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Dettaglio seduta n.73 del 07/10/76 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione del Carabiniere Corrado Basso, vittima della lotta contro la criminalità


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Desidero invitare il Consiglio regionale ad osservare un minuto di raccoglimento alla memoria del Carabiniere Corrado Basso, ultima vittima della lotta contro la criminalità, friulano, di famiglia friulana.
Ho detto a suo padre che questa mattina lo avremmo ricordato nel modo più costruttivo, lavorando per la loro terra, per la loro gente.



(Tutti i Consiglieri in piedi osservano un minuto di raccoglimento)


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Calamità naturali - Protezione civile

Relazione sull'attività del Comitato regionale di coordinamento dei soccorsi ai terremotati del Friuli


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, credo, prima di tutto, di dover ringraziare, a nome vostro e della comunità regionale, il Commissario straordinario Zamberletti, il Commissario del Governo Salerno, il Presidente della Giunta regionale del Friuli Comelli, il Vice Presidente del Consiglio regionale Bettoli, che hanno voluto accettare l'invito loro rivolto di essere presenti a questa seduta, per alcuni versi straordinaria ed eccezionale, e che tuttavia, credo sarete d'accordo con me, dobbiamo considerare una seduta di lavoro. Quindi il più possibile spoglia di tutto ciò che non serve allo svolgimento effettivo del tema che dobbiamo qui discutere: ci che fino in fondo dobbiamo fare e possiamo, come Regione Piemonte, per contribuire prima alla salvezza e poi alla rinascita del Friuli.
Ciò che abbiamo fatto lo conoscete. Molto o poco che sia sarete voi a giudicare, ma è certo che è ancora comunque inadeguato rispetto alla gravità della situazione, rispetto alla dimensione del disastro che ha colpito il Friuli e alla posta in gioco. Soprattutto se non riuscissimo a fare subito ciò che domani potrebbe risultare inutile.
La dimensione del disastro può essere illustrata dal fatto che il sisma che ha colpito il Friuli è certamente il più grave tra quelli verificatisi negli ultimi secoli nel nostro Paese. Si tratta di mille chilometri quadrati di distruzione, di mille chilometri di danneggiamenti e di 2.500 indirettamente colpiti.
Si tratta di oltre 100 mila senza tetto e di una cifra che dopo la scossa è difficile stabilire, di abitazioni distrutte e di altre danneggiate. Assieme però superano di gran lunga le 100 mila unità. Si tratta di 14-15.000 friulani che hanno già lasciato la loro terra e si tratta della minaccia di una nuova grande immigrazione, dopo le tante, che il Friuli ha conosciuto. Ecco la dimensione di questa nuova questione nazionale.
La posta in gioco è l'esistenza stessa, dal punto di vista economico sociale, abitativo, di tutte queste zone. Il problema che l'Italia deve quindi risolvere è, prima di tutto, come il Friuli debba essere salvato e messo in condizione di risorgere.
Questa dimensione del problema il Consiglio regionale del Piemonte credo l'abbia avvertito sin dai primi giorni successivi al terremoto del maggio, quando tutte le forze politiche del Consiglio regionale decisero di costituire un Comitato unitario che comprendesse tutti i Gruppi indistintamente del Consiglio e della Giunta per uno sforzo unitario e straordinario di interventi che fosse coordinato e tale da realizzare la massima efficienza e tempestività.
Io credo che questa sia stata una decisione giusta e che ciò che si è potuto fare allora derivi in grande misura da questa decisione politica, da questa unità di intenti manifestati l'8 maggio e concretizzatisi formalmente nella delibera del Consiglio del 7 giugno, ma senza pause di interventi.
Fu così possibile stanziare una certa quantità di somme, garantire la partenza (e l'arrivo nei posti richiesti) di viveri, di tende, di roulottes, di tutto ciò che in quella prima fase ci fu richiesto.
Le cifre che indicano la dimensione e l'entità di questo primo intervento sono riportate nella relazione che avete sotto gli occhi e non è il caso che io le ricordi.
La relazione è certamente incompleta e non ci siamo nemmeno posti il problema di dare tutti i dati di ciò che la comunità piemontese ha potuto fare.
Ma contemporaneamente sorgeva la necessità di un coordinamento che fosse guidato da linee d'azione che dovevamo concertare con le autonomie locali del luogo: con la Regione, con le popolazioni locali.
Per questo ci siamo recati in Friuli subito, per questo abbiamo chiesto e ottenuto la designazione di una zona precisa (che è risultata poi quella del Centro operativo di S. Daniele), per questo in diverse occasioni, poi abbiamo discusso e concertato sul luogo ciò che si doveva fare con la Regione, con i Sindaci, con le popolazioni.
Anche questa strada (il contatto diretto, la discussione preventiva con le comunità locali) credo che sia stata giusta e debba essere confermata e debba ancor guidarci nell'azione che sta di fronte a noi.
Crediamo che sia possibile combinare democrazia ed efficienza se si fa vivere la democrazia e se si ricercano le strade necessariamente nuove per dare efficacia all'intervento della Regione e dello Stato.
Da questa combinazione è nato il progetto delle scuole che interessano i nove Comuni per un complesso di 203 aule e 35 edifici scolastici.
Da questa combinazione è nata la possibilità di attuare subito, nelle prime settimane, gli interventi già completati del poliambulatorio di Ragogna e del reparto di chirurgia di S. Daniele.
Ma da questa impostazione di rapporti democratici è nata l'esperienza che consideriamo interessante da molti punti di vista. E cioè il coordinamento della disponibilità subito offerta da architetti, ingegneri tecnici privati e delle pubbliche amministrazioni e della Lega delle Cooperative a cui è stato richiesto di esprimere la loro solidarietà con il loro lavoro, con la loro specializzazione. Con il rilevamento dei danni compiuti sul luogo, con la progettazione delle opere da ricostruire, con la ricerca dell'intesa in presenza di una pluralità così vasta di soggetti nella ripartizione degli incarichi secondo le particolari competenze, le possibilità, le capacità. Guidati dal principio di utilizzare le forze di tutti in un disegno che doveva essere coordinato per essere efficiente, per non commettere (anche non volendolo) degli errori ideologici, per non allontanare (anche non volendolo) anche una sola potenzialità positiva.
Questa offerta di disponibilità è stata data in modo che consideriamo esemplare. I progetti sono stati elaborati in 15 giorni con il pagamento di un semplice rimborso spese.
Posso qui annunciare al Consiglio regionale che questo progetto (malgrado le scosse di terremoto del settembre) sarà ultimato con pochissimi giorni di ritardo rispetto agli impegni assunti. Questi giorni di ritardo non sono stati causati dalla mancanza di parola data ma semplicemente dal fatto che nel frattempo è successo un altro terremoto.
Tuttavia i danni subiti dal progetto-scuola fortunatamente sono stati lievi e questo significa che tutte le scuole assegnate al nostro compito di ricostruzione saranno consegnate entro il mese di ottobre alle comunità locali perché le utilizzino secondo ciò che si reputa essere l'esigenza del momento.
In effetti perché le scuole funzionino è necessario non solo che esistano ma che ci siano ancora bambini che le frequentino; comunque si tratterà di edifici che potranno essere utilizzati secondo le volontà dei Comuni.
Questo progetto è stato possibile realizzarlo in 4 mesi. Fra le condizioni decisive che hanno permesso di agire tempestivamente c'è stata la utilizzazione immediata delle disponibilità finanziarie reperite grazie alla solidarietà espressa dalla comunità piemontese. Centinaia di migliaia di piemontesi hanno dato offerte in denaro prima di essere indotti a pagare le recenti tasse sulla base di una decisione autonoma, oltre alle due ore di lavoro offerte dai lavoratori nelle aziende e negli uffici.
Questo è stato possibile con l'accordo e la collaborazione operativa di Enti locali, Comuni, Province e con il giornale "La Stampa". Tale coordinamento ha permesso non solo di superare tutte le difficoltà burocratiche ma di impedire il rialzo dei costi, di permettere l'approvvigionamento tempestivo dei materiali, di mettere in condizione le ditte che si sono assunte l'onere dei lavori di affrontare con certezza e tranquillità finanziaria la realizzazione dei progetti regolarmente approvati da chi doveva approvarli: le Autorità comunali del Friuli.
La terza forma di intervento che è stata portata a termine è quella della estensione e del coinvolgimento della solidarietà delle forze sociali, di Enti locali, Associazioni e di singoli cittadini in un'azione non occasionale o sporadica.
Praticamente impossibile citare tutte le varietà di iniziative che si sono realizzate in questo campo: si può soltanto dire che non era mai successo nulla di simile. Vi sono state entità di contributi, slanci e generosità che occorre interpretare fino in fondo nel loro significato nella loro portata e per l'insegnamento che ci danno, non soltanto per quanto concerne il problema pur così drammatico del Friuli. Il principale insegnamento mi pare possa essere quello di avere piena fiducia e coscienza nelle enormi potenzialità positive che si possono destare per le cause giuste.
L'ultima occasione di intervento e di riflessione comune su ciò che finora abbiamo fatto mi pare possa essere quella dell'assistenza fornita dopo le scosse di terremoto di metà settembre. La questione prioritaria che abbiamo individuato è stata quella di fare tutto il possibile per inviare dal Piemonte al Friuli la quantità più rilevante possibile di roulottes.
Ci era parso e ci pare evidente che nelle tende non si poteva più abitare anche se migliaia di friulani in questi giorni sono costretti ancora a farvi ricorso. Né si vive nelle case lesionate perché coloro che avevano subito oltre 320 scosse negli ultimi 4 mesi. (l'ultima è di questa notte) o non vi potevano più abitare o avevano, e in parte hanno, una legittima paura a dormirci dentro, che nasce alla sera.
Bisognava quindi trovare una forma di soccorso immediato e nello stesso tempo tale da garantire la ripresa e la continuità dei lavori nei campi e nelle fabbriche senza i quali il destino del Friuli era e sarebbe quello di divenire rapidamente terra bruciata.
Per questo lo sforzo di Enti locali, Comuni, Province e Associazioni diverse per ispirazione culturale, assistenziale e politica hanno prodotto sinora tre colonne di roulottes. La quarta partirà domani sera, e se necessario ne faremo partire altre, fino a quando l'esigenza non sarà soddisfatta. Questo oltre all'iniziativa spontanea ed autonoma di centinaia di privati che hanno portato direttamente la loro roulotte e il loro mezzo in Friuli, con un atteggiamento e una generosità che non si può non indicare come esemplare a tutta la comunità piemontese. In questa azione ricorderò, per tutti, l'opera della S. Vincenzo non solo per l'entità dell'opera svolta ma per l'intuizione avuta sin dal maggio, che occorreva puntare nell'opera di assistenza su un mezzo come le roulottes di più lunga utilizzazione dato che non si sarebbe passato in tempi brevi dalle tende alle case.
Questa azione specifica sulle roulottes deve continuare. Non si è ancora capito a sufficienza il carattere prioritario, urgente, e la dimensione delle necessità. Ne sarebbero necessarie 20.000. Come reperirle? Con il sequestro con il consenso? Certo bisogna fare presto. Per quanto si possano e si debbano superare i ritardi, bisogna avere la responsabilità di dire che l'opera necessaria all'impianto dei prefabbricati non potrà impegnare meno di 6 mesi per essere adeguata all'entità delle popolazioni a cui deve essere assicurato il tetto.
L'emergenza in Friuli finirà solo quando tutti coloro che decidono di rimanere (e soprattutto coloro che se non rimangono provocano la disgregazione del tessuto economico e quindi di caduta della produzione di reddito e quindi l'impossibilità di ripresa) avranno un tetto sufficientemente sicuro da consentire loro di riposare e di lavorare.
Bisogna avere piena coscienza che la situazione può ancora peggiorare a causa del perdurare del maltempo, in qualche misura persino quando c'è bel tempo, perché viene il gelo. Infatti è ripreso nei giorni scorsi a piovere su tutta la Regione con rovesci che stanno mettendo nuovamente a dura prova la gente rimasta nei paesi terremotati, costretta a restare inattiva e soprattutto in condizioni di estremo disagio nelle tende inzuppate d'acqua con le campagne ridotte ad acquitrini. Le vendemmie si sono dovute sospendere, con il risultato che il prodotto marcisce.
I fiumi e corsi d'acqua risultano pericolosamente ingrossati; si susseguono nuove frane e smottamenti, con interruzione della viabilità in molti punti e il pericolo di altri crolli.
Sono giunte sinora in Friuli complessivamente poche migliaia di roulottes. Abbiamo scelto la strada della ricerca del consenso e scongiurato sinora in Piemonte la strada della requisizione. Intendiamo continuare su questa strada superando ancora le zone di incomprensione, di diffidenza, di paura con un'azione di chiarimento, di organizzazione che sconfigga gli egoismi e faccia intendere la decisione presa in tutta la sua portata economica (perché il prestito delle roulottes private è certamente la forma meno dispendiosa di qualsiasi altra nella soluzione immediata del problema della casa) e quindi l'interesse nazionale generale sollecita ad andare in questa direzione. Nello stesso tempo è una misura di grande contenuto ideale.
Portare la casa ad un contadino o ad un operaio friulano in questo momento significa fare assai più di un gesto di solidarietà. Significa evitare che nasca una nuova "questione meridionale" nel Nord Italia.
Significa fare opera di ostacolo alla creazione di nuovi squilibri.
Significa fare gli interessi concreti del Piemonte e, nello stesso tempo quindi, portare avanti davvero un'opera di unificazione nazionale.
La linea che prospettiamo ora, per il futuro intervento della Regione Piemonte, cerca di tener conto, intanto, di ciò che di sicuramente positivo è stato sperimentato.
