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Dettaglio seduta n.80 del 12/11/76 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I Consiglieri hanno certamente ricevuto la convocazione per la seduta odierna. Quando l'aula sarà un po' più affollata farò una serie di comunicazioni che tendono a tradurre in pratica una serie di emendamenti discussi fra i Capigruppo ed esaminati dall'Ufficio di Presidenza per cercare di perfezionare il sistema di conduzione generale dei lavori del nostro Consiglio.
I punti all'ordine del giorno li conoscete, ma ve li rileggo: Approvazione verbale precedente seduta Interpellanze ed interrogazioni Comunicazioni del Presidente Nomine RAI-TV Proposta di modifiche allo Statuto regionale Esame disegno di legge n. 71 Esame deliberazione Giunta regionale relativa a "Istituzione del servizio mensa. Fissazione del prezzo per pasto e approvazione schema convenzione-tipo per affidamento relativo servizio".
Non so se seguiremo i lavori con questa procedura oppure con un'altra questo lo vedremo a mano a mano che procediamo, secondo ciò che vorranno i Consiglieri ed i Gruppi.


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

Per quanto riguarda il verbale della precedente seduta, se non vi sono obiezioni, lo considero approvato.


Argomento:

Interpellanze ed interrogazioni.


PRESIDENTE

Il punto secondo all'ordine del giorno reca "Interpellanze ed interrogazioni". La prima interpellanza da discutere è quella presentata dai Consiglieri Paganelli, Alberton, Petrini, Martini, Vietti, Bianchi: "Criteri che hanno giustificato il concorso per personale a tempo indeterminato: situazione del personale in servizio e delle consulenze".
Chiede di parlare il Consigliere Paganelli, ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

C'è anche un'altra interpellanza in merito, penso che il Presidente risponda contemporaneamente a tutte e due, ma poiché non è presente la Signora Castagnone Vaccarino è poi costretto a ripetere il tutto.



PRESIDENTE

E' giusto, svolgiamone un'altra in attesa dell'arrivo della signora Castagnone Vaccarino.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento internazionale extra-comunitario

Interrogazione dei Consiglieri Soldano, Picco, Paganelli, Vietti: "Motivazioni che hanno indotto la Giunta a programmare il viaggio in Svezia in occasione degli incontri Torino-Malmö"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Soldano, Picco, Paganelli Vietti: "Motivazioni che hanno indotto la Giunta a programmare il viaggio in Svezia in occasione degli incontri Torino-Malmö".
Risponde il Presidente della Giunta regionale.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, questo incontro con la città di Malmö e con la Scania, come altri con altre regioni, ha dato luogo ad alcune perplessità e discussioni ed è evidente pertanto che il governo regionale intende dare una completa spiegazione dei motivi di questa iniziativa e delle sue finalizzazioni.
In occasione dell'incontro di calcio Torino-Malmö il 15 settembre a Torino, ci fu proposto dalla città di Malmö, in unione ad altre istituzioni della Scania, un incontro sulla base di alcune iniziative inserite in un quadro di rappresentazione di alcune attività tradizionali di quella zona della Svezia che riguardavano fatti turistici ed altri gastronomici, con piatti tipici della Scania. Vi fu tutta una serie di incontri parteciparono la stampa, la radiotelevisione, si ebbe un certo successo e quindi aderimmo alla richiesta formulata in quell'occasione di portare a Malmö, nel momento in cui ci sarebbe stato l'incontro di ritorno, una serie di iniziative e tradizioni del Piemonte tali da far conoscere, anche sotto questo aspetto, la nostra regione: fra l'altro furono esposti alcuni prodotti e si esibirono alcuni gruppi folcloristici.
Non bisogna dimenticare che proprio a Malmö vivono molti italiani che lavorano in quelle fabbriche e che hanno accolto calorosamente la nostra delegazione.
La spesa affrontata è consistita, nel complesso, in 23 milioni e dobbiamo dire che è servita a realizzare l'obiettivo che il governo regionale si proponeva, quello cioè della conoscenza reciproca di due regioni: la RIV-SKF di Torino lavora con gruppi svedesi e a Malmö sono presenti nelle fabbriche molti nostri concittadini. Per l'esiguità della spesa, per l'importanza dei rapporti instaurati, per l'ufficializzazione data a queste iniziative, la Giunta ritiene che le stesse siano state valide.



OBERTO Gianni

Prima che si svolgessero le elezioni in Svezia?



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Dopo, ma non cambierebbe nulla, Consigliere Oberto, noi ci riferiamo ai popoli, non ai governi.



OBERTO Gianni

Lo dicevo così, per nessun motivo speciale.



PRESIDENTE

Ha la parola il Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Ritengo che la risposta data alla nostra interrogazione abbia evidenziato proprio quanto noi volevamo evidenziare: si tratta di un aspetto episodico, di un'improvvisazione di rapporti che non si inserisce in un contesto programmatorio di iniziative turistiche che evidentemente anche la Regione Piemonte deve tenere.
Contestiamo che si debbano svolgere dei rapporti così episodicamente legati ad altri fatti, e pensiamo che ci debba essere una precisa programmazione; contestiamo che si tratti di una spesa di poco conto proprio in rapporto ai risultati modesti che si sono ottenuti.
La nostra interrogazione aveva anche una parte che è stata ignorata nella risposta del signor Presidente. Siccome si è fatto un viaggio in pullman in quella occasione, chiedevamo di conoscere l'elenco nominativo dei partecipanti, ma non ci è stata data risposta. Sappiamo benissimo che a sensi dell'art. 12 dello Statuto, possiamo andare negli uffici regionali per avere questo elenco. Ci stupisce che il Presidente non ce l'abbia dato.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Non fateci leggere delle pagine intere!



PAGANELLI Ettore

Noi siamo insoddisfatti della risposta proprio in relazione all'oggetto che abbiamo sottolineato: là programmazione dei rapporti turistici e non l'episodicità di rapporti turistici.


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Interrogazione dei Consiglieri Vietti e Soldano: "Motivi del ritardo nel bandire il concorso per le borse di studio ad allievi della scuola media superiore e tempi entro i quali si intende provvedere"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Vietti e Soldano: "Motivi del ritardo nel bandire il concorso per le borse di studio ad allievi della scuola media superiore e tempi entro i quali si intende provvedere". Ha facoltà di rispondere l'Assessore Fiorini.



FIORINI Fausto, Assessore all'assistenza scolastica

Il ritardo, come forse le signorine interroganti sapranno, è dovuto al fatto che era in corso di approvazione la legge 82 bis e che soltanto il 28 agosto abbiamo avuto conoscenza che erano state fatte dal Commissario di Governo nuove osservazioni. Devo però dire che il 31 agosto abbiamo inviato la lettera ai Provveditori in cui si fissano queste date per le procedure: 9 ottobre, pubblicazione del bando; 23 ottobre, presentazione delle richieste degli interessati come termine massimo e indicativamente il 30 ottobre come data entro la quale dovevano essere svolti.
I Provveditori agli studi hanno preferito, concordando con l'Assessorato, fissare date diverse e noi abbiamo consentito. Devo dire che c'è stata qualche difficoltà di collaborazione con qualche Provveditore tuttavia attualmente i bandi sono stati tutti quanti fatti e gli esami dei bandi stessi avverranno, per ciò che riguarda Alessandria il 4 dicembre Asti il 30 novembre, Cuneo il 16 novembre, Novara il 30 ottobre, Torino il 30 ottobre e per Vercelli il Provveditorato non ci ha ancora risposto Mi scuso del ritardo, però penso che non debba essere imputato all'Assessorato in quanto non potevamo sapere a priori che la legge non sarebbe stata approvata.



PRESIDENTE

La parola alla dottoressa Vietti.



VIETTI Anna Maria

Come l'Assessore certamente sa, negli anni passati il concorso per l'assegnazione delle borse di studio era bandito, in genere, nel mese di maggio dell'anno scolastico antecedente a quello per cui le borse di studio dovevano essere assegnate. Quest'anno ciò non era possibile, poiché allora era in discussione il disegno di legge della Giunta che prevedeva prima l'abrogazione e poi il superamento delle borse di studio con altri tipi di intervento assistenziale.
L'interrogazione è stata presentata perché, alla data dell'11 ottobre allorché abbiamo presentato l'interrogazione, non sapevamo che l'Assessorato aveva invitato i Provveditori agli Studi a bandire i concorsi; in realtà a quella data non era ancora giunto agli istituti il bando di concorso per le borse di studio.
Preso atto degli avvenimenti che si sono succeduti e della risposta dell'Assessore, ci dichiariamo soddisfatte.


Argomento: Incarichi e consulenze esterne - Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale - Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Interpellanza del Consigliere Castagnone Vaccarino: "Situazione delle consulenze presso la Regione dal 30.8.1976 al 30.8.1976; settori ed obiettivi; titoli di qualificazione dei consulenti; spesa complessiva" ed interpellanza dei Consiglieri Paganelli, Alberton, Petrini, Martini Vietti, Bianchi: "Criteri che hanno giustificato il concorso per il personale a tempo indeterminato; situazione del personale in servizio e delle consulenze"


PRESIDENTE

Con l'arrivo della signora Castagnone Vaccarino possiamo affrontare l'esame congiunto dell'interpellanza da lei presentata e di quella dei Consiglieri Paganelli, Alberton, Petrini, Martini, Vietti e Biatichi entrambe concernenti il problema delle consulenze alla Regioni, Piemonte.
Risponde il Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, mi perdonerete certamente se rispondo con qualche giorno di ritardo, ma, come affronterete l'esame del lavoro che è stato fatto dagli uffici, voi stessi vi renderete conto che non era possibile rispondere in pochi giorni, a scanso di grossi errori.
La Signora Vaccarino chiede il numero esatto di persone che con gli Assessorati ed il Presidente della Giunta hanno avuto rapporti di consulenza a qualsiasi titolo ed in qualsiasi forma dal 30.8.1974 al 30.8.1975 e dal 30.8.1975 al 30.8.1976. Nel primo periodo sono stati 137 nel secondo 107.
In quale specifico settore e per quali obiettivi i consulenti sono stati e sono utilizzati lo si ricava da tutte le tabelle (sono rapporti stesi in 24 mesi ed impiegherei tutta la mattinata a darne lettura).
Ciascuno di voi ha di fronte tutto il quadro dal quale può essere tratto ogni elemento che riguarda specificamente il motivo dell'interpellanza.
Titoli di qualificazione specifica di ciascun consulente rispetto al settore di utilizzazione. Anche qui c'è il titolo di qualificazione, la terza casella di ognuno dà il titolo di qualificazione e di quelli che possono essere gli altri titoli che hanno consentito l'inizio del rapporto.
Per quali ragioni sono state rinnovate per la terza volta alcune consulenze, contrariamente a quanto previsto dal disegno di legge della Giunta. Qui debbo dare una spiegazione in quanto vi sono stati alcuni rapporti di consulenze che riguardavano, specialmente per quanto concerne l'informatica, dei processi di trasformazione assai lunghi. Cito ad esempio il rapporto che ha visto in questo biennio il progetto di meccanizzazione del bilancio, quindi la assunzione per consulenza della precedente Giunta di alcuni esperti in informatica che ancora oggi sono tali presso la Regione perché il progetto che prevede la meccanizzazione del bilancio, ma successivamente la meccanizzazione di ogni attività della Regione, avrà uno svolgimento che non può essere certamente limitato a 24 mesi, ma parecchi anni.
Si poneva quindi il problema, specialmente per questi consulenti, se interrompere la loro attività, atteso che il progetto prevede la meccanizzazione del bilancio e di alcuni settori inerenti a contravvenzioni depenalizzate che oggi sempre più frequentemente il governo scarica sulle Regioni e che impongono un'attività molto importante; per le contravvenzioni siamo ad oltre 100.000 fascicoli trasmessi alla Regione per cui, se non arriviamo alla meccanizzazione di ogni attività inerente ai fascicoli, non la finiremo mai perché è impossibile immaginare che queste attività illecite depenalizzate in continuo aumento possano essere risolte in pochi mesi; occorrerebbero decine di impiegati soltanto per la catalogazione e l'archiviazione dei fascicoli. Noi abbiamo perciò ritenuto specie per l'informatica, di provvedere al rinnovo nell'intento di procedere alla meccanizzazione di ogni atto della attività esecutiva della Regione.
Per quanto riguarda il rapporto 30.8.74/30.8.75, cioè la vecchia Giunta, l'impegno di spesa per le consulenze è stato di 590 milioni; la spesa effettiva è stata di 253 milioni.
Per quanto concerne invece il nuovo rapporto nell'ultimo anno l'impegno è stato di 588 milioni e la spesa di 187 milioni.
La pubblicazione, come ci eravamo ripromessi, consente di dare un'informazione approfondita e credo sufficiente per mettere ogni Consigliere in grado di valutare e di dare i contributi che riterrà necessari alla discussione.
E' stata poi consegnata ai Presidenti dei Gruppi tutta l'attività dell'IRES dell'anno scorso e tutti i progetti, i lavori, le commesse che gli sono stati affidati nel 1976 e voi potrete vedere dal fascicolo che hanno i Presidenti dei Gruppi, di fronte a quale gravoso impegno si trovi oggi l'IRES.
Ma, al di là delle nude cifre, di alcuni consulenti non potremmo fare a meno; prendiamo ad esempio quelli per gli impianti nucleari, per la ricerca delle acque, per la sistemazione territoriale, per la sistemazione idrogeologica e forestale, per l'informatica (scienza nuova giunta negli ultimi anni soltanto a porsi nel rapporto della pubblica amministrazione) e diciamo che, tutto sommato, non possiamo tenere all'interno di un'istituzione come la nostra una serie di esperti che verrebbero utilizzati soltanto per una parte dell'anno, o per gli anni che possono essere utili allo svolgimento dell'indagine e che successivamente non dovrebbero più apparire, ma sempre rimanendo a carico della Regione.
Riteniamo invece che il discorso debba essere fatto diversamente, cioè coinvolgendo sempre più dipendenti, funzionari, studiosi all'interno della Regione Piemonte, perché vi sono anche molti giovani eccezionalmente bravi.
Difatti, alla redazione del piano di sviluppo hanno partecipato decine di dipendenti regionali unitamente ai consulenti; per quanto riguarda i problemi della informatica, della meccanizzazione hanno partecipato numerosi impiegati della Regione che oggi collaborano già con il Politecnico; per l'ecologia, le acque, le sistemazioni idrogeologiche e forestali, le cartografie vi sono numerosissimi dipendenti che collaborano a fianco degli esperti o di quanti sono chiamati a svolgere questi lavori.
D'altronde, quando si pensi i per le quali occorrono non soltanto dei rilievi terrestri, ma anche aerei, costosissimi, non è pensabile che la Regione possa farle da sola. Qui si innesta il discorso della capacità dell'esperto.
Si è detto che spesso si fa riferimento a giovani laureati da due, tre o quattro anni definendoli esperti. Signori Consiglieri, io non voglio mettermi qui a fare della polemica ma proprio già nell'attività politica si fa costantemente richiamo allo svecchiamento, all'introduzione di giovani che hanno tecniche nuove e che sono in grado di dare un maggiore contributo alle ricerche anche sotto l'aspetto scientifico. Se questo lo richiediamo costantemente nell'attività politica, non vedo perché dobbiamo abbandonare questo principio quando si tratta della consulenza scientifica; facendo riferimento a nuove tecniche che sono sorte soltanto negli ultimi anni perché dobbiamo escludere i giovani? Mi pare di dover respingere una linea di questo tipo. La linea che la Giunta vuole condurre avanti è quella che l'esperienza e la capacità che possono esprimere i consulenti all'interno della Regione vengano alimentate dal contributo che anche i funzionari possono dare facendone un motivo costante di metodo di lavoro.
Voi avete visto la massa di lavoro che è stata preparata per il piano di sviluppo: è stata preparata da non meno di 40 funzionari all'interno della Regione Piemonte ed era la prima volta che un numero così vasto di funzionari si cimentava in questo genere di lavoro che è totalmente diverso da quello di vecchio tipo a cui spesso anche noi abbiamo partecipato.
Cosa spende un'industria privata come la Fiat nelle ricerche e nella consulenza? Decine di miliardi. Si dice che la ricerca costituisce la base costante dello sviluppo di un'azienda, non vedo perché non possa essere altrettanto per un'istituzione come la nostra che pure deve sollecitare deve promuovere tutta una serie di iniziative economiche atte a modificare questa società.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Ringrazio Presidente per la risposta che ci ha dato e per il lavoro che ha fatto e che spero sia stato ampiamente chiarificatorio non solo per l'interrogante - che tuttavia ne respinge completamente le conclusioni - ma anche per la Giunta.
Cominciamo con qualche questione di metodo. La prima è che non a caso era stata fatta la richiesta dei due periodi: uno che arrivava fino al 30 agosto 1975 e l'altro al 30 agosto 1976. E' chiaro che entro il 30 agosto 1975 le varie approvazioni messe in bilancio hanno avuto luogo entro il 1976, mentre quelle del 1976 non ancora. Così si può anche fare la bella figura di non fare risultare per esempio i 43 milioni della PRAXE consulenza del resto che era già stata fatta precedentemente - come non risultano i 20 milioni della consulenza del prof. Volpatto, cifre non indifferenti quando si vuole fare rapporto.
Ma la questione che a noi interessava non era soltanto una questione di cifre, perché sono d'accordo col Presidente Viglione; i costi delle consulenze possono essere altissimi in rapporto all'utilizzo ed alle ragioni delle consulenze stesse, in altre occasioni non c'è nessuna ragione che le consulenze siano alte o addirittura che esistano.
Fra le questioni che si rilevano chiaramente da questo studio, ce ne sono alcune che hanno una importanza metodologica in quelli che sono i rapporti fra classe politica e burocrazia. Siamo d'accordo che come fatto straordinario, o come riferimento a persone di particolare qualifica che è impossibile ritrovare nell'ambito del personale della Regione, ci debba essere effettivamente una consulenza, però non deve assolutamente diventare una specie di assunzione fasulla, chiamiamola così, ma dobbiamo mettere i nostri burocrati (così li chiamo perché tali sono e desidererei che fosse una classe burocratica qualificata, quella regionale, e non squalificata come è sovente, purtroppo, quella statale) nelle condizioni di svolgere la maggior parte dei lavori che debbono essere svolti.
Il fare delle consulenze che si ripetono, che si rinnovano di nove in nove mesi, di sei in sei mesi, di tre in tre mesi, significa mettere la nostra burocrazia nelle condizioni di non svolgere quei lavori che svolgono i consulenti. Allora chiamiamo le cose con il loro nome: si tratta di persone assunte, non si tratta più del rilevamento cartografico che si dovrà fare una volta ogni tanto, non si tratta dell'indagine sulla struttura idrogeologica di un settore che dovrà essere fatto una volta ogni tanto, si tratta di personale che non solo entra come consulente, ma che di fatto dirige i funzionari, con mortificazione totale della burocrazia mortificazione che deriva quasi sempre ed esclusivamente da ragioni di carattere politico e non da ragioni di capacità e di istruzione sufficiente per svolgere quelle mansioni.
Cominciamo quindi con il fare una netta differenza fra le consulenze di ovvio carattere tecnico, necessarie per non caricare la Regione di assunzioni, che riguarderebbero una situazione limitata nel tempo, e quel tipo di consulenze che sono una vera e propria mortificazione per il personale della Regione e che si rinnovano all'infinito. Compito di una classe politica è di farsi una classe burocratica di alto livello; se la classe burocratica non è di alto livello e non risponde ai bisogni delle strutture amministrative, significa che la classe politica ha mancato, non la classe burocratica che ne dipende e che è una conseguenza del comportamento della classe politica.
A questa premessa di carattere generale devo far seguire alcuni esempi.
Abbiamo incarichi a carattere gratuito, come ad esempio quelli dei signori Vittorini prof. Marcello, Todros dr. ing. Alberto e Piazza arch. Giuseppe.
Devo dire che la consulenza gratuita del prof. Vittorini Marcello è quanto mai stravagante perché ci costa 170.000 lire il primo giorno e 100.000 lire nei giorni successivi (secondo quanto si legge nella delibera). C'è per dell'altro che ci lascia perplessi, non vorremmo che il principio della gratuità degli incarichi mascherasse qualche altra cosa. Per esempio, ci chiediamo se è lecito che chi è consulente presso l'Assessorato all'urbanistica nello stesso tempo sia redattore di piani regolatori all'interno della Regione Piemonte. Questa faccenda di controllori che controllano, a noi del PRI non piace molto, non vorremmo che la gratuità che si ha da un lato avesse la sua controparte in qualche altra maniera.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Peraltro non provato.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Le chiedo scusa, ma la città di Borgaro ha dato gli strumenti urbanistici da fare all'arch. Piazza il quale è consulente della Regione Piemonte e questo lo dico perché l'ho in tasca, ma potrei averne molti altri.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Questa è la legge urbanistica.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Chiedo se correttamente, dal punto di vista di una classe politica, si debba tenere come consulente una persona che svolge un lavoro di carattere urbanistico dall'interno della Regione Piemonte. E' una domanda che faccio e la mia risposta c'è già: è strano che la gente lavori gratuitamente evidentemente lavora gratuitamente per la Regione in quanto fa poi strumenti urbanistici nell'ambito dello stesso territorio regionale.
Ma ci sono altre questioni che hanno una certa importanza. Non parlo del fatto che alcuni titoli non rispondano alla realtà, abbiamo assistenti universitari che non sono mai stati assistenti universitari, al massimo borsisti, persone peraltro stimabilissime, come il dr. Piperno, come il dr.
Lo Cicero, come parecchi altri. Ci troviamo pero di fronte a delle cose che sono senza dubbio stupefacenti: ricercatore nel settore dei servizi sociali, igienista esperto nel settore dei servizi sociali: tutte persone che non hanno alcun titolo. L'esperienza da dove gli deriva? Non è detto che tipo di scuola abbiano fatto per diventare esperti, né che tipo di attività abbiano svolto, perché si diventa esperti anche in seguito ad un'attività e non solo in seguito agli studi.
Abbiamo poi tre igienisti esperti nel settore dei servizi sociali che sono tre architetti, ma non so se si occupino tutti e tre soltanto di servizi igienici, se abbiamo bisogno di tanti servizi igienici nell'ambito dei servizi sociali, certo che sono architetti di carattere specializzatissimo; altri poi come Brennan Antonio, anche questo igienista esperto nel settore dei servizi sociali. Non dubito che al nostro Presidente della Giunta questi dati siano stati consegnati dall'Assessorato, non conoscerà probabilmente nemmeno...



