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Dettaglio seduta n.109 del 27/01/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I verbali delle adunanze consigliari del 14.1.1982, se non vi sono osservazioni, sono approvati.


Argomento: Albo professionale agricolo

Interpellanza dei Consiglieri Revelli, Acotto, Avondo, Bontempi Bruciamacchie, Ferro e Valeri, interrogazione dei Consiglieri Chiabrando Lombardi e Penasso e interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso, tutte riguardanti il Regolamento dell'Albo Professionale degli Imprenditori Agricoli


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze".
Esaminiamo l'interpellanza dei Consiglieri Revelli, Acotto, Avondo Bontempi, Bruciamacchie, Ferro e Valeri; l'interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso e l'interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso, tutte riguardanti il Regolamento dell'Albo Professionale degli Imprenditori Agricoli.
Risponde l'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

E' un argomento che richiederebbe più tempo per la risposta sul quale presenterò una relazione al Consiglio.
Risponderò per prima all'interpellanza dei Consiglieri del Gruppo Liberale i quali chiedono che cosa intendano fare la Giunta e il Consiglio in relazione alle osservazioni della Commissione di Controllo sul regolamento dell'Albo Professionale degli imprenditori agricoli.
La Commissione di Controllo ritiene che il lessico usato nella deliberazione non sia corretto. Ci rimprovera di richiamare continuamente gli articoli di varie leggi. Chiede di fare delle precisazioni al fine di una migliore comprensione del testo oppure di collocare in altre posizioni alcune parti del regolamento.
Per quanto riguarda l'argomento oggetto di discussione, sul quale si è appuntata l'attenzione delle organizzazioni professionali agricole, gli allevamenti senza terra, le osservazioni della Commissione di Controllo reputano estranea alla materia, oggetto di disciplina normativa, la previsione della possibilità di presentazione di istanza di iscrizione all'Albo, anche da parte di chi non sia fornito di tutti i requisiti prescritti, nel caso specifico mancanza della disponibilità foraggera di almeno 1/4 del fabbisogno.
Non avendo ancora avuto tutto gli elementi per risolvere una questione che non trova soddisfazione nella legislazione nazionale, la Giunta aveva risolto il problema in sede di regolamento con l'impegno di riflettere ulteriormente anche in attesa di iniziative legislative di carattere nazionale, quindi l'Albo prevedeva che anche coloro che posseggono allevamenti senza terra potessero presentare la domanda. Successivamente la Giunta avrebbe deciso. Intanto, la presentazione della domanda consentiva un censimento sulla consistenza del fenomeno.
L'altro punto riguarda la posizione della Giunta per superare le obiezioni della Commissione.
In sede di III Commissione è stato formulato il testo del regolamento tenendo conto delle osservazioni della Commissione di controllo.
Rispondo all'interpellanza dei Consiglieri del Gruppo DC. La risposta era pressoché pronta, e precisamente il Presidente del Gruppo socialista un membro della maggioranza, che non era presente in Commissione, ha chiesto che venisse sospesa per una riflessione da parte del suo Gruppo.
Il Presidente della Commissione ha incluso questo argomento all'ordine del giorno e, trattandosi di un problema di maggioranza, chi ha chiesto la sospensione esprimerà le sue ragioni.
Circa lo stato di formazione, dell'Albo professionale comunico quanto segue.
Le domande pervenute erano, all'epoca della preparazione della risposta, 121.285, così ripartite: 12383 per la provincia di Alessandria di cui accettate, istruite, quindi accolte, con brevetto rilasciato 9618 non ci sono stati ricorsi.
Per la provincia di Asti: 13369, brevetti rilasciati 5269, ricorsi pervenuti 26, evasi 17.
Provincia di Cuneo: domande pervenute 52.343, brevetti rilasciati 25761, ricorsi 188, di questi evasi 161; cancellazioni già disposte a seguito di revisione 3.
Provincia di Novara: domande pervenute 6384, brevetti rilasciati 4801 ricorsi pervenuti 1.
Provincia di Torino: 26421 domande pervenute, brevetti rilasciati 7658 ricorsi pervenuti 64, evasi 50.
Provincia di Vercelli: 9926 domande pervenute, brevetti rilasciati 4480, ricorsi 26, evasi 18.
In totale 121.285 domande pervenute, brevetti rilasciati 57.587 ricorsi pervenuti 305, evasi 246, cancellazione a seguito di revisione 3.
In merito alle riserve per una verifica selettiva della qualifica professionale agricola in favore degli autentici coltivatori diretti, si ritiene che il nuovo regolamento fissi parametri e limiti allo scopo di offrire alle Commissioni provinciali dell'Albo maggiori regole e possibilità di svolgere le varie operazioni con la maggior obiettività e correttezza possibile.
Con riferimento all'interpellanza dei Consiglieri Revelli, Acotto Avondo, Bontempi, Bruciamacchie, Ferro e Valeri, circa i punti a) e b) ho già risposto con quanto ho detto in riferimento all'interpellanza dei colleghi liberali.
Aggiungo che il giudizio sull'attendibilità degli iscritti all'Albo pu essere positivo se alle Commissioni stesse verranno forniti i criteri e i parametri oggettivi di cui ho detto prima. Gli elementi fondamentali sono stati individuati nella proposta di deliberazione. Comunque, a maggiore garanzia degli interpellanti, avvieremo un'indagine a campione e la Giunta riferirà in Commissione e in Consiglio per poter poi adottare i provvedimenti che saranno necessari.
Per quanto riguarda la modifica della legge 27/75 e il conseguente regolamento, va tenuto presente che si sono imposti all'attenzione della Giunta, della Commissione e del Consiglio la constatazione di una diversità di criteri e di metodi adottati dalle Commissioni provinciali per l'Albo degli imprenditori.
Si era riscontrata, da parte di un certo numero di Commissioni, rigore e selettività,da parte di altre, invece, anche perché la legge e quindi il regolamento iniziali lo consentivano, il semplice trapasso degli iscritti al Servizio Contributi Unificati (SCAV).
Quando avviammo la modifica del regolamento, ci fu anche chi in Commissione sostenne che non si doveva fare nulla e che il passaggio all'Albo era legittimo.
Da accertamenti effettuati è risultato che numerose persone iscritte allo Scav non sono risultate in possesso dei requisiti per l'iscrizione all'Albo degli imprenditori agricoli, per cui abbiamo reputato che il passaggio automatico non è corretto.
La maggiore facilità ad ottenere la licenza edilizia da parte di chi è in possesso del brevetto di imprenditore agricolo è un fatto che non deriva dalla legge istitutiva dell'Albo professionale agricolo o dal regolamento ma dalla legislazione urbanistica nazionale e regionale e dalle circolari applicative della legge urbanistica.
Nelle leggi regionale e nazionale si fa riferimento all'imprenditore agricolo; la circolare di applicazione della legge urbanistica ha individuato l'Albo come sistema pratico per definire l'imprenditore. Di qui è nata una spinta per essere iscritti all'Albo.
Per tranquillità e sicurezza di tutti si impone quella verifica che ci sia un'idea precisa della situazione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Mi dichiaro soddisfatto delle argomentazioni che l'Assessore ha portato soprattutto per le considerazioni in riferimento alla circolare dell'Assessorato sull'urbanistica che di fatto spingeva in una certa direzione e rendeva appetibile per taluni operatori essere iscritti all'Albo. Mi dichiaro anche soddisfatto per quanto riguarda l'impegno che l'Assessorato ha assunto in riferimento all'indagine che si vuole compiere.
Le cifre comunicate dall'Assessore richiedono una riflessione.
Risulta che le domande accolte sono attorno al 50 % nelle singole province. Le rimanenti domande non sono ancora state esaminate, le pratiche sono in via di perfezionamento, per cui la percentuale esatta delle domande respinte è difficile da calcolare. Per esempio nella provincia di Cuneo ci risulta che ci sono 1400 domande respinte di coltivatori diretti e 8 domande respinte di conduttori. E' vero che sono stati adottati nelle singole province criteri e metodi diversi. Si riconosce che nella provincia di Cuneo si è operato in modo più serio che altrove.
In altre province c'è stato il passaggio automatico dallo Scav all'Albo, quindi è chiaro che una verifica deve essere fatta. Raccomanderei che nell'indagine a campione che si intende compiere siano individuati alcuni Comuni emblematici, per esempio il comune di Narzole Cavallerleone.
Sempre nella provincia di Cuneo una cinquantina di Comuni non hanno ancora comunicato alla Commissione provinciale gli elementi, quindi siamo in una situazione in cui le situazioni debbono essere chiarite.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Turbiglio.



TURBIGLIO Antonio

Il. Gruppo Liberale ha presentato un'interrogazione per avere delle informazioni e l'Assessore ha dato l'informazione che era in grado di dare ma che non è definitiva perché è in attesa delle proposte che devono venire da una parte della maggioranza.
Sollecitiamo l'Assessore affinché si faccia promotore di queste proposte in modo che in Commissione si possa andare avanti nei lavori.
Rileviamo soprattutto che c'è una diversità enorme tra provincia e provincia nelle verifiche selettive, il che non è assolutamente accettabile e mette in cattiva luce il lavoro della Regione e soprattutto l'autorità regionale che dovrebbe saper proporre leggi e regolamenti uguali per tutti.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Non so come il collega Ferro abbia potuto dichiararsi soddisfatto.
L'Assessore in realtà non ha sciolto le riserve della maggioranza.
Questo è un fatto molto grave. Domani se il Partito socialista scioglierà i dubbi, mi dichiarerò soddisfatto, o meno.
Chi ha in prima persona bloccato questo iter non si rende conto della gravità della situazione esistente nella Regione.
L'Albo professionale agricolo in un primo tempo ha creato delle aspettative, qualcuno ha detto che era superato, oggi è molto più importante di quanto in passato non avessimo tutti creduto: dalla qualifica degli imprenditori agricoli dipendono tante questioni, credito, fisco previdenza, regime contrattuale e in ultimo il settore più importante che è l'edilizia. Tutte queste attività, dipendono dalla qualifica degli imprenditori agricoli. Oggi queste quali fiche sono riconosciute e date con sistemi diversi, con discordanze enormi tra un ufficio e l'altro. Bisogna fare chiarezza, pulizia, bisogna definire in modo chiaro la qualifica dell'operatore agricolo con uno strumento unico che, secondo noi, è l'Albo professionale.
I sindaci del Piemonte rilasciano le concessioni in una situazione precaria. La legge statale 10 stabilisce che gli imprenditori agricoli a titolo principale, ai sensi della legge comunitaria, hanno diritto alle concessioni. Ora le qualifiche non sono riconosciute ai sensi di quella legge. Ci sono dei problemi gravissimi che potrebbero far precipitare tutta la situazione in Piemonte.
La Giunta non si rende conto della gravità delle sentenze, che hanno dichiarato decadute le concessioni edilizie in mancanza di questo strumento.
La deliberazione che abbiamo approvato fa riferimento a un regolamento provvisorio il quale non si richiama né alla legge 10, né alla legge 153 quindi queste concessioni sono illegittime come il Tar ha dichiarato.
Auspico che il Capogruppo socialista domani sciolga le riserve in modo che si possa procedere e arrivare alla conclusione del documento con la trasmissione al Consiglio.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Artigianato

Interrogazione del Consigliere Bontempi inerente l'ultimazione di fabbricati industriali ad uso artigianale nei Comuni di Santena e di Poirino


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Bontempi inerente l'ultimazione di fabbricati industriali ad uso artigianale nei Comuni di Santena e di Poirino.
Risponde l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore all'urbanistica

