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Dettaglio seduta n.133 del 20/05/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 29 e 30 aprile e 13 maggio 1982 si intendono approvati.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Cerchio ed interrogazione dei Consiglieri Alasia e Montefalchesi inerenti la situazione occupazionale della D.E.A. di Moncalieri


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze".
Esaminiamo per prime l'interrogazione del Consigliere Cerchio e l'interrogazione dei Consiglieri Alasia e Montefalchesi inerenti la situazione occupazionale della D.E.A. di Moncalieri.
Risponde ad entrambe l'Assessore Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Assessore al lavoro

Ringrazio i Consiglieri che hanno trovato la forma più adatta per sollevare questo problema, che nel quadro dell'industria piemontese è uno dei problemi più interessanti e preoccupanti.
In riferimento alle due interrogazioni presentate alla Giunta dal Consigliere Cerchio (in data 27/4/1982) e dai Consiglieri Alasia e Montefalchesi, con allegata nota informativa (in data 7/5/1982) relative alla grave situazione dell'azienda D.E.A., si esprimono le seguenti informazioni e valutazioni.
Le preoccupazioni espresse dal Consigliere Cerchio e dai Consiglieri Alasia e Montefalchesi con due diverse interrogazioni sono attivamente condivise dalla Giunta e dall'Assessorato competente.
Le ragioni delle attuali difficoltà della D.E.A. - che produce sistemi di misura e collaudo per l'industria, sistemi di automazione, robotica metrologica ed operativa - sono molteplici e non esclusivamente riferibili alla crisi economico-produttiva generale ed ai conseguenti effetti sul settore dei beni strumentali, settore che ha registrato negli ultimi due anni una contrazione produttiva del 40% (dati UCIMU). A tali specifiche difficoltà l'azienda avrebbe potuto infatti resistere meglio sia per il suo elevato know-how tecnologico, sia per l'elevata professionalità delle maestranze, sia per il suo livello di specializzazione produttiva che la rende peculiare nell'ambito del settore.
Oltre alle ragioni generali e settoriali di crisi, pur rilevando che la D.E.A. è l'ultima azienda significativa del settore a ricorrere alla C.I.G.
straordinaria ex 675 (dal 10 maggio - 160 lavoratori), occorre evidenziare la combinazione di fattori di crisi emersa negli incontri avuti dall'Assessorato, sia con la proprietà, sia con le organizzazioni sindacali ed il Consiglio di fabbrica.
1) L'elevato assorbimento di capitale caratteristico di un'azienda che opera con sofisticate tecnologie; assorbimento accentuato dell'avvio del settore della robotica di produzione e da una ristrutturazione aziendale finanziariamente assai onerosa che ne avrebbe, secondo le dichiarazioni dell'azienda, accresciuto la potenzialità produttiva del 56%.
2) Il dimezzamento degli ordini della Filiale USA che rappresentava un fortissimo assorbimento produttivo.
3) Il dimezzamento degli ordini in Germania dovuto a difficoltà di "management" della filiale tedesca, soprattutto per quanto attiene l'assistenza tecnica; ciò che ha permesso una rapida erosione di quella clientela da parte della concorrenza.
4) Il ristagno dello sbocco di mercato rappresentato dai Paesi del Comecon.
Sul piano occupazionale l'azienda ha denunciato un'eccedenza futura certa di manodopera di almeno 80-100 dipendenti che si aggiunge alle dimissioni incentivate già dal dicembre '81 su un totale 670 dipendenti di cui, proprio per l'elevato livello tecnologico dell'azienda, il 94% è collocato nel IV livello contrattuale e nei livelli superiori.
Sul piano produttivo il fatturato realizzato nel 1981 è stato di 37,2 miliardi.
La situazione complessiva della D.E.A. si può configurare quindi come crisi finanziaria e crisi di committenza a cui l'azienda non riesce più a far fronte con risorse interne o, comunque, autonome a fronte di un'elevata potenzialità produttiva e di un fortissimo know-how tecnologico.
Tale situazione, come giustamente affermato nella nota dei Consiglieri Alasia e Montefalchesi pervenutaci in allegato all'interrogazione, appare reversibile, se l'intervento di un nuovo "partner" in grado di apportare capitale fresco, sarà tempestivo evitando alcuni precisi processi degenerativi: a) la continuazione della vendita all'estero di licenze di produzione dei robot, cioè del patrimonio tecnologico più avanzato.
b) L'emorragia della manodopera altamente qualificata e con lunga esperienza e come tale non facilmente surrogabile.
c) Consistenti livelli di caduta nella ricerca applicata che pur con elevati costi la D.E.A. ha portato avanti, ma che rappresenta una condizione necessaria per mantenere la competitività in un settore tecnologicamente avanzato.
Ciò richiede il porsi il problema dell'utilizzo dei provvedimenti normativi in essere e in divenire nel campo della ricerca.
La caduta del livello aziendale su uno di questi tre punti renderebbe fra l'altro l'azienda meno appetibile ed aumenterebbe i rischi, a medio termine, di trasformazione di fatto in un reparto decentrato e subalterno di una qualche holding straniera, con la dispersione di un ingente patrimonio di tecnologia, professionalità, ricerca, invidiato in Italia ed all'estero.
Dispersione che rappresenterebbe un grave impoverimento del patrimonio produttivo e tecnologico, sotto l'aspetto qualitativo e quantitativo, del Piemonte.
L'Assessorato all'industria e lavoro ha promosso, innestando il suo intervento in questa situazione, precisi interventi atti a sbloccare la situazione, prima, procurandosi come giusto e doveroso, adeguati livelli informativi.
Da tali incontri avvenuti con la proprietà, le organizzazioni sindacali ed il Consiglio di fabbrica e con la Selenia - Stet è emerso: l'interruzione delle trattative D.E.A. Brown-Sharp per ragioni non completamente chiare anche se certamente rilevante è stato il divieto imposto dalla normativa antitrust USA. Tale interruzione delle trattative non dissipa comunque i rischi di alienazione all'estero del patrimonio tecnologico della D.E.A.
L'interesse di massima della Stet nei confronti della D.E.A. La Selenia - Stet ha comunque posto precise condizioni preliminari quali: a) l'integrabilità produttiva (verticale) tra Selenia e D.E.A., da verificare b) la realizzazione di un attento screening aziendale effettuato da suoi tecnici sotto gli aspetti finanziari portafoglio ordini organizzazione produttiva, ecc., finalizzato anche all'individuazione di aree di immobilizzo e di perdite occulte c) una corretta definizione su precisi parametri finanziari e di redditività futura di un ingresso nell'assetto societario, tale da mantenere l'operazione nell'ambito di una corretta operazione industriale.
La Stet ha convenuto sulla necessità, mantenendo fisse le modalità su esposte, dì procedere con rapidità convenendo con noi che un ulteriore aggravamento della situazione non potrebbe che portare ad un "degrado" della situazione D.E.A. rendendo problematici adeguati sbocchi futuri limitando però, per ora, la sua disponibilità, di fronte alle ragioni d'urgenza addotta dalla Regione ad un tempestivo avvio dello screening aziendale.
La D.E.A. dal canto suo ha dichiarato la disponibilità a far compiere ogni necessaria valutazione connessa al valore commerciale dell'azienda ed ai meccanismi di una corretta nuova partner ship pubblica ad un ente neutrale.
La Regione, ribadite le urgenze all'attuale situazione, ritiene che occorrerà rapidamente attuare gli opportuni interventi, presso il Governo ed il Ministero delle Partecipazioni Statali, per far sì che si giunga ad una rapida definizione del problema (seppure in una corretta ottica industriale, non richiedendo la realtà D.E.A. interventi di natura prettamente assistenziale da parte del capitale pubblico) senza il ricorso a Commissioni ministeriali che rischiano di tradursi in prolungate dilazioni.
Confermiamo agli interroganti che l'obiettivo assolutamente prioritario è una soluzione nazionale ed in questo senso la Giunta e l'Assessorato si stanno adoperando ed opereranno in futuro, sviluppando, in coerenza con quanto precedentemente affermato, tutte le opportune pressioni affinché la situazione D.E.A. trovi adeguate soluzioni.
Riteniamo, infatti, che il Governo e per esso i Ministri competenti non possono astenersi dall'intervenire adeguatamente anche presso la stessa Stet.
In tal senso occorre giungere ad una concorde iniziativa politica fondata sulla convergenza delle volontà politiche che verrà verificata e costruita anche in un costante raffronto con i parlamentari piemontesi interessati al problema.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Abbiamo apprezzato l'iniziativa assunta dalla IV Commissione consiliare della Regione che ha portato ad un colloquio, che riteniamo positivo, con i lavoratori, al quale hanno partecipato per il nostro Gruppo i colleghi Brizio e Martini.
Mi scuso per la mia assenza, ma avendo cambiato indirizzo, ho ricevuto il telegramma che mi informava dell'incontro del 12 maggio solo ieri.
Con l'interrogazione il Gruppo consiliare intendeva stimolare la Giunta ad un'iniziativa che eviterebbe l'alienazione del patrimonio tecnologico all'estero.
Riteniamo che debba essere fatto ogni sforzo perché la D.E.A. passi alla Stet, soluzione che salverebbe la tecnologia dell'azienda e la passerebbe ad un gruppo pubblico italiano.
Apprendiamo dell'incontro più allargato tra l'esecutivo, della IV Commissione e i parlamentari che si vorrebbe avviare per l'inizio della prossima settimana e, per avere una visione articolata ed una possibilità di studio di tutte le ipotesi, sarebbe opportuno sollecitare la IV Commissione perché abbia un incontro con la proprietà per studiare una soluzione del problema che riguarda i lavoratori di Moncalieri, ma che incide nella realtà di tutta la zona dove in questi ultimi tempi si è registrato un calo dei livelli occupazionali che Si ripercuote negativamente anche sull'area metropolitana torinese.
Ringrazio l'Assessore della risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Alasia.



ALASIA Giovanni

Ringrazio l'Assessore per la risposta e per gli impegni che ha sottolineato che ritengo adeguati al problema.
Voglio ricordare al Consiglio che l'interrogazione presentata da me e da Montefalchesi era accompagnata da un'ampia nota, che abbiamo messo a disposizione dei colleghi di Commissione e dell'Assessore, dopo un incontro, avuto con la Presidenza D.E.A. Successivamente a quell'incontro e alla stesura di quella nota e della nostra interrogazione, la D.E.A. ci ha fatto pervenire una lettera, che porta la data del 10 maggio ma che abbiamo avuto solo ieri, con la quale ribadisce le cifre ed i meccanismi delle proposte che ci erano state illustrate a voce.
Questa lettera ci esime dal carattere di riservatezza che avevamo dato alla nota, nel senso che non avevamo scritto delle cifre.
Tuttavia, come già diceva l'Assessore, non è questa la sede per fare delle valutazioni patrimoniali, né tocca alla Giunta farle.
Sottolineo invece che: 1) le proposte-richieste della D.E.A., come risultano anche per iscritto, sono a nostro giudizio sufficientemente articolate. Si tratta di tre proposte, diverse tra loro. Per quel che riguarda la valutazione dell'avviamento, si propone che venga fatto attraverso un meccanismo che si misura nel corso di cinque anni. La D.E.A. afferma, inoltre, che è disposta ad affidare la valutazione ad un ente neutrale e parla dell'I.M.I.
"accettandone a priori i risultati".
2) La D.E.A. non ha optato per la soluzione americana, anche se talune operazioni ci lasciano delle preoccupazioni. La D.E.A. ritiene pregiudizievole agli interessi italiani una soluzione di capitale americano e non nazionale, dove gli americani avrebbero interesse ad acquisire la nostra capacità progettuale, ma non a sviluppare la produzione in loco.
Allora bisogna evitare che si faccia la fine della Smiel e della storia del silicio iperpuro, dove nessuno era d'accordo per la soluzione al capitale estero, non lo era né Bolzano, né Novara, né la Regione Piemonte né i Ministri. Alla fine questo è stato però l'unico sbocco inevitabile non essendoci altre proposte. Come evitare tutto ciò? Desidero dire a nome del Gruppo comunista che non discutiamo la legittimità di nessuna Commissione, ma sono seriamente preoccupato perché di Commissioni in Italia si vive e si muore e sono preoccupato perché se la Commissione dovesse essere paralizzata da contrasti interni che già si stanno delineando, lo sbocco che non si ipotizza diventa inevitabile.
Di qui la nostra richiesta di porre la questione al Ministro De Michelis. Mi pare che i convegni, compreso quello delle Partecipazioni Statali, che abbiamo tenuto qui, devono servire alla Regione e al Ministro per sperimentare le cose concrete che si pongono.
Questa è la prima. Parleremo un'altra volta della questione dell'alluminio.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Interrogazione dei Consiglieri Paganelli, Brizio e Carletto inerente la fuga di documenti dagli Assessorati prima della loro ufficializzazione


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione presentata dai Consiglieri Paganelli Brizio e Carletto inerente la fuga di documenti dagli Assessorati prima della loro ufficializzazione.
Risponde l'Assessore Testa.



TESTA Gianluigi, Assessore al personale

In riferimento all'interrogazione presentata dai Consiglieri Paganelli Brizio e Carletto, in cui si chiede se siano state svolte opportune indagini per individuare il responsabile della fuga di notizie verificatasi in riferimento all'emanazione della circolare n. 1588 dell'11/3/1982 e per conoscere quali iniziative si intendano adottare per evitare, nel futuro, il ripetersi di tali episodi, si rileva quanto segue.
Per meglio chiarire come sia stato possibile il verificarsi della fuga di notizie lamentata, pare opportuno illustrare, in sintesi, il lungo iter che una circolare, prima di essere resa pubblica, deve necessariamente percorrere.
Per primo interviene il Servizio che materialmente stende la bozza di circolare che, successivamente, viene inviata al Servizio Affari Generali dell'Assessorato proponente che, a sua volta, la sottopone all'Assessore competente per la firma. Una volta firmata, la circolare, sempre a cura degli Affari Generali dell'Assessorato, viene restituita al Servizio competente, che vi appone un primo numero di protocollo e la trasmette, in un primo tempo, alla Segreteria di Giunta, che procede ad una seconda protocollatura e, successivamente, al Centro Stampa, che ne tira il numero di copie necessarie. Solo a questo punto la circolare è pronta per essere divulgata.
Da quanto suesposto appare chiaro, dato il gran numero di dipendenti che, in un modo o nell'altro, contribuiscono alla stesura di una circolare come, da una parte, non sia possibile scongiurare, se non facendo riferimento all'etica professionale a cui tutti i dipendenti regionali sono tenuti nello svolgimento delle loro mansioni, la possibilità di fughe di notizie tra un passaggio e l'altro e, dall'altra, sia impensabile, qualora queste si verifichino, poterne individuare in modo certo il responsabile.
Tuttavia, nel caso in oggetto, l'Amministrazione, pur con le riserve suesposte, ha avviato, in adesione a quanto richiesto nell'interrogazione in parola, gli opportuni accertamenti per individuare eventuali responsabilità; accertamenti che, però, nonostante l'accuratezza con cui sono stati svolti, non hanno potuto portare all'individuazione in maniera certa ed univoca dei responsabili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

La risposta a questa interrogazione non mi obbliga neanche a dire se sono soddisfatto o meno.
Avevo ripreso le argomentazioni dell'Assessore nel corso di un dibattito in risposta ad una precedente interrogazione.
Rilevo solo che noi le circolari non le riceviamo, né in via informale (e mi pare che questa sia stata portata a conoscenza di qualche Consigliere), né in via formale.
Credo che su tutte le circolari che vengono emanate dalla Regione ci dovrebbe essere: "e per conoscenza ai Consiglieri regionali".
Ho appreso del lungo iter delle circolari. Mi spiace solo che la tesi sulle circolari in diritto amministrativo l'ho fatta oltre trent'anni fa.
Se dovessi farla adesso, fare un capitolo in più: "Le circolari nella Regione Piemonte" e la tesi si raddoppierebbe. Grazie.


