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Dettaglio seduta n.129 del 29/04/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Programmazione: argomenti non sopra specificati

Mozioni dell'Istituto Cartografico regionale e relative informazioni della Giunta regionale (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prosegue l'esame del punto quarto all'ordine del giorno che reca: "Mozioni dell'Istituto Cartografico regionale e relative informazioni della Giunta regionale".
La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho creduto opportuno dover attendere a parlare non certo perché sia così importante ciò che dovrei dire rispetto al livello di conoscenza del Consiglio regionale su questa materia, ma per rispetto del nostro ruolo e della nostra presenza in quest'aula; ritengo che non vi dovrebbe essere nulla di scontato, quindi dovrebbe essere possibile costruire un ragionamento per capire se la maggioranza e la Giunta ritengono comunque di dovere proseguire in una certa linea, anche a seguito di una serie di interventi avvenuti questa mattina.
A parte il fatto che questa linea non è assolutamente né scontata n definita, perché tutti i Consiglieri che hanno assistito agli interventi della maggioranza si sono resi conto di quali differenze di posizione vi siano all'interno di essa.
Dovendomi rivolgere ad alcuni Assessori e, soprattutto, al Consigliere Astengo, ho ritenuto opportuno che fossero presenti.
Sono state rimbalzate delle accuse molto pesanti.
Il Consigliere Astengo ha affermato che, per colpa dell'Assessore al personale, il nucleo operativo del Laboratorio Cartografico, che avrebbe dovuto essere costituito e dal quale dipende il futuro della struttura per poter finire di collaudare le macchine, per gestirle e per mantenerle in efficienza, non è stato costituito.
Sarebbe interessante capire fino a che punto queste accuse hanno un referente o se sono da collocarsi in una generica conflittualità all'interno della maggioranza.
E' sconcertante il melodramma a cui stiamo assistendo. Senza voler colorire ulteriormente la scena alla quale stiamo assistendo, possiamo dire che sullo scenario dell'"affaire C" si stanno muovendo dei personaggi senza regia, senza copertura di una strategia politica anche solo di maggioranza ed è sconcertante sia per i tipi di posizione che sono costretti ad assumere sia per i meriti delle affermazioni che questi vanno facendo.
Ve lo dimostro. Sia l'Assessore Simonelli sia il Consigliere Astengo ognuno con la legittimazione delle proprie posizioni, sono stati protagonisti di un ruolo che hanno dovuto subire, senza però poter essere protagonisti delle conseguenze che questo ruolo comporta.
Abbiamo visto da un lato la posizione piuttosto patetica di Astengo chiedo scusa se dico questo, d'altra parte mi rendo conto che la mortificazione nella quale è relegata la sua posizione lo costringe ad una difesa e ad una giusta rivendicazione dei diritti e dei meriti dal punto di vista scientifico che concernevano la proposta che aveva avanzato dall'altro la critica posizione dell'Assessore il quale, dovendo gestire un bandolo di una matassa, del quale non è stato l'iniziatore, si trova a dover gestire aspetti piuttosto difficili sia dal punto di vista dell'iniziativa sia dal punto di vista politico e non riesce a dare convincenti dimostrazioni di una posizione secondo cui vi sia poi una prospettiva.
Non bastano le denunce di cattiva coscienza fatte questa mattina dal Consigliere Astengo all'Assessore al personale, che non ha provveduto ad attivare il nucleo operativo. Ma questo nucleo operativo sarà pur stato proposto in termini di progettualità nella lettera di incarichi dell'ottobre 1980.
Questo progetto non l'abbiamo mai visto e non sappiamo neppure di quante persone doveva essere costituito, se il personale doveva essere reperito all'interno dell'Amministrazione o se doveva essere reperito all'esterno. Queste cose non possiamo continuare a rimbalzarcele come se fossero degli aspetti del tutto secondari.
Se poi assistiamo alla squallida scena del Palazzo del Lavoro con tutto ciò che c'é dietro in ordine alla non utilizzazione delle macchine e delle attrezzature, vediamo che non vi siete preoccupati di gestire quel grande capitale investito, assicurando il personale necessario e cercando di stabilire i contatti con gli enti scientificamente preposti (Politecnico di Torino e le Università) che avrebbero potuto garantire senz'altro gli obiettivi nella direzione prevista.
Il discorso patetico di Astengo sulle cattive coscienze dell'ENEL o del B.I.T. è paradossale ed inaccettabile. L'investimento è stato effettuato nel 1979 e non è ammissibile la denuncia nell'aprile del 1982 della mancanza di energia elettrica per il funzionamento delle macchine e delle apparecchiature.
La mancanza di alcuni chilowatts non può essere l'alibi per coprire la vicenda né ci vuole una centrale nucleare per mettere in funzione quelle macchine.
Queste cose sono sconcertanti ed intollerabili e devono essere denunciate.
La posizione della Giunta regionale viene ad essere articolata nella posizione di tre Assessori che si stanno centrifugando questo "cencio" vale a dire il Laboratorio Cartografico, con tutti i relativi obiettivi di studio, di ricerca, di produzione.
Mi chiedo: "Se si è preposti ad assicurare il personale, perché non lo si assicura? Se si è preposti ad eseguire dei lavori di ripristino, perch questi lavori non procedono? Se si è preposti a dare una configurazione di legittimità giuridica e di prospettiva alla società futura, perch sull'Istituto Cartografico non si costruisce una progettualità sulla quale confrontarci? ".
L'Assessore Rivalta dovrebbe spiegarci quale posizione si vuole dare all'Istituto Cartografico. Questa mattina abbiamo sentito posizioni differenziate dell'affiliazione all'aggregazione o chissà quale soluzione.
L'aspetto più sconcertante è dato quando Bontempi dice: "E' quanto mai strana la creazione di una società per azioni con mere finalità di ricerca scientifica".
Le accuse che il Consigliere Astengo rivolge alla Giunta devono avere un referente, qualcuno che le assuma come dato certo, contestabile o meno rispetto al quale si possa decidere sulle responsabilità.
Tra le responsabilità che sono state adombrate, mi pare che non sia da tacere quella relativa alla gestione dell'incendio in quanto tale. Il Consigliere Astengo si è soffermato su questo aspetto che non può essere taciuto sia per quanto concerne il dopo incendio sia per quanto concerne le cause dolose.
La Giunta regionale e la maggioranza non sentono l'esigenza di approfondire la vicenda per i risvolti penali, sia pure verso ignoti, in una situazione per la quale sono pendenti alcuni aspetti già denunciati nella nostra interrogazione del 27/1/1982 e che concernono la mancanza di copertura assicurativa per i macchinari? Signori Consiglieri, non è il caso di soffermarsi ulteriormente su questi aspetti. La nostra denuncia e il nostro dissenso vogliono costruire qualcosa in prospettiva. Non siamo venuti qui per fare delle mozioni solo per prenderci il compiacimento di denunciare lo sfacelo e il fallimento di questa operazione, che vede la Regione Piemonte all'ultimo posto nei convegni che si sono recentemente tenuti a livello nazionale. Non c'é nulla di fatto e la prospettiva non è certamente quella che ha delineato l'Assessore Simonelli di poter dare in breve tempo le cartografie tecniche di base. Se non abbiamo la possibilità dell' ortorestituzione, le chiedo Assessore Simonelli, come faremo ad affrontare la prima fase ad un livello dignitoso in relazione a quanto stanno facendo le altre Regioni d'Italia? Vogliamo metterci ad ingrandire i 25.000 dell'I.G.M., oppure vogliamo essere ripetitivi rispetto a produzioni cartografiche che hanno fatto i privati con altri voli? Siccome abbiamo presunto di rifare tutti i voli aggiornandoli (sono in corso i collaudi) credo che l'ortorestituzione sia la condizione minima per poterci ricondurre alla fase di partenza, per elaborare le carte, le scale necessarie, ivi comprese quelle tematiche.
La posizione arretrata della Regione Piemonte è dovuta alla velleità iniziale dell'Amministrazione regionale. Avremmo potuto fare delle cose più modeste, come hanno fatto le Regioni Emilia Romagna, Veneto e Toscana partendo da obiettivi molto più modesti e forse oggi avremmo a disposizione qualcosa di concreto, anche con l'ausilio di strutture private.
Sentiamo fare delle affermazioni che comunque bisogna andare avanti, ma non riusciamo a capire in quale direzione. Qualcuno intende andare avanti nominando gli amministratori dell'Istituto Cartografico Regionale, qualcun altro intende andare avanti giurando sull'effettiva possibilità di gestire l'operazione costruzione e produzione carta. Dobbiamo intenderci, perché le cose sono nettamente distinte.
Se insistete nel voler costituire la Società per Azioni Istituto Cartografico, tutti quei nodi che abbiamo denunciato, mancanza di rapporti con le Università e con il Politecnico di Torino per avere il personale minimo, necessario, iniziale per iniziare l'addestramento, mancanza di chiarezza sul tipo di utilizzazione e di raccordo tra questo personale ed il personale regionale, mancanza di una identificazione di struttura minima regionale che gestisca l'operazione ricerca per poter approdare alla fase operativa della costruzione cartografica e dell'elaborazione di supporti anche nel caso in cui ci si dovesse affidare alla collaborazione con strutture private, devono essere chiariti. Questa operazione deve essere gestita in prima persona da qualcuno che politicamente se ne assuma tutte le responsabilità con tutti gli accordi necessari sul piano della copertura scientifica.
Non escludiamo e non sottovalutiamo ruolo che il Consigliere Astengo può avere in questa vicenda, ma non possiamo ammettere che la sua posizione possa essere relegata nell'abbandono e che il suo ruolo di regista sia stato ormai utilizzato e che quindi vi sia sostanzialmente una liquidazione dell'operazione culturale per recuperare l'operazione di lottizzazione partitica, rispetto alla quale l'Istituto Cartografico, comunque, si deve fare, comunque deve essere gestita da una forza politica della maggioranza comunque deve essere portata avanti anche se se ne dimostra l'inutilità.
Siamo dell'avviso che anche la nomina degli amministratori dell'Istituto Cartografico debba essere rimeditata alla luce di queste considerazioni.
L'Assessore Simonelli non ha risposto se c'é l'intenzione di reintegrare le apparecchiature costose e sofisticate che non sono più utilizzabili.
Ci sono i finanziamenti per reintegrare, allora questa potrebbe essere una prospettiva per collocare la nostra struttura in grado di produrre un'offerta di prestazioni, altrimenti il Laboratorio sarebbe relegato ad avere le macchine che hanno molte aziende, le quali producono carte normalissime senza grandi pretese di innovazione sul piano scientifico.
Tutto questo deve ritrovare chiarezza, ma non può trovare chiarezza se non vi è una riconsiderazione e quindi una volontà di non affrettare in una votazione di un ordine del giorno o di una mozione una posizione che non sia sufficientemente elaborata, costruita e sostenuta.
Questa è la nostra richiesta.
Per quanto riguarda il problema dell'indagine, che avevamo sollecitato a suo tempo, continuiamo a dire che gli aspetti che rimangono da approfondire sono parecchi.
Non vorremmo delegarli a dei referenti esterni, quali la Magistratura.
Avremmo preferito approfondire gli aspetti che possono essere approfonditi all'interno di una Commissione speciale. Siamo di fronte a trattative private decuplicate, siamo di fronte a professionalità tutte da dimostrare.
E' chiaro che se dobbiamo continuare ad affidarci solo ed unicamente alla posizione politica ed alle affermazioni che vengono fatte in chiave politica, non vi è dubbio che le affermazioni e le dimensioni dei problemi assumono una rilevanza forse spropositata che comunque rischia di essere eccessivamente dilatata.
Richiamiamo la maggioranza all'esigenza di questa considerazione di prudenza nell'affrontare la nomina degli amministratori. La legge sul Laboratorio Cartografico esiste, ma se dovesse andare avanti l'ipotesi prevista potrebbe anche essere modificata.
Chiediamo che la nostra proposta della nomina di una Commissione seppure mediata con altre proposte che possono essere fatte, non sia stravolta, nel senso di consentirci di avere la collaborazione e l'assistenza di persone che ci permettano di approfondire aspetti che in dimensione politica non possono essere approfonditi.
Dichiaro di essere in attesa di quei documenti che il Consigliere Astengo ha promesso. Come partito sottoscrittore della mozione, siamo disponibili almeno per quanto concerne il problema di come approdare ad uno spirito di confronto e di collaborazione, ad affrontare nel merito il problema. Su questo non vorremmo collocarci sull'Aventino.
Questa è la nostra posizione.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione socio-economica