Prima di tutto il funzionamento del Comitato unitario, composto da tutte le forze politiche del Consiglio regionale, che deve continuare ad essere l'organismo di coordinamento, di promozione di tutte le forme di solidarietà, coordinate con la Regione Friuli e con il Commissario straordinario Zamberletti. Ma data la dimensione dei problemi che avremo da affrontare, crediamo sia necessario che si creino nei Comuni del Piemonte e a livello di Comprensorio, appena i Comprensori saranno istituiti analoghi Comitati rappresentativi di tutte le forze politiche e sociali di Enti e Associazioni, che possano e debbano dare il loro contributo di idee di proposte, di iniziative per la ricostruzione del Friuli.
Questa articolazione regionale e politica deve consentire quel carattere di continuità e di unità che sono indispensabili per rendere efficace nel tempo l'opera di effettiva ricostruzione.
La seconda proposta di carattere generale che intendiamo avanzare, è quella di accogliere l'appello rivolto dal Consorzio della Comunità collinare di S. Daniele, che comprende i Comuni di S. Daniele, Forgaria Ragogna, S. Vito, Coseano, Dignano, Rive D'Arcano, Maiano, Moruzzo Cassacco, Treppo Grande, Buia, per fornire al costituendo Ufficio di programmazione e pianificazione della Comunità gemellata tutta la necessaria assistenza tecnica (metodologica e specialistica) al fine di definire, nel più breve tempo possibile, il piano di ricostruzione e di rinascita della Comunità.
L'Ufficio di piano della Comunità collinare, adeguatamente sostenuto sul piano tecnico, operante in stretto contatto con le Amministrazioni locali e secondo gli indirizzi definiti dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, potrà anche gestire direttamente la fase operativa del processo di ricostruzione.
In tempi brevi, il primo aiuto che potremo dare di piano della Comunità collinare,sarà quello tecnico, per un'analisi della consistenza del patrimonio residenziale, produttivo e infrastrutturale recuperabile e non una analisi della struttura della popolazione, sia presente, sia sfollata individuata per struttura di classi d'età, di condizione professionale analizzando le modificazioni introdotte dall'esodo registratosi; un'analisi fisico-morfologica del territorio (natura del suolo, analisi geologica pedologica, sulla portanza dei terreni, nonché sulle culture presenti).
Per assolvere a questo impegno conseguentemente il nostro Comitato regionale rivolge un appello all'Università, agli Ordini Professionali agli Istituti di ricerca pubblici e privati, a studiosi singoli del Piemonte, affinché facciano convergere il loro qualificato contributo di idee, di iniziative e studio, nel Comitato stesso, per raggiungere assieme gli obiettivi sopra indicati.
Nel più immediato periodo, oltre all'azione di invio ancora di roulottes, invieremo personale tecnico amministrativo e sanitario, sulla base di un rapporto di stretto coordinamento fra precise richieste e immediate collocazioni sempre con la predetta Comunità collinare e di concerto con il Commissario straordinario.
Infine, dopo la valutazione e l'esposizione di tutte le opere che hanno già contribuito a positivi successi del concorso di idee, indetto dall'Università di Torino e da quella di Venezia, questi progetti saranno consegnati al Commissario di Governo e alla Regione Friuli perché li possano utilizzare nell'ambito del concorso nazionale indetto. E devo dire che il concorso ha avuto successo, sono già pervenuti 45 progetti che verranno esaminati dalla Commissione appositamente istituita.
Nella riunione ultima di lunedì, il Comitato si è coordinato con i parlamentari piemontesi in modo da realizzare la solidarietà necessaria con i vari livelli dello Stato. Ci sarà una Commissione interparlamentare di cui faranno parte alcuni parlamentari piemontesi.
Signori Consiglieri, Signor Commissario di Governo, l'esperienza che il Piemonte ha vissuto in questi mesi è già stata ricca di insegnamenti; il principale, mi pare, è quello di avere scoperto e potuto destare, ma non ancora tutte impegnate, enormi potenzialità ideali e morali nell'animo della gente, dei cittadini, dei lavoratori di un'intera comunità per affrontare un problema grande e grave che è venuto ad aggiungersi alla grave crisi del Paese.
Abbiamo scoperto assieme che si può fare appello non solo al sentimento di solidarietà nazionale, ma alla riflessione, alla ragione, sulla gravità dei problemi. E abbiamo verificato che è anche possibile, se si riesce a trovare l'unità di intenti, garantire concretezza a ciò che si fa, e coerenza con quello che si chiede.
Abbiamo riscoperto che è possibile trasformare le parole in cose infatti, e abbiamo verificato che è possibile non solo reperire grandi quantità di denaro, ma rendere conto subito di come lo si spende.
Abbiamo scoperto che migliaia di uomini non attendono altro che un segno di riscossa comune e sono disposti ad impegnarsi perché lo Stato ritrovi una nuova efficienza, sulla base di concetti antichi ma fondamentali per il vivere civile, solidarietà, onestà, concretezza superamento dell'egoismo individuale o di gruppo.
Ciascuno di noi avrà avuto modo di fissare nel ricordo volti e situazioni che l'hanno colpito nelle multiformi occasioni di questi mesi di lavoro, di impegno e anche di autentica commozione.
Ricordo l'affanno di un anziano pittore torinese che portava il suo quadro sulle scale di Palazzo Lascaris, alla Mostra che doveva raccogliere milioni per i terremotati. E la sua preoccupazione di non giungere in tempo. Ricordo lo slancio ragionato e l'impegno dei soldati e delle giovani assistenti che si sono recati in maggio a portare la loro azione di assistenza alle famiglie ricoverate sotto le tende; ricordo la fierezza degli amministratori di Rivoli quando ci hanno potuto dire che 30 volontari avevano sacrificato le loro ferie per andare a costruire ed impiantare due case a Forgaria. E l'impegno a ritornare nelle prossime settimane ad impiantarne altre tre.
Ricordo il volto di un bambino, più piccolo del tavolo al quale cercava di affacciarsi per dare le 10.000 lire, date a lui dal padre, emigrato meridionale a Torino. Accanto c'erano la madre e altre due sorelline.
Povera gente per cui 10.000 lire erano tante.
Ecco, tutto questo è stato "anche" in questi mesi il Piemonte. Una sede di verifica dei grandi valori e ideali che il nostro Paese ha in sé, e se si sprigionassero,sarebbero pienamente sufficienti per superare la crisi.
Ecco perché, cari Comelli e Bettoli, il Friuli non morirà. Diteglielo ai contadini, agli operai, alla Vostra gente. Per quanto è in noi faremo il nostro dovere.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

Muovendo dalle ultime, commoventi note dell'intervento del Presidente del Consiglio ricordo come lo slancio di carattere operativo immediato che tutto il Consiglio regionale ebbe a dare l'indomani del 6 maggio si sia tramutato in primo luogo in un atto politico; la costituzione del Comitato di coordinamento che vedesse rappresentate nel suo seno tutte le forze politiche del Consiglio e sapesse in questo modo organizzare gli interventi immediati.
Oggi potrei riferire fatti e circostanze che i colleghi in parte sanno perché ne davamo puntualmente comunicazione ed illustrazione al Consiglio,ma mi preme ora ricordare come gli interventi immediati, e quelli protrattisi nel tempo, sono stati assunti con rapporto molto stretto fra gli Enti pubblici, privati, la Prefettura, la Regione, in modo tale che tutta l'attività fosse la più coordinata possibile. La prima esigenza era appunto quella di non fare interventi scoordinati, ma collegarli e legarli per una stessa finalità.
La Regione Piemonte ha operato perseguendo sempre la finalità di non accentuare nessun elemento di preoccupazione eccessiva, nessuna incentivazione all'esodo, di imporre, anche in questi giorni, la calma del ragionamento per affrontare i problemi che ci ponevamo. Ricordo, ad esempio, quante richieste vennero presentate in quest'aula inizialmente per l'accoglimento di bambini e di anziani. Si vide giusto allora, quando, su questo punto, la Regione disse: questa è una scelta che deve essere attentamente ponderata, cerchiamo possibilmente che ciò non avvenga e soprattutto non compiamo atti che incentivino l'esodo; nel Friuli si pose questo stesso tipo di valutazione politica e sociale e si operò così di concerto.
A seguito del terremoto del maggio 1976, su indicazione del Consiglio regionale,si è costituito il Comitato regionale di coordinamento per i soccorsi per i terremotati del Friuli, formato da forze politiche e da forze sociali presenti sul territorio.
I compiti del Comitato sono stati quelli di coordinare gli sforzi ed offrire aiuti alle popolazioni colpite. Il Piemonte, e con esso il Consiglio e la Giunta regionale, hanno risposto con slancio agli appelli provenienti dalle zone terremotate. Sono state organizzate squadre di soccorso, sono stati inviati generi di prima necessità, tenendo conto delle indicazioni fornite dalla Regione Friuli.
L'azione del Comitato è stata tutta proiettata nelle località colpite ed in particolare gli interventi sono stati concentrati nella zona di San Daniele del Friuli, specificatamente assegnata alla Regione Piemonte, luogo nel quale si ebbe modo di conoscere il Commissario straordinario Zamberletti proprio all'indomani del terremoto, con il Ministro Cossiga.
In collegamento con gli uffici del Consiglio regionale, che hanno organizzato la raccolta di fondi e di beni, nelle zone colpite hanno operato ed operano tutt'ora funzionari e volontari. Ricordo i funzionari che per mesi sono stati anche in situazioni di difficoltà, per stabilire quei rapporti che si sono resi indispensabili per il proseguimento della nostra attività.
Successivamente, dopo le nuove forti scosse verificatesi in settembre c'è stato un momento di smarrimento sia nelle popolazioni interessate, sia nell'opinione pubblica.
Il temperamento orgoglioso della gente del Friuli sembrava avere avuto un tracollo. Le notizie diffuse dalle fonti di informazione erano disastrose; si profilava il pericolo dell'esodo sia pure temporaneo della popolazione.
Sulla scorta di queste indicazioni ed a seguito delle prime richieste provenienti dagli organi di governo, è stato organizzato l'intervento sul territorio piemontese, a partire dai rapporti con i punti di polizia nell'ambito delle stazioni, con la San Vincenzo, con la Caritas, con l'ufficio organizzato presso l'Assessorato regionale all'assistenza.
Il Comitato, al quale si sono rivolti Enti pubblici e privati, ha espresso un servizio tecnico-operativo del quale fanno parte il Comune di Torino, la Provincia di Torino, l'Amministrazione aiuti internazionali, la Compagnia di San Vincenzo e ovviamente il Consiglio e la Giunta regionale e la Prefettura. Nelle altre province del Piemonte si sono costituiti gruppi analoghi, sia pure più ristretti, coordinati dall'Ente provinciale.
L'attività di questo organismo è stata da una parte quella immediatamente operativa per venire incontro alle persone che chiedevano aiuti, dall'altra quella del reperimento di risorse per far fronte ad eventuali situazioni di emergenza.
Per quanto concerne l'aiuto immediato alle persone, in genere nuclei familiari, il servizio composto in prevalenza da assistenti sociali ha vagliato richieste ed offerte ed ha cercato di risolvere tutti i casi mantenendosi costantemente in contatto anche con gli uffici della Prefettura che intervenivano tra l'altro economicamente secondo le indicazioni avute a livello nazionale.
Per quanto concerne l'organizzazione di eventuali risorse, sono state censite e vagliate offerte di Enti pubblici e privati che hanno messo a disposizione strutture atte ad accogliere gruppi numerosi di persone.
Al momento il censimento dei terremotati del Friuli è il seguente: nuclei familiari giunti a Torino 87, totale delle persone 247; terremotati rientrati in Friuli 10, richieste di lavoro 30; alloggi richiesti 10 offerte di lavoro 105; offerte di posti letto 1.000; ospitati da parenti (nuclei familiari) 77; contributi straordinari erogati direttamente dalla Regione Piemonte per le prime necessità in questi giorni, L. 527.000.
Tutte le domande sono state evase e le richieste quasi totalmente accolte.
Come si vede gli interventi sono stati richiesti da nuclei familiari integrati, non sono pervenute, invece, domande di ospitalità da parte di gruppi di persone che intendevano trasferirsi in Piemonte stabilmente o temporaneamente.
In particolare, anche da notizie recepite in loco da un funzionario della Regione che opera presso la Prefettura di Udine, non vi è stata richiesta di strutture per ospitare minori, anziani o gruppi numerosi di famiglie.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bellomo, ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il Presidente del nostro Consiglio ha presentato nella sua relazione introduttiva il quadro preciso di tutta l'attività svolta dal Consiglio regionale, e per esso dal Comitato di coordinamento per i terremotati del Friuli, all'indomani dell'evento sismico fino ai giorni nostri.
Pur nella necessaria sinteticità, la relazione del Presidente ha spaziato su tutti gli aspetti relativi agli interventi operati dalla collettività piemontese e non resta quasi più alcun spazio descrittivo se non per fare delle sottolineature di questo o quell'aspetto del discorso solidaristico aperto dal Piemonte verso le popolazioni friulane e portato avanti in prima persona attraverso la più fervida, convinta e unitaria partecipazione di tutte le forze vive e attive, politiche e associazionistiche, singole o collettive, e che certamente non verrà meno anche per il futuro. E credo che l'impegno che campeggia su tutti sarà ancora più stringente che non quello espresso sino ad oggi nella così detta fase dell'emergenza, che pure è stato un impegno assorbente, così come (e lo diciamo senza iattanza) ci è stato riconosciuto in tutte le sedi.
Una fase, questa, che ha mobilitato tutti i piemontesi, vero e solenne momento di coordinamento e che ha rivelato il grande cuore della gente piemontese verso la gente friulana chiamata da una calamità naturale a sopportare una durissima prova; il grande cuore del Piemonte che palpita per il Friuli oggi, così come ha palpitato ieri per il Polesine allagato per il Vajont, così come palpiterà domani ed ogni qualvolta c'è da dimostrare che il sentimento di solidarietà della gente civile è il più forte, è più intenso, oserei dire è più granitico dello stesso evento luttuoso che ogni tanto qui e là si abbatte sull'Italia provocando danni e dolori dimensionati in modo direttamente proporzionale all'assenza di preesistenti ripari tecnologici, scientifici; attribuibili ai difetti di una società e di un'organizzazione sociale che ha molte carenze.
