrimonio dell'edilizia sovvenzionata).
Nella logica di una politica più incisiva della Regione sul versante della ripresa economica e dello sviluppo, grande è il ruolo, anche innovativo, degli enti strumentali che devono svolgere la loro autonoma attività in stretta aderenza alle linee della politica regionale, senza duplicazioni e sovrapposizioni di interventi, o dilatazioni dei propri compiti al di fuori degli indirizzi regionali.
Sotto questo, profilo, si propongono un piano annuale di attività degli enti strumentali, nel loro complesso, da predisporsi da parte della Giunta e da discutere in Consiglio, e proposte specifiche per ciascun ente.
Peculiare rilevanza assume in questo quadro il ruolo del C.S.I., che coinvolge la stessa complessa problematica informativa, e lo stesso sistema informativo regionale, cui si riallacciano, come ho avuto modo di sottolineare, numerosi progetti e la programmazione regionale nel suo insieme.
Passando sul versante più strettamente sociale, nel settore sanitario il Piemonte si è sempre caratterizzato per la sua capacità propositiva, la rapidità di attuazione e di anticipazione delle linee di riforma, per la tempestività nell'apprestare gli strumenti legislativi, amministrativi e di indirizzo del sistema sanitario riformato.
Per questo motivo, anche sulla base del profondo dibattito attuato da diversi anni, dell'esperienza maturata in tutti i campi, in armonia alle linee ispiratrici della riforma, la Regione Piemonte è tra le poche in grado di avviare una serie di riflessioni sui risultati acquisiti, che ovviamente, non mettono minimamente in discussione gli assunti culturali e sociali che hanno ispirato la riforma, ma intendono esaltarli.
In questa logica occorre: continuare nel coinvolgimento di tutta la comunità e delle categorie interessate per rilanciare i fondamenti della riforma sanitaria considerato che la riforma è un processo lungo, di organizzazione, di integrazione, di conquista quotidiana di un assetto armonico, equilibrato ed insieme dinamico, che è soggetto alle infinite variabili della società del suo modo di essere, dei bisogni che via via emergono completare l'attuazione legislativa, già imponente, ma ancora carente per alcuni aspetti essenziali (igiene pubblica, Consiglio regionale di sanità) riallacciare uno stretto rapporto con l'Università per il rilancio dell'integrazione delle valenze universitarie e ospedaliere piemontesi incentivare la formazione degli operatori medici, è soprattutto non medici, la cui carenza rappresenta uno degli anelli più deboli del sistema affrontare il problema di un corretto governo, sulla linea della riforma delle Unità Sanitarie Locali di Torino 1/23, la cui situazione peculiare è riconosciuta dallo stesso piano regionale che rinvia ad uno specifico progetto ospedali-ambulatori, da definirsi entro l'estate prossima.
Occorre altresì, nella logica di un più stretto raccordo del modello organizzativo del Comune di Torino e delle Unità Sanitarie Locali 1/23 prevedere una riorganizzazione delle circoscrizioni, come condizione necessaria, politicamente e funzionalmente, a renderle Enti di governo territoriali.
Inscindibile dalla politica sanitaria é, specie in alcuni comparti, la funzione socio-assistenziale, che assume particolare rilevanza nell'attuale situazione demografica, economica e di primo impatto di alcune riforme quale quella psichiatrica.
La stessa assistenza domiciliare rappresenta uno strumento insostituibile, sia per garantire l'integrazione nel contesto familiare e sociale, sia per ridurre progressivamente i ricoveri. Anche in questo caso essenziale è il ruolo giocato dagli operatori socio-assistenziali, e quindi il loro potenziamento e la loro qualificazione.
Grande attenzione deve essere riservata al progetto di ricerca intervento del secondo piano di sviluppo su "Le nuove forme di povertà" per trovare soluzioni a nuove forme di emarginazione derivanti dal processo crisi-sviluppo del sistema economico piemontese.
Per questa politica è necessario, ed è impegno di questa Giunta reperire gli adeguati finanziamenti o il processo di progressiva emarginazione delle fasce più deboli diventerà irreversibile.
Ho lasciato da ultimo la politica culturale, perché ritengo, come ho avuto occasione già in passato di sottolineare in Consiglio, che questa debba connotare l'attività regionale, sia nei momenti istituzionali, sia nel suo tessuto sociale, sia nei sistemi produttivi, cogliendo i valori esistenti nella logica di un sempre maggiore pluralismo L'importanza di una adeguata politica culturale è, nell'attuale situazione economica ancor più essenziale e la Regione deve saper valorizzare le opportunità e le potenzialità esistenti attraverso il coinvolgimento dei diversi soggetti operanti nel settore (Enti pubblici associazionismo privato), per rafforzarsi come polo del circuito internazionale.
Proprio al fine di assumere le iniziative più idonee a sostenere ed anticipare, sul piano culturale, lo sviluppo della società, si propone di creare una struttura permanente di ricerca interdisciplinare ad altissimo livello scientifico e culturale, aperta alle collaborazioni scientifiche internazionali, come supporto continuativo ed autonomo di elaborazione di progetti in nuovi settori produttivi, con particolare riferimento alle tecnologie più avanzate.
Mi auguro che questo progetto possa realizzarsi, perché credo fermamente che solo attraverso la sintesi del sapere della ricerca e dell'imprenditorialità, si può arrivare allo sviluppo reale, e non effimero, della nostra società.
Nella logica della valorizzazione del proprio patrimonio culturale artistico e storico, la Regione deve incisivamente proseguire nella propria politica, portando a termine alcuni interventi di recupero qualificato in questa legislatura. Cito, fra tutti, quattro gioielli: palazzo Carignano il castello di Rivoli, il palazzo del Castellamonte sede del Museo regionale delle scienze naturali e prendere in seria valutazione l'esigenza dell'utilizzo della palazzina di Stupinigi.
Il rilancio e la fruizione qualificata di sedi prestigiose della nostra storia e della nostra arte è impegno primario della Giunta come contributo al patrimonio piemontese ed italiano.
Sin qui la parte programmatica, ma essa non potrebbe avere credibilità se non accennassi alle forze politiche che la sostengono, al modo di comportarsi, ed al livello di aggregazione al quale sono giunte e i traguardi che si pongono.
Grandi passi in avanti sono stati compiuti dall'inizio della legislatura. Basti pensare alla scelta energetica fatta 2 giorni or sono al nostro rapporto con il Governo e la società, alle grandi scelte di programmazione, all'azione di governo che abbiamo svolto, per giustificare un giudizio ampiamente positivo del lavoro di due anni. Ma come è nelle cose bisogna far sempre di più e meglio ed allora i partiti che sostengono questa maggioranza hanno suggerito temi, proposto iniziative che la Giunta nel suo complesso ha raccolto nell'ottica del rilancio di questa esperienza di governo e del ruolo del Piemonte. Ad essi PSI - PSDI - PCI l'apprezzamento ed il grazie del governo regionale.
All'inizio del mio mandato avevo posto la questione della centralità socialista. Essa si è sempre più sviluppata; ha avuto sempre più presa, nel paese, nella società, sino a diventare oggi la vera questione. La vera questione perché essa è in sintonia con lo sviluppo della democrazia italiana e in perfetta aderenza al ruolo che l'Europa deve svolgere nel contesto mondiale, sia esso di equilibrio, di pace, di cultura.
Oggi questa centralità ha avuto nella stesura stessa del programma che testè vi ho presentato, l'apporto in molti suoi punti dei partiti laici PRI PLI, ai quali va dato il riconoscimento di svolgere sempre una funzione rappresentativa di grandi interessi e tensioni presenti nella società forse più grandi e complessivi di non quanti siano i loro rappresentanti nelle varie assemblee elettive.
Ma appunto per queste loro funzioni, va tutta la nostra considerazione e il nostro rispetto che vorremmo si traducesse in una più esplicita partecipazione a questa maggioranza. Ci auguriamo che il tempo lavori in questa direzione.
Non posso infine sottacere l'apporto, che se pur dall'opposizione più severa e rigida, dà allo sviluppo del Piemonte la D.C., che sta svolgendo come l'ultimo dibattito sulla scelta nucleare ha dimostrato, un ruolo di governo, che gli compete per la sua storia e la sua tradizione di grande partito democratico.
Le vicende della politica sono molte volte e per molti versi oscure per parte nostra le vogliamo sempre più chiare, limpide, trasparenti in modo che i contorni del consenso o dissenso appaiano quali essi sono, senza zone d'ombra, e di grigiore, in un leale confronto. Questo Paese ha sempre più bisogno di "uomini diritti" come soleva chiamarli Einaudi e sempre meno di "uomini gobbi" che si piegano ad ogni compromesso.
Questo Paese ha bisogno di svilupparsi nelle grandi battaglie ideali nel grandi momenti di confronto sui valori morali e sui grandi temi, di richiamarsi alla sua storia recente forgiata dei grandi pensieri di illustri uomini come: De Gasperi, Togliatti, La Malfa, Nenni.
In questa battaglia ideale di chiarezza e pulizia c'è posto per tutti maggioranza ed opposizione, con uguali diritti e uguali meriti, con uguali onori ed oneri, c'é posto per i giovani e le donne, non c'è solo posto per gli uomini gobbi.
