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Dettaglio seduta n.259 del 10/10/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno reca: Approvazione verbale precedenti sedute Interrogazioni e interpellanze Comunicazioni del Presidente Esame del disegno di legge n. 194: "Rendiconto generale della Regione Piemonte per l'esercizio finanziario 1972" Esame proposta di deliberazione della Giunta Regionale: "Acquisto dell'immobile sito in Torino, Via Alfieri n. 15 per la sede del Consiglio Regionale" Definizione dei distretti scolastici.
Nomine: a) nel Comitato tecnico consultivo di cui all'art. 7 l.r. 9.4.1974 n.
10 - Tre esperti in materia di artigianato b) nel Consiglio di Amministrazione dell'ESAP (art. 4 l.r. 24.9.1974) 9 esperti in problemi agricoli c) nella Commissione tecnico-consultiva, di cui all'art. 5 - 5 esperti in materia turistica d) nel Consiglio di Amministrazione dell'IRES - 9 componenti e) nel Collegio sindacale dell'IRES f) nel Comitato Regionale per gli studi sulla programmazione - 9 componenti g) nella Commissione di controllo sull'Amministrazione Regionale.
Infine vi è la mozione dei componenti Gruppo del Partito comunista.
Se nessuno ha delle obiezioni da fare l'ordine del giorno si intende approvato.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Il processo verbale dell'adunanza 3 ottobre 1974 è stato distribuito ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna.


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri: Calsolaro, Giovana, Sanlorenzo Vecchione, Fassino, Rossotto, Zanone, Beltrami, Paganelli.
Mi è stato chiesto di posticipare le interrogazioni e le interpellanze e le comunicazioni che devo fare e dare inizio alle comunicazioni del Presidente del Consiglio e del Presidente della Giunta in ordine al grave problema della FIAT.
Prego i Consiglieri che fossero nel corridoio di venire in aula, data l'importanza dell'argomento in discussione.



BERTI Antonio

Forse potremmo fare un'interrogazione, mentre aspettiamo che arrivi qualche altro Consigliere, se lei crede.



PRESIDENTE

Poiché ce ne sono solo tre e non sono molto lunghe, potremmo anche passarle.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Edilizia e norme tecnico-costruttive - Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Interrogazione dei Consiglieri Rivalta - Vecchione in merito alla localizzazione e destinazione dell'edilizia abitativa. Stato di attuazione delle costruzioni


PRESIDENTE

Iniziamo con quella Rivalta-Vecchione.
"Localizzazione e destinazione dell'edilizia abitativa - Stato di attuazione delle costruzioni".
La parola all'Assessore Benzi.



BENZI Germano, Assessore all'urbanistica

L'interrogazione del Consiglieri Rivalta e Vecchione riguarda lo stato di attuazione degli interventi di edilizia abitativa e i dati richiesti sono totalmente riportati nelle schede che, dato che si tratta di una cosa ponderosa, passerò direttamente ai Consiglieri interroganti.
In relazione al secondo punto dell'interrogazione, relativo z all'individuazione delle cause che hanno determinato ritardi nell'attuazione di parte degli interventi previsti, si precisa che le numerose analisi condotte ai fini dell'individuazione dei momenti ostativi alla concreta applicazione della legge 865, concordano sui seguenti nodi fondamentali: la pluralità dei Centri decisionali che diluisce l'iter attuativo dei programmi in una miriade di momenti diversi e successivi, tra loro scoordinati la macchinosità di un "sistema" che non ha voluto aderire allo spirito innovatore che animava la legge di riforma con l'eccessiva burocratizzazione nell'emissione dei provvedimenti amministrativi necessari all'attuazione dei programmi la mancata attribuzione alle Regioni della gestione dei fondi l'effettiva e sollecita disponibilità di aree idonee, anche in Comuni dotati di strumenti urbanistici le obiettive difficoltà della messa a regime di nuove procedure che sia pure in parte - comprimevano antiche competenze e prevedevano nuovi soggetti istituzionali.
A queste difficoltà strutturali bisogna aggiungere quelle congiunturali derivanti dalla difficile situazione economica caratterizzata dalla continua tensione dei prezzi e dalla carenza di disponibilità finanziarie da parte della Cassa Depositi e Prestiti e degli altri Istituti di Credito che si inquadra nella più generale stretta creditizia.
Al fine di sollecitare ed indirizzare la emissione di provvedimenti legislativi, che si rendono necessari per una pronta attuazione dei programmi finanziari ai sensi della legge 865, l'Assessorato ha creato tutta una serie di rapporti e contatti con il Governo ed i Ministeri competenti.
E' proprio su sollecitazione delle Regioni, che a livello tecnico hanno affiancato l'azione governativa, che è stato possibile provvedere all'emissione del D.L. 2 maggio 1974 n. 115, convertito in legge il 27 giugno 1974, n. 247, la cui applicazione mediante alcuni snellimenti procedurali, ha consentito, sia pure a ritmo ridotto, l'esperimento delle gare d'appalto.
La normativa di cui alla predetta legge 247 costituisce un miglioramento al sistema della edilizia pubblica residenziale istituito dalla 865 che tuttavia non risolve i problemi fondamentali.
Rimane infatti insoluto il nodo di fondo, sempre richiamato dalle Regioni, circa un radicale mutamento del sistema dell'edilizia residenziale pubblica, la cui gestione attuativa deve trasferirsi dal livello burocratico centrale alla dimensione regionale, non solo nella fase della formulazione dei programmi, ma del loro finanziamento, della loro approvazione e realizzazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Nella risposta data al secondo dei quesiti posti nella nostra interrogazione è indicato un quadro di cause che coincide con quello che noi da tempo andiamo formulando. Il fatto che queste cause non sono estranee alla funzione di Governo. C'è una precisa responsabilità politica che ha determinato questa proliferazione di centri burocratici di decisione; e così è per la mancata erogazione dei fondi, per le aree non predisposte, per le difficoltà creditizie.
Vedo con piacere che l'Assessore Benzi e la Giunta sono approdati all'individuazione delle stesse cause che noi da tempo stiamo indicando come una delle ragioni di lentezza della soluzione dei problemi della casa e dell'edilizia, e vogliamo quindi trarre auspicio che ci sia un'azione politica per modificare alla radice questa situazione.
Sui risultati dell'inchiesta ringrazio l'Assessore per la ricca documentazione - almeno dal punto di vista quantitativo - che ci ha fornito. Chiederei, come già altre volte in queste occasioni ho chiesto direttamente all'Assessore ed al Presidente della Giunta di regolarizzare l'informazione sull'attività dell'Assessorato, assumendo come punto di riferimento la II Commissione. Se mensilmente, ad esempio fosse data informazione sullo stato di avanzamento dei lavori nell'edilizia sull'approvazione dei piani regolatori, su altri atti amministrativi urbanistici, si eviterebbe di dover ricorrere alle interrogazioni o alle interpellanze, che portano via tempo agli uffici per la formulazione delle risposte, e non riescono ad essere esaurienti.



BENZI Germano, Assessore all'urbanistica

Ti ringrazio per la replica. A me basta che la II Commissione mi inviti ed io sono lieto di venire.



RIVALTA Luigi

Non si tratta dell'invito, ma di una periodica e sistematica informazione.



BENZI Germano, Assessore all'urbanistica

Capisco, ma dato che l'informazione deve essere suffragata da altre cose, ditemi: fissiamo un giorno al mese e io sono senz'altro d'accordo.



PRESIDENTE

Terremo conto di questa disponibilità dell'Assessore e avverto il Presidente della II Commissione di convocare l'Assessore ad ogni riunione della II Commissione.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Interrogazione dei Consiglieri Revelli - Lo Turco sul diniego della Cassa di Risparmio di Cuneo di concedere ulteriori crediti per il pagamento degli stipendi ai dipendenti dell'Ospedale Civile


PRESIDENTE

Interrogazione dei Consiglieri Revelli-Lo Turco: "Diniego della Cassa di Risparmio di Cuneo di concedere ulteriori crediti per pagamento stipendi ai dipendenti dell'Ospedale Civile".



ARMELLA Angelo, Assessore alla sanità

In merito all'interrogazione dei Consiglieri Lo Turco e Revelli circa la grave situazione creatasi nell'Ospedale "Santa Croce" di Cuneo a seguito del diniego della locale Cassa di Risparmio di concedere ulteriori crediti per il pagamento degli stipendi ai dipendenti, si informa che la suddetta Cassa di Risparmio ha concesso un aumento dell'anticipazione di cassa di lire 500.000.000. Tale anticipazione ha permesso all'Ospedale Civile "S.
Croce" di corrispondere gli stipendi ai propri dipendenti.
Purtuttavia la situazione economica dell'Ospedale, come pure quella di altri ospedali, permane grave e potrà essere avviata a soluzione soltanto con il versamento che lo Stato potrà fare ai sensi della legge 17.8.1974 n.
386.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Ero già al corrente di tutto questo perché l'interpellanza era stata presentata molto tempo fa e la questione si è risolta.
L'unico fatto interessante della questione è il rapporto Cassa di Risparmio-Ospedali e la ragione per cui noi abbiamo presentato l'interrogazione e dovuta al ricatto messo in atto dal Presidente D.C.
della Cassa di Risparmio e cioè che se se ne andava via il Presidente attuale dell'ospedale (della sinistra D.C.) i fondi sarebbero stati dati diversamente non sarebbero stati dati Questo è tipico delle linee che porta avanti l'Assessore Armella con il suo potere personale sugli ospedali altrimenti non daremmo così ingenui da presentare un'interpellanza e disturbare il Consiglio e la Giunta su cose che tutti conoscono e sanno.
Questa operazione non è andata avanti anche per la forza del movimento popolare che si è imposto, quindi è un primo punto a sfavore dell'Assessore Armella e per questo noi siamo soddisfatti, non per la sua risposta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

a) Situazione occupazionale alla Fiat


PRESIDENTE

Passiamo ora alle comunicazioni.
Signori Consiglieri, una grave situazione si è determinata nella nostra regione, che avrà notevoli ripercussioni anche a livello nazionale: la direzione della Fiat ha posto in Cassa integrazione oltre 70.000 lavoratori. In pratica, per lungo tempo, si lavorerà tre giorni alla settimana. Di certo se la situazione Fiat si presenta gia di per s gravissima, gli effetti indotti del provvedimento si riverseranno in modo assai preoccupante su tutta una quantità di industrie collegate alla produzione della Fiat, industrie disseminate in quasi tutto il Piemonte.
Così è già avvenuto a Mondovì per la Valeo, così inevitabilmente avverrà in altre aziende.
Come ulteriore conseguenza, anche l'artigianato ed il commercio ne saranno coinvolti, con perdite rilevanti. Si può ben dire che tutto il Piemonte è di fronte a questa gravissima situazione.
Noi non siamo fra quanti pensano che la crisi sia momentanea e che tutto si risolverà il 31 gennaio 1975 con la fine della Cassa integrazione riteniamo che la crisi sia più profonda, che attenga ai ritardi enormi in cui sono comprese le situazioni, alle scelte non fatte, alle riorganizzazioni non compiute sia da parte dell'azienda che da parte del governo, che pure ne aveva la responsabilità. Ma quello che più ci ha colpito è il modo con il quale la direzione Fiat è arrivata alla decisione: rotto il rapporto con i sindacati, rifiutata la mediazione del Governo che per bocca del Ministro Bertoldi aveva offerto una trattavia, respinta la Regione. Si è detto che le scelte spettavano e spettano solo all'azienda che d'altronde ha scelto la strada vecchia, che è quella della recessione e della disoccupazione. I salari, già ridotti dal processo inflattivo, si sono ulteriormente compressi, il livello di vita ne risulta, nel suo complesso, compromesso. Non vi è dubbio che questa è una scelta politica da parte dell'azienda, che la disponibilità al dialogo, anche con la Regione più volte dimostrata, si è infranta al primo serio impatto.
Noi non possiamo che disapprovare e condannare il comportamento dell'azienda. Spetta alla Regione, a tutte le istituzioni del Piemonte operare affinché il confronto ed il dialogo con le forze sindacali e politiche siano ristabiliti affinché ogni scelta sia la scelta di tutti responsabilmente impegnati a superare il difficile momento politico ed economico. Non possiamo inoltre tacere che questi provvedimenti dell'azienda Fiat cadono in un momento di grave carenza di Governo. Noi auspichiamo l'immediata formazione di un Governo che affronti alla radice i problemi del Paese, che ristabilisca delle condizioni per le quali vicende come quelle della Fiat, non possano più accadere.
Chiediamo pertanto che la Fiat voglia revocare le decisioni assunte ed iniziare un nuovo dialogo con le forze sindacali e le forze politiche.


