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Dettaglio seduta n.98 del 17/02/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I Consiglieri hanno ricevuto l'ordine del giorno che è molto nutrito.
La speranza è di poterlo esaurire.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Vi sono osservazioni sui verbali delle precedenti sedute? Non ve ne sono. I verbali sono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Comunico il congedo della Signora Castagnone Vaccarino, assente per motivi di salute. Formulo, a nome di tutta l'assemblea, i nostri migliori auguri perché possa ristabilirsi al più presto e ritornare qui a svolgere le sue funzioni. Sono inoltre in congedo i Consiglieri Fonio e Furnari.


Argomento:

b) Presentazione disegni di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati dalla Giunta regionale i seguenti disegni di legge: n. 177: "Organizzazione e funzionamento dell'Istituto Zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta" n. 178: "Indirizzi per l'uso e la disciplina della viabilità nei Comuni in rapporto ai servizi pubblici di trasporto" n. 179: "Modificazioni agli stanziamenti del bilancio di previsione per l'anno 1976 per l'assistenza ospedaliera" n. 180: "Interventi regionali per il finanziamento dei lavori più urgenti necessari a ripristinare opere pubbliche danneggiate dalle alluvioni del settembre, ottobre e novembre 1976".


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto alla legge regionale 23.12.1976. "Integrazione del cap. 826 di spesa del bilancio per l'anno finanziario 1976 per la concessione di contributi nella formazione del patrimonio sociale delle cooperative artigiane di garanzia".


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione urgente del Consigliere Cerchio sulla situazione occupazionale alle "Fonderie Limone" di Moncalieri


PRESIDENTE

A questo punto vi è la richiesta di svolgere un'interrogazione urgente del Consigliere Cerchio relativa alle Fonderie Limone di Moncalieri. La parola all'Assessore Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessori ai problemi del lavoro

La situazione delle Fonderie Limone di Moncalieri è andata purtroppo precipitando negli ultimi giorni. Sabato 12 febbraio i proprietari hanno deciso la messa in liquidazione. La situazione debitoria è pesante. Pare che per i soli Enti previdenziali il debito superi i 200 milioni.
Abbiamo avuto in queste ultime settimane ripetuti incontri a vari livelli: padronali, sindacati, Unione Industriale, proponendoci da un lato la difesa del complesso produttivo, o di una parte almeno di esso, e dall'altro l'opportunità di operazioni di mobilità verso altre aziende per assicurare comunque il lavoro. Il 10 febbraio abbiamo avuto un incontro con il consiglio di fabbrica e con gli amministratori dei Comuni di Moncalieri e di Nichelino, durante il quale abbiamo ottenuto l'assenso a perseguire su questo duplice binario. Il giorno successivo abbiamo avuto un incontro con l'Amma e vi ha partecipato anche il Consigliere interrogante. Devo dare atto che il Consigliere Cerchio ha seguito le vicende delle Fonderie con continuità e lo ringrazio a nome della Giunta; dico questo non per un atto formale, ma per sottolineare che in queste vicende è di grande conforto la presenza di altri Consiglieri, specie se operano nella zona. Il Consigliere Cerchio conosce le tappe dei vari colloqui per cui credo di essere dispensato dal farne qui il dettaglio e la cronistoria. Credo, invece, sia utile rubare alcuni minuti all'assemblea per una valutazione che tutto il Consiglio deve fare sulla situazione attuale.
Le Fonderie Limone avevano in forza al 31 gennaio, data di scadenza dell'integrazione, n. 165 dipendenti; sono scesi a 155 l'altro giorno credo che siano scesi ancora di qualche unità ieri. Per valutare la crisi e la portata del dissesto di questi anni, si consideri che nel 1973 le Fonderie avevano in forza circa 400 lavoratori. Nel corso di tre soli anni hanno perso oltre il 50% delle maestranze.
Le Fonderie Limone, che effettuano fusioni di alta qualità, negli ultimi anni hanno avuto perdite di ordinazioni e di commesse dalla Cimat che è entrata in crisi, dalla Olivetti e dalla Fiat. Devo dire (con la prudenza e la riservatezza opportuna in questi casi) che s'intravedono alcune possibilità di mobilità e di trasferimenti di manodopera verso altre aziende. Naturalmente, a fronte di una prima proposta che è stata bocciata dall'Unione Industriale, abbiamo fatto presente che la mobilità interaziendale non può comportare pesanti pendolarità giornaliere. Parte dei lavoratori risiede a Moncalieri, ma buona parte risiede a Torino Nichelino, La Loggia, Poirino, Chieri, Saluzzo, ecc. quindi una ragionevole pendolarità deve trovarsi nelle aziende collocate nell'area.
Non abbiamo avuto risposte chiare a questo proposito da parte dell'Unione Industriale, ma non abbiamo avuto nemmeno una chiusura.
L'Unione Industriale non accoglie una contrattazione globale per la mobilità, non sussistendo, a suo giudizio, le condizioni generali nel Paese: se non fossi in sede di interrogazione avrei parecchie cose da obiettare in merito a questa posizione. L'Amma, però, è disposta ad esaminare con le singole aziende associate la possibilità di assunzioni a gruppi. Entro questa mattina forniremo un primo elenco di aziende che secondo le valutazioni emerse nell'assemblea di lunedì ed in quella successiva con i consigli di fabbrica della zona, hanno alcune condizioni per assumere vari scaglioni. Non vorremmo però che ci fossero delle pesanti condizioni discriminanti per sesso, età e condizioni di salute. I Consiglieri sono al corrente della particolare incidenza della silicosi in quest'azienda, per cui non vorremmo, nel fare queste operazioni, che ci dettassero pesanti condizioni discriminanti o d'inferiorità nei salari e nelle qualifiche.
Ma su questo piano ci stiamo ancora adoperando, augurandoci che una posizione responsabile sia assunta dalla controparte. Non puntiamo ad una contrattazione globale con l'Unione Industriale perché questo ci è stato rifiutato, ma puntiamo ad una composizione contemporanea che potrà anche essere scaglionata nel tempo, in modo da non lasciare fuori nessuno.
Contemporaneamente stiamo perseguendo la ricerca di un acquirente che subentri, almeno in parte, con un progetto di ristrutturazione.
E' in corso in questo momento una riunione presso l'Assessorato con i rappresentanti dei Comuni di Moncalieri e di Nichelino e con un gruppo imprenditoriale per studiare anche questo aspetto. La ristrutturazione potrebbe consentire il ricupero di una parte delle maestranze che non trova collocazione con la mobilità, la difesa in prospettiva almeno del complesso e, fatto non trascurabile, un possibile ricorso agli istituti di previdenza e di indennità.
Per ora siamo a livello di ipotesi e di contatti. I Consiglieri mi permettano, in questa fase, di non fare nomi, data la delicatezza delle trattative in corso.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Ringrazio l'Assessore per la risposta. L'interrogazione è del mese scorso; in effetti, nel frattempo, ha già avuto un suo avvio di soluzione perché all'indomani della presentazione dell'interrogazione l'Assessorato si è reso disponibile ad incontri con i proprietari della Fonderia per verificare l'esistenza di una volontà a continuare l'attività. Abbiamo purtroppo verificato con i sindacati e con le delegazioni dei dipendenti come una delle difficoltà in cui si trova la Fonderia Limone è palese manifestazione di non volontà dalla parte padronale di trovare soluzioni in ordine ai livelli occupazionali. La struttura del la Fonderia, per la sua produzione specializzata, presenta, nonostante la crisi del settore, una potenzialità a continuare in termini produttivi, purché ci siano evidentemente delle commesse.
In questi ultimi anni oltre il 50 % delle commesse pervenivano da due o tre aziende legate al gruppo Egam. Nel giro di poche settimane si è determinata una caduta di commesse che ha creato dei grossi problemi. Qui vi è certamente la responsabilità padronale che non ha saputo fare la propria parte. I sindacati ed i lavoratori (gli stessi lavoratori facevano la parte padronale andando a ricercare commesse o nuovi eventuali acquirenti dell'azienda), al di là dei rapporti istituzionali, hanno cercato di realizzare un discorso unitario. Abbiamo verificato come anche gli Enti locali, la Regione per ciò che è di sua competenza, i Comuni di Moncalieri e di Nichelino sebbene non siano operatori economici, si sono fatti carico di questo discorso.
Il prossimo traguardo purtroppo è quello del 19 febbraio quando la proprietà, dopo aver messo in liquidazione l'azienda, invierà le lettere di licenziamento.
Il discorso è aperto per verificare un possibile intervento ad evitare la realizzazione della mobilità che è l'ultimo stadio verso cui andremmo incontro. E' ovvio che se dovessimo andare su questa strada i suggerimenti dell'Assessore ci troveranno pienamente consenzienti, ma vorremmo che non venisse assorbita nelle aziende solo manodopera specializzata, il che rappresenterebbe una punizione nei confronti della manodopera femminile o non più giovane.
Mi auguro che le iniziative per la difesa del complesso, possano trovare rapida soluzione. Su questo c'è, mi pare, la convergenza di opinione delle forze politiche e dell'Assessorato. Grazie.



PRESIDENTE

L'interrogazione è svolta.