Argomento: Formazione professionale

Interpellanza del Consigliere Villa inerente l'istituzione di un corso di specializzazione in informatica in Santhià


PRESIDENTE

L'Assessore Ferrero risponde all'interpellanza presentata dal Consigliere Villa inerente l'istituzione di un corso di specializzazione in informatica in Santhià.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

La deliberazione n. 45-13649 del 16/2/1982, con la quale si esprimeva parere negativo in merito all'istituzione di un corso di informatica presso l'ITIS di Santhià, è stata modificata, a seguito di un supplemento di documentazione fornita dal distretto scolastico n. 46 di Santhià con cui si sono acquisiti elementi nuovi che giustificano la richiesta della nuova specializzazione, con deliberazione n. 132-15356 del 20/4/1982 approvata dal Commissario di Governo in data 6/5/1982, prot. n. 52814, esprimendo parere favorevole.
Darò al Consigliere copia della deliberazione esecutiva.
Questo è uno dei casi in cui l'atto ha preceduto la risposta in aula all'interrogazione.



PRESIDENTE

La parola all'interpellante, Consigliere Villa.



VILLA Antonino

La risposta sarà altrettanto rapida cosi come è stato l'intervento dell'Assessore che peraltro ringrazio.
Vorrei sottolineare due aspetti.
Primo: ci vuole il coraggio civile di ammettere che ci possono essere stati degli inciampi nella delibera.
Secondo: il senso dell'interrogazione era di portare la materia in oggetto alla conoscenza e alla discussione della Commissione.



PRESIDENTE

Devo informare i Capigruppo che è stato richiesto un incontro da parte dei gestori degli impianti di distribuzione di carburante, con la Presidenza del Consiglio, la Giunta e i Capigruppo.
Prima che inizi il dibattito inerente la formazione professionale, ad evitare che vi siano numerose assenze in aula, pregherei i Capigruppo di partecipare personalmente o di designare qualcuno a partecipare all'incontro che si terrà nelle sale attigue all'aula del Consiglio con inizio immediato.


Argomento: Boschi e foreste

Interrogazione dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente l'affidamento dell'incarico alla Società Cooperativa Agricolo Forestale in esecuzione della delibera G.R. n. 95/9146 del 28/7/1981 ed interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso atta a conoscere i motivi per cui i piani silvo-forestali della Comunità montana Val Chisone e Germanasca sono stati affidati alla Società Cooperativa Agricolo Forestale s.r.l.


PRESIDENTE

Esaminiamo ora congiuntamente l'interrogazione dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente l'affidamento dell'incarico alla Società Cooperativa Agricolo Forestale in esecuzione della delibera G.R. n.
95/9146 del 2 8/7/1981 e l'interrogazione dei Consiglieri Chiabrando Lombardi e Penasso atta a conoscere i motivi per cui i piani silvo forestali della Comunità montana Val Chisone e Germanasca sono stati affidati alla Società Cooperativa Agricolo Forestale s.r.l.
Risponde ad entrambe l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore ai parchi e alla pianificazione territoriale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con le interrogazioni presentate dai Consiglieri dei Gruppi liberale e democristiano, si richiede alla Giunta regionale di illustrare al Consiglio regionale la deliberazione concernente i piani di assestamento forestale dei beni silvo-pastorali della Comunità montana Valli Chisone e Germanasca ed in particolare: le ragione che hanno portato all'affidamento dell'incarico alla società Cooperativa Agricolo Forestale con sede a Poppi se sia stata valutata la possibilità di affidare l'incarico stesso ad istituti od enti piemontesi, se siano stati interpellati, anche localmente e quali sono state le loro offerte di conoscere come, dettagliatamente, è stato costruito il preventivo di spesa approvato per L. 521.525.000.
Va rilevato preliminarmente come il piano affidato riguardi un'area di 43.300 ettari e comporti l'assestamento di circa 15.300 ettari di bosco interessando inoltre 28.000 ettari a pascoli ed incolti. Per valutare la consistenza dell'operazione avviata va ancora considerato che, al 1980, su una superficie di 600 mila ettari, la superficie complessiva di bosco assestato nella Regione risultava essere solo di 33.000 ettari. Peraltro la politica della Regione Piemonte è stata giustamente quella di promuovere una gestione pianificata del patrimonio forestale basata su conoscenze e piani generali (Carta forestale e P.P.F.) e, ove esistessero ragioni di necessità e di urgenza, ricorrendo a piani esecutivi, cioè a piani di assestamento. Infatti il documento definitivo per la gestione del bosco è ovviamente il piano di assestamento a livello di proprietà comunali o meglio, di gruppi di Comuni, che però richiede forti spese e tempi lunghi per una sua estesa realizzazione ed è attuabile nella sua accessione classica solo nei boschi più produttivi.
Di qui la ragione della Carta generale dei boschi e del piano forestale che in molti luoghi sostituisce almeno transitoriamente il piano di assestamento nel dare indicazioni di carattere operativo.
Nello svolgimento di questo lavoro, che richiede ingenti apporti tecnici professionali e risorse finanziarie considerevoli, si è inteso privilegiare e dare priorità per ora ai terreni di proprietà pubblica (comunale, regionale e di altri enti) che hanno il vantaggio di essere accorpati, di presentare spesso una buona estensione e di permettere una maggior facilità di intervento e quelli inclusi nei parchi e riserve naturali. Nel caso in argomento si tratta di beni silvo-pastorali ricadenti su 16 Comuni, di cui 15 proprietari di parte considerevole dei beni stessi vengono interessati due parchi regionali (Orsiera - Rocciavrè e Val Troncea), sono inclusi boschi produttivi e boschi qualitativamente di estremo rilievo (ben 4 boschi da seme sui 12 ricadenti nel territorio regionale ed iscritti nel Libro nazionale dei boschi da seme). Tutto ci rientra nell'attuazione delle finalità di cui all'art. 1 della legge regionale 4/9/1979, n. 57, che recita: "Al fine di garantire una razionale gestione del patrimonio forestale la Giunta regionale predispone il piano di assestamento regionale componendolo attraverso piani stralcio riguardanti porzioni del territorio regionale. Assume priorità la formazione dei piano stralcio riguardanti le aree sottoposte a vincolo idrogeologico, le aree boschive di proprietà dei Comuni o di altri enti pubblici e le aree istituite in parchi naturali riserve naturali o aree attrezzate o incluse nel piano regionale dei parchi e delle riserve naturali, di cui all'art. 2 della legge regionale 4/611975 n. 43".
Sulla base di quanto premesso, pare opportuno, al fine di rispondere al primo quesito, dare prima risposta alla seconda domanda. E' opportuno precisare che, come metodo, si è sempre valutata prioritariamente la possibilità di affidare gli incarichi professionali rivolgendosi a strutture operanti nella nostra Regione, in particolare, ove possibile agli enti strumentali della Regione o all'Università, in caso di ricerche.
Bisogna tenere conto però della particolarità dell'argomento e cioè di un intervento in campo forestale come un piano di assestamento, progetto esecutivo e non ricerca. Nella nostra Regione non è facile trovare strutture operative in quanto non è stata presente, sino a pochi anni fa una scuola forestale (il corso universitario forestale è stato avviato solo tre anni fa) e, come detto, limitata è stata l'attività in questo senso.
Va, infatti, rilevato che la pianificazione nel settore forestale, prevista già dal R.D. 30/12/1923, n. 3267, non ha mai trovato, in Piemonte un'organica attuazione essendosi sempre tradotta in piani di assestamento sporadici, su singole proprietà comunali ed eccezionalmente interessanti più di un Comune contiguo.
In questa situazione, pertanto, l'attuazione della legge regionale 57/79 comporta che si affronti il problema delle metodologie opportune e degli apparati tecnici adeguati ad introdurre un nuovo modo di gestire il territorio dal punto di vista forestale attraverso la formazione di piani di assestamento estesi ad ampie aree con i quali comporre gradualmente il piano regionale di assestamento. La fase di avvio richiede anche di sperimentare scuole diverse. Di qui l'esigenza di un "pluralismo di professionalità" che consenta anche un confronto corretto fra tecnologie e metodologie di scuole di assestamento a livello nazionale ed internazionale. Per quanto attiene ai privati professionisti si precisa che localmente non sono individuabili strutture professionali che garantiscano l'impegno di circa dieci persone contemporaneamente sul territorio.
Questo è l'impegno richiesto per il piano di assestamento esteso ai 16 Comuni della Valle Chisone.
Peraltro, i piani di assestamento fino ad oggi affidati nella Regione (dalla Regione o dai Comuni) sono sempre stati affidati a professionisti provenienti da località ove le scuole di assestamento sono affermate, come Firenze, Padova e il Trentino Alto Adige. A titolo esemplificativo basti ricordare che il piano della Valle Pesio è stato affidato nel 1976 al dr.
Floriani di Trento, così come l'IPLA stesso si avvale o si è avvalso, nella redazione dei piani di assestamento, di collaborazioni, quali quella di Istituti svizzeri del Cantone di Vaud e del Direttore del Consorzio forestale dalla Valle di Susa dr. Durante per la redazione del piano della Mandria il quale, peraltro, non ci è stato più prestato dal Consorzio della Valle di Susa, non avendo disponibilità di tempo.
Il dr. Durante collabora, nella stesura del piano della Bassa Valle di Susa, con il dr. Poda di Trento: lo stesso IPLA, nell'assumere personale tecnico per la redazione dei piani, si è dovuta rivolgere alla scuola di Firenze.
Per quanto concerne gli Istituti universitari piemontesi, va rilevato che la struttura universitaria forestale di Torino, come detto, è di recente istituzione ed ha appena ora licenziato i primi laureati. Mi pare siano tre gli studenti laureati l'anno scorso.
Il riferimento di cui nella politica forestale si vuole e si deve tenere conto è comunque l'IPLA. Tale Istituto è attualmente impegnato, come si è detto, nello studio del piano di assestamento della Bassa Valle di Susa in stretto rapporto con il dr. Poda di Trento ed è stato curatore dei piani di assestamento dei parchi regionali del Bosco del Vaj, della Mandria, delle Lame del Sesia e del Ticino; inoltre, sta attivamente lavorando sui piani naturalistici della Garzaia di Valenza (adottato dalla Giunta regionale), del Bosco di Rocchetta Tanaro, dei Boschi e dei Laghi di Palanfrè, del Parco dell'Argentera, dei Lagoni di Mercurago, del Gran Bosco di Salbertrand, dei Laghi di Avigliana, dell'Orrido di Chianocco dell'Orsiera - Rocciavrè, - del Sacro Monte di Crea, del Sacro Monte di Orta, del Sacro Monte di Varallo, della Val Troncea, della Rocca di Cavour della Burcina, del Parco di Stupinigi e dovrà provvedere ad analogo studio sul Parco di Capanne di Marcarolo, nell'Alta Valle Pesio, all'Alpe Veglia sul Parco del Ticino, sul Bosco del Vaj, sulla Mandria, sull'Alta Valle Sesia, alle Lame del Sesia. Inoltre, l'IPLA sta curando il Piano Piemonte Foreste (P.P.F.) che si ricollega ad piano di cui trattasi: infatti, il P.P.F. prende in considerazione tutti quegli aspetti connessi alla politica forestale (produzione legnosa, indotto occupazionale, formazione professionale, artigianato del legno, protezione ambientale e idrogeologica, ecc.) entro ai quali rientrano, come strumento di intervento esecutivo, i piani di assestamento che non sono pertanto sconnessi dall'ottica politica generale, anzi, devono inquadrarsi in essi.
L'IPLA, peraltro, è coinvolto nella fase successiva alla redazione dei piani di assestamento e cioè nella fase attuativa: infatti, l'Istituto si pone come coordinatore delle attività di formazione professionale degli operai forestali per la gestione dei piani e diviene il centro di raccolta e di ulteriore elaborazione delle varie metodologie applicate nei piani e dei dati. Nella fase attuativa peraltro è coinvolto direttamente anche il Corpo Forestale dello Stato e ciò in attuazione dell'art. 6 della legge regionale 57/79 che prevede che le utilizzazioni siano predisposte, in aderenza al piano dei tagli previsto dal piano di assestamento, dal Corpo Forestale dello Stato e dai relativi servizi ed uffici regionali o nei Comuni facenti parte di Consorzi o di Aziende forestali, dai Consorzi o dalle Aziende stesse.
Aggiungo che in questi giorni stiamo stipulando una convenzione con l'Ispettorato Forestale nella quale è anche previsto che il lavoro dei piani di assestamento possa essere affidato, anche come rapporto di istituto e non come rapporto professionale ai singoli dipendenti dell'Ispettorato.
Finora hanno potuto fare poco stante la ristrettezza del numero del personale.
Da quanto detto discende la risposta al primo quesito: va rilevato come una tale superficie da sottoporre ad assestamento (ha 43.000) debba essere oggetto di un lavoro coinvolgente più tecnici professionisti, qualora si intenda procedere in tempi più ristretti e garantire diversi apporti professionali. Va infatti rilevato che, sulla base della normativa di cui all'art. 2 della legge regionale 57/79, la Giunta regionale, con deliberazione n. 62-24021, del 9/10/1979, ha individuato gli atti tecnici che debbono essere contenuti in un piano di assestamento forestale e precisamente: a) relazione tecnico-economica sullo stato del bosco b) piano dei tagli o delle utilizzazioni c) piano delle migliorie d) norme di gestione e di cura colturale del bosco e) prospetto delle superfici secondo i rilievi eseguiti per la suddivisione del bosco f) prospetto delle descrizioni particellari g) piano di utilizzazione e miglioramento dei pascoli h) piano di prevenzione e difesa dagli incendi boschivi, comprendente il piano della rete dei viali tagliafuoco con determinazione dello stato attuale e futuro i) carte topografiche e mappe catastali l) libro economico m) piano della rete viabile principale (strade camionabili e carrarecce) e della rete di vie di esbosco (piste forestali, percorsi attrezzati permanenti o temporanei), comprendente: 1) rilievo della viabilità dello stato attuale e determinazione dello stato futuro, previsto in funzione dell'accessibilità e dello sfruttamento del complesso boschivo 2) sistema e relativi mezzi di esbosco per ogni particella soggetta ad utilizzazione nel periodo di validità del piano.
Per quanto sopra si è ritenuto opportuno ricercare un gruppo di lavoro che consentisse di eseguire in tempi relativamente brevi il piano di assestamento, garantendo tutte le necessarie professionalità: a tal fine i tecnici forestali dell'Assessorato che erano stati assunti con concorso indetto nel 1978 (parte dei laureati in Scienze Forestali è stata destinata all' Assessorato all'agricoltura e parte all' Assessorato ai parchi) che hanno frequentato scuole forestali di Padova e Firenze, si rivolsero, nella fase di ricerca di tale gruppo di lavoro, al prof. Giovanni Bernetti ordinario di dendrometria all'Università degli Studi di Firenze, al quale si è quindi ritenuto opportuno affidare il coordinamento tecnico del piano.
Tra l'altro, questa scelta l'abbiamo confrontata con l'IPLA che ci aveva comunque dato garanzia sulla qualità tecnica e scientifica di una scuola che ha tradizioni lontane.
L'indicazione della Cooperativa Agricolo Forestale s.r.l. è dello stesso prof. Bernetti, che avevano incaricato a coprire il ruolo di coordinatore e direttore del lavoro.
In merito al terzo quesito si rileva come analogo chiarimento sia stato richiesto dal Commissariato del Governo in merito alla deliberazione di affidamento dell'incarico: a tale richiesta di chiarimenti si è risposto come segue (a seguito di questa risposta la delibera fu approvata): "La convenzione in questione prevede una spesa a carico della Regione che può essere suddivisa nel seguente modo secondo i tariffari: 1) spesa rientrante nel compenso a chi esegue i lavori e quantificabile ai sensi del vigente prezzario regionale per opere di miglioramento fondiario alla voce 'Redazione piani economici dei beni silvo-pastorali dei Comuni ed altri enti' sotto le voci: a) onorario al professionista b) copie dattiloscritte c) acquisto materiali d) rilevamento della massa in alto fusto con l'impiego di metodi reloscopici e) operazioni per misure incrementali e di altezze f) rilievo topografico e cartografia 2) spesa rientrante nel compenso a chi esegue i lavori e non quantificabile ai sensi del vigente prezziario poiché non vi trova riscontro o non è definibile a priori: a) redazione del piano inerente alla viabilità forestale b) redazione del piano di prevenzione e difesa dagli incendi boschivi c) parzialmente il piano di utilizzazione e miglioramento pascoli d) la composizione dei piani relativi ai parchi naturali e) la delimitazione dei boschi da seme f) varie ed eventuali (analisi geopedologiche, floristiche, cartografia a colori, ecc.).
Calcolando la spesa quantificabile di cui al solo punto 1) con il prezzario regionale vigente (1980 con rivalutazione del 20% + IVA esclusa) sulla base delle seguenti superfici interessate: a) 15.327 ha di boschi a sua volta suddivisi a stima in: 13.794 ha ad alto fusto 1.523 ha a ceduo b) 21.241 ha di pascolo c) 6.960 ha ad incolto per un totale di 43.523 ettari di superficie complessiva, si sono ottenuti i seguenti risultati di massima, rispetto a valori ritenuti estremi: per la voce 1-a): L. 210.000.000 per la voce 1-b): L. 13.305.600 per la voce 1-c): L. 16.185.312 per la voce 1-d): min. L. 59.400.000 max L. 118.800.000 per la voce 1-e): min. L. 52.800.000 max L. 105.600.000 per la voce 1-f): min. L. 86.185.440 max non si è ritenuto opportuno considerano.
I minimi e massimi di spesa così ottenuti, rispettivamente di L.
437.978.352 e di L. 550.076.352, IVA esclusa, solo per le voci di cui al punto 1) ed il confronto con il costo totale del lavoro, di L. 453.500.000 IVA esclusa, rilevano una sostanziale correttezza ed equità in merito alla congruità del lavoro in questione".
Si rileva infine che la spesa globale è suddivisa in quattro anni e non è prevista la revisione dei prezzi.
Il lavoro commissionato ha il compito di coprire solamente la prima parte della spesa delle componenti, quindi la convenzione che abbiamo stipulato non ha preso in considerazione come carico, pur essendo un impegno di lavoro, la seconda parte delle componenti di spesa previste dai piani di assestamento. La spesa globale è suddivisa in quattro anni e non è prevista la revisione dei prezzi. Il prezzo è bloccato al momento in cui è stata firmata la convenzione.
Il lavoro deve durare tre anni, perché è di grande estensione; il pagamento viene effettuato in un periodo quadriennale, senza revisione di spesa. Concludendo anche sul terzo punto, credo che ci si sia comportati nella concezione del buon padre di famiglia nel pagare quello che è giusto ma con contrazione degli onorari sulla base della convenzione stipulata avendo le garanzie di capacità che ci sono state indicate dal prof.
Bernetti dell'Università di Firenze che dirige e coordina questo lavoro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

