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Dettaglio seduta n.134 del 20/05/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Formazione professionale

Dibattito sulla formazione professionale in Piemonte (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prosegue il dibattito sulla formazione professionale in Piemonte di cui al punto quarto all'ordine del giorno.
La parola al Consigliere Alasia.



ALASIA Giovanni

Colleghi Consiglieri, stamattina la nostra compagna Anna Ariotti ha già sviluppato ampiamente la complessa problematica che riguarda il rapporto tra formazione e scuola in generale.
Aggiungo solo che per noi comunisti questo è un punto di primaria importanza, in quanto non è possibile concepire la formazione professionale come una specie di sottoscuola, né può essere vista come problema settoriale, come appunto ricordava la compagna Ariotti.
Do pertanto per presenti queste considerazioni che sono essenziali nel discorso della formazione professionale.
Riprenderei e svilupperei alcune considerazioni di ordine generale legate alle trasformazioni dei processi produttivi, le quali sono essenziali per orientare la formazione professionale. Caro Villa, anche noi proviamo una strana sensazione in questo dibattito per ragioni che sono legate al quadro generale, economico e politico, nel quale si colloca il problema della formazione e non già quello che dice sui giornali Emilio Trovati con il quale spererei di confrontarmi in una tavola rotonda.
Noi non possiamo non vedere il quadro generale nel quale si colloca questa situazione ed il problema della formazione, nel quadro già richiamato con molta lucidità da Montefalchesi (al quale si presta poca attenzione perché, come è noto, è un uomo che non partecipa a nessuna formula e a nessuna "combinazione". Quando dice alcune cose sulle fabbriche, mi permetto di dire che le conosce certamente molto meglio del sottoscritto e di molti altri che sono qui dentro), quadro che richiamo non per ritorsione polemica; quadro dei rapporti tra Stato e Regione.
Se non lo abbiamo presente, cari colleghi, davvero non potremmo fare bene le cose che dobbiamo fare in questo Consiglio ed in questa Regione.
Da tutti è ammesso che la formazione professionale, per lunghi decenni ha sofferto di forti limiti quantitativi sul piano della spesa, per altro richiamati dalle cifre citate da Ferrero.
Ha sofferto anche di limiti qualitativi (richiamati anche da Villa stamane): contenuti dei corsi; nozionismo, rapporto tra scuola ed organizzazione produttiva, squilibri nei vari settori, dal meccanismo all'inflazione delle visagiste, la questione delle estetiste (che sollevava giustamente preoccupazione nel collega Marchini nel corso dell'ultimo dibattito), carenze legislative o legislazioni invecchiate come nel caso dell'istituto dell'apprendistato che stamani richiamava la signora Vetrino la mancata regolamentazione della materia del collocamento, ecc.
Come non si possono vedere queste cose? E' molto importante averle presenti.
C'è una concezione limitata ed angusta del ruolo della formazione professionale, tanto che sono riscontrabili nell'immediato dopoguerra i segni, i caratteri e le finalità di un ruolo assistenziale che veniva attribuito alla formazione.
Villa può ricordare l'esperienza, voluta peraltro da tutte le parti dei cantieri scuola.
Si può anche ricorrere all'assistenzialismo, ma riguardo a ciò abbiamo tutti delle responsabilità. Voglio sottolineare che il prolungarsi di quella concezione porta ad una separatezza, una marginalità, una frattura rispetto alla concezione corrente della cultura. Non è il caso di richiamare in questo momento dati e cifre che comprovino le distanze enormi che ci sono circa la spesa nazionale per la scuola e università e la formazione. Ferrero lo ha ricordato: 18.500 miliardi per scuole ed università contro le poche centinaia per la formazione; non è il caso di ritornarci sopra.
Invece, cari colleghi, vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che questo rapporto squilibrato se è vero in generale è particolarmente vero nel nostro Paese, anche rispetto ai Paesi europei e a quelli dell'area mediterranea per non parlare della Germania e della Francia.
Come rappresentante sindacale ho partecipato per due anni ai lavori del Consiglio Economico della C.E.E.
Sul finire degli anni '60 (dopo che la DGB tedesca aveva documentato un quadro impressionante sull'impegno in Germania a questo proposito) proponemmo all'attenzione del Governo il problema della destinazione quantitativa, senza però alcun risultato. Ci sono voluti altri undici anni per arrivare alla nostra legge quadro.
Non avrei accennato all'insieme di questi problemi (si dice che quando si svolgono considerazioni generali si scappa facilmente per la tangente) se non registrassimo ancora oggi, con il permanere di concezioni opposte il prolungarsi della situazione che ci sta alle spalle.
Ho voluto richiamare questo quadro perché una tale situazione induce ogni programmazione (e l'applicazione di qualsiasi legge, per quanto avanzata sia) a fare i conti con la realtà, il che non significa adattarvisi passivamente.
L'Assessore Ferrero nella sua relazione, permeata dalla consapevolezza di questo quadro reale, ci ammonisce "a non nutrire illusioni sulla possibilità di derogare delle necessarie gradualità".
L'area dei lavoratori in cassa integrazione è immensa. Molti, sospesi al 65-70-75%, non hanno la scuola dell'obbligo o addirittura la scuola elementare; quindi non è difficile rendersi conto dei gravi e complessi problemi che si pongono nel campo della formazione professionale.
La formazione professionale ha un ruolo di primaria importanza.
Dibattito e sollecitazioni da parte imprenditoriale, sindacale ed istituzionale avvengono quasi quotidianamente su questo tema. Alcuni dei quali sono improntati all'esigenza di ottenere risposte immediate e sarebbe miope, disinvolto non cogliere l'importanza di tali esigenze immediate e non comprendere che risposte, anche se parziali o limitate, sono necessarie.
Il collega Bastianini più volte ha ricordato i limiti dei nostri interventi in favore delle fabbriche in crisi; Singer, Montefibre Consorzio ex Rexim che a giorni decolla e dove la Regione ha fatto della formazione. Limiti, certo, ma imposti da una situazione reale e concreta.
Che cosa sarebbe successo se non si fossero attuati questi interventi e se non ci si proponesse di attuarli anche in tutte le situazioni contingenti del futuro? Ma accanto alle "contingenze", in questi anni si è aperto un dibattito di grande respiro rispetto al quale non siamo indifferenti. In questo senso va accolta la sollecitazione espressa dal Gruppo liberale.
L'Assessore Ferrero, ricordando le profonde trasformazioni in corso nel campo delle tecnologie produttive e della diversificazione produttiva, ha sottolineato come questo processo faccia da una parte emergere nuove professionalità e come dall'altra emargini ed espelli le componenti più deboli della forza lavoro: ebbene, l'una e l'altra fascia ci appartengono.
Non si potrà, né si dovrà privilegiare una politica che punti a ristretti salti qualitativi dando per scontata una larga fascia assistita dequalificata ed emarginata, che investirà non solo gli operai di linea, ma anche i tecnici ed i quadri intermedi.
Non è che non ci rendiamo conto che con lo strumento della formazione professionale occorrerà compiere delle scelte che privilegino settori come quello dei giovani.
Vorrei però rilevare che la formazione professionale non è l'unico strumento da utilizzare in politica sociale.
Occorrerà definire gli strumenti come il recupero della scolarità di base e il prepensionamento in modo da consentire di difendere i livelli di vita e di assicurare una ricollocazione sociale ai lavoratori espulsi dai processi produttivi.
I temi delle punte avanzate e delle situazioni di emarginazione, amici della D.C., li abbiamo sentiti trattare in questi ultimi anni dal Cardinale Pellegrino, il quale, oltre ad essere un principe della Chiesa, è uomo di studio e di scuola in questa Regione industriale.
Non vi sembri una banalità propagandistica se ricordo che noi comunisti nei mesi scorsi abbiamo dedicato la parte più qualificata del nostro "Festival dell'Unità" al tema: "Vivere con le macchine", e ci siamo interrogati a fondo sull'automazione, sulla robotica, sui microprocessori sull'informatica. Ci siamo posti delle domande sui problemi che sorgono nel rapporto tra l'uomo e le nuove tecnologie, sulle nuove modalità di erogazione e di consumo della forza lavoro nei processi produttivi e soprattutto sulle nuove modalità di formazione e di riproduzione storica della forza lavoro. Sono temi sui quali occorre riflettere molto perché non sarà facile nei fatti assicurare da un lato una qualificazione crescente e dall'altro una crescente estensione dell'area qualificata; assicurare innovazione tecnologica ed occupazione; semplificazione dei processi e alta qualità della prestazione lavorativa. Su questi temi si decideranno la natura ed i caratteri delle civiltà che costruiremo.
Ho seguito con molta attenzione ed interesse il convegno della D.C. del 22-23 marzo a Torino. Ricordo il lucido intervento dell'on. Bodrato a questo proposito; ricordo che il Segretario Piccoli ha detto: "La difesa della centralità dell'uomo avrà nei prossimi anni grande significato", per le trasformazioni che sono in atto nella società civile, nei processi produttivi e nei modi di erogazione della forza lavoro.
Voglio anche rilevare quello che noi consideriamo un altissimo contributo che viene dalla recente Enciclica "Laborem Exercens" di Papa Giovanni Paolo II, nella quale vi sono spunti di estremo interesse e di estrema attualità.
Troppo autorevole e troppo corposo è il Messaggio Pontificio per citarlo qua e là con rischi di interpretazione riduttiva e settoriale.
Ma sta di fatto che alcuni passaggi che si riferiscono alla formazione professionale ed al lavoro sono così innovatori e liberatori che mi permetto di fare espliciti richiami. Né si può dire che il Papa parla all'universo ed al futuro e noi dobbiamo fare i conti con le piccole cose.
Gli atti di oggi condizionano quelli di domani. L'Enciclica, dopo aver richiamato gli insegnamenti della Chiesa sul lavoro, afferma di voler ritornare sul problema del lavoro come concetto estensivo: "per mettere in risalto, forse più di quanto sia stato compiuto finora, il fatto che il lavoro umano è una chiave e probabilmente la chiave essenziale di tutto".
E ancora: "Se può sembrare che nel processo industriale lavori la macchina mentre l'uomo attende solamente ad essa, è anche vero che proprio per questo lo sviluppo industriale pone la base per riproporre 'in modo nuovo' il problema del lavoro umano. La tecnica è indubbiamente un'alleata dell'uomo. Essa gli facilita il lavoro, lo perfeziona e lo accelera. Essa favorisce l'aumento dei prodotti del lavoro. E' un fatto, peraltro, che in alcuni casi la tecnica da alleata può anche trasformarsi quasi in avversaria dell'uomo, come quando la meccanizzazione del lavoro soppianta l'uomo, quando sottrae l'occupazione a molti lavoratori prima impiegati o quando, mediante l'esaltazione della macchina, riduce l'uomo ad esserne il servo".
Questo lo sottoscrivo pienamente ed entusiasticamente.
In questa lunga citazione stanno i termini illuminanti di un'attività di carattere immediato e di prospettiva: né luddismo rispetto alle nuove tecnologie, né posizioni antistoriche, né spogliazione dell'uomo e sua riduzione a servo-meccanismo.
Detto questo e calandoci nel nostro programma, che cosa c'è da dire? La Federpiemonte ha sollevato la questione dei finanziamenti che ritiene insufficienti. L'ha detto anche Montefalchesi.
Questa questione merita attenzione.
La necessità di maggiori impegni finanziari è non solo condivisa ma è presente nelle proposte e nella relazione della Giunta; gli stanziamenti iscritti nel bilancio non tengono che in minimo conto dei finanziamenti del Fondo Sociale Europeo e del fondo di rotazione, i quali saranno riportati con variazioni tecniche non appena giungeranno i documenti contabili necessari da Roma e da Bruxelles.
Con l'assestamento si potrà rivedere la situazione in relazione all'ammontare di tali finanziamenti.
Va ricordato che la vicenda del fondo di rotazione è ad un punto tale che merita un chiarimento. Il Presidente Enrietti ha sollevato questa questione; l'Assessore Ferrero tempo fa ha preparato a nome di tutte le Regioni e per il Ministero una nota molto critica. Alla fine di marzo il Presidente Enrietti, a nome di tutte le Regioni, ha dovuto ricordare che la questione "non è più da considerarsi una controversia di tipo amministrativo, ma assume dimensioni istituzionali, configurandosi come tentativo di recupero da parte dello Stato di funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni".
Quando si sollevano questioni di ordine finanziario sarebbe bene ricordarsi anche di questo aspetto.
Va però considerata l'altra questione che richiamava il Consigliere Villa: quella dei costi.
I costi sono elevati, in particolare quelli della formazione realizzata attraverso convenzioni con le imprese sono troppo elevati; si pensi ai 10 milioni pro-capite richiesti dalla Olivetti come condizione per i rientri basti pensare ai progetti realizzati dall'Isfol.
Sarebbe utile, a questo punto, ridiscutere con le imprese i contenuti delle convenzioni, affinché esse, in un impegno di interesse comune partecipino adeguatamente alle spese per la formazione del loro personale non lasciando al solo ente pubblico l'intero carico.
La seconda questione è sulla qualità, ovvero la definizione delle fasce professionali. E' una questione pregiudiziale per ogni programma didattico che voglia corrispondere alle esigenze di buona qualità che oggi il mondo produttivo presenta. I colleghi avranno ricevuto il n. 4 di "Problemi del lavoro" che riporta l'analitica attività svolta dall'Assessorato su commissione dell'Isfol, nel quale c'è un generale apprezzamento. Frignani nel presentare il lavoro sulle fasce ha scritto: "l'importanza dell'individuazione di 'corricoli' formativi che, superando formule legate a professionalità generiche, ambivalenti, mirino a fornire una gamma di capacità e conoscenze di base". Ed aggiunge: "se sarà approvato imporrà al sistema formativo uno sforzo di adeguamento in termini di attrezzature, di metodi di insegnamento, di aggiornamento del personale docente". Sono avvertenze che dobbiamo tener presenti fin d'ora.
Due rilievi vanno fatti sull'adempimento degli obblighi nazionali: 1) la legge nazionale assegna al Ministero del Lavoro il compito della definizione delle fasce. Quella da noi avviata è in fase sperimentale. Il Ministero si era impegnato ad approvarle entro il mese di luglio '81. Come rileva la relazione dell'Assessore, è ora necessaria l'emanazione dei decreti e consentire la definizione degli orientamenti didattici della Regione.
2) L'analisi fatta dalla Regione con l'Isfol riguarda il settore meccanico.
Vogliamo sapere se si fa qualche cosa per gli altri settori merceologici.