Argomento: Calamità naturali

Relazione sull'attività del Comitato regionale di coordinamento dei soccorsi ai terremotati del Friuli


PRESIDENTE

Molti Consiglieri sono impegnati in una riunione della I Commissione.
In attesa del loro rientro per riprendere il dibattito sul Piano di sviluppo al punto terzo dell'ordine del giorno, proseguiamo con l'esame degli altri punti e specificatamente con la "Relazione sull'attività del Comitato regionale di coordinamento dei soccorsi ai terremotati del Friuli". E' un adempimento che ci è imposto dalla delibera istitutiva del Comitato stesso. I Consiglieri hanno ricevuto da tempo tutto il materiale relativo, abbondantemente esauriente, e pertanto non desidero fare ora ulteriori comunicazioni e aggiornamenti. Posso soltanto dire che domenica mi recherò in Friuli per prendere gli accordi con il Commissario di Governo circa il rientro delle roulottes in Piemonte. L'operazione sarà altrettanto complicata come quella dell'Invio, ma avremo modo in una prossima seduta del Consiglio regionale di fare il punto anche sulla seconda operazione.
Vi sono richieste di parola od osservazioni alla relazione presentata e che verrà allegata al verbale della seduta? Non ne vedo. Possiamo quindi considerare approvata la relazione con i relativi allegati.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti idrici

Esame disegno di legge n. 126: "Modificazioni ed integrazioni alle leggi regionali 8 novembre 1974, n. 32, e 29 aprile 1975, n. 23" (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto dell'ordine del giorno: "Esame disegno di legge n. 126: 'Modificazioni ed integrazioni alle leggi regionali 8 novembre 1974, n. 32, e 29 aprile 1975, n. 23". Relatore è il Consigliere Calsolaro, però mi pare che manchi il necessario parere della I Commissione.
La parola al Vice Presidente della Giunta Bajardi.



BAJARDI Sante, Vice Presidente della Giunta regionale

Iscritte all'ordine del giorno vi sono alcune leggi che utilizzano il residuo del 1975.
La Giunta intende proporre al Consiglio la presentazione in I Commissione di un quadro d'assieme dell'uso delle risorse, che ammontano a 18 miliardi e 300 milioni, in modo da snellire la parte formale e fornire al Consiglio un quadro tale da poter valutare in modo comparato il ruolo delle singole leggi.
Se il Presidente della I Commissione è d'accordo, proporrei per lunedì prossimo un incontro per poter effettuare questo esame. Ciò non interferirà assolutamente nelle decisioni di merito già assunte o che potranno essere assunte dalle rispettive Commissioni sul merito delle singole leggi.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Presidente della I Commissione, avvocato Rossotto.
Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

In occasione della riunione di stamane della I Commissione, alla presenza degli Assessori Simonelli e Ferraris, si è posto il problema.
Comunico che la I Commissione è disposta ad incontrarsi lunedì pomeriggio per esaminare tale proposta.



PRESIDENTE

Vi sono obiezioni a questa procedura? Non ne vedo. Passiamo quindi al punto successivo all'ordine del giorno.


Argomento: Assistenza farmaceutica (organizzazione, servizi ecc.

Esame disegni di legge n. 169-170-171: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa per il primo semestre 1977 agli esercenti attività commerciali, agli artigiani ed ai coltivatori diretti"


PRESIDENTE

Il punto sesto all'ordine del giorno reca: "Esame disegni di legge n.
169-170-171: 'Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa per il primo semestre 1977 agli esercenti attività commerciali agli artigiani ed ai coltivatori diretti' ".
I tre disegni di legge non rientrano nella categoria della legge precedente. Relatore è la signora Fabbris a cui do la parola.



FABBRIS Pierina, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la V Commissione, nella sua ultima seduta, ha approvato all'unanimità il testo dei disegni di legge n.
169-170-171, concernenti il contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa rispettivamente ai coltivatori diretti, agli artigiani e agli esercenti attività commerciali, per il primo semestre 1977. Si tratta di provvedimenti di rifinanziamento delle analoghe leggi sollecitato anche dalle organizzazioni sindacali di categoria nel corso delle recenti consultazioni sul disegno di legge n. 104 e sulla proposta di legge n. 154 per l'organizzazione dei servizi sanitari e sociali.
Il provvedimento in esame prevede il finanziamento per i primi sei mesi dell'anno, essendo l'assistenza farmaceutica e mutualistica una materia che dovrà essere trasferita alla Regione il 1° luglio prossimo.
Alla III Commissione era stato presentato dal Gruppo della Democrazia Cristiana la proposta di legge n. 166, proponente contributi per l'assistenza farmaceutica in favore dei coltivatori diretti. Trattandosi di analogo provvedimento, tale progetto di legge è confluito, in seguito ad accordi raggiunti in Commissione con il Consigliere Menozzi, nel disegno di legge 171 presentato dalla Giunta. Pertanto, la proposta di legge n. 166 è da ritenersi ritirata.
La Commissione ha approvato all'unanimità i tre disegni di legge e pertanto ne raccomando l'approvazione al Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Nessuno chiede di parlare? Passiamo alla votazione dell'articolo unico del disegno di legge n. 169: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa agli esercenti attività commerciali per il primo semestre dell'anno 1977".
Articolo unico "Ai fini dell'attuazione della legge 20 gennaio 1975 n. 4, "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa agli esercenti attività commerciali" è autorizzata per il 1° semestre 1977 la spesa di L.
225 milioni.
All'onere di cui sopra, per l'anno finanziario 1977, si provvede mediante una riduzione di pari ammontare dello stanziamento di cui al capitolo 10180 del corrispondente stato di previsione della spesa e mediante l'iscrizione, nello stato di previsione medesimo, del capitolo 4800 con la denominazione "Assistenza farmaceutica ed integrativa agli esercenti attività commerciali" e lo stanziamento di L. 225 milioni.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri Il disegno di legge n. 169 è approvato all'unanimità.
Passiamo alla votazione dell'articolo unico del disegno di legge n. 170: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa agli artigiani per il primo semestre dell'anno 1977." Articolo unico "'Ai fini dell'attuazione della legge 20 gennaio 1975 n. 3, 'Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa agli artigiani' è autorizzata per il 1° semestre dell'anno 1977 la spesa di L. 275 milioni.
All'onere di cui sopra, per l'anno finanziario 1977, si provvede mediante una riduzione di pari ammontare dello stanziamento di cui al capitolo 10180 del corrispondente stato di previsione della spesa e mediante l'iscrizione nello stato di previsione medesimo, del capitolo n. 4790 con la denominazione 'Assistenza farmaceutica ed integrativa agli artigiani' e lo stanziamento di L. 275 milioni.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri Il disegno di legge n. 170 è approvato all'unanimità.
Rimane ancora da approvare l'articolo unico del disegno di legge n. 171: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa ai coltivatori diretti per il primo semestre dell'anno 1977." Articolo unico "Ai fini dell'attuazione della legge 20 gennaio 1975 n. 2, 'Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa ai coltivatori diretti' è autorizzata per il primo semestre dell'anno 1977 la spesa di L.
550 milioni.
All'onere di cui sopra, per l'anno finanziario 1977, si provvede mediante una riduzione di pari ammontare dello stanziamento di cui al capitolo 10180 del corrispondente stato di previsione della spesa e mediante l'iscrizione nello stato di previsione medesimo, del capitolo n. 4780 con la denominazione 'Assistenza farmaceutica ed integrativa ai coltivatori diretti' e lo stanziamento di L. 550 milioni.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri Il disegno di legge n. 171 è approvato all'unanimità.


Argomento: Tossicodipendenza

Esame disegno di legge n. 118: "Norme urgenti di attuazione della prevenzione e dell'intervento verso le tossico-dipendenze e l'alcoolismo" (rinvio)


PRESIDENTE

Sul punto settimo all'ordine del giorno mi pare ci siano alcune difficoltà. La parola al Presidente della V Commissione, Ferrero.



FERRERO Giovanni

In pieno accordo con i componenti della V Commissione, si ritiene opportuno rinviare la discussione in Consiglio regionale della legge che riguarda la materia della droga al fine di permettere una revisione formale del testo, perché il lavoro della Commissione ha causato alcuni scompensi letterari che possono essere risolti facilmente.
Questo rinvio peraltro potrebbe permettere di approfondire e discutere eventuali questioni di merito che ancora rimangono.
Grazie.



PRESIDENTE

Vi sono richieste di parola in merito? Non ve ne sono. Ci comportiamo di conseguenza, rinviando ad una prossima seduta il disegno di legge n. 118.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Esame deliberazione Giunta regionale relativa a: "Proposta di integrazione del regolamento organico provvisorio dell'Esap"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del punto ottavo all'ordine del giorno: Esame deliberazione Giunta regionale relativa a: "Proposta di integrazione del regolamento organico provvisorio dell'Esap". La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

E' una deliberazione che, come potete constatare, non ha grande importanza. Significa un primo passo verso la sistemazione interna dell'Esap. Si tratta di un fatto del tutto marginale che viene sottoposto all'attenzione del Consiglio.



MARTINI Mario

Non conosciamo l'argomento. Ritengo che sarebbe bene illustrano.



CHIABRANDO Mauro

E' stato approvato all'unanimità dalla Commissione.



PRESIDENTE

Vi leggo il testo della deliberazione: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 24.4.1974 che istituisce l'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte visto l'art. 12 della legge istitutiva riguardante il regolamento organico vista la legge regionale 26.5.1975 n. 35 che ha fissato la dotazione organica del personale dell'Ente vista la deliberazione del Comitato esecutivo dell'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte n. 13/76 -CE - 1 del 30.6.1976, avente per oggetto: 'Proposta di integrazione del regolamento organico provvisorio dell'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte' vista la propria deliberazione n. 77-3546 del 6.5.1976 vistata dal Commissario di Governo prot. n. 10235 del 12.6.1976 il Consiglio regionale delibera di approvare le integrazioni al regolamento organico provvisorio dell'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte previste nell'allegata delibera del Comitato Esecutivo E.S.A.P. -CE- 1 del 30.6.1976".
Passiamo alla votazione della deliberazione, per alzata di mano.
La deliberazione è approvata con 40 voti favorevoli e due astenuti.


Argomento: Opere idrauliche ed acquedotti

Esame deliberazione Giunta regionale relativa a: "Lavori urgenti di difesa idraulica nel bacino del Po. Iniziativa delle regioni padane nei confronti del Governo" (rinvio)


PRESIDENTE

Il punto nono all'ordine del giorno reca: "Esame deliberazione relativa a 'Lavori urgenti di difesa idraulica nel bacino del Po. Iniziativa delle regioni padane nei confronti del Governo' ".
Chiede la parola il Consigliere Besate. Ne ha facoltà.



