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Dettaglio seduta n.114 del 18/02/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze", si discute l'interrogazione dei Consiglieri Devecchi e Beltrami inerente il controllo integrativo regionale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale.
Risponde l'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Il contratto integrativo regionale di lavoro per gli operai addetti a lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria riguardante il territorio della Regione Piemonte prevede, all'art. 22, la costituzione della Commissione paritetica per l'esame delle vertenze tra l'amministrazione regionale e le Organizzazioni sindacali.
Per l'applicazione dell'art. 3 del C.I.R. ci si è rivolti alla sopracitata Commissione che, in diverse riunioni, ha conseguito l'obiettivo di presentare alla Giunta regionale l'elenco degli operai forestali che dovevano passare dalla posizione di "tempo determinato" alla posizione di "tempo indeterminato".
L'art. 3 della lettera B del C.I.R. prevede che "...la Regione Piemonte si impegna ad attuare il passaggio al rapporto di lavoro a tempo indeterminato di un congruo numero di lavoratori che in linea di massima abbiano superato le 151 giornate di lavoro negli anni 1978-79, occupati preferibilmente nei vivai, presso la aziende regionali oppure in altri settori per cui esista un ampio respiro occupazionale.
L'esame delle reali esigenze occupazionali sarà esperito in loco dalle parti stipulanti tenendo conto delle situazioni esistenti, dei programmi di intervento e dei relativi finanziamenti".
In relazione a ciò, la Commissione paritetica ha esaminato la situazione di tutte le province, compresa la provincia di Alessandria e Novara.
Per la provincia di Alessandria, la Commissione ha esaminato la situazione di tutti gli operai che nel 1978 e 1979 avevano prestato la loro opera come operai a tempo determinato alle dipendenze dell'ex Ispettorato Ripartimentale Foreste di Alessandria da cui risulta che in quegli anni avevano un monte di giornate lavorative superiore a 151 gg. (e non erano pensionati) n. 8 operai.
Un solo operaio, in servizio presso un vivaio regionale (Montecapraro Fabbrica Curone) con mansioni di capo squadra poteva passare dalla posizione di tempo determinato alla posizione di tempo indeterminato poiché occupato in una mansione specifica e continuativa presso un vivaio regionale.
Gli altri 7 operai non rientrando in questa caratteristica, ma soprattutto non sussistendo la condizione prevista dal C.I.R. all'art. 3 lettera B - commi quarto e quinto (...ampio respiro occupazionale e i relativi programmi e finanziamenti), non sono stati assorbiti.
La Commissione, tramite l'Assessorato, ha portato all'attenzione delle Comunità montane interessate questo problema al fine di verificare se questi enti, potevano (in relazione all'applicazione del Reg. Cee n. 269) assorbire qualche unità lavorativa, ma fino a questo momento nulla è ancora pervenuto, né alla Commissione, né all'Assessorato.
Per la provincia di Novara la stessa Commissione ha esaminato il caso di quattro operai che avevano i requisiti previsti dal contratto per il passaggio a tempo indeterminato.
Per 3 di essi è stato possibile il passaggio dal momento che operavano presso un vivaio regionale e vi era consistenza finanziaria, per il quarto essendoci al momento condizioni tali di finanziamento che impediscono di realizzare opere giudicate indispensabili, si provvederà nel futuro a trasformare il rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato.
In ogni caso l'amministrazione regionale rassicura gli interroganti in merito alla giusta applicazione del C.C.N.L. e del C.I.R., poiché è interesse anche della Regione non disperdere il patrimonio di esperienza e di conoscenza degli operai forestali che prestano la loro opera presso i cantieri di lavoro.
Purtroppo la nota questione finanziaria non permette di estendere troppo la possibilità del tempo indeterminato (si rammenta che sono 110 gli operai a tempo indeterminato in tutto il territorio); non solo, ma un aumento troppo sostenuto di questi operai (che poi occorre impiegare il più possibile per non dover ricorrere alla Cassa integrazione) non permette di assorbire se non in piccolissime quantità la gran massa di operai a tempo determinato che operano per 30-50 gg. (e questo per loro volontà) e sono circa 700-750, in gran parte appunto della provincia di Alessandria.
Questi lavoratori altro non sono che agricoltori di zone montane o comunque marginali e le 30-50 giornate costituiscono una interessante integrazione di reddito che la Regione non può e non deve ignorare.
Va inoltre ricordato che negli anni più recenti, con l'applicazione del regolamento comunitario n. 269, la Regione ha impegnato molte risorse affidandole direttamente alle Comunità montane, per cui il discorso del passaggio a tempo indeterminato deve essere discusso con le Comunità montane, almeno in quelle province, perché poi si troverebbero ad essere loro a garantire quei livelli di occupazione.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

Il richiamo dell'Assessore più volte rivolto alla provincia di Alessandria avrebbe dovuto conferire un ruolo primario al collega Devecchi che purtroppo oggi è assente per problemi inerenti alla vita di Gruppo.
Ringrazio l'Assessore per la risposta estesa, compiuta e precisa per quanto attiene alla parte contrattuale.
Torna difficile dire che io possa essere soddisfatto, ma mi è parimenti difficile dire che non lo sia. Vorrei restare su una posizione intermedia proprio per quel riferimento al ruolo primario e più impegnato della provincia di Alessandria, addentrandomi in quello spazio di riflessione sulle notizie date in parte anche confortato dalle rassicurazioni che sono state fornite.



PRESIDENTE

All'interrogazione dei Consiglieri Biazzi e Avondo inerente le spese sostenute sulla "Gestione governativa servizi pubblici di navigazione sui laghi Maggiore, Garda e Como".
Risponde l'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai porti e navigazione interna

In riferimento all'interrogazione in oggetto si comunica quanto Segue: L'Azienda statale della navigazione sui laghi gestisce direttamente per conto del Ministero dei trasporti, l'esercizio della navigazione stessa sui laghi Maggiore, di Como e di Garda.
L'Azienda della quale recentemente la Stampa si è interessata, è stata, d'ordine della Procura della Repubblica di Milano, oggetto di perquisizione: - al fine di rinvenire la documentazione attinente ai rapporti tra la stessa ed alcune ditte esterne ed ai lavori e contratti da queste eseguiti - e di sequestro della documentazione: - al fine di accertare l'esistenza di fatti penalmente illeciti - .Ad alcuni dei suoi massimi dirigenti, inoltre, insieme ai legali rappresentanti di alcune delle ditte che hanno eseguito lavori per conto dell'Azienda stessa (per quanto riguarda la Regione Piemonte ad esempio la costruzione del pontile di Stresa, lavori al cantiere di Arona, l'allestimento del traghetto Sempione), sono state inviate comunicazioni giudiziarie ad indiziato di reità.
Il D.P.R. 14/1/1972 n. 5 all'art. 4 stabilisce che: "fino a quando non sarà provveduto, con legge dello Stato, al riordinamento della gestione governativa dei pubblici servizi di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como in relazione alle esigenze delle Regioni interessate restano ferme le attribuzioni degli organi statali in ordine alla gestione suddetta".
Il D.P.R. 24/7/1977 n. 616 all'art. 98 stabilisce che : "la gestione governativa per la navigazione dei laghi Maggiore, di Garda e di Como viene trasferita alle regioni territorialmente competenti previo risanamento tecnico ed economico a cura dello Stato".
Tutto ciò premesso si ritiene che Per quanto riguarda i lavori fatti e le spese sostenute non è possibile alla Regione conoscerne l'entità in quanto l'Azienda in questione è tutt'ora statale e comunque al momento attuale, pur considerando i buoni rapporti intercorrenti, appare più opportuno attendere l'esito delle indagini intraprese dalla Procura della Repubblica di Milano.
Per quanto attiene all'eventuale trasferimento della gestione governativa stessa alle Regioni, in attesa degli adempimenti dello Stato in merito al risanamento tecnico ed economico previsto dall'art. 98 del D.P.R.
n. 616, le Regioni interessate stanno studiando un programma di trasferimento da sottoporre quanto prima ai Ministeri competenti; è comunque volontà di questo Assessorato verificare lo stato tecnico economico dell'Azienda ed adottare tutte le procedure atte al sollecito trasferimento della stessa alle Regioni.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Mi dichiaro soddisfatto della risposta dell'Assessore. Per quanto riguarda le notizie relative all'indagine della magistratura non si può che prendere atto che le stesse vengono confermate nella gravità che la stampa aveva individuato.
Aggiungo che non si può che prenderne atto con preoccupazione perché la situazione che si è creata non è certo la più adatta a rendere più efficiente la navigazione e non può che creare disagio sia tra i funzionari e i dipendenti sia tra gli utenti.
C'è da augurarsi che la magistratura concluda le proprie indagini nel più breve tempo possibile.
Sono soddisfatto, in particolare, della seconda parte della risposta all'interrogazione. Si sa che la competenza è stata avocata dallo Stato con una posizione che è perlomeno discutibile. Mi pare però che sia utile ed opportuno arrivare al trasferimento delle competenze alle Regioni in tempi brevi. Su questo vedo che la Giunta e l'Assessore sono d'accordo.
Siano le Regioni poi ad indicare le soluzioni più idonee per la gestione.
Ci troviamo di fronte ad inadempimenti da parte dello Stato e mi sembra molto opportuna l'iniziativa della Regione Piemonte, di concerto con la Regione Lombardia e altre Regioni interessate, per arrivare al più presto alla definizione della materia.



PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente il lago di Viverone.
Risponde l'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai porti e navigazione interna

Avrei gradito la presenza dell'Assessore Rivalta in ordine agli aspetti di sua competenza. Cercherò di rispondere ai colleghi anche per questa parte.
Fin dal 1974-75 la Regione aveva individuato l'area del lago di Viverone come una delle zone umide di maggior interesse da inserire nel programma, allora agli inizi, relativo alla politica dei parchi e delle riserve naturali: dopo l'approvazione della legge regionale 4 giugno 1975 n. 43, "Norme per l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali", che prevede, all'art. 2 la predisposizione del piano regionale dei parchi, la Giunta regionale propose al Consiglio regionale 32 aree da destinarsi a questa particolare forma di tutela. Peraltro il piano regionale fu approvato dal Consiglio in data 27 gennaio 1977, escludendo 3 aree, fra le quali il lago di Viverone, rimandando a successivo esame L' eventuale inclusione di tale zona fra le aree protette. Tale decisione fu assunta in seguito alle vivaci polemiche ed alle resistenze provenienti dal Comune di Viverone e dalle Associazioni turistiche, che sostenevano che un intervento di questo tipo avrebbe potuto danneggiare il turismo della zona. Di fronte a queste opposizioni fu allora deciso di rimandare il provvedimento non rinunciando peraltro allo stesso.
Con lettera n. 1039, del 10 febbraio 1981, il Ministero dell'agricoltura e foreste, trasmetteva alla Regione Piemonte uno schema di decreto avente per oggetto "Dichiarazione di importanza internazionale della zona umida denominata Lago di Viverone per effetto della Convenzione relativa alle zone umide di interesse internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar (Iran) il 2 febbraio 1971, e ratificata con decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 1976, n. 448" e richiedeva contemporaneamente alla Regione di voler esprimere un parere in merito, in considerazione del fatto che le istruttorie condotte hanno dimostrato l'esistenza di diverse caratteristiche che qualificano l'area di importanza internazionale e del fatto che la Regione doveva assumere le opportune iniziative di tutela dell'area stessa a norma delle disposizioni vigenti, ivi compreso il divieto di navigazione a motore per scopo di diporto.
Con lettera del 18 marzo 1981, l'Assessorato alla pianificazione ha invitato i Comuni rivieraschi (Viverone, Azeglio, Piverone, Borgo d'Aie) a voler esprimere un proprio parere in merito, al fine di poter rispondere al Ministero, e raccogliendo così anche le indicazioni provenienti dagli Enti locali interessati.
A seguito di tale richiesta sono pervenute le seguenti risposte: a) Comuni rivieraschi: (con nota n. 1131, del 26/3/1981), completa adesione all'iniziativa dell'inserimento del lago di Viverone tra le zone umide, da parte del Comune di Borgo d'Aie Borgo d'Aie (con nota n. 1546, del 21/4/1981), rettifica alla nota precedente per l'importanza turistica e sportiva del Lago Piverone (con nota n. 731, del 9 aprile 1980, pieno e convinto accordo sull'opportunità di definire un programma di abolizione della navigazione a motore da diporto Viverone (con nota n. 1864, del 27 maggio 1981), trasmissione di deliberazione comunale con cui si esprime parere negativo all'inserimento del lago di Viverone tra le zone umide Azeglio (con nota n. 1381, del 10 giugno 1981), trasmissione di deliberazione comunale con cui si esprime parere contrario alla navigazione a motore.
b) Associazioni nautiche, albergatori, operatori turistici, Camera di commercio di Vercelli, Pro Loco di Viverone: parere contrario.
c) Comitato per la difesa dei laghi della zona di Ivrea: parere favorevole.
Da quanto espresso sopra si possono rilevare il contrasto di interessi e le posizioni assunte in loco dagli Enti locali e dalle varie Associazioni: peraltro risulta evidente il contrasto di fondo esistente tra "la scelta ecologica" del lago, richiamata dall'interrogante, e la navigazione a motore sul lago stesso in un caso come quello della Convenzione di Ramsar che tende a tutelare, per il grande interesse naturalistico internazionale, l'habitat degli uccelli acquatici e pertanto dovrebbe essere garantita l'assenza di rumore e di movimento delle acque.
Si ritiene peraltro che, dal punto di vista turistico, la presenza dei motoscafi abbia sicuramente un rilievo che potrebbe essere altresì studiato e rivisto alla luce di altre forme di fruizione delle acque (vela windsurf, canotaggio, ecc.) compatibile con le esigenze di tutela dilla Convenzione di Ramsar.
Si precisa infine che la Giunta regionale non ha ancora assunto una determinazione in merito in quanto si ritiene opportuno, in considerazione della complessità del problema, definire una risposta al Ministero, oltre che sulla base dei pareri raccolti, anche sulla base di un'indagine interassessorile che consenta di affrontare le varie tematiche (salvaguardia dell'ambiente, navigazione nelle acque interne, turismo etc.).
Relativamente al fenomeno di abbassamento della superficie libera del lago, cui fanno cenno gli interroganti, si comunica che tale fenomeno, in linea di massima, per effetto dell'installazione di una provvisoria traversa di sbarramento sulla roggia scaricatrice "Fola" risulta ora contenuto entro i limiti delle escursioni normali stagionali.
Peraltro, a seguito di accertamenti locali effettuati da tecnici del Genio Civile di Torino in data 20 gennaio 1981 ed in data 7 aprile u.s.
quest'ultimo congiuntamente ai tecnici dell'Ufficio del Genio Civile di Vercelli, si è potuto riscontrare che il Comune di Azeglio senza averne chiesto ed ottenuto la prescritta autorizzazione in linea idraulica, in tempi recenti, ha provveduto ad eseguire lavori di dragaggio lungo la roggia denominata "Fola", emissario principale delle acque del Lago.
Tale dragaggio è stato eseguito lungo una tratta del suddetto canale scaricatore sino a circa mt 300 dalla soglia del lago ed ora, a seguito di ulteriori accertamenti del giorno 7 aprile anzidetto, è risultato che anche gli incili dei canali scolmatori delle acque del lago stesso sono stati eseguiti ad opera di ignoti, ulteriori opere di spurgo e dragaggio. E' doveroso peraltro segnalare che da lungo tempo l'ufficio stesso è a conoscenza dei fenomeni di escursione delle acque del lago, via via segnalate dai Comuni rivieraschi ciascuno per la parte del lago interessata, sia per acque sovrabbondanti che di magra dipendenti da scarsa manutenzione degli emissari del lago stesso, tant'è che già sin dall'anno 1972 con lettera n. 8938, datata 30 maggio, l'Ufficio del Genio Civile di Torino aveva richiesto al Comune di Azeglio ed agli altri Comuni rivieraschi la presentazione di un organico progetto di sistemazione della rete idroviaria scolmatrice del lago, richiesta peraltro a tutt'oggi rimasta inevasa.
In seguito al recente fenomeno di abbassamento delle acque del lago, il predetto Ufficio, con lettera in data 20 gennaio 1981, ha invitato ulteriormente gli enti pubblici rivieraschi e i privati utilizzatori, a farsi carico della redazione dell'anzidetto progetto di riordino idraulico della rete degli emissari del lago ma anche quest'ultima richiesta a tutt' oggi è rimasta inevasa.
A seguito poi dell'accertamento locale, eseguito in forma congiunta con i tecnici dell'Ufficio del Genio Civile di Vercelli, in data 7 aprile 1981 essendosi riscontrata l'esecuzione di ulteriori lavori abusivi di dragaggio agli incili dei rami emissari senza il prescritto parere idraulico entrambi gli uffici hanno inviato al Sindaco di Azeglio fonogramma in data 8 aprile 1981, inteso a far ripristinare la situazione di fatto dei luoghi.
Penso che l'ulteriore atto che si possa fare sia quello della denuncia del Sindaco per esecuzione di lavori non autorizzati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere interrogante.