Signor Presidente, signori Consiglieri, affrontiamo oggi una tappa importante per la terra legislatura, il mio augurio, la mia certezza è che tutti insieme la sapremo affrontare con grande dignità, in perfetta sintonia con la tradizione, la natura e la storia del Piemonte.



PRESIDENTE

Il dibattito sulla comunicazione del Presidente è aperto. Chiede di parlare il collega Viglione.



VIGLIONE Aldo

Credo che il Consiglio apprezzerà l'iniziativa che la segreteria regionale del nostro Partito ha assunto in ordine alla verifica.
E' una decisione importante sia perché non sempre le questioni hanno il corso sperato, sia perché giunti al secondo anno della terza legislatura regionale, la Segreteria ed il Gruppo socialista ritengono opportuno fare un bilancio e guardare alle future prospettive.
Questo atto ha anticipato un assetto generale del Paese, senza dubbio ha colto i nuovi significati della volontà popolare che sta emergendo, ha guidato un processo che non si è lasciato sorprendere. La nostra è una società che cambia rapidissimamente e c'è il pericolo di essere trainati anziché essere trainanti, la comunità internazionale attraversa una grave crisi economica. E' in atto una trasformazione e noi l'abbiamo identificata non soltanto come fatto congiunturale ma anche come fatto strutturale.
Occorre verificare il fatto strutturale rispetto alla impostazione di nuove tecnologie, di nuovi impianti produttivi, di nuovi mercati.
Non diamo un giudizio catastrofico della società occidentale e tale da portare alla rottura definitiva. L'accettiamo questa società e vogliamo attraverso un lungo processo all'interno delle istituzioni cambiare e modificare. Questo è l'impegno di tutti i partiti socialisti europei.
Questa frase è di un uomo prestigioso come Willy Brandt.
Anche la stessa situazione internazionale ha chiarito molti aspetti dello scontro che sta avvenendo. I fatti di oggi e di ieri e di qualche settimana addietro nello schieramento internazionale, la guerra che si sta svolgendo su più fronti modificano le condizioni politiche e spesso modificano anche le condizioni ideologiche di molti partiti e di molte forze politiche.
Anche in Piemonte non siamo lontani da questa realtà, non viviamo in un mondo a parte, non siamo staccati dalla realtà nazionale e da quella internazionale e questa realtà consente nuovi momenti aggreganti e la verifica che i socialisti hanno aperto alla Regione Piemonte ha lo scopo di consentire nuovi momenti aggreganti, di specificare meglio gli obiettivi di allargare il consenso, di aprire a capacità inespresse. Vi pare poco colleghi Consiglieri? Esistono delle capacità che non hanno potuto esprimersi o per rifiuto, o per avversione, o per negata partecipazione.
Perché molte leggi importanti che hanno trovato il loro impianto negli anni dal 1975 al 1980, in questa legislatura non sono state realizzate? Ho tentato di fare questa analisi in sede di conferenza dei Capigruppo quando il Capogruppo democristiano ha sollevato questo problema, e ho creduto di individuarne la causa nel fatto che è mancato l'incontro tra le grandi forze politiche e popolari presenti all'interno del Consiglio ed è mancato l'incontro con le forze minori, che sono di forte opinione e quindi di forte presa nella società del nostro Paese. Ma allora, perché la verifica non doveva avvenire? Occorreva verificare l'esistenza di condizioni politiche che legittimassero la prosecuzione di una esperienza di governo, occorreva il confronto con le forze politiche, l'apertura di nuove prospettive: nulla è fermo e nulla è immutabile.
Questi risultati sono stati raggiunti. E' vero, abbiamo attraversato momenti di solitudine, come Gruppo socialista, come partito socialista e come dirigenza socialista. Nel cuore della battaglia spesso c'è chi viene lasciato solo. Abbiamo anche sentito dire che era una "questione dei socialisti". Possiamo dire con orgoglio, oggi a verifica chiusa che abbiamo portato in porto un fatto estremamente importante in un contesto politico che cambia, abbiamo aggregato nuove forze, abbiamo aperto ad un consenso più generale, anche se per il momento non è realizzato come forma di governo. E' vero, ne siamo stati gli autori, quando anche la nostra dirigenza ha sopportato l'onere maggiore di elaborazione, di sintesi, di programma, ma questo è alle nostre spalle. Non è questa la sede per discutere delle virtù e dei difetti degli uomini e spesso anche delle loro viltà. Noi socialisti guardiamo al futuro più che al passato.
Il Paese ci incoraggia. Le ultime consultazioni sul territorio nazionale danno il senso di governare il cambiamento, di apprezzare la linea socialista del governo nel cambiamento; non lasciar degradare le istituzioni, preparare le condizioni per il rafforzamento democratico costruire le basi per la grande riforma anche se da alcuno viene derisa e se molti "vignettisti" si addentrano nella grande riforma come se fosse un fatto eccezionale nella vita di un Paese per accorgersi poi quando il Paese non funziona che la grande riforma vorrebbe dire far funzionare un Paese cambiarlo in senso moderno, aprire ai valori della rivoluzione francese della cultura, dei fatti che portano avanti una comunità nel suo insieme.
Ecco perché diciamo che non si tratta di un favore passeggero, di un'onda che per ora è di un maremoto esploso, ma che potrebbe rientrare perché siamo autori di una nuova proposta politica, originale e realizzabile in una società che cambia, in una società che dobbiamo governare per questo cambiamento dove non possiamo lasciare nemmeno per un giorno il vuoto delle istituzioni.
La verifica ha fatto registrare anche un altro dato molto significativo, al di là della grande apertura del consenso, della riaggregazione fra grandi forze politiche presenti all'interno del Consiglio regionale. Ha portato una unità di intenti fra il nostro Partito e il Partito socialdemocratico, che avevano già cercato nella seconda legislatura ma che è maturata con l'entrata nel governo regionale.
La verifica ha visto l'allargamento e la formazione del polo laico socialista e a chi negasse il senso del terzaforzismo o della terza forza noi diciamo che è sufficiente aprire i giornali di questi giorni e leggere le percentuali di ciò che esprime il Paese per capire che la terza forza c'è già e ha già superato non entrambi, ma ciascuna delle due grandi forze che si trovano all'interno del Paese.
Alla Democrazia Cristiana, con la quale abbiamo avuto nella verifica importanti incontri sul programma, diciamo che è necessario costituire e costruire una alternativa. Un Paese che vuole essere democratico, che vuole avere un impianto democratico duraturo, deve avere il senso dell'alternativa democratica.
Questo governo si attesta sui valori reali democratici che appartengono alle tradizioni delle grandi democrazie, al valore del pluralismo con l'abbandono dell'obiettivo politico, quasi esaustivo, dello scontro fra la classe operaia e il padronato, gara questa che può essere superata attraverso una politica più moderna e più avanzata. Non vogliamo cancellare l'interesse della classe lavoratrice o l'interesse del padronato, ma vogliamo porli entrambi all'attenzione costante di un processo di sviluppo complessivo che via via sappia eliminare ritardi e contraddizioni che questa società ha al suo interno.
Porre le basi per l'impianto del governo regionale vuol dire anche imboccare l'unica strada percorribile, che è la strada socialista.
Non siamo soli in questa vicenda, né siamo irrequieti, come qualcuno ha voluto definirci.
Non è solo una questione socialista, ma è una questione che interessa tutte le forze politiche democratiche del Consiglio e della comunità regionale. Diventa un problema di tutta la società. Il documento programmatico, che ne è l'espressione, non nasce dalla volontà di una parte ma nasce dal confronto generale che si è sviluppato in questi due mesi coglie le novità e le specificità (che non sono soltanto messaggi come qualcuno potrebbe pensare), momenti gestionali e attuativi che si riprodurranno nella società e ne determineranno i risultati.
Il Consiglio regionale comprenderà i motivi di fondo e saprà dare nell'insieme un contributo determinante a questo processo. Il cogliere come si scrive nel documento, questo processo di esaltazione della democrazia rappresentativa vuol dire aver costruito finalmente un parlamento regionale, aver eliminato quei residui che volevano il parlamento regionale fosse qualcos'altro, l'aver ridefinito ancora una volta la centralità del Consiglio regionale vuol dire aver esaltato il ruolo o di maggioranza o di opposizione; affrontare la crisi vuol dire essere governo, vuol dire lavorare su un terreno che sa cogliere gli aspetti propri della società che cambia e li sappia portare avanti.
E' mancato il raccordo con la comunità e oggi vorremmo recuperarlo così come vogliamo recuperare il governo del territorio. Non vorrei dicendo questo - che qualcuno si facesse l'illusione che le conquiste fatte sul territorio negli anni dal 1975 al 1980 con la legge sulla tutela del suolo possano essere messe in forse.
L'esperienza di questa Giunta, dopo la verifica, deve continuare. Le forze a cui abbiamo fatto riferimento si sono misurate sul programma, hanno realizzato una serie di punti importanti. Da questa verifica nasce il terreno della riaggregazione, del maggior consenso che permetteranno alla terza forza di esprimere capacità inespresse, fantasia, organizzazione idee.
