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Dettaglio seduta n.100 del 21/12/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale

Dibattito sulla politica del personale nella III legislatura (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Il punto primo all'ordine del giorno è il proseguimento del dibattito sulla politica del personale nella III legislatura.
Ha la parola il Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Con questo breve intervento cerco di riprendere alcuni ragionamenti sulla politica del personale che l'Assessore Testa ha acceduto a discutere unitamente alla Giunta in Consiglio regionale dopo ripetute sollecitazioni da parte del Gruppo della D.C. e di altre forze politiche in presenza di una situazione critica che le pure abili ed eleganti valutazioni dell'Assessore nella sua relazione, non riescono ad evidenziare in tutta la sua gravità.
L'Assessore ci presenta nella sua relazione un passaggio dall'ipotesi di consolidamento dell'attuale struttura ad un progetto di consolidamento e sviluppo, che deve essere ancorato non tanto e solo ad un'immagine della Regione, quanto a un ruolo reale sul quale il contributo del personale non può, come è avvenuto nella passata legislatura, essere considerato strumentale ad obiettivi politici legati a questa o quella maggioranza.
Nella relazione l'abilità è soprattutto quella di evitare un approccio critico in merito alla struttura che si è andata consolidando, in funzione di un disegno o di un progetto organizzativo che, qualora esistesse e ritengo esistesse, non è stato attuato. E non è stato attuato volutamente per un preciso disegno politico di rendere o dì modellare l'istituzione al servizio di una presenza politica, quindi un disegno fine a sé stesso e non certo finalizzato a recuperare la dignità del ruolo dell'istituzione e quindi dell'apporto che il personale è destinato a dare in questo quadro.
E' tipico il disagio che la stessa maggioranza ha evidenziato nelle parole dell'Assessore e nella relazione che ci è stata presentata in occasione di questa discussione in Consiglio. L'efficienza, la rispondenza alle attese dall'esterno, la presenza e l'affinamento delle procedure a soglie che tendano ad una progressiva normalizzazione, non sono e non possono essere comportamenti astratti dal complesso nel quale il personale è costretto ad operare.
Tradotti in termini temporali o verificati nel rispetto dei cosiddetti tempi burocratici, i comportamenti non riescono ad evidenziare i limiti generali e particolari di un'organizzazione che è carente, paradossalmente peggiore oggi nella terza legislatura di quanto non lo fosse nei primi anni della vita della Regione.
Voler fare risalire le responsabilità agli atti della prima legislatura come alibi al fallimento della demagogia partitica della II è a nostro avviso una mistificazione e un'alterazione dei fatti non accettabile e quindi ci corre il dovere di ripeterlo ancora una volta.
Non neghiamo che esistessero nel 1975 occasioni eccezionali, come il primo Piano di sviluppo e potenzialità di revisione critica delle insufficienze, peraltro ampiamente denunciate ed evidenziate, della macchina regionale.
Quasi sei anni e mezzo sono trascorsi in una stanca successione di preannunci, di organigrammi, di riforme che, nonostante la legge sulle strutture, non sono stati mai attuati.
E' tipica l'organizzazione dipartimentale: se ne è parlato poco in questo dibattito anche perché non è certo esaltante sovrapporre analisi politiche a giudizi di strumentalizzazione del personale che è stato costretto a logiche del tutto estranee a principi e metodi di organizzazione.
Non vi è dubbio che anche la debolezza e la latitanza manifestata dal sindacato nella II legislatura, a fronte di un progetto o meglio di una congiuntura progettuale eccezionalmente favorevole con l'avvento delle sinistre al governo della Regione, è una penalizzazione ed un'ipoteca che peserà ancora per molti anni negativamente sulla futura organizzazione.
Preme rilevare il ruolo creativo - credo non sia enfatizzante dirlo che il personale e le sue organizzazioni sindacali hanno di fronte a scelte di questo tipo e di questa portata.
Scegliamo non a caso come significativamente esemplificativa la componente del decentramento. L'attuazione della legge sull'istituzione dei Comprensori, l'avvio dei complessi e stimolanti rapporti di collaborazione e di integrazione di livelli istituzionali, fino allora corpi separati e non comunicanti, l'iterazione dei processi di pianificazione comunale con quelli comprensoriali e regionali, che erano potenzialmente attivabili con i primi piani settoriali e con i primi schemi di piano territoriale comprensoriale (cito solo alcuni esempi che sono più vicini alla mia esperienza politica) e vediamo come questi elementi non abbiano trovato riscontro in un impegno e in un coinvolgimento del personale e come la maggioranza politica che ha retto in questi anni abbia totalmente eluso la ricerca di un minimo caratterizzante coinvolgimento della struttura funzionale stessa, pur in questa fase importantissima di attuazione di riforma della struttura istituzionale e della struttura burocratica conseguente.
Certamente qualche lacuna legislativa esisteva, quindi il problema dovrebbe essere visto, anche in occasione di questo dibattito, con riferimento al contenuto legislativo, ma riteniamo che poteva essere colmata nei comportamenti di una maggioranza che fosse molto più preoccupata dei contenuti e non troppo degli spazi politici da coprire direttamente e senza minima valorizzazione dell'apparato strutturale.
La denuncia di queste gravi carenze non è di oggi e dovrebbe articolarsi in una serie di esemplificazioni negative che sono ampiamente note dagli uffici comprensoriali non istituiti, allo scoordinamento e alle sovrapposizioni delle strutture assessorili, alle mortificazioni della professionalità e della qualificazione del personale perpetuate ancora in atto con i perversi meccanismi delle consulenze opportunamente lottizzate.
Un'analisi critica sulla politica del personale non può non considerare i fenomeni in atto e non facilmente rimuovibili, ma non può non considerare anche i troppi silenzi sul ruolo distorto con il quale si è dato attuazione ai contenuti legislativi della legge sulle strutture.
Non sono possibili secondo noi su tali temi colpi di spugna anche perché il consolidamento di talune prassi (ne cito una che conosco più da vicino, quella che regola il servizio dei funzionari regionali del servizio urbanistico regionale dei Comprensori) è tipico di un certo modo di gestire la struttura rinviando la soluzione dei problemi, pregiudicando tempi e possibilità ad un funzionamento corretto a regime e - questo è l'aspetto più grave - non dando una risposta alle richieste che i Comitati comprensoriali fanno con riferimento alle esigenze che vengono dalle comunità locali da loro amministrate.
L'articolazione territoriale delle strutture regionali è oggi colpevolmente penalizzata da 5 anni di gestione politica che potremmo definire clientelare per alcuni aspetti, ma che è soprattutto una gestione di rinvio nell'affrontare i problemi. E' una gestione astratta da serie attenzioni al ruolo che il servizio decentrato sul territorio avrebbe potuto dare come risposte alle sollecitazioni ed alle esigenze della comunità.
Ritengo che esista una responsabilità non seconda nei confronti del personale, se non verso la comunità, di quanti hanno finora ritenuto che la soluzione di casi personali dovesse prevalere rispetto alla necessità di prefigurare celermente un adeguato quadro organizzativo e quindi normativo anche per poter accedere a questo quadro organizzativo.
Mi limiterò a questo tipo di riferimento, perché abbastanza emblematico, per evidenziare come vi sia nel giudizio che si deve dare sulla politica del personale un riferimento al quadro organizzativo all'interno del quale il personale opera e per evidenziare come l'incongruenza e la discrezionalità dei comportamenti politici possano pregiudicare forse irrimediabilmente non solo gli obiettivi gestionali del personale, ma soprattutto quelli di motivazione di un ruolo del personale stesso.
Senza un disegno generale di crescita qualitativa della struttura al servizio della comunità non si realizza quel protagonismo creativo e collaborativo del personale che è componente indispensabile al ruolo delle istituzioni. Per questo contributo non ci deve stupire una vertenza permanente anche nei confronti dell'esecutivo, però si deve saper cogliere in questo quadro ciò che è giustificabile in funzione di una riforma o di una trasformazione in atto e ciò che invece è bisogno pregresso di sistemazione e di vertenze che non hanno trovato una risposta.
Mi spiace contraddire il Consigliere Viglione che afferma che la II legislatura si sarebbe chiusa senza alcuna vertenza con il personale, se è vero che nella prima riunione che avvenne alla Mandria con i sindacati l'Assessore Testa si trovò di fronte ad un pacchetto non facilmente dimensionabile, ma che comunque era nell'ordine di decine e decine di aspetti non affrontati ed irrisolti, quindi tuttora oggetto di vertenze.
Per dare contenuto alle scarse e sintetiche indicazioni dell'allegato 14 riteniamo che vi debba ancora essere un lungo cammino. Non si pu pretendere improvvisamente dal personale, anche in termini collaborativi ciò che per anni è stato loro sottratto: una dimensione partecipativa responsabilmente rispondente alla grave e critica congiuntura in atto sia nell'economia della Regione, sia nel passaggio delle riforme che sono attualmente in atto.
Si tratta secondo noi di costruire assieme a loro questa nuova fase. Ma chiedo - con quali strumenti? Gli allegati che l'Assessore ha offerto nella relazione esaustivi di queste possibilità. Usando una ricorrente immagine oratoria mi interrogo sul contributo che può essere offerto per quanto attiene al personale del Consiglio regionale con il documento che purtroppo da molti mesi attende una valutazione da parte del Consiglio che è stato predisposto dall'Ufficio di Presidenza.
Non entro nel merito dei contenuti di alcune proposte che appaiono in quell'elaborato anche perché vi sarà occasione di farlo in un apposito dibattito previsto in Consiglio regionale. Alcune cose però con riferimento soprattutto alla struttura attuale e ai suoi limiti vanno dette.
Siamo in presenza di 122 persone di organico, una dimensione che a seconda di come viene centrato e collocato il ruolo del Consiglio pu essere sufficiente, eccedente o del tutto scarsa.
Credo si tratti di una struttura certamente assimilabile non a funzioni gestionali di servizi simili a quelli che sono preposti e sono compiti dell'esecutivo, ma richiedono una specializzazione professionale e un privilegio di riferimento ad alcuni principi, ad alcuni punti nodali che caratterizzano il ruolo del Consiglio, la sua funzione, la sua presenza nel complesso delle istituzioni e rispetto alla comunità regionale.
Il privilegio è soprattutto nella direzione del prodotto legislativo con un'articolazione di commissioni che è stata recentemente arricchita e che richiede un'attenzione anche rispetto al grado di specializzazione possibile all'interno di queste materie, di questi contenuti legislativi che sono affrontati nelle Commissioni stesse.
Il privilegio è nella direzione delle funzioni di controllo sugli atti e sul bilancio da parte del Consiglio regionale mettendo in condizione non solo le forze di opposizione, ma credo tutti i Consiglieri di poter disporre di documenti non solo, ma anche di predisporre quelle analisi critiche nel merito che può essere fatta propriamente solo nella misura in cui c'è da parte anche del personale la dovuta assistenza e la possibilità di accondiscendere con strumenti e con mezzi alle funzioni attribuite ai Consiglieri regionali dallo statuto.
Una specializzazione che riguarda l'accesso all'informazione più completa sull'attività sia del Consiglio regionale, sia della Regione nel suo complesso ma anche delle istituzioni che comunque concorrono tutte quante a formare quell'apparato della parte di Stato nella nostra Comunità regionale rispetto alla quale è opportuno che il livello di informazione sia egualmente accessibile da parte e dei Consiglieri e della Comunità esterna.
Una specializzazione del personale per quanto attiene alle competenze dei livelli istituzionali sempre più complessi ed articolati, proprio per questo bisognose di quella lettura ed interpretazione corretta che non sempre può essere offerta da specialisti od esperti, che invece dovrebbero trovarsi nella struttura regionale del Consiglio regionale. Una specializzazione per quanto attiene anche ai rapporti degli organismi consunti e con il Consiglio regionale e con la comunità piemontese essendo il Consiglio regionale sede di una serie di articolate presenze della comunità che si esprime attraverso le Consulte.
Riteniamo che se è vero che la dimensione ridotta del personale del Consiglio deve essere doverosamente ancorata ai limitati compiti che per ora sono attribuiti al Consiglio stesso, non può però questo tipo di dimensione risultare ulteriormente condizionato qualitativamente da una rigida ed insufficiente interscambiabilità di funzioni all'interno del personale.