La risposta dell'Assessore Rivalta è utile non tanto agli interroganti per avere l'illuminazione su problemi poco chiari, ma è utile al Consiglio regionale per prendere conoscenza finalmente di una realtà che sfugge normalmente all'attenzione dei Consiglieri.
Tra l'altro questo ci porta a pensare che, pur nel rispetto del sistema instaurato dallo Statuto della separatezza tra il legislativo e l'esecutivo, probabilmente occorrerà inventare qualche momento di conoscenza reciproca di quanto si fa per far creare capacità di iniziativa politica anche al Consiglio regionale.
Sono consapevole che il Consigliere Lombardi ha più titoli e più conoscenze per valutare nel merito l'opportunità dell'iniziativa, la congruità della spesa e gli aspetti di merito.
Ovviamente, il nostro Gruppo non può che esprimere un giudizio favorevole all'iniziativa, che tende evidentemente a recuperare dei ritardi e dei vuoti su questa materia. Peraltro, con qualche rincrescimento per il tipo di rapporti che ha con l'Assessore, il Consigliere Lombardi non pu che fare proprie le preoccupazioni e le osservazioni dell'Università di Torino su questo campo.
Prendiamo atto che non esiste un'attrezzatura culturale sufficiente, ma quando vengono investite cifre di questa misura non ci si può limitare a registrare l'esistente, ma bisogna coglierlo come momento di promozione per una situazione migliore.
Ribadisco un giudizio di non soddisfazione alla risposta data dall'Assessore.



RIVALTA Luigi, Assessore ai parchi e alla pianificazione territoriale

Bisogna tenere presente la vastità dell'area.



MARCHINI Sergio

Posso anche capire la sua animosità, pregherei però di aprire questa polemica direttamente con l'Università e non con il Consigliere che sta rispondendo.
Non metto in discussione le ragioni sulle quali la Giunta obiettivamente ha ritenuto di decidere. Dico semplicemente che investimenti di questa natura, perché tali vanno considerati, non possono soltanto guardare all'esistente, ma non dovrebbero neanche mettere in moto un processo di tipo diverso.
La risposta dell'Assessore, pur interessante perché ci fornisce una fotografia della situazione, non è altrettanto soddisfacente in quanto non ha coinvolto in termini promozionali di formazione professionale quelle strutture e quei tecnici che non sono in grado di svolgere quelle mansioni.
Mi risulta, signor Assessore, che la professionalità si acquisisce frequentando gli studi professionali.
Questa è l'occasione per far crescere la professionalità nella nostra Regione e la presenza dell'Università e dei laureati.
La risposta dell'Assessore non mi sembra convincente su questo aspetto.
I tecnici piemontesi e la stessa Università di Torino, sono stati esclusi o, meglio, non sono stati coinvolti.
Registro semplicemente che in una vicenda di questa portata l'Università e la professionalità torinese non vengono interessate.
Accetto il giudizio dell'Assessore sulla capacità dell'Università e dei tecnici regionali, di svolgere queste funzioni, ma proprio questi fatti dovrebbero essere occasioni per far crescere le capacità scientifiche dell'Università e la capacità professionale dei tecnici.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Il collega Marchini ha centrato il problema per cui potremmo fare nostre le sue motivazioni.
Ritengo però opportuno ribadire che la risposta dell'Assessore Rivalta è sostanzialmente carente per due motivi. Intanto non tiene conto che nella nostra realtà regionale ci possono essere le capacità professionali per affrontare questo problema, come d'altra parte dimostra l'estratto del verbale dell'adunanza del Consiglio di Facoltà dell'Università degli Studi di Torino, nella seduta del 22 marzo 1982.
L'Assessore sarà certamente in possesso di quel verbale nel quale viene detto che il Preside e il Consiglio della Facoltà di Agraria sono preoccupati per il modo con cui si affronta la questione e ravvisa nell'iniziativa un'occasione mancata per occupare alcuni laureati e tale osservazione è particolarmente rilevante con riferimento all'attuale pesante situazione del mercato del lavoro.
I problemi sono due: un problema attinente alla professionalità ed un problema riguardante l'occupazione.
Ma non possiamo essere soddisfatti della risposta per una seconda motivazione. La legge sull'assestamento forestale risale al 1979. Sapevamo che dovevamo andare verso questo tipo di iniziativa.
Credo che quando non ci sono le capacità professionali, compito della Regione e degli Assessorati competenti è di farle nascere e di farle crescere.
Anche sotto questo aspetto c'è stata una carenza, che va colmata perché a questo piano di assestamento ne seguiranno altri.
Siccome poi in Consiglio regionale parliamo spesso di terziario, è un modo concreto e valido per creare posti di lavoro, professionalità nel terziario della Regione.
Sulla questione della spesa, è vero che la convenzione stabilisce le cifre che l'Assessore ci ha indicato, ma è altrettanto vero che rimangono a carico della Regione alcune voci che potrebbero assumere un impegno di una certa entità.
Rimangono a carico della Regione il reperimento di alloggi per il personale impegnato nei lavori e di depositi per i materiali ed attrezzi.
La spesa non è quantificata, comunque, visto che il lavoro durerà circa tre anni, sarà rilevante.
Anche per l'impiego di personale coadiutore per i lavori di cavallettamento, abbattimento e misurazione di boschi la spesa non è quantificata.
Riteniamo che sarà elevata e speriamo che almeno in questo caso sia possibile usufruire delle risorse e delle energie presenti nella Regione.
In occasione del dibattito sul bilancio, abbiamo dedicato qualche minuto al problema della forestazione.
Nella nostra Regione è nata una serie di cooperative agro-forestali che in questo momento non hanno lavoro e sono in attesa dei finanziamenti regionali per continuare la loro attività.
Anche la produzione e riproduzione della cartografia di base e delle fotografie aeree del territorio interessato comporta una spesa non indifferente.
Per questi motivi, pur tenendo conto della validità di alcune osservazioni fatte dall'Assessore, non possiamo essere soddisfatti ed invitiamo la Giunta a voler costruire nella nostra Regione un sistema di professionalità che possa affrontare con le risorse regionali questi impegni, certamente gravosi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso inerente il pagamento dei diritti spettanti ai veterinari per l'attuazione della profilassi obbligatoria e i piani di risanamento della tubercolosi e brucellosi


PRESIDENTE

Esaminiamo, infine, l'interrogazione presentata dai Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso inerente il pagamento dei diritti spettanti ai veterinari per l'attuazione della profilassi obbligatoria e i piani di risanamento della tubercolosi e brucellosi.
Risponde l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Dagli atti in nostro possesso, risulta che i pagamenti delle prestazioni relative ai piani di profilassi della tubercolosi e brucellosi dell'afta epizootica e della peste suina sono stati liquidati in tutte le sei province sino al 31/12/1980.
In particolare, per la Provincia di Cuneo, i fondi per il completamento dei pagamenti sono stati assegnati con deliberazione n. 2 3 3/12520 approvata dal Commissario del Governo in data 17/12/1981.
Per quanto concerne i pagamenti delle prestazioni del 1981, il decreto di assegnazione dei fondi da parte del Ministero della Sanità è stato trasmesso in data 19/2/1982; in attesa dell'accreditamento, sono già state predisposte le deliberazioni di ripartizione agli Uffici provinciali.
Il riferimento a crediti che risalgono al 1978 riguarda probabilmente la variazione delle tariffe citate nella legge regionale 12/10/1978, n. 63 per l'applicazione delle quali si attende l'esito di un ricorso al T.A.R.
effettuato da 34 veterinari del Cuneese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Anche in questo caso i dati forniti dall'Assessore non corrispondono alla realtà provinciale, a meno che la categoria dei veterinari non tenga correttamente i conti delle entrate e delle uscite. Questi rilievi vengono mossi dalla categoria. Probabilmente ci sarà anche il problema dell'aggiornamento delle tariffe, ma sta di fatto che ancora oggi queste quote non vengono pagate.
Vorrei poter verificare le motivazioni per cui esistono i sospesi tenendo presente che sia l'aspetto delle quote spettanti ai veterinari sia l'aspetto del pagamento per la sostituzione dei capi infetti (ma, in questo caso, il problema è dell'Assessorato all'agricoltura) vengono portati avanti lentamente, nonostante rappresentino un problema importante, specie per alcune realtà territoriali della nostra regione. Il risanamento dalla tubercolosi e dalla brucellosi specie per la razza bovina piemontese è di fondamentale importanza e credo che la Regione potrebbe offrire un notevole contributo, riconoscendo tempestivamente i fondi agli interessati, siano veterinari, siano allevatori.
Molte aziende si trovano in difficoltà sia a causa del disinteressamento della categoria dei veterinari che non vedono riconosciute le proprie spettanze, sia soprattutto per la mancanza di mezzi finanziari per la sostituzione che blocca un'operazione fondamentale per lo sviluppo della nostra zootecnia.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Astengo, Carazzoni, Cerutti, Chiabrando, Fassio Ottaviano e Simonelli.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 211 "Norme per l'utilizzazione dei lavoratori in cassa integrazione salariale", presentato dal Consigliere Majorino in data 12 maggio 1982 N. 212 "Modificazioni alle leggi regionali 43/75, 14/78, 29/78 53/78, 54/78, 55/78, 84/78, 18/79, 51179, 52/79, 66/79, 5/80, 29/80, 30/80 31/80, 32/80, 34/80, 45/80, 46/80, 47/80, 48/80, 51/80, 65/80, 66/80, nelle parti concernenti il procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative aventi per oggetto il pagamento di una somma di denaro" presentato dal Consigliere Majorino in data 12 maggio 1982 N. 213 "Modificazioni all'art. 24 della legge regionale 18/2/1981, n.
7, in materia di procedura per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie", presentato dal Consigliere Majorino in data 12 maggio 1982 N. 214 "Modificazioni all'art. 70 della legge 5/12/1977, n. 56, in materia di procedimento per le sanzioni amministrative", presentato dal Consigliere Majorino in data 12 maggio 1982 N. 215 "Norme per l'organizzazione e la disciplina della riproduzione di specie animali allevate: delega alle Province dell'esercizio di funzioni amministrative", presentato dalla Giunta regionale in data 13 maggio 1982 N. 216 "Provvidenze per lo sviluppo delle iniziative di informazione televisiva sul patrimonio di cultura e costume delle comunità locali" presentato dalla Giunta regionale in data 13 maggio 1982 N. 217 "Partecipazione della Regione Piemonte alla SOCOTRAS S.p.A." presentato dalla Giunta regionale in data 13 maggio 1982.


Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 14 e 20 aprile e 11 maggio 1982 - in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6/11/1978, n. 65 - sono depositate e a disposizione presso l'Ufficio Aula.


