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Dettaglio seduta n.127 del 20/04/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate

Interpellanza dei Consiglieri Martinetti, Lombardi, Martini e Paganelli inerente l'area attrezzata del Monregalese, interpellanza dei Consiglieri Ferro e Revelli inerente l'individuazione del Cebano sub-polo di un'area attrezzata industriale nel Comprensorio di Mondovì ed interpellanza del Consigliere Viglione inerente l'area industriale di Ceva.


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Iniziamo con il punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze" ed esaminiamo l'interpellanza dei Consiglieri Martinetti Lombardi, Martini e Paganelli inerente l'area attrezzata del Monregalese l'interpellanza dei Consiglieri Ferro e Revelli inerente l'individuazione del Cebano sub-polo di un'area attrezzata industriale nel Comprensorio di Mondovì e l'interpellanza del Consigliere Viglione inerente l'area industriale di Ceva.
Risponde a tutte l'Assessore Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Assessore al lavoro

Mi sia consentito - nel rispondere alle interpellanze inerenti l'area industriale attrezzata di Ceva, presentate rispettivamente dai Consiglieri Martinetti, Lombardi, Martini, Paganelli, dai Consiglieri Ferro e Revelli e dal Consigliere Viglione - di richiamare, sia pure sinteticamente, il lungo e complesso iter istruttorio che la pratica ha comportato; sono certo che da tale esposizione gli interpellanti potranno infatti trarre tutti gli elementi di risposta ai loro interrogativi.
Tutti sappiamo che la legge regionale n. 21 del 1975 autorizza la Regione a concorrere, con un proprio contributo, alla realizzazione di un'area industriale attrezzata nel Monregalese.
Fondandosi su studi preliminari, affidati nel 1975 alla SORIS di Torino, il Consiglio del Comitato comprensoriale di Mondovì in data 1/6/1977 deliberava di articolare gli interventi previsti dalla stessa legge n. 21 in due nuclei coordinati, uno a Mondovì ed uno a Ceva.
L'attuazione dei nucleo di Mondovì, ammesso al contributo regionale nel luglio 1979, è in fase di ultimazione.
La domanda per l'ammissione al contributo regionale e per l'autorizzazione alla formazione del PIP dell'area di Ceva è stata inoltrata alla Giunta il 10/3/1980 dal Consorzio per l'area industriale attrezzata del Monregalese.
In sede di analisi della domanda, ed a seguito di sopralluogo, la Commissione tecnica di cui all'art. 4 della legge n. 21, illustrava alla Giunta le problematiche che l'area di Ceva presentava con particolare riferimento alle caratteristiche morfologiche, all'organizzazione progettuale proposta ed ai problemi di approvvigionamento energetico ed evidenziava la necessità di procedere ad un dettagliato approfondimento.
Nei giugno 1980 veniva pertanto convocata un'apposita riunione presso il Comitato comprensoriale di Mondovì. In tale occasione la Giunta (rappresentata dagli Assessorati all'industria, alla pianificazione territoriale e all'urbanistica) esprimeva le perplessità sopra enunciate e chiedeva al Comune di Ceva e ai progettisti di presentare un'analisi maggiormente dettagliata ed aggiornata dei costi e delle operazioni che si riteneva necessario realizzare contestualmente all'intervento e contemporaneamente, di valutare la possibilità di procedere, sempre all'interno dell'area comunale, alla ricerca di alternative ubicazionali.
Nei successivi incontri tra i funzionari regionali, i tecnici incaricati della redazione del progetto di massima e l'Amministrazione comunale, constatata la difficoltà di reperire, entro i confini del Comune di Ceva, aree maggiormente idonee alla realizzazione dell'AIA veniva considerata l'eventualità di modificare il perimetro dell'area stessa per limitare il più possibile i costi derivanti dalle operazioni di sistemazione del terreno.
Diversamente (anche alla luce delle indicazioni avanzate dalla competente Commissione Agricola Zonale, sembrava possibile ma in tal senso risultava necessaria una più attenta verifica) individuare un'area maggiormente idonea nel Comune di Lesegno.
Mentre la Commissione proseguiva l'esame tecnico della pratica e, in sede locale, si provvedeva all'aggiornamento richiesto dalla Regione relativamente alle opere da realizzare nell'ambito del PIP ed alla rivalutazione dei costi (atti formalizzati e trasmessi alla Regione nell'agosto '81) la Giunta municipale di Ceva e il Consiglio del Comitato comprensoriale di Mondovì assumevano propri ordini del giorni con i quali ribadivano la validità della scelta ubicazionale dell'area industriale attrezzata di Ceva e sollecitavano la Regione ad affrettare l'istruttoria per l'ammissione della stessa area al contributo regionale.
Prendendo atto di quanto sopra ed in riferimento all'impegno assunto rispondendo ad apposita interpellanza dei Consiglieri Martinetti, Lombardi Martini e Paganelli, la Giunta nell'autunno '81 sollecitava la Commissione tecnica a definire i propri adempimenti, non esimendola peraltro dall'effettuare tutti gli approfondimenti ritenuti necessari al fine di poter compiutamente relazionare - a norma di legge - sulla fattibilità tecnico-economica ed urbanistica dell'iniziativa.
La Commissione - che ha coinvolto nelle proprie verifiche L'ENEL (per i gravi problemi di disponibilità energetica dell'area cebana) e, come già detto, il Comitato comprensoriale ed il Comune di Ceva (per l'aggiornamento relativo alle opere da realizzare nel PIP e una valutazione aggiornata dei costi) - ha rassegnato la propria relazione conclusiva l'11 dicembre 1981.
Come è noto ai Consiglieri membri della I Commissione - cui tale relazione è stata trasmessa in data 23/12/1981, per il parere di competenza la Commissione tecnica, mentre da un lato riconosce, in linea di massima la validità, dal punto di vista dell'assetto socio-economico e territoriale del Monregalese, della localizzazione a livello di sub area comprensoriale dell'AIA di Ceva, sulla base degli approfondimenti e delle verifiche compiute, rileva e sottolinea per contro che esistono particolari problemi connessi alla fattibilità del progetto e, principalmente: la difficoltà e l'onerosità dell'approvvigionamento energetico le difficoltà derivanti dalla sfavorevole conformazione morfologica e plano-altimetrica del terreno la particolare fertilità e produttività dei terreni interessati l'esistenza di vincoli di rispetto della viabilità stradale e ferroviaria latistante che limitano la possibilità di organizzazione dell'area.
I problemi che la realizzazione dell'area industriale di Ceva così come individuata comporta sono dunque rilevanti e la Giunta, facendo propri i risultati tecnici della Commissione di esperti, lo sottolinea. Tenuto conto, peraltro, del parere politico favorevole espresso dalla I Commissione del Consiglio regionale e considerato altresì l'unanime volontà degli enti ed organismi locali interessati - continuamente ribadita - di poter realizzare l'AIA in questione, ha stabilito - e i competenti uffici stanno già provvedendo per la stesura dei relativi provvedimenti - di riconoscere l'ammissibilità dell'area al contributo regionale e conseguentemente, di autorizzare, relativamente alla stessa area, la formazione del PIP.
Attraverso la partecipazione al Comitato tecnico, di cui all'art. 5 della legge regionale n. 21, l'impegno della Giunta è di far compiere nella fase di formazione del PIP e degli allegati progetti di massima tutti gli approfondimenti tecnico-economici necessari perché venga data concreta soluzione ai problemi evidenziati, così da verificare la possibilità di superamento dei conseguenti effetti negativi che si potrebbero frapporre alla reale fattibilità dell'iniziativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Ringrazio l'Assessore per le informazioni che ha dato. Mi limiterò a sottolineare ancora una volta come stia per andare in porto una pratica formalmente presentata nel marzo 1980, dando atto della profonda insoddisfazione che il nostro Gruppo ha per un procedimento che non ha dato prova di essere sollecito, concreto e adeguato all'esigenza ed alle risposte che questa le legge, fatta per andare incontro a necessità di zone particolarmente deboli, si proponeva di dare fin dal 1975, quando è stata varata.
Non entro nel merito delle osservazioni e delle riserve espresse dalla Commissione tecnica, perché ritengo che tutto quanto avevamo da dire su questo argomento è stato detto nella seduta della I Commissione a cui ho avuto l'onore di partecipare, dove non ci siamo limitati a dare un giudizio politico ma siamo entrati nel merito di queste osservazioni contestandole sulla base delle nostre conoscenze dirette dei problemi e ottenendo la larghissima convergenza della Commissione stessa.
Alla dovizia di informazioni, che molto cortesemente l'Assessore ha dato al Consiglio, e in risposta ad una delle obiezioni che nell'interpellanza dei colleghi del Gruppo comunista viene fatta, laddove si chiede se il Comprensorio sia stato interessato direttamente, vorrei aggiungere qualche precisazione.
La localizzazione dell'area industriale del nucleo di Ceva in località Pile è contenuta ufficialmente nella variante specifica dello strumento urbanistico e nel programma poliennale di attuazione approvato dal Comune di Ceva (approvato dal Comprensorio e dalla Regione) per cui tutti i discorsi sulla validità o meno di quella scelta dovrebbero essere superati ampiamente da una scelta urbanistica motivata, meditata, su cui già è intervenuta l'approvazione della Regione dopo il necessario approfondimento.
Prendo atto che la Giunta, in ossequio alla deliberazione della I Commissione, intende approvare la deliberazione di autorizzazione alla formazione del PIP; sollecito questa deliberazione in quanto, essendo passati oltre due anni, per quanto presto arrivi, la risposta giunge comunque estremamente in ritardo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, da lunghi mesi il Cebano, in specie il Comune di Ceva, ha profonda insoddisfazione per una serie di ragioni che non sono solo connesse con il problema dell'area attrezzata industriale, ma con altri problemi come quello relativo all'ospedale e alla sanità in genere. Quasi non passa giorno che non vi siano manifestazioni di protesta a cui ha partecipato il nostro Partito a livello regionale provinciale e locale. Questa è un'altra occasione che si presterà a creare altre insoddisfazioni nell'area di Ceva.
Il PSI è stato favorevole alla creazione di quell'area, ha dato voto favorevole per quella località e con quelle modalità, a Ceva, nel Comprensorio di Mondovì, in tutte le istanze di partito, in I Commissione e la maggioranza ha licenziato l'area industriale di Ceva senza limitazione alcuna e con l'indicazione che era stata data dal Comune di Ceva e dal Comprensorio di Mondovì.
Non vedo quindi come nell'ultima parte dell'intervento della risposta del Vicepresidente Sanlorenzo vi possano essere limitazioni.
Il parere tecnico secondo il quale l'area industriale non poteva essere realizzata in quella zona per difficoltà di approvvigionamento energetico è stato disatteso dalla Commissione.
Non è il piano di sviluppo regionale che prevede le attrezzature, le infrastrutture e la copertura di tutte le necessità energetiche proprio in quelle aree esterne all'area di Torino? Non è questo il riequilibrio territoriale? La ferrovia non costituisce proprio uno dei motivi sostanziali per attrezzare un'area e per trasportare le merci? La strada e l'autostrada non costituiscono le condizioni essenziali per trasportare al di fuori la produzione industriale? Si dice che sarebbe un terreno fertile e poi si parla di gobbe che dovrebbero essere ripianate.
Ma, come fa ad essere un terreno fertile se è fatto a sbalzi? Che fertilità può avere rispetto alla piana di Lesegno dove la prima parte è fertile, ma la seconda non lo è più proprio dove è stata creata l'area industriale? Ceva, altre aree oltre a quella non ne ha, perché dopo vengono colline e montagne e non esiste altro terreno che si presti a questo lavoro.
I tecnici che hanno dato quel parere, a nostro giudizio, se avessero fatto un sopralluogo o avessero usato le cartografie, avrebbero scoperto che non era possibile altra soluzione.
Il Gruppo socialista presenterà un disegno di legge per l'attivazione dell'ulteriore corso del metanodotto. Vi sono già 18 richieste di insediamento in quell'area industriale.
Mi dichiaro largamente insoddisfatto della risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, signori Consiglieri, ho seguito attentamente l'informazione che ci e stata data dal Vicepresidente Sanlorenzo e le considerazioni che hanno svolto altri colleghi.
Siccome bisogna essere pratici e siccome i giudizi che vengono dati sulle condizioni economiche variano nel tempo, per memoria storica, voglio ricordare che sin dalla prima legislatura, quando non governavamo noi la Regione, avevamo dall'opposizione contribuito in ordine a questo iniziale intervento e l'avevamo suddiviso in due parti: Mondovì e Ceva, in modo quasi eccezionale proprio per le condizioni che sono state ricordate dai colleghi.
Non parlerei di crisi ma di un altro fatto che ci spinge a realizzare l'area attrezzata di Ceva: la zona di Ceva, ampiamente rivalutata in questa ultima parte del decennio nei discorsi economici di sviluppo, è ritenuta uno dei punti salienti del riequilibrio regionale e del rapporto nord-sud verso i porti liguri che ha bisogno di quest'area e probabilmente in futuro di altre aree. Le difficoltà di ordine burocratico, di organizzazione il collega Martinetti le ha vissute tutte, prima in qualità di Sindaco e poi in qualità di Presidente del Comprensorio. Abbiamo lavorato con unità e speditezza; in un primo tempo avevamo scelto come fare il consorzio. Non è stato semplice. Ci sono cause e ritardi soggettivi di tutti.
C'è però un dato da cui non si può astrarre: le Commissioni per i piani agricoli zonali si oppongono a questa questione. Si è disponibili a sacrificare una risorsa importante come le aree fertili che, in linea di principio, vanno salvaguardate sempre, se il discorso alternativo dell'insediamento industriale è valido ed offre occasioni di sviluppo reali e tali da compensare altamente il bilancio energetico della fertilità di quei terreni.
Per l'area di Ceva, così come si potrebbe dire per l'Ossola, per lo Scriva e per alcuni progetti che la Giunta si sta accingendo a presentare con il piano di sviluppo, al contrario di quanti pensano che bisogna intervenire in quelle zone perché lì è più grave la crisi, il Gruppo comunista dice che bisogna intervenire in quelle zone perché lì più alte sono le occasioni di sviluppo. Faccio un solo esempio: l'autostrada di Ceva Savona che verrà raddoppiata, quella dell'Ossola e la questione della Valle di Susa, sono investimenti tali che possono permettere di avere altri interventi complementari e si interviene lì non perché c'è la crisi, ma perché c'è un'occasione di organizzare meglio lo sviluppo in funzione del riequilibrio territoriale e del discorso regionale e interregionale.
Elencare le difficoltà è estremamente doveroso. Non basta scrivere in un piano di sviluppo che si vogliono riequilibrare i fatti economici della Regione perché questo sia fatto. Occorre farvi concorrere i diversi soggetti ed altre risorse secondo l'indirizzo e l'indicazione della Regione. Si dovrà allungare il metano sino in quella zona tenendo conto che l'area attrezzata di Ceva non è più un'area per la piccola e media impresa ma che può divenire un'area più grande per altri tipi di infrastrutture e di servizi che avranno in un tempo non lontano relazione con il sistema dei porti liguri e con gli insediamenti massicci che vengono fatti nell'entroporto di Savona sino al colle di Altare e nella Valle Bormida.
Sono soddisfatto dell'informazione che mi è stata data, ma dico che bisogna alzare il tiro concretamente e in un modo ben diverso e che non basta gridare più forte per avere ragione.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerente la vertenza aziendale della Pavesi di Novara


