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Dettaglio seduta n.117 del 05/03/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Rapporti Regioni - Governo - Problemi energetici

Dibattito sugli adempimenti della Regione Piemonte in merito all'approvazione del Piano energetico nazionale e alle scelte conseguenti (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prosegue il dibattito sugli adempimenti della Regione Piemonte in merito all'approvazione del Piano energetico nazionale e alle scelte conseguenti.
La parola al collega Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Mi collocherò, stante anche la posizione che ho assunto astenendomi sul passato ordine del giorno, tra quelli che ritengono la scelta nucleare da un lato non sufficientemente meditata e dall'altro una scelta che rientra nella logica di una sostanziale accettazione dell'attuale modello di sviluppo. Di un modello di sviluppo che è fonte stesso della sua crisi e sul quale sarebbe opportuno, per dare una risposta adeguata ai livelli drammatici della crisi, che si innescasse un processo anche di riconversione, non soltanto strutturale (e quindi in grado anche di rispondere ai problemi della crisi economica ed industriale), ma culturale di valori, senza il quale la crisi di un modello non può essere superata.
Credo quindi che questa pregiudiziale di carattere culturale si sostanzi anche in alcune affermazioni di merito che la scelta nucleare richiederebbe.
Oggi, quando si va a proporre di dar corso all'individuazione e alla localizzazione delle centrali, di percorrere sia pure rapidamente per non perdere tempo, quelli che sono i termini di una situazione generale e che proprio in questi mesi è cambiata rispetto ad alcuni presupposti che hanno guidato le proposte di chi riteneva opportuna la scelta delle centrali nucleare. Da un lato, vi è il problema che già qualcuno ha toccato l'ipotesi cioè che i prezzi petroliferi fossero in costante aumento ipotesi messa in discussione dall'attuale crisi di mercato dei prodotti petroliferi. Viene quindi confermata la necessità di andare ad una diversificazione delle fonti di energia. Cambiano però, i termini del confronto di fronte ad un dato di questo tipo, di fronte all'evidenza di una sostanziale diminuzione dei prezzi. Un altro dato che, in qualche modo pone problemi nuovi, deriva dalla crisi del settore industriale, dalla crisi produttiva e dall'esigenza che giustamente viene posta di andare ad una profonda riconversione anche rispetto all'avvio ed all'innesco di nuovi settori che forse richiedono un consumo energetico diverso, sono settori più qualificanti, ma che vanno verificati anche dal punto di vista del consumo energetico quantitativo e qualitativo... Pare a me che rispetto a queste due cose non ci sia una sufficiente verifica e in questo senso deve essere sviluppata la spinta ad approfondire in quale contesto si inneschi questa scelta.
D'altra parte, come si è più volte sottolineato, la scelta del nucleare ha ancora molti livelli di insicurezza dal punto di vista tecnico scientifico e finanziario. Inoltre quanti affermano che l'energia prodotta con il nucleare sia a costo inferiore rispetto a quella proveniente da altre fonti in particolare dalle fonti petrolifere, a me pare facciano un'affermazione non sufficientemente suffragata da elementi di ricerca, di previsione. Di fatti esistono, in contrasto con questa tesi, elementi studi, approfondimenti e ricerche che danno delle risposte più articolate delle risposte che presentano più punti interrogativi e che comunque sollecitano una riverifica sul tema dei costi. Vorrei cogliere l'occasione per citare uno studio del Professore di fisica dell'Università di Roma Duprè, che, attraverso una sua analisi fondata essenzialmente sulla ricerca di fonti che lavorano e studiano in questo campo, di fatto ha messo un forte punto interrogativo laddove nel piano energetico nazionale si afferma che il costo di un Kw ora è attorno alle 25 lire. Un dato che non viene sufficientemente spiegato nella sua composizione e che è sostanzialmente messo in discussione da altre ricerche che avvengono in altri ambienti, in altri settori. Per esempio, in Germania, vengono pubblicate delle valutazioni sul costo dell'energia prodotta attraverso il nucleare che sono molto diversificate tra di loro ed estremamente distanti da tutte le ipotesi sufficientemente plausibili. Questo perché vi sono elementi di costo non ancora adeguatamente individuabili e definibili, perché vi sono incertezze anche di carattere tecnologico per quanto riguarda sia il trattamento del combustibile esaurito, sia il problema del confinamento delle scorte radioattive. Sono tutti problemi tecnicamente non ancora risolti: è tutto aperto il discorso relativo al costo della chiusura e dello smantellamento delle centrali nucleari. Elementi che investono quindi problemi tecnici, scientifici e di costo ancora ampiamente irrisolti.
Altro elemento che mette in rilievo l'incertezza nel calcolo di costo deriva dal fatto che è sempre più difficile stimare in termini affidabili i tempi di costruzione di una centrale nucleare, tempi che, nella sostanza si stanno, checché se ne dica, allargando.
Rispetto a queste cose le stime si riferiscono ad una fonte dell'Università di Brema che dicono: prevedendo la costruzione di una centrale nel 1985, si è calcolato un costo del Kw/ora compreso tra le 94 e 126 lire (calcolato in marchi costanti riferiti al 1978). Altre fonti di ricerca contrastano questo dato. Vi è una valutazione diversa di un altro istituto di ricerca, il Centro di ricerche nucleari di Jölich, che parla invece di un costo del Kw/ora tra le 38 e le 50 lire. Questa ricerca però è fondata sulla valutazione dell'utilizzo della potenzialità della centrale all'80% mentre le esperienze in corso dimostrano che l'utilizzo normale di una centrale è riferito alla potenzialità del 60%; il che porterebbe comunque un riaggiustamento della valutazione di questa fonte intorno alle 55/60 lire per Kw/ora. Che cosa ho voluto dire con questo? E' molto delicato ed incerto definire e valutare in termini oggettivi anche i costi di un'operazione di questo genere dal punto di vista del prodotto finito.
Lo è anche valutare il costo di una centrale di questo tipo. Non credo sia peraltro accettabile l'ipotesi che il costo di costruzione di una centrale si possa orientativamente riferire intorno ai due mila miliardi. Credo che questa cifra sia largamente incerta, largamente messa in discussione. Non per nulla di fronte a questi dati le nazioni che si sono avviate con una certa celerità su un programma di insediamento di centrali nucleari, come gli USA (fa eccezione solo la Francia), stanno ripensando profondamente il loro programma.
Questo perché i costi non sono sufficientemente definibili e comunque quelli "previsti" porterebbero ad aumentare di molto il costo delle tariffe elettriche. Nella sostanza, questo aumento incontrollato, intaccherebbe anche il motivo di fondo di chi ha sostenuto le centrali nucleari, cioè l'esigenza di rispondere ad aumentate esigenze di consumo. Di fronte ad un verticale e non controllabile aumento del costo delle tariffe, si evidenzierebbe una contraddizione significativa e forse anche dirompente.
Questo mi pare sia un elemento che debba sollecitare valutazioni ed approfondimenti diversi.
A queste considerazioni se ne possono aggiungere altre. Innanzitutto mi chiedo se una scelta di questo tipo sia la conseguenza della valutazione realistica di un bilancio energetico regionale. Se le cifre che sono portate dall'ENEL e dal CNEN siano cifre controllabili, dati sicuri, frutto di indicazioni oggettive. Mi permetto di mettere dei punti interrogativi stante il fatto pregiudiziale, lo voglio dire, che questi due enti, ed in particolare l'ENEL, hanno aprioristicamente e acriticamente accettato la scelta nucleare senza aver sufficientemente valutato altre possibilità alternative, altre diversificazioni delle fonti. Quindi, un ente di questo tipo, che aprioristicamente compie una scelta di questa portata evidentemente, secondo il mio modesto parere, pone degli interrogativi sulla, sua capacità o volontà di esprimere dati reali e dati obiettivi.
Questo lo voglio dire proprio perché ci sono esempi, nel nostro Paese, di enti come questi che non sempre hanno corrisposto e non continuano a corrispondere alle esigenze reali per i quali sono stati costituiti.
Quindi, nella sostanza, accanto a questi problemi che mettono in discussione profonda il quadro entro cui si va a innestare questa scelta e quindi non danno assolutamente certezza per quanto riguarda i costi economici e di costi finanziari, voglio porre un altro problema, che riguarda il tema della sicurezza.
Questo mi pare sia un altro elemento che deve far pensare. Qualcuno diceva nel passato che il dato vero di opposizione alle centrali nucleari fosse basato sulla "incertezza" della sicurezza, sugli sconvolgimenti che un insediamento di questo tipo determinava e provocava sul territorio. Come ho cercato di dire all'inizio, anche in termini che si possono contraddire ma sono dei dati attorno ai quali eminenti scienziati e economisti stanno lavorando, si aggiunge, ed aggiungiamo, per rifiutare la scelta nucleare anche il fatto che è messa in discussione la logica che l'aveva guidata del risparmio dei costi per quanto riguarda la produzione. Dato aggiuntivo che rende ancora più forte l'aspetto della sicurezza da approfondire e da valutare in tutta la sua complessità.
Infatti il problema della sicurezza rimane ancora irrisolto; così come il problema dell'emergenza dell'organizzazione della protezione civile essendo la questione del nucleare operazione del tutto nuova. Vi sono altri problemi non ancora sufficientemente approfonditi quali le conseguenze sui livelli di salute, con le connesse questioni che si riferiscono alla prevenzione ed ai riflessi che una centrale di questo tipo determina sulla salute dei cittadini.
Tutto questo va sottolineato con forza, perché è importante capire nella sostanza le questioni ancora da affrontare.
Tutti poi affermiamo come sia importante, nella riorganizzazione produttiva del nostro Paese, che l'agricoltura assuma un ruolo primario determinante. Vi è però da domandarsi se un insediamento di questo tipo in aree agricole di una certa rilevanza non metta in discussione le prospettive di sviluppo agricolo. Mi pare che questa sia una domanda alla quale bisogna cercare di dare una risposta: non è sufficiente dire che attorno alla centrale nucleare vi saranno tante e tali infrastrutture tanti e tali investimenti che in qualche modo verrà affrontato in termini positivi il problema dell'occupazione e dello sviluppo di quelle zone. La constatazione reale è che una centrale, localizzata in una di queste zone di fatto tronca qualunque possibilità di potenziamento e di sviluppo dell'agricoltura in aree, in plaghe che sono a vocazione agricola. E' questo un dato intorno al quale, in qualche modo, sarebbe opportuno che si discutesse di più e si verificasse di più.
Voglio ancora affermate, per cercare di giungere rapidamente alla conclusione, che tutte queste perplessità e dubbi, questo rifiuto sostanziale della centrale, non sono ipotesi né di carattere populistico né di volontà buddistica. E' una scelta che tocca settori non marginali della società ed è anche un rifiuto di considerare questioni che battono contro le centrali nucleari in qualche modo inseriti nell'utopia di una società che è stata e che non sarà più. Credo invece che, come è stato sottolineato anche nel documento distribuito ieri dai Gruppi che si oppongono alla scelta nucleare e come si evidenzia dalle iniziative che l'apposito comitato ha assunto in passato (anche sostenuto dall'impegno della Regione come il Convegno sulle energie alternative e sulle fonti rinnovabili), sia contenuta l'indicazione che noti sono state sufficientemente sfruttate ed utilizzate le potenzialità presenti per dare una risposta al non sufficientemente dimostrato bisogno o carenza di energia. E' proprio sul terreno delle diversificazioni delle fonti di energia che dobbiamo misurarci, sulla sua complessità e sulla sua articolazione; ma il proporre le centrali nucleari, il sapere che le centrali nucleari comportano un investimento di una dimensione non controllabile e comunque largamente superiore ai 10 mila miliardi previsti a fronte dei dati di crisi economica, delle difficoltà di recepire mezzi finanziari pubblici per l'investimento, a fronte di tutto ciò è chiaro che la scelta nucleare, fatta a questo livello, di fatto preclude qualunque altro investimento, qualunque altro tentativo di articolare ulteriormente l'impegno per le fonti energetiche alternative o rinnovabili.
Questa è un'osservazione che non può essere recuperata nei documenti o nella volontà pur importante che esprimono i poteri politici a tutti i livelli, ma credo sia un'osservazione di carattere realistico. Abbiamo ancora assistito in questi giorni alle polemiche sul piano antinflattivo del governo, con il tentativo di tagliare anche livelli di pensione, e quindi rimettere in discussione la previdenza. Se si cerca di mettere in discussione attraverso il taglio del bilancio pubblico anche le conquiste di servizi sociali fondamentali, come non pensare che, con l'uso di risorse che richiedono le centrali nucleari, di fatto, qualunque altra politica nel campo energetico non abbia possibilità reale di sviluppo. Credo che questa valutazione debba essere tenuta presente. Ma c'è ancora ulteriormente da chiedersi: quale politica di riduzione dello spreco si è fatta, quale educazione si è portata avanti, quale tentativo di avviare il discorso del risparmio energetico attraverso anche politiche diverse. Perché non si pu dire che si è d'accordo sul risparmio energetico e poi sostenere la ripresa ed il rilancio delle grandi operazioni infrastrutturali che incentivano L'uso del trasporto privato a scapito del trasporto pubblico. Porto solo questo esempio per dire come si è aperta una questione di credibilità politica rispetto alle operazioni che si intendono fare.
In fondo, che cosa abbiamo fatto? Non credo si possa dire che "questa maggioranza non vuole scegliere per far si che il governo scelga autoritariamente dall'alto". Credo che, sia se sceglie la Regione, sia se sceglie il Governo, un problema rimane ancora non risolto, cioè come i cittadini, come le comunità locali vengano oggettivamente investite nel processo di costruzione di una decisione, la cui pregiudiziale è un'informazione corretta, adeguata e il più possibile obiettiva. Mi permetto di dire che i mezzi di informazione, anche quelli pubblici, non hanno svolto, e non solo per questo, ma purtroppo anche per molte altre cose nel nostro Paese, quel ruolo a cui sono preposti. Quali strumenti hanno i cittadini, le organizzazioni, le forze sociali, la cosiddetta "società civile", per essere coinvolti in modo realistico, per dare peso sostanza e spessore alla partecipazione rispetto a questa decisione? Credo che sia un interrogativo che rimane aperto, e che non si può prestare a nessun tipo di strumentalizzazione sia che le scelte avvengano da parte del Governo, sia che le scelte invece avvengano da parte della Regione.
In questo senso, ho cercato brevemente di motivare, forse per molti aspetti superficialmente perché non sono un esperto di questo settore, il perché la scelta nucleare, se nel passato presentava elementi di grande incertezza dal punto di vista del territorio e della sicurezza, è oggi ulteriormente discutibile proprio dal punto di vista dei costi di investimento e di produzione di questa energia. Perché non dire quando le centrali entreranno in funzione? Quando entreranno in funzione, i consumi energetici necessari sono stati opportunamente valutati o avremo delle cattedrali nel deserto, delle provocazioni inutili rispetto alla situazione generale? Domandiamocelo perché , secondo me, è un problema attorno al quale è necessario discutere, a partire dalla reimpostazione della tematica energetica nei suoi stessi presupposti sino ad ora "oscuri" e "contraddittori", possibilmente usufruendo di tutte le ricche e qualificate esperienze che esistono nell'Università, nei Centri di ricerca, al di fuori degli scarsamente oggettivi presupposti dall'ENEL e dal CNEN.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ciò che è apparso preoccupante in questi anni, è stata la mancata formazione di una consapevolezza del tipo di reazione che un paese industrializzato dovrebbe essere in grado di dare ad una crisi come quella energetica.
Fortunatamente, in questi ultimi tempi, ci si è resi conto che la "transizione energetica", consiste fondamentalmente nella capacità di avviare e sviluppare in modo coerente un processo di sostituzione di una risorsa naturale soggetta - in prospettiva - ad esauribilità economica e sottoposta - nell'immediato - al potere monopolistico di paesi produttori con nuove risorse di carattere "tecnologico" derivanti dalla formazione di conoscenze tecnico- scientifiche, di strutture organizzative, di agenzie finalizzate alla promozione e al controllo dell'innovazione in istituzioni in grado di favorire e garantire che lo sviluppo tecnico sia compatibile con la tutela delle esigenze di sicurezza e protezione dell'ambiente e della popolazione.
Questa fase di transizione energetica non può essere superata se non attraverso le linee di un piano energetico, che finalmente è stato definito ed è, a nostro avviso, condivisibile o sulle cui linee generali già nel marzo scorso il Consiglio regionale si espresse favorevolmente in ordine alle sue varie previsioni e per i riflessi sul territorio piemontese.
L'esigenza del PEN per la definizione di una politica di transizione energetica è sottolineata dalla necessità di avviare iniziative (e siamo ormai a nove anni dalla crisi petrolifera del 1973) per il superamento di uno stato di immobilismo energetico a favore di un'azione attiva tanto sul lato della domanda (es. riduzione dei consumi) che su quello dell'offerta di energia. Nel PEN, inoltre, è venuto meno il carattere di astrattezza e unidimensionalità di certi programmi precedenti.
Quindi, sotto questo profilo, noi siamo con le indicazioni diversificate - del PEN e chiediamo che la Regione compia (come in questo anno ha svolto effettivamente) tutti gli atti dovuti in ordine alla definizione del piano stesso per quanto incide sul nostro territorio compresa pertanto l'individuazione e l'indicazione delle aree suscettibili di possibili insediamenti nucleari, sino alla segnalazione, esperite le indagini tecniche previste, del sito puntuale.
La scelta fondamentale deve essere quella per lo sviluppo produttivo che consenta il progresso sociale ed economico. Può, e probabilmente deve essere, uno sviluppo qualitativamente diverso da quello dei decenni precedenti; può anche implicare, forse, una riduzione del peso relativo all'industria, a favore della crescita di un terziario più avanzato. Ma in ogni caso deve trattarsi di sviluppo.
Si è già detto, alla luce delle correlazioni esistenti tra energia e sviluppo, alcuni punti vanno ribaditi.
La risposta, che l'Italia ha dato ai problemi suscitati dalla crisi energetica mondiale è stata sinora complessivamente inadeguata (per il solo Piemonte, il deficit energetico è del 50%: metà dell'energia utilizzata deriva cioè da fonti di approvvigionamento esterne).
L'energia, risorsa critica dei paesi di alto livello di industrializzazione come il nostro, dipende da un alto numero di variabili alcune delle quali fuori del controllo nazionale. Di qui il riconoscimento di una elevata complessità delle scelte che compongono la politica energetica.
Il sistema decisionale che sostiene la politica energetica è, in realtà,come la nostra di democrazia pluralistica, estremamente articolato.
Occorre una chiara definizione dei ruoli, anche se segnaliamo oggi una maggior disponibilità a collaborare tra Governo e Regioni.
Si pone il problema dell'aggregazione del consenso in e tra una pluralità di soggetti. Il piano di diversificazione delle fonti energetiche (progetti di risparmio, teleriscaldamento, ripristino centraline idroelettriche, geotermia, ecc.), il disegnò di puntare al risparmio, sono gli strumenti per conseguire, pur nell'intreccio delle responsabilità efficienza nel processo decisionale, coerenza con indirizzi e decisioni più ampie che riguardano Io sviluppo dell'economia del paese e il progresso della società civile. Per quanto riguarda in particolare il risparmio energetico, desidero ricordare che il nostro Gruppo, unitamente ad altri, è dal 1980 firmatario di una proposta di legge volta a favorire iniziative in questo settore. Ci auguriamo che essa possa - così come le analoghe iniziative legislative a livello statale - diventare strumento operativo il più presto possibile.
Noi siamo quindi perché il Piano energetico non sia meramente un piano nucleare, ma sia un piano articolato, consistente in un sistema di impulsi e di incentivazioni, esteso ed organico, volto al risparmio e all'uso razionale dell'energia. Tale politica dovrà far leva sull'adozione di tecnologie innovative per l'uso industriale e civile dell'energia; sulla razionalizzazione dei prodotti, dei servizi e dei processi produttivi sotto il profilo del loro contenuto energetico.
Ma siamo anche perché, se vi concorrono tutte le condizioni tecniche le compatibilità ambientali e l'esigenza di sicurezza, si acconsenta all'insediamento nucleare. Bisogna ribadire che gli obiettivi sono la disponibilità di energia a costi più bassi degli attuali per la ripresa produttiva, e la riduzione comunque della dipendenza da fonti di approvvigionamento estero, per cui sono ininfluenti i richiami all'ipotetico ribasso del prezzo del greggio al mercato nero di Rotterdam e al gasdotto siberiano.
Riconosciamo peraltro la necessità di sfoghi nel settore della ricerca.
Nel settore industriale, il miglioramento dell'efficienza energetica si potrà ottenere anzitutto attraverso tecniche di risparmio, efficaci nel breve periodo. Si richiede quindi uno sfogo più consistente per investimenti di ricerca ed uno sfogo per l'innovazione. Valutazioni positive da ciò discendono, a nostro avviso, per l'impegno della Regione ad esempio nel "Progetto Ignitor".
Bisogna sottolineare che la decisione che prenderà il Consiglio regionale è uno degli atti più significativi che si compiranno in questa legislatura. E' un momento importante per il Piemonte, anche se non è una scelta facile. Ma, si sa, le scelte energetiche sono sempre scelte difficili e anche contestate. Si pensi alle contestazioni nei confronti dell'Enel per i canali di gronda in Valle Gesso (a proposito di sfruttamento della risorsa idroelettrica), si pensi all'impatto ambientale derivante dalla scelta del carbone (con ampie contestazioni dei cittadini di Chivasso); si pensi alle contestazioni sul nucleare.
Vi è, negli, atteggiamenti diversi di fronte a queste varie ipotesi di scelta, anche un problema culturale, di cui va dato atto e che non pu sfuggire alla nostra attenzione. Specie se vogliamo un atteggiamento razionale, e non emotivamente sollecitato su una sorta di "paura dell'ignoto". Occorre, infatti, riconoscere che la questione attorno al nodo energetico è anche un aspetto culturale, non soltanto un aspetto tecnico-economico. Un aspetto culturale cioè legato alla dinamica della società industriale e tecnologica avanzata. E' stato (ed è ancora per certi versi) un tema di impegno da parte dei soggetti dell'opposizione sociale da quelli che H. Marcuse, in polemica con una classe operaia da lui ritenuta integrata, chiamava "gli individui di tutti gli strati"; pensiamo ai movimenti di protesta, alle femministe, agli ecologisti, ai "verdi", o più semplicemente a gruppi spontanei di cittadini a livello delle comunità locali più direttamente interessate.
Ciò secondo un filone che andava oltre la cultura alternativa, secondo noi, fino ai movimenti storici di emancipazione con un aspetto critico culturale della protesta, non basata sulla determinazione economica collegata all'estendersi di nuove forme, sempre più avvolgenti, di razionalità. Noi non abbiamo mai inteso schernire o sottovalutare questi movimenti che, non strumentalizzati, rappresentano ansie reali; anche se non ne condividiamo presupposti e finalità.
Neppure neghiamo che questi movimenti abbiano svolto anche un loro ruolo positivo nel fare riconsiderare gli stadi di sviluppo economico visto che talora in modo meccanicistico come un processo unilaterale unilineare e positivamente considerato. Non diciamo che non abbiano svolto un qualche ruolo nel segnalare gli elementi non razionali presenti nell'azione umana e nel fare comunque meditare su queste scelte.
Certo, nel timore verso le centrali nucleari si nasconde anche un'ansia reale; in esso si rispecchia anche lo spavento di fronte ad una nuova categoria di rischi a lungo termine difficilmente controllabili, che sopravanza i confini delle nostre capacità di comprensione storicamente sviluppate. Entrambi sono esempi di sovraccarico delle capacità sensibili spazio-temporalmente organizzate, del mondo della vita. Ma sarebbe questo un tema, filosoficamente stimolante che ci porterebbe assai lontano: ho voluto richiamarlo per ricordare che vi è un elemento culturale intrinseco al tema della scelta energetica, del nucleare in particolare, che non va trascurato. Ma un fatto culturale, il far meditare, non significa solo temporeggiare o ritardare o non scegliere su provvedimenti che invece la società richiede e che sono necessari.
Qui interviene l'altro aspetto insito in questo dibattito: quello tecnico-economico. Da un lato, attraverso gli elementi già segnalati dall'incidenza sulla produzione del costo dell'energia, e dall'altro sulle capacità di produzione di energia che i diversi metodi che si vanno ad attivare possono avere. Anche se non starò a dilungarmi su dati tecnici che ormai sono stati già citati secondo indicazioni tecnico-economiche, di convenienza economica, secondo tabelle che sono a mani di tutti. E' comunque chiaro che la politica energetica è pregiudiziale ed ogni altro tipo di politica di sostegno del settore produttivo e dell'occupazione nella nostra Regione, perché è ormai evidente che il deficit di energia con i 5 miliardi di Kwh nel 1977, col rischio di triplicarsi nel giro di 10 anni, non può più essere ulteriormente non affrontato e non risolto. Del resto, l'altro nodo che occorre sciogliere è quello di diminuire la dipendenza del petrolio che è oggi all'83% e che si prevede nel piano di ridurre al 50%. Dobbiamo anche considerare che la nostra Regione è una regione ad alto sviluppo industriale e che, per converso, il fatto di aver già scarsità di energia è un fatto che occorre affrontare e che dall'altro la competitività dei prodotti italiani, è già oggi compromessa dall'alto costo che ha l'energia nella produzione rispetto a quelli che sono invece gli indici medi delle nazioni europee più sviluppate.
Per passare rapidamente agli aspetti operativi, riteniamo che occorra in materia una pluralità di interventi; che occorre, cioè, avere o approfondire l'aspetto della conoscenza sui consumi, sugli sprechi e sulle possibili nazionalizzazioni, conoscenza sul bilancio energetico nazionale e sulla sua dinamica, con riferimento alla produzione, al trasporto e così via.