Argomento: Albi professionali - Calamità naturali

b) Riunione a S. Stefano Belbo dei Comuni interessati al risarcimento dei danni causati dalle grandinate


PRESIDENTE

L'altra sera a Santo Stefano Belbo si sono riuniti i Consigli comunali aperti di S Stefano Belbo, Cossano Belbo, Neive, Camo, Mango, Castiglione Tinella, Montelupo Signo e Diano d'Alba.
Alla riunione dei Consigli Comunali aperti partecipavano l'Assessore all'agricoltura Chiabrando, il Consigliere Regionale Revelli, il Presidente dell'assemblea, numerosi sindacalisti o rappresentanti delle associazioni dei coltivatori diretti.
La riunione aveva per scopo l'esame delle condizioni che si erano determinate a seguito di una violenta grandinata nel mese di agosto che aveva colpito moltissimi vigneti.
I Consigli Comunali aperti hanno dibattuto in modo assai approfondito l'argomento e si evidenzia la necessità che da parte del Governo sia trasferita questa materia alle Regioni, o quanto meno sia loro data delega per poter operare direttamente. Come i Consiglieri sanno, questa materia è ancora riservata al Ministero dell'Agricoltura, la Regione interviene soltanto per raccogliere i dati e trasferirli a quel Ministero e spesso succedono dei gravissimi ritardi. Basti pensare che queste calamità si sono avute nel mese di agosto, siamo ad ottobre e ancora non sono state adempiute le formalità che porteranno ad un parziale risarcimento dei danni.
La stessa assemblea inoltre ha chiesto che il Consiglio Regionale affronti il problema dell'anticipazione dei danni eventuali, anticipazione che può avvenire da parte della Regione soltanto quando il Ministero dell'Agricoltura avrà compiuto tutte le formalità, prassi che richiede almeno un anno, per cui l'intervento della Regione non assume alcun significato.
La possibilità di modificare la legge mi pare che sia importante porla all'attenzione del Consiglio. Sono state fatte altre proposte, ma penso che al termine delle comunicazioni l'Assessore all'Agricoltura vorrà riferirne all'assemblea.
La parola ora al Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, la cronaca di questi giorni è sostanzialmente nota a tutti loro anche nei particolari, tanto che ritengo opportuno non ripetere qui la vicenda che ci ha trovati, volta a volta, in una prospettiva di soluzione fausta, con qualche motivo di cedenza, per concludersi poi in una maniera veramente inattesa nella serata di lunedì scorso Debbo informare i Consiglieri che moltissimi Enti locali hanno dimostrato una particolare sensibilità oltre che un interesse, sollecitando il Presidente della Regione e la Giunta ad essere molto vicini allo svilupparsi di queste trattative. E la Giunta ha in realtà assunto un impegno che non esito a dire - sperando che così sia ritenuto anche dal Consiglio - pieno e continuo che si è svolto a tutti i livelli, regionale e nazionale: contatti con il Ministro del Lavoro Bertoldi, contatti con l'Amministratore delegato della Fiat, contatti con il Presidente dell'Unione Industriale, contatti con le forze sindacali. I sindacati hanno apprezzato questa disponibilità con una lettera che io ritengo di portare a conoscenza dei signori Consiglieri: "Nel ringraziarla, signor Presidente per la tempestiva disponibilità di mediazione da lei offerta ai fini di un tentativo di ricupero della grave situazione creatasi alla Fiat a seguito dell'interruzione del negoziato tra aziende e sindacati per il problema della limitazione della produzione automobilistica, teniamo a segnalarle il nostro interesse, a nome dei nostri associati, ad intervenire ad ogni iniziativa che crederà opportuno assumere per avviare a soluzione la vertenza in questione. A tal fine le dichiariamo la nostra completa disponibilità per consultazioni ed incontri od altre azioni di intervento che riterrà di adottare".
La rottura verificatasi lunedì sera alle 21,15 ha indotto il Presidente ad una convocazione della Giunta che già nel pomeriggio di martedì si riuniva per esaminare attentamente la situazione, anche alla luce di alcuni colloqui che avevo potuto avere nella mattinata di martedì stesso, ancora con l'Amministratore delegato della Fiat il quale, per verità, aveva cercato il Presidente della Giunta per informarlo di quanto, un paio d'ore dopo avrebbe riferito in una conferenza stampa e con l'Unione Industriale per una visione più ampia e più completa del problema.
La Giunta ha ritenuto, dopo ponderata attenzione, di votare un ordine del giorno che, per quanto pubblicato da alcuni giornali nella sua integrità e riassunto da altri, mi sembra di dovere qui leggere perch resti come documento negli atti del nostro Consiglio Regionale.
"La Giunta Regionale, esaminata e discussa la situazione venutasi a creare con la decisione unilaterale della Fiat di chiudere l'applicazione della Cassa integrazione per oltre 70.000 lavoratori, deplora l'interruzione della trattativa e l'adozione di un tipo di provvedimento destinato ad avere ripercussioni particolarmente negative in ispecie sui livelli di occupazione in Piemonte.
Ribadisce, date le dimensioni assunte dal provvedimento, che il problema non può essere esaminato e deciso secondo una visione puramente aziendale.
Invita il Governo, pur dimissionario, ad assumere tempestivamente nuove iniziative per bloccare il provvedimento di Cassa integrazione e riaprire la trattativa, inserendola nel complessivo quadro economico in cui la situazione della Fiat si viene a collocare.
Esprime la propria solidarietà ai lavoratori colpiti dal provvedimento si impegna a proseguire i contatti con le organizzazioni sindacali ed imprenditoriali per approfondire l'esame complessivo della situazione economica e dell'occupazione in Piemonte, con speciale riferimento alle conseguenze derivanti dalla riduzione dei livelli produttivi dell'industria dell'automobile, al fine di adottare tutte le iniziative ed i provvedimenti possibili nel quadro dei propri compiti istituzionali e di rappresentanza politica".
Vi è stata la manifestazione di massa ieri, con la proclamazione di uno sciopero che tende a richiamare l'attenzione, anche in questa forma massiccia, delle forze imprenditoriali, perché siano ascoltate le istanze che vengono proposte in termini di larga disponibilità al dialogo; la manifestazione ha avuto del modesti incidenti che si sono verificati e del resto praticamente inevitabili quando si assumono delle posizioni di questo genere, sono tuttavia in grado di riferire - proprio perché ho assunto direttamente noti zie questa mattina - che quello che viene ancora ricordato dai giornali come in condizioni particolarmente gravi, cioè il Noatto Giuseppe, è trasferito in reparto di neurochirurgia, sarà sottoposto stamattina stessa ad un intervento, le prospettive sono buone e le sue condizioni generali sono notevolmente migliorate. Facciamo a lui l'augurio di un pronto ristabilimento.
Certamente questa realtà cala in un momento molto difficile perché il Governo nazionale è in crisi e la Giunta ha tuttavia considerata l'opportunità, vorrei dire anzi la necessita che pur tenendo conto di questa situazione certo non agevolante la soluzione del problema, sia informato il Governo dei propositi regionali. Cosa che mi sono riservato di fare nel pomeriggio di oggi, dopo che lo stesso Consiglio Regionale avendo preso atto della situazione vorrà esprimere il proprio pensiero in proposito, di talché non sia soltanto espressione della volontà dell'organo governativo della Regione, ma espressione dell'intero Consiglio anche attraverso a quelle comunicazioni che il signor Presidente del Consiglio ha ritenuto doveroso ed opportuno di fare.
Il punto centrale ovviamente di questo problema non è soltanto la busta paga - cosa che è già di per sé importantissima per il continuo del costo della vita - è invece quello relativo alla conservazione e alla difesa del posto di lavoro in Fiat e in Lancia oggi direttamente interessate nelle aziende che sono correlate al lavoro che si sviluppi in questi due complessi e che sono connesse ad esso.
Ma oltre a questo aspetto, il problema ne ha ancora un altro, che è quello della strutturazione della produzione a tempi molto brevi in un quadro programmatorio generale che verrebbe certamente sconvolto se non fosse responsabilmente discusso ed insieme concordato. Fornirò alcuni dati dai quali la portata del tema emerge in modo completo e vorrei dire esauriente e ritengo anche esattamente collocato, ma prima - espressa e rinnovata ancora la solidarietà con i 71.000 lavoratori entrati oggi in Cassa integrazione con le loro famiglie, e rinnovato il fermo proposito e l'impegno a proseguire e ad intensificare l'azione da parte della Giunta vorrei proporre alla considerazione del Consiglio la linea di lavoro che la Giunta si propone di seguire come primo momento, attraverso alla promozione di un incontro che sarà nei dettagli predisposto dagli Assessori Conti Paganelli e Simonelli (ai quali sono stati affidati compiti specifici che riguardano le loro funzioni nei settori del lavoro, dell'industria e del programma) per addivenire ad un dibattito al quale partecipino, con la Giunta, i Capigruppo ed i componenti della I Commissione consiliare, con i rappresentanti delle forze sindacali ed imprenditoriali della Fiat ed ancor più con i rappresentanti dell'Unione Industriale per una visione più ampia e generale e completa, in maniera da acquisire, per la successiva azione del Governo regionale, ulteriori elementi tali da poter giungere rapidamente ad una conclusione.
La situazione che si è creata in seguito alla richiesta della Fiat di un massiccio intervento della Cassa integrazione e successivamente con la rottura della trattativa avviata a livello ministeriale, deve essere oggetto di un'attenta ed approfondita valutazione sotto i diversi profili in cui la vicenda deve essere inquadrata.
In primo luogo sul piano del metodo è da ribadire la deplorazione espressa dalla Giunta Regionale e nel documento che ho letto, per la decisione dell'azienda di rifiutare la mediazione del Ministro del Lavoro e di interrompere il confronto con le organizzazioni sindacali. Questa presa di posizione è resa anche più grave dalle motivazioni addotte dalla Fiat a sostegno e a giustificazione della sua scelta, rivendicando alla sola azienda ogni potere e responsabilità in ordine all'organizzazione della produzione e dell'attività lavorativa, contraddicendo in tal modo la disponibilità che precedentemente era stata assicurata e concordare con i sindacati le modalità più opportune per contenere e ridurre i livelli produttivi e rifiutando insieme di riconoscere le conseguenze che ha l'andamento dell'industria dell'automobile sul sistema economico nel suo complesso e che non possono certo essere fronteggiate arroccandosi in un'ottica meramente aziendale.
L'irrigidimento della Fiat, nella giornata di lunedì, sulla richiesta di perdere almeno 28 giornate lavorative, appare scarsamente comprensibile ricordando che il sabato precedente l'azienda, sia pure in modo ufficioso e non ufficiale, si era detta disposta a scendere a 24 giornate di lavoro in meno, come si rileva dalla cronaca di un organo di stampa che sulle posizioni della Fiat è solitamente bene informato.
Vi è quindi questo primo aspetto politico che deve essere sottolineato non essendo assolutamente accettabile per il potere pubblico che una grande impresa quale è la Fiat, possa assumere in modo unilaterale decisioni di così rilevante effetto su tutta la situazione sociale ed economica del paese.
In secondo luogo debbono essere valutate le conseguenze economiche più immediate dell'intervento della Cassa Integrazione, a partire dalla decurtazione dei salari, in misura consistente a livello individuale - come ho detto in una situazione di forte aumento del costo della vita - e che si traduce in un calo notevole della domanda per l'elevato numero di lavoratori che ne sono coinvolti.
Nell'area piemontese si tratta di circa 61.000 occupati per i quali la perdita media è stimabile intorno alle 70/75.000 lire, tenendo conto che per una parte di questi lavoratori la Cassa integrazione dovrebbe terminare prima del 31 gennaio 1975. Ciò significa una diminuzione del monte salari di circa quattro miliardi e mezzo, a cui si devono aggiungere almeno altri 700 milioni per i lavoratori sospesi nelle altre Regioni. Si tratta dunque di oltre cinque miliardi di salari in meno, per lo più in Piemonte e particolarmente nell'area torinese, con un'immediata difficoltà per le famiglie colpite e con un'altrettanto immediata ripercussione negativa sull'insieme delle attività economiche per la caduta della domanda. Le stime che ho presentato sono alquanto inferiori rispetto a quelle apparse in questi giorni su diversi quotidiani, i quali però fanno riferimento a livelli salariali intorno alle 200.000 lire al mese, che non possono essere assunti come una media realistica delle retribuzioni nette e ritengo quindi più attendibili le cifre che anche attraverso ad una valutazione fatta con gli uffici della Regione, ho testé fornito.
Il terzo ordine di considerazioni che debbono essere svolte, riguarda agli effetti esterni delle decisioni della Fiat. Sulla base delle analisi dei rapporti intersettoriali che ha condotto l'IRES, e sulla base delle stesse affermazioni del Presidente della Fiat nell'incontro con la I Commissione del Consiglio Regionale nel giugno dello scorso anno, si pu dire che ad ogni calo dell'occupazione nell'industria dell'auto si ha un calo negli altri settori nel rapporto da 1 a 1,2 nei tempi brevi, e di 1 a 2 in tempi più lunghi. Ciò significa che ai 61.000 lavoratori della Fiat e della Lancia che lavorano solo al 60%, corrisponde un analogo calo produttivo per altri 73.000 lavoratori, mentre in una prospettiva di più lungo periodo potrebbero essere coinvolti altri 50.000 lavoratori.
La diminuzione della domanda per minori salari rischia allora di essere superiore ai 10 miliardi, solo in Piemonte, tra ottobre e gennaio, mentre ragionando in termini di valore aggiunto il reddito piemontese pu diminuire di oltre 150 miliardi.
Sono queste purtroppo previsioni che possono rivelarsi anche inferiori alla realtà, scontando unicamente gli effetti più diretti, mentre dovremmo notevolmente rivalutare queste cifre se volessimo considerare anche le conseguenze più lontane nel tempo.
La spirale recessiva che si aprirebbe con questa caduta di domanda e di produzione aggraverebbe la crisi già ampia che il nostro Paese sta attraversando e ne renderebbe quindi ancora più difficile la soluzione.
Lo stesso intervento della Cassa integrazione speciale, con la dichiarazione dello stato di crisi nel settore, conterrebbe in misura molto limitata questi effetti negativi: da un lato infatti avrebbe l'elemento positivo di ridurre la caduta dei salari che per il gruppo Fiat diminuirebbero di due miliardi e 600 milioni, ma innescherebbe un processo generalizzato di ricorso alla Cassa integrazione per tutte le aziende la cui attività in qualche modo collegata alla produzione automobilistica e che oltretutto, in molti casi, non potrebbero essere comprese nella dichiarazione di crisi di settore per le quali si avrebbe quindi l'intervento della Cassa ordinaria.
Ecco perché non e possibile accettare un approccio aziendale al problema e parimenti perché si deve ancora cercare di evitare il ricorso alla Cassa integrazione. Il confronto con le altre possibilità di riduzione della produzione non può essere fatto meramente in termini di convenienza monetaria, senza tenere nel debito conto la diversa ripercussione che si ha sul sistema industriale ed anche tra una perdita salariale concentrata nel tempo ed una che fosse assai più diluita.
Per questo motivo la Giunta Regionale ha ritenuto doveroso invitare il Governo, anche se dimissionario, ad assumere prontamente nuove iniziative volte a riaprire le trattative e ad evitare la Cassa integrazione.
Non ci nascondiamo peraltro che questo è solo un aspetto del problema: restano infatti comunque le conseguenze di una caduta produttiva che nell'ultima proposta del Ministro Bertoldi significa 151.000 auto in meno e nell'ultima richiesta della Fiat un calo di 176 000 autovetture.
Anche nel caso di una soluzione diversa dalla Cassa integrazione si ha una flessione della produzione esterna alla Fiat, pur se in questo secondo contesto anche le aziende ausiliarie e complementari sarebbero indotte a contenere la caduta produttiva, ricercando nuovi sbocchi quando sono possibili, e distribuendo in tempi più lunghi la contrazione dell'attività produttiva. Considerando poi la minore caduta di domanda di consumi, in seguito al mantenimento dei livelli salariali, a breve la flessione del reddito regionale potrebbe essere limitata, sempre in termini di valore aggiunto ad un centinaio di miliardi, mentre se valutiamo sul piano nazionale, ed in un periodo più lungo, gli effetti complessivi della crisi dell'auto credo che dobbiamo parlare di una perdita di reddito intorno ai mille miliardi.
Ritorna allora necessariamente il discorso che già ho avuto modo di svolgere recentemente presentando al Consiglio la posizione della Giunta sulla situazione economica e che è stato ripreso ed approfondito dagli Assessori Paganelli e Simonelli, sulla necessità di avviare in termini di urgenza un vasto processo di riconversione a cui la Fiat deve attivamente partecipare.
Si tratta anzitutto di impostare a livello nazionale quelle commesse per il rinnovo e l'ampliamento del parco degli autobus e del materiale rotabile, nel quadro di un generale potenziamento del trasporto pubblico come occorre una articolata azione di politica industriale per indicare concrete prospettive di sviluppo a tutte quelle imprese che oggi sono in posizione di dipendenza rispetto all'industria dell'automobile.
Nella misura in cui venissero definite queste linee di intervento e si aprisse quindi un'alternativa rispetto alla produzione dell'auto, sarebbe certamente più facile non solo garantire i livelli occupazionali, ma anche modificare, almeno in parte il problema, da una riduzione della produzione ad un cambiamento di produzione.
Oltre tutto dobbiamo sottolineare che indipendentemente dalla vicenda di questi giorni il blocco delle assunzioni nel comparto auto della Fiat significa, nel giro di un anno, la mancata creazione di almeno 30.000 posti di lavoro in Piemonte e che quindi vi è ormai un problema strutturale di sviluppo della nostra Regione che in qualche misura supera i pur gravi problemi congiunturali.
Ponendoci in questa ottica, l'invito che rivolgiamo al Governo è non solo di adoprarsi per riprendere la trattativa, ma insieme di definire tutti gli adeguati interventi richiesti dalla gravità di questa situazione che per l'ampiezza dei suoi riflessi non può essere considerata solo settoriale.
Non posso al riguardo non esprimere l'esigenza che sia rapidamente superata la crisi di Governo, in un rinnovato impegno di collaborazione tra le forze di centro-sinistra: un prolungato vuoto di potere sarebbe quanto mai deleterio per lo stato sociale ed economico del paese; non sono questi, momenti che si possono affrontare con Governi di ordinaria amministrazione e tanto meno con Governi dimissionari.
Anche dal caso Fiat risalta l'urgenza di una pronta ripresa di una lucida e vigorosa azione governativa, fattore essenziale per uscire dalle attuali difficoltà economiche.
Per parte nostra, come ho già rilevato, abbiamo intensificato negli ultimi giorni la presenza della Regione con tutti gli opportuni contatti e sollecitazioni e la Giunta non mancherà di svolgere compiutamente il proprio ruolo facendosi interprete dei lavoratori e di tutta la comunità piemontese nell'ambito dei propri compiti istituzionali e di rappresentanza politica.
Signor Presidente, signori Consiglieri, mi sembra di poter concludere il mio discorso incrollabilmente affidandomi ad una ragionata speranza alla quale sia posto come supporto lo spirito di una ferma volontà che non si incrini di fronte alle difficoltà, ed anzi queste guardando in volto, le affronti.
Intendo dire con una volontà non soltanto generica, ma squisitamente e responsabilmente politica.
Certo non mi attendo dal dibattito che seguirà a queste dichiarazioni una partecipazione soltanto oggettiva e acritica da parte delle opposizioni, darei segno di cecità, e negherei credito e valore alle stesse opposizioni. Non sollecito pertanto una valutazione di tal genere. Ognuno ha il preciso dovere di fare la propria parte, meglio, il proprio dovere.
Ma mi sembra di poter chiedere atto che la Giunta la propria volontà politica l'ha manifestata ed applicata sia per quanto riguarda lo specifico particolare problema Fiat, sia per quanto attiene al più vasto ed impegnato programma di lavoro.
Gli eventi congiunturali infausti incidono certamente come tutti gli imponderabili, e costringono a qualche pronta virata, ma non debbono portare ad arresti, anche se certo non si possono fare, né pretendere miracoli: ma tutto il possibile, assolutamente tutto, deve essere fatto.
E' per questo che la Giunta si dispone a portare, tra una decina di giorni, per l'esame in Commissione e la discussione in Consiglio, il testo delle variazioni di bilancio ed entro il mese, il disegno di legge del bilancio 1975, l'ultimo della prima legislatura regionale.
Questa Giunta, nella sua unità di lavoro, senza motivi di dissenso, che non siano valutazioni a volte confrontate in termini diversi, ma sempre poi approdando a conclusioni omogenee ed univoche, auspica che il cammino che resta da percorrere sia libero da motivi che ne frenino l'azione, come avverrebbe con elezioni politiche anticipate e, nel contingente, che l'attuale crisi di Governo sia superata presto, in termini che tenendo ferma una formula ne tenga fermissimo lo spirito.
I tempi, che non si preannunciano semplici, hanno bisogno di chiarezza e di coerenza: perché questo avvenga la Regione Piemonte intende dare tutto il suo apporto, con le forze della maggioranza che costituiscono il governo regionale, con la collaborazione critica, ma costruttiva, delle minoranze.



