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Dettaglio seduta n.90 del 22/12/76 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Commemorazioni

Cordoglio per la morte della madre dell'Assessore Bruno Ferraris


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Devo comunicare che l'Assessore Bruno Ferraris è stato colpito da un gravissimo lutto, la scomparsa della madre.
Credo di interpretare i sentimenti di tutto il Consiglio esprimendo a lui ed alla sua famiglia le nostre più vive condoglianze.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Comunicazioni della Giunta regionale sulla legge 22 luglio 1975 n. 382 "Norme sull'ordinamento regionale e dell'organizzazione della pubblica amministrazione"


PRESIDENTE

Il punto quinto all'o.d.g. reca: "Comunicazioni della Giunta regionale sulla legge 22 luglio 1975 n. 382 'Norme sull'ordinamento regionale e dell'organizzazione della pubblica amministrazione'".
Come ben sapete, vi sono stati una serie di incontri di vario tipo e a vari livelli su questo importantissimo argomento. Il Presidente della Giunta regionale ne informa il Consiglio. Ha facoltà di parlare.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, non è certo un'informazione nuova quella che d oggi sulla 382, ma, semmai, un'appendice a tante altre informazioni che già a suo tempo, il Presidente Oberto, nel momento in cui guidava la Giunta che ha preceduto l'attuale, aveva fornito in più occasioni, nei confronti della delega che il Parlamento aveva concesso al Governo per la chiusura della disputa ormai storica sul rapporto Regioni e Stato.
Come voi sapete, il Consiglio regionale ha più volte dibattuto questo importante argomento, eviterò, quindi, in questa mia comunicazione, di ripetere quanto già in precedenza è stato detto e che è noto, ormai, a tutti i Consiglieri.
Il 30 novembre scorso si è tenuto, a Roma, un incontro di alcune Regioni (del nord, del centro, del sud) con il Ministro Morlino sulla 382 e su tutta la problematica regionale. Il Ministro disse, allora, a ragione che era opportuno procedere ad un rilancio dell'azione regionalista, perch l'attenzione verso la problematica regionale, in questo ultimo periodo, si è un po' attenuata e alcune forze non hanno certo lavorato a favore delle autonomie. La prima parte del nostro incontro si è sviluppata intorno al problema dei rapporti fra Stato e Regione che è appunto l'oggetto della 382. Il Parlamento, proprio in quei giorni, aveva approvato il rinnovo della delega al Governo, rinnovo che prevede una decorrenza di sei mesi dal momento della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Fino ad oggi la legge non è ancora stata pubblicata, ne vi è alcuna traccia nelle Gazzette Ufficiali che ci sono arrivate.
Questo era uno dei nodi da sciogliere perché, come voi tutti sapete era stato ipotizzato da parte dell'on. Bassetti, relatore della legge di rinnovo, anche un termine più lungo, cioè un termine di nove mesi dalla pubblicazione, o meglio ancora - egli ipotizzava - dall'entrata in vigore.
Non cambiava, comunque, di molto il termine, per consentire dei tempi tecnici che rispecchiassero l'iter della delega attraverso il parere dei Consigli regionali, della Commissione parlamentare per le questioni regionali e, infine, il parere del Governo.
Il Parlamento ha, invece, scelto la strada dei sei mesi che è complessivamente un termine molto breve.
Ne consegue che è assai improbabile poter procedere, già il 20 gennaio all'esame degli schemi, dei decreti di trasferimento, per il semplice fatto che, entro quella data, non saranno ancora predisposti.
Non sappiamo ancora se ci sarà un unico schema o più schemi delle materie da trasferire: si è accennato ad un solo schema preparato dal gruppo di lavoro della Presidenza del Consiglio.
Questo schema si farebbe esaminare dai vari Ministeri e non avverrebbe il processo inverso, con la formazione degli schemi di trasferimento delle competenze da parte di ogni Ministero (con il rischio, in questo caso, di una rinnovata azione antiregionalista da parte della burocrazia).
Come si sono collocate le Regioni? Le Regioni hanno manifestato la loro soddisfazione per l'iter procedurale che dava modo, in tempi brevi, di dipanare, finalmente, questa matassa e pertanto hanno anche iniziato, prima dell'incontro del 30 novembre con il Ministro Morlino, un'azione tendente a costituire dei gruppi di studio corrispondenti alle sei Commissioni della Commissione Giannini.
Le Regioni hanno ritenuto pertanto di dover concordare insieme una linea d'azione tendente ad evidenziare l'autentico rapporto che deve esistere tra lo Stato e le Regioni e non vedere più una realtà simile a quella del 1972, con tutte le competenze residue sovrapposte e con l'impossibilità quindi di un'azione autonoma delle Regioni.
Si sono costituite queste Commissioni e alcune Regioni hanno assunto l'iniziativa per quanto riguardava le singole materie.
Alla Regione Piemonte, proprio per la peculiarità della sua economia, è stato affidato il secondario e il terziario, cioè l'industria con i settori connessi, l'artigianato, il tempo libero, il turismo, ecc.
Inoltre la Regione Piemonte deve occuparsi del rapporto che la 382 prevede rispetto alle problematiche dell'Europa, il rapporto cioè tra Regioni, Stato, CEE.
Ci è stato assegnato questo settore perché in questi ultimi anni abbiamo svolto una notevole attività sia attraverso la partecipazione a Convegni che attraverso i rapporti che il Consiglio e la Giunta hanno tenuto con la Comunità e il Parlamento Europeo.
E così, accanto alle questioni riguardanti il settore terziario commercio, artigianato, tempo libero - la Regione ha il compito di affrontare questo problema che è, attualmente, molto discusso perché non si sa ancora nulla di preciso rispetto a quella che sarà la vera collocazione delle Regioni nel rapporto con la Comunità Europea.
Già fin dall'ottobre, in attesa di questo incontro con il Ministro e in attesa della decisione parlamentare, però, le Regioni hanno deciso di tenere un Convegno a Milano il 28 e 29 gennaio, data abbastanza opportuna perché, probabilmente, i decreti verranno trasmessi, secondo quanto abbiamo appreso anche recentemente, nei primi giorni di febbraio. Al Convegno sono invitati il Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Andreotti, il Ministro Morlino, i Presidenti della Camera e del Senato e tutte le forze politiche del nostro Paese, unitamente a tutte le Regioni.
A questo punto, ritengo che il rilancio dell'azione regionalista deve avvenire non soltanto nel Convegno di Milano, ma, anche, attraverso tutta una serie di iniziative che saranno assunte dai singoli Consigli regionali al loro interno e anche all'esterno, perché la chiusura della disputa sulla 382 non riguarda solo le Regioni ma anche i Comuni e le Province, riguarda tutti gli Enti locali.
La preparazione del Convegno del 28-29 gennaio deve interessare pertanto, l'intero Paese: è una spinta che tutto il Paese deve dare per l'esaltazione delle autonomie per un'autentica azione regionalista.
Attualmente le sei Commissioni hanno già provveduto alla stesura dei primi atti e con il 27-28-29 di dicembre saranno terminati tutti gli studi elaborati dai gruppi ai quali hanno partecipato le Regioni.
Questi atti verranno poi trasmessi ai singoli Consigli regionali.
Per il 3 gennaio, infine, è prevista una riunione di tutte le Regioni a Roma, nella sede della Regione Lombardia e in quella sede si esamineranno tutti questi atti per un necessario coordinamento.
Tutte le Regioni, poi, si sono impegnate a procedere, dopo il 3 gennaio, ad una verifica e discussione all'interno dei singoli Consigli regionali.
Ho già pregato il Presidente del Consiglio di voler affrontare, dopo il 3 gennaio, all'interno dell'Ufficio di Presidenza e della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari, l'opportunità di convocare una serie di incontri e di dibattiti per dare una spinta ulteriore a questa azione.
In questo momento, come già detto, la nostra azione deve essere condotta non soltanto all'interno dei singoli Consigli, ma anche all'esterno, nel Paese.
La volontà del Governo, rispetto all'obiettivo del completamento delle competenze, dovrà essere verificata.
Come in tutti i governi, infatti, anche all'interno di questo governo vi sono delle diverse posizioni, come quella, per esempio, del Ministro Morlino o quella dello stesso Presidente del Consiglio Andreotti, che si collocò in modo positivo, al momento della formazione del governo, rispetto alle istanze regionaliste.
Vi sono, invece, altre dichiarazioni di Ministri, che manifesterebbero su alcuni problemi, delle perplessità ad esempio nel campo dei beni culturali, dei lavori pubblici, dell'agricoltura.
Vi è inoltre l'esigenza di far conoscere tempestivamente a tutte le forze politiche gli elaborati che le Regioni produrranno, non in contrapposizione alla Commissione Giannini, ma, come lo stesso Morlino ha detto, partendo proprio dalle conclusioni della Commissione Giannini.
Nel frattempo le Regioni hanno avuto un altro incontro con il Ministro ed hanno richiesto che la determinazione degli schemi non fosse rimessa ai singoli Ministeri, dove si troverebbero le maggiori resistenze antiregionaliste, ma affidata all'Ufficio delle Regioni presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Non abbiamo nessuna ragione di dubitare, a questo punto, che per la metà o quanto meno per l'estate del 1977, al limite per l'autunno, questo iter, finalmente, non sia concluso.
Dobbiamo dire inoltre che ci è parso di cogliere che il Governo sia favorevole ad una soluzione vera, alla chiusura cioè di questa disputa che per noi assume grande importanza.
Alcuni hanno manifestato delle perplessità sull'effettiva soluzione del grosso nodo relativo al rapporto tra Stato ed Enti locali senza la preparazione di una legge-quadro comunale e provinciale che, unitamente alla 382, avrebbe realmente risolto il problema.
Ma dobbiamo considerare che cercare di risolvere il problema di tutta la finanza locale, nell'insieme, appare suadente, ma sarebbero necessari parecchi anni e non si risolverebbe intanto il problema del completamento delle competenze regionali.
Le Regioni, pur definendo interessante la tesi della riforma di tutto l'assetto finanziario e istituzionale delle autonomie, sono state dell'avviso che oggettivamente ciò rappresentava un grosso pericolo per la soluzione di questa fase urgente.
Noi riteniamo che a questa elaborazione inerente alla 382 debbano partecipare, insieme, le Giunte ed i Consigli e l'incontro di Milano si svolgerà con un perfetto equilibrio fra Giunte e Consigli: ci saranno alcune relazioni da parte delle Giunte e le Commissioni di lavoro saranno presiedute da Presidenti del Consiglio, o da loro delegati.
Si è ritenuto, così, di evitare il rischio di emarginare i Consigli e le forze politiche che in essi operano.
Sarebbe stata una cosa grave (l'emarginazione dei Consigli) e si è cercato di evitare ciò, affidando, come ho detto dianzi, la direzione delle Commissioni di lavoro ai Consigli e, invece, le relazioni alle Giunte.
In tal modo si è raggiunto un soddisfacente risultato per un incontro al quale parteciperanno sia le Giunte che i Consigli regionali del nostro Paese.
Se tutte le forze politiche autenticamente regionaliste - e sono moltissime nel nostro Paese - opereranno con forza, con prudenza, con saggezza, un risultato positivo, certamente, si avrà.
Si tratta, quindi, da questo momento fino a giugno, di operare in quel contesto, seriamente, su problemi concreti e sulle ipotesi concrete.
Qualche ritardo è inevitabile, magari vi saranno anche degli spazi vuoti che bisognerà riempire, ma occorrerà operare senza accentuazioni polemiche, in una posizione di dialogo, in un confronto continuo con il Governo che, peraltro, ha dimostrato la sua disponibilità al riguardo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Ho seguito con particolare interesse la relazione del Presidente della Giunta, anche se, visto che era stata preannunciata in due o tre Consigli mi aspettavo qualche cosa di più di una semplice informazione che ha per avuto il merito di aggiornarci sugli ultimi passi della legge 382. Mi pare di avere constatato anche che la polemica sullo scivolamento dei sei mesi e dei nove mesi è stata risolta "all'italiana", perché è vero che si è scivolato soltanto di sei mesi, ma di fatto, dato che diventerà operante la proroga alla fine di dicembre, vuol dire che da settembre a giugno i nove mesi sono passati ed auguriamoci che siano stati fecondi.
Voglio anche fare una constatazione cercando però di limitare al massimo il mio intervento perché ritengo che sulla validità della 382 siamo tutti perfettamente d'accordo; come siamo anche d'accordo sulla necessità di arrivare al più presto al completamento del trasferimento dallo Stato alla Regione delle funzioni amministrative ed alle ulteriori deleghe che diano organicità a queste funzioni amministrative trasferite. Prendiamo anche atto, dalla comunicazione fatta dal Presidente, che ad una Commissione della Regione Piemonte è stato dato l'incarico (una specie di contro-commissione rispetto alle sotto-commissioni della Commissione Giannini) di studiare i rapporti della Regione con la comunità nazionale e con la CEE. E' un impegno notevole, anche perché ci rendiamo conto che la 382 ha l'importante funzione di facilitare, anzi, di condurre in porto, mi auguro, la riforma dell'amministrazione centrale dello Stato oggi impegolata a livello burocratico per dei motivi non imputabili ai singoli operatori, ma ad una macchina che è diventata mastodontica e non più rispondente alle esigenze di una società più articolata ed ai reali poteri rimasti in mano all'amministrazione centrale dello Stato. Noi ci auguriamo che si arrivi, attraverso la 382, a fare dell'amministrazione centrale dello Stato uno strumento più agile che serva per un coordinamento delle politiche regionali e che nello stesso tempo - e mi pare che questa sia una finalità non secondaria - serva di supporto agli organi governativi ed al Parlamento per una politica di più vasto respiro a livello europeo.
Fatta questa considerazione sulla validità e sulle attese a livello nazionale ed a livello internazionale ed europeo legate alla legge 382 vorrei soffermarmi brevemente a sottolineare una parte che, a mio modo di vedere, non è mai stata sufficientemente sottolineata in questa sede nelle varie relazioni che abbiamo sentito dal Presidente della Giunta, in merito agli incontri avvenuti a livello romano tra le Regioni e nei contatti diretti con il Ministro Morlino Intanto devo dire bravo al Ministro Morlino perch l'istituzionalizzazione dei rapporti tra Regione e Governo centrale in merito alla 382 è molto più riduttiva di quanto il Ministro Morlino non abbia saputo fare, infatti l'art. 8 della 382 per le norme delegate si limita a dire che le Regioni sono chiamate a far pervenire, entro 60 giorni dal momento in cui il Governo manderà la bozza delle norme che intende delegare, le loro comunicazioni in merito. Niente, invece, è previsto dalla legge per quanto riguarda queste forme di incontri e di collaborazione effettiva che si sono instaurate in questi mesi. Però c'è un grosso pericolo che è stato evidenziato anche recentemente al Congresso nazionale dell'ANCI: che le Regioni, magari senza volerlo, finiscano per farsi carico in maniera distorta della difesa delle autonomie locali che, quanto meno a livello territoriale, chiamiamo minori (parlo delle Province e dei Comuni) poiché l'art. 1 della 382 alla lettera e) prevede, tra l'altro, che si addivenga all'attribuzione diretta di compiti agli Enti locali Comuni e Province. In merito al dettato della lettera e) dell'art. 1, la Commissione Giannini si è eclissata, o addirittura ha dato dei giudizi che non possono essere accettati, lo dico per la rilevanza che questi giudizi, se accettati integralmente anche dalla Giunta regionale (su questo avremo il piacere di ottenere una risposta), potrebbero avere nei rapporti fra la Regione come istituto e gli Enti locali.
La relazione Giannini, partendo dall'esame della situazione esistente fra gli Enti locali (non parliamo soltanto di finanze, ma di inadeguatezza di compiti, superamento di quelli che erano i compiti istituzionali per i Comuni ed in modo particolare per le Province), propende verso l'attribuzione alle Regioni anche di quei compiti che in linea di massima potremmo riconoscere come compiti specifici dei Comuni e delle Province con l'invito alle Regioni a delegarli obbligatoriamente ai Comuni ed alle Province.
Questa è una maniera assolutamente distorta di interpretare le autonomie locali che non ci sentiamo di condividere e che ritengo la Regione come istituto non possa condividere.
Per cui faccio rilevare che faremmo male, in nome dell'efficientismo e della necessità di arrivare comunque al più presto, senza mettere ulteriori pastoie, alla definizione dei rapporti fra fo Stato e le Regioni, se finissimo per fagocitare anche i problemi che interessano i Comuni e le Province.
Tralascio molte cose e concludo con questa considerazione: naturalmente, quando vediamo annunciati questi argomenti all'ordine del giorno dobbiamo immaginare un po' quello che il relatore ci dirà, per cui si finisce per preparare alcuni appunti.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Era una comunicazione operativa perché andremo poi all'incontro.



