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Dettaglio seduta n.78 del 20/10/76 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PAGANELLI ETTORE


Argomento: Statuto - Regolamento

Violazione dell'art. 33, secondo comma, del Regolamento provvisorio del Consiglio regionale da parte di rappresentanti del Partito radicale


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La seduta è aperta.
Prego il pubblico di togliere i cartelli dalla tribuna; penso siano stati letti da tutti i Consiglieri.
La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Vedo che il suo corretto invito a togliere i cartelli è stato perfettamente recepito dal pubblico. Vorrei sapere se questo è uno dei tentativi di irridere le istituzioni, perché in questo caso pregherei tutto il Consiglio di dare supporto all'azione del Presidente affinché vengano rispettati i regolamenti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Avverto che se non verranno tolti i cartelli la seduta non avrà inizio.
Sospendo la seduta.



(La seduta, sospesa alle ore 15,30, riprende alle ore 16,50)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La seduta riprende.
Ha chiesto di parlare l Presidente della Giunta, ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Di fronte alla manifestazione che oggi si è svolta da parte di rappresentanti del Partito radicale, devo dichiarare che la Giunta non ha alcuna difficoltà a ricevere oggi stesso una delegazione del Partito radicale stesso onde fissare una data per discutere i problemi che oggi sono stati evidenziati con i cartelli e che specificatamente sono ancora stati evidenziati con il manifestino che è stato distribuito: quelli cioè della droga.
Mi pare che in tal modo possa chiudersi la manifestazione ed io stesso vengo nella sala dove sarà ricevuta la rappresentanza.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Sull'insediamento delle cinque Commissioni


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Prima di riprendere il nostro dibattito sul punto quinto all'ordine del giorno, il Vice Presidente Bellomo rende noto al Consiglio l'insediamento delle cinque Commissioni consiliari e le elezioni dei rispettivi Uffici di Presidenza.



BELLOMO Emilio, Vice Presidente del Consiglio regionale

Vorrei dire in poche parole, per non rubare altro tempo all'assemblea che le cinque Commissioni sono state insediate. Il rito si è svolto semplicemente, ma non per questo meno solennemente. Sono stati eletti i cinque Presidenti ed i cinque Vice Presidenti che vi leggo nell'ordine: I Commissione - Programmazione e Bilancio Presidente: Carlofelice Rossetto Vice Presidente: Ezio Alberton II Commissione - Organizzazione e gestione del territorio Presidente: Corrado Calsolaro Vice Presidente: Sereno Bono III Commissione - Agricoltura Presidente: Mauro Chiabrando Vice Presidente: Enrico Gastaldi IV Commissione - Produzione e lavoro Presidente: Mario Debenedetti Vice Presidente: Luciano Rossi V Commissione - Servizi sociali Presidente: Giovanni Ferrero Vice Presidente: Anna Maria Vietti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Le Commissioni così articolate potranno riprendere i loro lavori.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Sul problema della regolamentazione dell'ammissione del pubblico alle sedute consiliari


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Riprendiamo il dibattito sul punto quinto. Il Consigliere Oberto chiede di parlare, ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Chiedo la parola per riferimento al regolamento.
Non ho assolutamente nessuna difficoltà che si tenda a risolvere una situazione abbastanza incresciosa che ha messo il Consiglio regionale in condizioni di non poter funzionare per un paio d'ore; proprio niente in contrario che si trovi un modus vivendi, però faccio appello al regolamento. Il regolamento prevede che cosa deve avvenire in casi di questo genere. Lo faccio per me personalmente, non a nome del Gruppo, ma per me personalmente sì, lo devo fare, anche perché ho avuto responsabilità del genere presiedendo come Presidente del Consiglio regionale e come Presidente della Giunta.
A pag. 24 del regolamento ancora provvisorio, all'art. 32 ad un certo momento si legge che "nessuna persona estranea al Consiglio o ai servizi relativi può introdursi nella sala dove siedono i Consiglieri". Il che in realtà oggi non è stato perché tutte le volte che i fotografi volevano entrare in aula chiedevano l'autorizzazione al signor Presidente della Giunta regionale, al signor Presidente del Consiglio regionale. "Il pubblico può assistere alle sedute dopo avere ottenuto regolare permesso.
Le persone ammesse nei settori appositamente riservati, devono astenersi da ogni segno di approvazione o di disapprovazione. I commessi saranno incaricati dell'osservanza dei regolamenti e in seguito all'ordine del Presidente faranno uscire immediatamente chiunque abbia turbato l'ordine".
Il Consiglio regionale del Piemonte, vittima dell'atteggiamento di queste persone, è stato praticamente inoperoso per alcune ore. Ripeto, non intendo sollevare questioni che in qualche maniera ulteriormente diano motivo di coda a quanto è accaduto; ritengo però che si debba prendere lo spunto da questa situazione per regolamentare ancora più precisamente queste disposizioni in maniera che in tribuna vadano le persone le quali sono munite di un permesso e si comportino come devono comportarsi le persone civili.
Mi pare di poter dire che alla Camera ed al Senato per poter accedere si deve andare con tanto di permesso, si deve andare con tanto di cravatta di giacca altrimenti l'usciere mette fuori colui che va ad assistere a queste sedute.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Consigliere Oberto, penso che la norma del regolamento sia stata ben presente a chi presiedeva l'assemblea ed ai Capigruppo che sono stati immediatamente convocati per risolvere la situazione che si era determinata. Penso che proprio lei, data la sua esperienza di Presidente del Consiglio regionale, si sia trovato in determinate occasioni in difficoltà. Ritengo che noi abbiamo risolto la questione con il pieno rispetto della dignità che la nostra assemblea deve avere e l'abbiamo risolta senza incresciosi incidenti che potevano anche verificarsi, tenuto conto che, come anche lei ha rilevato, nel nostro Consiglio non vi è certamente un servizio di commessi tale da poter consentire un ordinato ingresso del pubblico. Il problema che lei ha sollevato dell'ingresso del pubblico mediante un'autorizzazione, che d'altra parte è conforme a quanto il regolamento prevede, senza dubbio si trascina da troppo tempo e va risolto e penso che l'Ufficio di Presidenza, soprattutto ammaestrato da questa nuova esperienza, dovrà affrontarlo.



OBERTO Gianni

La ringrazio della dichiarazione, voglio però precisare che nelle mie parole non c'è stato assolutamente niente che volesse dire menomazione di dignità, né dell'Ufficio di Presidenza, né del Consiglio regionale, per constato che quattro persone che abbiano voglia di arenare il lavoro del Consiglio regionale lo possono fare come e quando piaccia a loro.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, l'intervento del collega Oberto apre di fatto un dibattito sulle comunicazioni del Presidente della Giunta.
Interverrò unicamente per una precisazione che ritengo debba essere fatta e che, certamente, per involontaria dimenticanza da parte sua, non è stata fatta. Voglio cioè che si dica in questa aula che la decisione assunta di incontrare in quei termini la delegazione dei dimostranti che oggi è venuta in Consiglio è una decisione autonoma del Presidente della Giunta, che non ha trovato consenzienti tutti i Capigruppo. Per quanto mi riguarda non sono stato consenziente e non lo sono stato con una motivata dichiarazione, quella che non è tollerabile, a parer mio, un certo tipo di manifestazione che è stata fatta oggi qui in quest'aula, ma che - e questo mi preme sottolineare - se, come da qualche parte è stato anche invocato si doveva agire con un certo rigore nei confronti di questi dimostranti ebbene, allora questo doveva valere per sempre, doveva valere oggi come dovrà valere sicuramente domani nei confronti di altri tipi di manifestazioni. Non si è voluto seguire questa strada, il Presidente della Giunta ha ritenuto, nella sua autonomia, di doversi incontrare con i dimostranti dopo una forzata interruzione imposta al Consiglio regionale: desidero dire, perché non è stato detto, che non tutte le forze politiche sono state, su questo piano e in questa direzione, concordi.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Debbo precisare che quanto dice il Consigliere Carazzoni è senza dubbio rispondente alla verità, su quel che è avvenuto nella riunione dei Capigruppo e del Presidente della Giunta. Era però assolutamente superfluo che facessi delle dichiarazioni, posto che la seduta è ripresa nella piena ed assoluta normalità senza alcuna turbativa perché non vi era più alcun cartello, e che, d'altra parte, avvalendosi del regolamento, il Presidente della Giunta ha fatto autonomamente le sue dichiarazioni.
Posso considerare chiuso l'argomento? Bene, passiamo al punto quinto dell'ordine del giorno.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati - Agricoltura: argomenti non sopra specificati - Industria - Commercio - Artigianato: argomenti non sopra specificati

Dibattito su relazione della Giunta regionale sulla situazione economica regionale ed il possibile ruolo della Regione in riferimento al Piano di sviluppo (seguito)