In secondo luogo, occorre uno sforzo più preciso per quanto riguarda i temi dell'informazione (che non deve essere né ideologica né passionale, ma oggettiva) e della partecipazione (che deve essere reale, effettiva: da un lato delle autonomie locali, dall'altro delle collettività coinvolte dagli eventuali insediamenti nucleari). Una pluralità di interventi che da un lato riguarda il settore, risparmio energetico in cui la Regione attraverso l'attuazione completa della legge 393 e la definizione del DDL 2383, può svolgere un ruolo decisivo attraverso l'incentivazione delle innovazioni e della ricerca, che va meglio coordinato tra gli Enti che hanno competenza di intervento al riguardo. Interventi che vanno anche indirizzati con decisioni sulla diversificazione delle fonti, e in questo va certamente dato impulso alla ricerca e sperimentazione nel settore dell'energia "solare" e delle fonti rinnovabili.
In ogni caso, qualunque scelta venga adottata, non si può prescindere dal coinvolgimento delle comunità locali e dei cittadini, che hanno di volta in volta evidenziato i problemi, ma soprattutto espresso l'esigenza di sapere e di conoscere e di decidere. Intanto, bisogna dare atto che non si è voluto né si vorrà mai anticipare le soluzioni o, come si dice, "far cadere le cose dall'alto": le iniziative che si assumono sulla vicenda nucleare richiedono l'informazione e la reale partecipazione più ampia possibile delle comunità interessate. Ci pare, in merito, che l'Assessore Salerno abbia chiarito il senso di certe dichiarazioni anticipatrici escludendo la veridicità di frasi attribuitegli secondo cui la scelta per il nucleare sarebbe già stata fatta: non vorremmo che certe forzature fossero fatte ad arte per strumentalizzare e creare un clima negativo nei confronti della questione energetica. Vi è invece l'esigenza di informare puntualmente e correttamente la comunità sulle iniziative da assumere attorno alla vicenda nucleare, di aver la partecipazione più ampia possibile al fine di costruire il consenso e pervenire all'accordo, con la partecipazione degli enti locali, poiché diversamente non sarebbero possibili scelte, né di vertice né di parte. Di qui la necessità anche di un quadro adeguato formativo-informativo. Consideriamo molto positivo il progetto di costruire un centro di informazione permanente, teso a fornire specie alle comunità locali interessate, tutte le informazioni relative all'intero ciclo di vita dell'impianto, ai problemi della sicurezza e della protezione ambientale.
La discussione sull'insediamento nucleare non sarebbe completa tuttavia, senza un riferimento anche alle ricadute economiche e occupazionali per le nostre zone, riferimento che pur un qualche peso deve averlo nelle nostre discussioni. Ricadute economiche di oltre mille miliardi per le industrie piemontesi, per le attività connesse alla fornitura di tecnologia e materiali sia per la costruzione della centrale che per l'indotto. A ciò corrisponde un carico medio, in cantiere, di circa 2.000 persone per sei anni, con punte di 3.000 persone. A ciò va aggiunta l'occupazione indotta per la realizzazione di strutture abitative ed opere di urbanizzazione, nonché quelle per l'esercizio della centrale, che ammonta, nei primi anni, a 500 persone circa.
Per quanto riguarda invece gli incentivi, in parallelo all'individuazione delle aree va svolta un'attenta analisi di carattere socio-economico dei territori interessati, al fine di predisporre rapidamente progetti integrati di sviluppo da realizzare congiuntamente alla costruzione della centrale. In questo quadro va ricordata la messa a disposizione di contributi agli Enti locali, che servano prioritariamente alla promozione dell'uso di energia rinnovabile ed alla tutela ambientale ed ecologica del territorio. In particolare, con le ultime modifiche apportare dalla Camera dei Deputati al D.D.L. 2383, il Comune ove sorgeranno le centrali riceverebbe 24 miliardi di contributo "una tantum" e sia il Comune che la Regione riceverebbero dall'ENI 6 miliardi all'anno per gli interventi sopra richiamati. Giustamente, è stato detto, essi vanno gestiti dalle comunità locali, non, solo salvaguardando, ma migliorando l'economia sociale e produttiva del territorio interessato.
Certo, vi sono anche problemi nell'ipotesi di insediamento nucleare, e di essi, responsabilmente si tiene conto. Problemi della sicurezza e della protezione ambientale: su essi vi devono essere precise garanzie. Vi è l'esigenza di informare la comunità locale sull'intero ciclo di vita dell'insediamento nucleare, unitamente alla possibilità di partecipare alla formulazione, gestione ed attuazione dei piani di emergenza esterna.
Dovranno essere date adeguate garanzie dagli enti istituzionalmente preposti in ogni fase di progettazione, realizzazione ed esercizio dell'impianto, rispettando l'applicazione degli standard internazionali in materia di sicurezza e protezione. Di qui anche una seria e realistica pianificazione delle emergenze con: a) più ampia informazione sul processo di controllo dell'assenza di inquinamento b) allargamento alle amministrazioni comunali e locali nella formulazione e gestione dei piani di emergenza esterna.
Siamo anche noi per l'obiettività scientifica e l'informazione chiara principi che si debbono tuttavia chiedere e pretendere da tutti, da chi è pro e da chi è contro la scelta nucleare.
Registriamo su questo dei passi avanti sia nel PEN sia nei documenti regionali, che sono - per così dire - anche più scorrevoli, di non difficile comprensione, compatibilmente con la complessità dell'argomento e i suoi contenuti tecnici. In questo quadro, si debbono sottolineare positivamente sia il superamento della logica della contrapposizione delle diverse fonti e tecnologie, sia gli obiettivi strategici del contenimento dei consumi e della sostituzione del petrolio nel bilancio energetico nazionale, nel tentativo di ridurre deficit energetico e dipendenza esterna.
Sotto questo profilo, nel condividere le indicazioni contenute nell'appendice A del PEN in ordine alla previsione di una centrale elettronucleare in una delle aree già segnalate lungo il corso del Po (Po l e Po 2) e nel dichiarare la disponibilità a proseguire con il Comitato Misto alla fase di individuazione definitiva delle aree, auspichiamo che siano approfonditi almeno due aspetti, il primo legato alle potenzialità di portata del corpo idrico al fine di avere un disegno completo delle risorse idriche e del loro possibile uso integrato e di conoscere dati più aggiornati sulle portate del Po. L'altro aspetto riguarda il riferimento alla densità di popolazione nelle aree interessate e alla distanza di sicurezza dei grandi centri dagli eventuali siti. Approfondimenti puntuali oggi indispensabili alle linee dei nuovi limiti di sicurezza stabiliti a seguito delle ricerche effettuate sulla base dell'incidente del 1979 di Three Mile Island. Il problema è di garantire un reale disaccoppiamento tra impianto e popolazione. Su questo terreno, un aggiornamento delle valutazioni tecnico-scientifiche a suo tempo approvate ci pare assai importante, anche per fornire informazioni più precise e possibilmente rassicuranti.
Per concludere, ci pare di dover innanzitutto confermare le indicazioni dell'ordine del giorno del marzo 1981 e gli indirizzi contenuti nel PEN.
Siamo poi d'accordo per questa indicazione preliminare, o presa d'atto delle due aree suscettibili di localizzazione degli impianti su cui svolgere approfondimenti tecnici relativi all'impatto ambientale ed alla sicurezza. Il Comitato Misto svolga tutte le operazioni tecnico-consultive ritenute necessarie.
Le scelte energetiche devono essere tali da tutelare, in primo luogo l'uomo e la sua salute: i rischi devono essere minimizzati, la sicurezza e la protezione sanitaria garantite quali variabili indipendenti di ogni intrapresa energetica. In secondo luogo, deve essere tutelato l'ambiente naturale: fra le regole di fattibilità dovrà essere considerata la compatibilità con la difesa di valori ecologici. In terzo luogo, le scelte energetiche dovranno rispettare l'equilibrio complessivo del territorio.
Sicurezza, ambiente, territorio, rappresentano i dati su cui si gioca preliminarmente il consenso pubblico. Essi appartengono perciò alle pre condizioni degli interventi previsti dal piano e indicati dall'ordine del giorno da noi sottoscritto.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo doveroso intervenire nel presente dibattito sugli adempimenti della Regione Piemonte in merito all'approvazione del Piano energetico nazionale e alle scelte conseguenti non certo per motivazioni biografiche: anche se sono nato a Trino; risiedo a Crescentino e lavoro a Saluggia, nel completo orizzonte dell'area Po 1.
Sarebbero queste episodiche e del tutto marginali, tono spinto invece dalla serietà del contatto quotidiano con la popolazione della zona, dall'urgenza pressante che il problema solleva, dalle nozioni (non oso nemmeno parlare di conoscenza come troppi sovente, almeno imprudentemente sostengono di avere), che sulla questione ho cercato di raccogliere senza nessuna pretesa né di completezza né di affondo, tuttavia non certo con superficialità raccogliticcia.
Credo sia difficile impresa oggi contrastare l'esigenza obiettiva del nucleare se non ipotizzando un vivere sociale, un progredire tecnico economico, un modificarsi in meglio del culturale rinunciatari e regressivi a stadi a cui nessuno, o quasi, si adatterebbe.
Ripeterei concetti e proposizioni già universalmente affermati e affermatisi, se non sottintendessi che, contestualmente all'impatto con il nucleare, occorre svolgere coscientemente ed intelligentemente una politica "volta al con tenimento dei consumi e al risparmio energetico, alla promozione di studi e sperimentazioni sulle nuove fonti di energia, al recupero delle centrali idroelettriche inattive, alla realizzazione di nuove centratine modulari", (virgolette perché nel documento) ed occorre quindi una scientifica attenzione a qualsiasi forma di nuovo in questo settore.
Mi scuso se vado fuori campo, ma con trasparente significato mi permetto di richiamare l'attenzione agli studi che vengono condotti ed alle sperimentazioni che vengono considerate (specie quelle francesi, ad esempio, l'impianto Law a La Loupe per riscaldamento ad uffici e a Neuville en Hez Bresles per essiccare il mais), da parte degli agricoltori risicoli per l'utilizzazione della paglia di riso come combustibile aziendale e per l'impiego della lolla di riso in sostituzione del gasolio. So che una bozza di ricerca è stata presentata all'Assessore Salerno dal Prof. Olmo dell'Università di Pavia. Con successo? Sollecito l'interessamento dell'Assessore, anche considerando che non è arduo trovare disponibilità presso numerose aziende del Vercellese e delle province confinanti per impianti pilota.
Nell'assunzione delle responsabilità che ogni cittadino, in ultima analisi, dovrebbe sentirsi ed a maggior ragione chi ne ha la rappresentanza nelle istituzioni, "se appare da condividere l'iniziativa intrapresa per promuovere la realizzazione del progetto di ricerca Ignitor, è per altro assolutamente necessario che il governo regionale assuma con la stessa determinazione le definitive decisioni sul nucleare".
E con molta franchezza, riguardando le carte ed i documenti del lavoro svolto in Piemonte collegato "al crescere che si è andato accentuando" (cito Bontempi) "in questi ultimi anni, della consapevolezza della necessità di una cultura dell'energia, anche occasionato dalle responsabilità che ci siamo assunti a partire dal 1976 per quanto riguarda il tentativo di individuare il 'sito per una centrale nucleare', con molta franchezza - dicevo - bisogna rilevare i tempi morti, l'attenuazione operativa, una attesa tra auspicata e temuta magari di soluzioni esterne tuba allentata Determinazione che ha lasciato il problema in sospeso. N vale attenuare le proprie carenze, la puntigliosa 'ricerca delle carenze altrui,sia il Parlamento, sia il Governo, siano gli organismi tecnici in un gioco caleidoscopico di responsabilizzazioni che, se anche ci sono, e ci sono, non sono talmente interagenti con quelle della Regione da giungere all'indulgenza plenaria per la Giunta e per la maggioranza regionale.
A questo proposito ribadisco quanto già detto da altri ed è presente nelle proposte di ordine del giorno di Bontempi, Viglione, Mignone: la riconferma della "volontà della Regione Piemonte ad affrontare il grave deficit energetico nazionale, ecc. ed a governare per intero la scelta nucleare nelle sue articolazioni propedeutiche relative alla fase individuativa ed alla fase localizzativa, ecc.".
Però, nel fuggire dei giorni, le date dicono: risoluzione delle Commissioni industria del Senato e della Camera: 22 ottobre 1981; delibera del Cipe: 4 dicembre 1981; pubblicazione del PEN sulla Gazzetta Ufficiale: 8 gennaio 1982; scattano i 150 giorni (purtroppo sono scattati) entro i quali le Regioni debbono indicare "almeno due aree d'intesa con i Comuni interessati, con il parere del Ministero della sanità".
Ieri e oggi, 4 e 5 marzo, noi abbiamo dato probabilmente il via ed i giorni che rimangono sono soltanto più 90.
Il Ministero della sanità è presumibile che in tempo utile dia il parere richiesto dalla legge 393 se non altro perché il Ministro è piemontese.
Rimangono le scadenze temporali strettissime per le delibere di individuazione delle aree suscettibili di localizzazione degli impianti sia del Consiglio regionale che dei Comuni interessati (nell'area Po 1 almeno una decina; con l'ipotesi Genovese di ieri salgono ad una trentina e più).
Veramente la Giunta non vuole rinviare per provvedimenti sostitutivi al Governo? Che poi a me sembra invece sia il Parlamento, se la legge 393 dice che: "Le aree sono determinate con legge su proposta del Ministro per l'industria, commercio ed artigianato di concerto con il Ministro per il bilancio e la programmazione economica".
In tal caso i ritmi devono essere molto più sostenuti di quanto non lo siano stati fino ad ora. Non sarà impresa futuribile verificare tale evenienza sorretta da una decisa volontà politica perché già entro marzo i Comuni in pratica dovranno essere dotati di tutti gli strumenti conoscitivi ed idonei ad una corretta decisione. Ma decisioni di tale rilevanza non possono essere delegate esclusivamente ai Consiglieri comunali senza che le popolazioni, le forze sindacali ed imprenditoriali e tutte le componenti politiche, le organizzazioni sociali, culturali ed ecologiche siano direttamente investite dalla questione, perché potrebbe trattarsi per la zona di uno scardinamento di sistemi, di orientamenti nuovi nella programmazione socio-economica e nella strutturazione del territorio, di abbandono delle tradizioni, almeno in parte. Non voglio pennellare in nero ma dal vivo sto constatando che, forse anche ingiustificatamente (ma allora occorrono prove portate a conoscenza di tutti), le tinte rosee e le assicurazioni paternalistiche trovano scarsissima udienza presso le popolazioni.
La gente non sa, la gente non crede; non voglio certo giudicare n discuterne ora se a ragione o a torto: constato. Ecco il vuoto che viene addebitato alla Regione. Dal 1975 si trattano questi problemi. Non c'era il PEN, è vero, però non posso pensare che qualcuno della Giunta e del Consiglio regionale passati e presenti non sapesse che il calendario comunque avrebbe segnato una data: se non altro, almeno dopo il 18 marzo dell'anno scorso.
Si può obiettare che solo da poco è stato nominato il Comitato misto: non è una obiezione, ma è un aggravamento di accusa. Se è vero come è vero che nel programma della Giunta regionale per il quinquennio 80/85 dell'inizio della legislatura si legge nella parte terza, punto settimo dell'energia, a riguardo del nodo nucleare: "Momento fondamentale di questo indirizzo programmatico ed operativo è la costituzione di un gruppo misto di lavoro composto da Regione, Enel e Cnen al fine di giungere ad una conclusione che elimini ogni dubbio, e poter decidere in tempi brevissimi".
Se è vero, come è vero, che l'Assessore per l'ambiente e l'energia annunciava il 12 marzo dell'anno scorso a pag. 17 della sua relazione nel dibattito consiliare sull'energia: "Per meglio rappresentare la volontà più ampia e seria, di affrontare il nodo nucleare in termini partecipativi e democratici verrà prossimamente istituito un Comitato misto che, unitamente alla Giunta regionale ed agli Enti centrali responsabili, quali l'Enel ed il Cnen, sarà allargato a tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale con lo scopo di costruire rapporti continuativi con le autonomie locali e di richiedere un pacchetto irrinunciabile di garanzie, alla cui formulazione sarà richiesta la partecipazione della comunità regionale intera".
Il Comitato misto si è riunito, se non erro, due volte nei due mesi di sua esistenza. Il campo di lavoro è immenso: auguro al Comitato la forza la costanza e l'impegno per ararlo a fondo nei tre mesi che ci separano dall'8 giugno. Ma un forte dubbio e il conseguente sospetto rimangono.
L'attuale Giunta, sarà pur doveroso notarlo, non partiva certamente da zero in questo settore, nel luglio 1980 quando stilava il programma di legislatura, "poteva prendere atto" allora come ci si propone nell'ordine del giorno "di prenderne atto ora", "delle premesse e degli studi propedeutici, patrimonio della seconda legislatura regionale".
Questi andavano, senza citare la persin soffocante letteratura tanto ce n'era e ce n'è più generale ed interessante il settore nucleare nei dibattiti senza fine dei pro e dei contro, andavano esemplificatamente dicevo, con riferimento alla nostra situazione piemontese, dalla bozza per l'intero rapporto di centrali nucleari in Piemonte, sull'insediamento del prof. Bertuglia del dicembre 1976 ai "requisiti dei criteri di scelta dei siti" approvato dal Cnen nel 1977, dopo che già aveva presentato nell'aprile 1976 una relazione sulla ricerca di aree suscettibili di insediamenti di centri nucleari nella Regione Piemonte; dal dibattito coscienzioso e vario sviluppatosi in Consiglio il 5 luglio 1979 sulla relazione dell'intercommissione, alla relazione conclusiva del 23 febbraio 1977 della Commissione scientifico-tecnica cui era stato commesso l'esame della ricerca del Cnen.
Pure fondamentali erano e sono gli atti della Conferenza regionale sull'energia del 19/20 ottobre 1979, comprendenti relazioni e comunicazioni che abbracciavano e sondavano ampiamente il problema.
Mi scuso di aver insistito forse troppo sulle date, ma è giusto da un lato il riconoscimento per un ponderoso lavoro svolto, dall'altro però è anche inevitabile la constatazione che la gente (la gente e non gli addetti ai lavori) non è stata messa al corrente, se non a livello di notizie giornalistiche, di quanto si trattava. C'era uno spazio e c'è ancora tra l'approfondimento degli addetti ai lavori e la partecipazione di coloro soprattutto che vivranno il nucleare.
Ci sono tre mesi per costruire, solidamente però e senza scorciatoie il segmento che unisce le due realtà.
Ritengo quindi che sia rischioso ritardare il via se veramente non si vuole delegare ad altri, senza tuttavia precostituire un assenso né nostro né delle popolazioni in armonia in definitiva con le procedure stabilite dalla legge 393. Le quali, peraltro, sono tali da non concedere, se si vuole correttezza interpretativa o di azione, comportamenti personali colpi di fantasia, annunci neanche troppo velati di localizzazioni che trovano "comprensione", anche se Ariotti ha accettato l'originale versione semantica di ieri dell'Assessore. Questo difatti in fondo, è il senso, se non ho male inteso, dell'interpellanza presentata dalla signora Ariotti e pervenuta alla Presidenza del Consiglio il 10 dicembre 1981. Pensavamo che fossero una prerogativa poco ambita dell'opposizione i tempi lunghi per le risposte alle proprie interrogazioni ed interpellanze. In questo caso non è così e gradiremmo dall'Assessore una delucidazione chiara, se gli è possibile, senza rivelare eventuali contrasti latenti in Giunta e nella maggioranza e faticosamente forse tamponati dalla proposta dell'ordine del giorno presentata dai Capigruppo P.C.I., P.S.I. e P.S.D.I.
Siamo veramente curiosi di sapere perché le domande della collega Ariotti sono rimaste dei punti interrogativi senza eco alcuna - parlo evidentemente di eco udibile - risonante nella naturale sede democratica della nostra istituzione, cioè in Consiglio regionale.
Particolarmente sensibili, perché all'unisono con quanto pensiamo e diciamo, a tener conto che, cito testualmente dalla Interpellanza, "nel corso di questi ultimi due anni, trascorsi dal convegno regionale sull'energia, non si è dato vita a nessun lavoro di approfondimento e di informazione" chiediamo anche noi di conoscere se la discussione di ieri e di oggi è la risposta pratica, anche se tardiva, pericolosamente tardiva (perché il tempo passa); se è l'iniziativa, anche se tardiva, cito ancora "affinché colmando il vuoto di dibattito e di conoscenza cd questi due anni, si avvii una fondata e puntuale informazione, chiamando le comunità interessate ad esprimersi e ad incidere realmente sulle soluzioni da adottare e affinché tutte le decisioni in merito vengano assunte nel rispetto rigoroso della volontà delle comunità locali espresse direttamente attraverso le assemblee elettive locali interessate". E - fuori virgolette aggiungiamo: da noi, in Piemonte, in tempo utile.
In sostanza, si incominci subito a porre in atto sulla scorta di questo dibattito, l'impegno che le popolazioni aspettano e che in forme diverse sono state esposte. Non è giusto che a tanti ordini del giorno approvati unanimemente dai Consigli comunali - e cito, oltre a quelli di Trino particolarmente quelli dei Comuni di Palazzolo, di Fontanetto e di Ronsecco che è forse il più esplicito e senza tante elucubrazioni circonvolute debba essere riservata la poco gloriosa sorte che nel nostro Paese tocca ai troppo numerosi ordini del giorno.
Queste sacrosante espressioni democratiche, appena dopo questo dibattito consiliare, abbiano modo in prima persona, in dialettica con Regione, Enel, Cnen, Istituto superiore di sanità, coadiuvate da espressioni scientifiche degli Atenei piemontesi, di chiarire le "questioni inerenti la sicurezza delle centrali, il controllo pubblico delle loro attività (chi sa quanto e a che regime abbia funzionato la centrale "Fermi" di Trino? ), la salute delle popolazioni interessate, la salvaguardia ambientale e lo sfruttamento delle risorse con particolare riferimento alle risorse idriche". Questo entro l'8 giugno, perché anche i Comuni debbono deliberare per passare anche ad affrontare, attraverso un sistematico lavoro tecnico e scientifico, condotto localmente con le comunità interessate, gli aspetti specifici che queste questioni assumono (giustamente nota l'Ariotti), nella particolare situazione di Trino, del Casalese e del Vercellese (a questo proposito richiamando gli aspetti pericolosi della giacitura geologica e tettonica della zona, la scarsità dell'acqua che, peraltro, deve essere garantita all'intensa produzione risicola locale, l'effetto dell'inquinamento da vapori, tenuto conto che i venti dominanti spirano in direzione della collina).
Non potrà trattarsi di liquidare la questione con pacche sulle spalle o con mielate persuasioni. Saranno necessarie rigorose dimostrazioni perch di fronte ci saranno prove certificate da verifiche di decenni, ci saranno assunti probabilmente inconfutabili perché basati su dati portati da serissimi livelli universitari. Né sarà agevole glissare sulle previsioni promettenti soluzioni tecniche che possono rappresentarsi in modo, persino manifestamente, gratuito.
L'ordine del giorno dei Comuni citati (che distano 4/5 chilometri da uno dei siti, forse il principale, ipotizzati), deve essere il canovaccio dei problemi da risolvere e chiaramente, perché siano soluzioni intelleggibili per la gente comune.
Non si può inoltre sottacere, nel riferimento all'area Po 1 in tutta la sua estensione l'aspetto non soltanto psicologico di una popolazione che si sente eccessivamente protagonista e non solo nei confronti del Piemonte, ma di tutta l'Italia, nell'accogliere fonti energetiche e impianti nucleari specie se aggiungiamo, a trino ed a Saluggia, la centrale di Chivasso che dista una decina scarsa di chilometri.
Si dovrà procedere con molta ponderazione e assoluta, documentata convinzione, di fare la scelta migliore per giungere ad una spiegazione accettabile per chi vive tra la "Fermi" di Trino, l'Eurex di Saluggia e la centrale di Chivasso: oltretutto prevista dal PEN come centrale termoelettrica a carbone con due unità da 3000 Mw ciascuna.
Dopo questo primo tratto di strada che in fondo è una larga delimitazione di campo aperto alla ricerca, penso di non errare nell'interpretazione della volontà dei Comuni, della Provincia, dei tre Comprensori (altro problema che dovrà vederci presto impegnati), e delle organizzazioni particolarmente quelle agricole, non opponendomi al confronto. Non ritengo di rifiutare concrete possibilità di far emergere i dubbi e le certezze della gente e dei tecnici, soprattutto quando l'Enel nell'anno di tempo che la legge gli assegna eseguirà - e tutti ci auguriamo in modo chiaro su tutto il territorio delle due aree - cito la legge - "le indagini necessarie per l'accertamento delle idoneità tecniche delle aree prescelte e, nell'ambito dello stesse, per la determinazione del luogo ove può essere ubicata la centrale elettronucleare".
Se tutto l'itinerario sarà percorso insieme e palesemente "le Regioni di Intesa con i Comuni interessati", potranno determinare "definitivamente la localizzazione della centrale" se ci saranno le condizioni e le garanzie sufficienti.
La procedura indicata dalla legge 393 permette alle popolazioni di conoscere e determinare i caratteri economici e sociali della propria zona nonché le sue connotazioni territoriali. E' su questo che dobbiamo trattare. E' compito precipuo della Giunta, ma anche del nostro Consiglio assistere e seguire, pungolando perché non intervengano tempi morti nei quali possano allignare sospetti, colloquiando perché non ci siano conoscenze riservate a gruppi o peggio ad individui, verificando la ricerca dei tecnici per non essere obbligati senza piena avvertenza e deliberato consenso a scelte già fatte, ma precipuamente non disprezzando la scienza con la "s" maiuscola - che si manifesta nel buon senso popolare nell'esperienza di chi da generazioni coltiva la terra e segue il ritmo delle stagioni, nelle attività economiche con le ansie occupazionali e le prospettive di progresso, in sostanza, nella vita quotidiana che ha bisogno di respiro sereno e di pace operosa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Signor Presidente, signori Consiglieri, ritengo che nella discussione odierna, oltre che riprendere alcuni spunti da argomentazioni generali che furono oggetto di precedenti dibattiti sviluppati in quest'aula e nella stessa conferenza regionale per l'energia, sia necessario tener conto anche dei fatti nuovi rispetto ai quali, con l'ordine del giorno approvato un anno fa, ci sentiamo vincolati a fare la nostra parte. Come non riconoscere le giuste osservazioni, per esempio dell'amico Genovese? Dibattiti e consultazioni nelle zone della Po 1 in particolare si svilupparono a suo tempo e come non sottolineare che l'Enel e il Cnen allora e da allora sino ad oggi spesso si sono presentati con molti elementi di improvvisazione quasi come se nei fatti, mi si consenta di sottolineare questo, si fosse voluto consapevolmente lasciare le cose in una situazione di indeterminatezza, di sospensione e di vuoto. Siamo di fronte a fatti nuovi e non perché i nodi siano stati sciolti. Questi fatti sono stati richiamati e sono le due deliberazioni approvate dal Cipe il 4 dicembre e L'8 gennaio e la risoluzione approvata il 22 ottobre dalle Commissioni industria del Senato e della Camera.