MARCHINI Sergio

Il Gruppo esprime sulla risposta un giudizio di profonda insoddisfazione e, se esistesse lo strumento della censura, lo userebbe perché questa pare una macroscopica situazione di incapacità di governo nel senso stretto del termine.
In uno Stato delle autonomie, in cui ognuna esprime le proprie responsabilità e attua i provvedimenti di legge, di fronte a uno Stato che attraverso il suo Ministero dichiara il Lago di Viverone zona umida di particolare importanza, in presenza di considerazioni di segno contrastante da parte degli Enti locali, non ci sembra serio che non si verifichi il senso dell'ente Regione.
L'ente Regione non deve farsi mediatore, ma lettore della situazione e risolutore dei problemi che ne possono derivare.
Tanto più inaccettabile ci sembra la risposta se consideriamo che il Ministero dell'agricoltura e foreste aveva dichiarato la propria disponibilità a verificare che nel decreto si considerasse la particolare problematica (che è alla base di molte delle riserve degli Enti locali) cioè la possibilità di continuare a utilizzare veicoli natanti muniti di motore. Di fronte agli Enti locali che ne fanno un problema di tipo turistico (anche comprensibile), di fronte alla disponibilità del Ministero, è inaccettabile che la Giunta regionale da circa un anno stia covando i pareri dei Comuni senza assumere alcuna decisione e ritardando la soluzione del problema che pure è tanto attuale.
La risposta ci sembra inadeguata in ordine all'immagine che la Regione deve dare sul piano dell'autonomia. La Regione, nella misura in cui chiede autonomia, deve sapere pagare i prezzi che l'autonomia, quindi il governo comporta.



PRESIDENTE

All'interrogazione dei Consigliere Martinetti, Sartoris e Villa inerente la metodologia della ripartizione dei fondi per l'assistenza scolastica, risponde l'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

La Giunta è interrogata in ordine al giudizio sul provvedimento votato dall'Uncem e su quali determinazioni intende assumere.
Quell'ordine del giorno contiene due parti. La Giunta condivide completamente quella relativa all'esiguità dei mezzi a disposizione per sostenere il trasporto degli alunni, l dati di riparto dell'anno 1980 erano derivati da un'estrapolazione puramente statistica fatta su un certo numero di esercizi. Quando si è introdotto il parametro obiettivo previsto nella circolare (un tanto per allievo diviso per ordine e grado più una certa quota della dichiarazione per le spese di trasporto), alcuni comuni hanno avuto variazioni sensibili nella popolazione scolastica o mutamenti sensibili nel tipo di servizio erogato.
Concordiamo sul fatto che i fondi sono esigui. Se nel caso particolare o in altri eventuali casi, si tratta di un mero errore materiale, rimane pur sempre la possibilità di correggerlo.
Quanto al secondo punto dell'interrogazione, devo dire che la metodologia di riparto dei fondi della Regione è fatta dal calcolatore. Pu darsi che si ritenga che al suo interno questa formula abbia dei parametri non giustamente dosati. Se così è, si tratta di valutare gli effetti dei diversi dosaggi dei parametri e se si deve diminuire la spesa per le attività integrative, le mense e quanto attiene a quelle voci che pesano maggiormente nelle aree di pianura e aumentare l'incidenza delle voci (60 del trasporto) che pesano di più nelle zone di montagna.
Voglio però ricordare al Consiglio che la situazione dell'assistenza scolastica presenta elementi esplosivi e tali da meritare una riflessione sostanziale, non soltanto per le zone di montagna, dove la caduta del servizio di trasporto rende addirittura impossibile l'arrivo degli studenti a scuola, ma anche nelle zone di pianura perché nei grandi Comuni la cifra destinata dal riparto nazionale è del 20-25% circa delle spese effettivamente sostenute dal Comune.
Quindi, l'equità dei parametri a cui mi riferivo prima nulla toglie alla sostanziale iniquità e discrasia tra quello che si spende e quello che si ottiene attraverso questo particolare canale.
Con la nuova legge di contabilità e con le conseguenze in termini di controlli che verranno poste ai Comuni, questo problema porrà, per la prima volta nel 1982, delle difficoltà serie. Il Consiglio regionale dovrà discutere apertamente la politica dei servizi da adottare e la politica delle tariffe.
Per quanto riguarda il punto relativo alla proposta di legge del Gruppo DC, voglio dichiarare tre cose: la possibilità, anche remota, di un'integrazione dei fondi regionali in materia di assistenza scolastica è nulla. Sono contrario a che si licenzino i dipendenti della formazione personale quando c'è un contratto che li paga per aumentare la quota di reddito trasferito alle famiglie senza che prima si sia fatta un'operazione di selezione della spesa che il progetto di legge avanzato dalla DC, al di là di un paio di questioni sulle quali ci sono già delle formulazioni legislative delle Regioni Toscana e Veneto, è un disegno di legge accettabile appena avremo esaminato la proposta di legge-quadro del Governo e avremo una situazione stabilizzata sulla legge finanziaria dello Stato sarà necessario un ripensamento assai drastico.
L'era cominciata vent'anni fa con la battaglia delle sinistre, che vide accogliere le richieste che emergevano dalla comunità e trasformare il sussidio ai singoli in una politica chiamata "assistenza scolastica", è in fase di esaurimento. E' indispensabile prevedere il ritorno di questi fondi in favore del miglioramento della qualità della scuola.
Gli andamenti demografici fanno prevedere che già con quest'anno centinaia di insegnanti non avranno più allievi a cui insegnare. Questo fenomeno è già incominciato nelle scuole elementari, si estenderà alle scuole medie e in un numero di anni ridotto toccherà anche le scuole superiori.
La Regione dovrà studiare questo problema in termini di utilizzazione integrata di queste persone per un miglioramento della qualità della scuola e dei servizi culturali. Quando parlavo di un cambiamento di impostazione dell'assistenza scolastica e della politica delle tariffe, pensavo a un rapporto nuovo tra assistenza scolastica, strutture culturali e strutture scolastiche.
Su questa materia c'è stato a Roma, promossa dal Ministero della pubblica istruzione, un Convegno in cui il Provveditore agli studi di Torino e il sottoscritto sono stati relatori delle esperienze regionali. In quel Convegno è emersa la tendenza, sia pure diversificata, verso un ripensamento complessivo sul significato di questo tipo di intervento.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

L'ampiezza della risposta e degli argomenti introdotti dall'Assessore Ferrero mi consentiranno, sia pure senza entrare nel merito di un argomento così importante, di fare qualche osservazione.
Innanzitutto, lo stesso tono della risposta dà modo di credere che la Giunta abbia dato il dovuto rilievo all'ordine del giorno che è stato approvato all'unanimità dal Consiglio dell'Uncem integrato dai presidenti delle Comunità montane piemontesi. Sicuramente i ragazzi che abitano nelle zone montane, di fronte al diritto dell'accesso allo studio, sono nelle condizioni di maggiore disagio.
La seconda osservazione è che non è stata tenuta in nessun conto la proposta di legge presentata dal nostro Gruppo sin dal mese di luglio 1981 che, appunto per l'importanza dell'argomento che l'Assessore oggi ha introdotto, poteva essere un'occasione per dibattere questi grossi problemi.
Quanto alle risposte specifiche, si capisce che i soldi sono pochi e non si può pensare che dalla Regione possano intervenire sussidi molto più adeguati. E' un problema di priorità, ecco perché ci siamo dichiarati stupiti che la Regione Piemonte non abbia, in adempimento del DPR 616 del 1977, portato avanti la nostra proposta di legge, a differenza di numerose altre Regioni.
Abbiamo già espresso qualche dubbio sulla precisione dei calcolatori regionali, comunque in questo caso non facciamo questo rilievo, ma ripetiamo che la procedura d'insieme dei sistemi con cui affrontiamo questo problema va chiarita con una legge, in modo che i Comuni, nel momento in cui predispongono i loro bilanci, abbiano delle certezze.
Abbiamo più volte sostenuto che il trasporto degli alunni delle zone disagiate è una priorità, pertanto tali alunni devono avere la sicurezza di poter partecipare alla vita scolastica in condizioni di gratuità per la scuola dell'obbligo, anche a costo di limitare altri tipi di intervento assistenziale, e non perché è passata un'epoca, come dice l'Assessore, ma perché si sono assunte iniziative anche eccessive che dimostrano la volontà di interferire e di inserirsi nel processo scolastico più di quanto sia concesso alla Regione e ai Comuni.
Sentire dire che la nostra proposta è nella sostanza accettabile, che non comporta grossi problemi e, ciò nondimeno, saperla giacente in Commissione in attesa che la Giunta predisponga un suo testo, dimostra ancora una volta come le iniziative del Consiglio non siano sufficientemente valutate e che quella collaborazione partecipativa, che si chiede a parole ad un Gruppo come il nostro, non corrisponde alla realtà.
Mi dichiaro parzialmente soddisfatto della risposta e attendo le successive determinazioni.



PRESIDENTE

Interrogazione dei Consiglieri Sartoris e Martini inerente la Commissione regionale per l'artigianato.
Risponde l'Assessore Marchesotti.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore all'artigianato

La Commissione regionale per l'artigianato, prevista dall'art. 14 della legge 25 luglio 1.956 n. 860, ha iniziato ad operare presso la Regione Piemonte nell'ottobre del 1980, dopo il trasferimento dalla Camera di Commercio di Torino avvenuto in conformità al Disposto di cui all'art. 2 della legge regionale 14 marzo 1980 n. 14.
Fin dal suo primo insediamento all'interno degli uffici regionali la Commissione ha avuto assicurati i necessari servizi di segreteria, essendo stati preposti a tali funzioni un collaboratore di VI livello e uno di IV ed essendo stata garantita una linea di sostanziale continuità - sul piano metodologico e gestionale - con quanto veniva realizzato in precedenza. Le uniche difficoltà riscontrate, che peraltro non hanno intaccato la funzionalità dell'organo collegiale, devono essere ascritte al fatto che i funzionari addetti alla segreteria della Commissione non hanno potuto operare a tempo pieno per la Commissione stessa in quanto impegnati, data l'incompletezza degli organici in altre funzioni di istituto pertinenti con la materia dell'artigianato.
Pur con questi limiti tuttavia, a cui si è risposto con un lodevole impegno del personale incaricato, la Commissione regionale è stata posta sempre in condizione di operare nella pienezza delle proprie funzioni. Ci è particolarmente significativo se si considera che nel 1981 è stata avviata la revisione degli albi provinciali delle imprese artigiane, ormai vicina alla conclusione, e che tale adempimento ha comportato un sensibile aumento dei ricorsi da esaminare.
Alcuni dati concreti possono comunque descrivere, meglio di qualsiasi altra considerazione, i risultati ottenuti dalla Commissione regionale per l'artigianato nel periodo che va dal suo insediamento presso gli uffici dell'amministrazione regionale fino alla fine del 1981.
I ricorsi presentati dalle imprese artigiane avverso i provvedimenti di cancellazione, ovvero di non iscrizione agli albi provinciali, sono stati 388. Su tutti i ricorsi presentati gli uffici competenti hanno sempre avviato l'istruttoria di rito in tempi utili. I tempi di istruttoria complessivi dipendono tuttavia dai tempi di risposta degli enti interpellati (Comuni, Ispettorato del lavoro, ecc.) per cui, laddove è stato possibile acquisire gli elementi conoscitivi richiesti, i ricorsi sono giunti tempestivamente alla Commissione e le deliberazioni da questa adottate sono state notificate ai ricorrenti, negli altri casi si è proceduto e si procede per ripetuti solleciti agli enti e soggetti chiamati in causa.
Allo stato attuale la posizione dei 388 ricorsi presentati risulta la seguente: n. 73 accolti n. 117 respinti n. 198 in istruttoria.
E' chiaro che in una situazione che vede cumularsi carenze di organico aumento dei ricorsi da esaminare e tempi di definizione dei ricorsi condizionati dai tempi di risposta di altri enti, è molto facile che venga superato il termine dei 60 giorni per la decisione della Commissione regionale, previsto dall'art. 11 della legge n. 860/1956. Al riguardo si può tuttavia osservare come tale termine sia ormai divenuto anacronistico se si considera la delicatezza, e a volte anche la complessità, degli accertamenti tesi a verificare la qualità artigiana o meno, dei ricorrenti.
In proposito si può ad esempio considerare che il disegno di legge quadro per l'artigianato approvato di recente dalla Commissione industria della Camera dei deputati, non fissa alcun termine temporale alle decisioni delle Commissioni regionali.
Né d'altro canto, pur volendo intensificare ogni sforzo affinché la Commissione possa decidere sui ricorsi nel termine dei 60 giorni attualmente in vigore, si può pensare a chissà quali pregiudizi per i ricorrenti qualora il termine predetto non venga rispettato. Vale in questi casi il principio generale di giustizia amministrativa, sancito all'art. 6 del D.P.R. 24/11/1971 n. 1199, secondo cui nel silenzio della Commissione il ricorso si deve intendere come respinto a tutti gli effetti.
In presenza di questi dati di fatto si ritiene pertanto di dover smentire qualsiasi supposto stato di disfunzionalità dei servizi assicurati dalla Regione alla Commissione regionale per l'artigianato, anche se le difficoltà prima accennate possono aver determinato qualche disguido di carattere organizzativo. Siamo anzi impegnati a rafforzare sempre di più i servizi offerti dalla Commissione regionale, in una linea coerente con l'obiettivo di valorizzare la capacità di autogoverno e di partecipazione di tutti gli organismi rappresentativi dell'artigianato piemontese.
Da tempo infatti è stata avviata un'opera di potenziamento degli uffici addetti alla Commissione regionale; un funzionamento di VI livello a tempo pieno è stato incaricato delle funzioni di segretario e Si conta di poter affiancare a questo, in modo stabile, un collaboratore di IV livello e uno di V livello, non appena saranno effettuate le assunzioni relative ai concorsi in atto. A quel momento si ritiene che potrà essere fronteggiata in modo ottimale ogni esigenza di carattere operativo e gestionale derivante dall'attività della Commissione regionale per l'artigianato e che questa, oltre all'esame dei ricorsi, potrà svolgere anche gli altri compiti assegnati dalla legge e che la Regione intende sempre più valorizzare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris.



