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Dettaglio seduta n.119 del 18/03/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo dell'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 4, 5 e 11 marzo 1982 si intendono approvati.


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Interpellanza del Consigliere Salvetti inerente l'Istituto professionale per l'agricoltura "Carlo Umbertini" di Caluso


PRESIDENTE

Circa il punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze", si discute l'interpellanza del Consigliere Salvetti inerente l'Istituto professionale per l'agricoltura "Carlo Umbertini" di Caluso.
Risponde l'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

Le precedenti risposte preparate dagli uffici sono largamente superate da fatti ed avvenimenti successivi ed anche ad alcuni colloqui intercorsi personalmente tra me, il Presidente della Giunta e il Consigliere interrogante.
La questione era già stata affrontata dalla Giunta regionale attraverso disponibilità che si erano offerte nell'interpretazione della legge sull'assistenza scolastica al fine di garantire un riconoscimento della funzione e del ruolo che quella struttura ricopre all'interno della zona.
Questo per il passato. Telegrammi successivi del Sindaco, di cui è stata anche data notizia tramite la stampa, ed altre sollecitazioni, che mettevano in rilievo la difficoltà di continuare i corsi in una situazione edilizia precaria, hanno determinato un insieme di rapporti tra la Regione ed il Comune.
Le difficoltà finanziarie della Regione sono considerevoli e quindi si tratterà di assicurare le necessarie disponibilità nell' iter di bilancio.
Sicuramente la necessità di mantenere aperto l'istituto farà considerare con molta attenzione la richiesta del Comune.
La manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici degli Istituti professionali di Stato è di competenza comunale, quindi, a rigore di termini, la legislazione regionale non ha competenza.
Credo che l'amministrazione provinciale sarà disponibile in questa direzione. Quindi se si determinerà - come auspichiamo - tra la Regione, la Provincia di Torino ed il Comune interessato, una concordanza di progetti e di sforzi, il problema che viene sollevato dall'interrogazione potrà avere una soluzione positiva.
In questo senso c'è già stato un impegno da parte della Presidenza della Giunta regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Salvetti.



SALVETTI Giorgio

Ringrazio l'Assessore della risposta, e per l'interessamento congiunto del Presidente, dell'Assessore all'agricoltura e dell'Assessore Rivalta.
Credo non sia disutile sottolineare alcuni aspetti della questione Ubertini, che non riguarda un solo Comune ma un insieme di Comuni e riguarda alcuni aspetti strettamente connessi e congiunti che attengono alla sfera di una scuola media superiore nell'insieme della vita di una comunità.
Da tanti anni andiamo dicendo di superare le barriere degli steccati e di piegare le strutture dello Stato a un utilizzo diverso.
Siamo in presenza di una struttura che è allogata in un certo Comune, a cui afferisce una popolazione scolastica che viene dal Comprensorio del Canavese, da numerosi Comuni della provincia di Torino, da Comuni di altre regioni e che ha dotazioni strutturali di un convitto statale.
Non è da dimenticare che la scuola ha delle sedi decentrate che afferiscono ad un' area che va da Carmagnola ad Osasco nel Pinerolese. In attesa della riforma della scuola media superiore, il discorso è di transizione per quanto attiene all'aspetto istituzionale.
Vi è l'aspetto istituzionale, formativo, scolastico e in questo senso per le strutture edilizie, precarie, attinenti alla parte vecchia del convento, che è stata attraverso il tempo risistemata con interventi del Comune, vicariando una funzione integrativa fatta dalla stessa Provincia di Torino, occorrerebbero delle risorse nelle pieghe della legge 412 anche per le urgenze immediate del tetto e di alcune strutture primarie fondamentali accanto a questo aspetto vi sono due altri aspetti che appartengono alle cose concrete.
La cantina enologica non è una cantina didattica in senso stretto. Vi ha sede la cooperativa agricola ed i suoi strumenti sono posti a disposizione della viticoltura del Canavese e della zona del Carema, quindi dei 2/3 dell'attività agricola nel settore vitivinicolo della Provincia di Torino.
Il suo laboratorio è la sede degli esami vitivinicoli, dove si fanno ricerche enologiche e la ricerca applicata di cui tanto si discorre.
Vi è poi l'aspetto della formazione professionale in agricoltura.
Accanto ai corsi istituzionali per l'acquisizione del diploma di addetto alla cantina o di esperto in macchinari agricoli, vi è la frequenza ai 5 anni per la maturità tecnico-agraria, altro aspetto di formazione non indifferente.
Accanto a tutto questo vi è quell'azione che si svolge attraverso le consulenze, le conferenze, i corsi serali per viticultori.
Ricordandomi una frase di un mio amico collega di Giunta alla Provincia di Torino, ragazzo di grosse capacità culturali ed intellettuali che si posava ad una modestia parimenti elogiabile, il prof. Danilo Bottero, mi diceva: "Se vuoi cambiare devi sempre cambiare tenendo conto che fai l'assemblaggio dell'esistente e arrivi a quel livello-soglia critico attorno al quale si determinano i fenomeni del mutamento".
E' un piccolo problema quello dell'Ubertini, ma mette con l'esempio pratico in movimento una linea di applicazione. Sarà pragmatica, ma il pragmatismo può servire in questo senso nella trasformazione.
Quando mi corse di fare il Sindaco in quel Comune era l'epoca in cui si preparavano i riconoscimenti per la denominazione d'origine dei vini del Canavese. Fu l'Ubertini a fare l'istruttoria, furono quegli strumenti che consentirono alla Comunità locale di inserire un discorso reale e quel momento che è recepito nelle proposte di legge. E' la ricerca piccola, sia pure applicata, quella che serve ogni giorno.
Pregherei il Presidente, gli Assessori Ferrero, Rivalta e Ferraris, che ringrazio, di considerare l'intreccio tra il momento istituzionale vero e proprio, l'azione di formazione professionale, l'azione di assistenza tecnica alla viticoltura, l'azione di promozione vitivinicola.
Credo che l'intervento integrato della Provincia di Torino potrebbe essere l'addendo che rende più agevole, riferendosi all'azione istituzionale, di formazione professionale e di sostegno alla viticoltura di un'entità non soltanto territoriale, ma estensivamente al Canavese e a larga parte della Provincia di Torino.
Credo che sia pertinente la soluzione insistentemente richiesta dagli operatori della zona, dalle strutture pubbliche istituzionali ed amministrative, da quegli organismi cooperativi che, per il sostegno che hanno avuto, hanno potuto trovare la soluzione operativa e di presenza.


Argomento: Artigianato

Interrogazione dei Consiglieri Sartoris, Martini e Petrini inerente la situazione del credito agevolato per gli artigiani in Piemonte


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione dei Consiglieri Sartoris, Martini e Petrini inerente la situazione del credito agevolato per gli artigiani in Piemonte.
Risponde l'Assessore Marchesotti.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore all'artigianato

Rispondo all'interrogazione presentata il 4 febbraio scorso dai Consiglieri regionali Sartoris, Martini e Petrini. Essa si articola in due punti: 1) quali iniziative intende assumere la Giunta regionale per rimuovere la grave situazione creditizia del settore artigiano in Piemonte 2) se esiste cuna strategia della Giunta regionale rispetto alle implicazioni che potrebbero derivare dall'approvazione del D.D.L. di riforma del credito agevolato, predisposto dal Governo.
Relativamente, dunque, al primo punto dell'interrogazione, la Giunta regionale sta provvedendo esercitando i nuovi poteri attribuiti, in base ai quali la Regione interviene a disciplinare i tassi, la durata, l'importo e le modalità di gestione dei finanziamenti erogati tramite la Cassa per il credito alle imprese artigiane. Al tempo stesso si interviene con un provvedimento di contenimento e di selettività del credito gestito dalla Regione a seguito dei noti gravi tagli ai danni del nostro bilancio.
Per la predisposizione tecnica delle due proposte di provvedimento si è proceduto coinvolgendo in primo luogo la Consulta regionale per l'artigianato, dove è stata presentata la grave situazione creditizia e sono stati illustrati i poteri attribuiti alle Regioni con i D.P.C.M. del 30/12/1980 e del 23/3/1981.
In quella sede è stata costituita una commissione di lavoro, espressa dalla stessa Consulta, con il compito di esaminare i problemi del credito e di predisporre i testi dei due provvedimenti. I lavori sono stati conclusi durante lo scorso mese di febbraio.
Quanto prima le due proposte di provvedimento saranno sottoposte all'esame del Consiglio regionale. Quanto prima dunque il Consiglio regionale potrà entrare nel merito delle questioni.
Per il momento posso anticipare le linee di intervento dei provvedimenti: nel provvedimento Artigiancassa si fissano taluni criteri di selettività e di priorità nella gestione delle agevolazioni creditizie; si attua un ventaglio di tassi per fasce differenziate di investimento; si innalza il tasso minimo del 7,50% al 13,50%; si autorizzano gli Istituti di credito a concludere i contratti di mutuo al tasso di riferimento (21,50%) a prescindere dall'ammissione a contributo da parte del Comitato tecnico regionale dell'Artigiancassa; quest'ultima scelta consente di sbloccare positivamente gli investimenti non facendo gravare sulla categoria artigiana gli effetti della stretta creditizia nel provvedimento sulla Legge regionale 47, in applicazione dell'art. 2 della stessa legge, si fissano criteri prioritari e selettivi e si autorizzano gli istituti di credito ad operare secondo lo stesso meccanismo disciplinato per l'Artigiancassa.
Spetterà al Consiglio regionale nelle prossime settimane esaminare i due provvedimenti sul credito già predisposti, completando il corretto iter decisionale e facendo entrare in vigore strumenti indispensabili per una aggiornata disciplina della materia a partire dalla consapevolezza del difficile momento che stiamo attraversando.
Sul secondo punto dell'interrogazione osservo che la riforma generale del credito, posta all'ordine del giorno dal d.d.l. governativo, imporrebbe un dibattito specifico ed articolato che in questa sede non è opportuno avviare.
Un giudizio sul d.d.l. Andreatta è tuttavia prospettabile in base a due valutazioni di fondo: la prima è che su questa proposta governativa non si è creato uno schieramento unitario, le critiche, all'interno della stessa maggioranza di governo, sono state talvolta severe; la Confederazione unitaria Cgil-Cisl-Uil ha attaccato fermamente la filosofia stessa del d.d.l.; la seconda valutazione, di merito, riguarda la natura del d.d.l.
esso si muove in una logica neoliberistica attaccando una delle leve fondamentali per una politica di programmazione del nostro paese e cioè il rapporto Stato-sistema creditizio in termini di finalizzazione degli interventi.
In ogni caso, qualora il suddetto d.d.l. diventasse legge, la Giunta regionale dovrebbe adeguare la propria strategia in materia di politica del credito, ma questo sarebbe un problema da affrontare prima ancora che in sede regionale in sede parlamentare e governativa, trattandosi di un cambiamento di strategia che investe l'intero paese.
I documenti che andranno in discussione domani in Consulta, sono stati preparati con la partecipazione delle banche e con i rappresentanti delle organizzazioni artigiane.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Sarò grato all'Assessore se vorrà consegnarmi il testo scritto della risposta, che trasmetterò al collega Sartoris che è il primo firmatario dell'interrogazione. L'interrogazione ha raggiunto il suo scopo. Ci sono stati momenti ravvicinati e una attività più intensa dell'Assessorato in questo settore, attività che domani dovrebbe essere verificata a livello di consulta regionale.
Sul merito dei provvedimenti che la Giunta propone alla Consulta regionale ci riserviamo di esprimere un nostro parere.
Per quanto riguarda il giudizio di merito dato sulla legge di riforma nazionale, lascio l'interpretazione alla responsabilità dell'Assessore ed in particolare di un Assessore che appartiene ad una parte politica che è portata ad una logica liberistica accentuata in un disegno di legge che questa logica non ha.
Certo è che dal settore dell'artigianato stanno venendo proposte che cercano di liberarlo da pastoie che gli impediscono di attuare un programma che generalizzato soltanto a livello occupazionale, riuscirebbe nel giro di un anno o due a dare lavoro in Piemonte a oltre 20 mila giovani apprendisti. Quando ci sono queste valutazioni su un piatto della bilancia bisogna stare attenti a dare un giudizio politico.
Al di là degli schemi che ognuno di noi porta, di cui in parte è prigioniero, cerchiamo tutti insieme di affrontare realisticamente la realtà, perché il gioco in questo caso vale la candela.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