Io credo che il dibattito di questa mattina abbia messo in evidenza una serie di punti sui quali si è registrato un largo consenso.
Ho l'impressione che il Consigliere Picco, nel legittimo esercizio delle sue facoltà di critica e di opposizione, indulga a qualche tono drammatico e un po' teatrale nel presentare le contrapposizioni di questo Consiglio. Mi auguro sia l'unico argomento di natura teatrale che dovremo affrontare oggi, avendo risolto in altra sede i problemi del teatro.
Mi pare ci sia una certa drammatizzazione, legittima e piacevole, che però non dà esattamente conto dello stato del confronto, almeno per ciò che riguarda le parti di maggioranza di questo Consiglio.
Sono emerse valutazioni che derivano dal ruolo che ognuno si è trovato a giocare in questa vicenda, ma al di là degli aspetti di natura personale esistenziale o autobiografica, la valutazione politica che si deve fare riguarda le questioni essenziali.
Sulle questioni essenziali sono emersi fatti molto precisi: 1) non dobbiamo fermarci a contemplare la condizione attuale del Laboratorio Cartografico, ma dobbiamo assumere delle decisioni per evitare ulteriori ritardi nell'avvio del progetto.
2) Esistono le possibilità di avviare rapidamente in esercizio almeno una parte del Laboratorio Cartografico. La mancanza delle macchine destinate all'Ortofoto non pregiudica la possibilità di realizzare le carte tecniche di base. Le Ortofoto costituiscono un'attività complementare rispetto alla costruzione delle carte tecniche di base per le quali le macchine che possono essere ripristinate in tempi brevi sono più che sufficienti. La Giunta ritiene che con un'attività di ripristino, fattibile in tempi brevi con costi che non sono in grado di quantificare ma che sono comunque contenuti, sia possibile avviare una prima attività. Se questo è possibile occorre procedere per farlo.
3) E' possibile formulare intorno al Laboratorio Cartografico un processo di primo avvio che consenta anche di chiamare in causa soggetti esterni alla Regione interessati cominciando dal CSI per andare verso altri soggetti che verificheremo.
4) Occorre procedere rapidamente alla costituzione della S.p.A.
Istituto Cartografico Regionale che sarà la sede nella quale collocare gli interventi.
5) C'è la disponibilità della Giunta a sollecitare il confronto nelle sedi della II Commissione, eventualmente integrata da tecnici ed esperti di nomina dei Gruppi consiliari, per consentire, come richiesto dalla collega Vetrino, che il confronto non sia di carattere formale, ma che possa arrivare a sviscerare gli aspetti tecnici dei problemi che sono rilevanti.
Intorno a queste considerazioni mi pare si siano determinati larghi consensi e che, partendo dalle posizioni di consenso date dai Gruppi della maggioranza, possano estendersi anche ad altri Gruppi del Consiglio e che comunque, possa essere verificata intorno ad una mozione la volontà del Consiglio regionale.
Io stesso ho espresso le perplessità sulla possibilità di arrivare al ripristino totale delle apparecchiature, non ho dubbi sul ripristino parziale che consenta al Laboratorio Cartografico di funzionare. La Giunta non fa il ripristino totale prima di un altro confronto ed in questo senso accetta una battuta d'arresto, ma sarebbe grave non far partire il primo ripristino che consente di mettere in funzione le macchine e di produrre nel giro di un anno le prime carte.
La Giunta chiede al Consiglio e ai Gruppi di avviare questa prima fase se non vogliamo diventare tutti corresponsabili di inerzia e di ritardi che, a questo punto, solo dalla nostra volontà nascerebbero. Se così stanno le cose, credo che le interpretazioni psicanalitiche o di altro genere possono essere un piacevole intermezzo, ma non sono rilevanti ai fini delle decisioni che dobbiamo prendere.
La Giunta confida che intorno ad una mozione che contenga questi elementi il Consiglio possa votare e decidere oggi stesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, come abbiamo già illustrato nell'intervento, concordavamo e concordiamo tuttora in buona parte e sostanza con il testo della mozione presentata dai Consiglieri del Gruppo socialista, Viglione ed Astengo.
Abbiamo tenuto conto di alcune precisazioni venute dal dibattito ed abbiamo apportato alcune correzioni di tipo formale e l'aggiunta del punto sesto che impegna la Giunta.
Vi sono due mozioni e due ordini del giorno. Si tratta ora di valutare se vi sono dei punti di incontro per un documento comune oppure se vogliamo passare direttamente al voto.



PRESIDENTE

La parola alla signora Vetrino.



VETRINO Bianca

Propongo di sospendere la seduta e di convocare i Capigruppo per vedere se vi è la possibilità di votare un'unica mozione, altrimenti rimangono le due mozioni, quella dei partiti di minoranza e quella degli altri partiti.



PRESIDENTE

Sospendo la seduta per alcuni minuti e convoco i Capigruppo.



(La seduta, sospesa alle ore 16,30 riprende alle ore 17,35)


Argomento: Bilanci preventivi

Esame progetto di legge n. 176: "Bilancio di previsione per l'anno 1982"


PRESIDENTE

La seduta è riaperta.
In attesa che i Capigruppo concordino un documento unitario propongo di passare al punto quinto all'ordine del giorno che reca: Esame progetto di legge n. 176: "Bilancio di previsione per l'anno 1982".
La I Commissione ha delegato come relatore il Consigliere Biazzi, a cui do la parola.