In sostanza, i fatti nuovi stanno nell'approvazione del PEN e nell'avvio delle procedure previste dalla legge 393.
Il mio intervento non si sottrarrà dal rimarcare le nostre proposte peraltro già chiaramente enunciate dal collega Bruciamacchie, sul "che fare" da adesso ai primi di giugno per giungere a una delibera del Consiglio che individui le due aree su cui approfondire gli studi per poi indicare l'eventuale sito su cui costruire la centrale nucleare. Ripeto all'ordine del giorno del 18 marzo noi ci sentiamo vincolati.
Proprio per questo e per l'economia del dibattito non stiamo a riprendere tutta una serie di considerazioni critiche sull'operato del Ministro dell'industria che ha disatteso le raccomandazioni avanzate non solo dal nostro ordine del giorno del 18 marzo dello scorso anno, ma che prima erano state oggetto di precise proposte delle Regioni al convegno di Venezia. Ma l'economia del dibattito credo Comunque consenta alcune brevi annotazioni critiche che peraltro vengono da una forza che nelle Commissioni parlamentari si è pronunciata favorevolmente al piano energetico.
La prima annotazione riguarda alcuni limiti generali del PEN. Cosa vogliamo dire? Vogliamo dire che, se sono fondate le preoccupazioni di quanti sostengono Che in materia di energia elettrica in Italia al 1990 saremo ancora per il 47% vincolati al petrolio contro il 30% della Francia dopo che questa ha ridimensionato il nucleare portando da 9 a 6 le centrali preventivate nel suo programma di indipendenza energetica, contro il 22 dell'Inghilterra, il 16% della Germania, allora il PEN avrebbe dovuto dedicare maggiore attenzione al rapporto energia-industria, intesa nelle sue varie articolazioni settoriabile. Cosa che invece non avviene. Non solo, ma il PEN sembra ignorare la nostra collocazione nella comunità economica europea che comporta sì dei vincoli, ma anche dei possibili benefici tanto che il Commissario della Comunità economica europea per i problemi dell'energia, Etienne Davignon, muovendo una serie di critiche all'Italia, insiste nel lanciare appelli all'attuazione di politiche energetiche coordinate all'interno della Comunità europea.
Nel PEN non solo vengono delineate azioni a livello comunitario congruenti con gli obiettivi interni, ma non vengono mai sottolineati tra gli strumenti utilizzabili, quelli comunitari, a cominciare, per esempio dai programmi dimostrativi che la CEE può finanziare al fondo sociale europeo per l'addestramento e la qualificazione del personale (nel settore delle energie rinnovabili).
E tutto questo credo suoni come titolo di merito per la Giunta regionale che sui programmi dimostrativi si è mossa verso la comunità economica europea proponendo un proprio programma. Ma voglio dire che questo programma avrebbe certamente avuto ancora maggiore autorevolezza se fosse stato confortato da un preciso indirizzo programmatico all'interno del piano energetico.
La seconda annotazione riguarda le raccomandazioni contenute nella delibera del CIPE del 4 dicembre con le quali si considerano necessarie le convenzioni tra gli Enti energetici nazionali e le Regioni per valorizzare queste ultime nella programmazione dello sviluppo regionale e nella valorizzazione del territorio. Anche qui occorre dare atto alla Giunta di aver avviato le convenzioni e di essersi mossa in tal senso assai prima della delibera del CIPE. Le Regioni che si sono mosse in tal senso non sono molte e questo conferma ancora attenzione e sensibilità da parte della nostra Giunta. Noi crediamo però che queste convenzioni avvengano nel momento in cui gli enti energetici sono a un passaggio delicato. Non a caso si parla di un Cnen che dovrebbe occuparsi non solo più di nucleare, ma di tutti i settori energetici. E' un dato di fatto che, specie sulle fonti rinnovabili, oggi un po' tutti questi enti sono interessati senza che vi sia sul piano istituzionale una precisa definizione dei ruoli; è un dato di fatto che questa situazione di indeterminatezza porta ciascuno di questi Enti a sviluppare una specie di gara in concorrenza gli uni con gli altri per conquistare posizioni e precostituire situazioni di fatto prima della loro riforma.
Tutto questo oggettivamente produce delle tendenze che possono portare a rimettere in discussione i rapporti che la Regione ha costruito con gli altri soggetti impegnati nella politica energetica.
E' un problema indirettamente presente sulle questioni delle centraline idroelettriche, nel rapporto tra Enel ed aziende municipalizzate autoproduttori, che peraltro abbiamo sollevato con una nostra interrogazione. E' un problema che comunque si pone in termini molto più evidenti sul teleriscaldamento, dove la convenzione con l'ENI non deve ostacolare o ritardare quanto altri Enti stanno promuovendo sull'utilizzazione di calore della centrale di Moncalieri o sul progetto più vasto di teleriscaldamento per alcuni quartieri di Torino.
Bene, quindi, alle convenzioni e ai protocolli di intesa. Se una raccomandazione comunque ci è consentita, è che su vari aspetti delle fonti rinnovabili e sui vari progetti si faccia leva sii gruppi di lavoro i per evitare sovrapposizioni e ritardi che sono possibili e anche verificabili.
Una terza ed ultima annotazione riguarda un indirizzo che condividiamo del PEN, ma su cui avvertiamo uno scarto tra le cose che il PEN dice e il modo con cui si muove il Governo.
Non è un mistero che il nostro giudizio positivo sul Piano energetico è riconducibile, tra l'altro, al fatto che il nucleare viene considerato, nei fatti,una fonte complementare.
Non a caso sia la delibera del CIPE del 4 dicembre, sia le risoluzioni delle Commissioni industria della Camera e del Senato sia,infine, lo stesso PEN pongono al primo punto il risparmio energetico e le energie rinnovabili e le risorse locali per poi individuare nel carbone e nel nucleare le alternative al petrolio.
Se così stanno le cose, l'impressione che abbiamo è che in Piemonte il governo e gli enti energetici si muovano in modo tale quasi come se ci fosse una specie di centralità del nucleare. Intendiamoci: il nodo del nucleare esiste ed esiste con tutte le procedure previste dalla 393 i cui tempi vanno rispettati. Ma in che chiave leggere i ritardi paurosi della 2383? In che chiave leggere la notizia che il Centro di progettazione dell'Enel di Torino per due anni non avrà nulla da fare perché, pur avendo 5/6 interventi idroelettrici che possono partire, l'Enel sostiene di non avere i soldi ed annuncia la paralisi e la non utilizzazione di un centro che, pur lavorando prevalentemente in Piemonte e Valle d'Aosta negli anni passati (anche per la sua professionalità nel settore idroelettrico) ha lavorato sul territorio nazionale.
Non sto qui a riprendere le cose che in quest'aula ci siamo detti sul terziario superiore, come componente organica del sistema industriale, ma credo sia chiaro che qualora venisse avanti nei fatti una centralità del nucleare, il rischio di perdere o di ridimensionare tecnostrutture come quella dell'Enel è un rischio reale.
Il compagno Montefalchesi, toccando questo tasto, ci invita a riflettere. Il suo ragionamento è che non esistendo le risorse per portare avanti il nucleare e l'attivazione delle fonti alternative si scelga. E lui sceglie le fonti rinnovabili. A conforto della sua tesi, ripropone studi dell'Enel e delle organizzazioni sindacali che potrebbero portare attivando tutte le fonti, a 2 mila Mw di potenza, 1500 più 500 determinati dai piccoli salti di acqua secondo lo studio del Prof. Mosca.
Questo studio del Prof. Mosca torna spesso in ballo, ma credo sia giusto sottolineare che non sono mai stati fatti degli studi di fattibilità, né si è mai valutato il rapporto costi-benefici e che, qualora lo si valutasse seriamente, credo porterebbe a delle cifre ed a degli impegni di spesa notevoli.
2 mila Mw di potenza, come vengono proposti dal PdUP, equivalgono alla potenza di due unità standard previste dal PEN.
Per carità, ogni posizione politica ha una propria dignità, non voglio togliere nulla a quella del PdUP, voglio solo sottolineare che l'idroelettrico ha la metà di utilizzazione in termini di ore rispetto al nucleare, cioè a parità di potenza una centrale nucleare produce il doppio di una centrale idroelettrica; la produzione finale quindi delle proposte del PdUP sarebbe quindi del 40/50% inferiore al nucleare e quindi il problema nucleare cacciato dalla porta ritornerebbe dalla finestra perch anche agendo sulla domanda di energia non si riuscirebbe mai a colmare questo divario.
Peraltro quando si parla di energia, si parla di scelte strategiche per il paese e allora proprio perché il PEN ha una propria linearità logica sottolineata e rimarcata dal Parlamento la distribuzione delle risorse deve tener conto di questa linearità. Noi siamo per il nucleare come componente complementare, non siamo per la centralità del nucleare. Ecco perch rifiutiamo, anche cercando di essere i più oggettivi possibile, da un lato ogni tipo di esorcismo e dall'altro ogni esaltazione acritica, cioè ogni forzatura nei ragionamenti che ci porti su un terreno deviante.
E a questo proposito credo che la posizione del Governo che vorrebbe ricondurre al nucleare un massiccio volume d'investimenti che sarebbero messi in movimento in Piemonte e soprattutto massicci investimenti rivolti alla riconversione industriale, sia fina posizione non troppo fondata.
L'industria termo-meccanica ad alta tecnologia, quella che può essere interessata alla costruzione di una centrale nucleare, salvo la Fiat TTG, è quasi tutta fuori dal Piemonte. E' vero che lo Stato dal 1976 al 1981 ha investito 27 miliardi per i programmi di ricerca e di sviluppo a favore delle aziende piemontesi. Si tratta di soldi andati alla costruzione della sala prove per le pompe primarie della Fiat TTG; un'azienda però che nel 1980 ha utilizzato il 20% delle proprie ore-lavoro sul nucleare contro, per esempio, il 70% per la costruzione di impianti di generazione con turbine a gas.
Vogliamo dire che, per quanto riguarda l'industria le possibilità di ripresa e di riconversione possono affidarsi di più in Piemonte su altre fonti tecnologicamente meno impegnative, quali il teleriscaldamento, la cogenerazione e meno sul nucleare: in Piemonte esistono ditte che producono meccanica per centraline idroelettriche, ditte qualificate per esempio come la Joannes nelle pompe di calore, nel settore termoelettrico.
Questo nostro ragionamento non vuole certamente sminuire o sottovalutare l'importanza di un investimento così massiccio come quello che il nucleare implica: vuole però ricondurlo a termini oggettivi.
L'impegno del nucleare appare prevalentemente caratterizzato nell'industria piemontese nella componentistica meno nobile. A questo fatto non è estranea in Piemonte anche una mancanza di subfornitori in grado di rispondere alla qualità della domanda che il nucleare suscita; sicché, una distribuzione del lavoro all'indotto che è certamente di proporzione notevole, ricade per molta parte fuori dal Piemonte.
Ci sembra giusto sottolineare tutto questo proprio nel momento in cui riaffermiamo la nostra scelta ed il nostro impegno per il nucleare e affermiamo che devono essere rispettati i tempi fissati dal Cipe.
Venendo alle procedure, credo sia da condividere il taglio dato dall'Assessore alla relazione introduttiva e non sto qui a riprendere le cose dette dal compagno Bruciamacchie nel suo intervento, le forti sottolineature che abbiamo voluto fare sulla necessità di un rapporto corretto e trasparente con le comunità locali senza il quale non è possibile entro giugno giungere alla delibera di individuazione delle aree.
Le cose che stanno maturando in questi giorni sono però cose che rendono assai delicata questa fase che va da adesso fino all'8 giugno.
Nella zona di Trino, a un ordine del giorno molto responsabile approvato da tutte le forze presenti in quel. Consiglio comunale, si accompagnano ordini del giorno di alcuni Comuni della zona che si pronunciano contro l'individuazione dell'area Po 1.
Nell'Alessandrino non mancano segnali di opposizione all'individuazione della zona Po 2.
Ora io credo che parte delle difficoltà siano da ricondurre al peso ed alla influenza che esercitano su questo tema , coloro che esprimono un'avversione totale e di principio al nucleare, anche se mi pare che rispetto ad alcuni anni fa si registri una minore consistenza di questo tipo di opposizione.
Ma il Comitato Misto, sia nella sua componente istituzionale che in quella rappresentativa di Enti energetici, non può ignorare che parte delle opposizioni, quelle più responsabili, hanno elementi di fondamento che occorrerà rimuovere, ma che sono reali.
A cosa ci riferiamo? Ci riferiamo al fatto per esempio, che gli studi avviati dal CNEN nel 1976 avevano come parametri di riferimento l'approvvigionamento idrico e la densità demografica. Ora nella zona di Trino la disponibilità idrica attuale rende difficile conciliare la centrale con l'agricoltura.
Queste cose sono anni che si sanno, ma si sa anche che su questi argomenti si basa l'opposizione di fondo, tutto il resto (il mutamento del microclima con le torri di raffreddamento, gli altri aspetti di impatto ambientale-socio-economico) sono aspetti complementari, gli elementi di opposizione fondamentali stanno soprattutto sull'approvvigionamento idrico.
Ora sarebbe stato auspicabile che in questi anni l'Enel e il Cnen si Fossero mossi prospettando ipotesi di soluzione a questo problema. Vorrei essere smentito, ma lo stato attuale degli atti dimostra che in questi anni non ci si è mossi. Come spiegarsi, amico Genovese, non l'operato della Giunta e del Consiglio in questi anni, ma il ruolo passivo e burocratico del Cnen, l'atteggiamento - consentitemelo - ingiustificabile e incomprensibile dell'Enel il cui recente attivismo, abbiamo l'impressione invece di giovare per il nucleare in questi mesi ne nuocia. Per Isola S.
Antonio, lo ricordava Bruciamacchie, si pongono problemi di compatibilità in termini di impatto ambientale con Bastida Pancarana.
Se sollevo questi due problemi è perché, stante il loro spessore, senza voler togliere nulla all'autorevolezza del Comitato misto, la Regione da sola non può dare delle risposte che rimuovano perplessità e resistenza.
Queste risposte può darle solo il Governo che alle consultazioni deve essere presente per dire concretamente in termini di progettualità e di investimenti, cosa intende fare e come intende impegnarsi. Condivido fino in fondo le considerazioni sviluppate da Salerno, specialmente quelle che auspicano un ruolo della Regione come ente di coordinamento dell'attuazione della politica del nucleare. Ma un coordinamento ha bisogno di riferimenti precisi su cui il Governo deve pronunciarsi sulle due questioni sollevate.
E deve pronunciarsi prima del 6 giugno, prima che si aprano le procedure sulla ricerca e sulla localizzazione del sito, sperando - mi si consenta una battuta che è anche una constatazione amara - che l'impegno del Governo non si concluda con l'esito a cui abbiamo assistito in merito alle 6 centrali idroelettriche segnalate dalla Regione e dagli Enti locali al Ministro La Malfa.
Dopo un carteggio La Malfa-Corbellini sul finanziamento dei lavori di queste 6 centrali il risultato è che i finanziamenti non sono per ora assicurati, però intanto il centro di progettazione dell'Enel viene ridimensionato.
Occorre la presenza del Governo alle consultazioni, dunque, un Governo che assuma impegni e dia garanzie se si vuole recuperare il tempo perduto.
Credo sia assai poco praticabile la strada di quanti, avvertendo le difficoltà, le resistenze e le perplessità presenti nelle comunità locali già pensano al potere sostitutivo delle Regioni dopo il 7 giugno, cioè dopo i 150 giorni previsti dalla 393 o, addirittura, richiedono una modifica alla legge tale per cui il parere della Regione e delle autonomie locali non sia vincolante agli effetti delle decisioni da assumere.
Indicazioni di questo tipo si avvertono, le abbiamo avvertite in occasioni precedenti anche nelle parole di altri colleghi, ma le abbiamo anche avvertite nelle autorevoli parole di alcuni Ministri che, proprio qui in Piemonte qualche mese fa, sono venuti a sostenerle, magari limitandole alle centrali idroelettriche, come ha fatto il Ministro La Malfa, ma affermando un principio estensibile al nucleare. Se si seguisse questa strada mi chiedo se non si accentuerebbero angora di più quelle tensioni che oggi sono presenti nelle zone interessate.
Come forza politica noi rivendichiamo sul nucleare non solo la posizione che abbiamo assunto: rivendichiamo la nostra coerenza di comportamento, il nostro impegno a fare la nostra parte fino in fondo sapendo, peraltro, che la nostra posizione non è né comoda né facile, anzi è resa più difficile dai ritardi dell'Enel e del Cnen, dai nodi non risolti, dalle situazioni di indeterminatezza a cui per anni abbiamo assistito.
Ma rivendicando tutto questo, rivendichiamo anche alle Regioni ed agli Enti locali il loro ruolo di governo. In linea di principio tutto questo ce lo impone il rispetto che noi abbiamo nella nostra cultura politica del sistema delle autonomie locali; in linea di fatto ce lo impone la visione che noi abbiamo dei problemi energetici. Quando il PEN pone, come pone, ai primi punti dei propri obiettivi il risparmio e l'utilizzo delle fonti pulite, ebbene, non si può pensare a una struttura così diversificata e così ampia come campo e consistenza degli interventi senza pensare alle Regioni, agli Enti locali come soggetti protagonisti della politica energetica. Il nucleare non è un'altra cosa rispetto a tutto questo: la massa di risorse che mette in moto l'uso finalizzato dell'acqua, il suo impatto sul territorio non sono un'altra cosa, sono parte integrante di una politica energetica che deve basarsi soprattutto su degli indirizzi di carattere regionale.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non ho preparato una relazione, mi sono avvalso di alcuni studi prevalentemente tecnici di cui rivelerò subito la fonte. Ma prima ancora di dire questo, prendendo spunto da quanto diceva il precedente relatore Ferro, mi è sembrato di capire che con troppa facilità c'è una tendenza a giocare allo scarica barile: non ho niente in contrario a che il Governo sia presente alle consultazioni, dato che trattasi di decisioni così importanti è bene che tutti debbano concorrere; quindi anche il Governo in particolare dovendo lui mettere a disposizione una massa di miliardi; non vorrei però che nel rapporto Regione-Governo, con troppa facilità qualcuno non sia portato ad acquisire per tutti i meriti possibili soprattutto quando dal Governo si hanno disponibilità e soldi da dare alla gente; e scaricare sul Governo in prima persona invece quando ci si sono da assumere decisioni che comunque sono impopolari e difficili.
Detto questo dirò che condivido in pieno la relazione fatta dall'amico Petrini nella seduta di ieri a cui si sono aggiunte queste cose dette da Genovese. Ho sentito anche altri, per cui sono chiare le esigenze del mondo in cui viviamo e sulle quali sono d'accordo; non ne ho mai fatto mistero affinché si prenda questa decisione, visto che lo Stato, gli organi superiori hanno stabilito che, in rapporto alle esigenze, questa Regione deve dotarsi di una maggiore quantità di energia che non può essere altrimenti trovata, oltre che al recupero di tutto quello che è possibile fare con l'energia bianca. Quindi non sono pregiudizialmente contrario anzi, sono del parere che è un rischio che bisogna correre, se rischio si vuol vedere, perché altrimenti il mondo non andrebbe avanti. Ma siamo qui per decidere, o per tentare di decidere di indicare dove costruire la centrale nucleare e, a mio giudizio, tutti i posti sono buoni, a patto che ci siano le condizioni adatte per poterlo realizzare perché un'operazione di questo genere, come del resto altre, è di un'importanza tale, non solo agli effetti economici, ma agli effetti dell'adattamento o del disadattamento di un intero ambiente, sui quali poi non si può più ritornare indietro. Trattasi di avvenimento che rimane nella storia del territorio di una Regione.
Alcuni dati tecnici li ho rilevati e secondo me avrebbe dovuto rilevarli anche la Regione che dal 1975, forse anche prima, sta curando questa vicenda. L'Enel è ferma, il Cnen ha tutte le colpe di cui parlava prima Ferro, sembra che siano stati pigri, ma Viglione, devi ammettere che indipendentemente dalla pigrizia di costoro, noi avevamo il dovere e dovevamo per conto nostro, disponendo di una città come Torino, di tutte le strutture che ci siamo creati, del Politecnico, di ingegneri idraulici di fama mondiale tipo il Prof. Tournon, e se non è sufficiente l'Università di Torino ci sarà anche quella di Milano, Roma e Venezia per poter accertare tutte queste cose e oggi essere in possesso di queste conoscenze.
Allo stato attuale delle cose devo stare ad alcune indicazioni provenienti da alcuni comprensori irrigui che risalgono a circa 100 anni fa, quando Camillo Benso Conte di Cavour che governava queste terre decise di costruire i Canali Cavour nel periodo 1864/1882, e con il Canale di Cavour è entrato in funzione un sistema di irrigazione che interessa 150 mila ettari dei 170 mila irrigati per la coltura risicola. Quindi un patrimonio di esperienza di tal genere, non può essere ignorato, patrimonio che si rifà a tutte le vicende vissute attraverso un secolo e si rifà a una costante di accertamenti che questi Comprensori irrigui per necessità oltre che per virtù, hanno fatto durante tutti questi anni; questi dati cosa dicono? Dicono che il Po possiede acqua sufficiente per costruire una centrale nucleare da 2 mila Mw, che richiede un certo quantitativo d'acqua solamente nel territorio alessandrino dopo l'avvenuta confluenza nel Po del Sesia, del Ticino che pompa le acque dal Lago Maggiore e del Tanaro.
Nel Po in una determinata zona c'è un certo quantitativo d'acqua, nel Po in altra determinata zona, a Trino, non c'è acqua sufficiente per alimentare una centrale nucleare senza rubarla al sistema irriguo che interessa tutto il basso vercellese, tutto il basso novarese e la Lomellina, infatti il tratto del fiume tra Chivasso e Trino risulta essere quello meno dotato d'acqua. Secondo i dati dell'Enel relativi al periodo 1966/1974 il Po aveva a Palazzolo (appena a monte della derivazione al servizio della centrale ipotizzata) la portata minima assoluta di 3 mc/s la portata Q 355 (portata minima continua per 355 giorni all'anno) di mc/s 6; la portata di 12 mc/s è mancata per 30 giorni all'anno e quella di 20 mc/s per 50 giorni; ciò, nonostante che l'Enel, nel periodo considerata avesse dovuto richiedere, ottenendolo, dall'Amministrazione demaniale dei Canali Cavour che fosse ridotta a favore della centrale nucleare "E. Fermi" l'immissione d'acqua nel canale Cavour.
Non sono a dire che non si possa - fare anche a Trino quello che si potrebbe fare in quei luoghi, ma pongo delle domande: siamo in grado di assicurare questi quantitativi d'acqua? Se andate a vedere il comportamento delle amministrazioni del demanio (leggi Ministero delle Finanze), quando su richiesta dell'Enel per l'alimentazione della centrale elettrica in presenza di carenza di acque, addirittura consigliava all'Enel la realizzazione di un serbatoio di 200/250 milioni di metri cubi a Mazzé; e notate bene che l'acqua di questo serbatoio non servirebbe per l'irrigazione perché in ogni caso si scaricherebbe nel Po a valle delle derivazioni del sistema irriguo, quindi sarebbe fatto per la centrale.
Il discorso è quello che ho già avuto occasione di fare in Commissione: quali sono le garanzie, quali sono le capacità. Bisogna che si sappia quali sono le possibili capacità realizzative di bacini imbriferi a monte di tutto questo e quindi bisogna andare molto in su per avere disponibilità di acqua da regimare per non defraudare la zona agricola e nello stesso tempo per consentire l'alimentazione di quanto noi andremo a fare. Se siamo responsabili e coscienziosi dobbiamo avere la certezza assoluta che questo venga realizzato.
L'Italia, è noto, è carente di terreni fertili, povera di aree irrigabili e addirittura poverissima di terreni irrigati. Una delle poche zone che assommi la fortuna della fertilità a quella di essere dotata, a seguito del lavoro di generazioni e per La capacità di ingegneri idraulici di fama mondiale - di una rete di canalizzazioni razionali, è il comprensorio irriguo avente perno il Canale Cavour.
Trattasi di un'area che, per la interconnessione delle falde d'acqua sotterranee con le acque superficiali e per l'interdipendenza dei manufatti, costituisce un insieme omogeneo il quale, in sponda destra del Po, comprende la zona casalese servita dal canale Lanza e, in sponda sinistra del fiume, si estende la Dora Baltea sino al Ticino interessando quindi le province di Alessandria, di Vercelli, di Novara e di Pavia e due regioni, il Piemonte e la Lombardia. In questo comprensorio di 300 mila ettari si accentra la parte predominante della coltura del riso italiano: sono 150 mila ettari, su un totale complessivo di circa 170 mila in tutta la penisola.
Le portate di competenza, cioè i volumi d'acqua che i canali irrigatori dovrebbero in teoria riversare sui terreni del comprensorio sono, in pratica, in costante diminuzione per una serie di fattori tra i quali la regressione dei ghiacciai alpini, la diminuzione della piovosità nei bacini imbriferi alimentanti il Po, l'incremento degli usi civili e industriali dell'acqua. D'altro canto, l'aumento dei fabbisogni idrici per la bonifica o la sistemazione di terreni agricoli e l'espansione dell'irrigazione a motivo di nuove tecniche colturali ha pure contribuito alla vistosa diminuzione delle disponibilità d'acqua per l'agricoltura. La Regione Piemonte ha rilevato che nelle Province di Vercelli e di Novara a fronte di un fabbisogno di 2.700 milioni di mc, vi è disponibilità media di circa 1.900 milioni di mc d'acqua e, più precisamente, in un Convegno indetto dall'Amministrazione provinciale di Vercelli, tali dati sono stati riconosciuti errati per difetto.