MARTINI Mario

Comunque in questa sede avevamo preso l'impegno, su esplicita richiesta del Gruppo del PSDI (mi pare del Consigliere Cardinali) di sviluppare un discorso sul ruolo dell'Amministrazione provinciale. Questo è stato detto tre o quattro mesi fa, ci sono state delle iniziative in questo settore assunte dall'Amministrazione provinciale. Ritengo che le forze politiche debbano farsi carico di esprimere un giudizio politico sull'Ente Provincia così come è concepito e su come configurano l'Ente Provincia nella riforma globale delle autonomie locali.
Sebbene l'art. 8 della legge 382 non preveda alcun momento istituzionalizzato di consultazione delle associazioni unitarie dei Comuni e delle Province, vorrei che la Regione se ne facesse carico. Abbiamo l'ANCI e l'UNCEM regionali, abbiamo altre associazioni unitarie a livello provinciale che dovrebbero essere sentite perché non vorremmo, dopo il 30 giugno, essere chiamati in causa come istituto regionale per avere espresso dei pareri che assolutamente non si inseriscono in una corretta riforma che non comprima, ma esalti le autonomie locali.
Ho voluto fare queste considerazioni di carattere più particolare perché nel momento in cui richiamiamo, giustamente, le forze governative alla corretta applicazione di quanto previsto dalla 382, dobbiamo anche farci carico di quelli che sono i nostri compiti specifici che ci impegnano davanti alla comunità regionale, compiti che solo in apparenza si rivolgono al particolare, ma che sostanzialmente diventano determinanti per far sì che l'applicazione della 382 raggiunga quelle finalità che il legislatore il Parlamento italiano si è proposto quando ha accettato le istanze, che un po' da tutte le forze politiche sono pervenute, di rivedere a fondo il problema delle autonomie locali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, sulla 382 abbiamo avuto occasione di intervenire più volte in questo Consiglio e devo rilevare che tutti gli interventi svolti dai colleghi dei vari Gruppi nelle diverse occasioni hanno assunto caratteristiche marginali, nel senso che il Consiglio regionale non ha mai discusso direttamente il problema e le questioni relative alla 382, fatta eccezione per il convegno indetto dalla Presidenza del Consiglio regionale e dalla Presidenza della Giunta sul rapporto tra le Regioni e la Comunità Economica Europea. In sostanza, il Consiglio regionale non ha mai affrontato in modo specifico la vasta problematica definita appunto come la seconda fase costituente regionale.
Abbiamo a suo tempo criticato ed abbiamo continuato a farlo per tutto il corso della prima legislatura (e continuiamo a farlo tuttora), abbiamo criticato, dicevo, le forme e la sostanza del trasferimento dei poteri alle Regioni avvenuto con i decreti delegati del 1972 ed abbiamo sollecitato in più occasioni una legislazione nazionale che consentisse e che consenta, in attuazione della norma costituzionale, la creazione di quello stato regionale delle autonomie che si può realizzare solo con il definitivo decollo delle Regioni. Mi pare incontestato il fatto che il mancato decollo delle Regioni sia dovuto essenzialmente a due cause, entrambe riconducibili ad una diffusa mancanza di volontà politica diretta al loro effettivo inserimento nel quadro legislativo e programmatico dello Stato nazionale.
Queste due cause sono: il non riconoscimento dei poteri propri delle Regioni, poteri limitati ma pieni ed individuabili attraverso un'interpretazione dinamica della norma costituzionale e la mancata assegnazione alle Regioni delle risorse necessarie alla loro azione legislativa e programmatica unita al costante ricorso da parte governativa e dello stesso Parlamento nazionale, al puro e semplice trasferimento di fondi con finalità rigidamente individuate e delimitate.
Avevamo anche espresso dei dubbi, prima dello scioglimento delle Camere, sulla possibilità che la 382 potesse essere attuata nei tempi previsti e ricordo perfettamente che avevamo auspicato, sia pure inutilmente, che nonostante lo scioglimento del Parlamento e nonostante le elezioni anticipate, senza ricorrere a proroghe della delega legislativa e sia pure con qualche inevitabile ritardo, le Regioni fossero messe in condizioni di operare senza quei condizionamenti che l'incertezza legislativa e la totale assenza di leggi quadro hanno sino ad ora provocato.
E' chiaro che i viaggi di andata e ritorno da Torino a Roma di molte leggi regionali sono costosi in termini di credibilità e di fiducia della Regione nei confronti di uno Stato le cui tendenze accentratrici sono sempre in agguato, vive e vitali e non certo facili da superare, e della stessa Regione nei confronti della collettività con implicazioni che toccano la stessa natura dello sviluppo democratico.
La legislazione regionale, come avemmo occasione di dire quando venne a Torino, mi pare un paio d'anni fa, l'allora Ministro per i rapporti con le Regioni, Toros, finisce con l'identificarsi con provvedimenti di mera attuazione della legislazione nazionale e con una sorta di attività legislativa che non si discosta molto, se non in termini nominalistici, da una produzione di carattere amministrativo che peraltro è tipica degli Enti locali territoriali. Gli esempi sono molti, basti ricordare l'andirivieni della legge sull'inquinamento delle acque che andò e ritornò di qui a Roma più volte, con le trattative (che mi ricordano di molto quelle che venivano fatte al tempo della G.P.A. tra le Amministrazioni comunali e provinciali ed il Prefetto) per l'approvazione della legge; per esempio, la legge sul controllo degli atti degli Enti locali, per la quale si dovette instaurare una vera e propria trattativa a livello del vecchio rapporto Provincia Comune e G.P.A., il rigetto, per esempio, della legge sull'assistenza scolastica.
Non sono così ottimista come il Presidente della Giunta circa la possibilità che la proroga dei sei mesi possa essere rispettata, direi neanche in nove mesi, perché non bisogna dimenticare che proprio alla scadenza seguiranno luglio, agosto, settembre, poi arriveranno le festività di Natale (dell'anno prossimo, naturalmente) e quindi io, uno che ci crede così, lo potrei definire, quanto meno, un giocherellone.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Non ho motivi per non credere.



CALSOLARO Corrado

. e sarei anche pronto a scommettere sul fatto che probabilmente (mi auguro di no) fra un anno saremo ancora qui a discutere di questa 382. Lo ha fatto rilevare anche il collega Martini: se noi facciamo i conti vediamo che sono 160/170 giorni ed i sei mesi sono già passati. Poi ripeto, c'è il periodo feriale, il mare, la montagna, siamo già a settembre ottobre, sarei allora molto meno ottimista. Credo che sia necessario un impegno molto serio delle Regioni in questo senso.
Per quanto riguarda, invece, i termini più propriamente operativi, in relazione a quello che ha detto il Presidente della Giunta (e che corrisponde peraltro a quanto è stato pubblicato su "Notizie"), la Regione Piemonte ha due compiti in rapporto al convegno del 28 e 29 gennaio a Milano, e cioè: la partecipazione ai lavori del gruppo per il territorio ed il coordinamento di un altro gruppo di lavoro (i gruppi di lavoro sono sei), quello del secondario, del terziario e della CEE. Sarebbe bene specificare che cosa si intende per partecipazione della Regione. La Giunta, il Consiglio, una Commissione, non lo so: però a me pare che per il convegno del 29 gennaio, atteso l'impegno che ha assunto la Regione in ordine ai lavori delle due Commissioni, sarebbe opportuno che, sia per quanto riguarda la sezione territorio, sia per la sezione secondario terziario e CEE, il Consiglio regionale fosse chiamato ad un dibattito per esprimere quindi una sua opinione (intendo su questi due settori specifici sui quali la Regione è chiamata ad un'espressa partecipazione ed elaborazione). Naturalmente dopo il 29 gennaio inizierà l'esame, se arriveranno, me lo auguro; il Presidente è convinto, forse, io magari un po' meno.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ma non ho motivi per non crederlo.



CALSOLARO Corrado

Esprimo delle opinioni, non profetizzo, anche se non è difficile profetizzare. L'esame dei decreti avverrà quando arriveranno gli schemi relativi.
Concludo dicendo che, comunque, si lega alla 382 il problema della cosiddetta riforma della legge comunale e provinciale, anzi, se il Presidente della Giunta permette, direi, più che della riforma della legge comunale e provinciale, dell'abrogazione della legge comunale e provinciale e dell'approvazione di una nuova legge sulle autonomie locali che dia spazio alle Regioni. Esse dovrebbero, nell'ambito della cornice, riempire di contenuto la legge quadro sulle autonomie locali.
Voglio solo fare, se mi consente, una rettifica a quanto ha detto il collega Martini: la questione della Provincia è stata posta dal Gruppo PSI e non dal Gruppo PSDI: basta leggere il notiziario per prendere atto che sia in sede nazionale, sia in sede regionale il problema della Provincia è stato posto dal Gruppo socialista.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Mi attengo al tema iscritto all'ordine del giorno, cioè prendo atto delle comunicazioni sullo stato attuale della 382, cercando di non ripetere le argomentazioni che già sono state svolte, ed astenendomi dall'intervenire in quella che potrebbe anche essere sollecitata presa di posizione e di coscienza di questo problema.
A differenza dall'amico Calsolaro, non mi preoccuperei molto del periodo di nove mesi o un anno: l'importante è che finalmente arrivino dei decreti delegati che siano perfettamente chiari e precisi, tali da rendere possibile il funzionamento della Regione. La fretta, molte volte, come abbiamo sperimentato noi stessi a proposito di talune leggi che abbiamo approvato, finisce con il recare svantaggio anziché vantaggio. Non mi scandalizzerei affatto se queste disposizioni divenissero funzionanti solo a partire dall'inizio del gennaio '78, purché al più presto possibile signor Presidente, si abbiano schemi definitivi, non più traballanti, e la conclusione dei lavori fatti dalla cosiddetta Commissione Giannini, che abbiamo conosciuto, sia utilizzata, sia inquadrata in modo che sappiamo che cosa dobbiamo dire di ciascuna delega.
Parlo di un aspetto del tutto particolare. Intanto, rivolgo rispettosamente una domanda: com'è formata questa Commissione della Regione Piemonte, cui è affidato il compito, abbastanza importante, di parlare del territorio, ed inoltre delle questioni non meno importanti del turismo e via dicendo? Vorrei saperlo, e nel contempo vorrei informare di una situazione che non so se sia a conoscenza precisa del signor Presidente della Giunta e di questa Commissione. Lo schema Giannini, che è contrastato, per quanto attiene al settore dell'agricoltura, dal Ministro Marcora, concerne, tra gli altri, i problemi dei Parchi nazionali italiani che sono quello del Gran Paradiso, quello d'Abruzzo, quello del Circeo quello della Calabria, sostanzialmente inesistente perché inoperante da quattro o cinque anni, per quanto creato ormai attraverso legge, e quello dello Stelvio, ripartito, cioè delegato, in parte alla Provincia di Bolzano, in parte a quella di Trento e in piccola parte non alla Provincia di Sondrio, perché non avrebbe competenza di gestirla, ma ancora allo Stato italiano.
Accanto a questo elaborato, dal quale abbiamo potuto prendere conoscenza delle norme delegate prevedibilmente esaminate da questa Commissione, vi è un disegno di legge - attualmente all'esame della Regione a Statuto autonomo della Valle d'Aosta, che dovrà poi tornare con il parere del Consiglio regionale alle Commissioni competenti dei due rami del Parlamento, probabilmente in sede legiferante, e quindi con rapidità di conclusione - che all'art. 5 prevede la costituzione di un consorzio di gestione del Parco nazionale del Gran Paradiso, fatto tra lo Stato e la Regione autonoma della Valle d'Aosta, trascurando completamente non soltanto la Provincia di Torino, che è stata pronuba nella costituzione del Parco nazionale del Gran Paradiso (perché fu la Provincia di Torino pronuba nella costituzione del Parco nazionale, nel 1919-1920), ma anche la Regione Piemonte, la quale su questo argomento, che attiene anche al territorio alla regolamentazione del territorio, oltre che al problema dei beni culturali, oltre che ai beni della difesa di una fauna e di una flora di notevole interesse e pregio, ha pure qualche cosa da dire.
Certamente, però, signor Presidente della Giunta, se questa Commissione che deve riferire al convegno di Milano e successivamente agli organi governativi, non terrà conto della contemporaneità di queste diversificanti prese di posizione del Governo - perché è il Governo che diversifica, con una proposta di legge di delega alle Regioni a Statuto autonomo e un'altra invece di delega alle Regioni a Statuto ordinario -, creeremo un ulteriore caos: di un bene di notevole rilievo e di grandissima importanza che sta affondando miseramente nei debiti, in relazione ai crescenti costi della mano d'opera e del personale, per cui proprio in questi giorni si è presentato un bilancio deficitario dell'ordine di grandezza di 500 milioni.
Badi, signor Presidente, che non siamo a livello di bilancio della Regione ma a livello di un bilancio che, a volerlo dilatare al massimo, per vivere arriva al miliardo, ma siamo in deficit di oltre 400-450 milioni proprio per queste situazioni.
Di qui la mia raccomandazione di voler investire questa Commissione del particolare argomento perché ne tenga conto tempestivamente.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossi. Ne ha facoltà.