L'Assessore Salerno ha già dato risposta scritta all'interrogazione che avevo presentato inerente la circolare n. 15/ECO del 28/7/1981 avente per oggetto "Applicazione della Legge regionale n. 32/1974 e 31/1979", a firma dei Consiglieri Lombardo, Chiabrando e Penasso.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo dell'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente" rendo noto che hanno chiesto congedo i Consiglieri Carazzoni Cerchio, Genovese e Picco.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 106: "Modificazione dell'art. 7, quinto comma, della legge regionale 12/8/1976 n. 42, contenente norme per il funzionamento dell'organo regionale di controllo", presentato dalla Giunta regionale in data 10 marzo 1982 N. 197: "Contributi ai Comuni per concorrere al funzionamento delle scuole materne autonome", presentato dai Consiglieri Paganelli, Bergoglio Martinetti, Villa, Beltrami, Cerchio, Martini e Fassio in data 11 marzo 1982 N. 198: "Interventi per la valorizzazione del patrimonio idro-minerale e per lo sviluppo dell'attività termale", presentato dal Consigliere Mignone in data 12 marzo 1982.


Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale e dall'Ufficio di Presidenza


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale e dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio nelle sedute del 9 marzo 1982 - in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6 novembre 1978, n. 65 sono a disposizione presso l'Ufficio Aula. L'elenco delle medesime è allegato al processo verbale.


Argomento:

d) Sostituzione di un membro


PRESIDENTE

Comunico la sostituzione dell'ing. Roberto Rosnati con l'ing. Giuliano Segre nel Comitato misto per l'insediamento nucleare in Piemonte.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Dibattito sulla relazione della Giunta regionale sullo stato dei rapporti Governo-Regione


