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Dettaglio seduta n.13 del 16/10/80 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I processi verbali delle adunanze consiliari del 9 ottobre 1980 sono stati distribuiti ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna: se non vi sono osservazioni, si intendono approvati.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interrogazione del Consigliere Cerchio relativa all'asilo notturno di Via Ormea


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze". Iniziamo con l'interrogazione presentata dal Consigliere Cerchio relativa all'asilo notturno di Via Ormea.
Risponde l'Assessore Cernetti Bertozzi.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

In merito all'interrogazione presentata dal Consigliere Cerchio in ordine alla questione inerente alla società degli asili notturni di Via Ormea n. 19 - Torino faccio presente quanto segue.
Il provvedimento di scioglimento del Consiglio di amministrazione dell'IPAB - Società per gli asili notturni in Torino - e di nomina di un Commissario di cui alla deliberazione 163/26974 del 12 febbraio 1980 della Giunta regionale, venne assunta al fine di provvedere, in via di urgenza agli interventi necessari per eliminare una situazione di carenza organizzativo - previsionale e di precarie condizioni igienico - sanitarie in cui versava la struttura in questione stante l'inattività del Consiglio di amministrazione dell'IPAB.
Considerato che il Commissario nominato, signor Giuseppe Almondo, non aveva accettato l'incarico e stante l'urgenza di provvedere a sanare la situazione esistente, il Sindaco di Torino, in virtù di quanto disposto dall'art. 153 del Testo Unico, legge comunale e provinciale 4 febbraio 1915, n. 148, ordinava all'Amministrazione in carica di provvedere in via immediata a far cessare lo stato antigienico esistente nell'Istituto. Il Presidente dell'Ente non essendo in condizioni di eseguire le opere necessarie per rendere agibili i locali dell'edificio, autorizzava, con lettera del 4 marzo 1980, la civica Amministrazione di Torino a eseguire le opere stesse in suo luogo e vece, cosa questa alla quale la Giunta comunale provvedeva con deliberazione assunta in via d'urgenza in data 24 marzo 1980. In tal modo si dava immediato corso ai lavori di ripristino delle latrine, di eliminazione delle infiltrazioni di acque luride, revisione della copertura a falde ecc.
L'importo dei lavori ammontava a L. 45.983.000 e risultava integralmente coperto dal contributo straordinario di 50.000.000 erogato dalla Regione per far fronte agli interventi urgenti per l'assistenza notturna, non continuativa, a persone in stato di bisogno. Il Comune provvedeva quindi a far effettuare la tinteggiatura dei locali a mezzo di una impresa cittadina, prestatasi gratuitamente ed inoltre assicurava la fornitura di 50 letti, 50 comodini, 50 materassi, 50 guanciali, a sostituzione degli arredi esistenti completamente deteriorati ed inservibili.
Il Comune infine assicurava, tramite i propri servizi di igiene, i necessari interventi periodici di disinfestazione e disinfezione dei locali culminati con la disinfestazione radicale dello stabile attuata nel passato mese di agosto.
Al riguardo è opportuno precisare che, se è vero che l'asilo notturno è rimasto chiuso nel mese di agosto, altrettanto vero è che il Comune ha provveduto ad assicurare, a quanti ne facevano richiesta, adeguata e dignitosa sistemazione presso pensioni della zona ed in particolare presso la Pensione Michelangelo sita in zona San Salvario.
I pronti interventi attuati in modo coordinato tra la Regione e il Comune di Torino, con il prezioso ausilio di personale volontario dei gruppi di base e del volontariato cattolico, hanno consentito di far fronte con immediatezza ad una situazione altrimenti gravissima. Si sono assicurate agli utenti dignitose ed umane condizioni di assistenza; si è richiesta ed avuta la più ampia collaborazione anche da parte degli amministratori dell'Ente. Per tale motivo, vista la prontezza dell'azione risanatrice svolta dal Comune e considerato che il Commissario nominato aveva rinunciato all'incarico, è parso opportuno, oltre che doveroso revocare il primitivo provvedimento di scioglimento del Consiglio di amministrazione reintegrando lo stesso nelle sue funzioni.
Esaminata infatti la fase dell'emergenza, la ricerca ed il perfezionamento di soluzione definitiva, richiedeva e rendeva opportuna la reintegrazione del Consiglio di amministrazione quale legittimo rappresentante dell'assemblea dei soci.
Tale scelta, oltre che coerente con lo spirito e la lettera della normativa vigente, risponde anche alla volontà politica dell'Amministrazione regionale di operare nel miglioramento delle strutture assistenziali con il concorso e la collaborazione di tutte le forze attive ed in particolar modo con i responsabili delle istituzioni pubbliche e private di assistenza.
La conferma della validità di tale linea viene dal fatto che mai si è interrotto il rapporto di collaborazione con gli amministratori dell'IPAB asili notturni, ed in particolar modo con il Presidente Ottolenghi. A riprova di tutto ciò sta il fatto che proprio in questi giorni l'assemblea dei soci lavora attorno ad una ipotesi di concessione in comodato dello stabile al Comune.
Tale ipotesi, mi preme rilevarlo, è scaturita nel corso di una riunione alla quale hanno partecipato il Sindaco e l'Assessore all'assistenza del Comune di Torino, i volontari della San Vincenzo e dei gruppi di base e naturalmente, i rappresentanti dell'Ente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Ringrazio l'Assessore per la risposta, formalmente ineccepibile e burocraticamente giusta, salvo alcuni aggiornamenti di ieri sera, che non possono essere a conoscenza dell'Assessore. La risposta nella sostanza non tocca il problema di fondo che è squisitamente sociale e politico. Numerosi soggetti in difficile situazione non hanno potuto utilizzare nel mese di agosto la vecchia struttura di Via Ormea e oggi si trovano nella condizione di doverla ancora utilizzare ritinteggiata e sistemata solo nei servizi che però sono ancora insufficienti e non adatti alle esigenze di quel tipo di popolazione.
Due sono i soggetti pesantemente colpevoli di questa situazione: l'Amministrazione comunale del Comune di Torino e il Consiglio di amministrazione dell'Ente.
Di fronte a una situazione negativa del Consiglio di amministrazione che amministrava in termini irresponsabili una struttura fatiscente e non decorosa, per usare un termine passabile, il Comune di Torino, su cui insiste quella infrastruttura, richiese al Consiglio di amministrazione di intervenire con lavori di pronto intervento sanitario ed igienico; non avendo questo provveduto, il Consiglio comunale di Torino nominò il Commissario nella persona del signor Almondo, notoriamente collaboratore del Sindaco Novelli ed attuale Consigliere comunale di Torino del P.C.I.
Questa soluzione però, che voleva essere anche uno stimolo e una promozione politica di soluzione, ha visto il Commissario indicato, signor Almondo rinunciare all'incarico. Qui si deve fare una prima eccezione su iniziative ovviamente concordate che l'Amministrazione comunale indica e che l'interessato non si ritiene in grado di assumere.
C'è stato quindi un vuoto di gestione con le gravi conseguenze della chiusura della struttura nel mese di agosto e la riapertura della stessa senza soluzione del problema dei "barboni".
Ieri sera il Consiglio di amministrazione dell'IPAB ha provveduto alla sostituzione del Presidente nella persona del geom. Gallico. E' vero che il Comune di Torino è in trattativa per un comodato per 25 anni, ma tuttora il problema non è risolto. Se pensiamo che il Comune di Milano utilizza strutture che mettono a disposizione oltre 700 posti letto, non crediamo che la città di Torino sia in grado di risolvere il problema con le poche decine di posti letto esistenti nella vecchia struttura di Via Ormea.
Sollecitiamo l'Amministrazione regionale, per le sue competenze di carattere legislativo e di carattere finanziario, a intervenire anche con soluzioni alternative. Una struttura di questo genere esiste solo nel Comune di Torino, quando problemi analoghi sono presenti anche in altre realtà urbane del territorio piemontese. La clinica Salus, acquisita dal Comune di Torino in questi ultimi tempi e localizzata in Via Magenta, pu essere adibita a questo uso. Le dichiarazioni sulla stampa di un anno fa dell'Amministrazione comunale di Torino di una imminente costruzione di nuovi alberghi per questa problematica sociale così importante e delicata sono ancora da mettere in progettazione.
Invitiamo pertanto l'Assessore ad insistere sull'Amministrazione comunale di Torino e sul nuovo Consiglio di amministrazione dell'IPAB perché provvedano per quanto di loro competenza.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interpellanza dei Consiglieri Viglione e Mignone e interrogazioni del Consigliere Chiabrando e del Consigliere Bontempi sull'utilizzazione dell'Ospedale di Prà Catinat


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza dei Consiglieri Viglione e Mignone e le interrogazioni del Consigliere Chiabrando e del Consigliere Bontempi sull'utilizzazione dell'Ospedale di Prà Catinat.
Risponde l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

L'Ospedale di Prà Catinat come tutti i sanatori di montagna ha visto cessare la sua utilità sanitaria con il venir meno della "indicazione climatica" nella cura della tubercolosi, con l'introduzione della terapia antibiotica specifica circa 30 anni fa.
Il miglioramento degli schemi terapeutici, che rendono sempre più domiciliare il trattamento, nonché l'abolizione del periodo di ricovero per ottenere l'indennità hanno poi drasticamente ridotto anche la necessità di posti letto in ospedale per la cura della tubercolosi, rendendo ancor più inutile il presidio stesso.
La disagiata dislocazione, nonché l'altitudine , sconsigliano drasticamente ,il suo utilizzo per altre indicazioni (pneumopatie cardiopatie, riabilitazione) in quanto esse riguardano in genere persone anziane le quali sono estremamente fragili e per le quali la dislocazione climatica costituisce una controindicazione (a meno che siano in buona salute, ma allora il problema non è sanitario né tanto meno ospedaliero).
Viste tali premesse e constatata la progressiva riduzione della domanda di ricovero specifica che aveva già consigliato la chiusura di un padiglione, la Giunta regionale nella primavera scorsa, in concomitanza alla presentazione della bozza di piano socio-sanitario regionale per il triennio 1980-1982 che confermava la non utilizzabilità del presidio nella nuova rete ospedaliera, partendo dal presupposto di mantenere localmente la maggior parte degli investimenti, di conservare il posto di lavoro a tutti i dipendenti possibilmente in loco, di riutilizzare le risorse prevalentemente nei nuovi servizi sanitari di valle, analizzò la situazione del personale e degli edifici e delle attrezzature e propose un programma interassessorile di riutilizzo degli stessi, che comprendeva: 1) inserimento di Prà Catinat come area attrezzata per l'utilizzo del Parco Orsiera-Rocciavrè 2) ristrutturazione degli edifici per uso di turismo sociale (compresi soggiorni climatici) prevedendone in un primo tempo la gestione da parte di un consorzio tra Regione, Provincia e Comune di Torino e, con successivo passaggio, ad attività consolidata, alla Comunità montana 3) reimpiego del personale non sanitario in loco e nell'attività ecologica all'interno dei due parchi della valle 4) reimpiego di tutto il personale amministrativo e sanitario in valle (attività centrali di U.S.L., poliambulatorio, équipes di base, case protette, ecc.) 5) piano complessivo di sviluppo turistico - artigianale dell'alta valle.
Responsabili dell'esecuzione del programma (ciascuna per la sua parte) gli Assessorati alla pianificazione territoriale, al turismo, all'ecologia alla sanità ed all'assistenza, con capofila la sanità.
Tale programma fu sottoposto alla Comunità montana con lettera del Presidente della Giunta onde acquisirne il parere.
Il periodo elettorale interruppe poi l'iter attuativo di tale programma.
L'attuale Giunta regionale ritiene di confermare in pieno le linee essenziali del programma stesso in particolare garantendo: 1) che tutti gli investimenti disponibili vengano indirizzati in tale direzione 2) che non si verifichi alcuna soluzione di continuo nel mantenimento del posto di lavoro per gli occupati nel presidio 3) che si inizi prontamente la ristrutturazione del padiglione attualmente chiuso.
A tale scopo è già stata indetta apposita riunione di Giunta per rivedere e rendere attuativo il programma stesso non appena sottoposto e approvato, di massima, dalla U.S.L.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

La risposta dell'Assessore Bajardi ci soddisfa pienamente; restano tuttavia alcuni interrogativi rispetto al problema di Prà Catinat.
A circa 2.000 metri di altitudine si scorge un complesso, donato dal Gruppo Fiat perché, secondo le ipotesi di quegli anni, se ne facesse un sanatorio.
Quel concetto si dimostrò sbagliato, Infatti la moderna medicina rifiuta l'ospedale di cura polmonare a quelle altezze e, via via che il nuovo concetto medico avanzava, venivano abbandonati gli impianti e le strutture edilizie sanatoriali, destando interessi, anche giusti, rispetto alla loro utilizzazione. Signor Assessore, è necessario prendere il toro per le corna: questa struttura così rilevante non deve rimanere improduttiva, ma deve essere riconvertita: questo discorso lo portiamo avanti da parecchi mesi ma ancora non abbiamo trovato la forza necessaria per imporre un nuovo indirizzo che garantisca la potenzialità economica e occupazionale e per far uscire quell'impianto dalla sua caratteristica di sanatorio.
Invito l'Assessore a compiere queste verifiche in tempi relativamente brevi. L'impianto deve essere convertito perché abbia una capacità e potenzialità dal punto di vista sociale, turistico, ecologico? Ebbene, si intervenga subito.
Approviamo la risposta dell'Assessore Bajardi e chiediamo a breve tempo tale verifica perché gli obiettivi che la Giunta dichiara di voler cogliere siano in effetti colti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Non posso dirmi altrettanto soddisfatto della risposta. Il collega Viglione dice che oggi occorre prendere il toro per le corna, quando poteva lui stesso farlo! La relazione dell'Assessore Bajardi non ci racconta niente di nuovo dice quanto l'ex Assessore, ora Presidente della Giunta, ci ha detto per tanti anni. La prova che sono cose non realizzabili viene dal fatto che a tutt'oggi nessun passo avanti è stato fatto. E' vero che non è più proponibile l'uso sanatoriale, ma è anche vero che gli Enti locali e le forze politiche e locali dicono che l'impianto può ancora essere utilizzato a fini sanitari. Dai verbali risulta che una parte del P.C.I. e gli altri partiti, P.S.I. compreso, hanno difeso questa tesi. I Comprensori, le Comunità montane, i Comuni della valle, alcune organizzazioni sindacali si sono pronunciati per un uso sanitario della struttura, seppure rivista ristrutturata, rilanciata. Vogliamo ignorare e disattendere queste volontà locali, che sempre sollecitiamo anche a dare pronunciamenti? Non dico che si debba prendere per oro colato tutto ciò che viene dalla base: facciamo una sintesi delle volontà locali e confrontiamole con le esigenze programmatiche generali.
Il Comprensorio si è pronunciato con due documenti: uno firmato da D.C., P.S.D.I., P.L.I. e P.R.I., chiedeva l'utilizzo di uno dei fabbricati debitamente riorganizzato e reso funzionante con l'impegno di un esame successivo per l'utilizzo della parte restante; l'altro, votato dal P.C.I.
e dal P.S.I., in cui si dice che un "blocco" di edificio può essere mantenuto per una destinazione sanitaria per convalescenti e riabilitandi.
La realtà è che nell'Ospedale di Pinerolo mancano posti letto, molti letti sono sistemati nel corridoio e lì c'è un ospedale inutilizzato.
Lo stesso Consiglio di amministrazione si è pronunciato sull'utilità dell'ospedale.
Perché questi documenti che sono stati a suo tempo regolarmente trasmessi agli uffici della Regione, sono stati totalmente disattesi? Il costo del posto letto è molto alto ma impedire l'utilizzo dei posti letto disponibili aggrava ancora di più i costi perché fa ricadere sui posti letto occupati la spesa complessiva. I conti economici eseguiti dall'Amministrazione dimostrano che i costi di questi posti letto non sono superiori ai costi di quelli degli altri ospedali. 1 discorsi sulla località disagiata, sull'altitudine non sono veri, tant'è vero che le richieste di ricovero ci sono, ma vengono respinte: questo dimostra che l'utilizzo è possibile.
La nuova Giunta regionale, anziché mantenere l'atteggiamento negativo precedente, esamini con gli Enti locali, i nuovi organismi che verranno insediati, tutte le possibilità e faccia un confronto.
Oggi non costruiremmo più una struttura in quella località, ma, dal momento che la struttura esiste, riteniamo giusto ed economico utilizzarla.
Le proposte di destinare quella struttura ad uso turistico, fatte a suo tempo dal Presidente Viglione, hanno fatto sorridere la gente del luogo.
Proponiamo, quindi, un confronto con le forze politiche, sociali e locali e un esame attento delle proposte che vengono da quel livello.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, mentre mi dichiaro soddisfatto della risposta faccio alcune proposte. Intanto devo dire che quello che il Consigliere Chiabrando ha definito un atteggiamento negativo, in realtà, mi pare l'opposto. L'iniziativa presa dalla Giunta all'inizio del 1980 con la lettera del Presidente Viglione va attentamente verificata. E' invece negativo un atteggiamento che si arroca in una posizione al di fuori di qualsiasi ragionevolezza, quale quella della D.C., che sostiene localmente la via cieca del mantenimento della struttura sanitaria. Sono sicuro che se si promuovesse un dibattito sulla utilizzazione di quegli impianti non potrà assolutamente uscire la proposta di confermare lì una struttura sanitaria; non per altro, ma perché sarebbe un'ulteriore illusione per quei dipendenti. Quanto alla volontà locale, devo dire a Chiabrando che quei documenti, erano antecedenti alla proposta del Presidente Viglione, tanto è vero che l'ultimo elemento del rapporto tra Enti locali e Regione è stata una delibera della Comunità montana che non approvava quella lettera ma che chiedeva una precisazione progettuale, in ordine alla quale l'Assessore Bajardi si è impegnato, nei confronti della Comunità montana ,ad indicare la reale percorribilità di quella soluzione. Tutto questo è stato detto ai sindacati, CGIL - CISL - UIL. e anche ai sindacati autonomi, che si sono sempre arroccati nella difesa di quei posti di lavoro.
Oggi i partiti attendono il progetto della Giunta: lo scopo è il mantenimento in valle dei posti di lavoro, una struttura sanitaria ed assistenziale che funzioni senza spreco di miliardi.
E' venuto il momento di assumersi le proprie responsabilità, non solamente da parte dei comunisti, che da tempo hanno ingaggiato una lotta anche impopolare, in ordine a questo tema, ma da parte di tutte le forze politiche. Mi preoccupa la manovra che viene sbandierata da parte dell'Ospedale di Pinerolo. L'Ospedale di Pinerolo si propone di unire a s i posti di lavoro di Prà Catinat dicendo che verranno mantenuti, ma, fra due o tre anni, quando verrà verificato che questo non sarà possibile comunque la pianta organica e la dotazione dell'Ospedale di Pinerolo sarà maggiore: questa è la reale portata delle intenzioni che vengono da quel Consiglio di amministrazione. Oggi è opportuno arrivare alla definizione progettuale nel rapporto con la Comunità locale, con il Comprensorio, con i Comuni, alcuni dei quali stanno attendendo con diffidenza, altri con ostilità. Certamente in questo confronto, caro Chiabrando, ci dovremmo collocare in maniera più aperta di quanto non ci si è collocati sotto l'urgenza della campagna elettorale da parte di alcuni partiti, compreso il tuo.
Una suggestione accoglierei, ed è quella di mettere in moto rapidamente qualcosa di visibile e di concreto. Potrebbe essere tentata l'operazione a cui accennava Bajardi: al più presto possibile il protetto dettagliato in cui si stabilisce la destinazione delle persone, definizione degli altri interventi sanitari economici ed occupazionali a favore della popolazione locale e utilizzo del padiglione.
Quindi auspichiamo contestuale assunzione di responsabilità da parte delle Comunità locali che non possono limitarsi ad indicare una generica volontà senza lavorare nel concreto perché questa volontà si possa determinare.
Occorre avere coscienza che quei due miliardi al mese sono risorse sottratte alla Comunità locale che potrebbero efficacemente essere utilizzate per la popolazione.
E' positiva la conclusione a cui è arrivato Chiabrando di verificare le ipotesi con le Comunità locali. Credo però che ci sia un atteggiamento negativo da parte di chi finora ha sempre posto delle preclusioni all'attivazione dei nuovi indirizzi che, secondo me, sono gli unici in grado di sbloccare Prà Catinat.



