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Dettaglio seduta n.108 del 22/01/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio a) Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Comunico che sono in congedo i Consiglieri Ariotti, Beltrami Carazzoni, Chiabrando, Ferrari, Mignone, Ratti, Revelli, Salerno.


Argomento: Industria (anche piccola e media)

Dibattito sui problemi della siderurgia (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il "Dibattito sui problemi della siderurgia", iscritto al punto sesto all'ordine del giorno.
Ha la parola il Vice Presidente Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Assessore al lavoro

Intendo prima di tutto informare il Consiglio che entro la fine di gennaio si terrà l'incontro fra la Regione Piemonte, la Fiat e le Organizzazioni sindacali per una verifica delle caratteristiche dell'intesa e delle trattative in corso, sia a livello tecnico che a livello produttivo tra la Fiat stessa e l'Italsider.
Intendo inoltre informare che su richiesta ripetuta della Regione, il Ministro De Michelis sarà a Torino al rientro dal suo viaggio negli Stati Uniti e quindi ritengo nella prima settimana di febbraio, per un esame non soltanto fra la Regione Piemonte, il Ministro e le Organizzazioni sindacali, ma anche con i lavoratori della Teksid.
L'intento di questi confronti è quello di verificare gli accordi stessi e le loro eventuali conseguenze, prima che questi siano definitivamente siglati.
Quindi ci sarà la possibilità di esprimere in quella sede in un confronto diretto con le parti interessate (e la Regione è esattamente una delle parti interessate) il nostro punto di vista sulla questione Teksid ma più in generale anche sulla situazione della siderurgia pubblica e privata in Piemonte.
Infine è stato stabilito e concordato,sempre con il Governo, per l'8-9 marzo la conferenza regionale sulle partecipazioni statali in Piemonte che analogamente a quanto avvenuto in altre Regioni, si terrà nella nostra Regione per un esame dell'attuale presenza delle partecipazioni statali della loro caratteristica e della loro funzione in un quadro di un nuovo sviluppo dell'economia e dell'industria piemontese e quindi in collegamento stretto con gli obiettivi del Piano regionale di sviluppo.
In queste tre tappe sta la sostanza dell'iniziativa politica che la Giunta regionale ha avuto in questi mesi, rispetto a questo problema che oggi viene qui opportunamente in discussione.
Fatte queste comunicazioni vorrei rapidamente introdurre il quadro nel quale i problemi della siderurgia piemontese possono essere collocati oggi anche in relazione alle ultime novità su scala internazionale. Credo che tutti quelli che hanno avuto occasione di occuparsi di questo aspetto della politica industriale del nostro Paese siano stati informati dalle notizie dei giornali che attualmente è in corso una guerra dell'acciaio fra gli Stati Uniti, la CEE e gli altri Paesi. Bisogna anche dire che le prospettive di un compromesso sono assai scarse; sette grandi compagnie statunitensi hanno infatti chiesto un grosso taglio delle importazioni siderurgiche dall'estero.
Chi siano queste grandi sette sorelle dell'acciaio è noto: sono la United States Steel, la Bethlehem Steel Corporation, la Republic Steel Corporation, la Inland Steel Company, la Iones Laughlin Industries, la National Steel Corporation, la Ciclopos Corporation.
Queste, con una documentazione giuridica che il New York Times dice consistere in mille casse, hanno addotto gravi danni a causa delle importazioni siderurgiche e adesso pretendono difese sostanziali contro queste importazioni.
Credo che sia altrettanto noto che l'industria siderurgica europea ha invece bisogno del mercato statunitense ed è competitiva con la siderurgia statunitense. Ma naturalmente nella grande guerra commerciale ed industriale, anch'essa rischia di essere scalzata dai mercati, dalle potenze economiche nascenti come il Brasile, il Sud Africa ed altri.
In effetti l'industria siderurgica europea attualmente sta sfruttando la propria capacità a poco più del 50 La polemica in questo momento è assai vivace, il Commissario europeo per l'industria, Davignon, ha espresso deplorazione per la denuncia americana, denuncia ed accusa regime "dunping" nel quale le acciaierie europee agirebbero, secondo gli americani dovute ai sussidi pubblici di cui godono i produttori europei ed alla pratica europea di vendere sotto costo.
Davignon aggiunge che gli Stati Uniti cercano di addossare all'Europa la responsabilità di una crisi che è mondiale e quindi anche americana. In effetti gli Stati Uniti sono decisi a difendere le loro quote di mercato anche a costo di scatenare una guerra commerciale senza precedenti; il Governo americano intende proteggere i recenti notevoli investimenti effettuati nel settore delle principali industrie siderurgiche investimenti per altro resi necessari dallo stato non proprio tecnologicamente avanzato di molti impianti americani.
E, naturalmente, la pretesa di ottenere una rapida remunerazione degli investimenti fatti sia nell'attività che nella vendita, non può che cozzare contro la concorrenza di aziende che lavorano con costi minori, ma con buoni standards qualitativi. In questa situazione, a differenza di molti altri settori produttivi è anche la siderurgia italiana. Il Presidente dell'IRI ha recentemente segnalato la buona presenza del gruppo statale negli Stati Uniti negli ultimi anni.
Circa 410 milioni di dollari nel 1980 di fronte ad una diminuzione dell'export complessivo italiano verso gli USA. Insomma la nostra posizione negli Stati Uniti come acciaio italiano rimane buona.
E proprio la Finsider, nell'80, è stata presente con una esportazione di 100 milioni di dollari. Anche il nostro Paese ha quindi concordato con le argomentazioni di Davignon che ha replicato a nome di tutta la comunità europea e ha citato alcune cifre significative.
Di fronte ad una diminuzione totale dell'importazione americana di acciaio fra il '79 e l'81 del 10, le esportazioni europee verso gli Stati Uniti sono diminuite in modo molto più significativo ed hanno raggiunto il 16 scendendo da 411 mila tonnellate per mese a 347 mila tonnellate.
Questa caduta delle esportazioni europee è stata inoltre superiore alla diminuzione del consumo di acciaio verificatasi negli Stati Uniti che è stata attorno al 12 In queste condizioni, dice quindi Davignon, è difficile sostenere che le esportazioni europee stiano provocando un danno all'industria americana.
La questione acquista una particolare rilevanza sempre secondo Davignon, perché se nella seconda parte dell'anno ci fosse una prospettiva di una ripresa economica, le esportazioni comunitarie potrebbero rimanere escluse con conseguenze gravissime, se prima di allora non cadessero le accuse americane e con le accuse anche le misure di ritorsione che si possono intravvedere.
E' in questo quadro che si colloca la visita e il viaggio del Ministro De Michelis negli Stati Uniti, teso a difendere, credo, i nostri buoni diritti ed anche che le aziende a partecipazione statale italiane del settore sono partners credibili, affidabili come dimostrano i rapporti fra la più grande compagnia americana e la Finsider secondo le reciproche dichiarazioni che i dirigenti delle due aziende hanno recentemente rilasciato.
Insomma il nostro interesse non può essere che quello di difendere l'esportazione italiana di un prodotto che siamo capaci a produrre da tempo là dove la nostra competitività si è dimostrata valida e dove davvero non possiamo accettare di vederla compromessa da inviti o misure o politiche autarchiche altrui nei nostri confronti.
Nello stesso tempo io credo che sia nell'interesse del nostro Paese portare avanti non una politica isolata, ma una politica unitaria raggiungendo un accordo, un'intesa tra Europa e Stati Uniti, porre fine alla guerra protezionistica perché tra l'altro l'alternativa a questo è solo una chiusura di commerci o ritorsioni in altri campi dei settori produttivi.
La situazione siderurgica in Piemonte è al centro della crisi che investe il settore a livello europeo, sia perché sono presenti complessi produttivi di grandi Gruppi privati e pubblici, sia perché è presente una nutrita rappresentanza della cosiddetta "siderurgia minore" in particolare nelle zone dell'Alto Novarese ed a livello di "seconda siderurgia" nelle Valli Canavesane e nelle pianure del Cuneese.
La situazione di crisi ha determinato dal 1979 al 1981 in Piemonte e Valle d'Aosta un calo del numero di unità produttive siderurgiche, solo di una unità, cioè da 27 a 26. Ma più diffuso è stato il calo dell'occupazione da 26.755 addetti a 23.405 con la prospettiva prevedibile di giungere entro un breve periodo a 24 aziende e ad una occupazione di 19.005 unità, con un complessivo calo di 7.750 addetti.
Ricordiamo solo per memoria la situazione di Ceretti di Pallanzeno alla Sisma di Villadossola, alla Ferrero di Torino, alla Cerimet di Torino alla Cravetto di Torino, alle Acciaierie Alpine, ora Finfer di Borgone alla Pietra di Omegna, delle quali si è dato più volte informazione.
Alla fine di settembre, giova ricordare che le aziende piemontesi ricorrenti alla cassa integrazione guadagni straordinaria erano 20 per un totale di 3.000 addetti interessati.
Per alcune aziende inoltre la riduzione dei volumi produttivi è andata ben oltre delle imposizioni della CEE, è il caso della Teksid, la quale nel primo trimestre del 1981 ha dovuto ridurre per crisi di mercato, la produzione del 37,6 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Questi effetti vengono a determinarsi in un contesto di crisi italiana che vede una diminuzione produttiva a partire dalla seconda metà dell'80 del 6% all'anno precedente ed in particolare per gli acciai speciali di una riduzione del 12,6 %.
Il panorama europeo è d'altra parte indicativo: la produzione di acciaio grezzo è passata da 155,5 milioni di tonnellate nel 1979 a 127,6 milioni del 1980, con un relativo calo occupazionale da 712 mila a 608 mila unità.
Nel presente quadro la siderurgia italiana, notevolmente evoluta grazie anche agli impulsi di sviluppo e di riorganizzazione realizzati negli anni 60 dal Piano Sinigallia che hanno per certi versi frenato le ripercussioni della crisi grazie appunto ad un processo di adeguamento tecnologico mai interrotto ed una struttura impiantistica molto valida si trova oggi in condizioni per essere recuperata e rilanciata in chiave strategica esattamente come si ritiene di fare per altri importanti settori, quali l'automobile o l'elettronica i fattori che apparentemente sono sicuramente parecchi dal gravame degli oneri finanziari all'inefficienza delle infrastrutture generali, alla carenza di capacità di commercializzazione, alla mancanza totale di una seria attività doganale di controllo sulle importazioni.
Questi elementi pongono quindi il problema di una concreta programmazione e razionalizzazione dell'intervento dello Stato nel settore ed un coordinamento delle aziende pubbliche con le attività del gruppo privato.
Si rammenta che il 60% della siderurgia italiana è gestito dalle PP.SS.
Programmazione deve innanzitutto voler dire revisione e riadeguamento del "Programma finalizzato di settore" predisposto nel 1979 dal Governo, e sul quale esprimemmo il nostro parere di competenza, e scelte di provvedimenti immediati così come sono state adottate da tutti i Paesi comunitari con una somma spesa ormai di 19 mila miliardi.
In questa direzione una linea reale di collaborazione e di intesa tra pubblico e privato nel nostro Paese è auspicabile. Occorre favorire processi di ristrutturazione e razionalizzazione nei settori di base, in quelli pressati da una forte concorrenza internazionale e non in quelli là dove una eccessiva frantumazione produttiva li blocca, promuovendo a tal fine, ove necessario nell'interesse nazionale, una politica di più stretta cooperazione, fra le imprese pubbliche e quelle private e favorendo anche processi di internazionalizzazione.
Occorre inoltre intervenire direttamente (attraverso le PP.SS.) nei settori strategici e in quelli ad alto rischio o a redditività differita nei quali i privati non sono in grado di impegnarsi da soli spostando l'asse dei programmi delle PP.SS. in queste direzioni.
E' necessario portare avanti un'adeguata iniziativa al livello della comunità europea affinché si adottino politiche comuni in tutta una serie di campi (dall'energia alla ricerca appunto della siderurgia).
L'Amministratore delegato della Fiat S.p.A., Romiti, proprio in questi giorni ricorda ad esempio che nessuna azienda produce in proprio l'acciaio ad essa necessario e che se la Fiat faceva ciò nel 1917, oggi anch'essa deve tener conto di operare in una realtà profondamente mutata.
Intanto nella recentissima lettera dell'Avv. Agnelli agli azionisti per il settore siderurgia Fiat si segnala una caduta degli investimenti, 61 miliardi nell'81 rispetto ai 75 miliardi nel 1980 e un modestissimo aumento del fatturato considerato.
A questo proposito è doveroso quindi esprimere alcune precisazioni confortate da un nutrito carteggio presso i nostri uffici relativo ai rapporti con gli Enti e le Imprese che su questa linea in Piemonte dovrebbero realizzare tangibili risultati.
Il 30 settembre dello scorso anno promuovevamo presso il Ministro delle PP.SS. un'azione al fine di giungere prima della definizione del noto piano Finsider ad un confronto con la Comunità piemontese per valutare effetti e problemi dei programmi finalizzati.
Il 13 ottobre successivo estendendo l'azione anche al Presidente del Consiglio dei Ministri ribadivamo l'urgenza di questo confronto prima che l'approvazione del Piano avesse fissato i prezzi che il Piemonte veniva chiamato a pagare senza poterne discutere.
Il 18 novembre a fronte dell'avvenuta approvazione del Piano da parte del CIPI (che non ha mai trasmesso ufficialmente il documento alla Regione Piemonte, adducendo al fatto che la Finsider, l'unica propaggine presente nel territorio regionale, vale a dire lo Stabilimento di Novi Ligure) dipende di fatto dal centro siderurgico Oscar Sinigallia di Corigliano.
Spostavamo a quel punto, la nostra azione nei confronti del titolare operativo dell'iniziativa, cioè Finsider e di conseguenza Italsider promuovendo un incontro con le Amministrazioni locali interessate a Torino.
La Società investita rispondeva però sollecitamente di non poter accogliere l'invito in quanto "ancora non era stata definita una posizione comune con il Gruppo Fiat per il settore 'acciaio' ".
Per quanto riguarda il settore privato la situazione è analoga.
Nell'analoga riunione che si svolse nello scorso anno con la Fiat SpA su questo tema, veniva esaminato il fatto che si fosse a buon punto nello studio tecnico dell'ipotesi di integrazione con Finsider, ma non abbastanza vicini all'accordo complessivo, con la speranza che ciò avvenisse entro il novembre.
Entro questo decorrere di mesi va ricordato che il Ministro delle PP.SS. incontrava il 28 settembre 1981 presso la Prefettura di Torino le aziende piemontesi del settore pubblico, per l'esame delle prospettive inerenti il Piano Finsider e la strategia di collaborazione con il privato facendo presente diversi tipi di integrazione rispetto alle specifiche produzioni di: laminati piani, acciai speciali, acciai inossidabili.
L'intesa avrebbe dovuto realizzarsi attorno ai laminati piani con trasferimento di impianti e mercato al pubblico attorno agli inossidabili con la costituzione di una apposita società mista e con tipi di concentrazione per gli speciali, che avrebbero determinato tagli occupazionali del privato attorno alle 3/4 mila unità.
Al di là quindi, dei tempi e delle metodologie attuative e dell'informazione per le comunità locali, resta il grave e preoccupante fatto che questa razionalizzazione, pure auspicabile, prevede pesanti perdite di occupazione.
Resta quindi ancora una volta fermo il fatto che a nostro avviso la razionalizzazione produttiva non debba avvenire a scapito della realtà sociale.
Come abbiamo detto"no" ai licenziamenti nel settore automobilistico diciamo "no" ai licenziamenti nella siderurgia se fosse questo il risultato finale degli accordi.
L'accordo tra Teksid e Finsider si deve inserire in una logica espansiva e non deve diventare l'alibi per la Fiat di scaricare settori produttivi ed insieme migliaia di lavoratori.