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Proseguiamo il dibattito sulla relazione della Giunta regionale sulla situazione economica regionale ed il possibile ruolo della Regione in riferimento al Piano di sviluppo.
Il primo Consigliere iscritto è l'avvocato Marchini, a cui do la parola.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi, la relazione presentata dall'Assessore Simonelli l'altro giorno si può dividere in due parti: nella prima, molto estesa, l'Assessore analizza le cause storiche della crisi economica; nella seconda si analizzano i provvedimenti governativi e si indicano alcuni orientamenti programmatici della Regione.
Debbo notare subito che la parte generale sui mali storici dell'economia italiana affronta alcuni problemi reali, ma senza penetrare in profondità; inoltre (e qui mi pare che l'atteggiamento dell'Assessore sia addirittura antistorico) è fuorviata da analisi a senso unico di carattere politico e da una generale avversione che traspare, addirittura viscerale, nei confronti di tutto quello che è rappresentato dalla libertà di impresa, dal mercato e dal profitto.
Peraltro l'Assessore Simonelli ha giustamente rilevato come la crisi italiana sia profonda e non sia più affrontabile con piccoli provvedimenti di aggiustamento. A nostro modo di vedere si deve porre termine alla politica dello "stop and go", ma in particolare bisogna rimuovere le cause che ne sono all'origine. Non bastano le lamentele sul rispuntare dell'inflazione e dei vincoli della bilancia dei pagamenti non appena la produzione riprende a tirare, non basta un discorso filosofico sulla riconversione del settore industriale, sul nuovo ruolo della domanda pubblica, sulla scarsa elasticità del settore industriale, sulla mancata accumulazione, se non si affrontano contemporaneamente i problemi che ne sono alla base, se non si passa cioè ad una politica che definiamo antinflazionistica di lungo periodo. Nel suo documento Simonelli non esamina a fondo il perché viviamo in un sistema tendenzialmente inflazionistico e squilibrato nei confronti dell'estero, il che porta come conseguenza a provvedimenti restrittivi ed alla stagnazione economica. A nostro avviso questa situazione strutturale è determinata dalla forte crescita dei redditi monetari conseguente al gonfiamento del disavanzo pubblico ed all'aumento dei redditi individuali (e qui si giunge, a nostro avviso, al cuore del problema) entrambi finanziati con emissioni monetarie e non con risorse reali. Se l'elencazione dei mali è una politica di sinistra, perché non si è giunti alle conclusioni radicali del discorso? Noi riteniamo che a questo punto una politica di stabilizzazione sia quanto mai necessaria. Non si tratta di riproporre la politica a due tempi tanto disprezzata dalla Giunta, e mai attuata, quanto piuttosto di mettere in atto la sola politica che a nostro avviso possa servire. Riteniamo infatti, che l'orientamento (peraltro rifiutato dalla Giunta) secondo cui e possibile accettare i sacrifici in cambio di una politica tesa a modificare la qualità della domanda ed in particolare il rapporto fra investimenti e consumi, sia una pura enunciazione di intenzioni senza fondamento logico in mancanza di una politica che da un lato agisca sulla distribuzione e sulla composizione dei redditi, e dall'altro ricrei i margini finanziari compatibili con un maggiore tasso di investimento, che sono evidentemente le condizioni per l'ottenimento di questa politica dei tempi differenziati.
La politica di stabilizzazione non è una riedizione della politica a due tempi, ma una vera e propria politica di lungo periodo. Attraverso essa si dovrebbe: a) accrescere il prelievo fiscale e ridurre la spesa pubblica (soprattutto quella che si traduce in puri e semplici trasferimenti) al fine di ridurre le necessità finanziarie del settore pubblico; questo potrebbe portare a minori emissioni monetarie e congiuntamente liberare maggiori risorse finanziarie per il settore privato b) contenere la crescita salariale in modo da favorire la ricostituzione dei margini lordi di profitto delle imprese, che sono l'altra condizione di esistenza del sistema fin quando sarà regolato da norme non di tipo dirigista c) eliminare le rendite ed i parassitismi nel settore pubblico ed in quello privato, che certamente non ne è esente d) ridare spazio al mercato dei fattori produttivi riformando il distante sistema dei crediti agevolati ed assicurando un minimo di mobilità della forza lavoro con opportuni provvedimenti. Se è vero che bisognerà procedere con la formazione professionale, non è men vero che bisognerà arrivare alla chiusura di stabilimenti obsoleti e, visto che si è parlato di gente che fa il curatore testamentario di sé stessa, non tenere in piedi eredità giacenti. Bisognerà quindi giungere come conseguenza ad accrescere la produttività del sistema nel suo complesso e non in termini strettamente imprenditoriali, perciò occorre accrescere la potenzialità della nostra economia nei mercati esteri.
Forse questa può essere considerata una politica neoliberista, ma non ci si rende conto che uno dei motivi dell'attuale disastro sta nell'eccessivo intervento diretto del settore pubblico nell'economia e nell'avversione sovente mostrata nei confronti del mercato. A fondamento e a giustificazione di questo basti ricordare l'aggiustamento di tiro della sinistra, da quando diceva che avrebbe lasciato libere solo le botteghe di barbiere, fino alle dichiarazioni di Amendola che ci dice che il settore pubblico ha già certamente prevaricato oltre il limite.
In questi anni il mercato - ci dice Simonelli - non ha funzionato, per non si chiede il perché. A nostro avviso, non ha funzionato perché è stato continuamente mortificato da interventi distorcenti. L'alternativa non è tra il laissez-faire di ottocentesca memoria e la programmazione; si tratta solo di stabilire, una volta per tutte, quale è il corretto ruolo dell'amministrazione pubblica e quale deve essere la filosofia dell'intervento pubblico. A nostro giudizio la presenza pubblica deve essere rilevante nel momento decisionale e delle grandi scelte, deve essere minima nella fase operativa e gestionale.
Per quanto attiene i recenti provvedimenti governativi, l'Assessore Simonelli sembra dimostrare un timido consenso per quanto riguarda i sacrifici imposti ed una contestazione per il disegno di riconversione industriale, in funzione soprattutto della scarsa considerazione per il ruolo che le Regioni possono svolgere in materia.
Per quanto riguarda i sacrifici, è da rilevare che la nostra sostanziale posizione resta negativa: si tratta dell'ennesima "stangata" che serve unicamente a tamponare una situazione difficile senza affrontare i nodi del risanamento della finanza pubblica e dell'eccessivo incremento dei costi di produzione.
Per il disegno di legge sulla riconversione industriale vi è da rilevare come attraverso la concessione di nuove agevolazioni si finirà solo per peggiorare l'allocazione dei capitali disponibili a favore delle imprese meno efficienti, che ovviamente saranno le ultime a farne richiesta; con questo provvedimento si finirà quindi per agevolare alcuni grandi gruppi sottraendo risorse alle imprese più dinamiche senza allargare la base produttiva e senza creare un solo posto di lavoro in più.
La via da seguire ci pare essere quella di accrescere gli stanziamenti per la ricerca scientifica e di liberalizzare una volta per tutte il sistema creditizio in modo da favorire le iniziative industriali più dinamiche. In quest'ottica il ruolo delle Regioni può essere quello di contestazione e di stimolo al fine di favorire una migliore utilizzazione delle risorse. La politica industriale deve tendere a privilegiare e sostenere le iniziative imprenditoriali più dinamiche, quelle cioè in grado di produrre risorse da destinare a nuovi investimenti e ad usi collettivi.
La politica industriale dovrà, inoltre, essere sostenuta da una politica estera capace di assicurare una maggiore presenza commerciale dei nostri prodotti sui mercati esteri.
L'accrescimento delle esportazioni è, infatti, indispensabile per garantire uno sviluppo stabile nel lungo periodo senza i periodici disavanzi nei conti con l'estero. Infatti, a nostro avviso, uno sviluppo fondato esclusivamente o prevalentemente sulla domanda interna, finirebbe solo per riproporre in termini ancora più cruciali i vincoli dell'economia esterna.
Due parole, infine, sul ruolo della Regione che, per quanto riguarda l'industria, deve necessariamente essere inquadrato nell'ambito della politica nazionale, in caso contrario qualsiasi azione regionale sarà vanificata dalla gravità del quadro nazionale.
Le risorse a disposizione della Regione e le competenze in materia sono alquanto limitate anche se attraverso la costituenda Finanziaria regionale e la politica delle aree attrezzate essa può svolgere un'azione notevole di complemento.
Occorre pero concentrare le disponibilità limitate su obiettivi precisi, ma soprattutto possedere chiarezza di idee ed elaborare programmi concreti. Tutto questo la Giunta finora non è stata in grado di fare. Lo stesso Piano di sviluppo è quanto di più nebuloso possa esistere.
L'Assessore si giustifica dicendo che il reticolo verrà ristretto dopo le consultazioni, ma ci sembra che qui si stia passando al vaglio l'acqua del mare. I provvedimenti legislativi di spesa si sono tradotti per lo più in finanziamenti e modificazioni di leggi preesistenti, Non è certamente attraverso queste iniziative che si contribuisce ad un'attiva e diversa politica di sviluppo.