Direi quindi che la tragedia del Friuli ha suscitato nella nostra Regione un vasto e significativo momento di solidarietà in tutta la gente piemontese, che si è espresso fino ad oggi in forme diverse ma concrete, è dire una cosa nota non solo ai piemontesi che sono stati i protagonisti di questo movimento, ma a tutti gli italiani che hanno potuto conoscere la pronta e piena mobilitazione della nostra collettività.
Il medesimo discorso vale per quanto riguarda la vasta concordanza politica, che il Presidente del Consiglio ha prima sottolineato, che sempre sotto il Comitato unitario di coordinamento, ha consentito a tutte le forze politiche ed alle associazioni sindacali ed assistenziali di esprimere unitariamente e solidalmente un concreto movimento di azione coordinata che è stato di validissimo aiuto alle popolazioni colpite dal terremoto. Forse proprio questa unità delle varie forze impegnate è stata un po' la chiave di volta che ha dato al Piemonte, al di là della sua naturale e spontanea spinta solidaristica, la possibilità di operare, di concerto con i sindaci dei Comuni interessati al sisma, interventi organici quali per esempio il già ricordato piano di riattamento delle scuole pubbliche in nove Comuni dislocati intorno alla zona di San Daniele.
Questo intervento, per la sua natura, per la sua dimensione, per la sua urgenza si presta - al di là di ogni altra considerazione contingente - ad un duplice ordine di valutazioni: la prima consiste nella constatazione che, quando c'è il concorso di tutte le forze interessate e la necessaria chiarezza di idee e di intenti, ogni sforzo prodotto è destinato sicuramente al successo nel senso che ogni sforzo prodotto raggiunge positivamente l'obiettivo fissato in modo concreto, proficuo, senza distrazioni di tempo e luogo, senza dispersioni e senza incertezze di nessun tipo.
La seconda valutazione, strettamente collegata alla prima, è data dalla rapidità con cui l'intervento complessivo di riattamento dei 32 complessi scolastici sinistrati nella zona di San Daniele è stato accertato discusso, progettato ed appaltato e- credo che lo possiamo ormai dire realizzato: in pochissimi giorni gli ultimi edifici riattati saranno agibili alla loro funzione.
E' stata un'operazione (definiamola così per comodità di linguaggio) che potrebbe far pensare a qualcosa di miracoloso, se non sapessimo invece che il suo supporto tecnico, burocratico, amministrativo, finanziario è un discorso di fondo che investe più ampie problematiche e per la prima volta è stato portato avanti in Piemonte, ancorché sotto la sferza della necessità incombente e calamitosa del terremoto del Friuli. Un discorso che se potesse, per un prodigio della volontà politica nostra, essere esteso a tutte le problematiche che investono i gangli vitali dello Stato, si eviterebbero i nodi gordiani, gli ingorghi salomonici che quasi sempre appesantiscono e complicano le pubbliche iniziative vanificandone talora i risultati finali.
E' stata per noi un'esperienza esaltante, per certi versi, che dimostra la possibilità concreta a disposizione degli uomini politici e pubblici nell'espletamento del proprio mandato e che consolida nelle masse e nelle singole coscienze la fiduciosa credibilità di cui abbiamo grande e urgente bisogno, proprio in questo triste momento nazionale di così dette vacche magre, la fiducia solidale ed operosa senza la quale uno Stato, un Governo un organismo pubblico non restano mai saldamente ancorati sul terreno di un'effettiva ed opportuna azione sociale compartecipata.
La rapidità con cui (grazie a tutti coloro che ne sono stati i protagonisti) sono stati tracciati linee, diagrammi, bolli, sigilli, visti e autorizzazioni tutti inerenti alla necessaria liturgia prevista dalle leggi dello Stato, e stata tale da stabilire - se così si può dire - una sorta di primato del quale credo nessuno di noi vorrà vantarsi in astratto mentre tutti noi lo indichiamo ad esempio come esaltante possibilità operativa a cui si può giungere quando tutti gli ingranaggi siano sincronizzati fra di loro e azionati da un volano unitario rappresentato dalla convergenza della volontà politica. In questo senso credo di poter dire che abbiamo scritto una pagina nuova e nello stesso senso la solidarietà del Piemonte continuerà nei prossimi giorni, nei prossimi mesi incessante ed organizzata, calda e pianificata secondo le esigenze che verranno indicate, soprattutto nella fase più impegnativa della ricostruzione del Friuli. Anche noi piemontesi, come i friulani, siamo gente attaccata ai valori tradizionali della nostra terra e della nostra storia e forse proprio per questa nostra caratteristica siamo in grado di capire profondamente l'appello che ci viene dalla gente friulana, siamo in grado di capire il loro desiderio bruciante, lancinante di non voler abbandonare le loro zone martoriate dal terremoto, il legame indistruttibile con le loro campagne, con i loro borghi, con le loro case sbrecciate, abbiamo il più profondo rispetto per il loro amore alla propria terra e siamo consapevoli che forse, soprattutto in questa fase di emergenza, lo sforzo che abbiamo fatto finora e che si sta materializzando in questi ultimi tempi con l'invio delle roulottes, rappresenta purtroppo solo una parte modesta del grande e grave bisogno di case mobili, case mobili affrancate da ogni ulteriore pericolo di sisma per consentire alla gente friulana, voglio dire alla gente attiva, che lavora e che produce, di restare nelle proprie zone, nelle proprie campagne, nelle proprie fabbriche per non interrompere il ciclo produttivo che sarà, in ogni modo, la condizione primaria per la fase di ricostruzione socio-economica di tutto il territorio disastrato.
Forse nessuno è in grado di dire in questo momento se le roulottes necessarie per accasare i 50.000/70.000 friulani che dormono nelle tende sono 5.000 o 20.000, siano quelle che siano, un dato certo e irreversibile che apprendiamo dalle stesse parole dell'On. Zamberletti, Commissario straordinario è che il bisogno di roulottes è grande, è immenso, come è urgente e indilazionabile.
I piemontesi hanno inviato in Friuli circa 600 roulottes, forse più attraverso Comuni e Province, associazioni sindacali e di beneficenza Croce Rossa, lettori della "Stampa".Questo primo concreto contributo di case mobili ha raggiunto i paesi del Friuli. Una nuova colonna - come è stato ricordato in apertura di questa seduta - partirà domani sera per la stessa destinazione. Penso che una metà delle roulottes inviate in Friuli dal Piemonte appartengono alla proprietà privata. Voglio dire che un certo numero di piemontesi in possesso di roulottes ha raccolto l'appello del Comitato di coordinamento ed ha portato volontariamente in Friuli il proprio bene in prestito alle famiglie terremotate. L'altra metà è costituita dagli sforzi finanziari degli Enti pubblici piemontesi, delle associazioni, dei lettori della "Stampa" che hanno sottoscritto somme al giornale a quello scopo. Secondo me è un contributo apprezzabile soprattutto quello fornito dai privati, ma noi abbiamo il dovere di reiterare l'appello verso i nostri amici piemontesi, proprietari di una roulotte ad unirsi nel grande moto di solidarietà in atto, a concorrere voglio dire a creare una condizione di relativa tranquillità ad una famiglia friulana prestando il proprio mezzo poiché di questo c'è grande indilazionabile e urgente bisogno.
Il 24 settembre scorso ho accompagnato in Friuli la seconda colonna di roulottes partita da Torino. Una parte di questi mezzi è andata a Forgaria secondo le decisioni prese dal centro operativo di Udine diretto dall'On.
Zamberletti. Forgaria l'avevo già vista all'indomani del primo terremoto, è uno dei centri maggiormente colpiti, è quasi tutta rasa al suolo, meno alcune abitazioni e l'edificio comunale di recente costruzione; anche il campanile è là in piedi, quasi volesse sfidare la catastrofe dell'8 maggio quasi volesse sfidare le legge fisica del terremoto. Ho consegnato, con gli amici autisti torinesi, vercellesi, cuneesi che le avevano portate sul posto le poche roulottes assegnate da quel lotto al Comune di Forgaria.
Non vorrei fare del facile sentimentalismo quando dico di avere visto brillare gli occhi di quei contadini, di quelle contadine (perché i mariti erano nei campi a lavorare) a cui abbiamo consegnato la roulotte, potete certamente immaginare tutti il profondo, interiore ringraziamento di quella gente alla quale con la roulotte portavamo l'unica possibilità - in quel momento - di restare a Forgaria con le poche bestie ad attendere giorni migliori, giorni in cui in luogo delle roulottes potranno riavere quattro pareti fatte di mattoni e di malta nella stessa maniera costruttiva delle quale i friulani sono maestri. Quella gente aspetta e noi dobbiamo fare ogni sforzo ulteriore per corrispondere alle loro attese. Tutto questo evidentemente fino a quando si metteranno in moto gli strumenti necessari per conseguire risultati capaci, per la loro stessa natura, di richiamare sul posto le popolazioni oggi evacuate nei paesi della costa veneta, oltre che fornire una condizione più adatta a tutti coloro che da quei posti terremotati non si sono mai allontanati. Soltanto in questo modo si impedirà la cancellazione socio-economica di quasi metà Friuli che il terremoto dell'8 maggio e tutte le scosse successive hanno gravemente ipotizzato.
Ci rendiamo conto che questa nuova fase di attività, voglio dire la fase delle abitazioni prefabbricate, nella prospettiva della terza fase cioè quella della ricostruzione, della ricomposizione socio-economica del Friuli, sarà una fase grandemente impegnativa per tutti, ma sappiano anche che se tutti gli sforzi, tutte le iniziative, tutti i denari disponibili saranno oculatamente e programmaticamente incanalati verso obiettivi certi e concreti, in Friuli non sarà ripetuta la vicenda del Belice.
Ho letto da qualche parte una frase che mi ha colpito "arrendersi vuol dire distruggersi". Noi sappiamo che i friulani non vogliono arrendersi sappiamo anche che i piemontesi non si arrenderanno, almeno nel senso che continuerà la loro concorrenza ed il loro contributo a favore della gente friulana. L'essenziale è, a mio parere, dare la sensazione precisa degli obiettivi da conseguire a favore del Friuli, quindi programmi chiari e reali per obiettivi altrettanto chiari e reali. Soltanto in questo modo si potranno utilizzare a fondo e bene le risorse che abbiamo a disposizione e che, come tutti sappiamo, non sono inesauribili.
In questo modo verrà anche ricomposta la fiducia dei friulani e dei non friulani in quella che deve essere l'insostituibile funzione delle pubbliche istituzioni, in ogni momento e in ogni aspetto della vita sociale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, signori Consiglieri, a nome del Gruppo socialdemocratico, io do l'adesione alla relazione fatta dal Presidente Sanlorenzo che ha raccolto l'unanime consenso di tutte le forze politiche del nostro Consiglio. Vorrei mettere in risalto un particolare che esula dal nostro Consiglio, ed è la figura del Commissario Zamberletti: egli ha segnato una svolta definitiva nell'organizzazione degli aiuti al Friuli.
Abbiamo avuto la sensazione, da uomini pratici, che finalmente c'era una persona che sapeva districarsi nelle sue varie attività. E mi è gradito pubblicamente dire queste cose ad un uomo che ha meritato e certamente meriterà molto.
E' chiaro che i piemontesi non potevano che fare interventi pratici, è nel nostro carattere, è nella nostra mentalità. Ecco il perché dei nostri aiuti immediati, il bisogno di fare qualche cosa di reale per quelle popolazioni ed è uno sforzo che continueremo a fare perché veramente i friulani abbiano da noi un aiuto concreto. L'esempio l'ha dato il Presidente Sanlorenzo, noi ci siamo impegnati per ricostruire delle scuole e ci siamo riusciti: le scuole che il Piemonte ha preso sotto il suo patrocinio sono state fatte. Ora sappiamo che il Comune di San Daniele ed i Comuni limitrofi hanno chiesto il nostro aiuto; noi manderemo dei tecnici (ce ne sono già sul posto), chiederemo un aiuto a tutte le organizzazioni ai giornali, ma diamo la garanzia che la zona che prenderemo sotto controllo certamente sarà, nei tempi più brevi possibili, ricostruita.
Questo mio intervento serve solo di incoraggiamento ai friulani, la gente del Friuli deve essere sicura e certa che il Piemonte non si fermerà agli aiuti che ha dato, ma continuerà nel tempo finché la terra friulana sarà, come prima, una terra che produce per tutti.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, Colleghi, abbiamo stracciato i nostri appunti. La relazione introduttiva del Presidente Sanlorenzo, una relazione obiettiva esauriente, financo commossa, ci induce infatti, anzi, ci sollecita, a rispondere liberamente con altrettale obiettività, con altrettale serenità e anche da parte nostra con una certa non celata commozione.
La nostra parte politica, nell'ambito delle sue possibilità, e delle possibilità personali di chi l'ha rappresentata, ha contribuito all'attività del Comitato per i soccorsi ai terremotati del Friuli. Noi non vogliamo ricordare che, all'inizio almeno, di questo Comitato non facevamo parte; non vogliamo ricordarlo perché dovremmo porre l'accento su quella che era stata, in quel momento, una discriminazione certamente odiosa; non vogliamo ricordarlo, perché preferiamo ricordare invece tutto quello che è avvenuto dopo, dal momento in cui anche la nostra parte politica è entrata in questo Comitato e ha potuto collaborare attivamente, proficuamente, con le altre componenti politiche.