Ho saputo che altri incarichi sarebbero stati dati ad altre Regioni. Questo non è un dettaglio tecnico, ma è la chiave di volta perché sugli "ordinamenti didattici" e sul "piano pluriennale" sia consentito un salto innovativo tendente a colmare il divario tra qualità della domanda e qualità dell'offerta.
Frignani dice che bisogna portare i livelli formativi dei centri regionali a quella soglia minima di qualità necessaria; allora, quali sono le fasce per fare i programmi ed i piani? L'Assessorato ci ha sottoposto la classificazione di massima delle individuabili aree di formazione, rispetto alle quali Villa muoveva qualche critica. Mi pare una classificazione assolutamente rispondente alle varie stratificazioni odierne della forza lavoro.
Vorrei insistere sulla riqualificazione per adulti occupati e disoccupati "da realizzarsi in un contesto di formazione permanente".
Il recupero della scolarità di base è di estrema importanza; è condizione pregiudiziale senza la quale sarà impossibile innestare per decine di migliaia di lavoratori un nuovo livello formativo.
Come si sa - e lo sappiamo sin dall'esperienza della Singer - non compete alla Regione il recupero della scuola dell'obbligo.
Il Consigliere Vetrino stamane sottolineava la necessità di studiare forme integrate.
E' una questione che ha tali dimensioni quantitative da esigere di farne oggetto di una vera e propria contrattazione con le autorità scolastiche competenti.
Di questo è stato interessato il Ministro Bodrato e vorrei saperne qualcosa. Lo stesso problema si ripropone per gli apprendisti.
Condivido quanto è scritto nella relazione circa l'impegno che le forze politiche debbono avere per la modifica della legislazione nazionale.
A tale proposito vorrei ricordare che il problema della modificazione della legge è aperto da almeno 25 anni.
Negli anni '70 erano giacenti in Parlamento nove progetti, di cui tre o quattro della D.C.
Sarebbe opportuna la presentazione di una proposta del Consiglio regionale o di più Consigli regionali, studiando la possibilità di uno speciale rapporto di lavoro che superi l'attuale istituto dell'apprendistato e consenta ai giovani ed alle imprese l'instaurazione di un rapporto lavoro e formazione che si concluda con un attestato di qualifica.
Questo rappresenterebbe un diverso, ma normalizzato, sistema di primo avvio al lavoro.
Va però ricordato, soprattutto per gli apprendisti, quanto ho già sottolineato circa l'esigenza del recupero dell'obbligo.
A questo proposito vi rimando all'indagine promossa dalla IV Commissione negli anni addietro che metteva in evidenza la provenienza dei giovani, il tipo delle famiglie, il carattere immigratorio, i bassi livelli di scolarizzazione. Quei rilievi restano sostanzialmente validi.
Nella relazione dell'Assessore Ferrero viene espresso un concetto importante che può avere subito effetti operativi.
Vi si afferma che l'attività di formazione comincia a costituire un terreno di elaborazione e sperimentazione di idee nuove, uno stimolo per la stessa struttura produttiva e per la scuola.
Su questo siamo assolutamente d'accordo. Non abbiamo infatti mai concepito un'attività formativa che si adegui passivamente alle tecnologie in atto.
Al contrario, pensiamo ad una formazione, ad una qualità del lavoro che concorra essa stessa ad apprestare tecnologie e sistemi produttivi nuovi, o come si dice: "a misura di uomo".
In particolare, la già elevata scolarizzazione, da giudicarsi come un fatto positivo, deve trovare corrispondentemente un modello di organizzazione dei fattori produttivi capaci di valorizzare al massimo la potenzialità umana conseguente all'elevamento del livello culturale medio.
E' questo il vasto campo della rotazione delle mansioni, del superamento della ripetitività, della monotonia, del lavoro cosiddetto "cretino", di tutte le cose di cui parlava Montefalchesi stamane, compresa e non esclusa la politica dei settori e dei controlli.
E' una materia complessa che da una parte riguarda la contrattazione sindacale e l'organizzazione dei processi produttivi, ma dall'altra riguarda la formazione, la scuola, per assicurare quell'ampiezza polivalente che, in un momento in cui le conquiste scientifiche vengono applicate alle tecnologie in atto, faccia sì che l'uomo non sia rapidamente obsoleto, come capita per le macchine, ma che abbia in sé una capacità di adeguamento nei vari processi.
Sul finire degli anni '60 vi fu una grossa polemica. Sembrava che nella formazione dovesse imperare il "nozionismo", cioè il passivo adattamento ad operazioni parcellizzate imposte da una tecnologia che pareva inamovibile e da una tecnologia presentata sempre come neutra nei suoi effetti sociali.
E' una menzogna, questo è ormai confutato a livello europeo dalla tecnica e dalla scienza.
Ricordo che una grande Unione Industriale del nord affermava che si aveva bisogno di operai capaci di lavorare soprattutto con le mani più che con il cervello.
Credo che siffatte concezioni siano entrate largamente in crisi o perlomeno non si ha più il coraggio di parlarne in questi termini.
La sola formazione aziendalistica non paga più né per il singolo posto di lavoro, né in vista delle esigenze di mobilità orizzontale e verticale.
Detto questo, per assicurare ai programmi formativi la necessaria ampiezza, riconosciamo l'importanza di una formazione che fruisca delle strutture produttive in atto nelle aziende, degli esperti e della diretta sperimentazione sui luoghi di lavoro.
Condividiamo quanto dice a questo proposito Frignani: "sistema elastico e flessibile ed il più possibile unitario".
La legge n. 8 prevede le convenzioni specifiche con le aziende che sarà di grande importanza attivare anche considerando l'esperienza del rapporto formazione lavoro nella gestione della legge n. 285; la cui esperienza è stata positiva come ce lo dimostra l'Aeritalia, la quale a giorni ci proporrà di coordinare, in relazione ai nuovi processi produttivi, alcune attività formative.
Del resto, l'indagine dell'Osservatorio del lavoro condotta sulla domanda con la Federpiemonte potrebbe consentire l'avvio di momenti formativi omogenei anche per zone che incorporino più aziende così come ci aveva lasciato intendere lo stesso prof. Terna.
Quando si fanno rilievi sulle scarse destinazioni finanziarie (e vorremmo che non fosse così) intanto diciamo che ci può essere una larga intesa per avviare momenti formativi adeguati fruendo di strutture aziendali con il concorso finanziario non solo dell'ente pubblico, ma anche delle forze sociali interessate. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Signor Presidente, colleghi, il mio intervento sarà di carattere settoriale, rivolto esclusivamente ai problemi della formazione professionale per il settore agricolo.
L'analisi della realtà dell'agricoltura piemontese e dello stato attuale della formazione professionale agricola, contenuta nel documento dell'Assessore, necessita di alcuni approfondimenti e precisazioni indispensabili, a nostro giudizio, per programmare una formazione professionale agricola che sia veramente aderente ai bisogni ed alle caratteristiche della nostra agricoltura e che, tenendo conto dei riferimenti legislativi, utilizzi al meglio le risorse finanziarie disponibili.
Ma prima di entrare nel merito è indispensabile evidenziare che leggendo in modo approfondito il punto sesto del documento, si trae la convinzione che vi sia una valutazione secondo cui, per quanto riguarda la formazione professionale agricola, siamo all'anno zero.
L'affermare infatti che non si è ancora in presenza di un sistema programmato, che si tratta di un complesso di attività scarsamente legato agli obiettivi programmatici di sviluppo economico, di piani di attività che sanzionano l'annuale affidamento dell'iniziativa formativa agli enti gestori di formazione professionale ne sono la conferma.
In Regione le competenze formative di assistenza, di contabilità, di formazione socio-economica sono attribuite all'Assessorato all'agricoltura e foreste, all'Assessorato alla formazione professionale, all'Ente di Sviluppo Agricolo. Ciascuno opera senza consultazioni con gli altri per attività correnti e per progetti specifici e grave risulta lo scollamento reciproco fra gli stessi Assessorati o enti regionali. Normalmente i corsi finanziati dall'Assessorato all'istruzione hanno poco a che fare con gli obiettivi di sviluppo economico zonale previsti dall'Assessorato all'agricoltura (non esistono ancora oggi i piani zonali agricoli). La formazione professionale agricola è vissuta sostanzialmente con un'atmosfera di ambiguità. Tutto questo fa pensare che siamo veramente all'anno zero e che tutto quanto è stato fatto finora è tutto da rifare.
Non si comprende poi da chi, visto che le competenze sono regionali e che l'attuale maggioranza ha avuto sette anni - si dice giustamente senza crisi per concretizzare nuovi indirizzi.
Noi non saremmo così pessimisti né sullo stato delle capacità imprenditoriali dei produttori agricoli piemontesi, né sull'efficienza dell'istruzione professionale in agricoltura. Condividiamo l'affermazione secondo cui esiste scarso coordinamento tra istruzione professionale assistenza tecnica, assistenza contabile, formazione socio-economica sperimentazione universitaria e non, che esiste scollamento tra Assessorato all'agricoltura e gli enti con competenze agricole, primo fra tutti l'ESAP.
Sono problemi che abbiamo sollevato pochi giorni fa in occasione del dibattito sul bilancio, ma non possiamo accettare un'impostazione che tende a mettere sotto accusa gli enti gestori, che per quanto ci risulta hanno svolto i compiti loro delegati, spesso in una realtà difficile, in coerenza con i piani concordati ed approvati dalla Regione.
Il processo di sviluppo della nostra agricoltura è molto più complesso di quanto il documenti descrive e le realtà aziendali e territoriali molto più diversificate. Com'è possibile affermare che la tecnologia l'evoluzione dei mercati hanno spazzato via la vecchia, onesta figura del coldiretto quando questa figura, certamente onesta ma non vecchia costituisce la struttura della nostra agricoltura? Con quale logica si collega una dimensione aziendale inferiore ai dieci ettari all'affermazione che in questo caso le aziende sono dotate di strutture inadeguate e soprattutto gestite da agricoltori non sufficientemente preparati? L'agricoltura, la vitivinicoltura, la stessa frutticoltura basano la loro struttura portante su aziende inferiori ai dieci ettari e ciononostante fonti di posti di lavoro, di reddito e di esportazione.
Non è solo la dimensione aziendale il metro per valutare l'efficienza e la produttività dell'azienda, ma altrettanto importante è il fattore umano (e qui concordiamo con il documento), con le conseguenti esigenze di preparazione professionale ed aggiornamento. Non sempre le dimensioni aziendali significano produttività ed occupazione, anche se spesso significano maggior reddito. Già al momento della discussione del primo piano di sviluppo facemmo notare la contraddittorietà dei tre obiettivi: reddito, occupazione, produzione.
E' risaputo che nella nostra pianura molte aziende a grandi dimensioni hanno ormai imboccato la strada delle colture estensive che, se possono garantire buoni livelli di reddito, mai garantiscono i massimi livelli di occupazione e di produzione. E' necessario, quindi, tenere presente questa realtà e programmare istruzione professionale e politica agricola regionale verso un tipo di azienda e di imprenditore che offra livelli ottimali per il raggiungimento dei tre obiettivi, anche perché su questi obiettivi abbiamo il conforto della politica agricola comunitaria che si sviluppa attraverso le direttive.
Certo è necessario concedere più fiducia e più rispetto all'imprenditore agricolo, avere una visione meno pessimistica della realtà umana che opera nel settore. Allora non è accettabile un'affermazione quale quella contenuta nel documento, secondo cui l'emergere di una domanda di formazione professionale in campo agricolo, seppure ritardata o intenzionalmente compressa, deve essere colmata progressivamente, non solo dai corsi regionali, ma da tutte le istituzioni educative presenti nel territorio. Domanda ritardata o intenzionalmente compressa da chi? Queste affermazioni necessitano di dati più precisi e probanti, se non si vuole far trarre la conclusione, ingiusta ed infondata, che il mondo agricolo non è capace di esprimersi e di autogestire i propri pur grandi problemi.
Siccome così non é, e lo dimostrano la crescita della produttività agricola nella nostra Regione, che là dove le condizioni naturali lo consentono raggiunge livelli di assoluta concorrenzialità internazionale, la continua forte domanda di autogoverno sui problemi del settore e di presenza nella società, è necessario sostenere questa crescita con la convinzione che i giovani rimasti in agricoltura, partendo da un'istruzione di base non inferiore agli altri settori produttivi, hanno fatto una libera scelta e che sanno ben individuare i loro problemi e le loro esperienze, anche nel settore dell'istruzione professionale.
E' necessario, quindi, che le iniziative, le novità vengano confrontate con le rappresentanze professionali del mondo agricolo e non affidate, in questo come in altri casi, all'analisi ed alla proposta di tecnici che seppure validi ed impegnati, sono spesso slegati dalla realtà o, comunque condizionati da valutazioni nate da esperienze personali e perciò limitate.
Riteniamo questo confronto prioritario ed essenziale per ogni nuova impostazione.
Consideriamo, inoltre, indispensabile a quattro anni dalla legge quadro nazionale e a più di due dalla legge applicativa regionale, che vengono stilate le convenzioni previste dall'art. 5 della legge quadro e dall'art.
14 della legge regionale. Crediamo, infatti, che attraverso le convenzioni sia possibile offrire e pretendere dagli enti gestori tutte quelle garanzie sia sull'impostazione organizzativa e soprattutto su quella formativa necessarie per un salto di qualità nel settore.
Lo afferma il documento: abbiamo assistito ad una proliferazione di enti gestori; abbiamo assistito (questo lo dico io) a crescite tumultuose ed improvvise.
E' necessario, e ne facemmo richiesta all'Assessore, avere un quadro completo delle realtà esistenti, sottolineando che le caratteristiche indispensabili per ogni ente sono quelle di essere presenti sull'intero territorio regionale e non essere limitato ad aree ristrette senza riferimenti regionali. Sono nati troppi enti gestori che riducono la loro attività ad aree molto ristrette. Concordiamo sulle tipologie fondamentali: corsi informativi e teorico-pratici di breve durata (30-60 ore) per l'aggiornamento ed il perfezionamento; corsi-progetto di lunga durata anche se per questo tipo di corso riteniamo debbano essere meglio precisate le caratteristiche e le condizioni e, comunque, trattandosi di corsi in fase sperimentale debbano procedere gradualmente e quindi con impegni finanziari limitati.