L'interrogazione del Consigliere Bontempi fa riferimento a questioni sorte nei Comuni di Santena e di Poirino che corrispondono a tre fattispecie distinte.
Il primo ordine di problemi è relativo a due esposti che lamentano il rilascio di 11 concessioni nel Comune di Santena in violazione dell'art. 35 della legge 56 in quanto in contrasto con la variante al PDF e con il PPA adottato contestualmente. La vigilanza urbanistica attivatasi in seguito a tali esposti ha effettuato un sopralluogo il 2/12/1980 a seguito del quale l'Assessorato all'urbanistica invita il Sindaco ad avvalersi dei poteri di autotutela in ordine alle concessioni indicate e nello stesso tempo comunicava all'autorità giudiziaria le risultanze di tale sopralluogo. Il comune di Santena in un primo momento veramente non prendeva provvedimenti ma con una nota successiva del 31.3.1981, annunciava la sospensione dei lavori. Senonché i privati, adito il Tar, ottenevano la sospensione del provvedimento comunale in data 17.3.1981. Tuttavia l'Assessorato all'urbanistica, preso atto della comunicazione del Comune relativa alla sospensione disposta dal Tar, riaffermava la necessità di provvedimenti definitivi di sanzione, comunicando al Sindaco di annullare le concessioni medesime, anche in pendenza del provvedimento presso il Tar. Allo stato attuale l'amministrazione comunale non ha adempiuto a tale ulteriore richiesta. Rinnoveremo l'invito.
La seconda questione è relativa ad un esposto che l'amministrazione comunale di Poirino ha fatto nei confronti dell'amministrazione di Santena.
Il 21.1.1981 l'amministrazione di Pralormo segnalava l'esistenza di edificazione ad uso artigianale in prossimità della statale 29 tra Santena e Poirino. Si affermava che tali costruzioni sarebbero illegittime in quanto insistevano su una zona con una naturale destinazione agricola.
Anche in questo caso l'Assessorato all'urbanistica ha invitato il Sindaco ad avvalersi dei poteri di autotutela con riferimento a 5 costruzioni che sulla base del sopralluogo, si sono rilevate in violazione non tanto per una pretesa illegittimità rispetto alle destinazioni di zona, in quanto secondo il regolamento edilizio annesso al PDF vigente, la zona è relativa all'industria.
L'illegittimità invece consiste nel fatto che si è violata la legge 56 in quanto si sono rilasciate varianti a licenze precedenti in palese contrasto con l'art. 85.
Anche in questo caso si è inviata nota all'autorità giudiziaria. Il Comune di Santena, peraltro, in data 22.12.1981, comunicava che la Commissione comunale edilizia, confortata da un parere espressamente richiesto al consulente del Comune, non aveva ritenuto di provvedere in sede di autotutela in quanto il parere del consulente legale del Comune era nel senso della legittimità di tali concessioni.
Questa comunicazione del Comune è in data 22.12.1981. L'abbiamo all'esame in questi giorni e stiamo studiando se non vi siano gli elementi per procedere ad un annullamento di ufficio.
Ancora più grave è la terza situazione relativa al comune di Poirino nel quale, come rivela un esposto del Comune di Pralormo, vi è l'insediamento di edifici ad uso artigianale in prossimità della statale 29.
In tale zona vi è una serie di insediamenti che hanno una serie di illegittimità assai gravi che vanno dal rilascio di varianti a licenze originarie scadute (è il caso rilevato a Santena) a mancata comunicazione di inizio lavori, a conteggio di lotti già utilizzati per la concessione di precedenti licenze ad abusive trasformazioni di destinazione d'uso da industriali, a residenziali, a maggior volumetria rispetto alla perimetrazione, al mancato rispetto delle distanze dalla statale, al rilascio di concessioni con vincoli di terreni appartenenti al comune di Pralormo. In qualche caso il Comune ha provveduto a sospensioni di lavori abusivi, ma in alcuni casi queste rilevanti e macroscopiche illegittimità non sono state sanzionate. Poiché il Comune non ha risposto alla contestazione inviata in data 13.10.1981, contemporaneamente la stessa nota è stata inviata al Pretore secondo una prassi consolidata, stiamo verificando l'ipotesi di annullamento che, in base all'istruttoria già esperita, per alcuni casi potrebbe essere fondatamente motivata.
Procederemo in qualche caso all'annullamento d'ufficio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Prendo la parola per ringraziare l'Assessore della risposta che è documentata e precisa e per fare un ragionamento che mi sembra peraltro sotteso alle dichiarazioni dell'Assessore.
Credo che l'istituzione regionale debba preoccuparsi dei casi i cui comportamenti di altre amministrazioni portano a risultati che rischiano di vanificare qualsiasi possibilità di programmazione democratica.
Sappiamo per altre esperienze che abbiamo vissuto che sono insediamenti che nascono all'insegna del produttivo, ma che poi di produttivo hanno poco o nulla. Molto spesso sono accaparramenti di terreno che condizionano e inficiano gravemente le possibilità di programmazione del territorio. Vi è poi una considerazione di carattere generale sulle credibilità delle istituzioni, di quella regionale soprattutto che emana le leggi, le circolari attuative e che è tenuta a far rispettare le norme.
Mi risulta che anche a Santena ci siano due casi di cambiamento di destinazione. Invito l'Assessore a fare un accertamento ulteriore anche sulla base di dati di cui cercherò di entrare in possesso e che fornirò.
Invito l'Assessore a procedere celermente, pena il decorso di certi termini prescritti e soprattutto una crescente non credibilità dell'azione dell'istituzione regionale.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interrogazione del Consigliere Astengo inerente il decreto legge del Ministro Nicolazzi relativo al rilascio di licenze edilizie


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Astengo inerente il decreto legge del Ministro Nicolazzi relativo al rilascio di licenze edilizie.
Risponde l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore all'urbanistica

Con riferimento all'emanazione del decreto Nicolazzi, le Regioni si sono attivate con una serie di riunioni a livello di Assessori e di tecnici per predisporre alcuni emendamenti al decreto stesso e che hanno tramesso Commissione LL.PP. della Camera.
Le Regioni, tranne l'Emilia-Romagna, che ha impugnato il decreto per incostituzionalità, hanno scelto la strada della proposizione di emendamenti ritenendo che la strada dell'impugnativa avanti la Corte Costituzionale avrebbe avuto un valore pressoché simbolico visto che il decreto si sarebbe comunque modificato, e che quindi sarebbe cessata la ragione del contendere in termini di diritto visto che il provvedimento comunque sarebbe stato un altro. In effetti così è stato.
Si è pensato di fare una battaglia di bandiera lavorando sugli emendamenti, investendo alcuni punti del decreto importanti che sinteticamente richiamo. Innanzitutto si è ritenuto che una norma nazionale dovrebbe essere una norma di principi, quindi non dovrebbe contenere prescrizioni di dettaglio che invece sono rimesse alla competenza delle Regioni, come stabilisce l'art. 117 della Costituzione.
Gli emendamenti si riferiscono agli artt. 6, 7, 8 e hanno proposto degli emendamenti aggiuntivi 6/6bis, 7/7 bis e 8/8 bis.
Il primo è un articolo di principi, il secondo articolo prevede norme transitorie in assenza di leggi regionali che dovrebbero avere valore fino a che le Regioni non emaneranno leggi che recepiscano le indicazioni dei principi.
Nel merito dei singoli articoli le Regioni ribadivano la necessità di riaffermate la valenza del programma pluriennale di attuazione, previsto dall'art. 6, quindi l'inopportunità di prevedere delle deroghe al sistema di generale utilizzo di questo strumento, prevedendo semmai come principi generali una maggiore snellezza operativa dello strumento medesimo e quindi immaginandone un possibile aggiornamento annuale, immaginandone una possibile approvazione del Consiglio comunale contestuale all'approvazione del bilancio di previsione da parte dei Comuni, ed eventualmente consentendo interventi in via d'urgenza anche per interventi non previsti dal PPA o su aree non comprese nel PPA, soltanto in alcuni casi ben determinati quali quelli diretti al recupero del patrimonio edilizio esistente, ai sensi dell'art. 31 della 457, gli interventi attuativi di piani di zona vigenti o di programmi costruttivi approvati ai sensi dell'art. 51 della legge 865, gli interventi che fossero conformi ad un PPA adottato e non ancora approvato.
In relazione all'art. 7, la normativa di principio dovrebbe ribadire che lo svolgimento dell'attività di trasformazione urbanistica del territorio è sempre subordinata alla concessione.
Le opere non rilevanti ai fini della trasformazione urbanistica e cioè le straordinarie manutenzioni, gli adeguamenti o le opere più minute, come le opere di natura statica, igienica, tecnologica, funzionale che non comporti l'aumento della superficie lorda di pavimento potrebbero essere assentite con l'autorizzazione o, per quelle di minore entità, senza un provvedimento formale dell'amministrazione ma con semplice comunicazione della loro effettuazione da parte dei tecnici abilitati.
Questo è per affrontare uno dei nodi del decreto quello cioè della lunghezza dei tempi e dell'onere di lavoro degli uffici comunali, non riducendo il controllo sugli elementi fondamentali dell'attività comunale riducendolo o eliminandolo per quelle opere minute che sono irrilevanti al fine della trasformazione urbanistica.
Quindi, prevedendo un regime di distinzione, che ribadisce in modo ancora più marcato della legge 10, che tutte le opere di trasformazione urbanistica, anche se non comportino trasformazione edilizia, ma mutamento nella destinazione d'uso, quindi cambiando i pesi urbanizzativi devono essere oggetto di concessione onerosa.
Per quanto riguarda l'art. 8, le norme di principi danno delle indicazioni intese ad accelerare i tempi e le procedure di formazione degli strumenti urbanistici e prevedono la possibilità dell'introduzione del silenzio-assenso da parte delle leggi regionali. Si dice testualmente: "le leggi regionali devono stabilire i limiti entro i quali la Regione deve esercitare eventuali poteri sostitutivi prevedendo e disciplinando altresì la formazione del silenzio-assenso nei vari casi".
Questi emendamenti sono stati sottoposti alla Commissione LL.PP. prima di Natale, e non sono stati oggetto di esame del primo decreto.
Stamani è uscito il secondo decreto e dovremmo esaminarlo attentamente per capire in che misura le posizioni regionali sono state introdotte.
E' stata fortemente contestata la norma di cui al punto d) dell'art. 7 che prevedeva la possibilità di non sottoporre ad autorizzazione la modifica delle destinazioni d'uso degli immobili che non comportava trasformazione degli immobili stessi.
Questa norma non è più contenuta nel nuovo decreto.
Nel momento in cui le Commissioni LL.PP. della Camera e del Senato esamineranno il secondo decreto e quindi le posizioni delle Regioni converrà dibattere in Commissione o in aula di Consiglio le posizioni del decreto e le posizioni dei vari Gruppi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Astengo.



ASTENGO Giovanni

Apprendo dalle dichiarazioni dell'Assessore Simonelli che le Regioni sono state attivate secondo una tradizione che durante la passata legislatura si era ampiamente consolidata per la stesura di documenti orientativi e tendenti alla omogeneità e in alcuni casi all'unanimità.
Questo è un fatto positivo. E' strano che la risposta dell'Assessore avvenga oggi a decreto caduto, mentre, se fosse stata fatta più tempestivamente questi punti avrebbero potuto essere oggetto di discussione, nella sede della II Commissione che è abilitata a questi argomenti e che attendeva di avere informazione al riguardo, ma l'informazione su questi punti è soprattutto per il Paese importante.
Il Decreto Nicolazzi è caduto non solo perché le Regioni hanno inviato degli emendamenti, perché l'ANCI le associazioni culturali hanno promosso una vera e propria ondata di critiche a quel decreto. Ho partecipato personalmente ad alcune tavole rotonde e devo dire che le argomentazioni presentate da varie parti politiche e da varie competenze tecniche giuridiche, economiche sono state estremamente rilevanti. Si sarebbe potuto tener conto anche di questo quadro complessivo di movimento di opinione pubblica nell'ambito della traduzione delle attività regionali istituzionalmente abilitate ad essere consultate.
Nella mia interrogazione chiedevo come mai la tradizione di consultare preventivamente le Regioni era stata istituita dal Ministro Stammati e successivamente onorata dal Ministro Campagna sia caduta nel nulla e chiedo che l'Assessore e la Giunta pongano con fermezza l'esigenza che questa tradizione sia riattivata.
Quando l'Assessore trii darà queste indicazioni le leggerò con interesse e le confronterò con il nuovo testo del decreto che mi auguro migliorativo.
Alcune osservazioni sono tuttavia da fare, anzitutto sul problema dell'importanza dei programmi pluriennali di attuazione. Prendo atto che le Regioni ne abbiamo riaffermato la validità. Questo era il risultato di una serie di riunioni e di un documento orientativo delle Regioni al riguardo.
E' quindi logico che le Regioni riaffermassero questa validità.
E' una validità che dovrebbe essere esplorata fino in fondo, non soltanto ai fini di legittimità ma per le conseguenze di carattere economico finanziario e infrastrutturale che ogni opera con sé, la cui introduzione del programma comporta un ragionamento generale sulle infrastrutture da predisporre e sulle provvidenze da assumere da parte del Comune e da parte della Regione, mentre l'esclusione comporta lo squilibrio interno in questo quadro e in questo bilancio finanziario.
Se questo atteggiamento è stato riconfermato, pregherei l'Assessore di essere coerente con questo principio e di rivedere le proposte di modifica della legge 56 che tenderebbero vanificare questo principio per i Comuni al di sotto dei 5000 abitanti attraverso tante clausole abbastanza curiose.
Si ripensi sul decreto Nicolazzi, si ripensi che sulle proposte che sono state presentate, che avrebbero delle conseguenze dirette a vanificare quella coerenza finanziaria ed urbanistica che nei programmi pluriennali di attuazione la legge 10 ha impostato, che le Regioni più solerti hanno attuato e che Comuni più seri hanno verificato essere estremamente importanti.
La Regione Piemonte è stata antisignana perché abbiamo introdotto l'autorizzazione per la manutenzione ordinaria e l'abbiamo riaffermata per la manutenzione straordinaria. Possiamo dire con tutta tranquillità di aver preceduto problemi che altre Regioni non avvertivano.
Mi auguro che nella fase successiva, le Regioni come le associazioni dei Comuni, come le varie associazioni culturali portino ad un chiarimento definitivo sulla materia.
Ma, mi consenta ancora il Presidente, una sola osservazione.
Occorrerebbe fosse chiaro che non sono gli episodi finali, il momento finale del rilascio della concessione e dell'autorizzazione ad accelerare il processo di formazione della pianificazione e la sua fase concreta dell'edificazione. Sono da rimuovere gli ostacoli a monte e lo Stato deve prendersi carico di rimuoverli.
Non possono essere le Regioni soltanto a rimuoverli, dalla cartografia di base, alla formazione di uffici di pianificazione, cioè bisogna provvedere a quel complesso di provvidenze che, solo se saranno attuate potranno garantire un processo rapido nella formazione dei piani e un processo altrettanto rapido nel rilascio delle concessioni o delle autorizzazioni.
Penso che un dibattito e uno studio di questo argomento in sede di Commissione potrà dare elementi per far uscire i problemi dalla miopia del decreto Nicolazzi e per aprire ad un discorso più ampio che investa le responsabilità dello Stato oltreché le responsabilità dei Comuni.
Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Picco inerente i danni causati dall'incendio al Laboratorio Cartografico regionale