Va rifiutata infine la logica di porre in contrapposizione Piombino con Breda e Teksid. Qui il rischio è che possa sembrare che il nemico dei lavoratori della Teksid siano i lavoratori di Piombino e viceversa, invece di seguire la logica di espansione e di occupazione di mercati ora in mano ad altri.
Questa è la posizione della Regione Piemonte che non può essere ignorata da nessuno e non lo è certo dai lavoratori della Teksid perch l'ho espressa direttamente nell'assemblea di fabbrica.
Riassumendo: per chiudere questa prima fase, per così dire di preparazione e messa a punto di strategie, dalla cui discussione siamo sinora formalmente esclusi, abbiamo tentato di riprendere il confronto con il settore privato rivolgendo alla Fiat un invito ad informare la Regione sugli ultimi più recenti problemi e previsioni per le proprie realtà siderurgiche nelle prospettive dell'intesa auspicata.
Il dottor Annibaldi ha messo chiaramente in evidenza come le trattative pur giunte ad un adeguato livello di puntualizzazione tecnica, siano in questa fase in via di ulteriore definizione auspicando la conclusione della vicenda entro il corrente mese di gennaio, e non escludendo comunque inevitabili ripercussioni produttive ed occupazionali.
A questo punto non è più rinviabile un confronto serio e puntuale con il Governo, sia in attuazione alle numerose richieste avanzate al Ministro delle partecipazioni statali, sia in attuazione degli impegni che lo stesso Governo ha deciso di attuare dopo i recenti incontri con il Piemonte.
Tutto ciò sarà senz'altro proposto al Ministro del bilancio nei prossimi incontri di lunedì ed auspico sia condiviso e rafforzato dall'impegno di tutto il Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Voglio iniziare questo intervento ricordando come questo dibattito sia stato sollecitato appunto da un ordine del giorno presentato fin dall'ottobre scorso, nel momento in cui si intravedevano i pericoli e le prospettive non certo rosee per quanto riguarda la siderurgia piemontese.
L'ordine del giorno, presentato dal sottoscritto insieme ai compagni Reburdo e Salvetti, pone l'esigenza che alla fine ci si esprima con il voto, per segnalare una posizione estremamente chiara da parte del Consiglio regionale, anche perché, questo dibattito non deve e non pu essere soltanto (e certamente non è questo il carattere - prendo atto con favore - della relazione di Sanlorenzo) un utile scambio di opinioni, ma deve essere appunto la messa in cantiere di una posizione estremamente chiara da parte della Regione che permetta di andare ad un confronto nel merito dei problemi con il Governo e con la Fiat. Credo sia importante questo dibattito e che la Regione si esprima, vada ad una trattativa concreta con il Governo e con la Fiat perché i processi che stanno investendo la siderurgia sono dei processi importanti non soltanto per l'esito che avranno sull'occupazione, ma sono dei processi che, in qualche modo, avranno dei riflessi pesantissimi sull'economia della nostra Regione e sull'economia nazionale. Appunto perché il settore della siderurgia è un settore decisivo per qualsiasi Paese industrializzato e per qualsiasi economia industrializzata.
Credo che una posizione ed un parere della Regione che, per varie cause (una l'ha ricordata Sanlorenzo, il fatto che la Finsider non abbia inviato il piano alla Regione), non è stato ancora espressa, ma che oggi in quest' aula è possibile far emergere, anche perché altre Regioni (come la Lombardia, nella quale certamente la presenza delle partecipazioni statali è ben più marcata) hanno già da tempo espresso un loro parere. E' importante una posizione della Regione e voglio dirlo subito a scanso di equivoci, che deve servire non certo per dare i voti a qualcuno o per aprire polemiche con qualcun'altro magari con il Governo, anche se ce ne sarebbe ampiamente motivo - ma che deve servire per svolgere come Regione un ruolo attivo e propositivo appunto evitando che processi di così ampia portata passino sulla testa della Regione senza poterci mettere il naso salvo poi essere chiamata a gestire i riflessi che poi questi processi avranno sull'occupazione, mobilità ecc.
In questo periodo e lo richiamava Sanlorenzo nella sua introduzione, si parla molto della crisi che sta attraversando questo settore a livello internazionale, si parla molto della guerra dell'acciaio che è scoppiata tra gli Stati Uniti d'America e l'Europa, del tentativo protezionistico che stanno mettendo in atto gli Stati Uniti. Di solito queste difficoltà che il settore attraversa a livello internazionale vengono portate per sostenere l'inevitabilità dei tagli produttivi ed occupazionali nel nostro Paese e che nella nostra Regione si evidenziano in maniera drammatica alla Teksider, ma non solo, pensate alle fabbriche dell'Alto Novarese. Voglio contestare questa tesi, perché non credo che sia inevitabile nel nostro Paese andare a dei tagli produttivi ed occupazionali in questo settore perché mi sembra che l'Italia si trovi rispetto al settore siderurgia in una posizione diversa e particolare rispetto agli altri Paesi. Infatti L'Italia è l'unico Paese della C.E.C.A. ad avere la bilancia commerciale in passivo nel settore siderurgico; 2000 miliardi nell'81, non ho i dati complessivi del 1981, ma nei primi 5 mesi dell'81 le importazioni sono passate da 507 mila tonnellate a 800 mila tonnellate. Se andiamo ai dati del 1980 vediamo che l'Italia ha un saldo negativo di 2,7 milioni di tonnellate, mentre tutti gli altri Paesi della Comunità Europea hanno tutti saldi attivi: 1,7 milioni la Francia, 3,6 la Germania, 6,6 il Belgio e il Lussemburgo, 1,3 l'Olanda. Ebbene, credo che è alla luce di questi dati che bisogna respingere facili generalizzazioni, come l'inevitabilità dei ridimensionamenti che se sono comprensibili in altri Paesi che hanno bilanci commerciali in attivo, risultano a mio avviso del tutto assurdi e incomprensibili nel nostro Paese. Come incomprensibile ed inaccettabile mi sembra risulti la scelta di passare da 26,5 milioni di tonnellate prodotte a 22 milioni di tonnellate; appunto perché questo sarebbe la scelta dell'inizio di un ridimensionamento ben maggiore per la nostra siderurgia.
Una scelta di questo genere, di ridimensionamenti produttivi, significa in pratica accettare e dare per scontato per il futuro le attuali e, in qualche modo, crescenti quote di importazione di prodotti siderurgici, che non significherebbero soltanto ridimensionamento dell'occupazione, ma anche un peso costante negativo sulla bilancia commerciale del nostro Paese.
Credo, invece che bisogna sostenere che si faccia una scelta espansiva come ritiene giustamente Sanlorenzo nella sua introduzione, con l'obiettivo di recuperare quote di mercato, non dando per scontato che le attuali quote di importazione debbano avvenire per sempre, andando ad interventi che permettano una maggiore competitività delle nostre produzioni.
Mi sembra di rilevare che esistano le potenzialità ed i presupposti per raggiungere e realizzare questo obiettivo, se è vero che nel 1981 c'è stato un aumento del 20 % dell'esportazione di acciaio e se è vero che non si sono ancora attuati una serie di interventi che permettano una razionalizzazione del settore ed un aumento della competitività. Rispetto a questo allora, dobbiamo e devo rilevare che non risponde all'obiettivo di un recupero di quote di mercato (in particolare, per il comparto di acciai speciali) il piano presentato dalla Finsider, che seppure non lo dice chiaramente, dà per scontato, con l'integrazione ed il passaggio di impianti della Teksid alla Finsider, un abbandono del settore da parte della Fiat. Mi sembra del resto che l'esigenza di rivedere gli indirizzi contenuti in questo piano che sono degli indirizzi recessivi è richiamata anche chiaramente nel parere espresso dalla Regione Lombardia nelle osservazioni che ha fatto al piano Finsider, giudizio negativo sulle scelte che stanno andando avanti, il giudizio negativo sull'integrazione e sulla trattativa che sta andando avanti tra la Teksid e la Finsider, si basa su alcune considerazioni, intanto sul mancato intreccio tra produttori pubblici e privati. Non si può fare un piano di razionalizzazione (quale vuole essere quello della Finsider, di un settore e di un comparto, in particolare quello degli acciai) tenendo fuori i produttori privati, come Illsaviola e la Falk di Bolzano. Mentre la scelta di chiudere alcuni impianti alla Teksid è una conseguenza di quella impostazione recessiva che dicevo prima.
Ed in particolare va respinta l'ipotesi contenuta nel piano Finsider di prefigurare oggi un tetto rigido di tonnellate da produrre e l'abbandono di impianti, perché mancano quegli interventi che permettano un recupero di competitività e di quote di mercato. Credo che soltanto quando questi interventi saranno stati attuati, si potrà valutare - anche alla luce delle quote di mercato recuperate - quali impianti sono fuori mercato, quali impianti sarà necessario chiudere e quali no. Credo che le trattative che stanno andando avanti tra la Teksid e la Finsider pongono anche altri interrogativi gravi ed altre considerazioni. Intanto la Teksid mi risulta che ha già avuto 145 miliardi di finanziamento, di cui una parte consistente già spesi per ristrutturazione di impianti ai forni elettrici e sono quegli impianti che ora si vorrebbero chiudere con sperpero di denaro.
Mi pongo anch'io la domanda che si pone la Regione Lombardia nel suo parere. Chi produrrà quegli acciai che è possibile produrre solo con i forni elettrici (per effetto di una maggiore elasticità) se questi forni verranno chiusi? Ed è evidente, che la scelta è quella di dare per scontato che questi prodotti poi comunque l'importeremo per sempre. Di fronte al fatto che non c'è nessuna trasparenza nella trattativa tra Teksider e Finsider che ancora non c'è stata un'informazione su questo, non possiamo non chiederci quale sarà il ruolo che le partecipazioni statali, acquisendo questi impianti, intendono assolvere in Piemonte. Da questo punto di vista gli incontri con il Ministro De Michelis e il convegno che annunciava Sanlorenzo, potranno essere in qualche modo importanti per sciogliere questo nodo. Ed inoltre non si comprendono le ragioni dello smantellamento alla Teksid degli impianti per la produzione dell'acciaio inox a fronte del fatto che non c'è ancora una definizione dei traguardi produttivi per questo reparto e di fronte al fatto che più volte è stato affermato che per questo tipo di produzione ci sono delle notevoli possibilità espansive ebbene, non si comprende questa contraddizione profonda che c'è. Non possiamo, del resto, non chiederci quale sarà il destino dei 3500 lavoratori che vengono dichiarati eccedenti alla Teksider; l'ha dichiarato la Federpiemonte nella consultazione che abbiamo fatto in IV e I Commissione; 3500 che se le notizie che ho sono giuste saranno 7000, se è vero che c'è la prospettiva (da notizie che arrivano alla Commissione industria della Camera) di chiudere anche lo stabilimento di Avigliana in tutti i suoi aspetti. Ebbene, non possiamo non chiederci quali saranno le prospettive di questi lavoratori; avranno la stessa destinazione dei 37 lavoratori del Cerimet che sono stati trasferiti ad Aosta e i 3 che hanno rifiutato si troveranno licenziati? Trasferiremo questi lavoratori a Piombino e a Terni, oppure pensiamo di aggiungere ai 7500 della lista di mobilità altri 7000? Credo che, da questo punto di vista è importante dire che siamo contro i licenziamenti, ma dobbiamo anche fare in modo che non si creino ulteriori eccedenti, bisogna porsi l'obiettivo di mantenere questi impianti produttivi ed incentivare la competitività di questi prodotti con una serie di interventi in una logica espansiva. Ma questo cosa significa? Voglio qui porre alcuni elementi rispetto ai quali la Regione possa andare concretamente a discutere, a trattare nei prossimi incontri che si avranno con il Governo e con la Fiat: incentivare la competitività del prodotto significa agire su una serie di aspetti, prima di tutto la rete commerciale; bisogna tenere conto che il mercato siderurgico è un mercato fatto di ricatti, cioè gran parte delle aziende che hanno in proprio la rete commerciale sono le aziende estere, forniscono gli acquirenti di acciaio ad alta qualificazione a patto che l'acquirente comperi dalle stesse aziende anche i prodotti a più bassa qualità, mentre in Italia abbiamo una situazione completamente opposta, la rete commerciale è in mano ai commercianti, alle aziende commerciali che acquistano il prodotto dove vogliono e in gran parte dall'estero, e da qui si spiegano le ragioni delle importazioni selvagge, dell'aumento delle importazioni. Più volte sono state messe sotto accusa le aziende commerciali. Quindi è necessario che si definisca uno stretto collegamento tra aziende commerciali e strutture di vendita delle aziende produttrici. C'è anche un problema di trasporti che investe questo settore sul quale la Regione può avere anche un suo ruolo cioè un'efficace rete di trasporto, è importante in questo settore che dipende dall'estero per gran parte delle materie prime, dal rottame, al carbone, alle ferroleghe e che devono essere trasportate dai porti alle aziende; è una rete di trasporti non efficiente crea problemi, disfunzioni un'accentuazione dei costi. C'è il problema dell'energia, bisogna tenere conto che l'energia rispetto a questo prodotto incide col 30-35% e quindi è un'incidenza rilevante. Da questo punto di vista allora gli interventi per il risparmio energetico possono essere degli interventi che permettono di incidere notevolmente sulla competitività del prodotto e da questo punto di vista credo che i livelli di risparmio energetico che prevede il PEN (Piano Energetico Nazionale) non siano solo riferiti ai consumi domestici, ma siano riferiti anche ai consumi industriali e quindi anche qui in qualche modo si attivano delle scelte per il risparmio energetico. Rispetto all'energia credo che ci sia anche un altro problema da rilevare: il costo dell'energia che in Piemonte è maggiore rispetto alle altre Regioni e che quando si fanno dei confronti tra il costo del prodotto in Italia e in Piemonte rispetto alle altre Regioni, bisogna anche tenere conto di queste cose e quindi intervenire. C'è un problema di razionalizzazione dei cicli produttivi, di una specializzazione degli stabilimenti.
C'è un problema di verticalizzazione dei cicli produttivi, ma c'è anche una scelta che è quella che negli altri stabilimenti si stanno facendo investimenti mentre alla Teksid non se ne fanno. C'è il problema di vedere in che modo si investe per la ricerca, cercando di superare il divario che c'è sugli investimenti per la ricerca tra le aziende italiane e quelle estere, sapendo che una qualificazione del prodotto delle nostre aziende è determinante appunto perché in questo settore dobbiamo sottostare ai costi di mercato delle materie prime di cui non disponiamo. Mi avvio alla conclusione di questo intervento richiamando ancora il problema che non è certo ultimo per importanza, della siderurgia minore e di come affrontiamo questo problema: cioè come affrontare l'eccessiva frammentazione (per dirla con la Federpiemonte) che viene individuata appunto dalla Federpiemonte come una delle cause della crisi del settore in Italia? Non credo che si possa affrontare questo problema chiudendo le aziende come, purtroppo, sta avvenendo, anche perché gran parte di queste aziende, sono collocate in zone particolarmente colpite dalla crisi come l'Alto Novarese; e sia necessario un piano organico che permetta di riattivare un processo di investimento da parte delle aziende, con un flusso di finanziamenti anche pubblici che permetta interventi programmati, costituendo anche strumenti in comune tra le aziende, come i centri ricerca capaci di realizzare una serie di interventi che permettano un recupero del ruolo della siderurgia minore, evitandone il degrado. Credo che questi siano alcuni aspetti sui quali è necessario andare al confronto sia con la Fiat che con il Governo per vedere anche al di là delle enunciazioni e di possibili assicurazioni una serie di questioni di merito, decisive per capire che fine farà questo settore nel nostro Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Alasia.