Quindi noi scartiamo per ora la separazione funzionale della struttura consiliare da altre strutture della Regione, però non possiamo non rilevare, ai fini di una crescita qualitativa, l'esigenza di una ricerca di dimensione ed articolazione diversa dall'attuale che consenta anche all'interno di un'interscambiabilità e quindi di una rotazione,di un turn over funzionale che produca effetti qualitativi, la possibilità di assolvere ai compiti privilegiati che credo tutti quanti riconosciamo come necessari.
Riteniamo che alcune proposte siano implicitamente contenute nei documenti presentati non solo dall'Ufficio di Presidenza, ma anche dalle forze politiche su questo tema; riteniamo però che vi sia da parte dell'esecutivo e soprattutto da parte dell'Assessorato al personale su queste tematiche che concernono la dimensione del personale del Consiglio e le sue specifiche attribuzioni, un' attenzione forse non sempre pari all'importanza dei problemi che vengono di volta in volta evidenziati e dei limiti entro i quali noi ci troviamo ad operare. Chiediamo che questa attenzione specifica si concretizzi in una ridefinizione del cosiddetto mansionario che può riguardare taluni livelli della struttura funzionariale, soprattutto per le esigenze particolari che si manifestano nella ministruttura del Consiglio e che dalla definizione di questo mansionario che possano derivare delle motivazioni professionali molto più pertinenti e adeguate ai compiti che devono essere affrontati.
Con questo auspicio, attendiamo di vedere nelle fasi conclusive del dibattito come si collocheranno le altre forze politiche rispetto alle conclusioni operative che si dovranno affrontare, ma riteniamo di dovere rivendicare per quanto riguarda questo specifico problema, sia gli specifici problemi accennati nel mio intervento, sia quello relativo al decentramento ed all'articolazione sul territorio regionale delle strutture regionali, sia quello del personale del Consiglio regionale, l'esigenza di una verifica che può essere forse operata a termini più celeri dando anche corpo e consistenza, quindi credibilità, alle intenzioni che l'Assessore ha manifestato nel suo intervento con la relazione che ci è stata consegnata e che sono per noi oggetto di grande attesa.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho pensato in questi giorni al taglio che avrei dovuto e voluto dare a questo dibattito che il Gruppo D.C.
ritiene di primaria importanza. Potrebbe essere un taglio fortemente polemico, potrebbe essere un intervento di rottura, come si dice in gergo politico, potrebbe essere semplicemente un intervento propositivo. Dico subito che ho scelto la strada delle proposte. Avrei potuto chiedere dì parlare dopo il Capogruppo comunista, ma dopo le segnalazioni che abbiamo fatto, preferisco che siano gli esponenti della maggioranza a chiudere e ad incanalare nel giusto binario questo dibattito. So anche che corro dei rischi perché molto probabilmente quando parlerà il collega Bontempi dirà qualche cosa che meriterà una replica e forse mi pentirò di non poter più replicare, ma questa corsa non si esaurisce in una tappa, perciò quello che non potrò dire in questa occasione lo dirò in un'occasione successiva. La nostra è una storia a puntate.
Però, quello che voglio dire al Consigliere Viglione non lo rimando ad una successiva puntata. Ho sempre avuto grande rispetto per lui, per la sua carica umana, per la sua competenza, per il suo dinamismo, per la sua preparazione sia in passato, quando aveva come si suol dire "più potere nelle mani", sia oggi che ha nelle sue mani una grossa tribuna, quella di essere Capogruppo di uno dei gruppi della maggioranza.
Il Consigliere Viglione questa mattina è intervenuto nel dibattito sul piano socio-sanitario ed ha fatto dei riferimenti generosi verso la parte cattolica, ricordando quanto in campo sanitario ed assistenziale il mondo cattolico ha rappresentato. Ora voglio fare un riferimento al Vangelo per dire che tra la pagina di Gesù a Gerusalemme, osannato dalle folle, e quella del Getzemani, dove Gesù è là con la sua solitudine, sono più favorevole alla seconda piuttosto che alla prima che lo esalta nel momento del trionfo. Stimo le persone assai di più nei momenti di minor trionfo e di minor esaltazione.
Detto questo, per precisare il tono con cui intendo tenere il rapporto dialettico con il Consigliere Viglione, debbo dirgli che egli non può ogni volta in cui si discute di qualche cosa che ha riferimento all'arco di tempo che va dal 1975 al 1980, chiudersi e fare delle difese aprioristiche.
Ogni uomo che si volti a guardare il suo passato politico deve saper vedere con molta serenità le sue luci e le sue ombre. Io lo faccio per me stesso quando cammino per Alba dove ho avuto la ventura di essere sindaco per circa sette anni e quando guardo ai fatti compiuti in quegli anni di alcune cose sono lieto di altre non ho difficoltà a dire che probabilmente non le rifarei in quel modo.
Il Presidente Viglione e la Giunta che ha presieduto per cinque anni hanno fatto delle cose egregie e hanno anche portato avanti iniziative di altre Giunte. C'è un settore però dove qualche ombra permane, quello del personale, non tanto per la legislazione fatta in quegli anni quanto piuttosto per la gestione.
Il Consigliere Carletto ha sostenuto dibattito sul personale dopo averlo preparato per oltre tre mesi con incontri, con studi, con verifiche assieme ai colleghi di Gruppo, pertanto le sue argomentazioni non possono essere liquidate dicendo "Carletto è bravo, ma è tanto giovane".
Il periodo dal 1972 al 1975 è stato assai difficile e nelle Giunte di allora a prendere le decisioni c'erano anche i colleghi socialdemocratici ed i colleghi socialisti. Non si deve perciò guardare alla D.C. come se fosse la sola responsabile di ogni governo. Il Consigliere Viglione faceva riferimento al governo Andreotti, ma sappiamo tutti che era un governo di solidarietà nazionale a cui avevano accesso tanti, forse coloro che avevano meno accesso erano proprio i rappresentanti del partito dell'on. Andreotti.
La prima legge del personale risale all'agosto 1974; dopo circa cinque anni è stata modificata a prova delle difficoltà che ha avuto quella gestione. A tutt'oggi nonostante gli sforzi che sono stati compiuti, la situazione è soddisfacente.
Richiamo in sintesi alcuni concetti trattati dal Consigliere Cadetto.
La gestione è troppo assessorile e troppo poco unitaria e le conseguenze stanno nel fatto che negli Assessorati fioriscono le segreterie gigantesche e mascherate. Troppi dipendenti si sentono frustrati, forse perché non ideologicamente allineati. Troppo spesso si ricorre alle consulenze e tante volte le consulenze sono affidate al signor tale o al signor tal'altro ed è difficile capire come il signor tale e il signor tal altro abbiano specifiche competenze. Molti dipendenti regionali che si sentivano frustrati se ne sono andati ed oggi sono, per esempio, professori ordinari all'Università o fanno parte di staff dirigenziali di grandi industrie e di grandi associazioni. Carletto ha detto che dietro ad ogni riferimento c'era un nome ed un cognome che si riserva di esplicitare nella sede della I Commissione. Ho incontrato casualmente un funzionario regionale che ai tempi in cui avevo un incarico in Giunta, dirigeva un Ente. Ho trovato un uomo distrutto: attualmente tiene il registro delle presenze e delle assenze del personale di un Assessorato! Consulenze. Nonostante tutte le battaglie che abbiamo fatto non siamo ancora riusciti a vederci chiaro. E' stato steso un elenco, richiesto dal collega Valeri e di cui abbiamo copia nel quale, esclusi gli incarichi legali, risultano 337 consulenze dal 27 luglio 1980 ad oggi. Tra il personale regionale (e l'osservazione viene anche dal Consigliere Vetrino) vi è un'accentuata politicizzazione: certo, ognuno può avere l'idea che crede, guai se non fosse così, però l'idea non deve essere la guida dell'attività del funzionario.
E' in atto una grande discussione nel Paese sulla magistratura, sulle idee politiche dei magistrati, sul dovere di applicare la legge non modellando la legge alle idee.
Avevamo presentato un'interrogazione per avere notizie su un contrasto sorto tra due dipendenti regionali. L'Assessore ci ha risposto che è aperto il procedimento disciplinare nei confronti di entrambi. Se con questa concezione si camminasse nel campo penale, ahimé amici! Se, alla guida della macchina, investo qualcuno, secondo il concetto della Giunta andremmo sotto procedimento sia io che ho investito sia l'investito, e poi si vedrà.
Ancora, vi è un eccessivo appiattimento delle posizioni, delle carriere, degli stipendi. L'impegno non è titolo di valutazione sufficiente e queste cose emergono nella relazione Testa a pagina 9.
Carletto ha fatto riferimento agli ottavi livelli che si trovano concentrati negli uffici periferici di Alessandria: lasciatemi dire che queste cose stanno a dimostrare che vi è stata una politica un po' troppo disinvolta.
A questo punto potrei dire: voltiamo pagina. Ma non vogliamo essere trancianti, non crediamo che il buono sia tutto da una parte e che il cattivo sia tutto dall'altra. Certo deve iniziare una nuova epoca sul personale consolidando il buono e modificando il cattivo.
Ogni dipendente regionale deve sentirsi protetto nel suo lavoro, non per l'idea o solo per l'idea che porta. Vogliamo creare un maggiore collegamento tra i Consiglieri ed i dipendenti? Purtroppo però quando i miei colleghi per adempiere al loro mandato debbono verificare pratiche che interessano i Comuni devono percorrere itinerari a volte allucinanti.
Questo è dovuto a inefficienza o a ritrosia politica? Chiedo che in ogni Assessorato la Giunta indichi la persona a cui i Consiglieri possono rivolgersi, quasi un difensore civico dei Consiglieri che devono svolgere il loro mandato.
La strada delle interrogazioni e delle interpellanze è lunga e difficile, annacqua e stempera gli argomenti. Questa mattina il collega Picco mi chiedeva the cosa fare per l'Istituto cartografico. Mi chiedo come facciamo a chiedere la discussione di queste cose prima di Natale mentre siamo impegnati con il piano socio-sanitario, con il personale, con l'esercizio provvisorio? Il Gruppo D.C. d'ora in poi si avvarrà dell'articolo 12 dello Statuto per chiarire e verificare presso gli Uffici degli Assessorati pratiche e documenti. Bisognerà modellare anche questo aspetto in modo che questi rapporti siano chiari sia oggi che la D.C. è all'opposizione, sia domani per chi sarà all'opposizione. La I Commissione è la sede opportuna per portare avanti questi discorsi sulla gerarchia, sulla valorizzazione delle risorse esistenti, sui concorsi, sulla formazione per i concorsi.
Anche quest'ultima proposta va vista con grande attenzione. E' indubbiamente un ottimo sistema di selezione, ma anche qui può esserci una formazione pilotata.
Vogliamo discutere su tutti i punti che l'Assessore Testa ha introdotto nella sua relazione, vogliamo una analisi numerica sulle necessità del personale, sui servizi, sugli squilibri di competenza, vogliamo modificare le leggi sul personale. Non chiediamo oggi risposte specifiche, non abbiamo la pretesa che tutto quello che diciamo sia perfetto, ma chiediamo risposte sui principi.
Se avremo risposte positive sui principi, se lavoreremo con un corretto rapporto con i sindacati, la politica del personale potrà iniziare una fase nuova e la Regione potrà svolgere un ruolo più incisivo anche nelle contrattazioni nazionali perché accanto all'impegno su questi problemi vi è anche l'esigenza di una più giusta e più adeguata retribuzione che solo nelle contrattazioni nazionali può essere discussa.
Questo dibattito che tanto abbiamo sollecitato (l'Assessore Testa dovrebbe dire ai suoi solerti redattori che il dibattito non l'ha voluto la Giunta, come è scritto nella relazione, ma è il Gruppo D.C. che l'ha richiesto così come ha richiesto quello sul funzionamento del Consiglio) non è stato fatto tanto per gradire e non passerà come passano le gocce d'acqua sul marmo, ma avrà un'influenza enorme e benefica nella vita regionale se tutti proprio oggi sapremo farne un punto di partenza stabilendo modalità di comportamento e precise scadenze operative. Se per caso ciò non dovesse avvenire, debbo comunque dire che i problemi del personale, per iniziativa del Gruppo D.C., d'ora in poi usciranno dal chiuso dell'ufficio del personale e dalla trattazione tra poche persone e diventeranno problemi del Consiglio regionale.