SARTORIS Riccardo

L'interrogazione era sorta da motivi di preoccupazione delle associazioni e delle organizzazioni artigiane che, in un momento in cui il settore attraversa notevoli difficoltà, vedevano questa Commissione rallentare l'efficacia e la velocità del suo lavoro. L'Assessore non l'ha detto, ma vi sono alcune pratiche che hanno dei ritardi attorno all'anno qualcuna addirittura di quattordici mesi.
La Giunta valuti la difficoltà di una piccola impresa artigiana che per vedere accolto o respinto un ricorso deve attendere un anno, e trovi rimedi. Questi rimedi l'Assessore li ha indicati nel potenziamento dell'organico dichiarando tra l'altro che 60 giorni per esaminare un ricorso sono anacronistici.
Devo rilevare che 60 giorni sono tutt'altro che anacronistici, anzi considerando le difficoltà delle imprese, questo periodo dovrebbe addirittura accorciarsi.
Nel momento in cui si sta discutendo il disegno di legge in ordine al passaggio delle Commissioni provinciali per l'artigianato alla Regione, il nostro Gruppo intende sottolineare il mancato funzionamento della Commissione per l'artigianato che tra l'altro l'Assessore ha ammesso.
Questa situazione determina incertezza nelle imprese artigiane e crea sfiducia nei confronti della Commissione e quindi dell'Istituto regionale.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Paganelli; ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Si è svolto il dibattito sul funzionamento del Consiglio regionale e tra gli argomenti che ho toccato vi era il termine di discussione delle interrogazioni e delle interpellanze.
Gli artt. 87 e 88 del regolamento con la parola "comunque" stabiliscono che la discussione delle interrogazioni e delle interpellanze deve avvenire entro trenta giorni.
L'art. 5 del regolamento ricorda che il garante del funzionamento del Consiglio regionale è il Presidente del Consiglio. Gli rivolgo rispettosa istanza, l'ultima in questa sede ufficiale, di rispetto del regolamento.
Con l'occasione ricordo anche che l'art. 47 del regolamento stabilisce che l'elenco delle interrogazioni e delle interpellanze deve essere allegato alla convocazione che ogni Consigliere riceve per ogni singola seduta.
Sono certo che il Presidente del Consiglio regionale si farà interprete di questa nostra istanza e di questa nostra esigenza. Ove il regolamento non fosse rispettato ricorrerò per il rispetto ad altre sedi.



PRESIDENTE

Collega Paganelli, le risposte alle interrogazioni sono quelle per le quali la Giunta si è dichiarata pronta a rispondere. D'ora in poi distribuiremo a tutti i Consiglieri la copia delle interrogazioni che verranno discusse.
Chiede ancora di intervenire il Consigliere Chiabrando. Ne ha facoltà.



CHIABRANDO Mauro

Nell'elenco delle interrogazioni di questa mattina ce n'è una che è datata 22 settembre 1981.



PRESIDENTE

In effetti c'è una sua interrogazione alla quale deve risponde l'Assessore Simonelli, ma oggi è in congedo.
Chiede di parlare il Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Il rispetto del regolamento dobbiamo intenderlo in modo completo e in armonia con la spedizione corretta dei lavori del Consiglio. Rispetto al numero delle interrogazioni attualmente giacenti, che è abbastanza alto credo valga la pena di instaurare la prassi della risposta scritta.
Ritengo anche che sia opportuno - e questo non è previsto nel regolamento - trattare alcune interrogazioni su argomenti specifici e specialistici in sede di Commissione.



PRESIDENTE

I suggerimenti sono validi. Pregheremo i colleghi che si riterranno soddisfatti della risposta scritta di comunicarlo esplicitamente.
Le interrogazioni sono così discusse.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio".
Rendo noto che sono in congedo i Consiglieri: Ariotti, Astengo Bajardi, Carazzoni, Cerchio, Devecchi, Majorino, Sanlorenzo, Simonelli Vetrino Nicola.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 185: "Integrazioni all'art. 49 della legge regionale 5 dicembre 1977 n. 56 su tutela ed uso del suolo", presentato dal Consigliere Majorino in data 10 febbraio 1982 N. 186: "Istituzione del Contenzioso amministrativo in materia di assistenza sanitaria" presentato dal Consigliere Majorino in data 10 febbraio 1982 N. 187: "Modifica allo Statuto della Regione Piemonte in materia di richiesta di pareri consultivi al Consiglio di Stato", presentato dal Consigliere Majorino in data 10 febbraio 1982 N. 189: "Interventi finanziari della Regione nel settore del trasporto pubblico di persone", presentato dalla Giunta regionale in data 10 febbraio 1982 N. 190: "Modifiche alla legge regionale 11/8/1973 n. 17 concernente Delimitazione delle zone montane omogenee. Costituzione e funzionamento delle Comunità montane'", presentato dai Consiglieri Valeri, Biazzi Genovese, Vetrino e Viglione in data 17 febbraio 1982.


Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

La Giunta regionale ha adottata nella seduta del 9 febbraio scorso - in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6 novembre 1978 n. 65, le seguenti deliberazioni:



PRESIDENTE

SEDUTA DEL 9 FEBBRAIO 1982



PRESIDENTE

25 - D.G.R. del 27.4.1981 - Interventi nel settore della lotta fitosanitaria. Liquidazione fatture a ditte varie. L. 17.644.74 7 (Cap. 3 790/ 1981).
FERRARIS Bruno



PRESIDENTE

34 - L.R. n. 8 del 25.2.1980 "Disciplina delle attività di formazione professionale ". Corso di qualificazione in campo teatrale per dipendenti degli Enti locali, organizzato in convenzione con il Teatro Stabile Torino.
Impegno di spesa L. 15.000.000. (Cap. 11560/1982).
FERRERO Giovanni



PRESIDENTE

47 - Affidamento al Consorzio Piemontese per il trattamento automatico dell'informazione di incarico relativo a consulenza ed elaborazione per la gestione meccanizzata del bilancio regionale. Spesa complessiva di L.
395.600.000 (Cap. 2170/82).
TESTA Gianluigi



PRESIDENTE

54 - Autorizzazione a riassumere in giudizio, avanti il Tar Lazio, a seguito di declaratoria di competenza, le cause promosse dalla Regione Piemonte avverso i decreti ministeriali 1° agosto 1980, relativi al trasferimento alla Regione dei canali demaniali e delle opere accessorie.
Affidamento incarico legale agli avv. ti M. Casavecchia ed E. Romanelli.
Spesa prevista L. 600.000 (cap. 1080/820).
TESTA Gianluigi



PRESIDENTE

66 - Formalizzazione dell'impegno di spesa di L. 14.300.000 prenotata con D.G.R. 164-7043 del 28.5.1981 (cap. 2250/82) Ing. Papetti S.
TESTA Gianluigi


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Relazione della Giunta regionale sullo stato dei rapporti Governo-Regione (rinvio)


PRESIDENTE

Il punto quarto all'ordine del giorno "Relazione della Giunta regionale sullo stato dei rapporti Governo-Regione" viene rinviato alla prossima seduta consiliare.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario

Relazione sulla politica europea della Regione - 1981/82


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto all'ordine del giorno: "Relazione sulla politica europea della Regione 1981/82", di cui farò un'introduzione di carattere generale.
La situazione di crisi che caratterizza l'economia mondiale, minaccia da vicino la Comunità economica europea accentuando gli sviluppi divergenti al suo interno. Il Presidente della Commissione esecutiva Gaston Thorn ha denunciato ieri davanti al Parlamento europeo "il risveglio dei vecchi demoni del protezionismo... mentre all'esterno la Cee deve affrontare i comportamenti aggressivi dei suoi principali partner commerciali, gli Stati Uniti e il Giappone".
Di fronte a questa situazione dobbiamo invece constatare una scarsa capacità della Comunità di affrontare in comune i gravi problemi che conseguono alla crisi economica: dalla riconversione industriale alla disoccupazione (oltre 9 milioni di disoccupati negli Stati membri) all'inflazione, alla crisi energetica, allo sviluppo del Terzo Mondo. Per non parlare della situazione politica internazionale e delle gravi preoccupazioni per il mantenimento stesso della pace.
Ciò conferma l'esperienza di un progetto europeo che preveda un deciso rafforzamento degli strumenti delle politiche comuni (regionale industriale, monetaria, occupazionale, sociale, energetica, ecc.) da realizzarsi in stretto collegamento tra i livelli nazionali e regionali. In quest'ottica non si può ignorare il ruolo delle Regioni per una politica europea, stante anche le specifiche competenze in materia di pianificazione territoriale ed economica.
Il processo di regionalizzazione, pur con i limiti in esso presenti e con i differenti livelli di attuazione raggiunti nei diversi Paesi della comunità, ha infatti costituito e costituisce un apporto non indifferente alla politica di cambiamento e di democratizzazione della Comunità europea.
Lo sviluppo di tale processo sia dal punto di vista politico che istituzionale ha portato come conseguenza la necessità di definire in termini precisi la ripartizione dei poteri e i rapporti fra Regioni, Stato e Istituzioni comunitarie.
Per quanto riguarda il nostro Paese, la presenza nella realtà istituzionale italiana di un interlocutore quale le Regioni ha posto, fin dal nascere dei nuovi enti, il problema di un loro diretto coinvolgimento nell'attività delle istituzioni comunitarie, soprattutto in quelle che si occupano dei problemi dello sviluppo economico e di quello regionale in particolare. Ciò naturalmente nel necessario rispetto delle competenze del Governo centrale in materia di politica estera.
Non si può infatti negare alle Regioni una qualche forma di partecipazione alle politiche comunitarie, stante le competenze assegnate dalla Costituzione a questi enti, competenze rientranti in gran parte nell'ambito degli interventi comunitari.
Il decreto attuativo della 382 ha indubbiamente costituito un passo in questo senso, trasferendo alle Regioni le funzioni amministrative relativa all'applicazione dei regolamento, nonché all'attuazione delle direttive della Comunità economica europea. Tali norme hanno innovato profondamente rispetto alla precedente impostazione caratterizzata da una tendenza fortemente restrittiva delle funzioni regionali per quanto concerne i rapporti internazionali.
Ma già prima del decreto 616, la nostra Regione aveva creato un apposito organismo che si proponeva di dare una risposta istituzionale all'impegno più volte manifestato dalle forze democratiche del Piemonte per inserire la nostra Regione nel processo di unificazione europea e, nello stesso tempo, di fornire lo strumento attraverso il quale realizzare il massimo coordinamento possibile a livello regionale fra le attività europee degli Enti locali, dei partiti, dei sindacati e di tutte le organizzazioni che operano nel settore.
Infatti, il 19 luglio 1976, il Consiglio regionale del Piemonte istituì _ con propria delibera la consulta sui problema dell'unificazione europea quale organo permanente di consultazione della Regione, a cui partecipano le principali forze politiche e sociali piemontesi.
Le finalità della Consulta si possono sintetizzare nella volontà di coordinare e unificare a livello regionale e all'interno della Regione tutte le iniziative legale in qualche modo ai temi europei; più in particolare, secondo quanto affermato nel documento programmattico della Consulta, questa si propone di: sollecitare e coordinare iniziative (Convegni di studio, dibattiti conferenze, ecc.) per assicurare un ruolo specifico della Regione nel processo di unificazione europea presentare alla Regione le sollecitazioni che vengono dall'opinione pubblica sui problemi europei, e favorire le iniziative per la diffusione nell'opinione pubblica, e in particolare tra i giovani, della conoscenza di tali problemi individuare e proporre alla Regione interventi nel campo economico e sociale, con particolare riferimento agli emigranti stabilire rapporti permanenti tra la Regione e le organizzazioni interessate ai problemi europei sensibilizzare l'opinione pubblica, e in particolare le forze politiche, economiche, sociali e culturali che operano nel territorio regionale, alle elezioni dirette a suffragio universale (attività questa ampiamente svolta in occasione delle consultazioni elettorali del giugno 1979) suggerire attuare iniziative che contribuiscano a favorire il processo di democratizzazione delle istituzioni della comunità europea promuovere rapporti permanenti con analoghi organismi di altre Regioni.
E' superfluo ricordare al Consiglio le numerose iniziative che la Consulta ha svolto in questi anni. Oggi siamo qui a discutere sulla politica europea della Regione accogliendo anche un suggerimento della Consulta che la Conferenza dei Presidenti ha fatto proprio. Mi auguro che sia un dibattito concreto, nell'ambito delle attività messe fin qui in essere dalla nostra Regione in campo europeo.
Ha ora la parola il Presidente della Giunta.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