ALASIA Giovanni

Signori Consiglieri, vorrei ricordare che fin dalla seduta del 12 novembre il nostro Gruppo aveva richiamato in quest'aula il problema del settore siderurgico. Avevamo allora svolto alcune considerazioni che certamente non ripeterò per non tediare i colleghi; se ho ricordato questo fatto, è perché intendo richiamare solo le questioni essenziali ad illustrare il nostro giudizio e la nostra posizione.
Mi pare che stamattina l'Assessore Sanlorenzo ci ha fornito un quadro che già propone a noi tutti i termini per valutare l'intera situazione compreso i diffusi riferimenti che ha fatto al mercato internazionale sul quale vorrei dire alcune cose.
E' per questa ragione che il nostro Gruppo ringrazia l'Assessore per gli elementi che ci ha fornito e credo che dobbiamo anche essere grati ai Presidenti della IV e della I Commissione, Montefalchesi e Valeri, perch hanno promosso per l'11 dicembre, in sede di Commissione vari incontri, sia con le organizzazioni sindacali sia con la Federpiemonte ed i colleghi di Commissione che hanno partecipato a quegli incontri hanno potuto valutare come fosse estremamente interessante per la grande mole di informazione anche analitica che è stata fornita particolarmente dal sindacato nel corso dell'incontro stesso.
Non indulgerei in attestazioni formali, se non fosse che tengo a rilevare l'importanza di questo metodo delle consultazioni perché ci consente di entrare più nel vivo dei processi che sono molto complessi e rispetto ai quali non è possibile affrontarli con approcci generici.
Vorrei partire da una considerazione che già Sanlorenzo richiamava. Se noi del Gruppo comunista abbiamo mosso una critica al Governo, a proposito della mancata trasmissione ufficiale del piano Finsider alla Regione - cosa che Sanlorenzo poco fa ci ha riconfermato - non è stato tanto per questioni di procedura, ma perché, siamo fortemente e direttamente interessati alla questione. Non basta venirci a dire che l'Italsider gravita sulla Liguria ho già detto altre volte che se fossi in vena di scherzare potremmo ricordare al Ministro che dal momento in cui la Ferroleghe è a Domodossola dovremmo con questa logica andarla a discutere in Svizzera. Faccio un altro rilievo. I progetti Italsider si intrecciano con i processi Teksid-Fiat e il Ministro non può ignorare che nel programma finalizzato per la siderurgia (parlo del programma che è stato approvato dal CIPI il 9 marzo 1979, sul quale in base alla legge di riconversione e ristrutturazione, le Regioni erano tenute a dare il parere e la Regione Piemonte diede questo parere facendo presenti tutte le situazioni particolari, a cominciare da quelle dell'Ossola, a parte il fatto - devo annotare per inciso - che personalmente non so ancora oggi a cosa sono serviti quei pareri) si richiamava quale punto fondamentale sul quale intervenire quello che ancora stamattina Sanlorenzo richiamava cioè l'esigenza di coordinamento fra le imprese pubbliche e private.
Ha ragione l'Assessore a dire che la Giunta è pienamente aperta a questa esigenza ed il Ministro questo non può inglobarlo. Se poi si aggiunge a questo, come ci ha descritto l'ingegner Frignani nell'incontro che abbiamo avuto con la IV Commissione e come risulta dalla relazione scritta che l'ingegner Frignani ha presentato, abbiamo tutti il testo a mano, che la riduzione del volume di produzione per la Teksid nel primo trimestre '81 è stato quello che Sanlorenzo ci richiamava ancora stamattina del 37,5 e che ha citato ieri Agnelli. Ma voglio ricordare che è stato un tasso di abbattimento di gran lunga superiore alle riduzioni applicate dalla CEE per lo stesso periodo, che sono state del 25%, se ne deduce che noi siamo nel pieno dell'occhio del ciclone.
Credo che la questione del piano Finsider del suo intreccio Teksid Fiat, per le dimensioni che hanno questi colossi in Italia, non credo possa essere indifferente e neutro rispetto ai possibili sviluppi di altre vicende quali quelle che Sanlorenzo ha richiamato e che investono in particolare l'Ossola, ma non solo, la Pietro Maria Ceretti e la Pietra, per le quali, non a caso, dopo che si è lavorato per sei mesi in una Commissione interministeriale che questa Giunta ha voluto, la famosa Commissione dell'Ossola, i Ministri La Malfa e Aniasi, che sono venuti all'incontro in sede di Comprensorio, non ci hanno detto molte cose.
I dati sono quelli che sono e non sto a ricordarli perché l'Assessore li ha citati abbondantemente, eravamo 26.000 siamo 23.000; se attuati i piani, con i dati occupazionali in Piemonte e in Val d'Aosta scenderemo a 19.000. La stessa relazione della Federpiemonte parla di esuberi in relazione a questi piani di 3000-3500 unità. Rilevo che il calo dei volumi produttivi sarebbe da 26 milioni e mezzo di tonnellate a 22.
Chiariamo subito una cosa. Il Gruppo Comunista ha detto, così come lo hanno detto altri Gruppi e le organizzazioni sindacali sin dalla Conferenza di produzione che è stata tenuta 6 mesi fa, che queste cifre destano preoccupazione. Ha ragione Montefalchesi quando chiede che cosa faremo.
Andremo ad aggiungerli nella pista di mobilità che abbiamo aperto con la deliberazione con il Governo e l'Ufficio del lavoro dei 7500 Fiat senza sapere se, come e quando usciranno positivamente da questo circuito? Al di là di tutta questa questione che non è di piccolo conto, abbiamo detto in modo molto chiaro che non pensiamo ad una difesa statica di quello che è l'esistente. Al contrario. Abbiamo coscienza che la crisi è generale e internazionale, che ha toccato tutti i Paesi della CEE. Non ripeto le solite solfe. Sarebbe tra l'altro interessante conoscere le risultanze dell'incontro del Ministro negli Stati Uniti a proposito della polemica insorta fra Davignon e la Comunità in generale e l'atteggiamento degli Stati Uniti, posizione che "La Stampa" e "Il Sole 24 Ore" di una settimana fa hanno definito dura e irosa per la decisione americana di appoggiare manovre sleali contro l'industria europea, manovre che sono sostenute dal Governo americano che sostiene la Union Steel. Detto questo, vogliamo fare un discorso di qualità delle nostre produzioni e sulla particolarità della nostra situazione. Se non faremo questo saremo, al di là di ogni metafora (e in questo caso vale la metafora perché parliamo di acciaio, di terracotta e di fusioni) saremo il classico "vaso di terra cotta in mezzo ai vasi di acciaio".
Non sono io a dirlo. Lo dice la già citata relazione della Federpiemonte: "La nostra industria siderurgica dispone di una struttura impiantistica assai valida, ma il settore degli acciai speciali costituisce il settore di maggiore debolezza". E ancora: "Il grave ritardo deve essere colmato prima che si consolidino posizioni di mercato da parte di operatori esteri pregiudicando definitivamente il nostro futuro".
A me paiono parole molto chiare come sono altrettanto chiare le parole di Davignon il quale rileva che in sostanza vale per l'auto ma vale anche in questo caso, in America e in Giappone c'è una massiccia politica di sostegno tanto da essere ritenuta dal Commissario Davignon, sleale a questo limite e noi siamo ancora qui a baloccarci con un piano di settore finalizzato che è stato approvato tre anni fa, e che oggi sarebbe da rivedere. Come è altrettanto chiaro, se non fosse altro perché ce l'ha documentato ripetutamente il "Sole 24 ore", che le nostre importazioni sono notevoli. Non ripeterò le cose che ha detto Montefalchesi. Ricordiamo che nell'ambito della CECA solo l'Italia ha una bilancia commerciale deficitaria e tutti i dati sono stati ricordati nella prima fase del nostro dibattito.
Crediamo signor Assessore, che vadano fatte alcune cose. L'Assessore ne ha precisate parecchie; in sostanza l'intelaiatura procedurale, ne prendiamo atto con favore e, proprio nello spirito di questa traccia di scadenze che Sanlorenzo ha fornito vorremmo dire: 1) pensiamo che in collegamento con la Regione Lombardia che con un suo documento ha chiesto al Governo: "di ricontrattare a livello comunitario le decisioni assunte ridefinendo tanto le questioni delle quantità della produzione che della qualità dei prodotti", sia utile promuovere un esame dell'intero settore, aggiornando magari il piano finalizzato del marzo '79 e avviando l'applicazione di un piano dove l'intervento e la sistemazione Finsider sia parte di un coordinamento generale che investa il settore pubblico e quello privato, come Sanlorenzo ricordava prima.
In particolare credo debba essere fatta chiarezza sulla questione della trattativa Fiat-Finsider. Noi diciamo bene dell'incontro che l'Assessore ci ha preannunciato e dell'impegno che la Fiat non firmerà accordi senza prima venire a riferire. Questo è un fatto procedurale importante, ma, proprio perché è un fatto importante, credo che conviene fin d'ora chiarire alcune cose di contenuto o quanto meno esporci i dubbi e le preoccupazioni. Allo stato attuale delle modeste informazioni che io ho, pongo degli interrogativi.
Ci saranno delle società comuni? Ci saranno società scorporate? Che cosa si farà degli acciai speciali? La Regione istituzionalmente dovrà dare un parere sulle proposte di scorporo. Ne sono arrivate o non ne sono arrivate? Nel trasferimento delle lavorazioni Teksid da Torino a Piombino, che si dice dovrebbe avvenire nell'arco di due anni è possibile prevedere un aumento della concorrenzialità, cioè della qualità del nostro prodotto in modo da recuperare quote di mercato? Abbiamo già detto in più circostanze che a nostro parere l'accordo Teksid Finsider, si dovrebbe muovere in, quella che Montefalchesi chiama una "logica espansiva".
Perché? Perché gli acciai speciali sono importanti, gli acciai speciali sono e saranno alla base di una meccanica ad elevata tecnologia.
Ridimensionare impegni in questo settore in termini qualitativi e quantitativi avrebbe serissime conseguenze e ripercussioni in altri settori. Da quel che ci è dato conoscere, l'accordo o la bozza di accordo o le trattative in corso tra Teksid e Finsider, comporterebbero alcune operazioni per le quali credo che nei colloqui che ci preannunciava Sanlorenzo sia necessario chiarire i problemi occupazionali, i problemi dell'assetto societario non indifferente e quelli dei programmi produttivi parlo, per esempio, della Inox a freddo, l'area Bonafous della laminazione a freddo per la quale si dice, ma non ne sono sicuro, che si formerebbe una società con l'80 % Finsider e il 10-15 % Fiat; parlo soprattutto dell'acciaiera 2 di Torino, l'area a caldo acciai speciali che si chiuderebbe per lasciar posto alla costituzione di una società con prevalente capitale pubblico e col trasferimento delle lavorazioni a Piombino.
Sarà proprio così? Sono tutti interrogativi e - come vedete - ho usato tanti condizionali, proprio per dire che l'incontro che ci ha preannunciato Sanlorenzo dovrebbe entrare nel merito di questi aspetti.
2) Credo sia importante che vengano definiti i programmi di assetto societario della Sisma; la Sisma è stata assegnata alcuni anni fa al gruppo B ed ora ha aperto lo sbocco sia alla privatizzazione che alla pubblicizzazione. La verità è che dopo 3-4 anni, nessun privato si è presentato. Ricordo che il parere espresso ufficialmente dalla precedente Giunta presieduta da Viglione, in occasione del programma finalizzato, era nettamente per la pubblicizzazione della Sisma in ciò confortata dal parere dei tecnici e del direttore ing. Frank che venne da me più volte a sostenere questa tesi. Ho già avuto modo di ricordare in questo Consiglio che non è per una adesione ideologica alla pubblicizzazione che noi comunisti sosteniamo questo. L'abbiamo sostenuto sulla base di precise considerazioni tecniche e produttive, suffragate anche dai tecnici di azienda e dalla stessa direzione e che comunque questo parere fu trasmesso in occasione del progetto di settore.
Abbiamo fatto presente all'Assessore Simonelli (mi spiace che non sia presente e prego caldamente la Giunta di prenderne nota) l'esigenza che venga approvata al più presto la domanda di ristrutturazione della Sisma per Villa 2 per la bulloneria, e noi diciamo anche per la trafileria.
So che la Regione ha fatto determinati passi però attendiamo ancora questa formale approvazione. Nello stesso momento in cui chiediamo i conti dell'operato degli altri, è giusto e doveroso dare anche conto del nostro operato.
3) Pietra di Omegna. Credo meriti un'attenzione particolare.
Vi faccio grazia degli sviluppi che ho già descritto altre volte, della produzione in Fossa, delle speranze sollevate dalla produzione del Lingotto tipo 300, degli accordi disattesi.
Sono passati sette mesi da quell'accordo e questi sette mesi hanno purtroppo pregiudicato la situazione. Poi si scopre che la situazione è un'altra. Perché non furono date le risposte allora? Senza piangere sul latte versato, pongo alla Giunta una questione molto chiara.
La questione la sintetizzo in questi termini: dal momento in cui pare che ci siano grossi interessi immobiliari sull'area della Pietra e dal momento in cui l'area è vastissima (120.000 mq), dal momento in cui vorremmo salvare il polo produttivo senza che tutto si riduca ad una speculazione sulle aree, ma difendendo in parte la lavorazione di acciai comuni, effervescenti o altre produzioni come quelle che si fanno nell'area bresciana dei tubi che mi si dice sono concorrenti per qualità e prezzo rispetto alla Dalmine, è possibile avere un incontro chiarificatore con le parti e segnatamente con gli istituti di credito, che sono i veri padroni della situazione, per prospettare una operazione eventualmente composita e mista che veda una ristrutturazione attraverso un finanziamento? In altre situazioni che investivano stabilimenti del Novarese (il caso della Carminati) le Regioni Piemonte e Lombardia si sono utilmente mosse di concerto. Potrebbe essere fatto questo. Il 13 di questo mese, c'è stata una riunione nella Prefettura di Novara. Domani mattina ce ne sarà un'altra e mi farò premura di andare. Ho parlato con il sindaco di Omegna che non solo condivide la mia opinione per una composita operazione di ristrutturazione ma ha già avuto taluni contatti con gruppi che manifestano interesse sull'area. Il Sindaco molto opportunamente ha chiesto a questi gruppi un progetto globale, un progetto che preveda lavoro non solo per demolizione ma per l'ipotesi produttiva da impiantare. Venerdì 15 sono stato con Vittorio Beltrami, abbiamo discusso con i Consiglieri di tutti i partiti; è abbastanza significativo che alla riunione in Prefettura vi fossero i rappresentanti delle banche ed io spero che ci siano domani perché potrebbe essere l'occasione per contattarli e venire a questo chiarimento.
Prego caldamente la Giunta di vedere subito questo aspetto.
Infine, due parole per la Pietro Maria Ceretti.
Il Ministro Marcora aveva assicurato a Sanlorenzo, l'accoglimento della domanda sulla 675. Non si è formata ancora la nuova società, non si capisce bene quale è il gruppo, si sa che sono in parecchi interessati, non si capiscono i tempi di questa questione. Insisto sui tempi, perché poi le situazioni si logorano. Sarebbe utile un rapporto della Giunta con il Commissario giudiziale per chiarire la cosa.
Infine, dal momento in cui abbiamo deciso nella scorsa seduta che facevamo oggi un'unica discussione, voglio dire due parole sulla ricerca e sull'innovazione tecnologica che formano oggetto di un ordine del giorno che abbiamo presentato con i colleghi del PSI, della DC e del PDUP; già nella scorsa seduta avevamo stabilito che questa questione era non urgente ma urgentissima.
Non possiamo arrivare a Pasqua dell'85 a dare un'opinione. Non ripeto le cose che ci siamo detti diffusamente in questo Consiglio.
Voglio semplicemente sapere, dal momento in cui pare decollano gli interventi per la Fiat, se questi interventi finanziari sono coerenti con le linee di programmazione. Da questo punto di vista consentitemi di dire alcune cose per manifestare le preoccupazioni del nostro Gruppo. Non si tratta di effettuare interventi finanziari comunque, ma interventi finalizzati. Alla fine di luglio l'Assessore aveva incontrato il Ministro Marcora il 27 luglio, lo avevano incontrato le Organizzazioni sindacali per conoscere i progetti sulla 675 della Fiat. Alla fine di luglio in quegli incontri il Ministro Marcora rispose che non c'era nessun piano Fiat. Alla fine di settembre apprendiamo dalla pagina economica della Stampa che la Fiat ha presentato progetti punto per punto fin dal mese di giugno: sono i misteri di Parigi.
Ha ragione il Consigliere Brizio quando dice che proceduralmente la Fiat non era tenuta a fare diversamente ma abbiamo ragione tutti quando diciamo che politicamente questa cosa era dovuta.
Quali sono queste domande e sono coerenti con il piano di settore della 675 e della successiva delibera Cipi? Inoltre non abbiamo mai condiviso, fin dal primo incontro con l'ingegnere Romiti, la posizione Fiat - di voler interventi per l'innovazione e la ricerca, svincolata da obiettivi e controlli pubblici.
Se si danno soldi devono essere dati per obiettivi dichiarati espliciti.
Poiché è passato in Senato, e da venerdì è in discussione alla Camera il disegno 1457, che appare svincolato dalla 675, vogliamo capire quale collegamento c'è, se c'è, fra ricerca e innovazione e piano di settore perché nell'iniziale progetto di fonte governativa per la parte della ricerca applicata, si vincolava il Ministro a "individuare i temi della ricerca nell'ambito dei settori dell'attività di cui al comma secondo lettera a) art. 2 della legge 675 e sulla base degli obiettivi previsti dai programmi finalizzati relativi agli stessi settori approvati dal CIPI".
Questa dizione è stata soppressa. Come vedete mi sono ridotto ad un minimalismo inconsueto. Sono qui a sostenere la formulazione iniziale del Governo. Chiedo che si faccia quello che il Governo aveva scritto .