Argomento: Formazione professionale

Dibattito sulla formazione professionale in Piemonte


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto quarto all'ordine del giorno che reca: "Dibattito sulla formazione professionale in Piemonte".
La parola alla signora Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi, signor Assessore, c'è il rischio per un Consigliere di nuova nomina come sono io, che non ha partecipato nella passata legislatura all'ampio ed importante dibattito che c'è stato sull'argomento della formazione professionale, di ripercorrere tutte le tappe del dibattito stesso, intanto per dimostrare che abbiamo letto le migliaia di pagine che l'Assessore ha voluto inviarci con una documentazione molto attenta, storica e di prospettiva, in secondo luogo perché sull'argomento della formazione professionale il Partito Repubblicano ha da sempre incentrato la sua attenzione. Nel 1976, in assenza di una legge quadro nazionale presentava un disegno di legge che venne in un certo senso assorbito nel dibattito generale che portava alla definizione della legge regionale n. 8.
Mi sia consentito un accenno ad un discorso di tipo generale. Intanto per dire qual è la posizione del Partito Repubblicano rispetto al ruolo della Regione in materia di formazione professionale.
Il Partito Repubblicano ha sempre sostenuto, prima ancora che venisse varata la legge quadro 845 e poi partecipando attivamente al varo della legge (che è stata votata nel dicembre del '78, e sulla quale il P.R.I. si astenne perché riteneva che taluni aspetti non fossero sufficientemente chiariti, e viste le difficoltà che ancora si riscontrano a livello nazionale, siamo stati profeti) che la formazione professionale deve costituire un momento di raccordo breve tra il sistema formativo scolastico e il Mondo del lavoro. Questo significa che gli interventi di formazione professionale devono essere caratterizzati da alcuni elementi.
In primo luogo la brevità e questo è già previsto dalla quadro che pone alla Regione di fare corsi della durata non superiore a quattro cicli formativi di 600 ore; il che significa che il numero massimo che la Regione può prevedere sono corsi di 2.400 ore che sono più o meno dei corsi biennali. Siamo convinti che si debba mantenere ferma questa pregiudiziale sulla gravità anche se la mancata riforma della scuola secondaria superiore pone una serie di problemi rispetto ai quali noi abbiamo un certo tipo di opinioni e lo vedremo più avanti.
L'altro elemento che deve contraddistinguere la formazione professionale è la sua non istituzionalizzazione.
Non si può pensare ad un'organizzazione di corsi tipo quelli della scuola statale che prevede, al di là delle esigenze proprie del mercato del lavoro, una serie di figure da formare, lasciando poi alle dinamiche spontanee del mercato del lavoro il successivo adattamento. Al contrario del sistema statale, la formazione professionale deve partire dalle prospettive occupazionali. Ci rendiamo conto, e questo nella relazione politica dell'Assessore traspare evidente, delle difficoltà che esistono per realizzare un'impostazione di questo genere nel senso che, mentre il sistema di formazione professionale è governato dalla Regione, il sistema economico non è governato dalla Regione, anche se oggi ha possibilità di controllo più numeroso.
Ma su questo punto non intendiamo in nessun modo cedere, voglio dire che i corsi si fanno se c'é la certezza che le prospettive occupazionali sono tali da assorbire la quasi totalità degli iscritti ai corsi, perch diversamente la formazione non è di nessuna utilità.
Che cosa caratterizza ancora la formazione professionale rispetto alla formazione statale? La formazione statale ha un carattere abbastanza polivalente, cioé in sostanza i titoli di studio che lo Stato conferisce possono essere "abbastanza" adattati a situazioni diverse, invece i titoli professionali conferiti dalla Regione, cioè le qualifiche, devono mirare molto esattamente la situazione specifica di lavoro.
Può succedere che si pensi di fare degli investimenti per settori dove in realtà poi non c'è lo sbocco occupazionale, sprecando completamente i soldi, perché tutto questo è difficilmente riconvertibile in altri tipi di capacità e di opportunità.
Questo pone problemi per quanto riguarda il personale docente da impiegare nei corsi di formazione professionale in quanto non ha senso che la Regione si doti di un grosso apparato di personale proprio, per rispondere ad esigenze che si modificano nel tempo, anche perché magari si è costretti a formare corsi per utilizzare il personale.
A nostro giudizio, la Regione deve avere un'equipe di persone competenti, capaci di mettere in piedi le singole iniziative quando queste devono essere attivate.
Nel documento dell'Assessore è richiamato il fatto che si sta delineando, in rapporto alla riforma della scuola secondaria superiore, un conflitto tra amministrazione centrale ed amministrazioni regionali sulla formazione professionale: la pretesa da una parte e dall'altra di continuare a conservare le competenze, lo Stato da un lato e le Regioni dall'altro.
Noi riteniamo che la Regione debba svolgere un'attività di raccordo con il mondo del lavoro e che la scuola, anche quella secondaria superiore riformata, debba invece dare la formazione di base su cui poi sì possono innestare questi raccordi brevi.
Non possiamo non sottolineare che il trasferimento delle attività dagli Istituti professionali di Stato alle Regioni richiede una processualità.
Attualmente ci troviamo di fronte ad una scuola dell'obbligo che dura otto anni (cinque di elementari e tre di medie) che, a nostro giudizio, non è sufficiente per dare le cognizioni di base necessarie per consentire alle Regioni di sviluppare la formazione professionale.
Chiediamo in questa sede la disponibilità delle Regioni e della Regione Piemonte ad una fase interlocutoria e transitoria in cui lo Stato e le Regioni di concerto organizzino attività formative che soddisfino sia le esigenze di arricchire la formazione di base con il prolungamento dell'obbligo fino a dieci anni (ma per il momento siamo solo a otto anni) sia ad un avviso di formazione professionale, quindi finalizzata. Anche in sede regionale ribadiamo quello che affermiamo in sede nazionale e cioè che la scolarità deve essere obbligatoria per dieci anni, e quando questa scolarità avrà raggiunto la perfezione di base al termine del decimo anno potrà essere nelle mani delle Regioni.
Nel periodo in cui ancora non scatta il prolungamento dell'obbligo sarebbe opportuno che le Regioni esaminassero le possibilità di percorsi integrativi Stato-Regioni in modo che i giovani nella scuola di Stato ricevano un arricchimento di formazione generale, anche per avere delle qualifiche con più contenuti professionali e attività di formazione professionale che per altro rendano possibile l'acquisizione della qualifica nei tempi previsti dalla legge 845.
Questa nostra posizione non deve essere intesa come una volontà di negare il ruolo della Regione o come volontà di mantenere nelle mani dell'amministrazione centrale determinate competenze che non sono più sue ma come richiesta che vengano agevolati i modi sperimentali di formazione a scuola di formazione professionale sulla fase di passaggio dall'attuale obbligo di otto anni all'obbligo di dieci anni che è previsto partendo dai sei anni.
A pag. 4 del documento si parla di difficoltà per un crescente quanto irrazionale fastidio nei confronti delle Regioni per conflitti di competenze che si verrebbero a creare.
Per quanto riguarda il Partito Repubblicano non si tratta né di razionale fastidio nei confronti delle Regioni, né di un'offensiva per mantenere poteri all'amministrazione centrale, ma si tratta di una corretta valutazione della necessità di dare una migliore formazione di base a tutti i giovani, anche a quelli che accedono al sistema di formazione professionale per avere le qualifiche.
Se non andiamo in questa direzione, le qualifiche saranno sempre di contenuti molto modesti e quindi la Regione continuerà a svolgere un raccordo solo nelle direzioni di qualifiche intime.
Certo la cosa migliore sarebbe far scattare immediatamente il prolungamento dell'obbligo, ma noi riteniamo che l'obbligo dovrà collocarsi fra il quinto ed il sedicesimo anno e non fra il sesto ed il sedicesimo perché occorre anticipare il decondizionamento del bambino (i giochi fondamentali per quanto riguarda la formazione si svolgono nei primissimi anni di vita).
Volendo che l'obbligo si collochi fra i cinque ed i sedici anni abbiamo bisogno di qualche tempo per andare alla modifica della scuola materna ed elementare che consenta questa anticipazione e, in sostanza, il sacrificio che viene richiesto alle Regioni di attendere (intanto non è detto che in questi anni non si possano fare cose qualificanti ed integranti) si giustifica questo discorso, a nostro giudizio provveduto e di fiducia, con l'esigenza di predisporre la modifica della scuola di base in modo che i bambini vadano a scuola a cinque anni e con tutte le capacità mentali, si sviluppino meglio con un migliore decondizionamento, soprattutto per coloro che provengono da estrazioni culturalmente arretrate.
In questo senso il Partito Repubblicano chiede alla Regione Piemonte di operare nella direzione di studiare della formazione integrata dei bienni di scuola secondaria superiore e formazione professionale regionale.
D'altra parte la stessa legge 845 prevede la possibilità di accordi tra Regioni ed amministrazione scolastica per tutti quegli interventi di recupero della formazione di base non sufficientemente approfondita ed acquisita.
Dove la Regione riscontra carenze gravi della formazione di base è opportuno attivare quelle iniziative per l'integrazione del sistema scolastico.
Credo di dire cose condivise dall'Assessore Ferrero, che ha partecipato ad un convegno presso il Ministero della Pubblica Istruzione, ed alcune di queste osservazioni erano state da lui anticipate.
D'altra parte noi ci troviamo in un momento in cui esiste un forte calo demografico ed esiste contemporaneamente e parallelamente un'iniziativa legislativa che è stata votata dalla Camera la settimana scorsa, che immette del personale docente in più rispetto alle esigenze effettive della scuola.
Noi repubblicani proponiamo alla Regione di farsi promotrice di accordi con l'amministrazione scolastica per utilizzare il personale in eccedenza non in attività della Regione, ma in attività scolastiche che integrino sul piano culturale e formativo, la formazione professionale vera e propria che la Regione deve fare.
Si potrebbe pensare alla costituzione di un gruppo di lavoro nell'ambito della Regione che coinvolgesse di più i Provveditorati del Piemonte per studiare un piano di formazione professionale in forma di integrazione culturale per i programmi di formazione professionale destinati sia agli adulti sia ai giovani là dove si rilevino carenze formative di base che la Regione non può colmare, in primo luogo perché la legge non glielo consente, in secondo luogo perché non può superare il limite delle 2.400 ore che abbiamo detto prima.
Un'altra questione che noi riteniamo molto importante trattare è quella dell'apprendistato. La legge quadro parla della formazione professionale come strumento per una politica attiva del lavoro, se tesa ad agevolare il lavoro.
Ora la legge quadro - e questa è una delle ragioni per cui i repubblicani avevano dei dubbi - non ha sempre presente che uno strumento fondamentale di politica attiva del lavoro deve fare in modo di introdurre i giovani nelle aziende attraverso un periodo di formazione, ma deve anche consentire ai giovani di rimanere nelle aziende.
Sul problema dell'apprendistato, che a nostro giudizio avrebbe dovuto essere considerato all'interno della legge quadro tra gli elementi di formazione, tuttavia, fermo restando l'impegno politico nazionale a premere perché l'apprendistato venga sottoposto ad una revisione legislativa, anche qui a titolo sperimentale, alcune cose possono essere fatte, e a noi risulta anche che sono fatte.
Ho raccolto dei dati in realtà che ci sono molto vicini. Il Comune di Torino sta facendo delle convenzioni con alcune aziende metalmeccaniche del legno e dell'arredamento.
Queste iniziative tendono ad alleggerire l'onere del datore di lavoro in quanto, per una politica sindacale a volte discutibile, ha fatto sì che l'imprenditore non intenda assumere un apprendista i cui costi sono di poco inferiori a quelli del lavoratore qualificato.
Non si tratta di compensare l'artigiano o l'imprenditore per il mancato guadagno o compensare il giovane per il lavoro che svolge. Si tratta anche di dare delle indicazioni formative ai giovani.
A titolo sperimentale occorrerebbe verificare forme di mediazione dell'apprendimento che l'apprendista ha direttamente sul posto di lavoro con una formazione di tipo scolastico, non i vecchi corsi per apprendisti ma forme nuove di integrazione che consentano di superare il limite inevitabilmente connesso con una formazione in uno specifico posto di lavoro che lo porta ad apprendere solo quelle procedure.
Altro punto su cui intendiamo portare il nostro interesse è quello del rapporto della formazione professionale con il settore dell'artigianato.
In realtà, la legge quadro 845 ha avuto presenti soltanto i problemi delle imprese maggiori e non quelli delle imprese minori.
Nelle imprese maggiori il lavoro è svolto in modo più parallelizzato e più specializzato, in sostanza, la formazione finalizzata alle maggiori imprese è una formazione che individua una serie di operazioni e fissa tutta l'attenzione alla preparazione di quelle mansioni.
Nell'impresa artigiana, per la sua particolare configurazione, occorre una maggiore polivalenza, molte volte non solo l'artigiano, ma l'addetto all'impresa artigiana svolge più compiti, deve avere quindi competenze più ampie.
Allora, si tratta di studiare progetti formativi in questa direzione.
Questo è molto importante perché in Piemonte, in particolare, l'indotto registra un gran numero di piccole imprese artigiane.
C'è un altro aspetto qualificante che viene portato avanti anche dalle categorie sindacali ed artigianali: quello della formazione degli imprenditori artigianali.
La legge quadro 845 e la formazione professionale in linea generale pensano all'obiettivo di formare il lavoratore dipendente e rivolgono tutta l'attenzione alla parte tecnica e tecnologica del lavoro, lavoro che pu essere prevalentemente manuale.
In realtà l'imprenditore si sviluppa su una gamma di competenze molto più ampia. L'imprenditore artigiano, per esempio, deve essere competente nelle materie legislative, tributarie, fiscali, in materia di organizzazione del lavoro, di contratti, di rapporti con i sindacati nelle ricerche di mercato, nei rapporti con l'utenza, nelle pubbliche relazioni.
Il sistema scolastico statale non prepara a questi tipi di cognizioni.
Perché la Regione non lavora in questa direzione per lo sviluppo di una imprenditorialità? Questo può valere anche in direzione dei giovani che vogliono fare gli imprenditori, perché non si può continuare a stampare il modello della dipendenza, occorre individuare nel mercato ambiti nei quali l'iniziativa privata con tutti i mestieri collegati, può essere molto significativa.
Peraltro, per avere l'iniziativa non è necessario che si sappia mettere le puntine del tappezziere o dipingere un locale, ma si devono avere delle nozioni di amministrazione, bisogna sapere come avere dei redditi per avviare un'attività.
Su questo terreno la Regione può muoversi in maniera ottimale senza alcun conflitto di competenza. Questo vale per sviluppare l'imprenditorialità dei giovani e per gli artigiani già in attività di lavoro che non hanno le competenze culturali e professionali necessarie per fare i necessari salti di qualità e per continuare ad essere competitivi.
Per esempio, nel settore delle tintolavanderie, quanto più si acquisiscono nuove tecnologie ed impianti moderni, tanto più si è competitivi e si offrono migliori servizi a prezzi più interessanti per l'utente.
Tutto questo deve essere legato ad iniziative di aggiornamento dell' imprenditorialità. Su questo possiamo incominciare a discutere.
A questo proposito, anche perché le modifiche del sistema produttivo a livello della grande impresa ricadono su tutto l'indotto, è necessario qualificarlo, se non si vuole andare all'asfissia.
Per esempio, nella zona del Biellese una miriade di piccoli artigiani lavorano in conto terzi. E' molto importante che quelle imprese vengano portate a conoscenza delle innovazioni, delle ricerche in atto per le imprese maggiori, in modo che il loro non sia un rapporto di dipendenza e che non siano esposti al rischio di non essere più in nessun modo raccordate o raccordabili con l'impresa maggiore, per la quale, peraltro lavorano.
Nella relazione dell'Assessore si parla in modo troppo limitativo del problema degli handicappati. La scuola sta compiendo un grosso sforzo per l'integrazione degli handicappati, sforzo che riteniamo mal speso perch l'integrazione degli stessi avviene più in termini di socializzazione con gli altri ragazzi che in termini di effettivo recupero.
Questo produce un effetto successivo nel senso che dopo la socializiazione all'interno della scuola con poco recupero, l'impegno nel mondo del lavoro è assolutamente difficile.
La Regione deve esercitare una pressione politica perché all'interno della scuola il problema degli handicappati venga affrontato in modo più incisivo con effettivi obiettivi di riabilitazione e di recupero e non soltanto di semplice socializzazione.
Non è sufficiente essere soddisfatti soltanto perché il ragazzino è stato fino a 14 anni nella scuola senza recuperare quasi nulla. Se la scuola non ha svolto bene il suo compito, è inutile che la Regione abbia un meraviglioso programma per l'inserimento degli handicappati.
Se manca la formazione di base nella scuola, alla Regione non resta che questa possibilità.
Questa è una pressione politica affinché la scuola affronti il problema. Riteniamo anche che sia opportuno cominciare a studiare interventi per specifici tipi di handicaps in rapporto all'effettivo recupero e alle effettive finalizzazioni di formazione professionale.