PRESIDENTE

L'Assessore Sanlorenzo risponde all'interrogazione presentata dal Consigliere Montefalchesi inerente la vertenza aziendale della Pavesi di Novara.



SANLORENZO Dino, Assessore al lavoro

In seguito ad una manifestazione dei lavoratori della Pavesi all'interno dello stabilimento a sostegno della vertenza integrativa, la direzione dell'azienda ha licenziato tre delegati sindacali adducendo comportamenti illegittimi.
Ad oggi la situazione è la seguente: le trattative per le vertenze integrative sono riprese presso la sede dell'Unione Industriale di Novara il provvedimento di licenziamento è stato sospeso, ma non ritirato, in attesa di definizione della vertenza integrativa.
Le autorità locali (Provincia, Comune e Prefettura) sono già intervenute al fine di dare un contributo alla normalizzazione della situazione.
Più in generale, è stato previsto per il 22 aprile un incontro con il Presidente dell'Alivar, le organizzazioni sindacali e con il Sindaco di Santhià per il problema della CIPAS.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Ringrazio l'Assessore della risposta. La nostra interrogazione verteva su un grave problema, una situazione di rapporti sindacali nel gruppo Alivar alla Pavesi, in seguito al rifiuto della direzione di discutere la piattaforma sindacale che era stata presentata e in seguito ad una serie di provocazioni fatte dalla direzione aziendale, culminate poi nel licenziamento di tre rappresentanti sindacali.
La nostra interrogazione tendeva a sollecitare un intervento da parte della Regione per sbloccare la situazione; apprendiamo con favore che grazie ad interventi degli Enti locali e credo anche della Regione, sono riprese le trattative; ritengo che sia necessario continuare a seguire questa situazione da parte della Regione, per fare in modo che a conclusione della vertenza i tre rappresentanti sindacali abbiano una loro ricollocazione e venga definitivamente revocato il licenziamento.
Prendo atto con soddisfazione che il licenziamento è stato sospeso spero pertanto che si giunga ad una soluzione definitiva che permetta ai lavoratori di essere reimmessi nel posto di lavoro.


Argomento: Formazione professionale

Interpellanza del Consigliere Viglione inerente la partecipazione dei Maestri del Lavoro alle Commissioni esaminatrici dei corsi di formazione professionale


PRESIDENTE

Passiamo, infine, all'interpellanza presentata dal Consigliere Viglione inerente la partecipazione dei Maestri del Lavoro alle Commissioni esaminatrici dei corsi di formazione professionale.
Risponde l'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

Nel premettere che la materia sollevata dall'interpellanza richiederà ulteriori incontri e verifiche, segnatamente - immagino - un incontro tra la Regione Piemonte, l'Assessorato e la Commissione consiliare, vorrei soltanto informare il Consigliere Viglione ed il Consiglio della situazione che si determina oggi sulla base della legge regionale.
I rappresentanti della Federazione dei Maestri del Lavoro erano entrati a far parte delle Commissioni esaminatrici per i corsi di formazione professionale a far data dal 1974, quali membri delle Commissioni stesse e venivano nominati dall'Amministrazione regionale su designazione della Federazione stessa.
Con legge regionale 25/2/1980, n. 8, attuativa della legge nazionale 21/12/1978, n. 845, è stata stabilita la composizione delle Commissioni esaminatrici, che non prevedono la rappresentanza della Federazione dei Maestri del Lavoro.
Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, con circolare n.
31/80 del 7/5/1980 dava istruzioni agli uffici ed Ispettorati regionali e provinciali del Lavoro circa la designazione degli esperti nelle Commissioni esaminatrici dando la possibilità di avvalersi, in qualità di esperti, degli insigniti di stella al merito del lavoro.
E' pertanto competenza degli uffici periferici del Ministero del Lavoro provvedere alla designazione del proprio rappresentante in qualità di esperto, avvalendosi dei membri della Federazione dei Maestri del Lavoro restando di competenza della Regione la nomina della Commissione esaminatrice.
L'art. 25 della legge n. 8, laddove parla di prove finali, di attestati di qualifica, di Commissioni esaminatrici riserva alla Regione la nomina di un solo componente la Commissione, il Presidente, in qualità di rappresentante dell'Amministrazione regionale. Gli altri rappresentanti non numerosissimi, ma nemmeno limitati, sono nominati dal Presidente della Giunta regionale sulla base di una designazione rispettivamente dell'Amministrazione periferica del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, dell'Amministrazione periferica del Ministero della Pubblica Istruzione, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, delle organizzazioni dei datori di lavoro. Un rappresentante del personale didattico è designato dal responsabile dei corsi per offrire nella Commissione giudicatrice ai diversi enti di formazione una sorta di membro interno. Quindi, dalla formulazione della legge n. 8, la possibilità di manovra della Regione è sostanzialmente nulla.
Questa situazione può richiedere un primo intervento che mi sembra ragionevole (e ringrazio il Consigliere Viglione per aver sollevato la questione) nei confronti degli Uffici regionali del Lavoro, per intanto cioè dall'Associazione dei Maestri del Lavoro e, sulla base delle risultanze e sulla base della trasmissione che faremo all'Ufficio del Lavoro regionale, di una richiesta di chiarimenti e di incontro per esaminare questo argomento per ulteriori eventuali passi. Si tratterà di valutare quali criteri presiedono, a giudizio di questo Ufficio, alla nomina del loro rappresentante.
Dopo l'illustrazione della situazione credo che questo sia il primo passo che si può intraprendere e questo permette in tempi brevi di giungere ad un primo chiarimento e quindi ad una presa di posizione politica sulla base delle risultanze di questo ulteriore passo fatto con gli interessati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Vorrei rilevare che fino al 1981 l'inserimento dei Maestri del Lavoro nelle Commissioni esaminatrici dei corsi di formazione professionale era avvenuto proprio in base alla circolare del 7/5/1980 in cui si confermava che nelle Commissioni stesse dovessero essere inseriti anche rappresentanti dell'Associazione dei Maestri del Lavoro.
Non bisogna dimenticare che alle nostre spalle abbiamo gli autori dei disegni della Balilla e di progetti di macchine sofisticate e coloro che hanno promosso negli anni che vanno dal '30 in poi il processo di industrializzazione del Piemonte. Dimenticare queste persone in una Commissione esaminatrice dei corsi di formazione professionale sarebbe un grave errore.
Mi dichiaro soddisfatto della risposta a condizione che questo passo presso la sede regionale del Ministero del Lavoro venga fatto in presenza dei rappresentanti dell'Associazione dei Maestri del Lavoro.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Mancata risposta ad interrogazione


PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Astengo. Ne ha facoltà.



ASTENGO Giovanni

Aspettavo la risposta all'interrogazione relativa alla distribuzione del rapporto sulla pianificazione e gestione urbanistica.



PRESIDENTE

L'interrogazione non è nell'elenco di quelle poste in discussione per l'assenza dell'Assessore Simonelli.