L'altro giorno il collega Biazzi mi ha chiesto se avrei risposto anche sulle critiche che il Consigliere Carletto aveva rivolto al vecchio Gruppo D.C. Certo, rispondo anche a quelle. Il collega Carletto, colleghi, ha constatato - e l'avevo detto anch'io nella dichiarazione di voto sul programma della Giunta - che in passato sui problemi del personale avevamo tenuto un atteggiamento episodico e ha lasciato capire che con questo dibattito passiamo dalla fase episodica ad una trattazione organica. Nella situazione attuale della Regione, nelle difficoltà economiche in cui ci si dibatte, i problemi del personale sono più che mai centrali e strategici e come tali vanno trattati e come tali il Gruppo D.C. di fronte alla comunità regionale e di fronte ai dipendenti, assume l'impegno di trattarli.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente e signori colleghi, vi chiedo scusa in anticipo se non sarò brevissimo anche se cercherò di contenere questo intervento in termini ragionevoli, intanto per dare lo spazio dovuto alla replica dell'Assessore e qui mi sia permesso di fare una volta per tutte un plauso alla relazione, e al taglio con cui questa relazione si è collocata rispetto a dei problemi come quelli del personale che rischiano di non essere affrontati correttamente proprio se non poniamo tutti assieme Paganelli mi ha dato degli spunti, una correzione a dei tagli unilaterali per cui tutto sommato, la Giunta difende se stessa, i Gruppi attaccano e questo è un metodo sbagliato. Mi è parso che l'introduzione fatta dall'Assessore avesse il pregio di porre su un terreno anche nuovo parzialmente nuovo, il dibattito e la discussione.
Voglio anche che abbia dello spazio per replicare.
Farò un intervento non brevissimo per le ragioni che anche il mio Gruppo rivendica in tutta autonomia e sono dello stesso stampo e della stessa natura di quelle che rivendicava Paganelli per il suo Gruppo.
Io lo dico in altri termini: signori Consiglieri, io credo che dobbiamo renderci conto qui, che a 10 anni dall'esperienza regionale, il problema dell'organizzazione amministrativa delle Regioni non è ancora diventato il problema politico della rilevanza che esso ha.
Dico questo perché approccerò anche il tema del personale, soprattutto partendo dal tema dell'organizzazione amministrativa. In fondo, lo stesso intervento che ha fatto Paganelli, l'altro giorno l'intervento che faceva Viglione mi sembra,che se pure molto diversi, cogliessero questo elemento essenziale; quello cioè che dobbiamo riflettere tutti assieme e anche tirare dei bilanci e dare dei giudizi sul grosso problema dell'organizzazione amministrativa, che non è ancora diventato né la cultura politica né la politica tout court, uno dei problemi di fondo.
Credo invece che ce lo impongano i fatti: la constatazione che credo possano fare da un lato gli amministratori più avvertiti ma dall'altra i cittadini e poi ancora il personale che complessivamente la produzione in termini di efficienza o di efficacia dell'azione amministrativa e di governo delle Regioni segna dei passi anche perché, ripeto, questa efficienza e questa efficacia sono ben lontane dai livelli che auspicavamo al momento dell'istituzione delle Regioni e del varo degli Statuti.
Voglio partire di qui, perché credo che elementi più specifici possono essere introdotti ma mi pare che perderemmo e questo ho colto nell'intervento di Paganelli, un po' meno in quello di Carletto, peraltro intervento che rispetto per la cura, la documentazione e per una serie di verità che qui ci ha detto. E' quello cioè, di confrontarsi con la vera qualità dei problemi, con la vera struttura dei problemi che abbiamo di fronte a noi. Non possiamo affrontare il problema del personale se in qualche misura qui, più ancora che in altri settori (anche perché questo è un terreno meno esplorato dalla cultura politica corrente) credo che non possiamo solamente confrontarci nei termini dei risultati, degli effetti o delle responsabilità. Dobbiamo partire da una considerazione: dalla constatazione che il primo modo per parlare correttamente e per infondere speranze e prospettive ed anche per avviare un processo serio di ricomposizione del personale di questa Regione, sia quello di discutere della Regione. Lo ha già fatto nel suo intervento il collega Valeri, io qui voglio sintetizzare.
Credo non si possa non parlare oggi, soprattutto in termini di interrogativi che ci poniamo per il che fare domani, di un'esperienza che sta mostrando la corda; ed è proprio l'esperienza di quella funzione di governo che era dentro agli Statuti che è ancora dentro ad aspirazioni, ma che sono purtroppo un po' minoritarie rispetto al peso spesso soffocante di una prassi. Non possiamo non rimettere in discussione (e lo fa anche la relazione di Testa), la parte che riguarda le deleghe. E' molto chiara, è una direttrice di marcia ampiamente condivisibile, dico solo però che questa riflessione sostanziale deve essere fatta ed affrontata subito ed è quel prius su cui anche gli stessi dipendenti, nella stessa misura, debbono misurarsi.
Sono convinto che nell'elaborazione del sindacato, nelle sue iniziative, nelle discussioni fra i dipendenti questi elementi emergono, ma occorre che come contributo di un partito politico e non invece come eco di posizioni un po' unilaterali, un po' sindacali come mi è sembrato di cogliere nell'intervento dell'amico Carletto, sia nostro dovere anche contribuire ad un orientamento diverso.
Noi non possiamo non constatare come complessivamente l'amministrazione regionale, a livello politico, abbia prodotto scarsi risultati in materia di collegialità e lo prova il numero delle delibere approvate, troppe, da parte degli esecutivi (e io dico che è tanto elevato) e riporto qui l'opinione di uno studioso che mi ha colpito per le sue riflessioni sulle Regioni di un così elevato numero di delibere, da presupporre la sostanziale adozione del metodo che peraltro è già stato sperimentato nelle Regioni a statuto speciale, della "presunzione di consenso salvo prova contraria da parte di qualcuno dei componenti"; il che è proprio il contrario dell'attività collegiale.
Assieme a questo il numero delle disposizioni o della prassi che in pratica autorizzano il conferimento massiccio di deleghe ai singoli Assessori e quindi tutto sommato, il registrare a 10 anni dall'esperienza regionale che rispetto ad un dettato statutario, complessivamente segmentazione e settorialismo, stanno rischiando di diventare le caratteristiche di comportamento dei nostri Enti.
Come vedete, qui non sono a far la difesa del re, sono a pormi degli interrogativi, sapendo la parte di responsabilità che il nostro Gruppo e tutti noi abbiamo, nel disegnare e nell'attuare un modello di questo tipo.
Le conseguenze sul piano dell'amministrazione burocratica sono gravi: quando non poniamo davvero il problema della riforma anche in base all'attuazione dello Statuto o alle sue modificazioni rese necessarie dai tempi della struttura politica, ebbene, troviamo che i rapporti tra amministrazione politica ed amministrazione burocratica divengono necessariamente ispirata alla necessità di una direzione accentrata e l'unico punto di riferimento unitario rischia di diventare l'Assessore che può assicurare un indirizzo organico nel proprio settore. Non diciamo chiaramente che in questa maniera recuperare attraverso una funzione, che spesso è ultronea e che va al di là di quello che deve fare l'Assessore (che è soprattutto il rappresentante politico), rischia di diventare il modo per far fallire la collegialità e quindi azione di Governo, e dall'altro anche per porre in condizioni di grossa difficoltà la stessa struttura.
Credo che questo circolo un pochino perverso, necessiti di omogeneità e di indirizzi unitari, non attestazione di questa omogeneità ai livelli giusti che sono quelli dell'organo politico, riferimento agli Assessorati ma porti a dei risultati che sono quanto mai negativi. Per questo noi crediamo che una riflessione sulla modifica della struttura della Giunta debba cominciare ad essere fatta, e non si tratta più tanto di un problema di numeri (quindi della disposizione statutaria); ma il problema è che se noi non seguiamo i grandi criteri ispiratori che sono stati quelli degli Statuti che prevedevano una orizzontalità, una flessibilità (poi abbiamo avuto anche la dipartimentalità che ne è stata una conseguenza), non sarei così sicuro di riprenderla così come è stata pensata, ma comunque se non riprendiamo questi elementi e se non ripristiniamo attorno ed accanto ad una funzione forte di governo delle funzioni orizzontali da cui promanino certo le competenze di settore, ebbene noi avremo il rischio di andare ad un'inefficienza più generale dell'ente, ma dentro questo, visto che trattiamo dell'amministrazione burocratica della parte, cioè burocratica o gestionale o funzionariale, ad una esasperazione del settorialismo e non è un caso se qui ne sono stati toccati dei problemi, ne sottolineo uno: da questo ordine di problemi se non li affrontiamo (e questa è una nostra proposta che abbiamo già anche in altre sedi portato), credo che di questo dibattito qualche eco si è avuto, per esempio nel documento della D.C. sul piano di sviluppo, Assessorati, Ministero, è un processo fecondo che va portato avanti ed ha delle sue conclusioni; perché ad esempio, certe conseguenze, una soggettività tendenziale esterna, non legittimata, non abilitata (dirò qualcosa sulla necessità di andare in questo senso) proprio in direzione delle grandi democrazie occidentali che spesso qui, anche a ragione vengono richiamate. Oggi in assenza di una struttura di questo tipo c'è una soggettività esterna di ogni unità amministrativa spesso diversa l'una dall'altra nei moduli, nei comportamenti, e quello che io credo debba preoccuparci è che l'ente si manifesta esternamente nei suoi rapporti con altre categorie soprattutto anche attraverso quello che fanno e dicono i politici, ma molto attraverso i quotidiani, cioè l'effettuazione concreta da parte di tutte le persone che compongono l'apparato di quegli atti che portano poi alla realizzazione delle leggi o delle delibere.
Questo settorialismo va quindi combattuto ed io credo che una battaglia in questo senso non voglia dire sfuggire al problema, ma sia affrontare il problema, la questione politica. Guai se non avessimo a mente i fatti che rispetto ad una questione specifica che è stata toccata. Voglio tornare puntualmente sulle proposte, sulle suggestioni formulate, se non avessimo presente che la questione dell'organizzazione amministrativa è centrale credo che se si ripercorresse la vita delle Regioni, cominci a diventare un pochino impellente l'interrogativo che uno studioso come Potoscnick si poneva; se cioè le Regioni abbiano scelto nella loro organizzazione amministrativa di darsi una struttura monocratica-assessorile e anche funzionariale adeguata, oppure se non abbiano scelto di rompere con l'organizzazione tradizionale e di darsi una nuova organizzazione adeguata a delle funzioni diverse di Governo.
Credo che questo tipo di questione sia stato risolto (e ricordate è grave), nella non scelta. Secondo me è questo il problema. Perché non è vero, non possiamo dire ragionevolmente che ci sia qui, lo si vede dai dati forniti da Testa, composizione di età, caratteristiche, studio, funzioni non c'è qui il detto tout court ma non c'è neanche il nuovo. E' questo il vero problema. La non scelta in questo senso legittima un processo di delegittimazione dell'organizzazione amministrativa così come si è realizzata nelle Regioni e su questo io credo che noi dobbiamo misurarci con molta serietà e sapere scegliere, sapere che oggi la strada della non scelta, dell'incertezza, del far convivere in maniera ambigua non risolutiva rispetto ai grandi problemi che hanno questi Enti, che ha la Regione, il vecchio e il nuovo, sia invece l'occasione per farci scegliere.
Dico decisamente nuovo sapendo che per nuovo non intendiamo niente di eversivo, niente di rivoluzionario, niente di sloganistico n massomaristico, ma intendiamo quello che deve essere un apparato e un'organizzazione funzionale a una Regione che non può essere un grande Ente locale.
Questo è grosso modo il concetto.
Un concetto che però non è privo di ripercussioni pratiche è quando noi lamentiamo l'eccesso di delibere della Giunta e del Consiglio in qualche misura, il rischio che questo si ripercuota sul Consiglio. Quando lamentiamo una carenza di capacità tecnico-professionali, questo problema che io ponevo delle deleghe di settore molto spezzettate e settorializzate credo che poniamo poi in realtà la questione dell'essere della Regione.
Quindi su questo punto io termino.
Vorrei davvero, forse mi piacerebbe allungarlo ad un'altra riflessione ma è un po' difficile forse farlo in questo contesto ed è questo il problema: quanto di questa struttura non sia frutto delle organizzazioni degli altri sistemi con cui la Regione come sistema viene a contatto: degli Enti locali, delle forze sociali, quanto cioè un'incapacità di selezione e di interazione di questi sistemi non provochi come conseguenza quella di avere nella mediazione dell'istituto regionale una struttura di tipo molto settoriale, molto chiusa su materie ed argomenti. E' una suggestione che potremo in quella lunga corsa a tappe, che diceva Paganelli, affrontare ulteriormente.
Mi pare che queste cose che dico non siano controvertibili e penso anche che siano abbastanza nette e siano anche critiche nel senso più completo della parola.
Le conseguenze di una simile situazione sul nostro personale, creso si siano fatte sentire, quindi non vorrei assolutamente che sfuggisse a tutti la portata e la centralità di questa questione; e qui devo dire che la relazione ancora una volta fornisce spunti di interesse su questo punto per potere anche affrontare i problemi più minuti. Ne affronterò alcuni di carattere intermedio per venire alle questioni più specifiche.
