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Dettaglio seduta n.102 del 22/12/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Progetto di legge n. 121: "Piano Socio-Sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1982.1984" (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prosegue la discussione sul progetto di legge n. 121: "Piano Socio Sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1982-1984".
E' iscritto a parlare il Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Questo Piano Socio-Sanitario è il frutto di un reale coinvolgimento della comunità piemontese e delle esperienze decentrate e dovrebbe costituire un terreno di lavoro sul quale potrebbero svilupparsi altre esperienze regionali. Esso ha avuto varie modificazioni nel corso del suo iter anche perché ha dovuto fare i conti con le USL che con difficoltà stanno definendo i loro programmi di riordino dei servizi sanitari e socio assistenziali zonali. Il Piano costituisce un tentativo per esprimere linee unitarie di intervento e punta sul protagonismo delle USL. Credo che nel complesso possa essere giudicato positivamente, pertanto non si possono accettare quelle accuse secondo cui il Piano vorrebbe uniformare il territorio. E' estremamente l'opposto.
Nella definizione del Piano si è cercato di superare la difficoltà in ordine all'integrazione tra servizi sanitari e servizi assistenziali, in assenza della legge di riforma dell'assistenza e sulla base dell'esperienza di Comuni, di Comunità Montane e di consorzi di Comuni che hanno tentato alcuni spezzoni di riforma. Questo tentativo di integrazione ha raggiunto un livello sufficientemente positivo e tale da costituire un dato portante nel Piano Socio-Sanitario e socio-assistenziale.
Nella discussione nel quadro istituzionale e regionale e nelle realtà decentrate è emersa una certa difficoltà a recepire nella complessità e nella globalità la riforma sanitaria. E' una riforma che punta su tre momenti che hanno pari dignità: la prevenzione, la cura, la riabilitazione.
Non sempre però questi tre elementi vengono tenuti in sufficiente conto. Un Piano Socio-Sanitario, perché sia veramente finalizzato alla riforma, deve evidenziare con forza la prevenzione, in coerenza con il dettato della legge 833 e con le esperienze di questi anni condotte attraverso le lotte democratiche del movimento operaio e dei movimenti femministi.
E' inaccettabile il discorso della difesa delle strutture così come sono attualmente. Si dovrebbe sviluppare una critica costruttiva attorno alle strutture esistenti che sono essenzialmente fondate sulla cura e che non sono più coerenti con la riforma se non attraverso un processo di trasformazione e di riadattamento.
Il lasciare intatto l'esistente e sommare ad esso nuovi servizi comporterebbe rilevanti ed insostenibili costi e renderebbe dubbia la riforma sanitaria la quale richiede anche un mutamento di cultura sanitaria da parte delle popolazioni. Questo problema deve essere affrontato diversamente non avrebbe alcun risultato né un progetto di riforma, né un progetto di razionalizzazione, né un progetto di risparmio negli investimenti.
In questo piano vi è un altro dato qualificante: rapporto tra il pubblico e il privato. Nel piano si è puntato verso una sempre più qualificata presenza pubblica sapendo cogliere e valorizzare le esperienze private che, sul piano della specializzazione, sono serie e non speculative.
Un altro dato che si è cercato di sviluppare è il protagonismo degli operatori. Non si può avviare la riforma e definire un piano senza tenere conto degli operatori che vanno valorizzati e sempre più coinvolti sul piano della professionalità e della partecipazione nella definizione delle politiche a livello locale. La riforma si caratterizza per la riorganizzazione e la riconversione delle strutture sanitarie e per la gestione partecipata, il controllo democratico, il coinvolgimento dei cittadini e delle forze sociali e sindacali dopo le esperienze dei consultori familiari e dei movimenti nella fabbrica in ordine alla salute negli ambienti di lavoro.
Vorrei sapere quante sono le USL che hanno definito lo statuto ed il regolamento per affrontare concretamente la questione della partecipazione.
E' questo un dato fondamentale sul quale ci sono dei chiaro-scuri, delle carenze e delle insufficienze. Senza la partecipazione, la riforma rischia di bloccarsi.
Il Piano Sanitario contiene la parte socio-assistenziale in un quadro integrato dei servizi. Il contenuto del piano smentisce quanti affermano che in Regione esistono un Assessore di serie A e un Assessore di serie B.
Rimane aperto il problema sulla battuta che è stata fatta e che è stata oggetto di polemica di sanitarizzazione dell'assistenza. Questo è un problema reale, già affrontato nel piano e si misurerà nella capacità delle USL di realizzare un giusto livello ed un giusto equilibrio.
Il riordino dei servizi socio-assistenziali contiene alcuni principi che vanno salvaguardati, altri vanno realizzati. Importante è il principio della deistituzionalizzazione.
Il secondo principio è quello dei servizi sul territorio, altro principio è quello del mantenimento del proprio ambiente di vita.
Un tema molto dibattuto e controverso è quello relativo ai servizi residenziali, tema che non può essere affrontato né in termini schematici né in termini ideologici. E' importante misurarsi sulle esigenze che si presentano a livello di base, verificare la risposta alle esigenze, evitare il più possibile la istituzionalizzazione dell'intervento.
Il piano si pone il problema dei servizi residenziali alternativi alla famiglia quando la famiglia non è in grado di corrispondere alle esigenze degli assistiti. La proposta della comunità - alloggio mi pare un dato qualificante. E' una proposta che va intesa senza vincoli e senza schematismi e va intesa come esperimento Mi pare anche importante la proposta relativa alle case protette in alternativa al ricovero per i non autosufficienti, è una proposta che si misura con la necessità di uscire dal vecchio e discusso tipo di intervento.
E' stata dibattuta la questione delle case-albergo.
Non vi è dubbio che esiste una sola possibilità per la istituzionalizzazione dei non autosufficienti: quella della casa protetta.
Mi pare positiva la proposta relativa alle comunità - alloggio. Non penso che si possa ipotizzare un raggruppamento di comunità - allo 14: io di un numero superiore a tre o a quattro. Tali comunità che verranno collegate strettamente al territorio, potranno usufruire dei servizi collettivi avranno salvaguardata la privacy delle persone inserite, e non saranno dotate di personale specifico.
In questo quadro si inseriscono le IPAB. Al di là degli schematismi e delle divisioni di carattere ideologico e culturale, il problema delle IPAB va affrontato, certamente non con l'obiettivo di mantenerle allo stato attuale, ma facendo i conti con la realtà. Ulteriori approfondimenti avremo modo di farli quando discuteremo il disegno di legge 54 attualmente all'esame della Commissione competente.
E' indubbia la rilevanza del piano che costituisce un terreno di confronto e un punto di riferimento attorno al quale si potranno sviluppare momenti evolutivi a mano a mano che l'esperienza si calerà nella realtà concreta. Saranno importanti le verifiche che si effettueranno su tali sperimentazioni alle quali si potranno apportare i necessari e indispensabili aggiustamenti rispetto alla prima proposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la presenza dei due Assessori interessati al Piano Socio-Sanitario mi garantisce che il mio intervento sarà preso in seria e attenta considerazione.
La continua evoluzione del Piano Socio-Sanitario, dal momento della presentazione ad oggi, non ha permesso, fino alla seduta della V Commissione dell'11 dicembre u.s., di avere un quadro definitivo su cui tirare le somme.
Il librone azzurro con oltre 700 pagine, stampato in migliaia di copie si è ridotto alle 141 pagine del testo licenziato dalla Commissione competente (e questo è positivo, visto che saranno molti gli operatori e i cittadini che lo leggeranno), con modifiche sostanziali, frutto del determinante contributo dell'opposizione e dei ripensamenti, e non solo di quelli, della maggioranza.
Da un'analisi dei numeri effettuata "a bocce ferme", si evidenziano soprattutto nell'allegato 28, Previsione di piano, per la parte sanitaria ospedaliera che lasciano perlomeno sbigottiti.
Ho precisato parte sanitaria, perché per la parte socio-assistenziale il piano non contiene previsioni numeriche, riducendosi ad affermazioni di principio che, seppure importanti, non costituiscono certamente piano.
Crediamo sia opportuno far precedere le considerazioni sui numeri e sulle percentuali dalla rilettura di quanto previsto al punto 28) dell'allegato 1, laddove, novità del piano, si istituiscono i quadranti.
Il riassetto del comparto ospedaliero ha per obiettivo il riequilibrio territoriale delle dotazioni di servizi e reparti al fine di rendere di regola autosufficienti i Comprensori per quanto riguarda le cosiddette specialità intermedie.
Per quanto invece riguarda le specialità più rare, eccezion fatta per quelle per le quali sia richiesto un servizio unico per l'intero territorio regionale, il riequilibrio dovrà essere attuato con riferimento ai quattro quadranti nei quali viene suddiviso il territorio regionale.
E veniamo alle cifre che dovrebbero realizzare nella nostra Regione quanto sopra ricordato: Quadrante nord-ovest (Torino): popolazione 2.400.000 abitanti, 13.345 posti letto di cui 8500 nelle USL 1-23 e 4845 nelle restanti 21 USL per una percentuale posti letto abitanti di 5,50?.
Pur accettando il quadrante, quale momento unitario di erogazione dei servizi socio-sanitari all'interno di aree omogenee, è necessario rilevare che i posti letto per mille abitanti sono il 7?, nel Comune di Torino ed appena il 4? nel resto della Provincia. E questo, a nostro avviso, è la prima grave stortura.
Quadrante nord-est (Vercelli - Novara): 889.000 abitanti, posti letto 6128 pari a 6,86%, posti letto.
Quadrante sud-est (Alessandria - Asti): 705.000 abitanti, posti letto 4810, pari a 6,81?, posti letto per abitante.
Anche per questo quadrante è indispensabile rilevare che la provincia di Alessandria con una popolazione di 497.000 abitanti e 3780 posti letto arriva ad una percentuale del 7,6?.; quella di Asti con 208.000 abitanti e 1030 posti letto scende ad una percentuale inferiore al E questa è una seconda grave stortura pure esistente all'interno di uno stesso quadrante.
Quadrante sud-ovest (Cuneo): 547.000 abitanti, posti letto 3030, pari al 5,5?, posti letto per abitante.
E questo è lo squilibrio programmato più inspiegabile ed incomprensibile in quanto punisce il quadrante di Cuneo in modo inaccettabile nei confronti degli altri quadranti che hanno caratteristiche simili.
Questi sono i numeri (la mia estrazione dal mondo agricolo mi fa sempre privilegiare i numeri alle parole), siccome però la lettura dei numeri e la loro sottolineatura non è molto gratificante, mi limito a dire che nella distribuzione dei finanziamenti effettuata a luglio si ha conferma delle storture sopra denunciate in quanto si passa da una spesa media procapite di L. 327.000 in provincia di Alessandria a L. 296.000 in provincia di Cuneo e addirittura a L. 268.000 in provincia di Asti.
Questo significa che la spesa per l'assistenza sanitaria soffre di gravi squilibri all'interno della nostra Regione, squilibri che non possono certamente essere corretti con le previsioni sopra ricordate.
Non sappiamo se i colleghi Ferro, Revelli, Viglione, membri autorevoli della maggioranza, conoscano le motivazioni per cui il quadrante di Cuneo abbia assegnati quasi mille posti letto in meno di quanti ne dovrebbe avere se la percentuale posti letto popolazione fosse la stessa assegnata a quadranti aventi le medesime caratteristiche.
E non credo si possa portare a giustificazione l'esistenza nella provincia di Cuneo (ma non solo in essa) delle infermerie, se consideriamo che le proposte della maggioranza prevedevano la loro soppressione e che solo attraverso una dura battaglia del nostro partito alla quale, per la verità, si è aggiunta la voce autorevole del Consigliere Viglione, sono state recuperate ad una funzione, seppure parzialmente sanitaria.
Stupisce il giudizio dato dal Consigliere Gastaldi sulle infermerie che ha liquidato una esperienza centenaria delle nostre popolazioni con una battuta e dicendo che ritardano gli interventi sanitari, mentre, quale membro della Commissione, alle cui riunioni non ha mai partecipato, avrebbe potuto convincere in qualità di medico, noi, le popolazioni interessate e gli operatori interessati, con quegli approfondimenti che l'argomento richiede.
Si può accettare di far entrare la realtà infermiere nel discorso complessivo, ma diciamo subito che questa proposta non è sufficiente per sanare gli squilibri denunciati soprattutto nella formulazione approvata in Commissione dalla maggioranza.
Per questi motivi riproponiamo il nostro emendamento sulle infermerie e prevediamo nel contempo un aumento, seppure assai limitato (140 posti-letto non faranno giungere la percentuale del quadrante sud-ovest alle percentuali di altri quadranti) di posti-letto per alcuni ospedali del quadrante sud-ovest qualora non vengano stralciate (cosa prevista in un altro nostro pregiudiziale emendamento) le previsioni dei posti-letto esistenti nell'allegato 28.
Ci sembra che le nostre richieste siano chiare, profondamente motivate e confortate dai numeri. Nessuno ci accusi di campanilismo o di strumentalizzazioni se qualora le nostre richieste non siano accolte questi squilibri programmati saranno denunciati alle popolazioni interessate.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