ASTENGO Giovanni

Continuo a pensare che non sia soltanto per l'assenza del vostro collega Simonelli. E' il Presidente della Giunta che aveva il compito di provvedere alla distribuzione di un'opera che è stata compiuta dalla Giunta precedente; non è un Assessore soltanto che si deve prendere carico di questa operazione.
Sono stupefatto della mancata risposta, della mancata presenza dell'Assessore che avrebbe dovuto dar la risposta, del fatto che, a distanza di quasi due anni, un'opera che è costata non solo in termini di denaro, ma di lavoro, di fatica immensa, sia stata così trascurata.
Penso che questo non sia un fatto a caso e chiedo se il Presidente della Giunta è in grado di rispondere.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

L'Assessore Simonelli ha preso l'impegno di rispondere.
Non so come mai non è presente.
Prendo l'impegno di rispondere personalmente la prossima volta.


Argomento:

Mancata risposta ad interrogazione

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale",comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Bastianini, Bruciamacchie, Carazzoni, Carletto, Chiabrando Ferro, Majorino, Marchiaro, Moretti, Rivalta, Salerno, Turbiglio, Vetrino Nicola e Villa.


Argomento:

b) Presentazione progetto di legge


PRESIDENTE

E' stato presentato il seguente progetto di legge: N. 204: - "Modifiche ed adeguamento della legge regionale 5/12/1977 n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni, alla legge 25/3/1982 n. 94" presentato dalla Giunta regionale in data 15 aprile 1982.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Proseguimento esame progetto di legge n. 54: "Indirizzi e normative per il riordino dei servizi socio-assistenziali della Regione Piemonte"


PRESIDENTE

Proseguiamo l'esame del progetto di legge n. 54: "Indirizzi e normative per il riordino dei servizi socio-assistenziali della Regione Piemonte", di cui al punto quarto all'ordine del giorno.
Siamo arrivati all'art. 13 che pongo in votazione.
Art. 13 (Volontariato) "Le Unità socio-sanitarie locali possono stipulare apposite convenzioni con organizzazioni ed associazioni di volontariato liberamente costituite operanti nel campo socio-assistenziale, per il conseguimento delle finalità di cui alla presente legge e degli obiettivi individuati dai programmi socio-sanitari zonali.
Al personale volontario sono rimborsate, se richieste, le spese vive sostenute per l'esercizio delle attività prestate, purché preventivamente autorizzate e successivamente documentate, ed è garantita la copertura assicurativa.
Nel quadro dei piani di formazione degli operatori sociali, le Unità socio sanitarie locali sostengono anche iniziative di formazione promosse dalle organizzazioni ed associazioni di volontariato".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 21 Consiglieri si sono astenuti 14 Consiglieri L'art. 13 è approvato.
Titolo IV Riordino dei servizi socio-assistenziali Art. 14 (Oggetto del riordino) "Nel quadro della materia definita dall'art. 22 del D.P.R. 24/7/1977, n.
616, il riordino di cui alla presente legge concerne: 1) le funzioni già di competenza degli Enti locali in forza di disposizioni di legge precedenti al suddetto decreto 2) le funzioni trasferite agli Enti locali dal D.P.R. 24/7/1977, n. 616 e già svolte da: a) EE.CC.AA..
b) Uffici centrali e periferici dell'Amministrazione statale c) Enti nazionali ed interregionali di assistenza 3) le funzioni delegate e subdelegate dalla Regione agli Enti locali 4) ogni altra funzione assistenziale attribuita o trasferita agli Enti locali con legge dello Stato".
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Data l'importanza della legge che stiamo discutendo, chiedo al Presidente di chiamare in aula quanti sono nei corridoi.
Se ciò non avvenisse il Gruppo socialista dovrebbe chiedere una riunione dei Capigruppo.



PRESIDENTE

La Giunta regionale ha presentato il seguente emendamento sull'art. 14: al primo comma, punto 2), dopo la lettera c) è aggiunta la lettera d) del seguente tenore: "d) Amministrazione regionale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
Pongo in votazione l'art. 14 nel testo modificato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 22 Consiglieri si sono astenuti 14 Consiglieri L'art. 14 è approvato.
Art. 15 (Destinatari dei servizi socio-assistenziali) "I servizi, le prestazioni e gli interventi assistenziali, secondo le modalità previste dalla presente legge, sono rivolti ai cittadini residenti in Piemonte.
Essi si estendono agli stranieri ed agli apolidi che risiedono in Regione nonché ai cittadini, agli stranieri e agli apolidi che si trovino occasionalmente in Piemonte, in via d'urgenza, ed eventualmente per consentire il rientro nelle località di residenza.
Sono fatte salve le vigenti normative nazionali in materia di domicilio di soccorso".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 22 Consiglieri si sono astenuti 14 Consiglieri L'art. 15 è approvato.
Art. 16 (Formazione degli operatori socio-assistenziali) "Nell'ambito del piano socio-sanitario regionale e dei programmi socio sanitari zonali sono previste iniziative per la formazione di base per l'aggiornamento e la formazione permanente degli operatori socio assistenziali, diretta in particolare ad adeguare la preparazione professionale alla peculiarità del settore socio-assistenziali e alla riconversione delle mansioni degli operatori in relazione alle nuove organizzazioni dei servizi".
La Giunta regionale ha presentato il seguente emendamento: l'art. 16 è soppresso.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

L'art. 26 è ancora da discutere. Chiedo se l'art. 16 è stato modificato in Commissione o se viene modificato ora. Sarebbe opportuno conoscere le modificazioni dell'art. 26 che rendono accoglibile dal Consiglio la soppressione dell'art. 16.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Abbiamo recepito quanto era stato fatto osservare in sede di V Commissione circa la formazione degli operatori socio-assistenziali e dopo un ulteriore approfondimento, l'art. 16 è stato conglobato nell'art. 26.
Discuteremo l'art. 26 quando vi giungeremo.



MARCHINI Sergio

L'art. 26 parla del sistema delle deleghe, questo invece parla degli obiettivi. Mi sembrava che l'illustrazione della modifica dell'art. 26 dovesse essere spostata alle ragioni di abolizione dell'art. 16, non solo dal punto di vista metodologico e formale, ma dal punto di vista sostanziale.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Siccome la formazione professionale è delegata alle U.S.L., in quella sede ha trovato spazio anche l'art. 16 che tratta della formazione professionale.



MARCHINI Sergio

Insisto che bisogna specificare alcuni principi informatori che sono a monte della delega.
Se l'Assessore ritiene di fare un più ampio dibattito all'art. 26 ritiro la mia interruzione d'ordine.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento che propone la soppressione dell'art. 16.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 21 voti favorevoli e 14 contrari.
Art. 17 (Interventi socio-assistenziali) "L'attività socio-assistenziale si svolge mediante: a) interventi di sostegno del nucleo familiare e del singolo, in particolare sotto forma di: assistenza economica assistenza domiciliare b) interventi di sostituzione del nucleo familiare, ove quelli indicati al punto precedente risultino impraticabili o inefficaci, in particolare sotto forma di: affidamenti ed inserimenti presso famiglie, nuclei parafamiliari e persone singole affidamenti a servizi residenziali tutelari.
Rientrano fra i precedenti anche gli interventi di cui all'art. 23 del D.P.R. 24/7/1977, n. 616.
L'attività socio-assistenziale comporta anche interventi, secondo le rispettive competenze, d'intesa con enti ed organismi competenti in altri settori, in particolare nel settore scolastico, previdenziale, giudiziario e penitenziario".
Il Gruppo D.C. presenta il seguente emendamento: sostituire il primo comma con: "L'attività socio-assistenziale si attua attraverso interventi personalizzati di operati professionalmente qualificati, rivolti a stimolare le risorse e le potenzialità presenti nell'individuo e nel nucleo familiare nonché, nel caso di necessità, mediante: a) interventi di sostegno del nucleo familiare e del singolo, in particolare sotto forma di: assistenza economica assistenza domiciliare b) interventi di sostituzione del nucleo familiare ove quelli indicati al punto precedente risultino impraticabili o inefficaci, in particolare sotto forma di: affidamenti ed inserimenti presso famiglie, nuclei parafamiliari e persone singole affidamenti a servizi residenziali tutelari".
La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

La Giunta ritiene di non poter accogliere la parte dell'emendamento che si riferisce agli "interventi personalizzati di operatori professionalmente qualificati", perché questo pare un concetto restrittivo rispetto alla pluralità dei servizi.
Accoglie invece la seconda parte.



MARTINETTI Bartolomeo

Prendiamo atto che il concetto degli interventi come stimolatori di risorse e di potenzialità sia dell'individuo che del nucleo familiare è stato accolto, però insistiamo nel sottolineare che l'assistenza socio assistenziale si attua attraverso interventi personalizzati di operatori professionalmente qualificati. Se c'è un settore in cui la presenza e l'azione personale dell'operatore ha un senso, è proprio questo. Quindi manteniamo questa formula.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

La Giunta mantiene la propria versione.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 13 voti favorevoli, 20 contrari e 2 astenuti.
Vi è ancora un emendamento presentato dal Gruppo PLI: di seguito alla lettera b) è aggiunta la lettera c): "c) interventi nel campo della scuola dell'obbligo".
La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

L'emendamento non può essere accolto perché gli interventi nel campo della scuola dell'obbligo sono di competenza esclusiva dello Stato.



MARCHINI Sergio

Nel ritirare l'emendamento, raccomando che rimanga agli atti la preoccupazione espressa, qualunque sia la parte che l'ha formulata, perch ci sia da parte dell'Amministrazione regionale un'attenzione alla non sufficiente presenza della funzione assistenziale nella scuola dell'obbligo.
Siamo convinti che una serie di handicaps e di frustrazioni compromettenti per la formazione dei cittadini si creino proprio nella situazione di bisogno e di disagio nella fascia della scuola dell'obbligo che è un momento di vita in cui il cittadino incomincia ad aprirsi al confronto, alla verifica, alle riflessioni e ai dubbi.
Mi auguro che la Giunta possa intervenire, quando matureranno le condizioni giuridiche e finanziarie, affinché situazioni di separatezza, di ritardo e di disagio di tipo sociologico siano evitate nel settore delicato della scuola dell'obbligo.
E' comprensibile che questo sia realizzato con un'attività culturale (non è detto che ci vogliano né fondi, né competenze). Si dovrebbero far maturare le coscienze in modo tale che, per esempio, non si fa la gita se non vi partecipano tutti. Non si tratta di trovare dei fondi, ma di acquisire delle competenze e di far crescere sensibilità verso questi problemi. Se qualcuno di noi ritorna ai trascorsi scolastici, si rende conto che una piccola riforma di questo genere non avrebbe creato molte difficoltà di insediamento sociale a molte persone.