In risicoltura le carenze d'acqua sono fatali se si manifestano al momento della semina il cui periodo utile è alquanto breve e avviene quando nei corsi d'acqua principali non vi sono ancora apporti per effetto del disgelo d'alta quota; ormai sono diventate abitudinali riduzioni delle dispense irrigue dell'ordine del 50/60%. La costante diminuzione in questi ultimi anni delle superfici investite a riso è dovuta anche a queste carenze; l'esercizio di un'attività altamente specializzata e dispendiosa come quella risicola non può essere condizionata dalle condizioni atmosferiche e cioè diventare aleatoria, in funzione di queste.
Ed è perciò che coloro i quali, per motivi diversi, sono più esposti agli effetti negativi delle carenze irrigue mentre sono in condizioni di passare utilmente a colture alternative hanno abbandonato o ridotto, le superfici aziendali coltivate a riso. La contrazione degli investimenti risicoli è stata, invece, assai contenuta nel basso vercellese: ma perch in questa zona le condizioni pedoclimatiche mal si prestano ad avvicendamenti colturali.
Proprio in questa zona, al centro del comprensorio in questione, è ipotizzata la localizzazione di una centrale nucleare di 2000 Mwe; l'area "Po 1" comprendente il territorio di Trino Vercellese è, infatti, una delle due proposte in Piemonte per l'installazione di tale impianto. Questa proposta ha trovato decisamente contrarie, le associazioni professionali dei produttori agricoli, quelle degli utenti irrigui e l'Ente nazionale risi perché il funzionamento di tale complesso comporterebbe, in primo luogo, l'automatica sottrazione d'acqua ora destinata ad uso irriguo.
Una centrale di tale tipo e potenza comporta la necessità di smaltire 960 mila kilocalorie di calore al secondo e, pur con l'uso di torri di raffreddamento di 130 m di diametro alla base e un'altezza di 140 m sarebbero necessari 1,5 - 2 mc/s d'acqua dissipati nella bassa atmosfera sotto forma di vapore e 18 mc/s di portata nel corso d'acqua: ricevente le acque di spurgo della centrale. Esclusa anche dal Cnen, oltre che dalla Commissione tecnico-scientifica nominata a suo tempo dalla Regione Piemonte, l'ipotesi di servirsi del Canale Cavour, il fiume Po, distante ben 8 km dal luogo prescelto per l'insediamento, sarà il corso d'acqua al servizio dell'impianto.
Tutto il mio discorso è diretto ad ottenere che il Canale Cavour costruito, 100 anni fa per irrigare i 150 mila ettari di terreno di cui ho parlato prima, non debba essere depauperato per alimentare la centrale perché sarà vero che si costruisce un qualche cosa di utile, ma si distrugge quello che si è fatto prima. Per ovviare a questo inconveniente occorre avere la sicurezza di avere dei bacini di ricarica allo scopo di poter alimentare l'uno e l'altra. Era doveroso fare questa puntualizzazione tecnica perché non è un discorso a difesa di una categoria, ma è un discorso di settore economico importante che interessa tutta la comunità regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, richiederò la vostra attenzione solo per pochi minuti anche perché dire delle cose nuove in questa materia credo sia difficile, dopo tanti anni, dopo tante discussioni, dopo tanti interventi e non mi attarderò su fattori tecnici n mi unirò alle proteste di quanti credono di essere territorialmente investiti, perché non ritengo sia questa la discussione che dobbiamo affrontare.
Dirò brevemente qual è il pensiero del Gruppo socialista che penso, in questa materia, abbia trovato più unità di tanti altri Gruppi, né si lancia in scontri all'interno, ma è propositivo rispetto all'iter che dobbiamo condurre, l'iter che ci è demandato da parte della legge parlamentare del 1975.
Questo dibattito era necessario, noi siamo presentatori insieme a Mignone e Bontempi (P.C.I. e P.S.D.I.) di quest'ordine del giorno.
Riteniamo che il dibattito, pur conseguendo a tanti altri dibattiti all'interno ed all'esterno di questo Consiglio, fosse assolutamente necessario, per dar vita all'iter procedurale che ci è affidato da parte della legge per giungere all'8 di giugno a dare il parere rispetto alle aree che devono essere individuate.
Diciamo subito, per quanto riguarda il nostro Gruppo politico, che faremo ogni cosa perché entro l'8 giugno il Consiglio regionale giunga a fornire il parere richiesto da parte della legge.
Voglio qui ricordare a quanti, immemori molte volte nella passione, del discorso o dell'intervento, tutta l'opera di ricerca informativa, che ha fatto l'Assessore Rivalta per anni, dal '75 al 1980 e, l'opera che hanno condotto successivamente l'Assessore Salerno e la Giunta regionale nel suo insieme di ulteriore ricerca, specificazione, informazione, i rapporti che si sono avuti con le popolazioni locali, con gli enti di ricerca, con tutta la parte che consentiva o no (io non sono fra quanti dicono che la parte che non consente va respinta tout court e non vanno discusse altre tesi alcune opinioni che possono avere un loro fondamento). Quindi bisogna ricordare, anche in polemica con alcuni interventi del Gruppo comunista e del Gruppo della D.C., che, per quanto riguarda alcuni momenti di informativa e di disponibilità verso le popolazioni locali, momenti importanti furono pur condotti e devo dire che questi momenti hanno trovato in molte parti (cito il casalese) molta disponibilità ad un dialogo che potesse vedere risolto un problema che, molti anni fa, sembrava irrisolubile.
Sotto questo aspetto avrei meno problemi e meno critiche perché, se da un punto di vista informativo, critica si può muovere, è certo quella di non aver forse usato tutti i mezzi di informazione di massa, per specificare meglio il problema non di un'area o di un'altra, perché non è di questo che si tratta, ma di far emergere un problema che riguarda il futuro del nostro Paese.
Voglio solo ricordare, anche rispetto al problema, che, sia la gestione Rivalta che quella dell'Assessore Salerno, hanno provveduto ad identificare tutte le fonti di approvvigionamento. Purtroppo non siamo riusciti a far approvare dal Governo una legge fondamentale che avrebbe dato l'avvio ad un nuovo processo di ricerca di nuove fonti energetiche. Sotto l'aspetto della ricerca delle fonti alternative credo che abbiamo fatto tutto il possibile.
Ci siamo scontrati a volte per la difesa dell'ambiente, come per le centrali del Gesso - quando la produzione idroelettrica e la sua specificazione ad altri usi, non ha fatto un passo innanzi, ci siamo scontrati quando, dopo il vertice di Venezia, l'uso del carbone sembrava essere quello più proprio, nel momento in cui siamo andati a ricercare alcuni momenti simili di trasformazione come nella centrale di Chivasso abbiamo trovato resistenze notevoli.
Nello spirito della legge del 1975, noi dobbiamo procedere a dare corso a questo iter che ci porterà all'individuazione delle aree sulle quali dovranno essere operate le ulteriori ricerche per la determinazione di quel momento più proprio che sarà il sito e la costruzione della centrale nucleare.
Dobbiamo però anche dire Che il Consiglio regionale nel suo insieme è più responsabile rispetto all'utilizzo del nucleare; ha piena coscienza che noi decidiamo oggi, non perché la legge ce lo impone, ma per la consapevolezza che, soltanto in un processo che veda l'utilizzazione di determinate materie noi possiamo arrivare a dare sviluppo economico e sociale alla nostra società. Perché c'è anche la tesi che ci porta a dire che questo sviluppo avviene sulla base quasi di un "cretinismo"; ma quando si chiede l'alternativa a questo "cretinismo di sviluppo", l'alternativa difficilmente emerge ed evidentemente non si è ancora trovata la soluzione che noi oggi, pur sofferta, pur con tutte le sue incertezze, offriamo.
Fummo anche accusati nel, passato, da altra parte, di ambiguità, di incertezza. Voglio qui dare atto a quanti, a volte negli anni scorsi, nella Giunta '75/80 videro incertezze nella soluzione di questo problema, cioè ritardi nell'avvio del processo. La Giunta '75/80 non ebbe delle incertezze; credo che abbia avuto, piuttosto, una sorta di grossa responsabilità rispetto ad un problema che non è di poco conto e se, come ha ricordato il Consigliere Vetrino sempre attenta a tutti i problemi del Consiglio, questa decisione di ieri e di oggi costituirà una delle questioni più importanti di questa legislatura, vuol dire che il processo verso il quale ci siamo avviati, non poteva essere risolto in due giorni o in una settimana, ma richiedeva penetrazione costante, un'informazione un'accettazione non ineluttabile, perché non c'è mai questo, di quanto doveva essere fatto per lo sviluppo della nostra società.
D'altronde io vorrei fare questa osservazione, collocandomi dopo lunga meditazione fra quanti ritengono che si debba dare rapidamente corso a questo processo: noi vorremmo sapere perché il nucleare è già stato utilizzato da lunghi anni, nel campo della medicina, della ricerca, in altri campi specifici della nostra società; ma il problema non è tanto di conoscere l'area in cui noi andremo a collocare la centrale, dato peraltro tecnico. L'indicazione che noi dobbiamo dare è un'indicazione rispetto a possibilità che sono emerse anche da documenti scientifici che ci sono stati trasmessi, quindi non di collocazione immediata laddove questa potrà essere fatta, ma noi riteniamo di dare piuttosto un giudizio di altro genere; potrà essere collocata in un sito o in un altro solo se l'energia nucleare è un'energia sicura. Qui sta il vero nodo della questione. Il nucleare si dice da qualche parte non sarà mai sicuro, non potrà mai costituire un metro di misura di garanzia per la vita umana, tale da essere utilizzato in una fase come quella energetica produttiva. Quanti affermano il contrario, dovrebbero dire questo anche nella fase della cura medica e ricerca scientifica, cose che invece oggi avvengono con sicurezza.
L'escludere il nucleare sarebbe grave errore; noi riteniamo che invece possa essere pienamente utilizzato.
Noi andiamo incontro alla definizione di questo iter che deve concludersi con l'8 di giugno nella certezza invece che la scienza, pur con tutti i suoi limiti e le sue improbabilità, rende abbastanza probabile il processo di dominio del nucleare nel nostro Paese.
Vogliamo allora dire che abbiamo presentato quest'ordine del giorno perché le forze politiche non possono giocare più a una sorta di scarica barile mutando opinione ed opinioni per accrescere consensi, rispetto a fette di opinione pubblica che possono essere divise rispetto a questo problema; noi abbiamo la certezza di arrivare anche al compimento di questo processo in un modo rigoroso ed attento.
Porrei il problema della sicurezza; la scelta di un sito o di un altro non è determinante ai fini della sicurezza perché se noi siamo nell'ambito di esatta individuazione la scelta può essere anche un sito o un altro a seconda che i tecnici ci offrano questa possibilità di capire quale è preferibile. Non è di questo che si tratta; se è sicura è sicura in qualsiasi località che sia idonea. Certo, è necessaria almeno l'acqua. Se è insicura, è insicura a Trino come dall'altra parte del Po o potrebbe essere insicura in qualunque parte del mondo.
Se noi diamo questo giudizio di sicurezza, se noi, che siamo stati per una moratoria nucleare, perché si individuasse effettivamente quell'area di sicurezza sulla quale noi puntiamo, se lo stesso Presidente Mitterand in Francia, con tutta la sua campagna elettorale problematica verso il problema, lo ha poi riavviato, e nel quale noi siamo dei partner e quindi produciamo energia al di là delle Alpi non potendola produrre qui nel nostro Paese, noi dobbiamo dire che tutto Questo ci porta a identificare in momenti di grossa probabilità di sicurezza (perché la sicurezza totale non potrà mai essere fornita da nessuno) che garantiscano lo sviluppo della nostra economia.
Non credo che in una società come quella europea, laddove i costi dell'energia pesano per alcuni prodotti sino al 40%, specie nella siderurgia, se la Francia oggi è in grado di fornire alcuni prodotti a dei costi inferiori ai nostri, non so come potremo collocarci nel mercato internazionale, non so come potremo competere. Questo ci porta a ritenere che, in un momento così grave di crisi, una somma imponente di investimento di 3.000 miliardi (questo è stato il dato complessivo che ci è stato fornito nella relazione - 2000 più 1000 - per un periodo di 10 anni), pu contribuire all'occupazione ed a un aumento più alto della qualificazione professionale, del benessere, della produzione.
Questa è l'opinione che io esprimo a nome del Gruppo socialista che ripeto, fu fautore negli anni passati anche dell'ipotesi di una moratoria che però non può non avere termine, attraverso tutto un lungo processo molto sofferto in cui si è tenuto conto di tutte le opinioni espresse, di quelle che furono espresse in modo forte, magari con scontri. Questo fa parte della nostra società democratica, affrontare e decidere, ma la nostra decisione non può più tardare perché sarebbe lo sviluppo del nostro Paese a farne le spese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, signori Consiglieri, mi pare che la vivacità dell'intervento del collega Viglione sia un po' lo specchio del dibattito che in aula stiamo conducendo su questo problema e dimostri ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, come un problema di questo tipo è così sentito dalla gente ed è così presente nella coscienza di tutti noi che abbiamo, per un verso, il compito di rappresentare nelle istituzioni la comunità piemontese, ma, per un altro verso, siamo cittadini che in questa comunità viviamo, operiamo, lavoriamo, abbiamo la famiglia, i figli.
Sentiamo questa nostra presenza nella società come importante, soprattutto quando stiamo per prendere delle decisioni che sono ritenute decisive rispetto al domani di questa nostra società, rispetto alle scelte che questa società vuole fare, rispetto al tipo di vita ed al tipo di società che vogliamo costruire nella nostra Regione. Spesso si parla di qualità della vita, di tanti cambiamenti non solo politici soprattutto dal 1975 nella realtà di cambiamenti ne abbiamo visti pochi, ma piuttosto si costruiscono invece delle immagini che dovrebbero tradursi in fatti politici ed amministrativi, delle immagini anche entusiasmanti per certi momenti e certi versi e su queste si costruiscono delle ipotesi che poi nella realtà lasciano spesso l'amaro in bocca.
Sicuramente le decisioni che dobbiamo prendere in questa materia, sono decisioni importanti e sono decisioni rispetto alle quali occorre avere quel tanto di capacità di distacco dagli aspetti emotivi che ognuno di noi porta dentro di sé, essendo pro ed essendo contro. Ci viene, dalla realtà delle cose, richiesta questa capacità di fare t}in salto di qualità e di riuscire a cogliere quanto di importante c'è oggi nell'esigenza di migliorare la qualità della vita, ma di saper cogliere, peraltro, quanta esigenza dobbiamo di potere e dover dare delle risposte rispetto ai problema economico complessivo della nostra società.
Credo che qualità della vita e sviluppo industriale ed economico, che vuol dire sviluppo sociale, sono due cose per cui, se abbiamo la capacità di graduarle e se riusciamo a collocarci in esse sapendone cogliere dell'una e dell'altra parte, gli aspetti centrali e guidarle non sottacendo gli aspetti positivi e negativi dell'una e dell'altra, in una sintesi che è la sintesi politica, occorre fare uno sforzo concreto. Sforzo che una forza politica deve saper fare e saper portare nelle istituzioni, nell'attenzione della comunità; se noi sapremo cogliere questi aspetti, sicuramente usciamo dalla grande difficoltà che tutto sommato aleggia in quest'aula, in tutte le forze politiche o in quasi tutte (escluderei chi è convinto anti nuclearista e rispetto la posizione di Montefalchesi). Ma direi in tutte le altre forze politiche, la mia compresa, credo si intreccino queste difficoltà che poi sono le difficoltà che rileviamo sul territorio e nelle realtà locali.
Condivido allora con quanto diceva Ferro; mi pare che parlare di nucleare come se il nucleare fosse il centro nodale della soluzione dei problemi energetici, è, a mio giudizio, un errore reale e psicologico; il nucleare è uno degli elementi che, a mio giudizio, dobbiamo mettere in gioco per ridurre la dipendenza dal petrolio e allora, siccome questo è un passaggio lento ma inevitabile, dobbiamo fare tutti insieme uno sforzo per ridurre questa dipendenza attraverso interventi sul nucleare, sul carbone sul recupero delle centraline, sulla cogenerazione. Non sto ad elencare questi problemi (li abbiamo elencati nel precedente dibattito e soprattutto mi sono impegnato ad essere breve e spero di riuscirci, non voglio pertanto entrare nel merito di questi temi), però credo che un obiettivo che noi oggi abbiamo e, a mio giudizio, siamo in ritardo di almeno 10 anni, il dovere di raggiungere, è quello di ridurre la dipendenza dal petrolio. Non concordo con le valutazioni di Montefalchesi, non tanto nel merito, perch è vero che oggi si può trovare sicuramente del petrolio al mercato nero, a Rotterdam, a un prezzo inferiore rispetto al passato e non è detto che il prezzo del petrolio non possa domani diminuire, ma io mi chiedo se queste affermazioni, che io rispetto, hanno avuto a monte le valutazioni politiche che devono esserci, a mio giudizio, se vogliamo essere seri ed obiettivi in quest'aula; mi chiedo come il problema della dipendenza dal petrolio, e quindi il problema inflattivo e della dipendenza dall'estero, è stato valutato rispetto a queste affermazioni. Non mi pare che il petrolio quando costa due punti in meno o due punti in più, risolva questi nostri problemi relativi alla bilancia dei pagamenti.
Mi chiedo se, a monte di queste affermazioni, è stata valutata la situazione di grave instabilità politica che noi dobbiamo registrare in questi paesi produttori e se noi pensiamo di dover continuare ad essere succubi, con una dipendenza che raggiunge livelli pericolosi, da aree nelle quali l'instabilità politica può essere gravemente pregiudiziale rispetto al nostro sviluppo e alla soluzione, dei nostri problemi.
E' per queste cose, non tanto perché il prezzo può aumentare o diminuire di due punti, che noi oggi dobbiamo ridurre la dipendenza dal petrolio peri nostri problemi energetici; ed allora, se sono vere queste cose, non ritorno, Assessore Salerno (perché non voglio fare un intervento polemico, ma costruttivo, anche perché sto tentando di riassumere le posizioni del Gruppo, impresa sicuramente non facile) sui problemi dei ritardi che avevo registrato nel precedente dibattito rispetto ai problemi degli studi sul teleriscaldamento, che a mio giudizio non erano stati fatti e non erano stati affrontati appieno; non ritorno sulla polemica che avevo fatto, sull'indagine seria regionale sui consumi e sull'utilizzo di energia che a mio giudizio è importante; su questa materia mi pare che l'Assessore Salerno si stia muovendo; credo però che la strada da oggi sia quella di definire una seria politica energetica regionale per capire se gli spazi nei quali possiamo intervenire sono, si, gli spazi con un intervento nucleare, ma sono soprattutto tanti piccoli spazi nei quali possiamo raccogliere, recuperare, risparmiare, nei quali ci possiamo inserire globalmente, intervenendo con decisione su questa geografia complessiva di problematiche energetiche, sicuramente avremo ottenuto dei risultati che forse non saranno pari a una centrale nucleare a 2000 Mw ma che sicuramente, possono essere significativi e possono soprattutto esserlo rispetto ad un fatto psicologico; cioè la gente, secondo me, i piemontesi devono rendersi conto che noi facciamo il nucleare perché va fatto e dopo aver fatto tutti gli sforzi possibili per recuperare tutto quanto è recuperabile sulle altre fasce d'intervento.
Allora, la gente si avvicina al nucleare con un altro spirito, con un'altra disponibilità, con un'altra volontà ad approfondire i temi.
Spesso, lo rileviamo (io sono il primo in materia), c'è dell'ignoranza che circola rispetto a queste cose, ci sono delle notizie false, ci delle strumentalizzazioni; allora la gente va informata, ma è disposta ad avvicinarsi a questa informazione, che l'Ente pubblico deve dare, nel momento in cui capisce che si è fatto di tutto e tutto quanto è possibile per recuperare in tutti i settori e che il nucleare è il salto di quantità.
Ma non è l'elemento centrale della nostra politica energetica; credo allora, che non si debba disconoscere che dalla II legislatura alla III molte cose sono cambiate. Capisco che molti di noi sono Consiglieri solo da questa legislatura e quindi non hanno tutto il bagaglio di esperienze acquisite nella II legislatura. Io sono tra questi, ma mi rendo conto che forse, alcune volte, chi è qui per la prima volta riesce ad essere più libero e più disponibile ad affrontare questo problema che nella II legislatura così vivacemente e in modo così approfondito, è stato affrontato e sviscerato.
Ho cercato di vedere, di leggere gli studi fatti, le relazioni, ma è chiaro che chi ha vissuto in quella II legislatura i confronti e spesso gli scontri con le realtà locali, avendo impostato male il problema ed avendolo presentato peggio alle Comunità locali, è chiaro che oggi porta con sé, ed io capisco e comprendo, le preoccupazioni di amici del mio partito e di altri, che giustamente chiedono oggi quali condizioni dl garanzia ci sono di più e migliori rispetto a quelle che c'erano nel 1979, le remore e le preoccupazioni tipiche di quel periodo. E' normale e naturale che sia così.
Allora io credo che alcune cose vadano dette rispetto a quella che è la linea della D.C. su questo problema.
Noi diciamo innanzitutto che non siamo d'accordo a che il Governo si sostituisca alla Regione e chiediamo, come Gruppo, che entro l'8 di giugno la Regione decida rispetto all'individuazione delle aree oggetto di studi per l'insediamento di una centrale nucleare perché noi riteniamo che un altro fatto nuovo ed importante, oggi, sia il Piano energetico nazionale che nella II legislatura non c'era.
Spesso abbiamo detto e abbiamo incolpato il Governo di non rispondere puntualmente a questo problema; abbiamo criticato i Ministri dell'Industria del passato; finalmente il Ministro dell'industria Marcora ha presentato il PEN e per noi questo, senza remore e senza sensi di colpa conoscendone e sapendone i limiti, è un fatto importante; lo accettiamo e in esso ci riconosciamo, quindi chiediamo che tempi e procedure in esso previste siano rispettate.
Credo che un altro fatto sia avvenuto ed è l'approvazione del documento in Consiglio regionale approvato il 18 marzo. Mi pare di aver sentito il collega Ferro dire poc'anzi che il Gruppo comunista si riconosce in quel documento; io dico che la D.C. si riconosce in quel documento.
Diciamo che l'istituzione del Comitato misto è un fatto importante e un significativo passo avanti, che dimostra la volontà di procedere su questa strada per arrivare all'apertura delle conclusioni.
Diciamo subito con chiarezza che queste consultazioni devono vedere una 'grande, larga, totale, completa partecipazione di tutte le comunità locali; riteniamo che queste consultazioni debbano vedere attuati parallelamente, tutti gli approfondimenti tecnico-scientifico-ambientali di impatto socio-economico necessari per presentarsi nelle comunità locali con le carte in regola per discutere di questa materia e per dare soprattutto delle risposte serie e concrete su questo terreno.
Non entro nel problema delle risorse idriche, l'hanno fatto i miei colleghi meglio di quanto potrei farlo io; non entro nel problema dell'agricoltura, della sismicità dei suoli; non entro in tanti problemi che sono presenti a tutti noi, ma dico che è fondamentale che le scelte rispetto ad un eventuale insediamento della centrale nucleare non ;possono a nostro giudizio dipendere da contrattazioni politiche, ma devono essere delle scelte serie ed oggettive fatte sulle basi di risultati scientifici.
Noi non accettiamo scelte politiche che passino sulla testa della gente in base alle quali si decida di mettere la centrale qui piuttosto che là perché qui qualcuno è più disponibile e là qualcuno lo è di meno, perch questi sono allettati dai miliardi che qualcuno gli darà e quelli di là invece non sono interessati a questi miliardi.
Chiediamo che la scelta venga fatta sulla base delle individuazioni e degli studi che scientificamente dimostreranno quale delle due soluzioni è la più idonea, e io credo sia pretestuoso, oggi, in questa fase, dare dei giudizi rispetto a delle scelte che mi risulta, per affermazione del Presidente e dell'Assessore, non sono state fatte, al di là di certe interviste. Io do più importanza alle dichiarazioni fatte negli organi ufficiali (Comitato misto) di certe interviste, non perché non apprezzi i giornalisti, ma perché spesso nelle interviste si corre il rischio di non essere capiti, di non farsi capire o di essere fraintesi.
Le scelte si fanno quando abbiamo tutti gli studi finiti e si capisce quali sono i rischi da una parte, i rischi dall'altra; tant'è che io, in Comitato misto, ho anche detto con una battuta provocatoria per certi aspetti: "il Piemonte, credo abbia diritto di sapere se ha le condizioni perché una centrale nucleare venga insediata", perché oggi non sappiamo se ci sono le condizioni per insediare una centrale nucleare. Questi studi devono essere finiti. A Filippona, studi non ne sono stati fatti, non c'è una pagina di studio su quell'area ci sono degli studi sull'area di Trino nell'ordine del 50% degli studi complessivi, quindi voglio dire, facciamo gli studi da una parte dove non li abbiamo, completiamo gli studi dall'altra e scientificamente si deciderà quale è l'area che può essere oggetto di questo insediamento. Allora, da parte nostra, rispetto dei tempi, informazione; e condivido pienamente la proposta fatta dal collega Petrini e lo voglio ringraziare per l'ampia relazione che ha svolto in aula come Vice Presidente della VII Commissione, ampia, puntuale, approfondita molto seria, per la proposta che ha fatto di un laboratorio d'informazione regionale a Torino che è un primo passo avanti, ma non l'ultimo: bisogna informare la gente per due ragioni: perché l'ha voluto il legislatore affinché ci fosse il consenso della gente rispetto a queste scelte; noi abbiamo il dovere di informare la gente. Secondo perché riteniamo che scelte di questo tipo, sofferte, faticose, difficili, debbano essere fatte con la gente e la gente va informata.
Sicuramente il Governo deve fare la sua parte, non ho colto bene gli aspetti posti da Ferro su questa parte, ma lui sento di poter dire che il Governo deve fare la sua parte e deve essere presente sul territorio con tutti i supporti e tutti gli interventi necessari per affrontare questo problema; non credo sia utile speculare rispetto alle diversificazioni che ci sono all'interno dei vari Gruppi perché altrimenti dovrei dire che la maggioranza su questo problema è molto poco solida. Mi interessa dire che questo è un problema che va affrontato seriamente, che va al di là delle disarticolazioni che ci possono essere all'interno dei singoli Gruppi delle maggioranze e delle opposizioni. Mi interessa dire che su questo problema bisogna essere rigorosi perché il problema della sicurezza è un problema fondamentale.