ROSSI Luciano

Sembra anche a me che ormai per quanto attiene ai tempi si sia detto fin troppo, e quindi non insisto ulteriormente su questo concetto. A me pare che sei mesi di tempo siano sufficienti per arrivare in porto, se esiste la volontà politica di dare concretezza a quel processo di riforma complessiva che non tocca solamente le Regioni, ma, partendo dalle Regioni investe da un lato le strutture centrali dello Stato, i Ministeri, e dall'altro lato gli Enti locali in tutta la loro articolazione, con i Comuni e le Province.
A mio modo di vedere, l'errore di fondo in cui siamo caduti, se di errore si può parlare, a proposito della 382, è stato quello di interpretarla da una parte non come questione di riforma complessiva dello Stato, ma quasi come un aspetto burocratico che interessa un rapporto Governo-Regioni. Questo è stato il più grave limite che le forze autonomiste hanno avuto per un periodo di tempo, anche perché quando la questione aveva raggiunto la fase di maggior interesse, la campagna elettorale l'ha relegata in secondo piano. Lo stesso lavoro della Commissione dei Sessanta in Parlamento non ha avuto in sede politica parlo delle forze autonomiste, quindi di tutto l'arco costituzionale, a questo riguardo - quel rilievo che avrebbe meritato. C'è stata una certa caduta di attenzione in quanto da una parte si è interpretata la soluzione della questione in termini verticistici, dall'altra come un problema che riguarda le Regioni ed il Governo e non invece l'insieme della struttura dello Stato, delle forze politiche e sociali.
In queste condizioni mi pare che per un lungo periodo di tempo il momento politico abbia un po' ignorato la 382. E sì che il materiale prodotto dalla Commissione Giannini, gli atti parlamentari della Commissione dei Sessanta costituiscono già una documentazione ponderosa dalla quale i Consigli regionali, i Consigli comunali, almeno quelli delle città più importanti, e i Consigli provinciali avrebbero dovuto poter trarre tutti gli elementi necessari per farsi promotori di un dibattito più vivo alla periferia su questa nuova struttura che si vuol dare allo Stato in tutte le sue articolazioni.
Ben venga, allora, questo convegno di Milano, ben vengano altre consimili iniziative che la Giunta ed il Presidente vorranno assumere a livello della nostra Regione per investire della questione i Comuni e le stesse Province. Perché è pur vero che, come diceva il Consigliere Martini nelle proposte Giannini vi sono remore ai fini degli Enti locali, che comporterebbero, se passassero così come formulate, implicazioni dannose.
Non vorrei che, in carenza di una legge sulle autonomie (che potrebbe anche essere approvata rapidamente, perché ci sono alcuni progetti già pronti alla Camera, comunista, socialista, democristiano ed altri ancora, per cui basterebbe per vararla la volontà politica del Governo al fine di definire il nuovo assetto delle autonomie previsto dalla Costituzione). Ripeto, non vorrei che in carenza della legge sulle autonomie, la 382 determinasse vincoli nuovi agli Enti locali, che sminuirebbero le istituzioni di base dello Stato - non parlo di questioni amministrative, ma di compiti e funzioni in uno Stato democratico.
Anche in questo senso il problema è soltanto di volontà politica da parte dei partiti dell'arco costituzionale in quanto tali e delle forze autonomistiche presenti in tutte le istituzioni. Siamo arrivati al momento in cui il pluralismo, se questo termine ha un significato politico preciso non può essere più un'enunciazione, ma dev'essere il concetto per dimostrare la volontà effettiva della costruzione, attraverso la 382, di quello Stato cui da anni tutti aneliamo, nello spirito della Costituzione.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Il Presidente della Giunta ci ha detto cose che, purtroppo, in parte già sapevamo ed ha messo in evidenza un'inadempienza che non è certamente addebitabile alle Regioni né a scarso impegno dei regionalisti. L'attesa ansiosa dichiarata dal Presidente di leggere finalmente sulla "Gazzetta Ufficiale" il tanto atteso comunicato è chiaro indice delle condizioni in cui si finisce con l'essere.
Sono pienamente convinto che non vi sia uomo più adatto del nostro Presidente a svolgere una tenace opera di pressione presso il Governo per indurlo ad adempiere i propri compiti, e che possiamo dargli, per l'impegno in questa direzione, tutta la nostra fiducia.
Attendiamo di poter entrare nella questione di merito allorch l'insieme dei provvedimenti verrà sottoposto all'esame di questo Consiglio.



PRESIDENTE

Nessun altro Consigliere desidera intervenire? Allora, la parola al Presidente della Giunta per la replica.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, già all'inizio della mia comunicazione avevo fatto presente che avrei tenuto la mia esposizione entro certi limiti, poiché vi è la prospettiva di un lungo dibattito prima che si giunga alla conclusione degli schemi, e quindi non era certo il caso di entrare ora nel merito dell'adempimento governativo, che implica problemi grandi ed impegnativi che hanno richiesto ed ancora richiedono mesi di discussioni. Dagli interventi sono però emerse molte osservazioni interessanti, che mi inducono ad una breve replica.
Il problema delle Province l'abbiamo affrontato, insieme alle Province piemontesi, fin dal mese di settembre. In quell'occasione si prese l'impegno, che ho poi visto assolto dalle Province, di un dibattito all'interno della comunità per quanto riguardava proprio la problematica della Provincia, la sua collocazione futura. Per il 22 di gennaio è previsto un incontro-convegno a Torino, alla sala del Federagrario di Corso Stati Uniti, con relazioni specifiche di Presidenti o di Amministratori provinciali. La Giunta farà sentire in quell'occasione la sua voce. Inoltre la Giunta prevedeva di proporre al Consiglio un convegno per il giorno 21 sempre nella sala di Corso Stati Uniti - ne avremmo dato l'annuncio in questi giorni, alla conferenza dei Presidenti dei Gruppi che ci pareva la sede più idonea allo scopo -, proprio per svolgere quell'azione esterna di cui ho parlato prima, accomunando i due punti di vista sul problema, quello regionale, e quello, con intervento di una voce della Regione, delle Province. I due momenti, dunque, si comporranno tra il 21 ed il 22 gennaio.
Devo dire che il mese di gennaio sarà abbastanza fitto di incontri, di studi, di problematiche, visto che è in programma anche un convegno per quanto riguarda la problematica dei Comprensori, che si lega all'esistenza della Provincia.
Ha già precisato il collega Calsolaro che il PSI è stato il primo a sollevare il problema relativo alle Province. Quello che importa, comunque è che il problema sia stato posto. Devo dire, peraltro, che non ho alcun motivo per pensare che il Governo rimarrà costantemente inadempiente rispetto ad una decisione presa in Parlamento da tutte le forze politiche che l'hanno espresso. Perché evidentemente c'è un termine all'inadempienza: in Tribunale è la sentenza, con la quale si sancisce, in Parlamento ci sarà un altro termine, allo scadere del quale le forze politiche verificheranno se l'ipotesi che è stata formulata, cioè dell'assunzione diretta da parte del Parlamento del trasferimento a mezzo di una propria norma, sia o no quella più idonea. L'inadempienza non può costituire la regola fissa: ci sarà pure una sentenza che porrà termine ad essa. Quindi, ritengo che non si possa, da parte di un Presidente di Giunta e tanto meno da parte di qualche Consigliere, porre in dubbio preventivamente che un Governo in carica nel nostro Paese adempia un impegno sancito con legge, pensando che esso possa vanificare una norma votata da tutte le forze politiche. Mi rifiuto di credere ad una tale eventualità, e ho fiducia invece che la volontà politica di tutte le forze che si sono espresse con quel voto di rinnovo riuscirà ad impedire che essa si verifichi.
Il muro che abbiamo di fronte è variamente composito: in esso non individuerei solo la burocrazia, ma individuo forze politiche, forze economiche, forze conservatrici, quanti hanno interesse a mantenere lo Stato nella sua attuale strutturazione. Ha ragione Rossi quando dice: "Occorre scomporre questo Stato in tante tessere e poi ricomporre il mosaico". Vi sono però molte forze che a questo si oppongono. Solo una tenace volontà politica in quella direzione potrà alfine ottenere un risultato positivo: se mancasse questa volontà, non ci sarebbe alcuna speranza di modificare le cose, ma allora non avremmo alcuna ragione di continuare la nostra attività regionale.
Per quanto concerne il Parco, è noto che parte di esso è in territorio della Regione Piemonte e parte in territorio della Regione Valle d'Aosta.
Lo Stato si sostituirebbe per la parte che fa capo alla Regione Piemonte.
Infatti, mentre è prevista la partecipazione della Regione Valle d'Aosta non si fa menzione di partecipazione della Regione Piemonte. Si tratta insomma, di una surroga - non c'è altra espressione adatta per il caso specifico - dello Stato all'attività regionale, inammissibile per certo verso, e che ci proponiamo di verificare nella Commissione della quale facciamo parte non come attori di primo piano ma come comprimari con altre Regioni (mentre è primaria la Regione Campania, rappresentata dall'amico Acocella, Assessore alla pianificazione e alla gestione urbanistica di tale Regione).
Dobbiamo dar prova in questo periodo della maggiore unità possibile in merito a tutti questi problemi: dalle acque alle strade, all'energia all'agricoltura nel suo complesso. Perché lo stesso Ministro Marcora mi manifestò dei dubbi, al convegno di Verbania, e la stessa cosa fece il Ministro Pedini, parlando con me tempo fa alla Biblioteca Nazionale, qui a Torino, e a Stresa il Ministro dei Trasporti. Come ho già detto, ogni Governo è portatore di varie componenti e composizioni anche, direi, di natura ideologica verso i problemi, e a questa regola non si sottrae certamente il Governo Andreotti.
Ma dobbiamo essere consapevoli che, se una certa volontà politica di tutte le forze non si affievolirà, qualche risultato si otterrà certamente.
Anche perché il Parlamento è cambiato, e la Commissione parlamentare per le questioni regionali, sostanzialmente modificata, comprende ora nomi illustri di personalità provenienti dalle varie Regioni: Fanti, Bassetti Mancino, Conti, il Sottosegretario Del Rio, tutti ex Presidenti o Amministratori di Regioni, i quali tutti porteranno l'esperienza che hanno vissuto nelle Regioni all'interno dei Ministeri, all'interno del Parlamento stesso. Proprio in considerazione di ciò, sento di poter dire, per non ripetere letteralmente il "nutro fiducia" di Facta, che "siamo fiduciosi".
Il nostro atteggiamento è pertanto di realistica attesa, nella consapevolezza però che un Governo deve pur adempiere un voto del Parlamento.



PRESIDENTE

Conclusa la discussione sulla comunicazione del Presidente della Giunta, possiamo passare al punto successivo dell'ordine del giorno.


Argomento: Ordinamento regionale - Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Esame mozione DC-PRI relativa ad interpellanze su consulenze e personale