BESATE Piero

Mi pare che anche questa deliberazione possa essere sottoposta all'approvazione del Consiglio regionale, in quanto la II Commissione l'ha esaminata e, dopo averla rinviata per una revisione ulteriore all'Assessore, l'ha approvata.
E' un'iniziativa che si inquadra nel processo promozionale delle quattro regioni padane per la sistemazione idraulica del bacino del Po. Si tratta di un elenco di opere che la Regione ha compilato sulla scorta delle proprie verifiche e delle indicazioni degli uffici del Genio Civile e delle Province.



PRESIDENTE

Le argomentazioni sono probanti, ma vi sono delle obiezioni.
L'argomento sarà riportato prossimamente in aula quando sarà possibile svolgere una discussione in presenza dell'Assessore competente.


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo alle nomine iscritte al punto decimo dell'ordine del giorno.
Chiede di parlare il Consigliere Marchini.
Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Durante la riunione dei Capigruppo è stata fatta una comunicazione secondo cui quanto prima si procederà alle nomine relative alla Finanziaria piemontese.
A nostro parere tutto il discorso si riapre perché la maggioranza ha indicato dei rapporti diversi da quelli che vengono normalmente utilizzati per motivi validissimi che non intendo discutere.
Non ci sono problemi sulle sostituzioni oggi all'ordine del giorno, ma quando entreremo nell'argomento delle nomine che fanno parte del pacchetto sarà opportuno sospendere per un esame globale.



PRESIDENTE

Oggi si votano le nomine per le quali è stato raggiunto un accordo.
Sono sostituzioni di coloro che hanno dato le dimissioni.
Essendoci richieste di rinvio per le nomine di cui ai punti 10/A, 10/B 10/C, passiamo al punto 10/D: "Sostituzione del signor Giuseppe Sburlati dimissionario della Commissione Tecnica regionale per lo smaltimento dei rifiuti solidi".
l nome proposto è quello dell'ing. Giancarlo Michellone. Si distribuiscano le schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 38 ha ottenuto voti: MICHELLONE Giancarlo 36 Schede bianche 2 Il signor Giancarlo Michellone è eletto membro della Commissione Tecnica regionale per lo smaltimento dei rifiuti solidi.
Il punto 10/E reca: "Sostituzione del signor Paolo Bairati nel Consiglio di Amministrazione dell'Opera Universitaria del Politecnico". Il nome proposto è quello del prof. Augusto Comba.
Si distribuiscano le schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 ha ottenuto voti: COMBA Augusto 32 schede bianche 4 Il prof. Augusto Comba è eletto rappresentante della Regione nel Consiglio di Amministrazione dell'Opera Universitaria del Politecnico.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

Passiamo al punto 10/F: "Nomina rappresentante regionale nella Commissione di studio per la revisione dello Statuto del Sacro Monte (Città di Varano Sesia)". Il nome proposto è quello del prof. Rosei.
Chiede di parlare il Capogruppo della D.C. avvocato Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Avevamo designato il prof. Bossi che è un illustre studioso specificamente in questo argomento. Risulta però far parte della stessa Commissione per altro titolo. Siamo lieti che la competenza possa essere data al prof. Rosci.



PRESIDENTE

Si proceda alla distribuzione delle schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 32 hanno ottenuto voti: ROSCI Marco 26 CALSOLARO Corrado 1 Schede bianche 5 Il prof. Rosci è eletto rappresentante della Regione nella Commissione di studio per la revisione dello Statuto del Sacro Monte di Varallo Sesia.
Il punto 10/G reca: "Nomina Presidente Cooperativa artigiana di garanzia di Torino e provincia Unione s.r.l.". Il nome proposto è quello del signor Ulisse Signorelli. Si distribuiscano le schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 34 ha riportato voti: SIGNORELLI Ulisse 28 Schede bianche 6 Il signor Ulisse Signorelli è eletto Presidente della Cooperativa artigiana di garanzia di Torino e provincia Unione s.r.l.
Sempre lo stesso punto 10/G reca: "Nomina due rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione Cooperativa artigiana di garanzia di Torino e provincia Unione s.r.l.".
I nomi proposti sono quelli dei signori Alfredo Petruzzelli e Raffaele Bocco. Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno riportato voti: PETRUZZELLI Alfredo 31 BOCCO Raffaele 31 Schede bianche 7 I signori Alfredo Petruzzelli e Raffaele Bocco sono pertanto eletti membri del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa artigiana di garanzia di Torino e provincia Unione s.r.l.
Passiamo alla "Nomina del Presidente della Cooperativa artigiana di garanzia della provincia di Torino". Il nome proposto è quello di Valerio Gavinelli. Si distribuiscano le schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 ha riportato voti: GAVINELLI Valerio 34 Schede bianche 2 Il signor Valerio Gavinelli è eletto Presidente della Cooperativa artigiana di garanzia della provincia di Torino.
Sempre al punto 10/G troviamo la "Nomina due rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione della Cooperativa artigiana di garanzia della provincia di Torino". I nomi proposti sono quelli dei signori Alberto Filosi e Dante Notaristefano. Si distribuiscano le schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno riportato voti: FILOSI Alberto 36 NOTARISTEFANO Dante 37 Schede bianche 2 I signori Filosi e Notaristefano sono pertanto eletti rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione della Cooperativa artigiana di garanzia della provincia di Torino.
Passiamo alla "Nomina del Presidente della Cooperativa artigiana di garanzia della C.A.S.A. di Torino". Il nominativo proposto è quello del signor Giulio Tonolli. Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 ha riportato voti: TONOLLI Giulio 35 Schede bianche 4 Il signor Giulio Tonolli è pertanto eletto Presidente della Cooperativa artigiana di garanzia della C.A.S.A. di Torino.
Al punto 10/G rimane ancora la "Nomina due rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione Cooperativa artigiana di garanzia della C.A.S.A. di Torino". I nominativi proposti sono quelli dei signori Carmelo Ribaldis e Luigi Mazzù. Si distribuiscano le schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 36 hanno riportato voti: RIBALDIS Carmelo 28 Mallu' Luigi 28 Schede bianche 8 I signori Ribaldis e Mazzù sono eletti rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione Cooperativa artigiana di garanzia della C.A.S.A. di Torino.
Chiede di parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Chiedo che vengano sospese le votazioni relative al punto 10/H "Ricostituzione Consiglio Superiore Pubblica Amministrazione".



PRESIDENTE

Passiamo allora alla votazione di cui al punto 10/I: "Nomina Comitato misto paritetico Regione-Autorità Militari sulla nuova regolamentazione delle servitù militari (legge 24.12.1976, n. 898, art. 3): 6 membri effettivi e 6 supplenti".
Chiede la parola il Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Desidero ricordare che, per quanto riguarda questa nomina, siamo già in ritardo. Il Comitato è scaduto il 12 ultimo scorso e pertanto può esserci il potere sostitutivo di nomina.
E' vero che nel nostro Paese non si è quasi mai realizzato il potere sostitutivo da parte del potere centrale verso la periferia, ma non vorrei che sii esercitasse proprio in questo caso che ci interessa moltissimo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

In merito alla nomina di tale Comitato misto, scaduto il 12 febbraio vorrei far presente che i Capigruppo non erano lontani da un accordo, in quanto già avevano definito tre nomi di maggioranza e tre nomi di minoranza.
Proporrei quindi che, entro oggi pomeriggio, si trovi l'accordo definitivo per poter passare alla votazione. Per quanto riguarda il punto 10/H, sulla ricostituzione del Consiglio Superiore della Pubblica Amministrazione, per noi sta bene che venga designato il prof. Pizzetti oltre al prof. Bassanini.



PRESIDENTE

Proporrei anch'io non di rinviare, ma di sospendere soltanto la votazione sul punto 10/I. Per il punto 10/H il Consigliere Bianchi mantiene la sua riserva? Bene, allora possiamo procedere.
I nomi proposti sono quelli del prof. Franco Bassanini, membro effettivo e del prof. Franco Pizzetti, membro supplente. Si distribuiscano le schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno riportato voti: membro effettivo: BASSANINI Franco 34 BATTAGLIN 4 CALSOLARO 1 PIZZETTI 1 membro supplente: PIZZETTI Franco 38 BASSANINI 1 Schede bianche 2 I professori Bassanini e Pizzetti sono pertanto eletti rispettivamente membro effettivo e supplente nel Consiglio Superiore della Pubblica Amministrazione quali esperti in problemi di organizzazione, funzionamento e perfezionamento dei servizi degli Enti pubblici.
Secondo gli accordi il punto 10/I è sospeso per essere esaminato nel corso della giornata.
Le nomine sono quindi esaurite.


Argomento: Commercio al dettaglio

Esame deliberazione Giunta regionale relativa a: "Disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio. Applicazione delle sanzioni di cui all'art. 10 della legge 28.7.1971, n. 558. Provvedimenti"


PRESIDENTE

Il punto undicesimo all'ordine del giorno reca: "Esame deliberazione Giunta regionale relativa a: 'Disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio. Applicazione delle sanzioni di cui all'art. 10 della legge 28.7.1971, n. 558. Provvedimenti' ".
La parola all'Assessore Marchesotti.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore al commercio

Si tratta di una proposta di deliberazione della Giunta per l'irrogazione delle sanzioni amministrative relative all'orario dei negozi al dettaglio. La questione è stata discussa in Commissione e vi è accordo.
A titolo informativo, comunico che sono state apportate alcune correzioni alla deliberazione. Non si tratta che del mutamento di alcune posizioni di merito nell'adozione di uno strumento diverso da quello che avevamo discusso circa un anno fa, per arrivare alla conclusione della questione già nota al Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Vorrei che l'Assessore mi dicesse se la Giunta ha già avviato il processo per sbloccare quanto è previsto al punto 4) dove si dice che: ".
le entrate provenienti dal pagamento delle somme a seguito delle infrazioni in questione affluiranno su apposito fondo da istituire nei bilanci comunali e resteranno congelate in attesa di apposita normativa".
Non voglio entrare nel merito, perché l'argomento è stato sicuramente discusso in Commissione, ma, a titolo informativo, desidererei sapere se la Giunta ha avviato lo studio per adottare tale provvedimento.
Nel momento in cui si fa fare da carabinieri ai sindaci, bisogna anche dare delle assicurazioni che questo non sarà un freezer, ma un normale congelamento.