Noi dobbiamo togliere dalla gente la sensazione che spesso la faciloneria e la semplicità con la quale facciamo alcune volte le cose possa essere presente in una scelta come questa. Noi dobbiamo dare alle popolazioni non la sensazione, ma la certezza che le istituzioni, il Governo, la Regione, gli Enti che ci affiancano, l'Enel, il Cnen si pongono con grande serietà per affrontare questo nodo; se le condizioni sono queste io dico: andiamo avanti. Se qualcuno pensa di affrontare questo problema senza la necessaria serietà e questo lo dico a me stesso, all'Enel, al Cnen, non ha capito la complessità di questa materia. Ho sentito dire che l'Enel e il Cnen non fornivano le informazioni: quando la Regione non è in grado di avere le informazioni è perché è poco autorevole. Questo l'ho detto un giorno a Sanlorenzo e mi spiace che si sia offeso, quando non riusciva ad avere i dati della Federpiemonte. L'Enel e il Cnen devono fare il loro dovere e devono farlo fino in fondo e devono fornire una documentazione completa che consenta a tutti di andare nelle realtà a spiegare alle comunità locali qual è il problema, quali sono le garanzie quali sono le soluzioni che si intendono dare; l'Enel e il Cnen devono fornire ampie informazioni. Se le condizioni sono queste, io dico, andiamo avanti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in primo luogo ringrazio per la cortesia della Presidenza, per aver voluto posizionare, su mia espressa richiesta, il mio intervento tra gli ultimi, non per un problema di civetteria, ma perché il Consiglio mi ha caricato di una responsabilità istituzionale che mi imponeva di ascoltare con l'attenzione, non soltanto mia, dovuta a tutti gli interventi, al fine non soltanto di esprimere una valutazione del nostro Gruppo politico, cosa che certamente faremo, ma anche per cercare di cominciare a raccogliere da questo dibattito e cominciare a far passare attraverso le maglie le cose utili, superflue ripetitive, riproduttive, che creano confusione al di là degli aggettivi che ognuno di noi utilizza, delle cose che dice perché le cose obiettivamente fanno chiarezza e obiettivamente fanno confusione.
Non basta dire qual è la nostra valutazione.
In questo senso io constato in primo luogo che questo dibattito diviso in due tornate, cosa della quale mi ero lagnato ieri, ha finito per essere un fatto estremamente positivo perché la tornata di stamattina mi sembra più riflessiva e più matura rispetto alla fase di ieri, perch evidentemente, ascoltando i colleghi, gli interventi di stamattina hanno cominciato a rendersi conto che esistono dei problemi un po' diversi da quelli che continuiamo a ripetere.
Che cosa è questo dibattito e che cosa non è, che cosa la gente si aspetta da questo dibattito e che cosa non si aspetta: 1) Questo non è un dibattito sull'energia. Il nostro dibattito sull'energia l'abbiamo fatto l'anno scorso, quando abbiamo votato un ordine del giorno e ricordo a tutti ed a me per primo, che allora ho ritirato un ordine del giorno che era molto diverso da quello della Giunta, ma nel momento in cui ho votato o comunque altri hanno votato l'ordine del giorno, questo rappresenta! un'espressione di volontà di tutta la Regione, di tutto il Consiglio regionale e io non mi ricordo più se ho votato a favore, contro se mi sono astenuto; so che c'è un atto ufficiale sul problema energetico della Regione Piemonte al quale mi rifaccio.
Dico questo, in primo luogo, per assolvere la Giunta da una serie di imputazioni che, guarda caso, proprio dai banchi della maggioranza vengono fatte, perché non si può da parte degli stessi banchi dire e rimproverare alla Giunta di non avere fatto niente quando le stesse forze politiche avevano proposto un documento che faceva slittare, a un momento successivo all'approvazione del PEN, ogni iniziativa della Regione in materia nucleare. Queste sono contraddizioni piuttosto grossolane che indicano il grado di responsabilità di certi comportamenti.
Non è un dibattito sulle scelte energetiche; questa Regione da tempo ha una sua cultura e una sua filosofia, ce l'ha ricordato Viglione; ora io non vorrei enfatizzare la II legislatura, ma devo dire al collega Carletto che certamente in questa legislatura c'è stato un processo, ma non in meglio c'è stato un processo in peggio perché il livello di responsabilizzazione dell'esecutivo, come c'era stata nella II legislatura su questo tema questa maggioranza e questo esecutivo non lo hanno ancora assunto.
Approfondimenti di tipo tecnico-scientifici come ha fatto la II legislatura, questa legislatura non li ha fatti; non andiamo a cercare delle responsabilità, esprimiamo un giudizio di fatto; questa seconda legislatura certamente è più arretrata rispetto all'altra, sia in termini di responsabilizzazione politica, sia in termini di iniziativa politica e culturale. Fa forse eccezione in tutto questo l'atteggiamento dell'Assessore che indubbiamente, al di là delle valutazioni che possiamo dare sulle iniziative poste in essere, ha certamente trasformato una specie di Assessorato senza portafoglio, a parte certe leggi ben fornite, ma che sono di origine nazionale e che quindi finiscono per essere una forma di braccio secolare e non di momento politico, ha trasformato dicevo questo Assessorato in un Assessorato estremamente significativo, stimolante e ci auguriamo tutti che tutto quanto viene messo a fuoco possa produrre qualcosa. Certamente guardiamo con attenzione e anche con qualche preoccupazione a tutto questo attivismo che evidentemente può aprire spazi di opinabile tra di noi.
2) La gente non si aspettava da noi un dibattito sull'energia, tanto meno si aspettava un dibattito sul nucleare anche perché (mi spiace contraddire alcuni colleghi), pur non frequentando molto le aree interessate, ho la netta impressione che nelle aree in cui andremo a verificare la disponibilità o meno degli enti locali e delle popolazioni, non c'è assolutamente questa arretratezza culturale che noi qui paventiamo, non c'è nessun problema di non coscienza dei livelli di sicurezza, di modernità dell'energia nucleare.
Non ho mai sentito un vercellese o un casalese mettere in discussione di per sé la scelta nucleare intesa come scelta di tipo tecnico-scientifico. A questa gente interessa sapere esattamente che cosa succederà nel loro territorio in conseguenza di questo fatto.
Mi pare allora che il nostro dibattito, che tra l'altro è un dibattito che noi non abbiamo scelto, pur essendo vero che in termini di metodo dipende da una, richiesta e un ordine del giorno predisposto dai Capigruppo e dalla maggioranza, è un passaggio obbligato che ci viene dal rispetto di una legge nazionale che fa carico alla Regione di una certa procedura, a seguito della delibera del CIPE di approvazione del Piano energetico nazionale.
Quindi tutta una serie di fattori esterni, a mio avviso, ci portano necessariamente a scremare il dibattito di tutta una serie di problematiche che sono condizioni esterne e, se pure devono essere tenute presenti nelle nostre decisioni ultime, certamente non sono oggetto delle decisioni che dobbiamo andare ad assumere.
In effetti, mi pare che, se in questo dibattito c'è una carenza, è una carenza di tipo propositivo, così come noi facciamo anche carico al documento della maggioranza di insufficienza propositiva.
Questo dibattito si pone come un momento necessario e di una procedura e di un processo che sono due cose leggermente diverse. Un processo che è quello individuato stamattina che vede in primo luogo protagonista la scelta razionale della diversificazione energetica con il piano energetico, ma soprattutto è anche la presa d'atto, da parte della collettività politica di questa Regione, dell'esigenza di un riequilibrio e di una riconversione delle fonti energetiche nella nostra Regione.
Non voglio andare a richiamare gli atti di nascita di questa maggioranza ma mi pare che, per esempio, il P.S.D.I. abbia fatto di questa realizzazione una delle condizioni per l'entrata in maggioranza e mi sembra di capire una delle ragioni per la sua persistenza in questa maggioranza.
Siamo nell'ambito di un processo e non mi pare opportuno rimettere in discussione o comunque, anche senza rimettere in discussione, ripetere considerazioni sulle quali abbiamo già deciso nell'ordine del giorno del 18 marzo 1981, con il rischio, che si pensi che noi andremo all'esterno a discutere di nuovo sulla logica del PEN, della parte nucleare rispetto al carbone (cosa sulla quale sarebbe bene discutere e mi stupisco molto che gli ecologi qui presenti e i Gruppi che rappresentano gli ecologi non abbiano detto niente su questa scelta, perché Rivalta, in una consultazione ha detto, molto onestamente, che "piuttosto che avere certi guasti ambientali dall'idroelettrico, preferisco il nucleare"). Allora voi sapete dagli ecologi se il programma energetico nazionale sul versante carbone dal punto di vista dell'ambiente sia più o meno criticabile rispetto alla scelta del versante nucleare? Su questo non abbiamo sentito niente e guarda caso, caro collega democristiano, perché questo problema diventa fondamentale? Perché una delle ragioni esterne che ci portano a non concordare su quanto leggiamo sui giornali, ma a sapere obiettivamente che il margine di scelta del sito, qualora le aree vengano individuate definitivamente, non può che essere molto ristretto, perché si dà il caso che al confine della Lombardia nascerà una centrale a carbone con tutte le implicazioni sul territorio piemontese che ne conseguono.
E' impossibile pensare ad una localizzazione su un'area che sia contemporaneamente soggetta all'impatto nucleare e all'impatto del carbone.
Ovviamente agli amici ecologi, in questa sede, parlare male del carbone non è neanche passato per la testa, quando è questa della scelta del carbone una delle condizioni che dovremo tenere in conto nell'individuazione delle aree e soprattutto nell'individuazione del sito. Essa è tale addirittura da far dire che, siccome c'è la scelta per la centrale a carbone ai confini con la Lombardia, pare chiaro, circa le aree di interesse per i siti definitivi, e qui andiamo anche contro la considerazione che purtroppo faceva il collega Borando che, se pure parliamo di due aree perché così prevede la legge certamente, per chi questa cosa voglia seguirla con un minimo di obiettività e di verità, oltre alle cose che si possono decidere ci sono anche le cose che sono decise da fattori esterni obiettivi e non dall'uomo.
Ritengo che la gente si aspetti che questo dibattito sia soprattutto un dibattito di grande significato politico ed istituzionale.
In questa sede noi, in occasioni anche troppo frequenti, parliamo di Stato delle autonomie, richiamiamo la centralità del Consiglio, rilanciamo l'esigenza della Regione come ente di Governo, ente legislativo in concorrenza e complementare allo Stato e proprio per una volta in cui abbiamo una legge che sembra aver anticipato questo nostro modo di concepire lo Stato delle autonomie, in cui un processo di insediamento nucleare avviene a seguito di un concerto tra lo Stato che fa la programmazione di ordine generale, la Regione che fa una programmazione in termini territoriali e di individuazione in termini più compiuti fino a lasciare al Comune interessato la decisione ultima sulla specifica indicazione di un sito, mi pare che un tipo di procedura di questo genere ci debba far essere molto attenti alle implicazioni di tipo istituzionale che potrebbero derivare da un nostro stravolgimento, come l'ordine del giorno presentato dai Capigruppo della maggioranza sembrerebbe far emergere rispetto a queste procedure.
Non sono così ottimista come qualche collega. Dico che anche la nostra forza politica ritiene che si debbano rispettare i termini della delibera CIPE. Noi pensiamo che debba essere un risultato da ricercare sul quale bisogna lavorare; occorre arrivare per l'8 di giugno con una delibera di tipo definitivo da parte del Consiglio regionale.
Devo peraltro dire che una decisione di questo genere e una volontà di questo genere, significano l'assunzione di una serie di responsabilità significano sapere che, se il Comitato misto ci ha messo due mesi per fare due riunioni, sembra abbastanza difficile andare a proporre ai Comuni una tematica di riflessione sufficientemente approfondita dal punto di vista culturale e scientifico nell'arco di 10-15-20-30 giorni, perché questi sono i tempi entro i quali i Comuni dovranno incominciare ad esaminare questo problema. Se noi infatti dobbiamo votare in Consiglio regionale il 7 giugno la delibera regionale, è probabile che questo materiale debba arrivare compiuto entro la fine di maggio. Che cosa precisamente deve arrivare in Consiglio regionale? Devono arrivare le delibere dei Comuni approvate dal Co.re.co, che quindi, evidentemente per rispettare questi tempi, devono essere state assunte non oltre il 5 maggio. Questo vuol dire che i Consigli comunali vanno convocati entro il 25 aprile e chi si fa promotore di queste deliberazioni consiliari deve aver concluso l'iter verso la metà di aprile.
Colleghi Consiglieri, questa mi pare sia la scaletta dei tempi, quindi mi sembra poco corretto e poco onesto, far credere che noi daremo informazioni, documentazioni, approfondimenti, risposte esaurienti entro il termine di 30 giorni. Se questo non è vero, a fronte di una constatazione realistica, ci deve essere anche una constatazione e un'assunzione di responsabilità. Teniamo presente che questa procedura si compie con l'individuazione puntuale del sito sempre con delibera di Consiglio regionale e allora, consentitemi colleghi che avete fatto questa serie di considerazioni, di voler rileggerle da parte mia, come considerazioni che valgono per il complesso del processo, per il complesso della procedura, ma che non valgono per la delibera di individuazione delle aree. Queste preoccupazioni (massimo di informazione, di approfondimento, di verifica di documentazione), rappresentano un obiettivo che noi sottoscriviamo, ma che ci impegniamo a rispettare nell'ambito della delibera definitiva del sito, il che significa ragionare in termini di non meno di un anno per la delibera sulla quale cercheremo l'intesa solo più con uno o due Comuni.
Questo vuol dire che, una volta assunta la deliberazione dell'8 giugno noi dobbiamo pensare che questa fase va comunque diretta a tutti gli interessati e al complesso della collettività piemontese. Ricordo che avevo polemizzato con l'Assessore dicendo che il fatto informativo non deve essere un fatto localistico, deve essere un fatto che deve attenere a tutta quella base alla quale noi dobbiamo rispondere rispetto a questa decisione.
Quindi l'informazione va diretta specificatamente sui temi sia alle popolazioni interessate, sia a tutti i cittadini piemontesi perché devono capire le ragioni delle nostre scelte e decisioni.
Se in una qualche misura il processo è quello che abbiamo detto (la presa d'atto dell'esigenza della diversificazione delle fonti produttive l'ostilità a un'ipotesi di raddoppio di Chivasso) e se questa è la procedura nell'ambito della quale lavoriamo, mi pare che si debba dire che l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza non sia sufficientemente determinato.
Da parte di tutti questo tipo di problema è venuto, fuori: da Viglione quando diceva che non si può più giocare a scarica-barile e certamente richiamava tutti noi e sé stesso alla necessità di precisare dei comportamenti, delle decisioni per quanto attiene a questa fase; dallo stesso collega Montefalchesi, al quale ebbi modo di scrivere che io non mi scandalizzo per quello che lui dice, ma per quello che qualcun'altro qui dentro non dice. Moltefalchesi è stato l'unico Capogruppo che ha dichiarato fuori dai denti che, quando si è discusso questo argomento in sede di Capigruppo, aveva detto: "l'individuazione preliminare delle aree", questo è l'oggetto di questo dibattito. Se questo è l'Oggetto del dibattito, mi pare che alla fine non si può uscire da questa stanza dando un mandato, di nuovo incaricando qualcuno di fare qualcosa. Non mi sembra corretto.
Possiamo certamente dare mandato a qualcuno, ma dopo avere deliberato così come nei Capigruppo si è detto e così come il Comitato misto ha deciso di andare in Consiglio. Non si va allora in Consiglio per dare un mandato, ma per fare assumere dal Consiglio regionale delle determinazioni, delle deliberazioni, delle decisioni.
Sempre in una procedura che è quella della 393, si innesta una interpretazione, "una novella piemontese" che è il documento, molto pregevole per altro, che l'Assessore ha depositato presso il Comitato misto di lavoro nel quale si individuano comportamenti, le decisioni, i passaggi successivi che la Regione nel suo complesso deve affrontare per arrivare all'individuazione delle aree. Queste sono tutte cose che hanno fatte prima dell'8 giugno.
E allora, andiamo a leggere... c'è scritto che c'è la costituzione del Comitato misto, e c'è scritto che il Comitato misto deve approfondire il materiale a disposizione della Regione. Questo lavoro è stato fatto, il Comitato misto, sia pure con le modalità di lavoro un po' ufficio che svolge, ha espresso un giudizio che è preciso: il materiale raccolto nella II legislatura è tale da consentirci di ribadire in questa sede il giudizio già espresso dalla Regione Piemonte attraverso il suo Presidente nella passata legislatura laddove si formulava un giudizio preciso: ha detto che gli studi del Cnen e della Regione Piemonte permettevano di indicare come aree suscettibili di localizzazione nucleare nella nostra Regione due aree: Po i e Po 2. Non siamo andati avanti, se non siamo fermi, siamo un poco arretrati.
Il Comitato misto, quest'opera di approfondimento, evidentemente finalizzata alla decisione per la quale ci troviamo in questa sede destinata ad individuare aree nelle quali andare a fare il lavoro di tipo tecnico-scientifico-informativo per arrivare all'eventuale indicazione del sito, nella sua responsabilità, ha ritenuto di darla e ha concluso di prendere atto che gli studi condotti nella II legislatura sono sufficienti ad esprimere questo tipo di parere. Mi pare allora che, quando nel documento della maggioranza si dice che noi prendiamo atto di quanto è stato fatto nella II legislatura, bisogna in una qualche misura avere il coraggio di dire se questo prendere atto vuol dire prendere dei fogli e metterli nel cassetto o significa prendere atto delle valutazioni che la Regione Piemonte attraverso il suo Presidente aveva fatto su questi documenti.
Pare che la problematica si riduca in questi termini: noi pensiamo che sia giusto avviarci con responsabilità totale e assoluta ad un lavoro che non durerà 90 giorni come diceva Carletto, ma molto di più, durerà per la fase individuativa almeno un anno, per la fase di sorveglianza molto di più e noi ci auguriamo addirittura che sia una funzione permanente della Regione la sua presenza rispetto alla struttura nucleare (e in questo senso a suo tempo avevo suggerito che il Comitato misto in una qualche misura venisse istituzionalizzato presso la Regione, ed in segno preciso che la preoccupazione dell'amministrazione regionale nei confronti di questo problema non è una preoccupazione di tipo contingente che viene dalla riunione interregionale su questo argomento, ma è una preoccupazione dell'istituzione).
L'impegno che i colleghi hanno chiesto che questo Consiglio prenda, e che tra l'altro è così ben espresso nell'ordine del giorno da questo punto di vista, in ordine alla ricerca delle garanzie di sicurezza, di compatibilità, di informazione, di comunicazione, di rapporto, di approfondimento, è una raccomandazione che possiamo accogliere seriamente solo se viene assunta come metodo di lavoro in tutta la fase di individuazione puntuale del sito. Non possiamo prenderla seriamente come lavoro che possiamo fare nei 35-40 giorni che abbiamo a disposizione per preparare i nostri fascicoli per andare alle consultazioni.
Mi soffermo sull'ultimo aspetto di tipo interno, relativo agli emendamenti già proposti dal P.R.I. laddove suggerisce che, alla componente istituzionale del Comitato misto, venga sostituita la Giunta.
Lo Statuto a questo proposito è estremamente rigoroso; se non c'è la previsione specifica di le:,t:e che attribuisce alla Giunta una competenza la competenza è del Consiglio; d'altra parte questa interpretazione l'ha data già nella passata legislatura, il Presidente qui presente e la Giunta allora vigente. Quindi competenza e responsabilità sono del Consiglio nel complesso delle proprie forze e lo devo dire, a mia personale interpretazione, che quando si legge "componenti istituzionali" si dovrà nei rapporti che ci sono di estrema correttezza tra la delegazione della Commissione e la delegazione della Giunta, riconoscere priorità di presenza alla delegazione del Consiglio perché rappresenta il complesso della collettività, così come sono a suggerire che il prosieguo dei lavori del Comitato misto avvenga non nella casa della Giunta che è un organo della Regione, ma che sia fatta qui, nella sede di tutti i cittadini perché là guarda caso, ci sono soltanto i rappresentanti dell'esecutivo, qui ci sono i rappresentanti di tutti i cittadini, ci sono anche i rappresentanti di quelli che hanno fatto una scelta, consentimi Montefalchesi, radicale.
Io chiedo che Montefalchesi sia in casa sua quando discute questi problemi e non sia presso l'esecutivo che, piaccia o non piaccia, è la sede di un organo della Regione e non della Regione nel suo complesso inteso come ente decisionale e istituzionale.
Noi non accettiamo questo tipo di suggerimento che viene fatto dal P.R.I. che peraltro fa, nell'altra parte del suo documento, delle pregevoli considerazioni.
Noi suggeriamo, come Gruppo, proprio per evitare che le decisioni che verranno prese possano sembrare la ricerca di una primogenitura o di una posizione di primo della classe, o una ricerca di ambiguità dell'ultima ora, che si riunisca la conferenza dei Capigruppo assistita dagli Assessori che si ritengono in questa questione particolarmente interessati, integrata dai rappresentanti della VII Commissione che riterranno opportuno intervenire (ricordando che la VII Commissione è comprensiva di tutte le forze politiche perché il nostro Statuto ha una serie di accorgimenti che rende ciò possibile), per cercare di arrivare a una stesura dell'ordine del giorno che renda non presentabili o ritirabili gli emendamenti nostri e, mi auguro, anche del P.R.I., mentre mi rendo conto che la proposta, peraltro legittima, di Montefalchesi è di ben altra natura. Qualora ciò non avvenisse noi insisteremo sul nostro ordine del giorno.
Sostanzialmente, noi di che cosa ci stiamo preoccupando fondamentalmente? Lo dicevo all'inizio e chiedo scusa se il mio ragionare a voce aperta è abbastanza disarticolato nella sua parte. La preoccupazione è che siccome la legge recita: "di intesa con i Comuni" significa, con un minimo di logica, di cavalleria, - non stiamo neanche sul piano politico ma sul piano dei rapporti umani che, quando io vado da qualcuno a chiedere di deliberare un'intesa, ho il dovere preciso di dirgli su cosa gli sto chiedendo l'intesa - quindi, quando l'Assessore Salerno propone una scaletta in cui indica la delibera preliminare, evidentemente esiste il primo approccio al problema che, peraltro, ci vede e ci deve vedere disponibili a fare nostra l'indicazione del piano energetico nazionale, con che si verifichino le condizioni che qui sono state esposte, ma che andremo a verificare nel concreto, nell'arco di tutto il processo destinato a individuare il sito. Perché, cari colleghi, e qui torniamo all'aspetto istituzionale del problema, credo che sarebbero in grave imbarazzo i componenti la delegazione della Giunta e della VII Commissione se si trovassero a dover colloquiare con gli enti locali, con le rappresentanze locali di tipo culturale, sindacale, delle categorie, a chiedere loro un adempimento di legge, cioè di esprimere mediante una delibera di Consiglio comunale, un'intesa su un argomento che nessuno di noi ha avuto mandato da questo Consiglio di illustrare, perché se io prendo il documento così come è stato predisposto, leggo soltanto che io, i colleghi della VII Commissione, gli Assessori componenti il Comitato misto, hanno avuto un mandato: andare a fare delle consultazioni su una valutazione che noi in questa sede, sia pure con tutte le riserve, con tutta la genericità, con tutta la precarietà possibile e necessaria, dobbiamo prendere.
Noi abbiamo predisposto una modifica di uno dei commi dell'ordine del giorno che tenderebbe a superare questa impasse. Ci auguriamo che questa impasse si possa superare in una verifica in sede di Capigruppo integrata come ho suggerito.
Ribadisco che, se il documento verrà steso in questi termini, che peraltro sono diversi da quella che voleva essere la volontà dei proponenti, perché quando Viglione dice che bisogna andare avanti evidentemente "andare avanti" vuol dire procedere e partire da un punto e questo punto in questa sede va fissato, al n. 3 delle procedure previste dal documento dell'Assessore Salerno, va precisato che la deliberazione presa da questo Consiglio è una deliberazione di massima sulla quale si va a richiedere il consenso dei Comuni e sulla quale si deciderà in via definitiva.
Fuori di qui, siamo nella confusione che io leggo nel documento evidentemente in termini doppiamente critici, sia di forza di opposizione che ha il dovere di guardare i documenti della maggioranza in termini critici, ma soprattutto di chi sa che poi si assumerà le responsabilità di gestire questo documento, comunque esca; e io non chiedo testimonianza ai colleghi presenti, ma è costume mio e certamente di tutti i colleghi di rispettare al di fuori di queste aule, quanto in queste aule viene fatto e deciso, quindi io e i colleghi della VII Commissione (e altrettanto varrà per i componenti della Giunta) avremo il dovere preciso di difendere le determinazioni di questo Consiglio, ma saremmo in grave imbarazzo ad andare ad un incontro con le forze locali, i Comuni e con la cultura locale, i giovani, con i movimenti che su queste questioni si impegnano con grande sensibilità (anche se noi riteniamo che qualche volta questa sensibilità dovrebbe avere anche altri tipi di riferimenti e non soltanto questi) senza avere, oltre ad un mandato di tipo gestionale che è quello che ci viene dato in questa sede, una copertura di tipo politico, non per liberare noi dall'assunzione di responsabilità politica, ma per dire che noi andiamo a fare una proposta precisa, andiamo a porre un interrogativo preciso che evidentemente deve scaturire dall'esito di questo dibattito.
Se invece nella riunione dei Capigruppo non sarà possibile trovare una formula che faccia da compromesso tra un'esigenza di massima prudenza, che è di tutti, di massima attenzione e ponderatezza e un'esigenza anche di un minimo di deliberazione che non può non uscire da questo Consiglio, noi insisteremo nel nostro documento.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore alla cultura