PRESIDENTE

Il punto sesto all'o.d.g. reca: "Esame mozione DC-PRI relativa ad interpellanze su consulenze e personale".
Qualcuno desidera illustrare la mozione? Chiede di parlare il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, signori Consiglieri, la mozione che abbiamo a suo tempo presentato con il Gruppo repubblicano, al termine del dibattito sulle risposte alle nostre interpellanze, ha lo scopo di ricercare, sugli argomenti del personale e delle consulenze, una chiarezza che fino ad ora è mancata a questa Giunta.
Diciamo subito che, per parte nostra, non intendiamo, in questa occasione - a meno che non vi siamo costretti - approfondire puramente e semplicemente la polemica. Perché non vi sia possibilità di equivoco preciso che se non faremo le osservazioni che a suo tempo ci eravamo appuntati, anche perché siamo ormai entrati nell'atmosfera prenatalizia questo nostro atteggiamento conciliante non è certo determinato dal fatto che il Presidente ha dichiarato, giorni fa, ad un giornale: "L'opposizione può muovermi tante critiche, ma questo del personale è il tasto sbagliato per attaccarmi". Non riteniamo affatto che sia un tasto sbagliato, ma lo consideriamo un tasto su cui è opportuno soffermarsi a discutere. Il motivo per cui abbandoniamo la polemica è piuttosto un altro: è nostro intendimento denunciare le cose che non vanno, ma soprattutto costruire. E vogliamo pensare che finalmente questo dibattito rappresenti un punto fermo per costruire, per dare certezza a troppe cose incerte nella materia.
Passo allora ad indicare immediatamente i problemi.
Applicazione dell'art. 72. Si sono fatte molte parole. Vi è un ordine del giorno del 6 novembre 1975 di questo Consiglio regionale. Dal Presidente della Giunta sono state date varie assicurazioni sulla risoluzione del problema, prendendo anche come punto di partenza solamente questa data, del 6 novembre 1975, a tredici mesi da quel giorno che cosa ci dice la Giunta in proposito? Legge sul riconoscimento del titolo di studio al personale inquadrato nei ruoli regionali, legge 31/5/1976. Questa legge era stata votata a seguito di presentazione di un progetto di legge del Gruppo democristiano.
Il Governo l'ha rinviata a nuovo esame del Consiglio regionale con osservazioni. La Giunta per alcuni mesi non ha preso alcuna iniziativa, a meno che l'abbia fatto nella seduta di Giunta del 14 dicembre, per la quale l'argomento era all'ordine del giorno. Se questa iniziativa è stata presa se questo disegno di legge verrà in discussione in Consiglio, saremo lieti che la nostra iniziativa, i nostri dibattiti abbiano avuto in questa materia l'effetto di stimolo e di pungolo.
Sulle assunzioni a carattere provvisorio. A seguito delle prime critiche rivolte a suo tempo dall'opposizione, la Giunta, in data 26 novembre 1975, aveva adottato una delibera "Provvedimenti di ordine generale". Abbiamo la sensazione che non sempre a questa delibera si sia fatto riferimento, specie per quanto attiene alla sostituzione nelle qualifiche funzionali. Sarà bene avere garanzie in proposito. E riteniamo proprio per questo, perché non c'è stato rigoroso rispetto di questa delibera, che non si sia risposto in merito al punto quarto dell'interpellanza da noi presentata a suo tempo. Per questo tipo di assunzioni siamo in attesa di concorsi (Bollettino Ufficiale n. 34 del 17 agosto). Ci riserviamo di intervenire, se del caso, a prove espletate. Per intanto cerchiamo di allontanare da noi certi impertinenti pensieri che ci sono balzati alla mente nel leggere particolari requisiti che sono richiesti, particolari e brevi esperienze che sono richieste in riferimento ad ogni specifico bando. Ma rinunciamo a riprenderli. Se però si manifesteranno non poi tanto impertinenti questi nostri pensieri, saremo costretti a ritornare sull'argomento. L'accettazione da parte del Gruppo democristiano e dei Consiglieri democristiani di partecipare alle Commissioni di prova per le assunzioni a carattere provvisorio vuol essere appunto il contributo del nostro Gruppo alla ricerca di migliori energie e capacità del personale regionale.
Sulle consulenze abbiamo sufficientemente sviluppato il discorso in precedenza, nel dibattito relativo alla nostra interpellanza. Su questo punto abbiamo però la sensazione che la Giunta non abbia troppe intenzioni di modificare il suo atteggiamento. Citiamo qualche esempio preso a campione.
Delibera del 13 settembre, con la quale si affida al signor Carlo Repetto l'incarico di progettazione ed assistenza tecnica delle opere da realizzarsi in materia di forestazione nel Comprensorio di Torino. Non vi è, ci chiediamo, un Ispettorato forestale per assolvere questi compiti, non vi sono degli Ispettori forestali, che, a quel che ci risulta, in Piemonte hanno una spiccata capacità ed una notevole esperienza? Delibera del 2 novembre: compiti di Commissione legge urbanistica conferimenti di nuovi incarichi di studio per l'applicazione della legge urbanistica, spesa presunta 45 milioni. A noi non risulta che ci sia una legge urbanistica votata dal Consiglio regionale, promulgata, pubblicata sul Bollettino Ufficiale. Ebbene, si danno già incarichi di studio, con spesa di 45 milioni, per pratiche che riteniamo siano, qualora dovessero essere effettivamente espletate, di effettiva competenza di funzionari: fare circolari esplicative, fare convenzioni, controlli. Sarebbe interessante sapere se su queste deliberazioni vi sono state osservazioni da parte degli organi di controllo o se sono state passate senza alcun rilievo.
Altro argomento probante in questa materia - un po' la cartina di tornasole, come abbiamo già affermato in Commissione, discutendo quello che bisognerà poi intendersi se chiamare bilancio provvisorio o bilancio di transizione o in altro modo ancora - è quel bel miliardo che troviamo sul capitolo 190 della spesa e che ci fa considerare che la Giunta sulla strada delle consulenze intenda continuare a camminare.
Come già abbiamo detto altra volta, non siamo contrari alle consulenze ma riteniamo che non sia ammissibile che con le consulenze si mascherino assunzioni di persone politicamente qualificate che si sovrappongono alle strutture della Regione, che non si possa, in sostanza, mortificare il personale regionale.
Sottolineiamo con soddisfazione come finalmente, almeno su questo punto, sia pur con tutta la timidezza del caso, almeno uno dei sindacati regionali, la CISL, abbia ritenuto di far sentire la sua voce con un comunicato del 12 settembre. Più volte il sindacato aveva richiesto di poter discutere questi conferimenti di incarichi in via preliminare; ma tale confronto non è mai avvenuto, per volontà dell'Amministrazione regionale, che si è limitata all'informazione sull'atto divenuto esecutivo.
Il nostro Gruppo, il Consiglio lo sa, ha presentato il progetto di legge per regolamentare gli incarichi a sensi dell'art. 81, quarto e quinto comma, dello Statuto, e dell'art. 8 della legge regionale, e su questo desideriamo sentire il parere della Giunta. A sua volta, la legge regionale del 4 gennaio 1973, n. 1, quella sulla quale si basa tutta una serie di consulenze, è sufficientemente chiara. Ci dica, pertanto, la Giunta, se e come intende riportare le consulenze nel loro ambito naturale, che è quello di un'alta qualificazione ed eccezionalità.
Su queste cose - sulla legge per le strutture, ripetutamente annunciata in Consiglio, per la quale non sono mancati i consulenti, che per ora si sono limitati a produrre gli elementi per la predisposizione del disegno di legge - la Giunta esca dall'incerto, dal vago, e dica al Consiglio se effettivamente vuole risolvere, nella correttezza e con celerità, i problemi che ancora sono aperti. Se le intenzioni sono precise e serie, il nostro Gruppo non farà mancare le sue osservazioni, non farà mancare il suo apporto; se viceversa si continuerà nella situazione di incertezza, che è quella che consente all'Esecutivo, da un lato, di operare con molta libertà, avvalendosi di assunzioni, comandi e consulenze, e dall'altro, con la mancata conclusione dell'inquadramento ex articolo 72, di tenere troppi dipendenti in stato, noi diciamo, di soggezione psicologica, tanto che in una lettera indirizzata recentissimamente al Presidente della Giunta ed al Presidente del Consiglio e fatta pervenire anche ai Gruppi consiliari, essi parlano di disagio morale, dovremo riprendere e portare avanti con ogni mezzo e con impegno accresciuto la battaglia che abbiamo iniziato in questo Consiglio.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Ritengo di dover dichiarare, a nome del Gruppo comunista, che questo dibattito in Consiglio viene molto a proposito perché permette finalmente nel clima che la stessa illustrazione del Consigliere Paganelli ha esplicitato, di fare una panoramica delle questioni che riguardano in genere il personale ma soprattutto, direi, delle linee di politica del personale. Il trattare l'argomento solo di scorcio, discutendo alcune questioni isolate, a volte con certe venature polemiche un tantino predeterminate, non avrebbe potuto dare un contributo costruttivo ad un dibattito completo su una questione nodale come questa.
Mentre dichiaro di condividere in questo senso lo spirito con cui il Consigliere Paganelli ha oggi illustrato con precisione una serie di punti cercherò di esprimere la posizione dei comunisti sul problema del personale. Mi sia concesso - senza dilungarmi eccessivamente, così da lasciare che tutti coloro che desiderano intervenire lo possano fare con buona disponibilità di spazio senza che si debba oltrepassare di molto l'ora di chiusura che abbiamo approssimativamente stabilito per una autoregolazione dei nostri lavori - di fare un discorso di una certa ampiezza, che arrivi anche ai punti indicati da Paganelli, partendo per dalle considerazioni di fondo che dobbiamo fare per affrontare correttamente la politica del personale.
A me pare che il punto di partenza sia quello dell'impostazione di un discorso anzitutto su com'è e come vogliamo che sia la Regione, sul processo che, prendendo avvio al momento stesso della nascita dell'istituto regionale, ha fatto a poco a poco emergere in tutti noi una profonda esigenza di trasformazione delle stesse caratteristiche dell'istituto regionale, una trasformazione che preferisco definire progresso. Una politica del personale, con definizione, quindi, anche delle questioni specifiche e minute del personale, non può essere correttamente affrontata se non facciamo preventivamente la discussione su cosa dev'essere la Regione.
Ho parlato di un processo di trasformazione che troviamo largamente presente nelle coscienze, nelle intelligenze delle forze politiche regionali e che potrei definire - proprio per cercar di condensare il concetto per non protrarre il mio intervento oltre la misura ragionevolmente lecita - come passaggio dalla Regione vista come Ente di amministrazione diretta (ed essa ha ancora, e probabilmente dovrà continuare ad avere, una parte consistente di funzioni di amministrazione diretta, che però via via che procede questa trasformazione saranno sempre più relegate ad un ruolo di secondo piano) alla Regione vista come Ente di programmazione, di coordinamento, di promozione.
Questa trasformazione mi pare sia molto importante perché dà il segno di un cambiamento delle stesse concezioni culturali sull'istituto regionale, nato, come tutti sappiamo, ormai è storia, nel 1970, a conclusione di un dibattito che certo non starò ora a rievocare, per economia di intervento. Mi sembra importante perché queste scelte l'indirizzo ed il coordinamento, la programmazione, le deleghe, lo stesso nuovo modo di governare (permettetemi di usare qui questa espressione non a titolo di slogan, ma nei termini corretti della costruzione che la nostra parte politica ha proposto come grande tema ideale, ma la cui realizzazione penso possa raccogliere ormai il consenso di un vasto insieme di forze nuovo modo di governare inteso qui in maniera concreta, come un superamento degli schemi burocratici, dirigisti, amministrativi delle vecchie istituzioni pubbliche e come modo per rispondere profondamente, anche nella struttura dell'istituzione, alle nuove richieste ed esigenze che il Paese reale ha posto a tutte le istituzioni, in particolare alle Regioni fondamentalmente meno compromesse perché nate dopo) - sono essenziali, se vogliamo affrontare correttamente il discorso della politica del personale.
Non si pensi che questa mia introduzione sia un modo di prendere la questione alla lontana. Ritengo che essa, se intesa correttamente, porti ad arrivare con facilità ad alcuni nodi, ad alcune definizioni di prospettiva (una parte delle quali, d'altronde, mi sembra siano largamente contenute nel documento che la Giunta ha consegnato alle forze politiche in previsione dell'avvio della discussione anche in Commissione della legge sulle strutture) e sia un momento importante per cogliere le osservazioni fatte, i rilievi che ci sono stati mossi come contributi, ma anche per chiarirci un pochino tutti assieme le idee sulla necessità di porre mano con tutta la gradualità possibile, alla politica del personale, una politica che non c'è stata e che è tutta da costruire.
Sotto questo aspetto, non voglio assolutamente uscire da quello che mi pare il giusto binario di una discussione del genere, di correttezza anche nei riguardi delle forze politiche che hanno amministrato prima la Regione soprattutto della Democrazia Cristiana. Mi pare, cioè, di non dover esprimere un giudizio di colpa, per essere più esplicito, sul fatto ormai acquisito che la politica del personale è mancata completamente, per cui oggi è tutta da costruire. A questa riflessione e constatazione possiamo far seguire il più confortante riconoscimento, che questa trasformazione è andata avanti, in particolare negli ultimi tempi.
La costruzione di questa politica del personale, che parte dai presupposti che ho obiettivamente indicato in premessa, non per prendere la questione alla larga, ma per definire le coordinate, è un problema che si pone con urgenza. Si tratta di precisare su quali basi la vogliamo costruire. La vogliamo costruire su alcuni punti fermi, che riprendono le scelte politiche di fondo dell'azione regionale da me prima elencate, e che, sul piano delle strutture, sul piano, quindi, dello stesso modo di essere del personale, richiedono sempre la collegialità della Giunta, i rapporti tra Giunta e Consiglio, confermando al Consiglio le funzioni fondamentali di indirizzo e di controllo e alla Giunta quelle di esecuzione, le deleghe, la programmazione, su cui siamo peraltro tutti impegnati a discutere attualmente.
Siamo tutti d'accordo su questo punto di partenza? Dobbiamo dire, con molta franchezza, che le osservazioni, se si presentano come osservazioni stellari, una qui, una là, e anche quelle - in merito alle quali vorrei poi cercare di dare una risposta, almeno in termini di posizione del Gruppo contenute nell'intervento del Consigliere Paganelli hanno una ragione d'essere nella loro specificità solo se si ribadiscono con forza le scelte che si intende fare. Su questo la discussione che ora si svolgerà, alla quale ho voluto dare avvio, può essere estremamente utile se da essa sortirà un pronunciamento su questi temi in cui si abbia ben presente il collegamento stretto che ha questo con le questioni del personale (mentre nelle pronunce che già vi sono state in varie sedi, in vari momenti, di ci non si teneva conto).
Non posso fare a meno di rilevare, allora, che, per gli stessi concetti su cui si è venuta impostando la struttura regionale - fatte salve, a scanso di equivoci, le doti personali di capacità, di abnegazione che si ritrovano in buona misura all'interno dell'istituzione regionale -, non si è provveduto a curare che il personale fosse preparato a questa nuova funzione della Regione in cui siamo in molti ormai, se non tutti, a credere profondamente, ma che dobbiamo trovare il modo di far esprimere. Occorre che il personale abbia il massimo di qualificazione in relazione a queste funzioni (e il documento su questo punto si diffonde abbastanza ampiamente), che sia fondamentalmente adatto ad incarnare questo ruolo, che non abbia, cioè, tanto di fronte la visione della funzione classica dell'istituzione, ripeto, come amministrazione diretta, quanto dell'istituzione che si colloca in maniera nuova, per esempio programmando promuovendo dei rapporti con gli Enti locali di tipo diverso da quello dirigistico e spesso clientelare avuto in passato, precisamente quello di una promozione di crescita generale anche degli stessi Enti locali e soprattutto dei quadri amministrativi locali.
Se le caratteristiche di esperienza, di qualificazione, di capacità, di adattabilità del personale ad un orientamento in questo senso diventano esigenze preminenti, ebbene, non possiamo non rilevare come rispetto a questi discorsi il punto a cui siamo non sia un punto molto avanzato.
Di qui discende il grande discorso della legge delle strutture. C'è il discorso dei ritardi, un discorso che è abbastanza neutro, può essere o non essere valido. Mi pare, però, al di là del fatto che questo documento comincia a mettere un primo punto fermo, che anche il primo progetto di organizzazione della Regione fissava alcuni punti fermi, sia evidente che noi dobbiamo proporci come obiettivo a tempi ravvicinati la discussione prima in Commissione, con coinvolgimento di tutte le forze politiche, e quindi l'approvazione della legge delle strutture. Ma non possiamo fare a meno di recepire in questo momento il fatto che abbiamo dovuto recuperare contemporaneamente anche tutte le coordinate di fondo che ho prima richiamato.
Questo, però, vuol dire andare alla legge delle strutture, ma vuol dire già prevedere oggi - e mi pare che in questo senso vadano anche gli atti fatti dalla Giunta - un'obiettiva diversità rispetto al passato. E vorrei a questo punto introdurre il discorso delle consulenze: un discorso che ritengo sia da fare con la massima serenità, ma anche con la massima tranquillità da parte nostra, cercando di trarre profitto dai contributi e dalle sottolineature che possono venire dai banchi della minoranza per correggere gli errori che ci fossero stati e che l'opposizione ha il diritto-dovere di segnalare.
La scelta di ricorrere alle consulenze, orientandoci per la massima parte di esse verso elementi adatti ai nuovi compiti, costituiti soprattutto dalla politica di programmazione nei vari settori, per la necessità di corrispondere a tutte le varie esigenze che si sono manifestate, è senz'altro una scelta giusta, purché sia intesa a ribadire la transitorietà del sistema in attesa di una definizione diversa di tutto l'insieme del personale e dei funzionari regionali. Le consulenze, dunque gli stessi costi che comportano le consulenze, devono essere ovviamente elementi di carattere transitorio, per lasciare alla consulenza una funzione di eccezionalità. Dovremo continuare a farvi ricorso fino a quando risentiremo delle conseguenze di tutto quello che non si è fatto in passato, in quanto dobbiamo costruire ex novo quello che definiamo il coordinamento, la promozione, il superamento, o almeno il tentativo di superamento, della visione puramente amministrativa, quello che chiamiamo programmazione (si può essere o no politicamente d'accordo sul piano Paganelli, però è indubbio che questa politica ha tentato di partire ed ha prodotto fatti concreti).
Se l'opposizione ha voluto dire che le consulenze vanno intese in questo modo, nulla da obiettare. Mi preoccuperei, invece, se vi fosse l'intenzione di mettere sotto accusa la politica delle consulenze. Ci equivarrebbe a smentire lo spirito costruttivo di cui avete affermato di essere animati e sul quale non ho motivo di dubitare, anche in considerazione della serietà di chi ha fatto tale affermazione. Sarebbe un errore politico, e lo rifiuteremmo, perché si può benissimo indicare eventuali errori, e dichiaro fin d'ora a nome del mio Gruppo piena disponibilità ad esaminarli e correggerli, senza condannare in blocco il sistema. Il ricorso alle consulenze ci è necessario, ripeto, in questo momento-ponte, come elemento trainante utile a farci recuperare tutta la serie di competenze e di funzioni che prima nell'apparato regionale non erano previste e forse nemmeno erano prevedibili.
Lo stesso discorso vale, secondo me, per quanto riguarda le assunzioni a carattere provvisorio. Anche a questo proposito, se vogliamo fare un discorso in positivo, dobbiamo riconoscere che non è ragionevolmente possibile, né soprattutto accettabile, un giudizio di condanna. Tra l'altro, si tratta di assunzioni che vengono dopo un lungo periodo in cui questa Giunta ha cercato di mantenere il più possibile invariati i livelli del personale precedente, per non provocare cambiamenti, sconvolgimenti proprio in quanto, dovendosi modificare, trasformare un po' tutta la struttura della Regione, lo si voleva fare a ragion veduta e non assumendo per assumere. Non possiamo accettare, ripeto, il taglio che da qualcuno si tende a dare a queste questioni. Sono d'accordo che la qualificazione del personale per renderlo idoneo alla politica di programmazione può essere trovata largamente all'interno, ma occorre anche tutta una serie di competenze che non esistono: ce lo dice il libro del personale, ce lo confermano le nostre personali conoscenze. Una specificazione di qualificazioni è, secondo me, il punto di forza, il punto di buona caratterizzazione di queste assunzioni, è quello, ripeto, che dà la misura delle esigenze. Perché partiamo dalle esigenze, dalle nuove esigenze, e occorre che da questo lato facciamo crescere in maniera estremamente ridotta, limitata, questo senz'altro, anche le presenze all'interno dell'apparato.
Ritengo prova di grande correttezza, e cosa logica per una Regione che tenta certe politiche, come quella della programmazione, che essa si attrezzi in conseguenza; così come è prova di estrema correttezza - e questo sì che è nuovo, questo sì che lo vogliamo affermare con forza come un merito della Giunta - l'aver scelto la strada di ampliare a tutte le forze politiche (andando al di là di quello che prevedeva la legge 22, una legge fatta dalla precedente Giunta e da noi osteggiata, in cui la si restringeva rigorosamente al solo ambito della Giunta e dell'Esecutivo) la composizione delle Commissioni. Questa correttezza è, secondo me, un elemento di garanzia cui mi pare si debba attribuire il massimo valore. Non sollecitiamo perciò lodi o riconoscimenti, non è a questo che miriamo, per ci aspettiamo un pronunciamento politico di ammissione che un passo avanti in senso positivo è stato compiuto. E questo è un altro elemento qualificante anche su questo argomento specifico.
Quanto poi agli argomenti polemici, ritengo che proprio lo spirito costruttivo, lo spirito in positivo che ho colto nelle parole nell'espressione verbale, ma penso anche nello spirito del Consigliere Paganelli, non possa e non debba indurci a ripercorrere le polemiche sul passato, però nel momento in cui non viene posta con sufficiente chiarezza e serenità tutta una serie di questioni (parlo sempre di assunzioni a carattere provvisorio), ebbene, non si può fare a meno di riandare a quello che è stato il passato.
Voglio solo fare una domanda: vi chiedo se la politica fatta da voi nel passato riguardo al personale, alle assunzioni vi dà oggi la tranquillità di esprimervi in questa maniera.
Quanto al resto, riteniamo che su questioni come l'art. 72, vale a dire una delle vexatae quaestiones sul tappeto, sia questa l'occasione giusta per esprimere una posizione chiara. Riteniamo che isolare l'art. 72 vorrebbe dire rifarne la storia in bene e in male, non è un'operazione corretta; riteniamo che questo problema vada risolto nei tempi più brevi possibili, su questo convengo, però vorrei dire che il fatto che sia passato del tempo, ebbene, è dovuto al fatto che, come Gruppo comunista siamo del parere che questa questione non possa essere risolta da sola, non possa cioè innescare altri momenti di sperequazione in aggiunta a quelli già esistenti nella situazione abbastanza complessa del personale.
Ed allora diciamo che affrontare in senso positivo e in tempi rapidi la questione dell'art. 72 vuol dire affrontare la questione del titolo di studio, insieme a tutta una serie di questioni che le organizzazioni sindacali hanno posto da tempo sul tappeto.
La questione della mensa l'abbiamo affrontata con una legge, la questione delle trasferte, anche qui mi pare che si sia proceduto da parte della Giunta con un disegno di legge, c'è la questione dell'orario, su cui c'è ancora un punto interrogativo ma che va anch'essa affrontata, e questi sono temi di carattere generale. Poi ci sono altri problemi relativi alla provenienza di gruppi di lavoratori (ex GIL, ISCA, Consorzi di bonifica montana) ai cui problemi mi sembra debba essere data una soluzione in senso positivo. Anche qui ci sono dei punti interrogativi, personale di centri di formazione professionale, personale degli EPT, ecc.
In questo senso ritengo che vada collocato il 72, senza apriorismi senza massimalismi, sapendo però che la logica che aveva ispirato questo provvedimento non era da noi condivisa come partito, come Gruppo politico e che riteniamo di doverla recuperare nell'ambito di un discorso chiaro organico e globale sul personale, che si faccia carico di questa serie di questioni.
Mi pare di non poter fare a meno di concludere, visto che sono partito un po' "alla grande", riprendendo il tema centrale della politica del personale, cioè il discorso della legge delle strutture, una legge che deve essere approvata al più presto, attraverso un reale e vasto confronto infatti è una legge di tale importanza, di tale peso (anche se non dobbiamo sopravvalutarla negli effetti terapeutici, non è certo la panacea per tutti i mali) che dovrà stimolare il massimo di confronto e ritengo che la discussione in Commissione debba essere accelerata, avviata rapidamente anche su questo documento, sugli atti che in conseguenza emanerà la Giunta con i suoi esperti e che sia una legge che veda sciolti a monte alcuni di quei nodi sulla politica della Regione, sul carattere, sul volto della Regione, sia una legge su cui dobbiamo avere il massimo di spirito unitario, comunque il massimo di confronto, contemperando un'esigenza di urgenza con quella di un lavoro proficuo ed approfondito.
Detto questo sulle scadenze, sugli impegni, mi pare che vada ancora una volta sottolineata tutta una serie di caratteristiche che vediamo nel personale regionale, come personale ottimale, o meglio ancora una tendenza alle caratteristiche che possiamo inserire all'interno della struttura attraverso l'aggiornamento, la riqualificazione e che possiamo prefiggerci come obiettivo di fondo: e sono essenzialmente quelle di una conoscenza cioè di una professionalità adeguata, specifica, unita a tutti gli altri elementi che certo non si trovano facilmente, che soprattutto non si trovano subito, ma che sono elementi che dobbiamo far crescere attraverso la nostra azione di indicazione di direzione politica e sono da parte dei funzionari la conoscenza della realtà dei rapporti sociali, la capacità di sintesi, la preparazione politico-culturale adeguata al compito che devono assolvere, la coscienza ed anche la capacità di approfondimento dei problemi generali, perché un Ente che si ponga come Ente di programmazione di indirizzo e di controllo si rivolge anche con queste caratteristiche attraverso i suoi funzionari, alla comunità regionale; accanto alle conoscenze tecniche e professionali adeguate, anche una conoscenza delle regole indispensabili per lavorare in gruppo e questo è un altro elemento importante, di rottura rispetto al passato, contraddistinto dalla parcellazione della struttura amministrativa burocratica tradizionale. Mi pare che il lavoro nel gruppo, il lavoro inteso vuoi come lavoro individuale, vuoi come lavoro collettivo, ma all'interno del gruppo, sia un elemento fondamentale e quindi requisito base sia la capacità di organizzare il lavoro, proprio e degli altri, tale da valorizzare al massimo le capacità di ognuno nel rispetto di un indirizzo di carattere generale.
Questa è la prefigurazione del carattere del funzionario a cui non si può arrivare subito (ci va tutto un processo per formarlo), ma noi dobbiamo essere in grado di sapere che anche la nostra funzione può aiutare a formare un personale di questo tipo.
Accenno solamente ad un'altra considerazione, quella degli stipendi che è certamente tra le più sentite dal personale: la base degli stipendi è largamente inadeguata, almeno ai livelli più bassi per quanto riguarda le esigenze stesse del lavoro, oltre che della sopravvivenza individuale; mi pare poi che la caratteristica prevalente (e positiva) di personale giovane acutizza ulteriormente questi problemi per cui questo è uno dei nodi a cui il contratto ci auguriamo possa incominciare a dare qualche risposta.
In chiusura, a nome del Gruppo comunista, ritengo di poter rivolgere alle altre forze politiche l'invito a rimeditare profondamente sulla connessione esistente tra la nuova costruzione regionale con i Comprensori e la costruzione reale di una politica del personale che ne sia adeguata espressione, anche perché sappiamo che per fare politica, specialmente in modo nuovo, diventa decisivo avere strutture tali da fare in modo che le idee nuove possano camminare nella realtà di tutti i giorni.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE Aurelia