Nel documento si parla genericamente degli handicappati e non si individuano certi tipi di handicaps che si potrebbero recuperare per l'utilizzazione in alcuni settori.
Inoltre, manca l'utilizzazione di progetti specifici per il recupero dei drogiti. Mi risulta che la Regione Emilia Romagna stia elaborando un piano di recupero a questo' riguardo che si potrebbe considerare.
L'artigianato e l'agricoltura possono offrire opportunità a questi soggetti. Ci sono altre carenze nel documento dell'Assessore. Per esempio per quanto riguarda la formazione turistica, in occasione del dibattito sul turismo si era detto che particolare attenzione doveva essere riservata a questo settore.
Nel momento in cui c'è la volontà da parte dell'Assessore al turismo di far assumere un grande ruolo al turismo per recuperare possibilità di produttività e di economia, sarebbe stato indispensabile e fondamentale pensare soprattutto alla formazione dell'operatore turistico, la cui carenza è generale.
Esistono altre carenze che, secondo noi, possono dipendere dall'assenza di collegiabilità di governo.
L'Assessore in una delle sue relazioni dice di rispondere in questa sede di quelle attività di formazione che fanno strettamente riferimento al suo Assessorato.
Però non posso pensare che gli Assessori Cernetti, Moretti, Bajardi nei loro piani di formazione professionale non debbano tenere conto di un quadro di insieme della formazione professionale.
C'é, invece, un aspetto sul quale noi siamo molto favorevoli. Il documento affronta in termini definitivi, scientifici e seri il problema della formazione dell'operatore pubblico.
Abbiamo già detto due anni fa, in occasione del documento della Giunta in tema di formazione professionale, che questo aspetto è molto importante perché pensiamo che l'efficienza dell'amministrazione pubblica in senso lato sia per buona parte determinata da operatori che siano consapevoli dei loro compiti.
Nelle due pagine che l'Assessore dedica a questo aspetto ci sembra ci siano i principi per poter cominciare un discorso serio rispetto a questi problemi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Signor Presidente, signori Consiglieri, la problematicità che caratterizza la relazione, ormai lontana nel tempo, dell'Assessore sulla formazione professionale indica con chiarezza la complessità del problema in cui vengono a confluire, accanto alle dinamiche naturali aperte dallo sviluppo scientifico e tecnologico tipico di una società industriale l'ampliarsi della crisi economica e sociale e l'accentuarsi dei processi di trasformazione dell'apparato produttivo in tutti i settori. Il permanere di strutture e metodologie che, al di là delle operazioni di riordino razionalizzazione, svecchiamento del sistema che pure sono state condotte risentono il peso di un'impostazione confusa ed errata che ha reso il settore della formazione professionale un esempio macroscopico del grave spreco che la società italiana ha compiuto e compie delle proprie risorse umane e materiali.
L'incapacità politica a livello nazionale di completare quel quadro di adempimenti legislativi che dai compiti specifici assunti con la legge statale 845, alle riforme più generali, come quella del collocamento dell'autonomia o delle scuole secondarie superiori, soli potrebbero dare i quadri di riferimenti necessari per procedere in modo corretto e senza i quali rischia di vanificarsi in sede regionale il lavoro già compiuto e di rimanere senza sostegno e giustificazione le linee operative delineate dalla relazione per gli impegni futuri.
Dal dibattito, se davvero vuole essere momento di confronto, si deve poter trarre non solo la conoscenza di ciò che è stato fatto e si fa delle motivazioni politiche, economiche e sociali che hanno guidato e guidano l'azione di un Assessorato, e la documentazione fornita è più che esauriente sotto tutti questi aspetti, per la possibilità di una verifica e di un giudizio, ma anche un contributo di proposte, di progetti integrativi od alternativi e soprattutto, se è il caso, l'acquisizione di una comune consapevolezza delle difficoltà e dei pericoli cui va incontro la programmazione regionale in questo ambito in carenza di adeguati strumenti legislativi nazionali.
. Lascerò, in particolare, al collega Alasia la parte di analisi e propositiva rispetto ai singoli settori che costituiscono il campo della formazione professionale, dal collocamento all'apprendistato, alle fasce di qualificazione, per la conoscenza diretta, specifica ed approfondita della materia che tutti gli riconosciamo, riservandomi di sottolineare quello che si configura, ad un'osservazione attenta, come un problema decisivo per la possibilità di una reale trasformazione delle attività di formazione professionale.
La mancata approvazione della legge di riforma della scuola secondaria superiore o più precisamente l'elaborazione di un testo da parte del Comitato ristretto della Commissione Istruzione della Camera, che ha suscitato viva preoccupazione presso la totalità delle Regioni proprio per le implicanze negative che ha nel campo della formazione professionale essendo ormai un dato acquisito dalle forze politiche, culturali e sociali più avvertite che il problema della formazione professionale non è né pu essere un problema settoriale, ma fa parte del più ampio problema di riforma dell'intero sistema scolastico e formativo italiano.
La legge quadro 845 del 9/11/1978, pur nelle sue contraddizioni, aveva segnato una tappa decisiva in questa prospettiva con i suoi continui richiami ed implicanze ad una necessaria e parallela legge di riforma della secondaria, ponendosi come momento finale di un lungo processo di approfondimento e di revisione dell'intero sistema della formazione professionale che ha avuto come scansioni fondamentali la legge 264 del 1949, la 456 del 1951 ed è poi stato trasferito alle Regioni in tappe successive nel 1972, nelle totalità delle sue funzioni nel 1975 con la legge 382, nel 1977 con il decreto applicativo 616.
Questi anni sono segnati contemporaneamente da una crisi economica e sociale con restringimento del mercato del lavoro che costringe a ripensare tutto il sistema di formazione professionale. In un momento in cui l'ampliamento delle possibilità occupatizie non fornisce eccessivi problemi di collocamento della manodopera nessuno si preoccuperebbe di misurare l'efficacia di un sistema di formazione con un'attenzione precisa e persino pedante come si è andati facendo.
Il problema nasce o, meglio, si evidenzia e si acuisce nei momenti di crisi.
Secondo punto: la nascita ed il progressivo affermarsi delle Regioni come protagonisti della programmazione economica con possibilità di individuare concretamente i piani di sviluppo, quindi i fini e i mezzi per attuarli.
Nel momento in cui le Regioni più a diretto contatto con i bisogni e i problemi locali, si creano gli strumenti per la conoscenza della realtà che le costituisce, il Piemonte attiva l'IRES, il Centro di Calcolo l'Osservatorio del mercato del lavoro, sotto l'aggravarsi della crisi economica e la stretta finanziaria e con il moltiplicarsi e l'accentuarsi delle richieste di trasformazione di molti settori dell'apparato produttivo, le Regioni si accorgono di avere nella formazione professionale una potenziale arma per incidere, e non marginalmente, in campo economico a patto di intendere gli interventi di formazione professionale essenzialmente come provvedimenti di politica economica, di reinterpretare la formazione professionale come un fattore della strumentazione di un governo coordinato con le altre leve di intervento pubblico e privato nell'ambito della programmazione; dove si moltiplicano i casi di chiusura di fabbriche, licenziamenti, cassa integrazione, mobilità, e in questi anni siamo stati testimoni angosciati di tutto questo, si innesta anche la richiesta di riconversione e riqualificazione, dove si delinea uno sviluppo del terziario superiore e si accentua l'esigenza di aggiornamento e maggiore professionalità.
Per ciò stesso si evidenziano le carenze della formazione sia specifica sia generale e, nello stesso tempo, la necessità di una formazione professionale più qualificante, più finalizzata, in grado di tenere il passo con l'introduzione di tecnologie avanzate, capace di dare risposte formative e flessibili, articolate e tempestive e di una formazione scolastica di base che dia contenuti più validi ed aiuti a sviluppare capacità umane e sociali più critiche e razionali.
Sempre di più appare come la formazione professionale sia da un lato collegata con il sistema scolastico ed educativo e con le politiche dell'orientamento e dall'altro sia legata al lavoro e quindi con il sistema di collocamento, con l'organizzazione del lavoro, con il mutamento delle tecnologie, con la produzione dei beni e dei servizi in un'articolazione in cui i due aspetti sono strettamente interdipendenti.
La legislazione nazionale ha provato ad affrontare i nodi di queste diverse interpretazioni del ruolo, della collocazione, della finalità del sistema formativo con la legge 845, come ho già ricordato momento avanzato di un dibattito, che avendo finalmente unito e distinto i termini "scuola lavoro, formazione - sviluppo, cultura - professionalità" poteva insistere nella prospettiva di una formazione professionale. Riporto testualmente dalla relazione dell'on. Bonalumi, democristiano: "Frutto di un sistema previsionale dell'occupazione e dell'innovazione tecnologica territorialmente distribuito che ponga gli interventi formativi nella chiave del pianificato sviluppo economico e sociale".
La legge regionale n. 8 del 25/2/1980 rappresenta un ulteriore passo nell'ottica della formazione professionale intesa come politica attiva del lavoro. Ma, sia la legge nazionale sia quella regionale aspettavano dalla riforma della scuola secondaria superiore puntualizzazione e chiarimenti in un quadro non più equivoco di integrazione tra formazione generale di base affidata allo Stato, e formazione professionale specifica, affidata alle Regioni, nella raggiunta consapevolezza che la specializzazione possibile se si innesta in una formazione generale, scientificamente fondata, critica e problematica, perché allora diventa competenza capace di usare mansioni ricche di contenuti tecnologici, capacità di affrontare le situazioni nuove, tipica di una società in rapido mutamento senza subirle, di muoversi in aree contigue ed inserire la singola prestazione nell'intero ciclo produttivo; d'altra parte, che una formazione generale valida può tradursi proficuamente in qualificazione e specializzazione con un rapporto costo benefici accettabile, anzi vantaggioso, solo se queste non si irrigidiscono in modelli para-scolastici rapidamente obsoleti, ma se si definiscono in modo dinamico legati ad una programmazione economica agile e di tipo processuale in grado di indicare fine e contenuti, verificati tempestivamente con la conoscenza diretta ed immediata della specificità delle situazioni.
Azione questa che è più facile per una Regione che non per un Governo centrale.
Non mi sembra che si stia andando per questa strada. Richiesti dalla relazione della 845, che raccoglieva un largo consenso politico, due strumenti legislativi contestuali e reciprocamente armonizzati, la riforma della scuola secondaria superiore, la legge quadro sulla formazione professionale; ribadita questa stretta interconnessione, nello stesso tempo la loro distinzione tra apprendimento scolastico e professionale, da tutte le forze culturali, politiche, economiche più attente a sottolineare l'assenza di un processo educativo adeguato alla necessità di sviluppo civile, economico e sociale del nostro Paese e i danni che questa carenza arreca, ricordo la relazione introduttiva al convegno della Confindustria tenuto a Venezia L'11 e 12 aprile 1980, le affermazioni, in particolare del rappresentante del PRI sempre così interessato a questi problemi che arriva a proporre la soppressione addirittura della legge 845 nel caso come non è avvenuto, non vengano individuate le due finalità e le due differenziazioni dei due sistemi, le dichiarazioni e le sempre più avvertite precisazioni di un PCI, dalla terza Conferenza nazionale sulla scuola nel febbraio del 1980 e i documenti successivi (d'altra parte rientra nella tradizione del partito questo dibattito), vorrei non soltanto richiamarmi ai testi classici dall'origine della famiglia, della proprietà e dello Stato, quanto piuttosto agli approfondimenti sul concetto di manualità come forma di cultura applicata e successivamente in una visione più ampia come capacità di plasmare la natura con una riflessione applicata.
Cinque anni dopo l'approvazione della legge 845 il testo della proposta di riforma della scuola secondaria, licenziato dal Comitato ristretto, fa riemergere una concezione centralistica che riduce la presenza delle Regioni proprio negli ambiti di loro competenza specifica, quali la formazione professionale, la programmazione scolastica territoriale; mentre la mantenuta presenza degli Istituti professionali di Stato, come canale autonomo sia rispetto alla secondaria, sia rispetto alla formazione professionale regionale, relega di fatto queste in una posizione subalterna con una notevole confusione di ruoli e di competenze.
Il 17/12/1981, il 21/1/1982 i rappresentanti delle Regioni nella loro quasi totalità esprimono un giudizio fortemente critico su questo testo ben consapevoli che attorno al concetto di professionalità e alla definizione dei processi formativi e delle sedi in cui questi devono avvenire, ruota una delle questioni centrali dal punto di vista culturale e politico di una riforma ormai indifferibile.
"Il modello di secondaria che noi concepiamo e vogliamo difendere afferma Tassinari, Assessore comunista della Regione Toscana - si muove nell'ottica di una struttura scolastica statale e di una struttura formativa regionale, differenziate funzionalmente senza antagonismi n subalternità, interagenti e coordinate nei loro processi, al loro interno realmente unitarie e coerenti per scopi e funzioni distinte".
"Ci sta bene una scuola secondaria formativa, culturalmente solida per indirizzi professionalmente omogenei - ribadisce Ason, Assessore democristiano della Lombardia - e riteniamo debba esserci una formazione professionale misurata sul mercato e sull'organizzazione del lavoro duttile nei suoi contenuti e programmi, flessibile nei suoi interventi brevi ed essenziali, produttiva non di diplomi, bensì di certificazioni e di qualifiche, di specializzazioni, di aggiornamento e di perfezionamento professionale continuo a tutti i livelli". Realizzare un sistema formativo unitario comprensivo delle due finalità è compito congiunto dello Stato e delle Regioni ciascuno per la propria parte. Le stesse gravi in congruenze distorsioni e pericoli conseguenti sono denunciati in un'analisi acuta e precisa da Savino, Assessore socialista della Basilicata.
E' infatti la mancata riforma della secondaria una sua proposizione nei termini negativi che abbiamo visto, accentua progressivamente il parallelismo fra sistema scolastico e sistema della formazione professionale e rischia di vanificare in ambito regionale tentativi di razionalizzazione resi possibili dalla legge 845 e, per il Piemonte, dalla legge n. 8.
Lo sforzo di qualificare gli interventi si scontra con la rigidità della secondaria superiore, la necessità di portare avanti progetti ad elevata valenza tecnologica, deve fare i conti con una struttura scolastica statale povera di contenuti e metodologie scientifiche. La volontà di impostare moduli professionali di carattere breve e specialistico finalizzati ai singoli problemi, in teoria più efficaci ed economicamente meno dispendiosi, urta con la necessità di recuperare le lacune ereditate dalla scuola di base. E' l'esperienza di prima mano che abbiamo compiuto come Commissione andando a visitare alcuni dei centri di formazione professionale della nostra Regione.
Senza la chiarezza di impostazione, che sia pure a fatica sembrava essere diventata patrimonio comune, senza la volontà e il coraggio di tradurli in testo legislativo e in riforme operative, possono ricomparire le condizioni che avevano fatto della formazione professionale un'appendice marginale dello sviluppo economico in cui ne apparivano aggravate e amplificate tutte le contraddizioni. La subalternità dei livelli inferiori quali quelli rappresentati dall'eventuale permanenza degli Istituti professionali di Stato e del sistema regionale, che è subalternità di obiettivi e quindi di funzioni e di ruolo. Il prevalere di corsi lunghi con un processo di progressiva scolarizzazione, l'accentuarsi del carattere assistenziale degli interventi, la nuova possibile separazione della formazione professionale dal mondo del lavoro e della produzione più qualificata, al di là delle dichiarazioni contenute nella legge 845 o nelle singole leggi regionali, al di là della volontà del singolo Assessore, la cui azione senza un quadro di riferimento sicuro può apparire di volta in volta velleitaria e astratta dai dati concreti e dai bisogni veri, se tenta di incidere in qualche modo su una realtà ormai sedimentata che riflette in sé carenze e contraddizioni mai risolte (ricordo in Commissione la difficoltà non superata di abbreviare alcuni moduli formativi), oppure eccessivamente prudente se consapevole delle implicanze del problema, si vuole procedere con la gradualità necessaria per far maturare le situazioni e verificare le ipotesi di lavoro, non sbilanciare situazioni già in s precarie senza alternative sicure e valide.
Credo che i rischi da me ricordati non siano immaginari, credo però che la consapevolezza dei rischi possa aprire un dibattito che porti ad approfondimenti e a ripensamenti a tutti i livelli; occorre che cresca la pressione anche da parte delle Regioni per l'approvazione della riforma della scuola secondaria e superiore e per una riforma che tenga conto delle critiche espresse dalle Regioni., indipendentemente dalle maggioranze politiche che le sorreggono.