PRESIDENTE

Ho tre iscritti a parlare. Anzitutto il Consigliere Minucci, poi il Consigliere Cardinali, poi il Consigliere Gerini. Seguiranno tutti gli altri che ancora volessero iscriversi.



MINUCCI Adalberto

Signor Presidente, io intendo anzitutto associarmi, a nome del mio Gruppo, alla presa di posizione assunta dalla Giunta Regionale e ribadita stamane dal Presidente Oberto, ed in secondo luogo esprimere largo consenso alle dichiarazioni che ha testé svolto il Presidente della Giunta.
Credo che in effetti un organismo democratico come il nostro rappresentativo di tutti gli interessi della Regione, non possa non esprimere anche un giudizio morale, sotto forma di deplorazione, sulla decisione che ha preso la Direzione Fiat nei giorni scorsi, soprattutto per il carattere unilaterale di questa decisione, e per il rifiuto, non motivato, in realtà, come vedremo, della mediazione, del lodo arbitrale che il Governo si apprestava, attraverso il Ministro del Lavoro, ad effettuare.
Forse non tutti i Colleghi sanno che nel corso della lunga trattativa tra le parti, i Sindacati e la Direzione Fiat, si era arrivati più volte soprattutto all'ultimo momento, a concludere sulla possibilità di definire la vertenza con una soluzione positiva e concordata, una soluzione largamente ragionevole. Ad un certo punto, le differenze fra le parti definite in costi monetari, erano di pochissimi miliardi, circa sei miliardi; una differenza che attraverso la mediazione del Ministro avrebbe potuto essere ulteriormente ridotta. Fra l'altro, se fosse stata accettata questa soluzione, si sarebbe avuto un grosso risparmio per le casse dello Stato, perché si sarebbero risparmiate le decine e decine di miliardi della Cassa integrazione, e soprattutto si sarebbe giunti ad una sdrammatizzazione del provvedimento, facendolo risultare meno pesante dal punto di vista della politica recessiva di questo periodo.
Perché, allora, con improvvisa determinazione, i massimi dirigenti della Fiat hanno imposto la rottura di questa trattativa, e hanno rifiutato la mediazione del Governo? Voi avete visto che l'unica spiegazione che il Presidente della Fiat ha dato ai giornali della rottura di questa decisione è stata una spiegazione che si rifà ad un principio generalissimo: ha detto cioè che l'Azienda non ritiene delegabili dei compiti di valutazione della economia aziendale che sono imprescindibilmente dell'Azienda stessa, della Direzione aziendale; cioè, si è rifatto al principio della libertà di iniziativa dell'impresa. In realtà, questa motivazione non regge, perché e il Governo e i Sindacati non chiedevano una delega, ma un confronto, una contrattazione.
D'altra parte, nel valutare questa presa di posizione del Presidente della Fiat, e nel valutarla nel modo meno pregiudiziale, da una parte di una forza come la nostra, che non nega affatto il principio della libera iniziativa, che ritiene anzi che vi siano possibilità e necessità del mantenimento di zone di libera iniziativa nell'economia italiana, occorre tener conto che, con la sua libera iniziativa, Agnelli ha negato e calpestato la libera iniziativa di migliaia e migliaia di piccole e medie aziende, la cui sorte dipende appunto dal loro legame con la produzione della Fiat. Ed ha negato che il Paese, attraverso il suo massimo organo deliberante, che è il Governo, e attraverso una espressione sociale così importante come sono i Sindacati, potesse portare avanti un confronto positivo attorno ai destini di una industria che dal Paese ha ricavato tutto. Non dimentichiamo che se la Fiat è diventata quello che è diventata a ragione o a torto - secondo noi anche molto a torto, cioè assumendo nel contesto economico nazionale un ruolo sproporzionato, squilibrante unilaterale, le cui conseguenze oggi tutti sono disposti a riconoscere ed ammettere - è perché ha goduto di una politica economica del Governo, e del Paese nel suo complesso, che le ha consentito di utilizzare le risorse del Paese ai fini di costruire questa imponente capacità produttiva e di assumere un ancor più imponente peso economico e politico nel nostro Paese.
Ecco perché davvero la motivazione data da Agnelli è del tutto pretestuosa, e non tiene conto del contesto complessivo in cui la sua decisione è venuta a collocarsi.
Allora, c'è da porsi appunto l'interrogativo del perché di questa rottura. Se si fosse trattato soltanto di esaminare le conseguenze oggettive della crisi produttiva, che nessuno nega, se si fosse trattato soltanto di trovare una sistemazione ad un problema congiunturale, quello della eccedenza delle famose duecentomila vetture, di cui si parla da tempo, se si fosse trattato soltanto di risolvere, in un modo o nell'altro attraverso un gioco di equilibri e di conciliazioni, i problemi dell'occupazione che conseguono a questa crisi obiettiva, io credo - e penso che qualsiasi persona ragionevole non possa non essere d'accordo in questa valutazione - che i dirigenti della Fiat avrebbero avuto tutto l'interesse ad associare i Sindacati in questa impresa, a corresponsabilizzarli, in un certo senso, proprio per che in questo modo avrebbero avuto, se volete, una copertura anche rispetto ai contraccolpi alle conseguenze non solo sugli operai direttamente interessati ma sull'opinione pubblica in generale.
In realtà, si tratta di ben altro: si tratta del fatto che la Fiat vuole avere la mano completamente libera in quel colossale processo di ristrutturazione che sta portando avanti da tempo e che impegna centinaia e centinaia di miliardi in una trasformazione produttiva che viene portata avanti ormai con scopi essenzialmente aziendalistici, con finalità di gruppo che sono in larga misura - e potremmo dimostrarlo con mille dati in contrasto con gli interessi attuali dell'economia italiana.
Non voglio approfondire l'esame del peso che può avere la decisione della Fiat ad esempio di espandere in misura così larga la produzione di autocarri per uno sviluppo ulteriore del traffico privato anche nel campo delle merci; una decisione che immobilizza risorse enormi dell'economia nazionale e di fatto si risolve in un colpo alla possibilità di sviluppare il trasporto ferroviario, e quindi si risolve obiettivamente, al di là delle volontà e delle proclamazioni, in una negazione di quella esigenza di sviluppo del trasporto pubblico che tutto il Consiglio Regionale ha più volte posto come esigenza dell'avvio di un nuovo meccanismo di sviluppo, di una nuova fase di espansione della economia nazionale.
Non voglio soffermarmi tanto su questo: voglio invece mettere in luce un problema più generale. Credo che le forze politiche che fanno parte di questo Consiglio, per quanto siano divise nelle valutazioni del passato e nel giudizio sulle prospettive, abbiano più volte concordato, in ormai decine di dibattiti, almeno su un punto di grande importanza politica ed economica, cioè sul fatto che le distorsioni che lo sviluppo economico ha accumulato nel nostro Paese in questo ventennio sono il prodotto essenzialmente del fatto che questo sviluppo è stato dominato da logiche aziendali, di gruppo, settoriali, non conciliabili fra loro da una programmazione reale, e che queste logiche hanno finito appunto con il determinare squilibri, con l'impedire che l'economia italiana avesse uno sviluppo organico, uno sviluppo garantito e solido.
Ma dobbiamo prendere atto che in questo ventennio passato uno sviluppo dominato da logiche aziendali e settoriali ha almeno garantito una espansione economica, spesso rapida e tumultuosa, come nel periodo fra il 1950 e il 1963-'64; una espansione disordinata, se vogliamo, distorta, ma comunque intensa, capace di accumulare ricchezze, e così via. Ebbene, oggi questo tipo di sviluppo è arrivato ad un inceppamento, e siamo tutti convinti che, se a dominare la scena rimanessero soltanto le logiche aziendali e settoriali, noi non avremmo più espansione ma soltanto disordine, e abbiamo già ora soltanto disordine.
La scelta della Fiat ha dunque questo significato strategico di fondo: è di nuovo il tentativo di rilanciare uno sviluppo il cui soggetto essenziale sia la scelta aziendale, la scelta di gruppo, del tutto dissociata da una visione nazionale dell'economia. Questo è il vero problema che ci sta di fronte. Quando respingiamo una decisione unilaterale come quella della Fiat, e la deploriamo, tutti avvertiamo che non è soltanto in gioco il salario di settantamila persone, che pure è problema drammaticissimo, non è soltanto in gioco il destino di altre centinaia di migliaia di operai, di lavoratori, di ceti medi, che sono in qualche modo coinvolti in questa decisione; ma sentiamo che è una scelta politicamente sbagliata, una scelta che va contro la possibilità di raddrizzare lo sviluppo economico italiano, di correggere le distorsioni e andare verso una fase nuova della economia e della società italiane.
Credo che anche nella imponente risposta che la classe operaia ha dato ieri, con grande maturità, con grande unità, e nel clima che la città ha respirato - perché abbiamo avuto tutti la sensazione che la città fosse a fianco dei lavoratori della Fiat - c'era questa consapevolezza: si capiva che, al di là dell'immediato, al di la di una congiuntura difficile, le cui difficoltà sono comprese da tutti, c'è appunto il destino della economia italiana, della società italiana per un lungo futuro, c'è la possibilità o meno di correggere gli errori del passato e di eliminare le strozzature che oggi impediscono una espansione equilibrata della nostra economia.
Detto questo, ed esimendomi dal riprendere tutto il discorso sulle esigenze più immediate di un rilancio produttivo ed economico che vada nel senso di superare la crisi attuale e condividendo largamente molte delle cose che sono state dette qui dal Presidente della Giunta - esigenza di differenziazione produttiva, di nuove scelte e così via -, io credo che noi non possiamo non rilevare le responsabilità del Governo nazionale in questa situazione.
Non rifaccio qui il processo al passato, ma certo credo abbia colpito tutti il fatto che in questi anni, nonostante il dibattito tra le forze politiche, le prese di posizione delle stesse forze di Governo avessero dimostrato un grado notevole di coscienza circa la necessità di garantire un nuovo quadro di riferimento allo sviluppo economico, circa la necessità di inquadrare le decisioni dei singoli soggetti economici, delle singole aziende, dei singoli settori in un programma organico di sviluppo nonostante tutto questo, il Governo è stato assente.
Credo che in questo caso - e la mia affermazione non può essere considerata sospetta, visto che viene da chi come me milita in un Partito che considera la grande proprietà privata dei mezzi di produzione un elemento negativo dello sviluppo sociale e civile - si possa dare qualche attenuante ai dirigenti della Fiat, poiché essi si sono trovati di fronte ad una situazione politica che non ha consentito né alla Fiat né ad altre imprese di programmare il proprio sviluppo in rapporto alle esigenze del Paese, di fronte ad un vuoto politico che non offriva questo nuovo quadro di riferimento, Ho già detto che è grave la decisione di puntare essenzialmente su un rilancio del trasporto privato anche nel campo delle merci, e di puntare, come già indicava il Presidente della Giunta, su un piano di riorganizzazione, di riforma, di espansione del trasporto pubblico, che non può non passare, oggi, per esempio, per una riorganizzazione complessiva del sistema ferroviario, per un suo ammodernamento. Ma tutti sappiamo, e abbiamo già detto anche in questa sede, che, ad esempio, un grande piano ferroviario, la riorganizzazione del trasporto pubblico implica una volontà politica, implica delle scelte implica una pianificazione che non può essere delegata ad alcun gruppo privato, per quanto potente, ma può essere attuata soltanto dallo Stato e dalle espressioni politiche dello Stato. Quindi, una gravissima responsabilità.