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ma Brennan è a livello nazionale, lo conoscono tutti.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Sono contenta che a livello nazionale lo conoscano tutti, ma è semplicemente segnato come igienista esperto nel settore dei servizi, così come gli altri architetti e noi francamente non riusciamo a capire che cosa abbiamo a che fare tutti questi architetti con gli igienisti.
Volevo semplicemente sottolineare le questioni fondamentali: alcuni dati, essendo stato scelto un determinato metodo, abbassano la quota complessiva della spesa nel secondo periodo, mentre non l'abbassano per il primo periodo; in secondo luogo, il rapporto fra burocrazia e classe politica, e quindi dei consulenti, in realtà non si tratta niente altro che di una finta assunzione fatta in modo da mortificare la nostra burocrazia senza sollecitare il suo impegno; in terzo luogo, queste consulenze in molti casi non sono qualificate. E mi permetta il Presidente della Giunta di dire che sa benissimo quanto nel suo stesso partito questo sia stato criticato perché nessuno ignora il numero di lettere che ha ricevuto in proposito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, anch'io dovrò avere la parola per qualche minuto in più, ma la nostra interpellanza poneva ben sei domande e devo pur dire qualche cosa.
I primi quattro punti trattavano l'argomento dell'assunzione del personale...



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ma questo lo facciamo dopo, altrimenti si mescola tutto.



PAGANELLI Ettore

Allora parlo solo delle consulenze.
La nostra opinione è che sulle consulenze, attraverso i libricini che sono stati dati, in rapporto alla specifica richiesta della collega signora Vaccarino, si è cercato di fare un po' di polverone e siccome abbiamo già visto questi dati pubblicati stamane sulla stampa, io ritengo che si debba dire che allorquando si raffrontano dei dati, questi debbono essere omogenei e comparabili.
Faccio anch'io un riferimento specifico per dire che nel periodo 1974/75 ci sono state 137 consulenze contro le 107 del periodo 1975/76; in quel libretto c'è una delibera che affidava a 83 medici e professori la formazione di una Commissione di studio in materia di programmazione ospedaliera, Commissione che ha comportato quattro milioni e 860.000 lire di rimborsi spese. Non si possono fare cose del genere perché allora signor Presidente, io ho notato che è stata dimenticata una deliberazione che ricordo benissimo proprio perché sono di Alba: il collega Chiabrando aveva inserito una Commissione di studio di 15 o 20 persone per l'esame della legge sul tartufo, bisognava mettere anche queste venti persone e allora i consulenti sarebbero stati 157 e non 137.
Quando si dice che nel periodo precedente sono stati deliberati 590 milioni, si dice una cosa giusta: di questi 590 milioni ne sono stati previsti oltre 400 (e giustamente noi diciamo) dall'Assessore alla tutela dell'ambiente che è oggi come allora il collega Fonio, per redazione di progetti, di piani di settore, una di quelle attività che concordiamo deve essere affidata a dei consulenti.
Al contrario - e lo ha già rilevato la collega Vaccarino - con molta cura per il periodo successivo si cerca di distinguere tra delibere che hanno già avuto il visto del Commissario di Governo e delibere che, pur già adottate dalla Giunta, questo visto non l'hanno avuto, ma noi sappiamo che nel frattempo l'hanno ottenuto.
Così come non si inseriscono tutti gli incarichi che sono stati affidati nei periodi di settembre-ottobre e sono parecchi.
Ad ogni modo sia ben chiaro: noi non intendiamo risolvere il problema con una sterile polemica, che peraltro ci sentiamo di sostenere, tra quello che è stato fatto prima e dopo; così come non contestiamo - ed in questo siamo perfettamente d'accordo con lei, signor Presidente - le consulenze ma certi tipi di consulenze.
Certo, le consulenze che richiedono noti esperti in determinati settori ci vedono tutti consenzienti, altre consulenze non ci vedono consenzienti.
Noi ci battiamo perché lo spirito e la lettera delle leggi regionali siano rispettati e la Giunta sa perfettamente che questo è lo scopo dei nostri interventi e della nostra battaglia. Noi non approviamo il balletto che la Giunta fa tra la legge del 4 gennaio 1973, n. 1 e la legge 12 agosto 1974 n. 22, al fine di fare approvare certe consulenze. Il nostro Gruppo ritiene che i consulenti che vengono assunti a sensi della legge 4 gennaio 1973, la quale prevede norme per le indagini conoscitive di studi e di ricerche devono essere persone qualificatissime per produrre studi di alta levatura se invece ci si intende avvalere a tempo limitato, per incarichi di elevata qualificazione, di personale estraneo all'amministrazione a sensi art. 8 della legge 12 agosto 1974, allora bisogna stabilire le norme relative con legge regionale, come lo stesso articolo prevede. Ed a tal fine è noto che il Gruppo DC ha presentato un apposito progetto di legge.
Noi dichiariamo la nostra insoddisfazione per la risposta che è stata data e comunichiamo che, a sensi dell'art. 49 ultimo comma del regolamento presenteremo nella seduta odierna una mozione al fine di dibattere più ampiamente il problema per poter giungere ad una completa regolamentazione della materia. Se delle consulenze si vorrà fare l'uso che oggi il Presidente ha detto in aula, non ci saranno difficoltà a regolamentare le materie; se invece si vorrà farne un uso distorto, allora ci sarà la nostra ferma opposizione.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta risponde ora all'altra parte dell'interpellanza.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Al di là degli errori che vengono compiuti da tutti noi e anche dal governo regionale, vi è sempre stata, ed io lo riaffermo, la volontà di andare nella direzione che ho esposto nell'introduzione cioè quella di un rigore nella conduzione della cosa pubblica ed anche in questa particolare materia, talché non soltanto questa nostra condotta ci esime dal metterci in contrapposizione con quanto è stato enunciato dal Consigliere Paganelli ma ci fa sollecitare addirittura un ampio dibattito, chiarificatore per poter dare, in una sede più opportuna che non sia quella dell'interpellanza o dell'interrogazione, il rendiconto generale di tutta l'attività.
Ma vorrei qui brevemente rispondere e senza accenno polemico (non c'è mai accenno polemico nelle mie parole); nella elaborazione di questi studi non abbiamo omesso alcun dato perché ci è stata fatta la richiesta fino al 30 agosto e noi potevamo solo dare i dati fino al 30 agosto, ma...



PAGANELLI Ettore

No, no.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ma guardi che io rimetto di volta in volta al Presidente del Consiglio tutti i dati perché li faccia pervenire ai vari Gruppi. Noi ci collochiamo proprio in quella realtà di cui hanno parlato tanto i Consiglieri Castagnone Vaccarino e Paganelli: fare crescere all'interno ogni forza esistente in modo da essere in grado nel prossimo futuro di svolgere gran parte del nostro lavoro.
Voi sapete, signori Consiglieri, che il personale che è stato trasferito dallo Stato agli Enti locali ha avuto un indirizzo all'interno dell'ente di provenienza che non ha nulla a che fare con la vita che attualmente si svolge nell'ambito della Regione. Abbiamo detto più volte che intendiamo l'istituto regionale come un fatto di promozione legislativa e di programmazione; nulla di tutto questo era mai avvenuto negli enti di provenienza e quindi non era facile né per il precedente governo, né per questo, trasformare immediatamente chi per tanti anni, come noi d'altronde aveva lavorato nei Comuni, nelle Province. E' difficile mettere su uffici studi, biblioteche, uffici del piano, ecc.
Colgo quest'occasione per dire che il governo regionale è pienamente disponibile ad andare a questo confronto ed a preparare tutta una serie di ulteriore documentazione che confermi quanto oggi ho detto.
Noi non abbiamo escluso nessuna deliberazione, nessun atto, ci è stata chiesta la documentazione fino a quella data e quella abbiamo dato, sono trascorsi i mesi di settembre e di ottobre, nel frattempo possono essere avvenuti determinati fatti, ma siamo disponibili a mettere ogni cosa a disposizione dei Consiglieri e a dibattere fino in fondo l'argomento.
Anche noi abbiamo presentato da tempo un disegno di legge sullo specifico campo della consulenza.



PAGANELLI Ettore

Che è stato ritirato.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Sì, è stato ritirato perché si è detto che dai Gruppi sarebbero scaturite delle precisazioni in ordine ad alcuni punti del disegno di legge. Noi siamo sempre disponibili a dibattere, a confrontarci stabiliremo in sede di Presidenza del Consiglio quali saranno i termini e i modi di questo dibattito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Giustamente il Presidente ha detto prima che non si poteva fargli l'addebito di non avere risposto nei 15 giorni perché si tratta di un lavoro per fare il quale occorre non poco tempo.
Noi avevamo richiesto quattro specificazioni che riguardavano: l'assunzione di personale; le sostituzioni qualifica per qualifica; gli avvisi pubblici di assunzioni a carattere provvisorio; l'osservanza delle norme di cui alla deliberazione Giunta regionale 26 novembre 1975.
Ci si risponde con una documentazione notevole che da un lato è una risposta diligente, dall'altro non e una risposta alle nostre domande perché vi è da fare tutto un lavoro di estrapolazione e lo faremo, non disarmiamo certo di fronte a questi volumacci senza avere tutte le possibilità di controllo degli elementi che la Giunta ha. Lo faremo e ci riserviamo di riprendere l'argomento quando avremo ricavato i dati che ci interessano.



PRESIDENTE

Chiede ancora di parlare in merito il Presidente della Giunta, ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

La proposta del Consigliere Paganelli a nostro giudizio è apprezzabile perché consente a tutto il Consiglio di valutare esattamente la documentazione; è un lavoro immane la ricerca di 1600 posizioni, la definizione di ogni rapporto e le conclusioni compaiono tutte quante nell'ultima parte dei volumi, quindi è stata data una risposta.
Se vi è qualche dubbio rispetto ad eventuali estrapolazioni, siamo disponibili a verificare perché il lavoro è stato fatto con l'intento che fosse scientificamente vero, reale. Riteniamo per ora concluso l'iter di queste interpellanze e ribadiamo che andremo a dibattere il tutto in un'apposita seduta del Consiglio regionale.



PAGANELLI Ettore

Noi presentiamo una mozione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Dico che questo ci mette nella condizione di ulteriormente chiarire le linee di fondo dell' amministrazione e di renderle ancora più evidenti nella realtà che si innesta sulle dichiarazioni che ho fatto.



PRESIDENTE

Sono le 10,30. Adesso bisogna scegliere una linea di condotta: possiamo andare avanti con le interrogazioni e le interpellanze, cosa che può andare a nocumento della trattazione degli altri punti. Propongo di proseguire con la trattazione degli altri punti, sennò li rinviamo di seduta in seduta sospendendo la trattazione delle interpellanze ed interrogazioni.



OBERTO Gianni

Vale sempre il proposito di un'ora.



PRESIDENTE

Certo.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Richiesta di sollecita risposta ad un'interrogazione in materia di urbanistica del Consigliere Marchini


PRESIDENTE

La parola ancora al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Volevo solo dare atto a me stesso che non è stato risposto alla mia interrogazione che aveva materia analoga e che riguarda specificatamente tutto il problema delle consulenze e dell'affidamento dei piani regolatori in materia urbanistica. Me ne dò atto solo perché non avevo capito bene quando lei ha introdotto l'argomento, se riguardava anche la mia interrogazione.
Devo dire ai colleghi della D.C. e del PRI che le loro interpellanze pur valide, mi sembrano un po' vaghe (non intendo entrare nel merito) perché se vanno a leggersi l'interrogazione che io ho proposto sull'urbanistica, vedono che non si limita a considerazioni di genere, di metodo, ma entra nei fatti specifici, concreti. Chiederei quindi anche alle altre forze politiche, quando si discuterà questa interrogazione, di non toccare solo le questioni di metodo. Qui si tratta di nomi, di affidamento di incarichi, di piani regolatori a dei professionisti.
Grazie.



PAGANELLI Ettore

Ma noi presentiamo appunto una mozione che consente di discutere su tutto. Eravamo in sede di interpellanza e in quella sede bisognava stare nel tempo indicato.



PRESIDENTE

Mi pare che la procedura corretta sia là seguente: il Consigliere Marchini, se lo desidera, può avere una successiva replica (non adesso) alla sua interrogazione, perché ne ha diritto, come da regolamento; se invece lo ritiene opportuno, può aspettare la discussione sulla mozione che è stata annunciata dal Gruppo DC ed è una seconda occasione per intervenire in materia. La determinazione della data in cui la mozione - che deve ancora essere presentata - sarà discussa, dipenderà dalla riunione dei Capigruppo, che terremo oggi stesso.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, mi sono solo dato atto che alla mia interrogazione non è stato risposto.
Su questi argomenti si sfugge abbastanza, perché proprio lei ha ricevuto un mio telegramma in cui le chiedevo di intervenire presso l'Assessorato all'urbanistica relativamente all'affidamento dei gruppi di lavoro e di investire i Capigruppo della cosa, ma non è stato fatto.
Siccome in questa gestione regionale si slitta sempre un po' io mi sono solo dato atto - e volevo che venisse verbalizzato - che non è stato risposto alla mia interrogazione. Il mio argomento non finisce nella mozione di carattere generale, deve essere oggetto di una risposta specifica.
Chiedo anche a lei personalmente quando riterrà di spiegare perché non ha investito i Capigruppo, come da mia richiesta, del problema della costituzione dei gruppi di lavoro all'interno dell'Assessorato all'urbanistica, come affidamento di responsabilità specifiche. Questo mentre c'è una controversia sindacale in corso, mentre c'è tutto il personale in agitazione. Le ho chiesto di investire le forze politiche, ho mandato un telegramma e a tutt'oggi aspetto una risposta, è passato un mese. Per cui, ripeto, sono solo intervenuto per darmi atto, visto che qui si continua sempre a slittare, che alla mia interrogazione non è stato risposto. Chiaramente lo Statuto dice che mi si dovrà rispondere all'interrogazione, poi interverrò nel dibattito generale, come proposto dalla DC.