PRESIDENTE

Caro Alasia, le chiedo di rimanere nell'argomento iniziale perché sta illustrando l'ordine del giorno.



ALASIA Giovanni

Finisco.
Questo non l'ho capito. L'ho chiesto lunedì ad un Ministro che fu anche Ministro dell'industria e non me l'ha saputo dire.
L'ho chiesto al Presidente della Commissione Parlamentare dell'industria ed ho trovato uno stupendo attonito silenzio e la Commissione dell'industria è quella che interviene sulla materia legislativa.
Abbiamo pure il diritto di sapere qualche cosa da qualcuno.
Raccomandiamo alla Giunta l'impegno per la Commissione della componentistica, che è prevista dal piano, altrimenti la ristrutturazione nella componentistica, la farà qualcuno senza interventi pubblici e senza controllo.
Avevo il dovere di precisare anche questa questione perché era nell'intesa che l'avremmo portata contestualmente in discussione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signori Consiglieri, Signor Presidente, il problema della siderurgia che è un problema di grandissima rilevanza è oggi affrontato all'interno del Consiglio regionale del Piemonte, però noi diremo subito compiutamente che non intenderemo svolgere il nostro intervento esclusivamente dall'ottica regionale, perché chiunque vedesse la siderurgia nel suo complesso con ottica regionale, sarebbe perdente in partenza. La siderurgia è un bene fondamentale per un Paese industrializzato e moderno. Senza siderurgia non vi e che una possibile colonizzazione, cioè un'occupazione di mercato da parte di chi oggi, siano essi giapponesi, americani, tedeschi o francesi, hanno caratteristiche di capacità nell'ambito della siderurgia di più lungo tempo e di più lunga sperimentazione di quanto non abbiamo noi. Senza una siderurgia che sia adeguata il Paese soffre certamente, anzi se non ci fosse questa siderurgia si produrrebbero perdite di capacità produttive molto elevate. D'altronde quando si è colonizzati non vi pu essere possibilità di sviluppo industriale.
Allora bisogna accettare il principio che il nostro Paese deve avere un impianto siderurgico di alto livello, di alta produzione qualitativa ed anche quantitativa, anche se dal punto di vista quantitativo siamo limitati agli accordi nell'ambito della Comunità Europea e condizionati dal mercato mondiale.
Una visione organica del problema della siderurgia va ben oltre al territorio nazionale. Lo scontro ha carattere mondiale non ha carattere n nazionale né europeo e se vogliamo riportarlo nell'ambito europeo, dobbiamo dire che l'ambito europeo si scontra con l'ambito mondiale. Questo specifico carattere ha portato recentemente il Ministro delle partecipazioni statali negli Stati Uniti, per verificare la possibilità di eventuali accordi o di eventuali partners e per ricevere una collocazione sul mercato che non sia soltanto nell'ambito nazionale. Sarebbe erroneo ritenere che noi produciamo soltanto per il nostro Paese senza aprire a livelli di interscambio di tecnologia e di prodotti con gli altri Paesi.
L'altro tentativo che vogliamo sottolineare è il tentativo che fu fatto nella sede europea attraverso il piano che porta il nome di chi l'ha portato innanzi, Davignon, peraltro, senza apprezzabili risultati se oggi ci troviamo in queste condizioni.
Nell'ambito della Comunità Europea hanno resistito i poli più forti di antichissima tradizione, la Miteleuropa, la Ruhr o delle zone francesi.
Quel piano al nostro paese risultati soddisfacenti non ne ha dati perché oggi siamo qui a discutere di una situazione abbastanza difficile dal momento che quest'anno, dei 2.500 miliardi di perdita IRI, 2.000 miliardi vanno riferiti alla siderurgia, mentre gli altri settori "irizzati", quello della chimica, quello delle fibre o quello della meccanica, dopo una crisi travagliata di tanti anni hanno dato risultati non del tutto insoddisfacenti.
Su questo terreno siamo contrapposti nell'ambito della Comunità Europea e siamo contrapposti nell'ambito della Comunità mondiale produttiva del sistema della siderurgia, dell'acciaio e degli altri prodotti che si riferiscono alla siderurgia. Non si è ancora trovato un terreno comune di intesa sia pure soltanto sul piano della quantità dei prodotti da collocare attraverso una programmazione generale, mentre la contrapposizione ha portato a tentativi violenti di conquista del mercato che da parte della produzione giapponese che sta dilagando nel nostro Paese e sta confrontandosi con altri Paesi anche a tecnologia avanzata.
Il Giappone ha la stessa nostra situazione: non detiene materie prime e buona parte degli impianti risalgono al dopoguerra. Gli impianti di Genova di Piombino hanno tradizioni antiche mentre l'impianto di Taranto è totalmente nuovo. In questo rinnovamento di tecnologie sforzi se ne sono fatti.
In questi ultimi decenni sono stati investiti 19 miliardi.
Il bene siderurgia rappresenta un terreno di scontro che non ha precedenti nemmeno nell'automobile che invece ha trovato un certo assestamento anche se non ancora molto positivo e bene o male, si sta ricomponendo in modelli che potranno essere verificati nel futuro.
L'ambito della siderurgia ci fa ritornare ai momenti precedenti la prima guerra mondiale, laddove i tedeschi della RUR oppure delle zone più avanzate della siderurgia portarono gli Stati dell'Europa a scontrarsi anche per questo problema.
L'Italia è priva di materie prime, ma non di tecnologia.
La Teksid nell'ultimo decennio ha fatto alcuni investimenti che per non hanno prodotto grandi risultati e, riferendoci ai privati, investimenti più elevati furono fatti dai bresciani che hanno poi un prodotto siderurgico particolare, un mercato che ha delle difficoltà, ma non così gravi come l'intero comparto siderurgico nazionale.
Si direbbe che l'adeguamento tecnologico non sia mancato: la spesa è stata di 19.000 miliardi che, rapportata ai tempi di oggi significherebbe 50-60 mila miliardi.
Purtroppo oggi rileviamo che nel campo della siderurgia non siamo competitivi, il mercato presenta delle difficoltà e la caduta produttiva ha generato uno squilibrio talmente grave da essere rapportato a 2 mila miliardi.
Questo vuol dire che il Gruppo Finsider dovrà essere nuovamente ricapitalizzato e rimesso in corsa. In sostanza, non siamo competitivi o lo siamo nella misura in cui con denaro pubblico copriamo le perdite. Bisogna però fare attenzione a dire che il fenomeno della siderurgia è un fenomeno base per un Paese moderno e avanzato e che questo fenomeno deve esserci ad ogni costo.
Se dicessimo che questo bene equivale allo sviluppo di un Paese e deve essere aggregato nel momento pubblico e solo nel momento pubblico, faremmo un errore fondamentale perché non susciteremmo alcun interesse presso i privati quand'anche sia un tema difficile, perché la Fiat se ne spoglierebbe rapidamente se lo potesse poiché laddove guadagna non lo fa e laddove perde lo attribuisce allo Stato.
Dovrebbe esserci quasi una norma costituzionale che riconosca la siderurgia come beni come la salute e l'agricoltura; di importanza nazionale strategica eccezionale e non per questo però trovando soltanto ed esclusivamente protezione.
La nostra proposta è questa: no alla chiusura degli impianti. Quando si dice che la siderurgia è un bene fondamentale si deve anche dire che gli impianti che hanno degli investimenti tecnologici non devono essere abbandonati.
Ne consegue un problema delicato verso il quale dobbiamo avere maggiore attenzione. Il Ministro De Michelis portò questo discorso in varie occasioni a Taranto e a Milano.
Dobbiamo verificare se gli investimenti per la tecnologia portano al mantenimento dei livelli occupazionali.
Il piano che abbiamo di fronte e che dovrebbe trovare una sua definizione nell'ambito governativo parla di contenimento della necessaria riduzione di occupazione in circa 6350 unità al 1985, con graduale assorbimento del turnover e mantenimento dei livelli occupazionali a Bagnoli come da accordo sindacale.
I due lati delicati della vicenda sono come procediamo relativamente ai nuovi investimenti tecnologici e come ci collochiamo rispetto all'occupazione.
E' difficile il mantenimento dei livelli occupazionali quando la tecnologia ci porta a fatti avanzati. Dobbiamo tenere presente questo dato non attraverso una ristrutturazione selvaggia, ma attraverso l'inserimento dei meccanismi che permettano la ristrutturazione con il tempo, in modo da non creare quello che abbiamo chiamato il "momento selvaggio" che genera uno squilibrio enorme all'interno della società.
In Piemonte sotto questo aspetto sono in pericolo molti posti di lavoro. Come possiamo affrontare questo fatto? La parola più facile che ci torna alla bocca è: "l'Italsider comprende il bene pubblico della siderurgia" e noi dialoghiamo per vedere la sostituzione dell'Italsider con la Fiat.
Ma sarebbe un errore porre il problema in questo modo perch l'Italsider oggi soffre di illiquidità assoluta e di una serie di fattori negativi che l'hanno condizionata e le hanno fatto perdere migliaia di miliardi e soffre già di una condizione assai difficile. Noi siamo perch si apra il discorso della ricapitalizzazione della Finsider e perché si recuperi il confronto produttivo su scala mondiale.
L'accordo può essere fatto e un discorso ai privati bisogna pur farlo.
Non può il privato dopo anni di sfruttamento di risorse umane e tecnologiche dire che tutto questo non gli va più bene, che non gli piace più, che non gli rende più, quindi i settori speciali, quelli che rendono li tiene, mentre gli altri invece che dovrebbero dare il vero sviluppo vanno eliminati. Dobbiamo dire ai privati che essi debbono dialogare all'interno del privato e del pubblico, assumendosi tutta la responsabilità di questo comportamento.
Sollecitiamo quello che è l'accordo Teksi-Italsider. Si era quasi definito un accordo con alcuni industriali bresciani che avrebbero potuto intervenire anche nel settore per rimodellarlo su schemi che avevano avuto da lunghi anni risultati positivi.
La Fiat non può allontanarsi a questo punto. Questo è intollerabile rispetto. Sollecitare questo vuol dire dare fiducia ai lavoratori in Cassa integrazione o che lavorano ancora perché non si disperda un patrimonio umano e tecnico.
L'altro elemento è quello dell'energia.
Il prodotto siderurgico si produce con una incidenza dell'energia del 35/40%.
Il Piemonte per sostenere questo sforzo deve andare nella direzione che il piano energetico nazionale assegna. Entro l'8 giugno dovremo definire il nostro intervento.
Nella Regione si instaureranno processi di produzione energetica tali nel loro complesso da determinare un salto di qualità in questo settore portante. Allora bisogna andare avanti nel processo formativo del piano energetico nazionale. Non bisogna avere dubbi rispetto a questo. Certo, ci sono i problemi della sicurezza.
Non vogliamo essere quelli che pregano il Signore e poi non ci credono.
Noi preghiamo perché vi sia l'impianto energetico, crediamo nell'energia e crediamo anche nelle nostre capacità di poterla produrre.
Questo vuol dire che il nostro obiettivo è quello del recupero di competitività della siderurgia pubblica, mediante un organico coordinamento di iniziative atte a migliorare l'efficienza della struttura produttiva e commerciale, consentendo una pronta copertura delle perdite di gestione della società del Gruppo Finsider ed una idonea loro ricapitalizzazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Il dibattito sulla siderurgia avviene in un momento in cui prosegue pesantemente la crisi economica nel nostro Paese, a livello mondiale, a livello europeo, e in modo particolarmente pesante nei nostro Piemonte. E' vero che ci sono leggeri sintomi favorevoli: il contenimento dell'inflazione sotto il 20 % e la chiusura della bilancia dei pagamenti con un saldo attivo, e qualche prospettiva di ripresa si delinea per il secondo semestre 1982, come ha anche accennato il Vice Presidente Sanlorenzo nella sua introduzione. Abbiamo però di fronte a noi la pesantezza della crisi che emerge dalla quarta radiografia delle aziende presentata dalla Giunta, sulla quale ci siamo intrattenuti recentemente nell'incontro con la Commissione industria della Camera.