L'affidamento di una "delega" di tipo programmatico e di indirizzo alle Commissioni agricole zonali può essere una novità positiva, a condizione che si abbiano le idee chiare sull'insieme dei compiti e delle possibilità di queste nuove realtà operanti nel settore agricolo.
Non riteniamo realistica un'impostazione che sta emergendo da parecchie proposte della maggioranza (ricordo la proposta di modifica della legge sull'Albo degli imprenditori agricoli che coinvolge un'altra volta le Commissioni agricole di zona), impostazione secondo la quale queste ultime diventano soggetto di troppi compiti e responsabilità senza la possibilità di affrontarli seriamente ed adeguatamente, visto le strutture di cui sono dotate ed i limiti anche di carattere finanziario in cui sono costrette ad operare.
Non vorremmo che dopo la novità del Comprensorio, naufragata almeno nel settore agricolo nell'indifferenza e nell'abbandono, si sostituisse ora a quell'esperienza la Commissione agricola zonale destinata allo stesso risultato se non ci sarà maggiore attenzione sotto tutti gli aspetti a queste nuove forme di presenza nel mondo agricolo.
Sembra quasi che si vada alla ricerca di novità su cui scaricare compiti e responsabilità, senza gli opportuni approfondimenti e senza offrire i mezzi e l'autorità necessaria per poterli affrontare. Chiediamo pertanto, che su questa impostazione vengano coinvolte le Commissioni agricole di zona, affinché esse non diventino oggetto di decisioni calate dall'alto, ma possano partecipare responsabilmente all'assegnazione di eventuali nuovi compiti. Chiediamo, altresì, il massimo di partecipazione del mondo agricolo nella scelta dei contenuti.
Il documento sostiene, e concordiamo, che il coltivatore diretto non ha come gli altri lavoratori necessità di essere formato in un settore definito e specifico, ma proprio per la complessità delle sue mansioni deve avere un bagaglio culturale, che oltre all'aspetto tecnico, comprenda problematiche economiche, commerciali, finanziarie, di organizzazione del lavoro e rapporti sociali che lo rendano di fatto un imprenditore vero a pieno titolo.
E' necessario, quindi, per avere una visione aderente alla realtà sentire questo imprenditore, per sapere dal diretto interessato quali sono i problemi e le esigenze che di volta in volta toccano la sua attività tenendo sempre ben presente che i produttori agricoli più di altri o come altri pagano di persona quando sbagliano nella situazione economica aziendale; e questa credo sia la migliore garanzia.
Maggiore partecipazione, quindi, più confronto con il mondo agricolo anche su questo problema.
Crediamo, peraltro, che molte delle indicazioni positive contenute nel documento siano anche frutto dell'interesse e della presenza dei funzionari dell'Assessorato, in mezzo alla realtà agricola. Diamo atto di questo impegno e di questa presenza che non è stata solo di tipo ispettivo, ma anche di proposte, di suggerimento, di impostazione. Certo, definite le convenzioni, e quindi la tipologia, i contenuti, i soggetti di proposta e programmazione, è necessario che la Regione provveda, attraverso i suoi uffici, a controlli puntuali e severi, senza ritorsioni anche nei confronti di chi esprimendosi liberamente non condivide le impostazioni contenute nel documento della Giunta.
La formazione professionale è importante per l'agricoltura come per gli altri settori, ma le risorse ad essa destinate devono servire a raggiungere i veri obiettivi, specie in un momento in cui la scarsità delle risorse per il settore agricolo ci costringe ad effettuare delle scelte rigorose. Su questa impostazione il nostro Gruppo è pronto a confrontarsi all'interno ed all'esterno del Consiglio, sicuro di poter validamente concorrere perch anche la formazione professionale possa contribuire alla crescita dell'agricoltura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Mi rifaccio alle puntualizzazioni dei Consiglieri Ariotti, Alasia e Montefalchesi; un dibattito di questo tipo non può che inserirsi in un contesto più ampio che riguarda la crisi che sta attraversando la nostra società e le difficoltà nazionali per la riforma della scuola che tarda a venire e complica la situazione.
Siamo in un momento di profonda trasformazione strutturale della nostra economia e del nostro Paese in genere, e il Piemonte è investito, in particolare, da questa situazione: soffre di processi assai preoccupanti di emarginazione, non soltanto per quanto riguarda i giovani, ma anche per gli stessi occupati in situazioni precarie. Di fronte a questa crisi di carattere generale e strutturale la formazione professionale tende a diventare un parafulmine.
Larga parte della formazione professionale, pur attraverso i tentativi di riconversione in molti settori, si è venuta a scontrare con la realtà sociale. I centri di formazione professionale sono diventati luoghi di socializzazione sia per le fasce espulse dalla scuola che non trovano lavoro sia per situazioni varie di difficoltà, anche per la spinta dei Comuni che si occupano di questi problemi.
Da questa realtà non si può sfuggire, altrimenti si aprirebbero contraddizioni nei centri di formazione professionale e si verrebbero a creare dei vuoti che accentuerebbero l'area dell'emarginazione e le preoccupazioni.
Vi è la necessità di una profonda riconversione della formazione professionale e del suo adattamento nell'ambito di un processo formativo più ampio per le esigenze del settore produttivo, dei servizi e del pubblico impiego, ma che tende a consolidarsi in coerenza della riforma superiore. Chi conosce la formazione professionale ha la possibilità di verificare come il bacino di utenza rispecchi le contraddizioni insite nella società prodotte dalla crisi nella quale viviamo.
La formazione professionale ha tentato, nella sua gestione diretta ed indiretta, di darsi una grande spinta di riconversione. Abbiamo assistito ad una seria politica regionale che ha cercato di moralizzare un settore che presentava ampie fasce di incertezza e che ha cercato di qualificare l'esistente.
La legge regionale tende a consolidare, a livello locale, la legge quadro nazionale, che ha acquisito il principio molto importante della pluralità organizzativa e strutturale. L'aver definito alcuni aspetti alcuni canali ed alcuni settori guida è importante. Quale tipo di rapporto la Regione può avviare con gli enti privati nel campo della formazione professionale? Nel campo del convenzionamento, che ancora stenta a svilupparsi, per motivazioni di carattere oggettivo, gli enti sono stati selezionati e sono in grado di operare sul piano della professionalità degli operatori, i quali tentano di raccordarsi con il processo generale che la Regione porta avanti nel quadro della programmazione regionale che diventa il punto di riferimento anche per la formazione professionale.
Il confronto con gli enti a gestione indiretta avviene nell'ambito dell'accettazione di norme democraticamente fissate dalla Regione. Il primo obiettivo da realizzare è quello di accettare il quadro di programmazione pubblica entro il quale inserire le strutture della formazione professionale e il ruolo degli entri.
Diventa indispensabile sviluppare il discorso della convenzione, non tanto per imbrigliare gli enti, ma invitandoli ad operare in un contesto programmatorio pur con la salvaguardia delle autonomie gestionali.
Questo richiede la necessità di un controllo da parte della Regione responsabilizzando da un lato gli enti e dall'altro dando le sufficienti garanzie che gli enti operino secondo gli accordi finali.
Altri aspetti che vorrei toccare, perché mi pare siano importanti nell'ambito del discorso sulle convenzioni e nell'individuazione di una linea di comportamento nei confronti degli enti, stanno nel sollecitare quegli spazi di progettualità dentro l'ambito di verifica e di indicazioni generali del pubblico potere, che gli enti sono in grado, in un confronto serrato con la Regione e con la gestione diretta della formazione professionale, di sviluppare attraverso un reciproco controllo e sollecitazione e spinta ad un miglioramento e ad una verifica del senso reale di questa progettualità.
Un altro aspetto che voglio toccare, in termini molto superficiali, ma sollecito anche l'Assessore a tentare di verificare delle risposte riguarda il tema della sperimentazione, cioè di un intervento generalizzato che la Regione ha sollecitato attraverso la sua politica, che trova oggi un momento di difficoltà e di stasi, perché necessita di una verifica più generale; effettuare, cioè, una verifica della sperimentazione per farla uscire dall'incertezza per darne un giudizio positivo o negativo, per trarne delle indicazioni nella normativa generale che non si deve sviluppare solo attraverso le circolari.
Vorrei sottolineare due aspetti qualificanti: quello relativo ai progetti speciali che sono stati in parte programmati e quello relativo all'inserimento degli handicappati nella formazione professionale.
L'inserimento degli handicappati non deve costituire una remora, ma deve essere considerato un fatto qualificante anche nei processi di riconversione; oggi è difficile lo sbocco di questa esperienza per le carenze nazionali, per la mancata riforma del collocamento e per le difficoltà di finanziamenti degli Enti locali.
L'Assessore Ferrero ha affrontato e sviluppato, nella sua relazione introduttiva, molto correttamente il discorso delle deleghe. La legge regionale prevede determinate forme di delega, che però sono superate dal progredire di una cultura che ha messo in discussione il fatto che si puntasse sull'obiettivo delle unità locali di tutti i servizi come punto di riferimento per un intervento organico di riaccorpamento sul territorio di competenze anche dal punto di vista della gestione delle deleghe. Ho delle difficoltà ad individuare una strada che permetta di dare delle deleghe definitive. Sono d'accordo con l'Assessore Ferrero quando dice di avviare concretamente una serie di esperienze di deleghe politiche nei confronti di quanti si dimostrano soggetti attivi, cioè coloro che sono disponibili per eventuali stanziamenti complementari rispetto a quelli della Regione perché il tema delle deleghe sia un fatto di responsabilizzazione locale e non un elemento che si cala dall'alto in termini amministrativi ed obbligatori.
Questa, secondo me, sarebbe un'operazione forse in grado di migliorare i controlli e le decisioni amministrative, ma credo che sarebbe a breve termine paralizzante nelle presenze. Lo stesso problema lo pongo nei confronti di un'eventuale delega alle Amministrazioni provinciali; non credo che questa strada sia da seguire e da generalizzare sul territorio.
E' ancora in corso la discussione sull'ente intermedio, per cui il discorso delle deleghe alle Amministrazioni provinciali pone dei punti interrogativi anche rispetto al ruolo dei Comuni.
Una delega alle Amministrazioni provinciali, come sono strutturate ed organizzate oggi, renderebbe più difficile il protagonismo dei Comuni.
L'Assessore Ferrero ha sottolineato anche il discorso della formazione professionale degli operatori in un rapporto integrato tra scuola e lavoro.
Il problema si pone in termini oggettivi.
Il tema dell'aggiornamento ci porta ad affrontare il rapporto con le imprese, le strutture produttive dei servizi e dell'amministrazione pubblica. Questo tema dovrebbe essere affrontato con le organizzazioni sindacali, con le strutture pubbliche e quelle private per individuare le strade da percorrere.
Ho voluto sottolineare brevemente alcuni aspetti salienti riconoscendomi nell'intervento sviluppato dal compagno Alasia. Sollecito dei ripensamenti che a me paiono opportuni in questo momento di difficoltà e di incertezze sulla riforma della scuola, con il rischio che sulla formazione professionale vengano scaricate le contraddizioni oggi in essa presenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, farò un breve intervento poiché condivido per larga parte le indicazioni contenute nella relazione fatta a nome della Giunta dall'Assessore Ferrero.
Un dibattito sulla formazione professionale potrebbe dare luogo a mille interessanti argomenti di discussione, per cui non entrerò nei mille rivoli che costituiscono la cascata della formazione professionale; cercher piuttosto di delineare alcuni punti significativi del ruolo della formazione professionale in questa particolare fase economica e sociale della nostra Regione e di individuare quali sono gli orientamenti operativi lungo i quali la Giunta potrebbe muoversi per dare concreta attuazione alla legge regionale.
Purtroppo, questo dibattito ha finito per assumere le caratteristiche di quelli svolti in Consiglio regionale su temi non di stretta competenza.
E questo è un guaio, perché non si tratta tanto di delineare l'atteggiamento delle forze politiche attorno a questioni di carattere internazionale, ma qui si gioca il ruolo ed il rilievo della Regione.
Discutiamo di un argomento che è di stretta competenza dell'Amministrazione regionale nel sapere indicare le linee operative che ci daremo e che potremo tradurre in fatti e non soltanto in un ordine del giorno.
Un altro aspetto è il dibattito che è stato introdotto non troppo bene in quest'aula e che non è cresciuto troppo bene. Il fatto è che tra la relazione introduttiva della Giunta e il dibattito in aula è trascorso troppo tempo, sminuendo così il significato e la portata di questo dibattito che per noi è molto alta e ha anche ridotto la tensione che dovrebbe esserci attorno a questo argomento.
Questo dibattito patisce due ordini di influenze non positive; da un lato il rapporto tra Regione ed organi centrali, che non è certamente facile e idilliaco, con un pendolo che va da tendenze neocentralistiche a reazioni di regionalismo esasperato. Questo insieme di tendenze contrapposte, entrambe negative, non gioca a favore di una formazione professionale quale si ebbe nel '78-'79-'80, quando si elaborava la legge quadro regionale, che portò ad avere dei documenti legislativi molto significativi.
L'altro aspetto negativo che scontiamo è la situazione politica che si è creata a livello regionale che non è certamente chiara e genera uno stato di incertezza e confusione, fatti che pesano negativamente su questo dibattito. Questo è comunque un quadro che dobbiamo tenere presente, anche nelle valutazioni di certi interventi che ci sono stati.
L'insieme dei documenti, la relazione fatta, più o meno condivisibile meritavano maggiore attenzione e considerazione; essi rappresentano la prima organica fotografia della situazione della formazione professionale nella Regione Piemonte.