PRESIDENTE

Replica l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Sono fiducioso nella linea proposta perché è una linea ragionevole che cerca di entrare nel merito delle questioni. Certo è difficile cambiare la situazione avendo ereditato strutture che sono contrarie all'obiettivo della difesa della salute e che non corrispondono ai nuovi livelli culturali.
Le forze politiche hanno dovere di rapportarsi correttamente agli ambienti culturali in modo da superare il più rapidamente possibile i gravi ritardi che si sono manifestati in ordine al generale utilizzo delle strutture ospedaliere e in particolare, di alcune di esse.
Nella mia sommaria introduzione ho ricordato che alla Comunità montana era stato mandato prima delle elezioni questo materiale perché si esprimesse, ma la consultazione elettorale non ha permesso alla Comunità stessa di concludere il suo iter. La Comunità montana dal 1° gennaio prossimo sarà la titolare assoluta delle competenze socio-sanitarie. I due padiglioni, secondo quanto stabilisce la legge 833, diventeranno di proprietà del Comune di Fenestrelle con uso vincolato e a disposizione delle U.S.L., quindi della Comunità montana: vi è quindi una sede istituzionali pienamente responsabile.
Credo di poter esprimere non solo la piena disponibilità a confrontarci con tutti i livelli, Comprensorio, Comunità montane e U.S.L., ma anche la certezza che, dovendo le Comunità montane e le U.S.L. presentare entro fine anno i primi schemi di riordino dei servizi sul proprio territorio, la discussione globale che ne seguirà sul funzionamento del servizio socio sanitario sarà tale da garantire l'utilizzo di tutte le risorse che sono a disposizione.



PRESIDENTE

Le interrogazioni e l'interpellanza sono così discusse.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Interrogazione del Consigliere Cerchio relativa al Sindacato nazionale biologi analisti


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione presentata dal Consigliere Cerchio relativa al Sindacato nazionale biologi analisti Risponde l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Il collega Cerchio, interrogando la Giunta per conoscere il suo giudizio sulla protesta elevata dal Sindacato nazionale biologi analisti nei confronti della Regione Piemonte, offre l'occasione per una puntualizzazione su un complesso problema anche per i riflessi che tale protesta ha prodotto in altra sede.
Mi riferisco ad alcuni apprezzamenti ed illazioni contenute nella lettera aperta dei biologi che hanno indotto quanti interessati a chiederne conto con azioni giudiziarie per diffamazione, il che ha prodotto successive lettere di precisazioni, di scuse. Ma non è questa la sede per derimere questi aspetti che però ho voluto richiamare solo per completezza di informazione.
Nel merito del problema dei laboratori di analisi va ricordata l'ampia trattazione che ad esso è dedicata dalla proposta di piano regionale socio sanitario, presentata dalla Giunta regionale alla fine della legislatura contenente un'ipotesi di riorganizzazione del settore pubblico compiuta ed autosufficiente all'interno di ogni U.S.L., e proprio per questo la Giunta si è autovincolata al suo rispetto in attesa dell'approvazione del piano stesso anche in relazione al massiccio impegno regionale (assunto nella precedente legislatura) di spesa (circa 6,5 miliardi), per il potenziamento delle attrezzature specifiche per i laboratori degli ospedali pubblici.
Va ricordato che il programma, steso con il contributo attivo delle amministrazioni ospedaliere e delle U.S.L., punta nel breve-medio periodo a porre la rete pubblica in condizioni di soddisfare in termini quantitativi e qualitativi, e con un soddisfacente rapporto costi-benefici, le reali esigenze della popolazione nello specifico settore.
E' un campo questo, poi, in cui, in questi anni, si è registrata una rilevante crescita di domanda (20 % annua) non sempre giustificata e corretta con riflessi economico - finanziari cospicui sul Fondo Sanitario Nazionale.
Il concetto di consumo indotto non è di certo del tutto estraneo al settore ed il suo accertamento e superamento non è cosa facile e pone delicati problemi.
In una fase più recente sono stati registrati i riflessi dell'accordo collettivo per l'erogazione di prestazioni ambulatoriali in regime di convenzionamento esterno recepito dal D.P.R. 16 maggio 1980. Per effetto del D.P.R. le strutture pubbliche, che non siano in grado di effettuare le prestazioni entro tre giorni dalle richieste, sono tenute ad autorizzare il ricorso alle strutture private con conseguenze, al momento, difficilmente valutabili.
Nel corso di una recentissima riunione con la categoria è stata registrata una notevole riduzione della domanda sia nelle strutture pubbliche sia nelle stesse strutture private.
Alle carenze, innegabili di qualche parte del settore pubblico ospedaliero e ambulatoriale, si è pensato di porre rimedio con tale soluzione burocratica e generalizzata che lascia, tra l'altro, largo spazio ad interferenze.
Ciò nonostante la Giunta regionale deve affermare la propria volontà di applicare in modo corretto e preciso questo accordo. In particolare, dopo le opportune verifiche che sono in corso si procederà alla pubblicazione degli elenchi di quanti già in possesso di convenzione con gli Enti mutualistici, ma che nel contempo svolgessero l'attività con laboratori regolarmente autorizzati. Ciò che purtroppo non è risultato e pone alcuni problemi di responsabilità per quanti (dirigenti delle mutue) siglarono convenzioni con privati non debitamente autorizzati all'esercizio di tali attività. Più in generale, come è stato chiarito da una recente presa di posizione degli Assessori alla sanità, alcuni punti debbono essere rimediati e modificati in sede di rinnovo di convenzione da concludersi entro l'anno.
Anche per sanare questa situazione la Giunta intende, inoltre regolamentare ex novo, tutta la materia con un apposito provvedimento legislativo; in attuazione dell'art. 43 della legge 833/1978 che è nella fase di definizione e che sarà presentato entro ottobre al Consiglio augurandosi che il suo iter sia sollecito e possa produrre quella "qualificata ed organica ristrutturazione dell'importante servizio a vantaggio della popolazione piemontese" come l'interrogante giustamente auspica.
Le indicazioni del piano e lo strumento legislativo forniranno un quadro di riferimento per un corretto esprimersi dell'iniziativa privata ma che allo stato dei fatti e degli investimenti già assunti ed in attuazione da parte degli Enti ospedalieri è altrettanto corretto considerare transitoria e vicariante della rete pubblica, quindi evitando il crearsi di illusioni fuori dalla realtà per l'iniziativa privata in questo spazio.
L'esame della proposta di legge in Commissione ed in Consiglio sarà un'occasione per entrare ulteriormente nel merito del problema. Vi è inoltre la piena disponibilità a fornire all'interrogante i chiarimenti che non sono possibili per la ristrettezza di tempo in sede di interrogazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Le anomalie relative ai .laboratori in Piemonte hanno alimentato una certa curiosità, chiamiamola così in termini benevoli, nella risposta della Giunta: ritardi, ostacoli, notizie di centri di prelievo abusivi hanno creato dubbi, difficoltà, richieste di punti di riferimento e di certezza.
Ringrazio l'Assessore per la risposta e per la sua disponibilità ad allargare l'intervento per la realizzazione di un quadro di riferimento e di certezza per tutta questa problematica che ha creato nelle scorse settimane, anche a livello di organi di informazione, prese di posizione e anche una certa vivacità fra le organizzazioni sindacali dei biologi, gli Assessori e Presidente della Giunta regionale.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO


Argomento: Viabilità

Interpellanza dei Consiglieri Bastianini, Turbiglio e Marchini relativa all'apertura di un centro di assistenza al traffico in Valle di Susa


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza dei Consiglieri Bastianini, Turbiglio e Marchini relativa all'apertura di un centro di assistenza al traffico in Valle di Susa.
La parola al Consigliere Bastianini per l'illustrazione dell'interpellanza.



BASTIANINI Attilio

L'apertura del traforo del Frejus e l'apertura organica al traffico dei veicoli pesanti nel traforo stesso hanno posto problemi di organizzazione di centri di assistenza al traffico delle merci.
Da tempo le categorie interessate e le forze politiche hanno posto attenzione a questo problema per evitare che ad una esigenza reale di intervento sul territorio non venisse a mancare una risposta programmata da parte dell'Ente pubblico. La Regione, sia direttamente sia attraverso la Finpiemonte, ha operato bene finora individuando con coraggio, per la prima volta in Italia, all'atto dell'apertura di un importante valico internazionale, la necessità di realizzare un centro di assistenza merci non contraddittorio rispetto alla politica generale di organizzazione delle strutture, un centro merci a gestione e controllo pubblici, preoccupandosi contemporaneamente della economicità dell'operazione e che il centro merci fosse aperto a tutti gli operatori del settore, quindi che coinvolgesse le categorie e che non potesse essere occasione di privilegio per alcuni e di danno per altri. La nostra interpellanza pone due esigenze: fare il punto sullo stato di attuazione di una infrastruttura così importante perché non sia in ritardo rispetto ai flussi di traffico in atto chiedere un concreto impegno della Giunta regionale e dell'Assessore competente a che su questa materia non si assista, in presenza di ritardi a colpi di mano, cioè alla precostituzione di situazioni di fatto che vadano contro l'orientamento di una scelta programmatoria regionale, di un intervento su aree acquisite tramite espropriazione per l'apertura di un centro merci effettivamente aperto alla totalità dei settori.
Chiudo su questo intervento ricordando, oltre a questi due interrogativi, una considerazione. Riteniamo che la scelta originaria della Regione e dell'Ente strumentale di aprire, in questa fase, il centro e di centrarlo esclusivamente sulle funzioni doganali, per non costruire un elemento di concorrenza con altre strutture per il trattamento delle merci nell'area torinese, debba essere mantenuta; quindi nella selezione dei soci della società incaricata di svolgere l'intervento si dovrà dare priorità assoluta agli operatori del settore doganale. Se si dovesse decidere di collocare nel centro di Val di Susa anche altre funzioni, oltre a quelle strettamente doganali, l'apertura a nuovi soci della società d'intervento dovrebbe avvenire non sulla base di convocazioni singole, ma sulla base di un coinvolgimento pieno delle categorie interessate.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore ai trasporti e viabilità

Il problema posto dall'interpellanza dei colleghi Bastianini, Marchini e Turbiglio non soltanto è diventato urgente ma, dal momento che proprio oggi si è aperto al traffico dei Tir il traforo del Frejus, è diventato contingente.
Il servizio doganale nella Valle di Susa si richiama al problema generale dell'apertura del traffico ai Tir. La settimana scorsa c'è stato un dibattito su questa questione e i colleghi sanno come la Giunta, in accordo con le varie forze politiche, abbia espresso la propria preoccupazione rispetto a questa apertura che avviene quando la viabilità non è ancora in grado di recepire il traffico pesante che si genererà. La Giunta si è mossa per rinviare l'apertura per il tempo necessario per intervenire sulla viabilità in modo da renderla almeno sufficiente ai problemi che si porranno. Ancora questa mattina il Presidente della Giunta regionale ha telegrafato alla Presidenza del Consiglio richiamando i colloqui e i telegrammi già inviati che ponevano in evidenza il rischio che si sta correndo facendo percorrere l'attuale sistema viario della Valle di Susa dai Tir, nelle condizioni climatiche che il vicino inverno ci porterà.
Rispetto al problema specifico relativo alle iniziative della Giunta per la predisposizione di un centro di assistenza al traffico merci nella Valle di Susa, i Consiglieri ricorderanno che in attuazione della legge regionale 11/1980 il Consiglio regionale aveva deliberato di approvare i materiali predisposti dalla Finpiemonte costituenti una prima bozza di progetto integrato per i centri merci di Orbassano e di Susa.
Inoltre, sempre in tale deliberazione, il Consiglio regionale aveva approvato la delimitazione di massima delle aree su cui dovranno sorgere il Centro intermodale di Orbassano e la struttura complementare in Susa quest'ultima con prevalenti funzioni doganali.
Come si ricorderà la scelta di prevedere accanto al Centro di Orbassano la realizzazione di una struttura complementare in Valle di Susa, contenuta nel piano regionale dei trasporti, ha l'obiettivo di promuovere un riassetto delle strutture di trattamento delle merci articolato in un sistema di centri differenziati per funzioni, dimensioni e specializzazioni.
Il Centro di trattamento delle merci in Valle di Susa risponde quindi ad una duplice funzione: da un lato risponde alle esigenze di trattamento merci che a breve termine verranno poste dall'apertura del traforo del Frejus; dall'altro, in futuro, costituirà una struttura di trattamento delle merci con funzione di "alleggerimento" rispetto al Centro intermodale di Orbassano, permettendo lo svolgimento di quelle operazioni doganali sui traffici (né soggetti a rottura di carico, né a stoccaggio) non destinati od originati dall'area metropolitana torinese.
Dal punto di vista localizzativo il Consiglio aveva approvato l'indicazione contenuta nella bozza di progetto predisposto dalla Finpiemonte. Tale scelta rispondeva ad una serie di criteri di natura economica e territoriale che indicavano in Susa la localizzazione ottimale.
Questa localizzazione è in grado di recepire la domanda di servizio doganale che proviene dai due valichi, ed è collocato il più ;lontano possibile dal Centro intermodale di Orbassano. Susa è stata scelta anche con riferimento alla riorganizzazione comprensoriale dell'attività terziaria che viene promossa dalla Regione e dall'Assessorato: Susa costituisce il centro di maggior valore sociale, economico e terziario della Valle, quindi può essere base di appoggio per attività che possano dipendere e collegarsi all'attività doganale.
Relativamente allo stato di attuazione delle indicazioni contenute nella delibera del Consiglio regionale possiamo ricordare che la Finpiemonte ha favorito la costituzione alla fine del mese di marzo, delle due società di intervento, a capitale misto, che avranno il compito di realizzare il Centro intermodale di Orbassano e le strutture di trattamento delle merci in Susa.
In particolare il Consorzio per il trattamento delle merci di Susa, la Consusa, prevede la partecipazione non solo del Comune di Susa, ma anche della Comunità montana Bassa Valle. La scadenza amministrativa non ha permesso di perfezionare la partecipazione del Comune di Susa e della Comunità montana in sede di atto costitutivo. Tale partecipazione è per stata deliberata dal Consiglio comunale di Susa lo scorso 26 settembre.
Una mia lettera che seguiva ad un incontro (di cui parler successivamente) avuto con il Sottosegretario Colucci e con il Ministro Reviglio, sollecitava la Consusa a compiere atti concreti in direzione della disponibilità reale di una parte delle aree e di una prima attrezzatura per rendere possibile il funzionamento di questo servizio.
A questa mia lettera il Consorzio ha risposto la settimana scorsa comunicandomi di aver provveduto ad acquisire la disponibilità di una prima parte di aree, su cui intende realizzare prime strutture provvisorie, che permettano di sopperire in tempi utili alle operazioni doganali derivanti dall'apertura del traforo del Frejus.
Ritengo opportuno in questa sede ricordare come in Valle di Susa sussistano altre iniziative, sorte prima ed al di fuori del le indicazioni della programmazione regionale, miranti a svolgere funzioni autoportuali.
Mi riferisco in particolare all'iniziativa della San Didero S.p.A.
Rispetto a questa iniziativa l'atteggiamento che ritengo la Giunta debba assumere, anche attraverso la Finpiemonte e le società di intervento costituite per la realizzazione del Centro intermodale di Orbassano e di Susa, è di verificare la possibilità di utilizzo, nel rispetto degli indirizzi della programmazione regionale, degli investimenti già realizzati, nell'ambito dei complessi problemi di viabilità e di trasporto che deriveranno dall'apertura del traforo del Frejus e dalla realizzazione del Centro intermodale di Orbassano. Lo stato della viabilità in Valle di Susa rende infatti concreta la necessità di disporre di aree che possano essere di servizio al traffico anche con funzione di regolazione dei flussi e di stazionamento.
Per quanto si riferiste alle iniziative assunte verso l'Amministrazione finanziaria per l'approvazione del progetto regionale e l'impegno di attivare in Susa un punto doganale, vorrei ricordare al Consiglio come già prima dell'approvazione della legge regionale n. 11/1970, l'Assessore ai trasporti avesse richiesto più volte un incontro con il Ministro delle finanze al fine di illustrare gli orientamenti della Regione non solo rispetto ai problemi di trattamento doganale delle merci in Valle di Susa ma più in generale per quanto attiene al trasferimento della dogana centrale di Via Giordano Bruno.
Da ultimo , in data 20 settembre, su sollecitazione della Giunta si è tenuta una riunione con il Sottosegretario alle finanze on. Colucci, sul problema specifico dell'insediamento di una sezione doganale In Valle di Susa in relazione all'apertura del traforo del Frejus.
Nel corso di detta riunione e successivamente in occasione di un incontro che il sottoscritto ha avuto con il Ministro delle finanze, on.
Reviglio, è stato da me richiamato l'impegno dell'Amministrazione regionale per: 1) la realizzazione di un interporto da localizzarsi contiguamente allo smistamento ferroviario di Orbassano e di una struttura ad esso complementare per funzioni e programmi in Valle di Susa da localizzarsi nel Comune di Susa, secondo quanto previsto dal piano regionale dei trasporti dalla legge regionale del 23 aprile 1980, n. 11, dalla deliberazione del Consiglio regionale del 23 aprile 1980: documenti inviati all'Amministrazione finanziaria dello Stato ai vari livelli e anche presentati in occasione di incontro a Roma e a Torino, unitamente allo stato di avanzamento del progetto di intervento 2) dare sollecito avvio, attraverso le due società a capitale misto Sito e Consusa, appositamente costituite, all'intervento operativo, al fine di rispondere adeguatamente alle esigenze derivanti, sia dalla ristrutturazione e rilocalizzazione della dogana centrale di Via Giordano Bruno, sia dall'apertura al traffico commerciale del traforo del Frejus.
E' stata infine evidenziata al Ministro ed al Sottosegretario la necessità che le indicazioni programmatiche della Regione venissero supportate da un esplicito pronunciamento dell'Amministrazione finanziaria dello Stato; ciò al fine di scoraggiare le attese di iniziative, in corso e latenti, portate avanti in Valle di Susa da gruppi privati in concorrenza ed in contrasto con le scelte formalmente approvate dalla Regione Piemonte nei suoi documenti di programmazione.
Su tali problemi, sia da parte del Ministro, on. Reviglio, che da parte del Sottosegretario, on. Colucci, sono state date assicurazioni circa l'attenzione dell'Amministrazione finanziaria dello Stato alle indicazioni pro grammatiche della Regione, relativamente alla sistemazione e localizzazione delle strutture di controllo doganale.
In particolare entrambi dichiaravano di condividere l'impostazione data dalla Regione Piemonte, sia per quanto riguarda trasferimento ad Orbassano dell'attuale dogana centrale di Via Giordano Bruno, sia per quanto riguarda la necessità di insediare una nuova sezione doganale in Valle di Susa complementarmente alla prima, per far fronte al traffico derivante dall'apertura ai veicoli commerciali del traforo del Frejus, ed inoltre che sarebbe stata rispettata la scelta della Regione in merito alla localizzazione a Susa della nuova sezione doganale.
Circa i tempi, è stato fatto espresso pronunciamento sull'impossibilità da parte dell'Amministrazione finanziaria dello Stato di organizzare, per carenza sia di personale che di strutture, la nuova sezione doganale In tempi brevi e, in ogni modo, non compatibili con la data di apertura del traforo al traffico pesante indicata dalla Commissione intergovernativa di controllo. Il Ministro ha anche aggiunto che ci sarebbe voluto almeno un anno per organizzare il servizio.
A questo proposito, per le ragioni suesposte, il Ministro on. Reviglio ha informato della formale richiesta da lui avanzata di procrastinare l'apertura del traforo al traffico commerciale.
In seguito, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui fu demandato il compito di decidere l'apertura, decise però di assentire all'emissione del decreto per l'apertura del Frejus il 16 ottobre. Il decreto è del 3 ottobre, e ne siamo venuti a Conoscenza soltanto venerdì scorso. Contemporaneamente abbiamo ripresentato e sollecitato l'incontro tra la Presidenza del Consiglio e la Regione Piemonte, ma non abbiamo avuto risposta. Successivamente il Ministro Reviglio ci informava di aver dovuto disporre un intervento immediato per mettere in funzione il servizio doganale nella Valle di Susa su richiesta della Presidenza del Consiglio stante le ristrettezze di personale, il servizio potrà essere attivato solo con sei o otto persone al massimo.
Termino la risposta all'interrogazione leggendo il telegramma con il quale abbiamo risposto al Ministro Reviglio: "Ferma restando la nostra opinione negativa apertura traforo Frejus al traffico Tir prevista per il 16 ottobre a causa dello scarso livello di funzionalità, viabilità, accesso al tunnel, confermiamo che società Consusa ha acquisito disponibilità aree necessarie, per far fronte alle eventuali esigenze urgenti di codesto Ministero per lo svolgimento operazioni doganali. Società Consusa si è altresì impegnata a disporre in tempo utile le prime strutture necessarie allo svolgimento di operazioni doganali che potranno essere messe a vostra disposizione".