Fra gli elementi positivi c'è l'avvio della procedura sulla mobilità dopo una lunga attesa ed una lenta partenza. Faccio cenno a questo episodio non soltanto perché tra le liste di mobilità, ci sono tra l'altro, 500 e oltre lavoratori della Teksid quindi già connessi comunque in qualche modo al settore siderurgico, ma anche perché mi par giusto rivendicare al nostro Gruppo la priorità nell'avere richiesto rapidamente la costituzione della Commissione regionale dell'impiego. Nell'ottobre '80 quando dibattemmo il problema Fiat ci dividemmo nella formazione dell'ordine del giorno proprio su questo punto. Noi insistevamo che il problema della mobilità non poteva essere eluso, sarebbe comunque emerso e che era giusto inserire fin da allora un'iniziativa per portare avanti la formazione della Commissione.
Allora non ci fu l'accordo.
Successivamente, la realtà dei fatti ha reso necessaria ed improrogabile quest'esigenza. Si è costituita la Commissione, siamo riusciti finalmente a farla funzionare con molte difficoltà e adesso ad avvio avvenuto e dato che i mass media ignorano costantemente le posizioni della D.C. ed il suo apporto, richiamiamo questi fatti reali alla memoria del Consiglio e di chi ne segue i lavori. La Commissione non risolve i problemi, tuttavia è solo una tappa. I problemi dell'occupazione si risolvono soltanto con la ripresa economica, con la formazione dei posti di lavoro.
Condividiamo le preoccupazioni dei sindacati circa la recente caduta di tono della programmazione in Piemonte, al di là delle polemiche in ordine all'uscita di un documento segreto o non segreto, comunque reale espressione della posizione del sindacato, largamente convergente con le nostre valutazioni e con le nostre critiche in ordine alla lentezza nell'avvio di un disegno organico di programmazione nella Regione. Fatte queste osservazioni generali scendo specificatamente al tema della siderurgia. Concordo con Sanlorenzo sul fatto positivo che la Giunta si è ritagliata uno spazio per la trattativa e questo lo sosteniamo anche nel nostro documento. Crediamo che sia l'obiettivo da perseguire. Non possiamo però non tener conto che a questo dibattito siamo giunti per iniziativa delle Commissioni consiliari competenti IV e I e non per posizione assunta dall'organo esecutivo, il quale, certo non ha avuto il piano Finsider dal Governo, però sappiamo bene che il piano Finsider non è un mistero e che quando si vuole conoscere i documenti non segreti l'iniziativa politica per averli, per discuterli, per esaminarli, non manca a nessuno di noi ne pu mancare ad una Giunta regionale come quella del Piemonte. Quindi il ritardo nell'affrontare il tema c'è ed è un ritardo che non può essere assolutamente minimizzato.
La crisi della siderurgia esiste, è un dato di fatto, non possiamo certo esorcizzarla dicendo che è qualcosa di inventato. E' un fatto che è sotto gli occhi di tutti. Già altri miei colleghi hanno parlato della guerra dell'acciaio e dei problemi finanziari per sostenere l'industria siderurgica.
Viglione ha parlato dei 2000 miliardi di perdita della Finsider e sono dati reali. Ha azzerato il capitale due volte. Dobbiamo considerare che oggi la quotazione del titolo Finsider è 30 lire e che anche i risparmi privati (si è parlato giustamente di ricapitalizzazione) i quali hanno avuto fiducia nell'impresa pubblica e non speculativamente si sono impegnati al sostegno della siderurgia, vedono il valore nominale delle loro azioni scendere da 500 a 30 lire cioè a zero, quindi all'accumulamento dei loro risparmi. Si tenga poi conto del crollo dei valori monetari. E' una crisi che scatena una guerra per la quale l'Europa ha nella sua organizzazione una certa capacità di difesa, porta avanti questa battaglia.
In questa ottica si inserisce il viaggio del Ministro De Michelis negli Stati Uniti.
La relazione di Frignani parla di un calo della produzione da 155 milioni di tonnellate nel 1979 a 127 nell'80. Conosciamo tutti la necessità dell'applicazione dell'art. 58 del trattato di Parigi che enuncia la crisi manifesta del settore e le quote dei tassi di riduzione pesanti che certo dovranno essere riesaminate. Però, abbiamo visto che non solo nel caso Teksid siamo andati al di sotto delle quote che ci sono state date e ci significa che la crisi del mercato esiste, che la competitività delle nostre aziende è precaria e difficile. E' su questa sulla competitività che dobbiamo operare per garantire soprattutto i posti di lavoro che si fondono sulla economicità della gestione, aziendale.
Anche sulle cause della crisi c'è larga convergenza. C'è la flessione dei consumi nei settori dell'edilizia e dell'auto, soprattutto in rapporto alla capacità produttiva.
La crisi energetica ha spiazzato soprattutto l'Italia che puntava sulla produzione con i forni elettrici. Tutto si muove come vedremo poi anche dai dati occupazionali, dalla crisi del Kippur, dal fatto petrolifero. Il discorso della centrale - siamo perfettamente d'accordo - è un problema che va risolto e che deve essere portato avanti con grande impegno.
La terza causa è la penetrazione dei Paesi in via di sviluppo, i quali si organizzano, incominciano a diventare Paesi industriali, hanno costi di lavoro basso, si muovono in un'ottica di penetrazione che non può essere sottaciuta.
In questo quadro si inseriscono i previsti interventi strutturali e di razionalizzazione, il programma finalizzato per la siderurgia del 1979, il piano Finsider (che non è un documento fantomatico, sul quale ci si pu esprimere dato che gira da un anno in tutte le sedi politiche), la strategia di collegamento fra industria pubblica e privata. Strategia che il Governo porta avanti con impegno, che il Ministro De Michelis persegue e che è molto importante perché attua, in un momento difficile, un'unione di forze per lo sviluppo economico del Paese. E' un fatto che più volte abbiamo richiesto come forza politica e che dobbiamo considerare positivamente.
Questo progetto fra l'altro non va soltanto nel settore dell'acciaio perché è di più vasta portata, tocca il tema dell'auto e già si vedono alcuni risultati di questo collegamento che potrà anche essere rafforzato fra le industrie private e quella pubblica nel settore dell'auto e nel campo delle telecomunicazioni.
Chiaramente la Fiat mira alla concentrazione della produzione auto nella fase finale, nella fase del montaggio dell'automobile. E' il discorso di Romiti a cui tutti si sono riferiti. Nessuna azienda produce più in proprio l'acciaio, punta al discorso di razionalizzazione e di competitività e questo crea dei problemi. Dall'altro lato però il programma della Finsider punta a concentrazioni produttive, le quali configurino le nostre aziende come leader europee.
Abbiamo una produzione dispersa in vari enti produttivi, non sufficientemente concentrata, abbiamo aziende che pur essendo importanti non sono leader nei settori di produzione. Il progetto Finsider porta questo disegno di razionalizzazione.
Ne sottolineiamo gli aspetti critici e concordiamo con le valutazioni fatte dalla Giunta della Regione Lombardia in proposito, ma non possiamo non considerare come positiva la razionalizzazione del settore per renderlo competitivo e per far sì che rimanga nella difficile guerra economica un ente di capacità produttiva e di competitività tale da rimanere sul mercato.
E' giusto ricontrattare le quote certo, però siamo già sotto le quote! Questo significa che manca la competitività. Per quanto riguarda il Piemonte, le integrazioni dei prodotti laminati non costituiscono un grosso problema, sono dei progetti di razionalizzazione che non comportano problemi occupazionali di grosso rilievo, che hanno una loro sostanziale validità e che non possono certamente essere discussi.
Tema grosso è invece quello della costituzione della società mista per gli acciai speciali prevista sia dal piano Finsider, sia dalle indicazioni sentite dalla Confindustria.
C'è un rafforzamento della presenza pubblica in Piemonte attraverso questo intervento e questo aspetto non dobbiamo sottovalutarlo. E' un fatto che ha la sua importanza intanto perché diversifica la presenza produttiva.
Abbiamo sempre lamentato l'insufficiente presenza delle Partecipazioni statali in Piemonte; cogliamo almeno questo aspetto positivo che c'è nel complesso disegno: dobbiamo stare attenti che tutto ciò non vada di pari passo con un disimpegno della Fiat dal settore. Questa sarebbe la parte negativa del discorso.
E' importante seguire la formazione di questa società mista, che tocca i nostri problemi occupazionali (3.500 posti di lavoro). Dobbiamo anche fare un riferimento ai dati nazionali.
Sappiamo nella relazione di Frignani che i posti in Europa sono scesi da 712 mila a 602 mila nel 1980. Vi leggo i dati a fine 1981 divisi Paese per Paese. Evidenziano un' ulteriore discesa dei posti di lavoro in Europa a 549 mila.
Partendo dalla crisi del Kippur, la Germania aveva nel 1974 231 mila posti oggi ne ha 186 mila (perdita di posti 45.000 -20 %).
La Francia ne aveva 156 mila, ne ha 97 mila; perdita di posti di lavoro 59.000 (37%). L'Olanda ne aveva 24 mila, 21 mila adesso: perdita di posti 3.000 (12%). Il Belgio ne aveva 64.000 ne ha 44 mila, 20.000 perduti (31%).
Lussemburgo ne aveva 23.000 ne ha 13.000, 9.000 posti perduti (41%). Gran Bretagna ne aveva 198 mila, ne ha 83.000: 110 mila posti perduti (55%).
Complessivamente l'Europa perde 243 mila posti di lavoro su 792 mila: 30 dei posti di lavoro.
L'Italia aveva 94 mila posti di lavoro nel 1974: 96.000 nel 1981; unico Paese della Comunità che ha aumentato i posti di lavoro.
Per leggere nella storia bisogna dire qual è lo sforzo che hanno compiuto le partecipazioni statali per mantenere in piedi questa struttura quale prezzo ne ha pagato la comunità nazionale e l'assoluta necessità di procedere ad una razionalizzazione perché non possiamo andare all'infinito senza razionalizzare. Dobbiamo pensare con assoluta ragionevolezza che questa ristrutturazione, questa razionalizzazione difficilmente potrà mantenere l'impegno delle forze di lavoro e livello di oggi.
Per venire al discorso della bilancia dei pagamenti dobbiamo tenere presente che l'Italia è come il Giappone e come le nazioni che non hanno le materie prime. Quindi fatalmente siamo passivi nel settore. Il costo delle materie prime è pesante. Proprio perché non guadagniamo non c'è valore aggiunto su queste produzioni e la bilancia è in passivo. Questa è la realtà.
In questa difficile situazione si inserisce il problema che ci tocca da vicino: quello della Teksid.
Vedo il lato positivo dell'intervento delle Partecipazioni statali, va contenuto il lato negativo. Bisogna certo dire no ai licenziamenti, ma nello stesso tempo dire sì alle razionalizzazioni. Avviare i processi di mobilità se saranno necessari e nella misura in cui lo saranno. Attuire tutti gli effetti negativi della razionalizzazione sui posti di lavoro e puntare sugli effetti positivi per trovarci pronti alla ripresa economica con delle aziende vitali e capaci di garantire i lavoratori. Questa è l'unica strada sulla quale ci possiamo muovere.
Abbiamo presentato un ordine del giorno che tocca questi 5 punti.
Esprime un giudizio positivo sull'impostazione generale del programma finalizzato per la siderurgia, critica alcuni aspetti riguardanti la ricerca e la commercializzazione perché "le soluzioni previste in merito alla definizione del comparto acciaio speciali pur rispondendo a logiche di razionalizzazione e presentando la nota positiva di un maggiore impegno delle Partecipazioni statali in Piemonte comportano un ulteriore riduzione dei posti di lavoro nell'area torinese ed appaiono comunque ancora indeterminate negli assetti societari".
Chiediamo al Governo la ricontrattazione delle quote anche se la situazione di mercato è quella che è. Chiediamo alla Giunta l'impegno a seguire a fondo la formazione della società.
Chiediamo infatti di informare la Commissione Consiliare competente affinché si possa operare per fare si che gli effetti sull'occupazione dei processi di razionalizzazione siano contenuti e si evitino i licenziamenti si vada verso procedure di mobilità, si difendano tutti i posti di lavoro che si possono difendere, senza dire no prioritariamente alle razionalizzazioni che sono la vera garanzia perché il nostro Paese possa essere competitivo sono la vera garanzia per poter mantenere i posti di lavoro.
Solo se le aziende saranno in grado di produrre competitivamente vi saranno sbocchi positivi per i lavoratori in un sistema di mercato per gli stessi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti e viabilità