PRESIDENTE

Forse lei non capisce, o fa finta di non capire, Consigliere. Ho detto che lei ha il diritto di avere la risposta dalla Giunta, dato che non l'ha avuta, ed inoltre ho ricordato che ha anche il diritto di intervenire quando ci sarà il dibattito sulla mozione presentata dal Gruppo della DC.
Le altre considerazioni se le tiene per lei e non le rivolge a me che le ho dato atto di quello che chiedeva, punto e a capo.
Dopo di che le replico per la seconda volta che in seduta di Capigruppo i problemi si affrontano e discutono con il consenso dei Capigruppo e della Giunta, il che vuol dire che alla prossima riunione dei Capigruppo, se lei si alza in piedi e chiede di discutere questa faccenda, viene discussa.
Questo per la procedura, per la prassi e per la verità.
La parola al Presidente della Giunta che desidera aggiungere qualcosa.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Consigliere Marchini, il giorno 27 ottobre la Giunta trasmise al Consiglio un elenco di interpellanze da discutere nella riunione del Consiglio; il 29 ottobre pervenne la sua interrogazione. A questo punto non potevamo pensare certo che avendo trasmesso un numero di interpellanze ed interrogazioni per cui occorreranno certamente almeno quattro sedute per discuterle, potessimo aggiungerne un'altra ad aggravare ancora un quadro di questo genere. Arriveremo a gennaio prima di aver discusso tutto ciò che c'è al presente.
Non vi è nessuna volontà di non rispondere e se i Capigruppo ritengono oggi di posporre ogni interpellanza o interrogazione già iscritta all'ordine del giorno, la Giunta dichiara che oggi stesso, o alla prima riunione, risponderà alla sua interrogazione.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente a) Congedi


PRESIDENTE

Passiamo alle comunicazioni del Presidente.
Hanno chiesto congedo i Consiglieri Beltrami, Debenedetti, Ariotti Genovese e Rivalta.


Argomento:

b) Presentazione ed assegnazione disegni di legge


PRESIDENTE

Annuncio la presentazione dei seguenti disegni di legge da parte della Giunta regionale: n. 136: "Azienda per la gestione della Tenuta La Mandria. Bilancio di previsione per l'anno 1976", presentato in data 2/11/76 ed assegnato alla I Commissione in data 5/11/1976 n. 137: "Proroga e modifiche delle disposizioni della legge regionale 12 agosto 1974 n. 23, concernente provvedimenti per l'incentivazione turistico-ricettiva", presentato in data 3/11/1976 ed assegnato alla V Commissione in data 8/11/76 n. 138: "Norme per la nuova numerazione dei capitoli del bilancio regionale" presentato in data 5/11/1976 ed assegnato alla I Commissione in data 8/11/1976 n. 139: "Proroga dell'efficacia della classificazione alberghiera 1973/74 per il biennio 1977-78" presentato in data 7/11/1976 ed assegnato alla IV Commissione in data 10/11/1976 n. 140: "Variazioni al bilancio per l'anno finanziario 1976" presentato in data 5/11/1976 ed assegnato alla I Commissione in data 8/11/1976.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto alle seguenti leggi regionali: 7.10.1976: "Determinazione di spesa per l'anno 1976 e modifiche della legge regionale 4.6.1975 n. 42, concernente provvedimenti per la promozione dello sport in Piemonte" 7.10.1976: "Contributi per l'ammodernamento ed il potenziamento del parco veicoli dei trasporti pubblici in connessione con l'intervento finanziario statale (piano autobus) 7.10.1976: "Modificazioni delle delimitazioni stabilite con legge regionale 11/8/1973 n. 17" 12.10.1976: "Istituzione del circondario del Verbano-Cusio-Ossola" 12.10.1976: "Rifinanziamento e modifiche della legge regionale 4/6/1975 n. 47, recante interventi a favore degli Enti locali territoriali dell'associazionismo e della cooperazione per lo sviluppo strutturale della rete distributiva del Piemonte".


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

d) Disciplina delle sedute consiliari


PRESIDENTE

Devo altresì comunicare una serie di orientamenti e anche di decisioni che l'Ufficio di Presidenza è venuto nella determinazione di proporre, ma anche di prendere, indipendentemente dalle ulteriori consultazioni.
Anche in relazione ad alcuni episodi verificatisi, l'Ufficio di Presidenza ha messo allo studio misure atte a disciplinare l'accesso del pubblico durante le sedute consiliari. Alcune di queste misure sono già state attuate oggi, altre lo saranno nelle prossime sedute, non appena reperito il personale necessario.
Innanzi tutto gli uscieri in servizio sono stati invitati a controllare l'accesso, richiedendo l'esibizione dei cartellini di ingresso a suo tempo distribuiti.
Quanto all'accesso all'aula, questo sarà limitato, mentre la seduta è in corso, a sole due porte al fine di evitare che il frequente andirivieni faccia entrare il brusio del corridoio in aula e per evitare l'ingresso agli estranei.
L'uso dei telefoni del corridoio è riservato esclusivamente ai Consiglieri regionali, mentre per i funzionari sono disponibili i due telefoni al secondo piano. Questo vuol dire che l'accesso ai telefoni del corridoio è riservato ai soli Consiglieri regionali.
Si intende anche mettere del personale all'ingresso della tribuna del pubblico, al fine di evitare che vi accedano persone con cartelli o striscioni.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

e) Adozione di misure per rendere più funzionale il lavoro degli organismi consiliari e ridurre le spese di gestione


PRESIDENTE

L'Ufficio di Presidenza, nella seduta del 9 novembre, ha assunto due decisioni che permetteranno di contenere le spese di gestione e contemporaneamente potranno contribuire allo snellimento di alcune fasi dei lavori del Consiglio. In particolare, la corrispondenza (avvisi convocazioni, ordini del giorno, convocazione di Commissioni ecc. per i Consiglieri) sarà recapitata presso la sede dei Gruppi e, non appena possibile, in apposite caselle postali, come in uso alla Camera ed al Senato.
Queste misure sono rese possibili dalla periodicità settimanale delle riunioni recentemente decise.
Presso l'aula del Consiglio regionale, nelle bacheche esistenti saranno affissi, in concomitanza con le sedute consiliari, le convocazioni delle Commissioni con relativi ordini del giorno. Analoghe bacheche funzioneranno presso la sede di Via Maria Vittoria n. 18 e presso la palazzina dei Gruppi, in Via Bogino n. 21.
Si invita inoltre, in considerazione del costo medio attuale all'utilizzo moderato dei telegrammi; per comunicazioni brevi è più conveniente usare il telefono.
E' allo studio anche una regolamentazione dell'uso delle autovetture che dovrà essere strettamente limitato alle reali esigenze di servizio ed ai casi indispensabili, per quanto riguarda le Commissioni che si riuniscono fuori sede e per consultazioni. Analoghe misure verranno adottate per l'uso delle fotocopiatrici.
Verranno anche presi contatti con la Giunta regionale, al fine di verificare la possibilità di contenere le spese per le pubblicazioni della Regione e per coordinare una serie di iniziative comuni.
Ho terminato le mie comunicazioni, e se non ci sono richieste di parola possiamo passare al punto successivo.


Argomento: Nomine

Nomine RAI-TV


PRESIDENTE

Il punto quarto all'o.d.g. reca: "Nomine della RAI-TV", che sono da fare perché hanno delle scadenze urgenti. Tuttavia ritengo che sarebbe opportuna una breve riunione dei Capigruppo per definire le candidature. Se ci impegniamo davvero a terminare la riunione entro dieci minuti sospendo la seduta, se invece cominciamo un altro punto arriviamo alla fine della seduta senza avere votato le nomine della RAI-TV che invece sono urgenti.
Propongo una sospensione di dieci minuti, non di più, perché non vi sono tante questioni ancora da discutere.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10,45, riprende alle ore 11)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Signori Consiglieri, la riunione dei Capigruppo è giunta a queste determinazioni: ha raggiunto un'intesa circa i candidati da presentare all'attenzione del Consiglio regionale per le nomine RAI-TV.
I candidati sono i signori: Vito Damico, Roberto Salvio e Giuliano Urbani.
Terminata questa votazione, si procederà alla modifica dello Statuto regionale e si inizierà la discussione sul disegno di legge n. 71, con l'intendimento e l'impegno di portarlo a termine entro la prossima seduta del Consiglio che, secondo le decisioni prese, è già stata fissata per giovedì prossimo.



RASCHIO Luciano

Tutto il giorno?



PRESIDENTE

Sì, tutto il giorno, si faranno tutte le ore necessarie per far sì che nella giornata si passino anche alcune nomine di particolare urgenza che se non sono fatte a tempo, possono bloccare tutta una serie di iniziative e di attività.



OBERTO Gianni

Oggi si va fino alle ore 13?



PRESIDENTE

Anche fino alle ore 13,30, altrimenti non riusciamo a finire tutti i nostri lavori.
Allora si proceda alla distribuzione delle schede per le nomine RAI-TV.
(Si procede alla votazione a scrutinio segreto).



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti: n. 51 hanno riportato voti: DAMICO Vito: n. 27 SALVIO Roberto: n. 27 URBANI Giuliano: n. 21 Schede bianche: n. 2 Scheda nulla: n. 1 I signori Damico, Salvio e Urbani sono quindi designati come rappresentanti della Regione Piemonte in vista della costituzione del Consiglio di Amministrazione della Società concessionaria RAI-TV, ai sensi della legge 14/4/75, n. 103.


Argomento: Statuto - Regolamento

Proposte di modifiche allo Statuto regionale


PRESIDENTE

Il punto quinto all'o.d.g. reca: "Proposte di modifiche allo Statuto regionale".
Nel corso di questi primi cinque anni di attività legislativa regionale si è appalesata sempre più l'opportunità di addivenire ad alcune modifiche dello Statuto della Regione, approvato con legge 22 maggio 1971 n. 338, con riferimento soprattutto al modo di votazione delle proposte di legge ed alla determinazione delle date di presentazione e di approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo.
Riguardo al modo di votazione, il 2° comma dell'art. 44 dello Statuto prevede che la votazione sui singoli articoli e quella finale avvengano sempre per appello nominale, norma, peraltro, che non trova riscontro in nessun altro Statuto regionale. L'esperienza consiglia, soprattutto dal punto di vista pratico, di prevedere una forma di votazione palese meno appesantita da modalità di espressione e di verbalizzazione rispetto all'appello nominale, e cioè l'alzata di mano.
La possibilità di votazione per appello nominale rimane pur sempre salvaguardata dal disposto dell'art. 41 del Regolamento del Consiglio regionale, che al 2° comma prevede, in alternativa alle votazioni per alzata di mano, votazioni per appello nominale o a scrutinio segreto su domanda, rispettivamente, di tre o di cinque Consiglieri.
Ragioni di opportunità pratica consigliano anche di rivedere la formulazione dell'art. 77 dello Statuto, laddove vengono stabiliti per la Giunta i termini del 31 agosto per la presentazione del bilancio preventivo e del 30 aprile dell'anno successivo per la presentazione del conto consuntivo.
Altrettanto dicasi per i termini del 30 novembre e del 31 luglio posti dall'art. 16 del Consiglio regionale per l'approvazione rispettivamente del bilancio preventivo e del conto consuntivo.
La data del 31 agosto fissata per la presentazione del bilancio preventivo da parte della Giunta, è apparsa chiaramente infelice, sia perché troppo ravvicinata rispetto a quella della presentazione del bilancio statale da parte del Governo, sia perché troppo vicina alla fine della pausa estiva.
La materia, anziché a livello statutario, può essere disciplinata a livello legislativo. Questa soluzione offre tra l'altro alcuni vantaggi: i condizionamenti regionali a scelte cronologiche statali fissate a livello legislativo ordinario sono più facilmente modificabili di uno Statuto regionale; inoltre una predeterminazione rigida di date a livello regionale impedisce di tenere conto dei ritardi, sia pure illegittimi, che in fatto si possono avere a livello statale.
Per di più la recente legge 19 maggio 1976 n. 335 concernente "Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regioni" offre, anche dal punto di vista relativo alle competenze della Regione in questa materia, ulteriori possibilità per questa soluzione (artt. 7 e 35).
Pertanto si ritiene opportuno sopprimere il 2° comma dell'art. 77 dello Statuto, facendo rinvio, nel successivo art. 78, per la presentazione da parte della Giunta del bilancio preventivo e del conto consuntivo ai termini di scadenza previsti dalla legge regionale.
Il rinvio a quanto stabilito dalla legge regionale vale altresì per i termini fissati alle lett. d) ed f) dell'art. 16 dello Statuto.
Chiede di parlare il Consigliere Oberto, ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Vorrei dare il mio consenso personale, anche per l'esperienza vissuta sull'opportunità della modifica soprattutto dell'art. 1. Tuttavia siccome nella relazione è richiamato quello che mi sembra sia un concetto che deve essere tenuto presente, e cioè vale la norma dell'art. 41 del regolamento potrebbe sorgere il dubbio che votandosi oggi una legge, che certamente ha capacità e forza maggiore di un regolamento, si intenda tacitamente soppressa la norma dell'art. 41 del regolamento. Quindi potrebbe integrarsi, eventualmente.: "la votazione sui singoli articoli e quella finale avvengono sempre in forma palese, fatta salva la norma dell'art. 41 del vigente regolamento".



PRESIDENTE

Non credo.
Chi chiede di parlare? L'avv. Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Sto pensando ad alta voce: la preoccupazione del Consigliere Oberto ha un fondamento, ovviamente, ma esplicitandola in una legge rischiamo di assumere nella stessa il regolamento creando tutto un...



OBERTO Gianni

Non mettiamo "regolamento", ma solo "salvo che vi sia richiesta di votazione nominativa da parte di".



PRESIDENTE

Ma questo è già regolamentato.



OBERTO Gianni

La legge supera il regolamento.



BIANCHI Adriano

La mia osservazione si limitava ad un altro aspetto, cioè a quello di non richiamare un regolamento vigente in una legge perché poi, per modificare il regolamento, bisogna modificare la legge.



OBERTO Gianni

Io direi a richiesta di un quinto.



PRESIDENTE

Ma questo possiamo regolamentarlo. Nella disposizione dell'articolo di legge che cosa interessa affermare? La questione politica, e questa è chiaramente affermata, nel senso che le votazioni sui singoli articoli e quella finale avvengono sempre in forma palese. Questo dovrebbe tranquillizzare tutte le parti politiche.



OBERTO Gianni

Ma l'art. 41 potrebbe sostenere che sia soppresso o che non abbia più valore da una legge che è successiva al regolamento.



PRESIDENTE

Ma solo nel caso che il regolamento dicesse cosa contraria ed opposta ma qui non è così.



OBERTO Gianni

No, no. Io direi "salvo la richiesta di un certo numero" senza fare richiamo al regolamento.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Così è la norma.



PRESIDENTE

"Avvengono sempre in forma palese salvo diversa richiesta"?



OBERTO Gianni

"Salvo la richiesta di voto nominativo fatta da un quinto dei votanti".
La mia è una preoccupazione giuridica.



PRESIDENTE

Sono poco convinto, comunque bisognerebbe formulare una proposta scritta.
La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Non su questo articolo, ma su quelli successivi.
Con gli articoli successivi si modificano dei termini statutari in materia di presentazione di bilancio, di approvazione di conto consuntivo e su questo nessuno più di me concorda perché i termini che erano stati scritti nello Statuto erano di goliardia costituente regionale che poi all'atto pratico, non potevano e non possono essere rispettati.
Noi qui pero abroghiamo questi termini, demandiamo ad una legge regionale, ma ci vuole un impegno politico delle forze di questo Consiglio per approvare la legge in modo che non ci sia un voto legislativo, così come ci vuole un impegno politico che il termine, se deve essere modificato (e deve essere modificato) non sia poi eccessivamente lato da non essere più ragionevole. Deve essere un termine fissato con congruo anticipo rispetto alla scadenza dell'anno solare in modo che il bilancio possa essere approvato in tempo.



PRESIDENTE

Vi sono altre richieste di parola sui termini generali? Vedo che si sta preparando un emendamento. Qual è il testo?



OBERTO Gianni

"Salvo che vi sia richiesta di voto per appello nominale da parte di un quinto dei votanti".



BIANCHI Adriano

No, non dei votanti, li calcoli dopo i votanti.



PAGANELLI Ettore

Mettiamo di un sesto dei Consiglieri, anziché di un quinto.



OBERTO Gianni

"Salvo che vi sia richiesta di voto per appello nominale da parte di un sesto dei Consiglieri".



PRESIDENTE

Scusi: "dei Consiglieri presenti"?



OBERTO Gianni

No, no "dei Consiglieri".
E la votazione finale complessiva, come si intenderebbe farla, ancora per appello nominale?



PRESIDENTE

Quella sì, certo, non c'è alcun dubbio.
Possiamo procedere all'esame, articolo per articolo? La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Desidero fare una concisa dichiarazione di voto. Il nostro Gruppo, che fu il solo a votare contro lo Statuto nella fase costituente, si asterrà senza entrare nel merito delle modifiche che qui vengono suggerite, per coerenza con quella posizione a monte.



PRESIDENTE

Possiamo allora passare all'esame degli articoli.
Prima di tutto si dovrà porre in votazione l'emendamento qui suggerito: "Salvo che vi sia richiesta di voto per appello nominale da parte di un sesto dei Consiglieri".
Sull'emendamento chiede di parlare il Consigliere Curci. Ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, vorrei che i proponenti dell'emendamento ci precisassero se con il suo accoglimento verrà ad essere superato l'art. 41 del Regolamento, nel quale, al secondo comma, è detto che "di regola le votazioni avvengono per alzata di mano a meno che tre Consiglieri chiedano l'appello nominale".



PRESIDENTE

Mi pare del tutto scontato che, con l'approvazione a termini di legge di una disciplina di questa natura, vengono automaticamente a decadere quelle norme regolamentari. Si dovrà comunque procedere ad una modifica del Regolamento.



OBERTO Gianni

Anche ad evitare che succeda quel che è accaduto per la legge di sicurezza, che ha trovato serie difficoltà di applicazione appunto perch un regolamento ad essa anteriore di parecchi anni non era stato coordinato con quanto in essa disposto.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Tra quanto stabilito nel Regolamento, che prevede la richiesta da parte di tre Consiglieri, e quanto proposto nell'emendamento, secondo cui la richiesta deve venire da un sesto dei Consiglieri, il che significa dieci Consiglieri, la differenza è notevole. Proporrei di adottare una via di mezzo, nell'interesse non tanto del Gruppo al quale appartengo quanto dei Gruppi minori.



PRESIDENTE

Anche a me pareva che il salto fosse eccessivo, ma è stata la sua parte a proporre l'emendamento. Che cosa decidiamo? Chiede di parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Mi consenta un piccolo rilievo, signor Presidente: penso sia meglio cancellare il "salvo", perché non c'è contraddizione fra voto palese e voto nominale, essendo l'appello nominale una forma di voto palese, anzi, la più radicale delle forme di voto palese. Suggerirei pertanto di dire: "Le votazioni sui singoli articoli e quella finale avvengono sempre con voto palese. La votazione per appello nominale può comunque essere sempre richiesta da..."



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

A me sembra sia giusto, al momento di fissare delle procedure più razionalizzanti, che ci preoccupiamo della presenza anche dei Gruppi minori. Direi che sia bene mantener fermo il numero basso già contemplato dal Regolamento, visto che è questo che tutela gli interessi delle forze minori, come tutela in genere gli interessi di tutti i Gruppi consiliari.



OBERTO Gianni

Non va dimenticato che il Regolamento venne redatto quando i Consiglieri regionali erano 50, mentre ora sono 60.