PRESIDENTE

La replica al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

La risposta dell'Assessore Rivalta è esauriente, constatando come almeno per la componente delle attrezzature per la movimentazione delle merci necessaria nella Valle di Susa, si corra il rischio di arrivare in tempo, a differenza di quanto è avvenuto in materia di adeguamento della rete stradale. Voglio ricordare che a questo risultato positivo si arriva anche per merito della Regione, ma si arriva soprattutto per merito degli enti strumentali della Regione, la Finpiemonte, in cui la partecipazione dei privati è di grande rilevanza, e per merito di un'azione pressante degli operatori del settore i quali hanno saputo superare gli egoismi individuali per premere nei riguardi dell'amministrazione pubblica per una risposta che non privilegiasse qualcuno e danneggiasse altri, ma che garantisse alla comunità piemontese una infrastruttura civile che non costringesse ad avere autoporti, tipo quello sorto clandestinamente all'uscita del Monte Bianco.
C'è un solo punto su cui, senza chiedere in questa sede la replica e l'impegno dell'Assessore, richiamo la sua attenzione. Proprio per l'estrema trasparenza della vicenda dobbiamo fare attenzione a non all'interno della Società Consusa. Manteniamo ferma l'indicazione che Susa è una struttura complementare ad Orbassano, centrata e specializzata sul trattamento doganale. Eventuali arricchimenti di funzioni non li possiamo escludere in questo momento, ma dovranno essere assunti nell'ambito di una visione programmata, coordinata con Orbassano e dovranno comunque passare non attraverso la selezione naturale di un operatore piuttosto che un altro, ma attraverso il coinvolgimento delle categorie. Ogni altro passo che faccia direttamente o surrettiziamente intervenire al Consusa operatori non strettamente legati alla funzione doganale rischia di creare una situazione di grave disagio, di incomprensione, di difficoltà che potrebbe compromettere il positivo esito della vicenda. Con questa precisazione, su cui richiamo l'attenzione dell'Assessore e della Giunta, mi dichiaro soddisfatto della risposta.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

a) Congedi Passiamo al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente".
Comunico che hanno chiesto congedo per la seduta odierna i Consiglieri Guasso, Majorino, Marchesotti, Montefalchesi e Revelli.
b) Presentazione progetto di legge E' stato presentato il progetto di legge n. 16: "Tutela e diffusione del patrimonio musicale popolare e folcloristico del Piemonte", dai Consiglieri Cerchio, Paganelli, Beltrami, Bergoglio, Martini, Ottaviano e Villa in data 9 ottobre 1980 ed assegnato alle Commissioni VI in sede referente ed alla I in sede consultiva in data 15 ottobre 1980.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Situazione Fiat


PRESIDENTE

Mi corre l'obbligo di accennare alla situazione Fiat ricordando come la bozza di accordo fra i sindacati e l'azienda abbia riportato un clima più disteso in città e il lavoro e la tranquillità nelle famiglie.
Dobbiamo anche rilevare come, nonostante la durezza dello sciopero, ci sia stato un comportamento civile, tranne qualche episodio isolato.
Preoccupati per quanto riguarda la situazione economica dei lavoratori e delle loro famiglie, abbiamo preso contatti con l'Enel, con l'Azienda Elettrica Municipale, l'Istituto Autonomo Case Popolari, la Sai e l'Assicurazione Toro per definire ogni possibile aiuto nei loro confronti.
C'è stata una grossa rispondenza da parte di questi Enti che hanno dichiarato la loro disponibilità a venire incontro alle necessità di tali famiglie. Altri incontri sono previsti con le associazioni dei petroliferi per chiedere aiuti anche in ordine al riscaldamento e con le banche per cercare di intervenire con eventuali prestiti alle famiglie in particolari situazioni di necessità. Sarebbe opportuno che le aziende, incominciando dalla Fiat e arrivando alle aziende medie e piccole, erogassero un anticipo sui futuri stipendi e salari perché le famiglie possano far fronte alle spese più urgenti: riscaldamento, scuola e vestiario.
Il 14 ottobre l'Ufficio di Presidenza ha stanziato per il fondo solidarietà 20 milioni che si aggiungono ai fondi stanziati dalla Giunta regionale, dal Comune, dalla Provincia e dalle altre Regioni.
Su questo argomento ha chiesto di parlare il Presidente della Giunta.
Ne ha facoltà.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, credo che occorra fare, seppure brevemente, un momento di riflessione su tutta la vicenda che, speriamo oggi abbia un esito conclusivo positivo. La vicenda, appunto, della trattativa fra le organizzazioni sindacali e la Fiat. Credo che il ruolo che il Consiglio regionale e la Giunta regionale hanno svolto finora nell'ambito delle proprie competenze, sia stato nel senso di compiere il loro dovere. Hanno seguito momento per momento i passi e le vicende drammatiche che hanno investito il Piemonte, i piemontesi e la città di Torino. Le linee fondamentali sulle quali ci siamo mossi sono state quelle del far prevalere sempre, la ragione, su qualsiasi altro atteggiamento e stava dalla parte della ragione la linea che ci ha fatto dire tutti insieme che i licenziamenti non dovevano passare. In tutta questa vicenda dobbiamo registrare atteggiamenti positivi ed atteggiamenti negativi. Va sicuramente dato atto alle organizzazioni sindacali del loro preciso, serio comportamento nelle grandi manifestazioni alle quali la Giunta ha partecipato e in tutte le vicende di questa lotta e, nel contempo, dobbiamo pur dare rilievo al serio, ragionato comportamento delle forze dell'ordine in questa drammatica vicenda e, in maniera particolare, nella giornata di ieri.
Negli incontri che abbiamo avuto nei giorni scorsi con il Ministro Foschi e con il Presidente Pertini abbiamo fatto presente la drammaticità della situazione e l'urgenza, sulla quale dobbiamo puntare per arrivare alla conclusione della vertenza. La Giunta regionale ha anche messo a disposizione tutte le possibilità di intervento, in maniera particolare per quanto riguarda la formazione professionale, tali che potessero dare un contributo per la risoluzione della vertenza. Infatti, nell'accordo è previsto pure l'intervento della Regione, che dovrà essere discusso ed approfondito con le momento nelle assemblee di fabbrica per la sua approvazione.
La nostra posizione è quella, in questo momento, che non ci sono alternative a questa bozza di accordo. Una valutazione di carattere generale ci porta a dire che questo è l'accordo con il quale occorre chiudere la vertenza e, se la ragione prevarrà, si deve accettare questo documento, in modo che il Piemonte e Torino riprendano a lavorare in maniera serena.
Mi giungono notizie di fatti successi nelle assemblee di questa mattina, fatti gravi e tensioni notevoli; in particolare mi giunge notizia che è stato picchiato, o c'è stato un tentativo di picchiare Carniti.
Questo è un fatto da deplorare e, sicuramente, credo che il Consiglio lo vorrà sottolineare con precisione.
Occorre in questo momento estrema calma, estrema serenità di giudizio ma occorre che il Consiglio regionale tenga, come ha tenuto sino a questo momento, una posizione precisa, ossia richiamare tutti al senso di ragionevolezza; e la ragione non può portare ad altra conclusione che accettare l'accordo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, la città vive da quasi 80 giorni la crisi della Fiat e noi dobbiamo ringraziare l'opera della Giunta regionale, della Presidenza del Consiglio regionale per quanto hanno fatto per giungere ad una positiva conclusione.
Torino è la città dell'automobile. Comunque la si voglia riguardare e nonostante che le linee e gli obiettivi del piano di sviluppo portino alla diversificazione dell'attività produttiva, l'attività dell'automobile resta e resterà per lunghissimo tempo una delle attività portanti della nostra città, del Piemonte e dell'intero Paese.
Abbiamo già detto che l'automobile ha uno sviluppo futuro che deve essere programmato, che non deve più essere selvaggio. Non sarà mai possibile sostituire, se non a lunghissimo termine o forse mai, i 6 mila miliardi che il settore auto avrebbe dovuto produrre e i quasi 150 mila occupati ai quali si aggiungono 150/200 mila lavoratori in città e in Piemonte.
La bozza di accordo raggiunto con la mediazione del Ministro, del Governo della Giunta regionale, del suo Presidente, del Consiglio porterà sbocchi senz'altro positivi.
Tuttavia all'interno delle assemblee in corso vi è ancora molta tensione. Nostro compito non è quello di ricercare se una parte ha perduto o non ha perduto: non ci tono sconfitte in quella bozza. La Ford anni addietro rimase chiusa per due mesi in un periodo di crisi dell'automobile quindi la situazione della Fiat non è del tutto anomala.
Ieri il Presidente della Giunta, incontrandosi con il Presidente della Repubblica, ha compiuto un atto altissimo che ha contribuito al processo di distensione. Compito delle forze politiche oggi è di operare attivamente perché tra le parti sindacali e la proprietà si concluda questa vertenza e si riprenda la produzione.
Il mercato della Fiat, che già non era ampio, che già aveva subito l'erosione della produzione giapponese, francese e tedesca, sia in campo nazionale che in campo internazionale, ha subìto in questi 80 giorni ulteriori incisioni, ulteriori lacerazioni, ulteriori perdite.
Questa città non potrà mai pensare, se non a costo della caduta verticale della produzione dell'auto, che non debba immediatamente riprendere la produzione dell'auto. Discuteremo in seguito degli sviluppi produttivi e degli obiettivi da raggiungere. Ci facciamo carico di questo perché quando una parte in causa viene a mancare nella sua forza, nella sua intelligenza, nella sua capacità propositiva (mi riferisco alla Direzione Fiat), noi dobbiamo farci carico di discutere, di esaminare ipotesi, di valutare gli indirizzi e gli aiuti concreti che possiamo fornire. Nei cinque anni precedenti abbiamo risolto i problemi Fiat di territorio, di centro di direzione, di collocazione a Rivalta, ad Avigliana, a Crescentino: oggi non c'è un solo problema aperto. Oggi registriamo questo fatto positivo: diamo tutti un contributo attivo e fattivo perché l'accordo sia accettato e si possa procedere alla riapertura della fabbrica.



PRESIDENTE

La parola alla signora Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la soddisfazione, credo, con la quale tutti abbiamo accolto la notizia del superamento delle divergenze che da molti giorni sembravano rendere quasi impossibile un tanto auspicato, anche in questa sede, accordo, è la soddisfazione di constatare che le basi di questo accordo appaiono dignitose e capaci di raccogliere se non tutte, certamente in larga misura, le richieste che le parti avevano avanzato. Questa soddisfazione, che è di tutti, oggi, non ci deve far di colpo considerare superato (certamente, la fase tesa della situazione è forse superata, per quanto le indicazioni che ci dava il Presidente su tensioni che a livello di fabbrica si stanno ancora realizzando ci fanno un pochino disperare anche in questo momento) il problema della prospettiva economica del Piemonte, che rimane il nodo vero da affrontare in un contesto globale che vede sì il polo centrale nella Fiat, ma che, per le sue ripercussioni a macchia d'olio sul tessuto produttivo, rischia già oggi, ma soprattutto nei mesi a venire, di compromettere l'equilibrio economico e sociale della nostra comunità.
Infatti, i contraccolpi dell'inattività o delle parziali attività dell'indotto Fiat devono ancora venire: dopo il periodo feriale, in cui non si è prodotto, non si è prodotto in settembre, né in ottobre; è auspicabile che, stante la ritrovata possibilità di ripresa della Fiat, si produca a novembre, ma occorre ricordare che a novembre si comincia a non incassare.
Ora, se è vero che la struttura industriale della nostra provincia continua ad essere sostanzialmente sana, non si può escludere che i bilanci dell'80 siano ormai gravemente compromessi e credo che le scadenze di fine anno, i pagamenti agli Enti previdenziali, le tredicesime, il fisco, facciano intravvedere delle difficoltà non indifferenti, soprattutto per le piccole aziende. Credo quindi che bene abbia fatto il Consiglio regionale del Piemonte, con l'ordine del giorno votato a seguito del dibattito di giovedì scorso sulla situazione economica, a richiedere misure urgenti al Governo e al settore bancario perché si allentino i cordoni del credito, mentre in questa ulteriore odierna occasione di riflessione, come diceva il Presidente, sulla situazione piemontese, in un momento di speranza, noi Regione Piemonte dobbiamo impegnarci a fare la nostra parte per mettere in moto il nostro programma di investimenti pubblici e così contribuire, per quanto ci sarà possibile, ad attenuare la tensione sul mercato del lavoro quindi, programmazione immediata della domanda pubblica, avvio dei programmi dell'edilizia, proseguimento dei programmi di formazione professionale.
Ritengo inoltre che dobbiamo nuovamente chiedere al Governo che metta a fuoco tutti i provvedimenti annunciati, da quelli economici a quelli riferiti al collocamento, alla mobilità, che in quest'aula abbiamo ampiamente esaminato nel corso dei lunghi dibattiti sulla Fiat. Ma dobbiamo altresì chiedere al sindacato di dimostrare la responsabilità che gli compete di adeguare il suo atteggiamento alla gravità della situazione. I fatti successi negli ultimi giorni devono far meditare profondamente tutti anche sui modi di conduzione delle lotte, che hanno la loro dignità e la loro forza fin tanto che sono rispettosi della libertà di ognuno. I rapporti logorati non giovano a nessuno, e per questo ci preoccupa la divisione che l'esasperata tensione dei lunghi giorni di aspri scontri sociali ha determinato nei lavoratori, i quali si sono divisi tra coloro che volevano lavorare e coloro che volevano scioperare.
La libertà che questa regione si è conquistata, anche con il sacrificio di molti, non deve oggi essere messa in pericolo per la prevaricazione di qualcuno o la strumentalizzazione di altri. Le dichiarazioni del Partito comunista in merito allo sblocco dei cancelli ed anche sulle manifestazioni del Teatro Nuovo stupiscono, perché riportano un P.C.I. a prese di posizione che credevamo superate dopo la sua revisione politica in senso evolutivo, revisione che i repubblicani hanno sempre considerato con estrema attenzione.
Ritornando alla Regione, noi crediamo che essa in questa lunga e sofferta vicenda abbia fatto la sua parte in modo attivo e costante, anche se qualche volta, a nostro avviso, a livello di vertice non ha saputo trovare quel responsabile equilibrio al di sopra delle parti. Tuttavia, noi crediamo che soprattutto oggi la Regione debba rappresentare un momento di raccordo, di coordinamento e di unità nell'obiettivo di agire nell'interesse di tutta la comunità piemontese, di tutti, veramente tutti i cittadini del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, la lunga vertenza Fiat si è conclusa con un accordo di compromesso che viene comunque a sdrammatizzare una situazione giunta ormai, dopo 35 giorni di paure e di speranze, al limite della sopportabilità e della rottura. Per questo, cioè per la caduta di tensione che incideva pesantemente su Torino e faceva temere le più gravi conseguenze, vuoi per la situazione di ordine pubblico, vuoi per l'economia stessa della città, conseguenze, lo annotiamo per inciso, che altre parti politiche, in particolare il P.C.I., hanno acutizzato, o non considerato con strumentali atteggiamenti e con tanti discorsi; per questo motivo dicevamo, esprimiamo la nostra responsabile soddisfazione. Senza entrare nel merito degli accordi, vogliamo solo augurarci, adesso, che la produzione lavorativa riprenda al più presto e che la Fiat, ponendo fine ai tanti errori compiuti nel passato e ritrovando un unitario clima interno abbia a ritornare ad essere competitiva, così sui mercati interni come su quelli internazionali, perché, appunto, al di là delle intese e delle trattative raggiunte, restano, aperti, drammaticamente aperti, tutti i problemi del settore auto e, più in generale, dell'industria italiana che per essere rilanciata, attende con urgenza profonde misure legislative dalla riforma del collocamento alla regolamentazione della mobilità; e resta aperta la necessità di un'approfondita riflessione su fatti di cui tutti siamo stati testimoni in questi ultimi giorni. Si è detto - e noi abbiamo condiviso questo giudizio - che la soluzione della crisi Fiat crisi che andava ben oltre i confini aziendali, avrebbe direttamente influenzato la storia politica dei prossimi giorni, delle prossime settimane, forse dei prossimi anni; ebbene, se questo è vero, noi diciamo che una manifestazione come quella dei quadri intermedi Fiat, cui abbiamo assistito non può non avere lasciato i segni. Le centinaia e migliaia di manifestanti che sfilavano per reclamare il loro diritto al lavoro meritano rispetto, attenzione, considerazione, anche adesso che la fase acuta della crisi Fiat è superata. Quello striscione tricolore che abbiamo visto portare in testa al corteo, dopo l'orgia di tante bandiere rosse, è l'indice sicuro .di tempi nuovi che si stanno preparando, è l'indice che qualcosa sta per cambiare nell'animo e nella coscienza dei cittadini: noi di questo siamo responsabilmente lieti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