BELLOMO EMILIO



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che ci sia una notevole differenza tra noi e qualsiasi cittadino inglese: un cittadino inglese quando è preoccupato, quando ha bisogno di una risposta alla sua domanda scrive all'editore del Times e la riceve; noi invece oggi vorremmo delle risposte precise a degli interrogativi e non le troviamo. Non le troviamo nella fiducia cieca delle forze politiche che ci governano, non le troviamo nella previsione degli esperti, non le troviamo nelle previsioni che siamo in grado di azzardare noi e ci convinciamo che in realtà la situazione ha degli interrogativi non facilmente risolvibili.
D'altra parte occorre anche riconoscere che la molto circostanziata relazione dell'Assessore Simonelli, mentre è molto profonda nella diagnosi e nella ricerca delle cause che possono avere determinato la situazione attuale, è piuttosto scarna quando affronta le previsioni non tanto a livello dei problemi regionali, quanto a livello dei problemi nazionali.
Mi limiterò quindi a dare alcuni giudizi essenziali su questo argomento, non avendo certamente la pretesa di uscire da un dibattito come questo con una decisione che possa in qualche modo determinare una svolta nella situazione politica ed economica del nostro Paese.
Il primo giudizio importante che può essere dato è che questa situazione economica avviene in un particolare, confortevole clima politico: è una situazione non di gravità estrema, non dovendo affrontare gravi problemi di carattere politico, ma avendo, al contrario, il contributo della stragrande maggioranza delle forze politiche italiane verso indicazioni che contribuiscono a fare uscire l'Italia dalla crisi in cui si trova. Ed è evidente che di fronte ad una prospettiva di questo genere, dalle forze politiche all'opposizione, a quelle che sono invece al governo, vi è manifestazione di senso di responsabilità e ricerca più dei punti di incontro che dei punti di scontro. Direi che è l'unico elemento confortevole, confortevole anche in vista di quello che ci può attendere nell'immediato futuro perché io sono del parere che non sarà molto lontano se la situazione continuerà ad essere la presente, il momento in cui scatterà la reale situazione di emergenza. A questo punto credo che la possibilità di contare sulla buona volontà che investe tutta la nazione nella sua interezza rappresenti un punto di approdo significativo.
Certo, non c'è oggi una posizione che vede forze politiche o sociali impegnate a porre una leva nella situazione economica per realizzare obiettivi di tipo avveniristico, ci sono delle chiare indicazioni che le cose devono mutare e ciascuno può avere giustamente la pretesa di ritenere che questi mutamenti siano da riconoscersi nell'ambito delle proprie visioni politiche e delle proprie finalità politiche.
In questo ambito mi pare che il senso di responsabilità dei sindacati il senso di responsabilità dei Partiti abbia già portato ad individuare intanto la gravità della situazione economica in cui ci troviamo come un problema dal quale non si può uscire con provvedimenti limitati e fini a se stessi.
Circa le cause che hanno determinato questa situazione economica credo che in buona parte ci possiamo riconoscere nelle individuazioni fatte dalla relazione dell'Assessore Simonelli, ma è evidente - sia pure in termini basati sull'opportunità di un certo periodo di rivendicazioni e di adeguamento quindi dei livelli salariali italiani a quelli europei - che il dato che ha portato a questa situazione è la divaricazione tra il tasso di produttività ed il tasso di aumento del costo del lavoro, anche se il tasso di aumento del costo del lavoro è stata una realtà inevitabile in un momento in cui la nostra gracile e strutturalmente quasi inconsistente industrializzazione si è fondamentalmente appoggiata sulla scarsa retribuzione del lavoro, puntando evidentemente più alla ricerca di soluzioni di immediato profitto che non finalizzandole per obiettivi più lontani e quindi più solidi. Ci ricordiamo tutti gli anni del boom, gli anni in cui sembrava che l'industrializzazione non avesse mai termine, ci ricordiamo tutti gli episodi di vasti settori di piccole e medie industrie cresciuti con improvvisazione ed impetuosità nel giro di pochi mesi, che al primo apparire delle difficoltà di carattere economico ricorrevano alla sola valvola che ritenevano utile, ai licenziamenti, al ridimensionamento delle proprie posizioni a dimostrazione che avevano costruito su sabbie mobili, avevano costruito nel disordine, senza criteri che obbedissero ad una certa programmazione.
L'altro elemento fondamentale che è alla base di tutto questo e che mi pare sia stato riconosciuto da tutte le forze politiche, anche se con individuazione di responsabilità diverse, è certamente il crescente deficit della finanza pubblica. Se potessimo affrontarlo considerando una certa data come anno zero di partenza per una nuova gestione dell'intera finanza pubblica, potremmo fare scorta delle esperienze passate, ma abbiamo dietro le spalle debiti enormi da pianificare, che però non possono essere ripianificati con altri debiti.
A questa gracilità strutturale della nostra economia ha fatto seguito l'incapacità obiettiva della classe dirigente politica di programmare lo sviluppo e di eliminare le distorsioni, le carenze strutturali che potessero in qualche maniera non rendere questo sviluppo efficiente e prolungato nel tempo. Direi che lo scoglio su cui è naufragata tutta la politica del centro sinistra è stato quello dell'incapacità di individuare questo orientamento e questa programmazione che potesse avviare alla risoluzione i problemi, con l'aggravante che determinati climi creatisi anche all'interno di questo periodo hanno finito col togliere significato alle pur egregie cose che sono state fatte e che hanno, occorre riconoscerlo, fatto fare in molti settori della vita pubblica e della vita sindacale dei salti di qualità al nostro paese.
Oggi si tratta di ritrovare una guida sicura per la nostra economia attraverso ciò che abbiamo sempre invocato, cioè la programmazione; e credo che oggi sia giunto il momento, in questa fase di emergenza nel settore specifico, di arrivare a una unificazione della guida, a una unificazione del comando del settore economico. Noi riteniamo che il Ministero del Bilancio e della Programmazione debba condensare questa direzione generale dell'economia italiana, subordinando tutto il resto a questa visione.
E qui siamo d'accordo con quanto accenna la relazione dell'Assessore per quel che riguarda le partecipazioni statali: le partecipazioni statali possono avere mancato proprio come industrie, come attività di carattere economico in mano pubblica, ma hanno certamente mancato nell'indirizzo di programmazione che competeva a loro in un momento in cui l'economia mondiale entrava in crisi ed in cui i fattori esterni ed internazionali gravavano e mettevano a dura prova le strutture del nostro paese.
Questo ruolo che è mancato nelle partecipazioni statali va ripristinato e molto rapidamente, perché io credo che non sfugga a nessuno di noi che la riconversione industriale si appoggia fondamentalmente sulla sanità dell'industria di Stato e sulla sua capacità di condurre e proiettare in avanti lo sviluppo. Dicevo stamane quasi scherzosamente che abbiamo tre settori che oggi in Italia tirano sul piano economico: il settore del turismo, il settore delle calzature e quello della moda. E' evidente che non possiamo limitarci a privilegiare ed a contare esclusivamente su questi tre settori per uscire da questa situazione. Ed è chiaro che di fronte ad un'industria di Stato, di fronte alle partecipazioni statali capaci di programmare lo sviluppo e di dare indicazioni attorno alle quali fare convogliare tutta la massa di investimenti pubblici e anche privati che sono possibili, si può arrivare ad una riconversione che abbia un senso altrimenti credo che abbiano ragione gli operatori privati ai quali pur tuttavia non mi sento, dopo gli esempi che ci sono stati, di dare una grande fiducia, quando dicono lasciateci fare, provvederemo noi; e mi pare che esempi negativi in questa direzione ce ne sono, basti pensare per tutti all'esperienza negativa disastrosa del gruppo Montedison che avrebbe dovuto rappresentare un elemento trainante, il banco di prova della capacità privata di risolvere determinati problemi.
E' di fronte a questa realtà che noi riteniamo si debbano considerare i provvedimenti presi dal Governo. A questi provvedimenti nella relazione dell'Assessore Simonelli non si fanno delle critiche, si pongono alcuni interrogativi; le altre forze politiche che si sono espresse fino ad ora li considerano come una cosa necessaria e la necessità io credo che stia soprattutto nel fatto che sono indispensabili per arrestare il processo di inflazione che oggi finalmente riconosciamo tutti essere il baratro entro il quale potremmo precipitare, un baratro che avrebbe implicanze non soltanto di carattere economico, ma di carattere politico. E io credo che anche sotto questo profilo la responsabilità del PCI fino a ieri all'opposizione è la prova di questo grosso pericolo che può sopraffarci se non viene fronteggiato, anche perché è evidente che non c'è salvezza per i ceti poco abbienti, o per i ceti meno privilegiati, direi che non c'è salvezza per nessuno, ma certamente l'inflazione travolgerebbe tutti coloro che vivono del loro lavoro o della pensione che hanno maturato con il loro lavoro.
I provvedimenti quindi sono necessari, ma hanno ragione le forze politiche che sostengono, indipendentemente dalla capziosa questione del primo e del secondo tempo, che non rappresentano l'ennesimo decretone di fronte al quale si trova il Paese, dopo di che la situazione torna a precipitare, torna ad andare a rotoli e non c'è più argine n all'inflazione, né all'alternarsi di provvedimenti deflattivi e inflazionistici che rovinano e mandano per aria la nostra economia. E' evidente che questo severo rastrellamento di liquidità, unito del resto (e qui forse è il lato più pericoloso della questione) alla spietata restrizione del credito, sono elementi che senza la messa in moto di leve di sviluppo e soprattutto di una pianificazione, immediata nell'individuazione del tipo di sviluppo che vogliamo realizzare e dell'indirizzo che occorre dare per raggiungere questi obiettivi finirebbero con l'essere vanificati e potrebbero non raggiungere alcun risultato. Vedo che il popolo italiano questi sacrifici li accetta, ma li accetta se ritiene di farli per una finalizzazione e non invece per un'ennesima chiamata di contribuzione per risolvere una situazione che in realtà non si risolve.
Ma se la situazione economica nostra è questa, se ne abbiamo individuate le cause nella necessità di una programmazione, nella necessità di mettere ordine in ciò che ordinato non è, di moralizzare ciò che deve essere moralizzato, vediamo anche brevemente (e mi pare che possa essere un elemento significativo) in che modo tutto questo possa essere trasferito sull'impegno della Regione.
Abbiamo sempre riconosciuto valida la scelta dei campi fondamentali di intervento prioritario che erano alla base di un certo programma della Giunta, si trattava di interventi nell'agricoltura, nei trasporti, ai quali noi aggiungiamo interventi nell'istruzione professionale trattandosi di un settore che più rimarrà scoperto e più impedirà che una seria riconversione industriale si appoggi su una precisa istruzione di chi è destinato a riempire, ad occupare i posti che, ci auguriamo, verranno ancora ad essere a disposizione.
Riteniamo che questi siano i campi di intervento immediati, i campi di intervento per il prossimo futuro sui quali possiamo muovere immediatamente una grande massa di disponibilità finanziarie; del resto si tratta di quei campi che vanno proprio nella direzione di rendere meno complicata una situazione che nell'economia nostra rappresenta alcuni degli elementi di maggiore incidenza: l'aumento dei generi alimentari, l'importazione di generi alimentari e l'aumento del costo del petrolio.
Nella relazione dell'Assessore Simonelli si è parlato del compito che la Finanziaria può assumere, non certamente in questo ruolo ma in ruoli promozionali e in ruoli di razionalizzazione di alcuni settori della vita regionale. Ebbene, noi aspettiamo al varco, anche sotto questo punto di vista, la Giunta regionale perché la Finanziaria che votammo lo scorso anno abbia finalmente una testa, abbia un corpo e possa offrire argomento di immediata e rapida discussione e confronto tra le forze politiche di questo Consiglio regionale per stabilirne gli obiettivi, le finalità e i modi di intervento immediato.