Il Consigliere Bontempi è partito, come giustamente ha detto, da molto lontano e cioè ci ha fatto un quadro di quello che dovrebbe essere, anche sulla base del documento che ci è stato presentato dalla Giunta, il modo di strutturare il futuro del personale regionale, o quanto meno quelle che dovrebbero essere le esigenze fondamentali da parte della Regione Piemonte nei confronti del personale.
Non posso dire che abbia fatto male a prenderla così alla lontana perché le critiche (che erano d'altra parte implicite) al passato sono accettabilissime, credo che le accettino non soltanto quelli che possono essere ritenuti i maggiori responsabili, ma anche quelli che, come i repubblicani, semplicemente erano nella Giunta della passata legislatura ma non hanno diretta responsabilità nel campo del personale.
Ciò che è abnorme nella Regione Piemonte rispetto alle altre Regioni è che è sempre mancato un Assessorato al personale. Questa mia osservazione non sembri peregrina (siamo stati tanti anni senza l'Assessorato al personale, se ne sente la necessità proprio adesso?), è invece abbastanza naturale, visto che i problemi del personale sono sempre stati affidati al Presidente della Regione, il quale ha tali compiti e incarichi che francamente quello del personale è un incarico che non può, entro certi limiti, che trascurare, in alcuni casi potrebbe addirittura farne un uso non corretto. Questo è un giudizio che non riguarda la presente Giunta e non riguarda il nostro Presidente, ma è una possibilità reale.
Quando una nuova maggioranza va al governo, si propone dei fini che si presume non siano uguali a quelli della Giunta che l'ha preceduta; capisco il discorso di Bontempi, che è stato il discorso di chi ha cercato di far vedere a che cosa si tende e quali sono le necessità rispetto alla situazione che ha trovato. Questa politica, tuttavia, che comprendiamo, in altri Paesi che hanno una struttura politica e burocratica diversa dalla nostra, viene esercitata ben più pesantemente di quanto non venga esercitata da noi. Faccio riferimento a quella che normalmente viene chiamata la politica delle spoglie, per esempio negli Stati Uniti, che significa il cambiamento non solo degli esecutivi, ma di tutta la burocrazia.
Siamo in una situazione profondamente diversa, abbiamo una burocrazia stabile, sarei quasi tentata di dire stanziale. Naturalmente, questo crea delle difficoltà, me ne rendo perfettamente conto, ad una nuova maggioranza rispetto a quella che è la struttura burocratica, quindi devo fare un discorso rivolto anche alla struttura burocratica. Evidentemente la struttura burocratica mette le sue capacità di carattere tecnico professionale, a qualsiasi livello queste siano, al servizio delle indicazioni politiche di chi in quel momento è al Governo, agendo correttamente, non accettando di rinunciare alla propria dignità nei confronti della classe politica. Questo ritengo sia un fatto fondamentale per avere una burocrazia degna di rispetto da parte di ogni cittadino.
Non è che i repubblicani partissero dal punto di vista che la situazione è tale per cui non c'è necessità di consulenze (visto che abbiamo appuntato le nostre critiche soprattutto nel campo delle consulenze), l'abbiamo subito detto che alcune consulenze sono indispensabili in quanto non sono reperibili alcune caratteristiche all'interno del personale della Regione Piemonte. Contemporaneamente, per chiediamo di recuperare dal personale della Regione Piemonte, facendogli frequentare dei corsi esterni all'Ente Regione, questa professionalità perché non possiamo continuare in eterno con le consulenze, salvo in alcuni casi (mi riferisco a quanto detto da Bontempi, è chiaro che certe professionalità non potremo mai recuperarle). Faccio un esempio, ma potrei farne altri: per i programmisti ed i sistemisti non possiamo superare la concorrenza che c'è nei confronti delle industrie, degli altri enti che possono permettersi di dare lo stipendio che è sul mercato. A questo punto direi che sarebbe addirittura pericoloso da parte della Regione creare delle competenze a quel livello, perché verrebbe a trovarsi in questa strana e curiosa situazione: appena create le competenze, i competenti si metterebbero sul libero mercato e passerebbero immediatamente ad altre amministrazioni.
Questa è una cosa sulla quale meditare per cercare di risolvere il problema all'interno delle leggi.
Per quanto invece riguarda particolari campi di consulenza nei quali le politiche della nuova Giunta sono cambiate, mi permetto di dire che non sono d'accordo con quanto è stato detto. In alcuni casi le competenze francamente non c'erano, bisognava crearle, in alcuni altri casi i consulenti assunti erano troppo numerosi. Dico "assunti", visto che queste consulenze continuano a ripetersi, le ho chiamate delle finte assunzioni nel mio precedente intervento e tali sono, in quanto effettivamente la loro attività costantemente si integra con quella degli uffici. E qui Bontempi mi dirà che è proprio quel che si vuole, il lavoro di gruppo; ma le consulenze, per la verità, dovrebbero dare un particolare prodotto.
Non possiamo confondere il normale lavoro di un Assessorato con il lavoro di un consulente, quest'ultimo deve dare luogo ad un prodotto e sarei molto curiosa di vedere il prodotto del lavoro di questi consulenti perché in alcuni casi non c'è.
Se non ho capito male, nel campo della programmazione è stata insediata dal Presidente della Giunta una Commissione interassessorile (non ho nessun documento ufficiale in merito) nella quale c'è ampia partecipazione di funzionari di più Assessorati, ma c'è anche una così ampia partecipazione di consulenti che francamente mi chiedo quale sia il valore di una Commissione di questo genere e quale possa essere la crescita del personale della Regione di fronte al fatto di essere così largamente soppiantato dalla consulenza, perché più che Commissione interassessorile la si potrebbe chiamare Commissione di interconsulenti; non saprei nemmeno io come chiamarla. Tutte queste cose vanno viste in quel piano di riforma delle strutture della Regione Piemonte, ma bisogna sapere se certi fatti che già esistono si immettono in questa o in quale altra logica.
Non starò a riprendere il discorso dei ritardi che riguardano l'art.
72. Tutti abbiamo capito, ma credo l'abbiano capito soprattutto gli interessati, che se non si risolveva nel giro di 3/4/5 mesi, era perché si voleva risolvere con nuove assunzioni e quindi con rapporti fra i nuovi assunti e quelli che invece dovrebbero essere gli usufruttori dell'art. 72.
Ritengo che non sia stato inutile questo dibattito richiesto dai D.C. e dai repubblicani, seguiremo comunque con molto interesse in I Commissione lo sviluppo dell'adeguamento della legge sulle strutture alla struttura reale del personale della Regione Piemonte.
Mi si consenta ancora - e senza nessuna offesa per il Presidente della Giunta in quanto questo discorso era stato iniziato quando Presidente non era ancora nemmeno Calleri - di dire che ha tale importanza in questo momento la ristrutturazione del personale, che forse sarebbe giusto affidarla a persona che se ne occupi in modo specifico e non, come nel caso presente, a persona che non può che marginalmente occuparsene, perché la riforma interna della Regione Piemonte deve veramente rispondere a quella che sarà la politica che non soltanto la Giunta, ma tutto il Consiglio si augura che effettivamente sia una politica nuova per una Regione di tipo del tutto nuovo.


Argomento:

Esame mozione DC-PRI relativa ad interpellanze su consulenze e personale

Argomento:

Sul programma dei lavori


PRESIDENTE

Prima di continuare nel dibattito, vorrei fare il punto della situazione.
Ho ancora iscritti a parlare i Consiglieri Marchini, Cardinali e il Presidente della Giunta per la replica, poi suppongo ci sarà la votazione sulla mozione.
Possiamo chiudere i lavori con questo punto? Dobbiamo però pensare che domani abbiamo molta carne al fuoco e un argomento su tutti non possiamo pensare di disattendere, quello che riguarda il bilancio di previsione.
L'intendimento sarebbe di iniziare i lavori alle ore 9,30 e in mattinata concludere tutto, altrimenti sono costretto a convocare il Consiglio regionale per il pomeriggio mentre la convocazione riguardava solo il mattino.
E' ragionevole pensare di procedere così?



ROSSOTTO Carlo Felice

Vorrei fare presente che la I Commissione ha esaminato oggi i ricorsi pervenuti in materia di Comprensori e che domani mattina è pronta a riferire in Consiglio.



PRESIDENTE

Quindi c'è un ulteriore punto da aggiungere. E' presumibile pensare che il dibattito sul bilancio si esaurisca nella mattinata di domani? Vedo degli assensi, questo mi conforta. Allora possiamo proseguire con questo punto.