PRESIDENTE

Preso atto che il Consigliere Marchini ha ritirato il proprio emendamento, pongo in votazione l'art. 17 nel testo originario.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 22 Consiglieri hanno risposto NO 14 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 17 è approvato.
Art. 18 (Modalità e caratteristiche degli interventi) "Gli interventi socio-assistenziali debbono dare garanzia di continuità essere attuati quanto più è possibile nell'ambito del nucleo familiare stimolando la sua attiva collaborazione, nel normale ambiente di vita e con la partecipazione dell'avente diritto, nel rispetto della sua dignità e libertà, nonché delle sue personali convinzioni.
Deve essere garantita all'assistito la più ampia informazione e la possibilità di scelta motivata della prestazione purché ciò non produca obiettive difficoltà tecniche ed ingiustificato aggravio di oneri".
La Giunta regionale ha presentato il seguente emendamento: dopo la parola "stimolando", sostituire le parole "la sua attiva collaborazione" con le parole: "le risorse e le potenzialità presenti nell'individuo e nel nucleo familiare stesso".
La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

E' l'emendamento che ho illustrato parlando dell'art. 17 ed è quanto è stato recepito della seconda parte dell'emendamento all'art. 17 proposto dalla D.C.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 38 Consiglieri presenti in aula.
Vi è ancora un emendamento presentato dal Gruppo D. C.
sostituire il secondo comma con il seguente: "Deve essere garantita all'assistito la più ampia informazione e la possibilità di libera scelta tra i diversi servizi esistenti sul territorio".
La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

La Giunta non accoglie questo emendamento in quanto la libertà deve essere compatibile con determinati criteri. Se a parità di prestazioni ci sono prezzi sostanzialmente diversi, è già un limite alla libertà. Non dimentichiamoci che stiamo gestendo denaro pubblico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Questa affermazione dovrebbe essere la base di ogni intervento in materia di assistenza. E' vero che ci sono dei criteri e degli orientamenti di servizio, ma è altrettanto vero che uno dei principi basilari su cui si fonda la nostra Costituzione e tutto l'orientamento giuridico è quello della libertà di scelta dei cittadini rispetto a determinati servizi. Il non voler inserire un emendamento di questo genere mi sembra, oltre che riduttivo dello spirito con cui dovremmo operare nel campo dei servizi anche un fatto grave.
Continuiamo a dire e l'abbiamo sentito anche da parte dell'Assessore Cernetti che quello che conta è rispondere ai bisogni della persona, che i bisogni non sono standardizzabili rigidamente, che i servizi troppo rigidi rischiano di non essere adeguati. Quando però si tratta di inserire questi principi in un articolato di legge non ci comportiamo di conseguenza con un'opportuna precisazione in sede legislativa.
Qual è la volontà della Giunta? E' quella di garantire questi servizi a tutti i cittadini in modo adeguato al bisogno oppure è di garantire solo determinati servizi che la Giunta ritiene adeguati preordinando le esigenze delle persone e le risposte alle esigenze della gente?



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Anche nei comizi e nei convegni bisogna evitare di essere demagogici.
Con questa legge crediamo di rispondere correttamente ai bisogni. Per esempio, dare possibilità di scelta fra strutture che costano L. 50.000 al giorno e strutture che costano la metà non vuol dire né rispondere correttamente al bisogno, né fare l'interesse pubblico.
La Giunta mantiene quindi la sua impostazione.



MARCHINI Sergio

Questo articolo è di non poca importanza, perché attiene ad uno dei principi fondamentali ai quali deve essere rapportata la filosofia e l'impianto di questa legge. Ho l'impressione che né l'emendamento della D.C. né la risposta della Giunta siano molto chiari. A monte della utilizzabilità di un servizio presente sul territorio ci sarà, come minimo l'istituto della convenzione.
Non mi sembra pensabile che in una legge che attiene all'intervento della Regione in materia assistenziale, si possa ipotizzare di essere fuori dallo schema logico e di cornice di questo ragionamento. Come riteniamo di tutelare la libertà di scelta del cittadino quando l'amministrazione abbia fatto le sue scelte, attraverso l'istituto dell'autorizzazione, la verifica delle condizioni minime, che sono diverse nei diversi climi e nei diversi stati politici? Quando l'amministrazione abbia verificato l'esistenza degli standards di qualità del servizio e quando, attraverso la convenzione, abbia risolto l'ipotetico tetto finanziario, tenendo ferma l'ultima parte dell'articolato della Giunta dove si richiama la necessità che non si creino delle obiettive difficoltà tecniche ed ingiustificato aggravio di oneri, mi sembra inaccettabile la non accettazione dell'emendamento della D.C. Non mi pare che la richiesta del cittadino tra le diverse opzioni poste in essere dal privato, dal pubblico, dal parapubblico, filtrato attraverso l'istituto dell'autorizzazione e verificato dal punto di vista finanziario o della convenzione, debba essere sottoposta ad un'ulteriore maglia di verifica.
Questo mi sembra andare contro il principio fondamentale non solo della Costituzione, ma della coscienza di ognuno di noi.
Chiedo alla Giunta di voler verificare l'opportunità di accogliere l'emendamento della D.C. e, per maggiore prudenza, di mantenere le ultime tre righe del precedente art. 18.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

La Giunta ritiene che l'ultimo comma dell'art. 18 che recita: "Deve essere garantita all'assistito la più ampia informazione e la possibilità di scelta motivata della prestazione, purché ciò non produca obiettive difficoltà tecniche ed ingiustificato aggravio di oneri" sia sufficiente garanzia per tutti di libertà. Pertanto ritiene di dover mantenere la propria formulazione.



MARCHINI Sergio

Noterà la Giunta che su questo articolo non abbiamo posto un emendamento, il che significa che ritenevamo la lettura di questo articolo nello spirito indicato dall'Assessore. Il problema politico si pone nella misura in cui una forza politica chiede una lettura più autentica di questo principio.
Da noi non è stato posto il problema politico ma, nel momento in cui viene posto da una forza politica, abbiamo il dovere di essere dubbiosi di fronte a chi, sia pure nelle garanzie dell'autorizzazione, della convenzione, degli aggravi degli oneri e delle difficoltà tecniche, chiede il principio della libertà di scelta. Mi sembra soltanto più una questione di formulazione, ma se in questa questione si insiste nel rifiutare il termine "libertà di scelta", la nostra forza politica sarà obbligata a dare voto favorevole all'emendamento proposto dalla D.C.



BERGOGLIO Emilia

R ingrazio il collega Marchini per aver capito lo spirito e l'interpretazione del nostto emendamento, che non è confondibile con altre posizioni di totale e generale libertà di servizio, senza il minimo controllo sui costi e sull'equivalenza delle prestazioni.
Quando si parla di servizi che vengono gestiti con la collaborazione o con il controllo dell'ente pubblico, abbiamo sempre fatto riferimento a forme di convenzione o a forme di controllo. Per quanto riguarda le strutture convenzionate non siamo affatto contrari a che ci sia la fissazione di standards di servizio, di parametri di riferimento. La nostra osservazione sul medico igienico-sanitario era solo per le strutture private, non convenzionate che, come tali, devono rispondere soltanto ai principi generali dell'ordinamento giuridico e non ad altre norme.
A noi non pare che si possa leggere l'ultima parte dell'art. 18 equivalente all'emendamento che abbiamo presentato, perché quando si dice "scelta motivata della prestazione, purché ciò non produca obiettive difficoltà tecniche ed ingiustificato aggravio di oneri", di fatto si dice che ogni volta che si trovi di fronte ad una richiesta che non si vuole soddisfare, si possono addurre obiettive difficoltà tecniche (ad esempio che in quel giorno o in quell'ora non si può fare il servizio, oppure non lo si vuole fare in quella maniera o in quella misura).
Posto che pensiamo che l'Assessore sul concetto della libertà di scelta dell'individuo concordi con noi, chiediamo che il concetto di libertà di scelta tra i diversi servizi esistenti sul territorio sia meglio precisato facendo riferimento a tutto il contesto della legge che prevede che le prestazioni offerte siano quelle convenzionate o previste nelle strutture sanitarie ed assistenziali che fanno parte del settore integrato dei servizi. Con questa legge non andiamo a regolamentare le iniziative private ed autonome esterne, ma il sistema complessivo di assistenza sanitaria.
Nello spirito della legge che va a porre una serie di scelte, di servizi di presidi, ecc., noi chiediamo che venga comunque inserito il concetto della libertà del cittadino di scegliere i servizi, nell'ambito di quelli esistenti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

L'Assessore per la sua formazione culturale e politica, è sempre stato estremamente sensibile ai problemi della libertà. Proprio per questo sa che la libertà di un termina là dove inizia la libertà di un altro.
Siccome riteniamo che sia garantita in questo articolo la libertà dell'assistito, pensiamo di dover garantire anche l'interesse pubblico e riteniamo che sia di estrema correttezza la versione della Giunta.



MARCHINI Sergio

Fra l'altro si parla di "più ampia informazione e della possibilità di scelta motivata della prestazione". Mi sembrerebbe molto curioso che nell'interpretazione che si sta dando della libertà fosse anche messo in discussione non soltanto la struttura nella quale viene erogata la prestazione, ma l'oggetto della prestazione.
Invito la Giunta a trovare una formulazione meno curiosa di questa.
Ritengo che la Giunta intendesse riferirsi alla struttura e all'organizzazione che offre la prestazione, ma non vorrei che non si fosse neanche più liberi di scegliere l'oggetto della prestazione.
A noi sembra che si tratti di scegliere tra le strutture e le organizzazioni esistenti, ma siccome questo non è specificato, suggerisco agli esperti che introducano nella stesura finale un termine che stia ad indicare che questa facoltà di scelta motivata attenga alla struttura, al servizio, all'organizzazione e non all'oggetto; non vorrei essere costretto a dover "subire" un tipo di assistenza.



VIGLIONE Aldo

Su questo articolo la Commissione ha speso un'intera seduta per stabilire se, al di fuori del proprio ambito, l'assistito potesse richiedere senza alcuna motivazione un'istituzione, un impianto di cura a lui gradito. Noi opponevamo che l'indirizzo venisse dato nell'ambito locale e che l'assistito potesse andare anche al di fuori, purché motivato.
Si sono fatti molti esempi di istituti specializzati, non esistenti nel territorio di residenza dell'assistito per cui la motivazione diventa implicita e quindi viene ad accogliere quasi tutta la parte che i Gruppi della D.C. e del PLI pongono come motivo di riflessione.
La "scelta motivata" vuol dire che, quando esiste motivazione adeguata l'Unità territoriale può consentire proprio perché vi è la motivazione e non magari per un capriccio dell'assistito. Non può essere posto a carico di un'Unità territoriale tutto il peso della libera scelta. Noi riteniamo che ciò sarebbe sbagliato.



REBURDO Giuseppe

Credo che il problema sia stato posto per quanto riguarda la scelta riferita alle prestazioni. Questo si potrebbe prestare a delle interpretazioni discutibili.
Invece della parola "prestazione" si potrebbe indicare: "della scelta motivata nell'accesso ai servizi e alle strutture purché ciò sia tecnicamente possibile e non costituisca ingiustificato aggravio di oneri".



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

La Giunta accoglie tale formulazione.



MIGNONE Andrea

Sono d'accordo sull'emendamento proposto dal Consigliere Reburdo.



MARTINETTI Bartolomeo

Il Gruppo D.C. mantiene l'emendamento.