BONTEMPI Rinaldo

Penso, comunque, che una discussione all'interno della Conferenza dei Capigruppo su ogni altro tipo di misure organizzative tendenti a rendere più incisivo, più concentrato, più produttivo il lavoro del Consiglio non possa mai prescindere da clausole che salvaguardino il diritto anche di piccole minoranze, entro certi limiti numerici, di chiedere la procedura formale ordinaria normale. Anche in questa visione il mantenimento del numero di tre potrebbe essere del tutto accettabile.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Curci. Ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Il limite minimo di tre Consiglieri venne fissato allorquando fu previsto che i Gruppi fossero costituiti da almeno tre Consiglieri.
Essendosi successivamente modificato il Regolamento abbassando a due il numero dei Consiglieri necessari per costituire un Gruppo, proporrei allineandomi sui principii espressi dal Consigliere Bontempi, che l'emendamento venisse modificato così: "Salvo che non venga esplicitamente richiesto da un Gruppo regolarmente costituito".



PRESIDENTE

Vi sono obiezioni a questa richiesta?



BIANCHI Adriano

Non si può fare riferimento al Gruppo, ma specificamente ad un certo numero di Consiglieri: il Gruppo ha rilevanza politica, ma non ha rilevanza in sede di voto, perché a votare sono i singoli Consiglieri.



PRESIDENTE

Praticamente, per accogliere la richiesta del Consigliere Curci, si dovrebbe parlare di due Consiglieri.



BONTEMPI Rinaldo

Secondo me, se si mantiene fermo il numero di tre Consiglieri, previsto dal Regolamento, si tutelano ampiamente le esigenze della minoranza e nello stesso tempo ci si pone in maniera chiara di fronte a questo problema, che non è questione di rappresentanza politica ma di titolarità di voto.



PRESIDENTE

Mi pare opportuno, accogliendo il suggerimento dell'avv. Bianchi lasciare il punto dopo le parole "sempre in forma palese" e far seguire la frase: "La votazione per appello nominale può sempre essere richiesta da almeno tre Consiglieri".



OBERTO Gianni

Direi meglio: "E' disposta quando vi sia la richiesta da parte di almeno tre Consiglieri".



BIANCHI Adriano

Si può inserire questo concetto nell'ultima frase, dicendo: "La votazione nominale deve sempre essere adottata per la votazione finale e può essere richiesta, in ogni caso, da tre Consiglieri".



PRESIDENTE

La formulazione letterariamente più idonea potrà essere studiata in sede di coordinamento. Per ora direi di limitarci a concordare sulla sostanza politica. Siamo d'accordo di introdurre il meccanismo per cui è sufficiente la richiesta di tre Consiglieri perché si debba procedere alla votazione per appello nominale? In caso affermativo, votiamo l'emendamento così com'è: si vedrà poi in sede di coordinamento quale stesura possa risultare, senza alterare il significato dell'emendamento stesso, più coerente con la dizione generale dell'articolo dello Statuto.
Se non vi sono obiezioni, metto in votazione il seguente emendamento: "La votazione per appello nominale può sempre essere richiesta da tre Consiglieri".
L'emendamento è approvato con due voti contrari.
Passiamo ora a votare l'art. 1 nel testo che risulta tenendo conto dell'emendamento testé approvato: Art. 1 "Il secondo comma dell'art. 44 dello Statuto della Regione Piemonte approvato con legge 22 maggio 1971 n. 338, è sostituito dal seguente: "La votazione sui singoli articoli e quella finale avvengono in forma palese.
L'appello nominale deve essere sempre adottato per la votazione finale delle leggi ed ogni qualvolta sia richiesto da almeno tre Consiglieri".
Si proceda alla votazione.
(Si procede alla votazione per appello nominale).



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 50 hanno votato sì: n. 48 Consiglieri si sono astenuti: n. 2 Consiglieri L'art. 1 e approvato.
Art. 2 "L'art. 16 lett. d) e f) dello Statuto della Regione Piemonte è così modificato: d) approva entro il termine fissato dalla legge regionale il bilancio preventivo predisposto dalla Giunta per l'esercizio dell'anno successivo f) approva entro il termine fissato dalla legge regionale il conto consuntivo dell'esercizio finanziario precedente".
Chiede di parlare il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, ho già preannunciato che avremmo dato il nostro assenso a questa modifica, a condizione che ci fosse l'impegno politico sul fatto che non deve esservi il vuoto legislativo e sul fatto che lo spostamento dei termini dev'essere uno spostamento ragionevole.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta mi incarica di dire che non ci sono difficoltà a dare queste assicurazioni.
Mi pare del tutto opportuno che si addivenga rapidamente ad una legge che valga ad ovviare alla vacanza fra il momento di approvazione del consuntivo regionale, che fra l'altro ha tempi lunghi, e l'epoca idonea alla presentazione del bilancio della Regione Piemonte in modo tale che esso rispecchi ragionevolmente le possibilità concrete e non sia tale da allungare i termini del confronto politico su un argomento così importante.
Direi anzi senz'altro che questa legge dovrebbe essere presentata e approvata prima della fine di quest'anno, in modo da saldare questo periodo.
La raccomandazione è dunque accolta dalla Giunta e pertanto si pu passare alla votazione dell'articolo, se non vi sono altre richieste di parola.
(Si procede alla votazione per appello nominale).



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 47 hanno risposto sì: n. 45 Consiglieri si sono astenuti: n. 2 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "Il secondo comma dell'art. 77 dello Statuto della Regione Piemonte è abrogato".
Nessuno chiede di parlare. Si passi alla votazione.
(Si procede alla votazione per appello nominale).



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 48 hanno risposto sì: n. 46 Consiglieri si sono astenuti: n. 2 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 "L'art. 78 dello Statuto della Regione Piemonte è sostituito dal seguente: La Giunta predispone il disegno di legge di approvazione del bilancio preventivo e quello del conto consuntivo in armonia con le norme stabilite con legge dello Stato e li consegna, nei termini di scadenza previsti dalla legge regionale, alla Presidenza del Consiglio regionale".
Nessuno chiede di parlare. Si passi alla votazione.
(Si procede alla votazione per appello nominale).



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
presenti e votanti: n. 47 hanno risposto sì: n. 45 Consiglieri si sono astenuti: n. 2 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Passiamo ora alla votazione dell'intero testo dello Statuto come risulta con le modifiche or ora approvate.
(Si procede alla votazione per appello nominale).



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione! presenti e votanti: n. 48 hanno risposto sì: n. 46 Consiglieri si sono astenuti: n. 2 Consiglieri


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Esame deliberazione Giunta regionale relativa a: "Istituzione del servizio mensa - Fissazione del prezzo per pasto ed approvazione schema convenzione tipo per affidamento relativo servizio"


PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta ritiene sarebbe opportuno, a meno che vi siano obiezioni di natura politica, che si anteponesse la discussione del punto settimo a quella del punto sesto, visto che non dovrebbe richiedere molto tempo. Nessuna opposizione? Allora passiamo al punto settimo dell'o.d.g.: "Esame deliberazione Giunta regionale relativa a: 'Istituzione del servizio mensa. Fissazione del prezzo per pasto e approvazione schema convenzione-tipo per affidamento relativo servizio'".
Ha la parola, per svolgere la sua sintetica relazione, il Consigliere Rossotto, Presidente della I Commissione.



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

La delibera di Giunta in esame è stata assunta in esecuzione della legge regionale n. 43 del 20/8/1976, con la quale fu istituito il servizio mensa a favore dei Dipendenti regionali.
In Commissione, anche con riferimento alle preoccupazioni già emerse in occasione dell'esame della legge accennata, e che portarono all'allora relatore Rossi, dopo le osservazioni del Commissario di Governo, a parlare di un onere di circa 1000 lire a carico dell'Amministrazione regionale per ogni pasto consumato, si sono manifestate notevoli perplessità sull'entità della quota per spese di gestione, fissata in L. 1150, e su quella della spesa viva alimentare. La delibera è stata pertanto approvata solo a maggioranza. Appunto a nome di questa, libere le forze politiche che non l'approvarono di far presenti al Consiglio le loro specifiche osservazioni il relatore sente il dovere di richiamare la Giunta a non considerare fissa ed imputabile, di fronte ad un eventuale aumento del servizio, oggi concordato in L. 1600, la ripartizione fra spese generali e spese vive che la delibera ha accolto. Se nell'attuale momento le spese dì ammortamento e di gestione (gas, luce, personale) possono avere una incidenza di tre quarti sul totale prezzo del pasto - accertamento della cui validità si lascia ogni responsabilità alla discrezionalità operativa della Giunta, a ciò pervenuta in dialettica con i Sindacati -, è indubbio che una eguale percentuale non potrà automaticamente rioperare per gli eventuali denegati ma non per questo scongiurati, aumenti che avessero a verificarsi in un prossimo futuro.
Sia per la portata normativa dell'art. 1 della citata legge, nella cui interpretazione sorregge anche l'osservazione effettuata dal Commissario di Governo, sia per la dinamica dei prezzi, che nei prodotti alimentari trova il momento di maggiore surriscaldamento, sia per il generale indirizzo politico, che impone ad amministratori e corpi sociali operanti nello Stato il massimo contenimento delle spese di gestione, è indubbio che la Giunta non potrà accettare, nelle future trattative con le Organizzazioni sindacali, la matematica trasposizione della percentuale indicata nella presente delibera a definizione della ripartizione fra dipendenti e Amministrazione regionale degli oneri aggiuntivi per eventuali aumenti.
L'indubbio onere che l'Amministrazione regionale si accolla, e che come osservato, deve subire rigide difese verso automatici e non governabili aumenti, trova una giustificazione non solo di ordine etico quale rispettoso omaggio e considerazione verso l'impegno e la dedizione del nostro personale, ma anche di ordine operativo e funzionale, in quanto consente di difendere fermamente da parte della Giunta il principio dell'orario spezzato e non unico, purtroppo in vigore presso altre Amministrazioni pubbliche, anche regionali, orario spezzato che, in termini di produttività, è di gran lunga preferibile, per servizi resi, ad altre soluzioni. La contrazione delle spese di gestione, per un Ente pubblico non può infatti prescindere dallo scopo essenziale dell'ente stesso, che è quello di funzionare al meglio nella produzione di servizi sempre migliori per l'intera collettività.
Per questi motivi, e con queste raccomandazioni, la Commissione propone a maggioranza al Consiglio l'approvazione della presente delibera.



PRESIDENTE

Ci sono osservazioni? Chiede di parlare la signora Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Desidero riportare in questa sede, almeno parzialmente, le osservazioni che già ho fatto in Commissione.
Il mio Gruppo non intende sollevare eccezioni tanto sulla entità dell'onere di spesa, che in effetti è estremamente modesto, ma soprattutto ribadire il principio che, in relazione ai servizi che offre, la Regione deve, al massimo, farsi carico delle spese di gestione, e non delle spese vive, nel caso specifico quelle alimentari.
Sarebbe piuttosto insensato, mi sembra, ed anche in contrasto con quanto dichiarato non soltanto dalle forze di opposizione ma dalle forze stesse della Giunta, sostenere che nel volgere di un mese e mezzo, da settembre ad oggi, gli aumenti si siano verificati in direzione univoca cioè siano aumentate le sole spese di gestione, e le spese vive alimentari, siano rimaste invariate.
Di fronte alla richiesta presumibilmente avanzata dai gestori dei servizi di elevare la quota per pasto, in precedenza fissata ad un livello inferiore, a 1600 lire, in conseguenza dei recenti aumenti, avremmo desiderato che la Giunta mantenesse l'impegno di prendere su di s unicamente le spese di gestione, lasciando le spese vive a carico di chi del servizio usufruisce. Perché se oggi, visto che si tratta di pochi milioni, noi non ci formalizziamo sulla applicazione di questo principio dovremo in un prossimo futuro comportarci analogamente per quanto concerne la mensa nelle scuole materne, e poi nelle scuole elementari, e in tanti altri casi consimili.
E' necessario, dunque, rivedere radicalmente la politica dei servizi: la pubblica amministrazione ha il dovere di strutturarli perché i cittadini ne possano usufruire, ma le spese vive devono essere sostenute da coloro che di tali servizi beneficiano.
Ho ritenuto di dover dare questa spiegazione per chiarire il nostro atteggiamento in Commissione non solo al Consiglio,ma anche ai dipendenti della Regione, interessati a questo provvedimento.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Alberton.



ALBERTON Ezio

Quando avevamo dato il nostro voto favorevole alla legge, avevamo raccomandato alla Giunta di prestare notevole attenzione alla stesura della convenzione. Vediamo ora che parecchie delle perplessità da noi manifestate in sede di I Commissione sono oggi formalizzate e riprese nella relazione dello stesso Presidente di Commissione anche a nome della maggioranza che ha approvato in quella sede la delibera. Su queste perplessità sottolineate già dalla collega Castagnone Vaccarino, vorrei ancora ritornare.
Ci preoccupa che si sia definito un rapporto (3/4-1/4) quasi rigido all'interno del costo complessivo del servizio, per via del quale l'ammontare a carico della Regione per ogni pasto viene ad essere di 1150 lire. Considerate le voci che concorrono a formare questa cifra, ho l'impressione che questo rapporto, in prospettiva, potrà subire una variazione solo in aumento, non certo in diminuzione, perché in quelle voci sono comprese materie prime necessarie per produrre il bene personale e via dicendo, che sappiamo essere suscettibili di impennate in aumento anche superiori a quelle cui vanno incontro le voci strettamente alimentari.
Se si è introdotta, dopo le osservazioni del Commissario di Governo, la logica della divisione fra costi fissi e costi diretti, credo sia stato proprio per ribadire un concetto che mi sembra obiettivamente molto importante: la Regione si fa carico della organizzazione di questo servizio e degli oneri aggiuntivi rispetto a quelli che il personale dovrebbe comunque sostenere per alimentarsi. Un qualsiasi intervento in più della Regione darebbe adito a pensare alla erogazione di un supplemento rispetto allo stipendio.
Non vogliamo assolutamente intervenire in merito alla entità degli stipendi dei dipendenti della Regione Piemonte. Ci rendiamo perfettamente conto che molte delle recenti polemiche in proposito sono state condotte in modo scorretto, senza il supporto di una adeguata documentazione, e riportate con eccessiva superficialità anche da certi organi di stampa.
Questa è però una problematica che ci deve trovare particolarmente attenti.
Non vogliamo neppure fare un discorso di pura tecnica contabile: l'esemplificazione su costi fissi e costi diretti la facciamo richiamandoci anche noi al problema emblematico della finanza pubblica e del costo dei servizi. Tra i costi fissi noi vediamo citate appunto voci come luce, gas riscaldamento eccetera, che mi sembrano difficilmente interpretabili come fisse. Certe situazioni - la collega Castagnole Vaccarino ha accennato all'assistenza scolastica in generale, io vorrei richiamare il tema particolare della mensa universitaria - devono indurci ad una accurata riflessione.
Noi vi invitiamo pertanto ad apportare modifiche alla convenzione, o per lo meno ad introdurre meccanismi che rendano possibili modifiche successive. Vero è che le cifre in gioco si possono definire modeste specie se confrontate con certe spese superflue affrontate dalla Regione con superficialità: ma non deve apparire strano che si polemizzi o si facciano rilievi per 50 milioni in più a carico della Regione per un maggior carico di cento o duecento lire su ogni pasto, mentre cifre di questo genere vengono spese con notevole disinvoltura in altri settori.
Però, mi pare giusto richiamare ad una questione di scelta politica e considerare con preoccupazione le possibilità di futuri aumenti di costo: è così che la Regione può porsi come riferimento politico per gli Enti locali e la loro erogazione di servizi? Suggerirei di studiare una modifica della convenzione - ecco una seconda osservazione che intendevo fare - anche in relazione al modo di erogare questo servizio. Essa prevede ora che il dipendente che vuole usufruire della mensa acquisti un buono che può poi utilizzare, a sua discrezione, o per un pranzo completo, o per parte di esso che sia di maggior gradimento. Ora dalla esperienza fatta personalmente come partecipante a mense di Collegi universitari prima e di mense aziendali poi, mi deriva la convinzione che questo uso del pasto non completo sia abbastanza diffuso nella pratica dell'utilizzo delle mense. La convenzione però, è redatta in modo che, qualora il dipendente utilizzasse questa pratica, di consumare un pasto parziale, a guadagnarci sarebbe il gestore l'ente convenzionato, mentre se ne svantaggerebbero sia il dipendente sia la Regione. Infatti, il pasto completo costa 1600 lire; in caso di utilizzo di solo metà pasto, la Regione pagherebbe 1400 lire anziché 1600; i margini di oscillazione, giocando solo all'interno delle 450 lire, quelle che vengono fatte pagare al dipendente, sono molto modesti, perché la Regione dovrebbe comunque pagare 1150 all'ente convenzionato.
Anche per questi motivi suggerirei alla Giunta di rivedere questa delibera, ovviamente dopo averne discusso con le Organizzazioni sindacali.
Qui, obiettivamente, le forze del Consiglio si sentono un po' in imbarazzo perché non è stato loro reso noto quanto della deliberazione assunta derivi da una proposta della Giunta regionale e quanto da una contrattazione con le Organizzazioni sindacali. In sede di revisione dei meccanismi, così da prevedere anche l'introduzione dei buoni singoli, cioè per le singole voci del pasto, credo sarebbe opportuno rivedere anche la suddivisione delle cifre fra costi fissi e costi variabili.
Gradiremmo, prima di pronunciare un giudizio complessivo di voto sulla delibera, conoscere il parere della Giunta.



PRESIDENTE

Chiede ancora di parlare la signora Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Non avevo svolto tutte le mie considerazioni nel precedente intervento pensando che si dovesse discutere separatamente sulla convenzione e sul testo della delibera.
Desidero ancora chiedere una precisazione alla Giunta. Al punto 8 è scritto: "Indicativamente, il valore della presente convenzione è previsto in lire puntini oltre all'imposta sul valore aggiunto". Dunque, il prezzo di 1600 lire per pasto va maggiorato dell'importo IVA. Questo importo va ad aggiungersi alle 1.150 lire che sono a carico della Regione o alle 450 a carico del dipendente?



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

A carico della Regione.