Una questione che a me sembra importante è quella del rapporto tra politici e tecnici e attiene molto a noi, davvero politici, la soluzione di un problema del genere.
Credo ci sia una commistione tuttora eccessiva di compiti e di funzioni tra politici e tecnici che rende incerta o troppo appesantita l'opera dei politici, ed incerta e spesso deresponsabilizzata la funzione dei tecnici.
Credo, in altre parole, che l'immagine che spesso abbiamo dell'Assessore che è direttore dei propri uffici, sia un'immagine sbagliata profondamente alla radice; l'Assessore è soprattutto il responsabile politico, compete all'Assessore in quella collegialità, in quel rapporto Giunta-Consiglio, in quella funzione più ampia delle istituzioni di determinare insieme agli organi (quindi con il resto dei Consiglieri e degli Assessori) gli orientamenti, le linee, le leggi. Ma compete ai tecnici di assumere e di avere la garanzia di potere anche esternamente assumere le proprie responsabilità.
Credo che insieme agli enti strumentali (e questo è un cammino che abbiamo fatto), al di là del merito dei singoli enti, ma su una strada giusta, moderna, abbiamo seguito e non condannabile quella degli enti strumentali e insieme a questo un altro dei modi per rispondere a un'involuzione e a un ritardo di modernità che la pubblica amministrazione sia quella di cominciare a ragionare su una rappresentanza esterna da parte dei funzionari.
Ci sono delle questioni di carattere tecnico anche elevate in cui dobbiamo davvero, dati gli orientamenti politici e assunta una linea che si traduce in leggi e in delibere, porci il problema se non sia il caso che le firme su certi atti siano quelle dei funzionari proprio perché è un problema di rilievo che oggi si pone soprattutto se questo non viene visto sulla situazione statica dell'oggi, ma se su questo si lavora in termini di un complessivo ridisegno della struttura regionale.
Un'altra questione che si accompagna a questa è quella della professionalità, ma anche quella della dirigenza. Credo sia venuto il momento di fare i conti con questo problema; si è parlato di sfuggire all'appiattimento, di rimediare ai mali dell'appiattimento; io continuo a dire che una funzione positiva che nel paese ha avuto una spinta perch certe forbici di ruolo e anche di stipendio venissero colmate, ha avuto un aspetto positivo; certo questo non deve portare a delle conseguenze tali per cui i valori, le professionalità, le funzioni, non vengano riconosciute.
In questo senso credo che dovremo avere il coraggio di misurarci su un problema non regionale, ma svolgere un ruolo anche a livello nazionale sul problema della dirigenza, un problema che angustia le Regioni e gli Enti pubblici più che altro anche perché l'ordinamento delle organizzazioni amministrative è stato tradizionalmente pensato in maniera molto diversa.
Come è stato pensato come complesso di funzionari che dovevano garantire in ogni caso una presenza dell'ente pubblico, ma non un intervento attivo. Mi pongo dei problemi. In America in alcune scuole come alla Stanford University, ci sono delle scuole di management pubblico di altissimo livello; formano del personale che è in grado di interloquire scientificamente con tutti i settori dell'economia; in particolare c'è una sezione che è in grado di interloquire scientificamente con le lobby che in America, come sapete, sono qualcosa di molto potente e che agiscono sulla pubblica amministrazione.
Notate bene. Non è un'ideologia, tanto meno nell'amministrazione americana si poteva pensare di contrapposizione, ma è quella di porre in grado i funzionari e le strutture di comprendere le ragioni tanto sul piano scientifico per potere poi sulla base delle decisioni dei politici assumere le risoluzioni che ritengono opportune.
Anche qui, pensare ragionevolmente di riuscire nel campo della formazione, ad andare oltre ancora le indicazioni che ci venivano qui fornite dall'Assessore, e pensare ad una struttura che intanto per il livello piemontese, ma pensiamo anche a quanto deve essere fatto a livello nazionale, possa formare dei quadri che sempre più siano idonei e adeguati a un ente che intende intervenire nell'economia. Abbiamo di fronte a noi una crisi di grande portata, stentiamo ad avere noi una cultura di Governo ma poi abbiamo anche dei grandi problemi di formazione di professionalità del personale per riuscire ad interloquire in maniera attendibile su questi temi.
Io credo che su questo non si debba avere nessun velo davanti agli occhi e che dobbiamo porci il problema di quanto possa agire rispetto alla struttura pubblica complessivamente intesa, una concorrenza del privato anche in termini finanziari che non è tutto: ci sono anche altri aspetti e sono aspetti di ruolo, di lavoro, di proficuità del lavoro ma credo che questo problema della dirigenza, tenendo presente quanto si deve affrontare, vada posto con forza.
Va posto con forza insieme ad un'altra questione che sta uccidendo la pubblica amministrazione ed è quella delle procedure interne. Ho l'impressione che all'interno delle Regioni e degli Enti pubblici sia più il tempo che passa a controllare in 7 lo stesso atto che quello invece che si utilizza profittevolmente per fare 7 atti distinti, correlati o complementari.
E' questo uno dei problemi di fondo che appartengono anche qui agli aspetti formalistici in qualche misura amministrativi e antiquati con cui è stata concepita l'amministrazione e non invece a quegli aspetti di efficienza, di produttività di sistema vivo e attivo, di vero interlocutore politico con gli aspetti dell'economia e della società più rilevanti che noi chiediamo. Credo davvero che terreno di esplorazione e di confronto ce ne sia parecchio, per cui Paganelli faceva una proposta: "discutiamone ancora in I Commissione". Io dico che da parte del nostro Gruppo c'è piena disponibilità, penso che il modo con cui ho posto questo problema e anche le ragioni che ho portato diano fino in fondo una caratteristica non rituale del nostro impegno. Noi siamo qui a discuterne perché l'ha chiesto la D.C., l'ha chiesto la Giunta; anche noi lo volevamo, noi siamo qui perché lo sentiamo come un grande problema e lo sentiamo come grande problema innanzitutto per riuscire a comporre nei confronti dell'opinione pubblica un quadro più alto, migliore del nostro modo di essere.
Per quanto riguarda i lavori io credo che qui altri problemi si pongano: quello della responsabilità dei lavoratori e quello di un processo nostro di costruzione di condizioni politiche e strutturali perché davvero alibi non ci siano e dico "perché alibi non ci siano" perché non credo di essere riverente nei confronti di nessuno, anzi vorrei che sempre il nostro partito si rivolgesse e venisse inteso anche dagli interlocutori non come un partito che blandisce qualsiasi interlocutore, ma come partito che porta le sue opinioni e le offre come contributo.
Ebbene: alibi possono anche nascere in questa occasione, non possiamo nascondercelo dalla non risoluzione del problema politico di fondo dall'organizzazione della Regione e di che cos'è la Regione, del fatto che questi problemi non vengono sufficientemente affrontati e possono nascere degli alibi a comportamenti individuali che io dico francamente non sono accettabili e neanche qui io accetto il discorso dell'uovo e della gallina.
Noi dobbiamo fare la nostra parte e il discorso finora ha riguardato soprattutto il nostro ruolo e le nostre responsabilità, ma credo che non possiamo aspettare di aver completato un processo di questo genere senza dall'altra parte, certo, dando il segno di una marcia che vogliamo percorrere, chiedere anche ai lavoratori di voler confrontarsi, di discutere intanto con noi per capire fino in fondo quali sono anche i problemi dalla parte dei lavoratori o dei lavoratori. Io credo per esempio che il fatto che in Regione ci sia un diseguale impegno e che rispetto a una presenza anche consistente di lavoratori che danno il possibile, ce ne sono altri che non lo possono o non lo vogliono dare; questo si deve dire.
Le responsabilità di questa condizione io credo che noi non dobbiamo prendercele innanzitutto e sempre prima noi, poi dividiamo; c'è una Giunta ci sono le forze politiche, c'è una graduazione di responsabilità, non è un parens responsabilismo, però comunque ci sono questi problemi, ma io credo che se noi cominciamo a percorrere con responsabilità questo discorso e percorrere con serietà la strada di qualche cambiamento strutturale che io accennavo, credo si possa anche chiedere francamente ai lavoratori alcune cose. Mi è spiaciuto non sentire molte opinioni sull'orario; invece ci è stata presentata e mi è stata richiesta un'opinione scritta e io l'ho anche data per quanto riguarda l'orario. Devo dire che il giusto rispetto del contratto per il monte ore è doveroso. Non sono favorevole ad un orario come quello che è stato ipotizzato, con un allargamento della flessibilità e con una gestione del monte ore che può ridurre gravemente l'interazione organizzativa dei vari uffici.
Possiamo anche convincerci del contrario, di fronte alla dimostrazione che questo aumenta l'efficienza complessiva del sistema, anche se a me sembra che i problemi che si pongono oggi siano quelli del mantenere la flessibilità, del rispetto contrattuale in tutti i sensi, ma quello anche di avere un'interfaccia attendibile da parte delle istituzioni in un momento grave di crisi del Paese, di perdita di posti di lavoro, di messa in crisi o in forse di altrettanti posti se non di più, ebbene, io in questo momento credo davvero che un problema di questo genere, oltre che non opportunamente calato non sia corretto.
Dovremmo aumentare noi per quello che dicevo prima, ma complessivamente come Regione non si può attendere che aumentiamo noi uovo e gallina per poi trarne le benevoli conclusioni; bisogna porlo oggi questo problema e credo davvero che da quel lato non si possa essere d'accordo. Così come sulla mobilità credo che quando parliamo di quantità-qualità noi abbiamo un problema di una quantità sufficiente se non addirittura eccedente in termini assoluti, di carenze di qualità; dei funzionari dell'Assessore Rivalta sono stati a Lione a vedere come si fa la pianificazione territoriale in Francia.
Ci sono una quarantina di tecnici di alto livello, qui ne abbiamo 3 o 4. Credo che un problema del genere di quello di queste presenze, della qualità, della professionalità per fare il nostro mestiere è quello della programmazione, della legislazione, del coordinamento ce lo dobbiamo immediatamente porre, mentre altre funzioni che noi abbiamo un pochino attorno, credo vadano correttamente imputate ai soggetti, per esempio agli Enti locali ed ai Comuni. E questo non potrà non provocare con tutto il governo possibile, con tutto il ruolo indispensabile e decisivo dei sindacati, non potrà non porre un problema anche di mobilità in questa direzione, perché se no davvero non capisco cosa vuol dire la Regione quando tenta il discorso di essere più ente di legislazione e di programmazione e meno ente di gestione.
Due questioni ancora.
La questione delle consulenze. Dico francamente che sulle consulenze noi abbiamo sempre ripetuto la stessa cosa: devo dire che i risultati sono ancora un po' lontani dagli obiettivi che volevamo porci; posso anche capire le rigidità, anche per i motivi che dicevo prima nella misura in cui non abbiamo nell'apparato regionale alcuna professionalità e alcuna qualificazione, il ricorso alle consulenze diventa pressoché indispensabile anche se non mi pare sia la risoluzione dei problemi.
Ho detto che se vogliamo riferirci alla tua proposta (e c'è tutto da discutere) e cioè di un gruppo di staff, parliamo meglio in termini scientifici, revocabile ad ogni cambiamento di amministrazione.
Se vogliamo arrivare a questo problema credo che dobbiamo porlo in questi termini e non attraverso la via delle consulenze che invece hanno un altro ambito.
Chiudo dicendo che mentre sono abbastanza d'accordo su quanto diceva Picco a proposito del personale del Consiglio, sulle proposte che mi pare facesse, mi sembra mettesse in discussione non un numero, ma anche una certa interfunzionalità e certe presenze, qualipartita ed allora le consulenze che o temporaneamente o per un lungo tempo dovessero essere rese necessarie, credo che nessuno più le rifiuti, ma credo anche che si possa rifiutare un'interpretazione estensiva dell'uso della consulenza e credo anche che soprattutto dobbiamo stare molto attenti al rapporto tra consulenze ed uffici, cioè consulenze e personale interno. E' questo uno dei problemi di fondo; spetta anche ad una sensibilità politica complessiva, l'usare la consulenza come apporto, ausilio, accrescimento di competenze di formazione per le sue specificità tecniche e non invece come qualcosa che in qualche misura si sovrappone.
Se dobbiamo scegliere il modello statunitense che diceva Viglione (e non è una cosa sbagliata), facciamolo, cerchiamo di introdurlo attraverso una legislazione ordinaria...