Riconosciamo che vi possono essere senz'altro dei salti di qualità tra le varie parti, che non c'è un filtro adeguato tra le parti che compongono i documenti e forse si poteva fare di più. Bisogna però riconoscere che un onesto tentativo di dare un quadro completo della situazione sulla formazione professionale oggi presente in Piemonte, avendo come riferimento quali sono i sistemi con i quali occorre confrontarci: da un lato il sistema culturale e dell'istruzione e dall'altro il sistema economico con le sue varie componenti. Gli interrogativi che abbiamo di fronte ed a cui il dibattito dovrebbe dare delle risposte sono essenzialmente due: c'è ancora, nella politica della Regione, una centralità della formazione professionale? Fino a che punto la formazione professionale è legata al secondo piano di sviluppo e fino a che punto vogliamo che essa sia legata all'evoluzione dell'economia e della società della nostra Regione? Se non rispondiamo a questi interrogativi, che senso ha questo dibattito all'interno delle politiche regionali? La formazione professionale per il Gruppo PSDI ha un ruolo centrale e strategico nella programmazione regionale, soprattutto in questa: ma allora non si può da un lato dire che la formazione professionale ha un ruolo strategico e poi dall'altro affermare che non si possono destinare delle risorse proprie della Regione a questo settore.
Occorre anche dare delle risorse adeguate se la formazione professionale viene considerata, come dal nostro Gruppo, con un ruolo centrale. Tutti i settori sono ugualmente abilitati a chiedere maggiori risorse a loro destinate all'interno del bilancio regionale. Noi diciamo che la formazione professionale ha certamente un ruolo strategico, che è legato sicuramente alle indicazioni del secondo piano di sviluppo; ed è per questo che il programma pluriennale di formazione professionale ed il secondo piano di sviluppo devono procedere di pari passo nella loro predisposizione ed approvazione (che chiediamo sia sollecita da parte della Regione).
Teniamo presente però che la formazione professionale non può essere considerata l'ombrello che risolve tutti i problemi, la panacea che si invoca non appena c'è qualcosa che non va; quante volte in quest'aula quando c'era qualcosa che non andava, si diceva: "Facciamo un corso di formazione professionale". Questa non è una materia molto seria, eppure, se vogliamo che sia così, dobbiamo essere conseguenti rispetto al ruolo che deve avere all'interno del bilancio e della programmazione. Se si pensa solo per i lavoratori in cassa integrazione e per i problemi della scolarità fragile, allora si carica la formazione professionale di tutte le tensioni sociali ed economiche esistenti all'interno della nostra Regione.
Se vogliamo fare una formazione professionale che sia più vicina al mondo del lavoro, che segua le evoluzioni della dinamica economica, essa però deve anche sapersi liberare gradualmente delle funzioni di integrazione sociale, di cui troppe volte le viene fatto carico.
Qual è lo scotto che sconteremo? Lo stiamo già scontando: il sistema della formazione professionale patisce un' "indigestione", un sovraccarico di domande; è un sistema in cui vi entrano troppe domande e perciò non è più in grado di rispondervi, a pena di andare in tilt o di dare delle risposte slegate, che sono solo episodiche e non rientrano in un quadro programmato, che noi riteniamo necessario. Bisogna inoltre dire quali tipi di filtri prepariamo per evitare che vi sia questo sovraccarico di domande da un lato e dall'altro per far sì che il sistema di risposte che dà sia congruente nel suo complesso alle dinamiche culturali ed economiche della Regione, perché il sistema della formazione professionale deve avere delle relazioni sia con il mondo economico (dovrebbe infatti favorire da un lato l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e dall'altro sapere accompagnare i processi di ristrutturazione) che con la scuola, in particolare con gli Istituti professionali di Stato con i quali può trovare delle forme di collaborazione ed aiutarli ad aprirsi di più al mondo del lavoro. Ma, in particolare, deve avere un rapporto con le linee di sviluppo economico che prefiguriamo insieme alle forze economiche sociali per la nostra Regione per evitare dei processi di ossificazione crescenti; evitando, quindi, il ricorso ad una gestione sempre più burocratica ed evitando alcune rigidità presenti nel sistema della formazione professionale.
Al riguardo la relazione dell'Assessore presenta dei punti interessanti e bisogna quindi prefigurarsi dei modi diversi e nuovi di organizzazione dei centri di formazione professionale, con dei nuclei operativi di alta qualificazione che svolgano funzioni di coordinamento e di programmazione dei corsi e che non siano soffocati a meri compiti di gestione o di prassi amministrativa.
Ma per fare ciò non occorre inventare niente di nuovo, ma solo concretizzare quelle che sono le singole indicazioni contenute nella legge regionale, che deve rapidamente giungere a regime; occorre, al di là di quelli che sono i riferimenti di carattere generale, di cui occorre valutarne l'incidenza sul sistema della formazione professionale, vedere quali sono i singoli atti amministrativi e legislativi da porre in essere per dare concreta attuazione a questa legge regionale. Tenendo anche conto del ruolo diverso che sta assumendo la cultura del lavoro e la professionalità, riteniamo che nella ripresa di interesse per la professionalità in sede formativa si possa anche leggere una domanda sociale nuova per una cultura che sia mezzo di qualificazione per il lavoro. Qui rientrano tutti gli strumenti posti in essere dalla Regione attraverso l'Osservatorio, attraverso un impegno maggiore per la mobilità per una politica attiva del lavoro, nella quale la formazione professionale gioca un ruolo importante.
Da questo punto di vista si possono porre in essere anche alcuni strumenti che vedano un maggiore collegamento tra mondo della formazione professionale e del lavoro, sui quali si può lavorare e che richiederanno ampie discussioni ed ampia dialettica con le forze sociali.
Questo riguarda sia il tema delle convenzioni con i centri gestori di formazione professionale sia quello delle convenzioni come regolatrici dei rapporti tra aziende e Regioni e loro Consorzi, perché attraverso questo strumento le aziende possono gestire parzialmente (o appoggiandosi ai centri di formazione professionale) alcune operazioni di formazione professionale che abbiano dato anche dei risultati positivi: chiaramente non tutte le aziende possono fare della formazione professionale seria e formativa, però, in alcuni casi, si può tentare questo discorso avvalendosi anche delle competenze acquisite dai centri di formazione e delle competenze in possesso della Regione Piemonte. Credo che non sia il caso di dire che il sistema della formazione professionale sia così scassato in Italia ed in particolare in Piemonte; noi, come Commissione abbiamo voluto e potuto verificare alcune situazioni. Certamente vi sono delle luci e delle ombre, ma complessivamente il sistema della formazione professionale in Piemonte, sia a gestione diretta ed in larga parte anche indiretta, risponde abbastanza alle domande del sistema economico e sociale; vi si fanno attività formative attraverso moduli che non sono solo di etichetta, ma davvero innovativi, si fanno anche delle esperienze interessanti.
Occorre dare attuazione alla legge per le convenzioni, per l'ampliamento delle esperienze in ordine ai contratti di formazione del lavoro; devono, quindi, anche essere affrontate le ipotesi degli stages intendendole non come delle gite o diversivi rispetto al programma formativo, ma come il risultato di alcuni obiettivi formativi che devono essere deliberatamente perseguiti.
Altro problema è l'apprendistato, visto come alternanza formazione lavoro, dove la vecchia figura dell'apprendista è ormai inadeguata perch traeva la sua origine da un'idea di tipo assistenziale e venivano sacrificate le potenzialità (presenti già nella legge del '55) formative a vantaggio delle attività addestrative. Al riguardo, occorre che la legge di riforma dell'apprendistato arrivi rapidamente in porto, ma riteniamo che si possano fare alcune esperienze che già si stanno avviando avvalendosi dei contratti di formazione lavoro, dell'alternanza scuola - lavoro, per recuperare questa figura e si possono anche utilizzare alcuni spazi della riforma del collocamento, del disegno di legge 760, garantendo alle persone che seguono questi itinerari di due o tre anni la possibilità di un inserimento sufficientemente certo all'interno del mondo del lavoro. Al riguardo richiamo la proposta di legge regionale che abbiamo avanzato al Parlamento, per la modifica dell'art. 34 della legge sul collocamento, in cui si prevedeva l'ipotesi di assunzione nominativa per ragazzi che avessero seguito corsi di formazione professionale, con degli itinerari scolastici che garantissero l'acquisizione di una professionalità adeguata alla domanda oggi emergente dal mondo del lavoro. Questo si può ottenere attraverso la flessibilità del monte ore, attraverso il sistema di convenzione tra impresa e Regione, attraverso la sperimentazione di modelli tra alternanze settimanali con le nove settimane durante l'estate.
Credo che si possa lavorare attorno a tutte queste ipotesi. Ora voglio fare alcune considerazioni attorno al settore agricolo, perché è stato uno degli argomenti più in discussione; il settore della formazione professionale nel settore agricolo va ripensato un momento; vanno fatte alcune riflessioni in quanto noi riteniamo debbano essere fatte alcune modifiche. Riflessioni da un lato nel verificare i risultati fin qui prodotti dal sistema attuale della formazione professionale, perché ognuno di noi ha nelle singole realtà provinciali delle esperienze non tutte positive e dall'altro vedere che spazio dare a innovazioni: secondo noi il settore che va privilegiato è quello relativo ai progetti pilota legati alla programmazione agricola a livello territoriale che deve essere rivolta ai giovani agricoltori con ipotesi di tipo residenziale.
Vorrei citare l'esperienza di un sacerdote, Don Martinengo ad Alessandria, con i centri di formazione ENAIP: è un'esperienza di tipo residenziale certamente positiva.
Occorre marciare su queste ipotesi per una formazione professionale in agricoltura con un vero significato.
Vorrei ancora dire due cose: una riguarda il problema del personale argomento importante e delicato.
La Regione Piemonte ha cercato di fare uno sforzo ed alcuni sindacati lo hanno accolto in ordine ai discorsi della mobilità, del riconoscimento della professionalità.
Dalle statistiche allegate alla relazione dell'Assessore Ferrero emerge chiaramente un dato: un docente di formazione professionale rimane mediamente otto-nove anni in questi corsi, dopodiché ne esce; questo significa che la formazione professionale perde i docenti migliori.
Per evitare queste continue perdite, occorre inserire degli elementi di flessibilità. Ma non si possono fare sempre delle battaglie volte a sostenere che tutto quello che c'é va mantenuto, semmai aggiungendo qualcosa in più, altrimenti permangono gli elementi di rigidità. Se non si possono diminuire corsi in un settore perché vi è un problema di docenti non riusciremo mai a fare una formazione professionale più flessibile, che deve sapersi adeguare alle dinamiche economiche, perché ciò vuol dire che certi discorsi, appena aperti, si chiudono, senza capire come si possano conciliare le due tendenze.
Credo che su questo ci si cominci ad aprire, ma si deve ancora andare avanti tenendo conto dei problemi che attengono al reclutamento, a questi elementi di rigidità o di flessibilità o di mobilità, alla valorizzazione delle professionalità.
Attorno al problema delle deleghe abbiamo segnato un po' il passo, ma questo discende dalla necessità di fare delle riflessioni intorno al significato complessivo delle deleghe: non soltanto l'individuazione di un ambito territoriale e di un ente a cui delegare qualcosa, ma cercare di capire quali sono i servizi su cui si devono effettuare le deleghe e quindi come attuarle e con quali strumenti.
Questo è un discorso su cui pesano le mancate riforme dell'autonomia locale, elemento di rigidità che va riconosciuto; ed alcuni problemi certamente derivano dalla mancata attuazione della legge 39, perché se prefiguriamo un sistema di deleghe che faccia riferimento a consorzi quali quelli individuati dalla legge 39, vi sono alcuni problemi per evitare parallelismi che si potrebbero creare.
Su questo piano occorre cominciare a lavorare ad alcune ipotesi che consentano una concreta attuazione della legge 8. La Giunta al riguardo dice che si può cominciare a tentare (tenendo presente questo riferimento di ordine generale) di avviare alcune linee di sperimentazione. Quello della formazione professionale è, secondo me, uno dei settori e ritengo che la soluzione della delega ad ambiti di tipo USL discendente dalla legge 41 siano cose non del tutto condivisibili; riteniamo più comprensivi i discorsi della Provincia o dei Consorzi, nella misura in cui si potrebbero creare occasioni di maggiori osmosi tra una dinamica economica di un certo significato a livello territoriale e la formazione professionale. Comunque occorre porre in essere alcuni processi per arrivare ad una definizione.
Non è più il caso di reintrodurre elementi di discussione attorno al pluralismo, alla contrapposizione privato-pubblico perché ormai questo è un discorso superato.
Vorrei mettere in evidenza quello che questa Regione ha fatto attorno al discorso della formazione professionale; si deve dare atto al ruolo trainante della Regione per la definizione delle fasce di qualificazione discorso su alcune esperienze pilota fatte per l'alternanza scuola-lavoro (ad esempio, il Ciclo Orafo di Valenza ed il rapporto con le imprese; il Consaz di Alessandria, esempio di collaborazione tra Regione e Consorzio di imprese per la formazione, seppur di secondo livello).
Si devono, a questo punto, fare alcune cose, se non vogliamo che questo dibattito si chiuda come se nulla fosse stato: raccogliere la documentazione, le statistiche, la relazione dell'Assessore, i risultati degli interventi e mandare il tutto alla Commissione, che elaborerà il programma pluriennale di formazione professionale, condizione imprescindibile per fare dei discorsi intorno alla F.P.
Questi documenti rappresentano già una buona base di discussione con la quale aprire un confronto con gli enti, con le forze sociali presenti nella Regione, per arrivare in tempi sufficientemente rapidi, e parallelamente al piano di sviluppo e a delineare il programma pluriennale, base per tutti i discorsi intorno ai centri, alla chiusura, apertura, ecc, e al collegamento con il mondo del lavoro.
La seconda cosa è di cominciare a porre in essere alcuni criteri per avviare l'esercizio delle deleghe; la terza è quella di riunire le parti per delineare uno schema di convenzione quadro sia sul fronte degli enti gestori che su quello delle aziende, dando così la possibilità dell'applicazione di questo articolo della legge 8 e definire, inoltre l'istituto dell'autorizzazione.
Ed, in ultimo, fare una bozza di deliberazione per i criteri e le procedure per le domande di autorizzazione per presentare dei progetti al Fondo Sociale Europeo e per avvalersi del fondo di rotazione.
Credo si debbano fare alcuni punti fermi di proposta per dare attuazione concreta ad una legge che, nella situazione economica attuale del Paese, non può essere ulteriormente rimandata.