Questo è il grande momento dell'incontro fra le forze popolari che sino a ieri non hanno saputo realizzare gli intenti degli anni che vanno dal 1975 al 1980, proprio perché è mancato questo incontro tra le grandi forze politiche o di opinione. Oggi, con questa verifica, ci impegniamo con voi ad essere determinatori di quel grande momento e di quella grande riforma che il Paese attende e che non può più essere dilazionata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non sarò breve perch l'esposizione del programma e l'intervento del Capogruppo del PSI collega Viglione mi inducono a modificare lo schema dell'intervento che avevo predisposto a nome del Gruppo della D.C.
A verifica ultimata il nostro Gruppo politico, di opposizione, si chiede che cosa è avvenuto e che cosa è cambiato nel governo della nostra Regione. Possiamo rispondere che nessuna novità oggi vediamo in Piazza Castello e dintorni: la stessa coalizione di governo, lo stesso Presidente gli stessi Assessori, un'identica struttura della Giunta. Il "sentiero" del cambiamento, prima di sentire il collega Viglione che l'ha tramutato sbrigativamente nella lunga "strada socialista", a noi sembrava angusto e di incerto tracciato; le sole novità, infatti, dovrebbero essere costituite dall'aggiornamento delle indicazioni programmatiche della Giunta e della creazione del Comitato interassessorile per la programmazione economica coordinato da Claudio Simonelli, che non sarà Calvino, come afferma Viglione, ma in questa Giunta appare come l'Assessore super-semprepiù.
Erano in molti, dentro e fuori di questo Consiglio, a pensare che questo stato di cose di un governo regionale di sinistra, caratterizzato da elevata conflittualità interna e da una sempre più preoccupante inerzia progettuale - non dovesse poter durare; segnatamente, ci è parso, per le forze laiche di opposizione, il PRI e il PLI, che tenacemente e legittimamente perseguono una precisa strategia, mirante a realizzare una nuova coalizione di governo regionale.
Questo stato di cose, invece, trova oggi una propria conferma e sembrerebbe destinato a durare almeno sino a quando l'interesse alla cogestione e alla suddivisione del potere, la duttilità e la flessibilità di adattamento, sovente spinte al limite del mero pragmatismo, faranno premio sui noti e non dissimulabili contrasti operativi e politici che hanno contrassegnato la vita della Giunta e della maggioranza; o sinch infine ma non per ultimo, permarrà sull'orizzonte politico socialista la speranza, che sinora è apparsa a noi un'illusione, di poter associare alla maggioranza di sinistra le forze laiche repubblicane e liberali, oggi all'opposizione.
A verifica chiusa, però, non si può non coglierne il significato politico, che è stato di conferma, almeno per l'oggi, dell'alleanza di governo tra PCI, PSI, PSDI e PDUP. Chiedersi dove "va il PS! in Piemonte dopo la verifica" o affermare che dopo la verifica "non è una chimera l'intesa tra laici e socialisti", può costituire titolo di giornale ma non ci pare di qualche rilevanza ai fini di una corretta valutazione politica delle scelte operate e confermate dal PSI.
Ciò se non si vuole stravolgere "volutamente" il ruolo che alle forze politiche è assegnato; per rendersi conto non solo del cambiamento che si manifesta nella società, ma per cogliere anche il senso delle iniziative di un movimento politico, quello socialista; e per assumere comportamenti che consentano di non essere rassegnati spettatori di una strategia, quella socialista, che vorrebbe il cambiamento solamente governabile da forze politiche emergenti ed invece del tutto estraneo alla capacità di comprensione, alla tradizione, alla storia, di altre grandi forze popolari del nostro paese, quale è e rimane la Democrazia Cristiana.
Resta da valutare, passando al merito di alcune questioni che vengono sollevate dall'aggiornamento del "programma", presentato dalla Giunta, se almeno in queste ci siano quelle novità che possono giustificare il lungo periodo di confronto e di riflessione tra le forze politiche della maggioranza.
L'aggiornamento odierno non può che richiamarci al programma della Giunta presentato nel 1980; in quella occasione, il Gruppo della D.C.
attraverso più interventi, articolati per materia e per settori, che trovarono un momento di sintesi e di coordinamento nelle dichiarazioni del proprio Presidente Paganelli, espresse un severo giudizio di dissenso peraltro accompagnato da proprie analisi, da indicazioni e proposte, e dalla disponibilità, chiaramente espressa, a partecipare come forza di opposizione ad un lavoro comune per il rilancio dell'istituzione e per il rafforzamento del sistema del governo locale; ed, infine, dalla richiesta di passare dagli intenti contenuti nelle "dichiarazioni programmatiche" ai "programmi" veri e propri, procedendo celermente all'approvazione del secondo Piano regionale di sviluppo, secondo un indirizzo volto al superamento di una concezione della programmazione di carattere "ideologico e onnicomprensiva" e alla definizione invece di un programma di tipo "strategico", per progetti integrati.
Il nostro giudizio di dissenso riguardava, tra l'altro, alcune grandi indicazioni strategiche all'interno delle quali la Giunta proponeva di collocare le azioni programmatiche, e precisamente: a) la delineazione di uno scenario, definito "dell'inaccettabile" o della "recessione", all'interno del quale collocare le azioni ed i progetti specifici b) la paura eccessiva del "collasso" di Torino e la conseguente riconsiderazione critica della possibilità di perseguire l'obiettivo del riequilibrio interno del Piemonte, mentre a noi sembrava e sempre più sembra che il ruolo di Torino vada definito a sala interregionale e che i problemi delle due situazioni - quella dell'area metropolitana e quella delle aree periferiche - siano interrelati ma non contrapposti c) la riproposizione del "disegno" di "stretta integrazione" nell'Europa in termini scarsamente incidenti, poiché allora non accompagnata dall'indicazione di iniziative e di proposte nei confronti del governo centrale dell'economia del nostro Paese ed oggi, invece, maggiormente apprezzabile a seguito di iniziative e di decisioni assunte a livello parlamentare che quanto meno consentono, per quanto riguarda la grande armatura territoriale di assi di penetrazione e di collegamento, di cogliere reali possibilità di rilancio del Piemonte come area "integrata" nell'Europa e nell'area Nord occidentale del nostro Paese d) l'enfatizzazione, presente in quel documento programmatico e che oggi più non ritroviamo, del ruolo del terziario superiore in genere e del terziario pubblico in particolare e) la scarsa attenzione per il ruolo della grande impresa e per il ruolo ancora "trainante", in proiezione, del settore dell'auto.
L'aggiornamento proposto dalla Giunta, ad integrazione del programma '80/85, in parte sembra aver modificato alcune delle indicazioni strategiche ricordate, ma non è comunque di facile valutazione poiché al primo documento si sovrappone; d'altra parte l'illustrazione fattane dal Presidente della Giunta non consente di cogliere gli aggiustamenti, i propositi, le scadenze, né tanto meno una proposta di priorità che il Governo regionale, dopo la verifica, avrebbe dovuto in questa sede esplicitare con precisione.
Per altro verso, non spetta a noi l'interpretazione autentica dei documenti formulati dalla Giunta; a noi, come Gruppo di opposizione, spetta un giudizio su questa Giunta, sui suoi propositi concreti, sui suoi progetti, sulle iniziative che ci sottoporrà e che consentiranno di meglio cogliere la coerenza tra i propositi e gli atti di governo; e neppure intendiamo addentrarci in modo minuzioso e preciso, né nella comparazione dei documenti, né in un esame specifico delle indicazioni per materia o per singoli settori, poiché il dato politico che intendiamo oggi cogliere ed evidenziare è che siamo ormai a metà legislatura e che ben più che a reiterati "intenti programmatici", siamo interessati ad un giudizio sui comportamenti passati e presenti del governo regionale e alla valutazione di precise proposte, purtroppo assenti, di funzionamento delle istituzioni e di azioni programmatiche per il futuro della nostra Comunità regionale.
Guardando alle nostre spalle, il giudizio non può essere positivo, solo che pensiamo alla crisi perdurante del funzionamento del Consiglio regionale, all'inefficienza e alla scarsa efficacia del lavoro nelle Commissioni, alla scarsa progettualità della Giunta.
Ovviamente, ci assumiamo la nostra parte di responsabilità. Ma, la nostra, è la responsabilità di una forza di opposizione che sovente, e soprattutto negli ultimi tempi, non ha potuto neppure quando lo ha desiderato, dare un contributo significativo al funzionamento delle istituzioni, poiché le assenze e la disattenzione da parte della maggioranza sono state troppo significativamente marcate e ripetute soprattutto nelle Commissioni e tali da non consentire ad un Gruppo di opposizione di svolgere appieno il proprio ruolo e di assumersi le responsabilità che tutti abbiamo nei confronti delle istituzioni.
Se guardiamo invece avanti - aldilà e nonostante una verifica poco comprensibile - ci auguriamo nell'interesse dell'istituzione, e non certamente di parte - che questa maggioranza o abbia vita breve oppure sappia essere ciò che in questi anni non è stata; cioè, sappia essere "governo" nel senso pieno della parola, assumendosene sino in fondo le non declinabili responsabilità.