PRESIDENTE

Chiede nuovamente la parola l'Assessore Marchesotti, ne ha facoltà.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore al commercio

La Giunta non ha ancora avviato uno studio, e non poteva farlo, poich occorre l'approvazione da parte del Consiglio regionale. Tale normativa potrà essere avviata in termini concreti nel caso in cui, con la legge 382 questa materia venga trasferita alle Regioni, anziché delegata.
Se ciò non avvenisse dovrà essere corretto dal Parlamento l'art. 10 della legge 558.



MARTINI Mario

E' un bel congelamento!



PRESIDENTE

Non vi sono altre comunicazioni. Vi leggo il testo della deliberazione: "1) I Sindaci dei Comuni della Regione Piemonte e gli organi di polizia preposti sono incaricati di far osservare le disposizioni emanate dalla Regione in materia di orari di apertura e di chiusura dei negozi e delle attività esercenti la vendita al dettaglio in applicazione della legge 28 luglio 1971, n. 558 2) per le procedure relative all'accertamento delle infrazioni, alla contestazione delle medesime, alla notificazione dei relativi accertamenti ed all'emissione degli atti sanzionatori, si osservano le norme contenute nella legge 3 maggio 1967, n. 317, in quanto compatibili ed applicabili 3) le sanzioni amministrative saranno irrogate dal Sindaco ai sensi dell'art. 10 della legge 28 luglio 1971, n. 558 4) le entrate provenienti dal pagamento delle somme a seguito delle infrazioni in questione, affluiranno su apposito fondo da istituire nei bilanci comunali e resteranno congelate in attesa di apposita normativa.
I processi verbali pendenti, relativi alle violazioni commesse, sono trasmessi ai Sindaci dei Comuni della Regione Piemonte per il seguito di competenza.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
La deliberazione è posta in votazione per alzata di mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.


Argomento: Commercio

Esame deliberazione Giunta regionale relativa a "Legge statale 10/10/1975 n. 517, concernente il credito agevolato al commercio. Approvazione dei criteri di priorità per l'attuazione"


PRESIDENTE

Il punto dodicesimo all'ordine del giorno reca: "Esame deliberazione Giunta regionale relativa a 'Legge statale 10/10/1975 n. 517, concernente il credito agevolato al commercio. Approvazione dei criteri di priorità per l'attuazione' ".
La parola all'Assessore Marchesotti.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore al commercio

L'argomento è stato esaminato in più convegni dalle Regioni, perciò i criteri sottoposti all'esame del Consiglio sono stati concordati da tutte le Regioni. Una parte di essi sono proposte da fare al Ministero per la gestione della legge, l'altra parte sono criteri che le Regioni adotteranno per dare il loro parere alle richieste degli operatori commerciali.
Si tratta dell'applicazione della legge nazionale 517, concernente il credito agevolato agli operatori del commercio, legge nella quale è detto che occorre il parere di merito da parte della Giunta regionale.
L'argomento è stato discusso anche in Commissione e si è raggiunto un accordo anche su alcune correzioni, ritenute giuste da parte dei Commissari.
Inoltre, c'è l'impegno della Giunta di andare a discutere i pareri di merito anche in Commissione. Fino ad oggi sono state presentate circa sessanta richieste. Non tutte potranno essere soddisfatte, perché superano l'importo a disposizione del Piemonte.
E' doverosa quindi una discussione di carattere generale da parte di tutte le forze politiche ed economiche per un parere sulle richieste e sui criteri di priorità.



PRESIDENTE

Non vi sono altre richieste di parola. Vi leggo il testo della deliberazione: "Il Consiglio regionale, vista la legge 10/10/1975, n. 517 vista la relazione della Giunta regionale in data 19 gennaio 1977, delibera 1) di approvare i criteri di priorità così come risultano nell'allegato A che si richiama a far parte integrante e sostanziale del presente atto 2) di proporre al Comitato di gestione del fondo gli orientamenti così come risulta nell'allegato B del presente atto.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Passiamo alla votazione della deliberazione per alzata di mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Dibattito sul Piano regionale di sviluppo 1976/1980 (seguito)


PRESIDENTE

Prosegue il dibattito sul Piano regionale di sviluppo. La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione e bilancio