C'è un impegno rigido, assunto dalla conferenza dei Capigruppo, di restare nei cinque minuti; qui, quindi, non è possibile che ogni forza politica tragga tutti gli insegnamenti che da questa vicenda è possibile trarre allo stato attuale delle cose; ma forse è bene che sia così, perch il problema della vertenza Fiat ha introdotto nel comportamento delle parti sociali, negli atteggiamenti delle forze politiche, tanti e tali elementi di novità da convincere responsabilmente ogni forza politica a dover riflettere a fondo sul problema delle relazioni industriali in un Paese ormai a democrazia matura come il nostro, a rivedere a fondo anche dei propri schemi formali di comportamento in queste vicende, di rimeditare in profondità anche sugli strumenti più opportuni per tutelare quelli che sono ritenuti dalle diverse parti legittimi interessi. Solo qualche considerazione, quindi, per chiarire ancora una volta qual è la linea che come partito abbiamo inteso seguire e che, riteniamo, se avesse avuto in passato più ascolto, avrebbe portato ad un superamento del punto di stallo in tempi più brevi. Al punto in cui si è oggi, si poteva, anzi, se mi consentite, si doveva arrivare almeno tre settimane fa. Non c'era bisogno di forzare la situazione in un senso, non c'era bisogno di sollecitare delle forme di picchettaggio violento all'ingresso delle fabbriche; non c'era bisogno di tutto questo, perché infatti non è utile a nessuno far toccare con mano quanto sia diviso e lacerato al suo interno il movimento operaio in una città matura come Torino, in cui 40 mila persone (e 40 mila persone non sono fascisti, non sono pagati dal padrone, ma sono uno spaccato della realtà sociale di questa città) hanno trovato il modo e la forza di contrapporre alla violenza dei picchetti, al rullo dei tamburi alle grida, agli slogans, ai fischietti, la pacata compattezza di chi non ritiene che l'azienda abbia ragione su tutto, ma ritiene che le relazioni sindacali devono impostarsi tenendo conto delle esigenze di una parte ma anche delle esigenze dell'altra; che i posti di lavoro si tutelano non solo imponendo all'economia di piegarsi a delle regole che con l'economia sono incompatibili, ma ricercando insieme delle forme di confronto e di dialogo di tipo diverso. Tre settimane fa si poteva arrivare a questa situazione certo, a nostro avviso, non hanno contribuito ad allungare i tempi della vertenza gli atteggiamenti degli Enti locali e degli Enti pubblici, ed io voglio in questa sede fare pubblicamente una differenziazione fra l'atteggiamento tenuto dalla Regione rispetto a quello tenuto dal Comune di Torino. L'atteggiamento del Presidente Enrietti è sempre stato sostanzialmente centrato sulla complessità globale del problema; non si aiuta la soluzione delle vicende quando un Sindaco di una città va nelle fabbriche e fa capire che lui è pronto a scendere accanto ai picchetti nell'occupazione delle fabbriche. Non si aiuta la vertenza quando un Segretario di un grande partito scende nelle piazze a dire che c'è il sostegno anche materiale del partito per forme estreme di lotta. Ma non era questa la ragione del contendere, se è vero che l'ipotesi d'intesa che oggi si è raggiunta da una parte apre dei varchi contrattuati alla mobilità esterna e dall'altra batte una forzatura aziendale di poter stabilire i criteri della rotazione al di fuori di ogni possibile confronto.
Quindi, riflettiamo tutti su queste vicende, impariamo che la democrazia ci deve abituare a delle relazioni industriali più mature, più attente, più rispettose, fatte meno di slogans, fatte meno di demagogia fatte più di riflessione, da una parte e dall'altra, ma e concludo - non cantiamo vittoria: la vertenza Fiat è oggi al punto in cui sarebbe in un Paese a relazioni industriali mature; non è risolta: c'è il problema della gestione, della verifica passo per passo della situazione. Questa è la sfida che i sindacati da una parte, l'azienda dall'altra, istituzioni e partiti politici hanno davanti. Noi invitiamo tutti,responsabilmente,a non cantare vittoria, a non dare agli altri le colpe delle difficoltà incontrate, a non assumersi dei meriti per le prospettive che ci sono; ma invitiamo tutti a recepire una lezione drammatica di questi giorni, un insegnamento: la crisi, a partire da oggi, la si supera solo se prevale il clima della ragione al clima della fazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Io vorrei fare un breve intervento e, sottolineo, a titolo personale.
Mi pare giusto, di fronte agli avvenimenti di questi mesi nella nostra città, che si apra anche un dibattito politico che tenga conto delle esperienze, delle contraddizioni, delle difficoltà che sono maturate in questa vertenza. Vorrei solo brevemente ricordare come lo scontro sociale sindacale e politico che si è aperto sul problema della Fiat avesse indubbiamente come elemento importante la discussione sul destino e sulla possibilità, anche, di sviluppo e di consolidamento di questa azienda nonché un altro elemento, che forse è stato troppo trascurato dagli interventi politici in generale (non mi riferisco in particolare a questo Consiglio) che riguardava la posta in gioco della democrazia all'interno della fabbrica, della possibilità da parte dei lavoratori di giocare un ruolo determinante e positivo nel controllo dello sviluppo aziendale dell'organizzazione del lavoro, la possibilità, anche, di tutelare fino in fondo la dignità della persona umana come punto centrale dell'organizzazione e dello sviluppo economico e sociale della nostra società. Quindi erano in gioco grandi valori umani in questa vertenza prima di tutto, prima dell'elemento economico, degli elementi politici.
Credo anche che sia da sottolineare il fatto del grande senso di responsabilità, del grande senso di sacrificio che hanno sviluppato in questi mesi, questo mese in particolare, migliaia di lavoratori della Fiat anche con i picchetti che non sono stati certamente delle operazioni di carattere violento. Chi ha potuto seguire attivamente queste presenze ha certo visto come ci fosse un gran senso di responsabilità nella gestione dei picchetti, che non si ricercava attraverso essi lo scontro, ma il dialogo, il confronto, la convinzione, nonostante vi fossero dentro questa situazione punte di disagio e di difficoltà.
Un altro elemento che mi pare importante sottolineare è stato troppo trascurato perché si è teso a sottolineare di più l'importante e significativa manifestazione dei 40 mila dell'altro giorno: il grande movimento di solidarietà che si è sviluppato attorno alle lotte dei lavoratori, da parte di categorie economiche, di forze sociali, di forze religiose, che hanno assunto un ruolo importante, direi, nella soluzione di questa vertenza, nel sottolineare l'importanza che essa aveva nella salvaguardia della dignità e della forza dei lavoratori. C'è stato quindi un confronto, svoltosi in termini pacati e per costruire, non per distruggere.
Ma va anche sottolineato, io penso, il fatto che troppe volte la Fiat ha cercato lo scontro, ha utilizzato mezzi di informazione, mezzi di pressione, ha sviluppato delle iniziative tendenti ad emarginare la grande forza democratica del movimento operaio organizzato, non solo nella fabbrica, ma anche dove il movimento operaio ha capacità di sviluppare un peso, cioè dentro i processi politici ed economici del nostro Paese. E' vero, all'accordo si poteva arrivare prima, ma non vi si è arrivati anche a causa del ruolo negativo, di una certa arroganza che la Fiat ha usato nello sviluppare le sue iniziative.
Infine, sull'accordo, credo che sia importante dire che in questo contesto politico, sociale ed economico di per se stesso sia un elemento positivo. E' indubbio che dentro questo accordo ci sono elementi positivi come il fatto che non si sia realizzato l'obiettivo della Fiat che era quello dei licenziamenti, ma è indubbio altresì, che sul discorso della mobilità esterna si aprono anche degli inquietanti interrogativi. Credo che attorno a questo problema il Consiglio regionale, la Giunta, tutti noi, le forze sociali e politiche, culturali della città, si devono misurare perché indubbiamente è un elemento che rimette in discussione assetti economici consolidati, pone degli interrogativi e sollecita anche soluzioni nuove. Quindi, a questo riguardo, mi pare di poter esprimere una forte perplessità, proprio sulla possibilità di poterlo gestire in termini che garantiscano realmente l'occupazione non solo per i lavoratori della Fiat ma per tutto quanto ruota attorno alla Fiat.
Per concludere, penso che sia vero, sottolineando questi aspetti, che è giunto il momento di dire che questa esperienza interroga profondamente la città, interroga ed apre delle riflessioni all'interno delle forze politiche sociali e culturali, riflessioni che devono tener conto comunque, anche del grande, grandissimo senso di responsabilità che la classe operaia torinese, pure in un momento difficile, anche attraverso metodi di lotta non facilmente gestibili, è riuscita a realizzare e con cui si è posta all'attenzione come elemento di democrazia, di partecipazione ed anche di libertà all'interno della nostra società.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerutti.



CERUTTI Giuseppe

Mi corre l'obbligo di ringraziare il Presidente della Giunta, la Giunta e il Consiglio regionale per l'azione che hanno svolto in un momento e in una situazione grave con momenti di tensione politico-sociale e di forte preoccupazione per tutto il Piemonte. La complessità e le dimensioni della vertenza hanno toccato l'aspetto economico e sociale del Piemonte. E' stata una vertenza difficile, che ha sottolineato certi aspetti nelle ultime manifestazioni di piazza.
Si è concluso però soltanto il primo atto perché il problema non è risolto: la crisi dell'auto permane in tutta la sua complessità. Con l'accordo abbiamo raggiunto una fase indispensabile che darà avvio ad un'azione che il Consiglio regionale ha avviato con il dibattito sull'economia che in questa sala si è svolto.
Finita questa fase indispensabile, in cui non ci sono stati né vinti n vincitori, in cui ha vinto la ragione ed il buon senso, ciascuna parte in causa deve assumersi le sue responsabilità: lo deve fare il sindacato per ricomporre tutte le forze lavoratrici, per evitare le rotture e le frazioni che si sono accentuate in questi giorni di dura lotta per la difesa del posto di lavoro, lo deve fare l'azienda per riconquistare il ruolo di competitività sul mercato internazionale e per mantenere la concorrenzialità dell'azienda privata; lo deve fare l'Ente Regione con tutta una serie di impegni. La Giunta e la maggioranza ne discuteranno alla fine di questo mese, al massimo all'inizio del prossimo.
Si tratta di affrontare alcuni problemi drammatici rimasti in sospeso: mobilità esterna e tutta una serie di altri problemi che attendono ancora risposta per allontanare il pericolo della disoccupazione.
La Regione, per quanto di sua competenza, dovrà svolgere un ruolo trainante per mettere in atto una serie di possibilità operative di carattere imprenditoriale in ordine alla riconversione aziendale e all'installazione di nuove strutture e di creazione di servizi, strutture e infrastrutture su tutto il territorio. Questi obiettivi vedranno impegnati il Consiglio e la Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, signori Consiglieri, ci occupiamo ancora una volta di questa vertenza, nel momento in cui il quadro generale non è ancora così disteso come tutti ci auguravamo. Le notizie che ci giungono di spiacevoli incidenti ci fanno ancora meditare: noi auguriamo, come hanno già fatto il Presidente della Giunta ed altri colleghi, che la ragione, il buon senso la necessità di serena e pacifica convivenza, abbiano il sopravvento su elementi negativi e che la vicenda si chiuda veramente in questa prima fase, perché certo ci saranno delle fasi successive. Così come auguriamo che abbiano successo quelle iniziative che la Presidenza del Consiglio regionale ha attuato per portare dei temperamenti a chi, indubbiamente, a seguito di questa situazione si trova in difficoltà economiche. Riteniamo che la bozza di accordo che oggi è all'esame dei lavoratori della Fiat conforti a posteriori l'atteggiamento che, come dimostriamo in questa sede ed anche in altre sedi di questa città, abbiamo tenuto anche quando era difficile e forse anche un po' impopolare tenere.
Abbiamo detto fermamente "no" ai licenziamenti, abbiamo ammesso sin dall'inizio la possibilità di ricorso ad una corretta e controllata mobilità esterna, abbiamo detto "sì" al ricorso alla cassa integrazione precisando che questa non doveva nascondere ritorsioni, né preludere a licenziamenti.
Colleghi, questi 35 giorni della vertenza Fiat credo che non passeranno invano per nessuno, ente o persona, ma lasciano motivo di meditazione a tutti. Sulla difesa del posto di lavoro si realizza un grande impegno ed una grande solidarietà di tutte le classi sociali. Quando è in pericolo il posto di lavoro in una Repubblica che lo garantisce nella Costituzione, la classe lavoratrice ottiene il massimo di solidarietà. La difesa del posto di lavoro non si realizza, però, astrattamente, ma è tanto più efficace se si innesta nei processi economici e produttivi. Nessuno può però sbagliare o eccedere nella valutazione dei fatti o nella loro gestione, lo hanno già ricordato colleghi che hanno parlato prima di me; il discorso vale per le parti sociali, per i sindacati, per i partiti politici. Credo che gli ultimi fatti di questa mattina debbano far meditare tutti su queste considerazioni: ciascuno ha diritto di avvalersi della libertà che la Costituzione garantisce, ma non può limitare altri diritti. Il discorso lo riprenderemo con un'interpellanza presentata questa mattina, anche per quanto riguarda i dipendenti della Regione Piemonte e la loro libertà di sciopero e di lavoro. Le limitazioni della libertà possono determinare reazioni popolari come quella che si è vista l'altro giorno a Torino e che le forze politiche tutte hanno opportunamente valutato. Io non entro in una valutazione dell'attività del Governo e voglio tralasciare anche, in questa sede, la valutazione sull'intervento della Regione - certo fatto con impegno, ma con alcuni limiti operativi - su cui sarà opportuno ritornare quando il dibattito su questi fatti si potrà ampliare.
Cosa auguriamo? Che cosa ci proponiamo? Che prevalga la ragione, come ha detto il Presidente Enrietti; che la vertenza si chiuda veramente oggi e domani, che non ci si indulga a pensare e a pesare chi ha vinto e chi ha perso: sarebbe un vuoto ed inutile esercizio: che tutti si possa operare affinché le ferite aperte nel tessuto sociale si chiudano e non si acuiscano; che la Fiat si impegni al suo rilancio in prospettiva di una visione economica e sociale, con il riconoscimento del ruolo delle forze sociali e con disponibilità verso gli Enti che hanno compiti ed indirizzi programmatori; che la Regione adempia ai suoi compiti operando concretamente nei tanti settori di competenza, nel quadro di un indirizzo nazionale non più turbato da continue crisi politiche, ma ove nei ruoli rispettivi le forze politiche possano tutte operare per il superamento di una difficile situazione economica, politica e sociale. Come Gruppo in Consiglio regionale e come forza politica opereremo con questa volontà e con queste disponibilità.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, credo sia stato opportuno l'aver promosso questa iniziativa per fare il punto della situazione in un momento delicato in cui si stanno ancora svolgendo le assemblee nella fabbrica.
Il giudizio del nostro Gruppo è complessivamente positivo, soprattutto il nostro giudizio positivo deriva dal fatto che il grande obiettivo per cui si sono battuti i lavoratori, le organizzazioni sindacali e, con diversità di toni e di sfumature, le forze politiche, è stato raggiunto: non sono passati i licenziamenti. Inviterei tutti a leggere l'articolo di Giorgio Bocca uscito ieri su "Repubblica" in cui l'articolista ricorda l'uscita di luglio di Agnelli, l'arroganza e la prepotenza con cui venne sventolata la bandiera del diritto di licenziare. Ebbene, quanto quella intransigenza, quella durezza, quella arroganza ha condizionato la vicenda! I licenziamenti non sono passati e questo è un fatto importante. Vorrei rispondere a Bastianini. Non si può con gentilezza diplomatica, un po' paternalistica, dire che non dobbiamo dare giudizi, dire che non ci sono n vinti né vincitori ed indicare nei sindacati o nel Partito comunista, a suo modo di vedere, le colpe e le responsabilità, quando la stessa forza che lui rappresenta, in altri momenti, ha dato un giudizio degli sbocchi dei problemi di crisi industriale che se non erano esplicitamente per i licenziamenti, tutto sommato, erano tali da essere così passivi da lasciarli passare. Si diceva: "Certo, ci sono esigenze legittime, bisogna trovare un contemperamento, però è implicito, a volte anche esplicito, che in una società matura, allineata con l'Europa, si possa e si debba licenziare quando se ne ha bisogno", questo era il fulcro. Allora, non si può dire oggi che in una società matura si sarebbe potuto concludere la trattativa 30 giorni fa; sì, si sarebbe potuto concludere 30 giorni fa se la Fiat non avesse voluto buttare tutto il suo peso politico ed economico per avviare in Italia una fase nuova, quella del diritto di licenziare.
Sono d'accordo che non si possono vantare particolari vittorie, ci sono tanti problemi e tante ferite profonde. Però su questo è stata riportata la vittoria di coloro che credono che mesta società può e deve andare avanti.
Si è licenziato in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Francia, in Germania e qui in Italia la durezza della lotta, rapportata alla durezza degli attacchi, ha prodotto questo importante risultato. Mi compiaccio che si sia stati uniti su questi punti: "no" ai licenziamenti e difesa del posto di lavoro.
Un altro elemento importante che viene affermato, in mezzo ad altri punti di compromesso, è la mobilità che viene correttamente affermata come mobilità da posto di lavoro a posto di lavoro.
Resta aperto il grande problema delle contraddizioni all'interno dei lavoratori: questo deve aprire una fase nuova di grande attenzione da parte di tutti per recuperare un'unità strategica della classe operaia e dei lavoratori attorno agli obiettivi di cambiamento e di trasformazione della società. In questo ci stanno anche i principi della difesa del posto di lavoro e del veto alla libertà di licenziare.
Ci sono i problemi dell'auto e qui permettetemi di fare un inciso. Come è stata condotta la vicenda? Abbiamo definito miope e inaccettabile il comportamento della Fiat, della direzione e del gruppo dirigente e oggi nel momento in cui ci si avvia verso la conclusione, dobbiamo riaffermare che con la chiusura della vertenza i problemi dell'auto rimangono.
Solleveremo i problemi di quel gruppo dirigente, delle sue responsabilità dei suoi comportamenti.
C'è, infine, il nodo dello sviluppo del Piemonte: l'atto compiuto della Giunta nell'incontro di ieri con l'indotto di cui ci è stata data notizia con il comunicato, è il terreno sul quale avvieremo il confronto. La Regione non deve essere subalterna, ma deve creare indirizzi, orientamenti opportunità e condizioni per la crescita dello sviluppo.
Mi spaventa il cinismo di certe affermazioni: il cambiare i cavalli a seconda degli esiti. Non dimentichiamoci mai dei grandi elementi che stanno al di sotto delle lotte operaie: la classe operaia, i lavoratori, la solidarietà, l'unità, il ruolo generale di governo sono cose che non possono essere intaccate dalle divisioni; non possono essere ammessi né il cinismo di alcune parti politiche né la ristrettezza di vedute di altri che intendono dividere la classe operaia.
E' dovere recuperare una vera unità, non solo l'unità di qualcuno; la lezione viene dalle sofferenze di chi ha fatto i picchetti e si è preoccupato del diritto al lavoro dell'altro, non solo del proprio.



PRESIDENTE

Il dibattito è concluso.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta") - Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Relazione della Giunta regionale sui problemi socio-sanitari


PRESIDENTE

Il punto sesto all'ordine del giorno reca: "Relazione della Giunta regionale sui problemi socio-sanitari".
La parola all'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità



PRIME CONSIDERAZIONI SULLO STATO SANITARIO IN PIEMONTE

1) Il cambiamento delle condizioni sanitarie in Piemonte; la carenza di strumenti conoscitivi Il Servizio Sanitario Nazionale è stato istituito, com'è noto, allo scopo di migliorare e rafforzare lo stato di salute dei cittadini.
Non a caso la stessa legge 833 prevede al terzo comma dell'art. 8 che il Consiglio Sanitario Nazionale predisponga una relazione annuale sullo stato sanitario del paese, sulla quale il Ministro della Sanità riferisce al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno.
Sappiamo che la IV sezione del Consiglio Sanitario Nazionale, alla quale è affidata l'istruttoria e la predisposizione dello schema della relazione annuale, è al lavoro a tal fine.
Auspichiamo che tali lavori siano sommamente solleciti affinché sia finalmente fornito alla collettività nazionale un quadro sufficientemente preciso dello stato sanitario del paese, con particolare riferimento allo stato di salute della popolazione.
Questa prima parte della relazione, pur in assenza di riferimenti nazionali certi, tenta di collocarsi in questa ottica e cerca di individuare gli elementi per una corretta valutazione dello stato sanitario in Piemonte.
D'altro canto ogni giudizio sull'efficacia del servizio può essere dato soltanto mediante l'osservazione dei risultati di cambiamento delle condizioni di salute dei cittadini stessi.
Le fonti che in materia sono, fino ad oggi, a nostra disposizione si ritrovano nelle statistiche dell'ISTAT ed in parte degli istituti mutualistici, ma queste statistiche, che pur si fregiano dell'aggettivo di "sanitarie" sono in realtà soprattutto statistiche di malattie, di infortuni e di morte.
Esse sono in definitiva il rovescio della medaglia "salute" e pertanto inadeguate rispetto all'esigenza sempre più pressante di conoscere non tanto la reale consistenza delle varie patologie, ma di arrivare all'individuazione di tutti i fattori che sono alla loro origine.
Tale individuazione - per contrastare l'aumento dei casi di cronicità ed invalidità - deve avvenire in tempo utile a consentire un'efficace azione di contrasto di quei, fattori di rischio, con l'obiettivo strategico di rimuoverli.
Tuttavia il fatto di non dispone, oggi, di strumenti conoscitivi della qualità richiesta non esime dall'obbligo di dare un giudizio, anche se obbligatoriamente approssimato, sullo stato di salute della popolazione della nostra Regione.
2) I fattori ambientali, climatici, produttivi e sociali che influiscono mille condizioni di salute.
Amministriamo un territorio nel quale vivono, lavorano ed operano oltre quattro milioni e mezzo di persone distribuite con diverse modalità di concentrazione (dalla conurbazione torinese ai Comuni isolati delle vallate ), in ambienti che manifestano sostanziali differenze climatiche (dalla pianura padana allo spartiacque alpino) e non meno grandi diversità sotto il profilo dell'organizzazione produttiva (dalla piccola proprietà contadina alle imprese agricole di tipo moderno e dall'artigianato alle grandi concentrazioni industriali), fatti tutti che non possono non avere influito sulle caratteristiche sanitarie delle popolazioni.
A ciò si aggiungano i complessi fenomeni di migrazioni all'interno della Regione e di immigrazione da altre parti d'Italia, specie dal meridione, che hanno indubbiamente comportato per decine di migliaia di uomini e donne, di bambini e di anziani, di lavoratori: momenti di adattamento a nuove condizioni ambientali che non possono non avere influito sulle loro condizioni di salute.
3) Tre fatti di rilevante importanza sanitaria.
Tutto ciò ha comportato tre fatti di rilevante importanza, anche sotto il profilo sanitario e che consistono: a) nella riduzione del peso delle fasce infantili: mentre dal 1951 al 1971 la popolazione in età fino a 13 anni era salita come peso sul totale della popolazione (dal 70,27 all'84,81 per mille) da quell'anno si manifesta un fenomeno di decremento di tale peso b) nell'aumento del peso della popolazione anziana che sale dal 1951 al 1971 (da 168,46 a 198,26 per mille) e l'incremento prosegue dopo quell'anno c) nella riduzione della popolazione attiva che, indipendentemente dalla sua redistribuzione per settori, è salita dal 1951 al 1961, mentre ha mostrato in seguito rilevanti restringimenti.
4) La riduzione del tasso di natalità e la crescita del tasso di mortalità.
Sono alla base di questi fatti una serie di fenomeni sui quali non pu non essere portata attenzione.
Nel corso degli anni il tasso di natalità è andato via via decrescendo raggiungendo nel 1977 una misura inferiore alla media nazionale (Piemonte: 10,8 per mille, Italia: 13,1) ma questo tasso alla cui base sono motivazioni di carattere sociale sulle quali in questa sede non è il caso di dilungarsi è accompagnato da un elevato tasso sia della mortalità natale che di quella perinatale.
Analogamente per quanto riguarda la mortalità infantile il Piemonte si trova al primo posto tra le Regioni dell'Italia settentrionale ed insulare in una situazione peggiore di quella riscontrata anche in alcune Regioni meridionali (Abruzzi e Sardegna).
Lo stesso discorso può ripetersi per la mortalità perinatale: 1977 - Italia: 20,9 ogni 1.000 nati vivi - Piemonte: 21,9 1978 - Italia: 20,2 ogni 1.000 nati vivi - Piemonte: 21,1 ed anche in tal caso al di sopra di tutte le Regioni già prima elencate.
Nel corso degli anni, d'altra parte, si è andato modificando anche il tasso di mortalità che nel 1977 è stato pari a 11,8 per 1.000 abitanti contro il valore nazionale di 9,7.
Ed anche qui vi sono differenze tra la nostra Regione ed il nostro Paese.
Il rischio di morte è più elevato per un cittadino del Piemonte colpito da malattia del sistema circolatorio, da tumori, da malattie dell'apparato digerente e da accidenti, avvelenamenti e traumatismi, che sono tra le famiglie più rilevanti delle cause di morte.
Tabella n. l