Noi diamo qui testimonianza che, in sede di lavori del Comitato,più di una volta abbiamo visto accolte proposte che venivano dall'una o dall'altra parte politica, senza far distinzione di colore. E crediamo di dover quindi dire che la tragedia del Friuli, tanto ricca di ammaestramenti umani per tutti, anche questo ci ha insegnato: che di fronte a sventure di simile portata, quando vi sia la buona volontà, quando vi sia il reciproco rispetto, quando vi sia la possibilità di civile convivenza, è possibile superare il diaframma politico, è possibile incontrarsi, affratellarsi lavorare costruttivamente e proficuamente per i fratelli colpiti dalla sventura. E' questo un aspetto che forse non sarà sottolineato da altri colleghi in questo Consiglio, ma che doverosamente, obiettivamente dovevamo qui rilevare. Perché crediamo di aver imparato qualcosa da questo tipo di rapporto, e confidiamo che anche dalle altre parti si sia guardato al nostro contributo, pur modesto, con eguale spirito di serenità e di comprensione.
Sull'azione del Comitato stesso, crediamo di poter dire, senza che questo suoni autoincensamento per il Consiglio, che sono state fatte scelte tempestive e scelte felici. E' stata tempestiva e felice la scelta di un programma di lavoro che fosse concentrato al riattamento delle scuole, nel comprensorio di San Daniele che ci era stato affidato. Perché, concentrando su quel determinato tipo di intervento tutto l'impegno della Regione Piemonte, senza dubbio si è avuta la dimostrazione che si poteva fare, come si è fatto, qualcosa di rapido, di concreto, di efficiente, se è vero, come è vero, che in quella zona del Friuli le scuole potranno essere riaperte tra pochi giorni, riavviando così a normalità almeno questo aspetto della vita friulana. E sicuramente è stata scelta altrettanto tempestiva quella decisa subito dopo il secondo disastroso sisma, dell'invio delle roulottes dal Piemonte. E' stata una grande dimostrazione, crediamo di poterlo dire di generosità e di slancio degli Enti pubblici, delle associazioni le più diverse, della stessa comunità piemontese. Noi crediamo che in questo determinato settore ancora molto si possa e si debba fare. Ma di certo la prima risposta, venuta con la formazione a tempi rapidissimi della colonna che ha portato le prime roulottes in Friuli, merita di essere qui ricordata e sottolineata.
In questa direzione, che è quindi una direzione di concretezza, di efficienza, di serietà, e, ci si consenta di dirlo, anche di onestà, perch senza dubbio è stata ottima cosa quella di dare rendiconto fino all'ultimo centesimo di tutto il denaro che è stato qui raccolto, (e bene ha fatto l'Ufficio di Presidenza a disporne la pubblicazione per esteso sulla stampa piemontese) io credo che possiamo e dobbiamo ancora andare avanti.
Non è questa la sede, e non è assolutamente nostra intenzione introdurre note stonate, per avanzare altre considerazioni di carattere politico. Dev'essere chiaro, noi lo diciamo per senso di responsabilità che se questa seduta non avesse questa caratteristica, se qui cioè noi fossimo di fronte ad un dibattito politico su quelle che possono essere state, o che sono, nella interpretazione delle varie parti, delle responsabilità politiche di ciò che è avvenuto nel Friuli, molte cose avremmo da dire. Ma, ripetiamo, sarebbe veramente stonato l'introdurre qui questo tipo di polemica. Per ragioni di stile, proprio, non vogliamo farlo.
Una sola cosa ci sia consentito dire, e la intenda ciascuno come crede: forse è stato un errore il disporre subito la fine dello stato di emergenza per doverlo poi proclamare a distanza di poco tempo.
Ci limitiamo qui ad auspicare che l'opera del Commissario di Governo prosegua nel tempo, e soprattutto vogliamo qui auspicare che lo Stato non si renda assente o latitante dal Friuli, in modo tale che i friulani possano sentire di continuo l'assistenza puntuale, precisa, concreta efficiente da parte dello Stato stesso. Quanto ai compiti che ancora saranno affidati alla Regione piemontese e alla comunità piemontese, noi crediamo che le dimostrazioni già date siano la migliore garanzia della buona volontà che ci anima tutti e che certamente ci consentirà di andare ancora avanti lungo la necessaria opera di solidarietà nei confronti della Regione friulana.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Raschio. Ne ha facoltà.



RASCHIO Luciano

Signor Presidente, signori Consiglieri, il Gruppo comunista accoglie innanzitutto l'invito del Presidente del Consiglio regionale a dare nell'ambito del brevissimo intervento che mi propongo di fare, un contributo di lavoro a questa attività del Consiglio. D'altronde, i fatti parlano da soli: la relazione qui svolta dal nostro Presidente del Consiglio a nome del Comitato, oltre che del Consiglio regionale, è stata oltremodo chiara. Noi tutti, come membri del Comitato di coordinamento poi, abbiamo vissuto questa iniziativa giorno per giorno, con tanta preoccupazione all'inizio, poi, travolti e sorretti dal generoso entusiasmo popolare che ci ha circondati, abbiamo proseguito il nostro lavoro. Intendo particolarmente sottolineare il carattere "popolare", perché il mondo del lavoro da un lato, la stampa piemontese e il giornale "La Stampa" dall'altro,in specie, si sono fusi meravigliosamente con la nostra attività e l'iniziativa della Regione Piemonte.
Su questo aspetto, a nostro giudizio, nuovo ed interessante, mi pare opportuna una prima breve considerazione. Già in passato si erano manifestate poderose campagne di solidarietà della stampa nazionale - mi riferisco al terremoto nel Belice e, prima ancora, alle terribili inondazioni del Polesine causate dal Po in piena. Ma nel caso del Friuli si è realizzata per la prima volta una saldatura tra momento politico - gli Enti locali in prima istanza - e momento giornalistico. Questo elemento essenziale ci ha fatto capire di più e meglio come doveva essere impostato il lavoro del Comitato. Perciò ritengo di poter affermare, anche se non è certo una novità, che ci siamo conquistata giorno per giorno una linea unitaria, responsabile, che molto bene è stata messa in risalto dagli interventi di altri Colleghi che mi hanno preceduto, ce la siamo conquistata ogni giorno, modificando anche,con rapidità e nella concordia taluni aspetti volontaristici del nostro lavoro di assistenza, avviato inizialmente. Questo è un primo elemento.
Un secondo elemento, che è già stato puntualizzato, ma che io intendo anche a nome del Gruppo comunista, ribadire come essenziale, è che, accanto alla organicità dell'intervento pratico, e quindi del controllo immediato della spesa, di come poteva e doveva essere collocata, vi è stata una esigenza di rispetto politico nei confronti di tutti i membri del Comitato che rappresentavano tutti i partiti politici, e di un collegamento stretto quotidiano, con i Comuni, con le Amministrazioni provinciali, con gruppi di lavoratori, con gli intellettuali piemontesi. La mostra dei pittori a favore dei terremotati del Friuli non è stata solo un elemento qualificante piemontese, che ha richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica nazionale, ma anche un apporto, direi, di iniziativa intellettuale, che si ricollega al lavoro che il nostro Assessorato all'Urbanistica ha già svolto (come contributo di attività tecnica nel Friuli), ma anche come offerta di idee al nostro Comitato di coordinamento. Questo intreccio di contributi di iniziative, ha corroborato validamente la nostra azione.
Un'altra considerazione desidero poi fare nella metodologia di lavoro.
E' necessario guardarsi, a questo punto, dal cadere in un facile trionfalismo, non valutare con superficiale faciloneria le nostre possibilità assistenziali e i beni che abbiamo dato alla popolazione terremotata friulana. Il dramma che è di fronte a noi, come ammonisce continuamente Sanlorenzo, ad ogni riunione del Comitato di coordinamento, è di tale vastità da richiedere, d'ora in avanti, ancora maggior copia di interventi, e non solo sotto forma di roulottes, anche se, direi, questa è la necessità di fondo per l'immediato. Occorre una programmazione della nostra attività. E qui vengo alla sostanza del modesto contributo che il mio Gruppo si permette di offrire oggi alla seduta del Consiglio regionale ricordando l'impegno costante che ci siamo assunti dall'atto costitutivo del Comitato fino ad oggi.
Siamo d'accordo, e vorremmo che venisse consolidata anche attraverso la stessa discussione e deliberazione del Consiglio regionale, sulla proposta tendente ad organizzare una programmazione dell'intervento di solidarietà fraterna - non voglio dire gemellaggio - da parte del nostro Piemonte per le località disastrate del comprensorio di San Daniele - con le eventuali correzioni che il Commissario straordinario riterrà opportune. Sappia infatti, On. Zamberletti, che noi siamo pronti a seguire totalmente le sue direttive svolgendo la nostra azione in modo da farla collimare sempre con la volontà del Commissario di Governo e con la volontà dei Comuni, delle Comunità locali friulane e della Regione Friuli - al fine di evitare gravi dispersioni economiche e finanziarie. Noi interverremo, quindi, in prima istanza con ogni possibile appoggio economico, anche attraverso le nostre industrie, nel confronto delle industrie del Friuli, attraverso i nostri tecnici e i tecnici di tutta la comunità piemontese, nei confronti degli Enti locali, attraverso anche, come già si è verificato, i tecnici liberi professionisti nei confronti delle forze produttive locali. Bisognerà anche riuscire a suscitare un maggior intervento e stimolo emulativo di forze popolari piemontesi a favore del Friuli.
Come elemento autocritico, credo si possa affermare che, pur essendo giunti ad un punto abbastanza soddisfacente di mobilitazione, siamo ancora ben distanti dall'aver messo in moto tutta la potenzialità che ha il Piemonte nel suo insieme per venire in soccorso alle popolazioni friulane all'economia friulana, agli Enti locali friulani. Ci trova quindi perfettamente d'accordo l'iniziativa di creare al più presto dei Comitati di comprensorio; Comitati cui devono far capo non solo gli Enti locali, ma tutte le forze politiche, economiche, sociali, culturali, per rinnovare in mezzo ai giovani - un settore in cui, mi si permetta di dirlo, non abbiamo ancora raggiunto l'optimum della mobilitazione - quello slancio che li portò, in occasione dell'alluvione di Firenze, ad essere additati a livello mondiale. C'è un qualche cosa che deve essere rapidamente corretto: forse alla base di ciò possono essere anche motivi di sfiducia nel collocamento della nostra intensità operativa. Certo, alcuni elementi della fase iniziale, diciamolo pure con molta franchezza, ci hanno lasciati alquanto perplessi ed hanno lasciato perplessa anche l'opinione pubblica nazionale ma dobbiamo superarli, con la coscienza di agire rapidamente e bene nell'interesse di quella che Sanlorenzo indicava come "la questione del Friuli", che, accanto alla questione meridionale, sta diventando uno degli elementi sui quali si può fondare lo stesso sviluppo della democrazia nel nostro Paese.
Non è una affermazione gratuita quella, fatta nei primi momenti dopo la costituzione del Comitato, che il problema del Friuli è una delle questioni di fondo sulle quali si gioca lo sviluppo stesso della democrazia del nostro Paese: è una affermazione che poggia le sue basi su una concezione nuova, diversa, del rapporto politico in Italia, negli Enti locali, ma anche fra Governo, Parlamento, Regioni, Comuni e popolazioni. Non basta gridare di credere nella forza traente e nello spirito di sacrificio delle popolazioni friulane, bisogna accompagnare questa affermazione con una presenza concreta, quotidiana, con un lavoro diverso, anche politico, mi si permetta, nella stessa Regione Friuli. Dobbiamo essere uniti in questa cordata per il rinnovamento del nostro Paese, per il salvataggio di una economia che ci è cara proprio perché il Friuli ha rappresentato e rappresenta tanta parte della storia martoriata del nostro Paese. Devono perciò operare in Piemonte, in Friuli ed in Italia, le forze politiche democratiche con questa visuale, e soprattutto con questo sentimento, che è un sentimento di fratellanza ma anche di seria e profonda fiducia nelle forze reali del nostro Paese, nella loro capacità di saper trovare, nei momenti di tragedia nazionale, la sacrosanta unità nazionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, lei ha trovato gli accenti giusti, nella sobrietà dei dati e nella trattenuta commozione, per esprimere lo stato d'animo di questo Consiglio.
Oggi abbiamo qui delle presenze che ci onorano e ci impegnano ad approfondire - questo è il significato che io ritengo abbia questo incontro un modo serio, virile, duraturo di concepire i sentimenti di fraterna solidarietà, traducendoli in atti di civile contenuto, in comportamenti politici maturi e consapevoli.
Noi esprimiamo gratitudine al Commissario di Governo, al Presidente della Regione Friuli- Venezia Giulia, al Vice Presidente del Consiglio regionale, e, attraverso lui, a tutti i Colleghi di quel Consiglio, per l'esempio che ci hanno dato, sul piano umano, per il modo in cui si sono impegnati, sul piano politico, per la serietà, per la consapevolezza che ciascuno di essi ha avuto di rappresentare in qualche modo, in diversi modi. L'intera comunità nazionale in una situazione di grande emergenza, e per la capacità di suscitare attraverso atti concreti la solidarietà dell'intero Paese.
Questo Consiglio regionale, e il Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, che è qui autorevolmente rappresentato, avvertono di essere più che mai, in un momento di dolore e di difficoltà immani, la proiezione delle volontà, delle aspirazioni, che sono insieme di umanità, di solidarietà, di ricerca di un perfezionamento degli strumenti politici, delle popolazioni che stanno dietro di loro. Il momento ci chiama non a fiammate, a semplici slanci, a compiacimenti - ed io non vorrei certo contribuire ad aggiungerne in questa sede -, ma a trarre indicazioni per un lungo cammino, questa è la consapevolezza, per uno sforzo improntato più al realismo e alla costanza che all'entusiasmo, sempre effimero.
Voi, Commissario di Governo, Presidente della Regione Friuli, ci dovete dire come possiamo meglio e più efficacemente compiere, dal nostro posto il nostro dovere; un dovere grato, perché sostenuto dal calore dei sentimenti e dalla fermezza della volontà civile.