E' materia che ci tocca da vicino. Senza di esse una trasformazione reale delle attività di formazione professionale resta in ogni caso largamente aleatoria e risulteranno pure perdite di tempo tutti i dibattiti e poco incidenti gli interventi di un singolo ente se ogni livello istituzionale interessato non farà la sua parte in un'assunzione comune di responsabilità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, accingendomi al dibattito sulla formazione professionale mi trovo in una singolare situazione che penso condivisa da parecchi di noi e voi.
Ci si sente infatti fuori tono: c'è una sfasatura di tempi che incrina l'insieme del dibattito e c'è una caleidoscopica sfaccettatura di posizioni, più intuite e percepite per segni, che comprese con lucidità tali da costituire almeno terreno di discussione.
Mi riferisco, per la sfasatura dei tempi, innanzitutto al lungo periodo di attesa, al reiterato procrastinare dovuto anche alle continue mutazioni ed ai vuoti di regolamenti e ad adempimenti inevasi sia a livello parlamentare che nell'ambito stesso della Giunta regionale e del nostro Consiglio.
Sento lontane le prime assicurazioni che ci chiamavano all'approfondimento dell'odierno argomento e i mesi furono punteggiati dalla stesura e dalla consegna di alcuni documenti sui quali per ora sospendo il giudizio, ma che comunque ebbero una funzione preparatoria di un certo rilievo se non altro per la diligenza della ricerca. Cito in particolare i materiali informativi, i materiali preparatori all'elaborazione del piano pluriennale di formazione professionale, le fasce di qualificazione e il promemoria sul problema delle deleghe dell'Assessore Ferrero.
Tuttavia, che ci fossero intoppi ed ostacoli nel procedere ce lo confermavano i continui rinvii che avevano la loro origine non presso la VI Commissione, ma con probabilità facilmente riscontrabile nelle riunioni dei Capigruppo consiliari, conseguenza logica delle posizioni di alcuni Gruppi.
Finché siamo giunti alla relazione dell'Assessore per la quale siamo veramente spiacenti di aver constatato un interesse molto tiepido nei suoi colleghi di Giunta e quasi una mal sopportazione da parte del Consiglio stesso per la lunghezza non certo eccessiva dell'intervento.
Ma lo stridio temporale ci viene spiegato dai pronunciamenti di queste ultime settimane. Questi, infatti, rivelano un'accentuata divaricazione presso i partiti che compongono la Giunta, nel giudizio sulla formazione professionale, sui territori in cui deve incidere, sui modi di comportamento e sui relativi soggetti, sui mezzi tecnici e finanziari ed umani, sui settori che ne vengono investiti e sulla singolarità dei metodi attuativi.
Del PSI è presente solo il collega Salvetti che prego di farsi portavoce presso il Partito Socialista del mio intervento.
In effetti, come si potrebbe fingere di non aver letto su "Stampa Sera" del 19 aprile scorso, la presa di posizione del Segretario del PSI Trovati che a me non risulta smentita, e che suonava alla lettera: "Formazione professionale: il PCI ha tentato di far passare un progetto non sufficientemente approfondito con sindacati ed imprenditori". In questo tentativo del PCI, non sappiamo se e fino a che punto riuscito, non è difficile sentire un'accusa allo stesso partito o alla persona dell'Assessore; nella più benevola delle ipotesi, di furberia, ma è molto più facile percepire una critica dura di fondo ad un modo di agire sul quale attendiamo precisazioni.
La constatazione da parte socialista dell'insufficiente approfondimento con sindacati ed imprenditori, quale significato ha? Non crediamo che si possa semplicemente parlare di superficialità e tanto meno, per quanto posso conoscere l'Assessore, di malafede intenzionale. Occorre allora che venga spiegato al Consiglio regionale quali sono i punti su cui i sindacati e gli imprenditori e tutti coloro che si occupano culturalmente di formazione professionale, devono far pervenire i loro apporti.
Questa chiarificazione preliminare è doverosa anche perché tra gli 11 progetti specifici che saranno trattati dal secondo piano di sviluppo ve ne sono alcuni incidenti a fondo, se andranno ad effetto, sul tessuto del progresso della nostra Regione e, in particolare, quello della razionalizzazione dei meccanismi di funzionamento nel mercato del lavoro che con ogni evidenza è collegato da nessi stretti con tutto il discorso sulla formazione professionale.
La stessa esigenza scaturisce dalla freschissima dichiarazione del Gruppo consiliare e della Segreteria regionale del PSI nella quale testualmente si precisa: "su alcune questioni, in particolare, il confronto è ancora aperto e vede il PSI su posizioni molto precise".
Enumero quelle che si rapportano necessariamente anche alla formazione professionale: politica industriale, gestione attiva del mercato del lavoro tramite un'agenzia regionale, qualificazione e crescita del settore terziario, l'agricoltura dove è preminente il recupero della funzione imprenditoriale. Per un serio esame della politica circa la formazione professionale è indispensabile conoscere una posizione di sintesi della maggioranza.
Non penso certo che si debbano avere, a forza, comunanze di impostazione nei particolari ma il tracciato deve essere concordato e al momento della realizzazione concorde. L'incidenza della formazione professionale, nell'accezione da noi non solo condivisa oggi, ma già proclamata dai nostri colleghi, durante la discussione della legge regionale n. 8 del 1980, su fattori determinanti della politica attiva del lavoro, non consente il lavoro isolato di un Assessore, ma è un arco passante attraverso tutti gli Assessorati, costituendo conseguentemente un nodo di attività complessiva, per la quale non possono esistere in Giunta e pervenire in Consiglio contorti distinguo ed aperti contrasti.
Per questo il nostro discorso dovrebbe farsi a bocce ferme (senza alcuna allusione alle bocciature sussurrate nei corridoi); ma facciamolo questo discorso.
La materia è vastissima, comprensiva di innumerevoli spunti per cui un discorso sintetico diventa indispensabile, seppure comporti un'oggettiva difficoltà, risentita d'altronde dalla stessa relazione dell'Assessore. Un giudizio complessivo su tale relazione d'altronde non può distinguersi dalla constatazione dell'indubbia lucida capacità dell'Assessore di riassumere concettualmente gli argomenti e di ordinarli in una coerente sequenza logica, spesso vivacizzata da aperture che sollecitano la riflessione e l'impegno.
Se questo è certamente l'aspetto positivo, questa stessa intelligenza di lettura politica prende preminenza, a scapito di un contesto che per necessità propositiva dovrebbe contenere maggiori indicazioni operative.
Ciò significa, quindi, con ogni evidenza, che il nostro discorso di oggi non è un approdo sulla terraferma dove far entrare subito in azione l'aratro per la seminazione foriera di raccolto, ma un'introduzione in spazi teorici validi e fecondi, da riportare al più presto per le risposte concrete nell'opportuna sede istituzionale della Commissione competente.
A questo proposito, mi sia concesso di richiamare la sentita e generale esigenza che le Commissioni consiliari siano informate a tempo, con chiarezza ed esaurientemente, delle iniziative assessorili o di quelle dei funzionari che vengono attuate, se non altro perché i Consiglieri non le apprendono soltanto dalla lettura dei giornali o affinché essi non si trovino nella sgradevole condizione di assoluta ignoranza di fronte alle domande dei cittadini.
In particolare, in riferimento alla formazione professionale chiediamo costanti notizie e precise conoscenze, perché la formazione professionale non può, secondo noi, essere considerata come un settore isolato, a s stante, dell'opera della Regione, ma essa rappresenta una linea di collegamento che accomuna gli Assessorati e che pertanto deve essere controllata nel suo dipanarsi, dall'insieme della Giunta, anzi in frequenti stazioni dallo stesso Consiglio, il quale è per Statuto l'artefice della politica dell'istituto regionale.
Nella sede del Consiglio, infatti, occorre che prendano forma e dignità i problemi di peso determinante.
Da lì sono da portarsi all'attenzione della stampa e dell'opinione pubblica. Desidero riferirmi non solo al ritornello della centralità del Consiglio, che purtroppo ha ormai acquistato le caratteristiche di un puro suono, ma soprattutto alla volontà legislativa, quella dei Consiglieri della passata legislatura che nella legge regionale n. 8/1980 hanno assommato nel Consiglio e non nell'Assessorato o nella Giunta la maggior parte delle decisioni circa la programmazione e la stessa strutturazione della formazione professionale.
Mentre accenno alla legge regionale, ribadisco a nome del Gruppo i capisaldi teoretici e pratici che sostanziano la nostra proposta per il Piemonte di oggi e del futuro: un progetto di professionalità, dinamico e collegato con tutti gli altri processi di sviluppo economico, sociale e culturale; formazione globale - afferma l'art. 4 - responsabilità ed autonomia nell'apporto delle componenti la formazione; ruolo dell'Ente locale investito di delega; organizzazione del sistema formativo armonizzato con le istanze del mondo del lavoro e della scuola; accoglienza consapevole e corretta del pluralismo del concorso democratico; garanzia e chiarezza di partecipazione e di controllo sociale nelle attività formative e nella loro gestione. Da questi principi una conseguenze sistematizzazione di istituti ed una normativa coinvolgente gli aspetti formativi in tutte le loro accezioni e in tutte le loro ramificazioni.
Su queste basi costruiamo la professionalità che riguarda tutti i cittadini, nell'apprendimento dei giovani e nel continuo miglior qualificarsi degli adulti.
Professionalità che è identikit umano, o almeno deve diventarlo in un contesto di socialità, professionalità che costituì la base su cui si svolse il discorso e la discussione sulla legge della formazione professionale. Per giungere ad un grado di professionalità che permetta ad ogni cittadino di rendere attive le proprie virtualità, trasformandosi in cosciente artefice della propria vita e compartecipe dello sviluppo della società in cui vive, è idoneo il sitema della formazione professionale quale è ipotizzato dalla legge quadro nazionale e per la nostra Regione dalla legge intitolata: "Disciplina delle attività di formazione professionale"? La costruzione di questo sistema è una costante dinamica che caratterizza l'operato della Giunta nel suo insieme, coinvolta in una materia che non è settoriale, ma che si innerva, in modo sostanziale amministrativamente e legislativamente, in ogni Assessorato, chiamando perciò in causa ogni componente dell'esecutivo, pur lasciando la responsabilità della guida e del coordinamento all'Assessore delegato? Egli ha presentato documenti e schema di relazione: su questa scorta e sulle leggi vigenti tentiamo una prima valutazione.
Circa i materiali informativi e le statistiche, occorre distinguere nettamente la parte espositiva e di dati dal momento in cui si accosta ad un'impostazione storico-critica, che risente da un lato dell'angolatura ideologica dell'estensore (che non è l'Assessore) e dall'altro di un trionfalismo tutto da verificare e poco persuasivo.
Un punto di raggiunta concordanza, ormai quasi unanime, è certamente l'impostazione della formazione professionale come politica attiva del lavoro, considerata fattore primario dello sviluppo economico e sociale quindi componente del progresso civile e presente a pieno diritto nelle piattaforme contrattuali.
Ci si stacca in una parola dalla formazione professionale legata ad una domanda di educazione parascolastica per sentirla come agente attivante nella produzione di beni e di servizi ed in conseguenza capitolo non secondario della programmazione economica ed investimento produttivo in senso affine e forse più completo, a quanto Einaudi già affermava predicando inutilmente, circa le spese pubbliche per l'istruzione.
Una lacuna da colmare al più presto, della documentazione è rappresentata dall'inesistenza di un quadro completo di tutte le iniziative riguardanti la formazione professionale, con particolare interesse deluso per le varie e talora estemporanee sperimentazioni, per gli aggiornamenti affidati, almeno per me, ad ignote procedure e a più ignote decisioni, per le politiche di reclutamento difficilmente leggibili.
Un altro "buco nero" riguarda l'aspetto finanziario nelle sue articolazioni di quote di riparto del fondo comune ex art. 8, dei finanziamenti derivanti dall'approvazione di progetti del F.S.E.; dei finanziamenti del fondo di rotazione e delle quote messe a disposizione dalla Regione.
L'entità globale dei vari interventi può ricavarsi dai bilanci e dalle delibere di Giunta, che dovrebbero illuminare il "buco nero"; ma, credo sia diritto e dovere di ogni Consigliere, in particolare dei componenti la VI Commissione, essere informati anche sulle funzioni fondamentali che si afferma con sicurezza essere di competenza degli uffici dell'Assessorato regionale alla formazione professionale e cioé: il piano annuale e relativi rendiconti impegni, liquidazioni ed erogazioni trimestrali sul consolidato vigilanza sulle attività degli enti terzi rapporto con il Fondo Sociale Europeo e con il Ministero del Lavoro per i relativi finanziamenti interventi specifici per lavoratori adulti in riconversione o in mobilità sperimentazione ed aggiornamento con i relativi investimenti interventi a favore dei lavoratori autonomi.
Un confronto di opinioni e di referenze, con ogni probabilità raffredderebbe l'entusiasmo di citazione di alcuni centri di formazione specie se si prende il parametro costi-benefici. E cito emblematicamente il Centro di formazione professionale regionale di Vercelli.
Passando rapidamente alla relazione dell'Assessore Ferrero non si pu fare a meno di riconoscere una certa calibrata spregiudicatezza intellettuale, quando riflette all'inevitabile politicizzazione nei decentramenti di competenze prima amministrate dallo Stato e sente con acume la ribellione della società e delle forze del lavoro e della cultura nei confronti di un'eccessiva invadenza di troppi personaggi: Assessori e politici.
Gli fa onore l'intuizione, la Giunta ne faccia oggetto di esame di coscienza e di buoni propositi.
E' esatto anche il tracciato per il superamento di questa divaricazione di realtà che inevitabilmente agiscono insieme nella costituzione della società, ma che devono costantemente ricercare il contemperamento dei due interessi, collettivo e privato: cioè la programmazione.
La parola è diventata così logora per l'uso che un linguaggio personalizzato quasi ne rifugge. Il concetto e la traduzione nel concreto sembra siano in proporzione inversa alle citazioni. Così purtroppo è anche nell'esposizione dello schema della relazione.
E' vero che si percepiscono stridori nei rapporti istituzionali Stato Regioni, complicati da limitazioni nelle erogazioni finanziarie e, per il settore in questione, da incertezze politiche e legislative in materia di lavoro e industria, nonché nell'iter riformistico della scuola media superiore. E' vero che il Ministro del Lavoro è largamente in ritardo negli adempimenti della legge n. 845 del dicembre 1978, ma occorre anche molta buona volontà per credere, e molta forza suasoria per far credere, che gli 84 progetti, consacrati come anticipazione del secondo piano di sviluppo regionale, possano sostenere una seria azione programmatoria.
Pure dalla sponda della formazione professionale appare chiaro come il deprecato ritardo nella stesura del piano di sviluppo sia deleterio per la formazione del sistema di formazione professionale. Nella filosofia della prefigurazione del nostro territorio e della nostra economia c'è spazio chiaro nel quale possa essere tracciato il programma pluriennale e gli stessi piani annuali di attuazione per le attività in questo settore? Così diventa disperato il lavoro attorno a questa materia nel senso che non si aprono speranze affidabili, perché non connesse a certezze o almeno a previsioni.
Le innovazioni importanti e le nuove tendenze che per l'Assessore Ferrero devono già potersi leggere nell'anno formativo 1982-1983, in quale ambito agiscono e su quali binari intervengono? Perché i deragliamenti sono sempre costosi e a volte lasciano vittime.
Si possono trovare ragioni ed intenzioni apprezzabili all'interno della forza lavoro, quando l'osservazione di fenomeni economici porta alla scoperta, per un verso, della difficoltà inerente alle ristrutturazioni di settori e di grandi aree e, per un altro, al sorgere di una nuova qualità della forza lavoro impiegata: intenzioni apprezzabili, perché aperte a rapporti diversi nei quali è sempre più sfumata e quasi estinta la rigida configurazione di classe, per cui la professionalità si costituisce come un superamento di divisioni e di lotte ed aiuta nel contempo il cittadino a fare valere i propri talenti innati o acquisiti nelle strutture occupazionali, sulle quali il politico deve agire per allargarne le aree.
Perciò accettiamo una riorganizzazione di modalità funzionali, al centro della quale, accanto alle strutture edilizie didattiche e agli accessi e alle prove di certificazione, ai cicli e ai moduli in base alla sperimentazione sulle fasce di professionalità, sia posto l'uomo da formare e il suo formatore.
La politica del personale ha bisogno di un maggiore e migliore accostamento per evitare che ci siano, o anche che vengano soltanto sentite, delle diversità fra i vari docenti, fra i centri di gestione diretta e gli altri.
L'opera di formazione dei formatori magari affidata ad un'agenzia, che sappia distinguere la capacità del docente tecnico e del teoretico, non deve tingersi di particolari colorazioni, deve definire i livelli di preparazione necessaria, rivedendo anche i criteri di ingresso e deve altresì pensare ad un'integrazione accanto al docente, di chi sia in grado di rapportare una capacità progettuale con l'opera quotidiana non declassate a routine.