Signori Consiglieri, replicando a nome della Giunta, credo di dover innanzitutto dare atto ai colleghi intervenuti nella discussione sul Piano regionale di sviluppo del notevole interesse dei contributi forniti sui diversi problemi della programmazione regionale; per l'elevatezza del dibattito e la dovizia di argomentazioni portate, è stato un momento estremamente interessante, che va anche al di là dell'esperienza della nostra Regione.
Il dibattito si è arricchito di una serie di notazioni che non si sono limitate ad affrontare i temi della programmazione regionale, ma hanno coinvolto una serie di altre questioni ad essa connesse sul terreno della metodologia e delle scelte complessive di politica economica. Credo sia doveroso non solo difendere la scelta di Piano che la Giunta ha fatto, ma ribadire le ragioni per cui riteniamo di aver fatto bene a presentare una proposta di Piano di sviluppo.
Con l'avvento delle Regioni si è verificato, intorno alla problematica della programmazione regionale, un fatto nuovo che deve essere rimarcato.
Da 20 anni, la dottrina e le forze politiche si confrontavano sui temi della programmazione regionale, cioè della politica di Piano a scala territoriale regionale, ma solo con l'avvento delle Regioni incomincia il discorso concreto della programmazione regionale. Questa novità non è stata ancora colta in tutte le sue implicazioni e in tutte le sue potenzialità tant'è vero che il Piemonte è l'unica Regione ad avere elaborato una proposta di Piano regionale.
Tutte le Regioni dovranno procedere su questa strada, non solo perch senza Piani regionali il dibattito sulla politica nuova, sul governo dell'economia, sulle scelte che il Paese ha davanti, è un dibattito destinato a restare monco, nella sfera delle ambizioni astratte e velleitarie, ma perché la stessa normativa vigente, in particolare la nuova legge di contabilità regionale, prevede che le Regioni si diano dei Piani di sviluppo. Sotto questo profilo abbiamo anticipato non solo obiettive necessità, ma anche l'adempimento di specifici obblighi legislativi.
Riteniamo positivo, quindi, avere incominciato a porre il dibattito ed il confronto intorno al Piano regionale sul terreno concreto, anche per avviare un rapporto dialettico tra la Regione ed i livelli centrali Parlamento e Governo. Gli assetti metodologici del Piano possono essere discussi, i contenuti possono e devono essere discussi, ma non può essere messo in discussione il fatto che per la prima volta si passati dalle ricerche preliminari alla stesura di una proposta di Piano. Questo è il dato dal quale bisogna partire, qualunque sia la valutazione di merito che vogliamo dare a questo documento.
Al di là di ogni strumentalizzazione - che non vogliamo fare - e di ogni trionfalismo - che mi pare sia stato abbandonato nel corso del dibattito di questi mesi - ho già accennato all'interesse del Governo per questa nostra proposta di Piano, interesse manifestato con una lettera del Ministro per le Regioni, lettera di cui qualcuno si è a torto doluto.
Perché questo interesse? I problemi della programmazione regionale, assai complessi e difficili riguardano innanzitutto l'organizzazione degli uffici e delle strutture regionali e l'impostazione di adeguate metodologie. Il fatto che una Regione, scontando contraddizioni e ritardi e quindi prevedendo la necessità di aggiornamenti continui, abbia cominciato a scendere sul terreno concreto, attraverso la stesura di documenti, viene considerato positivo e sta interessando tutte le altre Regioni.
Senza trionfalismi, possiamo dire di aver contribuito a far fare al dibattito sulla programmazione regionale un passo in avanti significativo.
Prima di passare alle argomentazioni di merito, vorrei ancora dire che la Giunta, nel difendere le scelte ed i contenuti del Piano, non ha la pretesa di conservarlo così come è. Anzi, diciamo che è non solo possibile ma è opportuno introdurre delle modifiche a questo documento e stendere oltre i tre volumi che costituiscono la proposta di Piano, un ulteriore documento che concluderà l'iter di formazione del Piano regionale.
Riteniamo che ci siano altre cose da dire su questo argomento e non solo perché la situazione dell'economia regionale, nel contesto nazionale è diversa da quella di 8/10 mesi fa, all'epoca in cui il Piano è stato redatto. Mai come in questo periodo i mesi contano, mai come in questo periodo abbiamo assistito a delle rapide evoluzioni del quadro economico che ci costringono ad un continuo, costante, ininterrotto aggiornamento delle previsioni e delle proposte.
Riteniamo, poi, che ci siano altre cose da dire perché dopo la presentazione della proposta di Piano, la consultazione con le forze sociali presenti nella società regionale, nelle sue articolazioni territoriali e anche politiche, ha fatto emergere alcune proposte, ed anche perché ci sono state delle critiche e dei suggerimenti da parte delle opposizioni che ci sono parsi convincenti.
Riteniamo sia giusto accogliere alcuni di questi suggerimenti, senza reticenze e senza nessun tentativo di sottrarci ad un confronto serrato che, per essere reale, deve anche essere tale da potersi aprire all'accettazione delle tesi portate dagli altri. Altrimenti il confronto diventa di facciata, diventa ricerca di consensi indiscriminati, diventa chiusura al dialogo democratico.
Il Piano, dunque, è stata una scelta giusta, un tentativo coraggioso di cominciare ad imboccare una strada che, a livello istituzionale, per primi stiamo tracciando. Nello stesso tempo il Piano non è un libro sacro, da prendere o da lasciare; non solo può, ma deve essere integrato, corretto re arricchito da altri documenti, che potremo scrivere insieme nei mesi prossimi.
Mi scuso se non mi sarà possibile tenere conto di tutte le proposte critiche e suggerimenti avanzati nel corso del dibattito, dei quali ho preso buona nota: certamente influiranno nella fase di ultimazione del Piano. Per entrare con maggiore dettaglio in alcuni dei problemi che sono stati sollevati, credo di dover dire qualcosa in merito all'Ires ed al rapporto della Regione con l'Istituto.
Non mi sento di condividere quanto in proposito è stato sostenuto in modo particolare dai colleghi Alberton e Bianchi. Non c'è stata rottura nei confronti dell'Istituto di ricerca, né riteniamo che avrebbe potuto contribuire ad un esito diverso del Piano,o un giudizio politico da parte della Giunta sul documento che l'Ires ci ha consegnato alla fine del 1975.
Anzi, penso che se avessimo dato un giudizio politico sul documento dell'Ires, avremmo collocato i rapporti tra Regione ed Istituto di ricerca in una sede impropria, quasi che Ires e Regione fossero due interlocutori che si muovono tutti e due sullo stesso terreno. Il giudizio da dare - come in fondo è stato - doveva essere un giudizio di tipo metodologico e tecnico.
Giustamente in quest'aula è stato ricordato il ruolo che l'Ires ha svolto nei 20 anni che ci stanno alle spalle, un ruolo di importante elaborazione culturale e scientifica, ma anche di incontro e di dibattito fra forze politiche diverse, che è stato estremamente utile e positivo e di cui giustamente i colleghi che sono intervenuti nel dibattito hanno sottolineato il significato e l'importanza.
Ma quest'epoca, colleghi del Consiglio, è finita, è finita l'epoca in cui il dialogo tra le forze politiche che si combattevano aspramente nel Paese, nel Parlamento e nelle istituzioni, poteva avvenire all'interno delle istituzioni culturali come surrogato civile del confronto aspro che si sviluppava nel Paese. Il confronto oggi avviene in questa aula, nelle assemblee elettive, nella realtà del Paese, sulle riviste, nelle fabbriche nei dibattiti e nelle esperienze concrete. Guai se dovessimo trovare le ragioni di esistenza dell'Istituto regionale di ricerca soltanto in questa storia, anche appassionata ed illustre, che sta alle nostre spalle.
Dobbiamo trovare le ragioni di esistenza dell'Ires e collocare i rapporti corretti tra la Regione e l'Istituto regionale di ricerca su ciò che ci sta dinnanzi, sui problemi e sulle necessità degli anni '80. Bisogna prendere atto che la crisi dell'Ires si spiega anche perché è tramontata un'epoca quella in cui l'Ires faceva con grande prestigio, con grande capacità, gli studi, le ricerche, le analisi sulla realtà socio-economica del Piemonte in assenza di un livello istituzionale che assumesse le decisioni conseguenti.
Su questa realtà si inserisce la Regione, ma una Regione che per un po' di tempo ancora non riesce ad avere poteri, idee e programmi. L'Ires continua in un certo senso a mantenere il ruolo di centro delle ricerche e anche di cervello pensante per gli Enti locali, di ispiratore delle loro iniziative.
Un ruolo, cioè, sempre più improprio a fronte dell'entrata in funzione dell'Ente Regione, per altro non ancora in grado di sfruttare sino in fondo i suoi poteri.
Oggi vi è la necessità di mettere l'Istituto sul terreno giusto, quello proprio di un Istituto di ricerca per la Regione e per la società regionale, potenziato nelle sue capacità, migliorato nella sua efficienza in grado di coprire quegli spazi che abbiamo riconosciuto non essere stati adeguatamente coperti in passato. Mi riferisco in particolare ai settori dell'economia industriale, dell'economia del lavoro, della finanza locale dei problemi istituzionali connessi al riassetto dei poteri locali. Tutti ambiti nei quali è necessario disporre di conoscenze capaci di far fare un salto di qualità alla nostra attività, al nostro lavoro, supportandolo con studi e ricerche adeguati.
Sul terreno della ricerca, per altro, non pensiamo che si possa risolvere il confronto nel solo rapporto Regione-Ires. Già in altri casi abbiamo parlato dell'opportunità di stabilire con l'Università una convenzione volta ad utilizzare le sue strutture per le necessità di ricerca della Regione. La Giunta ha in stato avanzato di elaborazione la bozza della convenzione che verrà inviata in Commissione e in Consiglio. Ma pensiamo di coinvolgere, almeno a livello di reciproca conoscenza, anche tutti i centri di ricerca che esistono nella Regione, a cominciare da quelli degli Enti locali per finire con quelli delle istituzioni economiche e dei sindacati.
La realtà ha messo in evidenza molti problemi da conoscere e da indagare, in gran parte nuovi. E' opportuno coinvolgere tutte le capacità di ricerca esistenti, al fine di evitare doppioni e di realizzare, se possibile, un coordinamento dei diversi centri operanti non coordinabili da un punto di vista strettamente istituzionale, con i quali però è opportuno che la Regione instauri dei rapporti corretti e proficui. Proprio sul terreno della ricerca si giocherà gran parte delle prospettive di successo del processo programmatorio.
Dagli interventi dell'opposizione sono venuti, sotto questo profilo stimoli interessanti. Il Piemonte è una regione nella quale è stata meglio indagata tutta una serie di fenomeni di tipo demografico, occupazionale, di realtà territoriali, compatibilmente con la carenza di informazioni disaggregate da parte dell'Istat, con i ritardi con i quali i dati dei censimenti vengono messi a disposizione e con l'inadeguatezza delle strutture che presiedono all'attività di ricerca ed alla raccolta dei dati statistici del Paese.
Il problema adesso è di andare oltre i risultati ottenuti per il passato, estendendo la ricerca ad altri ambiti che fin qui non sono stati sufficientemente esplorati.
Pensiamo ai problemi che nascono dalla conoscenza del mercato del lavoro e della sua segmentazione, tenendo conto delle difficoltà obiettive ad avere dati su questo terreno, che sono essenziali per poter procedere a qualsiasi discorso che entri nel merito dei problemi della riconversione industriale, dell'indicazione di politiche di settore, della formazione professionale, ecc. E' un terreno che deve essere indagato, non partendo da zero, ma certamente partendo da un livello estremamente povero di conoscenze.
Pensiamo al discorso della finanza locale, ai drammi che oggi si stanno affrontando nel momento in cui i Comuni sono nella stretta che sappiamo e si stanno discutendo emendamenti al decreto Stammati per uscire da un' impasse che strangolerebbe i Comuni. Tra parentesi, in base alle informazioni di cui dispongo, mi pare che al riguardo si stia facendo un lavoro meritorio, che il decreto Stammati in Commissione sia stato emendato in modo assai significativo, per cui si arriverà probabilmente ad avere un testo in aula, in base agli emendamenti approvati dal Comitato ristretto che consenta almeno di evitare la paralisi dei Comuni.
Però nella realtà della nostra Regione, la finanza locale resta una grande incognita, resta un punto interrogativo che bisogna decidersi ad affrontare con strumenti conoscitivi adeguati. Ricordo che questo problema fu posto sin dagli inizi dell'attività della Regione: era uno dei punti programmatici qualificanti di un'effimera Giunta di centro sinistra costituita nel 1971.
Da allora, per difficoltà metodologiche, per la stessa obiettiva necessità di acquisire elementi su altri settori, questo terreno non fu più esplorato. Credo che questo argomento per le condizioni degli Enti locali debba essere uno dei primi da approfondire.