VIGLIONE Aldo

Non bisogna sempre riferirsi agli Stati Uniti e poi quando il modello viene avanti dire che non lo vogliamo più.
Dopo le considerazioni di carattere generale che ho fatto, e di carattere più specifico sugli elementi di responsabilizzazione e di suddivisione anche più rigorosa tra funzioni dei tecnici e politici, a me pare comunque che la politica debba rientrare, ma questa volta per un discorso che fatto nei termini in cui l'ha fatto Paganelli, mi trova completamente associato.
Noi sappiamo che negli enti pubblici il datore di lavoro è una cosa molto diversa che non nelle ditte private; che è fatto di un certo numero di partiti e c'è a volte a torto, a volte a ragione, ma sempre il sospetto che in questi enti si viva o si sopravviva a seconda dei tempi e a seconda della politicizzazione non ideale ma concreta, quotidiana del personale.
Per una considerazione molto più generale che noi facciamo sullo Stato, una critica di fondo che noi facciamo a come si è venuto costruendo lo Stato al rapporto fra partiti-istituzioni; noi diciamo qui con molta nettezza che questa à una strada sbagliata, non condivisibile, perdente. Ed allora, io credo che questo sforzo, è uno sforzo che va davvero a toccare direttamente quanto le forze politiche sanno esprimere in termini di capacità, di rinnovamento anche di se stesse, debba essere una delle questioni fondamentali. E proviamo allora ad interrogare fino in fondo su quali strumenti, quali mezzi, quali invenzioni strutturali debbano e possano essere fatte per impedire che il personale sia compreso a torto o a ragione in una nube che considero oscura e sbagliata di politicizzazione. Il funzionario è e deve essere soprattutto fedele e rispondere allo Stato all'Ente, a chi in quel momento pro-tempore deve rispondere. Per il resto lealtà, serietà, lavoro, impegno, non suddivisione, non appropriazione delle spoglie di un complessivo grande essere che potrebbe essere inteso il personale.
Per fare questo, noi non sfuggiamo da una grande riflessione su come sono oggi i partiti, qual è il rapporto tra partiti e istituzioni, come si atteggiano oggi le istituzioni ed io questa proposta che non appare velleitaria ma che va ad intridere nella cultura politica e del potere così come è stata maggioritariamente concepita, il Gruppo comunista ritiene di poterla fare con molta tranquillità e senza avere timore di andare a tutte le conseguenze pratiche e concrete a cui questo porta.
Certo questo significa che in questo dialogo occorre essere conseguenti, significa che a chi parla con serietà e credendoci in queste cose, non si risponda con il sorriso di chi in fondo crede che il cinismo sia il re imperante in questo nostro mondo, ma voi sapete che a questo cinismo il nostro partito non si acconcerà mai.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Testa per la replica.