STATISTICA DEI DECESSI (Anno 1974)

Cause di morte Piemonte Italia casi x 1.000 ab. casi x 1.000 ab.
Malattie del sistema circolatorio 26.027 57,43 252.967 45,65 Tumore 10.922 24,14 108.192 19,52 Malattie app.
digerente 3.316 7,33 32.920 5,94 Accidenti avvelenamenti e traum. 3.189 7,07 28.939 5,22 Malattie apparato respiratorio 3.157 6,98 39.156 7,07 Sintomi e stati morbosi mal definiti 1.542 4,07 16.976 3,06 Malattie delle ghiandole endocrine della nutrizione e del metabolismo 1.174 2,59 12.372 2,23 Alcune cause di morto perinatale 958 2,12 12.159 2,19 Malattie dell'apparato genito urinario 660 1,46 8.301 1,50 Malattie infettive e parissitarie 571 1,26 5.981 1,08 Malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensi 518 1,14 5,525 1,00 Malformazioni congenite 290 0,64 3.796 0,69 Disturbi psichiatrici 119 0,26 757 0,14 Malattie del sistema osteo-articolare e del tessuto connettivo 96 0,21 891 0,16 Malattie del sangue e degli organi ematoepatici 84 0,19 847 0,15 Malattie della pelle e del sistema sottocutaneo 36 0,08 407 0,07 Complicazioni della Gravidanza e del Puerperio 14 0,03 261 0,05 5) La minaccia da malattie.
Ma oltre a considerare la gravità del fattore mortalità, non possiamo non discutere di come le nostre popolazioni siano minacciate da malattie.
E' qui da lamentare l'assenza di informazione reale, considerato che le uniche statistiche dirette sono quelle relative alle denunce delle malattie infettive dalle quali risulta che in Piemonte sono meno frequenti che nella media del Paese casi di morbillo, pertosse e di morsicatura da animali rabidi, mentre più numerosi sono i casi di varicella, paraotite epidermica e scabbia.
Tabella n° 2



DENUNCE DELLE PIU' DIFFUSE MALATTIE INFETTIVE E DIFFUSIVE:

PIEMONTE-ITALIA (1974) Malattie Piemonte Italia casi x 1.000 ab. casi x 1.000 ab) Varicella 3.661 8,09 36.000 6,50 Parotite epidemica 3.176 7,02 37.457 6,76 Epatopatie acute primitive 1 1.873 4,15 26.021 4,70 Morbillo 1.849 4,09 24.037 4.34 Scabbia 773 1,71 6.713 1,21 Pertosse 542 1,20 7,410 1,34 Morsicatura da animali rabidi o sospetti 515 1,14 23.383 4,22 Tubercolosi polmonare 485 1,07 4.002 0,72 Scarlattina 442 0,98 4.943 0,89 Sifilide 387 0,86 4.200 0,76 Blenorragia 372 0,82 5.690 1,03 Infetioni da paratifo 332 0,73 2.500 0,45 Febbre tifoide 225 0,50 4.644 0,83 Tigne 210 0,46 1.186 0,21 Brucellosi 122 0,27 2.507 0,45 Meningite spinale epidermica 66 0,15 615 0,15 Un indicatore dello stato di malattia può ritrovarsi nei ricoveri ospedalieri, anche se essi non sono di regola tutti e sempre imputabili a motivazioni di assistenza sanitaria, sfiorano 160 i cittadini piemontesi ogni 1.000 abitanti che si ricoverano in un servizio ospedaliero ed anche se siamo al di sotto della media nazionale (circa 10 per mille) non credo possa accettarsi come normale e ragionevole il fatto che ogni anno mediamente un abitante della nostra Regione trascorra in ospedale tre giorni della sua vita.
Altro indicatore da non sottovalutare è quello relativo agli infortuni sul lavoro. Al riguardo possiamo rilevare che gli infortuni sul lavoro nel settore industria - artigianato hanno nella nostra Regione un indice di frequenza (dove I.F.= numero dei casi / ore lavorate per 1.000.000) pari a 33,2 contro un indice medio nazionale di 46,8.
Caratteristiche particolari ed incidenze maggiori assumono invece gli infortuni nel settore dell'agricoltura ove l'indice di frequenza regionale è di 25,1 contro un indice medio nazionale di 24,3.
6) Le scelte del Piano: la riorganizzazione dei servizi ed i tre progetti - obiettivo.
E' di fronte a questo quadro sinteticamente delineato che le scelte del piano socio-sanitario, già presentato dalla Giunta regionale nella scorsa primavere, si sono incontrate non solo sulla riorganizzazione dei servizi ma hanno inteso indicare ai servizi riorganizzati particolari azioni di intervento a tutela della salute delle madri e dei bambini, dei lavoratori in ambiente di lavoro e degli anziani. Mi riferisco ai tre progetti obiettivo le cui finalità, per quanto concerne la tutela della salute delle madri e dei bambini, sono: la riduzione della mortalità infantile perinatale e materna, nonché del numero degli handicappati fino a riportarli alla media delle Regioni italiane del centro-nord (che attualmente è inferiore alla media piemontese del 20-25%: la riduzione inoltre - dell'istituzionalizzazione dei bambini sotto gli 8 anni, con tendenza a zero e la socializzazione dei soggetti emarginati.
Nel settore specifico della tutela dei lavoratori in ambiente di lavoro ci si pone invece gli obiettivi da: la conoscenza dei fattori di rischio presenti negli ambienti di lavoro e nel territorio la conoscenza delle condizioni di salute a questi connesse l'organizzazione dei controlli e delle strutture necessarie all'espletamento di interventi preventivi e di risanamento la riduzione dell'esposizione al rischio e la sua graduale eliminazione.
Per quanto attiene infine la tutela degli anziani ci si pone la finalità di assicurare a, tutti i soggetti un'adeguata sicurezza economico sociale garantendo a tutti la possibilità di partecipare alla vita politica, sociale, culturale e ricreativa del territorio, man tenendo l'anziano nel suo normale ambiente di vita mediante una efficace rete di servizi socio - assistenziali e assicurando - infine - la necessaria tutela della salute tramite la riqualificazione degli interventi sanitari.
7) Sistema informativo sanitario e osservatorio epidemiologico regionale.
La situazione in materia è tale che pone di fronte ad una duplice esigenza: quella di disporre di un Sistema Informativo Sanitario (S.I.S.) la cui ipotesi di realizzazione deve essere funzionale all'attuazione della riforma ed i cui compiti sono già stati indicati nel progetto di piano socio-sanitario quella di istituire un osservatorio epidemiologico regionale che partendo da un'operazione metodica di monitoraggio di alcuni fenomeni significativi, possa orientare gli interventi preventivi in particolari direzioni.
In questa logica l'Assessorato alla sanità si pone l'obiettivo, comune a tutte le Regioni, giuste conclusioni dell'incontro di Viareggio del 3 ottobre 1980, di formulare annualmente la "Relazione sullo stato sanitario della Regione", supportata da analogo documento prodotto dalle singole Unità Sanitarie Locali e conferente nell'analoga relazione che il Consiglio Sanitario Nazionale predisporrà.
Di qui la necessità che l'Assessorato alla sanità si attrezzi con un proprio centro di documentazione, a servizio di tutte le Unità Sanitarie Locali.
8) Rapporto con l'Università ed il Politecnico.
Non ultimo va ricordato - anche in ordine ai temi fin qui trattati l'indispensabile avvio di un raccordo con l'Università (in quanto tale, e pertanto non solo con la Facoltà di medicina e chirurgia) e con il Politecnico di Torino affinché l'attività di ricerca, che è compito di quelle istituzioni, sappia esplicarsi con azioni sui terni di interesse delle iniziative regionali.
9) L'apporto degli altri settori agli obiettivi di politica sanitaria.
Le considerazioni fin qui svolte rendono in dispensabile individuare esattamente il campo di azione su cui attuare la strategia di interventi necessari a conseguire l'obiettivo prefissato: più salute come crescita della qualità di vita.
E' necessario allora rifarsi alle raccomandazioni della conferenza di Alma Ata, indetta dall'O.M.S., che invitano le nazioni "ad accordare attenzione particolare ti programmi di sviluppo urbano e rurale ed d coordinamento delle attività che, nei li versi settori, hanno rapporto con la salute"; a far sì inoltre che "nelle scelte politiche e piani nazionali per la sanità sia pienamente tenuto conto degli apporti degli altri settori che hanno ripercussioni sulla salute e che accordi precisi e realistici siano presi a tutti i livelli e tutte le altre attività che contribuiscono alla promozione della salute".
Da tal i raccomandazioni deriva un preciso programma della stessa O.M.S. per il 1978-1983 intitolato "Promozione di una più stretta cooperazione dei servizi sanitari con tutti gli altri settori interessati alla promozione della salute, inclusi i servizi di assistenza sociale".
La considerazione che sta alla base di tale corrente di opinione è che la prevenzione consista soprattutto nella concreta risposta ai bisogni primari valutati corretta mente e contestualmente nell'ambiente di vita e di lavori dei cittadini, nel tentativo di ricostruire un tessuto sociale su basi nuove che rispettino e tutelino l'integrità dell'uomo e la completezza dei suoi rapporti con gli altri con l'ambiente comune.
Vengono a trovarsi intimamente connesse politiche e competenze amministrative esterne al settore socio-sanitario delle residenze con il recupero dei centri storici, ma anche del patrimonio edilizio delle zone agricole e nella montagna l'adeguamento delle infrastrutture igienico sanitarie (fognature, depuratori, discariche controllate, acquedotti ecc.), la dotazione di infrastrutture del tempo libero e del verde.
La Giunta regionale, condividendo tali assunti, intende rispettare in pieno lo spirito della legge 382 e del Decreto 616, riconfermando una strategia di intervento socio-sanitario, opportunamente integrato, pur mantenendo la specificità e complementarietà delle Singole aree di intervento e che trova il suo cardine nella proposta del piano socio sanitario per il 1980-1982, approvata dalla precedente Giunta regionale ed attualmente in Consiglio per l'approvazione e che rivendica a livello nazionale il completamento del disegno riformatore da lungo tempo interrotto.
Le linee generali di intervento sono ampiamente esposte in tale proposta; si in tende qui ribadirle e riproporle sinteticamente nella loro concretizzazione pratica; con alcuni particolari approfondimenti.



LINEE DI INTERVENTO GENERALE E PARTICOLARE: STRATEGIA GENERALE

1) Superamento dello squilibrio territoriale dei servizi.
Risulta a questo proposito necessario adottare una metodologia e una priorità degli interventi volta a garantire in primo luogo ad ogni cittadino piemontese, indipendentemente dalle sue condizioni economiche e sociali e dalla sua collocazione abitativa nel territorio regionale ragionevoli e omogenee opportunità di potersi avvalere compiutamente dei servizi di volta in volta necessari.
2) Attuazione programmata degli interventi.
Nella convinzione che "programmare è un modo di governare" l'Assessorato e la Giunta regionale intendono non solo garantire attraverso una programmazione degli interventi attuata in modo consensuale con gli organismi delle singole Unità Locali, la distribuzione perequata e concordata delle risorse, ma anche fornire, sia agli utenti che agli operatori dei servizi, un quadro di riferimento chiaro e razionale in grado di offrire anche ragionevoli certezze in ordine all'esercizio dei doveri.
3) Complementarietà e integrazione unitaria delle attività sanitarie e socio-assistenziali.
La Giunta regionale intende rispettare in pieno lo spirito della legge n. 382 e del Decreto n. 616, riconfermando esplicitamente la sua adesione alle linee fondamentali contenute nella proposta di piano sanitario e socio assistenziale triennale adottato dalla Giunta e che prevedono a livello sia di programmazione che di attuazione territoriale della rete dei servizi delle Unità Locali, la complementare integrazione unitaria sia dei servizi sanitari che di quelli socio-assistenziali, pur mantenendo la specificità operativa delle singole e differenziate attività che sono caratteristiche delle rispettive aree di intervento.
4) Unitarietà di prevenzione, cura e riabilitazione.
E' questa un'indicazione strategica che discende direttamente dagli obiettivi e dai punti di riferimento nuovi che mi sono sforzato di delineare nella prima parte della mia relazione.
In altre parole è un'ottica che vuole consapevolmente spostare l'asse dell'attenzione e degli interventi dall'obiettivo tradizionale costituito dalle "malattie" all'obiettivo più moderno, e aderente al dettato costituzionale, costituito invece dalla "salute" e alla sua massima promozione, o almeno conservazione.
In altre parole ancora, occorre passare dalla semplice cura delle malattie al massimo possibile della loro prevenzione e al massimo possibile del recupero dei loro esiti invalidanti.
A questo punto corre l'obbligo di riflettere su alcune questioni. Di fare cioè alcune doverose puntualizzazioni per evitare il rischio che sorgano e si alimentino, più del ragionevole e necessario, alcuni pericolosissimi equivoci su una materia così qualificante, ma per molti versi anche abbastanza nuova.
Tanto per intenderci penso che il Consiglio possa essere d'accordo con me se affermo che una prima indispensabile riconsiderazione, un primo responsabile ripensamento in ordine all'opportunità di procedere, senza perdere tempo, a un ragionevole ridimensionamento di certi fenomeni oggettivamente legati a un malinteso "industria delle malattie", non significano necessariamente mettere il piede sull'acceleratore e attivare senza criterio una parallela e aggiuntiva "industria della prevenzione e riabilitazione".
Pertanto, e per quanto concerne il versante della prevenzione, ritengo che alcune questioni vadano doverosamente puntualizzate E cioè, in primo luogo, che la prevenzione non si identifica necessariamente e solamente in un semplice consumo di atti medici, n tantomeno di esami radiologici e di analisi di laboratorio.
Ritornerò su questa questione in merito ai previsti "Servizi di igiene ambientale". Sull'argomento, vorrei inoltre invitare i colleghi Consiglieri a consultare il capitolo di piano dedicato ai "Servizi di Laboratorio Analisi", e che contiene anche un ampio richiamo alla letteratura mondiale sui cosiddetti "Cheek-up".
In secondo luogo vorrei sottolineare che non riteniamo produttiva una metodologia che si proponesse, tanto per intenderci, di innescare un processo che si identificasse in una pura e semplice "Medicina scolastica di tutte la popolazione e di tutti i lavoratori piemontesi".
E sotto questo profilo, ritengo che vada scoraggiata ogni velleità di creazione a tappeto di specifici "servizi in parallelo per la prevenzione".
Se ciò facessimo ci incammineremo sulla strada di un colossale spreco di risorse attivando oltre il resto dei servizi fantasma che in ogni caso o non incontrano quasi mai, o fanno un'enorme fatica ad incontrare, nella loro operatività, l'insieme dei servizi di cui normalmente la gente si avvale.
E' infatti generale convinzione, ormai maturata anche a livello nazionale oltre che mondiale, che la battaglia per la prevenzione La si vince solo a condizione che "tutto il sistema sanitario di una determinata comunità sia consapevolmente impegnato anche sul versante della prevenzione".
Il che significa che tutte le articolazioni dei previsti servizi, se del caso adeguatamente rinforzate, e con opportune e ben definite modalità partecipino a vario titolo a campagne e programmi impostati e organizzati di intervento per specifiche e ben definite fasce di rischio.
Il che non è precisamente la metodologia dei servizi in parallelo e aggiuntivi.
Altrettanto dicasi per il versante riabilitazione. Anche in questo caso, e soprattutto anche in considerazione del noto aumento della fascia di popolazione anziana, non riteniamo opportuno che venga lasciato un pericoloso spazio per alimentare una particolare versione di quella che abbiamo chiamata come una possibile industria della riabilitazione intesa come variante sanitaria della più generale e niente affatto ipotetica "industria del vecchietto".
Senza la pretesa di rubare lo spazio, e tantomeno il mestiere, alla brava collega Cernetti Bertozzi penso tuttavia che vadano fatte anche qui alcune doverose puntualizzazioni.
Non ci convincono ad esempio cosiddetti reparti, piccoli è grandi che essi siano, di riabilitazione e tantomeno di fisioterapia, i quali finiscono, al di là di ogni pur onesto e anche magari lodevole proposito per essere dei semplici serbatoi di seconda istanza, perennemente intasati e in cui si scaricano gli insuccessi terapeutici dei veri e normali reparti di ricovero degli ospedali.
Noi, condividendo la proposta di piano sull'argomento, riteniamo invece che in ogni ospedale ci debba essere uno specifico e qualificato Servizio di Riabilitazione, con propri organici, propria idonea strumentazione e propri locali, che articoli la propria presenza e la propria disponibilità in modo variabile e graduato, a supporto tanto dei singoli reparti di normale ricovero sia del previsto "ospedale di giorno", e che può infine prolungare la propria articolazione operativa unitaria fino al sistema dei servizi integrativi collocati nel territorio.
Il che evidentemente è una cosa assai diversa, operativamente più attiva e più agile. E certamente più produttiva, non foss'altro per il fatto che, anziché sottrarre gli altri reparti e servizi, sia ospedalieri e territoriali, dall'obbligo di impegnarsi anche sul versante della riabilitazione e del recupero, invece li coinvolge responsabilmente utilizzando nel contempo al meglio anche le loro specifiche competenze.
Attività complessa quindi, che si avvale naturalmente anche dei tradizionali strumenti della cosiddetta fisioterapia ma che non si identifica e non si esaurisce solo con questi.
5) Privilegio delle attività pubbliche in ordine all'utilizzo delle risorse disponibili e ruolo delle attività di imprenditorialità privata nel settore sanitario e socio-assistenziale.
E' evidente che nel complesso e impegnativo quadro strategico, fin qui sommariamente delineato, il criterio principale che deve muovere la Giunta regionale nell'utilizzo delle pubbliche risorse disponibili, non può che essere quello di privilegio dell'intervento pubblico nel soddisfacimento dei bisogni dei cittadini.
Pertanto, ribadito questo concetto di fondo, peraltro già affermato più volte in numerosi atri ufficiali sia della precedente Giunta che del Consiglio, ne deriva che il ricorso alle attività della cosiddetta area privatistica, rispetto alla rete dei servizi pubblici regionali, non pu considerarsi altrimenti che come subordinato e temporaneamente surrogatorio e vicariante.
Ritengo che questo concetto vada sottoposto da parte dei colleghi Consiglieri ad attenta e responsabile riflessione.
Non vuole cioè significare ostilità preconcetta contro le attività imprenditoriali private nel settore sanitario è socio-assistenziale.
Rappresenta, anzi, da parte della Giunta regionale, un responsabile e doveroso contributo al fine di delineare a tutti e ad ognuno un realistico quadro di ragionevoli certezze.
Quadro realistico che può e deve costituire un elemento di riferimento chiaro e attendibile per eventuali progetti di investimento non avventuristici anche per l'imprenditorialità privata.
E' noto che quest'ultima può orientare i propri investimenti sia nel settore di ricovero come nel settore delle attività ambulatoriali, e più propriamente delle attività di diagnostica strumentale.
Nell'un caso come nell'altro, dato l'impetuoso sviluppo tecnologico della medicina soprattutto nell'ultimo decennio, gli investimenti in questo settore sono diventati obbligatoriamente impegnativi.
Va sottolineato come già nel settore del ricovero, cioè nel settore delle Case di Cura private, è stato sufficiente un doppio e contestuale ordine di fattori per mettere in seria crisi di sopravvivenza l'intero settore.
E cioè, da una parte la progressiva crescita quantitativa e qualitativa della rete regionale di ospedali pubblici e dall'altra la doverosa, se pur a lungo rimandata, emanazione di vincolanti direttive ministeriali in ordine ad elementari requisiti minimi di funzionalità a cui si sono dovute finalmente attenere anche le Case di Cura private.
Risultato di tutto questo è stata una sempre crescente proposta di svendere e accollare alla Regione diverse strutture di ricovero che non risultano più imprenditorialmente remunerative.
La stessa cosa si sta verificando per l'attività diagnostica, e segnatamente di laboratorio. E questo è avvenuto soprattutto in altre Regioni dove è già stata emanata la specifica legislazione regionale prevista dall'art. 44 della legge 853, che per parte nostra presenteremo in una delle prossime sedute del Consiglio.
In altre parole l'acquisto avventuroso di costose attrezzature, non sostenuto da una mole di lavoro adeguato, comporta inevitabilmente un processo di ricerca affannosa di richieste indotte e artificiose nonché di convenzioni, strappate ad ogni costo all'Ente pubblico, per sopravvivere.
Orbene, questo artificio rischia anche in questo caso di mostrare tutta la sua precarietà non appena i servizi diagnostici della rete pubblica cominciano a funzionare appena decentemente, e nel contempo la prevista legislazione richiede doverosamente anche ai presidi privati di dotarsi almeno dei requisiti minimi di funzionalità imposti ai servizi pubblici.
Dal momento che non penso che questo Consiglio veda come positiva la prospettiva, neanche troppo remota, di doversi fare carico anche della gestione regionale diretta, e anche in molti casi dei difficili problemi di riconversione d'uso dei rifiuti e degli insuccessi gestionali degli imprenditori privati di cose sanitarie, ho ritenuto di offrire ai colleghi Consiglieri un quadro realistico ed aggiornato della situazione e delle linee di tendenza in questo tormentato settore, affinché ne prendano tempestiva e consapevole nota, a tutti i possibili effetti sia attuali che prevedibilmente futuri.