MARCHINI Sergio

Dal punto di vista funzionale e per principio, mi pare che il concetto di libertà vada recuperato.
Se usiamo il termine "libertà" poniamo il problema di come collochiamo il cittadino rispetto alla struttura. Il cittadino deve essere libero di fare una scelta motivata. Se introduciamo il concetto di possibilità poniamo a carico della Regione alcune questioni di ordine funzionale e non di principio.
Come fa la Regione a garantire la possibilità di scelta motivata della pluralità delle strutture quando esiste una struttura sola? L'Assessore ci sottopone un testo con la possibilità di scelta che sa di paternalistico ed il riconoscimento di un diritto del cittadino a scegliere tra le diverse opzioni, ma, quando ci si trova di fronte alla verifica dei costi, del non pregiudizio tecnico, di una motivazione scelta, quindi sottoposta all'esame dell'organismo che poi indirizza al servizio, questa è libertà, e non è più solo una possibilità. Ognuno ha il diritto di scegliere nell'ambito delle opzioni dell'Amministrazione, ma la "scelta motivata" significa che la motivazione della libera scelta è ancora soggetta ad un giudizio. Ridotta in questi termini tra possibilità e libertà, con tutti gli impedimenti che ne derivano, la difesa del termine a noi caro è doverosa. Mentre la libertà in questo caso diventerebbe politicamente un rapporto tra Amministrazione e cittadino, il termine possibilità che attiene a cose concrete apre un'altra ragione di disputa, laddove si andrà a verificare se nel concreto la pubblica amministrazione avrà garantito la possibilità di scelta, che significa una pluralità di ipotesi, mentre questa pluralità non è assolutamente detto che sia ipotizzabile.
La libertà di scelta è obbligata, ma la possibilità di scelta significa la necessità sul piano politico e non più soltanto sul piano del principio di porre in essere una serie di ipotesi di prestazioni di servizio. Quindi mediando tra le due posizioni, quella di principio, sostenuta dalla tuia parte politica e in larga parte dalla D.C. e le comprensibili preoccupazioni di carattere gestionale proposte dalla Giunta e illustrate dal collega Viglione e presenti in tutto l'articolato l'irrigidimento da parte della Giunta nella difesa del termine "possibilità" rispetto a "libertà", è inaccettabile da un punto di vista generale, ma soprattutto è pregiudizievole nei confronti della stessa pubblica amministrazione, la quale si trova nella necessità di garantire una pluralità di opzioni.
Questo però non lo possiamo chiedere alla Giunta, per situazioni obiettive di una sola organizzazione e una sola struttura.
Su questo argomento chiediamo all'Assessore di riflettere opportunamente.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Sono sempre portata alla riflessione e le ricordo che da due anni sto riflettendo su questa legge. Nessuna legge ha avuto consultazioni più ampie, sedute più consistenti e più numerose in sede di V Commissione e questo testo pareva accettabile almeno da parte di chi non aveva presentato emendamenti.
Prendiamo atto che il collega Marchini ha dei dubbi su questo e non ci meravigliamo.
Se io ho la possibilità di accettare o di non accettare un emendamento ho anche la libertà di accettarlo o di non accettarlo.



PRESIDENTE

In realtà, siamo di fronte a un dubbio che proviene dai banchi della maggioranza. C'è una proposta di emendamento firmata dal Consigliere Reburdo.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Proposta che la Giunta ha già dichiarato di accettare e di essere sempre disposta ad ulteriori riflessioni.



BERGOGLIO Emilia

Bisogna formalizzare i termini perché il concetto di libertà e il concetto di possibilità, checché si dica, sono due cose ben diverse.
Riteniamo che il non volerlo accettare e il non volerlo dichiarare esplicitamente sia politicamente un fatto molto grave di cui non intendiamo assumerci nessuna responsabilità. Il fatto che abbiamo a lungo discusso su questi temi e che abbiamo riportato questi temi in aula significa che diamo a questo aspetto della proposta di legge il valore che merita. In aula è possibile ancora riflettere e ripensare sulle decisioni che andiamo assumendo. Chiediamo, in subordine, che venga aggiunta scelta motivata".
Riteniamo che l'aggiunta al termine "scelta" della qualificazione "motivata", elimini gli inconvenienti che erano paventati dall'Assessore nell'accettare, nella primissima sua risposta alla nostra richiesta di emendamento, il concetto di libertà.
Siamo stupiti che si facciano tante discussioni per accettare in una legge il concetto fondamentale della libertà. Ne prendiamo atto e poich non vogliamo andare incontro ad avventure, ma vogliamo approvare una legge che sia applicabile, crediamo che aggiungere al concetto di libertà di scelta il termine "motivata" sia, nei confronti dell'amministrazione pubblica, garanzia di dare le risposte di servizio a chi ne ha bisogno.
Potrebbe essere accettata la formulazione proposta dal collega Reburdo con la soppressione delle ultime due righe, quindi l'emendamento potrebbe essere in questi termini: "...deve essere garantita all'assistito la più ampia informazione e la possibilità e libertà di scelta motivata nell'accesso ai servizi e alle strutture".



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

La Giunta accetta l'emendamento proposto dal collega Reburdo, ma mantiene quella stesura e ritiene di non dover accettare lezioni di libertà da nessuno.



GASTALDI Enrico

Io credo che i due termini "possibilità" e "libertà" siano sinonimi.
L'emendamento presentato dal collega Reburdo spiega la parola "prestazioni", quindi per noi è accettabile.
A questo punto, non vedo perché non si possano imporre dei limiti tecnici od economici, alla scelta che, però, è sempre libera.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Non ho altro da aggiungere.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dal Gruppo D.C.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 18 voti favorevoli e 23 contrari.
Pongo in votazione l'emendamento presentato dal Consigliere Reburdo nel testo seguente: il secondo comma è così sostituito: "Deve essere garantita all'assistito la più ampia informazione e la possibilità di scelta motivata nell'accesso ai servizi ed alle strutture purché ciò sia tecnicamente possibile e non costituisca ingiustificato aggravio di oneri".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 23 voti favorevoli e 18 astensioni.
Pongo in votazione l'art. 18 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 17 Consiglieri L'art. 18 è approvato.
Art. 19 (Assistenza economica) "Gli interventi economici sono diretti ai singoli o ai nuclei familiari in condizioni economiche che non consentono il soddisfacimento dei bisogni fondamentali di vita, oppure in stato di bisogno straordinario, al fine di promuoverne l'autonomia.
Gli interventi possono essere eccezionali e straordinari, ovvero di carattere continuativo, sempre limitatamente al permanere della situazione di bisogno.
Interventi economici possono essere fatti in sostituzione di altri tipi di interventi socio-assistenziali, valutati indispensabili.
Con propria delibera quadro, secondo le indicazioni del piano socio sanitario regionale, ogni Unità socio-sanitaria locale provvede a definire parametri unitari di reddito e di bisogno cui commisurare l'erogazione dell'assistenza economica, compresa quella di natura assistenziale già di competenza di enti le cui funzioni sono state attribuite ai Comuni singoli o associati dal D.P.R. 27/7/1977, n. 616".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 26 Consiglieri si sono astenuti 16 Consiglieri L'art. 19 è approvato.
Art. 20 (Assistenza domiciliare) "Gli interventi di assistenza domiciliare sono diretti a persone e a nuclei familiari che, per particolari contingenze o per non completa autosufficienza, non siano in grado, anche temporaneamente, di garantire il soddisfacimento delle esigenze personali e domestiche, con lo scopo di salvaguardare l'autonomia degli individui e la loro permanenza nel proprio nucleo familiare o nella propria residenza.
Gli orari, l'entità e la natura delle prestazioni devono essere adeguati alle esigenze personali.
L'assistenza domiciliare consiste in prestazioni di aiuto, da parte di personale preparato ai sensi della presente legge, per il governo della casa e per il soddisfacimento dei bisogni essenziali della persona e, ove necessario, per consentire l'accesso ai servizi territoriali.
Possono inoltre essere previsti interventi di assistenza domiciliare con valenze educative, per il supporto o la sostituzione temporanea del nucleo familiare di minori".
I Consiglieri Mignone, Viglione, Ferrari ed A cotto presentano il seguente emendamento: il secondo comma è così sostituito: "Gli orari e l'entità delle prestazioni devono tendere ad adeguarsi alle esigenze personali".
La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Questo emendamento ha una finalità assolutamente riduttiva rispetto al testo originario che dice che gli orari, l'entità e la natura delle prestazioni devono essere adeguati alle esigenze personali. E questo è il minimo che si possa dire in una legge sui servizi assistenziali. Non è possibile che non siano adeguati, ovviamente nei limiti delle possibilità esistenziali e concrete.
Voler correggere in questa sede il testo primitivo con un emendamento riduttivo che diluisce lo sforzo di adeguamento delle strutture, ci sembra una cosa sbagliata. Noi non siamo d'accordo con questo emendamento.



BONTEMPI Rinaldo

Lo spirito dell'emendamento vuole tenere conto di una processualità nell'adeguamento concreto alle esigenze degli utenti.
In realtà le parole "devono essere adeguati" potrebbero già contenere il concetto del processo di adeguamento.



VIGLIONE Aldo

Chiedo al Presidente un momento di riflessione su questo articolo.



MIGNONE Andrea

In effetti ci pare che la dizione del testo precedente rispetti quel rapporto fra una disciplina interna alle istituzioni e la libertà personale, quindi l'emendamento viene ritirato.



PRESIDENTE

Vi è ancora un emendamento presentato dalla Giunta regionale: alla fine dell'articolo è aggiunto il comma seguente: "La Regione e gli Enti locali favoriscono, nell'ambito delle norme vigenti la possibilità di impiego a tempo parziale del congiunto che si occupa dell'assistenza, nell'ambito familiare, di soggetti totalmente o parzialmente non autosufficienti".
La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

La Giunta ha accolto l'emendamento e l'ha inserito in questo articolo perché l'ha ritenuto il più idoneo ad accoglierlo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.
Pongo in votazione l'art. 20 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri L'art. 20 è approvato.
Art. 21 (Affidamenti ed inserimenti presso famiglie, nuclei parafamiliari e persone singole) "Gli affidamenti ed inserimenti sono volti a fornire un'adeguata sistemazione presso famiglie, nuclei parafamiliari o persone singole ai soggetti non in grado di provvedere a se stessi e privi di ambiente familiare, o in situazione di famiglia pregiudizievole o insufficiente allo sviluppo della loro personalità.
Gli interventi sono attuati mantenendo il soggetto nel suo ambiente sociale, salvo che ciò sia pregiudizievole al soggetto stesso ed hanno, di norma, carattere di temporaneità.
Gli affidamenti sono volti inoltre al reinserimento sociale di soggetti già ricoverati in strutture assistenziali, per i quali sia idoneo tale intervento.
Al nucleo o alla persona che riceve un soggetto in affidamento od in inserimento vengono garantiti i necessari interventi di sostegno sociale e finanziario.
Al fine di verificare il buon andamento dell'affidamento, sono attuati controlli ricorrenti".
Il Gruppo D.C. presenta il seguente emendamento: al secondo comma, dopo le parole "Gli interventi sono attuati" aggiungere le parole "per quanto possibile".
La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Noi siamo d'accordo sul principio che gli interventi devono essere attuati il più possibile mantenendo il soggetto nel proprio ambiente sociale e familiare.
Il nostro correttivo va però incontro ad un'esigenza. Se l'intervento non si può attuare per qualsiasi ragione, riteniamo che questa affermazione assoluta debba essere temperata dall'inciso: "per quanto possibile".



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Riteniamo che se una cosa non è possibile non diventa nemmeno fattibile. Si tratta di affermare un principio. La Giunta mantiene la propria formulazione.