BIAZZI Guido, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1982 nasce condizionato pesantemente dalla situazione generale del Paese, colpito da una crisi economica grave, come ben tutti conosciamo, e dalla mancanza di riferimenti certi per quanto riguarda la finanza locale e regionale.
E' difficile intervenire sulla crisi e sulle sue implicazioni a livello nazionale ed internazionale; ma le incertezze e le difficoltà della finanza locale e regionale sono interne e possono essere superate da una volontà precisa da parte del Governo e delle forze politiche.
Il Presidente del Consiglio aveva ripetutamente promesso, in incontri con la conferenza dei Presidenti, che alle Regioni sarebbe stato garantito un aumento delle risorse proprie del 16% nel 1982 rispetto al 1981.
Le proposte concrete, invece, fatte tramite la legge finanziaria prevedono per il complesso delle Regioni un incremento del 10,5%, di molto sottodimensionato, cioè, rispetto all'andamento dell'inflazione dallo stesso Governo ritenuto positivo se contenuto nel 16% annuo.
Se può essere condiviso l'obiettivo della lotta all'inflazione come condizione preliminare per far fronte alla crisi economica, e le Regioni hanno dimostrato di volersi impegnare seriamente in questa direzione, ci sono discordanze, però, sul metodo che il Governo ha dimostrato di seguire per raggiungerlo.
Infatti, il Governo si è mosso essenzialmente imponendo una serie di pesanti tagli della spesa pubblica, incidendo radicalmente su comparti fondamentali della vita sociale.
A questa logica sono stati improntati i provvedimenti assunti nel corso del 1981 e le norme della legge sulle "disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1982)", che ha impiegato mesi per arrivare alla fase finale di un iter faticoso e contrastato, attraverso il quale ha subito modifiche sostanziali, di cui la più evidente è la riduzione degli articoli da oltre 90 a 15.
Carattere dominante della proposta di legge sono infatti i pesanti tagli stabiliti aprioristicamente, senza alcuna attenzione al concreto evolversi della realtà della spesa pubblica, nelle sue diverse componenti.
Tali tagli vanno essenzialmente a colpire i settori di spesa che interessano i cittadini più deboli ed esposti agli attacchi della crisi.
Ma la legge finanziaria non sembra coerente in ogni sua parte.
Infatti, mentre si affermava da parte del Governo la necessità di assicurare ad ogni comparto della spesa pubblica un'analoga possibilità di espansione nei limiti del 16% sul 1981, le previsioni della legge effettuavano una discriminazione, penalizzando le autonomie.
Per l'apparato statale si prevedevano incrementi di spesa del 20,4% e per le Regioni solo del 10,5%, che concretamente, poi, si riduceva allo 0,7%. Ma i dati ultimi raffrontati alle entrate reali per la nostra Regione portano ad un aumento limitato dell'1%, con una riduzione in termini reali del 15-16%.
Per i Comuni si è riusciti a sbloccare l'impostazione rigida iniziale grazie ad una mobilitazione vasta ed incisiva del sistema delle autonomie.
E' stato un successo, seppure parziale, nella battaglia per contestare una concezione, cara al Ministro del Tesoro, ma su cui sembra basarsi il riflusso centralistico che ha ispirato tanti atti del Governo, secondo la quale il comparto della spesa regionale e locale sarebbe fonte di sprechi e di incapacità di governo della spesa stessa.
In effetti, se si vuole entrare nel merito, si può dire che una riqualificazione della spesa ed un rilancio degli investimenti non si pu ottenere se si prescinde dai livelli raggiunti dalla spesa stessa, se non se ne analizzano le componenti e le cause assicurando la continuità dei servizi. Solo partendo da questi dati si può avviare l'opera per limitare selezionare ed eliminare quanto ritenuto non prioritariamente necessario.
Le altre strade portano, nella sostanza, ad una rinuncia al controllo effettivo dei centri di spesa, che proseguono nella propria dinamica incomprimibile determinando quei deficit sommersi che hanno contribuito in non piccola parte all'incremento della spesa pubblica e quindi proprio all'aggravamento del fenomeno inflattivo.
Basta pensare all'atteggiamento del Governo in materia di spesa sanitaria, che con una semplice norma non avrebbe dovuto essere incrementata e comunque non si sarebbe assicurata la copertura degli eventuali disavanzi con fondi a carico del bilancio dello Stato.
Ha avuto l'effetto delle famose grida manzoniane.
Nell'emettere quella norma ci si è dimenticati che la spesa sanitaria è per l'80 % determinata da scelte nazionali di carattere contrattuale (personale), convenzionale (medici) o relativa a costi (farmaci), che non possono essere modificati o controllati alla periferia delle Regioni.
La conseguenza di tale impostazione, se fosse mantenuta, non sarebbe la riqualificazione della spesa ma, di fronte ad un'insufficiente disponibilità di risorse per spese incomprimibili, la formazione di deficit sommersi, senza la possibilità di avviare una politica coerente di riordino e di controllo.
Le prime indicazioni sui consuntivi 1981 confermano che questi pericoli stanno già diventando consistenti. Forse solo il Piemonte e poche altre Regioni, grazie ad una politica attenta alle varie componenti della spesa riuscirà a chiudere in pareggio la gestione 1981.
Vorrei rilevare una lacuna non trascurabile, a mio avviso, anche se dettata forse da motivi oggettivi che deriva dalla struttura e dal finanziamento dei nostri bilanci e dalle analisi conseguenti che vengono effettuate di conseguenza.
Ci si è praticamente dimenticati della spesa sanitaria con tutte le sue implicazioni, come se fosse qualcosa che non riguardasse direttamente il bilancio regionale.
Ritengo, invece, che la componente sanitaria debba entrare anche nelle analisi generali perché è la parte più consistente del bilancio, perché la sua influenza è grande sull'importante tema del riequilibrio territoriale se non altro per i servizi che coinvolge e che sono direttamente collegati al miglioramento della qualità della vita; perché gli investimenti consistenti negli ospedali e presidi sanitari, in zone dove le carenze esistono in ogni settore, possono significare una presenza della Regione e delle istituzioni molto significativa; perché questi investimenti inquadrati in un programma organico e pluriennale di interventi per il riequilibrio, rendono sicuramente più incisiva l'azione della Regione perché tocca tutti i cittadini e quindi la collettività in generale; perch la spesa sanitaria presenta anche dei rischi se si va a far mente al fatto che il Governo ha tentato di addossare alle Regioni la copertura degli eventuali disavanzi delle USL.
Ma esiste un fatto di particolare rilevanza in Piemonte e che mi preme mettere in evidenza: il Piemonte è una delle poche Regioni italiane che riesce a chiudere in pareggio la gestione 1981, per quanto riguarda la spesa sanitaria, ed ha già chiuso in attivo la stessa spesa per l'anno finanziario 1980.
E' questo, a mio avviso, un modo per dimostrare che si può contenere la spesa, partendo dalla spesa stessa.
Il Piemonte partecipa, non dobbiamo dimenticarlo, al Fondo Sanitario Nazionale solo per il 7,3%, quando con la sua popolazione dovrebbe avere il 7,9%. Questa percentuale dello 0,6 % in meno di partecipazione al Fondo Sanitario Nazionale si traduce in una cifra che supera i 120 miliardi.
Nonostante questi condizionamenti, la gestione per l'anno finanziario 1981 si è chiusa sostanzialmente in pareggio. Ci sono Regioni che hanno avuto invece disavanzi che variano dal 6 al 30%. Questo ci dimostra che non si può procedere nel controllo della spesa con tagli indiscriminati, ma che si deve partire dalla spesa stessa per impostare una politica di razionalizzazione e di conversione.
D'altronde la discussione in corso in Parlamento sul bilancio dello Stato conferma ancora una volta come sia stata astratta e semplicistica l'impostazione data dal Governo per il contenimento della spesa e del disavanzo.
Sono tuttora ignoti i rapporti del deficit pubblico con le altre grandezze finanziarie e nessuno conosce da quali motivazioni sia nato il mitico tetto dei 50.000 miliardi, che il Governo ed Andreatta spergiuravano essere una diga invalicabile, pena la catastrofe generale, ma che tutti considerano già abbondantemente sfondato, fuori da ogni coordinamento e controllo, finalizzati a scelte prioritarie e rispondenti alle esigenze di sviluppo economico del Paese.
Ora, a cose fatte nella massima confusione, il Ministro del Tesoro afferma che con l'attuale andamento il deficit è avviato ad aumentare del 20%, arrivando a 60.000 miliardi, e che solo con ulteriori tagli in sede di variazioni di bilancio potrà essere contenuto in 55.000 miliardi.
C'è un incremento di disavanzo di oltre 10.000 miliardi, fuori da ogni coordinamento e da ogni controllo.
Sono pertanto da condividere le motivazioni delle Regioni che, assieme all'ANCI, all'UPI e a forze politiche e sociali si sono battute per modificare la le :e finanziaria, impegnandosi nel contenimento e nella riqualificazione della spesa pubblica, lavorando per espandere le entrate dello Stato, controllando le spese di amministrazione, incrementando le spese produttive e di investimento.
Il bilancio della nostra Regione cerca di andare in questa direzione.
I tagli decisi sulle entrate regionali hanno comportato una riduzione pesante delle capacità di spesa reale e reso ancora più rigido il bilancio della Regione. Se si aggiungono le disposizioni sulle manovre di cassa aggravate ulteriormente da una circolare interpretativa del Ministero del Tesoro, si ha il quadro, per gran parte pericoloso, che si sta delineando.
Ulteriori elementi negativi sono costituiti dagli slittamenti predisposti nel bilancio pluriennale dello Stato di fondi provenienti da leggi nazionali importanti, quale la 984/77 per l'agricoltura e la 457/78 per la casa (solo in parte per la casa, attenuati dalla legge 94/82) sui quali la Regione aveva basato i propri programmi d'intervento, già indeboliti dell'andamento dell'inflazione e dell'aumento dei tassi bancari.
Ma esiste un elemento che supera tutti gli altri per pericolosità e negatività, e che rischia di compromettere irreparabilmente l'autonomia delle Regioni.
Con il 31/12/1981 è scaduto il regime della finanza regionale scaturito dalla legge 356/75, che modificava in positivo la 281/70.
Le Regioni da tempo hanno sottolineato la necessità di non lasciare trascorrere tale data senza definire la nuova normativa, inserita nel più ampio quadro della riforma della finanza delle autonomie e di quella pubblica più generale.
Nonostante la scadenza del 31/12/1981, nonostante ci sia una Commissione nominata ad hoc da ben due anni, nonostante gli impegni presi dall'allora Ministro Mazzotta, a Firenze, di presentare entro il mese di aprile 1981 le proposte del Governo in materia, oggi, né si sa la fine che ha fatto la Commissione, né si conoscono le proposte del Governo.