Gli "intenti" programmatici devono tradursi in proposte concrete di governo, assicurando al Consiglio la possibilità di svolgere con pienezza le proprie funzioni di indirizzo, di legislazione e di programmazione. Che l'istituzione abbia bisogno di essere rilanciata, pena la completa perdita di credibilità della Regione, tutti, noi da tempo lo riconosciamo e ne abbiamo fatto oggetto di considerazione, di confronto e anche di specifiche, proposte. Il documento della Giunta vi dedica il primo capitolo, laddove si afferma che il "ruolo" regionale deve essere rilanciato sia nei rapporti con lo Stato, sia all'interno del Consiglio e della Giunta, sia nel rapporto con gli Enti locali; se tutto ciò appare condivisibile, a nostro avviso il vero "nodo" come le opposizioni hanno più volte rimarcato, è quello e rimane quello del funzionamento degli organi regionali.
Il documento della verifica propone vari interventi: revisione e riordino della legislazione vigente; controllo delle Commissioni sugli effetti delle leggi e sulla loro attuazione; eventuale funzione redigente delle Commissioni e maggiore speditezza nell'iter legislativo; riduzione del numero delle Commissioni; potenziamento dell'Ufficio legislativo e dell'Ufficio documentazione; collegialità della Giunta, con una anticipazione limitata e "mirata", per ora, sul "coordinamento interassessorile" per la programmazione economica.
Si tratta di procedere. Tenendo conto dei risultati del dibattito sul funzionamento del Consiglio e degli altri dibattiti generali sui problemi della nostra regione, degli impegni che sono stati assunti e che non possono essere cancellati dalla verifica tra le forze di maggioranza, delle proposte già avanzate dalle forze politiche, non avendo ben presente che la funzionalità del Consiglio è legata non solo a strutture tecniche o a norme regolamentari, bensì alla capacità, all'impegno, al senso di responsabilità e alla coerenza dei comportamenti delle forze politiche e ricordando come nel recente passato siano state sovente le divergenze, anche sostanziali tra le forze di maggioranza e le continue assenze a determinare il cattivo funzionamento della nostra istituzione.
Mi rimangono da considerare, nell'economia dell'intervento che mi è stato affidato, alcuni aspetti del proposto "aggiustamento" programmatico ad iniziare dal problema dei rapporti tra Regione ed autonomie locali.
Su questo tema, ben oltre e prima delle dichiarazioni e degli intenti programmatici della Giunta, vi è una ricchezza ed un'articolazione della proposta, del dibattito, della partecipazione alla costruzione di ipotesi di soluzione e di sperimentazione che vengono dagli Enti locali; c'è il dibattito politico-culturale a livello nazionale; ci sono la tensione delle forze politiche e le loro proposte concrete, anche nella nostra Regione. E c'è un vuoto e un'inerzia sostanziale della Giunta.
Le ipotesi che ora vengono avanzate, a seguito della verifica richiedono un approfondimento. Se davvero si è intenzionati a procedere speditamente nella revisione del funzionamento dell'istituto regionale e dei rapporti con gli Enti locali, alla rivitalizzazione del sistema di governo locale, noi diciamo che alcune indicazioni presenti nel documento che riguardano i settori del turismo, dei trasporti, dell'agricoltura e di altre attività, della Regione oppure, più in generale, il problema delle deleghe - debbono trovare una razionale e coerente collocazione all'interno di un disegno complessivo, che non può essere definito senza prima procedere ad un approfondimento adeguato con le autonomie locali della Regione.
Sui problemi dello sviluppo economico e della politica industriale ci pare di poter cogliere un aggiustamento degli "intenti" e "correzioni di rotta" rispetto alle precedenti indicazioni programmatiche: dallo "scenario" dell'inaccettabile e dalla recessione si passa nuovamente ad affermare con fermezza l'esigenza dello sviluppo industriale e capovolgendo precedenti indicazioni si afferma testualmente che "il tipo e l'ampiezza dello sviluppo industriale determina e qualifica le attività terziarie" e che "la grande industria è la struttura portante del sistema industriale piemontese e italiano" e che occorre la saldatura tra la politica per settori e quella dei fattori della produzione. Si tratta di esigenze e di indicazioni che il Gruppo D.C. affermava nel novembre del 1980 e nel proprio documento "Il Piemonte negli anni '80", ben prima della maggioranza; ma il discorso appare ancora oggi appena "abbozzato" nel documento della Giunta: ad esempio, le conseguenze della "razionalizzazione" della Fiat sono appena adombrate, mentre nulla o quasi si dice in ordine al processo di "reindustrializzazione" del Piemonte salvo che per il settore della componentistica; si accenna alla politica dei "fattori", ma non si precisano le conseguenti implicazioni di carattere generale, pur non secondarie e sulle quali dovremo confrontarci: parlare di fattori significa, infatti, affrontare il problema del costo del lavoro nella sua intierezza unitamente a quello dell'accumulazione e quindi dei fondi di investimento e della rivalutazione dei cespiti (Visentini-bis).
Per il sostegno e il rafforzamento delle esportazioni, le ipotesi avanzate di costituzione di un "Forum per gli scambi internazionali" e di un centro espositivo ci appaiono molto generiche. Per la politica del lavoro non appare sufficiente enunciare l'obiettivo della piena occupazione; è necessario fare uno sforzo per individuare azioni e interventi tali da consentire il raggiungimento dell'obiettivo che è posto a base della politica del lavoro e della politica economica in generale dato che proprio la crisi dell'esperimento della mobilità conferma che occorre rafforzare la domanda sul mercato con provvedimenti a monte.
Circa la legge 760, il Gruppo D.C. non da oggi né ha auspicato l'approvazione; sin dall'esplosione del caso Fiat, la D.C. chiese di inserire l'argomento nell'ordine del giorno votato in Consiglio, avendone allora un rifiuto da parte delle forze, della maggioranza. Così pure, anche sulla chiamata nominativa la maggioranza sembra oggi cambiare opinione, con l'accettazione di deroghe normate.
Sui problemi del territorio a noi pare di poter cogliere un segno di novità. Nel documento che è stato presentato sembra superata la tentazione di contrapporre i problemi dell'area metropolitana a quelli delle aree periferiche e si sottolinea chiaramente la necessità di affrontare in modo coordinato tra Provincia, Comune, Regione e Comprensorio, tutti i problemi dell'area metropolitana per evitare il proliferare di proposte è di iniziative, con una "spartizione" di ruoli programmatori anche per l'assenza di una autorità di coordinamento, sia pure sperimentale; un proliferare di proposte e iniziative non tutte compatibili o facilmente comprensibili: nel documento della Giunta c'è l'indicazione di una nuova direttissima ferroviaria tra Genova e il Sempione, che in qualche modo sembra raccordarsi con le richieste della Liguria sulla creazione di un terzo valico appenninico e riprende il discorso sui decentramenti e sulla razionalizzazione del sistema portuale; c'è poi, il discorso delle integrazioni tra le maggiori metropoli dell'Italia Nord Occidentale; e c'è il progetto MITO, portato avanti dall'Amministrazione comunale di Torino sul quale non si fa riferimento alcuno negli aggiornamenti programmatici presentati dalla Giunta.
Ben venga, dunque, un coordinamento; si cerchi di dare razionalità alle proposte e alle azioni programmatiche riguardanti l'area metropolitana, per colmare il vuoto che ha caratterizzato l'azione della nostra Regione in questi anni; mentre il "distacco" con Torino deve essere colmato con l'approvazione dello schema di piano socio-economico territoriale e con la sperimentazione di momenti reali di coordinamento per affrontare non facili scelte.
Per i piani territoriali, prendiamo atto della dichiarazione di utenti volta, per un verso, ad avviare il processo di delega agli Enti locali, ma per altro verso a riconfermare il ruolo dei Comitati comprensoriali prevedendo la costituzione degli "Uffici del Piano" ed una ridefinizione di obiettivi e della strumentazione operativa, necessaria per superare la fase di incertezza e di stanchezza in cui i comprensori sono caduti, rischiando di diventare organi politici di rappresentanza esterna.
All'interno dell'analisi dei problemi di riorganizzazione e di riequilibrio territoriale, il documento della Giunta indica, poi, una recente e nuova tendenza allo sviluppo nell'area del Piemonte Sud occidentale: ci pare un dato discutibile, rispetto al quale gradiremmo un esauriente chiarimento. Intanto, è difficile cogliere l'accezione stessa di "Piemonte Sud-occidentale", ma nella sostanza, ci sembra fuorviante affermare che aree come quelle del Monregalese e dell'Acquese si siano improvvisamente trasformate da "aree di emarginazione" in "aree con tendenze di sviluppo" nelle quali si richiederebbe un controllo dei processi in atto per evitare l'insorgere di fenomeni di decadenza o per ordinare e disciplinare fenomeni di sviluppo. Questa rimane per noi una osservazione incomprensibile.