L'ARTICOLAZIONE FUNZIONALE DELLA RETE REGIONALE DEI SERVIZI SANITARI E

SOCIO-ASSISTENZIALI RIFORMATI 6) I distretti socio-sanitari di base.
Riordinare i servizi secondo moduli organizzativi coerenti con gli obiettivi fondamentali del piano sanitario nazionale e regionale significa realizzare, anche e soprattutto, attraverso una riconversione dell'esistente una serie di nuove strutture operanti per lo più secondo tipologie dipartimentali, dando così adeguate risposte ad istanze e bisogni diffusamente avvertiti in alcuni campi quali ad esempio la tutela della salute dei lavoratori, la tutela della salute mentale, la tutela materno infantile, gli interventi risolutivi nelle emergenze cliniche.
In questo quadro assume particolare rilevanza un qualificante indirizzo di fondo contenuto nella proposta di piano sanitari o regionale adottata dalla Giunta e che viene proposta al Consiglio e su cui viene avviata la consultazione nel territorio regionale, e cioè la priorità esplicitamente assegnata ai servizi di base e a quelli integrativi dei medesimi a livello territoriale, nel programma complessivo di riordino e potenziamento della rete regionale di servizi sanitari e socio-assistenziali.
E' profonda e meditata convinzione della Giunta, d'altra parte confortata dalle indicazioni della legge di riforma n. 833 nonché dagli indirizzi del Piano Sanitario Nazionale tuttora in discussione presso i due rami del Parlamento, che il completamento e il potenziamento equilibrato in ogni zona del Piemonte, della rete dei servizi di base e dei servizi poliambulatoriali integrativi dei medesimi, debba costituire obiettivo prioritario del piano triennale.
E ciò anche al fine di consentire una risposta più conveniente, e a dimensione territorialmente più immediata, alla grande maggioranza dei bisogni espressi dalle popolazioni. E con ciò stesso alleggerendo e ridimensionando opportunamente l'insieme di richieste e pressioni che oggi si polarizzano indebitamente a livello di istituzioni ospedaliere.
La costruzione dei nuovi servizi di Unità Locale dei Servizi dovrà avvenire a partire dal livello più decentrato, dai distretti socio-sanitari di base. Su tale costruzione la Giunta regionale intende impegnare innanzitutto le singole Unità Locali.
Il servizio di distretto si identifica con l'attività integrata degli operatori del gruppo di base, il quale assumerà il ruolo di ordinatore dell'attività di tutto il servizio socio-sanitario in ogni singola zona, in una corretta interpretazione dei rispettivi ruoli, volta anche alla correzione della domanda attualmente distorta.
All'interno del gruppo di base particolare rilievo assumono le figure della nuova infermiera territoriale e del nuovo medico di base. La costruzione di queste figure professionali, a tutela dei singoli, delle famiglie e delle comunità locali, deve tenere conto concretamente di tutti gli elementi di valorizzazione e di regolamentazione della professionalità di cui dispongono gli Organi di gestione del nuovo servizio socio sanitario. Mentre per la prima figura occorrerà ancora un massiccio sforzo di formazione, è della seconda figura, il medico, che, attraverso vie diverse, come il recupero dei medici condotti nella pianta organica di U.S.L., inizia la costruzione del servizio di distretto.
In particolare - e questo va opportunamente sottolineato - il rigoroso rispetto dei diritti e dei doveri sanciti dalla convenzione per la medicina generica deve essere un cardine di tale politica, tenendo conto che lo strumento convenzionale va da un lato migliorato per renderlo completamente rispondente ai dettami della legge di riforma, e dall'altro difeso da attacchi concentrici che tendono a farne non elemento di ordine e programmazione ma mero strumento di regolamentazione dell'aspetto economico del rapporto con la categoria dei medici convenzionati.
Anche dal corretto e adeguato utilizzo dello stesso strumento di convenzione vigente possono emergere concrete modalità di utilizzo nuovo e più qualificato delle competenze professionali e del medico di base, anche come animatore e coordinatore delle altre figure professionali presenti nel distretto.
In altre parole la stessa convenzione in atto, responsabilmente sottoscritta dalla parte pubblica e dalla rappresentanza dei medici sancisce la possibilità di utilizzare i medici di base, generici e pediatri, per attività programmate di medicina preventiva mirata.
Orbene, questa innovativa disponibilità, sinora assai scarsamente sfruttata,potrà nella nuova dimensione distrettuale organizzata esprimere finalmente la sua concreta potenzialità operativa.
Alcuni elementi innovativi del servizio di base recentemente introdotti, quale la Guardia Medica, dovranno poi razionalmente prefigurare, sulla base dell'esperienza accumulata dalla nuova dimensione distrettuale nonché mediante opportuni interventi di potenziamento l'ambito di massima efficacia sia nella tempestiva risposta alle urgenze reali sia nel determinare corrette richieste da parte dei cittadini.
I SERVIZI POLIAMBULATORIALI E OSPEDALIERI INTEGRATIVI DEL DISTRETTO DI BASE 7) I poliambulatori e gli altri servizi specializzati di zona.
Fermo restando che perno organizzativo e funzionale dell'interno dispositivo di servizi delle singole Unità Locali è il servizio distrettuale di base, costituito dai medici residenti e dai loro collaboratori nonché dalle altre figure professionali sanitarie e socio assistenziali previste, il resto dei servizi presenti nelle singole U.L.S.
o eccezionalmente quelli delle U.L.S. contermini, agisce da supporto autonomo e qualificato del complesso dei servizi distrettuali di base di volta in volta disponibile e variamente utilizzabile a seconda delle necessità espresse dal servizio distrettuale di base, e in primo luogo dai suoi medici.
Questo concetto, che dovrà essere convenientemente tradotto in opportune modalità operative da attivare, costituisce il presupposto necessario e indispensabile per una più responsabile e agevole presa in carico diretta da parte dei medici di base e di quelli dei servizi poliambulatoriali specialistici e anche per una più consapevole e sicura protezione del cittadino contro i ricoveri ospedalieri indebiti.
Questo sarà reso possibile, oltre il resto, anche dal potenziamento e dalla maggiore e più articolata disponibilità del laboratorio di analisi pubblico, nonché degli altri servizi pubblici di diagnostica strumentale (radiologia, cardiologia e così via).
Grande rilevanza sotto questo aspetto assume poi lo specifico "Progetto Laboratori di Analisi", già avviato nella precedente legislatura, e volto in primo luogo a consentire una decisa crescita, su tutto il territorio regionale del potenziale operativo dei lavoratori pubblici, ma che costituisce anche, tramite i punti di prelievo distribuiti a livello di distretto, oltreché un concreto modo di venire incontro alle particolari esigenze delle comunità più decentrate, anche un primo sostanziale raccordo di un servizio ospedaliero qualificato con i servizi del territorio.
Ma con questo siamo ancora, se pure ad un livello di maggiore e più articolata efficienza operativa, nell'ambito di una metodologia che attiene di più alla cura delle malattie che non al risanamento dell'ambiente.
A questo scopo, e accanto al complesso delle attività specialistiche poliambulatoriali, è infatti previsto un altro settore fondamentale, sia all'interno dell'Unità Locale che come attività multizonale: e cioè la cosiddetta "Igiene Pubblica" con i nuovi Servizi di Igiene delle singole U.S.L., finalmente costituiti e distribuiti capillarmente.
E a supporto di questi, anche i Laboratori di Sanità Pubblica, decisivo superamento dei vecchi Laboratori Provinciali di Igiene e Profilassi adeguatamente potenziati, riconvertiti e redistribuiti con nuovi criteri nel territorio.
Sono inoltre noti, e sull'argomento non mi dilungo, i tre fondamentali "progetti-obiettivi": tutela della maternità e infanzia, degli anziani e dei lavoratori. Di per sé elemento di impulso e di convergenza di attività operative integrate dai normali servizi delle singole Unità Locali.
In particolare il progetto-obiettivo: "tutela della salute dei lavoratori"; costituisce altresì una scelta qualificante della Giunta, più volte confermata anche dal Consiglio regionale.
Pertanto tale scelta non vuole solo significare una responsabile acquisizione di un complesso di originali proposte e rivendicazioni espressa da tutte le componenti del movimento dei lavoratori piemontesi, ma deve anche essere un elemento nodale per avviare una concreta attività di controllo della nocività ambientale in generale e di graduale ma costante e positiva modificazione dell'ambiente di vita e di lavoro dell'intera comunità piemontese.
8) I servizi ospedalieri e il loro nuovo ruolo integrato, in rete e con i servizi territoriali.
Si è già detto dell'integrazione operativa unitaria delle attività dei poliambulatori specialistici con i servizi distrettuali di base, di cui costituiscono i naturali e i più immediati supporti.
A queste attività di supporto, ancora più qualificato, devono partecipare in seconda istanza anche i servizi presenti in ospedale.
Non solo, ma in una rete regionale integrata, e non più fatta di cittadelle separate i di presidi ospedalieri; ciascun presidio più dotato di servizi e reparti specialisti deve lavorare a necessario supporto anche del presidio ospedaliero con termine che, per dimensione e collocazione territoriale, non preveda al suo interno certe funzioni.
Vanno visti in questa ottica sia il principio dell' "ospedale generale unico" sia il superamento degli ospedali monospecialistici e la redistribuzione delle specialità meno frequenti, oggi prevalentemente concentrate nell'area torinese.
Appare evidente come questo articolato organico con flusso di attività costituisca anche l'indispensabile presupposto per consentire un necessario processo di riequilibrio, e quindi anche una conseguente razionale qualificazione in senso moderno, dell'intera rete regionale di presidi ospedalieri.
Va sottolineato come anche la legge di riforma, nonché gli indirizzi di Piano Nazionale, affidino al presidio ospedaliero un ruolo nuovo rispetto a quello tradizionale.
Ruolo nuovo che si caratterizza, oltre che per il superamento della tradizionale "separatezza" dell'ospedale rispetto ai servizi territoriali anche per un conveniente ridimensionamento dei tradizionali reparti di ricovero, contestualmente con un adeguato potenziamento di specifici servizi che possono trovare collocazione e qualificazione solo in ambiente ospedaliero.
Vanno in questa direzione di riqualificazione programmata degli ospedali le seguenti iniziative, in parte già proposte nella prima legislatura, e altre avviate nella seconda, quali: la prima rete di Dipartimenti di Emergenza e Accettazione e il potenziamento dei servizi di Pronto Soccorso in tutti gli ospedali la costruzione della Centrale Operativa di chiamata-soccorso e di coordinamento degli ospedali dipartimentali e delle stazioni di ambulanze dell'area metropolitana torinese l'attivazione di 26 Servizi ospedalieri di diagnosi e cura in applicazione della legge 180 sulla tutela della salute mentale la larga diffusione, presso tutti i reparti ostetrici ospedalieri delle attività per l'interruzione volontaria di gravidanza, in collegamento con la rete dei Consultori e in applicazione della legge 194 l'attuazione di una diffusa rete di servizi ospedalieri e ambulatori di dialisi per il trattamento dell'uremia cronica, rete su cui si innesta anche la prossima entrata in funzione di un Centro Dipartimentale per i trapianti di rene presso l'ospedale Molinette il potenziamento in personale e attrezzature dei servizi ospedalieri di Laboratorio Analisi e il loro collegamento con punti di prelievo territoriali, come avvio di un generale potenziamento e riqualificazione dell'intera rete regionale di presidi diagnostici pubblici l'avvio dei primi reparti qualificati per il trattamento delle malattie a rischio invalidante, soprattutto per la popolazione anziana.
A questo insieme di iniziative e interventi già in corso di attuazione andrà aggiunto anche uno specifico programma finalizzato a una più larga diffusione e qualificazione dei servizi ospedalieri ed extraospedalieri di riabilitazione, nonché l'attivazione graduale, ma che dovrà interessare tutti i presidi ospedalieri, del cosiddetto "Ospedale di giorno", che rende possibile l'utilizzo del potenziale operativo qualificato dell'ospedale anche per una limitata parte della giornata.
In questo quadro gli ospedali verranno altresì stimolati a fornire uno specifico e qualificato contributo al fine di consentire anche il completamento e l'attivazione dei previsti servizi integrativi territoriali nelle zone carenti.
In questo articolato complesso di iniziative assume infine grande rilevanza, dal punto di vista metodologico e per i riflessi che il problema oggettivamente determina su tutta la rete regionale dei servizi l'obiettivo di pervenire, con la necessaria gradualità ma nel rispetto delle linee e delle indicazioni di Piano, ad un più razionale riequilibrio dei presidi ospedalieri e delle loro funzioni, nonché alla re distribuzione e al potenziamento della rete di poliambulatori dell'area metropolitana di Torino.
Questo particolare e non secondario aspetto dovrà essere affrontato nell'ambito ai uno speciale "Progetto Torino per la rete Ospedaliera e poliambulatoriale", che verrà definito consensualmente fra Regione, Comune e Comprensorio di Torino.
La Giunta si impegna altresì a compiere un'indagine ragionata sul fenomeno del ricorso, da parte di cittadini piemontesi, a servizi ospedalieri e di consulenza presso altre Regioni e soprattutto all'estero.
E ciò al fine di acquisire elementi di ragione sull'incidenza e anche sulle motivazioni di tale fenomeno e per verificare l'eventuale possibilità di attivare e qualificare alcuni speciali servizi in sede piemontese che consentano di evitare, o almeno di limitare, i disagi legati al ricorso a servizi sanitari operanti fuori della Regione.
9) La formazione e riqualificazione professionale e i rapporti con l'Università.
Non possiamo nascondere che un'articolazione regionale di servizi, come è stata sin qui molto sommariamente illustrata, ma nel contempo anche così riccamente complessa, per funzionare ad un ragionevole regime richieda un'adeguata e differenziata mole di personale e di capacità professionali.
Per questo nel Piano triennale proposto dalla Giunta trovano così largo spazio metodologico e pratico le attività di formazione e riqualificazione professionale, di cui peraltro già da almeno un biennio si sono avviate diverse e capillarizzate attuazioni.
Direi anzi che questa specifica partita di per sé costituisca un ulteriore e non avveniristico "progetto-obiettivo".
E' già in atto un poderoso sforzo nel settore della formazione di base infermieristica; l'entrata in funzione delle U.S.L. dovrà permettere rapidamente l'attuazione di attività decentrate e continue di formazione permanente a partire dai settori interessati ai tre progetti-obiettivo fino a tutti i progetti speciali di intervento.
Non bisogna tuttavia dimenticare che la sede di formazione di numerose figure professionali rimane tuttora fuori dei servizi regionali.
Lamentando le gravissime carenze della legge di riforma della scuola media superiore e, dell'Università che ci priva di importantissimi strumenti, la Giunta regionale ritiene tuttavia che la convenzione Regione Università debba essere uno strumento fondamentale per ottenere l'integrazione tra servizi regionali e attività universitarie sia sul piano assistenziale che formativo, sia con la facoltà di medicina che con tutte le altre facoltà.
Si segnala in particolare la necessità di introdurre novità sostanziali nel corso di laurea e di ristrutturare profondamente il settore delle specializzazioni.
In ogni caso è interesse della Regione Piemonte favorire l'incremento del potenziale scientifico e formativo dell'Università, nonché utilizzare nel modo più completo tale potenziale come contributo specifico e qualificato richiesto all'Università per il raggiungimento dei fini istituzionali e per la realizzazione dei piani e programmi regionali.
A tal fine, e fermo restando il rispetto delle autonomie istituzionali di entrambi gli Enti, dovrà stabilirsi un complesso di rapporti organici e positivi fra Regione e Università di Torino, in tutte le sue articolazioni.
Nello specifico della materia sanitaria e assistenziale appare comunque necessario, e con opportune modalità, andare al di là dei tradizionale e periodico rinnovo delle convenzioni che regolano il regime dei rapporti con gli Istituti Clinici della Facoltà di Medicina, in ordine soprattutto alla componente di ricovero dell'assistenza Sanitaria.
Il Piano Sanitario Regionale, sotto questo profilo, può infatti consentire tanto un coretto inserimento della componente Universitaria nel complesso dei servizi individuati e attivati dal Piano, come una Valorizzazione del potenziamento operativo e di proposta dell'Università sia sul versante della ricerca finalizzata, e consensualmente programmata sia sul versante della definizione di programmi necessari per Colmare le lacune di personale specializzato, medico e non medico.
10) Il sistema informativo e degli "indicatori di salute".
Le considerazioni esposte nella parte introduttiva di questa relazione in ordine alla necessità e opportunità di spostare l'ottica e l'asse degli interventi operativi dal tradizionale obiettivo malattie al più nuovo obiettivo inteso come salute impone l'individuazione e la graduale attivazione di un adatto sistema di "indicatori" dello stato di salute della comunità piemontese, sulla cui evoluzione commisurare obiettivamente le modalità e priorità degli interventi, nonché valutarne mano a mano il grado di efficacia e di efficienza: Emerge quindi la necessità di realizzare compiutamente un servizio informativo sanitario regionale che nelle varie sue articolazioni centrali e periferiche, rapportandosi doverosamente in sede nazionale, assicuri a dimensione regionale l'esatta e tempestiva conoscenza dei fenomeni socio sanitari nelle loro evoluzioni, consenta la socializzazione delle conoscenze e delle informazioni, quale presupposto essenziale di una effettiva, reale e non mistificata partecipazione sociale alla gestione dei servizi.
Particolare importanza in questo quadro assume la predisposizione della "Tessera del Servizio Sanitario Regionale" che verrà consegnata a tutti i cittadini piemontesi con opportune modalità.
Alla "Tessera" verrà accluso un sintetico ma esauriente vademecum, di cui può essere previsto anche l'aggiornamento annuale, contenente tutte le notizie utili per il cittadino in ordine ai presidi e servizi territorialmente disponibili nonché alle risposte operative che ciascuno di questi è tenuto a dare alle differenziate esigenze di volta in volta espresse dagli utenti.
In prospettiva verrà studiata l'opportunità di sostituire la "Tessera" oppure integrarla, con uno specifico "Libretto sanitario" individuale.
Tale iniziativa non risponde solo all'elementare dovere di garantire ad ogni cittadino la ragionevole certezza dei propri diritti e la necessaria conoscenza della potenzialità e collocazione degli strumenti predisposti per soddisfarli, ma vuole anche significare lo sforzo della Regione per individuare e attuare delle modalità, concrete e immediatamente percepibili, di nuovo e più positivo tipo di rapporto della Regione stessa con i cittadini utenti.
Il) Il personale del Servizio Sanitario Regionale e i suoi rapporti con i servizi.
Come è noto il personale che a vario titolo, e con diverse competenze professionali, opera nei servizi previsti dal Piano appartiene a due fondamentali categorie: personale convenzionato personale a rapporto diretto.
E' una distinzione questa che corrisponde a un dato di fatto reale, di cui bisogna ovviamente tenere conto, ma che non soddisfa compiutamente in quanto non riesce a cogliere alcuni essenziali dati di fondo che sono poi comuni ad entrambe le categorie.
Mette cioè troppo l'accento su problematiche contrattuali contingenti lasciando invece in ombra alcune problematiche comuni, e in primo luogo alcune profonde modificazioni, intervenute soprattutto nell'ultimo decennio e dovute a un processo storico dinamico, e che hanno profondamente inciso sui ruoli e sulle figure professionali, come conseguenza dello sviluppo tecnico, e quindi anche organizzativo, sia della medicina che dei servizi sociali.
Non è pertanto pensabile che in un inondo in cui tutto cambia con un ritmo così impressionante, solo la sanità e i suoi operatori possano coltivare l'illusione di stare fermi.
E' questa una illusione pericolosa e deleteria non solo per i cittadini utenti dei servizi sanitari, ma può esserlo ancora di più per gli operatori. i quali a volte rischiano di logorarsi in una sterile battaglia di retroguardia e di resistenza in difesa di ruoli e funzioni, con connotazioni ancorate a una mitica "tradizione" che da una parte rischia di trovarsi sempre più in contraddizione e superata dallo sviluppo anche tecnologico della medicina, mentre dall'altra mostra sempre di più la corda di discutibili caratteri di fondo tipici di una medicina intesa come puro fatto consumistico - mercantilistico.
Non vorrei che quanto detto fino qui venisse male interpretato. Venisse cioè inteso come un tentativo di evasione in una sfera moralistica che non è nello stile mio né dello schieramento a cui appartengo.
Penso tuttavia che non compirei, sul piano politico e sul piano etico e quindi non solo banalmente moralistico, il mio elementare dovere di Assessore alla sanità della Regione se facessi finta, nella mia relazione di ignorare questi problemi, soprattutto se non cogliessi proprio questa occasione anche per offrire spunti di riflessione al nostro Consiglio anche su questo specifico, delicatissimo e non banale problema: spunti di riflessione, e per carità non dogmi né soluzioni belle e pronte, ma un invito al dibattito e a fornire ragionati e responsabili contributi per approfondire e portare avanti insieme, collegialmente, anche questo non secondario argomento.
E cioè come la Giunta, il Consiglio regionale, le forze politiche in altre parole i rappresentanti dell'intera comunità regionale ciascuno al proprio livello di esercizio, vogliono che operino e si comportino gli operatori sanitari di questo nostro concreto Piemonte, e cosa intendono chiedere loro per fare crescere in senso moderno la salute dei cittadini piemontesi, e quindi anche dei servizi positivamente organizzati per garantirla.
Personalmente, ritengo che ai medici e agli operatori sanitari e socio assistenziali vadano soprattutto richieste le seguenti cose: che siano adeguatamente motivati per i compiti delicati e difficili che devono affrontare che siano ben preparati, qualificati e disponibili al permanente aggiornamento delle loro nozioni in coerenza dell'altrettanto permanente evoluzione della società e quindi anche della medicina e della sanità che la loro qualificazione professionale e il loro impegno sociale trovi adeguati riconoscimenti economici, e non solo economici che attraverso specifici e qualificati contributi, siano protagonisti attivi, consapevoli e responsabili, del razionale e armonico processo di crescita dell'insieme dei servizi regionali riformati, rifuggendo dalla tentazione di rinchiudersi in sterili e contingenti orticelli corporativi che, definito il disegno generale dei servizi regionali a disposizione dei cittadini, rivendichino e perseguano in questo quadro, e non viceversa, consensualmente con le forze politico - amministrative territorialmente competenti, la ricerca della migliore collocazione normativa ed economica possibile delle singole figure e categorie professionali, compatibilmente con le funzionalità dei servizi e la disponibilità delle risorse che acquistino sempre di più la consapevolezza che, oltreché tecnici .della salute, sono anche cittadini finanziatori dei servizi nonch cittadini potenzialmente utenti dei medesimi. E pertanto, anche sotto questo profilo, debbono sentirsi interessati, m prima persona e come e di più di ogni altro cittadino cosciente, a una crescita razionale non anomala dei servizi e a scoraggiarne l'uso distorto e puramente consumistico.
Rispettati questi fondamentali presupposti abbiamo la serena e profonda convinzione che gli elementi di convergenza è di coincidenza di interessi di fondo, fra cittadini utenti e operatori con i loro servizi , siano assolutamente prevalenti rispetto agli elementi, spesso artificiosi, di contrasto.
Se sapremo coerentemente perseguire insieme il molto che unisce queste due componenti, scoraggiando e mettendo in seconda linea il poco che pu anche dividerle, apriremo certo una prospettiva nuova e più positiva all'avvenire della sanità in Piemonte.
In questo quadro, un contestuale discorso va fatto anche per quanto concerne il ruolo e l'apporto del cosiddetto associazionismo volontario e alla sua valorizzazione che la Regione Piemonte intende positivamente perseguire, anche in ossequio a specifiche indicazioni della legge di riforma.
Nell'ambito di compiti, attività e loro livelli di esercizio, nonch delle articolazioni e dei riferimenti territoriali dei previsti servizi appaiono ben definibili e delineabili anche gli spazi operativi in cui valorizzare ruoli e funzioni che sono tradizionale patrimonio delle "Associazioni di Volontariato", anche al di là delle ormai affermate e benemerite iniziative nel campo delle emergenze e della donazione del sangue.
IL FINANZIAMENTO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E REGIONALE