Credo che non possiamo ipotizzare grandi compiti da attribuirci in maniera autonoma; i compiti che possiamo attribuirci sono quelli di rappresentare, noi sì, per primi, un elemento di razionalizzazione nella spesa pubblica, un momento di accelerazione di questa spesa nei limiti delle possibilità e delle risorse esistenti, un modo cioè di intervenire inquadrandoci noi in un più grande e generico sforzo nazionale che, se programmato, può metterci in condizioni di contribuire a fare uscire il Paese dalla grave difficoltà economica in cui versa.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Ha la parola la signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Questa seduta di Consiglio regionale avrebbe dovuto permettere alla Giunta ed ai Gruppi consiliari di fare il punto sulla situazione che si sarebbe determinata in seguito ai provvedimenti governativi in materia economica e quindi alle condizioni nelle quali avrebbe dovuto in seguito operare la Regione.
Tutti questi condizionali rendono senza dubbio piuttosto difficile l'inizio del mio discorso, ma restano purtroppo condizionali perché sui provvedimenti varati dal Governo, nonostante le mutate condizioni politiche e sottolineiamo in primo luogo l'astensione del PCI - restano quelle di sempre: il Governo ha varato dei provvedimenti sui quali ha interpellato precedentemente le forze politiche e quelle sindacali e non appena questi provvedimenti sono stati varati, le forze politiche e sindacali si mettono in moto per far cambiare i provvedimenti governativi. Quindi oggi non abbiamo nessuna di quelle certezze riguardo a certi provvedimenti che avremmo dovuto avere iniziando questo tipo di discussione.
Da anni i repubblicani cercano di mettere i cittadini di fronte ai termini reali della nostra situazione economica, e credo che di questo semmai siamo stati rimproverati. Il nostro Paese non ha risorse petrolifere, non ha risorse minerarie, non ha un'agricoltura in grado di soddisfare i bisogni alimentari dei cittadini e la nostra economia si fonda essenzialmente sull'industria di trasformazione.
Le lotte sindacali della fine degli anni '60, con il conseguimento di più alti livelli retributivi, e con i notevoli miglioramenti normativi avevano comportato già una diminuzione di possibilità di accumulazione del sistema produttivo italiano e noi avevano allora avvisato che il problema non era evidentemente quello di mantenere la situazione dei bassi salari ma piuttosto di ridiscutere tutto il problema rispetto a quelle che erano le compatibilità della economia italiana. Tuttavia, nonostante la crisi che si ebbe in seguito alle lotte del '69/70 (crisi che possiamo anche chiamare di assestamento, come sempre avviene quando ci sono dei mutamenti profondi nella struttura economica di un paese) con grande fatica verso il 1973 sembrava che la situazione italiana dovesse riassestarsi.
L'aumento del petrolio nel 1973 rappresentava per l'economia italiana l'autentica "stangata" dalla quale il Paese non si è più ripreso in mancanza di severe misure contro le quali si sono sempre levati non solo i ceti che si possono presumere conservatori, e che ovviamente di solito non intendono fare sacrifici, ma anche i sindacati ed i partiti che rappresentano le masse dei lavoratori, che non erano più disposti a continuare a fare da soli i sacrifici. Ogni aumento del costo del petrolio e delle materie prime toglie dalle nostre tasche qualche lira e ci dovrebbe costringere (uso il condizionale perché non ci ha costretti fino ad ora) a spendere di meno e a produrre di più. Venti italiani su cento impegnati in attività produttive e 35 italiani su cento comunque attivi, rappresentano una media al di sotto di quella di ogni altro paese industriale.
Per quanto riguarda la nostra situazione sul mercato internazionale basta il dato drammatico della posizione passiva dell'Italia verso l'estero, che è di meno 11 miliardi di dollari nel 1976 e sarà probabilmente di 13 o 14 miliardi di dollari nel 1977 valutando l'oro 44 dollari l'oncia; né d'altra parte valutandolo 88 si muta di molto perch arriviamo a sette miliardi comunque di deficit dell'Italia nei confronti dell'estero (di dollari, naturalmente).
Per quanto concerne le riserve liquide, l'Italia ha oggi meno di due miliardi di dollari in valute convertibili. Quando scrivevo l'intervento non era ancora caduto il tasso del 10%, quindi può darsi che in questo momento non abbiamo più nemmeno i due miliardi di dollari di cui parlo. Il che significa che siamo in grado di affrontare all'incirca 15 giorni del nostro fabbisogno di importazioni. Per fortuna abbiamo anche crediti e questo ci permette di allontanare la data della paralisi.
Di fronte a questi dati (ammesso che qualcosa possa rallegrarci), ci rallegra che l'Assessore Simonelli consideri che la disseminazione dell'illusione della ripresa facile oggi è obiettivamente una politica di destra, perché i repubblicani ritengono che i provvedimenti governativi che, come dicevamo, non si sa nemmeno se saranno mantenuti, siano ancora insufficienti di fronte alla gravità della situazione.
I tre punti che i repubblicani hanno posto in questi giorni all'attenzione del Parlamento sono: l'arresto della dinamica dei costi del lavoro, che lo stesso Assessore ci sembra accettare quando parla di produttività del lavoro che deve aumentare più rapidamente del costo del lavoro; la revisione delle tariffe dei servizi pubblici; la spesa pubblica che non può certo essere ritoccata, come nel bilancio previsionale è previsto, di soli 93 miliardi e che deve toccare comparti ben più ampi anche quei comparti che ci stanno a cuore e che debbono essere riformati nel momento stesso in cui si sottraggono loro delle risorse, come la sanità, la previdenza sociale, la scuola (e ci conforta, a questo proposito, quanto ha detto Berlinguer nel suo intervento al Comitato centrale), la Radiotelevisione, le partecipazioni statali e l'eliminazione delle Province.
E' questo il punto per agganciare la politica regionale a quella nazionale.
L'Assessore Simonelli ci ha spiegato, nella sua relazione, come la Regione sia diventata una buona macchina di spesa e lui stesso ci indica che questo mette in difficoltà la cassa della Regione che non può contare sugli impegni che pure lo Stato avrebbe nei confronti della Regione.
A parte l'osservazione che già il Consigliere Gandolfi fece in occasione della discussione del bilancio del 1976 e cioè che la Regione non può depositare i suoi denari in banca e mettere in bilancio gli interessi come capitali con i quali far fronte alle spese previste, perché si tratta in realtà di falsare un bilancio e quindi di andare poi a richiedere allo Stato, che non ha più riserve, mentre noi in Piemonte capitalizziamo (e questo è un discorso che va rifatto e sul quale non stiamo ad addentrarci oggi perché non siamo in discussione di bilancio), quello che dobbiamo fare, invece, a me pare che sia il riesame, già proposto dall'Assessore delle leggi di spesa già emanate, del rifinanziamento delle stesse che oggi avviene quasi sempre sulla base di un aumento e non di una diminuzione (di revisioni finora per la verità non se ne sono fatte), la revisione di tutta la politica dei servizi, delle tariffe, per avere la possibilità di operare in quei settori che veramente possono consentire un rilancio dell'economia piemontese senza disperdere in mille rivoli assistenziali le nostre modeste risorse.
Nello strano gergo politico i socialisti rifiutano la politica dei due tempi. Noi, se non erro, qui in Regione abbiamo solo la politica del secondo tempo. Cominciamo a farla e non attendiamo che sia fatta o ci sia suggerita da altri. Gli sprechi anche nella Regione Piemonte non si contano; e anche qui mi voglio rifare alla relazione di Berlinguer, perch c'è un'indicazione alla moralizzazione della vita pubblica per cui non mi piace molto sentire condannare il passato, se poi non si vede che cosa si fa nel presente, condannare quello che hanno fatto la destra, il centro sinistra, il centro e non vedere che cosa fanno invece le sinistre. Perch se moralizzazione ci deve essere io credo che sia soprattutto da parte di coloro che la predicano E allora cominciamo col dire che, pur senza entrare in particolari che riteniamo risibili, come gli stanziamenti per seguire il Torino, squadra del cuore, nei suoi trasferimenti in Svezia, noi attendiamo ancora una risposta fondamentale ad una nostra interpellanza che riguarda i consulenti di cui usufruisce la Regione e deve essere una risposta molto difficile se da un mese e venti giorni, da quando l'abbiamo presentata, non ci è ancora stata data. E qui, badiamo bene, vogliamo essere molto chiari: noi non vogliamo che il finanziamento dei Partiti, che viene già fatto attraverso legge nazionale, venga fatto anche attraverso le consulenze pagate dalla Regione.
Attendiamo anche una risposta su altre interpellanze, ma non voglio tediare un Consiglio che è già molto stanco anche per quanto accaduto e che era estraneo al Consiglio.
Così saremo molto attenti ai problemi dei costi dei Comprensori che non dovranno certo rappresentare un nuovo aggravio della spesa corrente per il personale. Quell'elenco di bisogni, che è per ora il piano della Giunta deve essere molto chiaro sui servizi e sui costi che questi rappresentano quali servizi dovranno essere gratuiti, quali a prezzo politico e quali sono i servizi messi a disposizione dei cittadini che, se vogliono usufruirne, dovranno però pagarseli. Su questo siamo disposti ad un confronto non solo all'interno del Consiglio, ma anche con le forze sociali. Ed è con grande rammarico che dobbiamo constatare non essere stato possibile l'incontro della I Commissione con i sindacati per indisponibilità di questi, non certo della I Commissione.
Un piccolo accenno ora soltanto ad alcune stranezze che sono venute fuori dalla relazione Simonelli. Il fatto per esempio che questi mitici 134.000 posti di lavoro che dovrebbero formarsi, secondo il Piano regionale, siano ritenuti non soltanto mitici da noi dell'opposizione, ma anche dall'Assessorato e dalla Giunta che li ha proposti. Evidentemente sono considerati uno sfondo, una specie di fondale di teatro; ma noi non vorremmo che il Piano regionale fosse una rappresentazione, da troppi anni crediamo nella programmazione per pensare di doverne fare soltanto un teatrino.
Ed ora avrei finito il mio intervento, se non fosse per un accenno fatto dalla collega Graglia stamane, sul quale desidererei eventualmente una precisazione perché immagino che non l'abbia fatto a titolo personale ma a nome del suo Gruppo. Parlando dell'agricoltura, ha criticato alcune scelte della CEE per quanto riguarda la politica agricola ed io ritengo che la collega Graglia abbia perfettamente ragione. Forse sarebbe bene che noi invitassimo il nostro Governo a mandare come nostri rappresentanti presso la CEE degli esperti che conoscessero l'agricoltura italiana e che fossero in grado di contrattare con gli altri Paesi allo stesso livello tecnico degli altri Paesi, soprattutto la Francia e la Germania.
Penso che la Regione Piemonte possa anche far sentire la propria voce su questo argomento.
Ma, dopo questo, la signora Graglia ha detto che è indispensabile uscire dal mercato americano per andare verso Paesi (se non ho capito male) sottosviluppati e verso i mercati dell'Est.
Vorrei che ci fosse una certa chiarezza nel momento in cui stiamo per votare il Parlamento Europeo e non per il mercato americano, per il quale noi non abbiamo nessuna passione, per quanto dobbiamo ricordare (e cito a mente perché non ho avuto la possibilità di verificare i dati) che noi attingiamo dal fondo monetario internazionale il 35% di quanto ha a disposizione questo fondo e se non erro gli Stati Uniti versano all'incirca una cifra fra il 23 ed il 25% dell'intero fondo monetario internazionale.
Se noi dipendiamo in qualche modo dagli Stati Uniti questo sarà anche perché abbiamo bisogno di chiedere prestiti e soltanto la soluzione dei nostri problemi interni ci metterà nelle condizioni di minore dipendenza da un'altra economia. Non vorrei che però questo volesse dire in qualche modo che abbiamo delle preferenze per entrare nell'area del COMECOM perché i condizionamenti - e parlo di condizionamenti economici e politici esercitati dall'URSS nell'area del COMECOM - non sono certo inferiori, ma a quanto mi risulta assai più pesanti di quelli esercitati dagli Stati Uniti.
Il nostro parere (nostro di repubblicani) è quindi quello della scelta non del mercato degli Stati Uniti o del mercato dell'URSS, ma del Mercato Europeo dal quale speriamo di non doverci distaccare per nostra incapacità economica.
Su questo punto desidererei che ci fosse una precisazione proprio in ordine ai compiti politici che dobbiamo assumerci e che esigono, secondo me, una certa chiarezza.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