Ma questa occasione ha una sua solennità, che ci consente di trarre anche alcune - non approfondirò questo tema, che potremo in altre sedi ulteriormente sviscerare - conclusioni di rilievo generale e politico, non nel senso deteriore che a volte si attribuisce a questo termine quando si affrontano altri argomenti.
Di fronte a problemi importanti e gravi della vita dei singoli, delle comunità, della intera comunità nazionale, si constata - e ancora una volta abbiamo constatato in questa circostanza - che vi è spazio, vi è necessità di presenza, di partecipazione per tutte le articolazioni e le forme della vita nazionale. E allora vi è necessità della presenza e dello slancio dei singoli, dei privati, che si collochino nelle posizioni giuste dove non possono giungere le azioni, anche le più efficienti, delle istituzioni. Vi è lo spazio per le associazioni che si ispirano a diverse motivazioni ideali e di valori e che trovano quindi collocazioni specifiche; vi è l'esigenza e la necessità della efficienza e della rispondenza delle istituzioni al ruolo loro affidato; perché questo non è il momento del loro tramonto o delle confusioni, ma è il momento della specificazione delle responsabilità. Non possiamo, quindi che aver trovato motivo di compiacimento nel vedere che lo Stato, attraverso la presenza e l'azione del Commissario di Governo - credo che nei suoi confronti i riconoscimenti siano stati già così generali che io non voglio ulteriormente insistervi perché avrei timore di urtare la modestia della persona - è stata la massima espressione della coesione e della solidarietà nazionale.
L'efficienza, la tempestività, ha detto il Presidente, devono essere sempre più caratteristiche compatibili con la democrazia. La quale deve avere anche un'altra qualità, quella di suscitare delle autentiche e non confusionarie unità, che si traducono, poi, in efficacia e definitività delle decisioni, perché si tratta di decisioni che maturano nel contesto sociale, che sono accettate, e che quindi danno frutti positivi nel tempo.
La Regione Friuli-Venezia Giulia ha affrontato un travaglio gravissimo una prova di maturità, di capacità di fronteggiare enormi problemi, con grande coraggio, e noi le esprimiamo tutta la nostra solidarietà in un momento così difficile. La presenza efficace e continua dello Stato le è però necessaria. Noi sentiamo la Regione come momento di articolazione dello Stato: ebbene, questa articolazione dello Stato ha dei suoi ruoli dei suoi limiti, delle sue funzioni che si integrano nella comunità nazionale.
Vorrei dire ancora una parola nei riguardi dei singoli, dei giovani, di quanti si sono impegnati, senza chiedere in quale schema, in quale quadro rientrava la loro azione.
Un accenno, ancora, ad un tema che potrà essere svolto in altro momento, in altra sede. La chiarezza nei rapporti, nella assunzione delle responsabilità, nella distinzione non accentuata ma responsabile dei ruoli è un motivo di maggiore efficacia e di maggior coesione. Cioè, la coesione non va ricercata, con slanci volontaristici, in moti che coinvolgano, forse attenuandole, anche, le singole possibilità di esprimersi in modo autonomo delle varie componenti politiche e sociali. Ricerchiamo, quindi, il massimo di unità nel massimo di chiarezza e nel massimo di sollecitazione alle responsabilità dei singoli.
Sentiamo - ed è questo il motivo del nostro impegno - che la salvezza del Friuli, la sua rinascita, sono moralmente, sono politicamente in stretto collegamento con l'azione generale che vogliamo tutti compiere affinché il nostro Paese superi le presenti difficoltà di ordine morale politico, economico, banco di prova decisivo. Anche per questo, in questa riunione del nostro Consiglio, che riceve grande solennità dalla presenza del Commissario di Governo, in questo momento in rappresentanza di tutta la Nazione, e del Presidente della Regione Friuli, noi assicuriamo che la sollecitazione ad impegnarci fino in fondo a favore della popolazione friulana non rimarrà inascoltata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, quando l'8 di maggio ci riunimmo qui a botta calda, dicemmo in maniera molto chiara che dovevamo intervenire immediatamente, tenendo però presente che quella situazione di emergenza si sarebbe protratta nel tempo. La funzione nostra non era tanto quella di immediatamente coordinare l'emozione provocata dalle notizie che giungevano, ancora forse non così drammatiche come poi furono nei giorni successivi, quanto di saper colmare il disinteresse di altri.
A distanza di cinque mesi mi pare che sia venuto il momento di tirare le somme. Non è il caso di fare le lodi al Commissario di Governo il quale rappresentando tutta la nazione, ha indubbiamente anch'egli delle carenze e delle mancanze nei confronti di quelle popolazioni. Forse si poteva fare di più. Né d'altra parte la sua presenza, che nobilita i nostri lavori, deve essere motivo di orgoglio, siamo stati bravi e oggi abbiamo questa importante visita, no, deve essere il momento per vedere che cosa avremmo potuto fare noi, come Regione, come Consiglio regionale, come forze politiche di più e di meglio, indipendentemente da quello che già abbiamo fatto, perché le parole non diventino logore, stanche e non rappresentino più nulla, pur nel loro significato elegante e preciso di efficienza se compatibile con democrazia e partecipazione. E molte volte nella vita quotidiana sentiamo, nella nostra responsabilità di uomini politici che credono nel discorso democratico, che incomincia ad esistere un certo malessere, ma credo che l'attività del Consiglio regionale, del Comitato unitario abbia raggiunto un risultato di efficienza e di prontezza.
A che cosa porta questo? Porta ai valori etici di fondo che esistono nella nostra realtà nonostante che in certi momenti, quasi a giustificare le nostre inadempienze, diciamo che certi valori sono persi nella realtà sociale, nella collettività dei nostri simili e che quindi tutto ciò porta anche una maggior fatica da parte nostra nell'amministrare, nel fare proseguire il discorso. Giustamente il collega Raschio ricordava come ancora una volta gli organi di informazione e la stampa hanno saputo catalizzare un momento di generosità, di disinteressato impegno, di volontà di alleviare le sofferenze altrui, ma la novità, l'importanza di quello che abbiamo fatto è stato il saper racchiudere tutto ciò non soltanto in un momento di soluzione di quelli che sono i drammi che ognuno sente per poi dimenticarseli. E io penso che la validità di tutta questa generosità, di questa disponibilità disinteressata, di questo impegno, di questo senso del dovere nei confronti del Friuli abbiamo il dovere di mantenerla viva con il senso della onestà, come è stato ricordato in precedenza/ e di sicurezza che dobbiamo dare a coloro che agiscono affinché tutto ciò che fanno vada a buon fine. Mi pare che questo sia il risultato positivo di cinque mesi d'azione.
Era stato detto in precedenza in maniera molto chiara, dal Presidente del Consiglio, che questa era una riunione di lavoro, e allora è opportuno che l'unione di tutte le forze sociali e politiche non sia frainteso.
Questo senso di responsabilità emerge dalle forze politiche che hanno la responsabilità del Piemonte le quali sentono non soltanto un impegno umanitario nei confronti del Friuli, e su questo punto mi pare che dimostriamo la nostra serietà se andiamo a sottolineare il nostro interesse primo di amministratori piemontesi, perché io credo che la politica vuole anche dire sgomberare il terre no da certi luoghi comuni e guardare quello che drammaticamente può avvenire.
Ebbene, allora bisogna coinvolgere ancora la realtà regionale in tutte le sue possibilità, perché hanno dato i lavoratori, hanno dato gli impiegati, dato il ceto medio, quel ceto medio che in queste situazioni pu rimanere astratto perché non è così direttamente colpito, perché qualcosa più degli altri ha, ma non ha molto di più per cui può erogare a favore degli altri; pensiamo ai proprietari - lo ricordava Bellomo - di roulottes che rappresentano il 50% : essi l'hanno portata, la loro roulotte, quella con cui, con la loro famiglia, hanno vissuto i giorni di ferie e all'utilità per loro di portarla, di liberarsi da certi oneri di affitto di locali. E' su questi temi mi pare che dobbiamo anche operare perché il consenso di cui parlava il Presidente Sanlorenzo possa manifestare il pieno delle sue possibilità positive e attive, perché le 600 roulottes inviate di fronte alle 20.000 richieste, se non c'è il consenso, impongono altre misure che sono poi quelle che maggiormente dispiacciono e che possono anche rompere un'atmosfera che fino adesso ha camminato in modo molto sereno. Si aprono allora polemiche sulle responsabilità.
Nel pieno rispetto non soltanto del Commissario di Governo, ma di quella che è la realtà democratica che esiste nella Regione Piemonte che è il Consiglio regionale, che sono le autorità di governo regionali, che sono le autorità di governo dei singoli Enti locali,dobbiamo studiare un piano di ricostruzione per una determinata zona, richiamando tutte le forze culturali, economiche, sociali: può essere un gemellaggio non soltanto a parole. Se la disponibilità della Regione Piemonte fosse raggiunta e dimostrata possibile con l'unità di tutte le forze politiche, così come nei cinque mesi passati, darebbe, credo, una concreta risposta a quell'impegno che prendemmo l'8 maggio dicendo che il nostro non doveva essere un intervento solo nell'immediato, ma che si doveva protrarre nel tempo.
Come capita sempre in questi dibattiti, molti dei punti vengono ripresi, ma proprio dalla ripetizione si dimostra il consenso che non è soltanto formale, ma sostanziale. E' necessaria la disponibilità delle forze politiche che devono coordinare tutto lo slancio generoso della gente del Piemonte e impegnarsi in un'opera continua nel tempo.
Il tentativo di coinvolgere ancora una volta la stampa nella sua accezione generale può essere di forte aiuto nel momento in cui il risultato della nostra azione (ma non sta a noi sottolinearlo) è positivo ed è necessario che anche i beni propri siano messi a disposizione per contribuire alle esigenze immediate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Presidente, colleghi, riprendo brevemente e commento, ribaltandola un'affermazione del Presidente Sanlorenzo, il quale, quasi con stupore, ci ha dichiarato di avere scoperto quanta capacità umana, quanta ricchezza di ideali e di interventi, anche di natura economica, può mobilitare una causa giusta. Forse il vero stupore è stato quello della scoperta di una realtà sociale, economica della nostra Regione, è stato quello di avere scoperto finalmente un'istituzione efficiente, severa nelle promesse, puntuale negli adempimenti, cristallina nei rendiconti.
E allora qui mi pare che veramente il problema, al di là della sua accezione più immediata sul piano operativo di che cosa si debba fare o non fare, è anche e soprattutto politico.
Nel modesto contributo che ho portato nel Comitato di coordinamento, in una seduta ho pregato il Presidente Sanlorenzo di confermare alla Regione consorella di cui stiamo parlando, la nostra solidarietà politica.
Solidarietà politica che cosa vuol dire? Vuol dire che al di fuori di quello che può, essere il conferimento delle nostre risorse immediate, c'è la garanzia che una regione del nostro peso politico, economico, sociale sarà presente nella difesa a lungo termine della prospettiva che quella Regione si prefigura. E questo, molto realisticamente, non solo nella difesa degli sviluppi che la Regione nostra consorella in questo momento vuole perseguire, ma soprattutto nel dovere che abbiamo tutti in questa questione che è di portata nazionale (questo è un aggettivo che ha utilizzato il Commissario di Governo in un'intervista televisiva).
Nazionale non è un termine geografico, nazionale è ancora una volta ricordare che la nazione è il complesso di quanti si rifanno a comuni ideali di natura storica, sentimentale, culturale. E allora veramente questa tragedia può diventare una tragedia nazionale in senso politico, in senso naturalistico oseremmo dire, lo può diventare in senso politico, se noi sapremo rispondere alle aspettative della collettività nazionale che su questo problema si è mobilitata.
Ritengo, per esempio, che un contributo alla causa generale del Friuli in questo momento, significhi anche (è una proposta che elaborerò e porter in altra sede) essere presenti nella stessa misura in altre tragedie di carattere nazionale, proprio per evitare dei pericoli di rigetto di altre Regioni. Spero che il riferimento sia abbastanza chiaro per essere comprensibile. L'ha detto Raschio, certi risultati elettorali e la situazione parlamentare, la stessa situazione di governo, ci rivelano un paese nuovo, un paese che non è più disposto a dare delle deleghe a nessuno: siamo in una situazione di non sfiducia, non di fiducia, e in una situazione in cui l'opinione pubblica, il paese tutto ci guarda e ci dice: vi controlliamo di momento in momento, ogni vostro atto viene pesato verificato, controllato. Basterebbe, in questa grossa operazione che ci ha coinvolti tutti, non essere rigorosi e scrupolosi nelle promesse, non essere puntuali negli adempimenti e non essere cristallini nella relazione su quanto è stato fatto e dello sforzo che la comunità fa, per far nascere una tragedia non più naturalistica di un fenomeno che viene non sappiamo da dove, ma una tragedia della nostra realtà politica.
In questa misura l'impegno che il Consiglio deve portare avanti in termini operativi, in termini politici, è enorme, così come è enorme la responsabilità che ha il Commissario del Governo. Voglia la Provvidenza che questo Consiglio, che la nostra Regione sia pari in efficienza a quella che ha dimostrato il Commissario del Governo nella sua attività.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, a nome del Gruppo repubblicano desidero esprimere la solidarietà al popolo del Friuli per la tragedia che ripetutamente l'ha colpito e ancora lo colpisce.
Devo dire che ho provato un certo imbarazzo quest'oggi alle dichiarazioni degli altri Capigruppo e di alcuni colleghi Consiglieri l'imbarazzo di chi loda molto quello che ha fatto (e di quello che ha fatto, bene inteso, la Regione Piemonte) e forse ritiene meno importante sapere invece che cosa si sarebbe dovuto fare e che cosa si potrà fare ancora in futuro.
Noi repubblicani ringraziamo il Comitato che ha operato, perch effettivamente ha molto e faticosamente lavorato, ringraziamo gli amici piemontesi appartenenti a tutte le associazioni, ai Comuni, agli Enti per lo sforzo che hanno fatto, ma crediamo che la presenza del Commissario di Governo e dei rappresentanti della Regione friulana, se non vuole essere un atto puramente formale, debba essere anche un'occasione di colloquio e la possibilità di dare a tutto il Consiglio, e non soltanto al Comitato, un indirizzo per il lavoro futuro.