PRESIDENTE

La parola per la replica al Presidente della Giunta, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, a questa deliberazione si è pervenuti attraverso un complesso iter legislativo. Come loro sanno, il primitivo disegno di legge venne rinviato dal Governo, con l'intento di rimarcare che il servizio di mensa non doveva avere caratteristiche tali da far pensare ad un miglioramento salariale, in quanto concesso con carattere di generalità a tutti i dipendenti, ma di fruibilità di un servizio.
La Regione ha assunto a suo carico l'onere dei costi fissi e degli ammortamenti. Ai fini di una corretta elaborazione della legge, all'interno della Giunta venne costituito un gruppo di lavoro con l'incarico di una serie di indagini dirette a conoscere la situazione esistente e nel settore privato e in quello pubblico e ad accertare l'effettiva incidenza di carattere generale - non certo specifica relativa ad ogni singola convenzione, poiché vi sono differenze, sia pure di misura modesta, tra l'una e l'altra convenzione, tra la mensa del Regio e quella della Rai, tra quella della Sip e quella dell'Enel, e così via -. Le risultanze di questa analisi e il confronto con le Organizzazioni sindacali, specificamente menzionate nella normativa, hanno portato , attraverso un iter piuttosto faticoso, ad indicare le somme fissate nella delibera.
Penso sia utile per l'economia del dibattito citare qualche dato significativo, sia relativamente al settore privato che a quello pubblico.
Nel settore privato la trattativa ha portato ad incidere a carico del dipendente, del lavoratore, spesso in misura inferiore alle 300 lire. Nel settore pubblico si registra a Torino il caso dell'Amministrazione provinciale,con una incidenza a carico del lavoratore di 400 lire (la delibera relativa venne assunta già dalla precedente Amministrazione allora retta dal Presidente Borgogno); in Piemonte abbiamo esempi di istituti ospedalieri ove il dipendente paga circa 400 lire tutto compreso restando a carico dell'Amministrazione la parte eccedente. Riteniamo quindi che correttamente abbia agito l'ufficio interno che ha proceduto alle analisi, e che si sia svolto correttamente anche il rapporto con le Organizzazioni sindacali, che hanno confermato la loto disponibilità al consenso sulla base di L. 1150 a carico dell'Amministrazione e 450 a carico del dipendente, una quota già di 50 lire superiore a quelle mediamente in uso nel settore pubblico e di 150 a quelle del settore privato. Anche facendo il confronto con questa situazione generale, la Giunta regionale ha assunto una posizione, a nostro giudizio, abbastanza corretta.
Il Consigliere Alberton ha suggerito l'eventualità di spezzettare la quota. Avevamo valutato anche questa possibilità, ma ci era parsa di non facile attuazione, suscettibile di complicare eccessivamente la contabilità e di determinare quindi per ciò stesso molto probabilmente un ulteriore incremento di costi. D'altronde, l'indagine condotta in vari settori, come quelli ospedalieri, ci aveva fornito l'indicazione che i costi (ammortamento, costi fissi del personale) toccavano in ogni caso l'85 della spesa, mentre l'incidenza dei generi alimentari elaborati in cucina per i malati si aggirava mediamente soltanto sul 15% sulla somma sborsata.
ben noto che oggi i costi del lavoro sono elevatissimi: un cuoco, tra oneri diretti ed indiretti, costa mensilmente una somma ragguardevole, e hanno un costo elevato gli stessi impianti. Anche noi, nella nostra vita familiare, riscontriamo che la spesa per il vitto è sempre notevolmente inferiore a tutte le altre spese (casa, affitto, telefono eccetera), che sono rapportabili agli impianti generali delle mense.
Terremo comunque in evidenza il suggerimento del Consigliere Alberton che apprezziamo, e gli assicuriamo che cercheremo di studiare subito il modo di spezzare il servizio, nel senso di non dare ad esso un carattere definitivo, lasciandolo alla fruibilità giornaliera, alla scelta giornaliera, il che porterà anche probabilmente a ridurre ulteriormente i costi.
Alla signora Castagnone Vaccarino devo dire che effettivamente l'IVA per un importo che ora non sono in grado di precisare, sarà a nostro carico, anche perché con le Organizzazioni sindacali abbiamo concordato come massimo carico del lavoratore le 450 lire.
Desidero fare ancora una osservazione che, pur non avendo relazione diretta con questo servizio, in un certo modo vi si collega. Come voi sapete, la nostra è una delle pochissime Regioni italiane, insieme, mi pare, alla Lombardia, e forse a parte del Veneto, ove i dipendenti lavorano con orario spezzato.
Questa Giunta, con il consenso anche delle forze politiche che non vi sono rappresentate, credo di poter dire, visto l'indirizzo del precedente governo regionale, ha mantenuto l'orario spezzato, anche se si avverte che vi sono tendenze in direzione diversa. Rimaniamo fermi sulle posizioni europee (tedeschi, francesi e nordici lavorano 40 ore settimanali, contro le nostre 37 e mezzo); gli stessi impiegati pubblici statunitensi, come mi diceva il Console degli Stati Uniti, seguono l'orario diviso.
Questo tipo di orario comporta però anche degli oneri per il dipendente. In primo luogo, nelle Regioni in cui si attua l'orario unico i dipendenti non hanno alcuna necessità di consumare il pasto di mezzogiorno fuori casa, in quanto possono attendere a pranzare a casa propria, alle 14,30, una volta ultimato il lavoro. Diversa è invece la situazione per i dipendenti ad orario spezzato. E appunto per questo il Governo ci ha richiesto di fare riferimento esplicito, nella nostra legge, a questa motivazione.
C'è poi da considerare un altro fattore, che costituisce un'altra valida ragione della organizzazione del servizio mensa a favore dei nostri dipendenti. Il personale della Regione Piemonte percepisce stipendi che sono fra i più bassi corrisposti per analoghe mansioni del nostro Paese.
Dalla pubblicazione che vi è stata consegnata voi potrete rilevare come vi siano alcune categorie di dipendenti, trasferiti dallo Stato o dagli Enti locali, ove già avevano percorso una lunga carriera, con mansioni di dirigenza, che ricevono stipendi mensili che raggiungono mediamente le 700 750mila lire; da questa cifra, con un notevole salto all'indietro, si passa alla fascia di coloro che percepiscono annualmente intorno ai 3 milioni, 3 milioni e mezzo lordi; con un ulteriore balzo verso il basso, si arriva al foltissimo stuolo di coloro che ricevono retribuzioni di 2 milioni, 2 milioni e mezzo lordi. Ciò significa che vi è una spessa fascia di dipendenti (credo il 60-70%) all'interno della Regione che percepiscono da 150-160 mila lire fino a 190 mila al mese; poi un'altra (10-15%), già con mansioni direttive, anche se non riconosciute, compensati sulle 300 mila lire mensili.
Ad un personale retribuito in misura così modesta viene richiesta una prestazione ad orario spezzato, assai più disagevole di quello osservato in quasi tutte le altre Regioni. E' appena logico che ad esso si offra questo servizio, con condizioni di ripartizione di spese, non dico di particolare favore, ma eque. In considerazione di tutto ciò il Governo regionale si era impegnato a portare questa deliberazione all'esame della I Commissione ed a farla poi dibattere in Consiglio regionale, trattandosi di un problema di carattere generale cui tutti i Consiglieri debbono essere partecipi.
Ringrazio per le osservazioni che sono state fatte. Si tratta di soluzioni migliorative che già avevamo esaminato ma che per una serie di ragioni presentano difficoltà ad essere tradotte in pratica. Potremo comunque riprenderle in considerazione per una verifica. Assicuro pertanto al Consigliere Alberton che la sua proposta sarà subito riesaminata e alla Signora Vaccarino che la sua osservazione è giusta ma così stanno le cose in effetti.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa. I Consiglieri sono quindi invitati a pronunciarsi sulla delibera in questione. "Il Consiglio regionale, - vista la legge regionale 20 agosto 1976, n. 43, istitutiva di servizio di mensa a favore del personale dell'Amministrazione Regionale; - preso atto della proposta formulata dalla Giunta regionale in ordine alle determinazioni del prezzo di ogni singolo pasto e in ordine alla convenzione-tipo da stipulare con Enti, Istituzioni, Ditte per la somministrazione di cui trattasi delibera 1) di stabilire nella misura di L. 1600 il costo di ogni pasto che sarà fornito ai dipendenti regionali che intendano avvalersi del servizio di mensa istituito con legge regionale n. 43 del 20 agosto 1976. Di tale costo la Regione assume a proprio carico L. 1.150 pro capite corrispondenti alla media delle spese di organizzazione dei servizi e dei costi fissi rimanendo a carico del personale il costo residuo di L. 450.
2) Di autorizzare il Presidente della Giunta regionale a stipulare apposite convenzioni con Ditte, Enti, Istituzioni od Organizzazioni che danno le garanzie per una efficiente conduzione del servizio mensa, secondo lo schema allegato e sulla base dei costi uniformi sopraindicati.
Per la spesa prevista di L. 100.000.000 per l'anno 1976 si fa fronte con lo stanziamento previsto nel capitolo n. 63 del bilancio 1976.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul B.U. della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è d'accordo alzi la mano.



CASTAGNONE VACCARINO AURELIA

Veramente, contavo di poter fare ancora qualche osservazione...



PRESIDENTE

Siamo ormai in sede di votazione.
Si procede alla votazione per alzata di mano.
La delibera è approvata con il seguente esito: presenti e votanti: n. 48 favorevoli: n. 43 Consiglieri astenuti: n. 5 Consiglieri Chiede di parlare il Consigliere Martini. Ne ha facoltà.



MARTINI Mario

Senza voler muovere il minimo appunto a lei, signor Presidente, che conduce benissimo i lavori dell'Assemblea, mi permetto di osservare che sarebbe stato più corretto far procedere la votazione dalle eventuali dichiarazioni di voto.
Era venuta la richiesta dai banchi del Consiglio che la Giunta prendesse in considerazione l'opportunità di modificare la proposta di delibera per tener conto delle osservazioni che erano state fatte: il Presidente della Giunta ha risposto e immediatamente dopo si è passati in votazione, senza dar ai Gruppi il modo di motivare le proprie posizioni. Di questo mi rammarico, perché la mia astensione aveva delle motivazioni che avrei desiderato esplicitare.



PRESIDENTE

Sono dispiaciuto anch'io di questo contrattempo. Per la verità, avevo avuto la sensazione che la discussione fosse già in gran parte avvenuta in sede di Commissione e che il dibattito in aula non dovesse servire che ad offrire la possibilità di ribadire in Consiglio motivazioni già ampiamente espresse in Commissione.
Ammetto di aver commesso un errore di valutazione, e ne faccio ammenda: non ho intuito che vi fosse la possibilità di diversificazione da esprimersi in dichiarazione di voto, ero convinto che la discussione fosse da ritenersi conclusa con la replica del Presidente della Giunta, e perci ho proposto, forse con eccessiva precipitazione, il passaggio al voto. Se dovesse ripresentarsi un caso analogo, prego i Consiglieri di rendermi subito note le loro intenzioni.
Esaurito questo argomento, possiamo ora passare all'esame del punto all'ordine del giorno che avevamo deciso di posporre.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Esame disegno di legge n. 71: "Norme per l'attuazione delle direttive n. 72/159, 72/160, 72/161 e 75/268 del Consiglio delle Comunità Europee per la riforma dell'agricoltura"


PRESIDENTE

Il punto sesto dell'o.d.g. reca: Esame disegno di legge n. 71: "Norme per l'attuazione delle direttive n. 72/159, 72/160, 72/161 e 75/268 del Consiglio delle Comunità Europee per la riforma dell' agricoltura".
Finalmente, questa legge, di così vasta portata, viene all'esame del nostro Consiglio, dopo un accurato lavoro svolto dalle Commissioni e dai Gruppi.
Invito a prendere la parola il relatore designato, Consigliere Piero Besate.



BESATE Piero, relatore

Signor Presidente, il fatto che siano trascorsi due mesi dal primo dibattito sul disegno di legge che si limitava alle prime tre direttive mi impone di riferire e nello stesso tempo di riepilogare i termini dell'oggetto sottoposto oggi all'esame del nostro Consiglio.
Nel frattempo, com'è a tutti noto, l'agricoltura è ritornata prepotentemente alla ribalta dell'attenzione nazionale, non come settore da curare - è finito il tempo in cui si usava lo slogan, di sicuro effetto "la grande malata" - ma come componente imprescindibile dell'economia nazionale.
Il dato di partenza è a tutti noto: il sintomo dello squilibrio della bilancia dei pagamenti e della bilancia commerciale dei prodotti agro alimentari (dico agro-alimentari perché non ci sono da considerare soltanto i prodotti alimentari della terra, ma anche quelli legnosi, per i quali la bilancia commerciale dei pagamenti è notevolmente deficitaria).
Nella prima metà di quest'anno, ad esempio, abbiamo importato prodotti alimentari per 2531 miliardi di lire, contro i 1963 miliardi dello stesso periodo dell'anno precedente, con un aumento dello squilibrio di 568 miliardi in sei mesi. Le nostre esportazioni alimentari, invece, sono state scarse, e il saldo passivo è stato di 1568 miliardi contro i 1176 dei primi sei mesi del '75, con un aumento di 392 miliardi. E' noto che gli acquisti più massicci all' estero sono quelli che si riferiscono al comparto zootecnico, oltre che a quello del legno, e riguardano l'importazione di carni fresche, di carni congelate, di carni preparate, di prodotti lattiero caseari. Il tutto comporta, nel complesso, quello squilibrio di cui ho detto poco fa.
Senza addentrarmi in dettagli ulteriori, che d'altro canto dovrebbero essere ampiamente conosciuti, anche perché i grandi mezzi di informazioni ogni giorno dibattono questi problemi, quello che intendo rilevare, e credo sia sufficiente, è l'enorme dimensione dello squilibrio, e soprattutto la tendenza, ecco il problema, alla crescita, all'incremento di questo squilibrio, il che ci dice che siamo in una posizione di crisi strutturale e quindi non di un fatto congiunturale.
Risultano, tra l'altro, insoluti i problemi di fondo della CEE: la revisione degli indirizzi generali della politica agricola comune, della politica mediterranea della Comunità, nella quale l'Italia può e deve avere un ruolo fondamentale per armonizzare gli interessi dei Paesi dell'area mediterranea e contribuire a realizzare anche e soprattutto per questa via la strategia dell'indipendenza e della cooperazione mediterranea, come cerniera di buoni e solidi rapporti con l'Europa, è di là da venire, la crisi della Comunità europea purtroppo è profonda, si è, ahimé, ben lontani anche da questi obiettivi, e, in attesa degli avvicendamenti degli incarichi di fine anno nella Comunità europea, la crisi della Comunità ristagna e si approfondisce.
Infine, poi, le vicende nazionali in corso pongono in primo piano il problema agricolo alimentare. Il Parlamento ha posto questo problema in primo piano l'altro ieri, ieri e lo dibatte anche oggi, nella discussione sul programma di Governo e sui provvedimenti che stanno per essere nuovamente varati.
In questo ambito, e in rapporto alla riconversione industriale e all'occupazione giovanile, vengono indicati, nel piano nazionale, i progetti per la zootecnia, l'irrigazione e la forestazione, che, del resto come sapete, non a caso costituiscono anche nell'indicazione che la maggioranza ha qui dato, recepita però credo da tutto il Consiglio, anche il programma, o almeno le basi portanti del programma, agricolo della Regione Piemonte.
Non intendo ripetere quanto è già scritto nella relazione in proposito nella quale già si citano alcune cifre rapportate alle nuove tabelle delle risorse comunicate al Governo, in particolare,che non sono ancora state consegnate ai Consiglieri, perché arrivate quando la relazione era già in tiratura. Inoltre, oggi partiamo con il retroterra del dibattito generale della riunione consiliare della metà del settembre scorso. Con tutti questi riferimenti, e tenuto conto del dibattito sulla situazione economica avvenuto recentissimamente in Consiglio regionale, mi sembra che il quadro politico generale sia sufficientemente delineato e permetta di andare all'esame e all'approvazione di questo disegno di legge con tutto il quadro e gli elementi di contorno che sono necessari per fare le valutazioni di merito.
Piuttosto, desidero rilevare che i punti di frizione, almeno nei partiti dell'arco democratico, a proposito di questo disegno, si sono ulteriormente ridotti dopo il riesame in sede di Commissione agricoltura sia per recepire la quarta direttiva sia per adempiere al mandato del Consiglio di andare ad una ulteriore precisazione, ad un maggiore approfondimento della materia, sia per buona volontà che per i maggiori particolari intervenuti dei punti che si avevano.
Taluni di questi punti che ancora rimangono, tuttavia, è bene dirlo almeno, questo è apparso in sede di Commissione - non attengono alla sostanza delle norme e dei contenuti previsti nel disegno di legge licenziato dalla Commissione, ma ad alcuni dubbi circa la possibilità di passaggio per la griglia del controllo governativo. Sui punti che hanno questa caratteristica la maggioranza ha ritenuto che si tratti non tanto di interpretazione formale quanto di valutazioni politiche del Governo stesso e quindi di un banco di prova qualificante.
Prendiamo ad esempio la questione della lettera b, comma 1, dell'art. 6 del disegno di legge, dove si parla della prevalenza dei coltivatori diretti. La prevalenza è politica ed è un fatto che trova consenso, nella sostanza, direi unanime. Ma si dice: "il Governo potrebbe bocciare..." Questo è vero. Ma il Governo, all'ultimo comma dell'art. 11 della legge 153, ha introdotto una preferenza che è espressamente vietata, ad esempio dalla direttiva n. 159. E c'è un'altra critica da muovere ancora più a monte, quella che le direttive stesse contrastano in misura stridente con il Trattato di Roma: dicono che quando si tratta di direttive non si deve imporre una normativa ai Governi nazionali, si impone un obiettivo; poi per quanto riguarda le modalità e la normativa, sono i Governi nazionali cioè i Parlamenti nazionali, che devono decidere, mentre invece nelle direttive stesse si indicano norme tassative, cogenti per i Governi nazionali.
Al di là di queste disquisizioni sta comunque il fatto politico che, se esiste un minimo di coerenza, questa viene soprattutto dalla norma regionale. E' comunque importante l'accordo sulla sostanza.
Veniamo alla questione del "part-time", che veniva definita nella seduta di metà settembre. Desidero subito precisare che "part-time" secondo me, è definizione impropria, sia perché la misura qui prevista è quella del 50%, e il 50% è previsto espressamente dall'art . 3 della direttiva n. 159 per individuare l'imprenditore a titolo principale (la legge italiana ha poi portato la misura a due terzi). Si tratta di imprenditori; anche perché la legislazione italiana considera imprenditore agricolo per eccellenza colui che serve con la forza lavorativa propria e familiare anche solo un terzo della forza lavorativa necessaria per la coltivazione del fondo.
Ma il problema di questi imprenditori, nella nuova formulazione elaborata dalla Commissione e presentata oggi al Consiglio, è stato risolto sia spostando la normativa dall'art. 7, che definisce l'imprenditore a titolo principale, al 6, che regola invece la procedura ed i requisiti per la presentazione delle domande, lasciando quindi aperto il problema sostanziale senza incappare nelle maglie della rigida norma definitoria dei due terzi previsti dalla legge statale, sia, d'altro canto, istituendo il limite di età a 45 anni, nello spirito, questo sì, della politica rivolta a recuperare all'agricoltura forze anche relativamente giovani, sia ancora imponendo che, al termine del piano di sviluppo, si raggiunga il requisito dei due terzi e del reddito comparabile, che sono poi i due pilastri, la ratio, come si direbbe, di tutte le direttive e della stessa legge 153.
Sorvolando su parti che mi permetto di valutare soggettivamente meno importanti - ci sono alcuni punti che richiederanno forse ancora qualche limatura, all'interno del testo -, permane un dissenso sulla questione dell'informazione socio-economica e sulla qualificazione professionale dopo che è intervenuto un accordo, se si vuole ancora modificabile, circa l'assistenza tecnica. Tralascio la socio-informazione, in merito alla quale non sembra si sia meditato sufficientemente (lo dico in modo impersonale per non avere l'aria di chi vuol impartire lezioni) sul fatto che il primo comma dell'art. 48 della legge 153 non può essere disatteso dalla Regione essendo dichiarato all'art. 2 della legge principio fondamentale di legge dello Stato in base all'art. 117 della Costituzione. Questo primo comma fa obbligo alle Regioni di istituire queste attività di socio-informazione in proprio, il che è fuori discussione, lasciando loro la possibilità di affidarne il compito ad associazioni che si costituissero espressamente (l'art. 49 ribadisce ancora il concetto, per il caso che non fosse sufficientemente chiaro: "Può affidare compiti, oltre a svolgere direttamente tale attività, ad associazioni che si costituissero espressamente" ) Il disegno di legge, secondo noi, lo dico come relatore, attua fedelmente il sistema previsto dalla legge, che si può definire non dico pluralistico, perché questo termine è troppo abusato, ma misto, nel senso della presenza del settore pubblico e della possibilità di presenza del settore sociale. Quanto all'attività nelle zone montane, questa è delegata alle Comunità montane, in accoglimento di una tesi molto cara ai montanari (e non solo ai montanari, poiché è una politica del Consiglio nel suo insieme, della Regione). La tesi in contrasto, invece, è quella che tutta l'attività socio-informativa sia svolta al di fuori della sfera pubblica lasciando alla Regione soltanto una eventuale funzione surrogatoria.
Ora, a parte la obbligatorietà del primo comma dell'art. 48, questo costituirebbe un indirizzo politico che noi non ci sentiamo di accettare come maggioranza - io sono relatore qui della Commissione, ma certamente di maggioranza -, perché, mentre da una parte è necessaria la presenza pubblica nelle parti fondamentali, si dà tutta la possibilità (e qui poi entrano in gioco i compiti dei Comprensori, delle Commissioni consultive) della presenza sociale, e quindi di un sistema misto articolato che viene a coprire tutte le esigenze e dà la possibilità alle organizzazioni e associazioni dei produttori di svolgere per intero la loro funzione in questo campo.
Per la qualificazione professionale, il disegno di legge, mancando ancora una legge regionale generale sulla formazione professionale individua un sistema che non pregiudica né precorre alcuna tesi. C'è anche qui un sistema misto nel disegno di legge, che può essere anche ulteriormente rafforzato, a nostro parere, mentre l'accoglimento di una tesi esclusiva, oltre ad essere in contrasto con la 153, per certi versi prefigurerebbe un sistema dal quale la Regione verrebbe esclusa nell'attività di formazione professionale, intervenendo solo come passacarte, in nome di un'autogestione settoriale che a buona ragione altre categorie, gli industriali, per esempio, potrebbero rivendicare con gli stessi diritti, con tutte le conseguenze e i pregiudizi che ne deriverebbero in un ambito così importante come quello della formazione professionale, che andrebbe tutto sul piano o privatizzato o di un sistema corporativo.
Il disegno, invece, prevede qui un sistema misto, che quindi conferma una situazione qual è senza pregiudicare niente e rafforza la funzione della Regione da una parte ma anche delle organizzazioni e delle associazioni professionali e dei produttori con una presenza ben qualificata e riqualificata.
Il disegno, infine, accoglie una fondamentale rivendicazione montana, e cioè quella che le domande per l'indennità compensativa per le zone svantaggiate in modo permanente e naturale sono presentate alle Comunità montane. Infine, come ho già detto, la tabella delle risorse allegata va aggiornata - credo che lo farà la Giunta regionale, l'Assessore - in quanto non pervenne che quando la relazione era in corso di stampa.
Concludendo, la materia del contendere è, in fondo, circoscritta, il che denota che è stato compiuto uno sforzo comune encomiabile. Non intendo con questo, premettere, in quanto relatore, valutazioni riduttive di quanto altri possono anche considerare pregiudiziale. Sono certo che se il confronto si svolgerà nella stessa atmosfera e con la stessa chiarezza che l'hanno caratterizzato in Commissione, esso porterà a conclusioni apprezzabili e positive.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Besate per la sua relazione. E' ora aperto il dibattito. Chiede di parlare il Consigliere Franzi, ne ha facoltà.