L'idea dell'unità politica ed economica dell'Europa è cresciuta fra le mani dei Paesi europei all'indomani del secondo conflitto mondiale, che aveva sconvolto tutti i rapporti politici tra gli Stati del vecchio continente.
La necessità di cooperazione economica è stata la prima scintilla "operativa" che ha portato i Paesi a firmare i primi trattati (settoriali: esempio carbone e acciaio), ma faceva già da substrato una convinzione politica di fondo, sia pure non da tutti condivisa o ammessa: la pace in Europa poteva essere garantita solo con la rinuncia dei singoli Paesi a svolgere ruoli egemoni sul continente, né d'altra parte vi era alcuno Stato in grado di imporsi con la forza su tutta l'Europa; il processo di integrazione era il solo modo per restituire alla vecchia Europa uscita a pezzi dalla guerra una funzione equilibratrice di pace nel mondo, di democrazia e di libertà nella stessa Europa occidentale.
L'Italia ha aderito fin dal primo momento a trattati di cooperazione consapevole che la creazione di istituzioni politiche europee di carattere democratico, cioè fondate sul diretto consenso dei popoli, è la condizione indispensabile per realizzare una solidarietà economica fra Regioni ricche e Regioni povere della Comunità.
La massiccia partecipazione del popolo italiano alle elezioni per il Parlamento europeo che rappresenta un momento culminante del processo di integrazione della nostra Comunità nell'Europa dimostra come l'idea europea sia profondamente radicata nella coscienza del nostro popolo.
Attraverso la Comunità europea si è sviluppato un modello economico, ma anche un modello politico, quello delle grandi democrazie occidentali, che rappresenta un ulteriore momento di stretta aggregazione.
Il libero mercato, gli interscambi commerciali, il tentativo, anche se non sempre riuscito di riequilibrio delle aree depresse dei Paesi membri la difesa monetaria, il complesso della politica economica e sociale comunitaria, anche se non è stata sempre gratificante per il nostro Paese e per il nostro Piemonte (si pensi ad esempio all'agricoltura) ha avuto in questi anni una forza aggregante costituendo un ponte tra il Mediterraneo ed il Centro Europa.
Modello politico di fondo basato sui grandi valori della democrazia della libertà e della pace che ricostituisce l'identità dell'Europa nei confronti dei colossi americano e sovietico.
Un'Europa non subordinata quindi alla logica delle grandi potenze, n mediatrice della loro politica, ma capace di riproporsi come parte attiva per lo sviluppo della pace, per l'affermazione dei valori della libertà della fratellanza e dignità dei popoli della cooperazione tra i paesi avanzati e quelli meno favoriti.
In questo senso il nostro Paese riafferma la sua volontà di integrazione nella Comunità europea e in questo senso il Piemonte svolge e vuole continuare a svolgere con sempre maggior forza il ruolo che gli è proprio, non solo per la sua collocazione geografica.
Il progetto di sviluppo, direi quasi la sfida, che la Giunta regionale ha proposto all'intera Comunità regionale ha due obiettivi di fondo. Da un lato, l'avanzamento e la qualificazione di una sempre maggiore presenza della nostra Regione nel processo di integrazione economica e sociale dell'Europa, dall'altro, la finalizzazione del necessario e crescente suo ruolo europeo allo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia.
La nostra scelta politica è stata quella di candidare il Piemonte, a pieno titolo e con la propria spiccata e autonoma vocazione industriale, a diventare un'area ad elevato livello di integrazione economica, capace di competere sul piano commerciale e produttivo con le aree forti dell'Europa e di finalizzare la propria crescita al più generale processo di ripresa e di sviluppo dell'intera economia nazionale ed in particolare delle aree meno sviluppate del Paese. Ritengo che tale scelta strategica sia stata fondamentalmente giusta e che vada qui ribadita nelle sue linee importanti.
Il Piemonte si colloca, non tanto e non solo dal punto di vista geografico, quanto per le relazioni economiche che il suo apparato produttivo intrattiene con l'Europa, in un punto cruciale dei processi attualmente in atto sul piano internazionale.
Tali processi da tempo si incentrano su una politica di attenta presenza dei Paesi dell'Europa forte sui mercati in via di sviluppo ed in particolar modo dei paesi del Bacino Mediterraneo.
L'obiettivo prioritario della nostra politica è stato dunque quello di ancorare sempre più strettamente la nostra Regione alla rete dei rapporti economici e commerciali che i paesi industrializzati stanno intensificando con i paesi in via di sviluppo.
Il Piemonte deve diventare negli anni ottanta il perno di un asse di scambio tra l'Europa ed il Mediterraneo, capace di inserire il nostro Paese, e soprattutto le aree meno sviluppate del nostro Mezzogiorno, in processi che caratterizzano sempre più le sorti dei paesi maggiormente industrializzati.
In tal senso il nostro impegno per lo sviluppo delle regioni meridionali, già assunte nel dettato del nostro Statuto regionale, si è qualificato e concretizzato con una scelta strategica complessiva che ha segnato il superamento della visione un po' angusta secondo la quale la crescita del Mezzogiorno era legata e dipendeva unicamente dalla ripartizione "quantitativa" delle risorse tra il Nord e il Sud del Paese.
Solo all'interno di un salto complessivo di qualità dell'intera economia nazionale, attraverso un mutamento profondo della sua struttura economica e produttiva, è possibile non solo ricreare gli spazi per un effettivo consolidamento dell'economia delle aree meno sviluppate del Mezzogiorno, ma porre le premesse per un loro ulteriore sviluppo.
Si è trattato di acquisire la consapevolezza che un progetto di investimenti pubblici qualificati, localizzati nelle aree già industrializzate ed oggi in crisi della nostra Regione, potesse essere nel medio periodo, maggiormente efficace anche ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno, di un trasferimento "tout court" di tali risorse alle regioni meridionali che non avrebbero la possibilità di utilizzarle appieno.
Il perseguimento coerente di una tale linea strategica, ha quindi fortemente orientato il complesso delle politiche regionali legando sempre più il tema dell'Europa e del Mezzogiorno alle scelte politiche operate in questa legislatura, sia sul piano economico e sociale, sia sul piano culturale.
Per perseguire gli obiettivi che ci si è posti, e per far fronte ai grandi impegni che ciò comporta, è oggi più che mai necessario riuscire ad utilizzare al massimo, in un quadro organico e programmatico, le pur limitate risorse disponibili.
L'insieme dei rapporti tra Regione e Comunità assumono sempre maggiore importanza anche per la crescente incidenza che le direttive comunitarie hanno nell'attività amministrativa e legislativa regionale.
Il bilancio della comunità prevede, come è noto, alcuni fondi e stanziamenti, attivabili dalle Regioni, che incidono fortemente in settori nodali delle politiche regionali: la politica agricola, la politica sociale e industriale, la politica nel settore della ricerca e dell'approvvigionamento energetico.
E' quindi chiaro che, per un duraturo sviluppo economico dell'Italia e del Piemonte, è estremamente importante il coordinamento e l'armonizzazione delle nostre politiche con quelle comunitarie, utilizzando pienamente tutti gli strumenti finanziari che la Cee dispone per un rilancio ed una sempre maggiore integrazione della nostra economia con quella dei paesi europei industrializzati.
Al fine di realizzare il più efficace coordinamento degli interventi e delle iniziative regionali in questo settore, la Giunta ha ritenuto di presentare all'approvazione del Consiglio regionale già nell'ottobre del 1980, una propria proposta di legge istitutiva del Servizio di coordinamento delle funzioni di competenza regionale in materia di attuazione dei regolamenti e delle direttive Cee.
Ho già avuto modo di segnalare in Consiglio, in occasione della risposta ad un'interpellanza sul tema, l'urgenza di attivare questo servizio che viene elencato tra quelli comuni alla Giunta ed al Consiglio.
Nelle more dell'attivazione del Servizio, è stato comunque garantito un attento coordinamento delle iniziative regionali rivolte verso la Cee contribuendo inoltre alla definizione di una posizione comune delle Regioni, tendente a far superare ai governi nazionali le limitazioni eccessive che ancora si frappongono alla loro attiva partecipazione, pur nell'ambito delle rispettive attribuzioni previste dalla legislazione vigente, alla determinazione degli indirizzi della politica comunitaria.
In tal senso, già dal marzo 1981, la nostra Regione ha contribuito fattivamente all'istituzione di un raccordo permanente con il Governo sui problemi comunitari, tramite gli uffici dell'allora Ministro per il coordinamento delle funzioni regionali in materia comunitaria, on.le Scotti e l'allora Ministro per gli affari regionali on.le Mazzotta.
E' stato inoltre, in tale sede, costituito un Comitato misto Stato Regioni, cui hanno partecipato pariteticamente funzionari regionali e dello Stato, che ha permesso l'avvio, attraverso un canale di raccordo permanente, di un dialogo costruttivo tra lo Stato e le Regioni per l'esame e la trattazione di problemi comuni connessi all'applicazione delle direttive comunitarie.
L'attività di questo Comitato, insoddisfacente, perché rimasta più allo stato di intenzione che di reale attività, è stata poi ripresa e rilanciata con forza dai Ministri dell'attuale Gabinetto Spadolini, on.le Arliasi e on.le Albis, collegandola inoltre ai lavori della Conferenza dei Presidenti delle Regioni.
Recentemente l'esame e la discussione da loro sollecitata, sul rapporto presentato dalla Commissione Cee riguardante la ristrutturazione delle politiche economiche e monetarie europee ha attivamente interessato tutti gli organi politici, sia regionali che nazionali, con un dibattito approfondito sulle politiche fin qui perseguite dalla Cee, prospettando inoltre soluzioni per un suo rilancio anche attraverso la modifica delle attuali politiche comunitarie, in particolare quella agricola comune quella regionale e quella sociale.
Ho già avuto occasione di presentare in Consiglio regionale la posizione assunta dal Piemonte all'interno del dibattito sviluppatosi nella Conferenza dei Presidenti delle Regioni.
Desidero oggi solo qui ricordare due questioni che ritengo centrali e determinanti per un'effettiva riforma della politica comunitaria e dei connessi strumenti di sostegno.
La prima riguarda il rilancio del settore industriale, verificando un sostanziale accordo con le proposte della Commissione Thorn di riservare una fetta consistente degli stanziamenti del Fondo sociale ad aree industriali in forte declino per interventi specifici di sostegno all'occupazione ed alla riconversione industriale.
Lo sviluppo di un'organica politica industriale comunitaria, che segni il superamento delle frammentarie politiche fin qui perseguite, diviene infatti, sempre più urgente e necessaria per far fronte ai problemi di occupazione e di riconversione ultimamente verificatosi in aree già industrializzate ed oggi in crisi del nostro Paese e della nostra Regione.
Il sostegno comunitario diviene determinante per favorire la ripresa di settori importanti della piccola e media impresa e di quella artigiana soprattutto se l'intervento di sostegno si ricollega ad altri interventi di rilancio e sviluppo riguardanti il settore della ricerca, l'innovazione tecnologica, una migliore definizione del problema degli aiuti alle imprese in tema di politica di concorrenza, e la definizione di una politica energetica comune.
La seconda riguarda la ristrutturazione della politica agraria comune che attualmente penalizza fortemente il nostro Paese e la nostra Regione, e la riforma del Feoga.
E' necessaria una profonda revisione dell'attuale politica agraria, che registra pesanti squilibri e sperequazioni all'interno dei paesi della Comunità con un'azione di riforma che privilegi maggiormente politiche rivolte ad incidere sul piano strutturale rispetto a quelle di sostegno dei prezzi e del mercato.
La difesa e lo sviluppo dell'agricoltura piemontese sono uno degli obiettivi fondamentali per lo sviluppo regionale: sia per l'importanza vitale che questo settore ha nella nostra economia, sia per l'apporto e il contributo che essa dà, e può dare, al risanamento dell'economia nazionale attraverso l'attenuazione degli squilibri della nostra bilancia commerciale, in gran parte derivanti dalla mancata capacità di auto approvvigionamento agricolo.
In Piemonte anche nel settore agricolo così come nel settore industriale, nonostante i risultati positivi e complessivamente soddisfacenti delle ultime annate agrarie, si registrano, da tempo, sintomi di appesantimento della situazione e delle prospettive di mercato per alcuni comparti fondamentali quali la viticultura, la zootecnica e l'ortofrutta.
E' impegno prioritario della Giunta regionale, che intendo qui ribadire, la difesa e lo sviluppo della nostra agricoltura che va rilanciata con progetti di sviluppo integrati che utilizzino organicamente tutti gli strumenti e le provvidenze esistenti: quelle regionali, quelle nazionali e quelle comunitarie, al fine di ribaltare l'attuale tendenza negativa e di contribuire ad una maggiore perequazione tra il comparto agricolo e quello industriale.
Gli obiettivi di fondo della nostra politica agraria regionale sono quelli rivolti a perseguire congiuntamente un aumento del reddito per le aziende agricole, il consolidamento al più alto livello possibile dell'occupazione nel settore e il sensibile incremento della produzione sia in termini di quantità sia in termini di qualità.
In una parola, passare da una politica assistenziale nell'agricoltura ad una vera e propria politica economica nel settore agricolo.
Vorrei inoltre qui accennare a due temi della politica comunitaria che mi sembrano di notevole interesse per la nostra Regione contenuti nella comunicazione della Commissione Cee al Consiglio europeo relativi alla politica per l'innovazione industriale.
Il primo riguarda l'utilizzazione degli strumenti di prestito della Comunità per incentivare le innovazioni tecnologiche delle piccole e medie imprese. Il documento si riferisce esplicitamente a "garanzie finanziarie e sistemi flessibili di interesse agevolato, finalizzati ad elementi strategici del contesto innovatore".
L'ottica comunitaria è quindi molto simile a quella emersa nella Commissione economia e occupazione che è consentita nell'ipotesi, ancora da verificare, di istituire un ente, a partecipazione regionale, che provveda a selezionare il credito sulla base di nuovi elementi, puntando in particolare sui progetti di innovazione tecnologica.
Il secondo punto riguarda la paralisi dello sviluppo delle innovazioni nei settori relativi ai cosiddetti "acquisti pubblici".
La Commissione suggerisce di favorire la formazione di raggruppamenti ad hoc di ditte europee in questi settori, dando loro la preferenza nei programmi tecnologici comunitari e fornendo incentivi particolari nell'ambito degli strumenti finanziari della comunità agli acquirenti pubblici di tali raggruppamenti.
In altri termini, la Regione potrebbe farsi promotrice di un raggruppamento di ditte piemontesi interessate a settori di competenza regionale inserendole nei programmi tecnologici comunitari e richiedendo i relativi incentivi. Ritengo questi due temi meritevoli della nostra massima attenzione; anche se questi attualmente costituiscono soltanto oggetto di una comunicazione della Commissione al Consiglio, sono però indici di una tendenza comunitaria che può portare a sviluppi concreti in settori di competenza regionale. E' impegno della Giunta, e mio personale, di prendere contatto con i competenti uffici comunitari onde verificare in quelle sedi la praticabilità delle ipotesi formulate.
I provvedimenti di politica di pronto avvio e la definizione degli 84 progetti ivi inseriti e ritenuti urgenti per il rilancio dell'economia piemontese, già individuano il quadro di raccordo tra gli obiettivi di politica regionale e quelli nazionali per il superamento della crisi attuale in un'ottica europea.
Il Piano regionale di sviluppo dovrà ratificare tali interventi sistematizzandoli attraverso la proposta di alcuni "progetti integrati" al fine di attivare tutte le risorse disponibili, pubbliche e private, che possano proiettare l'economia piemontese in un'area ad economia forte e concorrenziale con le altre aree europee.
E' obiettivo prioritario della Giunta regionale favorire quei progetti che nell'ambito di una strategia comunitaria omogenea, siano in grado di offrire nuove prospettive di crescita e di sviluppo e che prestino particolare attenzione ai problemi dell'occupazione.
Assumo quindi particolare rilevanza: i progetti nel settore industriale che favoriscano i processi di crescita e sviluppo della media e piccola impresa, lo sviluppo del commercio e dell'esportazione verso i paesi emergenti del Bacino Mediterraneo e dell'Europa i progetti nel settore formazione professionale, strettamente collegati ai processi di riconversione industriale in atto e all'esperimento sulla mobilità i progetti nel settore agricolo, che favoriscano una maggiore integrazione dell'agricoltura piemontese all'interno della politica agraria comunitaria i progetti nel settore del terziario, che favoriscano uno sviluppo del settore legato alla riqualificazione del nostro apparato industriale e lo sviluppo dei settori innovativi (informativa e telematica) i progetti nel settore della ricerca scientifica, che favoriscano i processi connessi all'innovazione tecnologica (IGNITOR) i progetti nel settore dell'energia, che favoriscano un miglioramento delle condizioni della nostra dipendenza nel settore energetico anche attraverso lo sfruttamento di tutte le risorse disponibili (teleriscaldamento e centraline idroelettriche) ed assicurino al nostro apparato potenzialità di sviluppo i progetti nel settore infrastrutturale, che favoriscano la mobilità ed il collegamento del Piemonte da un lato con il sistema dei porti liguri dall'altro con le linee internazionali di penetrazione nel sistema europeo (autostrada Voltri-Sempione, raddoppio dell'autostrada Torino-Savona superstrada del Frejus). Assumono inoltre uguale importanza il miglioramento dei collegamenti ferroviari con la Francia (Torino-Lione Parigi), il miglioramento delle comunicazioni aeree internazionali (Torino Barcellona, Torino-Francoforte), e la razionalizzazione del sistema del trasporto delle merci (interporti di Orbassano, Susa, Novara).
Nel più vasto disegno del rapporto con l'Europa, per il Piemonte assume rilevante importanza la presa di coscienza da parte dell'Arco alpino della sua realtà di grande regione d'Europa.
Questo ritorno ad un'identità già reale in altre epoche storiche è perseguito da qualche anno a livello politico-culturale dal "Comitato di iniziativa per la cooperazione tra le Regioni dell'Arco Alpino", cui aderiscono tutte le realtà istituzionali di livello regionale interessate alle Alpi.
A questa struttura informale nata a metà degli anni '70, all'indomani della "riscoperta" delle Alpi, dovuta in larga misura alla realizzazione dell'ordinamento regionale in Italia, il Piemonte ha dato e dà un contributo importante.
Presso la nostra Regione ha sede la Segreteria generale del Comitato e da Torino si sono mosse e si muovono idee e iniziative di largo respiro nel quadro di una cooperazione che vede impegnate le Regioni alpine francesi ed italiane, i Cantoni svizzeri, i Lander austriaci e le Repubbliche socialiste jugoslave.
Si tratta di un lavoro non facile, che postula tempi non brevi, il cui respiro, la cui finalità - quella di rafforzare l'Arco Alpino attraverso la cooperazione tra le Regioni - le cui prime risultanze (e ricordo soltanto la "Conferenza delle Regioni Alpine" organizzata a Lugano nel 1978) sono guardate con molto interesse sia dal Consiglio d'Europa che dalla Commissione della Comunità economica europea.
Un'illustrazione del lavoro del Comitato è in via di allestimento e sarà presto disponibile.
Da questa matrice è nata l'iniziativa del Piemonte a dar vita ad una "Comunità dei Cantoni e delle Regioni delle Alpi Occidentali" sull'esempio di quelle già operanti nei settori centrale ed orientale dell'Arco Alpino.
Possiamo, a questo riguardo, dire di non aver perso tempo; tre giorni dopo l'approvazione, in prima lettura, da parte dell'assemblea nazionale francese della legge sulla "regionalizzazione" in Francia, nel corso di un incontro ad Antibes con alcuni dei Presidenti delle Regioni interessate abbiamo formulato la nostra proposta, ufficializzata in occasione della riunione del Comitato in ottobre a Lubiana.
Il 4 dicembre scorso a Torino abbiamo presentato ai Presidenti delle Regioni Liguria, Valle d'Aosta, Provence-Alpes - Côte d'Azzur, Rhône -Alpes e dei Cantoni di Ginevra, Vaud e del Vallese una proposta di "Protocollo d'intesa" che verrà, ci auguriamo, poi definito nei primi giorni di aprile a Marsiglia.
Ricordavo il 4 dicembre scorso ai Presidenti delle Regioni, ospiti a Torino, la mia convinzione che sia in atto in Europa un nuovo modo di "vedere" le Alpi e che a questo rilancio abbia largamente contribuito il realizzarsi del nostro ordinamento regionale.
La maggior parte del versante meridionale dell'Arco Alpino ha cessato con l'avvento delle Regioni, di essere un'area marginale del centralismo statuale per diventare parte importante di ciascuna delle Regioni in cui nell'Arco Alpino, si è decentrato lo Stato italiano nella sua articolazione costituzionale.
Un rilancio, quello dell'area alpina, che nasce da quel "potere locale" sicuramente in grado - come testimoniamo le condizioni civili, sociali ed economiche del versante settentrionale delle Alpi, ove questo potere locale ha una ben più consolidata tradizione - di cogliere con più accentuata sensibilità esigenze ed attese.
Questa considerazione mi porta ad un secondo aspetto culturalmente rilevante: quello del rapporto, nell'ambito delle realtà istituzionali dell'Arco Alpino, tra montagna e pianura, tra ambiente urbano e rurale, tra la civiltà della macchina e quella della natura.
Argomenti affascinanti, ma che non debbono farci dimenticare le ragioni operative che stanno alla base del nostro discorso sulle Alpi occidentali.