Questo è quello che noi repubblicani ci auguriamo che avvenga nel prosieguo della seduta e ringraziamo il rappresentante del Governo e i rappresentanti della Regione friulana per essere venuti qui, oggi, al nostro Consiglio e non solo per pura riconoscenza.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Oberto, ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, onorevole Signor Commissario del Governo, caro Presidente Comelli, prendo la parola a titolo personale perché inserito perfettamente su quella che è stata la dichiarazione di natura politica, di apprezzamento per il fatto e l'impegno per il da farsi del Capogruppo Bianchi, nulla ho da aggiungere, tutto accettando, solo rammaricandomi che nel momento in cui questa vicenda travagliava l'intero paese, l'Italia, io mi trovassi in un letto d'ospedale per un intervento chirurgico e non avessi potuto dare in nessuna maniera un contributo diretto che non fosse quello personale.
Prendo la parola a titolo personale, pertanto sollecitato - e non lo avrei più fatto - da una specie di interrogativo che si è proposto il Consigliere Raschio che ha parlato a nome del PCI, per dare una risposta in modo particolare a te, Presidente della Giunta regionale del Friuli, al Presidente del Consiglio, perché la possiate riferire alla vostra gente e perché tu, Commissario di Governo; possa tener conto di quella che è stata la ragione di questo slancio particolare, non eccezionale, del tutto particolare che il Piemonte ha avuto.
Noi ricordiamo in Piemonte le vicende dell'Arno che travalica e che invade Firenze, ricordiamo la terribile alluvione del Polesine ed il nostro Po che tracima in tutte le parti della Bassa Padania, ricordiamo la vicenda del Belice, la tremenda immane tragedia del Vajont ed anche allora Torino ed anche allora il Piemonte furono pronti, vivi a dare, a donare generosamente, stimolati dall'esigenza di fare queste cose più che dalle sollecitazioni che potevano venire dal mondo esterno, dagli Enti locali tuttavia accompagnati (bisogna riconoscerlo apertamente, altri lo ha fatto) da uno stimolo permanente, quotidiano della stampa torinese, di tutti i giornali, dei piccoli e dei grandi, in modo particolare di quello che si intitola "La Stampa" attraverso quella sottoscrizione (voi non avete avuto il tempo di guardare attentamente queste annotazioni) dove per lo più sono gli N.N., coloro che non si nominano, coloro i quali indicano soltanto con le sigle del nome e del cognome che versano le somme, che danno il contributo. E si è raccolto molto, si è raccolto, dico io, almeno fino a questo momento, oltre ogni speranza; vi è stata una grossa forza di coordinamento da parte della Regione che uscendo da quelli che sono gli ingiusti limiti delle competenze proprie dell'art. 117, ma sentendo tutto l'afflato di un avvicinamento particolare alla Regione del Friuli, ha generosamente suscitato dell'altra sensibilità nella popolazione piemontese che ha risposto in tutti i modi, in tutti gli strati sociali. E questo mi pare che valga anche la pena di essere sottolineato, così come giustamente è stato sottolineato (riprendo il discorso del Presidente Sanlorenzo) quello che è stato l'apporto in spirito caritativo della San Vincenzo piemontese, la quale ha dimostrato come, in attesa che ci sia una vera e piena e completa giustizia sociale, l'imposizione di leggi che stabiliscano il contributo ed il dovere del contributo del cittadino abbiente nei confronti della comunità, porta ancora innanzi un discorso che fa capo alla carità in una città, in una Regione come il Piemonte che ha degli uomini che si chiamano Don Bosco e Beato Cottolengo.
Ed anche per questo sono grato al Presidente del Consiglio che ha voluto sottolineare questo apporto che non è stato di parte, ma che è stata l'esigenza di rispondere a quello che era uno spirito intimo ed interno di coloro che partecipano a questa tragedia.
Ma la ragione vera del mio intervento, Presidente Sanlorenzo Presidente della Giunta, è un'altra. Sì, siamo tutte Regioni d'Italia siamo tutti uniti, abbiamo imparato a conoscerle tutte le regioni, ma il Friuli, la montagna, il Piemonte a piè del monte, ma il Friuli è terra di gente che parte per tutte le contrade del mondo emigrando, come il Piemonte fa partire i suoi emigrati andando ovunque, ed io li ho incontrati due anni or sono e lascerò a te, Presidente della Giunta, al Commissario di Governo due bollettini che raccontano di quella visita che come Presidente della Regione, feci ai piemontesi, ma dove mi incontrai con i "fradei" del Vostro Friuli, fui ospite dei "fradei" del Vostro Friuli, sentimmo e vivemmo insieme delle giornate che sono quelle proprie della gente che soffre e che ha una comune vicenda, quella di andare a cercare altrove il pane che amaramente o avaramente può trovare nella propria terra, nella propria patria "cita", lo va cercando in giro per il mondo, ansiosamente tormentata dal desiderio che traduce quasi sempre in volontà di tornare, di ritornare al piccolo Piemonte o di ritornare alla vostra terra, così come lo dimostrano coloro i quali, privati della casa, della chiesa, della scuola degli ospedali, privati della possibilità di un vivere civile,rimboccano le maniche,lavorano e mettono a frutto ed è questa l'importanza del mio intervento che vorrei sottolineaste: il Piemonte ha dato più generosamente e darà, attraverso l'opera di coordinamento, ancora più generosamente perché si rende conto di dare a gente che fa fruttificare le cose che sono date, che ricostruisce e che ha questo tenace desiderio di rimanere fedele alla propria terra.
Volevo dirvi queste cose per rispondere ad un perché di questo slancio perché ci sentiamo veramente "fradei".
E vorrei trarre, se me lo consenti, On. Zamberletti, vorrei trarre, se me lo consenti, amico Comelli, di qui, da questa tragedia un voto che fosse di tutti in momenti così tristi e tragici e difficili per l'intera vita della nazione: che fraternamente sentissimo, fraternamente agissimo per uscire fuori da quelle che sono le situazioni contigenti e particolari del Friuli, ma anche da quelle che sono le vicende che tormentano ed angosciano l'intera nostra patria e l'intera nostra nazione.
Il Presidente Sanlorenzo lo ha sottolineato, non è un aspetto soltanto regionalista, è un aspetto che tocca l'intera nazione, una nazione fondata oggi sulle Regioni: le Regioni danno prova di essere il modo nuovo di esistere, di far vivere lo Stato, ma bisogna che il senso unitario dello Stato tocchi tutti e ciascuno perché le istituzioni reggano e perché i cittadini abbiano la possibilità di dimostrare quella fiducia che nel caso concreto, in terra di Piemonte (ma non solo di Piemonte) in modo particolare ha dimostrato ciò che ha così duramente sconvolto la tua terra Comelli,e la terra per la quale tu Zamberletti, stai lavorando per farla risorgere.
Sarà a primavera risorta quella terra, è gente che non conosce l'inutilità della neve e del gelo dell'inverno, sa che sotto la neve e sotto il gelo dell'inverno germina il grano che rispunterà per dare pane tranquillità, serenità e pace.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Presidente della Giunta regionale del Friuli e Venezia Giulia, Comelli.
COMELLI, Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia Signor Presidente, egregi Colleghi Consiglieri, ho provato, e con me il Vice Presidente del Consiglio, in questo incontro, un momento di commozione profonda e sincera nel sentire, nell' intervento del Presidente Sanlorenzo che vivamente ringrazio, e negli altri interventi, dei quali siamo parimenti grati, al di là delle considerazioni di concretezza sulle quali avete voluto fissare questo vostro dibattito, una Regione, per tanti aspetti molto simile alla nostra e per tanti altri, purtroppo, anche molto diversa, una popolazione tutta vicina alle nostre popolazioni. E non soltanto, come giustamente qui è stato detto, per un atto o per un moto di solidarismo o di umanitarismo, ma anche come impegno serio, concreto, su un piano politico, per guardare i nostri problemi, per cercare di aiutarci, in un momento difficile della nostra storia, a risolverli.
Noi siamo venuti qui per esprimere i sentimenti della nostra gente nei vostri confronti, per dire a questo Consiglio, alla sua Giunta, agli Enti locali tutti, alle Associazioni, al giornale "La Stampa" e in genere alla stampa di questa Regione, il nostro grazie. Non siamo molto allenati a lunghi discorsi, e, quand'anche lo fossimo, dopo cinque mesi come quelli che abbiamo trascorso, la stanchezza ci impedirebbe comunque di farli.
Accettate questo nostro grazie, espresso con tutta semplicità, che racchiude anche l'impegno a dar prova dell'unità di intenti di cui voi avete dato un esempio impareggiabile - lo dico senza timore di esagerazione nello starci accanto in un momento in cui i nostri spiriti erano affranti, le nostre forze erano al limite, la nostra gente era scoraggiata.
Quel che voi avete saputo fare, snellendo al massimo le procedure concentrando anche felicemente i vostri sforzi in una zona particolarmente oppressa e difficile, ma anche politicamente pronta a rinascere, mi pare sia una dimostrazione di quello che in simili tristi vicende, che noi ci auguriamo non abbiano a ripetersi altrove, può essere fatto da parte della solidarietà nazionale e degli Enti locali per affrontare problemi che sono nettamente al di là e al di sopra delle possibilità di chi ne è direttamente colpito.
Avete poi voluto concentrare gli interventi in un settore specifico con la nostra approvazione. Nelle visite che abbiamo fatto, abbiamo constatato con quanta efficacia abbiate saputo lavorare. Avete voluto infine, indicare a noi anche quali sono le possibilità di un modo diverso moderno e insieme collegato al passato, di operare, in relazione all'iniziativa che vi è parso opportuno lanciare, senza peraltro pretendere di interferire nei compiti, purtroppo numerosi e gravi, che pesano sulla nostra Regione. Da ultimo, dopo il 15 settembre, primi fra tutti, quando ancora non era scattato l'ordine di requisizione emanato dallo scattante e bravissimo Commissario di Governo, avete voluto prendere l'iniziativa delle roulottes, che non è soltanto simbolica ma viene in questo momento a rispondere, sia pure in modo temporaneo, ad effettive esigenze di categorie sociali) le più umili, che noi vogliamo trattenere, radicare nei loro paesi. Per tutto questo, e per quanto anche liberamente potrete andare a scegliere in futuro, in relazione agli inviti che ho qui sentito rivolgere dai vari Gruppi consiliari, noi vi diciamo grazie.
Tra piemontesi e friulani già esistevano profondi legami sentimentali ed affettivi, come qualcuno ha già voluto ricordare. E credo che a nessuno dispiacerà se faccio un solo riferimento personale, all'amico Oberto, dal quale, quando avevo altre responsabilità, ho imparato a dibattere i problemi delle zone montane proprio venendo in questa vostra città, a discuterne in occasione di convegni da voi organizzati. Ma in questo momento per noi tanto difficile della nostra storia, voi avete dimostrato state dimostrando, di voler essere legati a noi anche da un impegno politico, e questo è particolarmente importante.
C'è stato, credo per atto di cortesia, un solo vago accenno critico. A noi non sarebbe affatto dispiaciuto se da questi banchi fossero venute anche considerazioni critiche più nette. Non siamo immuni da errori o da carenze. Dico subito che al terremoto non eravamo preparati.
Ricordo il messaggio che Viglione mi ha fatto pervenire poche ore dopo il disastroso evento, a nome di questa Regione, attraverso un corriere speciale giunto in Prefettura, ad Udine, il 7 maggio, per assicurarmi la solidarietà di questa Regione. E ricordo poi tutto il lavoro che abbiamo potuto allestire in particolare attraverso l'intervento dello Stato: Stato Regioni, Enti locali, è questo un po' il problema politico, che purtroppo in questo momento non è possibile affrontare.
Devo però farvi una confidenza, anche in relazione ad un intervento che è stato qui svolto. Se una divergenza c'è stata fra l'amico Commissario Zamberletti e chi vi parla, è stato proprio sul punto della cessazione del primo periodo della gestione commissariale. Chi vi parla, e con lui altri ha sempre sostenuto che la situazione di emergenza dev'essere mantenuta fino a che la gente del Friuli dovrà rimanere attendata, per cui lo Stato avrebbe dovuto rimanere sul posto con tutto il suo apparato, essendo impossibile, date le ben note limitazioni, per una qualsiasi Regione, e per la nostra in specie, reggere quell'apparato che invece lo Stato e in grado di muovere. L'amico Commissario Zamberletti aveva, a sostegno della sua tesi avversa, la legge per la protezione civile, che in effetti gli dava qualche punto di ragione. Tuttavia, fidando che gli effetti del terremoto andassero spegnendosi, la nostra Regione ha accettato questa decisione presa in sede centrale, pur avvertendo noi il peso di tutte le responsabilità riguardanti l'emergenza e principalmente di quelle riguardanti la ripresa e la ricostruzione.
Nell'illusione che con il 6 maggio l'attività sismica si fosse esaurita abbiamo sbagliato tutti sotto questo profilo, lo riconosco senza esitazione - avevamo posto mano con gran lena, dopo le prime settimane, ad organizzare la ripresa nei settori produttivi, contattando lo Stato ottenendone quello che era un primo intervento, peraltro rilevante, per affrontare i nostri problemi, con l'impegno di reincontrarci poi, entro sei mesi, per affrontare il problema più grosso della ricostruzione. E avevamo promosso tutta una serie di leggi con le quali appunto puntare alla ripresa nei settori produttivi, a dare un ricovero alle circa 45 mila persone che allora vivevano sotto le tende, ed erano i veri attendati, ad interventi come dicevo, nei settori produttivi.