Ed infine, dato che non conosciamo gli impegni che la Giunta potrebbe in questi ultimi tempi avere assunto, non ci sembra sufficiente n esauriente limitarsi a richiamare nuovamente nei documenti programmatici e nei dibattiti, come necessario e indispensabile, il collegamento con i porti liguri; è giunto il momento di passare a valutazioni più stringenti dalle proposte alla definizione di programmi e delle possibilità di intervento.
Per l'agricoltura non registriamo novità di rilievo. Si enunciano obiettivi ambiziosi, ma il percorso appare impervio da affrontare, vista la scarsa efficienza operativa dell'azione sinora svolta. Vengono preannunciate nuovi leggi per realizzare il processo di delega e di subdelega alle Province, alle Comunità montane e ai Comuni; attendiamo queste proposte, essendo d'accordo in linea generale e di principio, per con l'avvertenza che i relativi provvedimenti devono far parte di una valutazione complessiva da portare avanti con il sistema delle autonomie locali. Due comunque, sono per noi le condizioni: che ciò non significhi il trasferimento delle difficoltà incontrate nella politica di settore sulla "testa" degli Enti locali; che la delega di funzioni sia preceduta dall'assolvimento degli impegni regionali di spesa finora assunti e non rispettati.
Sull'ambiente e sull'energia riteniamo di dover osservare che l'approvazione della legge 2383 e le decisioni assunte in materia di pareri sulla localizzazione delle centrali elettronucleari, devono riaprire la considerazione dei problemi inerenti il risparmio energetico e l'utilizzazione delle fonti rinnovabili e alternative; mentre, più in generale ci sembra indifferibile un aggiornamento da parte della Giunta sulla politica delle convenzioni, sugli obiettivi e sui risultati raggiunti nell'attività di settore.
Solo dopo questo esame complessivo, il Gruppo della Democrazia Cristiana darà un giudizio sulla proposta della costituenda "Società regionale per la tecnologia e l'energia".
Il documento, per altri settori, dice molte cose che fanno pensare a sostanziali modifiche di indirizzo ma dice troppo poco, in termini di progettazione dell'intervento che viene prefigurato, per consentire di entrare nel merito e di esprimere valutazioni conclusive e meditate.
Ci sono, nelle intenzioni dichiarate, alcune novità significative; ho già ricordato la proposta della creazione di una nuova direttissima ferroviaria Genova-Sempione; vi è poi la novità della preannunciata soppressione dei "Consorzi provinciali per i trasporti" e la parallela previsione della delega alle Amministrazioni provinciali, unitamente al proposito di presentare un disegno di legge di attuazione dell'art. 4 bis della sulla "grande viabilità" per regolare le convenzioni tra la Regione e l'Anas in materia di opere di grande viabilità.
Questi fatti, unitamente alle decisioni assunte a livello nazionale per le grandi infrastrutture, consentono di guardare con più tranquillità alla nostra attività di programmazione e con la speranza che il supporto degli interventi infrastrutturali consenta di uscire da una fase di lunga meditazione e di predisposizione di studi, per avviare iniziative programmatiche coerenti con il disegno complessivo di sviluppo.
Per il turismo, la preannunciata revisione generale della legislazione con la previsione dello scioglimento degli Enti provinciali, induce il Gruppo della Democrazia Cristiana a fare alcune precisazioni che, peraltro verranno rese pubbliche in forma organica in questi giorni.
Siamo favorevoli alla soppressione degli Enti Provinciali per il turismo; però, a nostro avviso, deve essere salvaguardata la funzione di indirizzo e la gestione unitaria delle iniziative di rilevanza nazionale o internazionale e deve, inoltre, essere prevista la delega delle Amministrazioni provinciali, senza incorrere nell'errore di dar vita a forme disparate e disorganiche di delega.
Per la sanità ci limitiamo a sottolineare l'urgenza dei problemi dell'area di Torino, ricordando che vi era l'impegno a risolverli nel primo semestre del 1982 secondo il progetto previsto dal Piano Socio-sanitario e che vi sono proposte di legge, giacenti da tempo, che riguardano la riorganizzazione funzionale dei servizi sanitari nell'area metropolitana.
Chiediamo che a questi problemi si dia soluzione rapidamente, arrivando a decisioni che consentano maggiore organicità e razionalità per il settore sanitario nell'area torinese.
Anche se non abbiamo potuto soffermarci su tutti i settori, i singoli Assessori sanno che ci troveranno attenti e puntuali nel momento in cui gli intenti programmatici si tradurranno in proposta di provvedimenti specifici.
Ci siamo limitati alla valutazione di alcuni aspetti generali cogliendo gli "aggiustamenti" più significativi rispetto al programma del 1980. Comunque sempre di "intenti" si tratta. Per il nostro Gruppo è essenziale avere in tempi compatibili con la durata di questa legislatura un "progetto" che consenta di valutare le volontà reali in ordine alla ripresa della programmazione e all'avvio del processo di delega e di riordino delle funzioni del sistema delle autonomie locali.
Se questo progetto non verrà dalla Giunta, le forze politiche dovranno affrontare il problema, magari per sentirsi dire che perseguono sentieri di democrazia "consociativa" all'interno delle Commissioni consiliari o che confondono i ruoli tra assemblea ed esecutivo, così come è successo di fronte al documento che con Valeri ho presentato per favorire solo la discussione "all'interno" della I Commissione.
Ed infine, sollecitiamo la discussione sul secondo Piano di sviluppo del quale ci sono pervenuti i primi documenti. Non possiamo infatti non rimarcare come tutto sarebbe vanificato e come la Regione perderebbe di credibilità, se agli "aggiustamenti" e agli "intenti" programmatici non seguisse un'azione di governo che possa tentare di giustificare la continuità di questa maggioranza alla guida della Regione.
Quella lunga "strada socialista" a cui faceva riferimento Viglione, che garantirebbe la governabilità oggi mentre costruirebbe l'alternativa di domani, dovrà scontare contraddizioni e si scontrerà con scelte non facili.
A noi pare che il Partito Socialista abbia scelto una strada ambigua e che insegna, con fantasia e sperimentazione, la ricerca del proprio ruolo con l'intenzione, non accettabile, di mortificare il ruolo delle altre forze politiche.
Comprendiamo però l'ambizione socialista e ci rendiamo conto che il PSI sta ottenendo, con le altre forze dell'area laica, un consenso che lo legittima a svolgere un ruolo diverso rispetto al passato.
Comprendiamo sempre meno la "ragione" di questa Giunta, le verifiche gli aggiustamenti; e siamo ora perplessi di fronte ad un'osservazione curiosa che se detta da Viglione è comprensibile, se invece è contenuta in un documento programmatico della Giunta appare incomprensibile. Che essa vuole significare per la Giunta l'affermazione di "rifuggire" da ogni suggestione di tipo consociativo; riaffermare i rapporti dialettici tra maggioranza e opposizione e i ruoli distinti dell'esecutivo e dell'assemblea? "Il tutto" all'interno della grande tradizione democratica occidentale? Si vogliono forse "esorcizzare" tendenze politiche o tentazioni consociative presenti all'interno della coalizione di maggioranza? Questa preoccupazione da parte di una maggioranza non ha nessun significato, a meno che non tradisca un'intenzione più sottile e nascosta, che in qualche misura si collega alle dichiarazioni ed alle strategie che ci propone da tempo il collega Viglione; cioè, a meno che non abbia l'obiettivo di ridimensionare il confronto in aula, nelle Commissioni, nelle istituzioni dove esso si svolge anche tra le grandi forze politiche del passato e del presente e non solo tra le forze politiche del presunto futuro, e che non si tema quindi la democrazia consociativa, ma si punti invece ad un disegno "ad escludendum" della D.C. e di progressiva associazione di tutte le altre forze al polo laico-socialista. A noi non sfugge la reiterata riproposizione di associazione di tutte le forze laiche, liberali e repubblicane, che anche il PCI accetta in termini opportunistici, alla Giunta di sinistra.
Il discorso alla democrazia "consociativa" è oggi un discorso falso perché nella realtà va avanti un disegno politico che punta ad associare tutte le forze laiche e che impone al PCI il progetto socialista, mentre mira ad escludere la D.C. da ogni possibilità di governo, in Regione come ad altri livelli.
Quando si guarda al futuro e si prevedono possibilità di alternativa democratica, di certo non ci rattristiamo; ma quando, guardando al futuro si finge o si vuole ignorare che non ci sono alternative di fatto possibili, in questa Regione come altrove, nell'oggi e crediamo anche nel domani, che prescindano dall'apporto alternativo o della D.C. o del PCI non possiamo nascondere la nostra preoccupazione. Ciò perché lo sviluppo di un'area laico-socialista non può evitare il confronto e la scelta di fronte a precisi dati politici che permangono nel nostro Paese e che non possono essere dimenticati o ignorati.
A conclusione, mi sia consentito di dire che con preoccupazione, in questi giorni, guardiamo ad un'altra verifica. Una verifica più importante che è in corso nel Paese e che si apre all'indomani di una consultazione elettorale parziale e in una situazione di crescenti e gravi problemi internazionali: è la guerra, che si diffonde nel mondo e ci coinvolge tutti, al di là delle contrapposizioni ideologiche e politiche del passato che ci obbliga a fare i conti con i problemi della pace: e della convivenza sul nostro pianeta. Una verifica che si apre in una situazione economica deteriorata e, che ripropone la ricerca che non possiamo accettare, di responsabilità al di fuori della collegialità del Governo; una verifica che si apre in un momento segnato dalle azioni di violenza mafiosa e criminale e di un terrorismo dilagante e perdurante.