Dire che l'insieme delle Regioni e dei Cantoni interessati a questa Comunità delle Alpi occidentali costituisce un'area di grande interesse europeo, dire che si tratta di una delle più importanti aree di collegamento e di cerniera tra il centro Europa ed il bacino del Mediterraneo, forse può sembrare far delle affermazioni scontate.
Ricordare come i nostri confini interni sulle Alpi sono quelli che da Tenda al Sempione offrono le maggiori possibilità di collegamento tra i due versanti può oggi sembrare un atto di presunzione, così come il ricordare che in un'area, da Marsiglia a La Spezia, si colloca un sistema portuale di indiscutibile portata europea.
La Comunità dei Cantoni e delle Regioni delle Alpi occidentali ha le caratteristiche necessarie per essere e per migliorarsi come un'area forte europea: 16 milioni e 340 mila abitanti su una superficie di 126.610 chilometri quadrati, 5.959 Comuni che stanno a significare altrettante comunità locali che nella loro storia trovano le radici di un'operosità che caratterizza quest'area.
Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta rappresentano il 14,3% del reddito nazionale; nelle Regioni Provence-Alpes-Côte d'Azur e Rhône -Alpes si produce il 15,54% del reddito nazionale francese; mentre i Cantoni di Ginevra, Vaud e Vallese concorrono, insieme, con il 18,1% al reddito federale elvetico.
Nel 1980 il sistema portuale costituito dai porti di La Spezia, Genova Savona e Marsiglia ha registrato un volume di traffico mercantile di circa 185 milioni di tonnellate, un'area forte, nell'Europa e per l'Europa; un discorso aperto, nato dalla consapevolezza della funzione di tramite delle Alpi tra il Nord e il Sud dell'Europa ed il Mezzogiorno d'Italia, che in questa sezione occidentale vede il nostro Piemonte giocare un ruolo trainante.
Nell'ambito del progetto "Europa delle Regioni" cioè dell'Europa geograficamente reale, i cui confini vanno al di là della Comunità europea la nostra Regione si è prefissata l'obiettivo di stringere rapporti di gemellaggio con altre realtà regionali europee.
Obiettivo generale di questi gemellaggi è quello di stringere rapporti di reciproca conoscenza e di scambio con altre realtà europee che posseggano identità e caratteristiche comuni sotto il profilo economico sociale e produttivo al fine di verificare congiuntamente le soluzioni prospettate a problemi che sempre più assumono connotazioni europee: la lotta alla disoccupazione, il rilancio produttivo, l'intensificazione degli scambi commerciali, i problemi connessi alla crisi energetica, i problemi sociali dell'immigrazione e non da ultimo il rafforzamento della democrazia e la lotta al terrorismo.
A questo scopo sono già state individuate tre realtà europee con le quali sono stati intrapresi proficui contatti: la Regione Nord - Rhein Westfalia nella Repubblica federale tedesca, la Regione Catalogna nella Spagna, la Regione Rhôn -Alpes in Francia.
La recente inaugurazione del volo diretto Torino-Barcellona si inserisce nel quadro delle intensificazioni dei rapporti con la Regione Catalana che certamente troverà occasione di reciproco approfondimento in occasione del lancio dell'iniziativa della "Settimana della Catalogna" che si svolgerà prossimamente in Piemonte.
Con la Regione Rhôn -Alpes sono già stati iniziati proficui rapporti di scambio di esperienze in occasione della visita della delegazione piemontese alle centrali nucleari di Bujey e Creys Malville.
I rapporti di collaborazione con questa regione certamente si consolideranno anche per trovare una soluzione comune all'importante problema del miglioramento delle comunicazioni e dei trasporti tra le due Regioni.
Con la Regione Nord Rhein-Wesefalia si sta già perfezionando un gemellaggio con l'obiettivo comune di contribuire a rafforzare le iniziative di sviluppo delle regioni meno sviluppate in ambito sia nazionale che europeo.
Perseguendo la linea degli scambi con i paesi europei che non fanno parte della Cee di particolare importanza è certamente il rapporto con la Romania anche con l'intento di allargare la collaborazione reciproca e l'interscambio commerciale ed industriale tra i due paesi che pu certamente essere fruttifero di reciproca soddisfazione.
Le iniziative sviluppate in questi anni per un'effettiva integrazione della nostra Regione nella comunità europea sono state numerose e di alto livello qualitativo, ma le attuali difficoltà impongono a tutte le forze politiche, ed in primo luogo al Governo regionale, un rinnovamento e più deciso impegno per far svolgere al Piemonte il ruolo che gli è proprio di ponte tra l'Europa ed il Mediterraneo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Quest'intervento si colloca nell'ordine della programmazione degli interventi che sono stati concordati nella conferenza dei Capigruppo la scorsa settimana, con l'obiettivo fondamentale di illustrare le motivazioni di questo dibattito e le collocazioni politiche che sono state espresse da parte della Consulta regionale per i problemi dell'unificazione europea.
Questo primo dibattito annuale sulla politica europea della Regione è conseguito come primo esperimento ma riteniamo che sia necessario trasformarlo in un utile strumento di lavoro e di raccordo quasi di sintonizzazione della Regione con la comunità piemontese portando in risonanza sulla frequenza Europa, con una metafora di tipo tecnicistico, i circuiti della programmazione regionale. L'utilità di questo confronto, in altri termini, è tesa ad assumere impegni al servizio del Piemonte per una sempre maggiore integrazione con le realtà regionali europee.
La richiesta della Consulta per i problemi dell'unificazione europea era stata suggerita da tre ordini di motivazioni: la necessità di un maggiore raccordo- coordinamento delle politiche europee della Regione e quindi necessità di un coinvolgimento e del confronto sia dell'assemblea regionale e sia delle componenti sociali esterne, aspetto questo che non è conseguito totalmente con l'attuale forma di dibattito. Sarà comunque u problema da approfondire.
Un secondo ordine di considerazione era l'esigenza di assunzione di impegni politici generali nei confronti dell'integrazione europea, legati al momento storico particolare che è il momento della rifondazione istituzionale in atto nella comunità.
Un terzo ordine di motivazione, la continuità nell'impegno a suo tempo assunto con la costituzione della Consulta, di un raccordo con il Parlamento europeo cercando di sostenere l'azione dei parlamentari europei ed il loro contatto con gli elettori che li hanno eletti.
Io ritengo di dover sottolineare queste motivazioni perché fanno assumere a questo dibattito un rilievo particolare, al di là dei consuntivi sulla politica e sui risultati che sono stati conseguiti nella politica europea della Regione sui quali ha riferito nella sua relazione il Presidente della Giunta regionale al quale va rivolto, unitamente al Presidente del Consiglio, un ringraziamento per la disponibilità e il contributo offerto alla discussione.
Questa legislatura regionale si accompagna ad una delicata fase storica della comunità europea. Da anni è ricorrente la sollecitazione a puntualizzare i fondamentali, concreti compiti che la comunità dovrà affrontare, la realizzazione dell'unione economica e monetaria e l'estensione dell'integrazione ai settori della politica estera della difesa.
Ricordo brevissimamente questi aspetti perché ritengo siano fondamentali rispetto alla collocazione dei contenuti della risoluzione che successivamente mi permetterò di illustrare.
Su tali temi è sufficiente che richiami le linee fondamentali che hanno ispirato l'azione della Consulta promuovendo confronti, dibattiti convegni, con l'obiettivo di avvicinare e di maggiormente informare la gente e soprattutto i giovani e non già di promuovere solo delle palestre di confronto di elite che discutono questi problemi all'interno di quattro mura senza farne oggetto di una promozione politica e culturale esterna.
Com'è storicamente e puntualmente avvenuto, noi riteniamo di esserci mossi su di una strada che ha premiato l'utopia della volontà ed ha fatto assumere con il tempo a questa utopia la dimensione dell'elaborazione di una linea politica concreta così come si è dimostrato con l'azione che ha preceduto l'elezione diretta a suffragio universale del Parlamento europeo.
Azione questa che va ovviamente rivendicata per quanto di competenza e di iniziativa dei movimenti federalisti ma che per quanto attiene concreta dell'azione che è stata sviluppata nella nostra Regione, va ascritta a quanti hanno contribuito a sostenere l'azione della Consulta europea soprattutto nella passata legislatura.
Per conseguire oggi, con l'unione economica e monetaria, un superamento degli squilibri economici, sociali e territoriali fra i paesi e le nazioni più forti e quelli più deboli, noi non ci stancheremo mai di sottolineare che occorrono politiche comuni per i problemi mondiali che sono stati posti dalla crisi: la disoccupazione, l'inflazione, la riconversione industriale la crisi energetica, gli stessi rapporti con il Terzo Mondo. Questi problemi mondiali richiedono l'assunzione di posizioni e di decisioni comuni. Di qui l'esigenza del rafforzamento delle politiche comuni e regionali: la politica sociale, industriale, la politica energetica ed un rinnovo del modo di far politica agricola e quindi un rafforzamento conseguente del bilancio comunitario, superando l'attuale fase di disponibilità o monte di disponibilità di risorse proprie ed affrontando congiuntamente a questo aumento di risorse, l'esigenza di una moneta europea.
Il pericolo di riciclare in termini di mero e gretto nazionalismo quanto di positivo la Cee ha finora prodotto è sotto gli occhi di tutti.
E' sufficiente guardarsi attorno, constatare il comportamento settoriale o ministeriale di alcune nazioni pur aderenti alla comunità europea per rendersi conto e per capire e interpretare i limiti dell'attuale capacità di tenuta e di aggregazione dei trattati nei confronti delle economie dei paesi aderenti alla comunità europea.
Riteniamo che sulla possibilità di realizzare domani una diversa e migliore integrazione che superi la fase attuale della semplice liberalizzazione degli scambi, vi sia tutto lo spazio necessario per una forte azione soprattutto di iniziativa politica a tutti i livelli.
E' anche per questo che abbiamo ritenuto di dover portare questo argomento in una sede qual è l'assemblea regionale, che potrebbe sembrare non avere competenze dirette su questo argomento, ma che comunque ha un ruolo politico da rivendicare in questa direzione.
Solo nuove istituzioni della comunità possono superare il solco che divide da un lato tutto ciò di cui tutti sono disposti a beneficiare, a partire dalle risorse, dalle tutele degli accordi e raccordi internazionali già posti in atto con la convenzione dì Lomé, e dall'altra parte del solco tutte le rinunce ed i condizionamenti che sono necessari a superare la fase del nazionalismo e della gretta interpretazione priva di prospettive rispetto al superamento delle difficoltà comuni.
Questa fase di superamento, riteniamo possa derivare solo dalla possibilità di avviare questa nuova fase di interpretazione dei fenomeni mondiali, facendone derivare delle conseguenze sul piano delle riforme delle istituzioni ma anche - è il secondo aspetto che intendiamo sottolineare - superare queste contraddizioni potrà essere fatto più facilmente comunitarizzando le politiche estere e di difesa dell'Europa.
Anche se tali aspetti oggi sono meno impellenti soprattutto per quanto concerne i diritti fatti salvi dei paesi aderenti, oggi occorre muoversi in questa direzione perché i contenuti di questa politica estera sono destabilizzanti l'intera integrazione complessiva politica della comunità.
Questi brevi cenni che ho inteso fare vogliono rivendicare l'importanza e la legittimazione di questi problemi come pilastri di una conseguente politica europea delle Regioni quand'anche non tutti i settori della politica comunitaria abbiano riscontro nelle competenze regionali.
Però riteniamo che contingentemente occorre che le Regioni concorrano a saldare l'impegno che il Parlamento europeo ha assunto il 9 luglio scorso di votare un nuovo trattato-Costituzione. E' a tutti i colleghi noto come si sia avviato un processo con una nuova Commissione per gli affari istituzionali che porrà concretamente le basi per le proposte di modifica dei trattati e quindi le proposte per approdare a quella fase di nuova costituente che dovrà raccogliere a livello delle forze politiche dei governi nazionali le necessarie adesioni per ratificare tali proposte.
Ecco che quindi anche in questa prospettiva si colloca il contributo che il Consiglio regionale e la Consulta hanno offerto all'organizzazione del dibattito che avverrà sabato prossimo.
Il Consiglio regionale ha inteso sostenere come momento di ulteriore diffusione di questo raccordo la nota sull'attività del Parlamento europeo e riteniamo che questo sia un modo significativo per collocare questa informazione rispetto a ciò che avviene e ciò che succederà in quella qualificata ed autorevole sede.
La risoluzione della Consulta rappresenta un momento di ricerca di posizioni comuni - lo definirei così - più che non di consolidata e scontata acquisizione di facili unanimismi su questi temi. L'elaborazione del documento che è stato approvato il 1 febbraio 1982 dalla Consulta riflette la costante preoccupazione di definizione e di collocazione nel momento storico. Più che non l'esaltazione di valori aggreganti occorre oggi concentrare l'attenzione su obiettivi concreti, su obiettivi che siano perseguibili nelle tappe a breve ed a lungo termine. Infatti, la risoluzione si articola nell'enunciazione di questi obiettivi che brevemente ricordo: 1) la riconversione del sistema produttivo che sviluppi i settori trainanti partendo dalle potenzialità reali esistenti nella Regione 2) il potenziamento qualitativo, quantitativo e di penetrazione commerciale dell'agricoltura 3) lo sviluppo delle infrastrutture di base: energia, comunicazione ricerca scientifica, formazione professionale.
4), lo sviluppo dei servizi nella sua accezione più vasta soprattutto per quanto attiene agli obiettivi di qualità della vita 5) l'avviamento di un esperimento pilota di agenzia regionale del lavoro, aspetto sul quale certamente gli interventi si soffermeranno e rispetto al quale si sono svolti dibattiti e confronti nel merito recentemente anche nella nostra città 6) l'attribuzione di un'autonomia impositiva alle Regioni ed altri enti territoriali al fine di conseguire questa maggiore capacità delle Regioni a concorrere alla formazione di una politica che si inquadri negli obiettivi comunitari.
Il dibattito dovrà arricchirsi di contenuti per quanto attiene alla posizione articolata che le varie forze politiche potranno assumere rispetto a queste proposte.
Non intendiamo certo sostenere che queste proposte si debbano astrarre dal metodo che la Regione Piemonte ha scelto, però riteniamo che in ciò si darà un contributo reale se si indicheranno scelte e priorità e quindi si concorrerà a formare quella premessa di politica europea che già opportunamente il Presidente della Giunta regionale ha evidenziato nel suo intervento iniziale di questa mattina e che costituisce la base e lo scenario di riferimento sulle scelte che dovranno essere indicate dal secondo Piano di sviluppo.
Noi riteniamo che vi sia in questo dibattito la possibilità concreta di verificare, alla luce delle considerazioni e delle proposte che verranno fatte, anche una pre-fase, quasi critica e metodologica rispetto a come affronteremo la discussione e il confronto sul secondo Piano di sviluppo e che debba far parte anche di questo dibattito una valutazione di come sono state in questa Regione applicate le direttive e di come si stanno conseguendo risultati rispetto all'acquisizione di finanziamenti e di utilizzazione per i progetti che la Regione ha inteso finanziare o far finanziare con i fondi comunitari.
La seconda parte della risoluzione concerne l'attivazione di efficaci strumenti per il superamento della crisi e quindi vi sono espresse alcune indicazioni che io ricordo e cioè l'attribuzione nel più generale obiettivo politico di far conseguire alla comunità questa capacità di gestire la politica comunitaria con più pertinente capacità di riferimento ai problemi così come si vanno evolvendo nelle varie realtà, l'esigenza di proporre questa attribuzione che ho prima ricordato del potere legislativo al Parlamento europeo e del potere esecutivo alle Commissioni (non scendo nel merito delle altre proposte anche per quanto concerne l'ipotesi di trasformazione del Consiglio in Senato della Comunità e di altre proposte che saranno collocate nella definizione di progetto costituzione che prima ricordavo che sarà elaborato dalla Commissione affari istituzionali).
Al secondo punto, la creazione della moneta europea, il rafforzamento del bilancio comunitario fino al 2-2,5% del prodotto interno lordo della comunità, questo per sviluppare le politiche comuni, industriale energetica, ecologica (c'è un errore nella risoluzione, comunque quella agricola va intesa come ecologica) delle Regioni, anche per quanto attiene alla componente sociale di queste politiche, e l'attribuzione graduale alla comunità delle competenze in materia di politica estera di difesa che ho già prima ricordato.
In questa prospettiva la risoluzione si conclude sollecitando l'attivazione del servizio regionale, che già prima il Presidente della Regione ha ricordato, lo sviluppo delle relazioni con le Regioni frontaliere (sul quale farò subito alcune valutazioni), l'organizzazione di una conferenza regionale sullo sviluppo del Piemonte negli anni '80 (questo è un aspetto che pensavamo che nella relazione del Presidente fosse colto ma che probabilmente sarà poi oggetto di una valutazione in occasione della calendarizzazione dei programmi sulla discussione del secondo Piano di sviluppo), il sostegno al comitato regionale per il governo europeo iniziativa che sarà concretamente avviata nella riunione di sabato con i parlamentari europei e i parlamentari nazionali.
Con questa breve illustrazione che ho inteso fare della risoluzione ritengo di dover richiamare da parte di tutte le forze politiche una collocazione critica anche rispetto ai suoi contenuti in modo che si possa valutare in che misura la Consulta riesce ad essere interprete di quel momento di aggregazione e di ricomposizione di posizioni soprattutto in riferimento alle componenti sociali e più in generale alla comunità piemontese che concorrerà nel 1984 ad eleggere il nuovo parlamento europeo.
Sono evidenziati i rapporti con le Regioni limitrofe i quali non solo sono auspicati e sollecitati nella risoluzione, ma sono stati da tempo oggetto di attenzione sia al momento in cui il Consiglio regionale votò la legge sui gemellaggi, sia in tutte quelle iniziative che hanno visto la Regione Piemonte e l'assemblea regionale attenta a questi raccordi; sono evidenziati gli aspetti culturali, che sono stati questa mattina invocati come supporto ad un tipo di integrazione e di valutazione di aspetti di natura autoctona ed etnografica, di realtà che possono avere delle connotazioni diverse, ma che si collocano nelle profonde radici storiche di filoni comuni.
Queste ragioni ci inducono a più generali obiettivi di integrazione politica che le Regioni dovranno avere per formare quel cosiddetto quadro di "Europa delle regioni" e concorrono a richiedere che la gestione di queste iniziative venga così coordinata dal Presidente della Giunta regionale per tutti gli aspetti di rappresentatività che gli sono propri ma che in questi raccordi vengano anche coinvolte le assemblee elettive, in particolare i Consigli regionali e le forze politiche che ne fanno parte.
Al di là delle esperienze che sono state ricordate dal Presidente Enrietti, sulle quali altre Regioni del versante est dell'arco alpino hanno già conseguito concreti risultati, noi riteniamo che sia opportuna una maggiore capacità di individuazione di obiettivi concreti perseguibili rispetto alla fase attuale di diversità di collocazione istituzionale e alla fase criticamente significativa dei rapporti comunitari esistenti all'interno della comunità.
Senza voler accelerare con strumentalità gli aspetti che concernono le riforme istituzionali interne dei singoli Paesi, riteniamo che l'individuazione degli obiettivi comuni avvenga con il concorso di tutti in un quadro rispetto al quale non sorgano incidenti di rapporti o sovrapposizioni di competenza delle Regioni rispetto alle competenze dello Stato, ma vi sia la capacità di muoversi su un terreno sul quale siano conseguibili credibili obiettivi di integrazione e quindi credibili rapporti utili per le comunità limitrofe.
Concludo con il richiamo all'opportunità di affrontare il merito di un ordine del giorno, che unitamente al collega Paganelli ho sottoscritto, nel quale si è voluto evidenziare l'approvazione delle risoluzioni che gli Stati Generali del Consiglio dei Comuni d'Europa hanno approvato nel settembre scorso a Madrid.
Se i Consiglieri hanno avuto modo di leggere quelle risoluzioni avranno notato come contengano aspetti di grande interesse a partire dalla considerazione che la solidarietà degli Stati democratici è fondamentale per superare momenti critici e pericolosi quali la lotta al terrorismo e responsabilità comuni dei governi locali rispetto alle grandi questioni che debbono affrontare le nazioni.
Al punto 4 vi è la sottolineatura di una politica comune di ricerca che miri allo sviluppo in settori di alta tecnologia e di creazione di brevetti europei; al punto 5) la riaffermazione della posizione costantemente favorevole dei Comuni d'Europa in favore del secondo allargamento della comunità senza altre condizioni che quelle derivanti dall'adesione ai trattati essendo prioritaria l'importanza politica generale di questo allargamento rispetto a qualsiasi altra considerazione. La sottolineatura ad una rapida adesione della Spagna e del Portogallo alla comunità per confermare l'ancoraggio di questi Paesi all'Europa democratica.
Sappiamo quanto tutto questo sia importante per le ragioni di un riscatto di queste nazioni rispetto al passato e quindi di definitivo affrancamento alle grandi democrazie occidentali.
Non sto a sottolineare altri aspetti importanti delle risoluzioni. Nel caso in cui vi siano da parte delle forze politiche puntualizzazioni e precisazioni, sarebbe opportuno che fossero rese note nel dibattito e che quindi si concorresse ad un voto comune in chiusura della discussione.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gastaldi.