Le Regioni hanno fatto le loro proposte e dalle loro considerazioni sono scaturiti dei punti fondamentali sui quali dovrebbe basarsi la nuova legge sulla finanza regionale: 1) certezza assoluta riguardo alle risorse disponibili per le Regioni negli anni, sul bilancio dello Stato 2) autonomia delle Regioni nel determinare quote di entrate proprie anche attraverso l'allargamento dell'area impositiva 3) eliminazione dei vincoli di destinazione dei finanziamenti che riducono le possibilità di scelta e quindi di avvio di un processo di programmazione regionale inserito in quello nazionale.
Questo comporterà ovviamente delle modifiche tecniche, come l'accorpamento degli artt. 8 e 9, garantendo un plafond minimo delle risorse libere, anche se il contenuto non è solo "tecnico".
E' evidente il rischio che, senza una nuova legge organica, incombe sulle Regioni. Anche per loro si è già aperto infatti il periodo della provvisorietà, in cui la loro finanza è regolata da provvedimenti parziali di durata annuale, con decreti che intervengono ad esercizio iniziato e che sono convertiti in legge ad esercizio concluso, come è accaduto con i decreti riguardanti il bilancio di previsione per il 1981, convertiti in legge solamente nel gennaio del 1982.
Il perpetuarsi di questa situazione renderebbe praticamente impossibile qualsiasi programmazione seria della spesa.
I pericoli sono reali ed hanno cominciato a prendere corpo con i provvedimenti del 1981, quando con semplice decreto si scardinò un sistema quello della legge 356, che aveva cercato di dare attuazione alle norme costituzionali. Con il 1982, per la prima volta si è ridotta la finanza regionale ad essere considerata alla stregua di qualsiasi altro capitolo della spesa statale, ed inserita nella legge finanziaria.
Oggettivamente ci si trova di fronte ad un progressivo svuotamento delle prerogative autonomistiche, alimentato e favorito dalla mancanza di una normativa organica.
Le Regioni, coscienti di questi pericoli, hanno deciso di elaborare una proposta di legge di iniziativa regionale sulla quale avviare in tempi brevi confronti e riflessioni per arrivare alla definizione rapida della nuova legge sulla finanza regionale.
Per quanto riguarda il bilancio di previsione per il 1982, la relazione ed i dati forniti dalla Giunta, in particolare per quanto riguarda il bilancio annuale, permettono di avere un quadro dettagliato che facilita la comprensione del bilancio 1982.
Il dato che più colpisce è la riduzione delle risorse libere a disposizione.
Nel 1981, i "tagli" governativi hanno comportato una diminuzione dal 46% al 26 % dell'incremento delle entrate, con una perdita di circa 70 miliardi, cui vanno aggiunti i minori introiti per interessi attivi, a seguito della riduzione delle giacenze di cassa imposta da una serie di decreti restrittivi.
Se facciamo riferimento al trend già indicato nel bilancio pluriennale degli anni precedenti, le minori entrate per il 1982 ammontano a 44 miliardi, da aggiungere ai "tagli" precedenti ed al minore introito per interessi attivi, stimato in 12 miliardi.
Si arriva in tal modo ad una riduzione di risorse libere nel 1982 di circa 120 miliardi, come indicato nella relazione della Giunta.
Non è certo convincente l'affermazione di chi sostiene che le risorse regionali sarebbero incrementate troppo negli anni precedenti.
In effetti, occorre ricordare che gli adeguamenti previsti dalla legge 356 avevano due obiettivi: rispettare per le entrate regionali il dettato costituzionale, che non ammette finanziamenti alla Regione che non siano tributi propri o quote di tributi erariali, in cui il riferimento alle entrate tributarie dello Stato è evidente integrare le minori entrate alle Regioni, rispetto alla svalutazione monetaria, che si erano verificate precedentemente all'entrata a regime della legge 356, anche a causa di interpretazioni restrittive nell'applicazione degli incrementi attuata per molti anni dal Ministero che alcuni hanno considerato truffaldine, perché da una parte lo Stato sottovalutava le proprie entrate sulle quali poi basava il calcolo dei trasferimenti alle Regioni e dall'altra nel conteggio dell'aumento percentuale non tenevano conto della progressione di interesse composto anziché di interesse semplice nel calcolo dell'incremento delle entrate.
E' evidente che il sistema di collegamento con il gettito tributario erariale, oltre che essere il solo costituzionalmente corretto, è l'unico valido, in presenza di un sistema tributario centralizzato qual è (e probabilmente resterà a lungo) quello italiano, a garantire le risorse della Regione.
Le indicazioni che emergono dalla conferenza dei Presidenti sembrano privilegiare l'ancoraggio al "Prodotto Interno Lordo" e probabilmente questa sarà l'impostazione che passerà, anche se parecchi hanno dubbi sull'utilità di questo riferimento. Infatti, mentre per le entrate tributarie dello Stato i dati sono certi, il Prodotto Interno Lordo deriva sempre da una stima campionaria e sappiamo che le valutazioni "a campione" non conducono a dati esatti: esempi concreti li abbiamo avuti con le verifiche dell'ultimo censimento.
Un condizionamento pesante sul bilancio della nostra Regione è dato dalla sua particolare rigidità.
Basta guardare il rapporto che esiste tra fondi liberi e fondi a destinazione vincolata.
Le entrate complessive della Regione ammontano a circa 2.751 miliardi una cifra imponente; ma le risorse di cui la Regione può disporre liberamente ammontano a 518.442 milioni, così suddivisi: Entrate tributarie 47.640 Fondo comune netto 226.028 Fondo Regionale di sviluppo 26.359 Proventi dei beni della Regione 10.275 Proventi servizi pubblici 3.755 Mutuo 188.000 Recuperi e contributi 15.856 Alienazione di beni, ecc. 529 Totale 518.442 (Sono stati aggiunti i 4.913 miliardi della Metropolitana e tolti i 40 miliardi dei trasporti.) Nel 1982 è ancora peggiorato il rapporto tra fondi liberi da vincoli e totale delle disponibilità di bilancio depurato dal Fondo Sanitario Nazionale. I dati forniti dall'Assessorato mettono in evidenza come la diminuzione si è progressivamente accentuata. Dal 1978 al 1982 si è avuta la seguente successione: 1978: risorse libere pari al 21,9 % del bilancio 1979: risorse libere pari al 18,3 %del bilancio 1980: risorse libere pari al 13,5 %del bilancio 1981: risorse libere pari al 9,3% del bilancio 1982: risorse libere pari al 5,7% del bilancio E' forse opportuno precisare che quando si parla di risorse libere da vincoli ci si riferisce ai fondi di cui la Regione può disporre liberamente, indipendentemente dai vincoli statali oppure dagli impegni già contratti negli anni precedenti.
Va inoltre ricordato che nel 1982, probabilmente per la prima volta negli ultimi anni, le risorse libere diminuiscono consistentemente rispetto all'anno precedente anche in valore assoluto, come si può rilevare dalla seguente tabella: Confronto risorse libere Descrizione 1981 1982 1982-1981 Avanzo 112.383 - 112.383 Entrate tributarie 38.800 47.640 + 8.840 Fondo comune 228.477 226.028 - 2.449 Fondo regionale di sviluppo 26.359 26.359 Proventi dei beni della Regione 22.935 10.275 12.660 Proventi servizi pubblici 3.590 3.755 + 165 Recuperi 33.332 15.856 17.476 Alienazione di beni, etc.
300 529 229 Mutuo 161.196 188.000 + 26.804 627.372 518.442 108.930 Rigidità del bilancio Con queste premesse, era inevitabile trovarsi di fronte ad una rigidità del bilancio sempre crescente determinata essenzialmente da due fattori: da un lato, gli avvenimenti eccezionali ed imprevedibili che hanno colpito la finanza regionale nel 1981 e nel 1982, dall'altro un'evoluzione del bilancio che ha visto un ricorso sempre più massiccio all'erogazione di contributi in Conto interessi, destinati a creare una rigidità sempre maggiore del bilancio stesso.
I dati relativi al rapporto tra le entrate dei fondi ex artt. 8 e 9 e le annualità impegnate sono eloquenti, come dimostra la seguente tabella: Rapporto tra le entrate fondi ex art. 8-9 e annualità impegnate Anno Entrate Totale annualità Annualità in totale Art. 8 Art. 9 1979 136.897 15.821 152.718 28.293 18.52 1980 180.326 23.984 204.310 52.469 25.68 1981 228.477 26.359 254.836 55.997 21.97* 1982 261.115 26.359 287.474 91.959 31.98 (*) La diminuzione è dovuta alla revisione degli impegni effettuata nel 1981, che ha portato allo slittamento di alcune somme, in coerenza con la nuova legge di contabilità.
C'é da aggiungere che è una condizione generale delle Regioni italiane.
Se facciamo il confronto tra l'anno finanziario 1979 e il 1982 vediamo una differenza sostanziale: mentre nel '79 il 18,52% era rappresentato dalle annualità già impegnate sul totale delle risorse libere, nell'82 questa percentuale è salita al 31,98%.
E' evidente che a questa situazione deve essere adeguato il comportamento della Regione. La rigidità è determinata in gran parte dalle scelte a livello centrale, ma in parte è anche il frutto di una scelta precisa effettuata dall'Amministrazione regionale negli anni precedenti.
Una scelta che allora aveva permesso di mettere in movimento attraverso il credito, una massa cospicua di risorse per la collettività piemontese e di dotare, inoltre, la Regione di un patrimonio immobiliare e di attrezzature, per l'acquisto del quale, oggi, sarebbe più difficile trovare le disponibilità finanziarie.
Sono dati oggettivi: la svalutazione, l'aumento dei costi ed i tassi proibitivi avrebbero falcidiato ogni risparmio.
Il trend dell'aumento dei costi per l'edilizia e opere pubbliche ha superato in questi ultimi anni oltre il 30% annuo. E' evidente, però, che sia i tagli governativi che l'alto costo del denaro spingono ad una revisione della politica fin qui seguita e ad un rallentamento della stessa contribuzione in conto interessi, almeno per quanto riguarda il 1982.
Quindi, si pone la necessità di un recupero di margini e di capacità finanziarie.
Gli industriali hanno fornito delle indicazioni per recuperare questo margine di capacità finanziaria indicando come iscrivendo a bilancio solo voci effettivamente spendibili nell'anno, qualcosa potrebbe essere recuperato; oppure procedendo alla revisione straordinaria dei residui; ed infine come si debba fare in modo di poter accedere al fondo stabilito con la legge finanziaria, dei 6.000 miliardi.
La maggioranza non può che essere d'accordo su queste impostazioni.
Sono, del resto, posizioni sostenute ripetutamente e che si sono già tradotte in parte in leggi della nostra Regione. Basta ricordare la "legge finanziaria" del 1981, dove sono stati cancellati numerosi impegni.
E' una posizione che consideriamo ancora valida, anche se pensiamo che i margini di recupero si siano ridotti, proprio per le "puliture" che sono già state fatte.
In ogni caso questa è un'indicazione da portare avanti puntualmente eventualmente come già è stato proposto in Commissione, con la nomina di una Commissione ad hoc nominata dalla Giunta al proprio interno, che riferisca alla I Commissione e lavori in modo da far confluire i risultati che speriamo positivi, anche se limitati, nell'assestamento del 1982.