Argomento: Ordinamento regionale - Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Esame mozione D.C.-P.R.I. relativa ad interpellanze su consulenze e personale (seguito)


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Ascoltando il Consigliere Bontempi mi sono convinto ancora di più che siamo nella settimana natalizia, però questa settimana natalizia era già cominciata, per quello che mi riguarda, nel round che ho avuto con l'Assessore all'urbanistica, finito con il getto della spugna e il discorso si è chiuso senza vincitori né vinti. Però mi pare che, anche se siamo sotto Natale, cercare di farci credere che veramente Babbo Natale vola sulle nuvole è troppo, Babbo Natale in questi giorni vola sui biglietti da 10.000, i quali a loro volta slittano. Cerchiamo quindi di avere un po' di misura nelle cose.
Sul personale non si può disattendere la necessità che la Regione si dia una burocrazia efficiente in vista di un certo tipo di articolazione del lavoro per obiettivi anziché nella creazione di un organismo burocratico, è qualcosa che comunque va verificato a tempi brevi, non possiamo pensare che la Regione definisca il suo ruolo istituzionale non sappiamo quando, il bilancio slitta di sei mesi, aspettiamo il Piano di sviluppo, poi aspettiamo la legge Morlino, ad un certo punto questa Giunta ci dica non vogliamo più gli Assessorati, vogliamo lavorare per obiettivi quindi organizziamo la burocrazia in termini di obiettivi e questo significa un altro taglio nella scelta del personale e così via.
Certamente la Giunta non può disattendere questa decisione che ormai è di carattere immediato.
Direi che è con qualche perplessità che abbiamo accettato di far parte di queste equipes di esame, perché mi pare che nessun titolo abbia il sottoscritto o altro Consigliere per valutare le capacità dei candidati. Ci è sembrato peraltro che sarebbe stato forse provocatorio nei confronti della maggioranza rimanere all'esterno perché si è voluto considerarla come una prova di disponibilità, diciamolo molto chiaramente e crudamente, al controllo delle assunzioni. In questa misura è un fatto di collaborazione.
Tuttavia nella burocrazia o si crede, o non si crede, oppure si fa finta di credere, come fa qualche forza politica. Perché ricordiamoci che in Italia la fine di un certo tipo di Stato è passata attraverso la fine della burocrazia, l'attacco alle leggi sui superburocrati, lo scandalismo su una certa riforma dell'organizzazione dello Stato è passata attraverso forze politiche che così facendo hanno scardinato il pilastro fondamentale di ogni tipo di società, la burocrazia. Che questa sia una burocrazia di tipo professionale come quella che c'è in America, o di tipo di carriera estremamente qualificata e privilegiata come in Francia, non importa, ci vuole una burocrazia privilegiata e qualificata.
Mi pare quindi che la Regione dovrà avviarsi in questo senso, sia che scelga di lavorare per obiettivi, sia che scelga di lavorare in termini tradizionali di organo burocraticamente ancorato.
Direi che però come forza di opposizione la maggiore preoccupazione ci deve venire dalle consulenze, prima di tutto perché assistiamo a fenomeni di arroganza del potere, il che significa che l'Assessorato all'urbanistica ha la sfera di cristallo, dove vede il futuro, quindi da consulenze per 45 milioni per preparare gli stampati su cui si dovranno chiedere le licenze edilizie della legge che dobbiamo ancora discutere. Se questa non è arroganza del potere, non so come la si voglia chiamare, è preveggenza e allora a questo punto ritengo che bisognerà mettere nel bilancio l'acquisto e la riparazione della sfera di cristallo dell'Assessore competente.
Licenziamo i cervelli elettronici e comperiamo le sfere di cristallo.
Ma direi che l'aspetto più delicato delle consulenze è il problema del vero pluralismo, perché teniamo presente che il consulente non lavora per la Giunta, lavora per la Regione, quindi ognuno di noi nelle sue decisioni viene influenzato dal lavoro dei consulenti, perché chiaramente ognuno di noi lavora su del materiale che viene predisposto dalla Giunta, dagli uffici, che arriva canalizzato, qualificato, verificato. Verificato da chi? Da consulenti scelti con criteri politici, quindi, anche se qualcuno mi dice che è riuscito a passare attraverso gli incendi della passata amministrazione completamente indenne (andremo poi a controllargli il calcagno un giorno o l'altro): è chiaro che la Regione Piemonte a questo proposito non ha una gran fama.
E allora mi pare che la proposta che bisognerebbe cercare di articolare e non sono in grado di farlo da solo - è che le consulenze vengano date con un criterio di pura capacità e professionalità e soprattutto ancorandoci agli organi professionali, non è affatto edificante che l'Ordine degli architetti invii una lettera all'Assessore competente per conoscere i nomi dei consulenti onde poterli sottoporre a procedimento disciplinare perché costoro non possono esercitare tale attività nell'ambito del distretto a cui sono iscritti.
Quindi, egregi colleghi, siccome è riconosciuto da tutti che quello che c'è di nuovo, di coraggioso e di valido nell'attività della Regione viene filtrato attraverso il lavoro dei consulenti esterni, facciamo bene attenzione se questi consulenti sono scelti solo politicamente (perché non mi pare che esistano professionisti che abbiano la tessera o comunque un'inclinazione, per esempio, liberale che attualmente lavorino per la Regione, non ne conosco alcuno), quindi non è soltanto un problema di bassa cucina e questo mi disturberebbe solo fino ad un certo punto, mi disturba il fatto di lavorare su del materiale che è viziato a monte, e viziato da pregiudiziali ideologiche, perciò è chiaro che tutto quanto il lavoro della Regione risulta viziato.
In questo modo, non tanto per andare a vedere se si sono spesi cento milioni in più o meno, se sono andati al professionista Tizio o al professionista Caio, mi pare che sia nostro preciso dovere, soprattutto come forza di opposizione, mettere la Giunta nella necessità di rispondere delle consulenze in termini di obiettività, di capacità e di razionalità al di fuori di ogni tipo di pressione politica perché se così permettessimo finiremmo domani anche noi, forze di opposizione, per essere sviate nel nostro lavoro in quanto saremmo condizionate a monte da una documentazione da ricerche, da risultati che chiaramente sarebbero, se non viziati certamente condizionati dal binario politico che questi professionisti scelgono.
A questo proposito inviterei anche gli altri amici dell'opposizione a valutare insieme che cosa possiamo fare per garantire a noi stessi e alla comunità piemontese che i professionisti vengano scelti attraverso un tipo di contrattazione con gli Ordini professionali, contrattazione che garantisca il pluralismo effettivo, il pluralismo dell'informazione della Regione che oggi non esiste, l'informazione della Regione verso il problema canalizzato attraverso un discorso ideologico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'argomento sollevato dalla mozione D.C.-PRI è certamente molto scottante e investe un terreno sul quale credo non ci sia nessun uomo politico, o partito politico, che possa in fede dire di essere "integer vitae scelerisque purus". Devo però anche aggiungere che non è lo "scelus" degli altri che fa automaticamente la nostra integrità, trattandosi di un campo su cui si opera sempre in modo distorto.
Credo che le motivazioni della mozione siano state soprattutto determinate da alcuni fatti clamorosi e non sarebbe disdicevole se parlassimo con franchezza di quei casi anomali all'interno di un'operatività della Giunta che non è tutta articolata su questo tipo di scelte, al punto che sono personalmente convinto che in molti casi si sia messa la Giunta di fronte al fatto compiuto. D'altra parte i molti vetri rotti che stanno di fronte al collega Bontempi, vetri sui quali si è notevolmente arrampicato per esprimere una propria tesi in questo dibattito, dimostrano chiaramente che egli si proietta verso una soluzione che sono convinto non è quella che può emergere dalle considerazioni di fatto. Ha detto di voler guardare anche al passato, l'ha detto con tono forse un po' minaccioso, ma in ogni modo, passato o presente, si tratta di avvenimenti che, a mio modo di vedere, devono farci meditare. Perché non c'è dubbio che, quando facciamo determinate scelte, dobbiamo tenere presenti non soltanto gli obiettivi che ci prefiguriamo, ma anche le conseguenze che determiniamo. Sono convinto, e potremmo dimostrarlo scendendo analiticamente all'interno dell'attività e vitalità di alcuni degli Assessorati della Regione, che certe consulenze hanno mortificato la caratteristica propria del personale della Regione, personale qualificato personale che, occorre riconoscerlo, e credo che possano farne fede parecchi colleghi, non ha certamente più lo smalto delle origini, non ha più quel grande impegno di innovazione, di contribuire a creare l'ossatura della vita regionale dal momento che si è reso conto che questa ossatura non sempre passa attraverso la fiducia che si ha nel personale.
Con questo non pretendo che si meni scandalo su fatti di questo tipo credo sia opportuno vedere le cose realisticamente, proporci per il futuro una regolamentazione che ci ponga tutti tranquillamente al coperto sia dalle accuse, sia dalla necessità di dover fare delle accuse, non vado a proporre situazioni di lottizzazione, appartengo ad un partito che onestamente deve riconoscere che mangiava poco alla vecchia greppia e non mangia niente all'attuale (uso un'espressione molto volgare per chiarire meglio i termini di tutto questo). Si è sempre trattato della parte del leone che le forze politiche predominanti, anche quando sono in esecutivo di coalizione, esercitano in termini evidenti.
E' chiaro che però questo deve farci pensare, i casi anomali vanno secondo me modificati, la Giunta non può commettere l'errore di definirli in termini accorati, credo che debba riconoscere onestamente che non sono difendibili. Non vado ad indagare nel campo delle assunzioni, ma so che quando chiedemmo (e le chiesi in una riunione dei Capigruppo) delle spiegazioni, il Capogruppo Berti fu il primo a chiederle a sua volta, in quanto non era molto al corrente della situazione; credo però che si tratti di normalizzare situazioni di carenza, situazioni anomale.
Penso che il criterio che deve presiedere a queste scelte, si tratti di scelte provvisorie o di scelte da verificare attraverso consorzi, debba essere quello della competenza. Se posso permettermi un giudizio, direi che dall'inizio della Regione ad oggi non si è mai sbagliato in maniera violenta in questa direzione, ma il problema per me è un altro: i motivi sollevati dalla mozione della D.C. e del P.R.I. hanno messo in evidenza una situazione, una tendenza più che altro, la quale può anche trovare delle giustificazioni nell'immediato, ma lascia presupporre una metodologia che preoccupa e per la quale non vale il concetto di affermare che si vuole fare la programmazione attraverso le consulenze, che il personale non ha tutti questi requisiti, è una risposta che non può essere assolutamente tenuta valida e mi domando, per esempio, che cosa ha rappresentato in questa legislatura l'avere quasi messo nel limbo l'istituto di ricerche che invece rappresentò all'epoca della prima legislatura il vero centro dove la consulenza, dove il contributo della specializzazione veniva ricercato nei casi in cui si riteneva necessario.
Tutto questo fa sentire un puzzo di bruciato che le parole non modificano, che le parole non sono in grado di allontanare, puzzo di bruciato che fino a questo momento dobbiamo dire non ha compromesso niente qui sono d'accordo con il collega Bontempi, vediamo attraverso una regolamentazione specifica di non eliminare le cose che non sono eliminabili, ma di regolamentarle, di qualificarle, soprattutto di renderle sufficientemente pulite nel senso del tipo di scelta, dell'indispensabilità della scelta che si fa, perché solo così risulta la pulizia di un'operazione senza mortificare il personale, ma cercando al contrario che il personale della Regione possa, in collaborazione con le consulenze realizzare gli obiettivi di impadronirsi anche di quelle materie che non sono magari di sua precisa conoscenza.
Ho voluto dire queste cose proprio per la serenità con cui, almeno per quel che riguarda il mio Gruppo, possiamo affrontare queste cose; molte volte a noi, piccolo Gruppo, capita di chiedere, come diceva il poeta "con fronte liberal che l'alma pinge", non sempre le nostre richieste sono state esaudite. Credo che ci abbia giovato il diniego alle nostre richieste perché forse impariamo che non si vive di queste cose e secondo me sarebbe un grosso errore se ci fossero forze politiche m questo Consiglio che ritenessero che le proprie fortune possono costruirsi su questo tipo di cose.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, da quanto ho sentito ho l'impressione che vi sia qualche disinformazione, pertanto ho deciso - se me lo consentite - di ripetere ciò che i documenti che vi sono stati consegnati dicono e cioè gli obiettivi della Giunta rispetto al personale della Regione Piemonte e la politica che intendiamo fare, semmai correggendo determinate affermazioni.
In risposta alle interpellanze del 30/8/76 e del 2/9/7 6 sono stati forniti, con le pubblicazioni già trasmesse al Consiglio, tutti gli elementi utili ad un'accurata analisi della situazione del personale regionale; è stata data risposta a tutte le domande che erano state avanzate. Sono stati, infatti, dettagliatamente illustrati gli aspetti giuridici, economici, di provenienza e di inquadramento relativi a tutti i dipendenti oggi in servizio presso gli uffici regionali, che ammontano complessivamente a 1371.
D'altra parte, è prassi costante di questa Giunta rendere pubblico ogni suo atto per utile confronto con tutte le forze politiche, sociali e sindacali.
Dalla documentazione che è a mani di ogni Consigliere, risulta un quadro generale particolareggiato della realtà regionale, che è così composta: dei 1371 dipendenti (probabilmente vi è già qualche variazione perché 13 o 14 dipendenti hanno chiesto aspettativa, altri stanno per lasciarci: quindi oggi saremo intorno ai 1358 dipendenti) inquadrati in ruolo, parte sono stati trasferiti dall'Amministrazione dello Stato, parte sono stati comandati da Enti locali o dallo Stato per la prima costituzione degli uffici regionali e parte sono stati assunti fuori ruolo per un totale di 527 unità (di cui si allega l'elenco nominativo). Questo prima dell'entrata in vigore della legge n. 22, cioè prima del 12/8/1974, quindi 527 unità sono state assunte, al di fuori dei comandati e dei trasferiti dalla precedente Giunta.
Successivamente all'entrata in vigore della legge 12 agosto 1974 n. 22 "sullo stato giuridico ed economico del personale", la precedente Giunta ha ancora assunto 23 dipendenti a tempo indeterminato, il che porta i dipendenti assunti a 550.
Si erano infatti evidenziate necessità particolari che rendevano necessario procedere, al di fuori di una espressa normativa regionale, ad assunzioni a carattere eccezionale, con rapporto di lavoro a tempo determinato, poi a tempo indeterminato.
In base alla legge n. 22 non fu, peraltro, possibile esperire compiutamente le procedure d'inquadramento del personale che già da quattro anni lavorava nella Regione (quando fu chiamata la nuova Giunta a governare, quasi tutto il personale non era inquadrato); fu quindi necessario, prima di ogni altro adempimento della nuova Giunta, già dall'agosto 1975, predisporre una legge di modifica alla legge che consentisse la sistemazione in ruolo dei dipendenti secondo le loro aspettative fino a quel momento individuate.
In base alla legge 5/12/1975 n. 60, come si ricorderà, entro il 31/1/1976, furono definite le operazioni d'inquadramento della quasi totalità dei dipendenti, ad eccezione dell'art. 72.
Nel frattempo, già probabilmente in considerazione dell'imminente collocamento in ruolo e poi, in seguito agli effettivi provvedimenti d'inquadramento, molti dipendenti, che, per cessare il servizio presso la Regione, attendevano la definizione della loro posizione giuridica ed economica, hanno chiesto il collocamento a riposo o si sono dimessi (per un totale di 86 dipendenti, totale che può salire a 100 per le richieste di questi ultimi giorni).
Eccezionali necessità organizzative e di funzionamento di alcuni uffici regionali, contemporaneamente quindi al depauperamento di un nucleo di personale da tempo in servizio presso la Regione, hanno giustificato il ricorso ad assunzioni a tempo determinato, o indeterminato, e il ricorso sporadico all'istituto del comando.
Tanto si può affermare in considerazione del fatto che il personale assunto in quest'ultimo periodo (cioè fino al dicembre 1975) consta in totale di 64 unità.
A tali dipendenti si aggiungono limitatissime unità di personale comandato a tempo determinato ai sensi dell'art. 40 della legge n. 22 e il personale assunto in sostituzione di dipendenti assenti per maternità.
Si precisa che le posizioni del personale in servizio che incidono sul contingente massimo previsto dalla legge 22, di 1.525 unità (la legge prevede per il personale inquadrato, non quello via via trasferito dallo Stato che nei prossimi mesi pare sarà dell'ordine di 2.500 unità), sono largamente inferiori a tale limite e cioè sono in totale 1.371, totale da cui si deve togliere i dieci dipendenti circa che stanno per andarsene siamo a 1.360 unità circa: dunque 1.371 dipendenti di ruolo, 87 assunti a tempo indeterminato di cui 23 assunti dal 4/9/1974 al 31/7/1975 e 64 assunti dal 1/8/1974 all'1/11/1976.
Le assunzioni per sostituzione di personale in maternità invece non incidono sul predetto contingente, così come le posizioni del personale trasferito da Enti disciolti o soppressi.
Come voi sapete, nell'ultimo periodo lo Stato ha sciolto vari enti o associazioni riconosciute e ci ha trasferito il relativo personale (Consorzi di bonifica montana, ex Gioventù italiana, ISES) per costoro le rispettive leggi regionali d'inquadramento hanno previsto o dovranno prevedere le necessarie integrazioni al contingente della legge n. 22.