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

Sospendiamo il dibattito sulla formazione professionale per procedere alle votazioni sulle nomine che sono state programmate e precisamente quelle della STEF e dell'Istituto Elettronico Nazionale Galileo Ferraris.
In un primo tempo si pensava di procedere anche alle votazioni dei parchi ora invece mi dicono che non c'è questa possibilità.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Non si può rimanere ancora in condizioni di non decisione. Poiché sono determinate posizioni che trovano d'accordo la maggioranza, che non toccano rappresentanti della Democrazia Cristiana, ma rapporti interni alla maggioranza, credo che ci siano le condizioni per poter procedere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Non siamo contrari allo svolgimento della votazione; c'è però una questione di principio che abbiamo sollevato in sede di riunione dei Capigruppo, in quanto riteniamo che le indicazioni del Comprensorio non possono essere disattese. Questa sera poi ci è stata data l'indicazione delle nomine giunte alla Presidenza, nelle quali vi sono segnalazioni del Comprensorio. Quindi la modifica deve avvenire in aula.
La ragione per cui si è parlato di sospensione è che sono state date delle indicazioni che non sono corrispondenti a quelle fornite ai Capigruppo di maggioranza. Se si vuole modificare discutiamone alla luce del sole.
Noi esprimiamo ancora una volta il nostro dissenso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Il collega Brizio ha commesso un lieve errore che mi permetto di rilevare. La legge stabilisce infatti che le nomine avvengano "sentito il Comprensorio".
Abbiamo sentito il Comprensorio ed abbiamo rilevato un errore. Infatti il nome che proponiamo è di un industriale che da cinque anni si occupa della gestione del parco. Ha caratteristiche di alta professionalità; nel Consiglio di amministrazione è tra quelli che più si sono dedicati al parco. Vorrei sapere quali sono i motivi che portano ad escludere nell'amministrazione del parco chi se ne è occupato.
Su tredici membri, sei sono della Democrazia Cristiana. Riteniamo quindi giusto che abbiano ingresso anche gli altri partiti.
Chiediamo che si proceda alla nomina correggendo quel nominativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Concordo con il Consigliere Bontempi che conferma che questa questione va sciolta. Ciò però deve avvenire con assoluta chiarezza. Forse è bene che in aula questa questione emerga e che ognuno si assuma le sue responsabilità anche per i riflessi che se ne hanno all'esterno.
La legge dice: "sentiti i comprensori" e su questo possiamo discutere a lungo. Ma, al di là dell'aspetto giuridico, c'è anche un aspetto di sostanza, che è quello che indubbiamente nei Comprensori si compone un certo quadro, che poi o viene rispettato o viene capovolto dall'ultima sede.
A me pare che rispettando una designazione comprensoriale si dia ai Comprensori un ruolo che non è di mero passaggio, ma è più decisionale e che, in ultima analisi, ci sia nel rispetto della designazione comprensoriale un'esaltazione delle autonomie locali.
Se si vuole procedere, si proceda. Ogni forza politica si assuma le sue responsabilità. La democrazia è fatta anche di voti: i voti però possono essere giudicati e discussi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Non entro nel merito di un problema che non conosciamo, se non per averne sentito parlare ripetutamente nella riunione dei Capigruppo.
Dobbiamo fare però una considerazione. L'atto di disattendere un'indicazione comprensoriale, proprio perché è un atto eccezionale, è un fatto eccezionale.
E' la prima volta, da quando siedo in questi banchi, che il Consiglio disattende un'indicazione comprensoriale.
Facciamo attenzione, perché si costituisce un precedente che pu rendere difficile in futuro la vita, il raccordo di questo delicato organismo.
Preferiremmo una soluzione che sul piano formale facesse salva l'indicazione comprensoriale, salvo, l'istante dopo, sanarla: votare il nominativo designato, il quale si dimetterà ed il Consiglio procederà alla sostituzione con il nominativo detto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Questa discussione richiede una precisazione che non può non essere resa nel momento in cui vengono confusi in maniera un po' troppo interessata alcuni piani.
Lascio perdere l'aspetto giuridico, anche se le forme giuridiche non sono altro che la sanzione di comportamenti e di atti sostanziali. Devo però ricordare che, quando si dice "sentito il Comprensorio", si mette in opera un atto complessivo in cui, da un lato, si recepisce un'indicazione e, dall'altro, si attribuisce all'Ente regionale una titolarità ed una responsabilità di decisione.
Diverso sarebbe se fosse scritto "vengono designati dai Comprensori e recepiti" come avviene per altre nomine. Questo indica una responsabilità soprattutto politica oltre che giuridica da parte della Regione.
Normalmente il "sentito" con cui si esprime la volontà di un ente o di un organismo viene considerato per intesa, per accordo un po' consensuale come la procedura che implica la ricezione da parte della Regione.
In questo caso vi è una valutazione iniziale del Consigliere Viglione il quale avendo avuto responsabilità di governo nei cinque anni precedenti ed avendo contribuito alla realizzazione di quel parco, ha avuto modo di esprimere giudizi di merito su quella persona.
Quindi, non si tratta di un atto di arroganza da parte della maggioranza. E, badate, ci potrebbe essere l'arroganza al contrario, in questo caso quella comprensoriale che nega l'utilità o la presenza di una persona che, ad avviso dell'istituzione, è invece preziosa.
Facciamo attenzione a disattendere alle indicazioni del Comprensorio ma va anche chiarito che quando vengono attribuite responsabilità non le si può solamente intendere quando sono in negativo tutte sulla Regione.
Chiediamo Che venga fatta una riflessione complessiva sui rapporti tra i vari livelli.



PRESIDENTE

Le posizioni dei Gruppi sono note, possiamo quindi procedere alle nomine:


Argomento: Nomine

a) Consiglio direttivo del Parco naturale Alta Valle Pesio: cinque rappresentanti sentito il parere del Comitato comprensoriale di Cuneo


PRESIDENTE

La parola ancora al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Siamo d'accordo sui nominativi Bottero, Bergese, Giordana. Al posto di Tassone chiediamo ai Gruppi di votare, per le ragioni che ho detto, Rosso Giusto e Basso Gianfranco.



PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 45 hanno riportato voti: Bottero Antonio n. 42 Bergese Donato n. 42 Giordana Mario n. 42 Basso Gianfranco n. 42 Rosso Giusto n. 28 Tassone Lorenzo n. 15 schede bianche n. 3 Li proclamo eletti.


Argomento: Nomine

b) Consiglio direttivo del Parco naturale dell'Argentera: tre rappresentanti sentito parere della Provincia di Cuneo.


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 45 hanno riportato voti: Rostagno Guglielmo n. 42 Borgogno Marco n. 41 Graglia artico Anna n. 39 schede bianche n. 3 Li proclamo eletti.


Argomento: Nomine

c) Consiglio di Amministrazione della STEF S.p.A.: otto rappresentanti di cui tre della minoranza


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Desidero esprimere in Consiglio una considerazione che ho già svolto in sede di riunione dei Capigruppo.
La nomina dei membri del Consiglio di amministrazione della STEF si pu svolgere nei termini proposti in questa seduta, consentendo quindi di adempiere alle necessità statutarie per una piena attenzione e disponibilità delle forze di opposizione, le quali hanno appreso di questa nomina martedì pomeriggio e quindi fanno fronte a questa votazione con nomi di Capigruppo e delle Segreterie.
Riteniamo che chi ha responsabilità di maggioranza, conoscendo le scadenze debba proporre queste designazioni in tempi utili, in modo che le forze politiche possano esprimersi ed individuare le persone che, per competenza e capacità, intendono chiamare a coprire le cariche.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Quello che il Consigliere Bastianini ha detto non mi pare corretto. La questione è stata posta nella riunione di martedì, ma io stesso, in almeno tre riunioni dei Capigruppo precedenti, avevo sollevato la questione della nomina del Consiglio di amministrazione della STEF, perché l'assemblea era stata fissata per lunedì 24.