Noi non crediamo che le elezioni parziali possano assumere un significato capace di stravolgere le scelte politiche che sono state operate.
La D.C. ha confermato, dopo il congresso, le proprie scelte politiche scelte che hanno concorso a dare rilevanza, peso, spazio, prospettiva al Partito Socialista e al complesso delle forze laico-socialiste del nostro Paese e per le quali stiamo pagando prezzi politici ed elettorali, in modo consapevole e coscienze. Ma non crediamo che si possa immaginare che la D.C. sia un partito rassegnato a svolgere un ruolo subordinato nei confronti dell'area laico-socialista.
Rivendichiamo quello che il Partito Socialista con durezza ha rivendicato. Siamo noi oggi a rivendicare la pari dignità, la lealtà di comportamenti, la coerenza con le scelte politiche che abbiamo operato unitamente al PSI e alla forze laico-socialiste, ad altri livelli.
Il risultato elettorale ha premiato le forze di ispirazione laica e socialista, ma ha anche dimostrato che la D.C. non è riducibile a un piccolo movimento moderato e conservatore. Conserviamo un consenso largo confermato, non scalfito nella sostanza da una contenuta flessione crediamo di poter guardare al futuro con la prospettiva di svolgere un ruolo politico importante e decisivo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Revelli. Ne ha facoltà.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la prima considerazione che ritengo di dover fare, a nome del Gruppo comunista, consiste nel prendere atto positivamente del documento di aggiornamento programmatico presentato dalla Giunta. E' un documento che non vuole essere onnicomprensivo, ma si innesta sul programma dell'80 ed offre gli spunti concreti ai progetti per il Piano di sviluppo. E' un documento al quale il PCI ha lavorato con buona lena, con lo spirito e la volontà unitaria che ci caratterizza ed avendone tutto il tempo negli interstizi delle polemiche altrui e dei non incontri che non avvenivano.
E' nostra convinzione che la Giunta debba su ogni singola questione predisporre uno scadenziario di attuazione sia sul piano legislativo, che degli interventi specifici di deliberazioni consiliari, cioè di quegli atti di alta amministrazione e di programmazione che spettano alla Regione e che devono vedere protagonisti il Consiglio.
Mi scuso se non entro nel merito di singole e specifiche questioni, che conosco ormai a memoria, mi riferisco invece un po' di più ad alcune questioni politico-sociali che ritengo di grande importanza.
Questa verifica, tra le forze politiche che hanno la responsabilità di governo nella regione, si chiude a nostro giudizio in modo positivo, sia sul piano dei contenuti sia su quello degli schieramenti, della formula politica che viene riconfermata.
Per quanto ci riguarda abbiamo affrontato questo confronto coscienti dei limiti in cui è costretta ad operare la Regione ed al tempo stesso convinti che, nel momento in cui si sta definendo il secondo Piano di sviluppo le questioni strutturali della funzionalità, dell'efficienza delle istituzioni, del loro ruolo, del modo con cui si formano e si assumono le decisioni, e le si realizzano, siano decisive.
E lo sono a maggior ragione- anche per le cose che sono state dette questa mattina nel dibattito - se si ha la consapevolezza critica ed oggettiva, che l'istituto regionale attraversa una profonda crisi in quanto tale a causa dell'offensiva centralistica. Ne abbiamo parlato a lungo in un nostro Convegno, vi hanno partecipato tutte le forze del Consiglio, e non riprendo questi temi, su cui ci saranno precisazioni della collega Marchiaro. In secondo luogo perché l'istituto regionale subisce un attacco che viene oggettivamente portato dalle politiche che si svolgono nel Paese al ruolo di governo delle istituzioni. C'è un mutamento di rotta, di traguardi e di orizzonti rispetto alla metà degli anni '70.
Non è un caso che questo attacco centralistico passa attraverso gli spazi che la D.C., e con essa altre forze di governo, aprono con la loro politica, da un lato di conservazione delle posizioni-chiave di potere dall'altra di attacco concorrenziale sul terreno del sistema di potere.
Si è parlato molto - forse troppo - di uomini nel corso di questa verifica e di possibili schieramenti alternativi, è una dialettica che si è aperta legittimamente all'interno dello stesso PSI, di rapporti tra area socialista e l'area laica, e si è anche detto nell'intervista del Capogruppo Paganelli, di cedimenti dei comunisti sui contenuti, pur di mantenere in piedi questa formula. Ho già detto prima, e non ci torner più, che abbiamo lavorato con lo spirito cui ho accennato all'inizio del mio intervento, a questi contenuti faticosamente tutti scritti da noi. In questo, Genovese, stai tranquillo, conta ancora qualcosa, sino alle prossime elezioni generali che ci saranno per la Regione Piemonte, il ruolo di questi venti Consiglieri.
Certo, gli uomini contano, gli schieramenti sono spesso questioni che hanno interconnessioni profonde. Non è che siamo opportunisti in questo. Lo abbiamo detto sin dal 1980, all'indomani delle elezioni, che prendevamo atto dell'area socialista di ciò che essa si proponeva nei confronti dei laici. Sono temi non di oggi, che sono stati posti dal PSI e PSDI che fanno parte della strategia nazionale di questi partiti, con la quale ci confrontiamo non certo in posizioni di subalternità.
Ma, lasciando questo capitolo che è stato in parte anche un po' il folklore dell'informazione, della verifica in questi tre lunghi mesi, direi che per capire il valore politico dei contenuti, della formula che attualmente c'è ancora, a nostro avviso, occorre rendere chiara la posta in gioco che ha percorso questa verifica e lo stesso confronto che è avvenuto tra le forze governative del pentapartito in questa trattativa.
Il nodo vero non sta nel numero delle riunioni, nelle dichiarazioni nei se e nei ma, bensì in una questione, in un interrogativo che ha percorso tutti questi tre mesi della verifica, sul piano politico e sociale e che non è riconducibile soltanto ai rapporti tra i partiti, anche se ha grande influenza sul comportamento delle singole forze politiche e su quello delle istituzioni.
Il problema è il seguente: è possibile uscire dalla crisi attraverso una via "moderata"? E a questo problema, a questo interrogativo - al di là dei tatticismi di potere ed elettrorealistici ne fa seguito immediatamente un altro determinante per le alleanze sociali e politiche: esso riguarda il giudizio politico che si da della crisi materiale e dei conseguenti rapporti di classe.
Mi scuso per questa nomenclatura, forse ancora non così modernamente sociologica come altri vorrebbero, ma si chiamano con i rapporti di classe.
Non è certo un caso che simili interrogativi abbiano avuto direttamente ed indirettamente tanto peso nel confronto che si è svolto: sia per la natura dell'Ente Regione - le sue prerogative di programmazione - il tipo di rapporti che istituzionalmente è chiamata a stabilire con la comunità organizzata, sia perché in questa fase, di fronte alla crisi ed alle possibilità di sviluppo non è indifferente, non è neutro il modo con cui l'istituzione si colloca di fronte allo scontro sociale.
E quegli interrogativi prendono ancora più forza non tanto rispetto alla linea strategica di un partito come il PSI e come il PSDI, quanto al fatto che le ambizioni del preambolo DC di tre anni or sono e della governabilità grandi risultati non li hanno dati nella condizione materiale del Paese.
E' pur vero che la crisi economica è un fatto, mondiale, ma è altrettanto certo che nel nostro Paese, invece di governarla, di fronteggiarla con un minimo di piano, si è teorizzato il "galleggiamento" si è lasciata mano libera alla spontaneità, si è dato largo spazio agli interessi assistenzialistici ed a quelli corporativi creando le premesse per uno scontro sociale più aspro, e senza risultati sulla ripresa dello sviluppo.
Quegli interrogativi - sulla soluzione moderata della crisi - si fanno più stringenti quando non si tratta più soltanto di descrivere una maggioranza come quella della Regione Piemonte - unica nel Paese - come uno dei momenti in cui si ha un rapporto con il PCI; quando il suo mantenimento o la sua rottura non sono più condizionati alla trattativa con la DC. a seconda dell'esito del suo congresso nazionale; quegli interrogativi sulla soluzione moderata o meno della crisi - prendono corpo e si passa dalla spontaneità di certe forze sociali, il padronato nella fattispecie ad una strategia di classe di quelle forze.
La questione dei contratti, la vicenda della scala mobile non stanno più all'interno del "galleggiare" sulla crisi, né dei giochi di schieramento.
Il padronato, gran parte di esso lo abbiamo sentito sin dalla relazione di Pininfarina all'assemblea degli industriali torinesi, conduce una vera e propria campagna politica, che tenta di guadagnare punti nell'opinione pubblica, di generare nuovi orientamenti culturali, di incidere nelle forze politiche. E' una strategia che parte dalla fabbrica, si polarizza certo nello scontro con i lavoratori utilizzando la forza che deriva dalla tensione negativa sull'occupazione, la perdita di certezza del lavoro in tanti strati di lavoratori particolarmente nei nuclei, più forti ed organizzati, per estendersi alle riforme, alle conquiste dello stato sociale (non chiedendone certo una razionalizzazione, ma una riprivatizzazione) per giungere sino alla denuncia delle istituzioni, dei limiti di efficacia della democrazia, e configurarsi come un soggetto politico forte e orgoglioso di essere classe borghese dirigente, come diceva Pininfarina nella sua relazione.