Per snellire le procedure abbiamo delegato, al di là di quel che s'è detto - in tutto questo periodo la Regione non ha avuto la possibilità di colloquiare molto ampiamente o diffusamente anche con la stampa, della quale pure avvertiamo la grande funzione, la grande importanza - molto forse anche troppo, ai Comuni, già oppressi dai numerosi problemi del post terremoto. Ecco, avevano avviato anche un certo lavoro di avvio della riparazione dei fabbricati, poiché ci era stato suggerito da esperti di altre Nazioni che questa era una delle linee da seguire prima ancora di pensare alla ricostruzione vera e propria. Unica eccezione alla decisione di rinviare la ricostruzione, quella per l'edilizia scolastica - e quindi anche la vostra iniziativa si è innestata molto opportunamente nel nostro piano - riconoscendo l'opportunità di procedere alla riparazione e alla ricostruzione degli edifici scolastici, per ovvie ragioni.
Avevamo dodicimila disoccupati, all'indomani del 6 maggio, e avevamo puntato sulla ripresa produttiva proprio per evitarne l'esodo. Ci eravamo mossi, quindi, con tutta la nostra buona volontà, cercando di sollecitare le energie della nostra gente. Gente che per tanti aspetti è simile alla vostra, che non è e non vuol essere considerata migliore o diversa da altri. Dirò anzi che ci ha creato un certo imbarazzo, quasi un senso di fastidio, l'eccessiva insistenza nella esaltazione dei nostri valori. Ho detto già in altra occasione che ogni regione, ogni popolo ha i suoi valori spirituali, diversi forse da quelli di altri, ha delle energie l'importante è che le sappia sprigionare. Noi siamo forse un po' più lenti di altri a muoverci, ma una volta che ci siamo mossi forse siamo più tenaci. Ma non vogliamo essere ritenuti né più bravi né diversi. Abbiamo vissuto momenti di grande commozione quando i Sindaci dei quindici Comuni del Belice sono venuti ad esprimerci la solidarietà anche dei terremotati del Belice, a consegnarci il frutto delle collette fatte fra quella povera gente.
Questo nostro Friuli non ha voluto, checché possa essere apparso all'esterno, né vuole chiudersi in se stesso: sappiamo bene che da soli non potremmo risollevarci, e saremmo stati degli sconsiderati qualora, come espressione politica, avessimo indicato questa strada alla nostra gente.
Abbiamo anzi subito rappresentato al Governo che il nostro era un problema di portata nazionale. Sottolineo con compiacimento, quindi, compiacimento che del resto avevo già sentito esprimere dal vostro Presidente del Consiglio, dalle organizzazioni sindacali a livello nazionale, dai due rami del Parlamento attraverso la presenza dei rispettivi Presidenti, dalle delegazioni, la decisione di dare al Commissario di Governo pieni poteri: non per la rivendicazione di mezzi ma proprio perché, come qui è stato detto molto opportunamente, nell'affrontare i problemi della ricostruzione del nostro Friuli, e quindi della nostra Regione, si ha modo di esperimentare un modo (nuovo, diverso, di affrontare i grossi problemi del Paese, restando ognuno al proprio posto di responsabilità. L'art. 1 del decreto legge che oggi viene approvato dal Senato affida al Commissario straordinario amplissimi poteri, superiori a quelli che prevedeva la legge per la protezione civile. Chi vi parla ha sostenuto anche in sede di Consiglio dei Ministri che, di fronte a calamità di questa portata, a condizioni di emergenza così evidenti, il Commissario di Governo deve poter operare con poteri assoluti. E infatti ora il Commissario Zamberletti pu muoversi rispettando soltanto l'ordinamento generale giuridico dello Stato.
Solo così si può affrontare l'emergenza, da parte di qualsiasi Regione o Ente locale, grande o piccolo che sia (non lo dico per mettermi sulla difensiva). Questo è il modo di muoversi, naturalmente contando sulla saggezza del Commissario, o dei Commisari nominandi per altre eventuali deprecabili evenienze, per un uso intelligente di questi poteri.
Le Regioni, i Comuni e le espressioni locali devono puntare principalmente alla ripresa e alla ricostruzione. L'apporto e la solidarietà di questo Consiglio, la solidarietà di queste popolazioni, di questa generosa Regione ci saranno di conforto in un cammino che, noi lo sappiamo bene, sarà un cammino lungo. La nostra storia, come qui è stato ricordato, è una storia molto difficile: certo, mi sia consentito di dirlo una fra le più difficili delle Regioni d'Italia. Rievocavo ieri sera con amici la fuga dai nostri paesi in occasione dell'invasione durante la prima guerra mondiale, e poi il ritorno ai nostri paesi incendiati o bruciati; è stato ricordato qui il Vajont, potremmo ricordare le alluvioni che fin dal sorgere della Regione, una regione dissestata sotto il profilo idrogeologico, son venute ad aggravare i nostri problemi. E, per riandare al passato, non posso non accennare al dramma nostro della emigrazione. La nostra era fino a qualche anno fa la Regione con più alto tasso di emigrazione dopo la Calabria. Avevamo richiesto e ottenuto dal Governo e dal Parlamento l'istituzione della Regione a Statuto speciale proprio al fine di uscire dalla somma di questi problemi di depressione economica e principalmente di isolamento da tutto il contesto del Paese, e subito ci eravamo mossi, direi, con lena adeguata e chiarezza di idee, ad affrontare i problemi dello sviluppo economico e sociale. Proprio il 30 aprile il Governo ci aveva approvato il piano pluriennale '76-'79 con un meccanismo di contabilità diverso dalla contabilità attuale dello Stato e delle altre Regioni. Volevamo, in sostanza, partire, far decollare definitivamente questa Regione sfortunata.
Quanto avvenuto il 6 maggio, ovviamente, ci ha fiaccato, con la distruzione di tanti paesi, con un così alto numero di vittime, con l'insorgere di tanti nuovi problemi. Quanto poi è accaduto l'11 e il 15 settembre è stato per tanti aspetti molto più grave, perché ha stroncato gli entusiasmi, la volontà di tanta gente che già si era messa all'opera per la ripresa. Ma le espressioni politiche, il Consiglio, la Giunta regionale, le espressioni parlamentari, gli Enti locali devono guardare al futuro. Abbiamo detto alla nostra gente che, come ha superato altre volte gravi difficoltà - non certamente, però, di questa portata, e disseminate nel tempo, nei secoli - se saremo confortati dalla solidarietà del Paese di tutta la popolazione, del Governo, come ci è stato autorevolmente assicurato dalle Autorità centrali, se il Parlamento, nelle sue espressioni democratiche, appoggerà la nostra azione, se le forze sociali esterne ci daranno il loro sostegno, potremmo giungere ad assolvere - certo, senza illuderci di poterlo fare in breve e agevolmente - questo grosso impegno che è impegno prioritario assoluto, di ricostruire il Friuli.
Ricostruirlo come prima, ma anche diverso da prima. Non tutto quanto è andato distrutto era da conservare, perché su molta parte delle zone distrutte gravava il peso dei secoli, di decenni di depressione economica ed anche sociale. Vogliamo quindi - colgo una frase che ho udito pronunciare in alcuni accenni fatti qui - ricostruirlo come prima, anzi meglio di prima. E vogliamo cogliere anche l'occasione di poter affrontare in questo contesto che riguarda la ricostruzione dei nostri paesi distrutti, anche i grandi problemi dello sviluppo di questa nostra piccola regione, di un milione e 245 mila abitanti: una regione difficile, ma anche molto interessante.
Mi sia consentito, in chiusura, riaffermando il nostro vivo apprezzamento e la nostra vivissima gratitudine - il che mi spiace di non aver potuto fare in precedenti occasioni, perché assillato da troppi impegni - esprimere, interpretando, mi auguro, i sentimenti di tutta la comunità nazionale, un voto di fiducia e di augurio per il Friuli-Venezia Giulia, in particolar modo per i paesi e le popolazioni distrutte, da questa città, che ha dietro di sé una grande storia, stando in mezzo a questa popolazione piemontese che noi sinceramente ammiriamo. E' una regione, il Friuli, che, se guidata, se rafforzata anche con il consenso di altri, potrà svolgere degnamente anche la sua funzione di regione-ponte con le nazioni confinanti. Quello che compio con queste dichiarazioni, in questo momento, è anche un atto di fiducia nei confronti delle istituzioni anche perché sulle istituzioni si son dette cose non esatte. Un atto di fiducia principalmente nelle possibilità di ripresa della nostra gente.
Ringrazio per l'onore che mi è stato fatto, concedendomi di prendere la parola in questa sede, a nome anche della rappresentanza del Consiglio regionale di cui faccio parte, prego il Presidente Sanlorenzo di farsi interprete, nelle forme che riterrà più idonee, di questi nostri sentimenti e di questi nostri precisi impegni politici presso la cara gente del Piemonte.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Commissario straordinario Zamberletti.
ZAMBERLETTI, Commissario straordinario per il Friuli-Venezia Giulia Signor Presidente del Consiglio regionale, signor Presidente della Giunta, signori Consiglieri, sono venuto qui - e ringrazio il Presidente del Consiglio Sanlorenzo di avermi invitato - per due ragioni.
La prima è che, come il Presidente Comelli, desideravo e desidero ringraziare la comunità piemontese per ciò che ha fatto nei giorni successivi al 6 maggio e poi in questa seconda fase della emergenza friulana.
Giustamente Comelli, oltre a rilevare l'aspetto materiale di questa partecipazione, ne ha messo in risalto l'aspetto morale. Sanlorenzo, noi ci siamo incontrati la seconda volta, dopo il 6 maggio, sul prato dell'aeroporto di Campoformido, mentre tu, alla testa di una lunghissima colonna di roulottes raccolte da "La Stampa", dalle Associazioni, dalla San Vincenzo, arrivavi nel Friuli. Ebbene, è vivo in me il ricordo della commozione gioiosa che lasciavano trapelare, mentre arrivavo a Campoformido, le voci degli elicotteristi nel comunicare via radio l'arrivo di un qualcosa che poteva paragonarsi all'arrivo dei rinforzi nel forte assediato. In quel momento io ho capito che cosa significava quella prova di solidarietà per il morale di tutti coloro - ufficiali, soldati ingegneri dei Vigili del fuoco, uomini della Croce Rossa organizzazioni dello Stato (che non comprendono solo il potere centrale, ma il potere centrale, le Regioni, le Province e i Comuni) - che lavoravano con me in quella fase difficile.
Quella mattina io ho compreso che noi abbiamo la possibilità di farcela se realizziamo due condizioni fondamentali: la prima è quella che si mantenga viva l'unità nazionale intorno ad una tragedia che è stata ed è la più grave tragedia, come calamità naturale, che si sia abbattuta sul nostro Paese dal momento dell' inizio della nostra storia unitaria; la seconda è che lo Stato sappia partecipare tutto intero, non con un suo livello soltanto, a questo sforzo, perché questo è l'unico modo per creare un moltiplicatore che fa dello Stato al servizio dei cittadini una struttura ed una organizzazione veramente efficiente e funzionale. In sostanza, se mantenessimo vivo questo rapporto, avremmo la possibilità di uscire da questa tragica esperienza, dando una risposta alla comunità friulana e alla comunità nazionale in termini di recupero e in termini di ricostruzione, di rinascita.
Per quanto riguarda la collaborazione fra i vari livelli, credo che il compito del Commissario straordinario di Governo sia di far si che l'azione del potere centrale sia perfettamente coordinata con l'azione della Regione Friuli-Venezia Giulia ed al tempo stesso coordinata e collegata con l'azione di tutto il resto dello Stato che si raccorda alla grande comunità nazionale. E di questo abbiamo visto già un esempio pratico: nel piano roulottes, che il Presidente del Consiglio regionale ha qui ricordato come un fatto importante in una fase di tamponamento della situazione, abbiamo visto come, operando attraverso un livello di raccordo dello Stato, la Regione, si sia ottenuto un successo più grande, a costi inferiori, che non operando solo attraverso la struttura decentrata del potere centrale. Ciò è fatale e logico. Se io mi fossi imbarcato a rastrellare roulottes sul mercato acquistandole, avrei bruciato gran parte dei mezzi che mi sono stati assegnati per il superamento di tutta la fase dell'emergenza compresa la costruzione di strutture abitative, che non possono certo essere le roulottes, per il medio periodo. Se avessi dovuto comperare le prime cinquemila roulottes che mi servivano per il programma in favore dei contadini, avrei dovuto, tenendo conto delle caratteristiche delle roulottes necessarie, spendere circa 15 miliardi dei 70 che nella prima fase mi avevano affidato.
Ecco perché l'appello che rivolgo alle Regioni italiane è di utilizzare un rapporto più vicino con i cittadini, per facilitare una operazione che ci consenta con costi, i più bassi possibile, di riuscire a realizzare questa fase della operazione che altrimenti o non si realizzerebbe o si potrebbe realizzare solo a costi elevatissimi. Perché qual è il problema che ci si prospetta? Noi siamo riusciti ad evacuare - non su richiesta del Commissario di Governo, beninteso, ma sotto la spinta improvvisa di una popolazione che, dopo le scosse del settembre, voleva allontanarsi da quei luoghi martoriati - nel giro di ventiquattr'ore un gran numero di persone sulla base di un piano che prevedeva un ripiegamento, in vista dell'approssimarsi della cattiva stagione, sulle zone del litorale, della parte di popolazione non attiva e di quella attiva che, con mezzi di trasporto che consentivano il pendolarismo, poteva rimanere inserita nell'attività produttiva della Regione. Però siamo stati colti di sorpresa subito dopo la nomina a Commissario di Governo, dalla disastrosa scossa del settembre, quella del giorno 15. Una scossa distruttiva, per certi aspetti più grave della scossa di maggio. Tanto è vero che oggi, dopo le valutazioni dei tecnici fatti venire da tutto il Paese dagli Uffici tecnici erariali per calcolare, con la collaborazione dei tecnici del Commissariato di Governo, il fabbisogno in termini di metri quadri, di prefabbricati abbiamo visto che, in aggiunta al primo piano di prefabbricati, che prevedeva intorno a 360 mila metri quadri di prefabbricazione nella intera regione, risultano necessari altri 400 mila metri quadri, per alloggiare la popolazione con una sistemazione che non sia precaria come quella della roulotte o della tenda. Viene ad essere, dunque, complessivamente di livello molto elevato il fabbisogno urgente di abitazioni provvisorie prefabbricate.