Si fa peraltro presente che in quest'ultimo anno il quadro delle funzioni regionali si è andato allargando in conseguenza del trasferimento di ulteriori competenze, per esempio in materia di assistenza (per quanto riguarda i poteri di vigilanza e di controllo su tutte le istituzioni pubbliche e private per l'assistenza e protezione della maternità e dell'infanzia) e in materia di sanità, perché a mano a mano lo Stato ci delega sempre maggiori competenze, in maniera molto irrazionale.
Le 50 unità di personale comandato dagli istituti mutualistici (è la coda di quanto aveva fatto ancora l'Assessore alla sanità, Armella, avrebbe dovuto essere 90, ne vennero soltanto 50) devono infatti assolvere a compiti nuovi dell'Ente regionale.
Per quanto riguarda il personale di Enti disciolti o soppressi, o trasferiti alla Regione con leggi dello Stato e della Regione, sono in servizio presso gli uffici regionali soltanto 60 dipendenti. Come vedete il numero è limitato.
A fronte di tale quadro composito del personale regionale oggi in servizio, in parte già inquadrato nei ruoli, in parte in posizioni diversificate, si ha una situazione normativa insufficiente. La legge regionale n. 22 che già è stata modificata per quanto attiene alle norme di primo inquadramento, prevede un assetto organizzativo degli uffici di carattere esclusivamente provvisorio e pertanto necessita di un'opportuna urgente integrazione, la così detta legge delle strutture.
Le difficoltà inerenti alla sostituzione di personale cessato dal servizio sono infatti dovute in maniera determinante alla carenza di un riferimento giuridico organizzativo che permetta l'individuazione, per i diversi uffici e per le diverse competenze, dei posti liberi, per la cui copertura poter bandire pubblici concorsi. Non esiste questa normativa.
Pertanto questa Giunta, che doverosamente si è fatta carico di collocare nel ruolo di personale regionale, nella sua quasi totalità (ad eccezione dell'art. 72 e di quelli che a mano a mano in questi mesi ci sono stati trasferiti: GIL. ecc.) ed ha provveduto al pagamento delle competenze derivanti dall'inquadramento, nello scorso mese di marzo ha dato inizio ai lavori per la predisposizione della legge sull'ordinamento degli uffici regionali per assicurare all'Ente quel l'assetto organizzativo che è indispensabile al suo funzionamento.
Contemporaneamente non si deve dimenticare che l'Amministrazione volendo operare il più correttamente possibile, in attesa di poter esperire i pubblici concorsi, si è dotata di una normativa di carattere generale provvisoria per procedere ad alcune limitate improcrastinabili assunzioni di quanti, o per pensionamento, o per altro (sono un centinaio fino adesso), se ne sono andati dalla Regione. Se non provvedessimo attraverso queste selezioni ci troveremmo fra qualche mese ad avere 150 dipendenti in meno di quello che è lo stesso organico della legge n. 22.
Questo con le medesime garanzie dei concorsi pubblici. In esecuzione di tali disposizioni, infatti, sono stati banditi, sempre nel rispetto del contingente massimo previsto dalla legge, avvisi pubblici di "assunzioni provvisorie in attesa di concorso". La nomina delle Commissioni giudicatrici e di conseguenza l'esperimento delle prove è imminente: come voi sapete le forze politiche tutte, attraverso il Consiglio, sono state interessate ed hanno dato i loro nominativi.
Inoltre in questi ultimi mesi l'Amministrazione ha preso in attenta valutazione alcune istanze del personale regionale in servizio, tendente al ottenere la revisione dei provvedimenti di primo inquadramento attuati sulla base delle leggi n. 22 e n. 60 che in alcuni casi possono avere determinato sperequazioni fra dipendenti aventi uguali requisiti presso gli Enti di provenienza. Già il Consigliere Paganelli citava alcuni esempi: titolo di studio ed altro. Sono infatti all'esame o sono stati in questi ultimi giorni esaminati dalla Giunta (perché proprio in questi giorni si è deciso di dare vita ad alcuni provvedimenti che peraltro sono stati trattati anche in sede di Governo) il disegno di legge regionale sul riconoscimento del "titolo di studio" e un disegno di legge "perequativo" fra i diversi inquadramenti, onde poter verificare la possibilità di sanare ogni contraddizione delle posizioni giuridiche ed economiche acquisite dal personale con l'inquadramento. Questo perché il personale della Regione ha le più diverse provenienze: enti mutualistici, GIL, ISES, Stato, Consorzi di bonifica per cui bisogna pure perequare, ad un certo momento all'interno.
In questo quadro si colloca altresì il problema, aperto dalla passata amministrazione, relativo all'applicazione dell'art. 72 per l'attribuzione di qualifiche superiori a quelle di primo inquadramento e rispondenti alle mansioni effettivamente svolte per meno di 100 dipendenti (erano 121 nel provvedimento della passata Giunta) la cui posizione giuridica ed economica è pertanto tuttora in sospeso.
Un riferimento normativo sull'ordinamento degli uffici regionali avrebbe indubbiamente consentito di fornire controdeduzioni incontestabili ai chiarimenti richiesti dalla Commissione di controllo sugli atti della Regione, relativamente ai provvedimenti d'inquadramento del personale per il quale era stata proposta l'applicazione dell'art. 72. Voi sapete che questa deliberazione trovò l'opposizione del Prefetto e naturalmente è stata lì per lungo tempo, perché abbiamo dovuto definire tutto il quadro generale; se l'avessimo ripresa tale e quale come fatta dalla precedente amministrazione sarebbe stata annullata e quindi praticamente oggi non parleremmo più dell'art. 72. Quindi è meglio perché, ritornata al Commissario di Governo con le stesse modalità con le quali era stata fatta dalla precedente Giunta, non avrebbe trovato accoglienza, sarebbe stata annullata, perciò non vi sarebbe più stata possibilità di riproposizione salvo ricorso al TAR da parte degli interessati.
In mancanza, invece, di una legge sulle strutture regionali operanti la revisione dei provvedimenti di primo inquadramento per svolgimento di mansioni superiori va valutata globalmente con riferimento a tutte le questioni di carattere perequativo pendenti. Ecco il perché del ritardo: abbiamo ritenuto di presentare un ventaglio di leggi che tenessero conto di tutte le situazioni che via via andavano maturando dalle diverse posizioni del personale.
In questa prospettiva l'Amministrazione si fa carico, insieme all'impegno di un attento esame, d'altra parte già in corso, delle istanze riguardanti disegni di legge perequativi, attribuzioni di mansioni superiori, di prendere in considerazione nell'immediato futuro e nella legge sulle strutture, le posizioni giuridiche ed economiche di quella parte dei dipendenti regionali che mai hanno visto "valutate" eventuali mansioni superiori svolte. Parliamo degli avventizi, tutti gli avventizi che oggi sono circa 600, quasi la metà del personale, i quali non hanno mai potuto avere una valutazione, pur essendo magari alle dipendenze dell'Amministrazione da sei anni, delle mansioni svolte.
Ribadiamo l'impegno di portare avanti l'art. 72, come l'abbiamo ribadito in Commissione. La Giunta provvederà sollecitamente (non posso dire di più); nella riunione del 28 dicembre si procederà ad un primo inizio della procedura per l'art. 72, per una parte sapete che già la Commissione paritetica si è espressa. Semmai per alcuni casi (non parlo delle qualifiche intermedie, parlo delle qualifiche alte) andremo a verificare se l'attribuzione della qualifica superiore non comporti il vincolo per la legge delle strutture in approntamento. Si tratta di 18 dipendenti che furono valutati dalla precedente Giunta.
L'attività della Giunta in tema di personale ha riguardato altresì, in questo ultimo periodo, provvedimenti ed iniziative di carattere sociale di particolare rilievo, come l'istituzione del servizio di mensa che è in atto dalla metà di dicembre e che solo la Regione Lombardia ha già attuato contemporaneamente al Piemonte.
L'Amministrazione è impegnata inoltre, con le altre Regioni a Statuto ordinario, nelle trattative a livello nazionale con i sindacati ed il Governo per la realizzazione del contratto regionale, come risulta illustrato dal documento trasmesso di recente al Consiglio.
E' stato inoltre approvato dalla Giunta un nuovo disegno di legge relativo al trattamento di missione del personale regionale che ha notevole importanza ed interesse per gran parte dei dipendenti.
Questo è il quadro che si accompagna all'applicazione dell'art. 72.
Per quanto riguarda la predisposizione di un organico disegno di legge sulle strutture e sul personale, l'Amministrazione ha iniziato i lavori (di questo abbiamo dato spesso notizia al Consiglio) costituendo un'apposita Commissione per assicurare una vasta e qualificata partecipazione di personale e l'impegno costante della componente politica per un adempimento di così grande importanza per il futuro dell'Ente.
In particolare la Commissione è stata concepita come sede di elaborazione e di raccordo fra tre componenti: quella politica, costituita dalla Giunta e dal Consiglio quella del personale regionale (e qui mi riferisco proprio a quanto ha detto la signora Castagnone Vaccarino), insostituibile non solo per i principi di democrazia organizzativa cui la presente Amministrazione si ispira, ma anche per la loro conoscenza diretta dei meccanismi di funzionamento di tutto l'apparato regionale (è già stata attuata) quella degli esperti a livello universitario. D'altronde questi esperti si chiamano: Bassanini, Picchieri, cioè nomi indiscussi nel campo della disciplina del diritto regionale e organizzativa.
Della Commissione sono stati quindi indicati a far parte: un funzionario in rappresentanza di ciascun Assessorato un funzionario in rappresentanza del Consiglio regionale, designato dall'Ufficio di Presidenza un rappresentante dell'ufficio del personale quattro consulenti, esperti di materie giuridico-amministrative, ai quali si sono successivamente aggiunti due esperti in materie sociologiche ed un esperto in organizzazione.
La Commissione ha proceduto alla definizione ed alla specificazione dei principi orientativi, attraverso elaborazioni successive che hanno dato luogo alla redazione prima di un ampio documento programmatico, largamente utilizzato in sede di stesura del piano regionale (e quindi hanno contribuito, voglio dire che si sono costituiti ormai decine e decine di esperti all'interno degli uffici regionali in questo modo e questo ha contribuito grandemente alla crescita di tutto il personale regionale ) e di un successivo documento che viene ora portato all'attenzione del Consiglio e che è stato distribuito settimane addietro.
L'elaborazione del documento è stata accompagnata: da un confronto con l'esperienza di altre Regioni; in questo senso vanno inquadrati, infatti, gli incontri per lo scambio di esperienze fra funzionari della nostra Regione e rappresentanti delle Regione Toscana Umbria, Veneto, tutte dotate di leggi sulle strutture. I resoconti di tali incontri sono a disposizione di tutti i Consiglieri, come d'altronde tutto il materiale preparatorio del documento, che oggi viene consegnato dalla rilevazione della situazione in atto, per determinare lo stato dei principi organizzativi oggi vigenti, fatta da un sociologo e per verificare il grado di realizzabilità dei principi stessi dagli elementi emersi dalla trattativa nazionale per il rinnovo del contratto di lavoro, che seguiamo con particolare attenzione attraverso i funzionari che sono addetti a seguire tutto l'iter del contratto.
Il metodo di lavoro usato dalla Commissione strutture è stato quello della collegialità, gli apporti sono venuti da tutti gli Assessorati e anche dal Consiglio. In Commissione si è avuta la massima apertura alle esperienze politicamente più varie, basti ricordare i citati incontri con le Regioni Toscana, Umbria e Veneto.
Contemporaneamente si è avuto un collegamento costante all'interno della Giunta e dei singoli Assessori I capitoli fondamentali del documento riguardano: gli elementi condizionanti il nuovo assetto organizzativo dell'apparato regionale, perché vi sono molti elementi che condizionano anche la nostra volontà in una certa direzione l'attuale situazione organizzativa (certo, come è strutturato) le esigenze di gradualità nel riordino dell'apparato amministrativo regionale i principi ispiratori del nuovo assetto, quali: a) il decentramento nell'esercizio delle funzioni amministrative regionali (siamo in pendenza della nomina comprensoriale) b) la semplificazione delle procedure c) la differenziazione delle strutture a seconda della qualità delle funzioni da svolgere d) la flessibilità dell'organizzazione, che ci permette, anche nella non conoscenza piena per esempio dell'applicazione della 382, della delega di fare una proposta di legge. Certo, dobbiamo conoscere i principi generali, ma possiamo, attraverso la flessibilità, procedere ugualmente e) il principio della collegialità del lavoro e mobilità del personale f) l'aggiornamento e la qualificazione professionale.
E' quanto ha chiesto la signora Castagnone Vaccarino.
il problema dell'informazione e della documentazione per l'attività regionale gli uffici del Consiglio regionale.
Dell'attività finalizzata alla redazione del disegno di legge regionale sulle strutture e sul personale fa parte, come si è detto, un'indagine conoscitiva (ed è stata anche consegnata) sull'attuale funzionamento delle strutture organizzative regionali. Tale indagine è valsa finora soprattutto a mettere in luce alcuni vincoli di natura organizzativa, da tenere realisticamente presenti, sia in sede di redazione della legge sia, a maggior ragione, nella successiva fase di attuazione.
Tali vincoli sono: in parte propri di ogni organizzazione complessa, soprattutto nel campo della pubblica amministrazione in parte originati dai rapporti dell'apparato regionale con l'apparato statale, in termini di legislazione, di strutture, di personale in parte "ereditati" dall'attuale Amministrazione in seguito alla storia della Regione Piemonte precedente al suo insediamento.
Le questioni che l'indagine ha finora evidenziato come maggiormente problematiche e che quindi necessitano sempre più di discussione e di confronto, sono le seguenti: a) la delimitazione di competenze oggi esistenti tra politici (Assessori, Giunta) e funzionari (questo è uno dei dati sui quali occorrerà lavorare a lungo) particolarmente in riferimento alle modalità con cui vengono esercitate le attività di coordinamento, di controllo all'interno della Regione ed i rapporti con Enti, organizzazioni, cittadini "esterni" all'apparato regionale b) delimitazione delle competenze tra uffici regionali e strutture organizzative parzialmente o totalmente esterne rispetto ad essi (IRES ESAP, ecc.), soprattutto in campi come la ricerca e la programmazione.
Quali sono questi rapporti? Qui nasce il vero, autentico punto da discutere. In questo quadro si pone anche il problema di una più razionale utilizzazione delle competenze esterne e di un graduale passaggio da apporti di tipo individuale ad apporti di tipo istituzionale. Siamo quindi nella linea che la Giunta si propone e dà, sotto questo aspetto, una risposta puntuale alle domande che poneva, giustamente, il Consigliere Paganelli.
c) valutazione dell'efficacia delle misure finora adottate al fine di un più efficace coordinamento di tipo dipartimentale fra gli Assessorati.
Si sono fatti dei dipartimenti, però, in quanto a farli funzionare bisognerà ancora fare lunghi discorsi, però è un processo che va avanti.
d) caratteristiche burocratiche di tipo tradizionale nel funzionamento degli uffici e la loro contraddittorietà rispetto ad un funzionamento più flessibile e adattivo nei confronti dell'ambiente esterno. Molte volte è rinchiuso, l'ambiente esterno deve premere, non vi è questo scollegamento continuo. Posto così il problema, ne deriva anche la linea di tendenza verso cui l'Amministrazione vuole procedere. La risposta è già stata data e proprio sotto l'aspetto della delimitazione delle competenze tra uffici regionali e strutture organizzative, parzialmente o totalmente esterne rispetto ad esse (quale l'IRES) soprattutto in campi come la ricerca e la programmazione. In questo quadro si pone anche il problema di una più razionale utilizzazione delle competenze esterne e di un graduale passaggio da apporti di tipo individuale ad apporti di tipo istituzionale. Questa è anche una risposta al Consigliere Cardinali.
Le consulenze. Confesso sinceramente che molte volte mi sono trovato di fronte a questo problema, però devo dire che la Giunta attuale ha teso ad utilizzare le consulenze insieme ai personale. Nella Commissione per la programmazione che è stata creata, citata dalla signora Castagnone Vaccarino, molti dipendenti ed alcuni esperti si sono incontrati e si incontrano; è già un metodo, perché non vi è una primarietà dei consulenti rispetto agli uffici interni. Non vi e stata consulenza che non abbia raggruppato attorno a sé una serie di funzionari, sfido chiunque a dimostrarmi il contrario: lo ha fatto la consulenza per la legge urbanistica, per il piano di sviluppo, per la legge delle strutture, per la legge delle acque, non vi è stato momento in cui non si sia raccordato all'interno con gruppi di funzionari che sotto questo aspetto sono certamente cresciuti.
Il Consigliere Paganelli ha citato emblematicamente due o tre casi.
Voglio rispondergli: non abbiamo nessun timore di dire che la forestazione come è stata iniziata attualmente, è diversa da quella tradizionale che l'Ispettorato dipartimentale delle foreste ha fatto, la vediamo non solo sotto l'aspetto della produzione legnosa, ma ricordiamo prima di tutto che la pianta è la vita, cosa che nessuno mai aveva fatto.
Sorridete, sorridete, si sorride sempre così, però avete lasciato questa area urbana distrutta, l'inquinamento totale e tante altre cose.