MARCHINI Sergio

Non sono fra quelli che ritengono di dare lezioni di libertà, al massimo, richiedo agli altri spirito di tolleranza; devo però dire che la tendenza da parte dell'Assessore a fare della semantica, qualche volta, ci allontana dal problema reale. Non si tratta di affermare un principio, ma di dire che si possono fare questi affidamenti soltanto nell'ambito dell'ambiente del soggetto, a meno che, pur potendosi fare, non si devono fare per ragioni di interesse del destinatario dell'intervento. E' chiaro quindi, che gli unici affidamenti possibili sono quelli nell'ambito dell'ambiente. Se tra l'ambiente, tipico o atipico, con 36 abitanti di cui 18 pescatori e il restante ambiente c'è una distanza di 21 chilometri, è evidente che è impossibile realizzare l'affidamento.
Dal punto di vista gestionale non è un problema di disputa politica per cui si tratta di dire che esistono situazioni in cui non è possibile l'affidamento del soggetto perché non esistono le condizioni oggettive.
Chiedo alla Giunta se ritiene prudente rischiare nelle situazioni a cui ho fatto riferimento di lasciare un soggetto privo di affidamento semplicemente perché la legge non ha previsto che questo affidamento si potesse fare nel primo contesto sociale più vicino, più simile, più adeguato alle esigenze dell'affidando. Non penso che questo costituisca una Montagna Rocciosa o una questione di principio. Lasciamo quella libertà di manovra perché questa legge non sembri un manifesto delle velleità.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Sono meravigliata perché quando la Giunta afferma dei principi si dice che fa della semantica. Questo sembra un principio fondamentale che deve essere sostenuto in termini assoluti. E' chiaro che, se determinati interventi non sono possibili, di conseguenza non possono essere svolti.
Riteniamo che affermarlo in modo deciso significhi dare forza al principio stesso.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 14 voti favorevoli, 23 contrari ed 1 astensione.
Pongo in votazione l'art. 21 nel testo originario.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 23 Consiglieri hanno risposto NO 14 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 21 è approvato.
Art. 22 (Servizi residenziali tutelari) "I servizi residenziali tutelari sono la comunità alloggio e la casa protetta.
La comunità alloggio è destinata ad ospitare un ristretto numero di soggetti autosufficienti o parzialmente non autosufficienti, che per particolari motivi non possono vivere autonomamente o presso loro familiari o essere affidati a famiglie o gruppi parafamiliari o persone singole.
La casa protetta è destinata ad ospitare soggetti non autosufficienti che necessitano di assistenza continuativa.
L'inserimento in comunità alloggio o in case protette deve essere limitato al tempo per cui perdura l'impossibilità di effettuare interventi presso il domicilio del soggetto ed essere effettuato con il consenso del soggetto stesso, quando in grado di esprimere la propria volontà.
Fino al completamento del sistema di servizi di cui alla presente legge gli enti gestori possono effettuare interventi di ricovero negli istituti pubblici o privati, già esistenti sul territorio.
Per i fini di cui sopra, si possono stipulare apposite convenzioni con istituzioni pubbliche e private, che rispondano ai requisiti e agli standards fissati dalla Regione nel piano socio-sanitario".
Il Gruppo D.C. ha presentato il seguente emendamento: sostituire il primo comma con: "L'assistenza residenziale è attuata di norma attraverso la comunità alloggio e la casa protetta".
La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Abbiamo sentito l'Assessore quasi a lamentare il fatto che durante il dibattito consiliare si discuta e si approfondiscano nuovamente molti punti della legge.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Non da chi propone gli emendamenti.



MARCHINI Sergio

Chiedo la parola per fatto personale, signor Presidente.
Chiedo al Presidente di dare lettura degli articoli del Regolamento che danno diritto ai Consiglieri di prendere la parola su tutti gli emendamenti e su tutti gli articoli.
Faccio presente che farò una dichiarazione di voto di mezz'ora per ogni articolo. Richiamo anche i Capigruppo e il Presidente perché facciano entrare in aula tutti i Consiglieri.
Dico anche che non si barattano le posizioni politiche in vista di equilibri futuri di Giunta e di Consiglio. Questo è il Consiglio e qui si decide.



PRESIDENTE

Collega Martinetti, prosegua.



MARTINETTI Bartolomeo

Anche altri Consiglieri hanno sottolineato l'importanza di questa legge e il fatto che si discuta a fondo in più sedute è importante.
Noi non rinunceremo ad approfondire con il massimo impegno i temi, i punti nodali di questa legge, come l'intera politica assistenziale.
Riteniamo nostro dovere il farlo, anche se, purtroppo, su questioni anche modeste, c'è una resistenza notevole ad accogliere i nostri interventi partecipativi e correttivi.
L'art. 22 di questa legge è fondamentale; chiedo scusa, pertanto, se mi dilungherò nell'illustrazione del nostro emendamento.
Anche in questo caso, così come ha già detto il Consigliere Marchini non è questione di versante ideologico o di Montagne Rocciose che dividono: noi al di qua e gli altri dall'altra parte. Dico questo perché l'Assessore Cernetti su temi come questo ha chiuso il dibattito, nella seduta precedente, dicendo che siamo ideologicamente distanti.
In tema di servizi assistenziali e di comunità alloggio non parliamo in vista di presupposti ideologici, ma in virtù dell'esperienza di amministratori di Comuni, di Enti, di Province, che rappresentiamo con piena legittimità e parliamo in nome della conoscenza che abbiamo delle situazioni locali. Quindi, nessun presupposto ideologico, nessun preconcetto, nessun pregiudizio.
Riprendo il tema della tipologia delle comunità alloggio e delle case protette dicendo che questa tipologia a noi va bene. Non neghiamo che sia opportuno istituire, dove è possibile e necessario, delle comunità alloggio e delle case protette. Non accettiamo però che questa sia una scelta esclusiva per tanti motivi. Innanzitutto, ci sembra che le idee in proposito siano abbastanza confuse e poco chiare.
Il piano socio-sanitario, quando tratta di questi problemi, stabilisce che solo la comunità protetta risponde all'esigenza di assistenza tutelare.
In questa legge, all'articolo che stiamo esaminando, si dice che anche la comunità allo io è un servizio residenziale tutelare: quindi non si hanno idee chiare neanche da parte dei proponenti.
Nel piano socio-sanitario è detto che la comunità alloggio è destinata a persone sostanzialmente autosufficienti. In questo articolo si dice che è destinata a soggetti autosufficienti e parzialmente non autosufficienti. In sostanza, si definiscono in modo diverso le stesse strutture, proprio negli strumenti che vogliono dare una tipologia precisa alle stesse.
Ma c'é di più. Il testo primitivo della proposta di legge 54, studiato per anni dall'Assessore e mandato alle consultazioni, usava altre espressioni. Diceva che: "gli interventi di ricovero in comunità alloggio o strutture analoghe sono volti a garantire l'assistenza". Parlava di comunità alloggio lasciando un'apertura a strutture di altro tipo. Quel testo è stato mandato alle consultazioni e su di esso si sono espressi gli enti privati e pubblici, i Comuni, le istituzioni. Nonostante la legge non lasciasse trasparire l'assoluta chiusura rigida nei due schemi tipo, ma lasciasse questa apertura, sono venuti gli allarmi dagli operatori, dagli amministratori, dalle popolazioni, i quali vivono nel terrore che le loro istituzioni per anziani (certamente non del tutto adeguate alle esigenze sempre nuove, ma in via di adeguamento, frutto di uno sforzo e di un sacrificio di comunità, gradite alle famiglie e agli anziani che non vanno come l'Assessore ha detto: "lì a morire tutti nei primi anni") vengano chiuse.
Ci sono venuti richiami a conservare, ad adeguare l'esistente, a non distruggere. Nella mia modesta esperienza di Consigliere regionale, ho modo anch'io di andare in giro e conoscere situazioni varie nei paesi, nei comuni, nelle città della mia zona. A Ceva, a Racconigi, a Farigliano, a Cuneo esistono case per pensionati appena finite e i Consiglieri sanno che in tutti i paesi e in tutte le città del Piemonte ci sono strutture realizzate di recente o in via di completamento e che stanno per essere inaugurate.
Leggiamo su uno degli ultimi B.U.R. di deliberazioni della Guinta regionale per finanziamenti per edifici assistenziali per fanciulli poveri per edifici da adibire a case albergo, per edifici destinati a case di riposo comunali. Una certa confusione in proposito esiste.
A Ponzone, dove è Consigliere comunale di minoranza il Capogruppo del PSDI, collega Mignone, hanno deliberato di acquistare un hotel per realizzare una casa albergo. E' inutile che Mignone la chiami "casa protetta"; nel suo intervento in Consiglio comunale l'ha definita: "una struttura con servizi comuni, mensa, lavanderia, centro di incontro e punti di vita collettiva con mini alloggi o camerette singole in grado di dare la riservatezza al singolo o alla coppia, una casa a cui l'anziano ricorre nei mesi invernali per tornare nella bella stagione alla sua cascina, ai suoi campi, al suo cortile". Questo è tutto meno che una casa protetta, secondo la tipologia chiaramente enunciata nel piano socio-sanitario; è invece una casa albergo così come l'avevamo proposta noi con L' emendamento all'allegato 1 del piano socio-sanitario.
Vi rileggo come noi avevamo definito la casa albergo: "Una struttura composta di più unità abitative, monocamere o piccoli alloggi che conservando agli ospiti possibilità di vita autonoma, offre loro il supporto di servizi comuni (ristorante, lavanderia), atti a facilitare le condizioni di vita nel caso di difficoltà, a conseguire una completa autosufficienza e, attraverso strutture e attività comunitarie aperte anche all'esterno (sale di ritrovo, biblioteca) garantisce la massima integrazione degli anziani in condizioni di sicurezza psicologica e di piena dignità umana". Anche sul piano funzionale gli esperti che studiano questi problemi e che agiscono in queste opere sostengono che gli anziani hanno esigenze anche diverse da quelle cui si può rispondere con la comunità alloggio.
Rappresentanti di associazioni assistenziali e di enti di beneficenza quali la Charitas e l'Uneba, attraverso la loro esperienza, sottolineano come la forma dell'istituto di riposo rimane utile anche per rispettare esigenze marginali diverse: "E' noto come talune persone anziane preferiscano forme meno parcellizzate di assistenza che permettano scambi selettivi interpersonali, forme più facilmente raggiunte dagli istituti che dalle comunità alloggio".
L'Assessore Cernetti ha rilevato che la nostra richiesta di aprire, di non chiudere, di lasciare aperta qualche altra possibilità, è tornare indietro. Riteniamo invece che significhi lasciare aperta una porta per il futuro e che non sia un arretramento, ma sia andare avanti verso le sperimentazioni più aggiornate italiane e straniere.
"Prospettive sociali e sanitarie" del mese di marzo spiega come ad Amsterdam, definita una città al servizio delle persone anziane, oltre all'assistenza domiciliare e ai centri diurni vi sono appartamenti in edifici appositi, con sistemi di allarme e alcuni servizi, case di assistenza per anziani con oltre 7.000 posti (che non hanno nulla a che fare con i reparti psico-geriatrici degli ospedali, che pure là esistono) che hanno bisogno di assistenza tutelare continua. Nelle case di assistenza, gli anziani vivono in stanze singole, anzi in mini appartamenti, con il nome indicato sulla porta. I servizi forniti sono il collegamento d'allarme, il controllo notturno se richiesto, un pasto caldo che può essere consumato nella sala da pranzo, la biblioteca, la pulizia delle stanze, la lavanderia. Le case offrono spazi per incontri. Mi pare di rileggere quello che ha detto Mignone sulla ristrutturazione dell'hotel Vetta di Ponzone e quello che abbiamo scritto quando abbiamo presentato la tipologia della casa albergo. Confondere questo tipo di istituzione residenziale, che è sperimentato ad Amsterdam, dove si riconosce che su queste iniziative sono avanzati (comunque non li potrete accusare di arretratezza clericale) con le case protette, è impossibile, così come è impossibile confonderle con le comunità alloggio, le quali sono fatte per ospitare in un alloggio 5 o 6 persone di diversa provenienza, cercando di riprodurre il modello familiare, ma che sono prive dì personale proprio.
Quando suggeriamo con il nostro emendamento di lasciare delle prospettive aperte, non difendiamo delle posizioni di retroguardia vogliamo invece lasciare agli operatori delle comunità la possibilità di sperimentare, di inventare, di creare.
Lo schematismo di questa legge e del piano socio-sanitario è grave ed ottuso.
Nell'art. 22 si legge che queste esigenze potranno essere soddisfatte fino al completamento del sistema dei servizi sociali previsti dalla legge anche negli istituti esistenti, con ciò dando un riconoscimento ampio alla nostra denuncia di una domanda a cui non si potrà certo rispondere con il massimalismo di scelte rigide che, tra l'altro, non sono supportate da programmi finanziari credibili. In realtà, si pongono gli istituti esistenti in condizioni di non potersi adeguare e migliorare perché non hanno cittadinanza nel sistema socio-assistenziale, sono considerati dei corpi separati che devono essere, comunque, sopportati finché non si saprà fare qualcosa di meglio.
Abbiamo il sospetto che "adeguare" e "ammodernare" significherà semplicemente cambiare la targa dell'istituto. Pensiamo che dal mantenimento di uno schema così rigido come quello che viene proposto dalla legge, si condurrà l'assistenza agli anziani a confusioni, a situazioni difficilmente sostenibili.
Siccome questi richiamo sono fatti esclusivamente in nome della conoscenza che abbiamo dei problemi amministrativi locali e delle concrete situazioni, siamo convinti che se la Giunta vorrà dimostrare una certa apertura, secondo le nostre richieste, farà il suo stesso interesse, perch i primi che dovranno patire la situazione che andrà creandosi nei prossimi anni saranno proprio gli esponenti dell'Amministrazione regionale e della maggioranza regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Ho seguito con attenzione le argomentazioni del Consigliere Martinetti anche perché i suoi interventi non sono mai né vacui né privi di reali motivazioni a supporto delle sue posizioni.
Vorrei però fare un ragionamento che non entra nel merito per una ragione che mi sembra preliminare e in qualche modo superiore.
Tre mesi fa abbiamo votato il piano e gli allegati che hanno impostato il modo di intendere i servizi da parte della maggioranza.
Credo, allora, che non si possa andare né al di sotto né al di sopra di quelle indicazioni perché il piano era particolarmente circostanziato.
Dal confronto che facemmo prima di Natale uscì un emendamento che recepiva le sollecitazioni che ci venivano da parte della D.C.
Ne discutemmo lungamente allora, ci interrogammo sulle questioni e ritenemmo di approdare ad una formulazione che prevedeva attorno alla comunità alloggio e a un suo moltiplicatore la possibilità di rispondere alle esigenze legittime che l'intervento di Martinetti ha abbondantemente esplicato.
Ritenevamo allora e riteniamo tuttora che sia importante rispondere così e non altrimenti, proprio perché sappiamo per esperienza che porre termine ad un sistema che, a nostro avviso, ha provocato molti danni debba essere raccordato ad un elemento di garanzia nel numero e nella consistenza delle case.
Abbiamo proposto un emendamento, firmato dai Consiglieri Reburdo Mignone, Viglione e da me e prego il Presidente di darne lettura.