FRANZI Piero

Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, la legge che ci apprestiamo ad esaminare è sicuramente la più attesa da parte dei produttori agricoli dopo quelle comunemente conosciute come Piano Verde n. 1 e Piano Verde n.
2. Una legge che, pur non avendo carattere rivoluzionario, introduce profonde innovazioni, soprattutto circa l'ufficializzazione della qualifica sulla professionalità in agricoltura, la mobilità fondiaria dei terreni l'integrazione del reddito per gli imprenditori che operano nelle zone svantaggiate, l'istituzione di servizi di informazione socio-economica e un diverso adattamento per quanto riguarda le altre iniziative di assistenza tecnica di riqualificazione professionale.
L'attuazione delle direttive comunitarie del 1972 e l'ultima del 1975 deve essere collocata, però, nella giusta filosofia a suo tempo sostenuta dal Ministro Mansholt, che è stato fra i più convinti assertori del rilancio dell'economia agricola in chiave europea. Mansholt, come tutti coloro che hanno seguito, alla fine degli Anni Sessanta, la sua intelligente impostazione, voleva creare non solo un'agricoltura più moderna e competitiva ma soprattutto condizioni aziendali capaci di assicurare anche agli imprenditori agricoli un giusto reddito, comparato a quello percepito da coloro che lavorano in altri settori economici. Per raggiungere tale scopo, Mansholt proponeva, a titolo esemplificativo determinate superfici di ampiezza per le aziende cerealicole e un determinato numero di capi di bestiame per le aziende zootecniche, cioè vedeva l'azienda come strumento indispensabile per la produzione del reddito a vantaggio del soggetto umano impegnato in forma professionale al coordinamento dei vari fattori impiegati nell'azienda stessa.
Per realizzare tale presupposto era logico che si richiedesse una adeguata capacità professionale e che si facesse obbligo di tenere la contabilità aziendale, per verificarne i risultati economici. Questa impostazione, estremamente semplice e perfetta, venne trasferita prima nelle direttive CEE del 1972, poi nella legge italiana del maggio 1975. Mi sia consentito a questo riguardo un breve inciso sulle ultime considerazioni fatte dal relatore Consigliere Besate: egli ha detto che le direttive potrebbero essere modificate da uno Stato membro in quanto differiscono dai regolamenti; a me sembra che questa interpretazione sia erronea, perché la stessa Corte di giustizia della Comunità economica europea ha dichiarato, mi pare nel maggio dello scorso anno, che le direttive e il regolamento si differenziano unicamente nel fatto che la direttiva dev'essere recepita dallo Stato membro, pur essendo per essa vincolante, mentre il regolamento è legge dal momento in cui viene deliberato dalla Commissione esecutiva.
Sulle direttive della Comunità europea sono stati scritti fiumi d'inchiostro, tutti convenendo sulla esigenza di individuare gli scopi per la ristrutturazione delle aziende e il rilancio dell'agricoltura non in una visione meramente produttivistica in senso globale ma nell'interesse più diretto per le persone, per assicurare loro redditi congrui, con un impegno di lavoro inferiore a quello abituale per chi esercita l'attività agricola.
Il punto finale che pertanto si deve conseguire è quello di creare condizioni di reddito e di vita, per tutti i produttori ed i lavoratori agricoli, comparabili a quelle di lavoratori di altri settori. Questa filosofia deve valere a maggior ragione per la Regione Piemonte, ove si considerino i dati del piano Ires '74-'78, che prevedevano per il '78, nel settore dell'agricoltura, in valori monetari del febbraio 1974 (sicuramente oggi questa forbice si sarà ulteriormente allargata), un valore aggiunto di 2.400.000 lire per ogni addetto, quando già nel 1970, per il settore industriale, il valore aggiunto era di 3 milioni e 100 mila e per il terziario di 3 milioni e 500 mila.
Da questi dati emerge chiaramente il rilevante impegno che si deve assumere per correggere queste profonde ingiustizie che da sempre turbano il settore primario e che certamente non sono state l'ultima causa dell'esodo di migliaia di giovani dall'agricoltura.
La logica delle direttive comunitarie, che sono state succintamente indicate, dimostrano, se ancora ve ne fosse bisogno, in modo incontestabile la volontà di dare piena attuazione al Trattato di Roma proprio in quella parte di impegni che riguardano il settore dell'agricoltura e soprattutto delle popolazioni che vivono e lavorano in agricoltura.
Il relatore si è diffusamente soffermato ad evidenziare gli aspetti negativi della politica comunitaria, evitando però di dichiarare, come obiettività vorrebbe, che, a fronte delle molte manchevolezze, vi sono anche molti aspetti positivi che i nostri produttori sanno giustamente apprezzare e considerare, primo fra tutti quello di aver rovesciato la politica autarchica, attuata dal fascismo, creato e difeso fra i sei Stati ora nove, un diverso sistema, di libera commercializzazione e di libera competitività.
Viene criticata la politica dei prezzi, considerandola causa del nostro mancato progresso strutturale, dimenticando però in tal modo che tutti gli Stati, sia ad economia libera che ad economia di Stato, svolgono un'attenta politica per il controllo dei prezzi, allo scopo di evitare pericolose turbative sia nei confronti della produzione che dei consumatori.
A tale proposito voglio ricordare che, se è vero che alcuni prodotti a volte sono sussidiati per favorirne l'esportazione, altre volte sono fortemente penalizzati con il meccanismo dei prelievi proprio per evitare l'impoverimento del mercato di consumo interno.
Il fatto che il fabbisogno alimentare italiano non sia di totale autosufficienza non può certo giustificare le critiche che da più parti vengono mosse alla politica della CEE. Tale fenomeno, secondo noi, va ricercato nella politica economica di questi ultimi vent'anni, portata avanti da tutte le componenti politiche, secondo la quale si è visto lo sviluppo economico ed il progresso civile soltanto attraverso il canale della industrializzazione ad ogni costo.
Ci si è illusi per tanti anni che fosse sufficiente produrre più macchine da esportare per importare in compensazione prodotti alimentari, e di questa politica non si può certo addebitare ogni responsabilità alla Democrazia Cristiana, soprattutto se si tiene presente la forte opposizione fatta in sede parlamentare proprio dal Partito comunista contro l'istituzione del trattato di Roma, e contro le prime leggi organiche per l'agricoltura denominate Piano Verde n. 1 e Piano Verde n. 2.
Sono opposizioni politiche di qualche anno fa che non vanno dimenticate, soprattutto quando si richiama la nostra attenzione ad un maggior impegno verso la politica comunitaria e soprattutto per quei capisaldi a difesa dell'agricoltura. L'impegno del Governo, ribadito in questi ultimi mesi, per la revisione della politica agricola comunitaria è la testimonianza di una volontà non soltanto politica ma soprattutto economica.
Ma lo spirito di considerare l'agricoltura come settore rifugio purtroppo traspare ancora oggi dalla lettura della relazione al testo di legge della maggioranza, ove si rileva che per contenere la crisi industriale bisogna agire sul settore agricolo, limitando l'esodo degli agricoltori e favorendo lo sviluppo del part-time forming, impostazione questa, che contraddice la premessa della stessa relazione, ove si lamenta che l'Italia sia lo Stato della CEE con la più elevata percentuale di addetti agricoli.
Il relatore richiama l'esigenza di una correzione della impostazione della politica degli interventi CEE in agricoltura. Non siamo certamente noi ad opporci ad un diverso adattamento degli interventi, soprattutto nel settore delle strutture. Tuttavia, anche in questo caso, per obiettività va detto che i mancati investimenti infrastrutturali non sono certo da addebitare soltanto alla politica comunitaria.
Pochi dati sono sufficienti a confutare le tesi di critica che vengono diffusamente indicate. Non va infatti dimenticato che il FEOGA, pur utilizzando massicciamente le disponibilità del fondo per la difesa dei prezzi, tuttavia pone annualmente a disposizione delle iniziative infrastrutturali assunte dagli Stati membri rilevanti disponibilità finanziarie, che purtroppo in Italia non sempre vengono completamente utilizzate.
Basta pensare che nel decennio 1964-'73, su una massa di interventi per 1 miliardo e 28 milioni di unità di conto, pari a circa 650 miliardi di lire, al cambio di 625 lire, l'Italia ha avuto una assegnazione di 333 milioni di unità di conto, pari a circa 210 miliardi di lire, con un utilizzo di appena 51 milioni e 930 unità di conto, pari a circa 32 miliardi di lire, che corrispondono appena al 15% della disponibilità.
Questi dati sono sufficienti a dimostrare l'incapacità ad utilizzare le disponibilità della Comunità e l'inconsistenza delle molte critiche che da più parti vengono mosse circa l'inefficienza della organizzazione del Mercato comune.
Anche per quest'anno 1976 la Comunità ha finanziato una prima quota di interventi per 73 milioni di unità di conto, assegnando all'Italia 18 milioni, pari a circa 11 miliardi e 300 milioni di lire, che corrispondono al 22% della disponibilità totale.
Dobbiamo chiederci se questa prima ingente disponibilità finanziaria saremo in grado di utilizzarla completamente. Ecco perché, si diceva poc'anzi, la politica comunitaria deve richiamare l'attenzione del legislatore regionale per l'utilizzazione delle risorse disponibili. E' in questa visione che dobbiamo impegnare al massimo l'Ente di sviluppo agricolo, quale strumento operativo della Regione sia per la elaborazione dei piani di zona che, in particolare, per portare avanti quel processo di aggiornamento infrastrutturale di cui la nostra agricoltura ha rilevante necessità.
Ma l'aspetto di maggior contrasto fra la relazione e la realtà economica riguarda la critica secondo cui le direttive CEE e la legge nazionale portano avanti soltanto una concezione aziendalistica settoriale rigida nell'indicazione degli obiettivi, slegata in ogni concetto programmatorio, separata dal contesto socio-economico in cui vive l'agricoltore.
Già nella mia premessa ho ricordato qual è stata la filosofia del Piano Mansholt, che si è tradotta poi nelle direttive CEE, per cui considero sufficiente ribadire che l'azienda non costituisce altro che lo strumento attraverso cui realizzare i fini che la normativa propone.
Non penso che Mansholt, anche per la sua collocazione politica, abbia voluto intendere di voler sostenere una forma di agricoltura capitalistica di tipo ottocentesco, ma che abbia inteso, così noi interpretiamo la sua proposta, rivalutare l'uomo nella sua accezione più ampia, riqualificando socialmente e civilmente l'attività agricola nella dimensione della impresa coltivatrice.
La nostra parte politica è da sempre convinta che una agricoltura moderna, viva e vitale, competitiva sul piano comunitario e che possa offrire valide garanzie di continuità nel tempo dev'essere ancorata su dimensioni di superfici capaci di assicurare lavoro ed un giusto reddito ai componenti la famiglia. Non, quindi, la grande azienda a conduzione salariale, ma la piccola e media impresa a conduzione diretta, nella quale il titolare ed i suoi familiari possano esprimere compiutamente, in condizione di libera iniziativa, tutta la loro capacità imprenditoriale.
Questa è l'interpretazione che noi diamo al pensiero di Mansholt, e questo, secondo il nostro pensiero, vogliono significare le direttive della CEE, per cui dare una diversa interpretazione significa travisare il concetto più qualificante.
Circa la rigidità degli obiettivi, è giusto che sia data tale impostazione, poiché si deve conseguire un solo fine, quello di procurare più elevati redditi all'imprenditore agricolo e assicurargli la possibilità di operare in termini di maggiore competitività.
Per quanto riguarda la colleganza ai principi o concetti della programmazione ed al contesto socio-economico in cui vive l'imprenditore questo è compito prevalente e peculiare della politica regionale.
Certo che dopo aver esaminato il documento del piano economico 1976 '80, presentato dalla Giunta, emergono forti perplessità che l'agricoltura possa trovare quelle giuste collocazioni che gli operatori agricoli si attendevano dalla tanto conclamata centralità agricola di cui più volte la Giunta ha voluto fare dichiarazione.
Tutte queste considerazioni non vengono compiutamente recepite dalla legge proposta dalla Giunta per l'attuazione delle direttive comunitarie soprattutto per la parte che riguarda i soggetti che si devono ammettere a beneficiare delle provvidenze di legge. Già nel corso dell'esame in sede di Commissione abbiamo contestato all'Assessore ed alla maggioranza la discrepanza nel testo di alcuni articoli, ove implicitamente si ammettono ai benefici di legge anche persone che nulla hanno a che vedere con l'agricoltura. In particolare ci riferiamo a quelle forme associate nelle quali possono trovare spazio coloro che non esercitano l'attività agricola purché vi sia un apporto di terreno. Tale soluzione non è stata accettata in Commissione dalla nostra parte politica, perché, oltre a disattendere le direttive comunitarie e la legge nazionale in uno dei loro principi fondamentali, viene a mortificare gli autentici coltivatori di terreni ed i lavoratori che dall'attività agricola traggono il loro unico reddito.
La Giunta, attraverso questo sistema, vuol far passare la logica del part-time farming, contestato non soltanto dalle organizzazioni professionali agricole ma anche da eminenti economisti, che vedono in tale soluzione una condizione anomala e contraria agli stessi interessi dell'economia agricola. La giustificazione di poter recuperare all'agricoltura, attraverso il part-time farming, giovani forse orientati verso altre occupazioni di lavoro non regge, perché, così facendo, si offre una doppia possibilità di guadagno, che verrebbe sfruttata soltanto in vista di interessi individuali, e non certamente settoriali.
Se poi consideriamo le altre possibilità che vengono ammesse di poter far parte di cooperative con il solo apporto di terreno, allora la mortificazione per i produttori e per i lavoratori agricoli diventa ancora più amara, poiché si darebbe la possibilità di sfruttare le poche disponibilità finanziarie di cui oggi purtroppo si dispone anche a coloro che esercitano altre attività professionali e che già beneficiano di redditi di molto superiori a quelli dell'agricoltura. L'Assessore sostiene che con tale soluzione si potrebbe conseguire il duplice scopo di recuperare all'agricoltura terreni non utilizzati e nel contempo le residue forze di lavoro di operai non occupati a tempo pieno ed anche pensionati ex coltivatori diretti ed ex lavoratori agricoli. Ma è proprio in questa visione che noi contestiamo l'impostazione della Giunta, perché in tal modo si perpetuerebbe la degradazione imprenditoriale agricola, senza perseguire lo scopo Primario, che è quello di creare delle aziende moderne, efficienti è soprattutto in grado di assicurare redditi uguali a quelli degli altri settori. Se non si ha il coraggio di accettare questa impostazione è chiaro che non si vuole il progresso dell'agricoltura. E' una grave responsabilità che la Giunta si assume, che per parte nostra abbiamo già più volte contestato e che continueremo a contestare;, perché siamo convinti che, se vogliamo un'agricoltura nella quale moderni imprenditori possano lavorare in termini di competitività, è indispensabile che lo sforzo finanziario della Regione venga orientato soltanto ed unicamente a favore di coloro che dell'agricoltura fanno la loro attività principale, hanno capacità professionale e si impegnano a tenere la contabilità delle poste attive e passive. Deve quindi trattarsi di aziende che abbiano una proiezione nel futuro e soprattutto che possano garantire la continuità per i giovani. Se non dovessero valere questi principi non avrebbe logica la direttiva n.
160, trasferita nel Titolo III della legge in esame, di "incoraggiare la cessazione dell'attività agricola e favorire la mobilità dei terreni", che ha, come scopo, quello di "creare dimensioni aziendali più ampie e quindi più efficienti". In sostanza, anche attraverso questo sistema si tende essenzialmente a valorizzare la professionalità quale scelta di vita perché anche in agricoltura è tempo ormai di scelte definitive.
Altro aspetto sul quale non concordiamo è il fatto che non venga riconosciuto il diritto all'autogestione da parte dei produttori agricoli dei servizi e delle strutture per la elaborazione dei piani agricoli aziendali, della contabilità agraria e dell'assistenza tecnica. E' vero che durante l'esame in sede di Commissione l'originaria impostazione della Giunta è già stata sensibilmente modificata, però riteniamo utile ribadire il principio che i produttori devono essere legittimati ad assumere tutte le iniziative per la gestione dei servizi in forma diretta ed autonoma prevedendo l'intervento della Regione soltanto nel caso in cui vi siano carenze da parte dei produttori stessi o inefficienze nella gestione.
Il voler facoltizzare l'autogoverno dei produttori significa legittimare pericolose interferenze nell'autonomo esercizio dell'attività imprenditoriale, concetto questo che non soltanto mortifica l'intelligenza dei nostri produttori, ma contrasta anche con il principio di libera iniziativa e d'impresa sancito dalla Carta costituzionale. I produttori devono essere liberi di assumere tutte le iniziative che considerano più confacenti con la loro esperienza e capacità professionale, sempre che le stesse non siano in contrasto con i piani agricoli zonali e con la programmazione regionale.
I coltivatori hanno dimostrato in questi ultimi anni di sapersi con intelligenza amministrare tutti i servizi previsti dalle leggi dello Stato e anche della Regione, per cui non giustifichiamo l'intenzione della Giunta di pubblicizzare ad ogni costo quanto invece può essere gestito a livello associato. Siamo contrari non soltanto perché si viene a mortificare l'intelligenza e l'iniziativa dei nostri imprenditori, ma soprattutto perché attraverso la pubblicizzazione si verrà certamente a creare una nuova asfittica burocrazia, che certamente non sarà in grado di assicurare quella snellezza di operatività che solo l'iniziativa privata è capace di garantire. Insistiamo, pertanto, affinché il servizio per l'assistenza tecnica aziendale, quello per la contabilità agraria e la predisposizione dei piani agricoli aziendali siano riservati prioritariamente agli organismi costituiti degli stessi imprenditori agricoli.
Ancora una considerazione per quanto riguarda il capitolo relativo all'informazione socio-economica. L'impostazione che la Giunta intende dare non può essere accettata, non soltanto perché abbiamo la convinzione che potrà essere respinta dal Commissario di Governo, come già infatti si è verificato nei confronti della legge della Regione Emilia-Romagna, ma anche perché si tende ad introdurre competenze per iniziative non previste n dalle direttive CEE né dalla legge nazionale. Val la pena, infatti, di considerare che il Commissario di Governo per la Regione Emilia-Romagna ha precisato che la formazione professionale del consulente socioeconomico è riservata allo Stato, che deve indicare con carattere di unitarietà e di uniformità a livello nazionale gli organi preposti alla organizzazione dei corsi, i requisiti di ammissione ai medesimi, le materie fondamentali di insegnamento ed il rilascio degli attestati di formazione da parte degli istituti universitari.
E' vero che per quanto riguarda l'informazione socio-economica, la legge 153 prevede che le Regioni istituiscano appositi servizi di informazione socio-economica, tuttavia si prevede la possibilità di affidare tali compiti ad associazioni che si costituiscano espressamente allo scopo di creare servizi di informazione per i propri associati nel quadro e con le finalità stabilite dalla direttiva 161.
Per parte nostra, siamo del fondato convincimento che il voler gestire in forma diretta tali compiti, come viene proposto, seppur avvalendosi di un apposito servizio articolato a livello comprensoriale, significa principalmente mortificare la libera iniziativa dei produttori disconoscere la capacità operativa delle organizzazioni professionali, e non ultimo, eliminare ogni facoltà che il pluralismo democratico deve rispettare.
L'affidamento ai Comitati comprensoriali di competenze tecniche, quali la predisposizione di programmi di lavoro, può creare non poche disfunzioni proprio per le motivazioni già ampiamente illustrate. A nostro avviso l'attività di informazione socio-economica dev'essere senz'altro affidata ad associazioni appositamente costituite, sulle quali giustamente la Regione deve esercitare il proprio controllo, affidando ai Comitati comprensoriali soltanto il compito del coordinamento e di verifica che l'attività venga svolta non soltanto nel giusto rispetto delle norme previste dalle direttive comunitarie, ma anche secondo le linee dei piani agricoli di zona e della programmazione regionale.
Uguale considerazione facciamo per quanto riguarda la qualificazione professionale delle persone che lavorano in agricoltura. Merita a tal riguardo considerare che tutte le organizzazioni professionali agricole hanno sostenuto la validità del sistema instaurato da tempo nella Regione Piemonte, regolato da leggi che hanno avuto l'approvazione dei partiti dell'arco costituzionale, e che merita la più attenta considerazione in quanto parte essenziale di quelle esperienze regionali in atto che risultano di grande interesse ai fini della costruzione di quel nuovo tessuto democratico e pluralistico di cui oggi molto si parla, non soltanto a livello politico.
Disconoscere queste esperienze e gli impegni già assunti significa regredire sul piano democratico, ricusando, nel contempo, una più ampia partecipazione delle componenti sindacali agricole che rappresentano la parte più viva e vitale per il progresso delle nostre campagne.
Per quanto riguarda ancora le finalità per la informazione socio economica e la qualificazione professionale, non concordiamo su tutte le indicazioni di incontri partecipati alla popolazione rurale per la elaborazione della programmazione zonale e comprensoriale. Non soltanto perché, come già chiaramente precisato nel Convegno di Verbania, il piano agricolo aziendale è un fatto tecnico cui devono partecipare soltanto i produttori agricoli, senza interferenze esterne, ma soprattutto perché un modo diverso di operare si presterebbe a divagazioni meramente politiche che potrebbero gravemente distorcere gli autentici interessi agricoli.
Riassumendo, quindi, non concordiamo con l'impostazione della maggioranza sui seguenti punti...