GASTALDI Enrico

Signor Presidente, colleghi, anche se il dibattito odierno è volto soprattutto ad evidenziare le iniziative e le attività che il Piemonte ha posto in atto per assicurare un ruolo europeo alla nostra Regione, pare utile sfruttare il momento per fare un'analisi serena di quello che è stato il Parlamento europeo nei due anni e mezzo di vita e di quello che sarà il suo futuro.
Mi riferisco a valutazioni di nostri parlamentari europei.
Il parlamento europeo, è vero, non ha né potere legislativo né di controllo né politico nei confronti dei singoli organi esecutivi. Esso per avrebbe potuto acquistare autorità politica nel processo di integrazione europea se i governi dei singoli stati avessero dimostrato interesse di attribuirgli iniziative politiche o se lo stesso Parlamento avesse preso iniziative politiche di peso europeo.
Già alla stessa elezione diretta a suffragio universale occorreva attribuire da parte dei singoli governi e preventivamente una funzione politica anche modificando i trattati. Lo stesso Parlamento europeo doveva trovare nella maggioranza del Parlamento tale volontà sia per problemi che riguardavano iniziative verso paesi terzi, sia per iniziative che riguardavano i rapporti interni della comunità. Esso invece si è limitato a discussioni sui problemi dopo che le decisioni erano state prese in riunioni di capi di stato. Questo è avvenuto lo scorso anno, a proposito delle iniziative riguardanti il Medio Oriente e ancora quando fu risolto il problema della contribuzione finanziaria britannica alla comunità.
Il Parlamento europeo, in definitiva, si è limitato a funzioni amministrative e burocratiche in un'assemblea consultiva di una zona di libero scambio e di un accordo agricolo; sul piano economico, quindi, come è vero, imponeva l'interpretazione restrittiva del trattato di Roma. Per la mancanza di un'integrazione politica rischia di allontanare l'integrazione europea anche sul piano economico. Sarebbero necessarie politiche economiche e finanziarie uniformi o non troppo differenziate da parte dei singoli paesi. In pratica invece, al di fuori di affermazioni di buona volontà, le politiche finanziarie si vanno differenziando sempre di più; non si può pensare che i paesi della Comunità possano continuare a seguire ciascuno i propri interessi cercando espedienti di politica economica interna e non affrontando unitariamente e con precisi vincoli politici il problema comune, senza che si corra tale rischio.
Il problema non è di facile soluzione. Noi riteniamo che ogni sede politica ed istituzionale sia adatta per affrontare tale problema e debba affrontarlo.
Per questo noi appoggiamo con la stessa intensità con la quale abbiamo appoggiato la prima elezione diretta del Parlamento europeo tutte quelle iniziative che la Regione Piemonte, ha proposto ed assume nel tema dell'integrazione europea, perché esse si muovano nell'ottica di cui ho detto.
E' così per la riunione della Consulta che si svolgerà sabato in questa sala; è così per il sostegno che si dà al Comitato regionale per il Governo europeo. E' per questo che noi attribuiamo grande importanza all'attivazione del servizio regionale per il coordinamento dei rapporti con la Cee, già definiti in una legge regionale, alla quale a suo tempo abbiamo partecipato con tanto interesse, come oggi, con altrettanto interesse partecipiamo alla definizione dell'organico di tale servizio e alla definizione delle a-qualità del personale, perché sia professionalmente adatto e all'altezza dei compiti che il servizio deve svolgere.
E' anche per questo che giudichiamo interessanti e possibili di utili sviluppi pratici quelle iniziative che il Presidente della Giunta nella sua relazione chiama "gemellaggio con Regioni europee a caratteristiche simili a quelle del Piemonte e soprattutto con quelle a noi vicine del Rhône Alpes".
E, a completamento di un'integrazione europea più allargata di quella della comunità, accettiamo anche e annettiamo grande importanza all'intensificazione dei rapporti con le regioni frontaliere delle alpi occidentali ed orientali ed anche con paesi fuori dell'area occidentale quali la Romania,tanto più che il Piemonte viene ad assumere in questa iniziativa, che è ai primi passi, un ruolo importante perché la segreteria del Comitato, a ciò costituito, è localizzata presso la nostra Regione. E concordiamo ancora con l'impegno della Regione di assumere iniziative per ribaltare l'attuale situazione creatasi in certi comparti agricoli piemontesi in seguito alla politica agraria comunitaria attuale.
Se quindi è nostra volontà che si realizzi quella integrazione europea della quale l'elezione del Parlamento europeo per una mancata volontà politica e delle singole nazioni e dello stesso Parlamento europeo non ha ancora trovato la sua attuazione, dobbiamo dire che tutto quello che tende a realizzarle è da noi accettato perciò accettiamo anche tutto quanto la Regione Piemonte intende attuare e perfezionare.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Vorrei sapere come procede questa seduta, quanti sono gli iscritti a parlare e vorrei fare una rivelazione. In una intervista, per molti aspetti pregevole, che il Vice Presidente Marchiaro ha reso sul funzionamento del Consiglio sta scritto che bisogna fare politica e meno commercio fra sensali.
Credo che se giriamo attorno a questa sala ci sia molto commercio tra sensali. Qui, dove si fa politica e si discute di un tema così rilevante come la politica europea, la visione della sala è di fronte a tutti noi. La Giunta non brilla per la sua presenza. Rendiamo omaggio al Presidente che non ha abbandonato per un solo minuto la seduta.



PRESIDENTE

Condivido le osservazioni che lei ha fatto.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, deve anche rispondere alle osservazioni, perch l'ufficio di presidenza risponde del commercio fra sensali.



PRESIDENTE

Io non posso andare fuori a prendere la gente per le braccia. Lei sa come sono queste situazioni.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario

Relazione sulla politica europea della Regione 1981/82 (seguito)


PRESIDENTE

Visto che il Consigliere Marchini non è presente, dò la parola al Consigliere Valeri.
Sono inoltre iscritti a parlare i Consiglieri Marchini, Carletto e Revelli.