La discussione di oggi verte su argomenti molto legati alla necessità di arrivare a decisioni su un problema definito quale quello all'ordine del giorno, quindi voglio tranquillizzare i Consiglieri presenti che il mio intervento non verterà sull'elemento centrale della discussione, ma piuttosto prende lo spunto doveroso da un intervento che si è sviluppato in Consiglio regionale, quello del Consigliere signora Vetrino, che peraltro fa eco ad altre richieste di chiarimenti e di illustrazioni già avanzate anche in altre sedi da altri Consiglieri, in merito alla questione particolare che attiene il progetto di ricerca sulla fusione nucleare chiamato Ignitor.
In realtà anche su questo argomento mi limiterò a delle puntualizzazioni e precisazioni attinenti i rapporti interni dello Stato ed alla politica della Regione, non entrerò certamente in discussioni di carattere scientifico perché non è questa la sede, perché la comunità scientifica, che esiste ed è forte, altrove deve riflettere le sue argomentazioni. Non c'è dubbio però che esiste un'analogia, almeno questa lasciatemela accogliere; ho la sensazione che così come attraverso alcune considerazioni di carattere tecnico o scientifico nel campo delle centrali nucleari appaiono in realtà delle valutazioni non tutte facilmente eliminabili su quella che è l'adeguatezza della nostra struttura politica istituzionale nel garantire ai cittadini un intervento in ambiti che sono di gran lunga diversi e più intensi di quello che il passato ci ha abituato a considerare l'intervento dello Stato (vale per le grandi centrali in generale, vale per i grandi stabilimenti, vale in generale per le decisioni che hanno dimensioni di concentrazione degli interventi tali da cambiare la qualità del fenomeno, altro è una centralina da 50 Kw in montagna, altro è comunque una centrale da 2000 Mw che pone allo Stato dei problemi particolari), così anche l'avanzare della ricerca scientifica e della cultura in questi campi, pone sicuramente dei problemi - ed è su questo che vorrei soffermarmi - allo Stato che non sono semplicemente risolvibili con le prassi e le abitudini alle quali il nostro Paese è forse abituato, con qualche arretratezza rispetto ad altri paesi; penso agli Stati Uniti, penso all'Unione Sovietica, alla Francia ed all'Inghilterra, che su questi temi hanno avuto una intensità anche di investimenti molto più alta.
Non credo che sia possibile affrontare i temi, che in parte la signora Vetrino affrontava, di carattere scientifico circa l'opportunità o meno di progettare quell'intervento perché la discussione dovrebbe allora arrivare ad un livello un po' meno grossolano di quello che anche alcune dichiarazioni di responsabili nazionali di enti di grande importanza, hanno rilasciato.
Voglio solo fare un esempio. Si è detto che oggi a livello mondiale il record di temperatura è della macchina di Frascati. Sicuramente un fisico avrebbe un problema preliminare: capire che cos'è la temperatura, perch finché si tratta della percezione fisica che abbiamo di temperatura, l'idea di metterci un termometro e di leggere quanto misura è semplice; quando si passa a trattare degli stati della materia come questi, voglio solo citarlo come esempio (perché è anche una scelta che la Giunta ha fatto, di non intervenire in facile polemica nei confronti di queste dichiarazioni) quando si parla di temperatura di particelle, c'è un piccolo problema a monte da risolvere: se si tratta dell'energia, cioè della temperatura di una singola particella, oppure se c'è un quantitativo di materia sufficiente da poter definire il concetto di temperatura in un modo fisicamente accettabile, cioè su una base statistica sufficientemente estesa.
Se la temperatura si riferisce all'energia della singola particella non c'è dubbio che il record di energia non ce l'ha nemmeno Frascati, il record di energia ce l'hanno gli acceleratori di particelle che raggiungono delle energie, quindi delle temperature equivalenti delle particelle enormemente superiori già oggi a quelle necessarie per la fusione. Il problema della fusione è di tenere un numero sufficiente di particelle per un tempo sufficientemente lungo abbastanza calde e abbastanza schiacciate.
Da questo punto di vista, per ammissione esplicita dei fisici di Frascati e mi pare anche in incontri che abbiamo avuto, della Direzione generale del Cnen, conce ipotesi a priori, la macchina di Frascati e il suo aggiornamento non raggiungeranno mai le condizioni di fusione. Sono degli esperimenti che sono nati per fare altre cose, buone o cattive che siano non sono confrontabili in termini di gara scientifica con il tipo di operazione che proponiamo. Se questo si applica a una cosa così banale come accertare, chi ha il record di temperatura è evidente che quando la discussione diventasse seria davvero coinvolgerebbe un complesso, di questioni che sono assai al di fuori dell'interesse del Consiglio regionale.
Se la questione deve essere quella della decisione politica di diversi soggetti e se alla decisione politica i diversi soggetti (Regione, Cnen Governo) non possono comunque sfuggire, allora a me pare giusto ricordare che l'avvio di questo progetto nacque per un insieme di considerazioni convergenti, legate alla ipotesi degli 84 progetti. In particolare si sentì l'esigenza di proporre progetti a livelli tecnologici alti, in collegamento con le strutture produttive presenti in Piemonte e quindi la possibilità di collegare, direttamente attraverso un esperimento scientifico e indirettamente attraverso l'immissione in circuiti che sono anche internazionali di commesse, l'industria piemontese.
Si inquadrava nell'esigenza di caratterizzate in ogni atto della Giunta l'impostazione che mi pare l'Assessore Salerno ha qui ribadito molto chiaramente, di non limitazione a un solo campo, a una sola fonte della complessa politica energetica e la necessità invece di toccare contemporaneamente le diverse fonti ed i diversi aspetti che concorrono a definire un sistema energetico che è cosa assai complessa. A nostro avviso la ricerca, la tecnologia, gli investimenti nel campo collegato alle speranze future di produzione di energia, non possono certamente considerarsi politica di produzione dell'energia, ma rientrano all'interno di una politica generale che abbiamo sempre affermato come necessaria e che dai temi dell'agricoltura a quelli della regimazione delle acque, a quelle del nucleare, a quella della politica della ricerca, deve coerentemente vedere questo tema dell'energia come uno dei temi salienti, quindi si trattava di un modo di affrontare la cosa che non era in alternativa, ma non era nemmeno collegata in termini di contrattazione - e su questo tornerò poi - a una particolare discussione in atto con il Governo perch il problema della centrale nucleare probabilmente si lega molto di più ai problemi dell'utenza irrigua e dell'acqua e ad altri aspetti sui quali la Giunta e la Regione devono discutere con il Governo e quindi con il complesso degli enti nazionali, di quanto probabilmente non si leghi la questione dell'Ignitor di per sé. Vorrei aggiungere che, se si entra in questa discussione di contrattazione, trovo inammissibile come Assessore alla cultura che si voglia chiudere il "Galileo Ferraris" a Torino e che si facciano questi giochetti ignobili per cui tutto quello che è attività universitaria di ricerche e di investimento avanzato nella nostra Regione viene sistematicamente ucciso; in altre Regioni si parla di altre sedi universitarie, da noi no, quindi se dovessi legare la questione di Ignitor ad altre questioni che noi abbiamo aperte oggi come collettività regionale nei confronti delle scelte nazionali, la vedrei bene inserita all'interno di una serie di questioni preoccupanti e gravi perché l'Istituto elettrotecnico nazionale è l'unico Istituto che fa certificazione per l'esportazione di alcuni prodotti dell'industria nazionale; se quello chiude vorrei capire a chi quelle industrie, senza certificati, vendono i loro materiali. Noi avevamo ritenuto di caratterizzare nella nostra esemplificazione una politica della ricerca che vedesse, in questo senso ampio, i temi dell'energia come uno dei temi importanti, ma non esiste e non è mai esistito per parte della Giunta regionale un meccanismo di contrattazione così semplice; questo, credo che anche il Governo debba averlo chiaro, è un problema di politiche complessive della Regione da un lato e del Governo dall'altro, che mi pare il Presidente della Giunta abbia già introdotto in altri Consigli passati nel rapporto complessivo con il Governo.
Il terzo punto, l'ho già affrontato implicitamente, era la necessità di dare rilancio e sviluppo nella Nostra regione alle attività connesse alla ricerca, perché qualunque soluzione di breve periodo si dimostra alla lunga incapace di mantenere la nostra Regione con un ruolo e con un'importanza all'interno dell'Italia e dell'Europa come noi tutti vogliamo che abbia, se non si ragiona con tempi sufficientemente lunghi e con sufficiente preveggenza.
Esistono a Torino eccellenti ricercatori delle nostre Università: esistono scuole in molti settori che non hanno nulla da invidiare ai livelli internazionali; esistono strutture di grande valore; noi scegliendo questo progetto abbiamo anche voluto stabilire un rapporto esplicito con queste forze non chiedendo a loro di partecipare soltanto come forza di supporto a singole decisioni amministrative, ma chiedendo di mobilitarsi per una prospettiva di respiro molto più lungo e che su questo respiro la Regione intendeva aprire una disponibilità alla discussione ed un interesse.
E' chiaro che altre scelte avrebbero anche potuto essere fatte, altre scelte verranno fatte quando discuteremo di alcuni aspetti di politica culturale, ma il senso della proposta di Ignitor e dell'incontro che si è avuto in sede nazionale va ricercato in radici che si ritrovano nella discussione di oggi e quindi colgo l'occasione per dirle, ma che sono assai ampie. Provo a dirlo in un altro modo: è impensabile che una Regione possa garantire il suo sviluppo se non esiste una testa culturalmente scientificamente capace di reggere quella che è una proposta di sviluppo esistono problemi di capitali, esistono problemi di occupazione, esistono tutte le cose su cui noi siamo abituati a pensare, ma certo è che non si sostituisce ad un ruolo traente di una grande industria un altro sistema se questo sistema accentrato o decentrato che sia, non ha al suo interno una capacità di progettare le sue decisioni nei tempi dell'attuale tecnologia che forse, a differenza di quanti di noi siamo indotti a pensare, non sono i mesi o gli anni, ma continuano ad essere drammaticamente i decenni perché questi sono i tempi tra l'invenzione e la reale applicazione delle imprese delle innovazioni. E' per questo che abbiamo immediatamente coinvolto sulla questione di Ignitor le forze accademiche, i centri di ricerca anche stranieri, con i quali avevamo possibilità di rapporto e il Cern di Ginevra innanzitutto; abbiamo coinvolto, con un accordo firmato dal Presidente della Giunta e dall'Amministratore delegato della Fiat, Ing. Romiti, la più grande industria piemontese; abbiamo sollecitato e ottenuto una adesione all'iniziativa della Federazione regionale degli industriali che l'ha espresso con propria deliberazione; è in questo senso quindi che abbiamo fatto un'operazione nei confronti della provincia di Torino e di altri Enti locali perché attorno a questo progetto si muovessero non soltanto le condizioni materiali per renderlo giustificabile, non per trovare i soldi per farlo, ma per renderlo giustificabile perché un intervento così e una richiesta come questa, al Governo è sensata se il consenso delle diverse componenti è largo, generale e forte, se non è, in sostanza, un'opinione del solo governo regionale, ma se il governo regionale e credo che noi ci siamo riusciti, riesce a portare alla discussione con altri maggiori esecutivi come il Governo centrale, un consenso più largo delle popolazioni.
Vorrei anche precisare che, proprio per queste ragioni, non esiste in Giunta un Assessore competente per questa questione particolare, ma è stato sempre il Presidente che nei diversi rapporti ha condotto l'iniziativa perché a noi sembrava che, a parte l'interesse per certe competenze di cui dispongono come quelli della ricerca, cultura, la dimensione dell'operazione, il suo significato culturale, andava al di là di quella che può essere una ripartizione amministrativa di deleghe all'interno della Giunta.
Di fronte a questa nostra proposta, che fu in un primo tempo avanzata chiedendo, in un incontro a cui era presente il Presidente del Cnen ed il Presidente della Giunta Enrietti, anche delle eventuali alternative, e di fronte al fatto che fu ravvisato questo complesso di problemi e fu chiesto apertamente di esprimere un giudizio su questo o anche su altre cose dichiarando però la nostra non disponibilità a ritenere impossibile per la Regione Piemonte avere una struttura di ricerche scientifica adeguata al Livello produttivo e alle ambizioni di sviluppo che noi ci poniamo, fu contrapposta una discussione di carattere eminentemente tecnico basata su due punti, che a mio avviso, dopo l'ultimo incontro che si è ancora verificato con il Ministro della ricerca scientifica e con la Direzione generale del Cnen, paiono essere largamente attenuati nella loro efficacia In questo caso è volutamente un eufemismo, altrimenti non comprenderei come il Ministro La Malfa, nell'incontro con la Giunta regionale, abbia illustrato l'impegno del Governo a considerare questo progetto nei confronti della CEE come uno dei progetti sui quali, superate le remore che in passato potevano esistere, si doveva procedere con le procedure ordinarie.
Le due obiezioni erano una di tipo scientifico sulla quale non mi soffermo particolarmente.
Trovo curioso chi mi spiega qual è il modo migliore per fare una macchina che produce energia che si basa su un principio che in laboratorio nemmeno una volta si è provata. Può anche darsi che altre macchine siano sulla linea dello sviluppo dei reattori, e che questa macchina ne sia al di fuori; certo, sono sulla linea dello sviluppo di un reattore metafisico cioè di un reattore che si basa su alcuni conti che non hanno mai avuto una verifica sperimentale, visto che a livello europeo l'Italia ha contribuito non poco ad una operazione di investimento attorno ad un intervento inglese che si chiama Jet che è partito per fare la fusione ed è finito diversamente; pare non sia diventata la gloria dell'Europa, anzi, è solo costato più di mille miliardi ed oggi continuerà a costare, ma ormai è provato che non si accenderà mai, perché di misure sulla fusione non se ne faranno mai. Ritengo che sia giusto accogliere l'indicazione dell'Euratom di lasciare spazio per alcune macchine di dimensione più piccola, in cui l'innovazione è basata non tanto sulla dimensione tecnologica dell'impresa ma sulla qualità scientifica delle operazioni culturali che sono sottostanti. Dopo di che credo che sia del tutto ovvio che, se uno ritiene che altre macchine siano più collegate alla linea dei reattori, abbia il diritto di sostenerlo e non è certo l'Assessore Ferrero che ha argomentazioni valide per dissuaderli, dico soltanto che, se in termini politici a me venisse rappresentata l'opportunità di investire mille miliardi o 500 o 100 per formare la gente nelle strutture di formazione professionale attraverso la telepatia, non sono affatto scettico a priori nei confronti della telepatia, ma chiederei se non fosse possibile effettuare un esperimento più contenuto nell'entità finanziaria per vedere se, almeno su alcuni soggetti i sistemi di didattica telepatica funziona non mi metterei a sbaraccare tutti i centri di formazione regionale per applicare la telepatia. Queste cose nel mondo succedono, esistono nel mondo le mode, non bisogna credere che alcune parti del mondo vivano in un empireo che è sottratto alle dinamiche normali della vita normale. Nella scienza si sono fatti grandi passi avanti e anche grandi errori, gli errori non sono evitabili tutti ho l'impressione che ragionevole è sostenere un esperimento piccolo, può essere ragionevole sostenere altri esperimenti.
Tanto più che gli unici conti su cui si basa l'estrapolazione su questa macchina sono i conti di due persone che si chiamano Coppi e Rosenbluth perché, a quanto mi risulta, l'estrapolazione del comportamento dei plasmi oggi viene fatta in tutto il mondo sulla base di quelle equazioni, quindi è abbastanza difficile considerare scientificamente debole un'ipotesi che si basa su dei conti che tutti, per altro verso, accettano.
La seconda considerazione è del tipo tecnico, ed e che questa macchina può andare bene, ma costa cara e non sta in piedi, si schiaccia come un guscio di noci. Il Consiglio regionale ed il sottoscritto non possono certo mettersi a verificare dei conti ingegneristici, scusate se entro in questi dettagli, ma mi sembra esemplificativo anche del tipo di problemi che nel 1982 la politica deve affrontare e del metodo che deve darsi per affrontare queste cose se vuole sfuggire soltanto ai gruppi di pressione che esistono.
Ritengo che questa obiezione non si può risolvere senza una progettazione che sia sufficientemente dettagliata ed analitica da permettere agli esperti nel campo dell'ingegneria di fare i conti e di decidere se, a loro avviso, i costi e la fattibilità ci sono o non ci sono. Il livello attuale di progettazione a cui è arrivata la questione Ignitor, grazie ai contributi del Cnen, non sono ancora tali da poter configurare un progetto esecutivo su cui una competenza ingegneristica possa applicarsi per fare delle verifiche meccaniche. Da queste due considerazioni, dal tipo di risposta che molto rapidamente ho avanzato, nasce la posizione della Giunta regionale che è stata quella di chiedere non dei soldi come che sia (altre Regioni avrebbero fatto così e l'avrebbero anche ottenuto) non di chiedere qualche decina di miliardi o una cambiale in bianco, ma di chiedere che si separasse nella questione Ignitor la fase di progettazione esecutiva dalla fase di realizzazione; che stilla fase di progettazione esecutiva si definissero i fondi sufficienti per realizzarla; che sulla fase di costruzione della macchina si decidesse quando l'Euratom e gli scienziati avessero valutato la fattibilità della macchina sulla base della prima fase. Quindi abbiamo chiesto, e mi pare di aver capito che su questo punto ci siano delle disponibilità e la cifra è a nostro avviso assai esigua, di poter arrivare fino a un punto, che è comunque necessario, che è quello di una definizione di progettazione esecutiva della macchina. Non vogliamo portare le procedure CEE, non vogliamo imporre a nessun ente nazionale di fare delle cose che non vuole.
E' evidente che non siamo per mettere la questione Ignitor né in alternativa con l'ipotesi di Frascati, né con altre ipotesi; non siamo nemmeno del parere che si possa supinamente accettare, sulla base di considerazioni che sono comunque assai opinabili, che la decisione debba essere a priori negativa per ragioni che, a questo punto, a me diventerebbero assai difficili da capire su un piano tecnico-scientifico ma diventerebbero delle considerazioni di carattere geografico-territoriale e politico delle quali allora, se si ha opinione, si devono esplicitare in modo chiaro e di queste allora discutere.
Credo allora che si possa dire che la progettazione esecutiva si farà perché le forze per farlo sono sufficienti, perché qualora, come mi pare ormai evidente, siano rimosse le pregiudiziali alle procedure ordinarie nulla vieta che all'interno delle attività connesse generalmente ad un piano di sviluppo e un rilancio delle attività regionali si possano ritrovare gli esigui fondi necessari per una fase che dura per un certo numero di mesi.
Dico quindi che si farà e voglio anche aggiungere che le mie convinzioni si basano anche su altre opinioni e su altre informazioni che ho ascoltato in luoghi informali al di fuori del nostro paese. Non vorrei soltanto che su questa cosa si potesse trarre - e questa è la mia unica preoccupazione - una lettura del modo di rapportarsi delle diverse istituzioni (Ministero della ricerca scientifica, Cnen, Governo nel suo insieme, Regioni, Comunità scientifica, Università) che lasci trasparire all'esterno una sensazione di disarticolazione, di irresolutezza o di decisione non motivata su basi scientifiche. E' evidente il perché nutro questa preoccupazione: perché molti Consiglieri, in un'altra materia in questo dibattito, hanno avanzato analoghe preoccupazioni, ed allora questo è, dal mio punto di vista, un testo importante più ancora che per il risultato che si ottiene, per la procedura che verrà seguita, e per altre generali procedure che la Regione dovrà affrontare con i livelli nazionali quindi da questo punto di vista politico del funzionamento dello Stato, a mio avviso, è un test particolarmente importante.
Credo che, siccome viviamo in una società che non ha una programmazione rigida delle risorse, che non è pianificata, che non è centralistica e quindi gode di molti vantaggi che ad esempio le società dell'Est non hanno se l'iniziativa, quando arriva ad una fase di concretizzazione sufficiente si dimostra davvero interessante, il problema del reperimento dei fondi non sarà il problema fondamentale. Questa è una paradossale affermazione di fiducia nelle regole di mercato; credo che nel campo della comunità scientifica e di questa comunità scientifica, se le obiezioni possibili e che si possono risolvere con la progettazione esecutiva saranno superate anche la questione del chi interverrà per finanziare la realizzazione della macchina e del quanto verrà finanziato, devo dire personalmente, senza nessun dato di fatto concreto, rappresenta la preoccupazione minore. In ogni caso abbiamo un'iniziativa che non ha situazioni consolidate, cioè che non ha rigidità al suo interno e che può essere in ogni momento, qualora si ravvisi l'inconsistenza scientifica, abbandonata ma, in ogni caso, mi pare che sia arte di buon governo quella di mettersi sempre nelle condizioni di non fare più del necessario, guasti irreparabili.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi

Assessore alla pianificazione territoriale. La posizione della Giunta nei confronti delle centrali nucleari è una posizione chiara e netta. La Giunta ritiene che, nella situazione del nostro Paese, sia necessario procedere, possibilmente senza ulteriori ritardi, alla costruzione di centrali nucleari.
Diciamo ciò pur avendo chiaro che è urgente e necessario apportare modifiche ben più profonde e generali al sistema energetico nazionale e pur ritenendo che il piano energetico nazionale recentemente approvato non abbia risposto a questa esigenza strutturale.
I problemi energetici del Paese non si risolvono affrontando unicamente la questione nucleare. Certo esiste il problema di produrre più energia utilizzando tutte le risorse a disposizione, fra queste certamente il nucleare oltre e in primo luogo quelle risorse naturali e rinnovabili connesse al nostro territorio, alla sua locazione geografica, alla sua morfologia, alla sua condizione climatica. Il problema va affrontato agendo anche sul modo di consumare l'energia, intervenendo per una modifica del quadro e delle modalità di uso e consumo dell'energia.
Abbiamo piena coscienza che il problema energetico va modificato agendo non solo sull'offerta ma che, e vorrei dire soprattutto, sulla domanda di energia.
Riteniamo si debba acquisire la mentalità, che purtroppo oggi continua a non emergere nel nostro Paese, del rispetto delle risorse.
Ripeto una formulazione simbolica che ho usato altre volte: in un Paese come il nostro, con scarse risorse, dobbiamo acquisire la mentalità delle formiche, per usare tutte le briciole di capacità energetica che sul nostro territorio possono essere ritrovate e per recuperare attraverso processi di cogenerazione le quantità di energia variamente prodotta e oggi non utilizzata e dispersa.
Dobbiamo operare una profonda rivoluzione culturale in modo da creare la coscienza che è necessario far corrispondere l'uso delle risorse all'intensità dei processi che garantiscono la loro complessa rinnovabilità e conservazione. Va mantenuta ferma la condizione di equilibrio tra uso e rinnovo delle risorse: è un problema insieme energetico ed ecologico.
Questo equilibrio tra uso e rinnovabilità delle risorse è delicato e al tempo stesso, fondamentale ed essenziale per la vita dell'uomo sulla terra; va rispettato per garantire la giusta e delimitata condizione di esistenza dell'uomo su questo pianeta; va rispettato per garantire la sopravvivenza e la prospettiva di sviluppo dell'umanità.
Quando parliamo di questioni di energia, parliamo oggi dell'uso di tecnologie e strumenti che possono davvero mettere in gioco la nostra sopravvivenza. L'immagine di un'umanità che distrugge il proprio futuro e la propria esistenza con il bruciare delle risorse è davvero un'immagine significativa e reale.
Voglio qui sottolineare con forza, in risposta alle posizioni di nostri amici che pensano diversamente, che garantire l'equilibrio non vuol dire contrapporsi allo sviluppo; è anzi una condizione favorevole ed indispensabile per promuovere e mantenere lo sviluppo economico e sociale dell'umanità.
Senza questo equilibrio, non è possibile dare uno sviluppo economico duraturo. L'aver infranto l'equilibrio tra utilizzo delle risorse e loro rinnovabilità e non aver orientato su queste basi la produzione ed i consumi è certamente una delle componenti della crisi che a livello mondiale stiamo vivendo.
Senza il mantenimento di questo equilibrio lo sviluppo non pu diffondersi sulle aree di tutto il mondo; è questa una preoccupazione che è presente ad una Giunta di sinistra. Non dico questo per polemica o per volontà di divisione ideologica con le altre forze politiche, anzi. Questa preoccupazione non è una prerogativa esclusiva, ma certo informa una Giunta di sinistra fondata da partiti che hanno la concezione della giustizia sociale e dell'internazionalismo come base della loro cultura.
Senza questo equilibrio non può quindi aversi uno sviluppo che garantisca un processo di integrazione fra i popoli, una progressiva eliminazione dei differenziali evolutivi, una maggiore e più correttamente distribuita disponibilità di ricchezze e di beni.
Questo equilibrio, necessario indispensabile per l'uomo e l'umanità non è statico. Se così fosse non ci sarebbe possibilità di sviluppo. Questo va sottolineato: è un equilibrio su cui l'uomo ha la possibilità di intervento, sia pure limitato.
Certo, non siamo noi i dominatori dei processi della natura. Ne abbiamo piena coscienza. Va ascritta ad altre posizioni politiche e culturali proprie del mondo capitalistico, dominate dal gioco della speculazione capitalistica, la presunzione, di poter dominare, comunque e ovunque, ai propri fini i processi naturali. Lo dimostra la storia di questo ultimo secolo.
Noi abbiamo invece ben chiaro che l'uomo è parte della natura, una parte anche marginale e insignificante nel quadro delle tensioni e delle forze che la natura mette in gioco. Però siamo dotati di un'intelligenza collettiva, somma di tante intelligenze individuali. Se ciò dà all'umanità la coscienza dei propri limiti e noi crediamo di essere forze politiche e culturali portatrici di questa coscienza, dà ad essa anche la consapevolezza di poter utilizzare entro quei limiti le forze della natura di interloquire e di interagire con esse.
Un incidere sulle forze della natura che non può essere che infinitamente limitato rispetto all'entità delle forze che la natura mette in gioco, ma che rispetto alle esigenze di soluzione dei bisogni dell'uomo è invece significativo e rilevante.
Se l'equilibrio tra uso delle risorse e loro rinnovabilità è condizione indispensabile alla nostra sopravvivenza, e se d'altra parte, è condizione necessaria per lo sviluppo, vuol dire che questi due problemi si corrispondono. La soluzione del primo consente la soluzione del secondo peraltro verso, lo sviluppo è portatore di conoscenze e strumenti che consentano di dare all'equilibrio una pur limitata e condizionata prospettiva di evoluzione.
In ragione di questa concezione, che è nostra base culturale e politica, noi riteniamo che sia possibile non rinunciare a nessuna di queste due questioni: non infrangere l'equilibrio fra utilizzo delle risorse e loro rinnovabilità; non mettere in discussione l'aspirazione allo sviluppo economico e sociale.
Riteniamo che le due cose siano compatibili e che esistano le condizioni culturali per renderle compatibili.
La ricerca dello sviluppo è irrinunciabile. Essa è la condizione stessa della vita di una società: ne è forza motrice. La ricerca di differenziali permanenti di sviluppo, di miglioramento delle condizioni di vita costituisce la ragione stessa dell'esistenza dell'umanità.
E' il riflesso delle tante aspirazioni individuali che si manifestano nell'ambito di una società. Tutto ciò, fa sì che oggi ;noi viviamo in una condizione migliore di quella in cui vivevamo qualche decennio fa, di quella in cui vivevano le generazioni precedenti.
Il mio richiamo allo sviluppo non è assolutamente acritico. Non è riferito ad uno sviluppo fine a se stesso. Come dicevo prima, noi pensiamo allo sviluppo come a una condizione sociale essenziale. Esso deve essere compatibile con il mantenimento di un corretto rapporto uomo-natura.
Pensare in questo modo è nella natura di una Giunta di sinistra, che opera per conquistare una migliore qualità di vita. Questa prospettiva pu realizzarsi però solo nello sviluppo; non nella stasi o nell'arretramento fatto questo che renderebbe impossibile persino il governo democratico della società e qualsiasi passo avanti verso una maggior giustizia sociale.
Penso in questo modo come comunista. E' nel solco culturale del movimento operaio assumere lo sviluppo come condizione per fare avanzare la propria classe all'interno della Società. Siamo per uno sviluppo che consenta di introdurre più avanzate forme di democrazia e di giustizia nella nostra società.
Su questa concezione dello sviluppo si basa anche la nostra posizione di comunisti per un'Europa diversa dall'attuale, in una prospettiva di indipendenza dai due blocchi e di rapporti di cooperazione con i Paesi del terzo mondo.
Ecco allora le molte ragioni per cui noi siamo senza reticenze per lo sviluppo: per uno sviluppo non acriticamente diretto. Tutte le condizioni strumentali necessarie allo sviluppo devono essere realizzate. Pertanto siamo impegnati a risolvere i problemi energetici.
Lo sviluppo ha molte facce nel nostro Paese. Intanto deve affrontare il problema di due milioni di disoccupati, e quindi di realizzare nuovi posti di lavoro. Si tratta di uscire dalla crisi realizzando l'ampliamento dei posti di lavoro. Si pone il problema di un'agricoltura rinnovata industrializzata e irrigata; il problema del miglioramento del sistema complessivo dei servizi, a partire da quello dei trasporti, dell'estensione dei mezzi dell'informazione, dello sviluppo dell'automazione nei vari settori di attività. Ma oggi per noi, il problema dello sviluppo è rappresentato in primo luogo dall'esigenza di fare uscire dalla crisi l'industria.
Per primi, noi comunisti, abbiamo sottolineato la natura industriale dell'ultima faccia della crisi del nostro Paese. Non ci sono alternative possibili allo sviluppo del nostro Paese al di fuori del superamento della crisi del settore industriale. Per questo in tale settore devono essere promossi rinnovamenti profondi: nuove tecnologie e nuovi mezzi di automazione devono essere introdotti al fine di migliorare le condizioni di lavoro e di produrre a più basso costo acquisendo nuovi livelli di competitività.
Tutto questo richiede energia. Non mi pare che si possa eludere questo problema. Tutti i problemi che riguardano lo sviluppo intenso che in tempi non troppo lunghi dobbiamo promuovere richiedono produzione di energia. Noi non crediamo che questo tipo di sviluppo, nella dimensione e nelle qualità richieste dalla domanda di lavoro esistente, dall'esigenza di acquisire una migliore condizione di lavoro e nuove capacità di produzione, possa essere sostenuto attraverso le fonti tradizionali e le cosiddette fonti pulite.
Riteniamo che, proprio per conseguire gli obiettivi economici e sociali che la Giunta di sinistra persegue, sia importante l'acquisizione di una condizione strumentale di produzione di energia adeguata, e ciò non è possibile se non percorrendo anche la via del nucleare.
La valutazione del fabbisogno deve essere rigorosa.
E' una norma di comportamento da tenere in generale nella misurazione dei fabbisogni che nei vari settori ci stanno di fronte. Se c'è però un settore rispetto al quale io penso sia oculato e giusto correre il rischio di eccedere nelle valutazioni piuttosto che valutare in difetto, ebbene questo è proprio quello fondamentale della produzione di energia.
La produzione di energia dalla fonte nucleare rientra in questo quadro.
La stessa produzione di impianti per energia nucleare, lo dicevamo già nella legislatura passata, può essere un fattore importante per il rilancio industriale verso produzioni nuove tali da consentire acquisizioni di know how, di competenze professionali, di capacità di ricerca scientifica.
Personalmente penso che senza una fase di utilizzo e gestione di queste tecnologie, senza l'acquisizione in questo settore di capacità di ricerca scientifica, sarà difficile stare al passo con gli sviluppi delle tecnologie che nello stesso settore dell'energia sono attese per il futuro (e mi riferisco ad esempio, a quelle tecnologie che in un futuro certamente non prossimo, ma speriamo non troppo lontano si acquisiranno, di cui ci parlava Ferrero nel suo intervento).
Credo che non arriveremo ad essere un Paese capace, di avere un ruolo primario nel complesso ciclo che va dalla ricerca alla produzione e gestione di nuove tecnologie in questo importante campo del futuro, se saltiamo alcune fasi dello sviluppo, scientifico e tecnologico che sta storicamente avvenendo nella società attuale.
Detto questo, per chiarire la ragione politica e culturale delle nostre posizioni, per ribadire che non rinunciamo in nulla ad impegnarci per conseguire le finalità della produzione e dello sviluppo, che non rinunciamo a perseguire la modifica del sistema energetico del nostro Paese, in primo luogo in direzione del recupero di tutte le risorse ed in particolare di quelle che sono disponibili nel nostro territorio, dico anche che la discussione che si è svolta quest'oggi attorno al problema del nucleare è una discussione che per molti aspetti ha ripetuto una discussione già fatta. A me ha dato la sensazione di ripercorrere un momento già vissuto, una sorta di flash back.
E' vero quello che alcuni colleghi hanno detto. Non c'è in sostanza nulla di nuovo rispetto alle discussioni già fatte. Riprendiamo oggi una discussione rimasta sospesa dal '79/80.
Viene ripresa solo oggi, nel corretto rispetto di quanto abbiamo convenuto nell'ordine del giorno 18 marzo 1981, e cioè che saremmo stati in attesa delle decisioni del PEN. Ma al di qua di questo aspetto, da un lato formale e dall'altro pratico, va detto che la Giunta regionale non aveva proprio nulla da aggiungere rispetto a quanto già presentato nella passata legislatura.
Come è stato da molti interventi richiamato, già disponevamo delle documentazioni e delle elaborazioni attuali che ci danno il quadro entro cui operare.
Quello che è mancato, e che dovrebbe essere al di là degli aspetti formali, considerata la vera causa di questo periodo di sospensione della discussione, è la risposta che ci doveva provenire dagli organi dello Stato ed in particolare dai Ministri competenti, dall'Enel e dal Cnen.
Non polemizzo con il collega Carletto circa la presunta mancanza di autorità della Giunta nell'impegnare questi Enti. Personalmente potrei a lui raccontare dei tanti colloqui che abbiamo avuto con i vari Ministri certamente le persone che erano presenti potrebbero testimoniare che la mancanza di autorità, nel senso di non avere prospettive, di non possedere chiarezza di impostazione culturale del problema, non era certo da attribuire alla Regione Piemonte.
E' rimasta sospesa questa discussione. Essa non è stata alimentata e la Giunta non aveva nulla di più da aggiungere.
Gli organi dello Stato non hanno dato risposte semplici, basilari, che a loro competevano, alle domande che noi avevamo posto nel passato. Non mi riferisco alla questione della sicurezza, anche se resta questo un punto centrale dei problemi del nucleare, perché il problema della sicurezza non si risolve con una semplice risposta data una volta per tutte, e, d'altra parte è sbagliato pensare a ritenere che la conferenza di Venezia abbia risposto a questi problemi. Abbiamo coscienza che i problemi della sicurezza si acquisiscono attraverso un processo e una metodologia di lavoro, nel corso dei prossimi anni (certo prima che le centrali entrino in funzione) a patto che ci siano le garanzie di disponibilità a seguire metodi giusti ed a compiere il lavoro necessario.
Mi riferisco invece a delle questioni molto più banali e semplici, ed i colleghi non le avranno dimenticate, come le domande poste, in merito ai problemi della disponibilità idrica necessaria per sostenere la presenza delle centrali nucleari nella nostra Regione. Su questo non ci è mai venuta una risposta; abbiamo dovuto registrare, al contrario, atteggiamenti che hanno mostrato il tentativo di evadere da un confronto serio su questo problema. Alcuni dati non erano aggiornati.
Non ci è mai stata data risposta in merito ai problemi dell'impatto ambientale, se non in termini generici. Una risposta ci fu data mandandoci un opuscolo contenente indicazioni teoriche per cosi dire astratte. Noi chiedevamo una risposta, non dico specifica rispetto ad uri sito che è ancora da scegliere, ma perlomeno mirata alle situazioni ambientali che si sarebbero tipicamente create nelle aree ove si presupponeva e si presuppone di individuare il possibile sito. Una risposta che affrontasse quelle particolari e specifiche situazioni riscontrabili, ad esempio, in tutta l'area di Po 2: una situazione di pianura con venti che spirano da Nord a Sud, con le vicine colline disposte sotto vento rispetto alla centrale.
Cito questioni la cui analisi dovrebbe essere preliminare per qualsiasi discussione e confronto, e a cui dare delle risposte, per il Cnen e per l'Enel non avrebbe dovuto essere complicato e difficile.
Il non aver dato risposte su fatti di questo genere, non può non far pensare ad insufficienze di volontà ad operare per il nucleare che in questi istituti possono essersi manifestate, e per altro verso, anche a lacune strutturali e di capacità tecnica a eseguire questo tipo di lavoro.
Un'altra risposta, fondamentale per affrontare organicamente le questioni che vari colleghi hanno giustamente posto e che io ho richiamato che è mancata è quella riguardante la Carta dei siti. Si sono svolti incontri al Ministero, presenti i Ministri competenti, presenti le Presidenze ed i tecnici del Cnen e dell'Enel. Nel corso di questi incontri ci è stata presentata ed è stata discussa una Carta dei siti. Si tratta di una non ristretta elencazione di siti presentati in termini indifferenziati. Sono oltre 40. Le Regioni hanno chiesto di precisare meglio le caratteristiche di quei siti. Intanto, in qualche caso, gli stessi parametri rispetto ai quali quella Carta era stata costruita non risultavano esaurientemente misurati. Per esempio, per quanto ci riguarda il problema dell'acqua per l'area Po 1 e gli aspetti geo-sismici delle aree piemontesi.
Queste precisazioni le abbiamo chieste anni fa. Abbiamo chiesto si procedesse a precisazioni ulteriori, poiché quella Carta non poteva essere ritenuta che una prima elencazione. Era necessario che si procedesse ad approfondimenti per individuare priorità interne a quell'elenco di siti, al fine di non correre il rischio di scegliere il peggiore fra quei 40-50 siti, magari sulla base di una banale ragione di opportunismo politico.
Sarebbe stato necessario avere una scala di priorità che ci permettesse di individuare almeno una rosa di 4-5 aree, scelte in quanto possono offrire le migliori opportunità o, per altri versi, che determinano i minori problemi rispetto all'insediamento delle centrali. Avremmo voluto partire da un quadro di conoscenza siffatto non già per eludere una responsabilità del Piemonte, ma per attuare concretamente una politica, a livello nazionale e non solo regionale, coerente il più possibile con la finalità di mantenere un qualificativo equilibrio tra sistema naturale ed interventi artificiali dell'uomo.
Siamo arrivati ad oggi e la Carta dei siti è rimasta tale e quale a quella presentata nel 78-79, senza nessuna ulteriore precisazione.
Mi chiedo se questo è coerente con la chiara intenzione politica del Governo e degli Enti statali, più volte dichiarata a parole, di procedere verso la costruzione delle centrali nucleari e se questo può costituire una rassicurante dimostrazione delle capacità tecniche di questi Enti a dar risposte ai problemi pur preliminari posti? Questo ci fa davvero mettere in dubbio che la struttura attuale che dovrebbe gestire questi interventi sia in grado di reggere al confronto politico e culturale che, un problema come quello delle centrali nucleari pone e sia in grado di reggere a un confronto tecnico e scientifico quale quello che l'introduzione delle tecnologie delle centrali nucleari richiede.
Questo quadro di carenze è per altro rivelato anche da fatti che non riguardano il Piemonte, ma l'intera comunità nazionale, quali quello ultimo, di cui si è avuto notizia ieri: il Comune di Caorso ed i Comuni vicini protestano perché non sono state a tutt'oggi messe in atto e definite in accordo con Comuni e le UU.SS.LL., le misure di sicurezza e di emergenza.
Ecco, allora, che un Paese, che ha problemi di produrre energia, che ha problemi di produrla anche attraverso il nucleare, si vede affidato a strutture che mostrami tante incapacità, carenze e limiti nello svolgere quell'azione politica e culturale e quell'azione tecnica e scientifica che è propedeutica per rendere davvero possibile l'avvio di un programma di costruzione di centrali nucleari.
Credo che molti colleghi, a questo punto, si chiederanno come sia possibile far coincidere le due facce del problema che ho esposto: l'esigenza di uno sviluppo che noi vogliamo e che richiede, come condizione strumentale, una disponibilità elevata di produzione di energia, e quindi anche l'uso del nucleare, e la consapevolezza di doverci muovere su un terreno minato da tante insufficienze delle strutture dello Stato.
Dico subito che, nonostante questa situazione, noi siamo per aprire la discussione e le procedure per giungere all'indicazione delle aree rispetto alle quali, ai sensi di legge, far avviare approfondimenti. Le discussioni che abbiamo condotto nel passato e le posizioni interlocutorie da noi assunte (che qualcuno definisce di strumentale rallentamento, ma che erano invece motivate dalle ragioni di merito che ho succintamente richiamato) sono ancora oggi valide. Vogliamo però superarle come atto di responsabilità, da contrapporre alle irresponsabilità che tuttora emergono da parte degli organi dello Stato.
Noi vogliamo dare una risposta alla scadenza dell'8 giugno. Non siamo impegnati alla risposta solo per un aspetto formale, anche se riteniamo che le strutture dello Stato, che tutte le istituzioni, ai vari livelli debbano rispettare gli aspetti formali, e vorremmo che tutti nel nostro Paese le rispettassero.
Non è un puro atteggiamento volontaristico, né tanto meno di cedimento.
Siamo impegnati a rispondere per le ragioni di merito, economiche e sociali di cui dicevo. E' questa la ragione che ci fa assumere la responsabilità di andare avanti, nonostante il giudizio che diamo sugli apparati dello Stato competenti a risolvere questo problema.
Apriamo di nuovo la discussione. Hanno ragione Marchini, Genovese, ed altri colleghi: sarebbe difficile fingere che l'apriamo con elementi di novità significativa. L'apriamo con le documentazioni di cui disponiamo.
Abbiamo atteso il Piano nazionale energetico, questo è venuto; ci siamo trovati però di fronte un Enel e un Cnen che hanno lasciato passare questi due anni, senza produrre nulla di più di quanto avevano prodotto nel passato. E' stata una sorpresa, per me, vedere i rappresentanti dell'Enel e del Cnen partecipare alla prima e recente riunione del Comitato misto portando come documentazione gli stessi quaderni che ci avevano mandato già nel '76 e nel '77. Apriamo con non molti elementi nuovi, anzi, è giusto dire, con nessun elemento di rilevanza significativa. Riteniamo che si debba aprire ugualmente la discussione per assunzione di responsabilità nei confronti del Paese, per dar corso al conseguimento di possibilità di sviluppo della nostra Regione e dare contributi allo sviluppo del Paese.
Dico subito che apriamo la discussione confidando che si svolga in una situazione di chiarezza.
Ciò vuol dire che nessuna soluzione è precostituita. Non ci prestiamo al gioco di nessuno che abbia l'intenzione nascosta di far lavorare e discutere la Giunta, il Consiglio regionale, la Comunità e gli Enti locali per infine avallare delle scelte già effettuate, da qualcuno ritenute scontate.
Non ci vendiamo agli interessi di nessuno in questo senso. Il lavoro deve essere serio e responsabile, pur in quella situazione difficile di cui dicevo prima. Richiede davvero che le regole del gioco, la chiarezza, la correttezza e l'onestà dei comportamenti siano tutte rispettate e che le carte siano tutte, in tavola, nessuna sia nella manica della giacca di qualcuno.
Il lavoro che noi in questi mesi dobbiamo sviluppare non può essere indotto quindi per giustificare la scelta di Trino. Lo devono sapere l'Enti, il Cnen, i Ministri del passato e i Ministri attuali che in questo senso si sono espressi.
Non siamo disponibili a fare un lavoro così difficile e impegnativo, in una situazione di tanta incertezza, per avallare disegni che altri hanno già, definito.
Personalmente, con riferimento alla indicazione di Trino dico che nel corso del lavoro fatto negli anni passati, ho appreso come avranno appreso gli altri colleghi, dagli agricoltori e dalle Comunità locali, delle fondate preoccupazioni che esistono circa l'effettiva disponibilità di risorse idriche.
Quelle discussioni hanno fatto capire, al di là dei giudizi che oggi possono essere formulati intorno all'ulteriore estensione della coltura del riso, il significato e l'importanza della scelta che è stata fatta nell'800 quando si è costruito un sistema irriguo, poi consolidatosi nel tempo, che ha fatto sì che quell'area del Vercellese divenisse l'area di più intensa infrastrutturazione agricola della nostra Regione e forse del nostro Paese.
Penso che sarebbe davvero irragionevole creare l'eventualità di mettere in crisi, fossimo anche in presenza di rischi con limitate eventualità di verificarsi, un'area agricola come quella, soprattutto se ci sono altre possibilità di insediamento delle centrali nucleari.
La questione ci riconduce all'esigenza di una seria Carta nazionale dei siti. Ma per restare al Piemonte ciò significa non scartare a priori il problema della Po 2, cioè della zona di Alessandria. Sarebbe anche questo un grave errore. Non deve indurci a rinunciare a priori a prendere in esame e porre alla discussione l'ipotesi Po 2 il fatto che le amministrazioni locali esprimono in questa zona maggiori reticenze, se non addirittura esplicite opposizioni, alla centrale. Non per questo si deve dare per scartata a priori l'area Po 2, come non si deve accettare a priori l'area di Trino solo perché in quest'ultima area c'è una maggiore disponibilità della comunità, e in particolare dell'amministrazione di quel Comune. Noi dobbiamo partire da una posizione seria che non dia per scontata la scelta di Trino e che non scarti l'area Alessandrina. Personalmente, penso che siano ragionevoli i problemi posti da Borando e da Ferraris.
Nell'Alessandrino la situazione agricola presenta equilibri meno critici di quanto non presenti quella Vercellese. Rispetto all'insediamento ed all'impatto di una centrale nucleare la situazione dell'area Po 2 non solo è meno critica, ma può essere connessa con il grande progetto storico, mai attuato, che è quello della regimazione del bacino del Tanaro. Un progetto di produzione di energia elettrica può integrarsi con quello della regimazione delle acque e del loro uso plurimo, della sistemazione idrogeologica di quella valle, oltre che l'uso del calore residuo per l'attività agricola e per teleriscaldamento.
Noi apriamo una discussione senza elementi di novità significativi rispetto al passato. Penso che sotto questo profilo dobbiamo essere onesti ed espliciti verso le comunità e chiedere loro di esprimersi non in ragione di elementi nuovi, ma in ragione di quanto dicevo prima: come assunzione di responsabilità rispetto ai problemi generali del nostro Paese. Apriamo la discussione con questo spirito.
Genovese ha posto il problema dell'area di riferimento rispetto a cui deve riaprirsi la discussione; essa non può che partire con riferimento ai confini delle aree indicate a suo tempo dal Cnen, disponibili a modificarli se nel corso del lavoro che dobbiamo compiere di qui a giugno emergeranno motivi oggettivi.
Operando in questo modo intendiamo togliere alibi agli organi dello Stato che finora hanno rifiutato di lavorare per fornirci altri elementi di conoscenza giustificandosi dietro al fatto che non avevano ricevuto quel mandato formale che secondo loro può derivare soltanto dall'individuazione delle aree. E' stata questa una grave ed incomprensibile responsabilità che il Cnen e l'Enel si sono assunte, in conseguenza della quale sono venute a mancare anche le prime risposte preliminari che sono state chieste.
Mi sembra irresponsabile questo trincerarsi dietro un fatto formale.
Enti come il Cnen, che ha come suo compito quello della ricerca, e l'Enel, che svolge costantemente ricerche sulle varie parti del territorio non avevano bisogno di mandati formali per condurre osservazioni di queste aree.
Noi vogliamo eliminare questi alibi. Diciamo però chiaramente che l'individuazione delle aree che dobbiamo effettuare entro il mese di giugno non è una cambiale firmata in bianco. Tutte le questioni, anche di piccola portata, che sono rimaste aperte e per le quali non avremo risposte entro giugno (ma speriamo che per alcune ci sia risposta), dovranno avere risposta come condizione necessaria per scegliere l'ubicazione del sito.
Rimandiamo a quando avremo il risultato delle ricerche, al momento delle successive scadenze di legge, la decisione definitiva circa la possibilità che una centrale nucleare venga ubicata in Piemonte.
Spetterà quindi all'Enel e al Cnen, a questi organi dello Stato che sono competenti ad affrontare i problemi posti, di fronte al nostro atteggiamento responsabile volto a procedere, al quale invitiamo ad affiancarsi le amministrazioni comunali, assumere un uguale atteggiamento responsabile. Dal lavoro di questi enti dovranno venire risposte esaurienti. Se non ci saranno, se le risposte non saranno complete, le successive deliberazioni che Regioni e Comuni d'intesa dovranno assumere ai sensi del comma 5 dell'art. 4 della legge 393 per la scelta dei siti, sarà una deliberazione negativa.
Non solo se risulterà che le condizioni non esistono, ma anche se non saranno stati chiariti tutti i dubbi oggi presenti si dirà "no".
Detto ciò, si rende necessario che a partire da questi prossimi mesi ed in termini permanenti se la centrale nucleare dovrà essere costruita in Piemonte, ci si doti di nostre autonome capacità tecniche di analisi e di interlocuzione, non di progettazione (compito che spetta all'Enel e al Cnen).
La Regione non deve sostituirsi ai compiti di approfondimento dei problemi che spettano agli organismi di Stato, ma deve mettersi in condizione di interlocuzione con essi. Ci sono varie fasi di lavoro da compiere, dalla scelta delle aree suscettibili di insediamento all'individuazione del sito possibile, alla progettazione, fino alla definizione dei piani di emergenza. Per questo è sufficiente leggere quanto è previsto nella normativa della legge.
Dobbiamo metterci in grado di interloquire nel merito di ciascuna di queste fasi sulla base di capacità autonome e di competenze specifiche riguardanti campi che vanno dall'impiantistica nucleare, ai problemi ed alla normativa di sicurezza, all'idrologia, alla geologia, alla sismica alla metereologia, ai problemi del territorio e a quelli urbanistici inerenti l'organizzazione dell'area interessata, alla radio-protezione, ai problemi di fisica sanitaria.
Non dobbiamo più perdere tempo nel dotare la Regione di un apporto tecnico scientifico permanente su questi problemi; apporto che potrà essere lasciato cadere soltanto se la centrale, alla fine del lavoro, risulterà non potersi insediare in Piemonte, ma invece divenire permanente se si costruirà la centrale.
Sotto questo punto di vista, noi dobbiamo completare gli apporti tecnici interni all'apparato regionale stabilendo convenzioni, sulla base della convenzione-quadro, con l'Università e il Politecnico.
Va costituita una Commissione ché deve operare in stretto raccordo con la comunità regionale, della quale deve rappresentare lo strumento tecnico per il confronto con l'Enel, il Cnen e l'Istituto superiore della sanità.
Essa dovrà richiedere, ove necessario, la collaborazione degli Enti e delle istituzioni pubbliche che, hanno competenze specifiche nei diversi settori, dall'Ufficio d'igiene, alle UU.SS.LL., alla protezione civile, al Genio civile, al Magistrato del Po. Questa Commissione dovrebbe costituirsi con un nucleo ristretto di componenti permanenti, ai quali affiancare altri apporti, nella misura e nei tempi in cui questi si renderanno necessari.
Una Commissione che deve operare con capacità organizzativa ed efficacia, quindi non pletorica.
Devo qui sottolineare, in aggiunta alla relazione di Salerno che condivido, che è necessario che questa Commissione sappia darci o organizzarci particolari apporti per seguire la fase stessa della progettazione della centrale nucleare. L'intelligenza tecnica di cui la Regione si deve dotare dovrà essere impegnata al fine di far sì che la progettazione della centrale non sia affrontata nel puro obiettivo di progettare una macchina per produrre energia, ma nell'obiettivo di progettare una macchina rischiosa che deve essere gestita in condizioni di sicurezza dagli uomini. Sotto questo profilo deve essere progettata in modo da consentire che gli uomini che la gestiscono, dall'interno degli impianti, possano svolgere il primo e fondamentale compito di controllo per garantire la sicurezza anche esterna.
Se questo fosse stato fatto per l'impianto di Three Mile Island si sarebbe evitato l'incidente là avutosi. Così a Caorso non avremmo avuto i problemi che ci sono stati e quelli tuttora presenti.
Una progettazione di tipo nuovo, non quella che ci proviene dalle tecnologie americane. Una progettazione che corrisponda alla cultura di una società come la nostra che ha una grande tradizione umanistica, che ha partiti come quelli che compongono questa Giunta prioritariamente impegnati verso i problemi dell'uomo.
Questa macchina deve essere progettata in modo che il primo momento di controllo sul suo funzionamento sia realmente possibile a chi lavora dentro di essa.
La gestione democratica del controllo deve essere esercitata in prima istanza dall'organizzazione dei lavoratori interni, la quale deve essere collegata all'organizzazione democratica di controllo esterna, costituita dai Comuni, dalle UU.SS.LL., dalla Regione.
Una nostra intelligenza specifica e permanente su questi problemi per far sì che, se la centrale costruita in Piemonte, la si costruisca con la garanzia di possedere strutturali capacità dì intervento e maturità culturale tale da rendere la gestione sicura e democraticamente controllata. Questa condizione deve essere uno dei parametri sulla base dei quali progettare e costruire la centrale.
Questo preparare noi stessi ad affrontare i problemi che ci stanno di fronte è il modo più giusto per richiamare l'Enel, il Cnen, l'Istituto superiore della sanità ed i Ministeri competenti, ad adeguarsi per corrispondere ad un confronto che vogliamo serio ed esauriente.
Se non saremo noi stessi rigorosi, se non ci doteremo delle basi e delle capacità tecnicistiche e scientifiche adeguate, lasceremo il passo in questo confronto, ai margini di lassismo e di approssimazione che già abbiamo dovuto riscontrare in questi istituti e negli organi governativi.
Dobbiamo dotarci di queste capacità attraverso le strutture di ricerca presenti nella nostra Regione, in primo luogo attraverso l'Università ed il Politecnico. Solo così potremo evitare di essere dei gatti ciechi che In questa non facile vicenda si accompagnano a delle volpi zoppe, come gli enti preposti al programma nucleare hanno mostrato di essere.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, devo innanzitutto ringraziare l'Assessore Salerno, per la stia completa ed esauriente relazione; gli Assessori Ferrero e Rivalta che con i loro contributi finali hanno dato il quadro più completo della volontà della Giunta regionale.
Il dibattito è stato ampio, e sicuramente segna un punto di merito del Consiglio regionale, riportandolo a quello che da molte parti viene chiamata "la necessità della centralità del Consiglio regionale".
Vorrei recuperare alcune cose che forse non sono emerse o che comunque mi sono sfuggite, ma Che ritengo di grande importanza. Mi richiamo alla polemica fra i nuclearisti e gli anti-nuclearisti che si è svolta nel mondo e particolarmente in Europa, recuperando anche tutto quanto vi è stato di positivo nel dibattito che nella II legislatura, senza dividere come alcuni hanno tentato di fare, in buoni e cattivi, ma cercando di recuperare tutto quanto vi è stato di Positivo.
Ci sono fuor di dubbio due culture, l'una antinucleare ed altre a favore del nucleare; ci sono due culture nel paese, una in senso più democratico nella concezione di questo problema e l'altra, molte volte, in senso reazionario. Queste culture si compenetrano l'una nell'altra e se non si risolve a monte sia il problema scientifico che il problema politico della concezione di questi due problemi, faremo, a mio avviso, confusione nella definizione dei problemi.
In questo dibattito sono emersi tutti e due questi aspetti: l'uno sul piano dell'impostazione scientifica, l'altro sul piano dell'impostazione ideologica, per poi scendere nella confusione di questi ruoli e di queste sfere, per poi mettere i problemi sul tappeto in modo non chiaro.
Per quanto mi riguarda vorrei affrontare il primo aspetto di ordine culturale ed ideologico, per fare, partendo da queste considerazioni, la scelta conseguente ed arrivare ai problemi della metodologia e delle scelte più precise che ci competono.
Premetto, come già è stato detto da qualcuno, che non è pensabile che si possa entrare nel 2000, nel XXI secolo, senza dominare pienamente una risorsa energetica come quella nucleare. Risorsa che purtroppo ricorda, sin dai primordi, l'idea della guerra e della distruzione per l'uso che ne è stato fatto e perché sta alla base dell'equilibrio del "terrore" tra le grandi potenze. Ma ugualmente non è pensabile che il mondo si affacci al nuovo secolo senza utilizzare pienamente un'altra risorsa, quella solare.
Nucleare e solare sono stati spesso contrapposti, come simboli, di due società diverse; così come si suole contrapporre nucleare ed energie alternative, dette "dolci".
A me non pare che le cose stiano propriamente così. Infatti i problemi che pone la costruzione delle centrali nucleari, le questioni della sicurezza, i problemi economici connessi all'approvvigionamento della materia prima; al suo riciclaggio ed all'impatto con l'ambiente (secondo i critici nucleari) possono portare ad una società autoritaria, ad una società che esige controlli stretti, certi, verticistici.
Non nego che in alcuni Paesi è addirittura l'esercito ad avere questo tipo di controllo, oppure una burocrazia di Stato onnipresente, elitaria ed onnipotente! Ma la stessa cosa può succedere con il solare o con altre energie, come l'esperienza ci ha dimostrato e ci dimostra.
La lunga vicenda della guerra del petrolio, dello scontro tra Paesi emergenti e Paesi ad alto sviluppo dimostra, purtroppo, che lo scontro non solo è possibile, ma è in atto per il controllo delle fonti di energia.
Ma c'è di più. Anche il solare, per esempio, può portare nel quadro dell'evoluzione del controllo delle fonti e del ruolo di poche multinazionali o per il fatto che la ricerca e l'applicazione siano oggi essenzialmente monopolio degli eserciti nei Paesi avanzati.
Il problema che si pone è dunque quello della "qualità del potere" da cui discende anche in gran parte una "certa qualità della vita". Il problema è quello della democrazia, del governo democratico delle risorse e della loro utilizzazione.
Si pone quindi la questione di chi decide, di chi controlla, di chi risponde di fronte alla comunità e di come la comunità partecipa alle decisioni e di come una maggioranza assume le decisioni.
Noi abbiamo fatto e continuiamo a fare la nostra parte convinti come siamo di un ruolo specifico della Regione, dei Comuni, delle organizzazioni sociali nel determinare le scelte e nel realizzarle. Il salto di qualità anche nazionalmente, deve essere fatto su questo terreno.
Se vi è dunque scelta ideologica da compiere sta in questa questione del "governo democratico", non sul tipo di fonte energetica da utilizzare.
Questo dimostra come ci possano essere qualità diverse nel governo di singole questioni, quando si è attenti alla comunità regionale e al tempo stesso si è concreti nell'assumere le responsabilità che competono a un organo di governo qual è la Regione.
Fatte queste premesse di ordine ideologico generale, occorre, per dare sostanza ancora maggiore alla scelta che ci apprestiamo a compiere, avere chiari due elementi fondamentali. Il dibattito che abbiamo concluso ieri sull'Europa, e se le conclusioni sono unanimemente condivise dal Consiglio regionale, il nostro sguardo, come ha sottolineato con acutezza Rivalta nel suo intervento, deve essere volto anche verso lo sviluppo e l'indipendenza dell'Europa dai due blocchi, con risvolto e sguardo nei confronti del terzo mondo. Ed allora, se vogliamo essere a quei livelli, e il Piemonte vuole essere a quei livelli, anche qui la scelta che stiamo per fare diventa una scelta inevitabile.
Se guardiamo all'Europa, pensiamo sicuramente e non soltanto per la scelta strategica, ai 10 anni di ritardo sotto questo aspetto; pensiamo alle nostre industrie, pensiamo alla competitività delle nostre industrie e pensando a tutto questo, pensiamo all'economia nazionale e piemontese pensiamo ai livelli di sviluppo ai quali vogliamo giungere, avendo detto con chiarezza che la crisi si supera soltanto puntando su una linea di sviluppo.
Se si punta su una linea di sviluppo, come credo tutti noi riteniamo che si debba puntare, le risorse energetiche diventano una di quelle necessità assolute al di fuori e al di sopra del necessario recupero di tutte le forze alternative.
Rinnovamento tecnologico, progetto fuor di dubbio più avanzato (e forse qui occorre l'approfondimento tecnico) e deve partire dal Consiglio regionale del Piemonte un avvertimento ai tecnici dell'Enel e del Cnel perché nella progettazione di questa centrale nucleare occorre utilizzare le più alte tecnologie; ma ci sia pur chiaro, dopo tutte queste considerazioni, che la scelta è obbligata, valida, su un piano storico culturale, economico, scientifico e anche sul piano politico.
Certo, molti problemi, dopo aver detto questo, sono ancora sul tappeto.
La qualità della vita è uno di quei problemi ai quali non vi è da mettere secondo niente. Occorre quindi predisporre l'elaborazione di un progetto altamente partecipato, ma che comunque faccia salva sempre e comunque la scelta che prioritariamente si è fatta.
Il Consiglio deve dare il via al progetto di fattibilità tale che consenta, con gli approfondimenti sui quali arriverò dopo, che ci sia chiarezza, che non ci siano più dubbi Se i problemi riguardano non tanto le scelte di fondo, che ormai tutti insieme stiamo per affrontare e decidere pur prendendo e avendo sicuramente grande comprensione per chi non la pensa come noi e cercando di portare tutti quegli elementi necessari affinché si arrivi ad una completa convinzione. Comunque a mio avviso occorre, per le considerazioni dianzi dette, fare chiarezza fino in fondo.
Se questa chiarezza diventa un dato dal quale partire, la questione si sposta nell'individuare queste aree o altre, nella chiarezza sui dati essenziali, nelle informazioni precise, nella protezione civile, nell'esame dei progetti di emergenza, nelle strutture adeguate, nella metodologia per arrivare alle localizzazioni.
Se questo è l'orientamento generale, il problema diventa di questo tipo, e allora su questo terreno occorre certo giocare con le carte scoperte e avere di fronte tutti i termini del problema, ma avendo chiaramente di fronte, anche la scelta che noi andiamo a fare, lasciando già da parte, in modo che non si intreccino più, in modo che non si rimordano più la coda, problemi d'ordine ideologico, di carattere generale che niente hanno a che fare, se queste sono le premesse, con la chiarezza dei dati, le informazioni, i dati tecnici e tutto quant'altro è necessario perché il Piemonte si appresti con oculatezza, con il senso di dover compiere delle scelte difficili, a compiere le cose che s'hanno dal fare.
Il Governò, anche con parecchia riluttanza ha approvato il PEN; subito dopo abbiamo costituito il Comitato misto; subito dopo la sua costituzione si è messo in opera e ci siamo cori trovati di fronte ad elementi istruttori. Non avevo seguito allora con l'attenzione di altri, perché ad altre competenze ero dedicato, ma pare che sia stata consegnata la stessa documentazione tecnica.
Mi viene un sospetto che voglio esternare pubblicamente in Consiglio.
Quando, accompagnato dall'Assessore Salerno ci siamo incontrati con il Ministro Marcora, di fronte a questi c'era un tale Ammassari al quale vedendolo con tale durezza di fronte al Ministro, ho detto che se lui voleva le centrali nucleari, e le sosteneva con quelle argomentazioni, era il peggior sostenitore delle centrali nucleari in questo paese. Ho alcune remore sulla volontà e sulla chiarezza politica dell'apparato e delle strutture ed occorre fuor di dubbio porci questo tipo di problema. Occorre evitare il pericolo che, per le corse sfrenate a raggiungere alcuni obiettivi, non si scorgano carte coperte e non ci si accorga degli obiettivi diversi da quelli da raggiungere.
Siccome la nostra volontà è una volontà seria, meditata, sul piano ideologico e concreto, vogliamo fare chiarezza su tutto e, questo è il dato politico che vorrei rilevare con forza in Consiglio. La Giunta regionale vuol porsi, in questo momento di scelta, come un momento di certezza e di garanzia nei confronti di tutti gli Enti locali del Piemonte e nei confronti di tutte le forze sociali del Piemonte; dico di certezza e di garanzia tale che ogni scelta venga fatta in maniera meditata, argomentata sul piano politico sociale e scientifico.
Questo è il nostro obiettivo, forse anche la nostra ambizione ma con questa ambizione e questo obiettivo ci apprestiamo ad affrontare questi tre mesi difficili.
Diceva Marchini, forse a conclusione di tutto un suo ragionamento che non ho compreso bene nella sua esposizione: "la gente sotto l'aspetto ideologico ha già fatto (una stragrande maggioranza comunque) la sua scelta; la gente oggi, quella che indicativamente dovrà essere oggetto di un insediamento nucleare, chiede cosa succederà sul mio territorio?".
Questa mi pare sia la domanda che viene dalla gente, avendo risolto al loro interno gli orientamenti di carattere strategico. Allora certo, che ci sono delle risposte precise da dare, e anche il metodo con cui darle; è un dato estremamente importante al quale il Consiglio regionale non pu assolutamente sottrarsi appunto per la sua implicazione di ordine sociale e psicologico, stante l'impatto che il modo di propinare notizie, il modo di suggerire metodologie, può avere nei confronti della gente. Certo, che il problema delle acque, il problema dell'impatto con l'ambiente, il problema produttivo, gli aspetti urbanistici e viari delle varie zone sono elementi che vanno affrontati con una metodologia di grande rispetto della partecipazione, sia degli Enti locali che delle forze sociali.
In questo voglio fare una breve annotazione perché sono state richiamate dal Consigliere di Casale alcune frasi che io avrei detto e come sono emerse in una intervista sui giornali locali. Io, quando ho detto che incontrandomi con i dirigenti del Comune e del Comprensorio di Casale avevo trovato una diversa comprensione dei problemi rispetto ad anni precedenti, ho detto e riconfermo la cosa che ho visto e sentito dalle dichiarazioni; ma diversa comprensione, non vuol dire il cambiamento della valutazione, circa i loro problemi sulla centrale nucleare. Diversa comprensione è intesa nel senso di diverso modo di porsi di fronte a questo problema, pur avendo una Visione contraria sia sul piano ideologico che sul piano sostanziale, però comunque, l'approssimarsi alla risoluzione di questo problema era di fatto più democratica oppure comunque di maggiore disponibilità.
In questo senso ho notato un complessivo miglioramento (come tutto sommato possiamo registrarlo in questo Consiglio e nella società piemontese) dei rapporti e del modo di affrontare questo drammatico problema.
La decisione da prendere, che il Governo regionale e insieme il Consiglio regionale vogliono prendere nei termini previsti, senza far fughe in avanti, pur avendo fretta, ma con determinazione, serietà e con tutte le carte in regola, senza scavalcare ostacoli in maniera che si possano fare dei ruzzoloni, ma in maniera, seria e corretta e nei tempi previsti: questo è l'obiettivo che ci siamo dati e che sicuramente vogliamo mantenere.
Credo che il Governo regionale svolga pienamente e il Consiglio regionale abbia recuperato con questo dibattito la propria centralità un'azione di governo seria e responsabile, dando un alto significato politico-istituzionale a questo tipo di scelta. Vi sono delle legittime preoccupazioni che sono emerse all'interno stesso dei partiti, che sono emerse nella coscienza dei vari Consiglieri, come portatori di altre esigenze chi si trovano nella comunità regionale, ma sicuramente il dibattito è stato fortemente unitario. Un merito quindi se alla conclusione di questo dibattito con l'approvazione dell'ordine del giorno, ci appresteremo con spirito complessivo ed unitario per trovare nella votazione dell'ordine del giorno un consenso unanime.