PRESIDENTE

Vi do lettura di tale emendamento: dopo il secondo comma, inserire il seguente comma: "Le comunità alloggio possono essere inserite in normali strutture abitative oppure, in un numero massimo di 4 ed organizzate in modo da rispettare la privacy individuale, in strutture in cui vi siano servizi rivolti a tutta la popolazione quali mense, luoghi di incontro e di socializzazione".
La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Poiché è l'affermazione di quanto è stato approvato con il piano socio sanitario, la Giunta non può che consentire.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Con il consenso di chi sembra essersi arrogato il diritto di decidere se i Consiglieri abbiano o no diritto di parola, faccio alcune argomentazioni sull'illustrazione di carattere generale svolta dal rappresentante della D.C.
Sono argomentazioni non favorevoli alla tesi da lui sostenuta e questo dovrebbe sgombrare il campo da perplessità o impressioni di nostri interventi di carattere strumentale.
Ritengo di atteggiarmi, rispetto a questa legge e ai suoi contenuti come una forza autonoma che in questa sede non è né maggioranza n minoranza: è un Consigliere che vota, con responsabilità di esprimere quello che deve essere l'orientamento di una collettività di consociati che va ben al di là delle valutazioni strumentali che sembrano invece caratterizzare questa o quella forza politica. Le libertà non sono più grazie anche alle forze politiche qui presenti, privilegio, o cose da conquistare, ma sono da gestire e la gestione delle libertà è molto più difficile della loro conquista. La storia ci dimostra che è più difficile e faticosa la gestione della libertà con tutte le responsabilità che comporta che non il fatto più semplicistico ed eroico della conquista della stessa.
Quindi non si tratta di dare I e z ioni di libertà quando si cerca di richiamare l'attenzione sulla differenza che esiste tra un cittadino che ha possibilità di scelta e la libertà di scelta. In questo caso, la pubblica amministrazione deve motivare perché non gliela consente, nel caso di possibilità invece, è il cittadino che motiva perché la chiede.
Non riteniamo che la formulazione indicata dalla Giunta sia lo specchio dell'ottimizzazione delle ipotesi di soluzione del mondo contemporaneo. Non pensiamo che le strutture per anziani non cambieranno nel tempo. Siamo ottimisti per natura e riteniamo che la società umana produrrà nel futuro ipotesi sempre più significative, più aperte, più vivibili non solo per gli anziani ma per tutti. Certamente, siamo contrari a formulazioni che sembrano indicare un modello non perfettibile, ottimo rispetto ad una certa soluzione.
Non ho apprezzato l'emendamento proposto dalla maggioranza, a mio avviso, di tipo gesuitico perché tende ad ancorare ad un problema di carattere gestionale, un problema di tipo politico.
La differenza sostanziale fra la legge 54 e il piano socio-sanitario è che la prima è una legge di principi e l'altro è un piano che dà delle indicazioni con una validità di tre anni.
Allora, o si crede in assoluto ai principi e si dibatte su di essi oppure si parla dell'aspetto gestionale e si rinuncia ai principii.
Vorrei che la Giunta, al di là dell'accettazione dell'emendamento assumesse una posizione precisa. Mi pare siano da superare le argomentazioni del collega Martinetti soltanto se se ne fa un problema politico. Se riteniamo che il nostro Paese presenti condizioni storiche politiche ed economiche tali da rendere ipotizzabili le soluzioni di Amsterdam, perché non si autorizzano, non si auspicano, non si facilitano quelle soluzioni? Una ragione precisa c'è: da parte di talune forze politiche (e probabilmente anche della mia) si ritiene che se questo processo non passa attraverso un momento di razionalizzazione e di governo da parte delle istituzioni, continuerà ad essere un fenomeno governato da forze spontaneistiche più o meno meritorie. Su questo mi permetto di non essere d'accordo con il Capogruppo comunista perché certi soggetti e certe strutture non hanno arrecato danni e non hanno reso una situazione peggiore della precedente, anzi l'hanno resa migliore, anche se in certi casi è insoddisfacente e da migliorare.
Questo articolo, se letto con intelligenza, sta a significare che l'evoluzione delle strutture della Regione tenderà all'uniformità rispetto a due obiettivi: tenendo presente il passato con le sue ricchezze e i suoi valori positivi, continuandolo sia pure con un obiettivo nuovo ed aperto al futuro.
L'indicazione degli operatori e dei soggetti più diversi, come modello di riferimento preferenziale è un messaggio politico che la maggioranza ha non soltanto il dovere ma il diritto di dare.
Dopo che la maggioranza avrà espresso il suo obiettivo, come uomini di governo e come uomini politici, dovremo governare la realtà tenendo presente il peso e i meriti del passato e avendo la capacità e il coraggio di guardare senza pregiudizio al futuro.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Ringrazio il collega Marchini che, in parte, ha anticipato quanto volevo dire.
Vorrei ancora una volta affermare che la Giunta in materia di assistenza e di strutture ha le idee molto chiare e la rigorosità di questa legge (che non ha niente a che vedere con l'ottusità) lo comprova.
Il piano prevede due tipi di strutture: le comunità alloggio e le case protette come già il piano socio-sanitario afferma.
Non ho mai detto che nelle case di riposo vanno gli anziani per morire entro il primo anno (mi guarderei bene dall'affermare un'assurdità simile).
Mi sono invece limitata a riferire dati sulle statistiche ISTAT che ci dicono che il 30 % dei decessi degli anziani avvengono nel primo anno di ricovero.
Quale spiegazione si può dare a questo fenomeno? Quando una persona autosufficiente è servita e protetta dalla mattina all'ora di coricarsi adagio adagio perde l'interesse alla vita, è soggetta a crisi depressive ed avverte il senso di inutilità e di degrado fisico.
Ho visitato diverse strutture con parchi magnifici dove però gli anziani autosufficienti erano chiusi nelle proprie camere o stazionati nei corridoi; nessuno approfittava del parco annesso alla struttura assistenziale.
Noi riteniamo, in virtù del principio della non emarginazione che informa questa legge, che gli anziani autosufficienti abbiano il diritto di rimanere e gli Enti locali il dovere di far rimanere nel proprio contesto abitativo e sociale le persone anziane.
Per questo cerchiamo di finalizzare i contributi della Regione all'assistenza domiciliare.
Quanto alle case albergo (abbiamo usato questa terminologia, ma tutto sommato è la stessa struttura), c'è sembrato opportuno, nell'ottica di non emarginazione, di sospendere le costruzioni di altre case albergo e di altre case di riposo perché l'anziano autosufficiente deve avere le possibilità economiche ed esistenziali di vivere nel proprio contesto abitativo.
Il problema più tragico è costituito oggi dagli anziani non autosufficienti (36.000 di cui 10.000 bisognosi di strutture protette) per i quali riteniamo doveroso prevedere strutture protette che garantiscano l'assistenza giorno e notte.
Quanto alle case di riposo sappiamo perfettamente il ruolo che hanno svolto e che in parte continueranno a svolgere andando gradualmente alla riconversione della struttura, dato però che il 90 % di esse sono fatiscenti (essendo il Piemonte una Regione con vecchia tradizione in campo di assistenza) abbiamo ritenuto essenziale per gli anziani non autosufficienti prevedere case protette sia di nuova costruzione, sia attraverso ristrutturazioni.
Abbiamo poi previsto le comunità alloggio per autosufficienti e per non autosufficienti parziali (per anziani delle montagne e delle campagne che si vanno spopolando, gli anziani che in famiglia non vivono a loro agio).
Queste comunità-alloggio non richiedono personale socio-assistenziale interno, ma si servono di personale socio-assistenziale operante nel territorio, lo stesso che provvede all'assistenza domiciliare nelle abitazioni.
Le comunità alloggio possono essere inserite in condomini dove vi sono altri alloggi proprio perché gli anziani non siano isolati e possano vivere porta a porta con le persone adulte, con i giovani, con i bambini. Abbiamo però previsto che le comunità alloggio possano accorparsi sino a quattro comunità e possano usufruire del centro d'incontro.
La Giunta non ha la presunzione di avere in tasca una ricetta infallibile. Ritiene anche che al principio informatore della legge di non emarginazione debba aggiungersi un criterio economico che è meno importante, ma che pure deve essere preso in considerazione in un periodo di crisi e di fronte alle limitate disponibilità.
Dovendo operare delle scelte abbiamo individuato queste scelte che sono basate sui principi di cui ho parlato e che vanno nella direzione di strutture mancanti per gli anziani più deboli e più colpiti e per anziani non autosufficienti.
Abbiamo coscienza che le leggi degli uomini non sono immutabili come le leggi della natura. Se l'esperienza dimostrerà che la Giunta ha avuto torto e non ha approvato una legge adeguata alla realtà, si procederà alla sua revisione.
Oggi siamo convinti della bontà dei principi che affermiamo con essa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Il collega Martinetti ha illustrato le motivazioni per cui determinate strutture debbono essere inserite nella legge di principi che stiamo approvando.
A noi pare che ci sia una contraddizione tra quello che si intende per legge di principi e quello che si intende per una norma di applicazione dei principi.
L'Assessore Cernetti ha ricordato problemi di risorse e problemi di scelte che sono condizionati dalle risorse. Non c'è ombra di dubbio che questo punto ci fa temere che l'applicazione della legge, che potrebbe essere considerata integrazione del piano, non possa avvenire in quanto allo stato attuale non abbiamo individuato i mezzi finanziari.
Il collega Bontempi ha anche ricordato l'esigenza che il progetto di legge n. 54 non contrasti con i contenuti e con le affermazioni del piano socio-sanitario.
Vorrei dirgli che questa contraddizione già c'é tra quanto è scritto nel piano socio-sanitario sulle comunità alloggio e le case protette e quanto è scritto all'art. 22 di questa proposta di legge. Speriamo che le nostre considerazioni facciano riflettere nel senso da noi auspicato.
Il punto 24 dell'allegato 1 definisce la "casa protetta anch'essa destinata ad ospitare cittadini in regime di assistenza, ma solo quando essi presentino un bisogno di assistenza tutelare che per la richiesta di continuità non può essere garantita né a domicilio né dalla comunità alloggio", per cui si esclude in modo esplicito che la comunità alloggio sia una struttura tutelare.
Al primo comma dell'art. 22 della legge 54 si scrive, invece, che i servizi tutelari sono la comunità alloggio t la casa protetta. Questa è una contraddizione palese. E' anche vero che avendoci ragionato tanto sopra qualcosa può essere sfuggito e che in sede di Consiglio si possa rettificare.
Al di là del fatto che queste comunità alloggio sono per i cittadini di diversa natura, minori, anziani, handicappati, dimessi da ospedali psichiatrici, ragazze madri dimesse dal carcere, ecc. (per cui mettendo insieme guai e miserie si fa certamente una comunità felice e serena! ) vorrei riprendere le considerazioni dell'Assessore che ha ripetutamente fatto riferimento all'anziano autosufficiente nella casa di riposo o in casa propria e all'anziano non autosufficiente nella casa protetta.
Che cosa si intende per autosufficienza di una persona anziana? Quando una persona è bloccata nel letto e non può badare a se stessa non è autosufficiente, ma da questa situazione di estrema gravità alle situazioni di parziale autosufficienza o quasi autosufficienza c'é una gradualità tale di situazioni per cui anche la persona anziana che ha paura a dormire da sola nella propria abitazione può essere una forma di non autosufficienza totale.
Non credo si possa definire autosufficiente colui che cammina e non autosufficiente colui che non cammina ed è anche difficile definire la differenza tra i servizi per persone non autosufficienti e i servizi per persone autosufficienti.
Questo emendamento dovrebbe essere una specie di cucitura tra le due strutture. Manca quella fase intermedia che noi con serietà, con semplicità, con chiarezza chiamiamo casa albergo e che non cerchiamo di camuffare con termini diversi.
Come si garantisce la privacy individuale in una comunità alloggio che secondo quanto dice il piano, deve essere organizzata con modalità che tutto garantiscono meno che la privacy? Inoltre, che fondamento scientifico e tecnico ha l'accorpamento di quattro comunità alloggio? Perché non tre o non cinque? Che cosa si intende quando si dice che le comunità alloggio possono essere inserite in normali strutture abitative? Non penso si vogliano mettere nei pollai! Sulla base di quello che è scritto nel piano non si potranno finanziare strutture di quel tipo perché non corrispondono alla tipologia dei servizi previsti nel piano e ripresi nella legge n. 54.
Vogliamo accorpare tre o quattro comunità alloggio? Benissimo, tutto è possibile. Ma diciamo che facciamo questa cosa e non altre.
C'è il problema del personale.
La struttura della comunità alloggio non prevede il personale, ma l'autogestione. Al massimo potremmo ipotizzare che il personale possa essere quello dell'assistenza domiciliare, ma un personale di questo genere non può garantire l'assistenza continua.
C'è un altro aspetto che vorrei rilevare.
Le statistiche ci dicono che gli anziani sono in aumento.
Noi crediamo che si debbano indirizzare i nostri sforzi alla riconversione delle strutture esistenti.
Proprio perché statisticamente è provato che gli anziani nelle case di riposo muoiono entro il primo anno, ritengo che si debba fare molta attenzione nell'individuare la causa per non farne poi un fenomeno generale. Quali sono le ragioni del ricovero dell'anziano? Spesso in montagna o nelle campagne gli anziani sono soli perché le famiglie si sono trasferite, spesso gli anziani non hanno una famiglia. Questi fenomeni sono molti complessi e molto più complicati dell'impatto con la casa di riposo così come potrebbe sembrare dalla considerazione dell'Assessore Cernetti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gastaldi.