GLI OBIETTIVI

1) Gli obiettivi finanziari.
La legge 833/78 di riforma sanitaria pone la qualità dell'uso delle risorse monetarie pubbliche da destinare al servizio socio-sanitario come uno degli aspetti centrali della riforma e considera la questione sotto tre punti di vista fra di loro complementari: il primo riguarda il controllo della spesa in termini di efficienza e di efficacia ; il secondo riguarda l'allocazione delle risorse monetarie in termini di equiparazione del servizio per tutti i cittadini; il terzo ricompone in termini di programmazione sotto il Fondo Sanitario Nazionale la tradizionale divisione delle fonti .finanziarie in pubbliche e semipubbliche.
Stante il meccanismo di riforma, questi tre punti di vista assurgono al ruolo di obiettivi di riforma che coinvolgono il sistema dei finanziamenti la politica del controllo e la qualificazione della spesa.
Di questi obiettivi, allo stato attuale di attuazione della riforma solo il primo è stato parzialmente raggiunto con l'istituzione del Fondo Sanitario Nazionale e dei singoli Fondi Sanitari Regionali, mentre gli altri due obiettivi si vengono a presentare come specifici obiettivi da raggiungere nei tempi ai attuazione della riforma.
2) II Fondo Sanitario Regionale.
Il Fondo Sanitario Regionale costituisce l'unica fonte di finanziamento per quanto riguarda la spesa sanitaria. La spesa assistenziale è invece formata dall'insieme delle risorse finanziarie a disposizione dei Comuni per questa destinazione, di origine statale, regionale o propria (redditi diretti e indiretti, ripiano del bilancio, ecc.). Il Fondo Sanitario Regionale è costituito dalla quota del Fondo Sanitario Nazionale assegnato alla Regione Piemonte in base al piano sanitario nazionale, e con le modalità di cui diremo in seguito.
Inoltre il Fondo Sanitario Regionale sarà sua volta suddiviso a regime tra le U.S.L. sulla base di parametri definiti con legge regionale, tenendo conto degli obiettivi di piano, del fabbisogno reale e della spesa storica.
Le quote finanziarie di competenza delle associazioni dei Comuni per la spesa assistenziale vengono distribuite fra le U.L.S. sulla base delle entrate di competenza dei Comuni appartenenti alle singole associazioni e sulla base della legge regionale di riarto.
3) Efficacia ed efficienza della spesa.
Il problema dell'efficacia e dell'efficienza non può essere risolto in termini di controllo puro e semplice del sistema dei finanziamenti e della spesa. Infatti è necessario ricordare che le risorse monetarie impiegate nel servizio servono ad acquistare le risorse reali che servono a produrre ed erogare il servizio; quindi il problema della qualificazione per efficacia ed efficienza del servizio, così come quello della riallocazione delle risorse, può essere affrontato e risolto soprattutto con interventi e politiche sulle risorse reali; scarsi risultati avrebbero un intervento che fosse limitato alle sole risorse monetarie, si rimette così all'attuazione di tutto il piano regionale nel suo complesso il compito di modificare la struttura della spesa e la sua dinamica. Si tratta quindi di porsi il problema, difficile e complesso ma improrogabile di intervenire sul sistema complesso delle risorse reali per controllare la spesa sanitaria e non viceversa. E' questo un obiettivo qualificante che andrà a cozzare contro interessi precostituiti, spesso, ma non sempre, corporativi e contro una struttura consolidata nel tempo e nella prassi, nei confronti dei quali gradualità, partecipazione e informazione sono indispensabili; ma, d'altro canto è l'unica via percorribile se si intendono realizzare gli obiettivi nella legge di riforma sanitaria.
4) Obiettivi della gestione delle risorse.
In generale la gestione delle risorse impiegate nel piano socio sanitario non può porsi solo l'obiettivo di mantenere il livello attuale dei servizi, ma anzi obiettivi fondamentali della gestione sono il miglioramento qualitativo dei livelli attuali dei servizi e l'aumento del rendimento della spesa. A questo scopo, le risorse, reali e finanziarie impiegate nel piano socio-sanitario regionale devono essere finalizzate al conseguimento degli obiettivi di piano e costantemente verificate sulla base di indicatori e controllate utilizzando la contabilità dei costi l'analisi di bilancio e il controllo budgetario.
Si pone allora il problema complessivo della conoscenza della spesa sostenuta e da sostenere. Ciò comporta due ordini di questioni: Il primo sta nella necessità di attivare, con la gradualità imposta dalle strutture del servizio, il sistema informativo sanitario e di comunicare i dati statistici, epidemiologici, organizzativi e finanziari necessari rispettivamente per le esigenze centrali e regionali di conoscenza, di analisi, di programmazione e di controllo secondo, sta nella necessità di individuare e definire in termini operativi entro questo piano regionale un sistema integrato da indicatori di efficienza e di efficacia, per la verifica complessiva e periodica della programmazione socio-sanitaria della Regione ai vari livelli territoriali in cui si esplica il servizio.
LE RISORSE A DISPOSIZIONE 5) La gestione economico-finanziaria del Sistema sanitario nazionale.
La legge 23 dicembre 1978, n. 833, delinea la gestione economico finanziaria del sistema sanitario nazionale in termini strettamente predeterminati: 1) tutta la spesa sanitaria i posta a carico dell'apposito Fondo Sanitario Nazionale: tale Fondo è pertanto globale ed onnicomprensivo 2) la spesa sanitaria corrente è distinta da quella in conto capitale: tale distinzione costituisce vincolo di spesa 3) la spesa sanitaria globale è prevista dal Piano Sanitario Nazionale e stabilita annualmente nell'ambito del bilancio dello Stato: la spesa è pertanto predeterminata a livello nazionale 4) la ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale è stabilita con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica, sentito il Consiglio Sanitario Nazionale: la spesa sanitaria è pertanto predeterminata a livello regionale 5) la ripartizione del Fondo Sanitario Regionale tra le U.S.L. è stabilita dalla .Regione sulla base dell'apposita legislazione vigente: la spesa sanitaria è pertanto predeterminata a livello zonale.
Pertanto la spesa sanitaria, ai tre livelli istituzionali previsti cioè Stato, Regione e singole U.S.L., è rigidamente condizionata da questo triplice e contestuale meccanismo di predeterminazioni.
6) Il Fondo Sanitario Nazionale per le spese correnti.
Il disegno di legge relativo al Piano Sanitario Nazionale 1980-1982 attualmente all'esame del Senato, ha definito il Fondo Sanitario Nazionale per tale periodo con la seguente procedura, relativamente alle spese correnti: 1) determinazione della spesa "storica" 1980, ottenuta partendo dalla spesa 1977, per la quale si hanno i dati consuntivi globali e proiettandola al 1980 sulla base degli andamenti registrati per i vari fattori di spesa 2) determinazione della spesa "storica allargata" a tutta la popolazione, per tenere conto dell'estensione dei servizi alla popolazione che al 31 dicembre 1979 non era compresa nel sistema mutualistico 3) determinazione della spesa "teorica" regionale, ottenuta dividendo la spesa storica allargata per gli abitanti di ogni Regione 4) determinazione della spesa "teorica rettificata" regionale, ottenuta utilizzando indicatori di rischio e tenendo conto della composizione demografica della popolazione 5) determinazione degli importi regionali del fondo non integrato ottenuti ponendo l'obiettivo di passare dalla spesa "storica allargata" alla spesa "teorica rettificata" nell'arco di sei anni 6) determinazione degli importi regionali del fondo integrato, sommando cioè agli importi come sopra determinati le somme integrative destinate ad obiettivi finalizzati (+2,5 % nel 1980, +3% nel 1981, +4% nel 1982).
7) Le risorse di parte corrente per il Piemonte secondo la proposta di Piano Sanitario Nazionale.
Il finanziamento per le spese correnti previsto per la Regione Piemonte dal Piano Sanitario Nazionale risulta così determinato (in Lire 1980):



GLI OBIETTIVI

1980 1981 1982 Totale spese correnti 1.153,9 1.170,5 1.186,7 3.511,1



GLI OBIETTIVI

Tali importi sono stati calcolati come segue:



GLI OBIETTIVI

spesa storica 1.106,2 1.106,2 1.106,2 3.318,6



GLI OBIETTIVI

estensione assistenza a tutta la popolazione 2,2 2,2 2,2 6,6



GLI OBIETTIVI

spesa storica allargata 1.108,4 1.108,4 1.108,4 3.325,2



GLI OBIETTIVI

rettifica per raggiungimento obiettivo per equazione 11,5 21 31,2 64,3



GLI OBIETTIVI

spesa storica allargata rettificata 1.119,9 1.130,0 1.139,6 3.389,5



GLI OBIETTIVI

integrazione finalizzata per progetti obiettivo 30,1 36,1 42,1 108,3



GLI OBIETTIVI

integrazione finalizzata per strutture multiregionali 3,9 4,4 5,0 13,3



GLI OBIETTIVI

1.153,9 1.170,5 1.186,7 3.511,1



GLI OBIETTIVI

F.S.N.
(Italia) 15.594,0 15.722,0 15.841,6 7.157,6 7,40 7,44 7,49 7,45



GLI OBIETTIVI

8) Integrazioni per interventi finalizzati.
La bozza del Piano Sanitario Nazionale pone i seguenti vincoli di destinazione in ordine alle somme integrative per gli interventi finalizzati:



GLI OBIETTIVI

formazione e riqualificazione del personale 20 progetti-obiettivo 20 educazione sanitaria 10 ricerca finalizzata 10



GLI OBIETTIVI

Nei tre anni oggetto del piano, conseguentemente, le somme vincolare sono le seguenti:



GLI OBIETTIVI

1980 1981 1982 Totale formazione e riqualificazione del personale 6,02 7,22 8,42 21,66



GLI OBIETTIVI

progetti obiettivo 6,02 7,22 8,42 21,66



GLI OBIETTIVI

educazione sanitaria 3,01 3,51 4,21 10,83



GLI OBIETTIVI

ricerca finalizzata 3,01 3,61 4,21 10,53



GLI OBIETTIVI

Totale 18,06 21,65 25,26 64,98



GLI OBIETTIVI

Somme disponibili 12,04 14,44 15,84 43,32



GLI OBIETTIVI

30,01 36,1 42,1 108,3



GLI OBIETTIVI

9) La situazione per la parte corrente nel 1980.
Per l'anno 1980, in considerazione del graduale passaggio dal vecchio al nuovo sistema sanitario, l'utilizzo del Fondo Sanitario Regionale avviene ai sensi dell'art. 61, terzo comma, della legge 33/80. Tale norma prevede che "le Regioni prelevano dai fondi loro assegnati le somme relative alle spese da sostenere direttamente o tramite gli Enti che già esercitano le funzioni del Servizio Sanitario Nazionale." 10) Le risorse di parte corrente nel bilancio 1980 dello Stato.
Pur non essendo stato approvato il Piano Sanitario Nazionale 1980-1982 il Fondo Sanitario Nazionale 1980 per le spese correnti è stato determinato nell'ambito del bilancio dello Stato nell'importo sopra indicato, pari cioè a 15.594 miliardi di lire.
Anche per il riparto tra le Regioni sono mantenute le proposte del disegno di legge, detraendo per altro la somma di 140.961.092 milioni di lire per il finanziamento diretto di taluni Enti (ENPI, ANCC, CRI, Casse Marittime).
L'importo della Regione Piemonte si è così ridotto da L. 1.153.900.000 a L. 1.146.960.108.
11) Valutazione sulle risorse di parte corrente.
Il Fondo Sanitario Nazionale 1980 per le spese correnti risulta sottodimensionato: per alcune omissioni nella rilevazione della spesa storica 1977 per il sottodimensionamento di alcune proiezioni al 1980 per coerenti con i rinnovi contrattuali e convenzionali intervenuti e con l'andamento inflattivo per la mancata considerazione delle spese connesse all'attivazione dei servizi nel periodo 1978-1979.
Il Consiglio Sanitario Nazionale, nella seduta del 9 ottobre 1980, ha richiesto l'elevazione del Fondo Sanitario Nazionale 1980 per le spese correnti a L. 18.034,1 miliardi, di cui L. 1.315 miliardi per la Regione Piemonte, comprensivo del funzionamento dell'ENPI, ANCC, CRI, Cassa Marittima Adriatica, Tirrena e Meridionale. Al netto di queste voci le cifre diventano L. 17.893,1 miliardi per il totale Italia e L. 1.308,1 miliardi per la Regione Piemonte.
Nell'anno 1980 le risorse per le spese correnti che derivano dalla revisione del Fondo Sanitario Nazionale verranno destinate essenzialmente a coprire i maggiori oneri rilevati nella gestione, derivanti Principalmente dai rinnovi contrattuali (oneri che volutamente non erano stati previsti nella prima determinazione del Fondo Sanitario Nazionale) e dal processo inflattivo in corso, superiore alle previsioni, che si ripercuote sia sul costo del personale sia sull'acquisizione dei beni di servizio.
Il rifinanziamento del Fondo Sanitario Nazionale per le spese correnti consente altresì di procedere all'uso corretto delle risorse aggiuntive per interventi innovativi e finalizzati ai progetti obiettivo, alla formazione e qualificazione del personale, all'educazione sanitaria ed alla ricerca finalizzata.
12) Le risorse in conto capitale.
Per quanto attiene l'attesa in conto ,capitale il disegno di legge relativo al Piano Sanitario Nazionale prevede i seguenti finanziamenti (in miliardi di Lire 1980):



GLI OBIETTIVI

Piemonte Italia costruzioni per nuovi posti letto --- 230,6



GLI OBIETTIVI

manutenzione straordinaria e adeguamento tecnologico 29,0 333,2 8.7



GLI OBIETTIVI

altri investimenti (a) 67,6 836,3 7,6



GLI OBIETTIVI

investimenti in presidi con funzione interregionale (b) 4,3 66,0 6,5



(a)



GLI OBIETTIVI

potenziamento dei servizi 100,9 1.566,0 6 .4% di medicina di base e dei servizi intermedi.
(b) Investimenti per la cardiochirurgia e gli Istituti zooprofilattici.