PRESIDENTE

Procediamo all'interrogazione del Consigliere Picco inerente i danni causati dall'incendio al Laboratorio Cartografico regionale.
Risponde l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al coordinamento interventi calamità naturali

In ordine al primo punto dell'interrogazione relativo ai danni che l'incendio del 7 ottobre ha causato, mi richiamo alla stima redatta a norma di legge dal Direttore lavori che evidenzia un complesso di danni pari a 547 milioni e 630 mila lire al primo lotto, quelli al secondo lotto e quelli indotti. L'incendio ha coinvolto la cabina di controllo e di vigilanza la bussola antirapina interessando i quadri di comando generale dell'alimentazione elettrica dell'illuminazione e della forza motrice ed ha coinvolto i reparti adiacenti non tanto per il diretto intervento del fuoco quanto per la diffusione di polvere.
Le vetrate non sono rotte ma insudiciate dalla patina conseguita all'incendio, mentre gli altri reparti presentano depositi di fuliggine ma in quantità meno rilevante. Il piano superiore non è stato interessato dall'incendio.
E' stata redatta,richiesta dall'amministrazione, una perizia per il parziale ripristino che prevede modifiche tecniche all'accesso ai locali la modifica dell'impostazione di alcune cabine, l'eliminazione di alcuni apparati distrutti, per esempio, dell'impianto ricerca persone.
Cercando di evidenziare quelle opere assolutamente urgenti ed indispensabili che consentirebbero la rimessa in funzione del laboratorio la perizia ammonta complessivamente ad un onere di 285 milioni e 628 mila lire ha fatto oggetto di una delibera di affidamento lavori.
I danni alle macchine sono difficilmente quantificabili in quanto non si è in grado di capire quanto sia rimasto lesionato in modo consistente e quanto invece sia stato soltanto interessato dalla sedimentazione di fuliggine e di altro materiale.
E' necessario procedere innanzitutto alla pulizia dei locali e delle macchine per arrestare l'azione corrosiva dei depositi che, ove protratta potrebbe compromettere la funzionalità delle apparecchiature.
Queste fasi, oggetto di un'altra deliberazione, comportano un onere complessivo di 320 milioni più IVA.
Solo dopo un mese dall'effettuazione dell'operazione di pulitura delle scorie sarà possibile riassemblando le macchine, sostituendo le parti danneggiate, cadendo prove di funzionamento, conoscere l'entità del danno alle apparecchiature.
Non è stato possibile accertare le condizioni in cui si è sviluppato l'incendio.
La Giunta ha contestato la responsabilità al soggetto giuridicamente concessionario dei locali in quanto essendosi l'incendio sviluppato dal basso si può presumere che abbia avuto sede nei locali usati dal BIT sottostanti al Laboratorio cartografico.
E' stata inviata una lettera con richiesta di risarcimento danni.
L'immobile è di proprietà dello Stato il quale lo ha dato in concessione al Comune di Torino, il quale a sua volta lo ha dato in uso al Centro di perfezionamento professionale.
La Regione ha stipulato con il Centro internazionale di perfezionamento professionale un contratto di comodato che regola i rapporti relativamente ai locali del Palazzo del lavoro e delle 12 palazzine in corso Unità d'Italia.
Sono a carico del BIT le spese per forniture di acqua, energia riscaldamento, portineria, manutenzione, assicurazioni. La Regione riconosce un rimborso di queste spese nella misura di 150 milioni annui e ha disciplinato, con il contratto di comodo e con una deliberazione successivamente adottata dalla Giunta il rimborso di questa somma attraverso tranches in parte ricadenti sul bilancio '79 (900 milioni) e in parte sul bilancio 1983 (300 milioni).
Il comodato ha una durata di 6 anni.
Non esiste una copertura assicurativa da parte della Regione sugli impianti ma solo questa clausola del comodato che pone a carico del BIT gli oneri di assicurazione.
L'inventario delle apparecchiature comprende; un raddrizzatore Wild, un sistema Farstrak, uno stereoscopio a specchi, un diligizatore Cartoskan due stereorestitutori Kern, due stereorestitutori delle officine Galileo, 1 sistema ortofoto Topocart dell'ottica Iena, un plotter veloce della Conswelt, un puntinatore e 3 stereorestitutori della Wild, un plotter della Conselt, un computer D.P.11, 60 della Digital, uno stereo cartografo digitale delle officine Galileo per un importo complessivo di L.
2.472.404.000.
C'è poi un inventario degli impianti e degli arredi compreso anche i mobili e il materiale d'uso (di cui posso fornire copia) è stato esatto dire che uno dei due impianti di segnalazione antincendio non ha funzionato e non si conosce il motivo.
I lavori sono stati affidati alla ditta Juppiter che ha costruito il primo e il secondo lotto dell'impianto. L'incarico di direzione lavori è stato affidato agli architetti Domenico Mattia e Bruno Priante.
I primi interventi di pulizia e di verifica sulle apparecchiature sono stati affidati alla ditta Concor, indicata dalle ditte produttrici delle macchine come esclusivista per la manutenzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signori Consiglieri, alle formali accettazioni e prese d'atto dalle risposte fornite dall'Assessore, il sottoscritto si limiterà a verificare in questa replica le informazioni fornite al Consiglio, rispetto a quelle che, il sottoscritto ed altri colleghi, hanno acquisito su questa delicata vicenda. Penso che se i colleghi avessero modo di prendere atto dello squallido scenario di accelerata obsolescenza che si presenta agli occhi di coloro che accedono a quei locali e dello stato delle costosissime strutture tecnologiche relegate all'inutilizzazione ormai da tre anni ed oggi danneggiate da questo strano incendio, avrebbero evidenziate le preoccupazioni che andrò rilevando gli interrogativi che rimangono aperti e la grande rilevanza del danno che non può essere relegata ad aspetti di mera informazione, quindi di fatalità.
Siamo di fronte ad un consistente investimento sul quale le forze politiche si sono collocate articolatamente, certo con molte differenziazioni, e siamo di fronte ad un'esigenza di critiche rispetto a ciò che dobbiamo continuare a gestire per una serie di impostazioni, che abbiamo denunciato sbagliate e che in parte hanno dei risvolti in termini gestionali e in termini operativi che l'incendio ha solo in parte evidenziato nella loro gravità.
Incominciamo dagli aspetti più propriamente patrimoniali, quelli che tra l'altro sono oggetto di maggiori preoccupazioni anche per quanto riguarda i rapporti con il BIT. L'Assessorato al patrimonio ha denunciato l'incendio invitando l'amministrazione del BIT a voler risarcire la somma indicata in lire 300 milioni, tra l'altro del tutto insufficiente in quanto la Giunta ha già assunto provvedimenti deliberativi per circa 600 milioni per delle opere che, tra l'altro, non sono nemmeno completamente necessarie per riportare in pristino le strutture.
A fronte di quella richiesta, il BIT ha fatto presente che in base alla convenzione stipulata con l'amministrazione regionale il Centro è obbligato all'assicurazione dei beni che hanno formato oggetto del comodato alla data della stipula del medesimo e non anche di quanto codesta amministrazione ha costruito nel Palazzo del Lavoro.
Siamo di fronte ad una paradossale situazione di sostanziale inadempienza anche rispetto al comodato.
L'art. 4 del comodato stabiliva che il domodatario non può arrecare innovazioni o trasformazioni che non siano state autorizzate per iscritto dal BIT.
A parte il fatto che queste informazioni e questi usi dovrebbero essere stati tutti quanti motivati da usi pubblici e sociali, sulla cui effettiva rispondenza in termini di strutture, che sono destinate ad essere spostate all'amministrazione di una S.p.A. sia pure a capitale pubblico c'è da discutere molto.
Approfondiremo in una seconda fase le critiche che intendiamo svolgere sul tipo di appalto a vita dei lavori ad una sola società la quale continua a perversare sia per quanto attiene alle manutenzioni, sia per quanto attiene ad un rapporto fiduciario di assistenza con l'amministrazione regionale.
Siamo di fronte ad un investimento che nella prima fase, che occupa un terzo dell'area, è pari a 3 miliardi e 124 milioni per investimenti e a circa 200 milioni per manutenzione di strutture di fatto inoperanti da tre anni.
L'investimento poi si accresce con le cifre che ha fornito l'Assessore di altri due miliardi e mezzo che probabilmente non sono aggiornati perch non tutti i collaudi sono completi e non tutti i costi sono aggiornati quindi, la totalità degli investimenti oggi supera la cifra di 6 miliardi.
Ci chiediamo come la Giunta voglia continuare a assumere una posizione di difesa d'ufficio.
La risposta dell'Assessore ha tradito un certo imbarazzo pensando che a circa un anno dall'approvazione della legge sull'Istituto cartografico regionale non è ancora successo nulla né in termini di attuazione di nuove strutture amministrative né in termini di predisposizione della struttura del personale.
Il sopralluogo che ho avuto la fortuna di fare, e che spero anche altri colleghi possano compiere, accerta che il personale addetto al Laboratorio cartografico regionale dovrebbe pur essere presente almeno per provvedere all'ordinaria custodia delle strutture o per tentare di renderle operanti che invece oggi sono relegate ad una obsolescenza che non sappiamo quali tipi di risoluzioni definitive comporterà.
Signor Assessore, l'insoddisfazione della sua risposta nasce dall'esigenza di un'ulteriore fase di approfondimenti, di chiarimenti, sia per quanto riguarda i rapporti con gli enti istituzionalmente preposti sul piano patrimoniale e per la gestione di queste strutture, sia per quanto attiene alla responsabilità amministrativa.
La mancanza di una copertura assicurativa è paradossale. Si sa benissimo che alcune macchine erano già di proprietà della Regione, quindi è impensabile che la loro copertura assicurativa fosse invocata solo in funzione dell'ubicazione temporanea assunta al momento in cui furono trasportate nel palazzo del BIT.
Ci sono necessità di approfondire le procedure della gestione.
Scopriamo dagli atti, cosa inaudita e mai successa in tutta l'attività dell'amministrazione regionale, che un Assessorato disponeva del conto bancario n. 300.003 che doveva consentire l'erogazione a fatture degli stanziamenti predisposti. Mi chiedo se altri Assessori qui presenti hanno a loro disposizione un conto bancario per erogare pagamenti in ordine alle strutture di attrezzature che tra l'altro, sono gestite sul piano patrimoniale e amministrativo, da altri uffici e da altre strutture.
Non credo che l'episodio possa essere ritenuto normativamente corretto e quindi non suscettibile di controllo da parte del Consiglio regionale.
Fino a che punto la continua erogazione di investimenti può essere fatta in presenza, peraltro, di decisioni sul piano politico locale di utilizzazione di quella struttura del tutto distorcenti rispetto all'esigenza del BIT? L'incendio ha manifestato di fatto come nonostante la presenza di apparecchiature antincendio di alta specializzazione non sia possibile gestire un'altra attività tecnologica specializzata in presenza di mostre mercato, di biblioteche, di centri di formazione professionale rotanti in una successione caotica.
Ho appreso dal Sindaco di Torino che nel Palazzo si dovrebbe tenere l'assemblea del 1983 degli Stati Generali quindi, sarà necessaria la predisposizione e la trasformazione del grande vuoto dell'area centrale di Palazzo Nervi per ospitare 6000 persone. Fino a che punto questo può essere compatibile con la presenza di un'attrezzatura tecnologicamente avanzata e che richiede quelle attenzioni a tutti note per tutte le implicazioni operative e gestionali che possono comportare? Il problema dell'incendio presenta dei lati quanto mai oscuri.
Non ho sentito dire dall'Assessore fino a che punto la Regione si sia preoccupata, al di là degli aspetti amministrativi, di chiarire gli aspetti penali della vicenda.
Non abbiamo timore a dire che dietro questo incendio abbiamo il sospetto che si coprano alibi per sostituire apparecchiature, per ricreare anche delle condizioni di tipo strutturale nuove e diverse rispetto a quanto era già stato impostato e quindi direi una prospettiva rispetto alla struttura che certamente consisterebbe nell'ulteriore erogazione di risorse non finalizzate e senza una motivazione precisamente orientata a conseguire determinati obiettivi.
Per tutte queste ragioni ci dichiariamo insoddisfatti della risposta.
Su tutti questi punti che necessitano di chiarimenti, noi ritorneremo proponendo una mozione e saremo conseguenti fino in fondo alle richieste che abbiamo posto perché il Consiglio possa operare la sua potestà di controllo nell'interesse della comunità piemontese.