BASTIANINI Attilio

Mi spiace che un richiamo che voleva suonare semplice atto di disponibilità delle forze di opposizione sia stato interpretato in modo impreciso, quindi devo riproporre con forza il significato del senso di responsabilità delle forze di opposizione.
Le forze di opposizione sono rimaste in attesa delle indicazioni della maggioranza, a cui spettava di proporre il riparto, fino alle ore 16,45 di martedì. Quindi, la nostra posizione è di grande disponibilità.
Se noi oggi siamo chiamati a fare questa votazione e siamo costretti ad indicare dei nomi di bandiera, mentre le forze di maggioranza indicano le persone che poi saranno chiamate a guidare la società, non dipende da noi.
Oggi si vota per un atto di sensibilità delle forze di opposizione. Se ci viene interpretato in modo diverso ce ne ricorderemo e di questi atti non ne faremo più.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Do atto al senso di responsabilità del Consiglio e delle forze di opposizione che hanno acceduto alla nomina per adempiere ad una funzione istituzionale che è quella della convocazione dell'assemblea per lunedì. E' pur vero che avevo avvisato tempo addietro, quindi è mio obbligo precisarlo in Consiglio.



PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede per le nomine del Consiglio di amministrazione della STEF S.p.A. e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti n. 45 votanti n. 43 hanno riportato voti: Ferrara Angelo n. 26 Trovati Emilio n. 21 Salerno Antonio n. 24 Boienti Gian Luigi n. 25 Cardinali Giulio n. 26 Paganelli Ettore n. 17 Orsini Enrico n. 16 Algranati Ernesto n. 15 non hanno partecipato alla votazione n. 2 Li proclamo eletti.


Argomento: Nomine

d) Consiglio di amministrazione dell'Istituto Elettronico Nazionale Galileo Ferraris: sostituzione membro dimissionario (Riccardo Bulla)


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 45 ha riportato voti: Mecca Adriano n. 35 schede bianche n. 8 schede nulle n. 2 Proclamo eletto il signor Adriano Mecca.
Le nomine sono così terminate.