E' iscritto a parlare il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, la relazione dell'Assessore Simonelli sulla situazione economica nazionale ci consente di riproporre alcune valutazioni che il Gruppo socialista ha, anche di recente, fatto rilevare in occasione del dibattito alla Camera sulla politica economica del Governo.
Di questa relazione ci sembra necessario porre in evidenza alcuni momenti a nostro avviso più significativi.
Il processo di deterioramento dell'economia italiana non è un fatto congiunturale: la riduzione della popolazione attiva, il deficit cronico della bilancia commerciale con l'estero, l'indebitamento pubblico progressivo, l'erosione del valore della lira, la riduzione della base produttiva, l'assenza di una iniziativa nel campo delle tecnologie avanzate e della ricerca scientifica, non sono mali che possano essere risolti in pochi mesi.
I caratteri più rilevanti di questa situazione sono: il deficit della bilancia dei pagamenti, dovuto alla rigidità delle importazioni e delle esportazioni, ed aggravato dalla crisi energetica, non più eliminabile con il ricorso ad ulteriori prestiti esteri (già al di sopra dei 16 miliardi di dollari, contro riserve al di sotto dei 10 miliardi); il deficit pubblico che erode continuamente la base di risparmio, sottraendo importanti risorse agli investimenti senza un accettabile grado di efficienza sociale.
L'inflazione è il segno visibile di una crisi che ha aspetti profondi e complessi, che coinvolgono responsabilità che non possono essere cancellate o dimenticate. La lotta alla inflazione non è soltanto un fatto economico congiunturale, ma è lotta alle sue cause, con implicazioni politiche che richiedono un salto di qualità nel governo del Paese, una modifica del quadro politico, un suo rinnovamento ed assestamento a più elevati livelli di consenso e di partecipazione popolare.
Condividiamo l'impostazione enunciata dall'Assessore Simonelli, che rifiuta quella logica che limita l'intervento pubblico ad una drastica deflazione. Proseguendo su questa strada, non si incontra una acquisizione stabile del consenso popolare ai sacrifici, perché mancano prospettive credibili di superamento della crisi e accettabili garanzie che ne vengano attaccate a fondo le cause. Gli effetti della deflazione vengono a pesare drammaticamente sull'occupazione e sui redditi dei lavoratori.
Di fatto, ci troviamo di fronte ad una politica già sperimentata nel secondo dopoguerra, quando il richiamo all'emergenza per giustificare i sacrifici si fondava sulla necessità di ricostruire un Paese distrutto: oggi invece esiste un sistema produttivo che dev'essere salvato e rilanciato.
Questa strategia deflazionistica può essere forse in grado di assicurare un temporaneo sollievo ai nostri conti con l'estero, ma mette in un contesto di stagnazione gli altri aspetti dell'attuale situazione economica. Ciò non significa che le singole misure dirette al contenimento della domanda vadano respinte interamente: esse vanno però ridiscusse modificate e selezionate, non solo per correggerne iniqui aspetti distributivi, ma per integrarle con altri provvedimenti richiesti per consentire l'effettivo avvio della linea di rilancio produttivo.
Secondo i socialisti, la linea che il Governo va attuando circa il controllo della domanda appare contraddittoria: essa oscilla tra la esigenza di riduzione del disavanzo pubblico e quella della riduzione del disavanzo della bilancia dei pagamenti, senza peraltro preoccuparsi degli effetti che gli aumenti generalizzati delle tariffe e dei prezzi amministrati possono avere sui costi, reintroducendo da questo lato il meccanismo inflazionistico che si tenta di frenare dal lato della domanda.
Esempio tipico è la decisione di aumentare il prezzo della benzina. Se si vuole ridurre con ciò il disavanzo pubblico, c'è da considerare che le entrate potranno essere vanificate dalla diminuzione dei consumi; di certo però, costituisce un incentivo alla inflazione da costi. Meglio sarebbe stato, anche allo scopo di difendere i redditi più bassi, se si fossero introdotti i meccanismi di razionamento. Questi, riducendo i consumi avrebbero certamente avuto effetto positivo sulla bilancia dei pagamenti ma non avrebbero avuto alcun riflesso sul sistema dei prezzi.
Lo stesso grave effetto di incentivo alla inflazione da costi si otterrebbe, senza neppure avere il vantaggio di entrate che riducano il disavanzo pubblico, se si introducessero aumenti nelle tariffe telefoniche sullo zucchero e sulla pasta. L'aumento delle tariffe telefoniche non occorre alla STET, perché essa ha avanzi di gestione. Gli aumenti di prezzo dello zucchero e della pasta avrebbero un effetto grave sui bilanci delle famiglie a minor reddito ed incentiverebbero l'inflazione da costo senza alcun riflesso positivo sulla bilancia dei pagamenti.
A questi aumenti, pertanto, il Partito socialista italiano è nettamente contrario. Insieme all'aumento della benzina, essi avrebbero i tipici caratteri della famigerata tassa sul macinato, sulla quale si fonda, se il collega Oberto me lo consente, il Carnevale di Ivrea, che trova le sue origini proprio dalla ribellione a questa tassa.



OBERTO Gianni

Come ribellione, che sia annotato a verbale, perché non vorrei si dicesse poi che siamo stati dei reazionari.