PRESIDENTE

Rendo noto che alle interpellanze e alle interrogazioni di cui vi dar lettura fra qualche istante, gli Assessori risponderanno per iscritto: all'interpellanza del Consigliere Viglione inerente un concorso per veterinario condotto. Condotta di Cuneo Stura interrogazione del Consigliere Majorino inerente l'esplosione verificatasi all'Ospedale di Mondovì il 26/12 interrogazione dei Consiglieri Chiabrando e Penasso, inerente il Parco regionale del Gran Bosco interrogazione del Consigliere Chiabrando inerente il poligono di tiro militare nella zona di Pian dell'Alpe, nel Comune di Usseaux interrogazione dei Consiglieri Chiabrando e Penasso inerente il finanziamento alla Cooperativa Vivai Canavesani di Parella.
Le interrogazioni ed interpellanze sono così discusse.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Rendo noto che sono in congedo i Consiglieri: Gastaldi e Martini.


Argomento:

b) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha approvato il visto: alla legge regionale del 10 dicembre 1981 "Integrazione agli artt. 5 e 6 della legge regionale 11/811973 n. 17 concernente Delimitazione delle zone montane omogenee. Costituzione e funzionamento delle Comunità montane' ".


Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

La Giunta regionale nella seduta del 15/1/82, in attuazione dell'art.
7, primo comma, della legge regionale 6/11/78, n. 65, ha adottato le seguenti deliberazioni: 18 - Attuazione legge regionale n. 15 del 22/2/1977 art. 47-48. Legge regionale n. 63 del 12/10/1978. Incarichi - Prosecuzione impegno di spesa L. 27.000.000 (cap. 3790/1982).
Ferraris Bruno 24 - Legge regionale 26111/1981 n. 49. Corso di aggiornamento professionale per maestri di sci. Impegno di spesa massima prevista L.
28.500.000 (cap. 11560/82).
Moretti Michele 25 - Formazione professionale maestri di sci. Organizzazione di corsi propedeutici. Impegno di spesa L. 12.000.000 (cap. 11560/82).
Moretti Michele 46 - Liquidazione di onorari all'avv. Egidio Vercelli a seguito di assistenza giuridica e rappresentanza dallo stesso prestata in ricorsi avanti all'Autorità giudiziaria ordinaria del Piemonte. Spesa di L. 561.762 (cap. 1080/82).
Testa Gianluigi 48 - Liquidazione onorari all'avv. Andrea Comba a seguito di consulenza legale ed assistenza in giudizio avanti il TAR Piemonte nei ricorsi proposti dal Comune di Piedimulera e dal sig. Mario Beccaris più altri.
Spesa L. 2.242.280 (cap. 1080/82).
Testa Gianluigi 49 - Liquidazione onorari all'avv. Andrea Comba a seguito di consulenza legale ed assistenza in giudizio avanti il nelli e Guido Sertorio.
Appellante: Gerardi Rosa in Viazzo avverso la sentenza TAR Piemonte n.
598/81. Spesa L. 600.000 (cap. 1080/1982).
Testa Gianluigi 54 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale agli avv.ti G. Scalvini e G. Borio. Ricorrente Micalizzi Dr. Giuseppe per l'annullamento del provvedimento prot.
8721/PG/up del 17 luglio 1980 con il quale è stata respinta l'istanza del ricorrente tendente ad ottenere il riconoscimento del servizio preruolo prestato. Spesa L. 300.000 (cap. 1080/82).
Testa Gianluigi 55 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale al prof. Avv. Metello Scaparone e all'avv. Irma Lima. Ricorrente: Fiordaliso Carlo attraverso provvedimento Co.Re.Co. sez.
Torino prot. N. 3867 del 13/5/1980 Spesa L. 300.000 (cap. 1080/82).
Testa Gianluigi 56 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale al prof. Avv. Ettore Liozi. Ricorrente: Comunità Montana Alta Val Tanaro Mongia e Cevetta. Spesa L. 300.000 (cap.
1080/82).
Testa Gianluigi 57 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale agli avv.ti Ugo Sconio e Irma Lima. Ricorrente: Novaretti dott.ssa M. Luisa ed altri avverso provv. Co.Re.Co. Sez. Cuneo in data 3/6/1980. Spesa L. 300.000 (cap. 1080/82).
Testa Gianluigi 71 - Costituzione della Commissione di Disciplina nel procedimento disciplinare a carico della dipendente Bertolone Salvatrice. Art. 7, legge regionale 20.8.1974.
Testa Gianluigi 72 - Costituzione della Commissione di Disciplina nel procedimento disciplinare a carico del dipendente Oliviero Alberto. Art. 7, legge regionale 20.8.1974.
Testa Gianluigi


Argomento:

d) Commemorazione dei Carabinieri Giuseppe Savastano ed Euro Tarsilli


PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, nel corso di uno scontro a fuoco tra le forze dell'ordine e i terroristi, avvenuto giovedì scorso nei pressi di Siena sono stati trucidati da un commando di prima linea due Carabinieri di leva: Giuseppe Savastano ed Euro Tarsilli, il Maresciallo Augusto Berna è rimasto ferito. Il dramma si è svolto con estrema rapidità ad un posto di blocco organizzato dai Carabinieri dopo una rapina compiuta dallo stesso gruppo criminale di una banca alla periferia di Siena. Uno dei terroristi, fermati per l'operazione di controllo, ha cominciato a sparare a bruciapelo sui due giovani Carabinieri uccidendoli. Il maresciallo Berna ha risposto prontamente al fuoco colpendo a morte l'assassino dei due giovani. Ancora una volta abbiamo dovuto assistere con orrore e con sdegno alla perdita di due giovani vite cadute per difendere la legalità e la convivenza civile fattori essenziali della nostra democrazia.
Colleghi Consiglieri, a nome di noi tutti desidero testimoniare ai familiari delle vittime il cordoglio e la solidarietà del Piemonte per questo grave fatto che ci ha profondamente colpiti e commossi.
Sento inoltre il dovere di esprimere i sentimenti di viva e sentita partecipazione del Consiglio regionale ogni qualvolta la nostra democrazia viene colpita da attacchi eversivi e ancor più quando, questi, sono causa della perdita di vite umane. Non dobbiamo permettere che imprese terroristiche siano accolte con la stessa indifferenza e rassegnazione di normali fatti di cronaca.
L'impegno a mantenere viva l'attenzione e la vigilanza dell'opinione pubblica restano un nostro preciso dovere, un contributo concreto alla lotta al terrorismo.
Ritengo inoltre doveroso ringraziare e rendere omaggio alle forze dell'ordine e della magistratura che con grande coerenza e pagando spesso con la vita si battono con tenacia e ostinazione a difesa dell'ordine democratico, raggiungendo risultati di estremo rilievo.
La domenica successiva ai fatti di Siena, le forze dell'ordine, prontamente mobilitatisi, riuscivano a catturare a Roma altri componenti del commando di prima linea e sono pressoché quotidiane le notizie relative a nuovi arresti, a covi scoperti, a importanti rivelazioni dei "pentiti".
Questi fatti rafforzano la speranza di stroncare in maniera definitiva l'eversione, ma è tuttavia indispensabile accentuare ulteriormente la nostra mobilitazione contro il terrorismo, poiché è dimostrato come esso nonostante i duri colpi subiti, sia ancora in grado dei colpire con estrema ferocia e crudeltà.
Il ristabilimento nel nostro paese e la convivenza civile e democratica è oggi, più che mai, obiettivo primario sul quale concentrare le nostre forze.


Argomento: Istituti di credito - Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazione della Giunta regionale sull'incontro avuto con Istituti di Credito in merito ai finanziamenti Pianelli e Traversa


PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

I giornali hanno dato notizie sull'incontro con gli Istituti di Credito in merito ai finanziamenti alle ditte Pianelli e Traversa.
L'unico elemento aggiuntivo rispetto a quello che è già noto è confortante e riguarda la Banca Popolare di Novara, che ieri, al termine di una lunga riunione del Consiglio di Amministrazione, ha deciso favorevolmente per gli smobilizzi e meno favorevolmente per quanto riguarda i salari. La Banca Popolare di Novara parteciperà in ragione del 5,64% e per un ammontare di 564.000.000 alla determinazione dei 10 miliardi necessari.
Con questa risposta da parte delle banche non dovrebbero esserci difficoltà a realizzare un'intesa di rilevante portata. Come tutti sapranno era in discussione il posto di lavoro per 30.000 dipendenti impiegati nelle 28 aziende del sistema Pianelli e Traversi e per altri 2.000 lavoratori dipendenti da fabbriche dell'indotto.
L'operazione va al di là dei 10 miliardi necessari perché possa esercitare l'amministrazione controllata.
Aggiungo che ieri si è messa in campo un'altra iniziativa con la partecipazione di 16 banche per un intervento nei confronti della Idromark (781 dipendenti e 800 dipendenti di indotto) con un'ipotesi su cui c'è stato l'assenso giudiziale. Si tratta di un accordo annuale fra il sistema bancario, l'impresa, la Regione e i lavoratori con un controllo trimestrale sull'andamento dell'azienda esercitato da un commercialista scelto di comune intesa fra il sistema bancario e l'azienda. Questo nuovo tipo di rapporto fra banche e imprese se fosse coronato dal successo e se trovasse l'accordo del Consiglio di amministrazione delle banche configurerebbe una misura diversa di amministrazione controllata e diversa da quella del Commissario previsto dalla legge Prodi.
un rapporto basato sulla fiducia e sulla garanzia di serietà che reciprocamente impresa e banche possono dare. Se queste due intese andassero in porto sarebbero due rilevanti fatti positivi per l'economia piemontese.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Dibattito sui problemi della giustizia e della situazione carceraria in Piemonte