PRESIDENTE

Punto quarto all'ordine del giorno: "Dibattito sulla relazione della Giunta regionale sullo stato dei rapporti Governo-Regione".
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sollecitata anche dal Gruppo socialista, accolta e promossa dalla Giunta regionale, la Giunta stessa attraverso una sua articolazione, ha ritenuto giusto ed opportuno di fornire un quadro generale dei rapporti avuti con il Governo negli ultimi mesi.
Il quadro che ne è scaturito è un quadro assai interessante, è un quadro che vede il Piemonte nell'occhio della crisi, è un quadro che vede il Piemonte in parecchie difficoltà.
Vorrei subito dire che non sono fra i fautori della cosiddetta "questione Piemonte" nel senso di astrarre una parte del Paese dalla realtà generale, ritengo invece utile sottoporla all'attenzione del Governo e delle sue articolazioni in modo incisivo.
Ho avuto anch'io dei dubbi nel momento in cui la "questione Piemonte" ed i rapporti con il Governo e il Piemonte si sono articolati negli incontri con alcuni Ministri e con il Presidente del Consiglio, on.le Spadolini, in modo tale da far ritenere che alcuni Ministri piemontesi avessero assunto una sorta di proconsolato e non fossero le forze politiche istituzionali del Piemonte ad affrontare in modo autonomo, sia pure in collegamento con la realtà nazionale il problema del Piemonte.
Ma questo appartiene ad una discussione del passato più che del presente.
Tutto sommato, volendo dare a posteriori un giudizio, direi che il complesso del comportamento è stato corretto e che probabilmente ha imboccato una strada giusta.
Questo rapporto è stato positivo e bene ha fatto la Giunta ad articolarlo in una serie di interventi che vanno da quello principale del Presidente, a quello del Vice Presidente, a quello degli Assessori Cerutti Simonelli, Testa.
Qualche Consigliere interverrà per chiedere che cosa si è fatto delle proposte maturate negli ultimi mesi.
Qualche spada sarà affondata nel corpo della Giunta per dire che della proposta formulata degli 84 progetti, non molto si è realizzato.
I problemi che la Giunta ha sottoposto all'attenzione del Consiglio, i progetti dell'energia, quelli della grande viabilità, quelli dell'agricoltura e della forestazione, quelli relativi all'occupazione ed alla riconversione del sistema produttivo dovranno necessariamente trovare il loro spazio e non potranno esaurirsi nell'arco di qualche settimana o di qualche mese.
Dobbiamo dare atto dello sforzo compiuto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Spadolini, e dai Ministri La Malfa, Nicolazzi, Bodrato De Michelis.
La più importante soluzione è stata quella del problema della Teksid e non pongo l'accento su questo perché il Ministro, on.le De Michelis appartiene alla nostra parte politica, ma voglio dire che il Governo nel suo insieme è stato presente, seppure non abbia potuto dare sempre risposte esaurienti. I rapporti con il Governo sono stati costanti e proficui.
Abbiamo ottenuto una serie di verifiche, e la discussione di oggi accerterà e preciserà i temi, potrà fornire occasioni per spunti e dibattiti che riteniamo decisivi e importanti per la città e per la Regione. Parlo anche di città perché il problema della mega area urbana e il nodo centrale sul quale intendiamo promuovere una serie di azioni per il riequilibrio territoriale di tutto il Piemonte.
Già mi faccio carico, parlando per primo, di quello che diranno gli altri oratori, i grandi attori e protagonisti del Consiglio regionale sempre presenti.
Le loro critiche la maggioranza le ha sentite in altre occasioni, le ha già avvertite e discusse, certamente vanno valutate e analizzate per il contributo che esse possono dare.
Il Governo negli ultimi mesi non è stato assente al processo del Piemonte, ha avuto una presenza attiva per i problemi della viabilità, dei trasporti, dell'energia, dell'agricoltura, e ha dato un segno positivo rispetto a quanto era stato prospettato dalla Giunta come articolazione generale dello Stato.
Già negli anni dal 1975 all'80 andavamo dicendo che il Piemonte non vuole ghettizzarsi in una sorta di intervento che lo isoli dal resto del Paese.
L'errore compiuto sin dall'inizio fu proprio di credere ad un isolamento del Piemonte dal contesto generale del Paese, e ad una sua soluzione attraverso l'opera di alcune importanti personalità.
Noi di fronte al quadro generale rileviamo che tutto questo si è spezzato. Nella dichiarazione del Presidente della Giunta è detto che il Piemonte darà il suo contributo ulteriore per l'unità nazionale, per il contesto generale del Paese.
A noi interessa un Piemonte inserito in un'articolazione generale che vuole un'Europa volta nell'insieme ad essere una centralità geografica ma anche momento propositivo verso il Mediterraneo.
Quindi non isolamento del Piemonte come area forte dell'Europa, non un interesse per il Piemonte perché diventi più forte rispetto alle altre Regioni, ma un'azione nel contesto generale che veda i problemi nella loro generalità. Non si possono negare alcuni risultati. Volete negare che è stato risolto il problema della Teksid-Finsider? Volete negare che è stato risolto il problema dell'automobile che sembrava in crisi profonda un anno e mezzo fa, e che oggi è in ripresa? Si può negare che siano stati in parte coautori con il Governo della riduzione del fatto inflattivo per cui oggi stiamo scendendo al di sotto del 16% e andiamo verso quello che Mitterand diceva, "sotto i due numeri?".
Sono fatti importanti. Mi ritengo soddisfatto delle dichiarazioni della Giunta regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Il dibattito sullo stato del confronto Governo-Regione offre due occasioni da non perdere. Primo. Consente di fare il punto sullo stato di fatto dell'economia piemontese, sulle prospettive di sviluppo, sul ruolo della Regione e, più in generale, degli Enti locali per fronteggiare la crisi. Secondo. Consente di valutare come le iniziative oggetto del confronto si inseriscano in un più generale disegno dell'istituto regionale per condurre il Piemonte fuori dalle attuali difficoltà e verso un futuro di nuova crescita. Sono quindi elementi di cornice al nostro dibattito oltre al carteggio fitto tra Governo e Regione, il Piano di sviluppo per il Piemonte e le prime indicazioni per il suo aggiornamento, il pacchetto degli 84 progetti presentato nel marzo 1981, la struttura del bilancio regionale che, per grandi linee e nelle disponibilità complessive, pu essere di massima già ritenuto noto.
I dati della crisi del Piemonte Ai liberali sembra che non vi sia motivo nei fatti, né utilità, ad alimentare allarmismo sui dati della crisi piemontese. Valutare con serenità i dati della crisi, senza lasciarsi tentare da forzature politiche, porta a giudicare seria la situazione, ma a ritenerla normale alle difficoltà del ciclo congiunturale internazionale, al momento congiunturale che attraversa l'economia nazionale, alle scelte in corso ed agli strumenti utilizzati per conseguire un obiettivo di deflazione con effetti di ripresa meno immediati nel tempo, ma più certi nei risultati finali.
Questa valutazione dei liberali è controcorrente e ci divide dal giudizio di altre forze politiche. A noi sembra, anzi, che il giudizio sulla crisi meriti una riflessione politica.
Il P.C.I. ha una evidente utilità a dare, della crisi, una valutazione a tinte forti. Questa consente di tenere sotto tensione i rapporti sociali a garantire iniziative e presenze tradizionali all'azione del P.C.I.
stesso, tanto più importanti in un momento in cui è obiettivamente in difficoltà la linea di ricercare più vasti consensi, che il P.C.I. aveva seguito dopo i successi elettorali della metà degli anni '70.
Meno comprensibile ci risulta perché la Giunta si allinei a questa posizione, rinunciando ad un'analisi della situazione piemontese più complessa. I vantaggi che derivano dal poter coprire difficoltà e ritardi operativi con la pressione dell'emergenza sembra ai liberali portare il Piemonte su una strada sbagliata. Sottovalutare le capacità di difesa autonoma e di fisiologica ripresa che il sistema piemontese sta dimostrando di possedere, porta ad irrigidire l'azione regionale nella difesa dello stato di fatto, nel rifiuto di accettare più incisive libertà sul mercato del lavoro, nell'abituare le imprese ad un sistema vigilato e protetto.
Ma questa posizione liberale, proprio perché controcorrente, richiede la giustificazione di un'analisi approfondita e il supporto di dati statistici.
Nel Piemonte si cumulano più difficoltà: la difficoltà diffusa della totalità dei settori produttivi, schiacciati tra una domanda non sostenuta ed un costo del credito soffocante; la crisi dell'auto e del suo indotto dovuta a fatti generali ed a problemi aziendali; la recessione di particolare aree (Cusio-Ossola e Valle Scrivia), ove la marginalità della collocazione geografica opera, in assenza di un sistema complesso di interventi infrastrutturali e di collegamento, come acceleratore delle difficoltà aziendali.
Ma i dati, se analizzati nel loro complesso e non con limitata attenzione ai punti di crisi, indicano andamenti meno preoccupanti di quanto si vuol far credere e prospettive, per alcuni aspetti, di positiva trasformazione e di attivo riequilibrio del sistema produttivo piemontese.
Vi sono certo i dati sui lavoratori in mobilità e sui lavoratori in cassa integrazione a zero ore, che segnano drammaticamente i settori ed i punti di crisi; ma vi è anche la constatazione che il totale degli occupati, da ottobre 1980 a ottobre 1981, è passato, nella provincia di Torino più colpita dalla crisi, da 982.000 a 976.000 unità (mentre la popolazione scendeva di 13.000 unità) e che lo stesso dato, se riferito al periodo gennaio-ottobre 1981, segna addirittura un incremento di 21.000 unità. Gli addetti all'industria di trasformazione restano, da gennaio 1981 ad ottobre 1981, sostanzialmente stazionari (da 410.000 a 406.000 unità) mentre largamente positivi sono i saldi per l'industria delle costruzioni e per il terziario. Nel complesso della regione le cifre degli andamenti occupazionali sono ancora meno marcati nel senso della crisi.
La congiuntura negativa tocca duro i giovani, i cui tempi di avvio al lavoro sono raddoppiati. I dati complessivi meritano però una valutazione da riassorbire e, nella peggiore delle ipotesi, dell'ordine di 30-40.000 unità (10.000 disoccupati oltre al valore fisiologico, 7.000 persone in mobilità, circa 20.000 persone in cassa integrazione speciale senza serie prospettive di rientro) su un complesso di occupati di oltre 900.000 unità.
Si è sotto il 5%, in più in una situazione caratterizzata da un avvertibile calo demografico dovuto all'invecchiamento della popolazione. Una ripresa economica anche modesta porterebbe a stabilizzare in breve la situazione e nel medio periodo, può addirittura riproporre il nodo di una carenza di manodopera.
Questi dati, insieme ad alcuni indicatori, quali il maggior peso degli occupati nelle piccole aziende (dal 16% del 1971 al 24% del 1977), alla dinamica delle aziende artigiane (cresciute, come numero, di oltre il 10 nel 1981) testimoniano che è in atto una trasformazione profonda ed impietosa del sistema industriale piemontese.
Vi è, in altre parole, in noi una convinzione radicata. Che il sistema piemontese, non appena si allenterà il ciclo negativo internazionale e non appena, nel quadro di questa ripresa generale, l'Italia avrà risolto alcuni fattori specifici di distorsione degli andamenti economici, il sistema piemontese, dicevo, manifesterà, su linee parzialmente rinnovate e riequilibrate, una forte capacità di ripresa.
Il segnale sarà dato dall'abbassamento di tassi di interesse, legato proprio ai cicli internazionali ed al successo delle politiche per contenere l'inflazione. Di entrambe queste condizioni iniziano a manifestarsi i primi segnali positivi.
Aspettare la metà del 1983 con un rimpianto, una preoccupazione e un impegno La cosa più importante da fare è, se è consentita un'espressione dura aspettare la metà del 1983. Aspettare la metà del 1983 con un rimpianto una preoccupazione, un impegno.
Il rimpianto che, ancora una volta, si è dimostrato come nell'attuale condizione di funzionamento dello Stato nelle sue articolazioni, non vi sia strumento diverso dalle politiche monetaristiche per combattere l'inflazione e come non sia possibile utilizzare il bilancio pubblico in funzione anticiclica. Certo le politiche monetaristiche sono selettive a rovescio: nell'obiettivo di raffreddare l'economia, congelano brutalmente le attività produttive, mentre incontrano ben maggiori difficoltà nel contenere i deficits, pubblici ed il dilatarsi della spesa corrente e degli impegni assistenziali. Ma chi oggi critica la struttura creditizia (ed i vantaggi che cominciano a manifestarsi) dovrebbe applicare altrettanta convinzione nel proporre, specie ove ha il potere, una diversa efficienza della spesa pubblica e un suo finalizzato contenimento.