Ma non ci sono solo problemi di sopravvivenza degli Enti locali, ci sono anche quelli del coordinamento della finanza locale con la finanza regionale, dei bilanci consolidati dei Comprensori, del tentativo di usare la finanza pubblica come un meccanismo capace da un lato di soddisfare i grandi fabbisogni sociali, ma dall'altro di ridare efficienza alla macchina amministrativa.
Tutto questo discorso vedrà la Regione implicata in prima persona direttamente, come punto di snodo e di coordinamento di tutta la finanza pubblica che opera nell'ambito regionale.
Secondo il progetto della Regione Lombardia, che pure è discutibile su questo punto e che le forze politiche a livello nazionale stanno esaminando, redatto da una Commissione di giuristi dell'Università di Pavia, si prevederebbe addirittura di fare della Regione il momento di riferimento di tutta la finanza pubblica articolata a livello locale. Non ci sarebbe più, ad esempio, un rapporto diretto Cassa Depositi e Prestiti o Tesoro e singoli Comuni; ci sarebbe, a livello regionale, l'erogazione di un plafond di risorse che la Regione dovrebbe ridistribuire sul territorio.
Non voglio dire che questa sia necessariamente la soluzione; in ogni caso è evidente che si va verso un coinvolgimento e una responsabilizzazione delle Regioni, come centri di decisione per la distribuzione delle risorse pubbliche sul territorio.
Ovviamente, perché questo ruolo delle Regioni non si traduca in una compressione delle autonomie, perché non si instauri un momento di centralismo regionale, perché non si passi sulla testa delle realtà rappresentate dagli Enti locali, occorre coinvolgerli, occorre farli partecipare al processo di ridistribuzione di risorse, ma occorre soprattutto conoscere quale esattamente sia la condizione degli Enti locali, quali esattamente siano i dati di bilancio, quali esattamente siano le capacità di indebitamento, quali siano le conseguenze di certi investimenti sociali sugli sviluppi pluriennali della finanza locale.
L'Istituto di ricerca, l'Università, la Regione debbono affrontare anche questa problematica. Per concludere su questo punto, riteniamo sia stato correttamente posto, nel Piano di sviluppo,il ruolo dell'Ires.
L'Ires ha condotto alcune ricerche, quelle che ci sono state consegnate alla fine del 1975, ed altre precedenti.
Concordo con quanto hanno detto il Consigliere Minucci e il Presidente Viglione nella seduta scorsa: non siamo partiti da zero per costruire questo Piano, ma abbiamo utilizzato non solo ciò che è stato messo in moto con le Commissioni ed i gruppi di lavoro nel 1975, ma anche quanto è stato elaborato negli anni addietro. Detto questo, a parere nostro, deve essere ribadito con forza che il Piano si fa in quest'aula, da parte delle forze politiche e che l'Ires, l'Università, eccetera, presentano delle ricerche e svolgono un ruolo di elaborazione tecnico-scientifica. La legge istitutiva dell'Ires, prevede un momento di proposizione, finora mancato, da parte del committente pubblico; chi fa le ricerche non può decidere autonomamente quali ricerche fare, ma deve mettere in cantiere delle ricerche finalizzate a raggiungere quegli obiettivi che la società regionale si dà e per essa si danno le assemblee elettive. Spesso è mancata in passato la capacità delle forze politiche e delle istituzioni di indicare i filoni lungo i quali l'Istituto di ricerca avrebbe dovuto procedere. Non è certo colpa dell'Ires se l'Istituto è stato costretto a fare il committente di se stesso; per registriamo questo fatto, come una anomalia che deve essere rimossa.
A proposito dell'Ires, nell'intervento del Consigliere Alberton c'è una certa contraddizione. Da un lato, è parso difendere l'Ires come l'Istituto che necessariamente avrebbe dovuto elaborare e produrre materiali validi che si rimprovera alla Giunta di non aver tenuto in debito conto; e dall'altro ha documentato in modo ineccepibile che gli errori delle previsioni demografiche contenuti nel Piano sono gli errori del modello elaborato dall'Ires.
In effetti così è. Le previsioni demografiche ed i fabbisogni occupazionali contenuti nel primo volume sono desunti dai dati che l'Ires ha predisposto e nascono dal modello che l'Ires ha elaborato.
Minucci e Alberton hanno affrontato questo discorso non in termini contrastanti, anzi in termini coincidenti, almeno sul fatto che il modello dell'Ires si è rilevato inattendibile.
A dire il vero, l'Ires ha elaborato dei modelli diversi in tempi successivi. Ci riferiamo al modello che è stato utilizzato per la ricerca sui centri universitari e che è stato tenuto presente anche negli studi per il Piano '76/'80, in cui gli errori derivano non solo dai dati di base utilizzati, ma anche da una sovrastima della crescita della popolazione in conseguenza dei fenomeni immigratori. In altri termini, l'Ires ha considerato i tassi di natalità della popolazione piemontese sulla base dei movimenti immigratori registrati nel periodo 1964/1972 ed ha ipotizzato che anche dal 1972 al 1980 si registrasse lo stesso tipo di incremento dei movimenti immigratori, quindi scontando dei tassi di natalità più elevati di quelli che in realtà si sono verificati.
Il che introduce una contraddizione interna al modello. Da una parte si prevedono degli obiettivi di annullamento progressivo dell'immigrazione in modo da giungere al saldo al 1986, obiettivi politici quindi; dall'altra parte, si continua ad elaborare un modello demografico in cui questo obiettivo non c'é, anzi è sottesa la previsione che gli incrementi di immigrazione continuino come nel passato. C'è un salto (anche logico) nel fatto di elaborare un modello demografico che continua a scontare l'immigrazione come per il passato e, contemporaneamente, nel collocare questo modello demografico in una prospettiva in cui, viceversa, questa immigrazione dovrebbe progressivamente cessare fino ad annullarsi. Non abbiamo difficoltà a riconoscere che queste previsioni devono essere riviste.
Fabbisogni occupazionali. Nessun Piano può decentemente formulare delle previsioni occupazionali o darsi degli obiettivi occupazionali, perch sarebbe una esercitazione velleitaria, data l'incertezza del momento l'incertezza sulle linee di politica industriale, in presenza di fenomeni di riconversione e ristrutturazione che procedono per conto loro, al di là dei disegni di legge, di incerta sorte, in discussione in Parlamento. La situazione attuale è tale da sconsigliare anche al più sprovveduto dei programmatori di tentare di formulare degli obiettivi occupazionali.
Nel Piano si è cercato di dare indicazioni sui fabbisogni in base ad alcune ipotesi politiche, dichiarate come tali: non c'è stata confusione tra previsioni ed ipotesi politiche. E' dichiarato che i fabbisogni conseguono ad alcune ipotesi politiche, assunte come tali, non quindi come obiettivi; e le ipotesi sono quelle che corrispondono ad una situazione ottimale di pieno impiego delle risorse dell'economia piemontese.
Come tutti sanno, queste ipotesi comprendono l'arresto dei flussi migratori, l'arresto dell'esodo dall'agricoltura, la riduzione del tasso di disoccupazione dal 5,5 % al 2,5%, il mantenimento dei tassi di attività della popolazione; ne conseguirebbe un fabbisogno pari a 134 mila nuovi posti di lavoro al 1980.
E' chiaro che se sono da correggere le previsioni demografiche automaticamente anche i 134 mila posti di lavoro diminuiscono; ma se invece di 134 mila posti fossero 100/94/84 mila il problema non cambierebbe molto nella sostanza.
Credo sia giusto fare in proposito un discorso molto chiaro altrimenti corriamo il rischio di esorcizzare i problemi scomodi, fingendo di risolverli. Riaffermiamo con chiarezza che con il Piano non ci proponiamo come obiettivo la realizzazione in Piemonte di 70/80/134 mila nuovi posti di lavoro. Non lo possiamo fare come Regione, innanzitutto perché non abbiamo gli strumenti per realizzare delle azioni volte ad ottenere questi risultati. Riteniamo inoltre che obiettivi occupazionali di queste dimensioni vanificherebbero la politica di sviluppo nel Mezzogiorno. Nella situazione attuale, non sono prevedibili incrementi occupazionali, anzi gli stessi investimenti che si stanno facendo, in base ad una serie di scelte e di ristrutturazioni aziendali, sono volti a ricuperare la produttività all'interno delle aziende, ad aumentare la produzione a parità di occupati, a migliorare l'efficienza complessiva degli impianti e non ad ampliare la base occupazionale. Di fronte a processi di ammodernamento delle strutture produttive, che penalizzano l'occupazione o quanto meno non consentono, come è stato negli anni del miracolo e negli anni '60 l'occupazione di nuove fasce di occupati, nei prossimi anni avremo dei grossi problemi per quanto riguarda soprattutto le leve giovanili e femminili. Quindi una Regione che puntasse a coprire dei fabbisogni di queste dimensioni, in realtà, si porrebbe l'obiettivo di esaurire al suo interno buona parte delle prospettive occupazionali che ha l'intero Paese dunque farebbe un'azione che va contro le prospettive di sviluppo del Mezzogiorno, che va contro la l'idea politica indicata dal Governo, dalle forze politiche in Parlamento, dal movimento sindacale, da noi stessi nel nostro Statuto e con tutte le dichiarazioni di volontà politica fatte in Consiglio, non solo da questa Giunta ma anche dalla precedente.
Vogliamo eliminare gli equivoci che si sono ingenerati su questo problema: non c'è nessuna difficoltà a prendere questo capitolo, a toglierlo dal Piano e a non parlarne più. Con un'avvertenza, però (ecco dove non bisogna esorcizzare i problemi): occorre sapere che i 134 mila posti (o quelli che risulterebbero da un calcolo più corretto) non rappresentano un'invenzione della Giunta, ma corrispondono ad un fabbisogno reale. Se in questa Regione si dovrà realizzare il pieno impiego e una condizione ottimale di occupazione e di utilizzo delle risorse, quelli sono gli obiettivi che abbiamo davanti; mentre diciamo che quegli obiettivi oggi non sono perseguibili, dobbiamo sapere che ci allontaniamo da una situazione ottimale delle nostre strutture produttive e della nostra occupazione. Queste considerazioni devono essere tenute presenti nel momento in cui ci preoccupiamo di fissare le nostre scelte per il futuro.
Anche per noi si apre un periodo di "vacche magre", in cui sarà indispensabile un'oculata destinazione delle risorse, un oculato impiego di tutte le energie, proprio perché dovremo scontare una sotto utilizzazione delle risorse, una riduzione dei tassi di attività, crescenti difficoltà per l'occupazione giovanile e femminile.
I fabbisogni occupazionali che abbiamo indicato corrispondono perciò ad uno scenario che purtroppo non sarà realizzabile, ma che credo sia stato giusto mettere in luce davanti all'opinione pubblica; sappiamo che andremo fuori da questa ipotesi, però dobbiamo anche sapere la misura dello scostamento da quella che è stata indicata come la condizione ottimale delle nostre strutture economiche e sociali.
Nell'intervento di Alberton, che ritengo stimolante e utile ai fini dell'approfondimento della tematica del Piano, ho rilevato una seconda contraddizione, in relazione all'affermata esigenza di politiche industriali di settore.
Le Regioni debbono porsi con grande chiarezza l'obiettivo di dare indicazioni di politica industriale, però non credo sia possibile a livello regionale esaurire in modo autarchico questa politica. Le responsabilità della politica industriale sono e dovranno rimanere a livello centrale di Governo; più di una volta l'Assessore Alasia ci ha parlato dell'azione che la Regione svolge, dei pareri e dei voti che la Regione dà su certe politiche di settore, sui finanziamenti previsti da leggi speciali, ad esempio per la Montefibre, ma ogni volta con grande chiarezza ha rilevato che fare una politica per il settore delle fibre o per il settore chimico in un'ottica piemontese è risibile, così come certamente diventerebbe risibile pretendere di esaurire in un'ottica regionale la politica degli acciai speciali, dell'informatica o dei nuovi mezzi di trasporto. La verità dunque è che sarebbe velleitario fissare dei piani industriali di settore quantificando investimenti, posti di lavoro, o addirittura tipologie della produzione, in una scala regionale.
Dobbiamo chiedere di essere coinvolti e corresponsabilizzati nella politica industriale, nelle scelte, che spettano comunque a livello centrale di Governo. Qui sta la contraddizione di certe critiche che vengono dalla Democrazia Cristiana alla nostra proposta di Piano di sviluppo.
Non si può, da un lato, rimproverare la Regione perché non fa piani di settore, quantificando persino gli obiettivi produttivi (quasi che la Regione potesse addirittura avviare una programmazione vincolante) e dall'altro battersi perché non siano dati poteri alle Regioni in materia di politica industriale. Non si può sostenere che dobbiamo indicare degli obiettivi occupazionali, produttivi e di investimento per l'industria chimica o per l'industria dell'automobile e poi negare che le Regioni possano fare l'istruttoria anche per le pratiche di credito agevolato a favore delle piccole imprese o negare che a livello regionale si possa gestire la mobilità delle forze di lavoro.
Non mi riferisco a dichiarazioni fatte da Alberton in quest'aula, mi riferisco..