Il personale, in sostanza, deve fruire di una continua rigenerazione non chiudersi in vitro, tutt'al più seguace passivo di altrui esperienze pienamente disponibile alla presenza dell'operatore economico e del lavoratore immessovi anche contrattualmente.
Mi permetta a questo punto, l'Assessore, di chiedere delucidazioni sull'esatto significato di "ricorso alla formazione professionale pubblica", a pag. 10 della relazione.
Il termine "pubblica" deve intendersi in senso discriminante o restrittivo? Lo ringrazio per la risposta che vorrà darmi. Inoltre, tutti i richiami (fra gli altri cito "una politica di rapporti più stretti con il mondo del lavoro e di estensione coraggiosa del volume formativo") non sono accettati e creduti dal Partito Socialista che rimprovera l'Assessore o la Giunta stessa nel suo complesso? Lascio all'approfondimento in Commissione altri temi gravitanti nell'orbita della formazione professionale: l'agricoltura e le imprese artigiane, che vorremmo prospettare come botteghe scuola integrate da corsi esterni gli handicappati per coordinare l'attività formativa dei quali sollecitiamo a tempi stretti la promessa Commissione regionale di lavoro rappresentativa delle varie componenti interessate gli enti di formazione e le organizzazioni sindacali e altri Assessorati competenti (nell'interesse di queste categorie speciali vorremmo una sempre vigile attenzione al lavoro di alcune presenze nel nostro territorio, senza privilegiarne altre forse meno meritevoli) il collocamento la mobilità dei lavoratori l'organizzazione scolastica e la questione degli istituti professionali nell'intarsio della scuola media superiore i corsi di secondo livello e per laureati la formazione del personale della pubblica amministrazione le convenzioni-quadro con gli Atenei torinesi e l'acquisizione di elementi esterni di cultura (vedi il citato accordo Regione - Olivetti).
Per tutti questi argomenti richiamiamo da una parte che si abbandoni l'esclusivismo dei contatti di vertice, investendone il Consiglio e dall'altra, la doverosa cautela nell'affidare funzioni ad aziende private in modo monopolistico.
Ultima annotazione sulla relazione dell'Assessore. Lo scompenso costi benefici è sfiorato in modo da eludere il problema finanziario ed è il malriuscito, secondo me, tentativo di ricondurre il tutto ad una spiegazione troppo semplicistica.
Credo fermamente alla necessità di un convinto impegno ispettivo presso i centri, nostri e di altri, al rigore dei rendiconti, sempre più tolti all'inventariazione, che può essere abborracciata e sempre più ancorati a disposizioni chiare ed ineludibili.
Il numero degli allievi deve corrispondere il più esattamente possibile al numero dei frequentanti; ed incarichi speciali, consulenze e sperimentazioni fuori controllo, non abbiano a rinnovarsi troppo sovente.
Non ho riferimenti nominativi, ma neanche il sospetto deve toccare la moglie di Cesare.
Signori Consiglieri, chiedo ancora la vostra cortesia e qualche minuto di pazienza per alcune osservazioni sulla legge n. 8/1980 ed in particolare sull'art. 4, la formazione professionale come sistema formativo regionale che servano ad integrazione della disamina sulla relazione Ferrero e contemporaneamente, mi auguro, come proposte concrete di attività, in ci aiutato quasi alla lettera dall'ex Consigliere regionale prof. Conti.
In merito alla programmazione: aree di interventi. Occorrono una volontà ed un piano di visione completa su tutto l'arco delle esigenze formative concernenti i vari settori e sottosettori di attività lavorativo produttiva di beni e di servizi. Ciò serve a favorire il riassetto dei processi produttivi e la più ampia possibile occupazione mediante la mobilità professionale e la mobilità del lavoro possibilmente libera.
Si ribadisce con convinzione che la spesa per la formazione professionale dei giovani e dei lavoratori è sempre più da considerarsi spesa di investimento per lo sviluppo complessivo o settoriale e socio economico: in questo riferendosi costantemente ad una logica e ad una cultura onniconclusiva di tipo post-industriale.
Ad esempio, di settori si elencano: metalmeccanico, elettronico tessile, chimico, alimentare, abbigliamento, inoltre agricolo-commerciale artigianale, turistico-alberghiero, amministrativo, bancario, socio assistenziale, socio-sanitario, burocratico.
Per quanto riguarda i soggetti interessati: i giovani inoccupati, gli apprendisti, i lavoratori disoccupati, i cassaintegrati, da riqualificare e da promuovere, quadri e dirigenti, handicappati, detenuti adulti lavoratori autonomi e lavoratori associati, prestatori di lavoro professionale: in tutto il quadro occorre dosare sapientemente le risorse non dimenticando gli uni a favore di altri.
Il problema del primo inserimento dei giovani, a cominciare da quelli che hanno assolto l'obbligo scolastico, non può essere sottovalutato a favore di altri interventi.
Un discorso analogo si può fare per i lavoratori in cerca di occupazione, gli handicappati e gli apprendisti. L'errore di base finora si è evidenziato nel non cogliere con sufficiente consapevolezza e capacità di incidere il rapporto sempre più stretto tra formazione ed occupazione formazione e sviluppo dei processi produttivi e di porre al centro della politica regionale, luogo dei punti dei tanti Assessorati, questo problema.
L'altra grave carenza, che riteniamo di segnalare, è l'incapacità dimostrata non da oggi di sapere mobilitare le risorse umane e finanziarie per la soluzione della controversia.
La relazione non contiene sufficienti elementi informativi, né di politica attiva e concreta in ordine a questa mobilitazione di risorse ed energie, né indica le eventuali strozzature che ancora rimangono, né tanto meno accenna a proposte di iniziativa, intese a sbloccare o a concorrere allo sblocco della situazione.
Esemplificando le domande, chiedo all'Assessore: "Quali proposte intende avanzare la Regione per l'avvio alla formazione dei lavoratori in cassa integrazione finora quasi disertata? Quali sono le idee per iniziare un lavoro formativo per gli apprendisti, per ottenere la collaborazione con le aziende? Basta una richiesta di incontro?".
E quali sono le iniziative in ordine agli stages previsti dalla guida curriculare, ai rapporti centri di formazione ed azienda, al reinserimento dei giovani e dei lavoratori al termine del periodo di formazione all'alternanza formazione / lavoro, ai fabbisogni formativi a cominciare dagli aspetti qualitativi di essi? In quale prospettiva la Regione intende collocare la sua risposta alla domanda di formazione emergente e diffusa sul territorio, al di là dell'autoglorificazione per il già fatto? Cosa di concreto si vuole intendere per formazione professionale ricorrente e quali risorse e provvedimenti si intendono proporre per procedere sul piano della realizzazione in un quadro di educazione permanente, uscendo fuori dalle mere enunciazioni di principio? Altra grave questione che esige una risposta chiara è quella degli obiettivi che si intendono dare ai programmi e ai piani regionali, sia nei riguardi dello sviluppo socio-economico, sia dell'organizzazione delle realtà formative per alcune delle quali sembra troppo riduttivo e futile il permesso di dotarsi di idonee strutture progettuali, ed esaltarne a pié di pagina l'originalità e l'autonomia dei ruoli nel contesto costitutivo di un equilibrato sistema formativo regionale.
Se l'obiettivo formativo globale poggia sulla mobilità professionale capace di corrispondere, e in qualche modo di governare, il cambiamento nei suoi vari fattori tecnologici, economici, sociali, culturali, occorre proporre qualcosa di fattibile a questo riguardo con le determinazioni di tempi, modi e mezzi.
Il lavoro sin qui svolto, per esempio, con il coordinamento della ricerca sui curriculi formativi per il settore metalmeccanico corrisponde almeno effettivamente in termini di logica propositiva alle richieste accennate? Per quanto riguarda le risorse economiche e finanziarie occorre in primo luogo rilevare le gravi carenze della politica regionale in merito ai finanziamenti della formazione professionale per i quali si è cercato soprattutto la copertura delle spese attraverso i dispositivi finanziari previsti dal F.S.E. per iniziative di tipo straordinario.
Sono mancate, in linea di principio, ma particolarmente nei fatti, la consapevolezza e la volontà di collegare gli interventi finanziari a favore dei vari settori di attività, con l'indispensabile riferimento alla formazione degli operatori e perciò le spese relative che lo sviluppo dei vari settori richiede.
Mancano, inoltre, nella relazione accenni puntuali circa i punti b, c g, h, i, dell'art. 18 della legge n. 845; circa ciò che concerne e potrebbe derivare sul piano dei finanziamenti e dell'applicazione del secondo e terzo comma dell'art. 9 a proposito dell'istituzione del ruolo regionale del personale addetto alle strutture pubbliche di formazione professionale e dell'accordo nazionale relativo, che troverebbe impegnato il Governo oltre le Regioni e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali.
L'incremento delle risorse economiche e finanziarie è un fattore decisivo per proporzionare il sistema formativo alle esigenze e ai bisogni professionali, come elemento dinamico di programma e di piano socio economico. Ciò con ogni evidenza dipende da quanto la Regione intende stanziare e da quanto riesce ad ottenere a livello nazionale, contribuendo a dare rilevanza politica, culturale, sociale, economica al tema della professionalità dei giovani e dei lavoratori e della corrispondente formazione professionale.
Dipende, inoltre, dall'ampiezza delle disponibilità che la Regione riuscirà ad attivare tramite rapporti politici e con la partecipazione delle organizzazioni sindacali.
Indichi la Regione le sue proposizioni per sbloccare le posizioni rigide e contrapposte che potrebbero riscontrarsi in materia di assunzione degli allievi che hanno frequentato i corsi, di alternanza formazione e lavoro (assolutamente irrinunciabile la possibilità e la valenza degli stages), di rilevamento dei fabbisogni formativi.
Per questo lavoro occorre un impegno assai più deciso e costante non avendo il timore di tentare l'approccio ai problemi più scottanti, tenendo fermo il diritto-dovere di assicurare alla comunità regionale e ai giovani lavoratori un adeguato servizio di formazione professionale e così concorrere al riassetto del sistema produttivo sia in termini qualitativi che quantitativi.
Non esistono poi indicazioni concrete circa la mobilitazione, la formazione e l'aggiornamento delle risorse formative, cioé del personale docente e non docente, fattore fondamentale del sistema.
Tale argomento esige di essere affrontato in termini di programmazione e pianificazione, di attuazione, di controllo e regolazione, di finanzia menti adeguati, di circolarità tra ambiente formativo ed ambiente di lavoro.
Non esitiamo affatto, come abbiamo accennato, a rilevare i ritardi del Ministero del Lavoro sui requisiti di idoneità alla licenza, sui ritardi delle Regioni circa studi e ricerche approfondite su questo tema.
Non è nemmeno stata individuata una struttura, che ci si augura non burocratica ma dinamica (è stata da noi ipotizzata l'agenzia) con cui dibattere i problemi connessi, elaborare soluzioni e alla quale affidarne l'esecuzione.
Risorse strumentali ed infrastrutturali. Non esiste alcun accenno, al di là di un'arida elencazione, circa la validità, l'idoneità, la produttività, la durata, la persistenza della dotazione per il sistema formativo, di strumenti idonei. Circa le infrastrutture occorrenti si accenna appena all'eventualità di usare quelle delle scuole pubbliche. Non si accenna alla formazione nei luoghi di lavoro che potrebbe essere svolta anche da equipes di formatori provenienti dalle strutture formative riconosciute in quanto tali.
Nulla viene affermato circa la necessità di promuovere presso le aziende un adeguato servizio che possa favorire al meglio l'inserimento specie per i primi anni di attività dei soggetti provenienti dalla formazione.
E' appena ovvio sottolineare che la sequela di questa deficienza non è fine a se stessa. Noi desideriamo volgerla in positivo quali suggerimenti e proposte, pensiamo valide, del nostro Gruppo quale apporto al presente dibattito.
Infine, per quanto concerne il controllo di regolazione del sistema di formazione professionale, mancano cenni al problema della verifica dei risultati formativi e dei risultati occupazionali conseguenti e a quello della regolazione settoriale e complessiva del sistema e delle attività di formazione professionale sulla base delle manchevolezze ed inefficienze riscontrate e in ordine all'evoluzione delle realtà economiche - produttive tecnologiche - organizzative - sociali.
Rilevamento dei fabbisogni formativi. Sarebbe stato indispensabile indicare con quali iniziative dirette e con quali proposte agli organi centrali dello Stato la Regione intende impegnarsi al fine dì rendere più trasparente la dinamica del mercato del lavoro, delle strutture e delle dinamiche organizzative occupazionali nei vari settori di attività produttive di beni e di servizi.
Conseguentemente occorreva accennare all'organizzazione delle funzioni e del funzionamento dell'apparato burocratico regionale a riguardo degli argomenti su riferiti.
Occorrerebbe ancora affrontare il problema della formazione e dell'aggiornamento del personale degli Enti locali in un quadro complessivo ed omogeneo di riassetto e di sviluppo dei processi tecnologico produttivi di beni e di servizi.
In ogni caso sarà necessario precisare il ruolo della Regione, degli enti delegati, dei Comprensori, delle forze sociali e di quelle formative.
Ancora va sviluppato oltreché razionalizzato il collegamento con i poteri centrali dello Stato e il sistema nazionale di formazione professionale e ciò nell'ambito degli indirizzi comunitari in relazione alla riforma e al funzionamento del Fondo Sociale Europeo.
Vogliamo qui fermare alcuni punti base, ai quali sempre rifarsi.
Primo: lo sviluppo qualitativo e quantitativo della professionalità dei giovani e dei lavoratori, come fattori ed espressione dello sviluppo complessivo sociale ed economico.
Secondo: l'affermazione del significato e della funzione peculiare (lo spessore perciò insostituibile) della formazione professionale specifica o formazione professionale di inserimento dinamico nei processi produttivi in un quadro formativo comprendente i processi scolastici, la formazione professionale specifica, la formazione sul lavoro.
Si ritiene illusorio o comunque dannoso erodere nella direzione dell'esperienza lavorativa la consistenza della funzione propulsiva che dovrebbe essere rappresentata dalla formazione professionale specifica.
Terzo: il significato e la funzione del pluralismo a base associativa affermato dalla legge quadro e riconosciuto dalla legge regionale e dalle dichiarazioni stesse dell'Assessore, con un appunto sul significato preciso che noi diamo al termine, ossia, responsabilizzazione di movimenti, e dì enti per la costruzione attiva di un sistema formativo di pubblica utilità.
Quarto: la capacità effettiva di valorizzare esperienze, energie e strutture che sono nella nostra società e che possono rappresentare un fattore costruttivo dinamico nell'interesse generale, una concreta espressione di formazione, di partecipazione efficiente e democratica.
Quinto: la necessità di concretare e non soltanto affermare rapporti reali e costruttivi tra formazione e lavoro, formazione e scuola. In questa visione occorre insistere sull'approfondimento degli obiettivi formativi in rapporto al reale inserimento e alla reale mobilità professionale che essi sono in grado di favorire e di sostenere attraverso l'esperienza lavorativa.
Il pericolo oggi è che per rispettare in modo formalistico e perci strumentale certe determinazioni di legge, quali quelle relative alla durata complessiva dei quadri-cicli formativi previsti dalla legge n. 845 vengano gravemente compromessi l'inserimento e la mobilità professionale successiva degli allievi che hanno ultimato i corsi di formazione.
Ho già accennato ad un altro urgentissimo problema: quello del collocamento da affrontare con le sue attuali strozzature che rischiano di screditare, vanificando l'incidenza del fatto formativo rispetto all'occupazione e all'effettiva ma spesse volte inutilizzabile disponibilità di posti di lavoro.
Adempimenti normativi. Fermo restando che le precedenti osservazioni si muovono con l'intenzione di rendere operante l'art. 4 della legge n. 845 sempre in ordine agli adempimenti previsti dalla normativa regionale indichiamo l'urgenza dell'approvazione da parte del Consiglio regionale dello schema di convenzione Regioni - enti, dello schema di convenzione centro di formazione - aziende, banco prova della volontà e capacità di fare crescere in una feconda interrelazione la formazione professionale specifica e la formazione professionale sul lavoro.
I Comitati di controllo sociale devono sapere potenziare nella distinzione delle responsabilità e dei ruoli un producente rapporto fra iniziative formative e territorio, tra l'altro evitando le "secche" delle confusioni e sovrapposizioni di ruoli e di decisioni, senza però essere tenuti all'oscuro dagli enti gestori, siano comunali, regionali o privati di quanto attiene alla formazione professionale.
Gli ordinamenti didattici possano condurre ad un sufficiente livello di omogeneità e confrontabilità i risultati delle diverse iniziative formative senza spegnere, anzi esaltandola, la loro potenzialità propositiva e formativa, nel pieno rispetto delle proposte.
A questo riguardo è indispensabile verificare e sottoporre al vaglio del Consiglio regionale quanto è in atto circa la ricerca sui processi sulle fasce di professionalità e sui curricula formativi. Questo occorre non certo per trasformare il Consiglio regionale in una sede tecnica, ma per consentirgli di pronunciarsi sugli aspetti di politica formativa che vi sono connessi e sul tipo di sistema di formazione professionale che si intende costruire. Parimenti, non si può accettare che vengano assunti impegni da parte dell'Assessore a nome della Giunta, per esempio, con le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro, senza che il Consiglio regionale o almeno per esso la Commissione competente, possa prima discutere i problemi di sua primaria e fondamentale competenza.