Il problema del credito, non considerando i settori agevolati, si pone entro questa cornice e sono certi i pericoli che si farebbe correre al prioritario obiettivo di contenimento dell'inflazione da un troppo repentino cambio di indirizzo. Ma qualcosa è forse possibile fare da subito, non tanto incrementando i volumi di credito, quanto rivedendone le condizioni che oggi pongono, sia pure in un sistema confuso, dovuto al dilatarsi degli impieghi vincolati, il sistema bancario in una condizione di obiettivo privilegio.
La preoccupazione, il sistema di ammortizzatori sociali definiti, pur con eccessi ed errori, dal confronto tra le parti sta funzionando e consente di assorbire l'impatto concentrato di più motivi di crisi, generali, locali e di settore. La preoccupazione è che, ove si debba prolungare nel tempo, il sistema di ammortizzatori sociali stesso logori le capacità di ripresa del sistema produttivo, alimentando una spinta all'inflazione che, sugli altri versanti, potrebbe invece essere domata. Per questo l'attenzione dei liberali è per una tempestiva azione di modifica delle norme, che operi su tre versanti: sul collocamento, per istituire più libertà alle aziende ed ai lavoratori sulla mobilità, per rendere praticabile la flessibilità occupazionale necessaria ad un sistema industriale articolato ancora sulla mobilità, per rendere più incisivo l'obbligo di passaggio da posto di lavoro a posto di lavoro.
L'impegno è a non aspettare inerti la metà del 1983. Ma operare, perch il Piemonte arrivi "ben allenato" alla ripresa e ne possa cogliere tutte le opportunità.
Il confronto tra Governo e Regione Su questo obiettivo misuriamo il confronto tra Governo e Regione e su questo obiettivo il Gruppo liberale esprime riserve. I documenti che le parti si sono scambiati sono molti, le interviste ancora di più, ma i risultati, invece, sembrano modesti. L'iniziativa è schiacciata tra una Regione che non ha programmi pronti a partire ed uno Stato che non ha fondi straordinari da destinare al Piemonte.
Viene la tentazione di semplificare il problema. Stato e Regione si incontrino di meno, ma facciano ognuno la propria parte. Lo Stato assicuri i finanziamenti alle leggi e la Regione decida, operativamente, quanto di propria competenza.
Il 16 novembre 1981, il Gruppo liberale consegnò un documento (distribuito anche ai Capigruppo) che chiedeva, in modo puntuale, allo Stato ed alla Regione di operare alcuni atti concreti.
Per capire di più cosa è successo in questi mesi abbiamo, per le principali iniziative oggetto del confronto tra Governo di Roma e di Torino, provato a stendere uno scadenziario degli impegni.
E nulla, o troppo poco, si è mosso da una data lontana ormai di quattro mesi. Stato e Regione sono, ognuno per la propria parte, inadempienti.
Voglio ripercorrere, con qualche noiosa pedanteria e nello stesso ordine del documento La Malfa, il complesso dei problemi oggetto della lettera trasmessa dal Ministro La Malfa e della risposta della Giunta portata a nostra conoscenza.
L'auto e l'indotto Per il settore auto la posizione liberale è chiara. Siamo convinti che il settore, recuperata produttività e con inevitabili ridimensionamenti occupazionali, possa avere prospettive di consolidamento; il vero nodo è l'attribuzione, all'azienda, di finanziamenti per la ricerca e l'innovazione che la allineino con i concorrenti europei.
L'impegno è al rispetto della scadenza del 12 aprile per la delibera CIPI, che deve individuare settori e modalità di accesso ai fondi. Il sostegno alla ricerca ed all'innovazione deve interessare l'indotto; il ruolo della Regione può essere, come previsto dalla legge, centrale, a condizioni che non si avventuri in iniziative di diretta promozione ed indirizzo, ma stimoli, attraverso le dichiarate disponibilità delle associazioni imprenditoriali, uno sforzo del sistema produttivo di impegnarsi sulle linee di rinnovamento.
L'energia Per il settore energetico, ancora una volta siamo meno ottimisti del vicepresidente Sanlorenzo. Il documento allegato alla lettera La Malfa esprime con chiarezza qual è la situazione. La riattivazione delle centraline idroelettriche segna il passo in attesa di finanziamenti; gli impegni Enel per la realizzazioni delle centrali idroelettriche sono rinviati per le difficoltà finanziarie dell'azienda, la centrale nucleare attende lo svolgimento di una difficile procedura, cui non sembrano giovare le non celate preferenze dell'Enel per una specifica localizzazione.
La grande viabilità Nel settore della grande viabilità, i ritardi nell'approvazione del disegno di legge che sblocchi la materia lasciano perplessi. Si ha l'impressione che non tutti, in tutte le sedi, giochino la stessa partita.
I liberali, sulla materia, hanno presentato un apposito ordine del giorno.
Nell'attesa i liberali chiedono che la Regione anticipi ogni atto ed ogni scelta, per poter, appena sbloccato il nodo legislativo, dare il via a lavori importanti non tanto a fini congiunturali, quanto perch indispensabili a legare il Piemonte all'economia dello sviluppo, ai valori dell'Europa delle libertà.
L'edilizia abitativa Per l'edilizia abitativa e le opere pubbliche, lo sblocco del decreto Nicolazzi apre prospettive di nuovi finanziamenti pubblici. A questi dovranno essere associate risorse private. I liberali attendono ancora che si discuta un proprio ordine del giorno per la modifica della convenzione regionale sull'edilizia convenzionata, prevista dalla legge 10/1977 malgrado questa modifica fosse al numero 37 tra gli 84 "progetti" e che nel documento stesso, pieno di incaute affermazioni, si impegnasse all'esame del provvedimento entro il maggio 1981 (punto 3, pag. 34 del documento). Ma nuovi strumenti finanziari sono possibili. La proposta liberale del giugno 1981 di società finanziaria per alloggi in locazione è praticabile, come dimostra l'esperienza Modena-Eurogest. I liberali chiedono, trascorsi i termini di regolamento, che la proposta sia portata in discussione. Ma la spesa dei finanziamenti pubblici e privati disponibili potrà avere efficienza nel conseguire nuovi assetti territoriali solo se si sarà stati capaci di proporre, specie per l'area torinese, una diversa politica di intervento, che saldi investimenti nei trasporti, insediamenti residenziali, sviluppi terziari e produttivi.
E ad oggi mancano i presupposti di questo mutamento di rotta. Restano indicazioni per la formazione professionale, per la mobilità e per il collocamento, su cui sono note le posizioni liberali e, di fatto coincidenti con le indicazioni del Ministro La Malfa.
Restano le indicazioni del Governo per un più stretto rapporto con gli strumenti delle Comunità Europee, che però richiedono, come dallo stesso Governo indicati, un impegno ed una capacità di progettazione integrate che stenta a maturare in questa Regione.
Gli "84 progetti": Bilancio di un anno Rimane infine un giudizio sul documento degli "84 progetti", come occasione, ad un anno di distanza, per dare una valutazione complessiva sulla capacità della Giunta di trasferire le proposte progettuali in atti operativi. E su questo indirizzo avevamo espresso una valutazione aperta e di interesse. Vi è ora un nostro giudizio non positivo sui risultati raggiunti e vi è, più grave, un malessere sui modi seguiti per dare corso all'iniziativa.
Per il merito il giudizio liberale concorda con quanto espresso dal Ministro La Malfa, che di fatto rimanda alla Regione, fatta eccezione per gli interventi che già risultavano avviati, la quasi totalità dei progetti per ulteriori approfondimenti.
Per il modo di presentare l'iniziativa, voglio ricordare l'ultima pagina del documento sugli "84 progetti" presentato nel marzo 1981. In una elegante colonnina si faceva una somma e, grosso modo, si valutava che fossero 4000 i miliardi attivabili con gli "84 progetti". Questi progetti erano definiti, nel titolo del documento "Provvedimenti di politica economica di pronto avvio". Si trattava, per la Giunta, di 4000 miliardi di investimenti, presentati a pag. 70 di un documento che specificava, in copertina, che si trattava di provvedimenti di pronto avvio. Voglio ora confrontare questa pagina e questo titolo con la relazione tenuta giovedì scorso da uno degli Assessori in quest'aula, che, con un documento scritto (che noi giudichiamo ancora ottimista) stima in poche centinaia di miliardi gli investimenti che potranno essere avviati non nell'81, ma nell'82.
Il nostro malessere deriva da questi fatti. Sulla pelle della crisi del Piemonte, soprattutto da parte di chi tende a dare, certamente in buona fede, della crisi stessa un'interpretazione più grave e più drammatica di quanto noi stessi diamo, non si può giocare dicendo che vi sono 4000 miliardi di interventi di pronto avvio, per scoprire, un anno dopo, che se va bene, si spenderanno poche centinaia di miliardi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione articolata della Giunta mi pare abbia ampiamente illustrato lo stato dei rapporti intercorsi tra la Regione ed il Governo. Le informazioni che ci sono state fornite, ci permettono inoltre di cominciare a fare un bilancio dei risultati conseguiti con queste iniziative.
La prima constatazione è che ci troviamo di fronte a luci e ad ombre, a un primo consuntivo che deve essere valutato con grande attenzione, senza prevenzione e sforzandoci di rimanere ancorati ai fatti.
E' un fatto di notevole rilievo l'aver costruito questo tipo di rapporto tra una Regione e il Governo centrale. E' un fatto nuovo nella storia del nostro Paese, messo in evidenza molto opportunamente dal Presidente Enrietti nel saluto dato a Spadolini in occasione della sua visita a Torino. E alla domanda se questo tipo di rapporto, che noi giudichiamo positivo, va anche a merito del Presidente del Consiglio e del Governo noi rispondiamo certamente di sì. Non abbiamo imbarazzo a riconoscere che l'avvio di un confronto tra Regione e Governo è stato un fatto positivo. Si può apprezzare inoltre la metodologia con cui si è iniziato questo confronto anche se non sempre si è stati in seguito coerenti.
Ma, fatto questo riconoscimento all'esecutivo, nessuno può mettere in dubbio che se si è potuti arrivare a questa serie di incontri e di iniziative così originali, un qualche merito e non di poco conto, va pure ascritto alla Regione Piemonte e alla Giunta regionale in particolare, che ha saputo portare avanti elaborazioni e intuizioni che fanno di questa esperienza un qualcosa di originale. Si sono accumulate esperienze che potrebbero costituire indicazioni preziose per impostare un rapporto nuovo più concreto e attento ai bisogni reali della gente, tra Stato e il sistema delle autonomie, anche al di fuori dell'esperienza che ha caratterizzato questa prima esperienza piemontese.
Forse questo è stato possibile in Piemonte, e non a caso, perché qui la crisi è particolarmente grave, perché su questi problemi qui in Piemonte c'é stata e c'è una forte mobilitazione di lavoratori e dell'opinione pubblica, perché ci sono state lotte regionali articolate per zone; infine perché esiste qui in Piemonte questa maggioranza democratica e di sinistra che pure è originale, e ha voluto porsi in modo dialettico nei confronti del Governo senza pregiudiziali e senza appiattimenti. Una Giunta regionale e una maggioranza che hanno dimostrato di voler assolvere in tal modo ai loro compiti.
I giudizi positivi espressi non ci impediscono di vedere i limiti del rapporto che si è andato costruendo con il Governo. Si è stati costretti a percorrere questa via perché manca qualsiasi riferimento ad una politica di programmazione a livello nazionale, dove si va avanti nell'incertezza quotidiana. Assistiamo ad una politica del giorno per giorno, senza una direzione chiara di dove si vuole portare il nostro Paese.
Noi pensiamo che l'iniziativa regionale, quindi è servita anche a surrogare la mancanza di chiarezza e di obiettivi a livello nazionale.
Nel documento presentato al Governo in settembre da parte della Regione, si sottolineava come la Regione Piemonte sia "portatrice di una programmazione capillare a livello comprensoriale e quindi un momento di sintesi dei programmi sul proprio territorio". Allo Stato e al Governo si chiedeva e si chiede "di concertare alcune linee sicuramente percorribili ed impostare iniziative tempestivamente realizzabili".
Non si sono cercati, in altre parole, rapporti privilegiati con i Ministri piemontesi, né si sono cercati, come è già stato ricordato da Viglione nel suo intervento, dei proconsoli. Si sono posti dei problemi seri, gravi al governo nazionale nel suo complesso, a Roma, nella sede più appropriata, proseguendo gli incontri a livello articolato nella nostra Regione.
Questa metodologia che noi riteniamo corretta e su cui si sono ritrovate le forze presenti nella Regione, si inserisce in una realtà dominata ancora da una crisi di particolare gravità. La chiusura del Lingotto mi pare sia il simbolo di come permanga e si aggravi per alcuni aspetti la crisi della nostra Regione. I problemi della situazione economica e sociale da una parte reclamano, a nostro avviso, la necessità della mobilitazione e della lotta, senza la quale noi pensiamo che si smuoveranno le resistenze e le inerzie che impediscono spesso di affrontare a fondo i nostri problemi (per questo abbiamo indetto come partito la manifestazione regionale di dopodomani, cioè per dare un contributo a smuovere questi problemi); e dall'altra questi problemi ci hanno spinti e ci spingono a definire e precisare scelte e priorità, a misurarci cioè sulle cose concrete.