ALBERTON Ezio

Se mettete certe indicazioni nel Piano, avete il dovere di quantificarle.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione e bilancio

No. Perché ci sono diverse vie intermedie tra il Piano di settore definito, il Piano operativo, il Piano che può essere fatto da un centro di pianificazione rigida che fissa tutte le grandezze in termini definiti e la pura e semplice indicazione generica di una politica. Ci sono diversi stadi intermedi.
Credo che il ruolo della Regione sia di partire dalla realtà presente facendo un rapporto analitico e dettagliato delle condizioni dei settori collegando questo rapporto alle indicazioni di politiche da fare a livello nazionale; quindi dando un contributo alla definizione di politiche industriali da fare al centro, ma chiedendo anche poteri, predisponendo strutture per la gestione degli interventi possibili a livello regionale.
Le Regioni non si possono sostituire al Governo nel fare la politica industriale, però possono partecipare, sulla base di una conoscenza precisa dei problemi concreti, alla definizione di quella politica e possono poi avere dei compiti e delle responsabilità precise nella sua gestione.
Il problema della mobilità, ad esempio, potrà essere risolto dalle Regioni o non sarà risolto mai; non è pensabile che una politica attiva di gestione della mobilità della forza lavoro possa essere realizzata a livello centrale, o anche a livello di Commissioni presiedute dai funzionari degli uffici periferici del Ministero del lavoro. La promozione della piccola impresa, tra l'altro prevista dalla Commissione Giannini come uno dei casi di ampliamento di competenze delegate alle Regioni, si pu fare a livello regionale con conoscenza diretta delle situazioni, mentre come dimostra ampiamente l'esperienza non si può fare a livello nazionale dove sfuma nella genericità di proposte che non hanno alcun riferimento con la realtà concreta e si perde nella predisposizione di meccanismi asfissianti, di iter burocratici, di lungaggini, di documenti, di controlli che fanno sì che i crediti agevolati (come quelli previsti dal disegno di legge sulla riconversione industriale) di fatto siano preclusi alla piccola impresa. Questa, per lo più, non riesce nemmeno a svolgere le pratiche necessarie per arrivare al momento del finanziamento. Ecco il terreno sul quale il discorso può fare un passo avanti, al di là della velleitaria richiesta (che peraltro le Regioni non hanno mai fatto) di gestire la politica industriale a livello regionale.
Dobbiamo ribadire la necessaria unicità del la politica industriale. Se le Regioni fossero lasciate libere di fare la politica industriale, le più forti per una logica che andrebbe al di là delle loro intenzioni vincolerebbero le risorse sul loro territorio in una misura che non si concilierebbe con la priorità da dare al Mezzogiorno.
Alla luce di questa priorità, chiediamo che ci sia una gestione unitaria nazionale della politica industriale, alla quale però le Regioni siano chiamate a partecipare. Vogliamo parteciparvi perché del problema del Mezzogiorno ci siamo fatti carico come di un problema nostro, consapevoli che solo con il suo sviluppo si risolvono i problemi del Paese. Priorità dunque agli investimenti per aumentare le capacità produttive, per aumentare la base occupazionale nel Sud.
Il Piemonte è destinato a trarne beneficio, proprio attraverso il non ripetersi dei fenomeni immigratori, l'arresto dei fenomeni connessi, di degrado, da un lato, di concentrazione e congestione, dall'altro.
Dal discorso di Alberton, mi pare sia raccoglibile l'invito a proseguire sulla strada delle indagini dei settori industriali. Ecco un punto sul quale siamo completamente d'accordo. Ma sono anche d'accordo nel dire che forse, negli ultimi tempi, non abbiamo ribadito, con i fatti l'importanza di cose delle quali eravamo convinti a parole.
Alberton dice: "dovete indagare la realtà del Piemonte per tirar fuori delle conseguenze dalle indagini. Avevate degli studi a disposizione quelli sui beni strumentali dell'Ires, e lo studio della Soris, sulle diversificazioni possibili in Piemonte (che, in realtà, riguarda i beni strumentali ed anche altri settori) e dovevate legare di più le indicazioni del Piano ai risultati di quelle ricerche".
Credo che in questo abbia ragione. Abbiamo in realtà, tenuto presente quegli studi, ma in misura insufficiente, e soprattutto non li abbiamo continuati. Anche se a parer mio non si possono fare Piani di settore rigidi e vincolanti, come potrebbero essere fatti in un'economia a direzione centralistica e dirigista; è tuttavia necessario proseguire in quegli studi settoriali, analitici, di approfondimento della conoscenza della realtà industriale del Piemonte, che Alberton indicava.
Le discussioni fatte qui ed i confronti fatti in altre sedi ci hanno intanto convinti di alcune cose che forse è bene precisare, in ordine alla metodologia ed ai contenuti di un Piano regionale di sviluppo.
Il Piano regionale di sviluppo non può essere un documento che ricalca quelli elaborati per la programmazione nazionale negli anni '60. Abbiamo rifiutato di fare questo tipo di Piano, abbiamo rifiutato il "Piano messaggio", abbiamo rifiutato di seguire la metodologia in base alla quale si facevano documenti onnicomprensivi che avevano la pretesa di programmare, per legge, l'evoluzione delle grandezze socioeconomiche e demografiche. Quanto ci fanno sorridere oggi le indicazioni del Piano Pieraccini, che voleva fissare per legge gli incrementi demografici del Paese! Però badiamo che quella metodologia ha finito per essere travasata in tutti i documenti successivi, fino ad essere ancora presente anche a livello di programmazione regionale.
I Piani "anni '60", se da un lato avevano la pretesa di fissare rigidamente l'evoluzione delle grandezze macro-economiche e sociali, erano dall'altro, del tutto disarticolati rispetto ai comportamenti delle forze sociali, al funzionamento delle istituzioni, all'utilizzo delle risorse.
Essi avevano la velleitaria pretesa di ancorare ad obiettivi rigidamente quantificati l'evoluzione di una realtà in gran parte non sotto controllo e nello stesso tempo non indicavano politiche concrete, ma contenevano semplicemente messaggi, filosofie, politiche generiche. Alla luce di questa deludente esperienza, dobbiamo ribadire che per noi il Piano non è il tentativo di fare previsioni più o meno azzeccate sull'evolversi di alcune grandezze che non sono sotto il nostro controllo. Sono d'accordo con il discorso di Minucci: non è su questo che giochiamo la credibilità del Piano regionale di sviluppo. Questo deve contenere, nei limiti del possibile, l'indicazione di politiche atte a controllare ed a dirigere certi fenomeni, o utilizzando le capacità dirette della Regione, o coinvolgendo questa, come momento di proposta politica, all'interno di processi decisionali complessi che spettano al Governo e al Parlamento, o facendola momento di coordinamento degli altri soggetti che operano nella realtà regionale.
Quindi, siamo d'accordo sulla "valenza multipla" ricordata da Alberton secondo il quale il Piano serve come proposta e contributo alla programmazione ed alla politica industriale nazionale, come definizione del quadro programmatico dell'Ente Regione, come proposta ai soggetti che operano nel territorio regionale e come coordinamento della complessa realtà degli Enti locali.
Se il Piano regionale di sviluppo deve essere questo, costruiamolo allora così, proviamo a dargli queste caratteristiche, tentiamo di farlo in modo tale che risponda a queste indicazioni. Questa impostazione potrà essere proficuamente utilizzata nella stesura del documento finale di Piano, che conterrà, nella misura massima possibile, questi caratteri indicati dal Consiglio.
C'è quindi la necessità di ricostruire l'intelaiatura, il discorso generale, la parte di inquadramento complessivo, la parte politica ed economica che apre il documento, alla luce delle novità emerse in questi mesi, alla luce delle consultazioni e delle proposte fatte in aula. Questo discorso potrà essere fatto nella sede che riterremo più opportuna, sia la I Commissione o sia il Consiglio. Ritengo però che la sede della I Commissione possa essere la più adeguata. Non c'è nessun problema su questo punto.
C'è la necessità di correggere le previsioni demografiche alla luce dei dati Istat, che nel frattempo abbiamo avuto, ed alla luce delle considerazioni che abbiamo fatto tutti insieme. Personalmente credo che non abbia nessun senso tentare di fare un modello alternativo a quello Ires perché ci vogliono dati, tempo e strutture adeguate. Penso invece che abbia senso dare atto dei modelli disponibili, delle conclusioni a cui sono pervenuti i modelli demografici di cui possiamo disporre: Ires e Siteco (quest'ultimo è stato messo a punto per predisporre, per conto della Federazione regionale dell'Associazione Industriali, alcuni lavori di grande interesse che spero siano disponibili per la stesura finale del Piano). Non si tratta di tentare di inventarci un altro modello, ma occorre piuttosto cercare di indicare alcune prevedibili evoluzioni della popolazione in Piemonte nei prossimi anni, nella consapevolezza che occorrerà approfondire questo argomento nei prossimi mesi, dandoci perci degli appuntamenti per verificare continuamente la fondatezza di questo discorso.
Il tema relativo alle previsioni occupazionali può essere affrontato nei termini che dicevo prima, abbandonando, se la si ritiene fonte di equivoco, ogni indicazione quantificata di fabbisogni e sviluppando un discorso in ordine al rapporto Piemonte-Mezzogiorno, in ordine ai problemi qualitativi del mercato del lavoro, in ordine alla problematica che sta emergendo nel confronto tra organizzazioni sindacali e grandi gruppi, in corso in questi giorni.