PRESIDENTE

Infine passiamo all'esame del punto quarto all'ordine del giorno: "Dibattito sui problemi della giustizia e della situazione carceraria in Piemonte".
La parola al Presidente della Giunta.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Rispondo con piacere alle interrogazioni e interpellanze particolarmente numerose nei tempi recenti, e ringrazio i colleghi Vetrino Majorino e Viglione che hanno sollevato i vari intrecciati problemi che inceppano la funzione della giustizia.
La decisione di questo dibattito mi offre l'opportunità di allargare il discorso in una dimensione ancora più generale e, mi auguro, organica nelle varie questioni concernenti il settore.
Nel mio recente incontro con il Ministro Darida ho sottolineato con forza la necessità di intervenire, una buona volta, con mezzi idonei, per evitare quella che l'Associazione dei magistrati ha definito, in un recente documento, l'incombente paralisi della giustizia.
1 - La Regione è direttamente interessata al corretto e rapido espletamento della funzione della giustizia. Non soltanto per i numerosi riflessi sociali, e insieme economici, che un'amministrazione della giustizia moderna ed efficiente produce sulla vita della sua gente, ma anche perché la Regione è istituzionalmente, costituzionalmente, parte integrante dello Stato.
Come tale deve essere parte attiva, rappresentare la realtà del proprio territorio su questioni di rilevante interesse che abbiano particolare riflesso nella Regione.
Come tale, ha un interesse primario ad un'immagine del paese civile e democratica. E un Paese che non riesce ad amministrare efficacemente la giustizia non è un paese democratico, perché non riesce ad assicurare ai suoi cittadini i diritti riconosciuti e la libertà garantiti dalla Costituzione.
D'altra parte, la Regione insieme al Comune, si è fatta già parte attiva allorché si trattò di celebrare i processi ai brigatisti; la Regione predispose a mezzo dell'arch. Deorsola, gambizzato per questo, il progetto per realizzare le aule presso la Caserma "Lamarmora". Le carenze oggettive rilevate in Piemonte e più volte denunciate, in termini di organici, di presenze effettive negli organici della Magistratura e degli operatori di Giustizia, di locali per gli uffici giudiziari e per la celebrazione dei processi, la vetustà di alcune strutture carcerarie, il sovraffollamento e la promiscuità dei detenuti, non possono essere colmate dal valore e dall'attività dei magistrati, di tutti gli operatori di giustizia, di tutte le forze dell'ordine, della collaborazione del corpo forense dell'abnegazione degli agenti di custodia, ai quali tutti va il riconoscimento il grazie pubblico che qui voglio esprimere a nome di tutta la Comunità piemontese e delle sue istituzioni.
Le carenze devono essere rimosse, perché il troppo ritardo nel fare giustizia equivale in realtà a non farla.
La dimostrazione viene dalle ricorrenti amnistie, ben due negli ultimi tre anni, cui lo Stato è ricorso per impedire la paralisi. Con ci premiando gli evasori e i violatori delle leggi e, insieme accreditando l'immagine di uno Stato incapace di risolvere i problemi alla radice.
Si calcola che circa i due terzi di detenuti siano imputati in attesa di giudizio: su una popolazione di circa 35.000 detenuti circa 25.000 sono imputati.
2 - La relazione del Procuratore Generale della Repubblica di Torino per l'inaugurazione dell'anno giudiziario evidenzia con crudezza la situazione complessiva (allegato n. 1) Significativo appare il dato di n. 28.000 controversie civili pendenti davanti al Tribunale di Torino, n. 47.999 ai Tribunali piemontesi, mentre è aumentato il numero dei procedimenti penali in rapporto all'allarmante aumento dell'indice di criminalità.
Clamorosamente in conciliatura il giudizio è fissato a circa 3 anni dall'istanza.
3 - Edifici giudiziari. Le strutture piemontesi sono in generale obsolete e vetuste. Negli ultimi 30-40 anni si annoverano pochissime opere moderne quali le case circondariali di Saluzzo e Verbania; la maggior parte degli edifici risale all' Ottocento e al primo Novecento.
Ma la situazione più drammatica riguarda le strutture di Torino create per una popolazione di 250.000 - 300.000 abitanti, all'epoca dell'edificazione della Curia Maxima, che hanno dovuto reggere le concentrazioni nell'area urbana di 1.200.000 abitanti e 2 milioni comprendendo anche la cintura.
Solo in anni recenti il Comune ha messo a disposizione l'ex Conservatorio del Rosario di Via delle Orfane, frazionando per ulteriormente le varie sedi.
Appare stridente il contrasto tra una città industriale, avanzata tecnologicamente, che vanta oltre alla Fiat, industrie di livello internazionale, in competizione mondiale e i suoi Uffici Giudiziari frammentati in tante sedi, insufficienti, segnati all'incuria, che mortificano giudici ed avvocati ma anche gli stessi cittadini, che offuscano la stessa funzione della giustizia.
Imprenditoria, iniziativa privata, orgoglio del lavoro, a tutti i livelli, contrapposti all'abbandono delle sedi giudiziarie, alla latitanza dello Stato.
Mentre si auspica che le altre sedi piemontesi vengano completate o avviate, per Torino occorre superare l'impianto nato per una città di fine Ottocento. Il problema và affrontato alla radice e per risolverlo c'è l'impegno della Giunta e di tutta la Regione.
Non è infatti più tollerabile dopo anni di studio da parte di diverse Commissioni comunali e non che edifici giudiziari dispongano di un'area complessiva di sole 26.000 mq., risultante da una somma di edifici contro gli 80.000 stimati necessari.
Come è noto, le ipotesi avanzate per risolvere il problema si riassumono in tre: 1) utilizzazione delle aree retrostanti la Curia Maxima e la pretura civile, attraverso una vera e propria operazione chirurgica sul centro storico per ottenere la capienza e la volumetria necessaria.
2) Edificazione di un complesso nel sistema urbano utilizzando l'area delle Nuove o di industrie dimesse: 3) Allocazione presso l'area di Corso Marche - Campo Volo Aeronautica.
A questo proposito va ricordato che il Comprensorio di Torino nella seduta del 22/1/82 nel presentare lo schema territoriale ha stralciato al momento il problema degli uffici giudiziari. Pertanto il dibattito odierno rappresenta un approfondimento della complessa problematica e insieme un orientamento per la definizione del piano.
La prima ipotesi presenta alcune difficoltà quali: la carenza di servizi e di aree complessivamente disponibili la necessità di espellere dal centro numerose famiglie, non poche, dal momento che occorre utilizzare grandi spazi anche per i servizi l'ulteriore frazionamento degli uffici giudiziari, non essendo possibile prevedere in luogo della Curia Maxima e di altri edifici, dei grattacieli: l'ulteriore congestione dell'area interessante il centro storico, che anche per vincoli di monumentalità, non può essere totalmente alterato.
Dobbiamo invece pensare a gestire le strutture attualmente esistenti impedendone il degrado.
La seconda ipotesi, accanto a dati abbastanza positivi, quali quello di non uscire dalla cerchia della città, di poter ipotizzare più aree, ivi compresa quella del carcere delle Nuove, comporta tempi abbastanza lunghi per le necessarie trattative e lo sgombero dell'area.
La terza ipotesi è la più realistica: sarebbe realizzata rapidamente ma comporta necessariamente l'intervento globale, in termini di metropolitana, viabilità, zone verdi, territorio autonomo, e di appoggio al complesso.
E' ovvio che occorre realizzare un complesso vivo, articolato, dove potrebbero trovare collocazione anche altri uffici statali, come quelli del Ministero delle finanze e del Tesoro, risolvendo così altre situazioni di difficoltà e di immagine di servizi dello Stato.
Solo in un contesto integrato e razionale le strutture sarebbero vitali e si eviterebbe il rischio di una nuova mortificazione degli edifici destinati alla funzione di giustizia e una loro ghettizzazione.
Una soluzione del genere sarebbe più rapida e confacente. Avrebbe un'ulteriore pregio: decongestionare il centro storico, restituendo gli edifici quali la Curia Maxima che degnamente potrebbero essere adibiti per usi culturali e sociali, carenti nella città.
Nelle more della soluzione radicale, le soluzioni tampone dell'Angustinianum, della Casa Panetti, di Palazzo Mazzonis vanno accelerate, come pure dev'essere garantita la perfetta manutenzione delle strutture esistenti, per il decoro stesso della giustizia.
4) Le carenze di organico sono vistose, ove si confrontino ad altre realtà italiane (allegato n. 2). Il Ministro Darida è stato ancora una volta sensibilizzato a questo problema.
Mi ha assicurato che dopo i due provvedimenti con i quali sono stati approvati i deludenti aumenti d'organico è stato riproposto un ulteriore aumento peraltro non ancora sufficiente a equilibrare la situazione di carenza piemontese.
Ma oltre gli organici carenti, il problema è quello delle vacanze degli organici: parlano di sole cifre significative (allegato n. 3) Anche per questo problema ho interessato il Ministro perché provveda alla copertura degli organici e ho avuto un primo aggiornamento della situazione (allegato n. 3 bis).
Ma bisogna prendere anche atto che mancano domande di personale sia di ausiliari che di Magistrati.
Nello stesso tempo pochi laureati piemontesi partecipano ai concorsi per magistrati.
Se questo fenomeno dovesse proseguire nel tempo, il Piemonte andrebbe a perdere un numero di magistrati tali da impedire il funzionamento stesso della giustizia.
Le cause delle mancate richieste per le sedi di Torino o le richieste di trasferimento vanno ricercate nella carenza di casse, nell'alto costo della vista.
Devono essere studiati alcuni rimedi quali: a) creare corsi di formazione per giovani laureati che intendono concorrere per la Magistratura.
I corsi potrebbero essere organizzati d'intesa tra Regione, Magistratura Consiglio dell'ordine che si è dichiarato disponibile, Università.
I costi di questa formazione professionale non dovrebbero essere molto elevati e rientrano nell'abito della competenza regionale.
b) creazione di una scuola, un seminario permanente per aggiornamento scientifico e specializzazione in modo da rendere Torino un polo vivo, punto di riferimento e di richiamo nel panorama nazionale.
La Regione offre la sua piena disponibilità a concordare soluzioni con il Consiglio Superiore della Magistratura c) studio di meccanismi per favorire l'assegnazione di alloggi quali: 1) proporre alle Amministrazioni comunali che, in sede di stipulazione di convenzioni con le imprese, beneficiarie di mutui agevolati ai sensi della legge 5/8/78 n. 457, prevedano degli alloggi, i magistrati aventi sedi di servizio nel proprio territorio 2) prevedere una modificazione della deliberazione consiliare del giugno 1980 contemplando l'estensione della riserva prevista per le forze dell'ordine, anche a favore degli agenti di custodia e degli operatori di giustizia 3) proporre che in sede di conversione del nuovo decreto legge sull'edilizia, recentemente ripresentato dal Governo, venga prevista una norma di finanziamento specifico per alloggi di servizio riservati agli operatori di giustizia aventi sede di lavoro nel Comune interessato 4) indizione di concorsi su basse regionale con specifico impegno per una permanenza di dieci anni.
5) Un discorso a parte merita l'edilizia penitenziaria. Il carcere delle Nuove risale all'Ottocento, anche in questo caso per una popolazione carceraria allora di non più di 300-400 detenuti e non per le mille unità odierne.
Sempre dalla relazione del Procuratore Generale della repubblica emergono inoltre alcuni dati.
Il carcere delle Vallette entrerà in funzione all'inizio del 1984.
Negli ultimi anni si è aperto il carcere di Cuneo per 300 detenuti; quello di Ivrea (200 posti) è finito da un anno; quello di Vercelli deve entrare presto in funzione con 200 posti.
E' previsto a breve l'inizio dei lavori del carcere di Alba per 130 detenuti.
Sono stati fatti lavori di ristrutturazione ad Alessandria e Novara, mentre il primo lotto di lavori della casa circondariale di Biella è previsto in quest'anno.
Ove si pensi che sono in funzione anche due penitenziari di Saluzzo e Fossano, il Piemonte, nell'insieme, sopporta un peso carcerario superiore a tutte le altre regioni d'Italia.
Le strutture carcerarie devono essere articolate, efficienti e garantire il massimo del trattamento umano e il massimo della possibilità di recupero e, in questa logica anche di rete regionale, va visto il problema della soppressione del carcere delle Nuove.