Siamo pienamente coscienti che la crisi deve essere affrontata in modo adeguato alla sua ampiezza ed alla sua gravità. Del resto il carteggio con il Governo dice come siano ben chiari i termini della crisi e le sue dimensioni. La lettera di La Malfa per la parte descrittiva, può essere per gran parte sottoscritta anche dal nostro Gruppo.
I problemi che vi sono elencati sono gli stessi che indichiamo da tempo: c'è l'ammissione chiara che se le cose si lasciano andare avanti senza alcun intervento lo sbocco inevitabile sarà una grave contrazione dell'occupazione; questo mi pare contrasti in modo eclatante con le affermazioni fatte qui dal rappresentante del partito liberale. I liberali dicono: "la crisi si può valutare come una crisi quasi normale nel contesto più generale della crisi europea". Noi pensiamo invece che gli ultimi dati che ci sono stati forniti dalla Giunta, indichino come la crisi stessa si stia aggravando. Ci auguriamo che si vada al superamento della crisi, ma non ne siamo convinti. D'altronde non è la prima volta che sentiamo parlare di un'uscita dal tunnel della crisi. Sono molti anni che sentiamo queste affermazioni, ma constatiamo purtroppo che la crisi si aggrava ogni giorno di più.
Mi pare però che si debba respingere l'affermazione che la nostra posizione sia strumentale ai fini di qualche politica recondita del Partito comunista. Si fonda su dei dati di fatto. Noi diamo un'interpretazione di questi dati statistici e sulle nostre posizioni vedo che concordano ben più studiosi e forze economiche e sociali rispetto a pochi mesi fa.
E' un dato significativo che lo stesso La Malfa indichi come siano necessari interventi alternativi e sostitutivi.
La Malfa ritiene che innanzitutto è nell' industria che si deve operare e non solo nel terziario. Questo ci sta bene. Occorre però a nostro avviso che ci si muova con una coerenza e una celerità che non riscontriamo sempre negli atti del Governo.
Del resto l'Assessore Simonelli coglieva questi limiti dell'azione complessiva del Governo quando riconosceva che non ci si trova di fronte all'incapacità di singoli Ministri, ma a un rifiuto complessivo dell'intero Governo di percorrere con coerenza certe strade. Con i singoli Ministri si arriva facilmente ad una convergenza,ci diceva, sui problemi e si riconosce da parte loro il ruolo positivo che possono svolgere le Regioni. Ma concludeva: "E' il governo nel suo complesso, con i suoi atti concreti che evade e sfugge da questa problematica, oppure agisce in modo diametralmente opposto, mortificando il ruolo delle Regioni in materia di programmazione evadendo norme che riconoscono questa loro funzione".
C'è da aggiungere che non sempre tutti i ministri, anche presi singolarmente, sono coerenti su quest'impostazione di fondo: basta ricordare le disposizioni date dal Ministro del tesoro alla Cassa Depositi e Prestiti, con una semplice circolare con cui si decideva di attribuire i mutui non sulla base di criteri prestabiliti di programmazione oppure in funzione di obiettivi prioritari, ma sulla base della popolazione (50.000 lire pro capite) portando così avanti una politica che non può fare altro che allargare l'area dei residui passivi e contribuire agli sprechi che sappiamo deleteri.
Ritornando a La Malfa, concordiamo sugli interventi che indicano come proprietà su cui intervenire. Vogliamo però anche noi entrare un po' più nel merito delle sue affermazioni. Per quanto riguarda l'energia, per esempio. Al di là delle buone intenzioni dimostrate dal Ministro, mi pare che il dibattito in Consiglio regionale abbia messo in evidenza la superficialità con cui si è affrontato finora questo problema. I ritardi ingiustificati nel campo delle centrali elettronucleari, la mancanza di iniziative nel campo delle risorse rinnovabili (qui siamo d'accordo con le affermazioni fatte dal collega Bastianini), la confusione e la stasi per quanto concerne la costruzione di nuove centrali idroelettriche, anche laddove le popolazioni non frappongono opposizione come per la centrale di Piedilago; oppure dove si riconosce l'esigenza anche di rilancio immediato delle aziende pubbliche, come per la costruzione della centrale Sisma.
Tutto per ora praticamente è bloccato. E non può convincerci l'affermazione di La Malfa circa la possibilità di dare avvio ai lavori della centrale nucleare entro breve tempo. Questa affermazione si riduce a poco più che a un auspicio, proprio perché i problemi sono ancora tutti aperti: e siamo ancora fermi alle analisi limitate del 1979 come ampiamente ha dimostrato il dibattito sull'energia tenuto in questa sede pochi giorni fa.
D'altronde lo stesso avvio dei programmi concernenti l'energia nucleare pone nuovi problemi che a mio avviso dovrebbero far parte della "vertenza" apertasi con il Governo e come sono emersi nel precedente dibattito in Consiglio regionale.
E' fuori dubbio che se si vogliono portare avanti con serietà i programmi relativi alle centrali nucleari, occorrono strumenti adatti per seguire i problemi per gran parte nuovi che gli insediamenti nucleari pongono.
Se è vero che vi è un interesse specifico della Regione Piemonte, è altrettanto vero che I a ricostruzione delle centrali nucleari soddisfa interessi più generali del paese e quindi la Regione, ma soprattutto lo Stato e per esso il Governo, devono farsi carico di una struttura adeguata che permetta di arrivare alle decisioni ed eventualmente alle realizzazioni nelle condizioni di preparazione e precauzione necessarie e sufficienti a garantire la sicurezza delle popolazioni. Gli oneri che questa nuova struttura comporta, non possono essere certamente a totale carico della Regione soprattutto in periodi di tagli della finanza locale e certamente è inaccettabile che quando si propongono programmi di investimenti di 3000 miliardi per la costruzione di queste centrali non si prevedano anche risorse adeguate per l'avvio di quelle strutture che permettano anche un rapporto nuovo e diverso fra le istituzioni, gli Enti pubblici, e le nostre popolazioni.
Ritornando più complessivamente al settore industriale, noi vediamo che nei vari campi con cui si è intervenuti la Regione è riuscita a dare un proprio contributo anche originale all'avvio a soluzione di certi problemi.
Elenco solo i titoli; d'altronde le memorie che sono state presentate mi sembrano già da sole ampie ed esaurienti. Basti ricordare il contributo dato per l'avvio e l'approvazione di leggi e provvedimenti di rilevanza nazionale come il "piano auto", la legge sulle innovazioni tecnologiche.
Altri interventi sono stati sollecitati dalla Regione, come il Consorzio che vede assieme Indesit-Emerson-Voxon e che dà un avvio a una politica per l'elettronica. Lo stesso dicasi per le iniziative nel campo della chimica.
Ci sono incontri previsti con il Ministro Demichelis. Sanlorenzo ci ricordava come non si è stati fermi in attesa della definizione dei rapporti con il governo, che diventano sempre più difficili, come ci dicevano le ultime notizie che abbiamo letto sui giornali di stamane. Ci si è mossi con rapporti con le banche. Un accordo di particolare rilievo è quello che ha visto assieme la Regione e l'Olivetti.
E quanto è stato fatto mi pare si presenti, oggettivamente, come una critica nei confronti del Governo per quanto poteva essere fatto e non è stato fatto prima.
Certo, ci sono molte altre cose che non vanno. Si pensi al funzionamento del Comitato per la componentistica: alle aziende del gruppo Eni; alla politica del credito nella nostra Regione e ai problemi più generali del costo del denaro. Assistiamo a ritardi per quanto riguarda le infrastrutture. Fa certamente bene il collega Bastianini a indignarsi. Ma è anche necessario domandarsi per quale motivo ci sono questi ritardi per quanto riguarda la grande viabilità. Certamente non possono essere addebitati alla Regione i ritardi in questo settore. Molto spesso la Regione precorre i tempi, predisponendo addirittura i progetti esecutivi come ha fatto per l'asse che dovrebbe collegare Genova al Sempione. Le vicende a livello della Commissione dei lavori pubblici alla Camera dicono come in fin dei conti le responsabilità si possono individuare in modo molto preciso all'interno degli stessi partiti della maggioranza, e non nella Regione Piemonte.
Ritardi rileviamo in altri campi fondamentali, come l'agricoltura.
Abbiamo visto che per i progetti che riguardano l'irrigazione praticamente non si è mosso nulla e non si vede la volontà di fare qualcosa. Si è detto che non esistono programmi precisi e concreti da parte della Regione. Non è del tutto vero. Ci sono dei programmi ben definiti, ci sono dei progetti già perfezionati. Basti pensare a quanto è stato fatto da parte della nostra Regione nel campo dell'edilizia residenziale e scolastica. Tutti riconoscono la tempestività con cui si è operato in questo settore. Lo riconoscono le forze politiche presenti in Consiglio, lo hanno riconosciuto le cooperative, gli imprenditori; ne dà atto pubblicamente lo stesso ministro dei lavori pubblici. Eppure non si è avuta una risposta precisa alla richiesta di sostenere i programmi già predisposti e già avviati. Per l'edilizia scolastica non sono stati riconosciuti i finanziamenti tendenti a coprire i maggiori oneri derivanti dall'imprevedibile impennata dei costi, per cui alcune scuole rimangono incomplete.
Si può quindi affermare che in Piemonte c'è stata programmazione e tempestività d'iniziativa. Nessuna risposta e nessun sostegno coerente sono venuti da parte della politica governativa. Per quanto riguarda l'edilizia residenziale pubblica rimangono ancora senza risposta i problemi riguardanti il sostegno finanziario a tutti gli interventi di edilizia residenziale ultimati nel primo biennio e quelli in corso nel secondo biennio e per le anticipazioni del terzo biennio. Questo nonostante l'aumento dei tassi di riferimento dal 13% ad oltre il 20% il che ha comportato degli oneri consistenti ed inevitabili, per cui si richiedono circa 30 miliardi aggiuntivi per completare i programmi già operanti.
Si è proclamato, soprattutto in queste ultime settimane, la necessità di dare l'avvio alla costruzione di nuove case. Le case sono già state avviate a rimangono bloccate per mancanza di interventi coerenti da parte del Governo. Non può certo convincere la motivazione avanzata da qualcuno che molte Regioni non funzionano, per cui si possono delegare ancora alle Regioni questi compiti.
In fin dei conti, quando si è voluto, proprio in questi giorni, si è trovata l'audacia per introdurre norme radicali e addirittura stravolgenti come alcune disposizioni in materia urbanistica dei decreti Nicolazzi.
Semmai coerenza voleva che si introducesse anche un potere sostitutivo alle Regioni inadempienti e non che si punissero quelle Regioni che sono state rigorose e tempestive.
In questo contesto si colloca una lettera del Ministro Aniasi che ha il sapore di una dichiarazione d'impotenza di fronte ai problemi che travagliano da anni il Verbano-Cusio-Ossola.
Meriterebbe un'analisi molto particolare, rilevatrice com'è della situazione generale in cui hanno operato e operano i Ministri. Da quanto ho cercato di dire in precedenza mi pare che emerga con forza, e noi lo ribadiamo ancora una volta, che al Governo non abbiamo chiesto e non chiediamo interventi di tipo assistenziale, generalmente improduttivi e non in grado di incidere sulla crisi.
Noi sottolineiamo che non ci vogliamo chiudere nella semplice difesa dell'esistente. Quello che si chiede è una politica economica capace di riconvertire e riqualificare l'assetto industriale del Piemonte convinti che senza questa svolta, senza l'apporto del Piemonte, nessun tipo di sviluppo sarebbe possibile e solido anche per l'intero Paese.
In questo contesto è fuori dubbio che oggettivamente la politica recessiva del Governo, con la restrizione del credito, anzitutto costituisce uno degli ostacoli per trarre il Piemonte dalla crisi.
La restrizione solo in parte attenuatasi, ora blocca le iniziative come è già stato riconosciuto dagli interventi che mi hanno preceduto ostacola nuovi investimenti ed impedisce la riqualificazione e le trasformazioni, proprio quello di cui la nostra Regione ha bisogno per operare la riconversione indispensabile ad avviare una nuova politica di sviluppo.
Anzi, con questa politica si rischia addirittura di strozzare larga parte del tessuto industriale piemontese, soprattutto le piccole e medie imprese e l'artigianato.
Il rischio è di trovarci con un sistema industriale tanto debilitato da non riuscire ad inserirsi nemmeno in un'eventuale ripresa economica più generale. E' da questo retroterra che a nostro avviso derivano i condizionamenti che hanno impedito sino ad ora che il confronto con il Governo fosse fecondo fino in fondo, come richiederebbe la situazione.