Ieri ho avuto dalla delicatezza di qualche collega attenzioni di squisita amicizia che ringrazio, pur avvertendo che il carico positivo delle valutazioni è da ripartirsi sull'intera V Commissione.
Il mio però, ora, è un intervento "di parte" e non vuole né pu invocare coperture offerte dal ruolo di responsabilità avuto entro la V Commissione. E' un intervento che forse è meglio si svolga così, in questa fase di approvazione del piano, per la quale ogni animazione diviene utile al fine perseguito. Anche se chiedo alla cortesia dei colleghi di poter svolgere almeno una breve considerazione da una angolazione responsabile.
Ritengo che il lavoro svolto dai componenti la V Commissione possa definirsi una ricca esperienza politico- sociale che ha condizionato per almeno sette mesi la nostra vita di Consiglieri regionali.
Abbiamo girato il Piemonte, ogni Comprensorio, sentito categorie Ordini professionali, utenti, forze sociali, sindacali, messo mattone su mattone nella costruzione del momento partecipativo. Ci sono state tensioni e non poche, anche per la delicatezza e la robustezza della materia trattata, quasi che rifluissero entro la Commissione le tensioni, gli stati d'animo, la scontentezza, il confronto e la conflittualità che sono nella società e quindi nello stesso Consiglio regionale.
Tensioni entro la Commissione, tensioni fuori della Commissione (vedi lettera prof. Cassiano apparsa su G/7 del 14/7/81, nella quale, tra l'altro si legge: "Caro Vittorio, non devi stupirti se, in seguito al vostro comportamento antidemocratico e, se me lo permetti, irresponsabile, io vi accuso di apologia del fascismo, perché è proprio tale comportamento che ci fa rimpiangere il passato regime. Io vi accuso di sovversione dell'ordine pubblico, perché è proprio la vostra cattiva amministrazione che condiziona, impone, il nascere dei brigatisti rossi o neri. Io vi sfido...").
Una volta io stesso appresi dalla Stampa che se il piano era bloccato la causa era di chi sta parlando. E' stato registrato un serio impegno talvolta non disgiunto da sacrificio da parte dei colleghi, da parte del personale della Commissione che ha consentito, tra difficoltà note, di restare al passo con le esigenze, con ricorrenti puntuali aggiornamenti.
Per cui il grazie torna spontaneo per loro, dovuto, necessario, carico di umana considerazione.
Ci vorrebbe qui una riflessione ad alta voce e investe le difficoltà che noi, singoli componenti di una Commissione legislativa, incontriamo nello svolgere la nostra attività.
Riguardano quelle che ho accennato dianzi, le strutture, il modo di lavorare, l'impianto.
Si deve dare atto che taluni servizi esistono, es. l'Ufficio legislativo.
Si noti che nel volgere di una diecina di giorni ci siamo dovuti rivolgere per due volte allo stesso, ottenendone, tra l'altro, risposte tempestive; forse non era sin qui accaduto che un ente o una associazione consultati rassegnassero memorie, sottoscritte da autorevoli firme nel campo del diritto amministrativo, a contestazione della legittimità di un d.d.l.
Questo sta a ricordare la complessità, la delicatezza e l'importanza che riveste la materia trattata.
Ma per altri risvolti siamo stati tre mesi senza che ci fosse chi battesse a macchina i verbali, gli atti della Commissione, mentre - e ce lo poniamo per futura memoria - il problema delle consulenze, qualificatamente tecniche, a servizio della Commissione è un aspetto che dovrà essere recuperato, certamente non in forma concorrenziale ai consulenti della Giunta regionale, coi quali, peraltro, superata la fase iniziale, è stato instaurato un bonario rapporto e non solo all'insegna della semplice sopravvivenza.
C'è un altro aspetto, diciamo istituzionale, che mi ha preoccupato forse a torto, per cui la riflessione viene svolta a titolo personale anche se so comune a molti colleghi e riguarda la conferenza stampa con la quale a seguito delle consultazioni, il Presidente della Regione e i due Assessori del settore hanno presentato e rassegnato alla Stampa, nel luglio '81, la proposta di Piano Socio-Sanitario (edizione riveduta, corretta e riscritta rispetto a quella del 1980).
Io non so se questo fatto è stato valutato a sufficienza nel quadro dei rapporti e delle funzioni proprie della Giunta e del Consiglio.
Svolgo questo argomento evidentemente non per polemizzare, ma perch credo e sono convinto nella distinzione dei ruoli, contrario ad ogni appropriazione indebita.
Non che la Giunta non possa fare conferenze stampa, tutt'altro. e parlare di assistenza e di salute: una Giunta che si rispetti deve poter parlare al Piemonte di questi problemi, parlare della salute dei cittadini e, se lo ritenesse, del proprio stato di salute, ma che la Giunta regionale abbia rassegnato all'esterno - c'era addirittura il Presidente - un documento corretto e integrato a seguito delle Consultazioni svolte dal Consiglio attraverso la competente Commissione, supportato da un disegno di legge che ancora stava seguendo un suo iter procedurale, dopo tre mesi di consultazione, quindi ancora nella fase di formazione e di rielaborazione quando ancora pervenivano osservazioni da enti e USL e operatori, atto ripeto, ancora nella fase formativa, soggetto a ogni possibile riscrittura atto appartenente al Consiglio regionale, assemblea legislativa, desta qualche preoccupazione.
Direi - al limite - ma sarebbe stato ugualmente scorretto, che poteva essere il Consiglio regionale a svolgere conferenze stampa o di illustrazione del problema.
Né si può dire che c'era qualcosa di nuovo che legittimava tale comportamento. La sola novità poteva essere costituita dal disegno di legge, ma se ciò fosse stato valido, il Consiglio avrebbe dovuto procedere a nuove consultazioni.
Ritengo che con ciò sia stato stravolto il ruolo dell'assemblea legislativa, ridotta a funzioni di supporto dell'esecutivo, sminuita comunque la pur conclamata "centralità del Consiglio".
Nessuno se l'abbia a male per questa riflessione. ma quando ci vuole ci vuole.
Il piano risente di molti condizionamenti e di molte incertezze. Ha certamente alle spalle un patrimonio di studi recuperati da quelli dell'IRES, del CRPE e del CRPO, appartiene ai dibattiti, agli apporti, alle pubblicazioni e alle esperienze dei singoli e delle categorie, alla copiosa legislazione nazionale e regionale.
Ci fu un momento di incertezza non solo per il mancato riferimento al piano nazionale, ma per la stessa impostazione della Regione, anche riferita alla legge regionale n. 39 e alla 43 di programmazione regionale.
Si doveva stabilire se il processo di pianificazione doveva maturare con un prodotto calato dalla Regione, sul territorio, oppure salire dallo stesso con l'apporto dei piani di zona e di Comprensorio verso la Regione e, dalla stessa, rilanciato con un processo di sintesi e di mediazione sul territorio, in felice sintonia con quel richiamo di Enrietti, ormai consegnato alla storia del Piemonte per questo settore, nei tre passaggi essenziali: concreto, astratto che sale e viene ricalato per essere ancora concreto, tanto da far dire al capo dell'equipe incaricato di proporre il piano, in una seduta di Commissione consiliare, ancora nella passata legislatura: (ripeto il testo della registrazione "Non abbiamo avuto l'incarico di fare il piano regionale e probabilmente se l'avessimo avuto l'avremmo rifiutato perché non crediamo - che la formazione di un piano regionale possa farla un gruppo di esperti e possa svilupparsi un piano regionale di questa portata e con il tipo di problemi che dobbiamo affrontare che sono quelli di cambiare il motore all'automobile che è in corsa. il momento di piano è un momento che deve vedere una. dialettica tra le varie competenze istituzionale, dai Comuni a livello di zona, nelle forme consortili, ai Comprensori, alla Regione. Questi sono soltanto dei contributi di un criterio di fondo sui quali organizzare la conversione e la ristrutturazione dei servizi: sono elementi di ragione per la formazione dei diversi piani: vi saranno dei piani di zona, vi sarà un momento comprensoriale di piano e vi sarà un momento regionale di piano").
E' di fatto l'integrazione della partecipazione popolare con la partecipazione istituzionale.
Per poi proporre la sottile disquisizione, attraverso le pubblicazioni distribuite nel dicembre '78 "Criteri generali di programmazione e gestione dei servizi sanitari e socio-assistenziali". S'intende così introdurre una distinzione, sia pure non rigida, fra piano e programma in quanto pianificazione sta per "predisporre e predeterminare l'andamento e le caratteristiche di un fenomeno o di un insieme di fenomeni, per indirizzarli verso fini prestabiliti" e programmare sta per "predisporre strumenti operativi ottenuti mediante la proiezione degli obiettivi prefissati".
Cauto ottimismo.
Nella scorsa discussione, con una visione retrospettiva, partii dalla notte dei tempi (rievocando la rottura del quarto sigillo della Apocalisse): oggi, senza pensare che possa esistere un rapporto tra riforma sanitaria e l'Apocalisse, dovremmo poter guardare più avanti proprio nello spirito del piano "che prevede" e guardare al futuro della sanità, più in là delle scadenze dei trienni di piano, ricercare una immagine "salvifica" della programmazione sanitaria con i correttivi in corso d'opera, calata sul Piemonte degli anni 2000.
Con l'augurio che, chi viene dopo, possa dare di noi il giudizio che noi abbiamo dato dei nostri predecessori, valutando le iniziative nella giusta collocazione temporale entro la quale si sono animate. Già lo ha fatto ieri il Presidente Viglione, con un excursus storico di ampio respiro, dando prova di una non comune conoscenza della Patristica e dell'annuario dei Santi.
Oserei dire che dobbiamo guardare al futuro con cauto ottimismo.
C'è però chi ha scritto qualche tempo fa che in Italia abbiamo preso dal sistema sanitario inglese (al quale si è soliti fare riferimento) la parte peggiore e questo evidentemente non ci ha entusiasmato, mentre non molti giorni or sono abbiamo letto su La Stampa di Torino del 12/11/81 giudizi ancor più pesanti formulati da un ex Ministro, la cui parte politica, invece, ha avuto qui in Regione ed ha ancora una rilevante funzione nella introduzione e nell'attuazione della riforma sanitaria.
Il titolo dell'articolo é: "La Sanità perduta" e vi si legge: "La riforma sanitaria italiana è nei suoi dettami una delle più avanzate del mondo. A due anni dall'entrata in funzione sta provocando però, esiti disastrosi".
L'altro malanno sono le USL che con il loro operato hanno sconciato il giusto principio che ambiva a decentrare l'applicazione della riforma e ad unificarne la gestione alla base attraverso una efficiente partecipazione democratica. Ma invece della democrazia diffusa si è avuta la lottizzazione selvaggia al livello più basso. I partiti, con miopi contrattazioni, si sono divise le USL destinandole quasi sempre ai bocciati alle elezioni e ai piccoli ambiziosi di apparato. Così ad un esercito di incompetenti sono stati affidati patrimoni sanitari e ospedalieri spesso del valore di centinaia di miliardi e che avrebbero bisogno di capacità gestionali e tecniche di prim'ordine.
Anche se alcune Regioni di opposto segno politico, quali il Veneto e l'Emilia Romagna, hanno dimostrato che riforma ed efficienza non sono obbligatoriamente termini antagonistici, purtroppo, nella maggioranza dei casi, come ha detto proprio ieri Reviglio, "Le USL sono un disastro nazionale, uno dei più grandi errori della classe politica e i loro comitati di amministrazione non hanno la più lontana idea dei problemi di cui si occupano". Non bastano, quindi, nuove stangate o altri ticket sui pazienti per impedire lo sperpero: se non cessa la prevaricazione e la dissennata demagogia dei partiti per la sanità non c'è salvezza.
Per non dire dell'angoscia, che evidentemente deve avere travolto l'uomo politico, rilevabile nell'appello del Presidente Enrietti su La Stampa del 23/9/81: "Fermiamo la riforma, solo così potremo migliorarla" al quale faceva eco il Presidente della V Commissione consiliare: "Stiamo giuocando con una bomba ad alto potenziale. Dobbiamo agire con grande oculatezza, perché potrebbe scoppiarci tra le mani e causare disastri ben più gravi di quelli che già ci sono".
Per la D.C.: battaglia sui principi.
Ma qualsiasi intervento, da qualsiasi angolazione entro il sistema non può che rilevare la riforma - ricercata, voluta, accettata o subita - è entrata nel tessuto sociale del paese, è compenetrata nelle strutture negli operatori, nella gente e sarebbe un guaio se non riuscisse nonostante ogni migliore apporto, anche correttivo, a raggiungere il fine per il quale è sorta.
Sono personalmente convinto che: la riforma sanitaria, se non pilotata a Torino e a Roma, in termini di equilibrio, correttezza, senza furberie arroganza (nel senso di dire che il regime non sbaglia mai), con parsimonia per la spesa, potrebbe veramente saltarci nelle mani, e, lo dico senza esagerazione, rappresentare l'ultima "spinta al Paese verso il baratro economico e organizzativo".
Per la verità sono ancora convinto che la riforma è calata su una regione stabile e da sempre aperta ai problemi della salute e dell'assistenza. Mi rifaccio a istituzioni e a strutture di avanguardia, di animazione pubblica, di volontariato del privato.
Un tempo Torino era nota per i molti viaggi di speranza in chiave di recupero della salute. Oggi forse lo è un po' meno.
Il piano non può che costituire un momento della riforma, nella quale noi crediamo e senza invocare primogenitura di sorta, per la cui realizzazione a livello istituzionale, in ogni sede, affermo che la D.C. ha svolto quanto meno un ruolo comprimario per cui risibile - per non dire di più - diviene lo sforzo di chi in quest'aula ha cercato di riscoprire divisioni tra chi è a favore e chi è contro la riforma. Abbiamo quindi partecipato non in negativo al complesso progetto di Piano Socio-Sanitario accompagnandone la costruzione passo su passo, mattone su mattone giustificando con copiose argomentazioni, mi consenta qualche collega, (non è il caso mio) vorrei dire con "dotte argomentazioni" non disgiunte da ricchezza di sensibilità sui singoli dati sociali, talvolta svolgendo anche un ruolo modesto, ma pur valido, di riadattamento lessicale e richiamando il principio che comportava il distacco, laddove le linee si divaricavano.
Dal giugno 1981 all'ultima seduta della Commissione che ha licenziato il piano (11 dicembre 1981), mi consentano i colleghi di registrare, che c'è stata una nostra presenza percentualmente rilevante. E poiché ogni atto di programmazione si raccorda, si lega, si ispira o è supportato da una idea, da un principio - si dice oggi una filosofia -, che poi trova la sua animazione introduttiva nel momento organizzativo, il politico che crede in qualche cosa, prima ancora di offrire il suo contributo per perfezionare questa ultima fase operativa (diciamo volgarmente, in larga parte, All. 28 del Piano) affina le sue armi, le sue intuizioni, talvolta la sua esperienza, comunque il suo modo di sentire, perché il suo contributo si rivolga prima di altro a quella parte del piano che si rifà ai principi. E devo dire con tanta serenità che fa piacere leggere a pag. 15 quanto scrive il relatore Mignone: "In siffatta prospettiva va dato atto alle forze d'opposizione e segnatamente al Gruppo della D.C. di aver portato un significativo contributo di idee e di suggerimenti (spesso accolti) e di aver in ogni momento attestato volontà di comune impegno e spirito costruttivo pur nel rispetto sempre delle diverse impostazioni politico culturali".
Non c'è stato dunque un atteggiamento "giacobino" o clientelare o campanilistico, o peggio antiriformistico. Basterebbe solo pensare ai grossi temi: della tutela dell'ambiente sul quale abbiamo presentato addirittura una nostra proposta di riscrittura dell'intero Allegato della tutela materna infantile della salute in ogni ambiente di lavoro degli anziani, con un rifarsi ai problemi della geriatria, delle lungo degenze, della medicina antinvalidante, della riabilitazione, e delle stesse strutture destinate ad ospitare il cittadino abbisognevole di assistenza (Comunità alloggio - Case protette - Case albergo) ed ancora ad altri temi: dalla valutazione e verifica del piano, alla salute mentale agli handicappati, alle tossicodipendenze, all'educazione sanitaria, alla medicina sportiva.
Taluni principi sono irrinunciabili, a meno di voler perdere una connotazione, sconfinare in spazi che mal si legano con la nostra formazione culturale. Ne faccio oggetto di sottolineare ogni qualvolta ho l'occasione di affrontare l'argomento.
L'intervento della Regione nel settore della sanità, dell'assistenza della sicurezza sociale deve tendere a manifestazioni promozionali dell'uomo, attore, protagonista ed anche fruitore di questi servizi proponendo una logica di governo che in qualche modo non sia appiattita sul servizio dei bisogni primari, pur letti in chiave di globalità, entro un corretto processo di programmazione legato ad una razionale organizzazione del territorio (pensate la stessa Chiesa cattolica ne fa oggetto di ricorrenti convegni), ma sia in grado di recuperare gli aspetti e le tendenze personalistiche, con riferimento agli stati di bisogno dei singoli cittadini, in particolare dell'uomo che, trovandosi in condizione di menomazione, non ha dalla sua parte la capacità contrattuale insita nelle altre categorie.
E' una scelta qualificante che noti accetta il processo di massificazione proponendosi il bisogno dell'uomo singolo. Nella sua individualità, con la sua dignità - pur nel quadro di una programmazione per l'assieme degli uomini -. L'uomo al centro di un rinnovato processo di edificazione e di crescita della società civile, attorno al quale viene costruito e modellato un servizio, non più soggetto passivo, utilizzato strumentalmente, svilito condizionato; l'uomo promosso e non emarginato in un nuovo rapporto da costruire nel sistema.