Ormai sono passati cinque anni dall'inizio della crisi, si è fatta una interminabile litania sui tempi brevi, sulle misure congiunturali, su piani di emergenza; ma attraverso questa tiritera si è lasciato ormai passare un tempo lungo, e nessuno ci può venire più a dire che non si possono fare le riforme, non si possono fare piani di prospettiva perché le difficoltà sono tali da mozzarci il fiato e da costringerci ad operare sul terreno della emergenza. Perché questo lo si può dire per un mese, essendo credibili, lo si può dire per un anno, essendo ancora credibili; ma ormai lo si dice da cinque anni. Si è lasciato passare tutti i tempi brevi, si è accumulato un tempo lungo, e si è aggravata la situazione. Ecco il vuoto politico di direzione reale che il Paese ha dovuto soffrire, che certamente si ripercuote anche oggi sulla situazione della Fiat e di altre imprese.
Grave è soprattutto il vuoto politico, oggi Non stiamo a fare il processo al passato, nemmeno al passato recente ma - mi associo anche qui alle espressioni che ha avuto il Presidente della Giunta - si tratta di capire che il vuoto politico oggi può diventare davvero disastro. In grande misura ha già compromesso le possibilità di un rilancio dell'economia italiana, ma oggi davvero può diventare foriero di sviluppi assai più catastrofici di quelli che abbiamo conosciuto. Del resto, io ho espresso apprezzamento prima per il tentativo di mediazione del Governo, ma dobbiamo dire che un Governo dimissionario è ben poco credibile per tutti i soggetti della trattativa e della vicenda. Se oggi si andasse davvero verso una crisi di Governo prolungata, animata più dalla volontà di portare avanti dei piccoli giochi di potere o dei sotterfugi, o magari anche, da parte di alcuni, manovre ancor più pericolose, se davvero dovessero ancora prendere il sopravvento interessi di bottega, di gruppo, di corrente, di personaggi credo che tutti siamo consapevoli che la situazione potrebbe precipitare, e anche in termini assai brevi. In questi giorni le cronache sono piene di fatti che ci fanno capire come in questo vuoto che ormai rischia di essere un vuoto di potere vero e proprio, non solo di governo, allignino tentativi eversivi di enorme gravità, e continuano a correre voci preoccupanti in tutto il Paese. Già il fatto che possano correre impunemente queste voci è indicativo, già fatto che noi viviamo in un Paese dove oggi sappiamo con certezza, non più per illazioni giornalistiche, che si può occupare il Ministero degli Interni, una notte, e non essere neppure arrestati, ci deve far capire che davvero i tempi sono diventati stretti. Noi lo diciamo sempre con la tranquilla e serena forza di un Partito che sa di poter mobilitare energie immense in questo Paese, e che quindi non teme francamente, chi complotta contro lo Stato; ma non lo diciamo a nome di un Partito, lo diciamo in nome degli interessi del Paese, che non ha bisogno di andare a questi svolgimenti.
Ecco perché io credo sia estremamente responsabile l'appello a superare rapidamente la crisi politica e a dotare il Paese di un Governo efficiente.
Si è fatta molta poesia sulla questione comunista, anche in modo tendenzioso, diciamo con molta forza che noi qui non chiediamo un Governo con la partecipazione dei comunisti: non abbiamo mai chiesto poltrone a nessuno, e tanto meno lo facciamo in un momento come questo, in cui ci rendiamo conto che le difficoltà e gli ostacoli ad una svolta democratica effettiva sono grandi. Chiediamo però che si formi rapidamente un Governo efficiente, in grado di assumere alcune misure che possano portare il Paese fuori dal quadro pericoloso in cui è stato precipitato.
Noi abbiamo preso posizione energica contro la prospettiva di elezioni anticipate e di scioglimento delle Camere. Anche in rapporto a ciò tutti i giornali, sulla base di sondaggi, di inchieste, ci attribuiscono la possibilità, in caso di elezioni anticipate, di una forte avanzata. Diciamo subito che a noi questo non interessa, che non abbiamo mai parlato, e tanto meno lo facciamo oggi, a nome degli interessi di un Partito, e tanto meno degli interessi elettorali. Riteniamo invece che lo scioglimento delle Camere accentuerebbe, e addirittura porterebbe ad una situazione di rischio enorme, in questo vuoto di potere, mentre pensiamo che il Paese, se ben diretto, troverebbe in sé le energie per superare la crisi senza affrontare sviluppi così drammatici.
Ecco perché chiediamo un Governo che assuma su di sé pochi compiti magari, che decida scelte limitate, ma che lo faccia con grande severità e grande serietà; e credo che tra queste scelte ci sia quella di garantire l'autonomia nazionale.
Nel momento in cui sentiamo che gravi pressioni pesano nel senso di cercar di minare l'indipendenza del nostro Paese, chiediamo che si agisca finalmente, senza esitazioni, contro le trame fasciste, le si spezzi in modo definitivo, facendo rispettare la legge repubblicana; chiediamo che si adottino misure di moralizzazione dell'amministrazione pubblica, decisive a nostro avviso, per rimettere in moto tutta la macchina economica del Paese; e chiediamo che si attuino misure di politica economica, quelle che abbiamo discusso e in larga misura anche deciso in questo Consiglio Regionale in sedute precedenti, per tendere ad un rilancio produttivo qualificato ed al superamento delle gravi distorsioni di cui è conseguenza anche questa decisione della Fiat.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Presidente del Consiglio ha a mio avviso giustamente sottolineato un aspetto della crisi che attraversiamo: la sua profondità. Una crisi che è stata messa in evidenza drammaticamente dalla situazione determinatasi alla Fiat, ma che ha risvolti anche in altri settori, sia pur numericamente meno importanti della vita italiana; è già di parecchie settimane addietro il ricorso alla Cassa integrazione da parte della Montedison per i settori Montefibre Azoto e vari altri. E' palese il rischio di una paralisi e di una recessione di ripercussioni certamente notevoli e gravi.
La crisi di fronte alla quale ci esprimiamo in particolare in questo momento, che ha formato argomento delle dichiarazioni sia del Presidente del Consiglio che del Presidente della Giunta, è la conseguenza di una situazione generale di cui abbiamo avuto parecchi sintomi già lo scorso anno, culminati nella crisi energetica che ha influito in modo diretto sulle prospettive sia mediate che future del settore dell'automobile. Dato che per necessità anche i provvedimenti di rastrellamento di liquidità hanno infierito sul settore dell'automobile, era logico supporre che questo, già dai nostri studi Ires considerato in graduale tendenza alla saturazione, avrebbe raggiunto rapidamente una situazione di crisi.
Credo che il fenomeno recessivo sia ormai chiaro a tutti. E ricordo non certo per soddisfazione, che nel momento in cui ebbi occasione di intervenire, sul bilancio della Giunta Regionale, ebbi a dire che le tinte piuttosto rosee delle quali era colorata la relazione della Giunta sarebbero state cancellate, a mio modo di vedere, dalla situazione che si andava prospettando, in quanto, avendo il nostro Paese a disposizione esclusivamente la possibilità di incidere sul credito e sull'andamento monetario, e in assenza di qualsiasi valido strumento di programmazione, la recessione sarebbe stata inevitabile. L'augurio che si faceva allora era che potessimo gestirla in termini tali da renderla non pericolosa ne per il Paese né per le nostre istituzioni.
Proprio l'assenza di programmazione e la carenza più drammatica per il nostro Paese, ed è singolare, veramente, che oggi si facciano anche valutazioni circa i problemi conseguenti alla crisi di governo, in un momento in cui le dichiarazioni che hanno portato alla chiara documentazione che il Governo attuale non era in grado di reggere ai compiti che si trova a dover affrontare non vengono certo da parte socialdemocratica. Un ministro, il responsabile della Programmazione, ha ammesso, senza avere la normale correttezza di rassegnare immediatamente dopo le proprie dimissioni, che la programmazione non funzionava, e non esisteva la possibilità di farla funzionare.
Un Governo di questo genere, che non previene i fenomeni economici ma li segue, e in maniera da dare al cittadino la sensazione di non avere una visione organica ne soprattutto di esser capace di garantire che i tempi entro cui determinati sacrifici possano essere fatti siano rapidamente, o lungamente, superabili, cioè di offrire una prospettiva valida per il futuro, non si espone più alla critica esclusivamente per quello che riguarda la volontà politica, ma, a mio modo di vedere, anche per quello che tocca la vera capacità; e dobbiamo domandarci se la capacita di coloro che sono chiamati a reggere la cosa pubblica in Italia non sia un problema sul quale si possa e si debba anche portare la nostra discussione.
La crisi era evidentemente nell'aria. Oggi suscita scalpore in molti il fatto che la crisi sia stata messa in evidenza duramente, e in modo così sconcertante, da parte del Partito socialdemocratico, Ma mi pare di poter ricordare a tutti che sono mesi che dalle opposizioni, dalla stampa in genere, non si fa che proclamare l'incapacità, l'inesistenza l'inefficienza, del Governo, e quindi dei Partiti che lo compongono e della formula che lo regge.
Noi crediamo di aver fotografato correttamente questa situazione, e se tempi e modi hanno dato luogo anche allo sciorinarsi di tutta una serie di romanzate supposizioni, che noi evidentemente respingiamo, non possiamo non assumerci chiaramente, francamente, la responsabilità di aver messo il Paese di fronte ad una realtà alla quale non ci si poteva sottrarre, una realtà che, oltre tutto, qui in Piemonte ci grava oggi con la crisi della Fiat, e abbiamo preteso che, di fronte ad una situazione di questo genere ci fosse da parte di tutti i partiti una chiara assunzione di responsabilità, sia per quello che riguarda la capacità intrinseca dei partiti che hanno oggi responsabilità di maggioranza a continuare un discorso in questa direzione, sia anche per un chiarimento definitivo del rapporto con le opposizioni, del rapporto, cioè, con il Partito comunista del quale noi non misconosciamo certamente né la consistenza numerica né la validità delle proposte che porta avanti, ma che riteniamo oggi non abbia compiti diretti e responsabilità in campo governativo mentre questa responsabilità compete alle forze politiche che devono dimostrare di esserne all'altezza.