Si va ben al di là della volontà dei singoli Ministri, ed è viva l'impressione che quando si passa da indicazioni di carattere generale alla concretezza e alle realizzazioni, il Governo spesso diventa evanescente.
Non ci sono abilità dialettiche a mio avviso, che possono nascondere questo dato, che la Regione, ma più in generale la comunità piemontese al confronto con il potere centrale, ha dato prova di una capacità di Governo non nominale ma nei fatti. In sostanza, mi pare si possa dire che non si è fatto il solito lamento, che poi più che un lamento è spesso una protesta più che giustificata verso i poteri centrali. Si è posto il problema di come accanto alle risorse limitate della Regione, si possano mettere in movimento altri flussi finanziari orientati su obiettivi e per la realizzazione di progetti concertati. Quelle indicazioni vengono dai dibattiti già svoltisi nei mesi precedenti, che hanno coinvolto direttamente il Consiglio regionale. Si parte da un punto fondamentale.
Si riconferma la vasta portata della crisi in Piemonte. La crisi permane e non si intravvedono finora sbocchi positivi a breve tempo. Da qui esce ancora più forte l'esigenza di una risposta globale, complessiva da parte dello Stato, della Regione, delle aziende, individuata già chiaramente nei dibattiti precedenti e in particolare in quello del luglio scorso.
La Regione ha mezzi limitati e lo saranno ancora di più, stante le limitazioni finanziarie imposte dal Governo; ma quando era in suo potere di fare mi pare sia stato per gran parte fatto.
Basti pensare agli interventi nelle aree industriali attrezzate (anche se sono strumenti da rivedere). Forse un ruolo più dinamico ed incisivo lo potevano svolgere gli enti strumentali della Regione (Finpiemonte in testa) soprattutto in un momento di crisi come l'attuale. Viene definito ora il nuovo piano di sviluppo e le caratteristiche che dovrebbe assumere e ha assunto. Non è la redazione di un libro dei sogni, ma un insieme di grandi progetti qualificanti in grado di mobilitare risorse ed energie, per rilanciare, e questo ci sembra fondamentale, la programmazione e rifiutare il lasciar fare, il galleggiare sulla crisi perché si ritiene che ci sia un ruolo specifico che le istituzioni possono svolgere attraverso la programmazione degli interventi. Le anticipazioni del Piano di sviluppo ci dicono che si può marciare con decisione su questa strada. E' fuori dubbio che un grande ruolo nell'ultimo anno e mezzo e in particolare negli ultimi mesi, è stato svolto dalla Regione Piemonte, seguendo direttamente le aziende in crisi (oltre 200 sono quelle seguite con particolare attenzione).
Il divario è notevole tra i compiti grandi che si devono assolvere ed i poteri piccoli e limitati di cui si dispone. Ma si è andati oltre questi limiti, portando avanti un'azione vasta di coordinamento, di pressione e di intervento che ha contribuito, e non mi pare sia cosa da poco, a far sentire vive e vicine ai bisogni della gente le istituzioni democratiche. E quando si parla tanto di paese alla deriva, vicino allo sfascio, noi ricordiamo che c'è anche un vivo interesse della gente, dei lavoratori come si è dimostrato nell'ultimo ciclo di assemblee concordato tra la Regione e le organizzazioni sindacali. Del resto la stessa manifestazione dell'altro ieri a Roma, che ha visto oltre 150 mila pensionati indica come la gente non chiede la luna, ma si mobilita e lotta per avere risposte precise a problemi che oramai sono ben definiti, analizzati e studiati.
Sa la gente che ci sono programmi e progetti con cui intervenire elaborazioni che hanno dimostrato di mantenere la loro validità ed organicità senza pretendere di esaurire tutta la problematica. Proposte del resto che tutti hanno riconosciuto serie, rigorose e fattibili. Al di là delle varie distinzioni, mi pare difficile poter negare che l'esperienza di questi mesi non abbia costituito un qualcosa di interessante e non solo per la Regione Piemonte, ma anche per le altre Regioni e perfino per il Governo.
Questa esperienza ci deve spingere ad ulteriori approfondimenti.
Innanzitutto emergono due cose: viene confermato che la linea scelta per combattere la crisi, non da posizioni semplicemente difensive ma avendo come obiettivo un nuovo sviluppo, si sia rivelata giusta, corretta e praticabile; è emersa l'esigenza che è necessario estendere questo tipo di rapporto instaurato in Piemonte con il Governo ad altre Regioni, sia per mettere assieme le capacità propositive che derivano da tutto il sistema delle nostre autonomie, sia per sviluppare in modo corretto i rapporti tra Governo centrale ed autonomie non sulla base di maggioranze omogenee, ma su una dialettica viva tra le varie istanze che compongono il nostro Stato ordinamento; sia infine perché, assieme, le Regioni possono farsi portatrici di una nuova linea di sviluppo.
Questo mi pare sia anche un modo concreto per rispondere alla crisi dell'istituto regionale che tutti riconoscono esistente. E' una risposta data nel modo più proficuo, non solo con analisi o con disquisizioni a tavolino, ma con un'azione quotidiana per contrastare i guasti della crisi inquadrando questa azione in una prospettiva di più ampio respiro e di sviluppo complessivo.
Queste mi pare siano le considerazioni che si possono trarre dalla vicenda dei rapporti Regione-Governo. La crisi che il Piemonte attraversa permane in tutta la sua gravità. La Regione e il Governo nell'affrontare questa crisi, devono svolgere fino in fondo il ruolo che a ciascuno compete. A noi sembra che la Regione abbia svolto il suo in modo adeguato forse dovremmo impegnarci tutti perché il Governo faccia altrettanto, fino in fondo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Ho letto con attenzione l'intervento della Giunta ed ho ascoltato gli interventi che mi hanno preceduto.
E' legittima la posizione espressa dal P.L.I. e la rispetto, anche se su di essa dissento radicalmente. Sarebbe bene dire le cose coma stanno perché alle cifre che ha detto Bastianini bisognerebbe aggiungere i milioni di ore di cassa integrazione a zero ore.
Nel saldo tra occupati e disoccupati bisogna metterci gli eccedenti che già sono sul tappeto a partire dai 7500 che la Commissione sulla mobilità deve ricollocare, e non si capisce dove li collocherà.
Non mi sembra che i 100 milioni di ore di cassa integrazione siano compresi nelle cifre date, comunque non mi tranquillizza una ripresa ipotizzata per la metà del 1983, guidata da una riconquistata libertà di impresa, se la Fiat non afferma con chiarezza che riprenderà quei 7500 e gli altri che sono sul tappeto e dove ricollocherà a quella data i lavoratori del Lingotto, ritengo che la fiducia sulla ripresa debba essere sostanziata da dati e da fatti, oppure rischia di essere una fiducia mal riposta.
La crisi è drammatica e giustamente la Giunta e le forze di sinistra hanno fatto bene a fare una battaglia perché della drammaticità della crisi prendano coscienza tutti, in quanto dalla crisi non si uscirà con l'assetto produttivo del passato.
Nel settore auto tutte le aziende europee si pongono l'obiettivo di aumentare le loro quote di mercato sino al 1985. Questa non sembra l'ottica della Fiat, dalla crisi non si esce ridando mano libera alle imprese, ma si esce con un ruolo forte di programmazione, da parte della Regione in primo luogo e in secondo luogo del Governo.
Fare un bilancio dei rapporti con il Governo non è un'impresa facile.
Innanzi tutto parte da una valutazione negativa sul metodo.
Abbiamo chiesto un rapporto con il Governo il quale ci ha risposto mandandoci dei proconsoli con una logica lottizzatrice ed elettoralistica che niente aveva a che fare con i problemi da affrontare. Non credo si possa parlare di positività del metodo o si possa distinguere tra il metodo ed i contenuti. Questi due aspetti non si possono scindere perché il raggiungimento o meno degli obiettivi e quindi dei contenuti concreti incide sul metodo e sul rapporto.
Il rapporto è partito con la migliore intenzione da parte della Regione e si è venuto configurando sempre più come una sorta di rapporto che ha costretto la Regione ad una subalternità rispetto al Governo.
Ad esempio, sull'energia è mancato un piano organico, una progettualità organica che partisse da un bilancio energetico regionale.
Questa subalternità di fatto è dovuta alle non risposte sui contenuti su una serie di problemi che non è possibile risolvere con la bacchetta magica, sui quali però era necessario avviare alcune operazioni per incominciare ad intravvedere alcune soluzioni.
Dal punto di vista dei contenuti il rapporto tra la Regione ed il Governo ha visto più ombre che luci. L'unico aspetto concreto e visibile è relativo alla questione della centrale nucleare.
Sul problema energetico anche la Regione ha delle responsabilità, nel senso che ci sono alcuni progetti, ma manca un impegno ed una programmazione di intervento adeguata alla centralità del problema energetico. Sembra che stia emergendo una progettualità maggiore dalla periferia, dagli Enti locali. Ieri dalle consultazioni sono venute proposte che sono recepite nel progetto di piano di sviluppo quale quelle sull'uso plurimo delle acque in Val Scrivia.
Il Presidente del Comprensorio di Borgosesia ha posto la necessità di un intervento di assetto idrogeologico legato alla produzione di energia elettrica.
Il settore industriale sarà un settore centrale, per la sua riqualificazione e la sua riconversione nei prossimi mesi e nei prossimi anni, per lo sviluppo della Regione. Condividiamo il giudizio di La Malfa quando esclude che una risoluzione del problema occupazionale in Piemonte possa passare unicamente attraverso il terziario.
Risposte da parte del Governo ne sono venute ben poche. Solo una risposta positiva è venuta, legata alla vicenda Indesit per il riassetto e il rilancio del settore dell'elettronica civile, rispetto alla quale il Piemonte, sia a livello istituzionale e sia a livello sociale, ha giocato un ruolo decisivo. Sul resto c'è del buio. Per i problemi dell'Alto Novarese il Governo ha fatto una Commissione interministeriale. Proposte ne sono venute, ma risposte da parte del Governo nessuna.
La Giunta ha posto al centro del Governo il problema delle politiche settoriali. Anche qui il bilancio non mi sembra positivo visto che l'intesa Teksid/Finsider ha sostanzialmente partorito 2000/2500 eccedenti.
E non ci possiamo accontentare di quanto dice il Ministro De Michelis che per l'Italsider di Novi Ligure non ci sono problemi; che cosa vuol dire? Gli investimenti previsti verranno concretati? La Giunta ha sollecitato l'attuazione del piano auto, i cui obiettivi e i cui vincoli sono completamente vanificati e azzerati dalla legge sull'innovazione tecnologica e della ricerca applicata.
E' una legge necessaria, certamente, però non essendoci nessun collegamento tra l'erogazione dei fondi e gli obiettivi e i vincoli del piano auto, tale piano rischia di diventare solo più un pezzo di carta.
Ora dobbiamo porci l'obiettivo del controllo dell'erogazione dei finanziamenti e tentare di incidere sui criteri di accesso a tali finanziamenti.
Il Governo, non ha ancora costituito la Commissione sulla componentistica prevista dal piano auto e questo è un problema non indifferente visto gli sconvolgimenti che sono in atto in tale comparto e considerando che il 20% del fondo dell'innovazione tecnologica dovrebbe essere destinato alle piccole e medie aziende.
L'operazione che sembra configurarsi è che l'80% sarà destinato alle grandi aziende ed il 20% che sarà destinato alle piccole e medie aziende toccherà a quelle piccole e medie aziende che sono legate alle grandi aziende. Dobbiamo tentare di impedire questa operazione. La questione delle commesse pubbliche della Olivetti è ormai una barzelletta. Da anni si stipulano accordi e da anni gli accordi non vengono rispettati da parte del Governo. E' vero che ci sono dei problemi giuridici da risolvere. Vorrei capire se il Governo intende sciogliere tali problemi giuridici e se intende dare adeguati finanziamenti per i progetti socialmente utili che costituiscono un pezzo di progettualità da parte della Regione Piemonte.
Quanto al credito abbiamo detto che è necessario effettuare un'apertura selezionata. Ancora ieri in sede di consultazione con la Valle Scrivia è stata ribadita l'esigenza del credito alle aziende sane, competitive, ma con problemi finanziari. Vogliamo mettere in crisi anche quelle aziende che possono essere invece uno sbocco alla crisi stessa? Su questo il Governo non può continuare ad essere latitante. La questione della disponibilità di risorse finanziarie è centrale per due motivi: da una sono indispensabili per finanziare gli investimenti e favorire la ripresa, mentre dall'altra il Governo per recuperare tali disponibilità finanziarie sceglie la strada degli aumenti delle tariffe e dei tickets sulla salute.
A mio avviso la Regione Piemonte deve fare un discorso chiaro investendo le responsabilità del Governo in ordine alla situazione degli uffici finanziari di Torino, la non funzionalità pone il problema di ingenti risorse finanziarie non recuperate, che in alternativa diventano tickets sulla salute, aumento delle tariffe e impoverimento di chi già è povero.