VALERI Gilberto

Condivido interamente l'introduzione del Presidente del Consiglio e la relazione del Presidente della Giunta e credo di dover rilevare alcuni aspetti interessanti che erano contenuti nell'intervento del collega Gastaldi.
Desidero incentrare il mio intervento su alcune considerazioni che avevo svolto all'interno di una riunione della Consulta europea quando si discusse l'ultima fase di preparazione dell'ordine del giorno oggi in votazione.
La considerazione è quella di non dare l'impressione di limitarsi all'ottica regionale che rischia di dare una prospettiva erronea e lacunosa ad una battaglia che ha ben altro spessore, così come è emerso anche dagli interventi che mi hanno preceduto. Esistono dei fatti con i quali è comunque necessario fare i conti. Ci troviamo a una sorta di bivio economico, istituzionale, politico della comunità europea che pone pesanti ipoteche sul futuro della comunità stessa. E' un "a priori" che fondamentalmente credo sia individuabile nella risposta che si riesce a dare o meno alla crisi del nostro Paese e dell'Europa tutta.
Nei giorni scorsi il Ministro Andreatta scriveva che "l'Europa assiste impotente all'altalena del dollaro, ne subisce passivamente le conseguenze catastrofiche e sembra incapace di tradurre sul piano monetario la sua indubbia forza economica e di spezzare la continua catena di frustrazioni ad essa imposte dalla moneta americana".
Lo SME rischia di tradursi in una trappola per i Paesi deboli come l'Italia. Un esempio: abbiamo in breve tempo visto passare il nostro interscambio con la Germania da un miliardo di dollari di attivo a due miliardi e mezzo di passivo. Lo stesso SME che avrebbe dovuto passare alla sua seconda fase l'anno scorso, con la creazione di un fondo monetario europeo con funzioni simili alle riserve della Banca centrale e la piena utilizzazione della sua moneta, lo scudo, come strumento di riserva e di pagamento, non ha visto partire questa fase; quindi la trasformazione dello SME da puro strumento regolatore dei cambi in strumento di politica monetaria è ancora da realizzare e non si vede quando lo si potrà realizzare.
Le cause di questo mancato passaggio, sul quale il mio Partito aveva espresso tutte le sue riserve al momento della votazione in Parlamento sono rintracciabili nella mancata convergenza delle politiche economiche dei diversi Stati: è una sorta di circolo vizioso, che impedisce l'affinamento, lo sviluppo delle strutture comunitarie e il loro rinnovamento.
Tra gli ultimi esempi, il bilancio votato dal Parlamento europeo. Si è preso atto che di fatto si è ormai all'esaurimento delle risorse finanziarie; vi à una insufficiente fonte di finanziamento di fronte alle politiche che si vorrebbero sostenere e alle politiche nuove che si vorrebbero intraprendere. In particolare vengono ad essere penalizzate le politiche di superamento degli squilibri regionali che obiettivamente erano e rimangono l'elemento base e vitale per la vita stessa della Comunità europea.
Seguitando negli esempi flash: i rapporti con il partner americano lasciando a parte i linguaggi diplomatici, che peraltro in questi giorni si sono di parecchio induriti anche da parte di rappresentanti autorevoli della Comunità nei confronti degli Stati Uniti, seguitano a peggiorare. Ci è dovuto al fatto che gli Stati Uniti i quali dopo le promesse di una riduzione dei tassi, hanno deciso in questi giorni l'aumento del "prima rate", perseguono una politica che punta ad una resa senza condizioni della Comunità europea.
Gli esempi non mancano. Nella nostra Regione discutiamo della situazione della siderurgia, è stato votato in Parlamento un provvedimento legislativo a sostegno di determinate ristrutturazioni; da parte degli Stati Uniti vi è un attacco massiccio alla politica comunitaria in questa direzione, attacco che tende a ridurre ulteriormente le esportazioni dal nostro paese verso gli Stati Uniti.
Situazione analoga l'abbiamo in materia di agricoltura, mentre, in materia di fibre sintetiche, abbiamo gli Stati Uniti che difendono aspramente il proprio vantaggio del doppio prezzo del metano e quindi la loro competitività su scala internazionale.
In sostanza, anche nei rapporti con il partner americano abbiamo l'evidenziarsi non di un processo di cooperazione, ma di un processo di repressione di carattere economico.
E' stato ricordato nell'introduzione del Presidente del Consiglio quanto ha detto Thorn durante la sua visita negli Stati Uniti. Di fronte a questo quadro c'è un'incapacità di agire, si risponde poco e male oltre che lentamente, passando di volta in volta da una guerra del vino a un conflitto per i tacchini e lasciando che i problemi di fondo si aggravino e diventino insolubili.
In sostanza, è sempre più evidente che il nodo per la Comunità e per le sue prospettive è di darsi una strategia globale e un "progetto di Europa" capace di sostituire al vecchio modello di sviluppo degli anni 50/60, di carattere monocentrico, un nuovo modello che veda valorizzata la cooperazione e l'importanza delle diverse economie.
Con questi esempi si intrecciano i nodi politici che sempre più mettono in discussione il ruolo dell'Europa a fronte dell'aggravamento della situazione internazionale, della radicalizzazione dell'urto tra le due superpotenze. L'Europa ancora una volta è messa in una stretta drammatica: non riesce, per le divergenze interne, a giocare la partita che si sta giocando, rinuncia ad assolvere fino in fondo al proprio ruolo autonomo e non riesce ad affermare la propria esistenza oltre che i propri interessi.
Anche questi problemi sollecitano le basi stesse della Comunità europea e le sue prospettive, ponendo esigenze di fondo ormai generalmente riconosciute, anche dal voto del Parlamento europeo. Mi riferisco all'esigenza della rifondazione della Comunità che prenda atto che di fatto i Trattati di Roma, sulla base dei quali la Comunità si è creata, hanno dato tutto quanto potevano dare e oggi rischiano di diventare un impedimento ed un ostacolo agli ulteriori possibili sviluppo della Comunità. Una rifondazione è tanto più necessaria nel momento in cui le tentazioni nazionali diventano sempre più forti in assenza di una strategia globale di risposa alla crisi; una rifondazione che consenta di far procedere il processo di integrazione assumendo fino in fondo la costruzione di un armonico quadro economico, politico e sociale.
Vi è un confronto aperto in Europa e non può essere compito soltanto delle diplomazie dei vari governi il riuscire a comporre questa strategia e le basi stesse della rifondazione dell'Europa. Vi è un ruolo specifico oltre che delle forze politiche, economiche e sociali, delle regioni, del sistema delle autonomie, che va giocato fino in fondo, anche in ragione dei nuovi spazi all'iniziativa delle Regioni, quali quelli illustrati nella relazione e quelli che vengono proposti dal documento della Consulta.
Vi è però un nodo strutturale che andrebbe colto e rimarcato rendendolo più esplicito di quanto non sia nel documento proposto dalla Consulta. Mi riferisco al rapporto strutturale tra le scelte del Piemonte e il contributo che queste scelte possono dare al processo di rifondazione della Comunità europea. Dal tipo di risposta che diamo alla crisi del Piemonte, in stretto rapporto con le scelte nazionali, peraltro non sempre corrispondenti ai nostri orientamenti, può derivare anche un contributo al dibattito in atto anche in Europa tra monetaristi spinti e propositori di un nuovo keynesismo, per individuare le basi di una nuova strategia.
Non è presunzione. E' del tutto ovvio che per quanto possa essere importante, il Piemonte non è certo l'ombelico dell'Europa. Ma se abbiamo consapevolezza che la battaglia per la rifondazione della Comunità non è una battaglia diplomatica, ma deve rappresentare momento mobilitante anche delle comunità locali e del sistema regionale, detti soggetti debbono saper proporre e fare avanzare - partendo dai loro problemi - risposte diverse ed adeguate a livello comunitario.
Richiamo i problemi connessi alla trasformazione dell'apparato produttivo industriale e ad una riconversione e reindustrializzazione, che si caratterizzi in termini di passaggio ad un più alto contenuto tecnico e scientifico rispetto, in particolare, al soddisfacimento dei bisogni collettivi in campò energetico, della casa, dei trasporti. Riconversione e reindustrializzazione che è decisiva per evitare la progressiva emarginazione del nostro paese dalla nuova divisione internazionale del lavoro in atto e per stabilire nuove relazioni con i paesi in via di sviluppo, con i quali il rapporto non può non essere incentrato sul reciproco interesse; ma sono decisive anche per un nuovo rapporto tra lo sviluppo del Piemonte e lo sviluppo del Mezzogiorno per rilanciare la questione meridionale collegata organicamente ai problemi di una ripresa qualificata della nostra economia.
Vi è la necessità di saldare i temi della innovazione tecnologica all'allargamento delle basi produttive nazionali con quei contenuti di ricerca. Sotto questo profilo vanno ripresi gli spazi nuovi aperti dalla recente legge nazionale che stanzia 1700 miliardi per nuovi finanziamenti in materia di ricerca applicata e di fondo rotativo della innovazione tecnologica, legge che apre spazi anche alle iniziative regionali là dove prevede che da parte delle Regioni possono essere avanzati progetti di ricerca finalizzati, finanziarsi sulla base di contratti che le Regioni faranno con eventuali istituti di ricerca, università, politecnico.
Il tema della riconversione e della connessione tra la riconversione e l'esigenza di una gestione democratica dei processi di ristrutturazione industriale, nel senso di fare della scienza e dell'innovazione uno strumento fondamentale per un diverso sviluppo, per produrre una superiore razionalità nella produzione e realizzare una diversa qualità del lavoro e della vita, questa problematica - dicevo - è fondamentale al fine di attrezzare la nostra Regione a svolgere un ruolo di ponte tra l'Europa e il Mezzogiorno, necessario per contribuire a creare le condizioni di uno spostamento verso sud delle linee di sviluppo economico e commerciale dei paesi europei. In questo senso si iscrivono le iniziative ricordate dal compagno Enrietti.
Gli indirizzi di questa maggioranza sono volti a bloccare il degrado ad avviare un nuovo sviluppo e a costruire, in rapporto con le Regioni limitrofe, un sistema infrastrutturale che consenta al Piemonte di essere punto di riferimento degli scambi commerciali tra le aree forti dell'Europa, il Sud e i paesi mediterranei e del Terzo Mondo.
Tutto ciò richiede una riflessione, che tralascio, sul modo attraverso cui queste scelte regionali non restino isolate rispetto a scelte nazionali (che a tutt'oggi non è dato di rilevare) coerenti con una linea volta a cambiare sostanzialmente le scelte di fondo e il modo d'essere della stessa Comunità europea.



PRESIDENTE

Nella conferenza dei Capigruppo, considerata l'importanza di questo dibattito e tenuto conto che il Presidente della Giunta è costretto ad assentarsi per impegni precedentemente assunti, si sarebbe deciso di interrompere questa discussione, per riprenderla il giorno 4 come primo punto all'ordine del giorno, e per stilare un ordine del giorno conclusivo.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati

Esame deliberazione Giunta regionale n. 44-11464: "Fondo sociale di cui al titolo III della legge 27/7/1978, n. 392. Modalità di riparto delle somme per l'anno 1980 e relativo piano di riparto. Impegno di spesa di L. 2.758.911.000 sul cap. 10380. Bilancio anno 1981"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della deliberazione Giunta regionale n. 44-11464: "Fondo sociale di cui al titolo III della legge 27/7/1978, n. 392. Modalità di riparto delle somme per l'anno 1980 e relativo piano di riparto. Impegno di spesa di L. 2.758.911.000 sul cap. 10380. Bilancio anno 1981".
Chiede d'intervenire il Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Siamo d'accordo sul merito della deliberazione. Vorremmo un chiarimento sui motivi di questo notevole ritardo, considerato che lo stanziamento riguarda il bilancio 1981 e che sono fondi del 1980.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore all'assistenza, Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Il ritardo è dovuto soprattutto alla ricerca di nuovi criteri in ordine alla pubblicizzazione e alla distribuzione del contributo sul fondo sociale (praticamente sull'equo canone). Risulta infatti che per l'anno 1979 è stato erogato dai Comuni soltanto il 30% del contributo.
I vecchi criteri di distribuzione erano basati sulle abitazioni, ma quei criteri risalivano al 1971 e, da allora ad oggi nel corso degli anni molti alloggi sono passati di proprietà e di conseguenza quei criteri non erano più attendibili.
I nuovi criteri sono basati sulla popolazione, favoriscono i piccoli comuni e sono stati accolti con soddisfazione e approvati all'unanimità.
Quanto alla pubblicizzazione, devo dire che le circolari e i solleciti relativi a tali contributi sono caduti quasi totalmente nel vuoto, tant'è vero che questo è uno di quei pochi fondi che non trovano tale collocazione.
Abbiamo individuato dei criteri a livello di Regione perché a nostro avviso, a livello comunale, non vi è una sufficiente pubblicizzazione.
Li stiamo puntualizzando in questi giorni in modo che il fondo sull'equo canone trovi un'adeguata distribuzione.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire nuovamente il Consigliere Brizio. Ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo

Riteniamo giusta questa linea ma invitiamo l'Assessore ad una maggiore tempestività per il futuro affinché i Comuni, disponendo dei fondi, possano attivarsi. E' ovvio che il ritardo non giova all'utilità della spesa.
Spesso i fondi non sono stati utilizzati perché le condizioni vi erano.
In talune USL si sono fissati criteri che uscivano dall'impostazione di legge e non hanno dato concreto risultato.
E' nota la scarsità delle risorse, pertanto, quando queste ci sono, è indispensabile metterle tempestivamente in modo in modo che le difficoltà di erogazione e le difficoltà inerenti la pubblicizzazione emergano in tempo utile per poter essere superate.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Ho voluto precisare che, nonostante tutte le sollecitazioni ai Comuni l'erogazione non ha raggiunto nemmeno il 30% del contributo. Ci sembrava assurdo continuare su una strada che non consentiva l'utilizzazione dei fondi. Con l'individuazione dei criteri nuovi riteniamo di aver ovviato a questo problema, visto che non possiamo modificare la legge nazionale.
Potremmo anche proporre una modifica in tal senso.



BRIZIO Gian Paolo

Sarebbe opportuno.



PRESIDENTE

Vi dò lettura della deliberazione: "Il Consiglio regionale vista la deliberazione della Giunta regionale n. 44-11464 del 17 novembre 1981 sentito il parere espresso dalla V Commissione consiliare permanente delibera di approvare i criteri indicati in premessa per il riparto, tra i Comuni interessati, della somma relativa al fondo sociale di cui al titolo III della legge 27 luglio 1978 n. 392 per l'anno 1980, l'effettivo piano di riparto contenuto nell'elenco allegato che fa parte integrante del presente atto deliberativo, nonché le relative modalità di erogazione.
Alla spesa di L. 2.758.911.000 si fa fronte con lo stanziamento di cui al cap. 10380 del bilancio per l'anno 1981 che presenta la necessaria disponibilità (imp. 15453).
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano. La deliberazione è approvata all'unanimità dei 47 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Questioni internazionali

Ordine del giorno sul dibattito sulla situazione nel Salvador


PRESIDENTE

A conclusione del dibattito sulla situazione nel Salvador, svolto nella precedente adunanza consiliare dell'11 febbraio, sono stati presentati quattro ordini del giorno dai Gruppi PDUP, DC, PCI, PSI, PSDI e PLI, PRI.
Sospendo la seduta per alcuni minuti e convoco i Capigruppo al fine di unificare, se possibile, gli ordini del giorno, e per esaminare l'ultimo di questi presentato dal Gruppo PLI, PRI.



(La seduta sospesa alle ore 12,45 riprende alle ore 12,50)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Chiede di intervenire il Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Abbiamo preso visione dell'ordine del giorno presentato dai Gruppi liberale e repubblicano e, poiché esso corrisponde in gran parte alle nostre indicazioni, ritiriamo l'ordine del giorno da noi presentato e faremo convergere i nostri voti su quello PLI, PRI.



PRESIDENTE

Pongo in votazione nell'ordine di presentazione gli ordini del giorno presentati dal PDUP, dai Gruppi PCI - PSI - PSDI e dai Gruppi PLI - PRI.



MONTEFALCHESI Corrado

Su un argomento tanto importante è giusto poter coagulare il massimo di unità. Tra il nostro ordine del giorno a quello presentato dai Gruppi PCI PSI - PSDI c'è una differenza che riteniamo possa essere colmata permettendoci di soprassedere alla messa in votazione del nostro ordine del giorno. La differenza sta nell'opportunità del resto ribadita anche a livello nazionale dai rappresentanti dei Partiti comunista, socialista e socialdemocratico, che venga ritirato l'ambasciatore italiano nel Salvador.
Se l'ordine del giorno sarà integrato con questa precisazione, il nostro Gruppo ritirerà il proprio ordine del giorno e confluirà nel voto sull'ordine del giorno delle forze di sinistra..



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Il Gruppo socialista mantiene il proprio ordine del giorno. Non c'è una preclusione al fatto che venga ritirato o meno l'ambasciatore italiano nel Salvador. Su questo si è già discusso in altre occasioni.
C'è chi ritiene che la presenza di un ambasciatore, anche in uno Stato non democratico, favorisca movimenti democratici e popolari.
Si tratta di dire verbalmente che anche noi siamo perché l'ambasciatore possa essere ritirato e sia mantenuto un incaricato di affari.
Tuttavia su questo ho dei dubbi perché ritengo che la presenza di una nutrita rappresentanza possa favorire quei movimenti democratici interni a cui facevo riferimento.
Comunque, non faccio preclusioni su questo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Siamo d'accordo su questo. Se ne è anche discusso ampiamente alla Camera. Il metodo adottato dal Governo italiano in tutte le occasioni analoghe è sempre stato quello di non rompere i rapporti diplomatici, ma di declassare la rappresentanza diplomatica. Tutti i Paesi del MEC, meno l'Italia, hanno ritirato il loro ambasciatore con segno di protesta e di non condivisione della politica di quel governo, mantenendo però le strutture.
Siamo d'accordo su questa richiesta.



MONTEFALCHESI Corrado

Proponiamo che venga aggiunto alla seconda pagina dell'ordine del giorno, dopo le parole "chiede al Governo" le parole "il ritiro dell'ambasciatore nel Salvador come hanno fatto gli altri Paesi della Comunità europea".