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il settore della siderurgia è quello che ha più diretti e stretti collegamenti con l'andamento generale degli altri settori produttivi interni e ha anche grandi vincoli rispetto allo scenario economico internazionale.
Credo non sia possibile in questo dibattito specifico affrontare l'uno e l'altro aspetto, tuttavia va tenuto presente questo quadro: da un lato le eccedenze di tanti settori per i quali la siderurgia era la fornitrice principale ad esempio il settore auto, quello degli elettrodomestici eccedenze legate ai vari e noti fattori di crisi aziendale, strette creditizie, carenze di innovazioni, calo della produttività, e dall'altro lato, il quadro internazionale che pone stretti vincoli alla siderurgia italiana.
Sotto questo profilo, la crisi del settore siderurgico non è soltanto italiana, ma europea e mondiale; il Consigliere Brizio ha citato una serie di dati che deve farci meditare. Basti ricordare la dichiarazione di crisi manifesta da parte della CEE a fine ottobre del 1980 in applicazione, per la prima volta dell'art. 58, del Trattato di Parigi, con la quale attraverso l'introduzione del regime di quote obbligatorie e con l'applicazione di tassi di abbattimento, si è avuta una riduzione del volume di produzione assai consistente, anzi, superiore agli stessi tassi richiesti dalla CEE (20 %per l'80 e 25% per il 1981).
Pare, a nostro avviso, che il piano dovrebbe meglio delineare la posizione, dell'Italia nel contesto internazionale, individuando un'azione più decisa del Governo italiano atta ad evitare, ad esempio, importazioni selvagge nel nostro paese o importazioni più o meno legali di prodotti siderurgici semi-lavorati, spesso cioè sotto costo. Si è realizzato un sistema "a colabrodo" che consente a certi paesi, in modo particolare alla Germania che utilizza certe esenzioni e concessioni particolari alle proprie aziende, di penetrare negli altri paesi europei.
Difficoltà sul piano internazionale rilevatesi con particolare enfasi anche ultimamente nel rapporto tra produttori della CEE e produttori USA a dimostrare che le difficoltà sono generali e che l'andamento della congiuntura mondiale è sfavorevole.
Da questo stato di crisi non si può uscire senza una rigorosa e seria programmazione tale da evitare di trovarci sempre di fronte ai fatti congiunti della Cassa integrazione, con l'unico rimedio di immissione pura e semplice di denaro pubblico che, fra l'altro, vista la situazione economica, sembra non ce ne sia più disponibile.
Se è vero che il settore siderurgico presenta problemi e necessità di ristrutturazione e riconversione, è assai opportuno il piano di settore per la siderurgia, settore strategico nell'economia nazionale.
Da questo punto di vista, ci pare che sia complessivamente condivisibile il piano nelle sue linee generali, specie per quanto riguarda la ristrutturazione organizzativa, puntando al raggruppamento delle aziende per settori omogenei e il risanamento finanziario allargando a livello di Finanziaria un ruolo di indirizzo strategico e di controllo.
Vogliamo però sottolineare la necessità di una più puntuale indicazione per ciò che riguarda la ricerca finalizzata tale da consentire un rinnovamento che contribuisca a uscire dall'attuale crisi. Aspetto quindi che va potenziato per migliorare la qualità dei prodotti, per realizzarne di nuovi e per razionalizzare i cicli produttivi: fare cioè dell'innovazione tecnologica una base di rilancio.
E' anche necessario che nell'interno del piano più spazio venga dedicato al settore della commercializzazione con il rilancio della Sidercomit, cioè della struttura commerciale che deve mutare la propria politica commerciale essendo mutati gli acquirenti con il nascere del settore medio e piccolo industriale.
Due sono le questioni particolarmente delicate: una riguarda il settore degli acciai speciali. Qui bisogna agire con rapidità per evitare i ritardi, ormai accumulatisi, in un comparto strategico e qualitativamente innovato dal punto di vista tecnologico.
Nel comparto esiste una pluralità di produttori. E' giusta l'altra delicata questione, cioè il rapporto tra il pubblico ed il privato. Viene quindi definita una strategia comune di azione tra Finsider e Teksid che dovrebbe comportare la costituzione di una società mista per gli acciai speciali. L'inserimento della fase di laminazione a freddo di larghi nastri della Teksid nel ciclo dell'Italsider per realizzare razionalizzazioni produttive e di mercato. L'integrazione dell'attività Inox della Teksid acciai con quelle pubbliche sotto la leadership della Terminox.
Importante è in questo caso ribadire la necessità della razionalizzazione produttiva ad alto contenuto tecnologico. Sotto questo profilo, la riduzione ipotizzata di posti di lavoro può essere presa in considerazione solo con una precisazione degli obiettivi di piano per ci che attiene all'aumento di espansione della produzione, specie per quelle con alto valore aggiunto e per ciò che attiene allo sviluppo della ricerca e dell'innovazione.
Noi viviamo particolari momenti di crisi, soprattutto in determinate zone del nostro territorio. Mi riferisco in modo particolare all'Alto Novarese, ai problemi che riguardano il comprensorio della zona Verbano Cusio-Ossola.
Riteniamo che se il Consiglio regionale non ricerca delle risposte complementari al grosso problema dell'occupazione, si rischia in questa sede di dibattere sì tutto il problema che riguarda la siderurgia, ma di non dare delle risposte concrete soprattutto alla richiesta di occupazione che ci viene rivolta da tali zone particolari.
Il Gruppo socialdemocratico ha voluto fare una ricerca di tipo internazionale per vedere se ci fossero condizioni o fonti alternative per dare una risposta immediata ai problemi che riguardano una parte del territorio. Abbiamo avuto dalla CECA una risposta alquanto interessante e positiva, e ci faremo portatori all'interno nell'ambito della Giunta per poter attivare immediatamente questa disponibilità. Disponibilità che facendo riferimento all'art. 56 del Trattato CECA e del regolamento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea, consentirebbe alla Regione Piemonte, attraverso il suo sistema bancario, di attivare circa 15 miliardi di interventi agevolati al tasso del 13 % nell'area di bacino che la Regione andrà a definire, il che consentirebbe in particolare alla Pietra, alla Ceretti e alla Sisma di creare condizioni alternative all'aspetto occupazionale che comunque al di là di qualsiasi condizione di ripresa si verificherà in una zona tanto delicata come quella dell'Alto Novarese.
La Lombardia sta attivando in questi giorni il suo primo intervento nella zona di Lecco per 15 miliardi aprendo possibilità alla media, alla piccola industria ed all'artigianato, addirittura sconfinando nell'ambito e legando l'aspetto occupazionale per i disoccupati o i cassintegrati del settore siderurgico.
Le promesse e le indicazioni date dagli operatori responsabili CECA ci consentono di poter disporre in tempi brevi dei 15 miliardi per la riconversione, settore che si aggiunge al grosso sforzo che la Regione sta facendo nella predisposizione dei piani di sviluppo in modo particolare per quanto riguarda la zona dell'Ossola.
Questo intervento avrebbe un tasso agevolato del 3% .
La Giunta si farà promotrice presso il Ministero del Tesoro che dovrà garantire per quanto riguarda l'aspetto bancario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a questo punto del dibattito dopo che hanno parlato tanti relatori con molta competenza su questo argomento, mi è difficile dire qualcosa di originale senza ripetermi.
Avendo la fortuna di avere una meravigliosa risposta scritta da una dattilografa molto capace, contrariamente alle altre volte che sono costretta a barcamenarmi tra appunti mal scritti, sarei tentata di dare alla Presidenza questa memoria chiedendo di inserirla tra gli atti del dibattito non rinunciando però a sintetizzare la posizione del Partito Repubblicano.
Sull'opportunità del dibattito avevo detto in sede di riunione dei Capigruppo che i problemi della siderurgia non si risolvono attraverso una seduta del Consiglio regionale. Concordo però con l'enunciazione fatta stamattina dall'Assessore Sanlorenzo che anche un dibattito in Consiglio regionale serve per smuovere, per dare un contributo, per portare avanti un problema che esiste anche nella nostra realtà regionale. D'altra parte non sono i repubblicani, da sempre fautori della necessità di integrazione tra la politica economica nazionale e le politiche regionali, a non voler essere presenti su un dibattito di questo tipo che riguarda 3500-4000 lavoratori ma, quando è in pericolo il posto di lavoro anche di un solo dipendente la comunità regionale attraverso la sua espressione politica massima che è il Consiglio regionale, deve fare sentire la sua voce.
D'altra parte la valorizzazione e il rilancio della Commissione consultiva interregionale come sede di partecipazione delle Regioni e delle scelte programmatiche dello Stato e come sede di mediazione dei diversi e contrastanti interessi regionali sono uno dei punti caratterizzanti del rapporto Regioni-Governo-Stato sul quale da tempo ci battiamo.
Ieri sera con molto interesse ho ascoltato la notizia che il Ministro Aniasi ha sollecitato il Parlamento o la Commissione competente l'avvio dell'iter per arrivare alla definizione della Commissione consultiva interregionale.
Il rapporto che presento è stato fatto dalla Commissione regionale del Partito Repubblicano industria e lavoro in connessione con la nostra Commissione economica nazionale, credo che contenga dei riferimenti abbastanza importanti.
Nel settore della siderurgia i problemi riguardano sia la Finsider, sia la Teksid e le altre imprese private elettrosiderurgiche. Per una efficace attuazione del piano Finsider approvato dal CIPI, si ritiene non utile perseguire il risanamento attraverso la sola settorializzazione degli interventi, cioè accorpando semplicisticamente alcune imprese private nella Finsider, o ricapitalizzando la Finsider stessa senza un'analisi di merito disaggregata delle singole imprese che fanno capo alla finanziaria pubblica dell'IRI. Il risanamento deve essere piuttosto cercato con attenzione lavorazione per lavorazione, stabilimento per stabilimento, rinunziando a condizionare l'interpretazione delle previsioni di mercato alla conservazione di capacità produttive esuberanti od obsolete e puntando al pieno recupero tecnologico e di valore aggiunto.
Il ventilato passaggio della Teksid alla Finsider può essere esaminato solo se esistono prove inconfutabili che così facendo l'industria pubblica recupera imprenditorialità e si risana e che il costo finanziario è compatibile con le risorse disponibili nella finanza pubblica per il settore siderurgico e per le aziende in crisi.
La lettera del Dr. Annibaldi alla Regione è la conferma, tra l'altro di un recupero di un rapporto giusto, necessario tra l'ente pubblico e l'azienda privata, soprattutto quando l'azienda privata ha questo tipo di dimensione, quindi di condizionamenti sull'intero territorio regionale e che questo fatto vada segnato con favore. Ci era parso negli ultimi tempi che questo rapporto indispensabile sembrava sfumato. Oggi questo rapporto esiste, c'è l'impegno della Fiat ad esaminare con la Regione, prima della definizione dei rapporti, l'intera problematica. Quindi ci auguriamo che da questa disponibilità di intenti comuni possano sortire effetti positivi.
Però il Consiglio regionale ha delle responsabilità che vanno oltre quelle che abbiamo enunciato finora e che sono quelle che ci derivano appunto dalla necessità che a 3500-4000 addetti vengano conservate possibilità di lavoro e tutti i risvolti sociali.
La situazione richiede un'azione ferma e coraggiosa e che quella strategia della verità che il Governo Spadolini ha introdotto nel Paese vada perseguita a tutti i livelli e quindi anche a livello regionale.
Il punto centrale di quest'azione consiste nell'uscire dal garantismo di quest'ultimo decennio e dalle illusioni che lo hanno accompagnato per entrare nella sfera della responsabilizzazione e dell'impegno a tutti i livelli da parte di tutti i soggetti operanti nell'economia. Si tratta cioè di passare da una concezione basata sull'occupazione ad una concezione basata sul lavoro. I piani per l'occupazione vanno sostituiti con una grande politica del lavoro e su questa vanno coinvolte le parti sociali.
L'impegno a controbattere la crisi del sistema produttivo del Paese in tutte le sue forme ha preso l'espressione emblematica dell'emergenza economica, ma da questa emergenza non se ne esce nei 6 mesi che sono passati dal momento dell'insediamento del governo Spadolini, soprattutto non la si supera senza una strategia di sufficiente respiro. Ecco quindi che i problemi da affrontare per riportare l'economia del Paese sulla strada della ripresa e dello sviluppo sono tanti e tali che occorre un impegno imponente e prolungato. Nel passato non il superamento della crisi economica, ma il solo tentativo di evitarla o renderne meno gravi le conseguenze avrebbe richiesto politiche di programmazione, che nonostante le reiterate pressioni esercitate per anni dai repubblicani non sono mai state adottate.
A maggior ragione dunque oggi il disegno di maggior respiro necessario deve essere sorretto da politiche di programmazione adeguate e tali da costituire un impianto strategico completo ed efficace. Non vedere tutto questo, non valutare in pieno la natura e la durata dello sforzo l'impegno necessario al riavvio del risanamento del Paese, significa sottovalutare i problemi e le relative conseguenze in maniera pericolosissima. Significa come diceva Viglione - fare un pessimo servizio alle nostre aziende pubbliche e private e quindi anche a quelle del settore siderurgico delle quali oggi il Consiglio ha voluto occuparsi, Ho voluto sintetizzare perch l'ora è tarda la stanchezza è molta.
Rassegnare alla Presidenza questo documento chiedendo che esso venga messo agli atti del Consiglio come contributo del PRI.
Nel nuovo quadro economico internazionale che si sta realizzando l'Italia non ha una chiara caratterizzazione, perché annovera impianti ed imprese tecnicamente ed organizzativamente valide accanto ad altre invece chiaramente fuori mercato. Inoltre la vitalità della sua industria è maggiormente concentrata nelle piccole e medie aziende, le quali sono sprovviste di reti di commercializzazione e servizi adeguati, specie per quanto riguarda la penetrazione all'estero. L'incapacità dell'Italia di essere presente con adeguata forza in settori nuovi non è bilanciata dalla tenuta in settori tradizionali, i quali sono minacciati dai paesi in via di sviluppo e talvolta anche dai paesi industrializzati, che, in determinate condizioni, possono tornare ad essere forti concorrenti del nostro paese.
Innanzitutto occorre ricostituire un corretto rapporto tra impresa e mercato, in modo che nelle imprese venga ripristinato in tutte le sue estensioni il concetto guida della economicità e della competitività. Ciò a tutti i livelli, nella grande come nella piccola impresa, nell'impresa privata e in quella a partecipazione statale. La nostra economia di trasformazione, soprattutto nei prossimi anni, nei quali peserà non poco l'incapacità avuta nel passato di attuare politiche adeguate in tanti settori essenziali, richiede soprattutto grande competitività. E' infatti il grado di competitività che determina il livello di valore aggiunto connesso con la nostra attività di trasformazione e quindi il livello della nostra ricchezza nazionale e, di conseguenza, la nostra capacità di importare. Tanto minore il nostro grado di competitività, tanto minore la nostra ricchezza, tanto minore la nostra capacità ad importare e di conseguenza a soddisfare i bisogni crescenti del paese.
La ricostituzione del rapporto con il mercato presuppone due elementi sostanziali: la difesa del risparmio e l'esistenza di sufficienti meccanismi di flessibilità connessi anche alla mobilità del lavoro. Questi due elementi implicano che la condizione delle imprese torni libera da molte delle pastoie esistenti sia in termini gestionali che in relazione alle leggi attuali.
In Italia il risparmio familiare risulta in via di insterilimento soprattutto perché non trova una via adeguata verso il settore produttivo sia questa una via diretta, come esiste in molti altri paesi tramite il mercato azionario, sia questa una via indiretta. A tale riguardo una attenta valutazione va fatta nella direzione di una normativa fiscale effettivamente incentivante gli investimenti e le contribuzioni in conto capitale. In molti paesi esistono detrazioni fiscali a favore degli investimenti, in Italia invece il sistema della tassazione scoraggia il flusso del risparmio verso l'investimento diretto, dirottato invece verso forme di investimento mobiliare o immobiliare ma lontane dal potenziamento del capitale di rischio.
In questo quadro l'intervento dello Stato attuato tramite il sistema della fiscalizzazione si conforma piuttosto ad elemento di compensazione rispetto alla struttura ed alle dinamiche dei costi di lavoro.
Nel quadro anzi detto va collocato un approfondito ripensamento delle leggi di agevolazione in particolare della legge di ristrutturazione e di riconversione industriale, non solo per quel che riguarda la parte relativa alla mobilità del lavoro (affrontata più avanti) ma soprattutto per quanto riguarda l'intera impostazione della legge. La legge 675 fu originariamente concepita come la legge programmatica di base per i problemi della ristrutturazione e riconversione industriale, cioè per i problemi di fondo dell'industria italiana.
Tuttavia tale legge non ha mai colto il problema della ristrutturazione e della riconversione industriale nella sua realtà: un processo che deve vivere in continuazione. La stessa concettualizzazione dei piani crea un ambito troppo schematico e non naturale nel quale il processo come tale non riesce a trovare collocazione così come trova difficoltà ad inserirsi l'iniziativa imprenditoriale con i suoi criteri di continuità e di innovatività. I repubblicani presentarono a suo tempo, come prima proposta una legge molto diversa che appunto partiva dalla differente concezione che il processo di rinnovamento, proprio in quanto processo continuo dell'industria italiana si era molto rallentato e, pertanto, occorreva fornire nuovi strumenti capaci di consentire alle imprese, sempre in stretta correlazione con le condizioni del mercato interno ed esterno, di riprendere con vigore questo processo. Proprio per tale differenza di impostazione i repubblicani si astennero dal votare la 675 al suo apparire.
In tale spirito e rispetto a questo diverso obiettivo la legge 675 va ripensata e modificata in modo da riportarla in osservanza con quanto ora detto e quindi capace di risolvere il vero problema per cui è nata. Infine tale legge dovrà essere concepita in modo da consentire una effettiva partecipazione delle parti sociali, in modo da coinvolgerli responsabilmente in scelte concrete e comportamenti definiti nel tempo.
Nella riformulazione della legge per la ristrutturazione e la riconversione industriale, il P.R.I. ribadisce la necessità che si recuperino le linee di impostazione ancora oggi valide del progetto del governo Moro-La Malfa del 1975. Per l'industria siderurgica, la chimica, la cantieristica, l'elettronica civile, la minerometallurgica non ferrosa sono stati elaborati dalle singole imprese piani di risanamento; in parte essi sono stati approvati dal governo, o comunque alcuni interventi di sostegno sono stati già deliberati.
Si ritiene che la natura dei problemi, la scarsità di risorse globali e la stessa esperienza negativa maturata negli anni passati su alcuni casi rilevanti, impongano la massima attenzione nell'uso dei mezzi finanziari e il parallelo recupero di vocazione imprenditoriale nei punti di crisi. Si ritiene anche indispensabile un tempestivo e rigoroso controllo da parte degli organi governativi preposti, nonché la responsabile sensibilità delle forze politiche e dell'opinione pubblica e che l'uso attento delle risorse ed il recupero di imprenditorialità divengano realtà. Se ciò avverrà, il risanamento delle gestioni economiche sarà accompagnato da un autentico rafforzamento dei posti di lavoro. In caso contrario l'occupazione difesa rimarrà un fatto appena nominale ma non più reale, così come capiterà ai crediti finanziari e a quelli di fornitura. Nel primo caso può darsi anche che le risorse finanziarie stanziate si riveleranno eccessive. Nel secondo caso il fabbisogno crescerà a dismisura e raggiungerà importi non sopportabili per la finanza pubblica, se non con grave aggravio per il paese.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Assessore al lavoro