La Commissione tributaria di primo grado lavora in locali fatiscenti (muri scrostati, locali insufficienti, organico dimezzato); 25 mila ricorsi sono già decisi e non possono essere notificati per mancanza di personale 90 mila pratiche sono giacenti. Gli accertamenti si sono ridotti all'1% o al 2% delle dichiarazioni presentate.
Una macchina finanziaria funzionante permetterebbe il recupero di ingenti risorse ed assicurare migliaia di posti di lavoro. Con il Governo ci vuole un rapporto diverso che superi la subalternità, un confronto basato su una forte e autonoma capacità progettuale della Regione che si configura nel secondo Piano di sviluppo.
Questa è la strada da perseguire attraverso un rapporto stretto con la popolazione, con i lavoratori. Non sono affatto convinto dei meccanismi spontanei della libertà di impresa.
La Regione faccia il suo dovere progettuale, si scontri se è necessario con il Governo, coinvolga chi deve coinvolgere in questa battaglia per uscire dalla crisi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dalle relazioni della Giunta rileviamo due tagli diversi: in quelle del Presidente, del Vice Presidente e dell'Assessore Cerutti si toccano gli aspetti singoli degli 84 progetti mentre in quelle di Simonelli e di Testa temi più generali sul rapporto della Regione con il Governo e non il tema specifico della "vertenza" aperta, un po' incautamente, con lo stesso. Infatti si è inventata una vertenza con il Governo caricandola di attese miracolistiche.
E' prevalso un rapporto impegnato ad ottenere risposte su una serie di quesiti che solo in parte erano di competenza governativa. Solo in parte quindi si potevano avere queste risposte. Il problema aveva dei limiti oggettivi che sono i limiti della situazione economica del Paese e sono i limiti delle competenze.
La stessa Giunta dice espressamente: "Il Governo non può essere n protagonista, né punto di riferimento per la soluzione dei problemi del Piemonte".
Se sotto il profilo istituzionale ci sono state delle incomprensioni delle critiche sui cosiddetti proconsoli, il timore di una posizione subalterna, forse è perché l'approccio non è stato corretto. La Giunta non doveva impostare l'approccio con il Governo esclusivamente a sostegno degli 84 progetti.
Gli 84 progetti, nati un anno fa, non hanno mai avuto il nostro consenso,li abbiamo sempre considerati un diversivo rispetto all'azione diretta che la Regione doveva predisporre e attuare.
Gli 84 progetti in un primo tempo sono apparsi come interventi immediati, di cosiddetto pronto intervento, in un secondo momento sono diventati un prepiano di sviluppo, infine sono apparsi quasi come elemento di vertenza con il Governo. In realtà il Governo ha risposto sul terreno del quale poteva rispondere, laddove erano operanti le iniziative legislative.
Noi riteniamo che la crisi del Piemonte sia grave, ma riteniamo che l'emergenza non sia vendibile a livello nazionale, in un Paese che ha situazioni altrettanto gravi o più gravi al di fuori del settore industriale. E' un'emergenza pesante nel contesto delle aree industrializzate, nella quale si sommano due aspetti: la crisi generale del sistema industriale e la crisi particolare dell'industria trainante dell'automobile. Le difficoltà poi sono accresciute dalla politica non espansiva che il Governo conduce, politica che d'altro canto è necessaria per poter uscire dalla crisi.
Si sono già ottenuti dei risultati positivi. L'abbassamento del tasso di inflazione è stato un risultato notevolissimo; la stretta creditizia ha avuto un suo peso; certo, non possiamo muoverci costantemente e all'infinito sulla strada del rigore. E' certamente il momento di far convivere a livello governativo le due politiche che possono in qualche modo essere conciliate: quella del rigore nella spesa pubblica, quella di un lento abbassamento delle possibilità di credito con un progressivo abbassamento dei tassi di interesse per evitare che un'apertura immediata crei la ripresa dell'inflazione e un'espansione drogata (come è avvenuto nel 1975 e che il Paese ha pesantemente pagato).
La difficile situazione del Piemonte è soprattutto incentrata sul problema dell'auto e sulla necessità di iniziative che puntino alla reindustrializzazione. Molte ipotesi ci dicono che siamo alla vigilia di un notevole salto tecnologico nella produzione, tanto che si parla di una seconda rivoluzione industriale. Gli aspetti strutturali sona di fronte a noi, non vederli sarebbe erroneo.
Dobbiamo prepararci affinché la ripresa del 1983 ci veda in condizioni di cogliere tutte le opportunità possibili. Scendo ai problemi specifici che sono stati trattati, per fare alcune puntualizzazioni.
Elettronica Il Gruppo D.C. in quest'aula, presenti i lavoratori, ha fatto delle dichiarazioni ben precise, dicendo che il discorso dei poli non poteva essere determinante, che ci voleva una soluzione che garantisse livelli di produzione tali che le imprese nuove potessero reggere sul mercato.
Questa impostazione ha avuto un largo consenso ed è quella definitiva che coinvolge la Zanussi, supera certe posizioni di alterigia da parte del management e della direzione della Indesit che da soli volevano dirigere il consorzio.
La nascita della S.p.a. e lo stanziamento di 240 miliardi riguardano un problema complesso nel quale noi ci siamo inseriti portando una soluzione di carattere generale nel settore dell'elettronica. L'accordo Regione Olivetti non lo conosciamo, è uno di quegli atti di alta amministrazione al quale il Consiglio non è stato interessato. E' una di quelle carenze che proprio in questi giorni abbiamo denunciato.
Sono problemi grossi che dovremmo conoscere nei dettagli e non solo come mera enunciazione. Non basta denunciare le carenze dello Stato dobbiamo conoscere i problemi prima di giudicarli.
Automobili e Piano auto La Commissione per la componentistica, sta per essere nominata. Il programma finalizzato è in attuazione. Il fondo innovazione ha ricevuto i finanziamenti o quanto meno i finanziamenti sono fissati attraverso la legge 46. Il discorso del programma finalizzato auto va avanti.
L'utilizzo del fondo di innovazione sta per essere effettuato e quanto prima la relativa deliberazione Cipe sarà approvata. Vorrei dire a Montefalchesi che non è vero che non c'è il controllo sul fondo innovazione, anzi, i finanziamenti del fondo della ricerca e i finanziamenti del fondo innovazione passano attraverso le domande dell'IMI ma ritornano al Ministero per la dichiarazione di congruità. Quindi le garanzie perché i progetti siano indirizzati agli obiettivi della politica industriale nazionale ci sono. Non è necessario il legame alla legge 675.
E' sufficiente il controllo sulla indicazione della spesa.
Ci rendiamo conto delle difficoltà che la situazione Fiat ha comportato per il Piemonte. Abbiamo sentito le indicazioni di Romiti al Convegno delle partecipazioni statali. Rimangono alcune perplessità in quanto il miliardo e 450 mila automobili, indicati come recupero di capacità produttiva dell'azienda, non si discostano di molto dal milione e duecentomila indicato nella lettera di Agnelli agli azionisti.
Le prospettive di ripresa ci sono, comunque, da sole, non possono garantire la ripresa del Piemonte anche per la necessità di aggiornamento tecnologico e di salto di qualità della produzione a tutti nota.
Partecipazioni statali Abbiamo apprezzato l'intervento del Ministro De Michelis, il suo coraggio nel dire con chiarezza come stanno le cose, la necessità di procedere alla razionalizzazione con i tagli necessari. Riteniamo che la soluzione di non caricare le eccedenze alla Finsider, ma di far rimanere queste eccedenze a libro paga della Fiat sia una soluzione giusta e corretta anche se comporta dei problemi.
Ci sono 3000/3500 lavoratori che vanno ad aggiungersi a quelli in mobilità. Avevamo detto con molta chiarezza che la razionalizzazione alla Teksid non poteva essere fermata.
Le partecipazioni statali proprio in relazione alle eccedenze dovrebbero esaminare le possibilità di limitati interventi, perch un'eccessiva presenza delle Partecipazioni statali in Piemonte comporterebbe un appiattimento e un grigiore per un'economia che, con la presenza del privato, ha una sua vitalità.
Ulteriori iniziative dovrebbero essere esaminate da parte delle Partecipazioni statali anche di fronte alla caduta dell'occupazione.
Mobilità L'iniziativa si muove con molta lentezza. Eravamo tra i sostenitori della Commissione regionale dell'impiego: all'inizio siamo stati cauti e non abbiamo inneggiato al fatto che avrebbe risolto i problemi. I problemi non si risolvono né con la Commissione né con la mobilità, ma si risolvono attraverso la ripresa economica che faccia crescere i posti di lavoro e nella misura in cui nascano nuove iniziative che permettano alla mobilità di operare correttamente.
A fianco della mobilità si colloca il discorso delle vertenze. Dobbiamo fare un appunto al comportamento della Giunta sulle vertenze occupazionali.
Si sono organizzati incontri nelle fabbriche, ai quali abbiamo partecipato doverosamente come forza politica per far sentire la nostra voce.
Ci siamo però chiesti perché gli incontri avvenivano al di sopra del sindacato, quale significato effettivo aveva questo comportamento e quali sbocchi poteva avere, inoltre, che significato aveva la sponsorizzazione della manifestazione avvenuta con tanto di inserzione pubblicitaria sul quotidiano di Torino con le indicazioni ben calibrate: il Presidente della Giunta e gli Assessori indicati in grassetto, i Consiglieri con caratteri minuscoli secondo le norme gerarchiche che si dovrebbero riferire non a un periodo di democrazia ma ad un periodo molto più lontano. E' un costo immotivato, pesante e presentato in modo propagandistico per la Giunta.
Per quanto riguarda i progetti per i Cassintegrati le difficoltà rimangono, difficoltà sul piano giuridico, difficoltà sul piano finanziario.
C'è il problema dell'effettiva possibilità di far rientrare nei progetti anche i disoccupati. Non si tratta soltanto di integrare, ma di pagare. Soprattutto è importante che i progetti abbiano una validità economica, in caso contrario il discorso diventa di tipo assistenziale.
Faccio un breve cenno al tema delle infrastrutture, toccato dall'Assessore Cerutti. La lentezza con cui vanno avanti le opere della grande viabilità è una lentezza di tipo parlamentare più che di tipo governativo ed è collegata alla necessità di raggiungere in sede di Commissione una convergenza che è anche di tipo territoriale. Come ho detto prima, l'emergenza del Piemonte è "vendibile" a livello di Commissione dei lavori pubblici fino a un certo punto, di fronte agli interventi in altre Regioni.
La nostra forza politica è favorevole acché si giunga al più presto alla definizione degli interventi perché possano iniziare quelle infrastrutture che riteniamo necessarie e fondamentali per lo sviluppo del Piemonte. Purtroppo il momento è difficile: una maggiore convinzione in passato avrebbe fornito una concretizzazione più veloce.
Sul problema delle ferrovie secondarie la ripresa del progetto Preti può essere un errore di fronte a progetti più recenti, ma questo discorso sul terreno pratico può essere superato. Parlando con il Ministro La Malfa abbiamo toccato anche questo tema.
Edilizia Il Piemonte si è mosso, ma solo oggi l'Istituto Autonomo case popolari assegna gli appalti. Gli stanziamenti sono stati utilizzati più a livello teorico che a livello pratico. La Regione dovrebbe compiere la sua parte.
Abbiamo letto con grande interesse le iniziative assunte dalla Regione Lombardia per la vendita ai fruitori degli alloggi delle Case popolari con il vantaggio che il cittadino ha un alloggio a condizioni accessibili, i costi di manutenzione si riducono, oltre al vantaggio del ricavo di risorse economiche per l'edilizia.
Altre Regioni si assumono questa responsabilità, vanno avanti, non fanno della demagogia, operano per superare la crisi sebbene anche loro attraversino un difficile momento.
Metropolitana Il problema è aperto. Verrà un giorno in quest'aula in cui diremo con chiarezza le nostre opinioni. Sappiamo che il Presidente della Giunta ha avuto autorevoli consulenze in proposito. Siamo ansiosi di conoscere l'opinione che emergerà. Anche in questo caso bisogna riflettere sul passato.
Stanno emergendo, da quello che si sente e da quello che si legge dissensi di valutazione. La metropolitana totalmente in superficie è un errore politico grossissimo. E' un progetto inaccettabile. Si dovrà tornare al progetto del 1970 e si tornerà a dire che a quel momento si vedevano meglio i problemi relativi allo sviluppo del Piemonte.
Avremmo gradito dall'Assessore più coraggio nel dire le cose.
Probabilmente non le vede diversamente da noi.
Finanza regionale Concordiamo sul fatto che le Regioni devono avere un maggior peso nella politica industriale. Non possiamo pensare però che nel Paese ci siano più politiche industriali. De Michelis ha detto che andiamo verso una situazione economica che vedrà la competizione fra gli Stati sul piano economico.