(Proteste dai banchi della D.C.)



PAGANELLI Ettore

Ci dica le competenze di quello che ha mandato a fare questo lavoro!



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

E tante altre cose: la sistemazione idrogeologica e forestale l'assetto del territorio, il paesaggio e non soltanto sotto l'aspetto antico a cui si dedica e si è dedicata, certamente con competenza, la guardia forestale (per altro, come voi sapete, soltanto in parte è di competenza regionale).
Vogliamo andare all'assetto urbanistico? Andiamo ad applicare la legge senza avere degli strumenti; sarà approvata, non sarà approvata, ma certo una legge urbanistica questo Consiglio la dovrà pure approvare perch sarebbe impensabile che nel momento in cui il Governo si è mosso su certe linee la Regione non facesse altrettanto. Per cui l'applicazione e le modalità, che sono poi la parte principale, mancheranno, impiegheremo sei mesi, un anno a predisporle.
Questa è una scelta, ma siamo pronti a discuterla, siamo pronti ad assumere le nostre responsabilità, anche di fronte alla comunità regionale.
Ogni governo fa le sue scelte e noi intendiamo fare le nostre, intendiamo portarle avanti, confrontarle, modificarle se sono errate, intendiamo contribuire al grande disegno della riforma delle strutture di questa società. Ma non per questo non siamo disponibili a questo discorso e anche sotto l'aspetto delle consulenze ha ragione la signora Castagnone Vaccarino quando dice che sono ineliminabili, perché volete dirmi come possiamo provvedere al rilevamento del suolo? Questo processo và avanti negli Stati Uniti e in altri Stati, come diceva l'Assessore Rivalta, addirittura si determina attraverso dei processi il grado di fertilità dei terreni, volete dirmi come sarà possibile farlo all'interno? E come fare l'indagine sulle acque, gli insediamenti nucleari, la pianificazione territoriale, le cartografie? Occorrerà certamente un impegno diretto a dei fini che possiamo confrontare tutti quanti insieme, ma che riteniamo debbano essere portati a compimento.
Per quanto riguarda l'IRES vorrei dire che ne è stata esaltata la sua funzione, ma, Consigliere Cardinali, bisogna vedere se questo istituto lo vogliamo come determinatore della politica economica della Regione Piemonte, o come contributo a questa politica. Se è come contributo evidentemente non possiamo più prendere l'IRES tout court e porlo nella condizione di farci la politica economica, perché abbiamo scelto un'altra strada, ma questo è evidente, cioè l'IRES è collocato come contributo per gli studi economici e non come determinatore della politica regionale ossia non prendiamo in blocco la politica e gli studi dell'IRES per determinare la nostra politica, ma diamo all'IRES dei lavori, degli indirizzi e ne consegue un certo tipo di lavoro diverso da quello di prima.
Ho consegnato a tutti i Consiglieri l'elenco delle indagini che l'IRES sta svolgendo, e non è in grado di svolgere altro lavoro, perché di quello attuale ne ha fin sopra i capelli, ha 34 dipendenti in tutto, né intende per ora, procedere ad alcun ampliamento, mi pare che questo sia l'orientamento.
Per il futuro si prevede di utilizzare il documento di principi elaborato dalla Commissione strutture, verificandolo in tre precisi momenti: con il personale, a cui il documento viene consegnato in questi giorni, attraverso apposite assemblee di Assessorato con le organizzazioni sindacali, a cui il documento è già stato trasmesso con le forze politiche, attraverso l'odierna apertura del dibattito in Consiglio regionale, che ci auguriamo prosegua costantemente fino alla redazione di una legge che reputo sarà comune patrimonio di tutte le forze politiche.
Al termine della prima fase, culminata con la stesura del documento, si è avuto un breve periodo di riflessione dovuto anche al fatto che si attendevano da una parte chiarimenti circa gli sviluppi sull'attuazione della 382 e dall'altra la costituzione dei Comitati comprensoriali, che sono stati due punti di riferimento determinanti per il lavoro della Commissione, onde creare una strutturazione stabile, organica, ma sufficientemente flessibile, in grado di recepire le nuove funzioni che deriveranno quanto prima all'Ente Regione.
Non è determinante il fatto della 382, ma certamente è molto importante, con delle strutture flessibili, almeno nel complesso conoscere ciò che ci sarà attribuito, almeno nelle prospettive generali, perch diversamente, per quanto possa essere flessibile una legge, se non si sa nemmeno a chi si riferisce, la sua flessibilità viene meno anche nella prima fase d'impianto.
Ora, eletti i Comitati medesimi e avuta l'assicurazione che l'attuazione della 382 è prevista per i prossimi estate-autunno 1977, la Commissione prevede per l'immediato futuro la stesura di un articolato sull'organizzazione degli uffici, in modo aperto (perché non riusciamo ancora ad avere l'esatta conoscenza di ciò che ci sarà consegnato), cui seguirà la predisposizione di un unico disegno di legge per l'organizzazione degli uffici e per il regime normativo del personale, con l'obiettivo di creare un'unica legge organica per i due aspetti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Chiedo la parola non abusando se non della pazienza dei colleghi; avevo qualche perplessità se intervenire, il Presidente mi ha sollecitato, direi è giusto che chi ha presentato la mozione si avvalga della facoltà che ha di parlare.
Dirò poche cose, non entrando nel merito di problemi che oltre tutto dal punto di vista tecnico, conosco limitatamente (ognuno deve conoscere i propri limiti).
Credo che le iniziative che il mio Gruppo, con quello repubblicano, ha reiteratamente preso in questo campo, si siano rivelate estremamente utili non tanto o non soltanto, penso, per i risultati che possono essere registrati in questa discussione in cui si è parlato di molte cose, ci sono state delle domande, delle risposte anche molto ampie date al di là delle domande, comunque c'è stata l'occasione, e questo è già un risultato utile per far compiere uno sforzo di obiettivazione, di chiarimento di una tematica estremamente delicata.
Ecco l'utilità di arrivare ad un impegno diversamente formulato; per esempio, per quanto riguarda la risposta da dare all'art. 72, l'opposizione esercita una sua funzione se preme in una certa direzione che viene riconosciuta a vario titolo come valida. L'impegno e lo sforzo - del quale ringraziamo il Presidente della Giunta - per dare una documentazione, non è una risposta alle preoccupazioni politiche dell'opposizione, ma costituisce un momento di conoscenza che pone dei punti fermi per le prospettive anche future e dei punti di riferimento per chi ha la responsabilità del Governo che portano a condurre su una strada retta e corretta, in forma più obiettiva, l'impegno alla legge sul titolo di studio, le iniziative per la perequazione, le altre iniziative di cui si è parlato.
Ma, a mio avviso, questa discussione aveva un suo punto centrale in un nodo che chiamerei politico. Paganelli ha fatto riferimento all'atmosfera natalizia non per introdurre delle osservazioni lepide in un argomento serio, ma per sottolineare che, in una materia così delicata, nessuno deve permettersi di compiere, anche se ne è sollecitato vivamente, delle strumentalizzazioni, perché ci sono di mezzo le sorti, la vita, le ansie e le attese della gente che è fuori della Regione e di quella che ci lavora dentro e poi perché s'intende fare riferimento alla buona volontà, della quale non si dubita e non si vuole dubitare anche quando c'è dissenso politico.
Il nodo politico è venuto fuori anche attraverso l'intervento di Bontempi, in questa ricerca accennata e poi respinta di confronti tra una visione amministrativa ed una visione più squisitamente politica, tra il passato ed il presente. Ora, ciascuno di noi è responsabile del proprio passato e nessuno lo ripudia, anche se ciascuno medita sui propri errori e sulle proprie insufficienze per correggerli, ma credo non sia un metodo di analisi corretto, quello di dimenticare che i provvedimenti, le iniziative le decisioni vanno giudicate secondo le condizioni, le sollecitazioni del momento in cui vengono prese dicendo che poi però, se siamo sollecitati andiamo a vedere anche tutto il resto. Avrei preferito da Bontempi, sempre così cordiale e corretto, magari qualche più dura e più pesante osservazione specifica anziché un rilievo di questo genere che non posso mi si consenta, lasciar passare così come se non lo avessi avvertito, l'ho avvertito e mi è spiaciuto. Siamo in tempi così difficili, così duri, ci sono delle cose spiacevoli da dire che ci vengono dette ed abbiamo anche il coraggio civile e morale, là dove possiamo aver commesso degli errori, di riconoscerli, ma questo non ci inchioda all'impossibilità di esercitare la nostra azione critica oggi che le nostre responsabilità qui compiutamente esercitiamo.
E allora ecco il nodo politico: avviare la Regione, avviarne l'azione rendere omogeneo un personale proveniente dalle direzioni più disparate dalle esperienze più disparate. Credo che gli stessi dati ai quali il Presidente fa riferimento per implicitamente dimostrare che tutto è denunciabile alla luce del sole e tutto è corretto, rivelano che lo strumento messo a disposizione e trovato da questa nuova maggioranza per far funzionare la Regione era di livello non trascurabile per impegno, per dedizione, per esperienze o portate o rapidamente acquisite, partendo da certe basi, si capisce; non tutte le competenze, soprattutto quelle nuove che si richiedono rispetto a nuove iniziative per le quali anche il personale politico qui dentro ha tutte le sue deficienze da denunciare tutte le sue salite da percorrere per essere all'altezza, aprono discorsi nuovi che sono stati fatti, che devono essere accentuati e dei quali non ci sentiamo non partecipi in ordine alla preparazione del personale, alla sollecitazione del medesimo, alla messa a disposizione di una condizione di una atmosfera, di un ambiente, degli strumenti per dare delle risposte positive.
E così le consulenze. La consulenza, oltre che non mortificante, è un fatto politico. Che sia stata accolta una certa iniziativa quasi indicativa di un modo nuovo di governare in questa direzione, preoccupante per un vasto contesto, è un fatto politico che chi ha queste sensibilità non pu trascurare, al di là della correttezza personale e al di là delle buone intenzioni e al di là delle fatiche del Presidente che possono anche portarlo - mi scusi, ma lo dico proprio con amicizia - a farsi saltare i nervi qui. Comprendiamo anche questo, Presidente, perché a certe cose replicheremmo diversamente se non le ritenessimo addebitabili alla pressione cui è sottoposto un uomo che ha dei limiti nel portare i pesi.
Ecco allora che questa atmosfera, anche attraverso questi dibattiti, va dissolta. Il rasserenamento del personale in ordine al significato che s'intende attribuire anche in prospettiva alle consulenze, o in ordine al significato che si può attribuire, o di cui può essere caricato il coordinatore che direttamente risponde verso l'autorità politica e che diventa per qualcuno il timore del Commissario politico che giudica non in funzione di una competenza particolare, di una particolare attitudine a coordinare il lavoro degli altri al di là di una gerarchizzazione, sono questioni che in tempi come questi vanno dibattute, vanno chiarite e in questo senso l'opposizione si è mossa, credendo di esercitare la sua funzione.
E allora le cose sono molto semplici. Ringraziamo dei dati che ci sono stati forniti, assicuriamo che siamo perfettamente sensibili all'esigenza che tutta la macchina regionale sia orientata nel senso di avere presente l'interesse comune, la non parcellizzazione degli interventi, la non clientelizzazione delle situazioni, ma ci sono vari modi di concepire anche le clientele, ci può essere il piccolo cabotaggio minuto della pratichetta e ci può essere quello di un'egemonia culturale che s'impone e diventa pressante ed emarginante o sentita come tale rispetto al contesto dalla gente chiamata ad operare. Anche queste cose, a volte più che i fatti clamorosi, sono una serie di sensazioni che si diffondono e delle quali ci siamo fatti portatori e le portiamo qui e questo senza fare il processo alle intenzioni, facendo da rivelatori di una condizione, di un stato d'animo. Sono da respingere? Sono da superare? E' servito tutto questo a far sì che si rendano obiettive le situazioni, si facciano conoscere, si prendano gli impegni per le leggi, si redigano dei documenti sui quali ci si può misurare culturalmente per valutare come deve essere organizzata la Regione? Se a questo è servita la mozione, ci riteniamo paghi, anche se dobbiamo chiedere a questo punto tempi brevissimi (non è il caso, questa sera, non vogliamo andare fino in fondo con forme pedanti) per risolvere il problema dell'art. 72, per la presentazione della legge sulle strutture per gli ulteriori adempimenti, per definire in modo conclusivo, in modo che sia da tutti accettata la politica delle consulenze; perché non accettiamo dobbiamo ripeterlo ogni volta, questa contrapposizione, quasi che non sapessimo che in materia nucleare, che in materia di acque, che in materia di ecologia, che in materia di una quantità di cose occorrono fior di consulenze. E' la questione dell'utilizzazione parapolitica e di dubbia accettabilità che sul piano dell'eccezionalità e dell'eminenza delle competenze può essere fatta delle consulenze, anche se con tutta comprensione e tolleranza politica ci rendiamo conto che una maggioranza ha anche il diritto di avvalersi di alcuni strumenti che le consentano di sviluppare in pieno la propria iniziativa politica, perché arriviamo a riconoscere anche questo, purché sia fatto nel quadro di quei principi che vengono enunciati e che qualche volta trovano delle eccezioni.
E' meglio fermarsi subito ed è meglio ricevere l'aiuto dell'opposizione, anche perché le maggioranze sono composte di posizioni di metodi, ecc., affinché non ci si trovi poi troppo in là in posizioni non più reversibili.
Ci dichiariamo quindi soddisfatti dell'iniziativa che abbiamo preso ed attendiamo che gli impegni della Giunta e le dichiarazioni di carattere generale trovino rapida e puntuale verifica negli strumenti e nei documenti attraverso i quali si organizza la vita della Regione.



PRESIDENTE

Mi pare che la discussione si possa ritenere conclusa senza altri adempimenti.


Argomento:

Esame mozione D.C.-P.R.I. relativa ad interpellanze su consulenze e personale (seguito)

Argomento:

Aggiunta di punti all'ordine del giorno della seduta successiva


PRESIDENTE

Possiamo riprendere domani mattina puntualmente alle ore 9,30, con un'avvertenza, che vi sono due punti aggiunti all'o.d.g., cioè sono stati licenziati felicemente dalla I Commissione due disegni di legge di cui mi viene raccomandata l'iscrizione all'o.d.g. perché riguardano questioni che devono essere approvate prima della fine dell'anno. Un disegno di legge, il n. 143, riguarda "Modifiche della legge regionale 4/5/1976 n. 19, ed integrazione di spesa per la formazione professionale"; l'altro disegno di legge, il n. 153, riguarda "Integrazione del capitolo 826 di spesa del bilancio per l'anno finanziario 1976 per la concessione di contributi nella formazione del patrimonio sociale delle cooperative artigiane di garanzia".
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,10)



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