Rimane aperto il problema della gestione della Cassa e dei rapporti con le Banche ed i Tesorieri. Gli industriali fanno la proposta di verificare la possibilità di arrivare ad un accordo con le Banche piemontesi per la gestione della Tesoreria, sullo schema che è stato adottato dalla Regione Lombardia. C'é da rilevare, purtroppo, che in Lombardia questo accordo non ha potuto dare grandi frutti per l'aumento del costo del denaro sul mercato. La stessa contrattazione di investimenti per circa 2.000 miliardi fatta dalla Regione Lombardia finora è rimasta sulla carta.
Pensiamo però che questa sia una strada da perseguire per una maggiore mobilitazione delle risorse.
Entrando nel dettaglio delle poste di bilancio si rileva come la legge 28/75 non sia stata proposta come finanziata per il 1982.
La scarsità di risorse fa sì che questa scelta sia praticamente obbligata. Questo non significa rimanere fermi.
Si tratta, quindi, nel 1982, di smaltire i residui che si sono accumulati negli esercizi precedenti ed eventualmente di completare le opere iniziate.
E' opportuno, però, ribadire la validità della politica tendente al riequilibrio territoriale, anche attraverso un'azione coerente della Regione, che punti in particolare a dotare di servizi essenziali quali acquedotti, fognature e strade, i comuni più emarginati e privi delle disponibilità finanziarie che permettano loro di farvi fronte in proprio.
Il 1982 dovrà, quindi, essere utilizzato per un'ampia consultazione con i Comprensori e con le autonomie per verificare la situazione esistente definire seriamente le priorità, predisporre i programmi per L'83 e l'84 ed eventualmente l'85.
In questo modo si dà tempo ai Comuni di preparare programmi e progetti sulla base di finanziamenti praticamente certi, evitando lo spreco di progetti destinati a rimanere nei cassetti, da una parte e di opere che rimangono incompiute per anni, dall'altra.
Molti sono i mutamenti intervenuti dall'approvazione della legge n. 28 nel 1975.
Nella predisposizione del programma pluriennale di applicazione della legge 28 si dovrà tener conto, ovviamente, delle recenti disposizioni in materia di finanza locale, per evitare sia di impegnare contributi in conto interessi su mutui che la Cassa Depositi e Prestiti non concederà mai perché eccedenti il plafond assegnato al Piemonte; sia, e a maggior ragione, per evitare che il contributo concesso, nella pratica, si traduca non in un beneficio per il Comune destinataria ma in una retrocessione indiretta di fondi allo Stato.
Si pone, in ogni caso, l'urgenza di una modifica sostanziale della legge 28, che tenga conto dell'esperienza e delle modifiche intervenute negli ultimi anni nelle normative nazionali e regionali.
Una delle caratteristiche, che troverà una collocazione più puntuale all'interno del bilancio pluriennale e del piano di sviluppo, è quella di dotare la nostra Regione di progetti integrati che riguardano le zone già individuate nel dibattito: il Verbano - Cusio - Ossola, la Valle Scrivia la Valle Susa.
La scarsità delle risorse spinge ancora di più la Regione a svolgere con maggiore incisività il ruolo di coordinatrice degli interventi e di soggetto della programmazione, ruolo che, del resto, le è chiaramente attribuito dalla legislazione vigente, in particolare dall'art. 11 del D.P.R. 616.
In questo contesto e avendo presenti gli obiettivi del riequilibrio e dello sviluppo si pongono i problemi relativi alle tre zone sopra indicate.
Si tratta di predisporre dei veri e propri progetti di area, con specifiche poste nel bilancio annuale e pluriennale, per arrivare ad interventi coordinati di più soggetti nei vari settori, indirizzati al raggiungimento di una finalità comune.
Tali progetti non si riferiscono soltanto al fatto che queste zone (l'Ossola - Verbanio - Cusio e la Valle Scrivia in particolare) vivono una profonda crisi industriale con gravi riflessi sull'occupazione.
Questi interventi sono utili perché in quelle aree sono presenti potenzialità ed occasioni di sviluppo in grado di avere positivi riflessi sull'intera economia regionale.
Gli interventi programmati o da programmare da diversi enti nei vari settori produttivi, nei servizi, per la viabilità ed i trasporti nel Comprensorio del Verbano - Cusio - Ossola, nella Valle Scrivia e nella Valle di Susa, con gli ingenti flussi finanziari che vi sono connessi pongono l'esigenza di un coordinamento per trasformarli in potenzialità di sviluppo in quanto connessi: 1) al recupero delle risorse locali (agricole, turistiche, artigianali ecc.) 2) alla ripresa dell'attività economica, in particolare di quella industriale: per il Comprensorio del Verbano - Cusio - Ossola si tratta di contenere la crisi industriale (sono sul tappeto problemi di rilevanza nazionale) proponendone un superamento tenendo conto anche della vivacità imprenditoriale locale; per la Valle Scrivia, di fronte al forte indebolimento della struttura economica produttiva, si ripropone il ruolo strategico che la Valle può assumere per la collocazione e per la presenza di piccole e medie imprese, di carattere pubblico e privato, ad alta capacità tecnologica 3) al fatto che queste aree, per la loro collocazione geografica, si configurano come zone cruciali nel rapporto nord-sud (relazioni transalpine, relazioni con il sistema portuale ligure) e punti forti del riequilibrio regionale. In esse, infatti, si collocano progetti infrastrutturali, interporti e centri merci, opere di riassetto idrogeologico e di sfruttamento energetico che hanno rilevanza regionale e nazionale.
Fondo per investimenti Sempre in tema di mobilitazione delle risorse esterne al bilancio regionale si colloca la possibilità prevista per le Regioni di accedere al fondo per gli investimenti di 6.000 miliardi, che dovrebbe essere istituito con la legge finanziaria 1982. Questo è un elemento indubbiamente positivo anche se l'utilizzo per progetti regionali o interregionali è limitato al 10% del fondo stesso e nella discussione ancora in corso alla Camera, ad esercizio 1982 inoltrato, sembrano affacciarsi riduzioni sia nella competenza che nelle risorse spendibili nel 1982, in confronto con l'esigenza, invece, di avere una programmazione pluriennale degli investimenti.
La Regione ha già individuato come campo d'intervento la forestazione con progetti regionali legati alla difesa del suolo e alle priorità del settore agricolo-forestale.
Rimane ancora aperta, però, la partita dei "progetti", elaborata in relazione alla necessità dell'impiego dei lavoratori in cassa integrazione per lavori socialmente utili.
Forse è opportuno arrivare a progetti interregionali d'investimento che per l'esiguità del fondo stesso, possono avere più forza e trovare più spazio nei finanziamenti.
Un settore fondamentale è quello della depurazione delle acque. Per quanto riguarda il Lago Maggiore, scelta prioritaria già fatta dalla Regione, è certo utile arrivare ad un progetto globale concordato con la Lombardia. Il Piemonte ha già speso molto in questa zona finanziando una serie di depuratori sulla propria sponda; molto meno è stato fatto dalla Lombardia.
Si dovrebbe predisporre un progetto comune che, partendo dagli investimenti consistenti già effettuati, definisca tempi e modi per completare in tempi ragionevoli il programma di risanamento e depurazione del Lago Maggiore e dei bacini dei suoi immissari.
Le consultazioni Nonostante il tempo limitato a disposizione, ridotto ulteriormente dal periodo pasquale, le consultazioni sono state di notevole interesse ed arricchite dalla presentazione di numerose e dettagliate relazioni scritte.
Emerge, innanzitutto, la coscienza diffusa delle difficoltà che la situazione presenta, e che la scarsità delle risorse a disposizione impone a tutti di prender atto dell'inevitabile riduzione degli interventi finanziari della Regione.
Sebbene Comuni e Province vivano le stesse difficoltà, o proprio per questo, non c'è stato nessun rivendicazionismo contro la Regione, come forse si poteva temere, ma piena consapevolezza della gravità della situazione ed impegno a fronteggiare l'emergenza con sforzi comuni.
Questo sta a dimostrare che esiste in Piemonte un sistema delle autonomie forze economiche e sociali non rassegnati di fronte alla crisi ma animati dalla volontà di fare tutto il possibile per uscirne, per risalire la china.
Viene anche avanti, pressante, la richiesta che tutti facciano la propria parte fino in fondo: Governo, Regione, Enti locali, imprenditori, forze sociali.
Se c'é coscienza della scarsità delle risorse, questa va di pari passo con la consapevolezza che ciò significa maggiore impegno, oculatezza e programmazione nella gestione delle risorse stesse.
Pressoché unanime è stata la richiesta di una predisposizione dei programmi pluriennali di spesa, dei bilanci consolidati, di una programmazione pluriennale più puntuale dell'entrata e della spesa.
In altre parole, generale è la domanda della messa in opera di strumenti per lavorare meglio. Questo è un altro aspetto positivo emerso dalle consultazioni, che ribadisce la volontà di non arrendersi alle difficoltà da parte della comunità piemontese.
La Giunta regionale terrà certamente conto di queste indicazioni e saprà dare ad esse risposte adeguate e credibili, come ha cercato di fare in passato.
Le difficoltà che oggettivamente l'attuale situazione presenta rischiano di aumentare il distacco della gente ed anche delle organizzazioni economiche e sociali, dalle istituzioni. Occorre rispondere, quindi, con programmi chiari, tempi e riferimenti certi.
Per poter far meglio occorre porre mano con coraggio ad una revisione della "macchina regionale", nei suoi aspetti, burocratici ed istituzionali.
La Regione ha accumulato un grande patrimonio di credibilità che rischia di vedere disperdersi e sprecarsi.
Sono in molti a lamentare ritardi in troppi settori.
La gente accetta le restrizioni inevitabili; certi limiti all'intervento li capisce. Non giustifica però le lungaggini ed i ritardi che assumono qualche volta gli aspetti dell'inefficienza.
Alla Regione si chiede di più e di meglio rispetto alla burocrazia tradizionale e a queste domande si deve sapere dare risposte positive.
Scelte prioritarie Non si può che concordare con le indicazioni della Giunta in ordine alle priorità da perseguire, in particolare per l'attenzione prestata agli interventi che hanno un riflesso immediato sulla produzione e sull'occupazione.
Significativa, inoltre, è la scelta di privilegiare gli interventi di sostegno ai ceti più disagiati, anziani, handicappati, attività di assistenza in generale.
Una quota crescente delle risorse autonome della Regione è destinata al finanziamento degli interventi in campo sociale.
Secondo un'interessante rielaborazione fatta dalla Federazione delle Associazioni Industriali la quota di risorse destinate a tali interventi è infatti cresciuta dal 1979 al 1982 del 13,4%, nonostante una diminuzione delle risorse disponibili del 27,8%.