Argomento: Formazione professionale

Dibattito sulla formazione professionale in Piemonte (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito sulla formazione professionale in Piemonte.
La parola alla signora Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Vorrei sottolineare alcune questioni che meritano ancora un attimo di attenzione, anche se nel suo intervento il Consigliere Villa ha già indicato l'impostazione programmatica del problema della formazione professionale.
Sul tema della formazione professionale non è sufficiente limitarsi a un semplice dibattito, poiché gli adempimenti previsti dalle norme esistenti meritano una più incisiva e più attenta attività da parte degli organi competenti, l'Assessorato, la Commissione consiliare, la Commissione tecnica prevista dalla legge per l'approfondimento e la predisposizione di quegli strumenti di conoscenza adatti a fornire alla Commissione consiliare stessa i dati per decidere e programmare.
I ritardi sono vistosi e vanno sottolineati. Ci limitiamo a ripetere con scarsa possibilità di incidere le attività senza operare nessuna verifica, nessuna selezione e nessuna indagine sulla loro validità e sulla loro effettiva rispondenza alle esigenze della formazione professionale.
La formazione professionale deve essere considerata come una reale scuola in cui poter svolgere un'attività professionale o deve avere delle funzioni assistenziali? Nel dibattito questo nodo non è secondario.
Questa è la chiave di lettura delle iniziative che si svolgono o che si dovranno svolgere.
Se è vero che la formazione professionale deve fornire da un lato una professionalità, comprendendo la relativa educazione scolastica di chi frequenta i corsi, è anche vero che troppi corsi svolgono una funzione prettamente assistenziale, una specie di cassa integrazione anticipata, sia per la bassa produttività dei corsi, sia per le difficoltà che ne comporta la frequenza.
E' necessario il recupero della scolarità di base, che in molti casi è carente.
Particolare attenzione meritano le deleghe che sono collegato al reclutamento. La situazione è variegata, per esempio si sta costituendo un consorzio tra entri pubblici, tra cui il Comune di Ivrea, e questo fatto rischia di precostituire un precedente, dal quale sarà difficile districarsi e delineare un'impostazione valida per tutte le realtà.
Che il problema non sia stato ancora affrontato con chiarezza contribuisce a rendere il quadro della formazione professionale confuso.
Siamo perché la gestione della formazione professionale venga delegata alle Province.
Questa scelta ci pare più rispondente alla realtà in quanto la Provincia ha dimensioni sufficientemente ampie, ha conoscenza dei problemi occupazionali dell'industria ed inoltre rappresenta la volontà popolare. Le altre tre soluzioni rischiano di sfuggire a qualsiasi forma di controllo sia funzionale che politico.
In ordine a questo punto non abbiamo avuto dalle forze di maggioranza nessuna indicazione precisa.
Qualcuno ha proposto la delega ai Comuni e questa proposta può essere accettabile per alcuni, ma per molti altri creerebbe difficoltà a causa delle loro dimensioni che esigerebbero la costituzione di nuovi consorzi con un appesantimento ulteriore della gestione.
Chiediamo alle altre forze politiche presenti in Consiglio di pronunciarsi su questo tema, perché vi sono problemi organizzativi funzionali e di aspetto secondario che riguardano l'organizzazione e l'inquadramento del personale dipendente. Nel Comune di Torino è aperta una questione sindacale in quanto i dipendenti sono assunti con contratto privato e non si sa in che modo entreranno nel quadro della formazione professionale.
C'è il problema del reclutamento del personale per la formazione professionale, che attualmente è insufficiente e non si capisce attraverso quali canali avvenga il reclutamento.
La sanatoria dei concorsi, in qualche modo organizzati, non pu risolvere il problema degli operatori scolastici che devono essere preparati e non improvvisati sul momento.
Il costo dei corsi di aggiornamento vanno a gratificare finanziariamente alcune persone che diversamente non avrebbero altro sbocco professionale.
I corsi sono veramente utili per l'aggiornamento del personale e per la riqualificazione? Ci sono inadempienze legislative di tipo statale, ma io soffermerei la nostra attenzione sulle inadempienze dell'Ente Regione.
Molte iniziative possono essere assunte nell'attuale quadro legislativo e dovremmo sollecitare la VI Commissione a lavorare seriamente e con maggiore incisività.
Importante è il rapporto di collaborazione con gli altri enti di formazione professionale. Tale rapporto deve consentirci di fare le nostre scelte opportunamente.
Alcuni corsi sono utili, altri ci lasciano perplessi come quello di 80 ore di inglese o quello di 100 ore di tedesco. E' opportuno fare una selezione delle iniziative di formazione professionale, sia di quelle indirette sia di quelle gestite direttamente dall'ente pubblico.
Le risorse non sono infinite, malgrado ciò alcuni corsi si ripropongono solo perché ci sono sempre stati, non si può limitare il discorso alla riduzione delle ore perché tutti i corsi siano allo stesso livello.
E' opportuno invece verificare quante ore sono state realmente svolte per attribuire i finanziamenti in modo adeguato all'attività reale.
Il Consigliere Villa ricordava la mancanza di un rapporto con le organizzazioni sindacali di categoria e le organizzazioni imprenditoriali.
La Regione per poter svolgere il suo ruolo deve avere dei momenti di incontro con chi opera nella realtà piemontese ed attivare una collaborazione per il recupero delle esperienze maturate, altrimenti rischia di formare delle persone su un modello che non è più rispondente alle esigenze attuali.
Occorre uscire dalla fase puramente tecnica, scolastica o parascolastica. L'esperienza dell'alternanza può essere interessante, ma non è estensibile ad ogni tipo di attività e di scuola. E' necessario recuperare altre forme di formazione non strettamente scolastiche attraverso l'apprendistato nel campo dell'artigianato, attraverso l'istituzione di corsi di formazione presso aziende piccole, medie e grandi.
In merito alla disponibilità finanziaria si è fatto riferimento al Fondo Sociale Europeo, ma su di esso non possiamo fare affidamento in modo continuo, perché tutti i progetti devono essere specificati.
La maggior parte dei finanziamenti sono per la gestione, per cui non si può attivare una diversa impostazione della formazione professionale.
Sotto questo aspetto, nel bilancio regionale non si è data grande attenzione. La formazione professionale non ha fatto la parte della Cenerentola, ma neanche quella del Leone.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Esprimo in primo luogo il mio rincrescimento poiché l'intervento del nostro Gruppo non avrà l'approfondimento che il tema e la relazione dell'Assessore meriterebbero. Questo dibattito si è collocato in un momento curioso della vita della nostra Regione e quindi un'attenzione non molto approfondita ci verrà scusata.
Si pone in un momento curioso in primo luogo perché è passato sui nostri banchi per molti giovedì e perché forse mai nella storia della nostra Regione si era avvertita l'assoluta vanità del nostro dibattito nella misura in cui siamo qui ad esprimere valutazioni e proposte, mentre le vicende centrali vengono decise lungo certi corsi alberati di Torino.
Questo, dal punto di vista istituzionale, lascia estremamente perplessi e il collega Villa parlava stamani di bocciature, e tutti avranno capito che non si riferiva ad esami scolastici.
L'altra ragione per cui questo dibattito è curioso e frustrante è che si colloca tra due appuntamenti della vita regionale: da una parte il bilancio regionale e dall'altra il piano di sviluppo in cui si pu collocare questa serie di tematiche. Ciononostante molti colleghi hanno portato in questo dibattito alcune significative argomentazioni ed hanno aperto una problematica che non era presente nella relazione dell'Assessore.
Mi ha impressionato, in particolare, la presunzione ancora presente nei cervelli marxisti, e specie in Montefalchesi, che esiste ancora la possibilità di stabilire chi governerà lo sviluppo dell'economia.
Non lo pretendono i liberisti ed i marxisti nel mondo occidentale ad economia libera dovrebbero stare molto attenti prima di rifiutare una capacità di proposta dei comportamenti economici alla libertà ed alla contrattazione delle forze sociali. Così come mi ha impressionato ed in un certo qual modo confortato l'apprezzamento del Consigliere Alasia all'Enciclica. Non sono un attento lettore di documenti di questo tipo però so che l'Enciclica, che ha avuto quella diffusione che alcuni si aspettavano, non è caduta nel corpo sociale con l'attenzione che vi riserva Alasia; ha invece sollevato molti dubbi sulle capacità della cultura cattolica di uscire da certi "idoli" rappresentati dal mondo che si trasforma; la paura delle macchine, la paura della disumanizzazione dell'uomo è un problema caratteriale. Le scelte politiche discendono da una scelta di vita che è di tipo caratteriale.
C'é uno schieramento tra pessimisti ed ottimisti nei confronti della vita. La tendenza di alcuni partiti della sinistra e di alcuni uomini cattolici di rifugiarsi nella difesa di un modello economico superato è evidente. Il più acuto osservatore dei fenomeni culturali cattolici e il più sottile strumentalizzatore di questi fenomeni l'ha anticipato.
Ricordate che Andreotti, che non mi pare l'espressione dei ghetti della periferia romana, aveva rilanciato il ruolo della Democrazia Cristiana dei poveri.
Nella storia del mondo c'é sempre chi ha guardato i processi in via di evoluzione con occhi ottimisti e magari un po' avventurosi e chi invece li ha guardati con preoccupazione. Alasia guarda con molta preoccupazione alle innovazioni tecnologiche ed alla produzione di sottoccupazione e di disoccupazione.
Montefalchesi fa battaglia a cose che non esistono più: non esistono più le multinazionali, non esiste più il padrone, ma esiste un mondo diverso di trattati dove è dato per scontato che la cultura è di un mondo nuovo.
Il mondo nuovo, quello che mette in discussione le multinazionali è il Taiwan, è la Corea, è il nuovo modo di produrre del mondo industriale, è la quarta generazione industriale, è l'industria dell'elettronica. L'altro giorno in un dibattito in una fabbrica occupata, che produce macchine utensili ed è specializzata in macchine utensili a controllo numerato abbiamo sentito un esponente politico di grosso livello dire che quell'azienda che produce quanto c'é di più avanzato dovrebbe allargare il proprio settore di macchine utensili non a controllo numerico, da inviare nei Paesi in via di sviluppo: questa è la dimostrazione di come non si sia attenti alla nuova intelligenza della produzione. Secondo me, ci avviamo ad un processo di grande mobilità e di grande diffusione in tutto il mondo della presenza industriale.
Ho fatto queste considerazioni per dire che bisogna stare attenti in dibattiti di questo genere a non fermarsi ad informazioni non attuali. Ho l'impressione che dietro la realtà nuova che vediamo crescere, che chiamiamo terziario qualificato, nel mondo della produzione, si stia muovendo qualche cosa, sia terziario o non terziario. Certamente dietro questo "qualificato" abbiamo tutti l'impressione che ci siano modi diversi di usare l'intelligenza dell'uomo attraverso gli strumenti.
Ho ritenuto opportuno, per un atto di doverosa attenzione, centrare il mio intervento soprattutto sulla valutazione della nostra forza politica della relazione dell'Assessore Ferrero. Mi pare che un Gruppo di opposizione abbia il dovere di contrarre la maggioranza sulle linee portanti e delle idee forza che emergono a volte al di là dell'oggetto di questo dibattito. Per esempio, ho raccolto una serie di note che in larga parte sono di apprezzamento, non tanto per le conclusioni a cui giunge l' Assessore Ferrero, ma per le tematiche affrontate. E' significativa la preoccupazione di tipo istituzionale, di tipo politico e di attenzione al costume, che è nella pagina 2 della relazione, laddove si richiama che una Regione, un'istituzione si misura nel modo con cui sa confrontarsi con il suo terziario, sa misurare le sue e le altrui responsabilità e sa atteggiarsi.
Interessante è poi la constatazione di una pretesa insofferenza di taluni settori, chiamata "ribellione" della società, delle forze del lavoro e della cultura nei confronti di un'eccessiva invadenza di troppi personaggi.
Assessore, non capisco se è una garbata polemica con il protagonismo del suo alter ego quale Assessore alla cultura. Certo, l'impressione che ci sia una prevaricazione in certi settori del personaggio politico, al di là dei programmi, è un aspetto meno futile di quanto non sembri, e ci trova abbastanza consenzienti.
Apprezziamo, inoltre, anche se constatiamo il fatto che non si è andati molto avanti, che funzione di una politica di formazione professionale, al di là dell'oggetto finale prodotto, sia la capacità di promuovere e di utilizzare "l'intensificarsi dei rapporti tra la Regione, le organizzazioni sindacali rappresentative dei lavoratori e le organizzazioni degli imprenditori" e che questo valore vale certamente quanto il miglioramento delle metodologie didattiche del settore. Questo è un dato politico centrale.
Attraverso la formazione professionale noi dobbiamo porci come osservatori di un processo e come stimolatori di un processo che è quello della massima corresponsabilizzazione e della massima partecipazione delle categorie significativamente interessate.
Ci trova del tutto consenzienti l'affermazione che lo sviluppo del terziario non sarà soltanto l'acquisto di alcune tecnologie, ma la crescita di una cultura che, ovviamente, va un po' al di là della formazione professionale per l'addetto ad una macchina, perché siamo in una società diversa da quella a cui eravamo abituati.
E' la necessità di fare della formazione professionale un fatto più completo che va oltre la semplice predisposizione di capacità operative.
Così come non possiamo non dare la nostra testimonianza al giudizio di pagina 4 sulla sperimentazione attuata a Biella, per il rapporto che si è instaurato al di là del risultato del prodotto finito.
Significativa è l'affermazione dell'Assessore quando dice che il piano contabile non deve essere considerato una redistribuzione di "piccole certezze" e che la capacità della politica regionale deve saper utilizzare lo strumento della formazione professionale "per originalità e fantasia" valori sui quali richiamiamo l'Assessore ma che non ci sembrano così provati e sostanziali.
L'altra affermazione che fa onore all'originalità dell'Assessore è laddove spezza una lancia per sfatare un mito: sembrerebbe che il nostro Paese abbia solo più bisogno di personale "formato" e non di personale licenziato da regolari corsi di studio.
Faccio nostro l'impegno che ci viene chiesto dall'Assessore di muoverci nei modi e nei tempi che abbiamo a disposizione per far marciare più in fretta quel processo di modifica della legislazione nazionale nei confronti del quale esistono resistenze radicate che passano attraverso tutte le forze politiche.
Va apprezzata a pagina 9 della relazione l'immagine del Centro di formazione professionale, scuola che si vorrebbe non tanto collocata in una sede idonea e funzionale, ma punto di riferimento in cui si inventino strumenti di verifica con il territorio e con l'istituzione sulle capacità del Centro professionale stesso di essere momento di programmazione.
Mi ha interessato la nota a pagina 12 sul riconoscimento della categoria artigiana nel processo di formazione professionale. Due sono gli obiettivi e su uno di essi ho sentito il consenso della parte comunista e cioè che l'attività di apprendistato presso l'artigiano può essere condizione sufficiente e necessaria per il rilascio di diplomi di idoneità.
Apprezziamo che l'Assessore abbia riconosciuto alla categoria artigiana legittimazione politica ad essere coinvolta in un processo decisionale che la interessa da vicino.
Questi punti della relazione da noi apprezzati non possono farci dimenticare alcune critiche che abbiamo svolto in sede di bilancio e che qui richiamiamo brevemente. E' stata richiamata la funzione che si vuole svolgere attraverso la formazione professionale che è determinante strumento nel mercato del governo del lavoro.
Questo risultato lo si ottiene se si riesce a governare la dialettica tra offerta di lavoro e mondo di lavoro, ma su questo versante la Regione Piemonte non ha ancora perseguito tutti i risultati che si aspetta.
Sul piano finanziario faccio mie le osservazioni della collega Bergoglio che constata che si è su un piano di attestamento e non di rilancio e non di sviluppo.
Ci ricorda la collega che i fondi del Fondo Sociale Europeo sono destinati ad intervenire sui versanti dell'occupazione e della sua difesa e quindi non possono essere considerati delle risorse strategiche a disposizione della Regione Piemonte per nuovi investimenti, ma che devono perseguire obiettivi di diversificazione e di rilancio.
Constatiamo di giorno in giorno la crescita dell'Assessorato alla cultura, che tende sempre più a comprimere l'Assessorato alla formazione professionale.
Ha stupito la nostra forza politica il documento preparato dal Partito Socialista e che sarà sottoposto come argomento di verifica ai partner di maggioranza, che apre nei confronti dell'Assessore Ferrero una "querela" sul pluralismo della cultura, ma non apre alcun problema sulla formazione professionale. A noi sembra che non sarà facile contestare una posizione integralista e settaria dell'Assessore Ferrero. Probabilmente una forza politica che vuole essere protagonista di questa problematica avrà qualche rilievo da fare alla politica della formazione professionale.
Se saremo coinvolti nel dibattito, che speriamo si svolgerà in questa sede, riproporremo in termini sintetici gli argomenti che abbiamo richiamato come elementi di riflessione di metà legislatura: non è tanto l'integralismo dell'Assessore Ferrero, ma è la capacità dell'Assessorato di rispondere su questi temi, che se non sono i più importanti, certamente non sono meno importanti della formazione professionale. Questo biotipo dell'Assessorato alla cultura, da Nicolini in poi, ha tolto spazio e risorse ed ha costretto tutti alla rincorsa verso risultati di tipo operativo e contabile.
Il processo che investe la Regione e lo Stato nella vicenda della formazione professionale ha a monte il mancato decollo di una moderna politica della cultura e il non superamento del nodo della scuola secondaria ed a questo risultato concorrono alcuni vizi politici metodologici e di intelligenza che passano attraverso tutte le forze politiche e che possono essere indicati in primo luogo nella difficoltà ad abbandonare fasce clientelari, puntando all'assistenza ed alla prosecuzione di un tipo di politica che ci vede tutti critici, ma incapaci di mutare. Il nostro Paese è miracolato e miracolante perché riesce a far sopravvivere gli invalidi ed i validi nel Sud. Questi sono fenomeni che attengono ad una realtà sociologica più complessa.
Un altro vizio della classe politica in genere è quello di non riuscire a far crescere come protagonisti della vicenda della formazione professionale i titolari del mercato del lavoro, l'imprenditoriato da una parte e le formazioni sindacali dall'altra parte. Molte volte si tende ad entrare in questa logica dialettica politica e speciale non tanto per far maturare positivamente questa dialettica, ma per essere premiati dell'uno o dell'altro dei protagonisti. Alle forze politiche si deve rimproverare l'insufficiente coesione ed insufficiente volontà di perseguire una modifica razionale ed integrale della materia.
Se dovessi concludere con delle raccomandazioni e sintetizzare tutti insieme i termini esoterici svolgiamo un'azione verso il Governo centrale perché riformi la scuola secondaria superiore, sulla quale si baserà una moderna politica della formazione professionale e una chiarezza sui temi istituzionali e sulle competenze regionali e su quelle dello Stato. Per quanto riguarda il nostro livello, un preciso richiamo a che si abbandonino le pratiche assistenziali, intendendo per assistenziale l'interpretazione benevola che ho dato prima e cioè che questo Paese, come titolo di merito e di demerito, riesca a sopravvivere e a progredire pur avendo fasce assistenziali che non sono solo un fatto di costume, ma sono una realtà precisa alla quale bisogna provvedere.
Nell'uso delle risorse raccomandiamo di abbandonare per quanto possibile le fasce assistenziali, in quanto sussistano, di puntare ad una programmazione che individui priorità territoriali e di settore e ad interventi qualificati selettivi, mirati a quegli obiettivi sui quali tutte le forze politiche concordano, ma nei confronti dei quali probabilmente non tutte le forze politiche sono disposte a pagare quei prezzi che prima o poi la società ci chiederà di pagare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Ringrazio l'Assessore per l'importante lavoro che ha svolto e che è sfociato in un'interessante documentazione che ha permesso ai Gruppi politici di misurarsi e di esprimersi su temi ampiamente elaborati.
L'Assessore sa anche quali contrasti abbiamo avuto rispetto a questi problemi, contrasti che in parte sono sanati. Le parti non sanate sono note perché le tesi sono state discusse e non voglio ritornarvi. Ho già detto discutendo della crisi della grande industria torinese, che se avessimo una preparazione professionale flessibile e la riforma del collocamento probabilmente non ci sarebbe una disoccupazione così elevata com'è quella di oggi.
Quali sono i punti sui quali noi socialisti non troviamo concordanza? Non ci troviamo in un sistema economico rigido, ma bensì in una società di mercato e confrontandoci con le società dell'Est che hanno maggiori vincoli vediamo che anche in quelle società il problema della formazione professionale è sfuggito. Perché all'inizio dell'esperienza socialista l'obiettivo era di evitare crisi ricorrenti più proprie del sistema capitalistico.
In molti viaggi effettuati in Russia, Romania, Bulgaria, Paesi con economie centralizzate, abbiamo visto che il problema della formazione professionale non ha trovato uno sbocco, e tanto più difficile è trovarlo in un'economia come la nostra, che comporta grandi componenti variabili che minacciano di far slittare tutti i programmi stabiliti.
La formazione professionale è certamente importante e consente non soltanto di svolgere un lavoro utile, ma anche di partecipare a tutti i momenti formativi della nostra società.
Si è detto che la formazione professionale nel campo dei servizi era da abbandonare. Ci siamo incontrati con realtà tecnologiche di alto livello abbiamo dato corso ad attività formative per macchine a controllo numerico in una zona di elevato investimento industriale, ma se intendiamo uno sviluppo della società piemontese soprattutto dell'area torinese, che è già in ritardo rispetto a quella milanese, dobbiamo fare una formazione che colga le realtà esistenti, che non sono di un terziario autonomo, ma nemmeno sono portanti per l'industria; perché il terziario superiore (elettronica, informatica, telematica e tutti i nuovi campi informativi) vive, anzi, deve avere delle caratteristiche di autonomia rispetto ai processi industriali che noi incontriamo.
Un altro momento di discussione riguarda il raccordo tra il mondo produttivo e la formazione professionale e parlando di mondo produttivo intendo non solo quello industriale, ma tutto il campo più vasto che comprende l'artigianato, il terziario, i servizi: non si tratta di autogestire la formazione professionale.
C'è stato un distacco reale tra le forze presenti nella società e la preparazione stessa.
L'altro problema riguarda le deleghe. Se queste debbono essere attribuite, certamente la Provincia non sarà esclusa in quanto è un ente che ha capacità di raccordo generale in una vasta area. Il Gruppo socialista si e ripromesso di presentare un disegno di legge nel quale questi compiti sono specificati.
Siamo invece divisi in tema di riforma del collocamento che va collegato con la formazione professionale perché attraverso questo dialogo stretto è possibile un raccordo generale con il mondo del lavoro.
Senza tale raccordo, tutto quanto qui auspichiamo non avrà mai risultati positivi.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrero che replica a conclusione del dibattito sulla formazione professionale.