Proprio in questa logica, il carcere delle Nuove non può essere conservato, non solo per la vetustà delle strutture ma perché appare superfluo e aggraverebbe la carenza degli organici con la necessaria moltiplicazione del personale di custodia e sorveglianza.
6) va pure considerato in quest'ottica il documento illustrato dal Ministero Darida nel corso dell'ultima riunione (allegato n. 4 sui quali verrà richiesto l'avviso delle Regioni), in ordine all'istituto della sedimentazione previsto dall'art. 53 della recente legge 24 novembre 1981 n. 689.
Secondo il documento le case di semidetenzione dovrebbero avere una frequenza di una ogni tredici comuni affidati alla comunità locale, sotto la direzione del sindaco o di un suo delegato e con personale comunale, a spese dell'amministrazione statale.
7) Operatori penitenziari. Altrettanto urgente è il problema del personale addetto agli istituti di pena, sia esso direttivo sia esso addetto alla custodia.
Particolarmente grave è la carenza degli agenti che li costringe a turni massacranti, creando uno stato di disagio diffuso tra loro e nei confronti della stessa popolazione detenuta. Anche i posti di vice direttori e di educatori, a differenza delle Regioni del Centro Sud, sono raramente coperti.
Anche in questo caso, sono ipotizzabili il concorso su base regionale, la facilitazione nel reperimento degli alloggi e l'attivazione di corsi di qualificazione anche a carattere interprofessionale insieme ad operatori degli Enti locali.
8) Per tutti questi problemi auspico una determinazione della Regione tutta per la loro soluzione, assicurando che da una parte della Giunta regionale tutto quanto in suo potere sarà fatto, in termini di iniziative concrete.
Sul piano politico, un impegno ed un'azione decisa per coinvolgere tutti gli organismi responsabili, Enti locali, cui per legge incombono alcuni precisi obblighi, Consiglio Superiore della Magistratura, Parlamento e Governo.
Non a caso, siamo stati la prima Regione ad attuare il documento elaborato dalla Commissione nazionale, sul versante più peculiare alla competenza regionale dell'assistenza: sono state infatti nel dicembre scorso approvate in Consiglio regionale le linee programmatiche di intervento su disadattamento, devianza, criminalità. È un ulteriore titolo per rivendicare la rapida soluzione dei problemi della giustizia piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, ringrazio il Presidente della Giunta che ha svolto la sua relazione con rigore e con puntualità facendo delle proposte che ci paiono condivisibili.
La Regione sin dal suo nascere ha prestato vivo interesse ai problemi della giustizia. Al momento nel processo ai terroristi delle Br la Regione ed il Comune di Torino sono intervenuti per costruire l'aula per lo svolgimento del processo.
Molti Comuni del Piemonte, oltre a quello di Torino, hanno dato un sostegno alla giustizia, interventi relativi a collocazione di uffici e di strutture edilizie.
Tutto questo non è di competenza né della Regione né dei Comuni, che pur tuttavia diventano integrativi dell'opera che lo Stato, il Governo ed il Parlamento compiono nel campo della giustizia e questa integrazione non è di poco conto se si considera l'abbandono in cui sono stati lasciati gli operatori della giustizia.
Tuttavia da magistrati, dalla polizia, dagli ausiliari della giustizia dalla Regione, dai Comuni la giustizia ancora non funziona.
In Piemonte migliaia di processi sono celebrati, due terzi dei detenuti sono in attesa di processo, nel campo delle cause civili a Torino specialmente, ma anche in tribunali di altre città, si stanno aprendo varchi paurosi.
La stessa Conciliatura di Torino, ha dei tempi di 3 o 4 anni per fissare la prima udienza e questo vanifica ogni attesa del cittadino nel campo della giustizia. Sempre più frequente è il caso di chi rinuncia o di chi si affida ad arbitrati o di chi spera in avvocati che non siano litigiosi, ma che attraverso transazioni amichevoli possano portare giustizia.
Forse non abbiamo ancora preso coscienza del valore della giustizia in un Paese civile e democratico e cioè che senza giustizia non vi è n libertà né democrazia.
In una città come Torino che ha vissuto avanzati processi di industrializzazione, tecnologie sofisticate, processi culturali notevoli un filone politico di antica tradizione, non ha visto invece questo settore importante procedere di un solo passo.
Già negli anni '30 e '40 l'avv. Dante Livio Bianco e lo stesso eroe nazionale Galimberti, lo stesso Manlio Brosio lamentavano le carenze strutturali della giustizia a Torino e in Piemonte. Le stesse cose le sentiamo oggi dopo 35 anni.
Se non prendiamo coscienza, se assistiamo ai processi di trasformazione industriale e tecnologica della società senza avere riguardo a questo fenomeno importante, perderemo una grossa fetta della libertà e della democrazia. Se il terrorismo ha provocato tanti danni è anche perché una risposta da parte della giustizia non è venuta.
Per celebrare il processo alle Brigate rosse sono dovuti intervenire la Regione, il Comune, il Ministero dell'interno perché l'impianto della Giustizia non era in grado di dare una risposta ad un fenomeno così importante come quello dell'eversione.
Lo scopo oggi non è né di muovere doglianze né di evidenziare i mali ma di predisporre, secondo il principio che la giustizia interessa tutta la comunità regionale e nazionale, misure efficaci e tali da promuovere un processo complessivo di crescita, di responsabilità e responsabilizzazione.
interesse di tutti i cittadini che il sistema della giustizia funzioni e dia pronte risposte così come la giustizia dà risposte, nei paesi anglosassoni o in altri paesi in cui vi è un impatto tradizionale ma moderno nelle strutture e nella sua funzionalità Oggi vogliamo essere propositivi. Accertata la gravità di questo male dobbiamo formulare delle proposte.
Dal quadro dato dal Presidente della Giunta risulta che in Piemonte si ha una diminuzione di circa 1/3 degli organici rispetto agli uffici di città come Palermo, Napoli, Bari, Brescia, Milano.
In Piemonte poi - e questo il dato di fondo - pochi accedono alla carriera della Magistratura a differenza di quanto accadde dall'Unità d'Italia in poi, periodi in cui la carriera della Magistratura vedeva un'alta partecipazione dei piemontesi.
Oggi il fenomeno dell'industrializzazione in Piemonte ha attratto i giovani verso carriere ritenute più sicure e più redditizie.
Si tratta di predisporre dei corsi di formazione professionale per giovani laureati in giurisprudenza perché accedano ai concorsi per Magistrato la cui carriera è pur sempre prestigiosa.
L'altra strada percorribile è quella di formare una scuola-seminario di aggiornamento scientifico dei giudici che attragga nella città di Torino e nel Piemonte degli interessi che siano riproducenti rispetto alle sedi giudiziarie da occupare.
La Giunta, opportunamente, non solo prenderà immediatamente accordi con il Consiglio Superiore della Magistratura, ma anche direttamente con il Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, che è il Presidente della Repubblica, per dar vita a queste due iniziative: scuola professionale di preparazione e il seminario permanente di aggiornamento scientifico e di preparazione dei giudici.
Ma a questa si accompagna un'altra questione che ormai dibattiamo da oltre 50 anni, ed è quella della sede della Corte d'Appello e del Tribunale di Torino.
Già prima della guerra furono assunte iniziative in tal senso ma la ricostruzione aveva tardato la soluzione di questo processo e oggi è ritornato con prepotenza. Il Ministero nel suo bilancio aveva ipotizzato la somma di 50 miliardi per la sede di Torino, purchè si scegliesse un'area idonea.
Sul tappeto vi sono le tre ipotesi enunciate dal Presidente della Giunta e noi concordiamo con quella linea pienamente. Una riguarda la proposta di mantenere la sede nel centro storico, l'altra è quella di trasferire nelle aree dismesse dall'industria (Westinghouse far Nebbiolo e l'altra riguarda corso Marche).
Il progetto non può essere isolato. Cinquanta miliardi diventeranno 100 miliardi a causa della lievitazione dei prezzi. Questa scelta non può non accompagnarsi ad una visione globale e generale dello sviluppo della Città di Torino e dell'area torinese.
Non dovrà essere una struttura nel deserto, un impianto edilizio giudiziario collocato in una vasta campagna senza nulla attorno, quasi fosse il ghetto ella giustizia, ma dovrà trattarsi di una struttura complessiva di sviluppo in cui oltre alla città giudiziaria vi sia anche una città di servizi finanziari e di terziario.
Come utilizzeremo l'area del Lingotto? Quella della Westinghouse? Quella della Ceat? Sono domande che richiedono delle risposte tali che vedono uniti gli indirizzi e gli utenti di dare un nuovo significato alla città di Torino, e ai suoi servizi.
Alcune scelte paiono inevitabili come quella del centro storico o delle aree dismesse dall'industria.
Noi invece osserviamo che nuove costruzioni e nuovi impianti, se accompagnati da un complesso di servizi generali, renderebbero un risultato migliore di quanto non possano dare in altre scelte.
così opportuno compiere al più presto queste scelte.
Il Comprensorio di Torino ultimamente ha dato avvio all'esame dello schema del piano territoriale.
Spetta al Comprensorio di indicare un piano per la giustizia, un piano per i sevizi finanziari, per un terziario di appoggio che non può essere autonomo e svincolato dal piano territoriale complessivo.
Quanto al sistema carcerario, entro la fine del 1983 o all'inizio del 1984 le carceri nuove delle Vallette saranno finite. Condividiamo il fatto che entro 18/20 mesi siano dismesse le vecchie carceri e che quell'area sia rilasciata nell'ambito dei servizi della Città di Torino o come aree verdi o come strutture per le scuole, o per attività sociali di quartiere.
La città di Torino, a nostro avviso, non ha bisogno di due carceri.
Esistono due supercarceri a Novara e a Cuneo, i penitenziari di Saluzzo, di Fossano, di Alessandria, le carceri di Ivrea, di Vercelli, di Biella, di Torino di Pinerolo e altre sedi ancora.
Le Nuove non possono diventare il megacentro carcerario come è diventata mega-area Torino. Le Nuove devono diventare un carcere con una massima capacità di 550-600 posti avendosi altre carceri nella regione.
Il Piemonte non può nemmeno essere il ricettacolo dei detenuti più pericolosi, come il Vallanzasca e simili.
I piemontesi sono buoni, bravi, forti e onesti, è questo regalo ci è dato appunto per le virtù che normalmente compongono le figura del piemontese, per cui ci mandano anche i migliori detenuti di tutta Italia.
Rifiutiamo questo termine di confronto.
Ringrazio il Provveditorato alle OO.PP. dello Stato che in questi mesi si è mosso con maggiore forza, dando prova di abilità e di capacità.
Le prospettive che sono di fronte, sia per l'uno che per l'altro insediamento, possono essere realizzate nei tempi previsti. Il Gruppo socialista invita il Presidente della Giunta a prendere immediatamente accordi con la dirigenza della Corte d'Appello, del Tribunale di Torino con l'Associazione dei magistrati del Piemonte e con il Ministro Darida per l'attuazione delle direttive enunciate, a incentrare un gruppo di lavoro o in una Commissione del Consiglio regionale la parte relativa all'informazione alla Giunta e al Consiglio regionale.
Invitiamo altresì il Presidente della Giunta a chiedere un incontro al Presidente della Repubblica o comunque al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura e di manifestare ai magistrati di Torino la disponibilità del Consiglio regionale a realizzare una giustizia migliore di quella di oggi, compiendo un dovere non soltanto nei confronti della Comunità regionale, ma anche dell'intero Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri.
Desidero innanzitutto ringraziare il Presidente della Giunta Enrietti per avere colto l'importanza e la gravità di queste problematiche sin dal 9 novembre 1981 nel corso dell'incontro avuto nel palazzo della Giunta con una delegazione di avvocati torinese guidata dal presidente dell'Ordine.
In quell'occasione rammento che, con immediatezza egli recepì la situazione grave che veniva prospettata e suggerì la piattaforma di un Convegno che, sotto il patrocinio della Regione, si tenne il 5 dicembre Quel giorno fu latitante il Ministro e, opportunamente, il Presidente della Giunta nel documento introduttivo dell'odierno dibattito, ha parlato di latitanza dello Stato su queste problematiche; e lo ha ricordato poc'anzi anche il Consigliere Viglione. Effettivamente, è una latitanza di antica data se si considera che, nell'inaugurare l'anno giudiziario del 1959, il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione in un lungo e diffuso discorso diceva fra l'altro: "per la normale amministrazione della giustizia difettano i locali, i mezzi necessari e il numero dei giudici".