CALSOLARO Corrado

Altrettanto grave è non rendersi conto che l'aumento del prezzo dei fertilizzanti, prezzo che è al di sopra delle quotazioni internazionali disincentiva l'attività agricola, della cui ripresa, invece, il Paese ha bisogno, anche per gli effetti sulla bilancia dei pagamenti, che presenta un crescente deficit alimentare. A tal fine, la stabilizzazione di questo prezzo è da considerarsi oggi prioritario per la ristrutturazione dell'agricoltura.
Vi è un altro aspetto da tenere in conto nella politica tariffaria evidente per le tariffe postali e dei trasporti. Esse servono e si riconoscono necessarie per ridurre i disavanzi dei relativi servizi a breve termine, ma non servono per ricondurre efficienza nei settori così da ottenere una più equilibrata situazione finanziaria e migliori servizi.
Occorrono, invece, metodi di controllo dei costi e l'attuazione di una efficace riorganizzazione dei servizi.
La stessa linea di condotta è da richiedere all'ENEL, dove gli aumenti tariffari sono necessari, ma non possono essere fine a se stessi, nel senso che per le tariffe elettriche è necessario mantenere le caratteristiche di equità strappate dai sindacati al Governo in carica durante l'ultimo aumento di esse.
L'altro provvedimento di controllo della domanda, la sospensione della scala mobile, risulta invece distorsivo, in quanto, a parte gli effetti che esso avrà o potrà avere sulla competitività delle imprese, colpisce esclusivamente i lavoratori dipendenti, mentre non è prevista alcuna efficace azione fiscale nei confronti degli altri percettori di redditi.
Le azioni di controllo della domanda ai fini della riduzione dei disavanzi pubblici devono trovare validi strumenti di intervento fiscale meno regressivi o iniqui. Se, infatti, non vi è alcun dubbio che il disavanzo del settore pubblico è al di là delle esigenze dell'economia del Paese, e pertanto va ridotto, è altrettanto non dubbio che le azioni per ridurlo devono essere svolte con equità, e non a discapito dei servizi sociali essenziali.
Per salvaguardare i servizi sociali essenziali, è necessario ridare elasticità ai bilanci comunali, irrigiditi da spese di gestione da debito regresso oltre ogni ragionevole limite. Di qui la necessità di un consolidamento dei debiti degli Enti locali e la restituzione ad essi di un margine di autonomia tributaria, già richiesti dal Partito socialista italiano e sui quali si sono soffermati alcuni colleghi intervenuti nel corso di questo dibattito. Ciò permetterà indubbiamente di impostare quella rigorosa politica di selezione della spesa pubblica alla quale fa riferimento la relazione dell'Assessore Simonelli in rapporto alla partecipazione delle Regioni alle scelte dello Stato sul tema delle risorse e della fissazione delle scelte.
La lotta all'inflazione ed il rifiuto di ogni politica di svalutazione monetaria vuol dire impegno politico per la ricostruzione di tutte le condizioni necessarie all'avvio di una nuova fase di sviluppo dell'economia.
L'austerità, resa obbligatoria dalle circostanze, richiede però, la stabile adesione di coloro che sono chiamati a sopportare i sacrifici, e quindi una sostanziale modificazione del quadro politico. La modificazione del quadro politico determinerebbe una nuova situazione nella quale i sacrifici non siano imposti attraverso forti decurtazioni dei redditi, ma diano ai lavoratori, alle classi popolari, la possibilità di indirizzare i loro sforzi per realizzare una maggiore capacità di esportazione e di offerta in un sistema profondamente modificato, rendendo i sindacati partecipi e diretti protagonisti dei risultati.
Una politica economica alternativa, che si dà carico di contenere i costi sociali del risanamento e di predisporre le condizioni della ripresa produttiva, deve dare alle misure alcuni orientamenti fondamentali: e cioè di incidere direttamente sul deficit della bilancia dei pagamenti contenendo in via prioritaria i consumi nella direzione della diminuzione della domanda di prodotti che gravano fortemente sulle importazioni; di perseguire una maggiore equità nella distribuzione del reddito; di garantire l'effettivo trasferimento di risorse dai consumi agli investimenti.
Gli aumenti delle tariffe e dei prezzi devono necessariamente essere accompagnati da precisi impegni ad attivare nuovi investimenti, in particolare da parte degli Enti, degli organismi e delle imprese interessati agli aumenti dei prezzi e delle tariffe.
E' noto l'atteggiamento critico dei socialisti nei confronti del disegno di legge di riconversione industriale e la proposta di rielaborare con urgenza un quadro unitario di tutte le misure orientate alla promozione e allo sviluppo industriale e alla riqualificazione dell'apparato produttivo, rispettando la priorità in favore del Mezzogiorno.
La politica industriale da seguire deve comportare due livelli fondamentali di azione, uno di ristrutturazione e riconversione dell'apparato produttivo esistente e uno di creazione di nuove iniziative produttive da concentrare nel Mezzogiorno.
L'azione di riconversione e di ristrutturazione non può essere realizzata attraverso l'istituzione di un nuovo sistema di credito agevolato generalizzato e indeterminato nelle finalità, ma deve comportare misure dirette a ristabilire le condizioni di economicità delle imprese attraverso un miglioramento della loro struttura finanziaria. Una adeguata quantità di risorse dev'essere invece utilizzata per favorire i processi di mobilità e di riqualificazione della mano d'opera indotti dalla ristrutturazione e dalla riconversione delle imprese.
In questo quadro assumono un'importanza ancora maggiore di quella ordinaria gli strumenti di politica finanziaria. La loro attività dev'essere più che mai inquadrata in un disegno organico e non lasciata allo spontaneismo di un mercato dominato non tanto dai criteri di imprenditorialità quanto da quelli della speculazione e della rendita, come le distorsioni intervenute soprattutto nel Mezzogiorno nelle politiche di credito hanno ampiamente dimostrato.
Negli strumenti finanziari va compreso non soltanto il sistema del credito, ma anche quelli previdenziale ed assicurativo, e l'insieme di tutte le altre istituzioni finanziarie, e fra queste le Finanziarie regionali.
Opportunamente, quindi, nella relazione dell'Assessore alla programmazione viene rivendicato il riconoscimento del ruolo istituzionale delle Regioni nella gestione della politica economica industriale del Paese attraverso la loro partecipazione alla politica della riconversione e della ristrutturazione, nei settori fondamentali delle piccole e medie imprese e dell'artigianato, e di quanti altri interessano il campo di intervento della Finanziaria regionale, per il cui concreto avvio ci sembra di dover segnalare l'urgente necessità di impegno da parte della Giunta.
La politica di emergenza deve oggi avere l'impianto di una politica per la ricostruzione. A tal fine la ricomposizione di equilibri economici che consentono la ripresa di un processo di accumulazione, può essere garantita soltanto attraverso una nuova capacità di intervento pubblico, o di gestione programmata dell'economia, contrastando la tendenza alla disgregazione degli strumenti di governo dell'economia ed alla dequalificazione degli strumenti pubblici di intervento diretto nel processo di sviluppo industriale.
E' impensabile, come si rileva dalla relazione dell'Assessore Simonelli, l'affidare solo ai meccanismi di mercato sia una riorganizzazione del disgregato apparato produttivo industriale ed agricolo, sia l'ottenimento di uno sviluppo corrispondente, sul piano qualitativo, alla nuova collocazione internazionale della nostra economia e, sul piano quantitativo, alla ripresa verso gli obiettivi di pieno impiego e di riequilibrio territoriale.
Le partecipazioni statali sono, quindi, uno strumento, come ha detto l'Assessore Simonelli, essenziale per una politica di sviluppo: il recupero deve avvenire eliminando tutte quelle attività che non giustificano l'intervento dello Stato e che hanno trasformato le partecipazioni da strumento di efficienza in carrozzone deficitario.
Così come vanno anche potenziate, nei settori dei beni di consumo, le imprese cooperative, che hanno realizzato negli ultimi anni il più alto saggio di sviluppo in Europa.
Il problema del deficit della bilancia dei pagamenti non può essere affrontato soltanto attraverso una inevitabile ma transitoria contrazione di alcune importazioni, bensì con una effettiva conversione dell'apparato produttivo. Questo rende determinante l'altro problema centrale di una politica di ripresa: la ristrutturazione e la riorganizzazione dell'intero settore agricolo-alimentare, da articolarsi su tre punti: provvedimenti di pronto intervento, di ristrutturazione, per nuove istituzioni.
Tra i provvedimenti di pronto intervento, e nel cui quadro le Regioni devono svolgere un ruolo fondamentale, vi sono quelli relativi alla zootecnia, con il coordinamento e l'unificazione di tutti gli interventi pubblici nel settore, per giungere ad un vero piano di sviluppo della zootecnia, con misure dirette di sostegno ai produttori per l'allargamento del settore foraggero, ed il controllo pubblico delle importazioni di carni, mangime e latte per stroncare le speculazioni, ed una iniziativa pubblica nel campo della macellazione, della lavorazione e della vendita delle carni, coinvolgendo sia i dettaglianti che gli allevatori mediante società di distribuzione con capitale pubblico.
Tra i provvedimenti di ristrutturazione, la riforma dell'AIMA, che deve operare mediante una efficiente articolazione regionale, avvalendosi delle strutture dei Consorzi agrari provinciali e della cooperazione democratica e il riordinamento del credito agrario.
Tra i provvedimenti per le nuove istituzioni, la costituzione di un fondo speciale per gli interventi necessari alla copertura delle leggi regionali e misure atte alla costituzione e al funzionamento delle associazioni dei produttori, al fine di combattere l'intermediazione speculativa ed avvicinare la produzione al consumo.
Più necessario ed urgente è il passaggio di tutte le competenze di politica agraria dallo Stato alle Regioni, secondo le norme costituzionali nella prospettiva aperta dalla legge 382, senza il quale, a nostro avviso non è possibile una organica politica di programmazione e di sviluppo nel settore.
In una situazione di depressione assumono particolare rilievo agli effetti occupazionali ed indotti le politiche volte ad una ripresa dell'attività edilizia. Il problema della casa, come e già stato fatto rilevare in occasione di questo dibattito, costituisce uno dei punti centrali di una economia politica sociale e redistributiva.
Vi è l'esigenza di determinare, dopo anni di rinvii, una svolta nell'intero settore urbanistico ed edilizio, avviando a soluzione in modo organico tutti i problemi del settore attraverso una molteplicità di interventi legislativi tra loro in chiara connessione logica e politica, e cioè la definizione del regime dei suoli, sulla base del principio della separazione del titolo di proprietà dal diritto di edificare; la necessità di definire con legge-quadro i principi fondamentali del potere legislativo regionale in materia urbanistica; l'immediato effettivo rilancio dell'edilizia pubblica con un piano di lungo periodo e con apposita finanziaria per l'edilizia; una legislazione sull'equo canone che si prefigga soprattutto la tutela degli inquilini a più basso reddito.
Certamente, fonte di grave preoccupazione è la questione dell'occupazione giovanile, fenomeno che incide drammaticamente sulla realtà sociale ed economica del Paese, e che non può non imporre una radicale rifondazione della struttura e dei compiti della scuola superiore e dell'Università. Ma, se è fondamentale elaborare un piano di respiro e di lungo periodo, è di estrema urgenza giungere all'approvazione di iniziative legislative straordinarie che permettano, entro il prossimo anno, un primo intervento, sia pur parziale.
L'attenzione va puntata sul fatto di impedire che l'intervento pubblico per l'occupazione giovanile, in particolare con una legge speciale conservi i caratteri di assistenzialità proprii dei provvedimenti parzialissimi fin qui varati.
E' necessario, infatti, finalizzare i momenti di preavviamento al lavoro alla costruzione di strutture tecniche e di servizio che siano di supporto alle imprese produttive di piccole e medie dimensioni, ai servizi sociali, agli Enti locali e regionali. Di qui la necessità di non mettere in contatto i giovani con settori arcaici della pubblica amministrazione in cui manca qualsiasi elemento di qualificazione professionale e che sono in sostanza, unicamente diseducativi.
Questo vuol dire condurre una battaglia di più ampio respiro combattendo la privatizzazione dell'apparato statale, che è ormai costretto ad affidare tutti i compiti a contenuto tecnologico a ditte esterne, con il sistema degli appalti; vuol dire battersi per la riforma della scuola superiore e dell'università, recuperando l'asse scientifico tecnologico e rendendo applicabile il principio della massima adattabilità alle diverse specializzazioni per ogni giovane che entri nel mondo del lavoro.
Nella seconda parte della relazione della Giunta viene presentato il ruolo della Regione nel quadro di riferimento nazionale, nella prospettiva dell'organizzazione della programmazione dell'attività e della spesa di competenza istituzionale propria.
Dalla relazione emergono due considerazioni essenziali: la necessità di una più rigorosa individuazione dei progetti e delle possibilità di intervento, alla luce delle mutate condizioni e delle opportune verifiche e la conseguente concentrazione delle risorse in direzione della qualificazione della spesa. Si tratta di esigenze connesse all'aggravarsi della situazione economica generale, e che non potranno essere individuate con maggiore puntualità se non in occasione delle procedure di consultazione del piano di sviluppo regionale e dell'esame attento di quanto sarà espresso dalle forze politiche, economiche e sociali operanti nel territorio. In larga massima sono progetti già noti e distribuiti per l'esame alle singole Commissioni consiliari.
Oltre al Piano di sviluppo regionale, che dell'azione politico programmatica dovrà costituire il punto di riferimento portante,vi sono il Piano dei trasporti, quello del risanamento delle acque, quello dei parchi e così via, per cui sarà necessaria la individuazione di un momento di sintesi ai fini di un loro dimensionamento in rapporto alle risorse disponibili e agli obiettivi da perseguire.
In questo senso credo sarebbe stato sbagliato, forse neppure corretto e comunque non rispondente ai fini e all'oggetto dell'odierno dibattito che la Giunta avesse portato all'esame del Consiglio lo stato di avanzamento lavori del Piano. Lo stesso Assessore Simonelli fa, nella sua relazione, alcuni richiami ai lavori della I Commissione, altri Consiglieri l'hanno fatto nel corso dei loro interventi nella seduta di stamane e ancora in quella di oggi pomeriggio. Il progetto di piano, proprio perch all'esame della I Commissione, è materia passata alla competenza propria del Consiglio, che lo esaminerà nei tempi e nelle forme opportuni.
Importante è invece il fatto che la relazione abbia inteso chiarire la metodologia per giungere alla definizione operativa dei progetti, come aggregazioni di azioni della Regione attorno ad alcuni obiettivi suscettibili di mobilitare alcune spese, di utilizzare strumenti e strutture organizzati in modo omogeneo.
E' ovvio che sono inevitabili differenze di tempi e di gradi nella operatività dei vari progetti, anche a livello di organizzazione, di spesa e di territorio, ma ciò che si rileva è l'omogeneità di metodo da realizzarsi secondo i criteri contenuti nel documento di Piano relativo al programma di organizzazione e di informazione in modo specifico attraverso la legge sulle strutture e la legge sulle procedure della programmazione.
I progetti non sono da inventare, né li conosciamo oggi perch l'Assessore Simonelli li indica in un apposito elenco. Essi vengono fuori dalla lettura del piano, e alcuni, come ho già detto, sono in una fase di avanzata elaborazione, o addirittura di esecuzione. Fra questi, per esempio, la Finpiemonte, i parchi, le riserve naturali, la sistemazione idrogeologica e forestale, la tutela dell'ambiente, gli autobus, la nocività degli ambienti di lavoro. Ciò non significa, mi pare di dover osservare, che tutti i progetti debbano essere realizzati, ma che devono essere approfonditi nei contenuti, in una analisi di compatibilità con le esigenze reali e più significative e rilevanti della collettività; che si esprimerà attraverso le proprie rappresentanti locali, sociali, produttive in un rapporto, in un confronto aperto, che costituiva un momento non di mera consultazione ma di effettiva partecipazione e di promozione attiva delle scelte.
Emerge quindi una responsabilità nostra, di Regione, nei confronti della collettività nazionale, per lo stato generale di crisi in cui versa il Paese. L'individuazione delle nostre scelte deve perciò essere coerente alle scelte nazionali, ed in questa ottica devono essere finalizzati e realizzati gli interventi.
Non è cosa nuova che le risorse sono molto scarse, che al massimo possono garantire la sopravvivenza delle Regioni. L'approvazione del Piano di sviluppo, con la individuazione di progetti da realizzare, consentirà per parte sua alla Regione di presentare allo Stato, anziché un generico cahier de doleance , un quadro sufficientemente preciso e dettagliato dal quale trarre cespiti di finanziamento che la legge 281 chiaramente attribuisce alle Regioni per i programmi regionali di sviluppo. L'art. 9 della 281 è stato finora praticamente inoperante nei confronti delle Regioni, almeno per quanto concerne lo spirito ed i fini con cui venne approvato, proprio perché le Regioni non hanno fin qui elaborato ed approvato i loro Piani regionali di sviluppo. Con il Piano regionale, e l'acquisizione di elementi di certezza nella attribuzione dei finanziamenti relativi ai progetti di programma stabiliti, sarà possibile, da parte nostra, varare quel programma pluriennale che consentirà alla Regione di mettere in moto, per la parte che le compete, e per quanto potrà fare meccanismi validi per contribuire a sollevare il Paese dalla crisi profonda che lo travaglia.