BERTI Antonio

Le responsabilità le ha anche il PSDI.



CARDINALI Giulio

Sì, ma noi non abbiamo responsabilità che mettano in gioco gli indirizzi precisi di una politica governativa.



BERTI Antonio

Siete un trust di cervelli...



CARDINALI Giulio

Permettimi di ricordare che oggi la sola riforma che è stata portata avanti, obiettivamente - e ci auguriamo che almeno questa non venga snaturata nelle sue applicazioni - è quella riforma fiscale che certamente non ha attirato molte simpatie al nostro Partito ma che ha rappresentato il solo strumento messo a disposizione del Paese per poter realizzare altri obiettivi più ambiziosi, perché senza la risoluzione di quei problemi gli altri obiettivi non si potrebbero raggiungere.



BONO Sereno

Bisogna dirlo anche ai Comuni, che ne sono entusiasti!



CARDINALI Giulio

Oggi noi ci troviamo nella necessità di valutare con realismo la situazione. A mio avviso, l'ordine del giorno che la Giunta ha votato nei confronti dell'immediatezza della crisi Fiat, annunciata già un mese fa e giunta ora a maturazione, manifesta un atteggiamento certamente legittimo per quanto concerne le modalità, per quanto concerne lo scavalcamento di quella correttezza di rapporti che la Ditta aveva assunto nei confronti della Giunta e del Consiglio Regionali; ma rappresenterebbe, ritengo esclusivamente un grido di dolore se non fosse suffragato e seguito da una chiara e realistica precisazione di quel che la Regione può fare in questo ambito.
Concordiamo su quanto hanno detto sia il Presidente del Consiglio che il Presidente della Giunta sulle azioni indotte del fenomeno recessivo che si è manifestato alla Fiat, e riteniamo che, in termini concreti, ciò che la Giunta Regionale deve imporre, esigere, sia la conoscenza precisa di piani di prospettiva che l'Azienda intende applicare. Noi vediamo in ciò la prima condizione di fondo cui la Giunta deve dedicarsi, perché è soltanto la conoscenza del quadro non per l'immediato, non per i tre o quattro mesi per cui durerà la Cassa integrazione, ma per il prossimo futuro, in quanto il compito nostro è quello di un intervento di carattere programmatorio che solo ci dà il diritto di interferire in tutte le direttrici, in tutte le valutazioni che si effettuano nella nostra Regione; e quando parliamo di nostra Regione non possiamo non pretendere di essere assecondati anche dal Governo nazionale, perché il problema ha caratteristiche nazionali e coinvolge tutta l'economia del Paese.
D'altra parte, quale che sia il giudizio che è stato portato avanti, e che in larga parte condividiamo, sullo sviluppo anomalo, per lo meno abnorme, o sullo sviluppo enorme del complesso Fiat, non possiamo dimenticare, non possiamo evidentemente non riconoscere che indipendentemente dalle agevolazioni, dai fatti che certamente hanno influito a favore di questa espansione, si è accompagnata anche la occupazione di centinaia e migliaia di addetti, e quindi la possibilità di guadagno per moltissime famiglie italiane, ed è quindi proprio in questa direzione che noi oggi dobbiamo preoccuparci di agire.
La crisi automobilistica non è soltanto nazionale. Provvedimenti analoghi a quelli che ha preso la Fiat sono stati assunti anche da molte altre aziende europee che operano nel settore dell'automobile. Ma noi riteniamo che il problema di fondo sia stato quello di non aver colto da parte dell'Azienda che non si poteva fare contemporaneamente una politica di alti prezzi e pretendere che d'altra parte si dovesse anche ridurre la prospettiva produttiva. Non c'è alcun dubbio che su questo punto di vista il confronto con la Fiat deve essere aperto, soprattutto nella misura in cui noi riteniamo che, a livello nazionale o a livello regionale, se ce ne saranno i risvolti, si potranno dare quelle indicazioni alternative, quelle indicazioni di possibilità e di trasformazione che debbono essere evidentemente verificate nella validità di una prospettiva di carattere pubblico in cui soprattutto prevalga l'interesse generale dei lavoratori dei cittadini.
E' evidente che quando noi parliamo di trasporti pubblici - e il Governo ha avanzato la prospettiva di commesse alla Fiat per questo settore di intervento - non possiamo non disgiungere anche la valutazione dei tempi che tutto questo richiede. Se noi pensiamo che la trasformazione solo del settore a livello di apprendimento, a livello, cioè, di qualificazione del lavoro in questo settore, richiede tre anni, quindi una prospettiva a lungo termine, non possiamo non essere preoccupati del vuoto che si può creare se non esiste in questo momento una chiara indicazione e se non si è in grado di valutare la portata esatta del grave provvedimento determinato dalla crisi preoccupante della Fiat.
Per quello che ci compete, credo non si possa in casi di questo genere non solidarizzare come sempre con il mondo del lavoro. Noi siamo a fianco dei lavoratori, perché sono cittadini che ci siamo prefissi in primo piano di tutelare, sono cittadini piemontesi che dobbiamo aiutare a ritrovare serenità, possibilità di guardare al domani proprio e dei figli con maggior tranquillità. Sotto questo aspetto, penso che la Giunta debba ancora una Volta guardare ai fatti con senso realistico, da un angolo visuale che non le faccia perdere di vista l'importanza evidentemente prestigiosa che le deriva dalla rappresentatività a livello regionale ma anche i limiti entro cui la Giunta può operare. E credo - mi pare ci sia stata in questo senso una anticipazione da parte del Presidente della Giunta - che sia la disponibilità e la mobilitazione di tutte le risorse regionali per la determinazione e la creazione di tutte quelle situazioni alternative che nell'immediato possano essere create. Agendo in questi termini, operando in questa direzione, noi dovremmo poter raggiungere risultati consistenti ed avere un intervento che ci è proprio, un intervento capace di recare immediato sollievo alla situazione economica in Piemonte.
Il settore della casa è un settore alternativo sul quale occorre portare l'attenzione. Io credo che la Giunta Regionale, l'Assessorato che sovrintende a questo settore farà opera certamente meritoria se al di fuori di quelle che sono le pastoie burocratiche delle leggi agirà con tempestività, assumendo anche grosse responsabilità di carattere monetario ma mettendo immediatamente a disposizione il volano dei miliardi che sono utilizzabili per questo settore nel nostro Piemonte. Se noi oggi ci trovassimo a poter applicare quello strumento finanziario che purtroppo non ci siamo ancora dati forse l'intervento potrebbe essere più salutare e anche più incisivo. Noi potremmo farlo in termini di azione in quel settore del credito che oggi non ha ancora avuto, nonostante tutto ciò che si è detto, il minimo sbocco, con tassi di interesse che sono proibitivi per qualsiasi accesso al credito, come ben sappiamo anche noi, per la scarsa applicabilità anche di alcune leggi che abbiamo fatto, e con la paradossale raccolta di fondi liquidi da parte delle banche a tassi elevati, sui quali occorrerà poter dire una parola nel momento in cui una ulteriore liquidità sarà necessaria per finanziare investimenti produttivi che altrimenti non potrebbero essere in alcun modo finanziati.
Abbiamo voluto fare queste considerazioni perché crediamo che staccarsi da una linea realistica costituisca una posizione di carattere demagogico che è facile adottare ma che non dà risultati apprezzabili. E crediamo proprio nel senso di responsabilità sia del Consiglio Regionale che della Giunta Regionale perché questi obiettivi, queste possibilità, che sono strettamente legati alle nostre vere capacità di operare, possano essere conseguiti rapidamente.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Gerini. All'elenco degli iscritti ad intervenire si sono aggiunti ora i Consiglieri Simonelli, Gandolfi Bianchi.