GLI OBIETTIVI

Il finanziamento è previsto per il triennio, senza vincoli annuali di "competenza", ma prevedendo invece una scalarità a livello "cassa" nei seguenti termini:



GLI OBIETTIVI

Piemonte Italia 1980 28,7 446 1981 33,5 520 1982 38,7 600



GLI OBIETTIVI

100,9 1.566



GLI OBIETTIVI

13) Le risorse in conto capitale nel bilancio 1980 dello Stato.
Anche per la spesa in conto capitale, pur non essendo stato approvato il Piano Sanitario Nazionale 1980-1982, il Fondo Sanitario Nazionale 1980 è stato determinato nel bilancio dello Stato nell'importo sopra indicato pari cioè a 446 miliardi di lire.
Anche per il riparto tra le Regioni sono state mantenute le proposte del disegno di legge, sospendendo peraltro l'erogazione delle somme relative agli "altri investimenti" ed agli "investimenti nei presidi con funzione interregionale".
Le somme di pertinenza della Regione Piemonte per l'anno 1980 sono le seguenti h (in milioni di lire): manutenzione straordinaria e adeguamento tecnologico 7.733,333 altri investimenti 18.026,667



GLI OBIETTIVI

Totale 25.760,000 14) Valutazione sulle risorse in conto capitale.
Il Fondo Sanitario Nazionale 1980 per le spese in conto capitale risulta sottodimensionato: per la mancata previsione degli oneri derivanti dalla legge 492/1975 i cui residui passivi da erogare alle Regioni, pari a 290 miliardi sono stati portati in economia per la mancata previsione degli oneri connessi agli adempimenti dei mutui contratti dagli Enti ospedalieri, pari a 92 miliardi per l'insufficiente previsione di tutte le spese di investimento.
Il C.S.N., nella seduta del 9 ottobre 1980, ha richiesto l'elevazione del Fondo Sanitario Nazionale 1980 per la spesa in conto capitale a L.
1.128 miliardi di cui L. 79,2 miliardi per la Regione Piemonte.
15) L'uso delle risorse in conto capitale per il 1980.
Le maggiori risorse per le spese in conto capitale previste per l'anno 1980 dovranno consentire di affrontare i complessi problemi esistenti con una metodologia di approccio graduale che, partendo da un censimento dei bisogni, preveda interventi che consentano: a) di sanare le pendenze arretrate causa di ulteriori oneri per operare un passaggio alle U.S.L. "pulito" b) di completare le opere in corso o sospese nei limiti necessari per dare funzionalità alle stesse, fermo restando ovviamente il blocco delle nuove opere incompatibili con gli indirizzi di programmazione o che non hanno finanziamenti certi e garantiti c) di effettuare quegli interventi necessari per adeguare le strutture alle intervenute normative di sicurezza degli impianti d) di procedere quindi a soddisfare i nuovi bisogni, nell'ottica del riequilibrio territoriale e del privilegio delle funzioni di base (ambulatoriali ecc.).
16) Utilizzo della quota 1980 del Fondo Sanitario Nazionale.
Per quanto attiene l'utilizzo della quota del Fondo Sanitario Nazionale nel 1980 occorre richiamare l'art. 6 della legge 33/1980 che prevede, fino all'effettivo trasferimento all'Unità Sanitarie Locali delle funzioni di cui alla legge 833/1978, l'utilizzo dei fondi da parte delle Regioni o direttamente o tramite gli Enti che già esercitano le funzioni del Servizio Sanitario Nazionale.
Nel corso dell'anno le erogazioni più significative disposte o in via di predisposizione sono state le seguenti (in miliardi):



GLI OBIETTIVI

a favore degli Enti ospedalieri 425 a favore degli Enti locali 101,7 per le spese connesse all'assistenza medico-generica 87 per le spese connesse all'assistenza farmaceutica 160 per le residue spese degli Enti mutualistici 58 per l'assistenza ospedaliera convenzionata 50,6



GLI OBIETTIVI

17) I problemi per il 1981.
Per l'anno 1981, essendo previsto il completamento del trasferimento delle funzioni sanitarie alle U.S.L. entro il 31 dicembre 1980, si pone il problema del riparto del Fondo Sanitario Regionale tra le U.S.L.
A tale proposito occorre osservare quanto segue: la soluzione-obiettivo data al riparto del Fondo Sanitario Nazionale tra le Regioni (pari risorse per cittadino, tenendo conto dei diversi fattori di rischio) non può essere automaticamente riproposta per il riparto del Fondo Sanitario Regionale tra le U.S.L. e ciò perché se entro certi limiti e con alcune eccezioni - il livello territoriale può garantire la completezza dei servizi, il livello zonale non risponde - attualmente e nemmeno in futuro - a tale requisito tal e soluzione, ove seguita meccanicamente, comporterebbe una complessa regolamentazione economica interzonale si pone pertanto l'obiettivo di pervenire nel tempo ad un riparto del Fondo Sanitario Regionale tra le zone che faccia riferimento a due criteri: a) per la spesa che presenta un sufficiente grado di articolazione territoriale, alle singole U.S.L. con riferimento della rispettiva popolazione, facendo quindi riferimento a costi medi capitali che tengano conto delle differenze del grado di rischio presenti sul territorio regionale; con processo perequativo articolato nel tempo b) per la spesa connessa ai presidi ed ai servizi non uniformemente distribuiti sul territorio, alle U.S.L. dove gli stessi sono ubicati, e che conseguentemente ne hanno la gestione, con il riferimento del bacino di utenza (adottando quindi anche in questo caso un riferimento all'indice di popolazione).
In tal caso il processo di perequazione dovrà essere coerente con le indicazioni della programmazione sanitaria interna di articolazione territoriale delle strutture, facendo altresì riferimento a costi medi per struttura o, meglio, per sottoarticolazione, delle strutture.



PROGRAMMA DI ATTIVITA' LO SVILUPPO DEL PROCESSO DI COSTRUZIONE DELLA

U.S.L.
1) Le tappe seguite.
Il processo di costruzioni della U.S.L., disperata la fase istituzionale con la legge 21 gennaio 1980 n. 3 e la deliberazione costitutiva del 4 marzo 1980; procede per tappe programmate scandite dal trasferimento alla U.S.L. delle funzioni sanitarie finora esercitate dai diversi Enti e cioè Enti mutualistici, Enti ospedalieri, Enti autarchici (Comuni, Province e Regione).
Si tratta in sostanza di trasferimento per blocchi di funzioni, non tanto suddivise per criteri di area (prevenzione, cura, riabilitazione) quanto in relazione, proprio alle categorie di Enti che nel processo di riforma vengono sciolti.
2) Le funzioni degli Enti mutualistici.
Dal l agosto 1980 le funzioni dei disciolti Enti mutualistici sono state trasferite alle U.S.L.: si tratta di funzioni che attengano l'assistenza sanitaria extradegenziale, pressoché esclusivamente attinenti l'area della diagnosi e cura, funzioni organizzate in servizi territoriali di base (assistenza medico-generica, pediatrica, farmaceutica) e integrativa di base (assistenza specialistica ambulatoriale) e medico legale.
Il trasferimento di dette funzioni non è stato agevole né scorrevole non per carenza di modelli operativi, quanto per la carenza quantitativa di personale nel comparto mutualistico che ha, in effetti, condizionato questa prima fase del processo di costruzione delle U.S.L.
Siffatto condizionamento ha comportato la necessità di adottare una sorta di economia di scala nell'utilizzo del personale, sviluppando la tematica "dell'Ente strumentale", dell'Ente mutualistico cioè cui affidare ancora per la fase transitoria una serie di attività relative alle funzioni trasferite la cui esecuzione centralizzata si mostrava più agevole e meno dispendiosa in termini di risorse umane e finanziarie.
Cosicché al 1° agosto 1980, mentre si è potuto dichiarare cessata la fase di gestione commissariale per le attività sanitarie della quasi totalità delle mutue, si è decisa la prosecuzione di tale gestione per l'I.N.A.M., la Cassa Mutua Artigiana di Torino e la Cassa Mutua Commercianti di Torino per poter assicurare la correttezza e la correttezza dei pagamenti agli operatori sanitari e più particolarmente alle categorie di medici generici e pediatri, degli specialisti e dei farmacisti.
Questo esempio di economia di scala nella gestione dei servizi non potrà essere considerato solo episodico, transitorio e strettamente strumentale: un approfondimento in materia e in relazione al lento, ma continuo processo di assestamento gestionale delle U.S.L. sarà necessario onde, evitando i pericoli di differenziare per importanza gestionale le U.S.L., l'intero sistema possa essere connotato da efficienza Operativa congiunta a un produttivo impiego delle risorse.
L'esperienza del trasferimento alle U.S.L. delle funzioni di assistenza sanitaria extradegenziale ha posto in luce diversi problemi e alcune necessità.
3) Funzione della Regione.
In primo luogo è emersa l'importanza della funzione di indirizzo e coordinamento che la Regione deve esercitare nei confronti del sistema delle autonomie locali con sempre maggior incisività, pur nel rispetto dei ruoli politici e delle responsabilità amministrative.
Siffatte funzioni di indirizzo e coordinamento si sostanziano in questa fase in direttive e interpretazioni normative, a contenuto tecnico, onde assicurare da un lato l'uniformità sostanziale dei comportamenti assistenziali e delle procedure e dall'altro un'azione di stimolo e di aiuto nella fase organizzativa.
In questa fase appare di primaria importanza un'azione informativa e formativa dei quadri direttivi delle U.S.L., azione che si è tentato di espletare attraverso incontri tecnici e seminari, ma che va senza dubbio meglio organizzata, permeata di continuità, precisata nei :contenuti supportata da un chiaro rapporto politico tra la Regione, che ha responsabilità di indirizzo, coordinamento, programmazione, finanziamento e verifica e il sistema delle U.S.L. che ha responsabilità eminentemente gestionale nell'alveo del Piano Socio-Sanitario Regionale.
Le direttive circa le modalità di esercizio delle funzioni ex mutualistiche trasferite alle U.S.L. si sono sforzate di dare un primo avvio alla costituzione degli uffici centrali delle U.S.L. in riferimento alla legge regionale 60 del 22 maggio 1980 sull'organizzazione e funzionamento U.S.L.
Ci si potrà muovere la critica di non aver fin dall'inizio privilegiato un modello organizzativo distrettuale, posto che le funzioni trasferite riguardavano appunto l'assistenza sanitaria di base: si è trattato invero di dover assicurare i servizi essenziali di tipo amministrativo o di coordinamento sanitario con quelle poche unità di personale che si sono distribuiti nelle U.S.L., a parte la considerazione che ad una perimetrazione distrettuale non tutte le U.S.L. erano all'epoca pervenute.
4) Guardia Medica, strutture edilizie.
Tuttavia non può disconoscersi che l'attivazione delle U.S.L. ha posto in moto accelerato l'istituzione e la gestione di un servizio di Guardia Medica prefestiva, festiva e notturna che oggi copre l'intero territorio regionale, con livelli operativi certamente migliori di quanto ereditato dal sistema mutualistico.
Tali livelli sono certamente inquadrabili sol che si intenda il servizio di Guardia Medica non già solo a beneficio dei medici generici convenzionati ovvero un'area funzionale di loro stretta pertinenza professionale, quanto invece un servizio a beneficio dei cittadini per un corretto trattamento delle emergenze cliniche, in stretta integrazione con altri servizi a strutturi sanitarie (D.E.A. - trasporto urgente). Il servizio ha costo non elevato se organizzato secondo la possibilità che la tecnica delle telecomunicazioni consente, ed affidato a personale medico che con il servizio sanitario abbia un rapporto organico, quale premessa e garanzia di qualificazione professionale e formazione permanente.
L'esperienza recente tratta dal trasferimento delle funzioni sanitarie delle ex mutue consente anche di affermare come le strutture edilizie sanitarie, al pari del personale, siano disomogeneamente distribuite sul territorio, con concentrazioni nei capoluoghi di Provincia e assoluta carenza nelle U.S.L. periferizzate.
Questo pone dei problemi di priorità di intervento che debbono essere assunte nell'ambito del piano socio-sanitario triennale assicurando peraltro immediatamente un concreto intervento per quelle U.S.L. nelle quali un attento esame della situazione non consente il recupero di edifici pubblici per collocarvi strutture e servizi sanitari.
Da ciò la necessità di definire entro il termine massimo del 31 dicembre 1980 il trasferimento di tutte le funzioni, ma ancor più entro tale termine fornire alle U.S.L. un modello organizzativo e di gestione che sia il vero segno della riforma.
Il trasferimento di funzioni va accompagnato al riordino delle stesse altrimenti infatti avremmo versato nel contenitore U.S.L. un affastellato di funzioni che continuano ad essere assolte con la mentalità e le modalità degli Enti ,disciolti.
IL PROGRAMMA A BREVE TERMINE 5) Completamento trasferimento funzioni.
Il programma a breve termine della Giunta regionale si può quindi compendiare nel completamento del trasferimento delle funzioni alle U.S.L.
entro il 31 dicembre 1980; in particolare delle funzioni comunali e provinciali (C.P.A., psichiatria, ambiente ed assistenza), nonché quelle dell'E.N.P.I., ,A.N.C.C., Ispettorati del Lavoro, Croce Rossa ed altre residuali, non appena verrà , pubblicato il Decreto sull'Istituto superiore di prevenzione, già approvato dal Consiglio dei Ministri e quello sul riordino della Croce Rossa.
6) Elezione degli organi collegiali della U.S.L.
L'elezione sulla base della legge 3/1980 degli organi delle nuove associazioni dei Comuni è fissata per il 21 dicembre 1980.
L'elezione degli organi collegiali di gestione ordinaria delle U.S.L.
oltre che un dovere di osservanza ad una norma di legge regionale, assume certamente un significato politico.
Esprime la volontà di iniziare e continuare la gestione politico amministrativa all'insegna di un'espressione di rappresentanza elettiva delle singole comunità territoriali.
E' da ritenere infatti che gli organi che verranno eletti nella tornata del 21 dicembre 1980 abbiano questa reale connotazione rappresentativa di situazioni, di interessi legittimi, di istanze, di aspirazioni di popolazioni che vivono in ben determinati contesti territoriali.
Ciò evidentemente attenua e deve far superare spinte autonomistiche e contrapposizioni politiche, fonte di rallentamenti funzionali assai pericolosi specie in questa prima fase.
L'esperienza di gestione straordinaria degli organi dei consorzi costitutivi ex legge 39/7 porta qualche nota tranquillizzante, poich superata la fase costitutiva, l'ulteriore azione di tali organi si è connotata pressoché generalmente per operosità e per una visione unitaria delle problematiche delle situazioni.
Riteniamo che gli organi di gestione ordinaria delle U.S.L., al di là delle divisioni partitiche o ideologiche, si riconoscano tutti nell'impegno di costruire un sistema sanitario regionale che traduca nei fatti e nelle opere i principi della riforma sanitaria nella convinzione che la salute dei cittadini non può e non deve essere strumentalizzata da chicchessia ai fini di parte.
Questo impegno e questa convinzione dovrà permeare e assemblee e comitati di gestione delle U.S.L. la cui attività non può limitarsi alla ratifica o alla gestione del quotidiano, ma deve improntarsi ad una continua verifica dell'efficienza dei servizi e dell'efficacia degli interventi ai fini della validazione dei piani zonali e quindi del Piano Socio-Sanitario Regionale.
7) Consultazioni sulla proposta di Piano Socio-Sanitario Regionale.
Acquisisce una priorità evidente la richiesta al Consiglio regionale per l'immediato inizio delle consultazioni sulla proposta di Piano Socio Sanitario Regione, onde acquisire elementi essenziali ed approfonditi dal rapporto con le U.S.L. e tutta la comunità regionale per la sua stesura definitiva ed approvazione nella primavera prossima.
8) Sollecita approvazione delle leggi regionali più urgenti.
Per quanto sin qui esposto appare evidente che assume carattere di assoluta necessità la sollecita approvazione da parte del Consiglio regionale delle leggi relative a: la contabilità e la gestione del patrimonio delle U.S.L. (attualmente già all'esame della Commissione consiliare competente) le norme di salvaguardia del Piano Socio-Sanitario Regionale le norme transitorie relative al trasferimento alle U.S.L. delle funzioni esercitate dagli Enti ospedalieri le piante organiche provvisorie delle U.S.L.
la costituzione del Consiglio regionale di sanità la regolamentazione del settore dei laboratori il riordino dei settori di igiene ambientale, veterinario e medico legale.
9) Completamento del quadro legislativo.
La presentazione ed approvazione, prima dell'assunzione del piano regionale di tutte le restanti leggi previste dalla legge 833 è comunque ritenuta indispensabile per la sua corretta applicazione.
Esse sono:



PER GLI ASPETTI ISTITUZIONALI E REGOLAMENTI

Regolamento organi U.S.L.
Regolamento dei servizi U.S.L.
Legge sul controllo atti U.S.L. (art. 49) Legge sulla gestione dei presidi multizonali



PER GLI ASPETTI ORGANIZZATIVI

Legge di dipartimentalizzazione degli ospedali Legge di individuazione, funzionamento e coordinamento dei servizi multizonali di prevenzione (art. 22) Legge di vigilanza sulle farmacie (art. 32) Legge di criteri per acquisto farmaci (art. 28) Legge di riordino dei servizi e presidi termali (art. 36) Legge di strutturazione e funzionamento dei presidi e attività psichiatriche (art. 34) Legge regionale sulle strutture socio-assistenziali specifiche



PER GLI ASPETTI PATRIMONIALI ED ECONOMICI

Legge stilla divisione del Fondo Sanitario Regionale U.S.L. (parametri numerici) - (art. 51) Legge di trasferimento e svincolo del patrimonio di Comuni



PER GLI ASPETTI PIANIFICATORI

Legge di piano triennale Legge di criteri per il convenzionamento delle U.S.L. con istituzioni sanitarie private Legge di coordinamento con l'attività .I.N.A.I.L.
Legge sull'assistenza indiretta Legge sulla libera professionale Legge sul tempo pieno.
10) Programmi di avvio delle U.S.L.
Contemporaneamente alla consultazione del Piano Socio-Sanitario è intenzione della Giunta regionale promuovere la formazione da parte delle U.S.L. dei primi programmi di riordino dei servizi trasferiti (programmi di avvio) come elemento guida sia per la nuova attività sia per l'interpretazione corretta della globalità del Piano Socio-Sanitario e la produttività quindi delle consultazioni sul medesimo. In particolare assumono rilievo l'attività di informazione e documentazione contestuali a quella di promuovere dell'attività di piano.
11) Riassetto dei servizi dell'Assessorato regionale.
Per affiancare la costruzione dei programmi delle U.L.S. tutta la struttura del dipartimento verrà progressivamente adeguata alle necessità effettive; è urgente tuttavia un primo riassetto dei servizi dell'Assessorato sulla base della rigorosa applicazione della legge sulle strutture che consenta immediatamente un nuovo orientamento dell'attività di rapporto con le U.S.L. medesime, volto al governo ed alla verifica delle funzioni da svolgere e non alla presa d'atto della prassi amministrativa.
Il programma su esposto delinea quindi per la prima metà del 1981 il completamento della fase formativa del nuovo servizio socio-sanitario regionale e l'entrata in funzione delle nuove U.S.L. nella piena potestà delle loro funzioni e secondo reali criteri di novità ed efficienza che abbiano il loro cardine nella verifica attuata attraverso la partecipazione dei cittadini.



PRESIDENTE

La relazione dell'Assessore Cernetti Bertozzi verrà svolta nel pomeriggio.
Il Consiglio riprenderà i lavori alle ore 15,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,20)



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