BELLOMO EMILIO



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Signori Consiglieri, sono le 18,15 e gli oratori ancora iscritti a parlare sono ben undici, quindi non è assolutamente ipotizzabile la conclusione del dibattito entro stasera. Propongo pertanto di sospendere a questo punto la serie di interventi sulla situazione economica, per procedere ancora alla ratifica di due deliberazioni della Giunta che hanno carattere di urgenza.


Argomento: Tossicodipendenza

Esame deliberazioni Giunta regionale relative a:


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

a) Applicazione articolo 107 - Il Comma della legge 685 del 22/12/1975



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Passiamo pertanto al punto sesto dell'ordine del giorno che reca: "Esame deliberazioni Giunta regionale relative a: a) 'Applicazione articolo 107 - II Comma della legge 685 del 22/12/1975'".
Relatore di questa deliberazione e il Consigliere Ferrero, che ha pertanto facoltà di parlare



FERRERO Giovanni, relatore

Signori Consiglieri, con legge del 22.2.1965 n. 685 sono state attribuite alle Regioni le funzioni di prevenzione, cura ed intervento contro l'uso non terapeutico delle sostanze stupefacenti, per assicurare diagnosi, cura, riabilitazione e reinserimento sociale dei soggetti tossico dipendenti.
E' ora all'esame della IV Commissione un apposito disegno di legge della Giunta, sul quale è in corso il dibattito tra le forze politiche.
L'art. 107 della legge statale n. 685 del 22/12/1975 prevede tuttavia al secondo comma, che entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima si proceda alla costituzione provvisoria di Centri medici e di assistenza sociale, secondo le norme di indirizzo di cui all'art. 90, avvalendosi dei servizi sanitari e sociali dei Comuni e delle Province con la partecipazione degli assistenti sociali svolgenti funzioni negli Istituti di prevenzione e pena, presso i Tribunali per minorenni e negli Istituti mutualistici e previdenziali. La Giunta ha deliberato, pertanto, la costituzione provvisoria dei Centri medici di assistenza sociale, secondo le modalità previste dalla legge statale 685 richiamata, prefigurando la tipologia del servizio contemplata nella legge regionale in approvazione.
La delibera dettaglia gli atti a tal fine necessari.
La IV Commissione, all'unanimità, presa conoscenza della delibera, ne propone al Consiglio regionale l'approvazione, sottolineando anche le ragioni di urgenza che a questa delibera sono connesse.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Ringrazio il relatore. Nessuno desidera intervenire? Leggo pertanto il testo della deliberazione.
"Il Consiglio regionale, visto l'art. 2 della legge statale n. 685 del 22/12/1975; visti gli artt. 90 - 92 e 107 della medesima legge; attesa l'urgenza di provvedere alla istituzione provvisoria dei centri medici previsti dal 2° comma dell'art. 107 predetto; ad unanimità, delibera di riconoscere ai servizi sanitari e sociali dei Comuni di Torino - Vercelli Novara - Cuneo - Asti e Alessandria, coordinati con i Servizi Provinciali e con i Servizi Ospedalieri situati nel loro territorio, le funzioni provvisorie previste dall'art. 107 della legge 685 del 22/12/1975 per le zone sanitarie di cui alla legge regionale n. 41 del 1976 sottoelencate a fianco di ciascuno: TORINO : dalla 1 alla 44 VERDELLI : dalla 45 alla 50 NOVARA : dalla 51 alla 57 CUNEO : dalla 58 alla 67 ASTI : dalla 68 alla 69 ALESSANDRIA : dalla 70 alla 76 Le funzioni di cui al comma precedente consistono nella: 1) raccolta dei dati sulle tossico-dipendenze e loro trasmissioni al Comitato regionale apposito 2) ricezione delle segnalazioni, da parte di singoli sanitari curanti di persone che fanno uso di sostanze stupefacenti o psicotrope o di persone che, avendo intrapreso la cura volontaria, la interrompono 3) ricezione delle segnalazioni degli Ufficiali o Agenti di Polizia 4) ricezione o registrazione dei provvedimenti dei giudici a carico dei tossico-dipendenti 5) segnalazione al Pretore dei tossico-dipendenti che, avendo accettato la cura volontaria, di fatto la rifiutano, fatto salvo il diritto all'anonimato 6) la ricezione delle richieste di intervento volontario o da parte di chi eserciti la patria potestà o tutela.
Per tali attività i Comuni designati predispongono locali appositi per la registrazione delle segnalazioni e personale stabilmente destinato a tali compiti, con inserimento organico di tali uffici nel quadro delle attività informative dell'Unità Locale Per indirizzare gli utenti in merito a tutte le segnalazioni, al presidio terapeutico competente per territorio nell'ambito del coordinamento zonale dei servizi comunali e provinciali, i Comuni predetti devono operare tramite uno specifico orientamento dei servizi di guardia medica di base per l'emergenza, previsti dalla deliberazione n. 149-3263 del 30/4/1975 del Consiglio regionale sui dipartimenti di emergenza od altri servizi di guardia medica esistenti o da realizzare col coordinamento della attività degli Enti Mutualistici e Previdenziali del proprio territorio, in stretto collegamento con gli uffici di cui al comma precedente e con i servizi ospedalieri situati nei medesimi Comuni.
I servizi di guardia medica devono indirizzare gli utenti, a seconda dell'urgenza, agli Ospedali (esclusi gli Ospedali Psichiatrici) o al Servizio Socio-Sanitario territoriale, all'uopo individuato nell'ambito del coordinamento zonale dei servizi comunali e provinciali fino a riordino degli stessi, ai fini della costituzione delle Unità locali dei servizi.
I Comuni designati devono deliberare le modalità operative del servizio precisando le modalità di coordinamento e di utilizzo dei servizi territoriali della Provincia e comunicare tali modalità ai Comuni delle zone loro affidate ed alla Giunta regionale che provvederà a darne conoscenza alle Autorità Giudiziarie interessate, ai sensi della legge statale n. 685.
Ai Comuni di Torino, Vercelli, Novara, Cuneo, Asti ed Alessandria vengono rimborsate le spese di impianto e di gestione degli uffici per l'esercizio delle funzioni di raccolta dati e della guardia medica utilizzando il fondo previsto dalla legge statale n. 685 del 22/12/1975.
La presente deliberazione, stante le ragioni di urgenza sopra indicate è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62 e sarà pubblicata sul B.U. della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Metto dunque in votazione la delibera della Giunta per alzata di mano.
La delibera è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti ed ha esecutività immediata.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