Soggiungeva: "mi auguro che il problema dell'edilizia giudiziaria il quale ha nel contempo carattere strumentale e portata etica possa essere risolto con immediatezza e realismo dal Ministero dei Lavori Pubblici. È inadeguato il numero dei magistrati, e tutto ciò aggrava le insufficienze dell'amministrazione della giustizia".
Erano espressioni che si leggevano nel 1959, che sono state ripetute in tutti questi anni a livello di Corte d'Appello e di Corte di Cassazione.
Purtroppo, siamo fermi al punto di partenza a causa di questa latitanza o per meglio dire, inadempienza cronica che ha caratterizzato tutti i Ministri di Via Renula, e anche per la poca incisività e i pochi suggerimenti, la poca operatività in questo senso e in questa direzione dell'organo di autogoverno della Magistratura.
Venendo ai problemi dell'odierno dibattito, va ricordato che nel corso del Convegno del 5 dicembre u.s. le relazioni del Presidente dell'associazione Magistrati di Torino e del Presidente dell'Ordine forense torinese si sono incentrate sul concetto che la giustizia in Piemonte è verso la paralisi e ne sono state indicate le causali (come ha ricordato oggi il Presidente) nell'insufficienza degli organici, nel non essere coperti gli organici per altre inefficienze e nell'infelice sistemazione dell'edilizia giudiziaria. Sono tre elementi che si combinano fra di loro che si compenetrano e che danno luogo alla situazione attuale.
In questa sede, per fare un discorso concreto, ritengo opportuno esaminare la situazione a cominciare dai vari uffici, e ciò anche ai fini dei provvedimenti che si potranno prendere o come competenze istituzionali e come prospettazione al Governo centrale. Non solo per una ragione di metodo.
Comincio dalla Conciliatura.
Questa, come è stato ricordato, è una giustizia minore, dove si attua (come è stato detto con un'espressione infelice, ma forse è l'unica che rende l'idea) una "guerra fra poveri", perché le cause non superano il valore di L. 50.000 mentre le cause di locazione concernono contratti che non superano le L. 50.000 mensili.
Effettivamente i tempi tecnici sono quelli deleteri che sono stati additati. La prima udienza, presentando il ricorso oggi, viene fissata nel gennaio 1983 e, tenuto presente che l'istruttoria, anche se fatta rapidamente dura un anno, si avrà la sentenza a fine '83 o 1984.
Il problema di questa denegata giustizia non dipende dai locali che bene o male, sono assestati in via Garibaldi in locali di proprietà comunale. Non dipende dagli organici, perché la Conciliatura dispone di 40 magistrati onorari i quali sono disponibili (e qui parlo anche per esperienza personale perché ho fatto il giudice conciliatore per circa 10 anni) a tenere udienze almeno una volta la settimana: e se potessero tenere questa udienza settimanale non si arriverebbe ai ricordati lunghissimi tempi tecnici.
Il problema è solo ed unicamente di strutture del personale, che è personale del municipio. La presenza attuale è di 5 cancellieri; ce ne dovrebbero essere 12. Nonostante le insistenze del Giudice Conciliatore Capo e del Presidente dell'Ordine presso il Sindaco e presso l'Assessore competente, non si è mai riusciti ad avere le necessarie assegnazioni di personale; pare, perché ci sono molte domande e pressioni e perché non si sa chi accontentare; per non creare degli scontenti non viene trasferito nessuno alla Conciliatura.
Quindi, un intervento concreto e operat6ivo per lo sblocco della disfunzione della Conciliatura è, a mio avviso, un intervento del Presidente della Giunta presso il Sindaco di Torino affinché distacchi questo personale poiché, notoriamente, il Comune di Torino ha personale in abbondanza e non dovrebbero sorgere problemi. È sufficiente la concreta volontà di fare tutto ciò che si richiede.
Il secondo ufficio da prendere in considerazione è costituito dalle Commissioni tributarie di I grado, che appartengono anch'esse all'amministrazione della giustizia, che derimino controversie importanti e meno importanti sia per le società e sia per i cittadini che si ritengono colpiti da iniqui accertamenti e che svolgono un'opera meritoria soprattutto in questo momento perché fanno parte di quell'apparato inserito in quell'iter diretto a sconfiggere l'evasione fiscale, la quale è vero che comincia con gli accertamenti degli organi competenti ma prosegue attraverso il contenzioso.
Ora, il problema non è neppure qui, di organici, perché gli organici (intendendo per organici i giudici, ossia i componenti della Commissione tributaria) sono più che adeguati. Ci sono 24 Commissioni al completo. Il problema è, in maniera prevalente, problema dei locali. Le 24 Commissioni tributarie sono alloggiate in locali fatiscenti che penso non vengano rinfrescati se non ristrutturat6i da almeno 30-40 anni. I segretari sono 12 e dovrebbero essere 24, le pratiche pendenti sono secondo i dati forniti dai sindacati (dati sui quali non è oggettivamente possibile dubitare) sono 90.000, con questa precisazione: 30.000 sono le decisioni già emanate (mi riferisco a quelle dell'80-81) le quali, per divenire esecutive devono essere notificate. Ci sono poi 30.000 decisioni che, per mancanza di personale, non sono ancora notificate e c'è un ritardo di circa un anno fra il deposito della decisione e la notifica. Il che significa che quando si tratta di ricorsi che hanno respinto le lamentele del contribuente l'erario non può esigere quanto stabilito dalla Commissione tributaria mentre se si tratta di ricorsi che hanno accolto le giuste richieste del contribuente (soprattutto quando si tratta di ricorsi contro i ruoli e si aspetta un rimborso) si ha una denegata giustizia.
Ci sono infine oltre 30.000 prat5iche che costituiscono il "vecchio contenzioso" anteriore al 1973, non riassunto e per le quali si dovrebbe provvedere mediante la declaratoria di inammissibilità: il che farebbe confluire, secondo calcoli prudenziali, circa 10 miliardi nelle casse dell'erario.
Questi ricorsi sono in una stanza che è estremamente stipata e la pochezza dei funzionari non è in grado di risolvere questo problema. Ci sono poi e ancora le 30.000 procedure pendenti in attesa di fissazione dell'udienza. Perché mi sono dilungato in questi dettagli? Per prospettare la situazione di paralisi della Commissione tributaria che è solo un problema di locali: al riguardo c'è qui la proposta pratica e risolutiva la quale consente di fare qualche cosa. Dato che queste Commissioni tributarie potrebbero essere opportunamente trasferite in quella che pu essere definita la loro sede naturale, cioè in corso Bolzano, dove la Regione (ignoro per quali uffici) occupa alcuni locali a piano terra (25 locali compresi nell'ala tra corso Bolzano e Via Ruffini) che, qualora potessero essere trasferiti altrove, pe3nso senza difficoltà, potrebbero essere occupati dalla Commissione tributaria la quale risolverebbe definitivamente i suoi problemi, essendo nella sua sede naturale, a contatto con gli uffici finanziari e quindi corso Bolzano diventerebbe la cittadella giudiziaria.
E questo trasferimento sarebbe opportuno anche per risparmio di energie intellettuali dei funzionari delle imposte che devono partecipare alle adunanze. So che la Presidenza delle Commissioni tributarie aveva già preso dei contatti con il Presidente della Giunta, che c'erano stati dei "pour parler" al riguardo, ma che, per ora, non se ne è fatto niente.
Penso che questa potrebbe essere una via nella quale si può in concreto incidere, consegnando questi locali che appartengono al demanio, alle Commissioni tributarie di I grado e si sbloccherebbe questo aspetto del problema.
C'è ancora il problema che non è stato toccato, ma è altrettanto importante, del Tribunale amministrativo regionale. Qui abbiamo 9 magistrati anziché 12; 15 cancellieri anziché 27; 7.800 procedure pendenti al primo gennaio 1982; l'esigenza sentita nell'ambiente è (con richiesta da rivolgersi non al Ministro di Grazia e Giustizia ma al Presidente del Consiglio, perché i Magistrati del Tar dipendono dalla Presidenza del Consiglio) quella di costituire una seconda sezione decentrata. C'è una sezione decentrata del Tar nel Lazio, nell'Emilia Romagna e in Lombardia la Regione Veneto ha richiesto una sezione decentrata attraverso lo strumento del disegno di legge al Parlamento approvato dall'Assemblea regionale. L'importanza della sezione decentrata non è dovuta solo al fatto che c'è nel Lazio, nell'Emilia Romagna e in Lombardia e perché la richiede il Veneto; c'è il fatto che il 40% dei ricorsi pendenti davanti al Tar del Piemonte provengono dal Nord o dal Sud del Piemonte; quindi, l'importanza di una sezione decentrata o a Novara oppure ad Alessandria sussiste e servirebbe a snellire le procedure, perché i tempi medi sono di 2 anni al Tar; ma quando si parla di tempi medi non si tiene conto che alcune procedure vengono decise rapidamente come quelle elettorali, e altre aspettano anche 4 anni. Come caso di esperienza personale vi posso citare quello di alcuni studenti del Politecnico che nel 1976 avevano chiesto un assegno di studio (che era stato denegato); hanno proposto ricorso al Tar e, nonostante le istanze di fissazione urgente, aspettano ancora oggi l'assegno di studio quando probabilmente qualcuno di loro è già laureato e l'assegno di studio di L. 500.000 del 1976 (anche se venisse riconosciuto) oggi non servirebbe più.
La necessità che anche il Tribunale amministrativo piemontese attraverso una sezione decentrata, possa svolgere rapidamente e in brevi tempi tecnici la sua attività è anche data dal fatto che molte cause pendenti avanti al Tar riguardano il pubblico impiego. Cito, a caso, la questione dell'assegnazione dei professori e dei maestri. Qualora venga fatto un ricorso e si lamenti un illegittimo o iniquo trasferimento, il ricorso viene deciso dopo due anni, quando l'anno scolastico è già passato e quindi il Tribunale non può fare altro che dichiarare cessata la materia del contendere; senza parlare di altre esigenze meritevoli di tutela che sono quelle dei pubblici dipendenti i quali, quando intendono far valere lo Statuto dei lavoratori ricorrendo al Tar, impiegano parecchi mesi; mentre se fossero dipendenti di aziende private otterrebbero una tutela a tempi brevissimi, davanti al Pretore del lavoro.
Venendo al Tribunale civile o penale sono sufficienti poche considerazioni. Sono state esposte chiaramente dal Presidente Enrietti le cifre: sono 28.000 le cause civili pendenti davanti al Tribunale di Torino 7.700 i procedimenti penali; c'è mancanza di organici sufficienti; vi sono organici non coperti e la situazione potrebbe essere sbloccata sia attraverso i concorsi su base regionale e sia attraverso quei corsi post universitari incentivativi, sull'allestimento dei quali c'è non solo la disponibilità ma lo stesso suggerimento e la ferma intenzione della Magistratura e dell'Università ai fini di formare i giovani laureati da avviare alla carriera della Magistratura, e ai fini di creare in essi quello "spirito di corpo" e quell'orgoglio di essere "servi legum" incentivandoli e mettendo loro in evidenza che anche facendo i "servi legum" si può fare una brillante carriera e si possono servire le istituzioni.
A questo proposito può essere avanzata una proposta operativa, che va tenuta presente perché quella menzionata del concorso su base regionale e quella dei corsi incentivativi, indubbiamente ricadono e si collocano in tempi se non lunghi, medio-brevi. C'è una possibile soluzione, di cui sci si è avvalsi in altre epoche storiche di fronte all'emergenza, ed è una soluzione di cui si è già parlato in sede di Consiglio superiore della Magistratura, e nell'ambito del Consiglio superiore della Magistratura c'è stata una certa presa in considerazione; intendo alludere ad un'assunzione straordinaria di magistrati al di fuori del concorso. Ci si è già avvalsi in passato in situazioni di grave emergenza di organici come questa nell'immediato primo dopoguerra da parte del Ministro Mortasa e nel secondo dopoguerra da parte del guardasigilli Togliatti. Vennero assunti, con decreto luogotenenziale, ma su proposta del guardasigilli Togliatti, 500 Magistrati con assunzione straordinaria...