Nello stesso periodo sarebbero diminuite del 56,5% le risorse destinate ad interventi nel campo delle infrastrutture mentre quelle destinate ad interventi nel campo economico sarebbero diminuite meno del complesso delle risorse autonome a disposizione.
Se da un lato questo indica come la Regione non vuole abdicare alla scelta della difesa dei ceti più deboli, particolarmente colpiti in periodo di crisi, dall'altro mette in evidenza come i tagli indiscriminati portano spesso a sacrificare gli interventi in infrastrutture, cioè quegli investimenti che più dovrebbero essere privilegiati per fronteggiare la crisi e rilanciare lo sviluppo.
Va messo in evidenza, in tema di priorità, lo sforzo per reperire risorse da destinare all'agricoltura, nonostante la riduzione al 5,7 % delle risorse libere da vincoli per il 1982. Maggiori disponibilità potranno essere reperite nel bilancio pluriennale. Pur presentandosi con pesanti limitazioni, la prospezione pluriennale della spesa può permettere, in particolare per l'agricoltura, di avviare già nel 1982 programmi che troveranno la copertura finanziaria negli esercizi successivi.
Cito solo un dato: con una disponibilità nel bilancio pluriennale di circa 6.000 milioni si possono già mettere fin dal 1982 in movimento investimenti per 64.000 milioni di lire.
Per quanto riguarda il bilancio pluriennale, la mancanza di una programmazione rischia di farci schiacciare da una finanza che viene stabilita centralmente, ma che scarica le contraddizioni sulle istituzioni periferiche soffocandole in una ragnatela di problemi irrisolti e irrisolvibili per mancanza di risorse, mentre vengono avanti una pressione ed una domanda che la crisi stessa alimenta spesso nel modo più caotico e contraddittorio, che vedono inevitabilmente come primo interlocutore il sistema delle autonomie e la Regione.
Spesa corrente Va particolarmente sottolineato l'impegno della Giunta a perseguire il contenimento della spesa corrente, soprattutto in presenza della riduzione di disponibilità e della crescente rigidità del bilancio, dovuta all'espandersi di spese ed impegni incomprimibili (personale, manutenzioni annualità consolidate, ecc.).
Risultati consistenti sono stati ottenuti.
L'aver mantenuto le spese dell'area di attività praticamente al livello, in valori assoluti, del 1981 significa, in termini reali, una riduzione di circa il 20%, ed è una chiara manifestazione di volontà da parte della Regione di perseguire l'obiettivo del contenimento della spesa corrente.
D'altronde, a fianco del contenimento della spesa corrente va anche posto l'obiettivo, che è stato in gran parte raggiunto, di avere aumentato la capacità di spesa della Regione, portando avanti l'opera di smaltimento dei residui passivi. Per mettere in movimento altre risorse la Regione dovrà utilizzare tutti gli strumenti che ha a disposizione.
Particolare rilievo assume la collocazione degli enti strumentali della Regione ed il ruolo che essi potrebbero svolgere, particolarmente nell'azione per superare la crisi economica che attanaglia il Piemonte.
Molto opportuna è la decisione della Giunta di sottoporre ad un programma di revisione funzioni e compiti di questi enti, mettendo a bilancio nel 1982 una quota inferiore al 1981, riservandosi di integrarla successivamente a verifica avvenuta.
Essi possono essere rilanciati come strumenti programmatori dell'attività della Regione in due direzioni: per l'attività di ricerca finalizzata progettazione e formazione (IRES, CSI) e per l'attuazione di progetti che per la loro particolare complessità, richiedono forme di collaborazione attiva fra pubblico e privato (finpiemonte, sito, ipla, promark, stef).
Significativa è, per esempio, la posizione già manifestata verso l'ESAP, di rifiuto a proposte che rischiano di trasformarla in una sorta di GEPI regionale agricola, con il solo compito di ripianare i disavanzi delle aziende.
Territorio ed urbanistica - p.t. - casa Le scelte fatte in questi settori sono dettate dalla consapevolezza che gli investimenti regionali, anche se limitati, possono provocare effetti occupazionali praticamente immediati ed avviare al tempo stesso una politica di sviluppo.
Di particolare importanza sono le scelte in tema di strumentazione urbanistica e per snellire le procedure. Per l'acquisizione di aree per la formazione di demani comunali, la legge relativa è già all'ordine del giorno del Consiglio, mentre per quanto riguarda le procedure in tema di edilizia pubblica, la legge è già stata approvata nel dicembre scorso.
Quanto alla legge regionale 56/77 va rilevato che la Commissione competente ha da tempo avviato l'esame delle proposte di modifica ed è prevedibile che il Consiglio possa approvarle prima della pausa estiva.
Non sfugge certo l'importanza della strumentazione urbanistica in relazione agli investimenti sul territorio. Per la pianificazione urbanistica va rilevato l'impegno a completare gli schemi dei piani territoriali dei Comprensori con la previsione della spesa relativa nel fondo di 6 miliardi per "ricerche per l'attuazione del piano regionale di sviluppo", di cui al capitolo unico compreso nell'area di attività e che dovrà raccogliere anche tutte le spese relative a consulenze.
Viabilita' e trasporti Il bilancio presenta una novità di rilievo in questi settori.
L'entrata in vigore della legge quadro sui trasporti ha assegnato alla Regione il compito della gestione della quota spettante al Piemonte del Fondo per i trasporti. E' la Regione, pertanto, ad erogare i fondi risultanti dalla ripartizione nazionale e a sostituirsi ai Comuni nell'assegnazione delle somme necessarie al ripiano dei disavanzi delle aziende pubbliche comunali per i trasporti urbani.
La quota spettante al Piemonte del fondo nazionale trasporti è complessivamente di 197,6 miliardi: 166 per il ripiano dei disavanzi di esercizio e 31,6 per le spese di investimento.
Sono, evidentemente, somme con destinazione vincolata, che per il bilancio regionale rappresentano sostanzialmente partite di giro.
Non possono però essere ignorati i ritardi con cui i fondi statali vengono erogati in ratei trimestrali, creando non poche difficoltà alle aziende interessate, che si trovano nell'impossibilità di garantire il regolare pagamento degli stipendi ai dipendenti.
La Regione, con propria scelta autonoma, destina propri fondi a questo comparto per circa 6 miliardi.
Conclusioni Il bilancio annuale, come già detto, esaurisce solo in parte le capacità d'intervento della Regione, anche se sono tutt'altro che da sottovalutare i limiti che derivano all'azione regionale dalla scarsità di risorse proprie in un momento di gravi difficoltà economiche.
La crisi, in Piemonte, si manifesta con aspetti di drammaticità inusitati e con caratteristiche preoccupanti. Stanno venendo a maturazione, per alcuni versi in anticipo rispetto ad altre parti del Paese, i nodi di fondo della crisi, della grande impresa e dello stato sociale, con trasformazioni indotte dai processi innovativi e dai mutamenti culturali e sociali.
La crisi che investe ormai tutte le basi produttive del nostro Paese colpisce con maggiore intensità le aree a più antica ed a più alta concentrazione industriale, dove sembra anticipare il mutamento che coinvolge via via l'intero apparato produttivo del Paese.
E' da questa consapevolezza che è scaturito il particolare rapporto tra Regione Piemonte e Governo, su cui si è spesso soffermato il Consiglio.
Non sono stati chiesti al potere centrale da parte della Regione interventi di tipo assistenziale ma essenzialmente una politica industriale ed economica capace di riconvertire e riqualificare l'assetto industriale del Piemonte e del Paese.
Se questa politica comincerà a prender corpo, sarà possibile per il Piemonte trovare le energie per svolgere il ruolo di cerniera, assieme alle altre Regioni industrializzate del Nord, tra le aree forti dell'Europa, il Mezzogiorno d'Italia, i Paesi del Mediterraneo e quelli in via di industrializzazione.
In altre parole si tratta di contrastare l'inflazione e la recessione configurando per il Piemonte un nuovo tipo di sviluppo fortemente innovativo, che punti al rilancio della produzione e dell'offerta di beni e servizi.
Un ruolo importante di coordinamento degli interventi e dell'impiego delle risorse può svolgerlo la Regione, anche in virtù dei poteri e delle funzioni che le sono propri. La nostra Regione ha da tempo cominciato a dotarsi degli strumenti necessari ad un intervento di programmazione, come ha riconosciuto la stessa Federazione degli Industriali durante le consultazioni. Deve essere il Governo, ora, ad uscire dal generico e dalle manifestazioni che vanno poco oltre le testimonianze di buona volontà dei singoli Ministri.
Il bilancio regionale presentato, pur con i limiti imposti dalle varie restrizioni, si sforza di andare con coerenza in quella direzione cercando di rispondere, al tempo stesso, alle richieste più pressanti che provengono dalla comunità piemontese.
Tra poche settimane il Consiglio regionale affronterà una prima discussione sul nuovo piano di sviluppo regionale.
In quella sede i temi del bilancio saranno ripresi ed approfonditi in una prospettiva di più ampio respiro. Sarà l'occasione, anche, per verificare la rispondenza delle indicazioni, troppo sommarie finora, del bilancio pluriennale con gli obiettivi che sono posti a base del bilancio 1982 e come lo strumento contabile-finanziario pluriennale si raccorda con il programma di attività e di spesa della Giunta regionale.
In questo modo si potrà disporre del quadro di riferimento finanziario necessario a rendere l'azione della Regione più incisiva nel fronteggiare la crisi, dispiegando tutte le risorse disponibili in un arco di tempo triennale, mobilitando energie e capacità d'investimento al servizio delle nostre popolazioni.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Prima che l'Assessore Testa replichi desidero fare una brevissima dichiarazione per non lasciare spazio ad equivoci o ad incomprensioni.
I partiti che sostengono la maggioranza a metà della legislatura hanno iniziato la verifica dei programmi attuati, l'aggiornamento alla situazione attuale degli stessi e, inoltre, la definizione e la puntualizzazione delle iniziative per il resto della legislatura. La predisposizione dei documenti conclusivi necessita ancora di qualche giorno. E' necessario, quindi, che entro al massimo una decina di giorni di svolga un ampio dibattito in Consiglio regionale, in modo che i vari Gruppi politici possano sapere partecipare ed esprimere compiutamente la loro posizione.
Riconfermo la piena volontà della Giunta regionale e della maggioranza di proseguire nel proprio lavoro dandole, come d'altronde era già inserito nel programma che ha avuto il voto dal Consiglio, un respiro di legislatura. Il dibattito sul bilancio è il momento più importante della vita del Consiglio e la Giunta regionale si presenta a questo appuntamento salda e cosciente di aver fatto il proprio lavoro con serietà e nell'interesse della comunità piemontese.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Testa.