PRESIDENTE

Il dibattito è finito; prima di concludere la seduta rimane ancora un discreto lavoro da fare. Sono state presentate due proposte di ordine del giorno: la prima dai Consiglieri Bontempi, Mignone, Viglione, la seconda dal Consigliere Montefalchesi.
Sulla prima proposta di ordine del giorno, vi sono proposte di emendamenti da parte dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio.
Credo sia necessaria una riunione tra le forze politiche per concordare un eventuale testo. Riunione con la Giunta, Presidente e Vice Presidente della VII Commissione ed i Capigruppo che ritengo utile essere presenti.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 14,20 riprende alle ore 15,20)



PRESIDENTE

Con tutte le forze politiche si è giunti ad un accordo sul testo di proposta di ordine del giorno.
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Ci sono degli ordini del giorno che vengono tenuti fermi; occorre allora dare lettura di quelli per vedere di metterli in votazione. Se le dichiarazioni di voto avvengono per ordine del giorno separati, allora ciascuno illustra il suo, se invece avvengono nell'insieme.



PRESIDENTE

Questo è il primo ordine del giorno presentato che ormai ha assunto veste. Il secondo presentato dal Consigliere Montefalchesi non è stato modificato, i colleghi ce l'hanno a mano, quindi su questo la parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Su entrambi gli ordini del giorno, intendo fare una breve dichiarazione di voto ritenendo che la problematica che stiamo affrontando e il voto che ci apprestiamo ad esprimere siano un fatto di grande rilevanza per la nostra Regione e siano uno degli aspetti più importanti e rilevanti di questa legislatura.
Debbo subito dire che mantengo l'ordine del giorno che abbiamo presentato, che voterò contro l'ordine del giorno presentato dai 3 partiti che compongono la Giunta; le motivazioni per le quali voto contro quest'ordine del giorno, sono quelle richiamate nell'intervento. Pur non avendomi convinto nessuno degli Assessori o il Presidente della Giunta che hanno parlato, in particolare Rivalta ed Enrietti, debbo rilevare che non capisco più bene, a questo punto, quale sia la posizione della Giunta: se è quella di Rivalta, che evidenzia giustamente i limiti ed i problemi che hanno portato ad una decisione del Consiglio regionale, la scorsa legislatura, e che noi abbiamo evidenziato nel nostro intervento e che manifesta certo una disponibilità ad aprire una discussione per dare una risposta, ma non a fare un lavoro per giustificare delle scelte già fatte.
Oppure la posizione è quella del Presidente, della Giunta Enrietti che dice: "è una scelta che si deve fare, è necessaria e valida" e sembrerebbe che il lavoro che si debba fare da adesso in avanti, gli approfondimenti debbano servire sostanzialmente a giustificare una decisione già presa.
Questo non è irrilevante, rispetto al voto che si deve esprimere perché e chiaro che se è questa l'ottica, ebbene, anche il lavoro che faremo e la partecipazione delle popolazioni hanno ben altro significato.
Noi votiamo contro quell'ordine del giorno perché riteniamo che tutti i problemi che abbiamo affermato nel nostro ordine del giorno e nel nostro intervento, sono irrisolti, e che siano certamente irrisolti lo dimostrano i fatti. C'è un articolo sulla Repubblica di oggi, senza qui voler suscitare emozioni o reazioni, ma certamente fatti come quelli riportati dal quotidiano La Repubblica che possono suscitare inquietanti interrogativi, là dove informa che in Canada due lavoratori sono stati colti da cancro, derivante da radiazioni in una centrale nucleare. Non si tratta di suscitare emozione, si tratta di prendere atto che queste cose avvengono, che la gente al di fuori di quest'aula le legge, che a questo bisognerà dare una risposta e che quindi il problema della sicurezza è tutt'altro che risolto.
Vorrei anche rispondere ad alcune dichiarazioni che mi sono state erroneamente attribuite, potrebbe essere stato motivo di un intervento per fatto personale, ma vorrei chiarirle prendendo spunto dalla dichiarazione di voto. Il Consigliere Ferro ha detto almeno tre inesattezze sul nostro intervento: noi non proponiamo 2000 Mgw ricavabili dall'idroelettrico, noi ne proponiamo più di 3000 (1341 dalle stime dell'Enel, 500 dalle centraline modulati e 1200 da impianti di coogenerazione). Questo è un errore che tengo a chiarire. Rispetto agli studi di fattibilità sulle centraline modulari e sull'affermazione secondo cui queste verrebbero a costare molto ebbene io dico che le centraline modulari, e lo studio del Prof. Mosca lo afferma, si accompagnano a un riassetto idrogeologico e quindi questo costo deve essere tolto dal costo dell'energia, perché il riassetto idrogeologico significa salvaguardia del territorio.
La terza cosa che Ferro ha dimenticato è che il fattore di utilizzazione delle centrali nucleari è mediamente del 50% nelle centrali oltre gli 800 Mgw, dati degli Stati Uniti; in Italia, secondo dati vecchi forniti dall'Enel e che credo siano tuttora validi, nel 1976, si è avuto un fattore medio di utilizzazione del 60% e del 49,2% nella centrale di Trino.
Un altro aspetto che tengo a chiarire: Carletto ci ha attribuito alcune dichiarazioni, ad esempio che si abbassa il prezzo del petrolio e non ci sono più problemi; non è questo ciò che abbiamo detto; noi abbiamo sostenuto che, essendoci un periodo di stabilità nel prezzo del petrolio, e non essendo più sotto il ricatto dei black-out è necessario e indispensabile avviare un momento di trasformazione profonda delle scelte energetiche e del modello di sviluppo.
E quindi occorre sospendere la scelta nucleare, per fare questa ricerca in direzione di un modello di sviluppo diverso.
Noi concordiamo con Rivalta sulla necessità di una reindustrializzazione, ma bisogna vedere di che tipo di reindustrializzazione si tratta, perché io sono d'accordo sullo sviluppo però una cosa è una reindustrializzazione all'interno di una logica quantitativa come quella attuale, un'altra quella all'interno di una logica qualitativa. Quindi reindustrializziamo anche per produrre tecnologie per il risparmio energetico o no? Tanto per capirci; noi proponiamo pertanto una sospensione della decisione e la ricerca da parte della Regione nell'ambito della Sua capacità progettuale, di una risposta al problema energetico che sia una risposta strutturale; se la scelta della centrale nucleare è una risposta strutturale al problema dell'energia, ebbene lo si dica, perché questo mi sembra sia profondamente in contrasto anche con il PEN laddove il PEN indica anche la scelta nucleare come marginale rispetto alle risposte da dare al problema energetico.
Queste sono le motivazioni che ci inducono a votare contro quell'ordine del giorno presentato dai partiti della maggioranza e a riconfermare il nostro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Una dichiarazione di voto molto breve perché ho già detto nel mio intervento iniziale che cosa pensavo.
E' chiaro che, di fronte a questo ordine del giorno, che è un ulteriore passo rispetto alla scelta nucleare, d'altra parte il Presidente della Giunta è stato molto esplicito nella chiusura del dibattito quando ha affermato che la scelta non è più in discussione, ma sono in discussione i termini; il mio sarà un voto contrario.
Mi permetterei solo di aggiungere che, anche dai molti interventi che ci sono stati in questo dibattito e dalle dichiarazioni finali della Giunta e degli Assessori si evidenzia il contesto di grandi incertezze in cui si inserisce la realizzazione della centrale nucleare, incertezze che permangono in modo preoccupante sia rispetto ai costi, sia rispetto ai sommovimenti che si determinano per l'ambiente, sia rispetto a tutte le questioni relative alla sicurezza e alle prospettive che si aprono rispetto ad una reale alternativa di uno sviluppo opportuno, e adeguato che, invece dovrebbe esserci dal punto di vista agricolo.
E' chiaro che, di fronte a questi interrogativi, anche per chi ritiene la scelta nucleare opportuna ed essenziale, forse un momento di ulteriore riflessione sarebbe stato e sarebbe più opportuno, proprio perché le incertezze sono troppe.
Io sono fra questi e pertanto voterò contro l'ordine del giorno proposto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Chiedo alla Presidenza di dichiarare, nel mettere in votazione l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza, che questo è emendato con il concorso dei Gruppi del P.L.I., P.R.I., D.C.



PRESIDENTE

Certo. Pongo in votazione i due ordini del giorno, di cui vi do lettura. L'ordine del giorno presentato dal PdUP recita: "Il Consiglio regionale in relazione alle indicazioni contenute nel PEN circa l'insediamento di centrali termonucleari in Piemonte nelle zone indicate Po 1 e Po 2 ed all'invito alle Regioni interessate a definire entro 150 giorni dall'entrata in vigore del PEN le aree suscettibili di insediamento nucleare considerato come l'ordine del giorno del Consiglio regionale del 25/7/1979 approvato a conclusione dei lavori dell''Intercommissione sul problema delle centrali nucleari in Piemonte' riteneva: 'del tutto irrisolti i problemi delle garanzie di sicurezza, dell'adeguatezza e idoneità dei piani di emergenza, dello stesso accertamento delle condizioni di base per la localizzazione (acqua, inquinamento atmosferico, impatto con l'ambiente ecc.)', e inoltre che: 'nella presente situazione e comunque fino a riesame in sede tecnico-scientifica prima e parlamentare poi delle garanzie di sicurezza e dell'adeguatezza dei piani di emergenza, non sussistano le condizioni per indicare le aree per la costruzione di nuove centrali nucleari in Piemonte' valutato come sia in Sede di Comitato misto deciso dal Consiglio regionale il 18/3/1981, che in sede parlamentare non si è proceduto ad alcun valido e scientificamente comprovato riesame dell'insieme delle questioni di carattere tecnico e scientifico e che rimangono privi di riposta problemi quali: a) le garanzie di approvvigionamento idrico in relazione alla periodica carenza di acqua nella portata del fiume Po, per il funzionamento dell'eventuale centrale nucleare con conseguenti riflessi che derivano per le caratteristiche agricole delle zone circostanti b) gli effetti derivanti all'ambiente dagli scarichi dell'acqua usata per i sistemi di raffreddamento della centrale nucleare c) le conseguenze dovute agli scarichi tramite le torri di raffreddamento nell'atmosfera circostante d) l'assenza o la non conoscenza di credibili piani di emergenza in relazione ad incidenti, specie catastrofici constatato come a seguito della crisi e ristrutturazione dell'apparato produttivo italiano all'interno di una non congiunturale recessione internazionale, si registrano cadute gravi dei regimi produttivi energivori ed in conseguenza di ciò una sovraproduzione di prodotti energetici non rinnovabili - quale il petrolio - che comporta una riduzione del suo prezzo ed una possibile riduzione dei volumi produttivi verificato come in base a dati inoppugnabili e su ammissione dell'Enel per tale situazione e per effetto dell'entrata in funzione di nuove centrali in Italia si riscontra una riduzione dei consumi di energia elettrica e una capacità produttiva che evita ogni rischio di carenza di offerta di energia rilevato come il PEN pur avendo operato in maniera discutibile una riduzione dei livelli di previsione della domanda energetica complessiva non si è posto però alcun credibile obiettivo di risparmio energetico e di intervento programmatico sia nel settore elettrico che in quello dei trasporti, configurandosi così come un piano di 'offerta' di energia anziché strumento di intervento di governo e programmazione della domanda energetica e rinunciando a modificare sia la struttura privata che industriale dei consumi, dato questo che porta inevitabilmente a giustificare la scelta di nuovi impianti elettronucleari ritiene che ogni scelta di politica energetica non possa prescindere dal rapportarsi alle gravi questioni occupazionali e produttive indotte dalla crisi economica e che la scelta energetica non si può considerare ed effettuare in termini di 'emergenza' o di urgenza.
Il Consiglio regionale del Piemonte manifesta pertanto il proprio dissenso sull'impostazione del PEN e circa la proposta di investimenti in impianti elettronucleari slegati da una qualsiasi reale capacità di previsione della domanda energetica e di una impostazione della stessa che risponda con coerenza alla crisi dello sviluppo industriale ed alla esigenza di modifica dell'attuale struttura dei consumi energetici.
Il Consiglio regionale del Piemonte ritiene che il ruolo delle Regioni non possa ridursi a strumento passivo di esecuzione di decisioni centrali che prescindono dalla problematica che il Piemonte affronta in ordine alla crisi economica; una simile impostazione vanifica ogni ruolo di autonomia delle Regioni e di corretta impostazione dell'attività di programmazione.
Il Consiglio regionale del Piemonte valuta che vi siano tutti gli elementi affinché gli Enti di programmazione centrali, in rapporto con le Regioni, procedano ad una modifica sostanziale delle proposte caratterizzanti il PEN e per procedere all'individuazione di quelle coordinate che consentano uno sviluppo ed una gestione della questione energetica che risponda alle esigenze di profonda riconversione dell'apparato produttivo, di riqualificazione e crescita dell'occupazione di rispetto delle esigenze ambientali e territoriali della Regione.
Il Consiglio regionale del Piemonte decide di procedere alla definizione di una proposta di piano energetico regionale caratterizzato dal risparmio, l'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili, lo sviluppo di tecnologie appropriate per la realizzazione dello stesso, operando così riqualificazione produttiva, crescita dell'occupazione, controllo e partecipazione democratica degli Enti locali nell'ambito di un 'progetto finalizzato Piemonte' in cui le varie iniziative nazionali e regionali trovino riferimento e valorizzazione.
In tale ambito il Consiglio regionale del Piemonte ritiene che si debba procedere all'utilizzo di tutte le fonti idroelettriche residue oggi disponibili, le cui potenzialità energetiche risultano cospicue al massimo utilizzo della potenza degli autoproduttori industriali e all'estensione di interventi tesi al risparmio energetico privato ed industriale ed infine all'organico sviluppo di progetti di teleriscaldamento e cogenerazione per i centri urbani inoltre alla luce delle grandi potenzialità che si offrono per gli auspicabili accordi commerciali con Algeria e URSS è possibile procedere all'utilizzo del metano associato a soluzioni di teleriscaldamento e cogenerazione.
Per sostenere tale progetto il Consiglio regionale del Piemonte decide di dotarsi di un apposito Comitato per lo sviluppo e la programmazione delle scelte energetiche e di un servizio energia per l'attuazione dello stesso ed assumendo come prioritario lo sviluppo dell'occupazione, la riqualificazione dell'apparato produttivo, la salute, l'equilibrio ambientale e per favorire la partecipazione degli Enti locali e della Comunità regionale ai problemi della politica energetica".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con il seguente esito: presenti e votanti 46 favorevoli 1 Consigliere contrari 44 Consiglieri astenuto 1 Consigliere L'ordine del giorno concordato nella precedente riunione dei Capigruppo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte preso atto che la deliberazione del CIPE del 4 dicembre 1981, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 7 dell'8 gennaio 1982, ha approvato il nuovo Piano energetico nazionale (PEN), con il concorso delle Regioni ed il parere di massima favorevole della Commissione Consultiva interregionale sottolineato che l'appendice A del PEN, sulle opzioni per l'insediamento di centrali termoelettriche nucleari, propone per il Piemonte l'insediamento di una centrale nucleare con due unità standard, da 1000 Mw ciascuna, in una delle due aree già segnalate lungo il corso del fiume Po considerato che la deliberazione medesima riconferma le procedure e quindi, l'efficacia della legge 393/1975, e pertanto invita le Regioni interessate a provvedere ad individuare le aree entro i 150 giorni previsti dalla deliberazione del CIPE dell'8 gennaio preso atto che dopo i 150 giorni, in assenza di una deliberazione del Consiglio regionale di individuazione di almeno due aree suscettibili di localizzazione degli impianti, ed in assenza di analoga deliberazione dei Comuni interessati, il Parlamento potrebbe assumere provvedimenti sostitutivi vanificando così il ruolo della Regione e delle autonomie locali sui diversi problemi che si pongono (approfondimento degli studi individuazione del sito, impatto ambientale, garanzie di sicurezza controllo e gestione della centrale) riconfermata la volontà della Regione Piemonte ad affrontare il grave deficit energetico nazionale puntando ad una politica di risparmio e di diversificazione delle fonti energetiche nonché di governare per intero la scelta nucleare, nelle sue articolazioni propedeutiche relative alla fase individuativa ed alla fase localizzativi esercitando le funzioni di programmazione e di rigoroso controllo degli atti e degli oneri che tale scelta impone, d'intesa e con il concorso delle autonomie locali e con la responsabilità di un'adeguata azione informativa, nonché momento di garanzia della corretta scelta assume l'indicazione delle aree Po 1 e Po 2, nella superficie indicata dalla Carta dei siti richiamata nell'allegato A del PEN, quali aree suscettibili di insediamento di centrali nucleari conferma che tale indicazione, insieme con gli studi propedeutici condotti dalla Regione Piemonte nella seconda legislatura e dalla problematica emersa, con particolare riguardo ai generali problemi della sicurezza, dell'impatto ambientale e dei fabbisogni idrici, in relazione all'uso plurimo delle acque, confluisce, in sede di verifica ultimativa, nell'apposito Comitato misto istituito in base alle determinazioni assunte dal Consiglio regionale il 18 marzo 1981, in materia di localizzazione elettronucleare in Piemonte richiede agli Enti centrali di aggiornare il quadro giuridico relativo alla sicurezza nucleare ed alla radioprotezione, di garantire la partecipazione permanente degli Enti locali; alla formulazione, alla gestione ed ai controlli dei piani di emergenza, di diffondere sul territorio adeguati strumenti di informazione finalizzati alla conoscenza delle tecnologie energetiche, nonché di sollecitare l'approvazione del disegno di legge 2383 sull'incentivazione e sul risparmio energetico conferisce mandato alla componente istituzionale del Comitato misto, con l'apporto dei rappresentanti dell'Enel, del Cnen e del Governo, di esperire le consultazioni al fine di poter acquisire l'intesa da parte dei Comuni ai sensi dell'art. 2 della legge 393/1975, fornendo parallelamente ogni utile supporto, tecnico ed informativo alle Comunità locali per la salvaguardia delle prerogative produttive e delle condizioni ambientali.
Questo comporta che gli Enti centrali, unitamente al supporto tecnico culturale delle forze scientifiche piemontesi, in particolare Università e Politecnico, siano impegnati ad assicurare ogni più opportuno supporto ed a fornire anche schemi di possibili rapporti convenzionati con gli Enti locali".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con il seguente esito: presenti e votanti 46 favorevoli 44 Consiglieri contrari 2 Consiglieri


Argomento: Comunita' montane: Statuti

Esame progetto di legge n. 190 "Modifica della Legge regionale 11.8.1973 n. 17 concernente 'Delimitazione delle zone montane omogenee. Costituzione e funzionamento delle Comunità montane'"


PRESIDENTE

Esaminiamo il punto settimo all'ordine del giorno: "Esame progetto di legge n. 190 'Modifica della Legge regionale 11.8.1973 n. 17 concernente 'Delimitazione delle zone montane omogenee. Costituzione e funzionamento delle Comunità montane'".
Passiamo alla votazione dell'articolo unico che recita: Articolo unico All'art. 7 della legge regionale 11.8.1973 n. 17 sono aggiunti i seguenti commi: "Dopo 90 giorni dall'elezione dei Consigli comunali facenti parte della Comunità montana, il nuovo Consiglio della Comunità montana è comunque validamente insediato con l'avvenuta designazione dei 2/3 dei suoi componenti da parte degli aventi diritto.
In questo caso per la rappresentanza degli Enti che non hanno proceduto alla designazione dei loro rappresentanti si applica l'ultimo comma del precedente art. 3".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 37 Consiglieri L'articolo è approvato.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 15,45)



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