VIGLIONE Aldo

Poi furono chiamati "Togliattini".



MAJORINO Gaetano

E quando li scelse Mortara vennero chiamati "Mortarini"; e gli uni e gli altri furono magistrati estremamente validi; gli assunti del 1923 e anche gli assunti del 1946 erano tecnicamente validi in quanto dovevano possedere certi requisiti di professionalità (o avere esercitato almeno per 3 anni le funzioni di Vice Pretore onorario, o essere laureati con 110 e una media per materia di 27): questo lo affermo con cognizione di causa e per conoscenza diretta di varie persone nel distretto del Piemonte e quando vengono fissati chiaramente i requisiti tecnici chiunque può partecipare.
Va quindi meditata (dato che la soluzione mi risulta prospettata e non malvista dal Consiglio superiore della Magistratura) l'opportunità che anche solo limitatamente alla circoscrizione della Corte d'Appello di Torino, venga attuata questa assunzione straordinaria del numero di Magistrati mancanti attraverso questa chiamata straordinaria: circoscritta appunto alle ricordate categorie dei Vice Pretori onorari e dei laureati in Giurisprudenza con una certa votazione.
Passando rapidamente alle altre due problematiche di carattere generale dell'edilizia e delle carceri, va rilevato che anch'esse incidono sul disfunzionamento della giustizia. Il problema dell'edilizia va preso in considerazione con riferimento alla progettata costruzione del Palazzo di Giustizia nell'agro di Collegno.
Al riguardo farò poche considerazioni volutamente riduttive per una ragione: questa assemblea sarà, in buona sostanza, giudice di questa problematica quando dovrà approvare gli schemi di piano comprensoriale quindi non ritengo opportuno in questo momento entrare nei dettagli dell'intera questione. Ritengo invece opportuno fare presente che gli inconvenienti del trasferimento nell'agro di Collegno significano avulsione dell'amministrazione della giustizia dell'intero contro storico e da tutti i pubblici uffici che esistono nel centro storico, tenuto presente che l'esercizio dell'attività giudiziaria è sempre stato in simbiosi col tessuto del centro storico alla stessa stregua delle funzioni amministrative.
Queste affermazioni sono state fatte da tutti gli ordini professionali (non solo da quello forense) e sono ampiamente condivise, tanto più che mentre quello ricordato è l'inconveniente (cui si aggiunge quello di creare una nuova pendolarità) sta di fatto che ci sono soluzioni alternative; sono quelle che sono state accennate nel documento del Presidente e quelle di una ristrutturazione degli attuali edifici o nell'attuale zona, o in aree più vicine al centro storico in aree dimesse da industrie, o eventualmente, come è stato suggerito di recente (in quanto possibile e compatibilmente con gli strumenti urbanistici) nell'attuale piazza d'Armi. Su questo problema, mi riservo di prendere una più approfondita posizione in sede di discussione dello schema di piano comprensoriale, anche se in questo momento mi allineo nono solo per solidarietà ma per convinzione a quella che è stata l'opinione della stragrande maggioranza degli avvocati torinesi e dei liberi professionisti i quali hanno messo in evidenza l'assurdità di questa possibile avulsione dal contesto più che storico, amministrativo, del palazzo di giustizia.
Per quanto riguarda le carceri, io non condivido quanto affermato dal Presidente Enrietti, circa la necessità di smantellare le Nuove non appena sarà in funzione il carcere delle Vallette; ma questo, non perché sia opportuno mantenere una simile costruzione in corso Vittorio Emanuele, ma perché penso che questa necessità di mantenere le carceri Nuove, almeno per un certo periodo di tempo, sia uno stato di necessità; su questa convinzione ho il confronto del Procuratore generale della Corte d'Appello di Torino il quale, pubblicamente, si è espresso in questi termini essenzialmente perché la capienza del carcere delle Vallette è limitata alle 800 unità, e siccome la presenza media nel carcere giudiziario di Torino arriva intorno ai 1000-1100 soggiorno ci sarà sempre la necessità di una "dependance", almeno in via provvisoria, per i detenuti in attesa di processo, affinché possano, in questa sede, essere vicini al Tribunale che li deve giudicare e ai loro difensori con i quali devono conferire in attesa del processo.
Il problema urgente, e penso di diffi8cile soluzione nell'immediato, è quello degli agenti di custodia perché se è vero che il reinserimento nella vita sociale e la rieducazione del condannato sono degli scopi cui si deve tendere, è anche vero che, prima e avanti ogni cosa, i pubblici poteri devono tutelare l'incolumità dei detenuti. A questo si può arrivare solo se si acquisiranno degli effettivi, nell'ambito degli agenti carcerari, tali da coprire le attuali necessità che come ho letto nel documento superano le 500 unità.
necessario che dopo la selezione e l'acquisizione di queste nuove forze venga attuata una preparazione militare e disciplinare degli agenti di custodia, attraverso un perfetto addestramento e un miglioramento incisivo delle loro retribuzioni.
Solo attraverso un corpo scelto di agenti di custodia si potrà arrivare a governare le carceri, a portare ordine all'interno e a prevenire le evasioni all'esterno.
Per quanto riguarda il problema accennato dal Ministro Darida al Presidente della Giunta nel corso dell'ultimo colloquio, penso si possa condividere, in linea di massima, l'intenzione del Governo circa un disegno di legge da presentarsi al Parlamento nazionale per attuare quelle strutture idonee a ricevere le persone che subiscono la pena della semidetenzione. C'è poi da tener presente che la legge 24 novembre 1981 coinvolge le Regioni per quanto riguarda la pena minore del lavoro sostitutivo, che deve essere organizzato dalle Regioni. Al riguardo si rende necessaria la predisposizione di un disegno di legge da parte della Giunta: per organizzare (ogni qualvolta scatterà la pena del lavoro sostitutivo) le strutture necessarie per poter attuare questa pena, di concerto con l'autorità giudiziaria.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, signori Consiglieri, ringrazio il Presidente della Giunta per la relazione e per aver posto molta attenzione alle interrogazioni ed interpellanze che sull'argomento erano state presentate una delle quali porta la mia firma. I problemi dell'amministrazione della giustizia in Piemonte sono a nostro avviso di tre ordini: problemi legati alle riforme normative, problemi della sicurezza e della convivenza negli istituti di pena, problemi strutturali ed organizzativi.
Mentre i primi due ordini di problemi sono riconducibili a esigenze di carattere generale e quindi nazionale, quelli riassunti in problemi organizzativi e strutturali sono riconducibili ad una situazione3 piemontese molto grave e preoccupante, peraltro con molta puntualità e con molta precisione evidenziata dal Procuratore Generale della Repubblica di Torino nella relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 1982. Il mio intervento verterà soprattutto su questi problemi piemontesi, anche se il primo ordine di problemi più generale è quello delle riforme normative riforme delle quali da tropo tempo si discute, hanno in Piemonte un impatto forse più rude che altrove, proprio per quelle carenze strutturali ed organizzative sulle quali mi soffermerò.
Sui problemi della sicurezza e della convivenza negli istituti di pena c'è in corso un'iniziativa della Presidenza del Consiglio che sfocerà probabilmente in un incontro dei Capigruppo con un Sottosegretario del Ministero di Grazia e Giustizia, volta ad approfondire questi problemi. A questo riguardo credo che al Sottosegretario, a parte le difficoltà di reperimento del personale addetto degli istituti di pena e le conseguenti carenze di organico, occorrerà far presente che esistono numerosi altri problemi nelle carceri.
Ci sono gravi carenze. Innanzitutto esistono dei problemi di carattere sanitario che non possono più essere disattesi. Il fatto stesso che in alcune carceri italiane, anche in Piemonte esistono difficoltà di assistenza medica, soprattutto specialistica, per il fatto che il medico non ha frequenza di visita al carcere, provoca delle tensioni interne rispetto alle quali il personale non è sempre in grado di applicare il regolamento. Ciò è tanto più grave se si considera che molti degli istituti sono per contro dotati delle più moderne attrezzature sanitarie praticamente inutilizzate in quanto la defezione del sanitario obbliga al trasferimento del detenuto malato con tutte le conseguenze, i costi, i pericoli di sorveglianza che si possono immaginare. Ci sono poi problemi legati al regolamento per quanto riguarda i pacchi, i colloqui, con vetro e senza vetro, le attività lavorative e di formazione, quelle remunerative per le quali occorrerebbero maggiori incentivi alle aziende per essere indotte ad indirizzare il lavoro a domicilio verso i detenuti. Dei regolamenti molto precisi a questo riguardo eviterebbero anche possibilità di sfruttamento che certamente in passato si sono verificati. Ma su questi aspetti avremo modo di ritornare e di approfondire in presenza del Sottosegretario e probabilmente ancora in questa sede.
Affrontando invece i problemi strutturali ed organizzativi e strettamente riferiti alla realtà regionale, essi sono a nostro avviso di due tipi: quelli legati alla carenza del personale, quindi insufficienza degli organici e dunque alla ricerca di soluzioni per il superamento di problemi che orami si trascinano da anni, e quelli riguardanti l'edilizia giudiziaria e penitenziaria. Il Procuratore della Repubblica all'apertura dell'anno giudiziario ha detto che il personale necessario è scoperto del 30% e il Consigliere Viglione nella sua relazione i ha ribaditi.
Questa carenza di organico è insuperabile anche perché la vecchia struttura sabauda con i molti tribunali e le troppe preture appare difficilmente riorganizzabile per le notorie resistenze locali a sopprimere gli uffici. Il carico di procedimenti è peraltro scarsissimo in talune preture e scarso in qualche tribunale, questo credo che vada anche detto. Va soggiunto però che lo sforzo al quale si assiste di assegnare magistrati funzionari di cancelleria ed altri addetti alle sedi più oberate può in qualche modo essere un palliativo? L'anzidetta irrazionalità è aggravata dalle modificazioni demografiche degli ultimi decenni che non hanno visto né sostanziali modifiche dell'assetto territoriale degli uffici né piante organiche. Si pensi che la Pretura di Moncalieri amministra questioni civili e penali di una popolazione numericamente superiore, per fare un esempio, a quella dell'intero Tribunale di Cuneo. La Pretura di Moncalieri comprende Carignano, Nichelino, Poirino, mentre il Tribunale di Cuneo comprende le Preture di Demonte, Dronero, che tutte insieme non hanno neppure il carico di Moncalieri. Ecco che il lavoro di revisione e di organizzazione appare immane ed immenso.
A questi nodi si aggiungono quelli riguardanti i voti degli organici che il Presidente nella sua relazione ha definito vistosi, ma che io definirei paurosi. Si assiste tanto nei Tribunali tanto nelle Preture vuoti, determinati da assenze di giudici, cancellieri, ufficiali giudiziari, personale o ausiliario, tanto gravi da condurre alla paralisi vera e propria taluni servizi e uffici.
Ciò è lamentato dagli avvocati di sedi come Torino e di sedi minori. Si dice che a Vercelli, per fare un solo esempio, ci siano 4000 processi fermi e quindi a ritardo si aggiunge ritardo.
Non ripeterò alcune cose già dette dai Consiglieri Viglione e Majorino e passo all'aspetto più importante che è certamente più attinente alle competenze regionali in questa materia. C'è nel documento della Giunta la volontà di affrontare il problema della carenza degli organici dando un contributo, nei limiti che le competenze regionali consentono, in quanto sappiamo che si tratta di personale che deve essere assegnato al Ministero.
Siamo d'accordo di creare corsi di formazione per giovani laureati che intendono concorrere per la Magistratura. Vorrei dire che vorremmo aggiungere un contributo a questa proposta, che pure riteniamo interessante.
Riteniamo che possa essere fatto un programma di formazione professionale che allarghi il campo di azione dai magistrati ai coadiutori, ai cancellieri , agli ufficiali giudiziari, al personale ausiliario; questo programma sarebbe in grado di assorbire non soltanto le giovani leve dei laureati in legge ma anche la non meno importante domanda di lavoro che proviene dai diplomati in ragioneria, dai geometri e dai maestri elementari.
Dirò di più. In Piemonte avvertiamo le grandi difficoltà a livello di segretari comunali. I 1209 Comuni della nostra comunità obbligano i Segretari ad azioni, operazioni e lavori di scavalco.
Probabilmente un'azione che tenga conto ancora di questa esigenza potrebbe dar luogo ad un programma di formazione professionale che ha la possibilità di incidere e di portare probabilmente dei recuperi in questa situazione.
Sugli uffici giudiziari di Torino forse non è il caso di spendere troppe parole per ribadire la necessità di provvedere entro breve tempo alla loro risistemazione, non soltanto per l'ormai reiterata istanza che proviene dagli operatori, ma perché episodi eccezionali quali quello della Caserma Lamarmora hanno rivelato la capacità della Regione e del Comune di sopperire a esigenze.
Per quanto riguarda la nostra posizione, coerente con quella presa in altre sedi, pensiamo che per Torino occorra trovare soluzioni diverse dal trasferimento degli uffici a Collegno in quanto l'attività giudiziaria non può essere sradicata dal tessuto socio-economico ed istituzionale dal quale promana. Esistono studi a questo riguardo. Inoltre occorrerà tenere in maggior conto l'atteggiamento degli operatori del settore che hanno svolto un referendum al loro interno e che nella maggioranza ha rivelato la loro avversione rispetto a quella soluzione così come da parte dell'amministrazione comunale di Collegno.
Per tutte queste nostre considerazioni riteniamo che non possa essere avallata la soluzione di corso Marche e che si debbano andare a ricercare con maggiore convinzione altre soluzioni che tengano conto dell'utilizzo di alcune delle attuali sedi, ristrutturare, e dell'utilizzo di altre in un ragionevole intorno.
In caso di decentramento tuttavia può darsi che alla fine venga definito che queste altre soluzioni non sono esplorabili e non sono fattibili.
Al trasferimento degli uffici inevitabilmente occorrerebbe prevedere anche il trasferimento progressivo dei 1200 studi professionali che oggi gravitano sulle accentrate strutture giudiziarie. Occorrerà trovare circa 250.000 mc. aggiuntivi ai 58.000, necessari per la Corte d'Appello, la Procura Generale, il Tribunale, la Procura della Repubblica, la Pretura unificata e gli uffici giudiziari.
Edilizia penitenziaria. Le nuovissime carceri delle Vallette non potranno ospitare tutti i detenuti poiché prevedono di contenere 800 persone, mentre l'attuale media delle Nuove è di 1200. Personalmente auspico un tipo di società nella quale le carceri non dovrebbero più esistere. È vero che sul territorio regionale si stanno perfezionando altre sedi, ma è indubbio che almeno in un primo tempo le due case penitenziarie dovrebbero coesistere.
Anche se va detto che il rinnovo delle strutture edilizie e la costruzione di sedi nuove non risolvono i problemi organizzativi culturali, procedurali e di gestione che alle strutture edilizie preesistono e che le strutture edilizie non possono modificare.
Per concludere, vorrei prendere spunto da una sollecitazione venuta dalla riunione, dibattito in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario al quale ho partecipato avendo avuto l'onore di rappresentare il Presidente del Consiglio. Da parte di alcuni interventi è venuta una sollecitazione ad un rapporto più intenso e quasi istituzionalizzato tra tecnici operatori della giustizia e politici. Crediamo che questa sollecitazione debba essere colta e questo dibattito può essere "là" per un diverso rapporto tra le sedi preposte della giustizia e le sedi degli Enti locali.
L'incontro tra la Presidenza del Consiglio e il Sottosegretario alla Giustizia è probabilmente un ulteriore passo in questa direzione.
Vorrei anche cogliere quest'occasione per chiedere alla Giunta una maggiore attenzione ed una maggiore considerazione verso il servizio psico sociale che, nel marzo 1978, sotto la Presidenza Viglione, la Regione organizzò distaccando suo personale presso il Tribunale Civile di Torino.
Questo servizio psico-sociale, che venne istituito per dare un aiuto alla I Sezione Civile, che si occupa essenzialmente di cause di divorzio, di separazione, di interdizione, quindi con molte connessioni con il campo dell'assistenza che il decreto 616 ha affidato alla competenza regionale ho l'impressione che sia disatteso dall'attenzione della Regione.
La relazione del Procuratore della Repubblica ebbe modo di dirci che la carenza di magistrati e personale addetto ai servizi sociali si manifesta con effetti anche più sensibili nella giustizia minorile.
La I Sezione civile comprende le Sezioni 1 e 1 bis e la Sezione tossicodipendenze. Vi operano due presidenti e 8 giudici. Le procedure delle cause di divorzio e di separazione, prima di passare all'istruttoria hanno una fase presidenziale in cui il Presidente responsabile sente i coniugi, fa tentativo di c conciliazione, dopo il quale emette un provvedimento che, pure essendo in attesa di sentenza definitiva, determina la sistemazione dei coniugi sia dal punto di vista abitativo che dal punto di vista dell'affidamento dei minori.
evidente che la scissione della famiglia è sempre traumatica e richiede di evitare errori nel provvedimento, sia pure provvisorio. In molti casi il Presidente si riserva l'adozione del provvedimento e richiede che vengano assunte sommarie informazioni.
Questa è la fase di prammatica. In realtà, l'indagine richiede un approfondimento completo di tipo psicologico che implica non solo colloqui con i protagonisti, ma spesso visite domiciliari, interviste ad insegnanti e a parenti, a forze dell'ordine, accertamenti e valutazioni varie.
L'incarico di queste indagini viene per lo più affidato al servizio psico sociale della Regione e a questo servizio sono addette due dipendenti regionali. Considerato che ogni anno a Torino vengono effettuate circa 5000 separazioni e circa 1000 divorzi si può immaginare quale lavoro ci sarebbe qualora fossero richieste indagini per tutti i casi coinvolgenti minori.
Sarebbe molto importante rivedere la struttura di questo servizio staccato perché se è vero che vi fu all'inizio una certa resistenza a fruire delle prestazioni di queste due collaboratrici regionali giustificata probabilmente dalla non ufficialità del servizio, ora, dopo tre anni e mezzo di rapporti interpersonali molto soddisfacenti, si è instaurato tra i magistrati e il servizio una collaborazione molto efficace e molto proficua. Tra l'altro, il lavoro di cancelleria e le richieste di intervento ai fini dell'affidamento dei minori, si è andato in questi ultimi mesi intensificando al punto che talvolta questo servizio non è più in grado di soddisfare pienamente tutte le richieste.
Sarebbe innanzitutto indispensabile dare veste ufficiale a questo servizio.
Le due dipendenti regionali sono probabilmente abbandonate, nel senso che non ricevono comunicazioni da parte dell'ufficio del personale e non dipendono da alcun Assessorato.
Recentemente è stato organizzato dall'Assessorato all'assistenza un seminario di studio sull'affidamento dei minori e questo servizio non ne era stato informato.
A nostro parere il servizio potrebbe impostarsi sul collegamento con altri enti e sulle prime inchieste per sciogliere quelle riserve presidenziali delle quali ho parlato prima.
All'équipe dei servizi sociali di zona sarebbe invece utile lasciare tutta la parte di assistenza successiva che, a seconda dei casi, può essere psicologica o anche materiale.
In termini immediati il servizio non dovrebbe soltanto essere riconosciuto, ma anche essere rafforzato con l'immediata assegnazione di un assistente sociale. Può apparire un problema marginale rispetto agli enormi problemi che tutti abbiamo evidenziato, potrebbe essere un segno concreto di voler fare qualcosa subito in un campo in cui la competenza regionale è definita dalla legge e quindi inconfutabile.
Grazie.



PRESIDENTE

Con questo intervento terminano i lavori del mattino.
I lavori proseguiranno nel pomeriggio.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 12.50)



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