Nell'acquisire i contributi che sono venuti dalla discussione in termini di analisi della situazione nazionale ed internazionale, quelli da parte del Consigliere Brizio che ci ha documentato sulla situazione occupazionale dei vari Paesi europei, quelli che ha suggerito il Consigliere Alasia per quanto riguarda la Sisma, la Ceretti, quelli del Consigliere Montefalchesi in ordine al rischio che l'azienda chiuda subito con chissà quale impatto con i lavoratori della zona, quali relative proposte avanzate dal Consigliere Cerutti per quanto riguarda i contributi CECA, argomento che avevo introdotto generalmente ma che avevo in mente esattamente nei termini che ha proposto lui; quelli contenuti nel documento che il Consigliere Vetrino ci ha consegnato.
Sulla base delle domande dei Consiglieri Alasia, Vetrino, Brizio andremo ad esercitare quello spazio politico che ci siamo conquistati attraverso un'azione paziente cominciata ben prima della riunione del tutto legittima della Commissione consiliare che ha preso l'iniziativa di istruire, di approfondire l'argomento, non appena abbiamo avuto sentore che questa questione avrebbe portato alle conseguenze che qui sono state paventate.
Non vedrei in contrapposizione l'iniziativa della Commissione consiliare con quella della Giunta. Dobbiamo cercare una metodologia di azione che faccia sì che lo spazio politico conquistato dia risultati concreti.
In questo senso la Giunta auspica l'unità delle forze politiche del Consiglio per cui è disposta a dare il suo contributo in qualsiasi sede anche questa mattina in conclusione di questo dibattito.
Su tutte le grandi questioni che riguardano l'occupazione e lo sviluppo industriale, se non si raggiunge una unità di intenti in Consiglio regionale, voglio capire con quale forza contrattuale andiamo ai confronti con i colossi dell'economia privata o con i grandi problemi dell'impresa pubblica.
Come gestiamo questo spazio politico? Annibaldi ha detto che per la fine del mese di gennaio dovrebbe andare in porto l'ipotesi di accordo.
Devo ricordare che questa ipotesi di accordo si prevedeva per la fine di settembre. Sono passati ottobre e novembre, vuol dire che l'accordo è complesso, non è facile, è un accordo pieno di ostacoli. La Fiat non aveva nascosto il fatto che non andava all'accordo solo per firmare, andava perché era mossa da un intento che era quello dichiarato da tutti di volere intese fra potere pubblico e potere privato; ma, a un certo punto avrebbe anche non firmato se fosse risultato che questo non risultava favorevole per nessuno e risultava un danno per tutti. In quel nessuno e in quel per tutti.
Non mi era ignoto il fatto che la Fiat tende ad un alleggerimento del settore e quindi nei suoi intenti c'è anche quello di portare questo settore alle Partecipazioni statali per una questione di economia aziendale.
Se un accordo è utile deve essere utile dal punto di vista della logica produttiva ed espansiva.
Di acciai speciali ce n'é bisogno nel mondo. Non è ipotizzabile uno sviluppo dell'industria mondiale basata sulle carriole o sullo sottosviluppo industriale. Non mi sfugge il fatto che la tendenza dell'occupazione in Europa e nel mondo è a calare. Posso accettare e persino perseguire l'idea di un aumento della produzione con una riduzione dell'occupazione, ma l'aumento della produzione è necessario perché c'è più bisogno su tutti i mercati europei e del mondo di un prodotto speciale di questa natura che è la base dello sviluppo di qualunque società moderna.
Non sono d'accordo di accettare una logica nella quale ci sia la riduzione produttiva, la riduzione dell'occupazione, un mercato più ristretto con guerre furibonde per chi conquista le quote che gli altri lasciano perdere.
Questa ipotesi deve essere respinta dalla Comunità Europea, da qualunque paese industriale, perché è un'ipotesi riduttiva.
Lo spazio c'è perché ribadito che prima di firmare l'accordo si fa la verifica. La prima decisione da prendere in questo dibattito è che alla verifica la Giunta vada con i Gruppi consiliari al di là dei documenti.
Dobbiamo saper utilizzare la forza politica di cui disponiamo con quella duttilità che i documenti a volte non hanno, per conquistare ciò che oggi non è conquistato.
In questo momento avremmo solo il potere di sparare contro qualcosa o qualcuno senza sapere come possiamo lavorare per ottenere l'incontro con il Ministro De Michelis che doveva venire a dicembre prima della sua malattia.
Vogliamo ottenerlo ai primi di febbraio, quindi in tempi coerenti con la prima verifica a livello regionale sulla vicenda Teksid.
Dobbiamo fare in maniera che la venuta del Ministro non sia soltanto un confronto tra la Giunta ed i Gruppi consiliari, ma sia un incontro con i lavoratori della fabbrica e con i sindacati. Altri paesi hanno avuto questi fenomeni in termini macroscopici prima di noi.
Non c'è un meccanismo europeo più perfezionato di quello della CECA nel dare quattrini e nel sostenere le politiche di riconversione per cui migliaia di miliardi sono stati utilizzati dalla Francia e dalla Germania in questo settore. Noi non li abbiamo mai utilizzati perché l'occupazione è stata quella, ma adesso li dobbiamo utilizzare pure noi non soltanto per la zona del Verbano-Cusio-Ossola, ma anche di Torino.
Quindi il mettere in moto tutti i meccanismi che consentono di disporre dei marchingegni che la CECA ha perfezionato è compito immediato ed urgente della Giunta regionale, dei parlamentari, delle forze politiche del Consiglio, dei parlamentari europei di maggioranza e di opposizione con i quali ho già contatto.
L'iniziativa che la D.C. annuncia per i prossimi giorni in Regione ha questi contenuti. Lavoriamo pure con punti di convergenza per una operazione che ha come controparte la CECA, la Comunità Europea quindi non basta l'unità della Regione Piemonte, ma ci vuole l'adesione e la spinta del Governo.
Inoltre non dobbiamo perdere di vista le questioni particolari della siderurgia minore che non sono nel piano Finsider, che pur tuttavia sono problemi occupazionali in zone dove non c'è una prospettiva di questo genere. Questa è la nostra angoscia più grave. In questo momento non è tanto difficile seguire i grandi problemi per i quali c'è qualche speranza di ottenere risultati simili a quello dell'Indesit - forse lunedì si chiuderà positivamente la vicenda della Pianelli-Traversa.
Permettetemi una digressione: lunedì pomeriggio si decide la sorte di 3.000 occupati diretti e 2.000 occupati dell'indotto della Pianelli Traversa, ci auguriamo di concludere quella giornata con un esito positivo per il rapporto che si sta instaurando con il sistema bancario.
Per i complessi più piccoli disseminati in tutto il Piemonte, la questione è molto più complessa ma la Regione conferma l'impegno a muoversi anche in quella direzione.
Sono d'accordo che dobbiamo ricavare una presenza maggiore delle Partecipazioni statali nella nostra Regione che ha avuto finora una presenza scarsa delle Partecipazioni statali.
La presenza attuale delle Partecipazioni statali in Piemonte non rappresenta una tragedia né dal punto di vista gestionale, né dal punto di vista finanziario, quindi si può pensare che le Partecipazioni statali in Piemonte si possano impiantare su una base sana e non contrassegnata da centinaia di miliardi di deficit, da fallimenti, da tragedie.
La conferenza delle Partecipazioni statali è un appuntamento importante a cui chiamiamo tutte le forze politiche del Consiglio. Se i Consiglieri ritengono di stilare un documento su tutte queste cose, scriviamolo pure.
Quello che ho detto è la linea sulla quale dobbiamo marciare tutti insieme e si potrebbe considerare la conclusione del dibattito. Se invece desiderano procedere ad una conclusione, la Giunta è pronta a dare il suo contributo.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Alasia. Ne ha facoltà.