FERRERO Giovanni, Assessore alla formazione professionale

Devo ringraziare i Consiglieri che sono rimasti qui sino a quest'ora.
E' ovvio, per ragioni di dignità di questo Consiglio, che non ho nessuna intenzione di parlare adesso né di rinviare la conclusione alla prossima settimana.
Alle osservazioni che mi sono state mosse saranno i fatti, le discussioni in Consiglio o le prese di posizione a rispondere. L'unico punto che mi sembra di dover raccogliere è il pieno consenso con il Consigliere Viglione quando dice che i partiti politici e le persone hanno la loro autonomia. Si tratterà di vedere nel gioco complesso che vede impegnate le diverse forze politiche quali saranno le iniziative e gli atteggiamenti che si potranno assumere. E' bene che un Assessore, anche se viene criticato e accusato in questa o in altre sedi di far perdere voti al suo partito, dica le cose come stanno. Proporrei la pubblicazione di questo dibattito con l'invio agli enti e alle organizzazioni come riprova e garanzia di come saranno trovati i fondi per avviare le iniziative politiche necessarie. Da parte mia tutto lo sforzo possibile sarà fatto.
Quanto alla questione operativa, si tratta di riprendere la proposta del Presidente della Commissione, Consigliere Mignone, e portare avanti in quella sede o in altre parallele, e senza scadenze e non nelle ore serali il confronto con le organizzazioni sociali, con i Comitati comprensoriali e con le forze politiche del Consiglio per riuscire ad approvare un pacchetto di provvedimenti che sembreranno di qualche utilità per regolare la materia.
Non mi è possibile rispondere a tutte le domande, vorrei comunque fare un accenno di risposta al Consigliere Lombardi, che non vedo ora presente al quale però so che gli verrà riferito.
Il Consigliere Mignone ha anticipato il tono della mia risposta sul ruolo della Coldiretti e delle organizzazioni agricole nella gestione della formazione professionale.
Esiste un radicale dissenso sulla posizione assunta dalla Coldiretti prima della discussione in Commissione e in aula, la quale pretende un meccanismo di rapporti diverso da quello tradizionale. Si è detto e si è scritto che i documenti, non a firma dell'Assessore, ma a firma di quegli stessi uffici che qui vengono in parte blanditi e in parte minacciati sarebbero una "catilinaria". Sono orgoglioso di questo. Vuol dire che ci sono bande, sotto la direzione di Catilina, che si aggirano attorno ai quattrini regionali. Può non essere vero. La Coldiretti ha detto che è una "catilinaria" e io sono perché si vada fino in fondo.
La situazione finanziaria non è particolarmente rosea e non ci sarà nessuna difficoltà ad aprire sulla questione dei corsi agricoli un'ampia ed accurata discussione secondo le procedure della politica (così come il Consigliere Bianchi ricordava nella passata legislatura).
Nel suo intervento il Consigliere Lombardi ha anticipato un meccanismo che non condivido e questa è una risposta generale ad altri accenni al di fuori di quest'aula e - se non ho capito male - anche all'interno di quest'aula.
Perché Lombardi dice che teme ritorsioni? Che cosa c'è da ritorcere? Se ci sono dei meccanismi da chiarire, si chiariscano. E' certo, però, che non si può trasformare la discussione sui programmi e sui criteri della formazione professionale, sulle difficoltà che si aprono nei rapporti con le categorie economiche, con gli operatori e con gli enti in un braccio di ferro che ha come affermazione prioritaria l'entità numerica dei propri apparati e la capacità, attraverso questi apparati, di spostare la politica da battaglia delle idee, quale deve essere, a contrattazione ed occupazione di aree di potere.
La preoccupazione delle ritorsioni rimanda troppo facilmente ad un meccanismo usato per cui si afferma e si ritira, si attaccano e nella sede della Commissione si difendono fino all'ultima ora i corsi, in sostanza permette a troppi di dire tutto e il contrario di tutto.
Data la posizione della Coldiretti, che è stata pubblicata sui documenti prima ancora che avvenisse la discussione in Commissione e in Consiglio, l'impegno della Giunta e mio per quanto mi riguarda (non voglio coinvolgere l'Assessore Ferraris) è di procedere ad un'indagine, non sui singoli fatti, ma sulle motivazioni, sull'utilizzo dei fondi, sui criteri e sui risultati.
Questo potrà servire in moltissimi altri settori a cominciare da quello dell'industria.


Argomento: Strutture ricettive (albergh., extra-albergh., campeggi e villaggi, classif., vincolo) e strutture e impianti turist.

Esame deliberazione: "Legge regionale 31/8/1979, n. 54, art 19 (Progetto campeggi '80). Individuazione di un primo gruppo di aree idonee all'allestimento di campeggi di tipo A"


PRESIDENTE

Propongo ora di iscrivere all'ordine del giorno l'esame della seguente deliberazione: "Legge regionale 31/8/1979, n. 54, art. 19 (Progetto campeggi '80). Individuazione di un primo gruppo di aree idonee all'allestimento di campeggi di tipo A".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 28 Consiglieri presenti in aula.
La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento del Consiglio.
Pongo in votazione la suddetta deliberazione. Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 31/8/1979, n. 54 'Disciplina dei complessi ricettivi all'aperto' e in particolare l'art. 19 considerato che l'attuazione dell'art. 19 citato può fornire un consistente contributo per la calmierazione dei prezzi, per l'ampliamento dell'offerta di posti campeggio, nonché per la realizzazione di un nuovo modello di campeggio (uso di terreno pubblico già urbanizzato, gestione pubblica o parapubblica, investimento minimo, utilizzazione dei servizi esistenti in loco) che comporta una riduzione di spesa delle varie componenti del prezzo di soggiorno considerato che le caratteristiche strutturali e gestionali di tali campeggi possono inoltre consentire che si sviluppino forme di vacanze 'alternative' a quelle finora realizzatesi nella maggior parte dei campeggi in Piemonte e che meglio si colleghino alle indicazioni fornite dalle linee del programma regionale per lo sviluppo del turismo sociale (ad esempio vacanze didattiche per le scolaresche in zone di particolare pregio ambientale, vacanze con finalità di integrazione dei soggetti emarginati) considerato che il 'Progetto campeggi '80' fa parte degli 84 progetti di pronto avvio proposti dalla Regione per combattere le cause strutturali dell'inflazione e sostenere l'occupazione visti i pareri dei Comitati comprensoriali e la procedura seguita per l'individuazione delle aree visto in particolare il criterio adottato della massima salvaguardia territoriale e dell'aderenza alle finalità proposte dalla legge e ritenuto di non prendere in considerazione, perlomeno in questa prima fase, le aree per le quali si sono verificati problemi o carenze o le aree che non siano di proprietà pubblica e per le quali non ci sia la convenzione di cui all'art. 19 della legge regionale 31/8/1979, n. 54 viste le istruttorie effettuate per ciascuna delle 74 aree segnalate da cui risulta che: 2 aree sono già inserite nei piani regolatori con specifica destinazione a campeggi per 4 aree non esistono al momento elementi informativi e progettuali sufficienti per poter esprimere una valutazione di idoneità rispetto ai requisiti di legge 19 aree sono in contrasto con lo spirito dell'art. 19 della legge regionale 31/8/1979, n. 54 (aree private sprovviste di convenzione campeggi stanziali, ecc.) 12 aree sono ubicate in zone con una situazione paesistico - ambientale delicata 8 aree non sono dichiarate idonee per carenze di infrastrutture e servizi 4 aree sono segnalate in zone con scarsa potenzialità turistica per 7 aree sono valutare non idonee le caratteristiche morfologiche idrogeologiche e fisiche del terreno 7 aree sono in contrasto con le norme urbanistiche 11 aree sono idonee ed ubicate nei seguenti comuni: Andrate (Loc. S.
Giacono), Sala Biellese (Loc. Madonnina), Tollegno (Loc. Bazzera), Gozzano (Loc. Madonna di Luzzara), Belgirate (Loc. Capoluogo), Cuneo (Loc. S. Rocco di Castagneretta), Prazzo (Loc. Piano della Ferriera), Briga Alta (Loc.
Saradin Fraz. Upega), Mombasiglio (Loc. Via Variante), Montaldo di Mondovì (Loc. Nosaret e Canalot), Cabella Ligure (Loc. Capannette) sentito il parere della Commissione consiliare competente delibera di dichiarare idonee all'immediato allestimento di campeggi di tipo A o temporanei, ai sensi dell'art. 19 della legge regionale 31/8/1979, n. 54 (Progetto campeggi '80 - I stralcio), le seguenti aree, più specificatamente individuate nell'allegato alla presente deliberazione: Comprensorio di Ivrea Comune di Andrate Loc.S. Giacomo Comprensorio di Biella Comune di Sala Loc. Madonnina Comune di Tollegno Loc. Bazzera Comprensorio di Novara Comune di Gozzano Loc. Madonna di Luzzara Comprensorio Verbano-Cusio-Ossola Comune di Belgirate Loc. Capoluogo Comprensorio di Cuneo Comune di Cuneo Loc. S. Rocco di Castagneretta Comune di Prazzo Loc. Piano della Ferriera Comprensorio di Mondovì Comune di Briga Alta Loc. Saradin Fraz. Upega Comune di Mombasiglio Loc. Via Variante Comune di Montaldo Mondovì Loc. Nosaret e Canalot Comprensorio di Alessandria Comune di Cabella Ligure Loc. Capannette La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 28 Consiglieri presenti ed è dichiarata valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento del Consiglio in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Distributori carburante

Ordine del giorno inerente lo sciopero dei distributori di benzina


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno firmato da tutti i Gruppi inerente lo sciopero dei distributori di benzina.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale sentiti i rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria FAIB e FIGISC in merito alle motivazioni poste a fondamento dello sciopero indetto nei giorni 19 e 20 maggio, motivazioni rivendicative che si estrinsecano nei seguenti punti: mancato adeguamento dei margini ai gestori disciplina degli orari e delle ferie problemi relativi alla depenalizzazione dei fatti inerenti alla ricezione dei falsi buoni benzina turistici sorveglianza dei prezzi preso atto dei ritardi del Governo e delle Compagnie petrolifere nella predisposizione di un nuovo ed equo stato giuridico dei gestori di distributori dei carburanti delle limitazioni, poste dal D.P.C.M. 8/7/1978, delle competenze attribuite agli Enti locali in materia di distributori dei carburanti e più specificatamente sulla regolamentazione degli orari di apertura degli impianti e delle ferie spettanti ai lavoratori del settore delle proposte formulate in merito alla sorveglianza sui pressi al consumo dei carburanti svolta dal C.I.P. e finalizzate a consentire più tempestivi e stabili rapporti di scambio dell'esigenza che le Compagnie petrolifere siano maggiormente sensibilizzate a recepire tutte le problematiche inerenti sia le varie fasi della fornitura di carburante sia quelle riguardanti gli aspetti economici e finanziari conferma per quanto riguarda la disciplina degli orari dei distributori, le proposte dell'Amministrazione regionale relative all'apertura degli impianti alla turnazione del sabato e dalle ferie dei gestori degli impianti stessi invita il Governo ad intervenire per fornire soddisfacenti e tempestive soluzioni ai problemi sopra evidenziati al fine di diminuire la tensione nella categoria rimuovendo le cause che la generano, dando così all'utenza un servizio pubblico adeguato ed efficiente decide di costituire una delegazione che si incontri con il Ministro dell'Industria a sostegno delle posizioni prese dal consiglio regionale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 28 Consiglieri presenti ed è dichiarato valido ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento del Consiglio, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale

Esame progetto di legge n. 219: "Rettifiche alla legge regionale 19/5/1982 n. 11, concernente inquadramento nel ruolo regionale del personale proveniente dallo Stato, dagli Enti ospedalieri e dagli Enti disciolti di cui al D.P.R. 24/7/1977, n. 616 ed alle leggi 15/8/1974, n. 386, 29/6/1977 n. 349 e 23/12/1978, n. 833"


PRESIDENTE

Propongo, infine, di iscrivere all'ordine del giorno l'esame del progetto di legge n. 219: "Rettifiche alla legge regionale 19/5/1982, n.
11, concernente inquadramento nel ruolo regionale del personale proveniente dallo Stato, dagli Enti ospedalieri e dagli Enti disciolti di cui al D.P.R.
24/7/1977, n. 616 ed alle leggi 15/8/1974, n. 386, 29/6/1977, n. 349 e 23/12/1978, n. 833".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti in aula.
La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento del Consiglio.
Passiamo quindi alla votazione dell'articolato.
Art. 1 "Alla legge regionale 19/5/1982, n. 11, sono apportate le seguenti rettifiche.
Al secondo comma, punto a), dell'art. 4 sono eliminate le parentesi che si aprono prima dei termini 'con riferimento' e si chiudono dopo i termini 'febbraio 1981'.
Sempre nel medesimo art. 4, secondo comma, lettera d), il termine 'posizione' è sostituito con il termine 'ordinamento'.
Nella tabella di equiparazione, allegato 1 alla legge medesima, e con riferimento all'elencazione delle qualifiche del Parastato, in corrispondenza all'VIII livello regionale, sono sostituite le parole 'Direttore Principale' alla frase 'Direttore centrale o superiore: Dirigente generale' contenuta nell'ottava riga dopo le parole 'non inferiore a quella di' ".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 27 hanno risposto SI 27 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 27 hanno risposto SI 27 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero testo di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 27 hanno risposto SI 27 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato ed è dichiarato valido ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento del Consiglio, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.
I nostri lavori terminano qui e comunico che il Consiglio verrà convocato a domicilio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,15)



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