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Scusa, Franzi, ma intendere il piano agricolo in questo modo equivale a dire che l'elaborazione della legge urbanistica dev'essere delegata ai costruttori di case...



FRANZI Piero

A Verbania, dove si è tenuto un convegno appositamente per mettersi d'accordo su quel che doveva essere il piano agricolo di zona, ci si è espressi proprio nel senso che io ho indicato. Se voi disconoscete queste prese di posizione, noi ne prendiamo atto.
Dicevo che non concordiamo sull'impostazione della Giunta sui seguenti punti essenziali: 1) ammissibilità ai benefici di legge, sia in forma diretta che attraverso cooperative o altre forme associate, di persone che non dedicano abitualmente e professionalmente la loro attività all'agricoltura 2) disconoscimento del diritto per i produttori agricoli di potersi gestire autonomamente ed in via prioritaria i servizi per la elaborazione dei piani agricoli aziendali, per la tenuta della contabilità e per l'assistenza tecnica, l'informazione socio-economica e la qualificazione professionale Per correggere, almeno in parte, le molte discrepanze che sono state genericamente indicate, abbiamo presentato, anche come nostro contributo di esperienza politica e sindacale, tutta una serie di emendamenti che saranno dettagliatamente illustrati e giustificati da altri colleghi.
Sulla scorta delle considerazioni fatte, non possiamo certo dichiararci soddisfatti della impostazione proposta dalla maggioranza. Questa legge che doveva costituire il punto di riferimento per tutti i produttori agricoli, capace di rilanciare l'economia del settore in chiave moderna e di competitività, non potrà certamente essere apprezzata dagli autentici produttori agricoli, che si vedono mortificati nella loro iniziativa e costretti a soggiacere in più occasioni ad interessi meramente politici.



PRESIDENTE

Propongo di sentire ancora un intervento, poi la Giunta deve fare alcune comunicazioni e poiché è intenzione di tutti concludere per l'una e trenta abbiamo ancora tempo per tutte e due le cose.
La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, signori colleghi, siamo chiamati a dibattere oggi il disegno di legge n. 71 relativo alle norme di attuazione delle direttive comunitarie in materia di agricoltura. E l'occasione si presta -, pur nella necessaria economia di tempo - ad alcune considerazioni che, a nome del Gruppo socialista, voglio fare.
E' subito il caso di affermare che le osservazioni critiche - delle cui eco abbiamo avuto sentore in questa assemblea in quella precedente seduta ed anche in Commissione -in ordine alla rigidità della fissazione degli obiettivi, all'insufficienza dei mezzi finanziari a disposizione, alla latitanza di un concetto programmatorio che muove tutto, o quasi tutto l'impianto comunitario in materia di economia agricola, sono osservazioni fondate che ci trovano consenzienti e condivisibili dal mio gruppo politico che già in altra sede non ha mancato di rilevarle.
Non sarò certo io a scoprire l'acqua calda, ma mi pare di potere affermare che le direttive della Comunità in materia agricola (e non solo in questa, aggiungo io) rispecchiano in buona sostanza la filosofia prevalente della Comunità stessa, che è la filosofia liberista che fa affidamento sulle singole aziende innanzi tutto e quindi fuori dal contesto socio economico in cui vive ed opera il coltivatore e quindi fuori anche da una visione più larga e programmata dello sviluppo agricolo che non pu prescindere dalla realtà del nostro paese e perciò anche dalla realtà del Piemonte. Tuttavia è altrettanto vero che le direttive comunitarie non vietano una nostra originale interpretazione e una nostra originale proposta legislativa con la quale si possa concretamente correggere adattare la matrice non programmatoria da cui sono nate, alla nostra legge regionale, alle nostre esigenze agricole regionali.
Mi pare che questo obiettivo sia stato perseguito tenacemente già in Commissione e mi pare di poter dire che gli sforzi dei colleghi Commissari abbiano conseguito risultati concreti nell'articolazione del disegno di legge che abbiamo in esame.
Il dibattito sul nuovo modello di sviluppo che si è acceso l'indomani dell'aumento del prezzo del petrolio e delle materie prime energetiche facendoci riscoprire la quasi dimenticata economia agricola, ha riproposto l'urgenza di un profondo rinnovamento della nostra politica agraria.
In questi ultimi anni è stato praticamente affermato da tutte le parti politiche che gli squilibri all'interno del processo produttivo agricolo si sono accentuati sempre più duramente a danno dei lavoratori dei campi; le campagne sono state progressivamente abbandonate, interi paesi della bassa (anche della bassa Vercellese) si sono demograficamente dimezzati nell'arco di venti anni ed ora sono diventati comunità di vecchi che attendono dignitosamente il gran giorno finale, fatale perché la giovent abbandonando il duro e talora male retribuito lavoro dei campi, ha abbandonato paesi natii cercando nuove prode economiche e sociali nelle città e negli agglomerati urbani ad un maggior tasso di economia industriale. Il divario tra prezzi industriali e prezzi agricoli si è ulteriormente aggravato confermando la subordinazione dell'agricoltura alle grandi concentrazioni industriali e finanziarie, il disavanzo della bilancia commerciale si è aggravato paurosamente, non passa giorno che la stampa o la televisione, o il governo non ci ricordino come la sola importazione della bistecca costi alla nostra bilancia una valanga impressionante di miliardi, anche se talora la bistecca è più ricca di bisolfito che non di qualità organolettiche. Tutte queste cose, aggiunte all'assenza di un'articolata programmazione delle colture, al ritardo nella meccanizzazione del lavoro nelle campagne hanno provocato la crisi profonda che travaglia il settore e che ha messo in stato di allarme la nostra classe politica dirigente che si è accorta, finalmente, di avere svolto una politica inadeguata e non efficace nel settore agricolo ed ha rincorso magari sogni di grandezza e di civiltà industriale conclamando ai quattro venti di avere portato il nostro paese al settimo grado nella graduatoria dei paesi industrializzati, il che è vero anche se ovviamente è il caso di non fare il discorso ad hoc in questa sede.
La politica agraria che noi socialisti propugniamo ruota attorno al tema della trasformazione delle strutture, essa è da noi considerata come uno degli strumenti efficaci per raggiungere l'obiettivo di uno sviluppo economico equilibrato e stabile.
A nostro parere, senza questa politica oculata e programmata, non sarà mai possibile ridurre il divario tra le diverse zone, né arrestare la corsa al rialzo dei prezzi e dei prodotti agricoli alimentari e meno che mai realizzare le condizioni necessarie per il pieno impiego e garantire infine la parità dei redditi dei coltivatori e dei lavoratori agricoli a quelli dei lavoratori degli altri settori.
Per queste considerazioni noi socialisti riteniamo che la questione agraria sia veramente centrale ai fini di una ripresa e di un rilancio equilibrato dello sviluppo economico e sociale del paese e del nostro Piemonte Su tre questioni di fondo tuttavia vorremmo, seppure rapidamente esprimere il nostro pensiero: sui rapporti tra Stato e Regione, sulla politica comunitaria in quanto tale, sullo sviluppo della cooperazione e delle forme associate.
Una nuova politica agraria esige l'affermazione del ruolo primario e fondamentale delle Regioni attraverso l'esercizio effettivo della propria potestà legislativa primaria, come vuole la Costituzione, le Regioni possono effettuare scelte maggiormente aderenti alla realtà che non lo Stato, quasi sempre lontano, talora disinformato sulle effettive problematiche della periferia. Nel contempo le Regioni, proprio per il fatto che sono governi locali fondati sulla collaborazione e sulla partecipazione delle collettività amministrate, sono nella condizione concreta di favorire una effettiva e pluralistica partecipazione delle forze sociali interessate (in questo caso le forze contadine) già nella prima fase della elaborazione di una linea di politica agraria valida produttiva e fertile di risultati concreti.
Voglio dire, insomma, che le Regioni possono meglio contribuire ad adeguare la politica agraria alle esigenze complessive dello sviluppo economico, dell'assetto territoriale, della tutela dell'ambiente dell'impiego delle risorse (valga per tutte quella fondamentale relativa alla situazione irrigua). Per raggiungere questi obiettivi le Regioni si potranno valere di strumenti operativi, come per esempio gli enti di sviluppo e di altri strumenti che le Regioni possono istituire perch ritenuti idonei, validi allo scopo.
A questo punto è giusto sottolineare la validità e la necessità dei piani zonali di sviluppo attraverso i quali raggiungere la ristrutturazione aziendale, sperimentare nuovi indirizzi produttivi, sviluppare le forme produttive associate e cooperativistiche, inventare, se è il caso iniziative di collegamento tra produzione e consumo. Non si dirà mai abbastanza che la politica agraria non deve essere la politica dei soli agricoltori, dei soli lavoratori dei campi, ma è la politica dei consumatori e quindi è la politica di tutta quanta la collettività nazionale.
Le Regioni devono anche poter gestire gli strumenti dell'incentivazione, come per esempio il credito agrario, come l'assistenza tecnica, come l'informazione socio-economica. Solo in questo modo si intende veramente e pienamente regionalizzare la politica agraria superando, se così si può dire, la stessa legge quadro del maggio 1975 e conseguendo quindi un'autonomia legislativa regionale sempre più vasta ed estesa.
I socialisti approvano il processo di integrazione dell'agricoltura nel MEC perché ritengono che anche per questa strada passi lo sviluppo dell'unità europea; ciò non significa che noi approviamo tutto quello che fin qui è stato fatto e che, a nostro modo di vedere, è andato in prevalenza nella direzione del consolidamento delle posizioni dei gruppi più forti del capitalismo pur con le inevitabili contraddizioni dovute alle ragioni dello sviluppo ineguale.
L'Europa unita che intendiamo noi socialisti e che perseguiamo con le nostre iniziative, con la nostra azione politica, è quella che promuove lo sviluppo dei popoli ed il progresso sociale, favorisce la collaborazione fra tutti gli Stati e diventa perciò stesso un fattore di stabilità di pace nella situazione mondiale.
Proprio per questa ragione non abbiamo mancato, in un passato anche recente, di manifestare il nostro dissenso al proseguimento della politica di indiscriminato aumento dei prezzi dei prodotti agricoli, ma abbiamo nel contempo indicato il suo superamento - sia pure con le necessarie gradualità - attraverso l'affermazione di una linea di integrazione diretta dei redditi dei coltivatori agricoli che debbono stare comunque sempre al centro del problema, nel quadro di un'azione rivolta all'ammodernamento delle strutture.
Riteniamo quindi anche oggi, in sede di approvazione della legge di attuazione delle direttive comunitarie, che vi sia la necessità di evitare il processo di marginalizzazione delle imprese coltivatrici favorendone invece il loro concreto inserimento in un processo di autentico sviluppo.
La politica agricola comunitaria è piuttosto inceppata dalla macchinosità se così la vogliamo definire - delle sue articolazioni e dei suoi strumenti operativi. Le frequenti crisi monetarie rappresentano indiscutibilmente un elemento di ulteriore appesantimento della situazione. A noi incombe il dovere, nel contesto regionale, di non trascurare, discendendo dalle linee comunitarie nel quadro della legge n. 153, gli interessi che riguardano i nostri produttori ed i nostri consumatori.
Per dovere di obiettività dobbiamo dire che la legge 153 non è di facile natura, anche se indiscutibilmente contiene elementi di rilevanza sociale che noi socialisti abbiamo già rilevato in sede dibattimentale al Parlamento.
Noi crediamo di dover dire che le Regioni chiamate ad attuare la legge dello Stato, hanno il dovere innanzi tutto di decidere misure chiare ed accessibili ai diretti interessati. Tutto ciò soprattutto in considerazione del fatto che la disciplina quanto mai dettagliata ed il numero forse eccessivo di principi inderogabili contenuti nella legge, restringono impietosamente la sfera di discrezionalità delle Regioni. Ciò è probabilmente colpa del legislatore europeo più che del legislatore nazionale che contraddicendo la scelta dello strumento giuridico (la direttiva appunto) che dovrebbe vincolare gli Stati membri, solo nel fine da raggiungere e non nei mezzi per raggiungerlo, ha finito per emanare norme molto particolareggiate e principi troppo spesso inderogabili tali da risultare sostanzialmente molto vincolanti.
Nel disegno di legge che stiamo dibattendo è chiaramente avvertibile il proponimento della Regione Piemonte, a mio avviso, di recuperare allo sviluppo e ad una presenza che conta quel vasto settore di imprese contadine che rappresentano l'asse portante dell'agricoltura piemontese e che forniscono i tre quarti della intera produzione lorda vendibile (se non ho capito male).
Nella precedente relazione era detto che solo il 13% di tale produzione viene commercializzata in forma associata e cooperativistica. Un discorso particolare, secondo me, va dunque fatto e questa è anche l'occasione per doverlo politicamente fare sull'agricoltura associata nelle sue forme libere e graduali.
In un recente convegno del PSI è stato affermato che al di là di tutti gli aspetti concreti che inducono ad unire gli sforzi per i medesimi obiettivi, con la forma associata e la cooperazione agricola si esalta prima di tutto la capacità dell'uomo e del lavoratore quale gestore diretto della struttura produttiva e dell'ambiente in cui vive e opera.
Concludendo, siamo d'accordo anche noi di rimarcare l'esiguità dei fondi messi a disposizione dal FEOGA, sezione orientamento. Con questa limitazione di fondi non è lecito sperare in miracoli che non ci saranno, a mio modo di vedere. Si tratta di chiedere un concreto incremento dei soldi destinati agli interventi sulle strutture produttive; si tratta, infine, di chiedere la massima semplificazione delle procedure comunitarie e determinare una maggiore elasticità sia nella normativa, sia nei meccanismi di attuazione della politica agricola della Comunità europea.
Alle Regioni spetta dunque un ruolo di grande, primaria responsabilità nell'attuazione delle norme comunitarie, sia pure nel rispetto dei principi posti dalla legge statale. Con questa legge che ci apprestiamo a votare credo anche che sfateremo un mito artificiosamente esaltato da certe forze politiche non convintamente regionaliste, il mito cioè che le Regioni costituirebbero un ostacolo nei nostri rapporti con la Comunità europea perché le nostre Regioni non coinciderebbero con la concezione di Regione che si avrebbe in sede comunitaria.
Se è vero che nella politica regionale comunitaria la Regione ha un significato prevalentemente socio-economico, non è né detto né provato che l'esistenza dell'Ente Regione in Italia complichi le cose; anzi, la Comunità stessa si è sempre preoccupata di trovare nei vari paesi concrete istanze locali capaci di divenire protagoniste della stessa politica regionale. La legge che stiamo discutendo persegue anche questo obiettivo particolare e dimostrandosi capace di interpretare le esigenze reali del movimento contadino piemontese si offre, oserei dire, alla Comunità europea come punto di riferimento preciso, come punto per l'attuazione delle misure comunitarie da adottare.