Lo scontro non è dunque soltanto sul costo del lavoro, ma sulle prospettive: sul lavoro, sull'ordine di priorità dei fini dello sviluppo.
Per questo il dibattito si fa più ravvicinato nella sinistra. Più nette diventano le collocazioni delle forze politiche (una luce diversa assume la maggioranza che si è determinata al congresso torinese della DC); cresce la stessa dialettica all'interno del governo (la reazione dei compagni socialisti si è qualificata sulle questioni poste dalla confindustria).
Emerge come illusoria la ricerca della mediazione che una certa parte della sinistra vorrebbe: e cioè chiudere questo attacco in fabbrica pagarne i prezzi solo in termini di rapporto di classe fra lavoratori e padronato, salvaguardando fuori, magari anche rafforzando, le conquiste dello stato sociale.
La questione non è possibile. Ecco uno dei grandi temi che ci riconduce alle questioni economiche che poi vanno nella nomenclatura delle cose scritte nel documento della Giunta e che ricordava il Presidente Enrietti.
Emerge come, illusoria una possibilità di mediazione a questo vecchio livello.
L'attacco non si ferma alla fabbrica dicevo; pone questioni di alternativa più netta agli stessi limiti dell'azione del governo; postula una scelta moderata, un affondo neo-liberista e l'avvio di un sistematico reaganismo dei poveri. Il che in Piemonte significa chiedere, anche per quei pochi limiti che ci sono ancora concessi come istituzione, di rinunciare al governo dell'economia, di rinunciare a prospettare un sistema di convenienze da parte dell'ente pubblico, ma quasi di piegare le istituzioni, come la Regione, al servizio di quella spontaneità ritenuta necessaria.
Certo ci rendiamo conto, lo abbiamo detto e sottoscritto chiaramente nel comunicato dei tre partiti, che esistono differenze nelle strategia di PCI, PSI e PSDI. Ma il confronto tra le forze della sinistra, compreso il PDUP, proprio perché parte dai contenuti, dal rispetto delle reciproche posizioni, è teso ad allargare l'area della comprensione e dell'unità tra le forze del rinnovamento e del progresso ad unire le forze del lavoro, a prospettare per esse una politica corretta di alleanze in funzione del rilancio di un nuovo sviluppo economico.
Questo è il nostro sforzo, convinti, come siamo, che la classe operaia il mondo dei lavoratori, gli stessi ceti intermedi emergenti, tecnici intellettuali, non riusciranno ad affermare una diversa scala di valori e di compatibilità se non all'interno di un sistema vasto di alleanze.
In questo senso è positivo che la maggioranza convenga sulla necessità di "governare", nella dimensione regionale, di non lasciare alla "spontaneità" i processi. Di qui viene una responsabilità peculiare alla sinistra: quella di rendersi conto che la "sinistra" può essere sconfitta in due modi: 1) cedendo il campo alle forze moderate, rinunciando a governare e quindi a cercare una sua unità a livelli più alti; la seconda sconfitta pu essere più grave e più subdola ed è quella 2) di essere costretti ad assumere di fatto la politica moderata.
Sotto questo profilo c'è un'esperienza che la dice lunga ormai anche in Piemonte.
Ovunque l'area socialista e laica si è accordata per governare rompendo con il PCI, si è finiti nel pentapartito, non solo per la questione dei numeri ma sul piano programmatico, perché è stata imboccata la via moderata. Nel breve periodo forse i programmi sono parsi indistinti, ma nel medio periodo, anche dove quell'area è destinata a crescere elettoralmente si è sotto l'egemonia programmatica del ritorno indietro, dell'inseguimento delle posizioni di potere, nella constatazione che il cambiamento possibile è tutto nella nomenclatura del potere al riparo di un riformismo senza riforme.
Questo vuol dire che contestiamo il rapporto con le forze PRI e PLI, di ispirazione laica? Per nulla. Non abbiamo mai posto pregiudiziali - e tanto più in Piemonte, che c'è una lunga tradizione di confronto: una tradizione culturale, una tradizione di governo.
Con questi stessi partiti nei confronti che abbiamo svolto si è concordato su una serie di problemi. Ma il dato di fondo che emerge per la stessa area socialista è che non regge più una politica di indifferenza programmatica, per cui non ha importanza con chi si governa, con il PCI o con la DC.
Vi è qui un secondo ordine di considerazioni, vi è la questione della lettura della crisi materiale che stiamo attraversando. E' una discussione di cui abbiamo ridiscusso a lungo con i compagni socialisti e socialdemocratici nel corso della verifica, e abbiamo approfondito gli elementi unitari di questo giudizio. Abbiamo concordato che non è catastrofismo ciò che abbiamo di fronte.
Voglio ritornare a questa analisi per dire che occorre prendere atto che lo sviluppo sta toccando un limite materiale, che è necessario un rilancio nuovo delle forze produttive, al tempo stesso un limite sociale perché lo Stato assistenziale, nella stessa versione italiana, gestita dalla DC, non riesce più a governare i bisogni, le spinte, gli stessi poteri corporativi che ha contribuito ad alimentare.
In questo sta la peculiarità della nostra crisi, la questione morale così come l'abbiamo posta come questione di riforma degli apparati dello Stato, come questione democratica. In questo sta il tema del ruolo delle istituzioni ed anche del rapporto tra pubblico e privato che non può più essere relegato neanche alle concezioni degli anni '70. Qui sta la questione nuova delle relazioni tra gli interessi generali e gli interessi particolari costituiti che sono sempre più presenti come vere e proprie lotte di potere.
Una crisi, che per le implicazioni internazionali, è lunga e duratura.
Tocca l'insieme delle società sviluppate ed i cui effetti trasformano profondamente i rapporti di produzione sia all'interno del nostro Paese che nella collocazione dell'Italia nella divisione internazionale del lavoro.
L'inflazione e la disoccupazione contribuiscono a disaggregare un tessuto sociale e morale del paese, aggravano le disuguaglianze nel sistema produttivo come nella società.
Al tempo stesso tutto ciò avviene sullo sfondo di nuove grandi possibilità di sviluppo, di una rivoluzione scientifica e tecnologica che avanza.
Riconoscere e sottolineare questa possibilità nuova di sviluppo vuol dire rendersi conto che mentre una facile ideologia neo-liberista presenta queste possibilità nuove come già in atto, già attuate in Italia, quasi che il lavoro nelle fabbriche fosse radicalmente trasformato, che l'avvenire sia ormai nel fiorire dei settori post-industriali- come si suole dire la realtà italiana è ben diversa. L'Italia rischia di essere tagliata fuori da questo grande processo. Per un dato semplice che abbiamo esaminato qui e sul quale concorda non solo la maggioranza, ma anche le altre forze del Consiglio regionale, in questi ultimi anni invece di avere un processo di internazionalizzazione e di rafforzamento dei grandi gruppi, pur nella logica delle multinazionali, è avvenuto il fatto inverso per l'Italia quasi unica eccezione in tutti i paesi europei.
Il processo di ristrutturazione dell'apparato produttivo in atto da diversi anni nel nostro paese, per constatazione unanime si svolge ad un tasso relativamente basso, scarso di innovazione tecnologica e scientifica: basta guardare alla dinamica degli investimenti. Siamo di fronti ad un vero e proprio gap tecnologico, anche rispetto ad altri paesi che pure conoscono da anni la crisi.
E c'è da chiedersi allora quale sviluppo possono davvero avere quei "settori del terziario e del quaternario" se si restringe la base produttiva agro-industriale del nostro paese? Allora quella conclamata prospettiva di espansione può avvenire in modo asfittico, alimentando una nuova area di economia assistita.
Essa non farebbe che portare ad una divisione accentuata del corpo sociale, da un lato le punte di sviluppo, dall'altro gli assistiti e gli esclusi; e questo si riprodurrebbe in modo ancora più grave di quanto già non sia avvenuto sia sul piano geografico che territoriale, sul piano sociale. Prendere atto che si siano già create situazioni sempre più ampie di bisogno, non vuol dire rinunciare a mutare queste situazioni, non vuol dire trasformare nel fine dei bisognosi e dei meritevoli la suddivisione che si sta producendo, anzi, si deve intraprendere subito un'azione per limitare questo divario.
Da noi come in qualunque altro paese occidentale è il potere pubblico a finanziare in larga misura l'innovazione. E questo pone un nuovo rapporto tra pubblico e privato, evidenzia il ruolo, della programmazione e della riforma dello Stato dell'attuale sistema di potere.
Se ciò non avviene, se vi sono tante resistenze è perché forti sono le pressioni per seguire una strada moderata di attacco alle masse popolari ma perché si è andata radicando la convinzione che la crisi evoca uno stato passeggero.