GERINI Armando

Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, chi ha letto in questi giorni con attenzione i giornali (ed i piemontesi sono stati certamente i più impegnati a leggerli), per seguire la crisi che sta investendo non solo Torino ma tutta la Regione Piemonte, crisi limitata quasi esclusivamente al settore auto non avrà potuto fare a meno di rilevare finalmente la chiarezza ed il coraggio (vorrei dire) dimostrati dai direttori dei massimi giornali di Torino e di Milano con gli editoriali che hanno licenziato ieri. Le responsabilità sono politiche, viene detto, e sono da addossarsi ai partiti che hanno governato finora il Paese; è su di loro, dicono ancora, che oggi si scarica il malcontento e la rabbia. E' ormai inutile e vecchio portare avanti il discorso che il Piemonte, e Torino, che è il cuore della Regione, soffrono del sistema industriale monoculturale e che se si ferma la produzione dell'automobile si ferma il Piemonte.
L'aumento dei prezzi delle materie prime e del petrolio non è venuto fuori solo qualche giorno fa. La Fiat, se non erro, aveva prima dell'estate fatto intendere che dopo settembre avrebbe potuto rivedere e rielaborare criteri di produzione se la crisi dell'auto avesse subito altri scossoni ed era logico che, se la crisi dell'auto fosse lievitata, avrebbe sì investito prima di tutto il Piemonte, con la Fiat e la Lancia, ma non avrebbe certo risparmiato altre zone d'Italia ove l'industria automobilistica viveva e prosperava.
E' stato fatto qualcosa in questo periodo per scongiurare le cause della crisi, o per attenuarne gli effetti? A noi non pare. Si è invece concentrata la politica di austerità sulla motorizzazione. E' stato a più riprese aumentato il prezzo del carburante per ottenere un gettito fiscale sicuro ed abbondante; venne approvata l'una tantum, a danno sempre della motorizzazione, per un altro facile introito di denaro. E' alle porte l'aumento dei premi di assicurazione sulle automobili. Provvedimenti fiscali, invece, che riguardano altri settori sono stati accantonati, forse più per convinzione che l'inefficienza dell'apparato statale e dell'amministrazione pubblica periferica avrebbe penato ad accertare e riscuotere i tributi.
Eppure, la Fiat e le altre aziende dell'auto, come dice Levi, sono il cuore del sistema industriale italiano, e l'industria è la fonte principale del benessere del Paese.
Cionondimeno, è stato facile per il Governo colpire quasi esclusivamente il settore della motorizzazione, pur conoscendo quale importanza aveva ed ha nell'economia nazionale. E le promesse governative che avevano illuso, e oggi deluso, e la Fiat e i Sindacati nel campo dei trasporti pubblici, per commesse di autobus, di materiale rotabile, dove sono andate a perdersi? Sia concessa questa premessa, questo sfogo ad un rappresentante dell'opposizione che si rammarica profondamente dei disagi cui va incontro la nostra Regione.
Ho amici, molti amici, e parenti che lavorano alle dipendenze della Fiat, o della Lancia di Chivasso, come li avrete voi tutti, egregi Colleghi. E' gente che, per lo più, da tempo ha abbandonato la non facile vita dei campi; gente che si è insediata a Torino, o che fa con fatica la vita del pendolare. Ebbene, ho visto nei loro occhi l'angoscia che li pervade, in questi giorni; ho avvertito in loro quel senso di insicurezza che li sgomenta non tanto per la messa in Cassa integrazione ma per il futuro delle loro famiglie. Certo, signor Presidente, anch'io critico l'imprevidenza dei dirigenti Fiat ad interrompere la trattativa, ma non mi sento di avallare la tesi che i motivi della rottura siano esclusivamente politici. L'azienda mi pare che abbia dimostrato di dover ridurre la produzione per stato di necessità, per una crisi che è stato detto "viene da fuori". La crisi avviene oggi nella crisi, con un Governo che non c'è, o che non c'è ancora.
Il ministro Bertoldi non aveva certo la forza politica necessaria, in questi giorni, per tenere ferme le trattative, né, d'altra parte, mi pare potesse pretendere la consegna della cosiddetta "cambiale in bianco". In assenza del Governo, che è in crisi, la Regione deve assumersi, per la situazione straordinaria che si è creata nel nostro territorio, un compito ed una responsabilità eccezionali: deve essere il tramite tra la Fiat ed i Sindacati, l'interlocutore continuo per una consultazione permanente. Il rischio che il problema della Fiat e della Lancia si muova a macchia d'olio in tutto il territorio regionale è molto serio, e già abbiamo le prime avvisaglie ad Asti, a Mondovì ed in altre città piemontesi.
Do atto al Presidente della Giunta di non essersi lasciato prendere di sorpresa dagli eventi e di avere da tempo svolto una paziente opera di mediazione. L'impegno preso ieri a proseguire i contatti ci porta ad auspicare lo sblocco della vertenza per fugare i pericoli di una recessione che colpirebbe in modo traumatico il tessuto sociale della nostra Regione.
Alle settantunmila famiglie colpite dal provvedimento va la nostra solidarietà, anche perché non responsabili degli sbocchi a cui è giunta la vertenza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Simonelli. Ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, a nome del Gruppo consiliare del Partito socialista desidero ribadire dai banchi del Consiglio l'approvazione alla linea seguita dalla Giunta Regionale in rapporto a questa grave vicenda.
Credo debba esser subito detto che da parte nostra, come da parte di tutti i colleghi che sono intervenuti qui, non c'è alcun tentativo per minimizzare le difficoltà dell'economia italiana in questo momento e in particolare dell'industria dell'automobile, o per negarne l'esistenza e la gravità.
L'analisi compiuta, e non da oggi, dalle forze politiche, in particolare dalle forze politiche regionali, attraverso anche l'apporto di studi e di indagini serie, e protratte da diversi anni, testimonia come noi non ci siamo neppure lasciati cogliere di sorpresa da questa crisi, e come anzi i rischi di una crisi di questo tipo fossero stati posti a base delle indicazioni programmatiche portate avanti dalla Regione, (ad esempio, il discorso sulla necessità di una diversificazione del tessuto industriale piemontese, proprio a salvaguardia dei livelli occupazionali di fronte al pericolo di caduta della domanda dell'automobile è stata una costante della nostra azione politica e programmatica).
Non riteniamo che questa crisi sia fittizia, e non sottovalutiamo i dati reali di impatto sulla realtà della Fiat. Pensiamo che la Fiat abbia potuto anche commettere alcuni errori di previsione a breve, ma che, in definitiva, una modifica nei tassi di crescita della domanda automobilistica fosse sufficientemente scontata anche dal gruppo dirigente dell'Azienda. Ce ne han dato riprova gli incontri avvenuti in seno alla I Commissione, quando l'indicazione di lungo periodo di una caduta, o per lo meno di un attenuarsi dei tassi di crescita della domanda automobilistica era ben presente nel quadro dei programmi dell'azienda.
In un contesto - perciò - nel quale alcune cose sembravano pacifiche e confortate dal consenso di tutti, è venuta ad insistere con repentino aggravamento questa decisione aziendale, di cui il documento della Giunta ribadisce alcuni elementi particolarmente negativi, che voglio brevemente ricordare.
Innanzitutto, la decisione di sospendere la trattativa, di rifiutare nei fatti una soluzione alla quale forse si era molto vicini e a far precipitare la situazione con la scelta della Cassa integrazione.
Ma, accanto a questo, al significato che questa decisione e venuta ad assumere, agli effetti a cascata che è destinata ad avere sui livelli occupazionali delle piccole e medie industrie, io vorrei aggiungere gli effetti psicologici che il provvedimento di messa in Cassa integrazione assunto dal grande gruppo automobilistico è destinato ad avere sugli altri comparti produttivi.
Si aggiunga ancora il rischio che, obiettivamente, - al di là delle volontà personali, che non possiamo indagare, - da una situazione di questo tipo, per la classe imprenditoriale del nostro Paese, nella cui linea politica avevamo riconosciuto ed apprezzato nei mesi scorsi alcuni significativi mutamenti, di forma e di sostanza, nasca la tentazione di percorrere oggi la strada inversa, tentando di recuperare, approfittando della crisi, lo spazio perduto nelle fabbriche dopo le lotte operaie del 1969 e degli anni seguenti, con tutte le conseguenze di carattere politico che sarebbero certamente assai gravi per il Paese, soprattutto in questo momento.
Dobbiamo dunque ribadire il rifiuto della soluzione cassa integrazione e l'invito alla ricerca di altre soluzioni. Ma se non possiamo certamente che deplorare, come abbiamo fatto, il gesto della Fiat, credo che mancheremmo al dovere della ricerca di tutte le cause e concause delle presenti difficoltà se assolvessimo il vuoto che il potere politico, in particolare il Governo, ha mostrato di avere in cospetto dei gravi problemi che si sono posti alla economica, e all'economia industriale della nostra Regione in modo particolare.
Da un anno è all'attenzione delle forze politiche il problema della caduta della domanda automobilistica e delle conseguenze che ad essa sono collegate. Da un anno è all'attenzione e alla discussione delle forze politiche il problema della riconversione produttiva, il problema degli interventi alternativi, il problema della selezione degli investimenti, il problema del rilancio qualitativo della nostra economia. Da un anno, per fare un esempio soltanto, stiamo discutendo di un piano autobus che avrebbe dovuto almeno parzialmente, in una misura limitata, compensare con una domanda pubblica aggiuntiva la caduta di domanda nel settore dell'auto.
Ebbene, il piano autobus da un anno è esattamente nella stessa situazione: le Regioni hanno indicato qual è il fabbisogno (trentamila autobus in cinque anni), e non c'è stato alcun impegno sostanziale assunto dal Governo. Noi in Piemonte siamo forse l'unica Regione che si è mossa su questo terreno, investendo sette miliardi con le tre leggi sui trasporti approvate l'anno scorso. Ma c'è stata, su questo punto, una latitanza totale del potere pubblico centrale. E' un sistema che deve cessare evidentemente...



BERTI Antonio

Sai anche perché, Simonelli. I soldi li hanno presi i privati, in gran parte.



SIMONELLI Claudio

I motivi sono molti. A me, veramente, risulta che in gran parte sono andati agli enti pubblici, i finanziamenti.



BERTI Antonio

Mi pare che tu stesso dicessi questo poco fa.



SIMONELLI Claudio

Forse non mi sono espresso con sufficiente chiarezza. Ho inteso dire che il potere pubblico centrale, cioè il Governo, non ha preso delle decisioni; ho detto che il Piemonte è stata l'unica Regione che ha saputo realizzare la sua parte del piano autobus, cioè ha indirizzato investimenti a privilegiare il mezzo di trasporto pubblico collettivo; ho detto che l'autorità di governo non ha saputo fare in un anno la stessa cosa, e cioè non ha saputo tradurre dalle parole ai fatti il piano autobus nazionale, e non ha saputo realizzare neppure l'inizio di quel piano delle ferrovie che avrebbe dovuto garantire un altro tipo di intervento nel settore dei trasporti, capace di surrogare la caduta del trasporto privato.



BERTI Antonio

Ma chi è il ministro dei Trasporti?



SIMONELLI Claudio

A quanto mi risulta, nel Governo dimissionario era l'On Preti.



BERTI Antonio

Vedi bene, Cardinali, a cosa è servita la presenza socialdemocratica.