PRESIDENTE

Mi sono impegnato a chiudere i lavori per le ore 13,30, ci sono ancora tre comunicazioni che la Giunta dovrebbe fare. Lei, Consigliere Gastaldi sarà quindi il primo a parlare nella seduta di giovedì prossimo.


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Calamità naturali - Difesa idrogeologica

Comunicazioni della Giunta regionale: a) dell'Assessore Bajardi sull'azione della Giunta regionale in favore delle zone piemontesi danneggiate dal maltempo


PRESIDENTE

Comunicazioni della Giunta regionale: a) dell'Assessore Bajardi sull'azione della Giunta regionale in favore delle zone piemontesi danneggiate dal maltempo.
Dò ora la parola all'Assessore Bajardi per le sue comunicazioni.



BAJARDI Sante, Assessore all'attuazione e gestione delle infrastrutture

E' nota a tutti quanti i Consiglieri la pesante situazione che si è venuta a creare in alcune zone del Piemonte a causa dell'inclemenza del tempo. Oltre cento Comuni sono stati colpiti da frane, smottamenti interruzioni stradali, casi anche di zone alluvionate, per fortuna sono pochi centri abitati interessati da questo, di più le zone agricole. Ciò ha anche comportato per alcune zone sgomberi di popolazione, particolarmente nel Biellese.
Limitandoci al periodo settembre-novembre ed escludendo nella valutazione gli effetti delle grandinate e i danni alle colture agricole la valutazione dei pronti interventi a cui sarà chiamata la Regione Piemonte tramite l'uso della 1010 è molto rilevante e comporta già sin d'ora una previsione di spesa di circa cinque miliardi, escludendo gli interventi che sono di competenza delle Province e non regionale. Ciò va oltre le risorse disponibili nelle voci di bilancio della 1010 ed anche oltre le previsioni contenute nella variazione di bilancio consegnata stamane ai Consiglieri, il che non esclude che si trovino, con gli opportuni accorgimenti, le risorse per fronteggiare questa situazione straordinaria.
La Giunta ha proceduto all'esame di questa situazione garantendo l'intervento di somma urgenza in tutte quante le occasioni in cui era necessario e predisponendo le successive misure di intervento. E' noto che in queste situazioni, specialmente per certe opere pubbliche, è necessario attendere la stabilizzazione del terreno prima di poter determinare i reali interventi.
Considerando impossibile in questa sede una trattazione adeguata di tutta quanta la tematica, si è concordato con la presidenza della II Commissione di dedicare una parte della seduta pomeridiana di lunedì per approfondire l'argomento (ed eventualmente decidere sui modi e le forme per riferire al Consiglio oppure direttamente ai Consiglieri) e per esaminare quelle concrete e specifiche condizioni che debbono essere analizzate in sede di Commissione al fine di determinare un intervento adeguato da parte della Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Sono d'accordo che lunedì pomeriggio si dia la precedenza a questo argomento, però varrebbe la pena di avere tempestivamente l'elenco per poter fare una certa valutazione e per non perdere molto tempo in sede di Commissione, anche per le priorità e per l' entità delle somme.


Argomento: Asili nido

b) Dell'assessore Vecchione sull'appalto degli asili nido


PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vecchione per una comunicazione.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

Si sta avviando il processo per l'esecuzione dell'appalto degli asili nido. Intendo dare notizia al Consiglio del modo e del funzionamento della Commissione giudicatrice.
Voi ricorderete che la legge n. 5 dava alla IV Commissione la possibilità di suggerire alla Giunta i criteri per l'esecuzione e le modalità dell'appalto. La IV Commissione ha esaminato il capitolato speciale di appalto degli asili nido, lo ha approvato e la Giunta lo ha adottato con propria deliberazione. Successivamente discutemmo con i colleghi Picco e Vietti sul tipo di Commissione giudicatrice che si doveva costituire e il collega Picco suggerì di riferirsi all'art. 18 della legge n. 28, cosa che venne immediatamente accolta dalla Giunta. Il comitato per era estremamente vasto per diventare una Commissione giudicatrice e si ridusse a quelli nominati dal Consiglio regionale. In questa sede la Giunta, con propria deliberazione del 22 settembre 1976, nominava membri effettivi della Commissione giudicatrice gli otto nominati dal Consiglio regionale secondo la legge approvata dal Consiglio regionale nella precedente legislatura. A Presidente della Commissione veniva indicato il Presidente della Giunta regionale. Con deliberazione successiva il Presidente della Giunta regionale ha delegato l'Assessore all'assistenza (chi vi parla) a presiedere la Commissione.
La Giunta ha anche fissato i criteri relativi agli inviti delle ditte che hanno chiesto di partecipare all'appalto, ispirandosi al criterio della massima partecipazione. Ma ha anche introdotto un principio particolarmente importante a nostro avviso: ammettere i consorzi di imprese. E' una vecchia direttiva CEE che impone anche di adeguarsi ad una disposizione di questo genere per i consorzi di imprese per gli appalti di opere pubbliche; noi abbiamo la legge 50 sull'edilizia scolastica che stabilisce questo criterio e noi l'abbiamo estesa anche a questa materia.
Perché questa comunicazione? Perché mi è giunta la richiesta che ai lavori della Commissione giudicatrice partecipino degli osservatori. Questo non ha senso: sia dal punto di vista giuridico sia dal punto di vista politico e pratico non possono partecipare osservatori, perché la Commissione è composta proprio da quelle forze politiche che, nel rapporto tra maggioranza e minoranza, furono eletti dal Consiglio. Questa Giunta si è riferita ad un organo istituzionale preciso che era già presente nell'organizzazione regionale.



OBERTO Gianni

Un modo vecchio di governare.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

Ma un modo nuovo di attuare il vecchio modo di governare, quindi la saldatura è completa.
La Giunta quindi non può accogliere richieste che volessero eventualmente essere fatte da osservatori perché la Commissione è rappresentativa di tutte le forze politiche.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

c) dell'Assessore Alasia sulla situazione alla Venchi Unica


PRESIDENTE

L'Assessore Alasia ha un'ultima comunicazione da fare.
Attuando la procedura che abbiamo detto prima siamo in grado di annunciare con precisione l'ordine del giorno dei lavori della prossima seduta di giovedì, il che permette a tutti, con sette giorni di anticipo di preparare il proprio intervento.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro ed all'industria

Questo Consiglio ha avuto ripetutamente occasione di avere delle informazioni relativamente agli sviluppi della vertenza della Venchi Unica.
Siamo ora in dovere, anche per gli impegni che la Regione si assume, di dare un ulteriore puntuale aggiornamento di informazioni.
Martedì e mercoledì la Regione, i Comuni di Torino, di Collegno, di Novate Milanese e di Patti di Messina assieme alla Federazione CGIL. CISL e UIL si sono incontrati con il Sottosegretario all'industria on. Carta. Le ragioni del sollecito per un incontro tempestivo che abbiamo indirizzato al Ministero sono quelle che risultano dal comunicato che vi ho fatto pervenire e sono presto dette: la situazione della Venchi Unica va precipitando, i tentativi da noi fatti di constatare la solvibilità e la credibilità del gruppo Cigalino hanno dato esito negativo; siamo andati dal governo a proporre, come diciamo nel comunicato, degli atti anche eccezionali, compresa la requisizione dello stabilimento.
Dopo che erano sfumate le varie promesse di miliardi, ancora nei giorni scorsi abbiamo ricevuto in Regione il dr. Cigalino. Io desidero dirlo chiaramente questo, per quanti paventano in questo Consiglio (qualche volta anche il mio amico Alberton) che la Giunta abbia un'eccessiva smania di pubblicizzazione: abbiamo sempre chiesto o chiediamo anche in questo caso (e abbiamo lavorato per averlo) che alla Venchi Unica ci sia un padrone che faccia seriamente il suo mestiere che consiste nel produrre, nel vendere la merce e nel pagare gli operai e i fornitori, quattro cose che regolarmente non si verificano.
Nell'incontro che ho avuto alcuni giorni fa col dr. Cigalino questi dopo le precedenti promesse che non sto a riepilogare, ci ha trasmesso un telex della European and Arabian Bank (siamo arrivati agli sceicchi, un giorno vedremo arrivare i cammelli!) con allegata una lettera della Banca dell'Agricoltura che ho qui a vostra disposizione, che dice questo sostanzialmente: i milioni di dollari non sono più 16 ma sono diventati 3 la Banca dell'Agricoltura afferma testualmente "senza alcun nostro impegno", il telex della European and Arabian Bank pone delle condizioni fra cui quella di ipoteche che il signor Cigalino non è in grado di soddisfare.
Io non so se mi si prende per stupido o se, perché non conosco l'inglese, si pensa che io sia cosi sprovveduto da non farmelo tradurre tradotte in buon italiano le cose le so leggere anch'io e si commentano da sé.
Nei giorni scorsi abbiamo avuto anche un incontro con un autorevole gruppo di tecnici della Venchi Unica, della cui serietà (il documento che ho rimesso a vostre mani non è firmato per ovvi motivi), della cui serietà e identità la Giunta si fa garante. Io credo che capirete anche di chi si tratta. Essi ci hanno fatto il quadro preoccupante della situazione che è esplicitata in quel documento che vi ho rimesso e che non sto a commentare: 4 miliardi e più di materiale deve essere instradato entro il 15 novembre per ragioni tecniche, alla rete commerciale. Il documento rileva tutta una serie di cose sulle altre produzioni, rileva i riflessi sulla rete di vendita che è costituita da circa 330 venditori a provvigione, di cui 250 esclusivisti della Venchi Unica.
Io credo, signori Consiglieri, che non ci sia nessuna autorità certamente non la Regione, certamente non i Comuni interessati - che davanti a questo quadro possa rimanere insensibile.
A questo punto desidero dare formalmente atto al Sottosegretario Carta (e lo faccio non per questioni formali, ma anche perché ho il dovere di farlo dal momento che altre volte in questo Consiglio, nell'ultima seduta ad esempio, ho mosso delle critiche) di essersi adoperato con molta sensibilità, con intelligenza, per uscire da questa dannata situazione passando anche con noi due intere notti "brave" a Roma.
Noi avevamo posto il problema della requisizione per poter dar luogo ad una gestione provvisoria che, viste le scadenze che ho ricordato prima fosse capace di immettere nella rete commerciale la produzione, provvedere agli incassi e pagare i salari da agosto, approvvigionare il materiale.
Dopo queste due notti la riunione si è estesa al dr. Cigalino ed all'Unione Industriale di Torino. Queste riunioni hanno portato ai seguenti risultati: 1) il dr. Cigalino si è impegnato con un documento sottoscritto da lui dal Ministero, dall'Unione Industriale e dalla Regione a nominare un Procuratore generale nella persona designata concordemente dall'Unione Industriale e dalla Regione (ci stiamo adoperando per questo) per la durata di tre mesi per procedere a tutte queste operazioni.
2) il dr. Cigalino si è impegnato a ritirare i licenziamenti, cosa che noi avevamo chiesto non tanto e non solo per una ragione sindacale (è la prima volta che mi capita di fare una vertenza per due direttori che non sono iscritti al sindacato), ma per ragioni di produzione in quanto sono quelli che possono fare marciare la baracca.
3) il dr. Cigalino si è impegnato (ma attenzione) a inviare una lettera al Ministero con l'impegno a cedere il pacchetto azionario a modico prezzo.
Siccome però il pacchetto azionario fa parte di un pacchetto più grande che non è in Italia ma all'estero e di cui è proprietario anche l'altro socio si è impegnato ad autorizzare una banca (non sappiamo ancora qual è) a comunicare preventivamente al Ministero ogni intenzione di spostamento del pacchetto.



OBERTO Gianni

Una banca italiana?



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro e all'industria

No, straniera.



VALETTO Cornelio

Quanto pretende perché prendano il pacchetto?



PRESIDENTE

Normalmente si dice una lira, ma poi le cose sono sempre un po' diverse.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro ed all'industria

Questa partita è aperta, c'è un impegno del Ministero.
Credo che questo sia un primo modesto passo che abbiamo compiuto per sbloccare la situazione. Non è certo "la soluzione"; la soluzione è il riassetto dell'azienda.
Per questo noi come Regione abbiamo avuto dei contatti, che io reputo seri, unitamente al Sottosegretario Carta, con un gruppo interessato; in questa fase però sono tenuto ad una certa riservatezza.



PRESIDENTE

La parola alla signora Fabbris.



FABBRIS Pierina

Vorrei dire due parole sulle comunicazioni che ha fatto il Vice Presidente della Giunta, invitandolo a dare incarico all'Assessore competente di prendere contatto con i Sindaci dei Comuni interessati per esaminare la necessità di prendere provvedimenti a favore delle famiglie che hanno dovuto evacuare le case pericolanti ed informare il Consiglio delle misure adottate. La caduta di frane, che hanno distrutto tratti di strade, hanno anche reso pericolanti numerose case creando enormi problemi umani.
Invito quindi la Giunta a prendere in considerazione questa esigenza e ad informare conseguentemente il Consiglio su quanto ha deciso.


Argomento:

Ordine del giorno della prossima seduta


PRESIDENTE

L'ordine del giorno della prossima seduta dovrebbe essere il seguente: 1) Approvazione verbali precedenti sedute 2) Interpellanze ed interrogazioni 3) Comunicazioni del Presidente 4) Prosecuzione e approvazione esame disegno di legge n. 71: "Norme per l'attuazione delle direttive n. 72/159, 72/160, 72/161 e 75/268 del Consiglio delle Comunità Europee per la riforma dell'agricoltura" 5) Esame disegno di legge n. 130 "Autorizzazione di ulteriore spesa per l'anno finanziario 1976 per la concessione dei contributi in conto capitale di cui al titolo I della legge regionale 17/5/76 n. 27". Relatore Rossi 6) Nomine: a) sostituzione componente dimissionario del Consiglio di amministrazione della tenuta "La Mandria"; b) sostituzione componente dimissionario CO.RE.CO di Torino; c) sostituzione rappresentante Regione nel Consiglio di amministrazione dell'Artigiancassa; d) rappresentanti della Regione nella cooperativa artigiana di garanzia di Novara (Presidente Collegio sindacale e due rappresentanti della Regione in seno al Consiglio di amministrazione).
Se l'ordine del giorno resta questo, bisogna stabilire prima di tutto che alle 9,30 precise apro la seduta, i Consiglieri regionali che hanno presentato interrogazioni o interpellanze e desiderano che siano svolte devono essere presenti, se non ci sono le interrogazioni stesse decadono c'è poco da fare; questo vale anche per gli Assessori che devono essere presenti per dare le opportune risposte.
Alle 10,30 si comincia la discussione della legge sulle direttive comunitarie, si prosegue ininterrottamente la discussione e la votazione sino al suo esaurimento, con l'intenzione di trattare anche gli altri punti perché tutti sono urgenti.
Dò per letta la mozione pervenuta alla Presidenza.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,40)



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