La parola "crisi" che usiamo tutti viene letta da questo governo nel senso del medico. Il superamento della crisi implica quindi un ritorno alla normalità. Noi siamo invece convinti che non si esce dalla crisi ripristinando la normalità. Ne usciremo tutti cambiati e questo vale per tutti. Ma crisi non vuol dire ritorno indietro: vuol dire scegliere e giudicare.
Il neo-liberismo si fonda su un credo per altro ampiamente in crisi negli stessi paesi che l'hanno applicato alla lettera secondo il quale ogni decisione presa individualmente da singole imprese o gruppi di imprese finisce alla fin fine di essere conforme all'interesse generale grazie agli effetti del mercato preso come regolatore unico dell'attività economica. Ed a questo deve uniformarsi il potere pubblico con l'uso delle sue risorse.
Non siamo certo noi a negare il ruolo del mercato, ma si deve riconoscere che il mercato stesso è il risultato di operazioni molteplici e complesse e non di una pura spontaneità. Siamo perfettamente coscienti che all'offensiva scatenata dal padronato non si risponde sul versante sindacale e della sinistra soltanto resistendo all'aggressività Si è in grado di replicare se si accresce la forza produttiva del lavoro e della produttività, in modo da consentire una scala ed un carattere della valorizzazione del capitale degli investimenti tali da allargare le basi produttive e di lavoro trasformandoli quantitativamente e qualitativamente.
E bisogna essere altrettanto coscienti, lo sa anche una buona parte della DC che è presente nel sindacato, che tutto questo, nello scontro sociale in atto che si è acuito implica "una lotta e che passa attraverso la difesa del prezzo, della forza-lavoro in tutte le sue componenti retribuzioni e prestazioni sociali - e comporta l'affermazione di una nuova qualità del lavoro".
Certo, non l'abbiamo neanche noi, la ricetta per la piena occupazione come non ce l'ha Genovese, come credo non ce l'abbia né questa maggioranza né la Giunta, ma questo è il nodo destinato a pesare nel tempo. Per molti aspetti questa è una grande occasione per il rilancio della programmazione anche di quella regionale purché si pronunci sulla politica economia, non si limiti alle questioni del territorio, ma organizzi le risorse esterne.
Ci rendiamo perfettamente conto che è difficile in questo momento stabilire il confine tra una politica che combatte l'inflazione con misure restrittive e una politica che si propone di combattere la recessione.
C'è stata un'azione di governo non positiva, in qualche misura l'abbiamo subita anche noi, ma non perché non abbiamo contrastato il Governo nazionale. La programmazione non risiede in questa conflittualità.
C'é un dato obiettivo di fatto e cioè che in questi tre anni non si è fatto a sufficienza e la situazione è ampiamente compromessa, ma proprio per questo emerge il nodo di una politica di investimenti, guidata e orientata dalla programmazione pubblica. Il nodo della programmazione regionale è questo: deve proporsi un governo dell'economia, tentarlo attraverso un sistema di convenienze, che sia un punto di riferimento per le risorse pubbliche e private. Una programmazione per progetti, capace di indurre a trasformazione e qualificazione lo stesso istituto regionale, che impedisca comunque la separazione tra il governo di alcuni servizi sociali e quelli dell'economia.
Chiediamo a Simonelli di occuparsi di più della programmazione e, se ha ancora qualche dubbio, di discuterla con noi per chiarire.
Siamo convinti leggendo i suoi scritti che abbia ragione quando dice che ci sono tre grandi questioni che rimettono in campo la programmazione regionale: 1) la coerenza dei fini e delle scelte. E' una esigenza che ci ripropone la dimensione temporale. Non si tratta di prevedere il futuro, che è un orizzonte, una linea limite che nessuno può raggiungere, ma si tratta di governare l'avvenire, la dimensione ragionevole dei prossimi tre anni. Ci assumiamo un impegno grande, colleghi Consiglieri della maggioranza che implica ben di più che la realtà.
2) L'unità. I grandi mutamenti economici e sociali, quelli che convengono a far fronte alla crisi, non derivano dalla costrizione, dal dirigismo. Essi non possono imporsi, essere vincenti che nel caso in cui traducano ambizioni possibili e una volontà vasta di quegli stessi progetti di piano devono essere occasione, crogiuolo per un'ampia e qualificata partecipazione.
Perché l'interesse generale sia riconosciuto come tale e faccia premio sugli interessi di categoria, sui corporativismi, non basta tranciare in questo Consiglio con il 50,1 % che c'è. Questo è il senso del contratto per lo sviluppo che abbiamo proposto nel nostro Congresso regionale.
Una simile impostazione non sopprime i conflitti, non dimentica affatto che c'è uno scontro tra padronato e sindacati. Sappiamo bene che non andiamo verso un'attenuazione delle differenze dei conflitti di classe, per quanto ridotto possa essere il ruolo della classe operaia secondo certi dati sociologici, ma nondimeno va perseguito. Lo chiamerei un compromesso sociale, dinamico che assicuri la realizzazione dei progetti e che nella politica di piano, negli strumenti che adottiamo diventi un contratto per lo sviluppo tra le forze vive della nostra società.
3) La libertà. Non vi paia strano che pronunci questa parola dopo aver sentito le tristi cose che succedono,dove accadono delle rivoluzioni nel Terzo Mondo. La uso questa parola nel senso nostrano e tipico italiano.
Così intesa la programmazione diventa non solo partecipazione, ma condizione per ridurre le incertezze. La programmazione in questo senso sta la libertà deve permettere di governare di più e meglio per amministrare di meno: è la grande posta in gioco delle Regioni, altrimenti le Regioni possono chiudere. Qui sta la forza della sinistra.
Non dobbiamo infatti sottovalutare l'effetto frenante che sull'innovazione esercitala politica "dell'amministratore" come potere spicciolo sino al limite di incrementare corporativismo e lobbies vere e proprie. Può capitare anche negli assessorati.
4) Più che ad un elenco importante di cose possibili, che condivido, ho voluto fare riferimento in primo luogo ai concetti che sono presenti in quella breve paginetta della dichiarazione dei partiti della maggioranza perché in una Regione come il Piemonte, la sinistra ha il dovere di compiere un'operazione politico-culturale e di respiro. Noi comunisti ci muoviamo in questa direzione rivolgendo il nostro discorso non soltanto alla classe operaia, che deve uscire dall'angolo e tornare ad essere una grande protagonista nazionale, come classe dirigente, ma a tutte le forze produttive, a tutte le intelligenze. L'alternativa a questa, non è uno schieramento e nemmeno un appuntamento con una forza grande, ma minoritaria, perché c'è l'effetto K grande o K piccolo come abbiamo detto nell'incontro con i laici.
L'alternativa è una proposta di contenuti che ha tutti i caratteri di una proposta nazionale e che trova qui un embrione di sviluppo. Per questo ci interessa questa maggioranza. Non ci interessa di starci per consumarci come nell'unità nazionale. Siamo attivi e vegeti, accettiamo la scommessa e la sfida ed è naturale, che ci sia concorrenza.
La nostra convinzione sta nel fatto che un nuovo traguardo dello sviluppo economico, sociale, civile, intellettuale e morale comporta la necessità oggettiva di porre mano ad una ampia azione riformatrice che investa le strutture economiche. E questo sta avvenendo in Piemonte e non possiamo starne fuori, dobbiamo metterci dentro le mani. Certo, ma significa anche guardare a quelle forze laiche cattoliche al di fuori dei Partiti che si muovono attraverso un associazionismo attivo, mai rassegnato, per una nuova qualità delle esigenze e del lavoro. Non poniamo dunque, una questione di dominio sulla società, né siamo dei dati in crescita elettorale, ma di stimolo alla crescita della società. Questo è il dato della questione comunista ancora così corposa e non superabile. La posta in gioco è alta. Vorrei rispondere non all'interno della maggioranza ma in una dialettica tra partiti, che su queste grosse idee-forza è in gioco la questione del socialismo, anche di un ideale di un socialismo rinnovato. Vi leggo queste due brevi frasi di Berlinguer: "Prende vigore quindi, per questa ragione la necessità dell'incontro di tutte le forze che muovendo dalle ispirazioni più diverse, sanno farsi interpreti e realizzatrici di questi bisogni nuovi. E qui si propone una questione più specifica, più politica legata al movimento operaio del nostro Paese e dell'Europa occidentale e al futuro stesso del nostro Partito.
Ritengo che sia astratta, accademica e nominalistica nel senso che attribuisce valore preponderante ai nomi e alla nomenclatura la discussione se spetterà fondamentalmente ai partiti comunisti, ai partiti socialisti o ad altre forze ancora essere protagonisti di un processo che vada nella direzione della trasformazione e del rinnovamento, pur con tutte le prudenze: la ricerca dell'unità non premierà questa nomenclatura aggiunge Berlinguer né dimentichiamo che vi è competizione legittima e del resto inevitabile: saranno premiati coloro che non demorderanno e che non cambieranno le maggioranze per un piatto di lenticchie".



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, vista l'ora, ritengo opportuno sospendere la seduta.
I lavori riprenderanno alle ore 15,15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,10)



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