TESTA Gianluigi, Assessore al bilancio

Vorrei soltanto sottolineare alcuni punti della mia relazione.
Il momento in cui si colloca il bilancio 1982 è un momento di crisi generale delle, risorse pubbliche, un momento di stretta nella spesa pubblica: noi presentiamo, infatti, un bilancio che ha disponibilità globali inferiori di 100 miliardi rispetto all'anno precedente.
Credo che questo bilancio segni un punto di non ritorno per quanto concerne il rapporto fra risorse pubbliche e private nello sviluppo dell'economia piemontese.
Il bilancio conferma la tendenza già contenuta in quello dell'81 ed indica che la volontà di risolvere la crisi piemontese, attraverso la mobilitazione di risorse regionali, non ha corrispondenza obiettiva nei fatti. Non solo, ma credo che indichi anche come sia necessaria una svolta nella gestione delle risorse regionali: esse non vanno più viste come risorse in grado di rispondere ai problemi della società esterna, ma come risorse che devono essere usate come moltiplicatori e, in particolare, deve venire recuperato il valore della programmazione e del coordinamento da parte della Giunta regionale; venendo a mancare le risorse proprie, viene a maggior ragione enfatizzato il ruolo che la Giunta può avere nei confronti delle risorse altrui, in particolare di quelle della collettività piemontese, di programmazione e coordinamento.
Questo bilancio deve necessariamente sottolineare e segnare un salto di qualità dal punto di vista della legislatura, nel senso che se la prima legislatura regionale è stata di avvio e la seconda è stata momento delle grandi scelte legislative e delle grandi leggi per affermare il ruolo della Regione sul territorio, la terza deve essere, invece, quella in cui si risponda alla sfida dei problemi economici, in un momento in cui le risorse non ci sono ed in cui la volontà politica e la capacità della Giunta di porsi come momento di programmazione e di coordinamento diventa fondamentale. In questo quadro è importante la revisione delle leggi di spesa, perché l'attuale assetto del bilancio e delle risorse regionali non consente più la gestione delle leggi così come sono state concepite nel passato.
E' indispensabile, quindi, che tutte le leggi regionali vengano riviste e che sia fatta una scala di priorità e di scelte, altrimenti le leggi rischiano di diventare esclusivamente enunciazioni di principi a cui non corrisponde, in sede di bilancio, la loro operatività.
Egualmente è critico in questo momento il problema del rapporto con gli Enti locali, in quanto la Regione non è più in grado, per le risorse limitate, di venire incontro alle esigenze che gli stessi manifestano.
Va sottolineato in questa sede come non si è scelta la via, che poteva essere più facile, ma sicuramente meno opportuna, di ridurre tutti gli stanziamenti in proporzione alla riduzione delle risorse di bilancio, ma si è invece scelta la soluzione, sicuramente più difficile e più irta di problemi, di considerare gli stanziamenti dell'anno precedente a livello zero (cioè di non considerare consolidati i bilanci precedenti e di rifare le scelte sulla base dei criteri di priorità che la Giunta si è dati).
Vorrei anche sottolineare che in questo clima di grande austerità la Giunta ha autodisciplinato una serie di spese, in particolare la spesa corrente, mantenendola a livello del 1981, anzi, leggermente inferiore effettuando un taglio di oltre il 20% su una serie di spese non attinenti agli investimenti regionali.
Non vorrei ripetere quanto Biazzi ha già detto, relativamente agli enti strumentali e alla scelta fatta dalla Giunta di procedere ad una revisione delle funzioni di tali enti, anche attraverso lo strumento, forse un po' brutale, ma sicuramente efficace, della limitazione dei fondi.
Questi sono i grandi temi del bilancio 1982.
Il tempo non consente lunghi interventi e sarà forse opportuno che, in sede di replica, siano oggetto di più attenta analisi gli aspetti che i Consiglieri riterranno di sottolineare.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, non so se qualcuno intenda prendere la parola ancora questa sera o se è più opportuno rinviare i lavori a domani mattina.
Chiede di parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Proporrei di rinviare la discussione a domani mattina all'inizio di seduta, con l'impegno di concludere entro le 18/19 di domani sera.



PAGANELLI Ettore

Suggerirei di fare una breve sospensione a mezzogiorno perché ritengo che il dibattito non debba essere strozzato nelle dichiarazioni di voto.


Argomento: Programmazione: argomenti non sopra specificati

Mozioni dell'Istituto Cartografico regionale e relative informazioni della Giunta regionale (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il punto quarto all'ordine del giorno: "Mozioni dell'Istituto Cartografico regionale e relative informazioni della Giunta regionale".
In merito è stato presentato un ordine del giorno.
La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Riservandomi di aggiungere alcune brevissime considerazioni nella dichiarazione di voto, chiedo se vi è la disponibilità da parte della Giunta a dare alcune precisazioni e ad accettare alcune modificazioni formali.
La nostra proposta è di togliere le parole: ".decisa la nomina dei componenti del Consiglio di amministrazione della S.p.A. Istituto Cartografico regionale." e di portare il contenuto di questa affermazione al termine: ".Il Consiglio regionale conseguentemente si impegna alla designazione dei componenti il Consiglio di amministrazione della S.p.A.
Istituto Cartografico regionale".
Inoltre, dopo le parole ".per le macchine di sicuro." propongo di togliere la parola "totale".
Chiederemmo alla Giunta regionale la precisazione in ordine all'affermazione: ".a stanziare conseguentemente nei bilanci i fondi necessari alla realizzazione di programmi sopra definiti.".Potremmo dire: "..ad adeguare conseguentemente gli stanziamenti a bilancio per i fondi necessari.".