Sembrerebbe quasi che sulle rovine, sullo sgretolarsi di recenti costruzioni, in apparenza robuste, sul rigoroso "delenda" perseguito nella demolizione del vecchio senza avere talvolta predisposto il nuovo, alle suggerite moderne aperture, si affacciano con prepotenza, con forza viva irrinunciabili richieste del cittadino, dell'uomo per partecipare conoscere e condividere nel bene e nel male il processo Socio-Sanitario della sicurezza sociale. Rivendicando a giusto titolo la risoluzione dei grandi problemi, ma indicando - dal Quartiere al Parlamento - pur nella complessità dei casi, l'esigenza di una risposta ai bisogni individuali: la rieducazione del deviante minorile il recupero dell'handicappato il recupero del singolo dalle sacche di emarginazione il reinserimento del dimesso dal carcere o dall'ospedale psichiatrico il recupero del drogato.
Pone interrogativi che investono costruzioni fino a ieri ritenute intangibili, non soggette a scalfitura, ma i cui scricchiolii oggi sono perfettamente udibili a distanza e toccano tanto il Welfar-State quanto i sistemi tipici dei regimi collettivistici.
Le società post-materialiste, o post-moderne, come si usa dire oggi, si riconoscono dall'emergenza delle nuove povertà, ricondotte a fenomeni individuali, quelle della sfera soggettiva: caduta dell'identità personale allargamento del fenomeno della droga ben al di là della nozione dei "paradisi artificiali" talvolta nel passato financo accettati da una certa letteratura o giustificati quale ribellione al sistema (Baudelaire) il nomadismo giovanile l'impoverimento dei mondi vitali e soprattutto incombente e terrificante: la perdita del senso del vivere, che può anche rifarsi alla frustrazione e all'appiattimento della struttura collettiva o all'allontanamento da una struttura ritenuta di "copertura" dal singolo.
Accanto alle nuove povertà in ispecie nel mondo assistenziale, insorge la rivendicazione dei nuovi bisogni che non possono essere risolti solamente in chiave di quantificazione della domanda e quindi del totale delle risposte, quanto in chiave della capacità che la società organizzata riesce ad esprimere per delle soluzioni singole calzanti sul singolo caso (tanto da dover verificare quale rimonta del momento istituzionalizzante possa effettivamente intervenire tra l'antica assistenza della Casa di Riposo - con proiezione di lungodegenza. - e il nuovo ingabbiamento intervenente con la Casa Protetta).
Se chi ha responsabilità di Governo nel dare una risposta resta al piano inferiore delle povertà assolute autorizza la gente a pensare che c'è un'incapacità nell'afferrare i problemi nella loro pienezza, oppure che si affrontano a senso unico, oppure che si enunciano principi ed indirizzi mai trasferendoli dalle enunciazioni sul piano della concretezza, creando le premesse per riaffidare spazi allo spontaneismo che pure riesce ad essere cavalcato con notevole carica di intelligenza e di generosità. Basterebbe pensare al diverso tipo di proposta che Don Picchi a Roma e Don Ciotti a Torino fanno alla società sul problema della droga, al ruolo dei centri anti-droga, alle posizioni dei medici della LENAD, all'emergente distinzione tra "tossicomane" e "tossicodipendente". E' un discorso che sulla dirittura di arrivo riesce a investire anche il rapporto tra attività pubblica e imprenditorialità privata (religiosa e laica) che qui non affronto, ma che costituisce un non lieve riferimento sol che si pensi ai posti letto privati (circa un ottavo di quelli pubblici con 60 presidi curativi privati contro i 140 pubblici).
E' un problema che va visto, affrontato e risolto in chiave di equilibrio, senza favoritismi, ma anche senza velleità persecutorie. Esso diviene ancora più delicato quando si parla di volontariato.
Qui, si tratta di un impegno in positivo. Lo Stato assistenziale, sta rivelando (nonostante spiegamento di risorse materiali e strumentali) parecchie rigidità e lentezze nel rispondere ai bisogni emergenti, in particolare a quelli individuali, dai risvolti drammatici: sembra di trovarsi in una fase nella quale paiono prevalere gli interessi della struttura amministrativa e burocratica rispetto alle finalità dinamiche di intervento.
La nostra gente guarda alla sicurezza sociale non come ad un concetto astratto, ma come ad una esigenza sentita con sempre maggiore intensità, di fronte ad una esperienza di vita che retta su pratiche e riti collettivi di massa ha una grande capacità di creare emarginazione e solitudine. Ritorna quindi aggiornato il tema delle "nuove povertà". Povero, talvolta, mi ripeto, diviene non solo chi è privo di danaro, ma la gente sola, i malati quelli che non hanno casa, non hanno lavoro, non assistenza, quelli che non si sono integrati nel "sistema". E allora il volontariato riesce a dare una prima seppur tenue e parziale risposta. E' destinato a sostituire la contestazione, il vuoto morale e la rinuncia con l'impegno personale, il servizio provvisorio con la continuità, la semplice assistenza con la promozione umana, l'improvvisazione con la preparazione e la formazione permanente, lo spontaneismo - quando è dispersivo e velleitario - con la funzionalità dell'intervento.
Le USL uguali davanti al piano? Ecco vorrei proprio affermarlo con forza che quanto ho detto ora esprime l'aspetto peculiare dell'intervento D.C. sul piano nel senso che e lo rivendico come "marchio", "sostanza" di un atteggiamento, ci siamo preoccupati - e qualcuno già ce ne fa addebito - più dei principi e degli indirizzi ancorché della distribuzione sul territorio delle strutture dagli stessi principi derivanti.
Così che quando adesso si è parlato della sopravvivenza con parziali compiti sanitari delle infermerie o di altre strutture già ospedaliere, non abbiamo dato nomi e cognomi a questa o a quella sede per salvarla, ma ci siamo rivolti al principio generale che abbiamo cercato di fare entrare nella legge: quello di non demolire una struttura se non è stata concomitantemente attivata quella alternativa ed ancora di non spegnere centri di riferimento sul territorio entro taluni dei quali il moto partecipativo e il sacrificio delle popolazioni erano riusciti - ed ancora lo fanno - a dare delle risposte serie, pur entro i livelli di modestia alla domanda di "salute".
Semmai altri dovranno proporsi degli interrogativi circa la revisione o la "elasticizzazione" che la maggioranza ha fatto su talune scelte rispetto alle previsioni della proposta di piano oggetto di deliberazione nell'aprile del 1980 e chiedersi se certe proposte della D.C. prive di forza in Commissione - i colleghi lo avranno rilevato - non siano state oggi riformulate non tanto per cocciutaggine quanto per risposta coerente non solo alle popolazioni interessate, ma alla stessa nuova riscrittura del piano.
Cosicché si stabiliscano, temporalmemte e spazialmente, trattamenti costanti, tanto da rendere almeno quasi uguali tutti i cittadini davanti al piano, per cui non si possa affermare che nel Piemonte tutte le USL sono uguali, ma talune sono più uguali delle altre.
Dogmatici e passionali.
Ho parlato di dogmatismo, le cui degenerazioni portano alla passionalità, al settarismo, alla discriminazione, fanno chiudere gli occhi davanti alla realtà oppure ti cambiano la targa sulle vecchie strutture e lasciandovi la sostanza delle stesse, te le etichettano con nuova nomenclatura, oppure ti propongono atteggiamenti "codini" tipici dei clericali di vecchia maniera.
E' quello al quale ho accennato dianzi per gli handicappati, è quello che ci esploderà tra le mani per gli anziani, è quello che sta ridicolizzando all'esterno questa assemblea legislativa sul problema degli ambulatori per i quali una legge licenziata dalla Commissione (non intervengo nella squisitezza o meno del prodotto) da almeno due mesi, dopo discussioni appassionate, consultazioni e code a non finire, riposa nella quiete di qualche anfratto della Presidenza e non è mai stata trasferita all'aula per la discussione.
E questo è inaudito perché l'aula dispone di maggioranza e di opposizione e se la legge è uscita dalla Commissione non gradita al Governo, può essere oggetto di ricorrezione qui in questa sede. Allora c'era un'urgenza che ci aveva fatto accantonare altri progetti ritenuti ugualmente urgenti, ora non se ne parla più. Evidentemente se ne parlerà dopo il piano per verificare se vi è compatibilità o meno tra l'una e l'altro, con risultati prevedibili e riconfermando i molti dubbi sul minato stato di salute di questa coalizione.
La passionalità è quella che abbiamo registrato all'indomani della nota sentenza sulle IPAB; è quella che fa riguardare con livore al settore privato per il quale è stato coniato un termine più riconducibile alla gerarchia ecclesiastica che non al processo organizzatorio: "Ruolo vicariante".
Ignorando che se ti convenzioni per 100 posti letto col privato e ne occupi 20, pagherai per 20, mentre nel settore pubblico avviene il contrario. Ignorando che nel più recente passato sono state contratte le più impegnative convenzioni col privato così che oggi l'indice del 6 ? posti letto per abitante, ritenuto ottimale e non valicabile, propone in talune USL presenze di posti letto tra pubblico e privato convenzionato pari a circa il 12%.
Eppure molto è già stato tolto dal piano, o almeno ricondotto a criteri di accetta potabilità.
Ricordo ad esempio: 1) il problema dell'assistenza psichiatrica.
Dove la società per perseguire il rinnovamento ha perpetrato non pochi atti di crudeltà. Nel I piano non se ne parlava quasi, ora è più diffuso e addirittura all'interno degli ex ospedali psichiatrici, si creano le comunità ospiti, le quali, checché se ne dica, ricalcano in forma che potrebbe divenire peggiorativa lo stesso assistenzialismo vecchia maniera.
Ti ripropongono il lavoro come mezzo di recupero, quello che ieri era chiamato "ergoterapia", già oggetto di condanna.
Ma io preferisco un Assessorato che si rinnova così; perché questo è l'unico modo per graduare nel tempo il perseguimento di taluni obiettivi.
(Santanera - fonte non sospetta - il 29/4/81 in sede di consultazione ci dirà che sono errabondi nell'area metropolitana 15.000 tra dimessi dagli O.P., anziani abbandonati, drogati, ecc.). Verso costoro le uniche attenzioni rivolgono i gruppi di volontariato, oppure quel tal fratel Carena del Cottolengo che vive le notti con questi emarginati.
Esistono su questo piano problemi a non finire. Pensiamo in una Regione dove su 40.000 posti letto 10.000 era psichiatrici. Arrivo da una provincia dove gli ospiti dell'O.P.P. erano 1.300.
Ma i posti letto riservati ai casi acuti sono ora circa 45.
Errore prima: 1.300 Errore oggi: 45 concentrati in spazi estremamente costretti e di recupero negli ospedali normali.
Per cui: rotazione e riciclaggio veloci sfruttamento ipocrita e ricupero di nascosto negli altri reparti (neurologia, ecc.) gli ammalati imbottiti di psicofarmaci i cronici (e ci sono costruiti dal sistema o per degenerazione della malattia) in giro per le strade o nelle case di riposo.
In Commissione è stato convenuto ed è un impegno introdotto nel piano che "entro il primo anno di piano si dovrà verificare la fase sperimentale dei servizi psichiatrici e dovrà essere presentata una legge per la tutela della salute mentale".
Richiamo per semplice memoria storica e in raccordo alla cosiddetta "passionalità", quelle che potevano definirsi "Perle" del piano, già contenute nella I stesura e cancellate dopo le consultazioni (B.U.R. aprile 1980): pag. 67: "Diritto del bambino di venire al mondo soltanto se desiderato".
pag. 9: obiettivo finale: "la chiusura di tutti gli attuali Istituti".
corretto solo ora, pag. 28 n. 62 - all. 1 edizione luglio '81.
Progetto anziani.
"iniziative atte a liberare almeno la metà degli anziani, oggi ricoverati in ospedali e istituti" ecc.
idem pag. 110 BUR 80.
Queste correzioni appartengono al buon senso, contrastano il "dogmatismo e la passionalità" tendono ad affrontare con realismo i problemi.
Ma ce ne sono altre da affrontare, dico da superare con atteggiamenti che non sono neppure definiti coraggiosi, ma che riscoprono il senso del realismo.
Abbiamo già detto del problema dell'anziano.
Il collega Martinetti ha parlato di come noi guardiamo alle previste strutture assistenziali, Comunità alloggio e Case protette.
Noi abbiamo proposto di individuare una terza unità assistenziale le cosiddette Case Albergo.
Non c'é stato niente da fare. Non si vuol sentire parlare di Casa Albergo.
Ma qui si bara al giuoco.
Perché le Case Albergo sono previste dalla l.r. 28 del '75 mai modificata e perché gli atteggiamenti della maggioranza davanti al diniego della Cassa Depositi e Prestiti a finanziarne una cinquantina sono noti.
Il 15/10/80 il collega Viglione, richiamando il caso del Comune di S.
Margherita, in dirizzava una lettera al Presidente della Giunta regionale all'Assessore all'assistenza e al Presidente della V Commissione affinch si trovasse una soluzione al problema.
In aula ridicolizzava addirittura la Cassa Depositi Prestiti perché non riusciva ad aggiornarsi sulle nuove strutture d'avanguardia e ne condannava la mentalità fossilizzata ancora sulle Case di Riposo o per ricovero dei poveri vecchi.
Vogliamo forse dare ragione ora alla Cassa Depositi Prestiti negando le Case Albergo? Altri colleghi del PCI (Ariotti e Bontempi) il 17/4/80 interrogavano sull'argomento il Presidente della Giunta regionale per "sapere quali passi intende compiere per rispondere positivamente alle giuste esigenze di tante Comunità locali" e con un tempismo degno di questa causa, a Consiglio regionale estinto (eravamo in campagna elettorale per il suo rinnovo) il 3/6/80 (non si protesti più dunque perché non si risponde alle interrogazioni) l'Assessore all'assistenza precisando che tali opere rientravano nei piani settoriali della Giunta regionale rispondeva riaffermando la volontà della Giunta regionale a risolvere positivamente le istanze.
Ed ancora il 26/2/81 una interrogazione a firma di colleghi del Gruppo PCI, i quali protestando contro il Ministro Andreatta, chiedevano determinazioni e iniziative perché potessero essere costruite o ristrutturate le 50 Case Albergo per gli anziani in sintonia con "le scelte di programmazione che in materia competono alle Regione". Questa dunque è l'ora della verità, dovrei dire in chiave polemica, non senza avere avvertito i 50 Comuni, già oggetto di altre attenzioni, di come stanno le cose, ma vorrei solo dire che deve essere l'ora del buon senso e sforzarci assieme per essere coerenti, non facendoci sentire oltre il peso dell'essere noi D.C. ancorati ai vecchi modi piuttosto che a proposte in sintonia coi tempi.
Così ci è parso in Commissione quando proponevamo le Case Albergo.
Vorrei, ora, recuperare brevemente qualche considerazione che è emersa nelle consultazioni e che appartiene ormai alla piccola storia di questo Piano Socio-Sanitario. Innanzitutto circa: L'opportunità del piano.
L'iniziativa può trovarci d'accordo, anche se è assente il Piano Nazionale, da mesi o da anni sulla dirittura di arrivo al Senato della Repubblica, ma non possiamo negare ad una Regione di organizzarsi alla luce del quadro legislativo esistente, richiamandosi, per quanto note, alle grandi linee del progetto di Piano Nazionale.
E' sì vero che siamo chiamati a disciplinare materia in continuo movimento (in agitazione se riferita al ruolo dei costi), per cui, ad es. i 3 progetti obiettivo previsti nella prima stesura del Piano Nazionale starebbero per divenire, nell'ultima stesura 7, con l'aggiunta di "4 interventi programmatori prioritari" (da noi recuperati sotto altra denominazione), ma si tratterà - e la legge regionale lo prevede - di aggiornare il nostro Piano allorquando sarà licenziato quello Nazionale.
D'altro canto il Veneto lo ha varato ancor prima della legge 833/78 di riforma e l'Emilia Romagna lo ha fatto ai primi di quest'anno.
La congruità del piano (quale risposta politico-organizzatoria raccordata al territorio) E' stato detto che trascura circa 1/3 dei 4.700.000 abitanti del Piemonte, in quanto l'assetto della città capoluogo è rinviato ad un "progetto poliambulatori e ospedali di Torino" che il Consiglio regionale dovrebbe approvare entro il primo semestre 1982.
Questa argomentazione è stata irrobustita da una nostra richiesta in Commissione di "un passaggio all'esame dell'articolato" sin tanto che non fosse stato predisposto tale progetto, al fine di licenziarlo col piano anche perché pur ritrovandovi all'all. 28 una registrazione dello Stato delle strutture esistenti entro l'USL da 1 a 23, con ipotesi di riorganizzazione delle stesse, indicata anche in una recentissima aggiunta all'all. 1 voce 36 e all'art. 16 del d.d.l., non si può dire che il problema sia stato risolto e ogni contraria affermazione non può ritenersi fondata, altrimenti non era il caso di preannunciare il progetto per il 1982 I semestre (se il piano contenesse effettivamente l'assetto organizzativo di Torino).
Per non dire che Torino non è Valenza o Pomaretto e il suo incidere sull'assetto delle strutture e dei bisogni dell'intero Piemonte è di grande rilevanza.
Non facciamone di questo problema un falso scopo, ma la cosiddetta opposizione deve pur poter rilevare che la prima bozza di piano - aprile '80 - stabilisce che il progetto Torino doveva essere formulato congiuntamente dalla Regione, dal Comprensorio e dal Comune di Torino entro l'anno 1980.
Quindi c'è stato di mezzo un anno entro il quale poteva essere definito il "Piano speciale di Torino", così da approvarlo in una coll'intiero piano regionale.
Proseguo per indicazioni schematiche.
Le aree di intervento.
Sono quelle della sanità e dell'assistenza diverso è il riferimento al quadro legislativo e di programmazione per non dire della spesa la Sanità può richiamare almeno un progetto del Piano Nazionale.
L'assistenza no la Sanità può rifarsi alla legge di R.S. la 833/78.
L'assistenza, purtroppo, non può riferirsi ad una legge quadro. Anzi e ciò costituisce un aspetto innovativo, stravolgente dell'impostazione regionale, alla Commissione affari costituzionali ed interni, proprio su proposta del PCI (tra i proponenti vi è la piemontese on. Molineri) è passata una modifica dell'articolo della legge di riforma dell'assistenza per cui viene stabilito che "i Comuni sono titolari delle funzioni assistenziali. I Comuni esercitano tali funzioni direttamente o attraverso le USL".