La concorrenzialità a livello statuale non è pensabile come polverizzazione degli interventi di politica industriale. Potranno esserci dei canali regionali per l'utilizzo di alcune risorse nel settore della politica industriale, ma una politica industriale polverizzata non pu reggere.
C'è il problema fondamentale del finanziamento delle opere pubbliche c'è la necessità di maggiori mezzi per le Regioni. Sui tre canali regionale, statale e infraregionale, si dovrà puntare sul finanziamento delle opere pubbliche in un momento in cui i fondi per gli investimenti sono limitati.
Il discorso della Cassa depositi e prestiti ci trova pienamente consenzienti. La divisione interna di 50.000 per abitante è un errore l'ho sostenuto a nome del mio Gruppo nell'assemblea dell'ANCI - perch finisce di polverizzare gli interventi e di non consentire l'utilizzo completo.
C'è probabilmente la soluzione intermedia di dare un plafond ai Comuni e di mantenere una quota disponibile per interventi prioritari sotto il profilo della programmazione; da un lato è giusto assicurare ai piccoli Comuni le risorse e le possibilità di indebitamento, dall'altro altrettanto giusto consentire interventi di programmazione per opere consistenti.
E' importante la partecipazione delle Regioni alla progettazione del fondo innovazione. Ci sta bene il discorso dell'accesso al fondo investimenti: è giusto perseguire la linea delle risorse comunitarie e dell'utilizzo del capitale privato per grossi progetti; questo è però un problema connesso alla capacità di individuare quei progetti per i quali i privati vedano una convenienza.
Gli enti strumentali facciano la loro parte. Non possiamo non rilevare il problema clamoroso della Finpiemonte, una società che ha operato bene ma che oggi ha un attivo costituito da una massa di CCT che gli consentono di non pagare le imposte (20 miliardi di fondo di dotazione, 22 miliardi di CCT).
Non pagando le tasse e con un utile nominale, siamo tutti capaci a fare un bilancio attivo! Questo non è lo scopo di un ente strumentale. La Finpiemonte non lavora perché non sa che cosa fare, manca una progettualità, mancano le indicazioni della Giunta. Siamo fermi proprio in un settore cruciale della nostra azione.
Legge finanziaria regionale Concordiamo sulla necessità di maggiori tributi propri alle Regioni.
Concordiamo sulla partecipazione ai tributi statali perché le Regioni abbiano certezza di introiti e un ancoraggio significativo a movimenti della situazione nazionale. Dobbiamo però avere presente che l'ancoraggio alle entrate dello Stato, che in passato aveva un incremento del 46%, non potrà ripetersi.
Quando questi incrementi c'erano, non sono stati utilizzati utilmente ed oggi ci troviamo di fronte alla stretta, senza riserve sulle quali operare per incidere nello sviluppo della Regione.
Il giudizio sulla vertenza con il Governo è positivo per quello che riguarda il rapporto complessivo ed è negativo rispetto alle richieste specifiche perché andavano oltre le possibili risposte del Governo.
Siamo alla vigilia di un salto tecnologico che ipotizza una seconda rivoluzione industriale. Sono necessari interventi orizzontali validi per tutte le imprese che agiscono sui fattori della produzione, capitale e lavoro, che oggi vogliono dire imprenditorialità e professionalità.
Sono necessari anche interventi verticali non di rigida pianificazione.
La D.C., si interroga proprio su questi temi: "Quali fattori e quali condizioni per lo sviluppo?" in un convegno che si terrà lunedì e martedì con la partecipazione di molti rappresentanti del mondo economico.
Anche per il Piemonte si tratta di trovare le condizioni ed i fattori per uno sviluppo. La Regione deve fare la sua parte. Più volte abbiamo elencato le carenze: la mancanza del piano territoriale di coordinamento langue l'applicazione della legge 240, la revisione della legge urbanistica che costituisce un freno all'utilizzo delle risorse, la produzione legislativa è ferma, il Consiglio è inoperante, la spesa facile continua c'è la carenza di operatività degli enti strumentali, il Piano di sviluppo non arriva e ora ci viene presentato come l'uovo di Pasqua e che speriamo di poter valutare dopo la riunione "bucolica" fissata per il 20 marzo.
Chiudo leggendo qualcosa di significativo sul Piano di sviluppo.
Nel dibattito sui problemi dell'occupazione e della politica industriale in Piemonte del novembre '81, edito dal Consiglio regionale del Piemonte, distribuito all'incontro con le partecipazioni statali Sanlorenzo aveva detto: "Dobbiamo presentare il Piano di sviluppo entro la fine dell'anno e se non lo presentiamo ci direte quello che ci viene.
Dobbiamo presentarlo senza ambiguità".
Una mia modesta interruzione dice: "Sia messo a verbale". Sanlorenzo con la sicurezza che lo contraddistingue e con la sua fiducia cieca ed assoluta dice: "Certo, sia messo a verbale, lo dirò ai colleghi di Giunta".
Un governo regionale che fa ripetutamente queste dichiarazioni e non le mantiene, difficilmente può dare un contributo per far uscire il Piemonte dalla crisi.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'odierno dibattito si sostanzia, come è emerso già da tutti gli interventi, in un bilancio consultivo di quanto con la sua azione politica in chiave necessariamente nazionale il Governo abbia sino ad oggi potuto fare di incisivo e di concreto e soprattutto con effetti rilevanti al fine di avviare a soluzione la crisi che attanaglia il Piemonte.
Questo bilancio consuntivo va necessariamente fatto e valutato con riferimento a tutte le proposte e a tutte le annunciazioni propositive progettuali che la Giunta ha indirizzato al Governo anche prima della presidenza Spadolini, che la Giunta ha discusso con il Governo nei mesi scorsi ed in particolare con il Presidente del Consiglio e con i Ministri preposti alla politica economica ed industriale: proposte, enunciazioni e progetti che confluirono in quest'aula, come già è stato ricordato, che furono illustrati ed esposti in quest'aula dalla Giunta nel corso delle sedute del 12 novembre 1981.
In quella sede nel corso di quel dibattito l'atteggiamento del nostro Gruppo fu ispirato a scetticismo, infatti pur premettendo che erano giuste opportune e lodevoli le iniziative che si andavano a prendere circa i rapporti Giunta/Governo ai fini di trovare e di escogitare rimedi idonei a superare la crisi che travagliava e travaglia il Piemonte, esprimemmo scetticismo in ordine al possibile raggiungimento di risultati positivi e lo motivammo dal nostro punto di vista essenzialmente sulla base della considerazione che di fronte al dato pacifico della mancanza in capo alle Regioni di specifiche competenze in materia di politica economica industriale, i comportamenti propositivi e di stimolo della Regione Piemonte nei confronti del Governo avrebbero sì potuto condurre a risultati positivi, ma a nostro avviso a condizione della previa impostazione a livello nazionale di una strategia di politica economica ed industriale seria e coerente e non affidata alla regola del giorno per giorno o del caso per caso. Condizione questa a sua volta di difficile realizzo con una visione realistica della situazione di fronte alla realtà di una compagine governativa che si caratterizza per il quotidiano incedere inter ignes. E di una coerente strategia di politica economica industriale quale premessa di qualsiasi azione propositiva che potesse giungere a risultati concreti indicammo i previi e necessari strumenti - presupposto che così possono sintetizzarsi: 1) Regolamentazione legislativa del diritto di sciopero, non limitata ai soli servizi pubblici essenziali 2) disciplina della mobilità esterna ed interna con legge e non con meri accordi, extra o praeter legem, privi di obbligatorietà e privi della previsione di una corretta e valida coazione nei confronti degli inadempienti, anche se a questo punto è chiaro che non è sufficiente di per sé solo lo strumento legislativo, ma occorre arrivare, come accennava il collega Brizio, ad un maggior aumento dell'offerta rispetto alla domanda 3) nuova disciplina del collocamento che segnatamente per le piccole e medie industrie, per le imprese artigiane, privilegi la chiamata nominativa ed esalti quel rapporto di fiducia nell'ambito del rapporto di lavoro che deve esistere tra lavoratore e datore di lavoro.
Esaminando ora i principali punti che sono stati indicati dalla Giunta giovedì scorso come primi risultati sinora conseguiti o in corso di conseguimento, va a mio avviso rilevato: 1) Non è un risultato positivo quello della sperimentazione pilota sulla mobilità: se non sono esatte come sono da ritenersi esatte le notizie fornite dai quotidiani ed in particolare da "Il Sole 24 Ore" secondo le quali su 150 lavoratori in cassa integrazione ai quali sono stati offerti posti di lavoro solo 5 o 6 hanno accettato il nuovo posto nel quadro della mobilità, va con realismo affermato che il risultato non è positivo e che almeno nella massima parte di chi è in cassa integrazione prevale, con una constatazione realistica, l'inclinazione naturale alla ricerca di un lavoro sommerso e al contestuale percepimento della retribuzione di cassaintegrato. Quindi le richieste che vanno fatte al Governo hanno da essere di altro tipo qualitativo, hanno cioè da essere quelle dell'urgente emanazione di una legge che disciplini le opportune sanzioni per gli inadempienti la materia della mobilità esterna ed interna. E qui lo strumento propositivo sul piano operativo potrebbe anche essere quello di un disegno di legge dell'assemblea regionale per il Parlamento.
2) L'impiego dei lavoratori in cassa integrazione va visto, o dovrebbe andar visto nei due aspetti: o dell'impiego in progetti di pubblica utilità, oppure nella frequentazione, per i casi di cassa integrazione dovuti a ristrutturazione aziendale, di corsi di qualificazione o specializzazione indetti dalla stessa azienda. Manca anche qui il supporto legislativo che ne sancisca l'obbligatorietà.
Conseguentemente accanto ai progetti che sono stati formulati dovrebbero di pari passo essere sollecitati e predisposti gli strumenti legislativi che sanciscano l'obbligo (questo dovrebbe essere il punto qualificante dello strumento) per colui il quale è in cassa integrazione di frequentare i corsi o di lavorare per l'opera pubblica.
Senza lo strumento legislativo perfetto, senza il sancirsi nel medesimo di questa obbligazione, qualsiasi progetto, anche il migliore possibile, è destinato a rimanere nel libro dei sogni.
Circa gli 84 progetti mi pare che una valutazione allo stato attuale non possa definirsi favorevole. Questo deriva dalle comunicazioni fatte dal Ministro La Malfa, il quale con un linguaggio estremamente prudente condizionale e possibilistico nel suo documento del 23 gennaio 1982, ha affermato che da una prima indagine emergono dei progetti che potrebbero essere avviati, tipo quelli concernenti il settore edilizio, agricolo energetico, ambientale e per la grande viabilità, mentre per tutti gli altri progetti sono necessari - dice il Governo per bocca del Ministro La Malfa - ulteriori approfondimenti.
A parte queste considerazioni che ritengo rilevanti circa il contenuto propositivo e circa i rapporti intercorsi tra Giunta e Governo, mi sono soffermato in particolare sulla relazione fatta giovedì scorso dall'Assessore Testa. Le sue valutazioni, sorrette dal freddo ma eloquente linguaggio delle cifre, confortano quell'atteggiamento che avevo definito di scetticismo che aveva caratterizzato le nostre valutazioni già nella sede propositiva del novembre 1981.
Infatti con estremo realismo l'Assessore Testa osserva tra l'altro che di fronte all'attuale politica del Governo di restrizione della base monetaria è inimmaginabile che in Piemonte venga pompato danaro liquido in maniera significativa: che nella ipotesi in cui i tempi tecnici derivanti dal modo di funzionare del Governo e del Parlamento vengano rispettati, gli interventi governativi connessi con iniziative concernenti in particolare le fonti rinnovabili, quali sono state esposte nella relazione del Vice Presidente Sanlorenzo, si concreteranno in 868 miliardi nel 1982 e in 1707 miliardi nel 1983. Conclude sulla base di questi riferimenti oggettivi che se questi miliardi e questo tipo di rapporti hanno a livello politico un significato e un valore (e questo è fuori discussione) "la crisi del Piemonte non trova un punto di svolta e di soluzione attraverso questo tipo di intervento". Quindi, anche alla luce di queste eloquenti e obiettive considerazioni che investono ciò che di principale e di realistico è stato sino a questo momento fatto sul piano operativo dal Governo, la nostra posizione di scetticismo che ci eravamo permessi di esporre nel novembre del 1981 in altre sedi, scetticismo nei confronti dell'intera operazione propositiva, ne esce, almeno allo stato attuale, rafforzata e giustificata anche se - come dicemmo in allora e come ho accennato in questa sede - a livello di intenti siamo tutti d'accordo che vanno incoraggiati.



PRESIDENTE

I lavori riprenderanno alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,45)



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