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione socio-economica

La Giunta è d'accordo sulle proposte formulate dal Consigliere Picco.
Per quanto riguarda il punto 3) le parole: "a stanziare conseguentemente" volevano dire: "in conseguenza del programma approvato" quindi un impegno per l'assestamento del bilancio in conseguenza del programma. Si intende che ciò non ha implicazioni su un bilancio che viene prima della preparazione del programma.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Vorrei fare una breve dichiarazione per dare il senso preciso dell'adesione del Gruppo liberale a questo documento, per evitare in seguito di essere chiamati a corresponsabilità che non ci spettano.
Noi ribadiamo le nostre profonde riserve, perplessità sulla successione di provvedimenti e di atti che hanno portato alla situazione odierna, cioè la nostra opposizione alla legge, la nostra riserva sulle procedure attraverso le quali si è giunti all'acquisto delle macchine all'attivazione di una sede; tutte queste cose restano e noi desideriamo che restino a verbale, perché nessuno pensi che il voto responsabile di oggi, che ci apprestiamo a dare su un documento che ci ha visti responsabili protagonisti, assolva le responsabilità passate.
Ma, come abbiamo avuto occasione di dire nella riunione dei Capigruppo che ha portato a questa intesa che noi accettiamo in quanto unitaria, ci troviamo di fronte a tre ordini di problemi su cui dobbiamo responsabilmente esprimerci: 1) l'opportunità che la Regione in qualche modo si doti di collegamenti, di strumenti, per avere una base cartografica più ampia, più diffusa, più capillare 2) la necessità di far fronte ad una situazione pregressa che probabilmente tenderebbe a peggiorare se non fosse responsabilmente affrontata 3) la presa di coscienza da parte di tutte le forze politiche che il disegno ambizioso impostato nel 1977 deve essere drasticamente ridimensionato in funzione delle ridottissime risorse che la Regione ha quest'anno a disposizione e che avrà nei prossimi anni.
In questo quadro, ribadite le nostre riserve di fondo su questa cosa aderiamo ad un documento che da un lato garantisca il ripristino dei macchinari e delle sedi, che dall'altro impegni la Giunta e gli esperti a predisporre un progetto di fattibilità che consenta di misurare costi ed obiettivi conseguibili, anche in primo esercizio, da questo organismo e infine, a predisporre uno Statuto della società di gestione che verifichi preliminarmente la costituzione della società stessa, le possibilità di reale ingresso del capitale privato e delle capacità e delle competenze private in questa materia.
Per non creare in materia di tanta delicatezza delle dissociazioni da altre forze politiche, per spirito responsabile, aderiamo alla preventiva designazione dei membri del Consiglio di amministrazione, proprio come segno della volontà della Regione di non abbandonare un investimento, un patrimonio che, comunque, in qualche caso, è stato definito.
Il nostro voto di consenso al documento che viene predisposto non è un voto di sanatoria su una vicenda sulla quale manteniamo ferme le nostre riserve e le nostre opposizioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, una breve dichiarazione credo di doverla fare.
Abbiamo aderito alla prima stesura dell'ordine del giorno, frutto di un lungo confronto avviato all'interno dei Capigruppo insieme agli Assessori competenti.
Qualche margine di perplessità mi rimaneva, soprattutto in ordine alla convinzione che continuo ad avere, dell'importanza di attivare immediatamente l'organo di direzione dell'Istituto Cartografico e quindi della S.p.A.
Per la verità, abbiamo aderito a questo testo dell'ordine del giorno soprattutto per una motivazione di stretto carattere politico. Le nostre motivazioni si riallacciano a quanto hanno detto i Consiglieri Bastianini e Picco.
Non abbiamo alcuna pretesa che voti come quello odierno segnino sanatoria per il passato. Le opinioni sono state abbondantemente espresse anche se non abbondantemente condivise dalla mia forza politica; comunque c'é il diritto di tenerle in piedi. Penso, però, che questa sia una fase che dimostra la piena disponibilità da parte delle forze della maggioranza.
Il lavoro complessivo delle forze politiche del Consiglio regionale si deve attestare in modo che decolli l'Istituto Cartografico, attraverso contributi critici, che da più parti possono derivare.
Siamo anche convinti che nelle Regioni o c'é la volontà comune, almeno sulle regole del gioco, almeno sul rispetto di certi fini, decisi dalla maggioranza e non condivisi dall'opposizione, oppure c'é il rischio di alterare il senso dell'Istituto, la sua capacità operativa ed anche a sviare l'Istituto dagli obiettivi che si è dato.
E' necessario ripartire per avviare il lavoro che la Giunta deve predisporre per l'attivazione delle energie che, anche attraverso la costituzione del Consiglio di amministrazione potremmo trovare, per il rapporto in II Commissione affinché il Cartografico non resti materia un po' astratta nel contendere fra le diverse posizioni politiche, ma invece diventi un progetto concreto da costruire, da cui nessuno resterà assente.
In questo senso l'accordo mi sembra carico di grande significato e molto positivo, anche ascritto oltre alla possibilità di chi ha aderito, alla chiarezza del nostro comportamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Il nostro Gruppo colloca l'adesione alla formulazione dell'ordine del giorno in assonanza alle dichiarazioni che ha fatto il Consigliere Bastianini anche per sottolineare l'omogeneità delle posizioni che le forze di opposizione hanno tenuto in questa vicenda: le posizioni della Democrazia Cristiana, del Partito Liberale, del Partito Repubblicano si sono collocate in un atteggiamento che è sortito nell'ultima riunione a seguito del ruolo, anche positivo, svolto dai repubblicani e dai liberali in merito alla modificazione dell'atteggiamento della maggioranza.
Questo lo dobbiamo sottolineare per motivare rispetto alla posizione di opposizione piuttosto radicale che abbiamo sempre avuto in questa materia la nostra collocazione oggi rispetto alle proposte operative che vengono avanzate.
Ribadiamo il nostro scetticismo sulle posizioni della maggioranza e sulle possibili soluzioni operative. Ciò nonostante non vogliamo assumere una posizione che sia collocata irresponsabilmente rispetto alla costituzione di un nuovo ente strumentale che può divenire molto importante nel futuro assetto strumentale e complessivo della Regione Piemonte.
Non assumiamo degli atteggiamenti rinunciatari rispetto alle posizioni critiche del passato, anzi, auspichiamo che la Commissione consiliare integrata dai tecnici, consenta alle forze politiche un dialogo e un approfondimento dei temi che - ci spiace rilevarlo - nelle discussioni in aula sono numerose, ma non approfondite, e che non siamo riusciti a chiarire sufficientemente.
Con questo atteggiamento, responsabile ma scettico sulle soluzioni che potranno essere affrontate, ma convinto dell'opportunità e della necessità che tutte le forze politiche siano coinvolte nel confronto, voteremo questo ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Da parte nostra ci sarà l'astensione per due autonomi motivi. Intanto perché non condividiamo quell'inciso relativo alla prossima imminente nomina del Consiglio di amministrazione e ciò per una questione di principio. Aderire a questo inciso significherebbe aderire al primo atto di attuazione di una legge istitutiva di un ente strumentale, alla quale ci siamo sempre opposti sia in sede di discussione generale della le e, sia in sede di voto e nell'ambito della quale abbiamo visti sistematicamente respinti tutti i nostri emendamenti.
Il secondo motivo, sempre con riferimento all'inciso relativo alle nomine, è perché la nostra parte politica è sempre stata esclusa, per un motivo di discriminazione, dalla possibilità di designare rappresentanti nei vari enti, in particolare negli enti strumentali.
Per questi motivi ci asteniamo.



PRESIDENTE

Esprimo la mia soddisfazione per la buona volontà dimostrata da tutti su un argomento così spinoso che si trascina da anni. Metto in votazione il documento: "Il Consiglio regionale del Piemonte al termine del dibattito sui problemi relativi all'Istituto Cartografico regionale impegna la Giunta 1) ad ultimare sollecitamente i lavori di ripristino del laboratorio cartografico, per la parte edilizia e di impianti e per le macchine di sicuro riutilizzo a tempi brevi, con relativa messa a regime, e a verificare tempi, costi e modalità di un ripristino totale, sottoponendo le relative risultanze alla competente Commissione consiliare 2) a predisporre entro 60 giorni, avvalendosi delle collaborazioni tecniche necessarie, e a presentare alla Commissione stessa, uno studio di fattibilità che contenga: il primo programma annuale di, utilizzazione del laboratorio cartografico, secondo le esigenze espresse dalla domanda cartografica degli Enti locali, degli Assessorati regionali e degli enti strumentali, con la formulazione delle relative priorità la definizione - in attuazione di tale programma - dei possibili apporti di altri soggetti interessati, in primo luogo per gli aspetti informativi del CSI, anche nella forma di convenzioni specifiche, predisponendo di conseguenza il primo nucleo tecnico-operativo, tenendo anche conto delle opzioni già segnalate dai funzionari regionali interessati, e secondo l'indicazione dell'art. 14 legge regionale n. 25 del 301711981, in modo che tale personale possa essere addestrato in via sperimentale dalle ditte fornitrici delle apparecchiature, secondo quanto previsto dai relativi contratti d'acquisto. In tale fase dovrà essere attivato un rapporto con il Politecnico di Torino, ai fini di una cooperazione di contenuto tecnico scientifico la bozza di Statuto della S.p.A. 'Istituto Cartografico regionale' adeguato all'impostazione contenuta nei documenti predetti 3) ad assicurare conseguentemente in bilancio i fondi necessari alla realizzazione dei programmi sopra definiti 4) a prevedere un periodico e costante confronto sugli aspetti evidenziati con la competente Commissione consiliare, eventualmente integrata da tecnici ed esperti designati dai Gruppi consiliari.
Conseguentemente si impegna alla nomina dei componenti il Consiglio di amministrazione della S.p.A. 'Istituto Cartografico regionale'".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con il seguente esito: presenti e votanti 34 Consiglieri favorevoli 33 Consiglieri astenuto 1 Consigliere


Argomento: Comunita' montane

Deliberazioni sul piano pluriennale di sviluppo socio-economico della comunità montana "Valle Ossola" e Comunità montana "Alto Verbano".


PRESIDENTE

Infine, sono state iscritte all'ordine del giorno le deliberazioni sul piano pluriennale di sviluppo socio-economico della Comunità montana "Valle Ossola" e Comunità montana "Alto Verbano".
La prima deliberazione recita: "Il Consiglio regionale visto il piano pluriennale di sviluppo socio-economico della Comunità montana 'Valle Ossola' visto il parere del Comitato comprensoriale competente (in data 1 marzo 1982 - prot. 004654) visto il parere espresso in merito dalla I Commissione consiliare esprime parere favorevole sul piano citato in premessa redatto ai sensi della legislazione vigente fatto salvo le esigenze di variazione, aggiornamenti ed adattamenti da effettuarsi in sede di piano stralcio, derivanti dal piano comprensoriale e territoriale di coordinamento di cui agli art. 4 e seguenti della legge regionale 5 1211977, n. 56 'Tutela ed uso del suolo', dei piani urbanistici comunali ed intercomunali, dei piani settoriali, al fine di realizzare la necessaria compatibilità tra le previsioni e le indicazioni di intervento; gli interventi previsti nel piano di sviluppo ed il relativo onere sono da intendersi come indicazioni di larga massima per le competenze della Regione subordinate alle linee programmatiche e di spesa degli Assessorati e degli altri enti all'infuori delle Comunità montane le osservazioni tecniche di conformità al piano regionale di sviluppo approvato dal Consiglio regionale il 17/7/1977 formulate dalla Giunta regionale nell'allegato, visti ed esaminati gli elaborati del piano concernenti l'acquisizione conoscitiva, l'indirizzo degli obiettivi generali, la determinazione degli interventi di settore nella delimitazione temporale di cinque anni di validità del piano e l'individuazione dei metodi, mezzi e strumenti di attuazione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti in aula.
La seconda deliberazione recita: "Il Consiglio regionale visto il piano pluriennale di sviluppo socio-economico della Comunità montana 'Alto Verbano' visto il parere del Comitato comprensoriale competente (in data 1 marzo 1982 prot. 004655) visto il parere espresso in merito dalla I Commissione consiliare esprime parere favorevole sul piano citato in premessa redatto ai sensi della legislazione vigente fatto salvo le esigenze di variazione, aggiornamenti ed adattamenti da effettuarsi in sede di piano stralcio, derivanti dal piano comprensoriale e territoriale di coordinamento di cui agli art. 4 e seguenti della legge regionale 5 12/1977, n. 56 'Tutela ed uso del suolo', dei piani urbanistici comunali ed intercomunali, dei piani settoriali, al fine di realizzare la necessaria compatibilità tra le previsioni e le indicazioni di intervento; gli interventi previsti nel piano di sviluppo ed il relativo onere sono da intendersi come indicazioni di larga massima per le competenze della Regione subordinate alle linee programmatiche e di spesa degli Assessorati e degli altri enti all'infuori delle Comunità montane le osservazioni tecniche di conformità al piano regionale di sviluppo approvato dal Consiglio regionale il 17/7/1977 formulate dalla Giunta regionale nell'allegato, visti ed esaminati gli elaborati del piano concernenti l'acquisizione conoscitiva, l'indirizzo degli obiettivi generali, la determinazione degli interventi di settore nella delimitazione temporale di cinque anni di validità del piano e l'individuazione dei metodi, mezzi e strumenti di attuazione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti in aula.
Ricordo ancora ai presenti che i lavori del Consiglio proseguiranno domani mattina.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19)



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