Lascio ai colleghi di immaginare cosa potrebbe accadere entro le USL dove un Comune delega le funzioni e magari l'altro le tiene per sé.
Per non dire che la materia è complessa e richiede valutazioni ugualmente complesse. Basterebbe pensare alle 1500 IPAB piemontesi la cui sorte è stata rimessa in discussione dalla nota sentenza della Corte Costituzionale 173 del luglio '81.
Poi c'è il problema del finanziamento, sul quale intervengono non pochi interrogativi.
Uno assai elementare: il piano prevede le comunità alloggio e le case protette, ma non le quantifica e non quantificandole non dà indicazioni di costi.
Questo è un intoppo e non da poco.
Ma il problema è più profondo ed investe il modo di essere, la carica di convinzione della Regione su questa parente povera della sanità.
E la Giunta regionale ci deve dire se intende fare un salto di qualità in direzione assistenziale.
Capisco che è un confronto dai riferimenti impropri perché diversi sono i canali di finanziamento delle due aree (non è trascurabile per l'assistenza quello degli Enti locali), però i 55 miliardi del bilancio '81 della Regione per l'assistenza, impallidiscono davanti ai 1.500 della sanità.
L'ho ricordata qualche tempo fa ed è emerso nella consultazione. La sola Provincia di Torino dispone di 22 miliardi, contro i 55 della Regione.
Si sta chiudendo l'anno dell'handicappato, la Provincia di Torino aveva a disposizione 11 miliardi contro i 3 della Regione ed aggiungo, vorrei dire con rabbia, che a fronte dei convegni e di altre cose, il settore pubblico non è nella condizione di dare risposte complete agli handicappati gravi, a quelli che le Province dimettono, alle nuove e alle vecchie istanze, per cui ancora una volta "il Cottolengo" diviene l'ultima speranza, anche se oggi non è più in grado di accoglierli perché strabocca di ricoverati.
Stiamo per entrare nell'anno dell'anziano, ma quanto appare sulla Stampa del 9/11/81, sotto il titolo "Regione, neanche una lira agli oltre 800 mila anziani", è raggelante.
Vi si legge: "Fra 23 giorni scatterà l'anno dell'anziano. E' un sistema per richiamare l'attenzione sul problema dei vecchi. Ma c'è subito da fare una considerazione negativa: la Regione che nel 1980 aveva messo in bilancio per il Progetto Anziani, 17 miliardi (e sono stati spesi tutti - dice l'Assessore cernetti - 5 miliardi solo a Torino) quest'anno ne ha stanziati appena 4 e l'anno prossimo nemmeno una lira".
Dobbiamo serenamente valutare questi aspetti, soprattutto se la sanità riuscirà a scaricare (come prevede il piano) i reparti geriatri e le lungodegenze, trasferendole in buona parte al settore assistenziale.
Ma all'art. 23 del d.d.l. emergono paure e vi si afferma: Art. 23 - Coordinamento della spesa sanitaria con quella socio assistenziale La Regione in sede di attuazione delle norme di cui agli artt. 20, 21 e 22 della presente legge e le USL. mediante l'utilizzo secondo il metodo della gestione programmata delle risorse ad esse complessivamente assegnate, devono tendere: a) ad assicurare la corretta destinazione delle risorse, evitandone un uso improprio b) a porre in essere gli interventi necessari per il superamento delle situazioni in cui inefficienze di un settore chiedano surrogazioni improprie dall'altro c) a garantire un uso integrato delle risorse per il raggiungimento degli obiettivi posti dal piano.
Diverso ci era parso l'orientamento della Giunta Viglione, allorquando deliberava ai primi dell'80 l'erogazione di circa 7 miliardi, assumendo a carico del Fondo Sanitario regionale gli oneri sanitari gravanti sulle vette assistenziali degli Istituti di ricovero per gli anziani.
Purtroppo la distribuzione era intervenuta solo per una parte delle USL. privilegiandole e sarebbe interessante sapere se questo privilegio non possa essersi radicato al punto tale da costituire una specie di riferimento alla spesa storica, creando evidentemente delle sfasature tra le diverse USL.
Ad ogni buon conto le perplessità rimangono e bisognerà pur dire che il Veneto e l'Emilia Romagna hanno il solo Piano Sanitario e non Socio sanitario. (L'Emilia Romagna però vi indica i presidi di carattere assistenziale zona per zona per le ovvie interazioni, cosa che non avviene da noi, mentre la Lombardia, con una prudenza che fa pensare, licenzia nell'agosto '81 una legge delle procedure per l'elaborazione del primo Piano Sanitario triennale e del primo Piano Socio-assistenziale triennale quindi due distinti piani, precisando che per i trienni successivi alla prima scadenza dei due Piani, la Giunta regionale provvederà ad elaborare un unico Piano Socio-Sanitario).
Direi che è materia sulla quale c'è da riflettere.
L'impianto e la lettura del piano.
Il piano nasce, è stato detto, da o con una sua filosofia. Viene varato con riferimento a linee e indirizzi.
Vi si può peccare per "eccesso", sconfinando nel "dogmatismo".
Vi si può peccare per "difetto", sconfinando nella "briosità garibaldina".
Vi è poi un problema di lettura e di agibilità del piano.
Per non rendere sospetta qualsiasi considerazione, non mi riferirò al Veneto, bensì mi richiamerò all'Emilia Romagna, fonte cara, talvolta all'altrui riferimento.
Devo dire che l'Emilia Romagna mi ha toccato.
Noi abbiamo un piano i cui indirizzi sono legati a pubblicazioni e a dibattiti intervenuti sul concludersi della II legislatura.
L'Emilia Romagna introduce il piano attraverso una legge del maggio '79 (dopo quindi quella di Riforma Sanitaria), legge minuta, complessa attenta, indica indirizzi, contenuti, disciplina le diverse facce del complesso problema sanitario (quelle sulle quali sono stati costruiti i nostri allegati da 1 a 28), costituisce il Comitato Tecnico Consultivo per l'esame degli schemi di piano proposti dai singoli Comprensori e addirittura precisa i parametri posti letto per mille per le diverse funzioni e definisce quelle degli ospedali multizonali.
Ed è proprio perché oggi si parla molto degli anziani senza volere rieccheggiare la recente copiosa produzione di stampa che leggiamo quotidianamente, che a mio avviso uno dei "distinguo" rispetto ad altre Regioni, che necessita di ulteriori correzioni e che ripeto è stato assunto dalla proposta di piano come elemento non correggibile, ripeterei dogmaticamente intoccabile è quello che si rivolge alle cosiddette "lungo degenze" che trovano dimensioni e spazi, talvolta ampiamente diffusi all'interno delle strutture ospedaliere, alla geriatria e allo stesso riabilitativo funzionale.
Non è per la verità che il riabilitativo funzionale e le lungo-degenze investano solo e unicamente il settore degli anziani, direi che lo investono però più di altri, anche se non è del tutto così.
Certo è che siamo nel cosiddetto anno degli anziani: abbiamo registrato la crescita "zero" della popolazione: è stato detto e scritto da più parti che per il settore materno infantile le attenzioni rivoltegli sono decisamente copiose e continuiamo a insistere senza possibilità di appello su di una scelta che apparentemente potrebbe essere qualificante, ma di fatto non lo è e che verrà a riproporre alla comunità organizzata e alla classe politica, alle forze sociali, agli operatori del settore, una serie di problemi quali quelli che abbiamo già incontrato ad altre fasce di intervento.
E' stato detto con chiarezza che non c'è opposizione preconcetta da parte nostra alla comunità alloggio e alla Casa protetta, comunque ai nuovi livelli di intervento fatta salva la sottolineatura per una estensione alla gamma delle strutture alla cosiddetta Casa Albergo.
Le riserve nascono dalla cosiddetta esperienza pratica e cioè che lo smantellamento delle strutture considerate dal piano, posto che lo siano deve avvenire pari passo con l'attivazione graduale delle nuove strutture.
Il piano, lo ripeto, non quantifica il numero delle comunità alloggio e neppure quello delle Case protette diversamente da quanto avviene (lo ricordo per memoria) nel piano dell'Emilia Romagna dove, addirittura per ogni USL, questi livelli di assistenza sono oggetto di precisazione, di quantificazione e di puntualizzazione.
Semmai noi vediamo queste strutture modellate e costruite in altra maniera, affinché non accada che, se questa è la strada che viene scelta non si debba registrare che nella Casa protetta l'assistenza sarà identica e per certi aspetti peggiore di quella praticata entro gli attuali istituti, in quanto il progetto di piano talvolta sembra confondere il concetto di invalidità totale con il forte deterioramento motorio e vengono messe assieme gli esiti stabilizzati di "ictus" con le "artropatie", le malattie neuromotorie dei giovani e addirittura con "l'equilibrio fisico" che si scompensa nella "cardiopolmoartropatie".
In pratica nella stessa Casa protetta gli affetti da tale scompenso vengono messi assieme ai "confusi senili" che non sanno lavarsi asciugarsi, pettinarsi, ecc. ai disorientati nello spazio e nel tempo, agli incontinenti, ecc; i cardiopatici e vasculopatici ancor lucidi di mente anche se non sempre autosufficienti - ma bisognosi di una relativa quiete conviveranno con i confusi e gli incontinenti, col dimesso dall'Ospedale Psichiatrico chiamato talvolta a manifestazioni da "raptus", con l'arteriosclerotico assente da se stesso e dagli altri.
Il piano di fatto trascura questi aspetti, mentre si diffondeva (cito la pag. 16 del progetto luglio '81) su taluni aspetti organizzativi del sistema igienico, dal flusso dell'acqua, all'altezza del water, alla comodità della poltrona bagno. che erano dispersivi rispetto all'impianto del piano e per fortuna sono stati tolti nell'ultima riscrittura.
Per carità, ogni Regione ha una sua autonomia ed è giusto che così sia e così debba essere.
La verità è che mentre da noi si promuove un processo di "estinzione" o di non istituzione di taluni reparti, ad es. di Geriatria, nel piano dell'Emilia Romagna è addirittura stabilito che lo 0,85 ? dei posti-letto siano destinati a questo settore; altrettanto senza quantificazione percentuale, fa il Veneto.
Francamente non riesco a capire questo atteggiamento di casa nostra, le cui code, oltre a dover definire la sorte di quanti oggi usufruiscono di questi servizi, dovranno essere anche recuperate in quelle valutazioni di carattere economico che ho fatto prima attorno alla spesa che per larga parte cessa di essere sanitaria per divenire assistenziale.
Per non affermare che appare strano, per non dire equivoco, il contenuto dell'ultimo comma della voce 39 all. 1: "Oltre ai reparti relativi alle specialità sopraelencate, in deroga a quanto indicato nel successivo paragrafo 45, cpv b), gli stabilimenti ospedalieri nei quali alla data del 31/12/79, erano in funzione reparti di geriatria, li conservano in esercizio, con l'obbligo di trasformare nel triennio la loro attività in quella di medicina antinvalidante".
Cosa vuol dire trasformare nel triennio la loro attività in quella di medicina antinvalidante? Sul "riabilitativo funzionale", e chiudo veramente questa parte, mi dovrei rifare alla più recente esperienza di Casale Monferrato, laddove il Sottosegretario alla sanità Magnani Noia inaugura un comparto forte di circa 120 posti letto, a suo tempo autorizzati dalla Regione, mentre rileggendo l'all. 17 si scopre che il massimo dei posti letto destinato a tale attività non può superare (e solo per pochi ospedali del Piemonte) i 15 posti letto.
Qui si potrebbe dare luogo a richiami di copiosa pubblicistica, di sostenuti indirizzi tecnico-scientifico, esattamente il contrario di tale impostazione.
Prendiamo atto che coi lavori della Commissione è stato stabilito un certo recupero perché inizialmente in chiave infantile, non era previsto un solo posto letto nel settore. Ora ce ne sono 15, ma innegabilmente il problema non è risolto.
Circa la lettura del piano.
E' stato abbattuto alla metà lo spessore del BUR 80.
L'accessibilità ne esce certamente facilitata, anche se nello sfoltimento è stato tolto qualcosa di più del necessario.
Sono aspetti pratici: il primo piano aveva una serie di doppioni, ma le tabelle, ripetute in modi diversi, ti consentivano però di avere il quadro d'assieme.
Ora è meno facile, per cui la sintesi può intervenire solo sommando le singole attribuzioni dell'al 28 (es. il quadro degli ospedali generali unici).
Rinvio alla considerazione già svolta da Lombardi sui riferimenti parametrici e sulla sinotticità del piano e che potrebbe non essere facile recuperare il fatto che il parametro, in termini di proposta meccanica possa contrastare con l'esercizio "storico" delle funzioni.
Ma bisognerà pur anco considerare che, se il riferimento ultimo della spesa sanitaria per USL sarà riconducibile al volume della popolazione, gli scompensi che ne deriveranno tra le diverse USL saranno copiosi, direbbero bloccati. Ritengo che la maggioranza non possa, non riflettere su quanto ha detto Lombardi.
Però, e vado a riferirmi ancora all'Emilia Romagna e non altrove, oltre al riferimento parametrico (6,80 posti letto per mille) nelle tavole illustranti le dotazioni delle singole USL vi si può trovare, addirittura i posti letto per le singole funzioni; vi viene disciplinata la grossa e complessa area del capoluogo regionale - cosa che non avviene da noi - e per ogni USL sono indicati anche i posti letto delle case di cura oggetto di convenzionamento e vi si accenna a quelle di indirizzo psichiatrico, si prevedono le comunità alloggio e le case protette (con quantificazione di massima dei posti).
Una riflessione sull'aspetto organizzatorio.
Riconosco agli estensori del piano che la soluzione quadranti è frutto non solo di fantasia, ma anche di intelligenza, anche se, "geometricamente parlando", la prospettazione di 4 quadranti potrebbe apparire impropria.
E' indubbio che il quadrante scoperto nel 1981 rappresenta politicamente parlando, "un buon colpo", in quanto attraverso l'aggregazione di più USL riesce a proporre una cassa di compensazione tra le tensioni locali e una riduzione di concorrenzialità, comunque invoca un congiunto sforzo di ricerca e di operatività.
L'avere scoperto il quadrante, indurrà la Giunta regionale a proporre una revisione della stessa legge regionale e a definire l'assetto organizzativo, o addirittura una autorità di quadrante, secondo uno schema mentale caro a Bajardi e già esperimentato per altre aree? Così come converrà, nel prossimo futuro, fare qualche valutazione che attenga al tema dei flussi di gravitazione delle popolazioni su USL diverse da quelle di appartenenza, talvolta ancora distinguendosi a seconda dei servizi.
Quindi il discorso della non rigidità dei limiti territoriali, da rifluire in quello più complesso e non poche volte emerso nelle consultazioni, riguardante le cosiddette "Aree elementari".
Constato che il piano, edizione luglio '81, rallenta rispetto all'edizione '80, la definizione dell'assetto dipartimentale.
Infatti dapprima si stabiliva che tanto la legge di dipartimentalizzazione, quanto l'attuazione della stessa intervenissero entro il I Piano triennale, ora tale processo viene avviato nel I triennio e completato nel II, con una evidente caduta di fiducia in se stesso da parte dell'Ente pubblico.
Qualcuno nei giorni scorsi mi faceva rilevare che la prima scelta di piano aveva il torto di essere prolissa, ripetitiva, talvolta con qualche contraddizione, però si proponeva obiettivi e tempi con una certa chiarezza, distribuiti con costanza ed equità su tutto il Piemonte (es.
determinazioni su certe strutture entro il triennio ecc.).
Ora passiamo da archi temporali che vanno dal semestre ai due trienni.
Non si è voluto definire sul subito il discorso della sede unica o doppia dell'Ospedale Generale, così come ha fatto l'Emilia Romagna: (Ospedale Unico con due stabilimenti) e per non volersi rimangiare subito una definizione (Ospedale Generale Unico in unica sede), e non sarebbe stato un delitto di lesa maestà, si è dato luogo alla cosiddetta teoria della relatività o della mediazione dell'assoluto.
La formulazione intervenuta a tal proposito all'all. 1 voce 34, a volerla definire originale è dire poco (ultima approvazione 9/12/81).
Quindi il piano fa nascere: a) Ospedale Generale Unico con unica sede.
b) Ospedale Generale Unico con due sedi (però con unificazione funzionale dei servizi e coordinamento dei reparti).
c) Ospedale Generale Unico non dotato di tutti i servizi e reparti (non richiamo l'istituzione Valdese per ovvi motivi, bensì quello di Valenza) ricadenti su servizi e reparti di ospedali finitimi.
Signor Presidente, signori Consiglieri, la materia appassiona, ma correttezza e buon senso invitano a smettere. A questo processo di piano il Gruppo DC ha partecipato intensamente. L'ho detto più volte e che vi parla ne ricorda lo sforzo, per avervi trovato in ispecie tra i colleghi di Gruppo, ricchezza di amicizia, generosa delicatezza umana, non disgiunta da apporti seri, attenti, intelligenti, che pur sono costati sacrifici. E di ciò, senza timore di dirlo, almeno sottovoce, sono grato alla Provvidenza.
Non vorrei dire che, al di là delle conclusioni alle quali perverremo in sede di voto, che questo piano ci appartiene almeno in parte perch forse non sarebbe del tutto capito, ma è certo che in esso - accettato o non - abbiamo cercato di mettere molto del nostro: quantomeno l'impegno che ci è stato largamente riconosciuto.
Quanto dissi sul taglio dato ai nostri interventi, sul ricondurre le nostre proposte a questioni di fondo e a principi, più che al cogliere una pur giusta e pulita rivendicazione di settore, allo sfruttare le molte anse di contrazione della capacità di reggersi della maggioranza, dovrebbe riproporre alle considerazioni di questa assemblea, spazi e contorni di un disegno, che non possono che appartenere ad una forza che crede in un messaggio politico e cerca di tradurlo nelle istituzioni a servizio della comunità, coprendo, oggi, spazi che più che dell'opposizione dovrebbero essere del Governo del Piemonte, con un ruolo che necessariamente non pu essere surrogatorio della gestione, ma è rigorosamente propositivo e dovrebbe indurre i quadri dirigenti della Regione, le forze sociali, i partiti a guardare con più acutezza ai problemi della salute del Piemonte globalmente intesa, politicamente definita.