PRESIDENTE

Consigliere Montefalchesi i presentatori dell'ordine del giorno intendono mantenerlo così com'è.



MONTEFALCHESI Corrado

Mi Sembra che entrambi i Gruppi si siano dichiarati disponibili.



VIGLIONE Aldo

Non ho preclusioni a dire che rimanga un incaricato di affari. Per riteniamo l'ordine del giorno presentato.



MONTEFALCHESI Corrado

Prendiamo atto delle dichiarazioni del Capogruppo socialista e del Consigliere Revelli in ordine all'assenso politico e alla necessità di dare un segnale di dissociazione del Governo italiano nei confronti dell'attuale Giunta nel Salvador, però riteniamo che questo non sia sufficiente per il ritiro del nostro ordine del giorno.
Pertanto manteniamo il nostro ordine del giorno e annunciamo che ci asterremo su quello degli altri Gruppi di sinistra.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Bastianini per la presentazione dell'ordine del giorno dei gruppi PLI e PRI.



BASTIANINI Attilio

Spendo poche parole per presentare l'ordine del giorno presentato dal Gruppo repubblicano e dal Gruppo liberale, che ha avuto l'apprezzata adesione da parte della DC.
Questo ordine del giorno riprende i temi dell'intervento svolto dai Gruppi liberale e repubblicano nella passata seduta, intervento che credo meritasse un'interpretazione più benevola di quanto non è stato fatto dal Consigliere Bontempi. Davvero non voleva essere strumentale, ma voleva porsi in posizione di attenta riflessione su un problema che ci tocca umanamente e politicamente.
Quali sono i punti che ci convincono che il nostro ordine del giorno è l'espressione più esatta e più opportuna dell'opinione pubblica italiana? L'ordine del giorno da una parte denuncia con chiarezza come le radici di fondo dello stato di guerriglia nel Salvador debbono essere fatte risalite alle irrisolte ingiustizie sociali a cui il Governo Duarte malgrado un inizio e una prospettiva di azione di riforma, purtroppo non è riuscito dare seguito; ma afferma anche con chiarezza come su questo stato di crisi si siano cumulate delle azioni internazionali ben chiare e ben finalizzate, atte a destabilizzare il quadro latino del centro America.
Dimenticare questo aspetto è un errore.
A noi sembra che l'affermazione del Presidente del Consiglio Spadolini in cui noi ci riconosciamo "non Vietnam, ma non Cuba" sia la posizione più opportuna per il Governo italiano.
Con altrettanta chiarezza l'ordine del giorno esprime il nostro totale dissenso dall'azione del Governo Duarte che in questa fase si caratterizza davvero come strumento delle forze militari e delle oligarchie, e infine esprime il dissenso dall'appoggio che l'amministrazione americana continua a dare all'attuale regime che sembra più orientarsi verso un sostegno ad un governo privo di legittimazione piuttosto che non ad una forza di richiamo della democrazia.
Per questi motivi il nostro ordine del giorno ci sembra più completo: lo votiamo convinti ed esprimeremo voto contrario sugli altri ordini del giorno che ci sembrano meno completi rispetto a quello da noi presentato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Sono d'accordo sulla richiesta di ritiro dell'ambasciatore italiano dal Salvador. Voterò l'ordine del giorno presentato dal Gruppo PDUP e mi asterrò su quello presentato dai Gruppi PCI, PCI e PSDI.



VIGLIONE Aldo

Il Gruppo socialista, confermando di voler mantenere l'ordine del giorno presentato unitamente ai Gruppi comunista e socialdemocratico voterà contro l'ordine del giorno presentato dal PDUP.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

Il gruppo consiliare DC, con l'intervento del collega Devecchi ha dato la propria interpretazione degli eventi drammatici che colpiscono il Salvador. Non abbiamo cercato né di appiattirci in una valutazione ripetitiva del dibattito avvenuto in Parlamento né di rifugiarci in valutazioni miranti a strumentalizzare altre situazioni drammatiche che travagliano il mondo: dal Guatemala, alla Polonia, all'Afghanistan. Abbiamo aderito, non solo formalmente bensì Con convinzione, ancor più rafforzata dopo aver sentito le valutazioni del Consigliere Bastianini, all'ordine del giorno presentato dai Gruppi liberale e repubblicano perché ravvisiamo in esso un giudizio equilibrato.
L'ordine del giorno liberale e repubblicano avrebbe dovuto trovare una maggiore attenzione da parte di altri Gruppi che per l'evoluzione del confronto in atto nel nostro Paese, hanno assunto negli ultimi giorni posizioni politiche che, a nostro parere, sono molto vicine alle nostre valutazioni e indicazioni.
Ci sorprende che nessuna considerazione sia stata data all'ordine del giorno da parte del Gruppo socialdemocratico dopo le dichiarazioni del Segretario nazionale del Partito, on. Longo, rilasciate ieri sera alla TV.
Riconfermiamo quindi la nostra adesione convinta all'ordine del giorno presentato dai gruppi repubblicano e liberale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Il nostro Gruppo ha posto la firma in calce all'ordine del giorno PSI e PSDI perché nella sua sinteticità e stringatezza contiene gli obiettivi politici che a nostro avviso sono prioritari sulla questione del Salvador.
Abbiamo espresso pieno assenso alla richiesta circostanziata e specifica in ordine alla rappresentanza diplomatica.
Nel nostro ordine del giorno c'è una frase: "...iniziativa politica internazionale, collegata ai Paesi europei e nella linea delle risoluzioni assunte dall'ONU" che contiene misure che possono e debbono essere attivate in questo momento.
Il nostro voto è convinto e tiene conto in maniera implicita della questione posta dall'ordine del giorno del PDUP, sul quale ci asterremo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Il gruppo socialdemocratico voterà contro l'ordine del giorno presentato dallo PDUP perché è contrario al ritiro dell'ambasciata da quel paese e mantiene il proprio assenso sull'ordine del giorno firmato dai colleghi socialisti e comunisti.
In riferimento alle dichiarazioni del Consigliere Genovese, il documento che abbiamo firmato la scorsa settimana rappresenta le opinioni espresse dall'Internazionale socialista, che per noi è il punto di riferimento negli atteggiamenti da assumere rispetto alla politica internazionale.
Riconosciamo che l'ordine del giorno proposto dai Gruppi liberale e repubblicano rappresenta un lodevole sforzo e ha degli elementi positivi: non siamo però d'accordo sulla parte che esprime dissenso per le "azioni internazionali finalizzate a destabilizzare il quadro del centro americano e a stabilire ulteriori teste di ponte dell'influenza filosovietica nella zona". Questo punto non ci pare corrispondere a verità rispetto all'azione che i socialdemocratici e i socialisti in quel Paese fanno nei confronti del Governo Duarte.
Siamo d'accordo con Spadolini quando dice: "né Cuba né Vietnam" nel vero senso della parola: certamente non Cuba, ma neanche Vietnam.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Montefalchesi il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte alla luce degli ultimi fatti gravissimi accaduti in queste ultime settimane nel Salvador, quali massacri di cittadini inermi e devastazioni di intere zone del paese ad opera della Giunta civile-militare, guidata dal democristiano Duarte, ed alla luce dei massicci aiuti economici, militari (nuovi armamenti ed ulteriori invii di esperti militari, i famigerati 'Berretti Verdi') offerti dagli Stati Uniti, per stroncare le giuste aspirazioni del popolo salvadoregno considerato che queste iniziative hanno ancora una vola messo in evidenza il vero volto della Giunta guidata da Duarte, che tende a trovare una legittimazione politica con una crudele escalation repressiva e autoritaria, e ad accreditarsi quale rappresentante della politica dell'amministrazione Reagan, con l'obiettivo di debellare dal continente americaano ogni speranza di emancipazione ed autodeterminazione di quei popoli esprime la più netta condanna nei confronti dell'amministrazione americana che, con propri deliberati sta trasformando El Salvador in un nuovo Vietnam.
chiede al Governo italiano, che a differenza degli altri paesi aderenti alla Comunità europea non ha ancora ritirato il proprio ambasciatore da quel paese, permettendo così una parvenza di legalità alla Giunta di Napoleon Duarte, di assumere immediatamente tale decisione.
Il Consiglio regionale del Piemonte impegna il Presidente del Consiglio regionale a trasmettere il presente ordine del giorno al Presidente della Repubblica Sandro Pertini, al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro degli esteri, affinché anche il nostro paese, adotti la decisione di ritirate l'ambasciatore italiano accreditato nel Salvador e, di concerto con gli altri paesi aderenti alla Comunità europea, intervenga opportunamente nei confronti dell'amministrazione americana, al fine di bloccare gli aiuti militari alla Giunta Duarte, esprimere lo sdegno e la condanna delle responsabilità U.S.A. nel Salvador per auspicare e sollecitare al più presto una soluzione politica per il Salvador che ripristini la legalità e le libertà di quel popolo, consentendo così le giuste aspirazioni di autodeterminazione politica e sociale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con il seguente esito: presenti e votanti 47 favorevoli 2 Consiglieri contrari 29 Consiglieri astenuti 16 Consiglieri La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Nel formulare l'ordine del giorno abbiamo tenuto conto della situazione che si è determinata nel Salvador. Vorrei dire ai colleghi della DC, del PRI, del PLI che le forze che combattono contro la Giunta militare nel Salvador sono le stesse forze rappresentate in questo Consiglio regionale.
Le forze socialiste che combattono in Salvador e le forze socialiste del nostro paese non possono essere riferite all'imperialismo sovietico.
Questo i socialisti non possono accoglierlo né qui, né in Francia, n tanto meno in Salvador. L'influenza di Cuba può farsi sentire nell'America latina, qualche infiltrazione può anche esserci, ma le forze dei partiti democratici che combattono contro la Giunta militare non hanno nessuna intenzione di essere la testa di ponte di influenza filosovietica.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire ancora il Consigliere Bastianini. Ne ha facoltà.



BASTIANINI Attilio

Dopo la dichiarazione del Consigliere Viglione, desidero chiarire meglio la nostra posizione.
Nell'ordine del giorno presentato non c'è una parola di dissociazione dalle posizione di resistenza locali.
Nel momento in cui esprimiamo un giudizio su una situazione così complessa come quella del Salvador, possiamo dimenticare che, come è scritto in quest'ordine del giorno, a quello stato di tensione si sommino in modo provato, azioni internazionali atte a destabilizzare il quadro del centro America' Possiamo dimenticare questo aspetto? Secondo noi, no.
Se nell'autonomia socialista si pensa che questo aspetto possa essere dimenticato, non è un dramma che si voti un ordine del giorno per molti versi simile e in disaccordo su un punto.



PRESIDENTE

Ha la parola il Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Tengo a ribadire un fatto.
Le rivoluzioni e le lotte di liberazione hanno esiti sempre molto incerti: partono da certi principi e possono giungere altrove. Non mi pronuncio "ante litteram" sui fatti.
Qui - e lo dico in modo non strumentale - non ho mai accettato che si venisse a dire, come giustificazione dei fatti della Polonia che c'erano degli elementi di turbativa all'interno di Solidarnosc.
Votiamo un documento su dei principi. Il diritto di questi popoli a condurre una lotta di difesa è un dato. Dopodiché non vorrei che si venisse a definire, cosa ingiusta per il movimento per la pace, che lotta per la pace da un lato è considerata come lotta di classe internazionale, come si tenta di far passare da qualche parte dei paesi socialisti, e dall'altro lato come risposta per ristabilire le egemonie dei blocchi.
Non credo che il governo di Mitterand, che aiuta deliberatamente con il voto del parlamento il Nicaragua, possa essere definito un agente del cosiddetto imperialismo sovietico della destabilizzazione.
Sui principi ci si misura. Chi non ha totalmente la forza dei propri principi, già vuol vedere il futuro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gastaldi.



GASTALDI Enrico

Il mio Gruppo non ha niente da aggiungere alle spiegazioni fornite dal collega Bastianini sull'ordine del giorno che ha presentato.
Le precisazioni di Bastianini nel suo secondo intervento mi sembrano chiarire in modo sufficiente quelle parole sulle quali sia il PSDI, sia il collega Viglione hanno dissentito.



PRESIDENTE

Non ci sono altre dichiarazioni, pongo pertanto in votazione gli ordini del giorno, di cui vi dò lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte di fronte alla gravità della situazione nella Repubblica del Salvador che registra una recrudescenza degli scontri tra l'esercito e le formazioni della guerriglia con gravi perdite di vite umane tra la popolazione civile rileva che il permanere di gravi ed irrisolte ingiustizie sociali è la causa prima delle situazioni di guerriglia esprime condanna per un'azione di governo che, condizionata dalle forze militari, sempre più trasforma di fatto l'attuale regime in strumento di ristrette oligarchie rileva che la situazione salvadoreña e le posizioni assunte dall'attuale regime tolgono spazio e disconoscono il ruolo dell'opposizione politica che raccoglie consensi più vasti rispetto ai movimenti di guerriglia esprime dissenso per le azioni internazionali, che sommandosi allo stato di perduranti ingiustizie sociali e alla conseguente guerriglia, sono finalizzate a destabilizzare il quadrante centro-americano e a stabilire ulteriori teste di ponte nell'influenza filosovietica nella zona esprime dissenso per l'appoggio che l'amministrazione americana assicura all'attuale regime, che dà aiuto alla democrazia degeneri a sostegno ad un regime privo di legittimazione popolare ritiene che la soluzione dei problemi del Salvador può essere ricercata solo ripristinando i diritti umani e le libertà democratiche invita il Governo italiano ad una forte iniziativa politica internazionale collegata ai paesi europei e nella linea delle risoluzioni assunte dall'ONU, tale da concretare le condizioni per un ristabilimento della pace interna e per la garanzia di partecipazione di tutte le forze popolari alla rinascita del Salvador".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con il seguente esito: presenti e votanti 47 favorevoli 26 Consiglieri contrari 19 Consiglieri astenuti 2 Consiglieri L'ordine del giorno presentato dai Gruppi PLI e PRI, recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte esprime la propria angoscia di fronte alla tragedia che sconvolge El Salvador e, che ben lungi dall'attenuarsi e dall'evolvere verso una soluzione democratica nel rispetto della volontà dell'eroico popolo salvadoregno, si aggrava sempre più gettando quella parte dell'America centrale in una fosca vicenda di sangue.
Considerato che gli Stati Uniti continuano la loro politica di appoggio alla Giunta con interventi militari e che proprio in questi giorni l'amministrazione Reagan ha confermato l'invio di aiuti militari per oltre 55 milioni di dollari.
Il Consiglio regionale del Piemonte chiede che vengano ripristinate nel Salvador le condizioni essenziali della convivenza civile e rispettati i diritti umani esprime la più ferma condanna per la politica dell'amministrazione Reagan nei confronti di un popolo che lotta per la libertà e la democrazia fa appello a tutte le forze democratiche italiane ed europee perché si impegnino in un'azione di informazione dell'opinione pubblica e di mobilitazione in appoggio all'eroica resistenza del popolo salvadoregno.
chiede ai Governo italiano di mettere in atto immediatamente, come peraltro già sta facendo il Governo francese, una efficace azione politico diplomatica in grado di vincere le enormi resistenze che ancora impediscono l'apertura di un negoziato quale avvio per una soluzione democratica della crisi salvadoregna.
Il Consiglio regionale del Piemonte impegna il Presidente a trasmettere il presente ordine del giorno al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro degli esteri affinché compiano i passi necessari per l'affermarsi della democrazia e della libertà nel Salvador, oggi.soffocate nel sangue".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con il seguente esito: presenti e votanti 47 favorevoli 19 Consiglieri contrari 28 Consiglieri Il Consiglio regionale sarà convocato per i giorni 4 e 5 marzo prossimi.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,20)



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