TESTA Gianluigi, Assessore al personale

Vorrei innanzitutto ringraziare gli intervenuti al dibattito sui problemi del personale per le osservazioni ed i suggerimenti che hanno dato; ad alcuni dei quali risponderò in questa sede, altri meritano un maggior approfondimento in sede di I Commissione.
Devo innanzi tutto dire al Consigliere Paganelli che questo dibattito è figlio di più padri in quanto la Giunta l'aveva chiesto contemporaneamente quando c'era stato un episodio di tensione nei rapporti con il sindacato.
La relazione è stata stesa interamente da me personalmente. Dico questo riferendomi alle prime pagine che sono state oggetto di diverse osservazioni. Il Consigliere Marchini le ha giudicate una civetteria.
Chiedo scusa ai Consiglieri per quelle prime pagine perché mi rendo conto che non mi sono fatto capire.
Lo scopo di quell'excursus storico voleva ricordare ai membri del Consiglio che il problema della burocrazia è un problema peculiare, che tanti si sono cimentati in questo arduo compito e che quasi nessuno è riuscito venirne a capo, tanto meno l'Assessore Testa che è meno capace e meno famoso di quelli citati nella relazione. Quanto a Giannini l'ho citato all'interno della relazione, ma non è uno dei grossi padri che hanno dato dei giudizi sulla burocrazia, per sua fortuna.
Nel ringraziare coloro che sono intervenuti, non compio solo un atto formale, ma esprimo un apprezzamento sostanziale per il taglio che è stato dato al dibattito. Vi erano due modi per affrontare il tema del personale: quello di porsi responsabilmente di fronte a problemi grossi e complessi e quello di affrontarlo demagogicamente.
Episodi di disfunzione del personale all'interno della Regione Piemonte o all'interno dei Comuni o all'interno di qualsiasi organizzazione se ne potrebbero citare a centinaia e se gli interventi, soprattutto quelli dell'opposizione, si fossero limitati a questi episodi, questo non sarebbe stato un modo responsabile di affrontare il problema, ma demagogico.
Invece il taglio degli interventi è stato di tipo operativo e costruttivo e questo dà maggiore fiducia a quel malcapitato Assessore che si trova in questo momento a dover affrontare i problemi.
La politica del personale illustrata nella relazione è la logica prosecuzione della politica del personale del precedente quinquennio. Non credo sia accettabile una divisione delle due gestioni, nel senso che alcuni aspetti che allora non erano fattibili, oggi probabilmente si pu tentare di realizzarli.
Per operare seriamente era opportuno, anzi, indispensabile, fare precedere la relazione da una serie di inchieste per analizzare a fondo la realtà anche a costo di spostare di qualche tempo l'inizio di certi provvedimenti e per avere elementi di scelta migliori.
Alcuni interventi meriterebbero un lungo confronto, tipo quello che è stato posto dal collega Bontempi sul rapporto fra politici e tecnici all'interno delle strutture regionali, cosa che costituisce obiettivamente un nodo, ma credo non sia un nodo in relazione al fatto che la Giunta sia dell'uno o sia dell'altro colore politico, ma sia un nodo, qualunque sia lo schieramento di Giunta, derivante dal fatto che a capo degli Assessorati ci sono delle persone politiche che indubbiamente hanno, nel loro entourage determinate preferenze derivanti dalla necessità di attuare determinate linee politiche. Ciò non toglie che la burocrazia abbia proprie idee politiche le quali però non devono avere peso nell'attività di tutti i giorni. In sostanza, vi è la conciliazione fra i momenti politici all'interno degli Assessorati e la struttura burocratica che non deve essere da questo punto di vista influenzata.
Credo che non vi siano grosse sfasature rispetto a questa linea se non nel fatto che la realizzazione di certi programmi amministrativi è pur sempre un fatto politico di una certa significatività.
Il tentativo di apportare delle innovazioni nel campo del personale comporta sicuramente dei rischi. Il Consigliere Paganelli citava i concorsi con il sistema della formazione che stiamo tentando,che potrebbero avere anche riflessi negativi.
Mi auguro che il dibattito in Commissione sia sempre ampio e che il contributo delle forze politiche valga ad evitare degli errori; non vi è dubbio che l'introduzione di innovazioni significa anche correre determinati rischi, che gli strumenti che vengono introdotti non diano i risultati sperati e che si debba ricorrere ad una taratura.
Nel dibattito è stato ripreso il tema delle responsabilità che competono all'Assessore al personale, agli altri Assessori ed alla struttura dei coordinatori e dei capi servizio. Per non fare della gestione del personale un fatto monocratico, va ribadito che all'Assessore al personale spetta l'identificazione delle linee politiche, il confronto in sede di Consiglio, di Commissione e all'interno della Giunta su queste linee politiche e che l'attuazione di questa politica non possa trovare altra sede se non quella dei singoli Assessorati e delle strutture burocratiche della Regione, dei coordinatori e dei capi servizio, che certo non possono vedere il loro ruolo svuotato delle competenze operative di guida del personale. E' opportuno dividere le scelte e le linee politiche che spettano all'Assessorato, dalla gestione che non spetta all'Assessorato.
Il coordinamento,all'interno della Giunta, della politica del personale significa omogeneità nel comportamento degli Assessori; questo non è un fatto facile, come non è un fatto facile per nessuno dei colleghi, quando si stabiliscono delle politiche inerenti ad un solo Assessorato, la condivisione e l'attuazione da parte degli altri Assessorati; questa è la linea su cui ci muoviamo, fermo restando che all'interno di ogni Assessorato la responsabilità va data ad ogni singolo Assessore.
Siamo in fase di ultimazione di un regolamento, che è concordato con i sindacati e che è steso ormai per i tre quarti. Questo regolamento consentirà maggiori elementi di certezza relativamente al comportamento dei dipendenti e sarà un punto omogeneo di riferimento per tutti i dipendenti della Regione Piemonte.
Evidentemente non esaurisce la tematica del comportamento e del rapporto con i dipendenti. E' un punto di riferimento; la complessità dei comportamenti e la sfumatura dei comportamenti sono al di sopra.
Nel caso di fatti disciplinariamente rilevanti gli uffici del personale svolgono l'indagine su tutte le parti. Non è esatto il confronto che l'avvocato Paganelli fa (forse con un po' di deformazione professionale) fra l'investito e l'investitore. Nel caso dei due dipendenti regionali che hanno avuto un diverbio, abbiamo aperto un provvedimento disciplinare per stabilire le responsabilità. Il provvedimento disciplinare prevede appunto, una prima fase di analisi delle responsabilità,dando un termine entro cui i dipendenti devono dare la loro versione dei fatti, dopo di che scatterà il provvedimento disciplinare nei confronti dei responsabili.
Quanto al discorso della valutazione del personale credo che vadano introdotti elementi di certezza di 'natura non politica. E' doveroso, per i funzionari e per la Giunta, che i funzionari siano valutati e che di conseguenza il loro sviluppo sia legato a fatti connessi alla loro professionalità, indipendentemente dalle idee politiche che professano.
Anche sotto questo aspetto la relazione è esplicita e credo che non sia il caso di soffermarvisi ulteriormente.
Non concordo invece sulle proposte del Consigliere Carletto relativamente al blocco dei concorsi e delle consulenze. Ritengo che non possa essere accettato il blocco dei concorsi e che invece possa essere accettato un confronto e un dibattito su altri punti. Siamo di fronte a situazioni in cui occorre valutare attentamente e con responsabilità ogni scelta e fare quelle scelte che sono necessarie e non fare quelle scelte che si rivelassero non necessarie o non corrette dal punto di vista del comportamento della Giunta. Credo che un'opposizione indiscriminata nuoccia alla Giunta ma nuoccia anche a chi fa questo tipo di azione.
Il Consigliere Carletto ritiene che i servizi sono troppi. Credo di poter condividere questa indicazione ed è scritto anche nella relazione che l'analisi della struttura organizzativa regionale dovrà portare a variazioni. Ho delle perplessità sul fatto che sia necessario disciplinare il numero dei servizi e le loro strutture organizzative per legge perch significa introdurre degli elementi di rigidità laddove invece il funzionamento delle strutture organizzative richiederebbe dei mezzi più semplici e più rapidi di cambiamento. Vedrei piuttosto una deliberazione del Consiglio regionale, ma questo sarà oggetto di un'ulteriore proposta da parte dell'Assessorato.
Se vogliamo una Regione snella che sappia muoversi rapidamente, non possiamo pensare ad una legge che definisca, ufficio per ufficio denominazione, compiti e funzioni. Ogni volta che saranno necessarie delle modifiche dovremmo ricorrere ad una legge che necessariamente comporterà un processo lunghissimo.
Quanto alla richiesta del testo unico delle leggi,credo che possa essere accettata dopo la stipulazione del nuovo contratto di lavoro.
E' altresì importante un dibattito annuale sul personale. E' positivo infatti, l'interesse mostrato dai singoli Gruppi intorno a questo argomento, interesse non strumentale,ma derivante dal fatto che ci si rende conto che questo è uno dei problemi centrali su cui ruota la politica della Regione.
Il rapporto con la Commissione durante l'anno serve a preparare questo dibattito e serve per un confronto dialettico con le altre forze politiche.
Il Consigliere Montefalchesi ha parlato di incentivi. Vorrei chiarire che gli incentivi non si riferiscono a discorsi di natura monetaria, ma a incentivi legati allo sviluppo ed alla professionalità. E' nota la mia avversione agli incentivi monetari.
Per quanto concerne la gerarchia, che è stata chiamata dirigenza (io non l'ho chiamata dirigenza perché la dirigenza ha un significato contrattuale che forse in questo momento non è opportuno introdurre per il fatto che siamo alla vigilia di una piattaforma), sono convinto che la possibilità di sviluppo della Regione si regge su una struttura ordinata dirigenziale, in grado di gestire gli obiettivi ed i compiti legati all'istituzione.
Consulenze. Premetto che non è dovuta da parte dell'Assessorato una risposta specifica se non sulle consulenze che l'Assessorato ha direttamente attivato, sulle quali l'Assessorato è sempre disponibile a rispondere. Penso però che, con la stessa chiarezza e la stessa onestà con cui sono stati forniti in allegato i dati sulla attuazione del personale in cui nulla si è nascosto, vada detto che, per quanto concerne le consulenze del 1981, la cifra che qui è stata portata è una cifra non depurata, nel senso che, delle 611 deliberazioni citate, 246 sono di assistenza legale. Abbiamo riorganizzato l'Ufficio legale trasferendovi dei legali interni, il che non toglie che ricorreremo ugualmente alle deleghe anche perché quelli interni devono crescere e perché alcune cause richiedono un rappresentanza esterna. 21 deliberazioni sono relative a membri di Commissione, 39 delibere sono di progettazioni tecniche, altre delibere riguardano incarichi a docenti di formazione professionale. Per cui le consulenze vere e proprie, secondo un calcolo fatto all'interno dell'Assessorato, non superano il centinaio.
Ritengo che su questo campo debbano essere fatte delle ulteriori modificazioni. Devo dire che, sempre più, ci avviciniamo ad un modello di consulenza a supporto della professionalità interna e non ad esautorazione della professionalità interna. Questa linea è enunciata nella relazione, su questa linea ci stiamo muovendo e, dall'analisi dei dati, emerge chiaramente come su di essa si siano fatti dei passi avanti.
Rapporto con il sindacato. In Italia è caratterizzato dal controllo sindacale. Il sindacato lascia che chi ha il potere lo eserciti ed esercita un'azione di controllo su questo.
All'interno della Regione Piemonte, vuoi per una serie di protocolli firmati, vuoi per il tipo di linea contrattuale, si evidenziano sempre maggiori spazi, all'interno dei quali il sindacato contratta preventivamente con la Regione l'attuazione di determinate linee. Questi spazi investono materie di crescente importanza nell'operatività della Regione. Molte volte vi è diversità di valutazione fra l'amministrazione ed il sindacato e poiché questo comporta un blocco e un freno all'attività della Giunta, questo rapporto va rivisto. Bisogna decidere se l'azione è di controllo sindacale, come avviene normalmente nell'industria, nel qual caso il sindacato ha gli strumenti per opporsi alle decisioni della Giunta che non condivide, o se la logica è di analisi e di decisione preventiva. Se la logica è di analisi e di decisione, cadiamo in sistemi cogestivi, anche se questa parola non a tutti è gradita.
In sostanza, quando le decisioni devono essere prese assieme prioritariamente, viene meno il concetto del controllo sindacale su attività già decise, invece viene in evidenza un rapporto di tipo cogestionale o decisionale. Occorre prendere coscienza di questo tipo di rapporto perché, se si vuole usare la logica del controllo sindacale rispetto ad accordi che invece postulano la codecisione, questo porta ad una situazione di confusione e di paralisi nell'attività dell'ente, non accettabile, nei confronti della quale l'ente deve prendere posizione.
Passando al discorso della formazione del personale, qualche Consigliere faceva riferimento a grandi scuole: sono stato recentemente a Parigi per vedere come viene formata la burocrazia francese. Penso d'aver tratto da quella visita degli elementi di grande interesse sull'impostazione dell'attività di formazione professionale che ci consentiranno di fare ulteriori passi avanti nell'azione di qualificazione della burocrazia regionale, di professionalizzazione, di specializzazione Per quanto riguarda il quesito posto da Carletto in ordine all'inquadramento dei dipendenti trasferiti con il DPR 616 e legge n. 641 devo dire che l'accordo con lo Stato e con i sindacati è stato firmato alcuni giorni fa e questo porterà delle modifiche alla legge che avevamo presentato in sede di Consiglio. Per quanto riguarda il completamento delle nomine dei Capi servizio credo che Carletto sia stato informato male oppure sia a conoscenza di informazioni precedenti agli ultimi sviluppi. Le nomine dei Capi servizio nei Comprensori e nei CO.RE.CO erano state completate, tranne che per una cinquantina di servizi, centrali e periferici, in cui mancavano gli ottavi livello; è stata recentemente proposta, in sede di incontro con i sindacati, due giorni fa, una procedura per completare tali nomine dei Capi servizio; in sostanza, è una procedura di tipo concorsuale che consentirà agli ottavi livello, che abbiano i titoli professionali, di accedere a queste posizioni. Questo mi consente anche di precisare che il solo fatto di essere ottavo livello non significa necessariamente il diritto ad acquisire una posizione di Capo servizio tant'è vero che, nell'accordo con i sindacati, abbiamo precisato che l'ottavo livello deve avere titolo e professionalità necessaria per svolgere quel tipo di ruolo.
Non siamo intenzionati a nominare Capi servizio tra gli ottavi livello in assenza di professionalità. Sul riconoscimento dell'anzianità è giacente in I Commissione un progetto di legge, che dovrebbe essere legato all'altro, relativo al DPR 616. In sede di rinnovo di contratto andranno messe alla pari quelle situazioni relative all'anzianità che erano state sbilanciate da altri provvedimenti, solo in parte nostri. Il primo provvedimento che ha sbilanciato l'anzianità è stato il penultimo contratto, il quale ha stabilito il discorso delle anzianità convenzionali togliendo un certo numero di anni a dipendenti più anziani. L'applicazione dell'art. 5 è un atto dovuto, a cui non era possibile sottrarsi, rispetto agli impegni legislativi presi e votati da questo Consiglio.
In sede di riconoscimento dell'anzianità si cercherà di riequilibrare quelle situazioni che sono state squilibrate da questo provvedimento.
Il Consigliere Picco, nel fare riferimento al personale del Consiglio aveva pienamente ragione nel considerarlo come dotato di una sua particolare specificità. Prima che Picco facesse questa affermazione, ho scritto una lettera alla Presidenza del Consiglio per chiedere un incontro con il comitato di presidenza, proprio per studiare la specificità o la non specificità (per me è ancora un punto interrogativo quanto sia specifico e quanto non lo sia, probabilmente è meno di quanto si dice) e per esaminare come applicare le politiche, che sono contenute per la Giunta, anche al personale del Consiglio che, in effetti, costituisce una parte rilevante dal punto di vista qualitativo e quantitativo del personale regionale, nei confronti del quale non sarebbe giustificata né trascuratezza n disattenzione da parte della Giunta. Restando fermo che l'organo consiliare ha una sua autonomia, uno degli scopi di questi incontri è di stabilire fin dove arriva, nei fatti,questa autonomia e dove sono invece le competenze dell'Assessore al personale.
Per quanto riguarda il discorso di Paganelli sui funzionari di riferimento per i Consiglieri, poiché la Giunta ha proceduto alla nomina dei coordinatori e dei Capi servizio, ritengo siano questi i punti di riferimento. D'altronde esiste una norma statutaria, che Paganelli ha ricordato, che dà l'accesso a qualsiasi tipo di informazione. Se sarà necessario ricorderò ai coordinatori e ai Capi servizio il loro dovere relativamente all'informazione da dare ai Consiglieri.
Credo che le linee di indirizzo che la Giunta ha indicato attraverso la relazione dell'Assessorato siano condivise. Al di là di alcune indicazioni critiche, di cui sarà tenuto conto, non mi sembra che dal dibattito siano emerse delle linee diverse da quella che la Giunta ha espresso. Questo è positivo anche perché consente alla Giunta di proseguire su questo difficile lavoro.
Condividere le linee non vuol dire condividere le applicazioni che da queste linee derivano, quindi il rapporto in Commissione è anche necessario per capire. Molte volte, sui problemi del personale, la tendenza a giudicare prevale sulla tendenza a capire.
Lo sviluppo della gerarchia, temperata dallo sviluppo dell'attività di Gruppo, il discorso sul miglior coordinamento fra gli Assessorati e sui gruppi flessibili, il discorso dell'informazione (su cui il Consigliere Vetrino esprimeva qualche dubbio forse dovuto ad un'ipotesi di sovrapposizione rispetto ad altri strumenti informativi, ma tranquillizzer poi su questo spiegando in Commissione il taglio che viene dato a questa iniziativa), il discorso della formazione, il discorso dei rapporti,sono le linee portanti del nostro programma.
Non è da sottovalutare il discorso della funzionalità e del funzionamento degli uffici del personale che costituiscono, nella politica del personale, il punto di riferimento nodale attraverso cui queste linee possono essere attuate. Gli uffici, come voi sapete, sono attualmente sottoposti ad una revisione, i cui collaboratori voglio in questa sede ringraziare per il prezioso contributo fornito in quest'anno e mezzo in cui ho retto l'Assessorato e per il contributo fornito anche per l'elaborazione di queste linee.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Credo che nel mese di gennaio la I Commissione farà una valutazione di questo dibattito e metterà in cantiere dei momenti operativi.