PRESIDENTE

La parola alla Giunta per le repliche.
Ha chiesto di intervenire l'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Ritengo doveroso ringraziare quanti sono intervenuti. L'interesse dimostrato è vivo sia da parte della maggioranza che da parte della minoranza le cui proposte sono state positive e hanno indubbiamente contribuito anche al miglioramento del piano.
Un particolare ringraziamento va al mio Capogruppo che è sempre stato presente e che ha profuso capacità e generosità nell'elaborazione e nella discussione che ci ha impegnati per mesi.
Alla prima osservazione, che definisce questo piano solo sanitario devo ribadire quella che è una mia convinzione: che la scelta della Regione Piemonte è stata invece di un piano integrato che si pone all'avanguardia.
Questo piano è stato in questi mesi rielaborato, ha subito un approfondimento, una puntualizzazione, una riprecisazione e per noi significa non tanto un punto di arrivo ma un punto di partenza che consentirà l'attuazione precisa e puntuale sul territorio. Tutto questo ha incontrato molte difficoltà in mancanza di una legge nazionale sull'assistenza che stabilisca normative precise sul personale e sulle risorse. Si dice che in questo piano c'è molto di sanitario e poco di sociale: mi chiedo se questo giudizio deriva dal numero delle pagine. Noi riteniamo che alla base del piano vi sia un concetto innovativo della qualità della vita e l'obiettivo di far uscire le persone dalla condizione di emarginazione e di solitudine e questo concetto è in coerenza sia per quanto si riferisce alle strutture che ai servizi.
Per gli anziani abbiamo previsto strutture protette per i non autosufficienti (dobbiamo intendere questa non autosufficienza in senso lato) enormemente più restrittive delle attuali case di riposo dove convivono anziani autosufficienti e anziani non autosufficienti. Queste strutture non devono avere grosse dimensioni e non devono diventare dei lager, ma devono avere una capacità di ricezione di 30/40 letti e devono essere distribuite capillarmente sul territorio proprio per non allontanare l'anziano non autosufficiente dal suo contesto sociale.
Per gli anziani autosufficienti, ricoverati per motivi ambientali psicologici, economici o per altre cause come lo spopolamento delle montagne e delle campagne, abbiamo previsto le comunità alloggio e ci fa piacere che anche l'opposizione abbia accolto questa proposta. Non riteniamo invece di poter accettare le case-albergo che a nostro avviso ripropongono, con una nomenclatura diversa, la vecchia formula delle case di riposo che suona come istituzionalizzazione ed emarginazione.
Le case di riposo di vecchia concezione sono molte e in gran parte dove è possibile, devono essere riconvertite in strutture protette. Il Consigliere Bergoglio ritiene che il costo delle case di riposo sia inferiore di quello delle comunità alloggio, ma non tiene conto che, mentre nelle case di riposo esiste personale socio-assistenziale che incide per il 70 % sul costo complessivo, questo personale non è previsto nelle comunità alloggio per anziani autosufficienti. Anche per quanto riguarda gli handicappati abbiamo operato con l'obiettivo di non emarginarli e di farli vivere nel loro contesto sociale e abitativo.
Abbiamo previsto le comunità alloggio per i minori deviati e per quei minori che, a causa delle condizioni disastrate delle loro famiglie, sono ricoverati negli istituti.
Al concetto di non emarginazione, di deistituzionalizzazione siamo coerenti sia per quanto riguarda le strutture sia per quanto riguarda i servizi.
Indubbiamente la parte più ampia del piano è dedicata alla sanità che considera struttura per struttura. Questo non è avvenuto per l'assistenza che da secoli è affidata a forze spontanee che hanno realizzato strutture varie che, il più delle volte, operavano in modo non coordinato le une dalle altre.
Con l'analisi scientifica che intendiamo promuovere in quest'anno che è dedicato all'anziano, avremo una mappa precisa delle strutture esistenti che dovranno essere ristrutturate secondo le nuove linee programmatiche, i nuovi indirizzi e i nuovi criteri, e delle strutture che non è possibile riconvertire o perché troppo fatiscenti o per dimensioni troppo estese.
L'obiettivo è di distribuire razionalmente le strutture per handicappati gravissimi, che non possono essere inseriti nei centri socio-formativi o nella formazione professionale o nel lavoro, e per anziani.
Gli abitanti della zona valuteranno il luogo in cui dovranno sorgere le strutture nuove.
Attribuiamo molta importanza alla formazione del personale. Non ci potrà essere una assistenza migliore e più qualificata, sia che essa avvenga all'interno delle strutture sia che avvenga al di fuori, se il personale socio-assistenziale non sarà qualificato. Sono stati deliberati alcuni corsi di formazione. Una consistente fetta del bilancio è stata messa a disposizione dei corsi di formazione del personale socio assistenziale e già sono iniziati i corsi per gli assistenti domiciliari per operatori degli asili-nido e per assistenti dei consultori.
Si è fatto accenno in quasi tutti gli interventi alle scarse risorse a disposizione dell'Assessorato dell'assistenza. Non c'è dubbio che le risorse sono molto scarse. Vorrei ricordare che il nostro Paese non ha mai fatto scelte in campo socio-assistenziale e gli ultimi tagli operati dal Governo colpiscono soprattutto i settori sanitario e socio-assistenziale.
Siamo coscienti che un buon progetto e buone linee programmatiche diventano puramente velleitari se non sono sorretti dagli stanziamenti.
Mi auguro - e credo che così avverrà - che la Giunta dimostri in materia di assistenza una sensibilità maggiore di quanto non abbia mostrato il Governo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Innanzitutto mi associo alle valutazioni della collega Cernetti nell'esprimere un giudizio positivo sul lavoro svolto in questi ultimi sette mesi all'interno della Commissione e degli uffici regionali.
Il collega Beltrami si è riferito alla conferenza stampa che si è tenuta per la presentazione del nuovo testo, ma lui sa quanto sia restio ad utilizzare sistemi di questo genere. Penso piuttosto che il tempo possa aiutarci ad andare ad una crescita complessiva.
Vorrei esprimere qualche valutazione di ordine generale.
In sede di V Commissione, al termine delle consultazioni, ci ponemmo il problema se la Commissione avrebbe proceduto di per sé nel processo di messa assieme di tutte le osservazioni che erano provenute dalle consultazioni, o se non era più utile dare alla Giunta, che è più dotata di strumenti tecnici, il ruolo del riordino. L'orientamento assunto in V Commissione ha dato i propri risultati. Qualche collega ha contrapposto la prima e la seconda stesura e ha fatto considerazioni varie, io sono più abituato a guardare al sodo. Mi preme evidenziare che il tempo intercorso dalla presentazione avvenuta nel mese di febbraio 1980, il confronto successivo effettuato dalla Giunta e l'opera di informazione, di presa di coscienza da parte delle USL e della comunità, hanno creato un terreno molto più fertile rispetto al precedente. Delle masse di considerazioni, di proposte e di critiche pervenute abbiamo fatto tesoro (circa 190 gruppi di proposte delle quali circa 150 sono state immediatamente accolte nella nuova stesura del testo). Più di un collega ha considerato importante i passi avanti compiuti nell'assetto formale che ha colto gli adeguamenti della seconda stesura del Piano Sanitario Nazionale; per esempio, il capitolo dell'Oncologia e delle malattie cardiovascolari, ignorati da altre Regioni.
Abbiamo introdotto alcuni aspetti che hanno una particolare rilevanza sociale, problemi che interessano grandi numeri e che si concretizzano nei capitoli della prevenzione e della riabilitazione. Abbiamo fatto un lungo cammino e siamo cresciuti tutti insieme: facciamo della programmazione sanitaria con la cultura della nostra epoca, ma - mi si permetta di dire con la non cultura della programmazione.
A nome degli amici e dei compagni dell'Emilia Romagna, debbo ringraziare il Consigliere Beltrami per le frequenti citazioni. Il collega però sa che non può citare una Regione che non ha già approvato il proprio piano. Potrei fare l'elenco delle Regioni che hanno in corso di discussione la proposta di piano per dire che camminiamo su un terreno difficile, in totale assenza di coordinamento a livello centrale. Sta crescendo nel corso delle ultime settimane una linea di coordinamento con la presentazione dei documenti di programmazione la quale però doveva essere effettuata nel 1979 e nel 1980, come stabiliva la legge 833, ma venne effettuata per lo più alla fine del 1981.
Fare programmazione in questo ambito è molto difficile, cionondimeno badando più al sodo che non agli orgogli di bandiera, portando il contributo delle proprie convinzioni e delle proprie elaborazioni culturali, siamo approdati a qualche cosa di significativo.
Ritengo doveroso sottolineare alcuni capitoli quali quello della formazione professionale, quello dell'educazione sanitaria e della ricerca finalizzata, capitoli non marginali se l'obiettivo è quello della crescita e del superamento dei ritardi.
L'elemento essenziale che caratterizza il piano è quello del processo di riequilibrio. Ho ascoltato il riferimento del collega Lombardi e sono perplesso quando non sento citare il punto di partenza di tutto questo processo.
Il passaggio dal passato al futuro può avvenire attraverso una gradualità se non vogliamo costruire un castello in aria. Il giudizio espresso dalla D.C. in più di una occasione è velleitarismo perché certe impostazioni rifiutano di identificare i passi concreti che si possono fare per colmare il grande divario esistente nella erogazione dei servizi.
Dovremo riflettere sull'invenzione della politica dei quadranti. E' un emblema attraverso il quale ci proponiamo di verificare con maggiore puntualità il processo di riequilibrio regionale. Dovremo verificare se da questa filosofia potremo trarre elementi di ordine organizzativo. Forse è opportuno fare una riflessione sulla individuazione di uno strumento che non sia solo di disarticolazione del piano regionale o sommatoria dei programmi di riordino delle USL.
Da circa un anno le USL della provincia di Cuneo si ritrovano sistematicamente per confrontare le loro esperienze. Credo che da questo lavoro possa uscire qualche iniziativa dal punto di vista organizzativo.
Forse il collega Lombardi non era presente quando abbiamo approvato le deliberazioni sugli investimenti. Sulla base dei preconsuntivi trasmessi dalle USL è stata realizzata la ripartizione delle risorse e oggi lo squilibrio tra la percentuale della popolazione e la percentuale della ripartizione delle risorse è al massimo dello 0,7%.
Il quadrante di Torino ha una popolazione del 52,4% e la ripartizione delle risorse è stata del 53,1% o 53,2%. Nessuno di noi avrebbe pensato che vi fosse un così lieve scarto nell'uso delle risorse. Di qui emerge una serie di problemi. Come queste risorse sono concretamente spese? Sono spese ospedaliere o vi sono degli squilibri nell'utilizzazione delle risorse? La riduzione dei posti letto, sottolineata dal Consigliere Viglione, non è tanto auspicata per ottenere una riduzione delle prestazioni ospedaliere quanto per qualificare tali prestazioni.
Mi rammarico che nessun collega abbia citato il documento che è stato consegnato la scorsa settimana, la relazione sullo stato di salute del Piemonte. Le responsabilità sono mie perché ho voluto ulteriormente ragionare sulle cifre e sui dati che per la prima volta una Regione italiana si pone di fronte come elemento di riflessione. Credo che l'aver a disposizione, collateralmente al piano, una ricca documentazione che ripropone l'indice della relazione nazionale sullo stato di salute (che mi auguro sia presentato in Parlamento nella prossima primavera) per il 1980 ci permette di avviare quel felice raccordo tra indicazioni di piano e strumenti di verifica annuale sull'efficacia ed efficienza delle politiche che andiamo perseguendo. Non voglio aggiungere nulla sulla relazione dello stato di salute se non richiamare il fatto che sono state confermate nelle indicazioni quelle tendenze che erano già state oggetto di discussione nell'autunno del 1980 sulle tendenze degli anni precedenti.
Si accentua ancora il problema dell'aumento dell'età, dell'aumento della mortalità, anche infantile, che anzi risulta maggiore rispetto alle altre Regioni del nord. La nostra Regione ha una delle percentuali più alte di morti per malattie cardiovascolari e dell'apparato digerente.
Sarebbe interessante disarticolare i dati e pensiamo di farlo con la presentazione della relazione sul 1981. Guardando i dati statistici mi è balzato un dato comune e cioè che nella provincia di Alessandria queste morti sono nettamente inferiori alla media nazionale. Non so se questo corrisponde ad un migliore stato di salute della popolazione o del modo in cui sono stati raccolti gli elementi di informazione. Questo mi permette di fare un telegrafico richiamo a quella parte del piano relativa al sistema informativo sanitario sul quale dovremo ritornare.
Il Consigliere Bergoglio ha soffermato l'attenzione del Consiglio sul problema di Torino.
Avrei molte opinioni da esprimere in proposito e non vorrei sbrigarmela troppo in fretta, ma nemmeno portare via troppo tempo ai colleghi che stanno ascoltando. Sono chiari e indiscutibili i riferimenti della legislazione regionale, giusta o sbagliata lo vedremo e se del caso la potremo modificare, è comunque la legislazione regionale che abbiamo ereditato dalla precedente legislatura che stabilisce che la USL è una sola articolata nelle 23 circoscrizioni. Personalmente ho contribuito con convinzione a questa determinazione. La proposta della D.C. di articolare il territorio torinese in sette USL ha del fondamento, ma vorrei ricordare senza voler fare opera di denigrazione, che la D.C. di Venezia, che ha una popolazione di quasi mezzo milione di abitanti, ha deciso per una sola USL.
Sono comunque disponibile per una discussione sulle grandi aree urbane.
Non esiste in Italia una città che abbia assunto la stessa decisione. La città di Genova in questi giorni ha deciso che presidente delle assemblee delle nove USL sia la stessa persona fisica proprio per far fronte ad esigenze di coordinamento nelle USL. alcune delle quali hanno dimensioni extra urbane. La città di Firenze ha definito sette USL senza coordinamento centrale di ordine giuridico. Ci sono poi altre decisioni che riguardano aggregazioni di USL costituite parte dal territorio urbano e parte dal territorio extra urbano (Bologna, Palermo, Genova, Venezia).
Il Consiglio regionale del Piemonte scelse la dimensione del Comune per la peculiarità del grande agglomerato urbano. E' in discussione il ruolo organizzativo delle aree metropolitane, che è diverso da quello delle aree urbane. In un recente incontro il ministro Altissimo ha dichiarato che avrebbe presentato alla collettività una ipotesi di direttiva di coordinamento per quanto riguarda le aree metropolitane.
Questa dichiarazione suscita in me profondi sospetti perché non possiamo assolutamente pensare ad una linea che sottragga ai Consigli comunali dei grandi capoluoghi i poteri nell'ambito della sanità. Non si tratta solo di questo ma di evitare quelle difficoltà che sorgerebbero per la mancanza di rapporto tra la gestione della sanità e la gestione politica più generale e preventiva che è affidata alle istituzioni dove la battaglia non è solo contro i microbi, ma è contro quegli altri aspetti che l'azione dell'uomo determina nelle rispettive località.
Nel ringraziare i colleghi che hanno attivamente operato all'interno della V Commissione, voglio scusarmi per le mie assenze soprattutto nel giorno di martedì, giorno in cui la Giunta tiene le proprie riunioni.
Bisognerà trovare un'altra soluzione a questo problema anche perché vi è una parte rilevantissima di lavoro ancora giacente in sede di V Commissione e che deve essere portato all'attenzione del Consiglio.
Esprimo la piena disponibilità mia e dell'Assessore Cernetti ad iniziare, subito dopo l'approvazione del piano, quel lavoro di riflessione sul piano stesso, il quale rappresenta una tappa lungo un cammino difficile, privo ancora di esperienze culturali sulle quali ci sono molti limiti, ma che intendiamo percorrere attraverso le autonome decisioni che il Consiglio vorrà assumere.