GASTALDI Enrico

Vorrei fare una dichiarazione di voto sull'emendamento proposto dalla D.C.
Con la sostituzione proposta al primo comma e con il comma aggiuntivo al quarto comma si ritorna alle discussioni fatte sul piano socio-sanitario sulle quali ho già fatto la mia scelta.
L'emendamento all'ultimo comma lascia possibile la scelta di soluzioni diverse da quelle fatte sul piano socio-sanitario e rientra quindi nei due emendamenti precedenti.
Il mio voto sull'emendamento sarà coerente con quello dato in occasione della discussione sul piano socio-sanitario.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Ritengo di avere risposto in gran parte alle argomentazioni del Consigliere Bergoglio in ordine al personale delle comunità alloggio.
Non vorremmo mistificare la vecchia struttura facendola passare per nuova con un accorpamento di comunità alloggio consistenti talché nella sostanza si ritornerebbe alla struttura di vecchio stampo.
Specificando le "normali strutture abitative" non abbiamo certo pensato ai pollai, come ha ironizzato il Consigliere Bergoglio, ma abbiamo voluto precisare che le comunità alloggio non devono essere inserite nelle case di riposo o nelle case protette, perché anche questa sarebbe un'ulteriore mistificazione.
Per questo abbiamo precisato il numero degli utenti delle singole comunità alloggio, identificandolo con il numero di una normale famiglia perché le comunità alloggio non assumano dimensioni troppo ampie. Lo stesso criterio abbiamo usato per le case protette dove abbiamo limitato il numero degli utenti per evitare strutture mastodontiche, che corrono il pericolo di ricercare gli utenti oltre la zona della provincia di appartenenza.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dal Gruppo D.C.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 14 voti favorevoli e 25 contrari.
Pongo in votazione l'emendamento presentato dai Consiglieri Reburdo Mignone, Viglione e Bontempi. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 26 voti favorevoli e 15 contrari.
Sull'art. 22 vi sono ancora alcuni emendamenti.
La Giunta regionale ha presentato il seguente: il quarto e quinto comma sono così sostituiti: "Fino al completamento del sistema di servizi di cui alla presente legge gli Enti locali possono effettuare interventi di ricovero negli istituti pubblici e privati già esistenti sul territorio, anche mediante convenzioni con enti ed organismi, privi di scopo di lucro, che diano garanzie di funzionalità nel quadro degli indirizzi e degli orientamenti indicati dal piano socio-sanitario regionale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 15 contrari.
Il Gruppo D.C. ha presentato il seguente emendamento: dopo il quarto comma inserire il seguente comma: "Nell'ambito delle leggi vigenti e nel rispetto degli indirizzi della programmazione regionale, sono ammesse altre forme di servizi residenziali (case di riposo, case albergo, ecc.) anche al fine di favorire la sperimentazione di nuovi servizi, rispondenti alle esigenze emergenti nella società".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 14 voti favorevoli, 26 contrari ed 1 astensione.
Il Gruppo D.C. presenta ancora il seguente emendamento: all'ultimo comma sostituire le parole "che rispondano ai requisiti e agli standards fissati dalla Regione nel piano socio-sanitario" con le parole "che diano garanzia di funzionalità nel quadro degli indirizzi e degli orientamenti indicati dal piano socio sanitario regionale per lo svolgimento dell'attività assistenziale residenziale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 14 voti favorevoli, 26 contrari ed 1 astensione.
Vi è ancora un emendamento presentato dal Gruppo D.C. che recita: aggiungere infine il seguente comma: "Presso i servizi residenziali è assicurata la possibilità di assistenza religiosa, nel rispetto della volontà e della libertà di coscienza dell'utente".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 14 voti favorevoli, 26 contrari ed 1 astensione.
La Giunta regionale presenta ancora il seguente emendamento: al fondo dell'articolo è aggiunto il seguente comma: "E' garantita la possibilità di assistenza religiosa agli utenti delle case protette o comunque alle persone non autosufficienti ricoverate negli attuali istituti".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 26 voti favorevoli, 14 contrari ed 1 astensione.
Infine, vi è l'ultimo emendamento all'art. 22 presentato dalla Giunta regionale che recita: dopo le parole "indicati dal piano socio-sanitario" è aggiunto il seguente comma: "I requisiti funzionali e strutturali per l'accesso alle convenzioni di cui al comma precedente, sono stabiliti con la deliberazione del Consiglio regionale di cui al successivo art. 23".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 15 contrari.
Pongo in votazione l'art. 22 nel testo emendato.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 22 è approvato.
Sospendo l'esame dell'articolato del progetto di legge n. 54 e convoco i Capigruppo.
Comunico, infine, che la seduta pomeridiana non si terrà perché non è possibile discutere sull'Istituto Cartografico e che il Consiglio verrà convocato a domicilio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,30)



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