VIGLIONE Aldo

Era stato previsto che questo dibattito si sarebbe concluso senza la votazione di un documento, ma è altrettanto stabilito che ogni argomento non debba esaurirsi nel solo dibattito ma debba dar luogo a processi successivi.
Salvo alcuni casi di valore emblematico, quali l'occupazione, la pace nel mondo, la democrazia negli Stati, ciò che si attribuisce alla competenza regionale non deve esaurirsi in un dibattito ricco e interessante, ma deve avere uno sbocco operativo.
Bisogna raccogliere i principi enunciati in un modello regionale piemontese perché lo sbocco deve essere di tipo legislativo e deve vedere la conclusione con l'approvazione da parte del Governo.
Quando ho detto questo ho avuto anche qualche ritorsione. Se le Regioni non sono decollate con modelli originali e nuovi, modelli che si riscontrano nelle società dell'Europa o del nord America, è perché il Governo non li ha voluti.
Ogni volta proponiamo dei modelli nuovi, dal punto di vista dell'immagine, della funzione, della retribuzione: il Governo costantemente si oppone perché ogni norma regionale deve corrispondere ad una norma statale e finché la norma statale non viene modificata, la norma regionale deve attenersi alle direttive nazionali, a impianti di carattere nazionale è vietata alle Regioni ogni forma di fantasia e di originalità.
Chi come me ha esercitato con passione e fervore attività politica, ha visto molte volte troncate le sue iniziative e si è trovato in situazioni di gestione difficili.
Le forze che oggi sono al Governo debbono trovare la capacità di dare il via a quelle forme originali che nascono dalla costituzione, che danno rilevanza costituzionale alle Regioni e quindi, sotto questo aspetto il Governo non dovrebbe interferire.
Se opposizione e maggioranza andranno in questa direzione con carattere unitario riusciremo ad ottenere nuovi risultati per il nostro personale.



PRESIDENTE

Il problema del personale sta a cuore a tutti, com'è risultato dagli interventi.
Approvo la proposta dell'Assessore, di dibattere questo argomento almeno una volta all'anno. Ritengo che d'ora in avanti, dietro la spinta dell'Assessore al personale, potremo eliminare, almeno in parte, i motivi di scompenso.
Ringrazio gli intervenuti e il personale che ha seguito con interesse il dibattito.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Individuazione del progetto concernente "Linee programmatiche di intervento su: disadattamento, devianza, criminalità"


PRESIDENTE

Passiamo al punto quarto all'ordine del giorno: "Individuazione del progetto concernente 'Linee programmatiche di intervento su: disadattamento, devianza, criminalità".
La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

E' atipico intervenire a freddo su questa delibera che noi riteniamo di grande rilevanza politica e sociale, quindi diventa una forzatura entrare nel merito e dare un'impostazione corretta.
Questa delibera rappresenta un atto politico qualificante sia per la volontà che esprime, sia per i suoi contenuti, sia per il tipo di sperimentazione che intende portare avanti.
Essa merita forse una maggiore attenzione in Consiglio. Avevamo voluto accelerarne la discussione proprio in un momento in cui, all'interno del sistema carcerario avvengono fatti che meritano un'attenta valutazione da parte delle forze politiche.
Questa deliberazione è l'occasione per affermare come, sui temi dell'emarginazione, vi è una grande questione culturale e morale e la battaglia che dobbiamo fare tende a creare una cultura che, nella sostanza faccia accettare il diverso in tutte le sue varie articolazioni.
Siamo ora agli inizi di questa battaglia, quindi deve essere perseguita con maggiore attenzione anche discutendo delle questioni generali all'interno del piano socio-sanitario.
Questa deliberazione è anche il frutto di una ulteriore presa di coscienza in ordine all'applicazione della riforma carceraria, che è in larga parte disattesa, alla riforma giudiziaria, alla questione delle strutture e del personale carcerario Il terrorismo è tornato a colpire con atti politicamente rilevanti come il rapimento del vice comandante della Nato in Italia; questo mette in evidenza come il terrorismo non abbia buttato la spugna in questi mesi, ma abbia continuato a colpire. Vi è stato però un abbassamento della guardia da parte del pubblico potere e la dimostrazione l'abbiamo purtroppo avuta in questi giorni.
Con alcuni colleghi ho avuto modo di visitare alcune carceri dove accanto al problema rilevante delle strutture, abbiamo toccato anche il problema dei terroristi pentiti che soffrono e vivono in uno stato di abbandono e di dimenticanza politica, sopportando, da un lato le opprimenti condizioni interne del carcere e dall'altro l'impossibilità a dare voce alla loro scelta di dissociazione.
Essi hanno compiuto atti rilevanti che debbono essere portati all'informazione esterna rispetto a quell'area di società, che noi ci auguriamo la più ristretta possibile, che è potenzialmente disponibile alle scelte della violenza, al fine di compiere quell'opera di chiarimento essenziale per battere le basi materiali e politiche del terrorismo.
Troppo scarso ed insufficiente è l'impegno per tentare di ampliare l'area della dissociazione dei terroristi oggi in carcere, mancando ad essi quella sufficiente garanzia di non essere giudicati e giustiziati direttamente, o attraverso la manovalanza, dai cosiddetti irriducibili.
Queste questioni vanno tenute politicamente molto più presenti nell'operare quotidiano dei diversi poteri dello Stato,a partire dal Governo e dal Parlamento alla Magistratura.
La riforma carceraria e giudiziaria sono un banco di prova reale di una vera volontà di lotta al terrorismo, inserito in un contesto più generale di chiarezza, di giustizia e di libertà che devono costituire gli assi portanti delle scelte politiche di ogni giorno.
Nel rilevare l'importanza della deliberazione che ci viene sottoposta desidero sottolineare un'altra esigenza: so che è in corso, attraverso il Comitato d'intesa unitario, una serie di iniziative per affrontare il problema del terrorismo che coinvolgono forze sociali e politiche e magistrati.
Sarebbe opportuno avere un'informazione più dettagliata di quello che avviene in ordine a questa iniziativa importante. In sostanza, condividendo l'impostazione della deliberazione nel complesso,credo si debba cogliere questa occasione per essere politicamente più attenti attorno ai problemi dell'emarginazione, della criminalità, del disadattamento e della devianza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ringrazio il collega Reburdo che è intervenuto prima di me; e anche se ha avuto la difficoltà di dover fare un intervento "a freddo", ha, ciononostante, surriscaldato l'attenzione: anche se l'attenzione dell'Assessore Cernetti non aveva bisogno di essere richiamata, perché ha seguito con attenzione tutti gli interventi.
Avevo seguito, a mia volta con attenzione, l'intervento del Consigliere Viglione di giovedì scorso: di cui, peraltro, non posso condividere le prime considerazioni di massima, cioè allorquando ha rilevato ed ha affermato che, in questa materia, le competenze istituzionali della Regione sono estremamente limitate.
Questa affermazione,a mio avviso, non può essere né condivisa né presa nella sua assolutezza.
E' vero - sempre per rimanere nel tema di questa delibera - che nella materia dell'edilizia giudiziaria e carceraria, e nella materia che concerne il personale penitenziario (nei due aspetti delle guardie carcerarie e del personale addetto ai servizi sociali) non sussistono competenze specifiche della Regione; ma tutto ciò, naturalmente, non ha impedito di prendere in considerazione, nelle parti propositive della delibera, questi aspetti; non lo impedisce, ma anzi ha da essere di stimolo per la Regione (come già avviene per rilevanti temi di importanza sociale che non rientrano nelle sue competenze istituzionali) di essere portatrice presso il Governo centrale,delle realtà locali.
La conoscenza delle realtà locali, (con riferimento all'edilizia carceraria e giudiziaria in particolare, e al personale penitenziario) deve avere un supporto perché abbia degli effetti concreti: e il supporto potrebbe e dovrebbe essere quello delle indagini conoscitive sulla situazione delle carceri del Piemonte e, in particolare, sul carcere minorile che, come è noto, è particolarmente "ingovernabile", così come si è espresso il procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minori e, ancora, delle indagini conoscitive che riguardano la vita nel carcere sia minorile che degli adulti, soprattutto per accertare se (almeno nelle sue grandi linee) la riforma carceraria sia stata attuata.
Penso che queste indagini conoscitive, che peraltro ho visto indicate nella delibera come obiettivi a breve e a medio termine, possano appunto costituire un supporto per le competenti autorità centrali; e questo supporto potrebbe essere materialmente esibito ed evidenziato alle autorità centrali attraverso una richiesta di consultazione nella sede opportuna cioè nella sede della discussione del disegno di legge sulla riforma del personale penitenziario, che già da diversi mesi è in corso presso uno dei due rami del Parlamento, e che riguarda, in particolare, l'organico delle guardie carcerarie e l'organico dei servizi sociali paralleli e collaterali.
Sono rimasto poi stupito che si sia seguita la strada della delibera (e non solo per ragioni di forma) e che si sia affermato che l'Assessorato si "autodefinisce" e si individua come "unico referente regionale" per l'amministrazione della giustizia, per gli enti locali, con compiti di programmazione, di stimolo, di assistenza tecnica e di coordinamento.
A me pare che si sia su una trincea molto arretrata. Qui ci sono in realtà delle competenze ben precise per la Regione, che derivano dall'articolo 23 del decreto 616, laddove precisasi che sono state trasferite alla Regione le funzioni amministrative relative: all'assistenza economica in favore delle famiglie bisognose dei detenuti e delle vittime del delitto all'assistenza post-penitenziaria agli interventi in favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili nell'ambito della competenza amministrativa e civile; competenze trasferite alla Regione ma attribuite con una subdelega ai Comuni.
Questo trasferimento di competenze avrebbe dovuto essere portato all'attenzione del Consiglio non attraverso una delibera, ma piuttosto attraverso un disegno di legge che contenga e sostanzi in sé norme e direttive per i Comuni che sono i destinatari delle funzioni amministrative di cui trattasi.
Non solo l'art. 23 del decreto 616, ma anche la recentissima legge sulla "depenalizzazione" coinvolge la Regione, sia pure in parte, con riferimento ad alcuni provvedimenti che l'autorità giudiziaria sarà chiamata (in sede istruttoria o giudicante) ad emanare in materia di semidetenzione, di libertà controllata e di lavoro sostitutivo. La legge sulla depenalizzazione è entrata in vigore il 15 dicembre 1981 ed è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 1981. La norma che disciplina il lavoro sostitutivo coinvolge direttamente la Regione, la quale deve organizzare, in qualche maniera, questo tipo di lavoro.
Qui ci voleva, dunque,un disegno di legge che attuasse il decreto 616 nelle materie cui solo - invece - si accenna nella delibera, sia pure con dovizia di argomentazioni, sotto il profilo programmatico. In questo senso mi pare che ci sia una inadempienza della Giunta nell'attuare l'art. 23 del decreto 616 (che risale al luglio del 1977), e nell'attuare la recente legge sulla depenalizzazione.
Il trasferimento di competenze amministrative alla Regione, subdelegate ai Comuni, ha sostituito quegli enti che erano previsti dalla legge del 1975 sulla riforma penitenziaria (il Consiglio di aiuto sociale, il centro di servizio sociale, il Comitato per l'occupazione degli assistiti del Consiglio di aiuto sociale, che avevano una competenza soprattutto con riferimento ai liberati e ai liberandi dal carcere per aiutarli, in un primo tempo, in via assistenziale con un aiuto economico).
Quindi - e in conclusione - non si può condividere questa delibera perché rimane su un piano esclusivamente propositivo e programmatorio, e perché occorreva un disegno di legge contenente norme quadro e direttive per i Comuni che il decreto 616 ha indicato come enti che dovranno gestire i problemi inerenti l'assistenza post-penitenziaria e gli interventi a favore dei minorenni soggetti ai provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
Per queste ragioni non mi sento di condividere la sostanza della delibera, pur apprezzando l'ingente lavoro che sotto la Sua egida Assessore, è stato svolto.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Nel ringraziare gli intervenuti do ragione al Consigliere Reburdo quando dice che si deve intervenire piuttosto a freddo e che questo dibattito, cominciato in tanta tensione, finisce, per necessità di cose alquanto stancamente.
Gli interventi hanno dimostrato un profondo interesse ed una precisa competenza.
Come giustamente faceva osservare il Consigliere Bergoglio, quasi tutti gli interventi sono stati soprattutto incentrati sulle carceri forse perch destano un'attenzione più attenta ed un richiamo più violento, anche per quanto regolarmente succede e per come è ampliato dalla stampa.
Gli interventi di recupero non si devono solo limitare al momento della detenzione. In quest'aula sono stati trascurati il momento della prevenzione e il momento del reinserimento. E' stato trascurato tutto quello che costituisce disadattamento, emarginazione, antisocialità, di cui la criminalità è spesso soltanto lo sbocco.
Se vogliamo prevenire, dobbiamo cominciare ad analizzare questi fenomeni e le loro cause di carattere socio-economico, ambientale e psicologico. Sono fenomeni che esigono una conoscenza approfondita, un maggior coinvolgimento dell'opinione pubblica.
La conoscenza approfondita deve orientarsi sulla droga sull'alcoolismo, sull'immigrazione. Non possiamo cambiare, né con una delibera né con una legge,le cause profonde che incidono e danno origine a questi fenomeni di devianza, perché non possiamo cambiare la società. Siamo coscienti della limitatezza dei nostri interventi. Tuttavia la conoscenza approfondita deve concludersi con una mappa delle zone rischio e con una mappa delle fasce di età più colpite.
Non è stato tenuto in debito conto che alla base della criminalità molte volte, ci sono famiglie completamente disastrate, ragazzi istituzionalizzati, il più delle volte trasferiti da un istituto ad un altro, e che determinate tragiche conseguenze si evitano attraverso affidamenti, attraverso adozioni, attraverso inserimenti abitativi ad hoc.
Visto che non possiamo cambiare la società, dobbiamo prevedere strumenti ed iniziative che aiutino i giovani. Proprio per questo è stato predisposto un programma regionale per i problemi della gioventù. E' passato in Giunta il 28/10/1980 e prevede degli interventi di prevenzione e aiuti per superare specifiche critiche situazioni.
Questo, per quanto, brevemente, riguarda la devianza.
Non si è data sufficiente importanza al momento del reinserimento, di cui bisogna farsi carico se non vogliamo che i dimessi dal carcere vi ritornino entro brevissimo periodo di tempo. Il reinserimento è attuabile con una precisa programmazione a livello regionale, con un servizio informativo specifico, ubicato nei pressi del carcere, flessibile negli orari, sempre a disposizione dei dimessi. L'Assessorato, in questi giorni sta studiando l'apposita normativa.
Inoltre si devono indicare le strutture di pronta accoglienza l'assistenza economica e tutte le iniziative a favore degli ex detenuti e delle famiglie. Occorre anche operare per migliorare l'attuale normativa sul collocamento degli ex detenuti che attualmente impedisce qualsiasi possibilità di reinserimento.
L'amnistia e l'indulto, recentemente approvati, in parte miglioreranno le condizioni delle carceri, nonostante le pessimistiche previsioni dei direttori delle stesse carceri. Certamente il superaffollamento è causa di trasferimenti, di allontanamenti forzati dalla famiglia, di tensioni. Causa di tensione è anche la promiscuità indifferenziata e pericolosa: dai ladruncoli sprovveduti ai professionisti del crimine, dai truffatori agli spacciatori di droga dai primari ai recidivi.
La Regione,pur nelle sue limitate competenze, si è chiesta come intervenire. Sulle strutture la Regione ha una limitatissima competenza però può intervenire come consulenza tecnica. A questo proposito abbiamo proposto di affidare ad un funzionario delle Opere pubbliche della Regione il compito di rilevare una mappa degli istituti da ristrutturare. Per quanto riguarda i servizi, si tratta di individuare interessi culturali e di lavoro. Riteniamo che a questo proposito si debba operare per risvegliare gli interessi per il lavoro essendo questo un campo principale per perseguire la strada della rieducazione e della risocializzazione.
In seguito ad una visita alle Nuove,circa un anno fa, è nata l'idea poi subito attuata, di allestire una mostra dei lavori dei detenuti.
Da quella mostra dei lavori individuammo, nei primi mesi dell'82, punti di vendita perché i lavori dei detenuti abbiano uno sbocco preciso e una remunerazione.
La Regione Piemonte con gli Enti locali potrebbe reperire committenze mettere a disposizione il personale qualificato per l'allestimento e la conduzione dei laboratori e per la conduzione dei corsi di formazione professionale. Si potrà inoltre collaborare per la valorizzazione e la commercializzazione dei prodotti.
Inoltre si dovrà incrementare l'ammissione al lavoro dei detenuti all'esterno, che abbiano residui di pena da espiare, ponendoli nelle condizioni dei detenuti assegnati alle case mandamentali che appunto favoriscono l'avviamento al lavoro, ma che purtroppo sono poche e hanno posti estremamente limitati.
La programmazione riguarderà anche una attenta rivalutazione delle capacità culturali, delle iniziative ricreative e sportive nell'intento di sollecitare nuovi interessi in ambienti deprimenti come quelli delle carceri e di permettere ai detenuti di superare il momento contingente e di reinserirsi in una nuova vita.
Un accenno e un'attenzione particolare meritano gli agenti di custodia.
Nel progetto sono contenute proposte che riguardano iniziative di supporto, quali l'allestimento di una palestra, corsi di difesa personale e offerta di locali per scambi di esperienze e aggiornamento.
Abbiamo anche proposto di individuare del personale paramedico e civile in sostituzione delle unità militari. La Regione interverrà presso la Prefettura e presso i Comuni per reperire alloggi da destinare agli agenti e alle loro famiglie; infatti, la maggior parte degli agenti è immigrata ed ha le famiglie lontane e pochi giorni di permesso non consentono loro di avvicinarsi.
Il problema degli agenti di custodia non è solo un problema locale, è un problema nazionale: infatti l'organico andrebbe ampliato di 8-10.000 unità. L'iniziativa della Regione Piemonte si è esplicata in un documento in premessa al Governo che il Presidente della Regione ha presentato la scorsa settimana alla conferenza dei Presidenti e che le Regioni hanno approvato all'unanimità.
Mi spiace non sia presente il Consigliere Marchini al quale vorrei rispondere sull'ampiezza e sull'indeterminatezza del progetto stesso.
L'ampiezza è dovuta alla globalità del progetto che ci eravamo prefissi.
Mentre portavamo avanti progetti settoriali e sporadici ci siamo accorti della necessità di inglobarli in un progetto più ampio. Recentemente abbiamo deliberato un provvedimento che finanzia le Comunità alloggio per minori deviati. Certamente le maglie successive dei provvedimenti dovranno essere maglie più fitte e più specifiche. Di questo sarà interessata la V Commissione.
Ho approvato quanto ha detto il Consigliere Marchiaro in ordine alle proposte di un convegno per mettere a confronto le forze sociali.
Devo dire che tra l'Assessorato all'assistenza ed il Ministero di Grazia e Giustizia c'è stata una stretta collaborazione, che il programma è stato presentato nella sala Giunta agli esperti del settore, sollecitando loro suggerimenti e loro osservazioni, nonostante queste linee programmatiche fossero state elaborate gomito a gomito con gli organismi interessati. Ulteriori suggerimenti non ci sono pervenuti.
Siamo disponibili ad ulteriori confronti.
Più Consiglieri hanno fatto un accenno sul fatto che la Regione Piemonte è stata individuata dal Ministero di Grazia e Giustizia come referente unico regionale. Le linee dell'assistenza post-penitenziaria sono contenute nel progetto socio-sanitario. Questo vuole essere un'ulteriore precisazione, un ulteriore ampliamento ed approfondimento.
La Giunta ritiene che con questo progetto la Regione Piemonte abbia risposto al compito che le è stato affidato dal Ministero di Grazia e Giustizia quale referente unico regionale, e pertanto si pone come settore trainante.