PRESIDENTE

Il dibattito è concluso.
Passiamo alla votazione dell'articolato.
Titolo I Disposizioni generali Art. 1 (Oggetto) "Il piano socio-sanitario regionale per il triennio 1982-84 è costituito dalla presente legge e dai suoi allegati, ai sensi degli artt.
55 e 15 della legge 23/12/1978, n. 833.
La Regione, in aderenza agli obiettivi della legge 23/12/1978, n. 833 e del programma regionale di sviluppo, nel pieno rispetto della dignità e della libertà della persona umana, persegue con il piano i seguenti fini: a) la tutela, con intervento globale unitario, della salute fisica e psichica dei cittadini, privilegiando la prevenzione, potenziando in primo luogo i servizi di base e sviluppando i servizi di riabilitazione e le politiche di reinserimento sociale b) l'integrazione fra servizi sanitari e servizi socio-assistenziali c) la distribuzione equilibrata ed organica sul territorio regionale dei servizi socio-sanitari d) l'aumento della produttività del sistema, nel rapporto tra costo dei servizi e relativi benefici".
I Consiglieri Bontempi, Viglione e Mignone presentano il seguente emendamento integrativo: all'art. 1, primo comma, alla fine aggiungere: "e degli artt. 73 e 74 dello Statuto regionale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento soppressivo: alla pag. III all'art. 1 sono soppresse le parole "nel pieno rispetto della dignità e della libertà della persona umana".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento modificativo: alla pag. III, art. 1, lettera a), alla parola "tutela" è sostituita la parola "promozione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento integrativo: all'art. 1, pag. III, di seguito alla lettera d) è aggiunta la e): "e) la ricerca della più alta qualificazione dei servizi nell'interesse dell'utente".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità.
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento integrativo: all'art. 1, pag. III, dopo la lettera d) ed e), è aggiunta la f): "f) la libertà di scelta da parte del cittadino del medico, della struttura e della terapia medicinale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Si passi alla votazione dell'art. 1 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 42 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 1 è approvato.
Art. 2 (Contenuto) "Per realizzare gli obiettivi di cui al precedente articolo, il piano socio-sanitario, nel triennio 1982-84, persegue, in via prioritaria, la riconversione d'uso delle risorse esistenti e l'attuazione di progetti obiettivo.
A tal fine, con il piano, si promuovono il potenziamento e la qualificazione delle strutture pubbliche, sia nel settore sanitario che in quello socio-assistenziale, nonché la razionale utilizzazione delle istituzioni private, ricorrendo al convenzionamento con le stesse secondo le necessità ed in modo motivato.
Il piano determina: a) gli obiettivi generali della programmazione socio-sanitaria regionale b) la struttura organizzativa, l'ambito territoriale di riferimento l'ubicazione e il dimensionamento dei presidi e dei servizi per lo svolgimento delle funzioni socio-sanitarie c) gli obiettivi specifici da perseguire mediante appositi progetti obiettivo d) gli indirizzi per le politiche qualificanti e) gli orientamenti per lo sviluppo delle azioni programmatiche di particolare rilevanza sociale f) la politica della spesa".
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento integrativo: alla fine del primo capoverso sono aggiunte le parole "nonché la continua ricerca della più alta qualità dei servizi prestati".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Il Gruppo D.C. presenta il seguente emendamento: "Contenuto: Il piano determina per il triennio 1982-1984: a) gli obiettivi generali della programmazione socio-sanitaria regionale b) la struttura organizzativa, l'ambito territoriale di riferimento l'ubicazione e il dimensionamento dei presidi e dei servizi per lo svolgimento delle funzioni socio-sanitarie c) gli obiettivi specifici da perseguire mediante appositi progetti obiettivo d) gli indirizzi per le politiche qualificanti e) gli orientamenti per lo sviluppo delle azioni programmatiche di particolare rilevanza sociale f) la politica della spesa.
In via prioritaria, per realizzare gli obiettivi di cui al precedente art. 1, il piano persegue la graduale riconversione d'uso delle strutture esistenti per adeguarle agli indirizzi e alle tipologie indicate nella presente legge e negli annessi allegati, nonché l'attuazione dei progetti obiettivo.
A tal fine il piano promuove, sia nel settore sanitario che in quello socio-assistenziale, il potenziamento e la qualificazione delle strutture pubbliche e la razionale utilizzazione delle strutture private".
La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

L'emendamento è in parte di carattere formale perché pone i concetti con maggiore logica e razionalità e in parte è sostanziale. L'articolo dice che il piano persegue in via prioritaria la riconversione d'uso delle strutture esistenti; a nostro giudizio invece sarebbe più opportuno dire "il piano persegue la graduale riconversione d'uso delle strutture esistenti" con un'accentuazione del criterio di gradualità.