Deve essere considerata, in particolare, la politica dei grandi gruppi operanti in Piemonte, alla luce del confronto che sta avvenendo tra le organizzazioni sindacali e le grandi imprese. Tra l'altro, sono sul tappeto temi assai rilevanti per la politica di programmazione, dagli investimenti alla localizzazione degli impianti, al quadro occupazionale delineato per i prossimi anni: problemi che incidono tutti direttamente sulle nostre previsioni.
Come possiamo prevedere, ad esempio, gli sviluppi occupazionali in Piemonte quando non sono note le politiche dei grandi gruppi, i quali le hanno sempre tenute sostanzialmente nascoste per trattarle in primo luogo nella sede appropriata, cioè nel confronto con le organizzazioni sindacali? In queste condizioni, dobbiamo seguire passo passo, con tutta l'attenzione dovuta, il confronto in atto, per fare scaturire, con interventi e con richieste di chiarimenti al sindacato ed alle imprese, le indicazioni e le informazioni che servono per elaborare il Piano di sviluppo.
E' giusto quanto ha detto il Consigliere Bianchi: "non vogliamo essere tagliati fuori dall'elaborazione del Piano di sviluppo". La Giunta può aver dato l'impressione in qualche momento di voler costruire questo Piano nel chiuso dei propri uffici, ma non mi pare. Mai come in questi mesi si è discusso del Piano in ogni angolo del Piemonte.
Credo, comunque, che l'esigenza che poneva Bianchi sia giusta e non c'è difficoltà ad accoglierla. Tutta questa parte del Piano potrà essere costruita insieme nei prossimi mesi. Nel frattempo la Giunta potrà mettere a fuoco i progetti, le azioni programmatiche, l'indicazione del quadro pluriennale delle risorse e quindi la quantificazione degli interventi.
Si potrebbe procedere su questi due piani: da una parte la Giunta definisce il quadro dei progetti e la programmazione finanziaria dall'altra, l'insieme delle forze del Consiglio lavorano a mettere a fuoco l'impostazione generale ed il quadro di riferimento politico ed economico del Piano.
Credo che il dibattito abbia utilmente allargato il tiro rispetto alla semplice lettura dei documenti del Piano e della consultazione. E credo che lo abbia allargato in misura tale da coinvolgere anche problematiche di carattere politico, che vanno al di là dei rapporti tra le forze politiche in quest'aula. Qualche parola può essere spesa a questo proposito, anche se non penso che necessariamente tutto quello che facciamo qui debba essere la riproduzione a scala ridotta dei rapporti politici e dei fenomeni che si sviluppano a livello nazionale, né ritengo che qui possiamo tentare l'incubazione, su scala ridotta, di esperimenti nei rapporti tra le forze politiche, da sviluppare poi sul piano nazionale.
La stampa ha seguito con molta attenzione la prima parte del dibattito sul Piano regionale di sviluppo, anche se ha rappresentato in modo un po' accentuato, pur in una visione corretta di quello che è successo qui, gli aspetti del dialogo diretto tra PCI e DC avvenuto in quest'aula, lasciando intendere il disagio delle forze laiche minori, compreso il PSI. Disagio che, a dire il vero, mi pare fosse del tutto assente tanto nell'intervento che ha fatto il collega Bellomo, quanto nelle conclusioni finali fatte dal Presidente Viglione, che ha invece registrato con soddisfazione l'andamento del dibattito e il modo con cui si stava arrivando a chiarire una serie di punti che erano in discussione. Posso comunque assicurare il Consiglio, e chi è interessato a saperlo, che il Gruppo socialista non prova alcun disagio, innanzitutto perché le cose che stanno succedendo qui non sono per rifarci brutalmente ad un termine usuale di riferimento un esempio di "compromesso storico".
Non credo che si sia parlato di compromesso storico in quest'aula, n credo che le cose che stiamo discutendo in ordine al Piano di sviluppo abbiano a che fare con le alleanze o con le prospettive strategiche da indicare a livello nazionale.
Ritengo, per inciso, che la polemica tra comunisti e socialisti sul compromesso storico e sull'alternativa di sinistra sia spesso una questione nominalistica; perché, se si va a vedere che cosa c'é nella sostanza delle politiche proposte, ci si accorge che forse le differenze sono minori di quanto sembri. In ogni modo, ogni partito ha le sue linee strategiche e non le modifica certo in relazione alle situazioni regionali: e se differenze di strategia ci sono tra PSI e PCI, esse evidentemente rimangono, al di là del significato di questo dibattito.
Qui discutiamo di qualcosa di molto diverso rispetto alle incubazioni di strategie nazionali. Discutiamo di un processo programmatorio, rispetto al quale i documenti all'esame del Consiglio sono l'occasione per aprire un dibattito, che certo non si esaurisce intorno ad essi. Il processo programmatori° che abbiamo avviato tocca in profondità il modo di essere della Regione, implica una serie di fatti successivi, di provvedimenti legislativi, di comportamenti e di scelte che completano il quadro statutario, istituzionale della Regione. Con la legge sulle strutture, con la legge sulle procedure della programmazione, con le grandi leggi di programma, quella sull'uso del suolo e quella sui trasporti, con la legge sulla contabilità regionale, con il funzionamento dei Comprensori ed il loro coinvolgimento nel processo di Piano, affronteremo dei momenti qualificanti, per finire di "costruire" la Regione.
Se questo è vero, ne consegue l'opportunità, se non la necessità di un coinvolgimento di tutte le forze del Consiglio per questa opera di completamento del disegno istituzionale, così come ci fu al momento dell'elaborazione dello Statuto, con un confronto ed un dibattito serrato in cui non mancarono momenti di incontro e di scontro, ma che port complessivamente a risultati positivi.
Oggi con l'avvio concreto della programmazione stiamo scrivendo una pagina che non è meno importante di quella che abbiamo scritto con lo Statuto. La nostra situazione economica, anche se non presenta aspetti drammatici, livelli di disoccupazione incontrollabile, come quella che travaglia Napoli e in generale le Regioni del Mezzogiorno, è tuttavia grave, perché vengono in luce dei mutamenti profondi nelle tecnologie e nei metodi di produzione, destinati ad avere grosse ripercussioni in futuro sui livelli occupazionali, sulle mansioni, sulle qualifiche, sul rapporto tra formazione professionale ed impiego, sulla possibilità di occupazione dei giovani e delle donne.
Quindi, non si tratta qui di elaborare alchimie "piccolo-parlamentari" ma di affrontare grandi scelte che non possiamo non considerare con grande senso di responsabilità. Questo non significa che dovremo trovarci d'accordo su tutto, né che vengano in questo modo ad attenuarsi i caratteri propri di ogni forza politica, né significa mettere in sordina i problemi che continuano a farci diversi, anche quelli che travalicano gli ambiti del Piano di sviluppo e che toccano il modo di organizzare la società. Anche stando attento a non fare delle polemiche puramente nominalistiche, avrei ad esempio, delle obiezioni in merito a quanto è stato detto dal Consigliere Minucci, a proposito della democrazia, del consenso e del dissenso.
Sono convinto, al di là della notazione enfatica con cui questi problemi possono essere sollevati da parte di taluno, che uno dei caratteri costitutivi della democrazia stia proprio nella libertà del dissenso. La democrazia, certo, si fonda sul consenso, anzi organicamente è il governo della maggioranza. Ma, tra i suoi caratteri distintivi, vi sono senza dubbio la partecipazione, il controllo e la possibilità di organizzare il dissenso. I meccanismi dello Stato democratico devono garantire alle minoranze la possibilità di svolgere il loro ruolo che ha come finalità quella di poter diventare maggioranze domani. Quindi il dissenso è uno degli elementi costitutivi della democrazia. Proprio per questa diversa concezione che noi socialisti abbiamo della democrazia, diverso è il giudizio che diamo rispetto ai comunisti, sull'organizzazione della democrazia e del socialismo nei Paesi dell'Europa orientale, in un contesto nel quale le posizioni rispettive non sono più quelle del 1917 o del 1925 ma tuttavia permangono distinte e portano ancora oggi a dare una diversa valutazione di quei regimi.
E' un discorso aperto, nel quale ognuno fa la sua parte e dove non c'è alcuna necessità di attenuare ciò che ci rende diversi né sulle grandi questioni di principio né sulle questioni concrete che si pongono nella vita della Regione. Non c'è strumentalismo, non c'è un tentativo di "captatio benevolentiae", non c'è ricerca di consensi; c'è semplicemente la riaffermata necessità di confrontarci in un quadro responsabile, nel quale non sfugga a nessuno il rilievo della partita che stiamo giocando.
L'elevatezza del dibattito in aula, i toni e gli argomenti usati, ci hanno dimostrato che i Gruppi del Consiglio sono tutti consapevoli dell'importanza della posta in gioco. Non facciamo un'archiviazione frettolosa di una proposta di Piano per sostituirla con un documento abborracciato qualsiasi. Vogliamo concludere un lavoro proficuo apportandovi le correzioni opportune, riconoscendo alle critiche che sono state fatte il peso che hanno, ammettendo che quelle critiche ci hanno convinti di alcuni nostri errori, ma ribadendo la bontà del lavoro svolto è in questo spirito che vogliamo sforzarci di costruire il primo Piano regionale di sviluppo che veda la luce nel nostro Paese.



PRESIDENTE

Dopo l'ampio intervento dell'Assessore Simonelli, propongo di sospendere i nostri lavori per riprenderli alle ore 15, così i Gruppi potranno valutare i propri atteggiamenti. Vi sono obiezioni? La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Concordo di sospendere. Dovrei convocare il Gruppo per valutare le dichiarazioni, che non sono di breve momento, perché hanno spaziato sui temi che abbiamo affrontato.
Avanzo inoltre la richiesta di riprendere la riunione alle ore 15,30 per poter responsabilmente dare la nostra valutazione e la nostra risposta.



PRESIDENTE

Il Consiglio è riconvocato alle ore 15,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,45)



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