b) "Legge regionale 4/5/1976, n. 19 - Interventi per la promozione dell'assistenza domiciliare agli anziani, inabili, minori, nonché per il funzionamento di centri di incontro. Proposta di piano per il 1977"


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Passiamo alla deliberazione al paragrafo b) sempre del punto sesto dell'ordine del giorno: "Legge regionale 4/5/1976 n. 19 - Interventi per la promozione dell'assistenza domiciliare agli anziani, inabili, minori nonché per il funzionamento di centri d'incontro. Proposta di piano per il 1977".
Ha facoltà di parlare, per svolgere la relazione, di cui ha avuto incarico, la signora Carmen Fabbris.



FABBRIS Pierina, relatore

Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, la legge regionale 4.5.1976 n.
19, che concede contributi a Comuni, Consorzi di Comuni e Comunità montane che istituiscono e coordinano servizi di aiuto domestico, infermieristici e riabilitativi domiciliari, prestazioni di mensa e lavanderia, nonché centri di incontro aperti a tutta la popolazione, prevede che il piano di riparto dei contributi, elaborato dalla Giunta regionale, venga sottoposto all'approvazione del Consiglio.
La IV Commissione ha esaminato la proposta della Giunta, che è stata elaborata sulla base di criteri predisposti dalla Commissione stessa. Il piano stesso, con la specificazione dei criteri approvati dalla Commissione e adottati dalla Giunta per la sua elaborazione, è compreso fra i documenti che sono stati consegnati a tutti i Consiglieri per la seduta odierna.
Desidero soltanto fare due sottolineature, a riprova della validità del provvedimento che abbiamo adottato con la legge n. 19.
Tengo anzitutto a ricordare come il numero dei Comuni, delle Comunità montane e dei Consorzi di Comuni che si propongono di istituire il servizio, vada progressivamente aumentando, a dimostrazione della validità della scelta compiuta a suo tempo: nel 1975 i Comuni richiedenti erano 30 nel '76 sono passati a 105, per il piano del '77 hanno presentato in 147 la domanda per ottenere questi contributi; le Comunità montane da 7 nel '75 sono passate a 23 nel '76 e a 29 per il piano del '77; i Consorzi di Comuni che si aggregano per istituire il servizio per la prima volta erano 4 nel '75, 5 nel '76, saranno 8 nel '77.
La seconda considerazione riguarda l'entità del contributo. La somma di cui noi dovremmo poter disporre per soddisfare tutte le richieste di contributo è notevolmente superiore alle nostre disponibilità: occorrerebbero, come risulta dalla documentazione a vostre mani, 3 miliardi 18 milioni e 840 mila lire, mentre abbiamo 1 miliardo e 800 milioni. Poich i contributi li erogheremo sulla base del rendiconto consuntivo, è sperabile che sia possibile aumentare il contributo medio, che per ora è stato fissato nel 48%, da concedere ai Comuni e agli Enti che istituiscono il servizio. Su questo punto il Consiglio dovrà pronunciarsi.
Sarebbe opportuno che il Consiglio votasse con urgenza questa deliberazione, allo scopo di renderla immediatamente esecutiva: i Comuni sono infatti in attesa della decisione per poter dare il via a questi servizi. La Commissione, che l'ha approvata all'unanimità, propone al Consiglio di fare altrettanto.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Chiede di parlare la dottoressa Vietti. Ne ha facoltà.



VIETTI Anna Maria

Come già abbiamo dichiarato in Commissione, pur esprimendo parere favorevole alla delibera della Giunta, non possiamo non rilevare che si è verificato ciò che avevamo previsto in Consiglio il 15 febbraio '76, al momento dell'approvazione della legge n. 19. Già allora avevamo rilevato come fosse utopistico, pur con un aumento dello stanziamento, pensare di estendere i contributi per l'assistenza domiciliare a tutti i Comuni senza incentivare i consorzi - che pure risponde agli obiettivi dell'auspicata riforma dei servizi sociali - estendere i tipi di intervento e inoltre modificare la legge 21 elevando il contributo massimo per l'assistenza domiciliare dal 60% della spesa effettiva all'80%, come previsto nella legge. Constatiamo infatti come nella delibera presentata, in rapporto agli stanziamenti, pur avendo già dato una interpretazione restrittiva alla legge, escludendo dal contributo la spesa per le derrate necessarie per la mensa, si riesce ad assegnare, per l'assistenza domiciliare, soltanto un contributo corrispondente al 47,7%. Tanto valeva, allora, lasciare quanto stabilito nella legge 21, che prevedeva un contributo massimo del 60 senza favorire illusioni nei Comuni inducendoli a far assegnamento su contributi rilevanti che poi in pratica, per i limiti dello stanziamento che pure è già considerevole, non potranno ricevere.
Quanto all'aumento dei Comuni che fanno domanda per ottenere i contributi previsti dalla legge, è una realtà che già avevamo tenuto presente in ogni discussione. La legge 21 era una legge promozionale, che prevedeva la istituzione di servizi che non potevano sorgere tutto ad un tratto ma dovevano essere programmati. L'aumento del numero dei Comuni che avanzano richiesta di contributo non è poi un elemento da considerare in senso del tutto positivo: secondo me, proprio per la complessità del servizio, dovrebbe essere incentivata l'aggregazione dei Comuni in consorzi, perché i piccoli Comuni non hanno né le possibilità né il personale professionalmente qualificato per svolgere questo nuovo servizio.
Concludiamo con una raccomandazione. Poiché anche noi riteniamo che com'è affermato nella delibera, molti Comuni non realizzeranno in toto il programma che hanno presentato, chiediamo che se il contributo previsto del 47,7%, verrà aumentato a consuntivo, dovrà esserlo in modo proporzionale alle spese veramente affrontate, cioè si dovrà nuovamente applicare una percentuale omogenea sulla spesa, ad evitare che vengano premiati i Comuni che hanno presentato piani sovradimensionati e abbiano a scapitarne altri che hanno presentato programmi proporzionati alle loro effettive possibilità.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Chiede di parlare la signora Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Desidero unicamente dichiarare l'astensione del mio Gruppo. Come ho detto precedentemente nel mio intervento, in attesa di conoscere le indicazioni della programmazione, noi ci asterremo ogni qual volta verrà proposto un aumento di spesa rispetto a quanto preventivato.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Chiede di parlare l'Assessore Vecchione. Ne ha facoltà.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

Il criterio di concedere eventuali aumenti di contributo in modo proporzionale alle spese veramente effettuate è appunto quello che la Giunta si proponeva di seguire. Noi comunque lo accettiamo pubblicamente in Consiglio.
Non sono invece d'accordo con la collega Vietti quanto all'osservazione che noi creiamo illusioni nei Comuni.
Questo piano si riferisce al '77, e noi oggi, con un anticipo di tre mesi sull'esercizio del '77, diamo ai Comuni conoscenza esatta, perch possano tenerne conto nei loro bilanci, di quel che riceveranno dalla Regione, a differenza di quanto avveniva un tempo, allorché il finanziamento arrivava ad esercizio concluso.



VIETTI Anna Maria

E' la legge che avevo fatto io, che prevedeva che le richieste avvenissero entro 3 mesi dalla chiusura dell'esercizio precedente!



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

E' la legge Vietti, indiscutibilmente.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La discussione è conclusa. Leggo la deliberazione.
"Il Consiglio regionale, vista la proposta della Giunta regionale concernente il Piano per la ripartizione dei contributi ai Comuni, Consorzi di Comuni e Comunità montane, per il servizio di assistenza domiciliare infermieristica e riabilitativa agli anziani, inabili e minori e per i centri di incontro, delibera: di approvare ai sensi dell'art. 7 comma 3 della legge regionale 4/5/1976 n. 19, il Piano proposto dalla Giunta regionale per la ripartizione dei contributi a favore di Comuni, Consorzi di Comuni e Comunità montane per gli interventi di assistenza domiciliare infermieristica e riabilitativa e i centri di incontro per l'anno 1977".
Invito i Consiglieri ad esprimere il loro voto per alzata di mano sulla deliberazione in questione, che, con l'approvazione, diverrà immediatamente esecutiva. La delibera è approvata con 34 voti favorevoli ed un'astensione.
Ricordo che i Capigruppo si riuniranno venerdì, alle ore 15, per decidere, fra le altre cose, i modi e i tempi di prosecuzione del dibattito sulla situazione economica.
I membri dell'Ufficio di Presidenza ancora presenti in aula sono pregati di fermarsi per una brevissima riunione.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,40)



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