ALASIA Giovanni

Le conclusioni che ha tirato or ora l'Assessore Sanlorenzo ci trovano del tutto consenzienti.
Mi convince soprattutto l'osservazione molto seria che ha fatto Sanlorenzo e cioè che contenuti, procedure, modalità, tempi di verifiche sono tali per cui sarebbe forse bene per tutti non irrigidire questa procedura in uno schema che, per tanto articolato che sia, comporta sempre un ordine del giorno.
Noi non presentiamo ordini del giorno e vorremmo sapere che cosa intendono fare i presentatori perché nel caso in cui gli ordini del giorno venissero mantenuti cambierebbe il nostro ragionamento. Insisto invece sulla presentazione dell'ordine del giorno che ho richiamato relativamente alla ricerca ed all'innovazione tecnologica. Su questo c'è l'accordo dei Gruppi e, per quelle ragioni di procedura aperte a Montecitorio che ho ricordato prima, credo debba essere votato in questa seduta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Stamane si è sviluppato un interessante confronto fra le forze politiche per quanto riguarda il problema della siderurgia.
Il riferirlo meccanicamente in un ordine del giorno, che pure ha avuto il pregio di fare emergere il problema in Commissione e quindi in aula significherebbe strozzare il problema, non definirlo bloccarlo sul suo nascere, quando invece dovremmo confrontarlo ulteriormente con il Governo processo dopo processo.
L'interessante dibattito di stamane ha fatto emergere una quantità di problemi, di idee, di capacità esistenti all'interno del Consiglio.
Tuttavia, pur apprezzando le proposte, non ci sentiremmo di ridurre una vicenda così importante, grave se non drammatica del nostro Paese, a un ordine del giorno che potrebbe non cogliere tutto il significato dello stesso dibattito.
Non ci può dividere su un problema così grande. Non proponiamo il ritiro degli ordini del giorno ma un approfondimento in sede di commissione e semmai il ritorno in aula del Consiglio nelle prossime settimane.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

A nome dei presentatori dell'ordine del giorno i colleghi Salvetti e Montefalchesi, accettiamo le considerazioni che sono state fatte dai Consiglieri Alasia e Viglione sulla votazione unitaria. Quindi accettiamo di non mettere in votazione il nostro ordine del giorno, con alcune brevissime considerazioni.
L'ordine del giorno è servito ad avviare questo dibattito importante in modo molto produttivo e molto positivo ed ha anche evidenziato come al di là delle competenze istituzionali ci sia la possibilità da parte degli organi politici ed esecutivi della Regione di esprimere opinioni nell'ambito delle decisioni da assumere.
Dalla relazione della Giunta e dagli interventi della maggioranza sono emersi impegni precisi sia in ordine al metodo con cui procedere.
Dalla posizione della maggioranza e della Giunta emerge una larga omogeneità su alcuni punti importanti: l'impegno per la non chiusura degli impianti, l'impegno perché l'integrazione Teksid-Finsider abbia un'ottica espansiva e non riduttiva.
In sostanza, il confronto tra la Teksid e il Governo deve riguardare la razionalizzazione del settore non per ridimensionamento; la presenza ed il ruolo dal punto di vista occupazionale, ma per aumentare la competitività e per affrontare i temi della commercializzazione e della ricerca dell'energia.
Accettiamo che l'ordine del giorno non venga votato nello spirito di quanto hanno detto il Vice Presidente Sanlorenzo e i Consiglieri Alasia e Viglione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Il nostro Gruppo ha presentato l'ordine del giorno perché rimanesse una traccia precisa e propositiva delle indicazioni che abbiamo evidenziato.
Accettiamo comunque anche noi di non mettere in votazione il nostro ordine del giorno con l'impegno però di riprendere i vari documenti dopo l'incontro in Commissione e con le Partecipazioni statali per uscire possibilmente con un documento che tenga conto di tutta la complessità delle posizioni.
Non chiediamo la votazione del nostro ordine del giorno, ma chiediamo venga posto agli atti del Consiglio.
C'è stato un intervento che ha fatto costante riferimento alla disponibilità della maggioranza. Nel nostro documento v'è una precisa presa di posizione sul problema. Vi sono aspetti propositivi e aspetti critici: si impegna la Giunta in ordine agli incontri con le Partecipazioni statali con la Fiat e con la Teksid e si tende a coinvolgere anche i Gruppi nel giudizio sulla definitiva stesura del progetto della nuova società che tanto ci interessa sotto il profilo occupazionale.



PRESIDENTE

Leggo, prima di metterlo in votazione l'ordine del giorno modificato da tutte le forze politiche, che riguarda la questione occupazionale e la Fiat, firmato dai Consiglieri Alasia, Brizio, Montefalchesi, Salvetti.
"Il Consiglio regionale del Piemonte manifesta viva preoccupazione per i processi in atto alla Fiat che registrano oggi e lasciano prevedere per il futuro un ulteriore aggravamento della situazione occupazionale.
Chiede al Governo che venga fatta una pronta verifica circa la coerenza fra i progetti e richieste di finanziamento da parte della Fiat e le linee del piano di settore auto e della conseguente delibera del CIPI.
In particolare il Consiglio regionale, di fronte al progetto 1457 per l'innovazione e la ricerca applicata, approvato in aula al Senato sottolinea l'esigenza che ogni intervento finanziario per l'innovazione e la ricerca sia coerente con gli obiettivi del programma finalizzato e la conseguente delibera CIPI.
Il Consiglio regionale inoltre, di fronte ai preannunciati interventi Fiat per la componentistica, chiede al Governo che venga costituita rapidamente la Commissione prevista dal piano auto affinché anche la riorganizzazione necessaria in questo settore corrisponda alle indicazioni nazionali di politica industriale.
Anche l'impegno assunto dalla Giunta per una rigorosa indagine sulla componentistica deve ora essere prontamente attuato".
Chiede ancora la parola il Consigliere Brizio, che ha la facoltà di intervenire.



BRIZIO Gian Paolo

Siccome il Consigliere Alasia ha toccato questo tema nel suo intervento mentre credevo si potesse ancora intervenire, vorrei fare una precisazione a nome del nostro Gruppo.
Siamo convinti che i fondi per l'innovazione debbano essere finalizzati e che non possano essere dati fondi pubblici senza questa garanzia di finalizzazione alla politica industriale nazionale. Per questo abbiamo siglato l'ordine del giorno anche dopo l'incontro con la Flm alla quale abbiamo preso parte Alasia ed io.
Non abbiamo voluto un esplicito riferimento alla legge 675, cioè al piano di settore, perché riteniamo che la finalizzazione debba esserci ma che non debba essere troppo vincolistica perché finirebbe di non dare i risultati che sono necessari per quella ripresa economica alla quale ho fatto cenno nel precedente intervento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Non sono firmataria dell'ordine del giorno, vorrei quindi esprimere la posizione del mio Partito su di esso. Indubbiamente il sostegno all'innovazione non deve essere visto come opportunità meramente finanziaria, quindi è bene che questo ordine del giorno raccomandi al Governo di attenersi ai programmi che ha predisposto e che si accinge a definire. Questo recupero dovrà essere perseguito con tenacia non soltanto nelle fabbriche, ma anche nelle strutture non direttamente produttive come sono le strutture amministrative e le strutture commerciali e dovrà essere il frutto del raggiungimento di una più moderna concezione dei sistemi organizzativi e di scala dimensionate nella produzione di auto.
Il programma della Commissione è importante quindi sono particolarmente d'accordo su questo aspetto ed annuncio il mio voto favorevole sulla proposta di ordine del giorno presentato. Grazie.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno.
Chi approva è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti in aula.
La prossima seduta del Consiglio regionale è fissata per il giorno 27 gennaio.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 13,00)



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