SIMONELLI Claudio

Ma qui il problema, evidentemente, non è solo del Ministro buono o del Ministro cattivo: è che noi, come Regione, come forze regionaliste dobbiamo chiedere che esista un livello di governo capace di decidere e di far procedere le politiche che si indicano come giuste per il Paese.
Così per il discorso della diversificazione produttiva e della selezione dei settori che devono essere sviluppati. Il Consigliere Gerini ha un bel lamentare che le misure di austerità siano state prese a carico in generale dell'industria dell'automobile e degli utenti dell'automobile: quando l'industria trainante è l'industria dell'auto, quando il bene di consumo attorno a cui si modella il tipo di sviluppo si concretizza nell'automobile, è evidente che anche le misure fiscali volte a reperire attraverso la tassazione indiretta, entrate a favore della finanza pubblica incidano su quel tipo di consumi che è quello privilegiato. E' dunque una conseguenza inevitabile del tipo di sviluppo che ci siamo dati.
Nasce dunque da questa crisi, gravissima, e di cui non sottovalutiamo tutti gli impatti sulla nostra realtà, una esigenza, del resto emersa chiaramente e fermamente dalla relazione del Presidente: di avere l'interlocutore Governo, di avere una capacità di leadership che si traduca anche in scelte di politica industriale, precise e coerenti, che si traduca nello sviluppo di quei settori produttivi capaci di farci diventare un Paese industriale e moderno, un Paese che sappia difendere i livelli occupazionali, un Paese che non debba passare d'improvviso da una fase di sviluppo in cui tutto sembra possibile ad un'altra in cui il terrore della disoccupazione e la lotta per il posto di lavoro e per il mantenimento di livelli appena decenti di vita debbano gettare nello sconforto migliaia e migliaia di lavoratori.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Curci. Ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, io non condivido le dichiarazioni rese dal Presidente della Giunta.
In esse, infatti, si fa ricadere tutta la responsabilità della crisi esclusivamente sull'Azienda, tacendo le ben più gravi responsabilità del Governo e dei Sindacati della Triplice.
Una prima domanda si impone: quale formula politica ci ha portato a questa situazione? Il Centro-Sinistra, il Centro-Sinistra dell'On Rumor che ha goduto dell'appoggio dei comunisti e dei Sindacati. E' il Governo che, dopo l'incremento eccessivo della tassazione sulla benzina, ha gravato ancor più la mano sul settore dell'auto con l'imposizione della "una tantum".
Ma non c'è dubbio che le responsabilità del Governo sono condivise dai Sindacati della Triplice, che, dopo aver tirato la corda nel 1969 ed essere riusciti a strappare aumenti rilevanti, hanno continuato con la conflittualità permanente, con la conflittualità a livello aziendale, la corsa a modifiche normative dei costi anche maggiori degli stessi aumenti salariali, la riduzione delle ore di lavoro al di sotto di quelle degli altri Paesi molto più ricchi di noi. Tutte cose, queste, volute dai Sindacati e dalle Sinistre, che hanno trovato compiacenti appoggi nel Governo.
Di tutto ciò il Presidente della Giunta, nelle sue dichiarazioni, non ha parlato. Così come soltanto un sommesso accenno ha fatto agli episodi di violenza che hanno caratterizzato la giornata di ieri.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Ma lei non era in aula



CURCI Domenico

Ero fuori. Ho detto che ha fatto soltanto un sommesso accenno, non ho detto che non ne ha parlato. In altre occasioni lei si è profuso in profluvi di parole allorché si trattava di condannare episodi di violenza determinati da altra parte. Questa volta nessuna parola di condanna ha pronunciato.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Sempre in termini di proporzioni...



CURCI Domenico

Eppure, dei lavoratori che volevano fruire di un loro diritto, quello di lavorare, sono stati aggrediti e malmenati, e uno di essi è stato ridotto in fin di vita.
Sempre nella sua dichiarazione non ha parlato affatto delle responsabilità di cui ho detto prima, del Governo e dei Sindacati.
Il mio Gruppo pertanto non può approvare quanto ella ha detto improntato ad uno spirito di ipocrisia pari solo alla pusillaminità, mi consenta, che l'ha ispirato.



GARABELLO Enzo

Sono parole un po' forti



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Queste valutazioni le tenga per sé.



BONO Sereno

Sono parole degne di rottami del ventennio. Dovresti vergognarti!



RASCHIO Luciano

In assemblea hai il coraggio di offendere il Presidente Oberto su questo terreno. Dovresti vergognarti! Proprio da voi devono venire di questi giudizi, da voi che vi siete comportati, a suo tempo, da conigli che fuggivate come lupi!



CURCI Domenico

Io dico quello che penso, con obiettività.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, al di là della doverosa attestazione di solidarietà agli operai che sono colpiti da questo provvedimento, credo sia indispensabile fare una riflessione tutti assieme sugli elementi e sulle ragioni che hanno portato a una situazione di questo genere, che sono tanti e tutti molto gravi: negli scorsi anni vi sono stati (ed hanno avuto molto peso) indirizzi di politica economica non abbastanza consapevoli dei problemi di inflazione e di modificazione delle ragioni di scambio con l'estero che hanno poi portato ad una stretta creditizia che è certamente all'origine di una gran parte dei fenomeni che andiamo oggi a verificare. Ci sono poi stati altri fatti, questi esterni alla nostra economia, come la crisi energetica che ha colpito pesantemente il settore automobilistico, ma certamente anche, dobbiamo dirlo, alcuni provvedimenti non troppo meditati assunti dal Governo nello scorcio dell' ultimo anno.
Simonelli ha ragione quando dice che nel momento in cui si andava a ricercare un prelievo fiscale aggiuntivo e a imporre misure di austerità il primo consumo a essere colpito sarebbe stato certamente quello automobilistico, ma direi che a questo fatto, che meccanicamente comunque si sarebbe verificato, se ne sono aggiunti due altri ben precisi che vanno fatti risalire alla responsabilità del Governo e della classe politica in generale: 1) che si è ritenuto che il problema del bilancio energetico potesse essere affrontato e, almeno parzialmente risolto, semplicemente riducendo i consumi di carattere automobilistico, quando era ben chiaro che i consumi globali per il trasporto su strada ammontano si e no all'11/12 del consumo globale di materie prime nel nostro Paese; si è andati così a incidere esclusivamente su un certo settore di consumi, aggiungendo ad effetti che comunque, sono d'accordo con Simonelli, si sarebbero verificati, altri effetti di carattere psicologico non indifferenti.
Il secondo, ben più grave, direi, è che quando il Governo si è trovato nella necessità di trovare forme di prelievo fiscale che fossero sufficientemente progressive, nella assenza assoluta di un meccanismo di carattere amministrativo che desse sufficienti garanzie anche di rapidità di riscossione, ha ritenuto di poter procedere ad un'imposizione fiscale aggiuntiva esclusivamente attraverso il meccanismo del rapporto tra reddito e utenza automobilistica, aggiungendo un ulteriore fatto psicologico che ha determinato sicuramente una caduta di consumi automobilistici superiore a quella che mediamente è avvenuta negli altri paesi.
Questi sono fatti esterni ed interni di politica economica che in una certa misura hanno inciso e incidono pesantemente, in questa situazione sul piano delle propensioni psicologiche prima ancora che a delle obiettive difficoltà ad accedere a tipi di consumo nella stessa quantità degli anni precedenti. E siamo d'accordo sul fatto, che è già stato sottolineato, che si doveva prevedere che si raggiungevano sicuramente livelli di saturazione dei consumi automobilistici e fare qualcosa non aspettando la crisi energetica che poi è stato un caso clamoroso.
E qua devo dirmi d'accordo col collega Simonelli circa il discorso che ha fatto sui consumi e sulle produzioni sostitutive. Noi ci troviamo nella drammatica situazione in cui i vertici politici nazionali da quasi un anno e mezzo ormai stanno parlando di interventi sul piano della programmazione degli investimenti, di aumento di produzione in alcuni settori come i mezzi di trasporto collettivi, senza che niente di concreto sia stato fatto abbiamo dovuto aspettare un anno (e da poco è stato deciso) perché il Consiglio di Amministrazione delle Ferrovie varasse un programma di duemila miliardi che ha delle notevoli incidenze sul piano della produzione del materiale ferroviario. Ma è un programma che avrà una qualche incidenza sulla realtà produttiva probabilmente solo tra sei o otto o dieci mesi.
Il piano autobus è un anno e mezzo che lo aspettiamo e devo dire al collega Berti che lo aspettiamo non solo per la lentezza con cui Ministero del bilancio e il Governo hanno affrontato il problema per l'incertezza nel modo corretto di impostarlo, ma anche perché tra Governo e Regioni è stata portata avanti una specie di gioco di scarica barile nel quale anche le Regioni, dobbiamo dire, hanno fatto la loro parte, perché nel momento in cui il Governo, con una certa chiarezza, l'anno scorso ha detto che questi piani dovevano essere finanziati con le priorità che il Ministero del Bilancio indicava sui fondi di sviluppo regionale (indicazione che noi abbiamo accettato e sulla quale ci siamo mossi) alcune Regioni hanno voluto vedere se utilizzando in altro modo quei fondi, il piano autobus a livello nazionale potesse essere varato con altre forme di finanziamento. E' così capitato che alcune Regioni hanno utilizzato i fondi di sviluppo regionale per regolare legislativamente, con ingenti finanziamenti, il problema della pubblicizzazione - che poi si è arrestata per altre ragioni - mentre per il piano autobus non hanno fatto assolutamente nulla.
Oggi siamo in una situazione in cui un settore che poteva assorbire non molti, ma certamente 2000/3000 addetti in più rispetto ai livelli produttivi attuali, ancora inoperante, non solo, ma è minacciato da flessioni perché nel frattempo si è verificato che gli ordini, specialmente degli Enti pubblici delle altre Regioni che non erano coperti da tipi di intervento come quelli che la Regione Piemonte ha varato, rimangono inevasi nel senso che le aziende pubbliche di tutta Italia si trovano nella impossibilità di pagare gli autobus già ordinati.
Ci dobbiamo quindi far carico, tutti assieme, a tutti i livelli della pubblica amministrazione che le capacità di prospettare soluzioni alternative rispetto all'attuale strutturazione del sistema produttivo e le capacita di realizzare con rapidità degli interventi sostitutivi, sono obiettivamente troppo basse; il nostro sistema politico ha dato in quest'ultimo anno - e il Governo di Centro Sinistra lo ha dato - degli esempi veramente poco edificanti di come si gestisce la politica industriale e quali sono le prospettive di fronte ad una crisi della dimensione di quella che stiamo attraversando.
Concludo dicendo che dobbiamo essere estremamente cauti, sereni e obiettivi nell'attribuire responsabilità o intenzioni su questo terreno. Un certo tipo di linguaggio che le organizzazioni sindacali comprensibilmente per il tipo di reazioni che certamente devono fronteggiare, ma con meno comprensibilità su un altro piano, hanno cominciato a far circolare vedendo dietro provvedimenti di questo genere tentativi o disegni di carattere politico, mi sembra veramente eccessivo e non è sintomo di una maturità e di una capacità di ragionare su queste cose.
Mi duole che anche il collega Simonelli, nel suo intervento, abbia accennato a ipotesi di questo genere. E' fuori di dubbio che c'è un surplus di produzione di macchine, questo è un problema che deve essere assolutamente affrontato.



RIVALTA Luigi

C'è da sperare che la tua sia solo ingenuità.



GANDOLFI Aldo

Fino a un mese fa tutti lodavano la Fiat come una azienda avanzata adesso perché purtroppo c'è la Cassa Integrazione tutti cominciano invece a pensare che abbia dei disegni di carattere politico da far valere. La realtà e che se c'è, come c'è, una caduta di domanda, non si può pensare di immagazzinare una produzione oltre un certo livello. Possiamo deprecare che non si sia trovato un accordo, che si siano rotte le trattative tra imprenditori e sindacati, ma non possiamo arrivare ad aprire una polemica che con questi problemi obiettivamente non ha niente a che vedere e quindi a queste serenità di giudizio la mia parte politica ritiene che sì debba cercare di arrivare facendoci carico dei problemi e delle inadempienze che stanno dalla parte degli organi politici, a tutti i livelli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, colleghi, abbiamo constatato come la Giunta sia stata molto tempestiva nello scorcio dell'estate, nei confronti dei prodromi di questa grave crisi che nel quadro della crisi generale, tocca particolarmente il Piemonte. Essa ha delineato l'azione che la Regione pu condurre nel prendere contatto e nell'assumere responsabilità di fronte agli eventi ed ai loro protagonisti. Ma la constatazione di questa tempestività e la chiarezza dell'impostazione non valgono a consolarci per le conclusioni cui si perviene, quasi per l'imporsi di forze deterministicamente non contrastabili.
La crisi è grave: già l'anno scorso con gli accenni dell'intervento della crisi energetica in un quadro generale di evoluzione e di trasformazione del sistema degli stati industriali e del sistema economico era facile prevedere che l'accelerazione dell'esigenza di riconversione dell'industria automobilistica, già proiettata da tutti verso il 1978/80 avrebbe creato delle situazioni estremamente difficili.
Il nostro Paese ha compiuto sicuramente dei notevolissimi progressi in questi anni, che in momenti più pacati potranno, essere registrati e riconosciuti, ma è certo che oggi, di fronte ai problemi della politica industriale e della corrispondenza e dell'efficienza del sistema amministrativo e dei poteri pubblici per condurre questa azione politica rivela particolare fragilità e debolezza.
Due esigenze, se vogliamo tirare qualche conseguenza in un dibattito improvvisato, credo siano essenziali sotto questo profilo: la prima è quella di tutelare, in un quadro di debolezza generale delle strutture pubbliche, in un quadro di carenza sotto il profilo dell'efficienza delle strutture pubbliche, la vitalità delle aziende e delle imprese come condizione di sopravvivenza, di vitalità della nostra economia, come garanzia di occupazione e di lavoro e alla fine anche come garanzia indiretta di stabilita delle istituzioni democratiche. Abbiamo detto altre volte che lo stesso mondo del lavoro, quanto più il sistema è efficiente tanto più conquista posizioni di potere, tanto più il sistema produttivo si indebolisce, tanto più obiettivamente rischia di perderle.
Di fronte a questa crisi e a questa esigenza noi esprimiamo almeno il dubbio che siano validi certi metodi adottati, ad esempio sotto l'angoscia di una responsabilità aziendale che noi non possiamo misconoscere.
Nel momento in cui tutti reclamano che il potere politico sia condotto a ricuperare tutta la sua autorità e tutta la sua capacità di decisione noi avvertiamo anche come le iniziative, le decisioni aziendali, di categoria, di corporazione, sono assolutamente carenti e rischiano di aggravare le tensioni che il quadro generale ci presenta. E quindi vediamo come anche nell'ambito della salvaguardia di un sistema libero, anche nell'ambito della preoccupazione della salvaguardia della vitalità delle aziende e delle loro esigenze, deve trovarsi un punto di riferimento, un punto di intervento, di equilibrio che dipenda da una valutazione globale generale, nazionale dei problemi. Non si può lasciare che il tessuto economico si frantumi ulteriormente in tante piccole o grandi realtà ciascuna delle quali cerca la salvezza per la propria strada; la salvezza per la Fiat e per l'economia nazionale, per il mondo del lavoro e per la democrazia del paese, per lo sviluppo democratico del paese si lega in un quadro unico.
Noi non possiamo certo lanciare degli strali che sarebbero a sproposito nei confronti della principale industria piemontese e nazionale, che ha sicuramente, come tutte le realtà umane, delle pecche e degli errori da denunciare, ma che si riconosce anche a livello internazionale essere una delle più valide nel settore automobilistico e una di quelle che si sono presentate, al momento della crisi dell'automobile, con indirizzi produttivi i più efficaci e i più efficienti. La crisi è sul piano generale, è, come si dice, nel modello di sviluppo, è nei tempi e nelle previsioni dei modi di riconversione di questa potenzialità, di questa capacita produttiva per destinarla ad altri settori.