PRESIDENTE

Chi è favorevole a tale emendamento è pregato di alzare la mano.
E' respinto.
La Giunta presenta ancora il seguente emendamento: il primo e il secondo comma dell'art. 2 vanno collocati dopo la lettera f).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
Si passi alla votazione dell'art. 2 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 29 Consiglieri si sono astenuti 19 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 (Limiti di applicazione e validità) "Il piano socio-sanitario regionale per il triennio 1982-84 avrà validità anche dopo l'entrata in vigore della legge di approvazione del piano sanitario nazionale che sarà emanata ai sensi dell'art. 53 della legge 23/12/1978, n. 833.
La Regione adeguerà alla legge nazionale le eventuali disposizioni del presente piano con essa in contrasto".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 47 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 3 è approvato.
Art. 4 (Effetti) "La Regione, nella specifica competenza dei suoi organi, uniforma la sua potestà regolamentare e di indirizzo nonché i suoi atti e provvedimenti al piano socio-sanitario, che ha efficacia di indirizzo, di prescrizione e di vincolo per tutte le attività in esso previste, sia nel settore sanitario che in quello socio-assistenziale. Ai contenuti ed agli indirizzi del piano uniformano i loro atti ed i loro provvedimenti i Comuni e le Unità Sanitarie Locali nella predisposizione dei programmi di attività e nell'esercizio delle loro funzioni.
Ai contenuti e agli indirizzi del piano si uniformano altresì le Province e le Comunità montane.
Le Unità Sanitarie Locali, nell'arco del triennio, provvedono alla realizzazione degli obiettivi indicati dal piano nei limiti delle risorse finanziarie attribuite ai sensi della legge regionale 3/9/1981, n. 42".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 48 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 4 è approvato.
Art. 5 (Prestazioni del servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'art. 5 della legge 29/2/1980, n. 33, nella Regione Piemonte) "Fatte salve le prescrizioni del piano sanitario nazionale, fermi restando gli interventi previsti a livello delle U.S.L. da specifici programmi, in conformità alle prescrizioni del presente piano, in particolare le prestazioni dell'assistenza sanitaria nella Regione Piemonte comprendono: prestazioni di medicina generale, di pediatria e ostetrico-generiche quali previste dalle convenzioni uniche nazionali prestazioni di medicina specialistica erogate prioritariamente e in forma diretta nell'ambito dei poliambulatori e stabilimenti ospedalieri direttamente gestiti dall'U.S.L. o presso strutture convenzionate ai sensi degli artt. 41 e 44 della legge 23/12/1978, n. 833 somministrazioni di farmaci, con le modalità e limiti previsti dalla convenzione nazionale unica ex art. 28 della citata legge n. 833 e secondo le indicazioni del prontuario nazionale terapeutico e della legge 3/8/197 8, n. 484 e successive modificazioni l'assistenza ospedaliera erogata presso stabilimenti ospedalieri o in case di cura convenzionate l'assistenza integrativa ordinaria, nei limiti previsti dall'art. 5 della legge 29/2/1980, n. 33.
Sono fatte salve le prestazioni sanitarie specifiche preventive ortopediche e protesiche, erogate ai sensi delle leggi e dei regolamenti in atto vigenti a favore degli invalidi per causa di guerra e di servizio, dei ciechi, dei sordomuti, degli invalidi civili e degli invalidi del lavoro ai sensi del terzo e quarto comma dell'art. 57 della legge 23/12/1978, n.
833".
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento modificativo: art. 5, riga 4, alle parole "fermi restando", sono sostituite le parole "fatti salvi".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Si passi alla votazione dell'art. 5 nel testo originario.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 46 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 5 è approvato.
Art. 6 (Aggiornamento del piano) "La Regione può aggiornare annualmente con propria legge il piano socio sanitario".
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento: alla riga 2 è soppressa la parola "propria".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
Si passi alla votazione dell'art. 6 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 49 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Titolo II Indirizzi ed azioni programmatiche Art. 7 (Indirizzi per il riordino dei servizi) "Le Unità Sanitarie Locali, per conseguire gli obiettivi del servizio sanitario nazionale e quelli relativi all'assistenza pubblica in condizioni di uniformità e di eguaglianza per tutti i cittadini e per assicurare tenendo conto delle differenziate caratteristiche ed esigenze delle singole comunità e dei loro ambiti territoriali di appartenenza - la necessaria omogeneità dei criteri programmatori su tutto il territorio regionale osservano gli indirizzi contenuti nell'allegato 1 per il riordino dei propri servizi sanitari e socio-assistenziali".
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento: alla riga 4 è soppressa la parola "uniformità".
Tale emendamento viene ritirato.
Si passi alla votazione dell'art. 7 nel testo originario.
(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 49 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 (Funzioni già di competenza degli enti disciolti) "Le funzioni socio-assistenziali attribuite ai Comuni, comprese quelle loro trasferite in base al D.P.R. 27/7/1977, n. 616 ed alla legge 21/10/1978, n. 641, già svolte da enti contestualmente soppressi, saranno esercitate secondo il disposto dell'art. 28 della legge regionale 21/1/1980, n. 3, e salve le disposizioni delle leggi nazionale e regionale di riordino dell'assistenza.
Le attività socio-assistenziali esercitate da enti infraregionali autonomi, fino all'entrata in vigore di nuova normativa nazionale e regionale regolante la materia, saranno coordinate con l'attività delle Unità Sanitarie Locali, secondo i principi e gli indirizzi del piano socio sanitario nazionale e regionale, tenuto conto delle finalità statutarie degli enti stessi e previe le eventuali necessarie modifiche.
Le prestazioni dovranno, comunque, essere uniformate, in conformità a quanto stabilito al precedente art. 7.
L'utilizzazione da parte dell'Unità Sanitaria Locale del personale già dipendente degli enti disciolti, di cui al precedente primo comma, avverrà nel rispetto della normativa nazionale e regionale, tenuto conto della professionalità e salve le opportune iniziative di riqualificazione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 49 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 (Politiche qualificanti) "Nell'ambito degli obiettivi generali del piano, costituiscono politiche qualificanti: a) l'attivazione dei distretti di base b) l'educazione sanitaria c) la formazione del personale d) la tutela dell'ambiente e) il sistema informativo f) l'integrazione unitaria a livello territoriale delle attività di diagnostica e terapia strumentale g) la politica del farmaco h) la ricerca finalizzata i) la valutazione e verifica del piano l) la politica della spesa.
I contenuti di tali politiche sono specificati negli allegati 2, 4, 6 3, 5, 7, 8, 9, 10 e 11 alla presente legge".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 49 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Art. 10 (Progetti-obiettivo) "La tutela della salute delle persone maggiormente esposte e bisognose di cura ed assistenza è perseguita con interventi unitari e globali volti soprattutto alla prevenzione ed alla riabilitazione, oltre che alla rimozione delle cause di nocività negli ambienti di vita e di lavoro.
A tal fine costituiscono progetti-obiettivo del piano socio-sanitario: la tutela della procreazione responsabile, della salute della donna della maternità, dell'infanzia e dell'età evolutiva la tutela della salute dei lavoratori in ogni ambiente di lavoro la tutela sanitaria e socio-assistenziale delle persone anziane.
I suddetti progetti-obiettivo sono specificati negli allegati 12, 13 e 14 alla presente legge".
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento modificativo: alla riga 1, alla parola "tutela" è sostituita la parola "il diritto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento sostitutivo: al terzultimo comma le parole "la tutela", sono sostituite dalle parole "il diritto alla".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento sostitutivo: al primo capoverso della pagina IV, colonna due, alla parola "la tutela" sono sostituite le parole "il diritto alla".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Il Gruppo PLI presenta infine il seguente emendamento: alla pagina IV, seconda colonna, penultimo capoverso, alle parole "la tutela" sono sostituite le parole "il diritto all'assistenza".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Si passi alla votazione dell'art. 10 nel testo originario.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 50 hanno risposto SI 46 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
Art. 11 (Azioni di particolare rilevanza sociale) "Nell'ambito del piano socio-sanitario regionale, al fine dell'indirizzo qualitativo degli interventi, costituiscono azioni di particolare rilevanza sociale le seguenti: la prevenzione dei tumori e l'assistenza oncologica l'azione contro le malattie cardio-vascolari lo sviluppo della riabilitazione la tutela della salute mentale la prevenzione dell'handicap e l'assistenza degli handicappati la prevenzione delle tossicodipendenze e l'assistenza a tossicodipendenti l'azione contro l'uremia cronica l'azione nei casi di emergenza la raccolta e la distribuzione del sangue umano a fini terapeutici l'assistenza alle malattie croniche gli interventi di odontostomatologia sociale gli interventi di oftalmologia sociale la profilassi e la polizia veterinaria.
I contenuti di tali azioni, gli scopi specifici e gli strumenti per realizzarli sono specificati negli allegati 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22 23, 24, 25, 26 e 27 alla presente legge" .
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 49 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 11 è approvato.
Art. 12 (Termalismo terapeutico) "Le prestazioni idrotermali, da erogarsi ai sensi dell'art. 36 della legge 23/12/1978, n. 833, sono da considerarsi limitate al solo aspetto terapeutico e complementari, qualora ritenute indispensabili, ad altre prestazioni sanitarie previste nel programma terapeutico.
L'accesso alle suddette cure è autorizzato dai servizi centrali dell'Unità Sanitaria Locale su motivata proposta del medico di base.
L'Unità Sanitaria Locale stabilisce presso quale stabilimento convenzionato debbano essere effettuate le prestazioni, tenendo conto di eventuali preferenze dell'utente, privilegiando comunque le strutture termali presenti nella Regione.
Con legge regionale, ai sensi del secondo comma dell'art. 36 della legge predetta, sarà definita l'integrazione e la qualificazione sanitaria degli stabilimenti termali presenti nella Regione".
Il Gruppo D.C. presenta il seguente emendamento: al secondo comma sostituire: "L'accesso alle suddette cure, presso lo stabilimento convenzionato scelto dall'utente, è autorizzato dai servizi centrali dell'Unità Sanitaria Locale, su motivata proposta del medico di base" e sopprimere il terzo comma.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento sostitutivo: al secondo capoverso, la parola "autorizzato" è sostituita dalla parola "disposto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità.
Si passi alla votazione dell'art. 12 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 31 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri L'art. 12 è approvato.
Titolo III Organizzazione e funzionamento dei servizi Art. 13 (Servizio di osservazione epidemiologica e di statistiche socio-sanitarie) "Per la verifica dell'efficacia del piano e dell'efficienza dei servizi e per l'aggiornamento ed il miglioramento dell'attività sanitaria e socio assistenziale, viene istituito presso la Regione Piemonte il servizio di osservazione epidemiologica e di statistiche socio-sanitarie.
Esso è servizio funzionale di settore in aggiunta a quelli previsti dall'allegato 3 di cui all'art. 4 della legge regionale 17/12/1979, n. 73.
Principali compiti del servizio sono: a) la rilevazione delle informazioni relative alle condizioni di salute della popolazione e ai fattori ambientali che costituiscono situazioni di rischio e determinano stati di malattia b) l'individuazione di criteri e procedure per la rilevazione in termini di efficacia ed efficienza dell'attività sanitaria e socio assistenziale c) la rilevazione degli aspetti economico-finanziari connessi al funzionamento del servizio sanitario regionale, anche in riferimento alle prescrizioni di cui agli artt. 11, secondo comma, e 49, ultimo comma, della legge 23/12/1978, n. 833.
Le Unità Sanitarie Locali provvedono alla rilevazione delle informazioni epidemiologiche, statistiche e finanziarie occorrenti per la programmazione regionale, con riferimento agli obiettivi generali e alle indicazioni dei singoli progetti-obiettivo della presente legge. Le Unità Sanitarie Lo cali assicurano altresì il coordinato svolgimento delle attività di indagine epidemiologica in relazione all'attuazione di programmi regionali ed in rapporto a specifiche situazioni locali e promuovono e organizzano le rilevazioni necessarie alla propria iniziativa socio-sanitaria".
Il Gruppo PDUP presenta il seguente emendamento: al secondo comma, al punto a), anteporre le rilevazioni ambientali a quelle relative alle condizioni di salute della popolazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
I Consiglieri Viglione, Mignone e Bontempi presentano il seguente emendamento: alla fine del terzo comma è aggiunto il seguente comma: "Per il conseguimento dei suoi compiti, in particolare per quelli previsti alla lettera a), il servizio di osservazione epidemiologica e di statistiche socio-sanitarie opera nell'ambito di una unità organizzativa flessibile, intesa come all'art. 19 e istituita come all'art. 20 della legge regionale 2012/1979, n. 6, di cui faranno anche parte funzionari dei servizi scarichi industriali, smaltimento rifiuti solidi, inquinamento atmosferico, attività attuative della programmazione regionale e di controllo nell'ambito dei servizi sanitari e dei servizi socio assistenziali, igiene ambientale, compresi nell'allegato 3 di cui all'art.
4 della legge regionale 17/12/1979, n. 73".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità.
Si passi alla votazione dell'art. 13 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposta SI 47 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 13 è approvato.
Art. 14 (Volontariato) "La Regione, apprezzando l'ispirazione solidaristica del volontariato intende valorizzare ogni potenzialità per il conseguimento dei fini istituzionali del servizio sanitario nazionale, come previsto dal primo comma dell'art. 45 della legge 23/12/1978, n. 833, dall'art. 19 della legge regionale 21/1/1980, n. 3, nonché dagli obiettivi del piano socio-sanitario regionale.
Le Unità Sanitarie Locali, accertata la rispondenza delle associazioni alle finalità predette, regolano i loro rapporti con le stesse a mezzo di apposite convenzioni nell'ambito della programmazione e della legislazione socio-sanitaria regionale".
Il Gruppo PDUP presenta il seguente emendamento: al secondo comma dopo "convenzioni" aggiungere: "che hanno per oggetto il servizio che le associazioni stesse intendono svolgere nell'ambito della programmazione e della legislazione socio-sanitaria regionale, nonché i costi che tale servizio comporta all'utenza".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento integrativo: dopo le parole "del volontariato", sono aggiunte le parole "nonché la sua utilità sociale e la sua necessità al perseguimento degli obiettivi della presente legge".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità.
La parola al Consigliere Martinetti per dichiarazione di voto sull'art.
14.



MARTINETTI Bartolomeo

Il Gruppo D.C. vota a favore di questo articolo il cui testo era stato concordato in Commissione.
L'aggiunta proposta dal PDUP ci pare inutile e limitativa perché ci sembra logico che le convenzioni siano previste nell'ambito dei servizi e che i costi debbano essere regolamentati.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'art. 14 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposta SI 47 Consiglieri si è astenuto 2 Consigliere L'art. 14 è approvato.
Art. 15 (Assetto dei presidi delle Unità Sanitarie Locali) "I presidi delle Unità Sanitarie Locali sono definiti ed individuati per il primo piano triennale, nell'allegato 28, secondo le procedure e le indicazioni dell'allegato 1 ed uniformandosi ai principi della gradualità e della contestualità nelle riconversioni d'uso".
Il Gruppo D.C. presenta il seguente emendamento: aggiungere il seguente secondo comma: "Pertanto la chiusura di qualsiasi struttura esistente (presidio, reparto servizio sanitario o socio-assistenziale, ecc.) è subordinata alla garanzia che i cittadini possano, senza soluzione di continuità, usufruire della struttura alternativa o di riferimento prevista dal piano, in condizioni e con prestazioni migliori o almeno uguali a quelle precedenti".
La parola al Consigliere Ratti per l'illustrazione di tale emendamento.



RATTI Aldo

In tempo di riforme può corrersi il pericolo che per cambiare si sopprima l'esistente prima di creare ciò che lo deve sostituire. Durante le consultazioni è emersa da parte della popolazione di determinate zone la preoccupazione che vengano meno strutture esistenti, che più o meno funzionano, e che non si sappia ancora in quale modo sostituirle. Chiediamo che, anche se il concetto è implicito in molte parti del piano, venga accolta questa aggiunta.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

L'emendamento è respinto perché il principio è inequivocabilmente chiaro nel primo comma quando si parla di gradualità e di contestualità nelle riconversioni d'uso.



VIGLIONE Aldo

Il principio dell'emendamento è accolto, occorre soltanto precisare che tutto questo avvenga gradualmente.



PRESIDENTE

Chi è favorevole a tale emendamento è pregato di alzare la mano. E' respinto.
Si passi alla votazione dell'art. 15 nel testo originario.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 16 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 15 è approvato.
Art. 16 (Integrazioni della legge 22/5/1980, n. 60, in ordine ai servizi delle Unità Sanitarie Locali) "Ai fini dell'applicazione della legge regionale 22/5/1980, n. 60 'Organizzazione e funzionamento delle Unità Sanitarie Locali' è attivato il servizio farmaceutico nelle Unità Sanitarie Locali che abbiano popolazione superiore a 50.000 abitanti o che gestiscano un ospedale generale unico come definito al punto 27 dell'allegato 1 alla presente legge.
Sempre agli stessi fini, per l'esercizio delle funzioni di cui all'art.
14 della legge 23/12/1978, n. 833, il Comune di Torino, nell'ipotesi di attuazione di attribuzione ai Consigli circoscrizionali di poteri di gestione di attività sanitaria, come previsto dal quarto comma dell'art. 15 della citata legge 23/12/1978, n. 833, può, quale assemblea generale degli ambiti territoriali previsti dalle leggi regionali 9/7/1976, n. 41 e 21/1/1980, n. 3, prevedere un'articolazione organizzativa a livello centrale con distinti servizi: per l'igiene ambientale per l'igiene del lavoro per la medicina legale per l'assistenza sanitaria di base per l'attività veterinaria per l'assistenza integrativa di base extradegenziale per l'assistenza integrativa di base in regime di ricovero e degenza per l'assistenza farmaceutica per l'amministrazione del personale per la gestione patrimoniale per l'assistenza legale e al contenzioso per le attività tecniche per la gestione economale per le gestioni provveditoriali per l'analisi economica della spesa sanitaria per le attività di ragioneria e cassa.
A livello circoscrizionale i servizi potranno essere accorpati secondo il criterio di affinità di funzioni e secondo l'entità e impostazione delle funzioni e attività da svolgere".
Il Gruppo D.C. presenta il seguente emendamento: sostituire il secondo e il terzo comma con il seguente: "Sempre agli stessi fini, premesso che nel Comune di Torino le funzioni di cui all'art. 14 della legge 23/12/1978, n. 833, sono esercitate dai Comitati di gestione da costituirsi presso ognuna delle singole Unità Sanitarie Locali in cui il territorio comunale è suddiviso, salva diversa ripartizione da attuarsi con legge regionale di variante alla legge regionale 9/7/1976, n. 41, il Consiglio comunale, quale assemblea generale delle U.S.L. comprese nell'ambito del territorio comunale, può prevedere un'articolazione organizzativa a livello centrale, secondo le norme che regolano i servizi e i presidi multizonali, limitatamente ai servizi che per loro natura, lo rendano necessario".
La parola alla signora Bergoglio per l'illustrazione di tale emendamento.