Tutta la Giunta, tutto il Consiglio regionale devono essere coinvolti in modo continuativo e ricorrente nelle questioni comprese o sottese alle realtà e alle prospettive della formazione professionale, vero e peculiare strumento con cui entrare in un rapporto costruttivo con tutti i campi di attività legislativa e normativa, che sono in qualche misura almeno di competenza diretta e indiretta della Regione e con i bisogni e le esigenze reali emergenti da tutta la comunità regionale.
La Giunta deve superare il frazionismo con cui continua ad affrontare questo problema nonostante gli ordini del giorno votati fin dalla prima legislatura regionale.
Deleghe. Per ora ci troviamo di fronte ad una posizione della Giunta all'infuori di sporadiche dichiarazioni velleitaristiche del più consistente promemoria Ferrero, estremamente confusa ed incerta, mentre occorre una posizione chiara, significativa, operativamente efficace.
Questi, secondo noi, i criteri per individuare i soggetti di delega e la mia non è che ripetizione spero non del tutto vana.
1) Il soggetto preposto ad aree territoriali sufficientemente vaste per cogliere dinamiche settoriali ed intersettoriali complessive, economiche produttive, occupazionali in modo da costruire un quadro complessivo e prospettico di professionalità orizzontale e verticale rispetto alle quali programmare ed organizzare la formazione professionale sui fondamentali settori di attività e a diversi livelli secondo riferimenti organici in rapporto ai bisogni dell'utenza.
2) Soggetto istituzionalmente e potenzialmente capace per le risorse organizzative funzionali di esercitare costruttivamente con rapidi adeguamenti di funzioni e di iniziative la delega in oggetto.
Oggetto della delega. Riteniamo che la delega amministrativa in materia debba comprendere le proposte dei piani subregionali di formazione professionale secondo l'indirizzo del piano regionale da recepire ed integrandole all'interno del piano regionale; il controllo e l'approvazione dei piani di attività proposti dalle iniziative pubbliche e convenzionate il finanziamento delle iniziative approvate secondo i criteri stabiliti dalle convenzioni-quadro regionali; la vigilanza e l'assistenza tecnica sull'attività di formazione professionale; il controllo amministrativo dei risultati di formazione professionale sulla base di normative regionali; le proposte relative alla regolazione del sistema di formazione professionale.
Ente delegato ed ente pubblico attuativo di formazione professionale.
Altro punto fondamentale per noi è che sia assolutamente necessario che n la Regione né l'ente delegato svolgano attività di formazione professionale in quanto occorre distinguere il ruolo del controllore e del controllato allo scopo di favorire al meglio la crescita del sistema formativo in tutti i suoi aspetti. Occorre, dunque, studiare come concordare da parte degli enti locali forme di gestione e di iniziative pubbliche attuative della formazione professionale. La formula migliore sembra essere quella consortile ma per ambito territoriale di delega.
Sulla base di dette premesse torniamo ad affermare che la Provincia appare come l'ente pubblico più idoneo a ricevere e ad esercitare la delega amministrativa in materia di formazione professionale. Non credo si possa pensare a questo proposito alla freddezza di una soluzione tecnica, forse anche rigorosa e accettabile, ma non assorbente l'aspetto politico. Noi, al contrario, pensiamo che un istituto elettivo sia la più politica - e azzardo la migliore - soluzione del problema perché sia nei confronti dell'ambito che dell'esaltazione della partecipazione democratica, si pone più facilmente come centrale la creazione della professionalità.
I Comprensori possono partecipare alla programmazione e pianificazione dell'attività da realizzare nell'ambito territoriale provinciale.
Termino accennando ad alcune esigenze di provvedimenti secondo una logica progressivamente costruttiva in termini di realizzazione di un sistema formativo: necessità di articolare e coordinare il lavoro tra Consiglio regionale, segnatamente la Commissione competente e la Commissione regionale per la formazione professionale, della quale si richiede la prima convocazione almeno prima delle ferie estive necessità di conferire alla struttura burocratica regionale una reale capacità di programmazione e di coordinamento, di controllo e di regolazione nello svolgimento dei compiti affidati necessità di individuare strutture tecnico-operative a livello regionale, per esempio, agenzie, per affrontare e risolvere i problemi connessi con la formazione e l'aggiornamento del personale della formazione professionale, competenza che deve rimanere alla Regione, ai sensi del punto 4) dell'art. 4 della legge n. 845.
L'applicazione della legge quadro nazionale, mediante la normativa regionale, deve essere fatta con criteri di organicità e dinamicità progressive tenendo presenti le variabili relative alla costruzione e al funzionamento di un sistema normativo regionale rispondente ai requisiti della legge nazionale e regionale.
Condivido la necessità di procedere per quanto possibile secondo la logica del rapporto fra costi e benefici. Si ritiene grave errore la riduzione dei costi ottenuta con la riduzione dei livelli. Tale errata impostazione compromette la possibilità stessa di inserimento nei processi produttivi. Richiede, in ogni caso, successivi interventi formativi di recupero ed inoltre rende più gravosi gli interventi formativi per l'aggiornamento e l'avanzamento verso livelli professionali più elevati.
Rispetto alle iniziative attuative del servizio di formazione professionale sia pubbliche che degli enti convenzionati, insistiamo sulla necessità di procedere sempre più verso la loro responsabilizzazione e verso lo sviluppo delle loro capacità formativo-didattiche progettuali programmatorie ed operative.
Infine, tutto sarebbe vanificato se non si provvedesse ad un controllo più incisivo e puntuale dei risultati formativi conseguenti e dei loro esiti occupazionali affinché ne risulti un sistema, un servizio formativo di effettiva pubblica utilità sia per il tipo e il livello di partecipazione democratica che esso esprime, sia per la funzione costruttiva che esso esercita.
Questi sono principi ed itinerari che a nome del Gruppo della D.C.
desidero sottoporre alla riflessione del Consiglio. Sono proposte di lavoro. E' un richiamo che faccio prima a me stesso ben conscio dell'importanza e della fecondità insite nello sforzo di far acquisire professionalità.
Purtroppo molte volte ci soffermiamo al nominalismo, a volte al richiamo ad alcuni termini circonducendo loro un alone di magia, come se bastasse pronunciarli per concretizzare i desideri. Purtroppo non è così.
Se, tuttavia, al di là del luogo comune, pensiamo veramente alla costruzione della professionalità dei cittadini, allora siamo effettivamente portatori di valori, se è vero come lo è, che attraverso la professionalità l'uomo completa se stesso, solidarizza con gli altri diventa non tiepido e distratto componente di una civiltà, ma cosciente ed impegnato artefice di sorti migliori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi, credo che questo dibattito sia quanto mai opportuno anche per delineare gli interventi rispetto al problema della formazione professionale per i prossimi anni, tenendo conto che siamo in una fase in cui ci sono processi di ristrutturazione che vanno avanti modificazioni dei cicli produttivi, esuberi di personale che sono indotti dalla crisi e che trasformano profondamente le tecnologie, i settori l'organizzazione del lavoro e quindi inducono modificazioni profonde anche rispetto alla professionalità dei lavoratori.
Siamo in presenza di una crisi che ci pone il problema di quale sarà il tipo di sviluppo nei prossimi anni nella nostra Regione, di quali trasformazioni operare in un modello di sviluppo ormai al collasso e dell'individuazione di settori nuovi sui quali orientare lo sviluppo.
Di fronte a questi processi ampi che caratterizzeranno sicuramente nei prossimi anni non solo la vita di centinaia di migliaia di cittadini, ma anche la vita e l'operatività delle istituzioni, oggi dobbiamo tenere presente che abbiamo una formazione professionale che rincorre a fatica i processi in atto, senza essere in grado di entrarvici, di guidarli e di condizionarli.
Io credo che il salto di qualità da fare, che la crisi ci impone, è quello di avere una formazione professionale che non rincorra i processi ma che sia motore di processi di trasformazione, uno strumento per guidarli ed indirizzarli, in coerenza con le trasformazioni e lo sviluppo che vogliamo mettere in atto. Questo ci pone dei problemi a cui dare risposta.
Se il carattere della formazione deve essere di guida e di stimolo motore dei processi, occorre chiarezza sull'indirizzo dello sviluppo da attuare nei prossimi anni.
Ma è anche necessario avere chiarezza sugli indirizzi, i programmi delle aziende e collegare questi due aspetti alla programmazione rispetto alla formazione professionale. Dobbiamo però affrontare alcune difficoltà.
In primo luogo c'é un problema di competenze delle Regioni rispetto al settore industriale e del lavoro. La Regione non può programmare in questi settori non avendo competenze e non può, se non con grosse difficoltà innestare un processo all'interno della formazione professionale che guidi questi processi. Ci sono altri problemi che preoccupano la nostra forza politica: il primo riguarda gli indirizzi della bozza del piano regionale di sviluppo, dove si evidenzia che la programmazione per settori in riferimento alla 675 non è compatibile con la libertà di gestione dell'impresa, facendo balenare l'abbandono della programmazione per settori, sulla scia di una scelta che a livello nazionale il Governo sembra aver già fatto.
La seconda preoccupazione riguarda le proposte su dove indirizzare lo sviluppo, che rischiano di annegare in un discorso piuttosto generico sul terziario. Questi nodi vanno sciolti al più presto. Che tipo di terziario? Verso quali settori indirizzare lo sviluppo? Le risposte sono essenziali se vogliamo che rispetto a questi processi la formazione professionale funga da guida, altrimenti ci troveremo tra qualche anno a rifare un dibattito nel quale la formazione professionale non sarà ancora al passo con i processi di trasformazione.
Un altro elemento di difficoltà è rappresentato dal fatto che i programmi delle aziende si conoscono sempre meno o non si conoscono per niente. Questo rischia di relegare l'intervento pubblico ad un puro ruolo di servizio, o assistenziale anche rispetto alla formazione professionale.
Qui ci si scontra con un problema che in questi mesi sta emergendo: la ripresa del discorso neo-liberista e della libertà di impresa; nell'ottica del neo-liberismo riemerge la richiesta di gestione della formazione professionale, in particolare quella di secondo livello, da parte delle imprese. Si capisce anche perché questo è funzionale ad una gestione unilaterale dei processi di trasformazione e di ristrutturazione. Ecco perché noi affermiamo la necessità di conoscere da una parte i programmi delle imprese e dall'altra di avere un piano di sviluppo che precisi i settori dove si prevede di indirizzare lo sviluppo, che precisi un discorso sul terziario che ora è generico e rischia sempre più di indirizzarsi verso la pubblica amministrazione e non verso i servizi alle industrie. Questo si riflette anche all'interno dei programmi della formazione professionale con 165 corsi amministrativi e 5 di informatica in quei settori del terziario più avanzati che dovrebbero diventare il terziario qualificato.
Questi problemi vanno posti perché questa è la condizione per elevare il ruolo della formazione professionale e per fare in modo che sia in grado di rispondere ai processi in atto e di guidarli. Non solo, ma anche in grado di cogliere il nesso tra le modificazioni che intervengono nell'organizzazione del lavoro, nei cicli produttivi ed indirizzare la formazione professionale in questo senso, cogliendo anche e valorizzando le esperienze e le lotte dei lavoratori sull'organizzazione del lavoro maturate in questi anni.
Questo è possibile se si affrontano alcuni nodi immediati e specifici.
Le fasce di mansione. Non possiamo ignorarle, ci sono responsabilità gravi da parte dello Stato e del Governo che doveva emanarle e non lo ha ancora fatto. Questo è un problema di grande rilevanza rispetto alla possibilità di programmare nella formazione professionale.
Inoltre, il ruolo della formazione professionale per essere adeguato ai processi in atto deve essere rivolto anche ai lavoratori adulti delle aziende investite da processi di ristrutturazione. Ecco allora che occorre verificare in quali settori questi lavoratori dovranno essere ricollocati.
Bisogna individuare il ruolo delle aziende, specie di quelle artigiane che deve significare la stipulazione di contratti di formazione lavoro con queste aziende.
Questo significa una profonda modifica della legge del 1955 che di fatto impedisce alle aziende artigiane di poter usare appieno i giovani.
Un altro problema che va affrontato è quello dei finanziamenti. Abbiamo rilevato nel corso della discussione sul bilancio l'inadeguatezza dei finanziamenti stanziati in bilancio rispetto alla formazione professionale.
Se vogliamo una formazione professionale realmente all'altezza del ruolo che è chiamata a svolgere, questa deve essere programmata, ma per fare ciò bisogna anche stanziare i soldi in bilancio e programmare i finanziamenti, cosa che si è fatta in modo limitato nel bilancio pluriennale.
Un altro aspetto che va affrontato riguarda il .ruolo che il sistema delle imprese deve assumere rispetto alla formazione professionale e rispetto ai lavoratori espulsi dai cicli produttivi. Il sistema delle imprese non può pensare che la pubblica amministrazione diventi il soggetto sul quale scaricare i lavoratori che le aziende espellono senza nessuna assunzione di oneri e responsabilità. Inoltre, che cosa le aziende possono fare rispetto al personale dei centri di formazione professionale? Questo problema va affrontato su due filoni: il primo quello salariale e quindi di avanzamento professionale, tenendo conto che gli istruttori che abbiano una certa qualificazione, che siano in grado di stare ai tempi con i processi che cambiano, o sono motivati in qualche modo a stare nella formazione professionale e quindi bisogna riconoscergli un ruolo importante anche sociale, oppure se non sono motivati, questi si spostano dove prendono più soldi, con il risultato che la formazione professionale qualitativamente scende.
Il secondo aspetto riguarda la formazione dei formatori, che è molto carente e non si può non rilevarlo; qui va posto il problema di dove fare l'aggiornamento dei formatori, chi lo fa e con quali strutture; questo ci rimanda al problema posto prima sulla disponibilità delle aziende.
Qui c'é un ruolo importante che il sistema delle aziende può svolgere: mettendo a disposizione tecnici per l'aggiornamento dei formatori esperienze e tecnologie presenti nelle industrie, o che purtroppo mancano nei centri di formazione professionale. Superare la resistenza che c'è su questo da parte delle aziende è decisivo, sapendo che questa resistenza è funzionale al discorso che se la formazione pubblica non funziona va avanti quella privata, con conseguente libertà di agire rispetto ai processi di ristrutturazione.
L'altro problema che va affrontato è l'adeguamento delle strutture dei centri di formazione professionale, in particolare delle attrezzature tecniche, che in gran parte dei centri sono carenti, anche perch l'aggiornamento delle attrezzature viene fatto spesso con economia sugli altri capitoli di spesa o finanziamenti che arrivano ai centri. Occorrono quindi, finanziamenti per aggiornare le strutture tecniche dei centri stessi.
In mancanza della definizione da parte dello Stato delle fasce di mansione, bisogna potenziare la programmazione dei profili e delle qualifiche sulla base dei quali i centri fanno la formazione; il problema si pone perché o i profili e le qualifiche vengono programmati in base ai settori, e aggiornati in base alla loro evoluzione, oppure la formazione è obsoleta.
Non scopro certo io il fatto che oggi spesso i programmi vengono decisi dai formatori con pochi rapporti e conoscenze delle esigenze dei settori produttivi.
L'ultimo problema che intendo porre è quello delle deleghe, sul quale penso si debba andare avanti celermente, individuando come soggetto di delega i consorzi dei Comuni, che permettano di coprire aree omogenee e che siano soprattutto in grado di partecipare attivamente alla programmazione bisogna delegare soltanto la gestione amministrativa, attivando però la partecipazione alla programmazione da parte dei soggetti ai quali si dà la delega.
Ho toccato aspetti solo parziali della formazione professionale, non ho toccato il discorso dei settori, sui quali ci sono certamente ampie discussioni da fare; settori sicuramente da potenziare.
Io credo che gli enti pubblici che gestiscono la formazione professionale debbano incominciare a rendersi conto che ci sono anche aree di popolazione emarginate e che un ruolo della formazione professionale da questo punto di vista è essenziale per evitare che questi soggetti rimangano nella marginalità. Bisogna anche potenziare questi aspetti, mi riferisco al problema dei portatori di handicap ed anche alla formazione per i detenuti o ex detenuti e ho visto con piacere che questo è contenuto nei documento della Giunta.



PRESIDENTE

Convoco i Capigruppo per le ore 14,45 e comunico che i lavori del Consiglio proseguiranno oggi pomeriggio alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,45)



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