RIVALTA Luigi

Vuoi mettere in crisi la Giunta?



BIANCHI Adriano

Perché?



RIVALTA Luigi

Constatavo una certa discordanza tra le tue dichiarazioni e quelle della Giunta.



BIANCHI Adriano

Io mi preoccupo sempre di più di aderire alle cose che penso che a quelle che pensano gli altri e se non sono frainteso credo che non si possa mettere in crisi la Giunta riconoscendo l'efficienza dell'indirizzo produttivo, la qualità dei prodotti della Fiat. Credo che questo sia un prodotto del lavoro di tutti coloro che sono alla Fiat, compresi innanzi tutto i suoi oltre centomila dipendenti e penso che non sia molto producente che noi stessi facciamo dell' autolesionismo là dove non è necessario. Noi possiamo criticare duramente la Fiat per avere a suo tempo fatto delle scelte di concentrazioni industriali ad esempio a Torino, che hanno creato dei problemi gravissimi che abbiamo affrontati in altra sede così come possiamo criticarla oggi per questa scelta.



RIVALTA Luigi

Questo discorso andrebbe bene se parlassimo della qualità dell'automobile, ma stiamo parlando della crisi che sta attraversando la Fiat e della messa in Cassa Integrazione.



BIANCHI Adriano

Ma parliamo della crisi in generale, non di un fatto contingente o di un errore contingente; e veniamo alla Cassa integrazione.
Così come siamo molto preoccupati di questo estendersi e generalizzarsi del ricorso alla Cassa integrazione perché nessuno ignora, credo anche chi non ha grandi nozioni di economia come non ho io, che in un paese che ha bisogno di aumentare la produttività e di ridurre le spinte inflazionistiche, il pagare lavoro non compiuto, il dare anche un magro salario per un consumo che non ha a fronte una produzione è, in ogni caso una distruzione di ricchezza ed uno spreco che è indispensabile fare a fini sociali, ma che sicuramente non contribuisce a farci uscire dalla crisi economica.
Quindi la riconversione dei programmi industriali, qualcuno parla dei 30.000 autobus, ma sappiamo che sono pannicelli, piccole cose, sono soltanto prove di volontà di modificazione di indirizzo, ma non atte a risolvere problemi di questa dimensione.
Noi constatiamo che nella debolezza del nostro sistema l'Italia rischia di essere progressivamente sempre più desovranizzata, così come lo sono sempre più, a livello mondiale, le entità economiche e politiche che non abbiano una certa dimensione e sentiamo che il correttivo a questa situazione può venire solo da una ripresa vigorosa di un'azione politica che raccolga un ampio consenso, che la smetta di continuare a mascherare ogni interesse corporativo di categoria, di gruppo, o di ceto come un interesse generale, facendo ciascuno l'esame di coscienza, la classe politica, i partiti politici per primi che hanno responsabilità dell'iniziativa, il mondo imprenditoriale per avere limitato la propria visione ai problemi aziendali sovrapponendoli al quadro politico, il mondo sindacale per avere sposato tutte le cause e ciascuna di queste mettendole sotto il frontone dell'interesse generale, avendo tutti insieme contribuito ad indebolire fortemente il quadro dell'efficienza del nostro Paese.
Ma la gravita della crisi non è tale da indurci a pessimismi ed all'abbandono delle responsabilità; questi momenti duri possono essere in tempi non lunghissimi superati, saremo in salita per lunghi anni sicuramente, ma è il trauma, il timore della perdita del lavoro, dell' abbassamento del tenore di vita, della perdita di conquiste sindacali che può essere superato con la ripresa politica che noi ci auspichiamo proprio in questo momento di vuoto che non deriva, io credo, dalla buona o dalla cattiva volontà di questo o di quell'uomo politico, di questo o di quel gruppo politico, ma che credo sia lo sbocco di una situazione di crisi che richiede una modificazione profonda dei modi di governare, del grado di autorità di cui deve disporre chi governa, nel modo di gestire il consenso e di stabilire la graduazione dei valori e delle priorità da affrontare.
La Giunta ha espresso la sua sorpresa ed il suo disappunto, la sua preoccupazione per una decisione aziendale che lascia tutti molto perplessi, noi però non possiamo assumere un fatto grave anche, ma contingente, come metro per il giudizio e per l'indicazione delle soluzioni e degli indirizzi che riguardano tutto il nostro impegno. E' certo che auspicando la rapida formazione di un Governo efficiente, con una coesione diversa da quella che ha caratterizzato i Governi precedenti, con l'indicazione di linee precise, con capacità di realizzazione, si troverà anche il punto di riferimento per affrontare il problema che tocca la nostra Regione in modo più acuto, perché qui si concentrano i motivi di crisi di carattere esterno, internazionale e nazionale proprio in funzione della posizione avanzata dalla nostra Regione.
E quindi, mentre deploriamo la decisione che una azienda ha preso e che assume un obiettivo valore politico e di politica economica, perché suscita una serie di reazioni, e noi anche potremmo dare, per ipotesi, come giustificata dal punto di vista meramente aziendale o dell'impresa. Credo poi che, quando si è ad un certo livello e quando da questo livello, volta a volta, si fanno anche discorsi che sono rivolti al mondo politico e alle responsabilità politiche, non si possono ignorare le conseguenze politiche di carattere generale che derivano dai propri atti.
Questo è il significato della preoccupazione che la Giunta ha espresso ed alla quale il mio Gruppo, con questa valutazione, si adegua. Ma credo che i tempi siano troppo duri e mi sembra che anche il taglio di alcuni discorsi qui fatti (mi riferisco in particolare a quello del Collega Minucci, significativo per la parte che egli rappresenta) ci invitano a non polemizzare troppo retrospettivamente, a guardare retrospettivamente per identificare gli errori e correggerli e a non prendere lo spunto da fatti anche gravi e contingenti per colorare di questi tutta una situazione, che richiede invece la capacità di vedere il quadro complessivo, con l'impegno ad affrontarla in radice, con la pazienza e la decisione insieme che saranno richieste nei prossimi mesi a tutto quanto il Paese.



PRESIDENTE

Hanno così termine gli interventi sulle dichiarazioni del Presidente della Giunta e del Presidente del Consiglio.
Comunico che mi è pervenuto un ordine del giorno: "Il Consiglio Regionale del Piemonte, facendo proprie le posizioni già assunte dalla Giunta Regionale, esprime deplorazione per la decisione della Fiat di procedere in modo unilaterale, interrompendo la trattativa aziendale e rifiutando una mediazione del Governo alla messa in Cassa integrazione di circa 70 000 lavoratori, con un provvedimento destinato ad avere gravi ripercussioni sui livelli di occupazione in Piemonte ed in tutto il Paese ritiene che un problema di tale dimensione, che implica serie conseguenze per migliaia di altre imprese e per l'intera economia nazionale, non può essere ridotto a considerazioni di carattere puramente aziendale o settoriale, ma deve essere esaminato nel quadro degli interessi generali della collettività e di una politica economica rivolta a scongiurare gravi fenomeni di recessione, a salvaguardare l'occupazione, a garantire una ripresa produttiva su nuove linee di sviluppo esprime piena solidarietà ai lavoratori colpiti dal provvedimento e si impegna ad operare al fine di ridurre le conseguenze economiche e sociali delle attuali difficoltà produttive, adottando tutte le iniziative e le misure necessarie al rilancio di una politica creditizia, rigorosamente selezionata, al sostegno delle piccole e medie imprese, ad una politica di contenimento e controllo dei prezzi e dell'inflazione ritiene necessario, ai fini di avviare una politica economica in grado di garantire una ripresa produttiva qualificata, che si giunga rapidamente ad un positivo superamento dell'attuale crisi politica attraverso la formazione di un Governo capace di individuare e realizzare nuovi indirizzi economici, di procedere alle riforme strutturali indispensabili ad un nuovo tipo di sviluppo, di rispondere positivamente alle esigenze e alle attese dei lavoratori e delle grandi masse popolari, in un quadro politico saldamente ancorato ai principi della Costituzione Repubblicana".
F.to Bianchi, Simonelli, Berti. La parola al Consigliere Vera.



VERA Fernando

Chiederei una breve sospensione di 10/15 minuti.



PRESIDENTE

Sarei anch'io d'accordo e pregherei i Capigruppo di riunirsi un momento per decidere la prosecuzione dei lavori e anche perché le organizzazioni sindacali, in rappresentanza del personale, hanno formulato la richiesta di essere ricevute dai Capigruppo e dalla Presidenza del Consiglio.
Convoco pertanto il Presidente della Giunta ed i Capigruppo.



(La seduta, sospesa alle ore 12,05, riprende alle ore 12,50)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Ordine del giorno: "Il Consiglio Regionale del Piemonte facendo proprie le posizioni della Giunta Regionale, esprime preoccupazione e deplorazione per la decisione della Fiat di procedere interrompendo la trattativa aziendale e rifiutando una mediazione del Governo, alla messa in Cassa integrazione di circa 70.000 lavoratori, con un provvedimento destinato ad avere gravi ripercussioni sui livelli di occupazione in Piemonte e in tutto il Paese ritiene che un problema di tale dimensione, che implica serie conseguenze per migliaia di altre imprese e per l'intera economia nazionale, deve tener conto non solo di considerazioni di carattere aziendale o settoriale, ma deve essere esaminato nel quadro degli interessi generali della collettività e di una politica economica rivolta a scongiurare gravi fenomeni di recessione, a salvaguardare l'occupazione, a garantire una ripresa produttiva su nuove linee di sviluppo esprime piena solidarietà al lavoratori colpiti dal provvedimento e si Impegna ad operare al fine di ridurre le conseguenze economiche e sociali delle attuali difficoltà produttive, adottando tutte le iniziative e le misure necessarie al rilancio di una politica creditizia, rigorosamente selezionata, al sostegno delle piccole e medie imprese, ad una politica di contenimento e controllo dei prezzi e dell'inflazione ritiene necessario, ai fini di avviare una politica economica in grado di garantire una ripresa produttiva qualificata, che si giunga rapidamente ad un positivo superamento della attuale crisi politica attraverso la formazione di un Governo capace di individuare e realizzare nuovi indirizzi economici, di procedere alle riforme strutturali indispensabili per rispondere positivamente alle esigenze ed alle attese di lavoratori e delle grandi masse popolari, in un quadro politico saldamente ancorato ai principi della Costituzione repubblicana".
F.to Bianchi, Vera, Nesi, Simonelli, Gandolfi, Gerini, Berti Pongo in votazione l'ordine del giorno di cui ho dato lettura, per alzata di mano.
L'ordine del giorno è approvato.
Comunico ai Capigruppo che le organizzazioni sindacali hanno chiesto di essere ricevute dal Presidente del Consiglio, dai Capigruppo e dal rappresentante della Giunta alle ore 15.
La seduta del Consiglio riprende nel pomeriggio alle ore 15,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,55)



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