BERGOGLIO Emilia

Questo emendamento è la traduzione di quanto affermavo questa mattina in ordine alle 23 U.S.L. del territorio comunale di Torino.
Chiediamo questa sostituzione affinché non sia il cosiddetto Comitato di gestione centrale e decidere quali servizi debbano essere centralizzati ma siano i servizi di zona.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

La questione è stata ampiamente discussa in sede di V Commissione. Non si può ignorare che esiste solo una Unità Sanitaria Locale giuridicamente valida.
Capisco il senso della proposta, ma non deve essere surrettiziamente introdotta una modificazione alla legislazione regionale.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Viglione. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Il nostro Gruppo ritiene che l'USL 1/23 sfugge al Consiglio regionale quindi alla programmazione e la sua identificazione, la sua attuazione, la sua gestione, vengano ad essere quasi delegate al Consiglio comunale che ne diventa l'organo gestore.
Riteniamo che su questo si debba discutere con gli organi istituzionali della città di Torino.



PRESIDENTE

Chi è favorevole a tale emendamento è pregato di alzare la mano.
E' respinto.
Si passi alla votazione dell'art. 16 nel testo originario.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 16 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri L'art. 16 è approvato.
Art. 17 "Le competenze di cui all'art. 14 della legge 23/12/1978, n. 833, già regolate con disciplina legislativa nazionale sono esercitate dalle Unità Sanitarie Locali, secondo le prescrizioni delle leggi regionali 21/1/1980 n. 3 e 22/5/1980, n. 60, tramite i servizi da essa previsti e seguendo i criteri, indirizzi e vincoli del presente piano, attraverso i programmi zonali di cui all'art. 18 della presente legge".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 45 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 17 è approvato.
Titolo IV Attuazione e vigilanza Art. 18 (Programmi zonali) "Contestualmente all'adozione del bilancio preventivo pluriennale ed annuale l'assemblea dell'Unità Sanitaria Locale delibera il programma pluriennale di attività e di spesa ed il programma zonale annuale per la gestione dei servizi sanitari e socio-assistenziali, corredato da una relazione sui livelli assistenziali e sulle esigenze esistenti e dalle informazioni necessarie ai fini della copertura finanziaria.
La suddetta proposta viene trasmessa entro 10 giorni al Presidente della Giunta regionale.
La Giunta regionale, entro 45 giorni, esprime parere di congruità del programma zonale rispetto al piano socio-sanitario regionale, indicando eventuali suggerimenti o modifiche per la sua stesura definitiva, dopo aver sentito in merito l'Unità Sanitaria Locale.
Acquisito tale parere, qualora esso non comporti alcuna modificazione o nel caso in cui il termine di cui al precedente terzo comma sia trascorso senza alcuna pronuncia da parte della Giunta regionale, il programma zonale si intende definitivamente approvato.
Qualora il parere della Giunta regionale richieda modificazioni l'assemblea dell'Unità Sanitaria Locale provvede a riapprovare in via definitiva il programma zonale.
Il Presidente della Giunta regionale, ai sensi dell'art. 49, ultimo comma, della legge 23/12/1978, n. 833, presenta annualmente al Consiglio regionale, entro il 31 gennaio, una relazione generale sulla gestione ed efficienza dei servizi sanitari e socio-assistenziali, con allegata la situazione contabile degli impegni assunti sulla quota assegnata alla Regione degli stanziamenti per il servizio sanitario nazionale.
La Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare emana direttiva per la predisposizione del programma zonale di cui al primo comma del presente articolo e predispone apposito schema per la formazione dei programmi suddetti".
I Consiglieri Viglione, Mignone e Bontempi presentano il seguente emendamento: "Programmi di U.S.L.
Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'assemblea generale dell'Unità Sanitaria Locale adotta il programma zonale di attività e di spesa per la gestione dei servizi sanitari socio assistenziali per il triennio 1982-84.
Tale programma, che ha lo scopo di tradurre in sede locale gli obiettivi del piano regionale, di definire la struttura organizzativa di tutti i servizi dell'Unità Sanitaria Locale, di individuare gli obiettivi locali relativi ai progetti-obiettivo, alle politiche qualificanti ed allo sviluppo delle azioni programmatiche di particolare rilevanza sociale, di definire la successione degli interventi e di indirizzare la politica della spesa, viene trasmesso alla Giunta regionale entro 10 giorni dalla sua adozione.
La Giunta regionale, entro 45 giorni dalla ricezione esprime parere di congruità del programma zonale rispetto al piano socio-sanitario regionale indicando eventuali suggerimenti o modificazioni per la stesura definitiva dopo aver sentito in merito l'Unità Sanitaria Locale.
Acquisito tale parere, qualora esso non comporti alcuna modificazione o nel caso in cui il termine di cui al precedente terzo comma sia trascorso senza alcuna pronuncia da parte della Giunta regionale, il programma zonale si intende definitivamente approvato.
Qualora il parere della Giunta regionale richieda modificazioni l'assemblea dell'Unità Sanitaria Locale provvede a riapprovare in via definitiva il programma zonale.
Con la medesima procedura di cui ai commi precedenti l'Unità Sanitaria Locale aggiorna annualmente il programma zonale corredandolo di una relazione sullo stato di salute della popolazione e sui livelli assistenziali raggiunti. Il programma di Unità Sanitaria Locale ed i suoi aggiornamenti costituiscono riferimento per la formazione del bilancio preventivo pluriennale ed annuale.
Il Presidente della Giunta regionale, ai sensi dell'art. 49, ultimo comma, della legge 23/12/1978, n. 833, presenta annualmente al Consiglio regionale, entro il 31 gennaio, una relazione generale sulla gestione e sull'efficienza dei servizi sanitari e socio-assistenziali, con allegata la situazione contabile degli impegni assunti sulla quota assegnata alla Regione degli stanziamenti per il servizio sanitario nazionale.
La Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare emana direttiva per la predisposizione del programma zonale di cui al primo comma del presente articolo e predispone apposito schema per la formazione dei programmi suddetti".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità.
Vi è ancora un emendamento presentato dal Gruppo D.C.: al quarto comma, dopo le parole "in via definitiva il programma zonale" aggiungere le parole: "e a ritrasmetterlo alla Giunta regionale entro 10 giorni. La Giunta regionale può introdurre d'ufficio le modificazioni indicate a norma del precedente terzo comma, che non siano state accolte ed introdotte dall'assemblea dell'Unità Sanitaria Locale".
La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Accettiamo con favore il nuovo testo dell'art. 18 che, anche per nostro suggerimento, inserisce la definizione del programma zonale.
Nel dibattito e nel piano lo si richiama spesso, ma mancava una chiara definizione.
Vorremmo però stabilire chiaramente che l'assemblea delle U.S.L. abbia il potere di non inserire nel piano zonale le proposte di modificazione qualora non siano stati sufficienti gli accordi precedenti previsti nel terzo comma, e che quindi l'inserimento debba avvenire d'ufficio da parte della Giunta regionale.
In questo modo le responsabilità dell'inclusione sono definite.
Il piano deve essere ritrasmesso alla Giunta regionale entro 10 giorni e la stessa può introdurre d'ufficio le modificazioni indicate che non siano state accolte dall'assemblea delle U.S.L.



PRESIDENTE

Chi è favorevole a tale emendamento è pregato di alzare la mano. E' approvato all'unanimità.
Si passi alla votazione dell'art. 18 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 44 hanno risposto SI 44 Consiglieri L'art. 18 è approvato.
Art. 19 (Verifica e controlli) "La Regione vigila sull'osservanza delle norme di contabilità previste dalla legge regionale 13/1/1981, n. 2, ed in generale sull'andamento della gestione delle Unità Sanitarie Locali, in relazione all'attuazione del piano.
A tal fine, la Giunta regionale, con propria deliberazione, può, oltre ad avvalersi della struttura organizzativa di cui all'art. 95 della legge regionale 13/1/1981, n. 2, anche disporre ispezioni atte ad accertare la strutturazione ed il funzionamento dei servizi.
Gli accertamenti di eventuali disavanzi che emergano dall'effettuazione delle periodiche verifiche di cassa ed i resoconti trimestrali delle Unità Sanitarie Locali di cui rispettivamente al primo comma, n. 2, ed al secondo comma dell'art. 50 della legge 23/12/1978, n. 833, devono essere comunicati alla Regione.
Qualora le inosservanze e le omissioni risultanti dalle ispezioni o dalle indagini eseguite riguardino atti obbligatori, la Regione esercita il controllo sostitutivo ai sensi dell'art. 21 della legge regionale 12/8/1976, n. 42".
Il Gruppo PLI presenta il seguente emendamento sostitutivo: alla parola "vigila" sono sostituite le parole "concorre alla".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Si passi alla votazione dell'art. 19 nel testo originario.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 43 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri L'art. 19 è approvato.
Art. 20 (Finanziamento del piano) "Al finanziamento della presente legge si provvede: 1) per la gestione dei servizi sanitari: mediante il fondo regionale ai sensi della legge regionale 3/9/1981, n. 42 2) per la gestione dei servizi socio-assistenziali: a) sulla base degli stanziamenti specificamente iscritti nella legge di bilancio pluriennale della Regione Piemonte per il triennio 1982-84, con riferimento al bilancio pluriennale dello Stato per il medesimo periodo b) sulla base delle risorse messe a disposizione delle Unità Sanitarie Locali da parte degli Enti locali, in relazione alle funzioni socio assistenziali il cui esercizio sia affidato alle Unità Sanitarie Locali a norma dell'art. 28 della legge regionale 21/1/1980, n. 3, della legge regionale sul riordino dei servizi socio-assistenziali e della legge nazionale di riforma dell'assistenza c) sulla base delle risorse derivanti ai Comuni dall'alienazione o trasformazione del patrimonio con vincolo di destinazione ai servizi socio assistenziali, nei limiti e secondo le modalità di cui alla legge regionale di riordino dei servizi socio-assistenziali e alla legge nazionale di riforma dell'assistenza d) sulla base di eventuali contributi di terzi".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 41 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 20 è approvato.
Art. 21 (Finanziamento della spesa sanitaria) "Gli stanziamenti annui di cui all'art. 20, primo comma, punto 1) della presente legge, sono ripartiti tra le Unità Sanitarie Locali in base alle disposizioni della legge regionale 3/9/1981, n. 42.
L'articolazione degli stanziamenti tra le distinte finalizzazioni nonché la ripartizione dei singoli stanziamenti alle Unità Sanitarie Locali è effettuata, nei limiti posti dalla legislazione vigente e dal piano sanitario nazionale, sulla base dei criteri e delle procedure determinate dalla legge regionale 3/9/1981, n. 42, secondo gli indirizzi della presente legge e con l'obiettivo di un progressivo riequilibrio nella distribuzione delle risorse, in base alla programmata rete dei servizi.
La ripartizione dello stanziamento relativo alla spesa in conto capitale dovrà privilegiare: il completamento della rete delle strutture di distretto e dei poliambulatori la riconversione delle strutture di ricovero eccedenti i fabbisogni o non coerenti con le indicazioni di piano il completamento della rete dei laboratori di sanità pubblica l'attivazione dei presidi di formazione, con priorità per i quattro poli didattici di quadrante.
Il trasferimento alle Unità Sanitarie Locali degli stanziamenti di cui al primo comma viene operato in base alle procedure in vigore.
Per le somme derivanti da assegnazioni dello Stato a scopi specifici la legge regionale di approvazione del bilancio può autorizzare variazioni al bilancio medesimo da apportare nel corso dell'esercizio finanziario mediante provvedimenti amministrativi, con le modalità previste dall'art.
41 della legge regionale 14/3/1978, n. 12".
Il Gruppo D.C. presenta il seguente emendamento: al terzo comma, sesta riga, sostituire il capoverso con il seguente: "la riconversione delle strutture di ricovero secondo le indicazioni del piano".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
Il Gruppo PLI presenta ancora il seguente emendamento integrativo: dopo il quarto capoverso, di seguito alle parole "di quadrante" è aggiunto il capoverso: "la più alta qualificazione dei servizi prestati".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
Si passi alla votazione dell'art. 21 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri L'art. 21 è approvato.
Art. 22 (Finanziamento della spesa socio-assistenziale) "Gli stanziamenti annui di cui all'art. 20, primo comma, punto 2) lettera a), della presente legge, sono ripartiti alle Unità Sanitarie Locali secondo gli indirizzi della presente legge e con l'obiettivo di un progressivo riequilibrio del livello dei servizi.
Gli stanziamenti di cui all'art. 20, primo comma, punto 2), lettera b) della presente legge sono assegnati alle Unità Sanitarie Locali sulla base dei criteri e delle procedure determinate nell'ambito della legge regionale per il riordino dei servizi socio-assistenziali".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 40 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 22 è approvato.
Art. 23 (Coordinamento della spesa sanitaria con quella socio-assistenziale) "La Regione, in sede di attuazione delle norme di cui agli artt. 20, 21 e 22 della presente legge e le Unità Sanitarie Locali, mediante l'utilizzo secondo il metodo della gestione programmata delle risorse ad esse complessivamente assegnate, devono tendere: a) ad assicurare la corretta destinazione delle risorse evitandone un uso improprio b) a porre in essere gli interventi necessari per il superamento delle situazioni in cui inefficienze di un settore chiedano surrogazioni improprie dall'altro c) a garantire un uso integrato delle risorse per il raggiungimento degli obiettivi posti dal piano".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 41 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 23 è approvato.
Titolo V Disposizioni transitorie e finali Art. 24 (Presidi trasformati o soppressi - Salvaguardia dell'occupazione) "I dipendenti addetti a strutture sanitarie e socio-assistenziali delle quali dovesse essere deliberata la trasformazione o la soppressione vengono utilizzati in altri servizi, di regola nell'ambito del Comprensorio, con mansioni uguali o simili, conservando lo stato giuridico ed economico che avevano al momento della trasformazione o soppressione e con la salvaguardia delle qualifiche professionali".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 41 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 24 è approvato.
La votazione dell'art. 25 viene rinviata a domani.
Art. 26 (Proroga termini per il regime autorizzativo delle strutture e del personale di cui alla legge regionale 13/3/1981, n. 11) "Il termine del 31 dicembre 1981 previsto dal primo comma dell'art. 2 della legge regionale 13/3/1981, n. 11, è prorogato al 30 giugno 1982.
E' altresì fissata alla stessa data la validità delle norme che la citata legge regionale limitava fino alla data di entrata in vigore della legge di approvazione del primo piano socio-sanitario regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 41 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 26 è approvato.
I lavori del Consiglio terminano a questo punto.
La seduta riprenderà domani mattina alle ore 9.30.
La seduta è tolta.
(La seduta ha termine alle ore 19.05) (La seduta ha termine alle ore 19.05)



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