PRESIDENTE

Sono stati presentati dalla Giunta regionale due emendamenti: 1 - soppressione del quinto comma: "dato atto che, a seguito di tali intese, l'Assessorato all'assistenza è stato individuato quale 'referente unico regionale' sia per l'Amministrazione della giustizia che per gli Enti locali, con compiti di programmazione, stimolo, assistenza tecnica e coordinamento dei vari interventi relativi alle competenze in campo socio-assistenziale sanitario, di istruzione e formazione professionale, di avviamento e inserimento lavorativo, di attività del tempo libero, di predisposizione di strutture edilizie e servizi penitenziari;" 2 - sostituzione all'undicesimo comma delle parole: "da parte dell'Assessorato all'assistenza", con "da parte della Giunta".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
Gli emendamenti sono approvati, pertanto vi sottopongo la deliberazione prima della votazione: "Il Consiglio regionale visto il D.P.R. 616 del 24/7/1977 vista la deliberazione della Giunta regionale n. 171-11804 del 21 dicembre 1977, contenente linee di indirizzo in ordine all'art. 23 del D.P.R. 616/77 viste altresì le deliberazioni della Giunta regionale: n. 25-23655 del 25/9/1979 e n. 80-28752 del 22/4/1980 con le quali venivano fissate le indicazioni operative per gli interventi socio-assistenziali nel settore penitenziario e post-penitenziario viste, infine, le intese intercorse tra la Regione Piemonte ed il Ministero di Grazia e Giustizia al fine di addivenire ad una sempre più diretta e fattiva partecipazione dell'Ente Regione nella difficile e spesso anche drammatica azione che - insieme con lo Stato - anche altri Enti pubblici sono chiamati a svolgere per la soluzione dei problemi concernenti l'intero settore collegato al mondo penitenziario ritenuto che sulla base delle sperimentazioni attuate all'interno o in collegamento con alcune realtà penitenziarie piemontesi, le problematiche emerse postulano l'esigenza di affrontare tali realtà in modo globale e più organico, onde non disperdere risorse economiche e capacità umane ritenuto, altresì, che tale obiettivo non possa essere perseguito correttamente se non procedendo per tappe intermedie - breve, medio e lungo termine - che a ciascuno di tali momenti debbano corrispondere altrettanti livelli di intervento da articolare in correlazione anche alla conoscenza delle reali problematiche constatata l'urgenza di superare il concetto di assistenzialismo nei confronti dei cittadini che vengono a trovarsi in stato di emarginazione in quanto disadattati o devianti al fine di coinvolgere maggiormente oltre gli Enti locali (tradizionalmente chiamati in causa) anche le forze sociali imprenditoriali del lavoro e la collettività tutta, onde individuare rimedi ed iniziative idonei al perseguimento dello scopo in questione considerata l'esigenza di coordinare i finanziamenti destinati a questo settore, in un momento che non consente la dilatazione della spesa pubblica tenuto conto, peraltro, dell'attuale momento di grave tensione (dovuta ai fenomeni del terrorismo) nonché dei problemi connessi alla criminalità comune, e quindi della necessità di programmare interventi miranti alla prevenzione del fenomeno del disadattamento e della devianza, ed al recupero ed al reinserimento sociale dei soggetti, prevedendo a tal fine interventi o trattamenti 'differenziati in positivo' (e ciò in contrapposizione all'esigenza di 'sezioni a maggior sicurezza') considerato che da parte della Giunta è stato predisposto l'unito progetto specifico concernente le linee di intervento da seguire nei settori del disadattamento, della devianza e della criminalità (tanto nel campo minori quanto nel campo adulti), da verificare ed attuare, di volta in volta, d'intesa con gli altri Assessorati competenti avuto presente che alla redazione del progetto in parola si è giunti anche in seguito a costanti confronti sia con altri Enti locali sedi di strutture e servizi penitenziari nella Regione, che con gli organi dell'Amministrazione della Giustizia a livello centrale e periferico considerato che alle spese relative alla fase di avvio e prima attuazione si potrà far fronte con impegno su idonei capitoli di bilancio vista la deliberazione della Giunta regionale n. 261-8239 del 30 giugno 1981 sentito il parere espresso dalla V commissione consiliare permanente delibera di approvare le allegate linee progettuali di intervento che costituiscono parte integrante della presente deliberazione - concernente i settori del disadattamento, della devianza, della criminalità, sia minorile che adulta.
La Giunta regionale, in sede di attuazione del programma, farà fronte alle spese con impegno su idonei capitoli di bilancio che dovranno prevedere lo stanziamento all'uopo necessario.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'articolo 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 31 voti favorevoli e 1 di astensione.
Il Consiglio è convocato domani alle ore 9,30 e la Conferenza dei Capigruppo alle ore 10,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.25)



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