Ci siamo trovati, dicevo, improvvisamente di fronte ad una massiccia richiesta di evacuazione. L'abbiamo fronteggiata garantendo l'arretramento nel giro di ventiquattr'ore, di trentamila persone, nella prima ondata tenendo conto di localizzazioni, realizzate d'accordo con i Comuni, che fossero logiche rispetto alle zone di provenienza: in altre parole, le località del litorale sono state scelte considerando che i mezzi di trasporto dovevano consentire, zona per zona, il raggiungimento del posto di lavoro. Ciò è stato fatto in termini di tempo estremamente brevi, e io debbo pertanto dire che l'organizzazione complessiva dei soccorsi ha reagito con grande prontezza e grande capacità.
Si trattava, una volta fatta arretrare la popolazione, di alloggiarla.
Si è presentato, pertanto, un altro grosso problema: quello degli appartamenti. E' evidente che alloggiando le famiglie in appartamenti anziché ricoverarle negli alberghi, si consente molto meglio la ripresa dell'autonomia familiare, non solo, ma si evita di passare ad un clima assistenziale generalizzato che disincentiva la ripresa produttiva indispensabile se si vuole che la ricostruzione serva effettivamente alla gente del Friuli, non si limiti alla creazione di un deserto museo per ricordare ciò che è stato il Friuli.
Ebbene, questa operazione si è sviluppata. Ma ovviamente una parte considerevole della popolazione, circa quarantamila persone - i contadini coloro che sono legati a cicli produttivi che non consentono il pendolarismo, i lavoratori dell'industria, che sono legati a strutture ed iniziative imprenditoriali comportanti cicli di lavoro continui, per esempio nelle fonderie, alcune con dislocazione del territorio troppo lontana, anche in termini di tempo, dalla zona arretrata sul litorale - ha dovuto rimanere nella zona. Vi è anche un certo numero di vecchi o di giovanissimi, di bambini, che han voluto restare con i nuclei familiari perché ritengono che quello sia il loro posto, e sarebbe stato ingiusto da parte del Commissario di Governo, dell'autorità di Governo, sviluppare azioni non accettate convintamente dai cittadini ai quali ci si rivolgeva.
In rapporto a ciò io mi son rivolto anche alle Regioni per reperire assistenti sociali, perché si tratta di svolgere nei confronti di una parte della popolazione non attiva una delicata opera di convincimento. Non si deve arrivare alle evacuazioni coatte, anche se si potrebbe farlo emanando un decreto: è opportuno invece far opera di convincimento affinché coloro che non partecipano alla vita produttiva della zona accettino di arretrare nell'imminenza dell'inverno.
C'era, quindi, il problema di dare una sistemazione provvisoria a coloro che devono rimanere sul posto. Ecco allora scattare il piano roulottes, piano che dev'essere portato avanti con lo stesso impegno in tutte le Regioni. Avrei preferito evitare di ricorrere alla requisizione perché mi rendo ben conto che l'ideale sarebbe promuovere una partecipazione spontanea all'iniziativa. Appunto per questo io invito le Regioni a farsi promotrici di attività che promuovano un'accettazione volontaria di questa iniziativa. Si deve riuscire a far comprendere che affittare le roulottes per alcuni mesi è molto meno costoso per lo Stato che non procedere ad un massiccio acquisto di questi mezzi sul mercato nazionale e su quello internazionale; che questo sacrificio è, tutto sommato, ripagato; che questo tipo di solidarietà è importante per rendere più rapido il passaggio alle fasi successive, evitando di rastrellare mezzi troppo cospicui dal limitato e definito bilancio del Commissariato di Governo e della Regione.
Anche con i proprietari di case di Lignano, di Grado abbiamo fatto analoga opera di persuasione. Anche qui c'è stata una polemica: mentre devo dar atto con gratitudine alle comunità locali di Lignano, Jesolo, Bibione di aver messo spontaneamente a disposizione del Commissariato di Governo tutti gli alloggi necessari, senza costringerci a requisirli, vi sono state difficoltà a Grado. Qualcuno qui ha pensato bene di far credere che la sua casa era occupata insediandovi una persona di servizio o un parente, vicino o lontano, per cui con successivo decreto abbiamo dovuto chiarire che per "casa libera" si intende la seconda casa. Il sacrificio che noi chiediamo è che si stia nella prima casa in un momento in cui c'è gente senza casta che ha bisogno non di una abitazione qualunque, ma di una abitazione vicina al posto di lavoro, poiché dobbiamo garantire la casa ma anche il lavoro, per le famiglie e per il Friuli.
Si è poi dovuto passare alla fase delicata della organizzazione dei servizi sociali paralleli - scuole eccetera - e nella parte arretrata, cioè nella zona del litorale, e nelle zone avanzate, cioè quelle terremotate. Si trattava di allestire un complesso sistema scolastico, e siamo riusciti a farlo in gran parte in modo soddisfacente, così da consentire che i ragazzi di una stessa comunità, per esempio di Venzone, siano raggruppati nella stessa classe, a Lignano, affinché possano ritrovarsi poi tutti insieme quando verrà il momento di ritornare al paese d'origine, senza che si abbia sgretolamento della comunità. Inoltre, abbiamo aperto in ogni comunità marina il dipartimento e la sede del Comune, affinché le comunità rimangano collegate.
Perché qual è il problema più grosso che ora abbiamo di fronte, e che tormenta gli amministratori e i responsabili della Regione e gli organi centrali di Governo? Che ci sovrasta un pericolo gravissimo: se noi non riusciremo in tempi molto brevi a riportare la popolazione sul territorio e a garantire in ogni caso la tenuta della struttura economica del Friuli proprio per le considerazioni che svolgeva poco fa il Consigliere Oberto cioè che il friulano è abituato all'emigrazione, che ogni friulano ha un posto di lavoro assicurato in Canada, o in Australia, o lontano comunque dai confini del nostro Paese, molti, sopraffatti dallo scoraggiamento potrebbero accogliere questo tipo di offerte, e noi troveremmo a primavera un Friuli con i soli vecchi e bambini a rappresentare il tessuto sociale di quel che resta della comunità friulana.
Il nostro obiettivo è dunque fare in fretta, garantire a tutti i costi la tenuta del tessuto produttivo e della produzione. Ecco perché, se ai contadini abbiamo dato una roulotte, abbiamo raggiunto una intesa tra sindacati ed imprenditori che consente l'allestimento rapido non di alloggi per famiglie di lavoratori ma di alloggi collettivi per i lavoratori di una impresa, che consentano ai lavoratori, che non possono ritornare tutte le sere nella zona arretrata dove tengono la famiglia, di restare sul posto per garantire il proseguimento dell'attività produttiva. Questo l'abbiamo garantito e lo garantiamo attraverso contributi che vengono dati dal Commissariato di Governo quando Consiglio di fabbrica e Direzione aziendale si trovano d'accordo sulla soluzione tecnica da adottare per realizzare questi alloggi collettivi e quando si realizza questa soluzione, tenendo conto, azienda per azienda, di coloro che veramente devono restare sul posto, perché non in grado di operare attraverso lo spostamento dalle zone di arretramento alle zone di attività produttiva.
Abbiamo raggiunto ieri un'altra intesa importante con le Organizzazioni sindacali: quella che, garantendo i normali turni di riposo, l'attività connessa alla ricostruzione, per quanto riguarda gli alloggi e quindi l'attività della sistemazione in sito degli alloggi, dei prefabbricati delle strutture per gli alloggi, possa continuare il sabato e la domenica cioè per tutta la settimana, senza interruzioni nella settimana lavorativa.
Oggi io rivolgo un'altra richiesta alla Regione Piemonte e a tutte le Regioni. Si è parlato della dislocazione degli aiuti per zone. Questa venne decisa a maggio, nel momento di maggiore emergenza. Per la verità, ha dato luogo ad alcuni accavallamenti, nel senso che ci sono zone dove operano due Regioni e zone dove non ne opera alcuna. Allora si arrivava come su un campo di battaglia, e la pattuglia in arrivo si fermava dove trovava le prime macerie. Ora è necessario ridisegnare questo tipo di intervento, in modo che non nascano confusioni, non si sciupino energie. Lo stesso discorso vale per la solidarietà internazionale. Bisogna evitare, come si fa oggi per i regali di nozze, di regalare la dodicesima zuppiera. Si rischia tante volte di dare, sul piano di certe iniziative molto generose tre istituti per anziani ad un Comune dove non ce ne sono mai stati e dove forse non c'era alcuna ragione per crearne anche uno solo. Occorre una programmazione, dunque, per far si che il moltiplicatore sia efficiente altrimenti si rischia di disarticolare gli interventi, di agire senza coordinazione rispetto ad un fatto importante. Se vogliamo riuscire a riportare a primavera tutta la collocazione nella zona, dovremo avere parallelamente dei servizi, anche di emergenza, anche non definitivi, che consentano di alloggiarla in strutture che abbiano tutti i servizi necessari per essere operative e funzionali.
Ho proposto pertanto alle Regioni la costituzione di un Comitato permanente, che si riunisca regolarmente, non in modo episodico ed eccezionale, al quale gli Enti regionali possano inviare un loro rappresentante, che può essere un ufficiale di collegamento che tenga poi i contatti con l'autorità regionale, al fine di esaminare, e per il periodo di emergenza e per il periodo immediatamente successivo all'emergenza tutti i problemi, in modo da dare una risposta alle richieste che vengono avanzate.
Devo dar atto che il Presidente del Consiglio regionale, telefonandomi subito il primo giorno, mi chiese di precisargli di che cosa ci fosse maggior necessità. Poiché ci troviamo a dover fronteggiare una situazione tremendamente difficile è importante, infatti, che si riesca a far funzionare il moltiplicatore dello Stato in modo preciso ed in modo particolarmente efficiente e puntuale.
Ecco, dunque, il quadro che noi abbiamo di fronte. Nella commozione del Presidente del Consiglio regionale all'inizio io ho colto quella che è stata ed è la commozione di tutti coloro che, come noi, sono stati sul posto ed hanno visto di persona la commozione di una classe politica che si trova di fronte ad un compito terribile. La battaglia che ci attende pu sembrare una battaglia disperata. Ma io dico che disperata non è, dico che ce la faremo, se riusciremo a realizzare tutte quelle procedure di cui abbiamo parlato e che rappresentano l'unica vera garanzia per il successo di una operazione che è si una grande operazione di protezione civile, ma che forse è qualcosa di più, è il segno della volontà di un Paese di essere all'altezza delle responsabilità che deve affrontare e di poter dare delle risposte giuste, politicamente appropriate, anche quando una sventura incredibile può far pensare che gli eventi possano essere più forti delle istituzioni democratiche, del modo di vivere e di essere delle istituzioni democratiche. Le istituzioni democratiche possono avere, anche nella sventura, la forza di affrontare compiti apparentemente insuperabili come questo e possono sviluppare la loro azione in termini di grande efficienza.
Vi ringrazio di cuore per quel che farete, perché il mio compito qui non è solo quello di ringraziarvi per il passato ma anche, scusatemi, di stimolarvi per l'avvenire.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare, per concludere il dibattito, il Presidente della Giunta regionale, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signor Commissario, signor Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, signori Consiglieri, nel concludere questo incontro io intendo rinnovare, se ancor ve ne fosse bisogno, l'impegno che la Giunta regionale del Piemonte ha assunto fin dal giorno successivo all'evento calamitoso inviando una delegazione, come ha ricordato il Presidente della Giunta regionale friulana, ad assicurargli la solidarietà della Giunta regionale del Piemonte.
Vorrei anche dire che concordo con il Presidente del Consiglio Sanlorenzo quando dice che questa è una riunione di lavoro e non una riunione di ringraziamento per quanto è stato da noi fatto in Friuli. Che questo incontro tra il rappresentante del Governo, la Regione oggi colpita dalla calamità e la Regione Piemonte, che ha dato un grosso contributo fosse opportuno lo si deduce da tanti fattori. Proprio stamane ho letto nell'ultima pagina de "La Stampa", un titolo significativo: "A pezzi, dopo Seveso, il mito della Regione". Analoga affermazione era stata fatta subito dopo il disastro di maggio nei confronti della Regione Friuli. Si è voluto cioè, da qualche parte accusare di incapacità di svolgere il suo ruolo l'istituzione regionale allorché le calamità naturali, si abbattono sulle popolazioni con maggior intensità.
La riunione di oggi, quindi, cade proprio a proposito per contrastare quella prospettiva negativa che ancora stamane viene evidenziata da "La Stampa" di Torino, ed ha certamente come fine quello di un rilancio dell'attività regionale.
Qual è il ruolo che la Regione oggi vuole assumersi di fronte al sempre più frequente ripertersi di calamità cosiddette naturali? Anzitutto, la Regione si rifiuta di accettare eventi siffatti come qualcosa di fatale, di ineluttabile. Io non concordo con quanti affermano che le calamità naturali, per certo verso, non sono in alcun modo né prevedibili n comunque evitabili. E' una questione cui già abbiamo dedicato un lungo discorso, non soltanto ora, ma in occasione delle varie calamità che si sono susseguite con una certa frequenza sul nostro Paese negli ultimi dieci anni (mi riferisco al Vajont, al Belice, e anche all'alluvione nel Biellese di qualche anno addietro e più propriamente alla situazione nel Friuli oggi). Oggi, in presenza del rappresentante del Governo, noi intenderemmo qui proporre un discorso che va oltre la decisione, giusta, di soccorrere di aiutare le popolazioni del Friuli, un discorso che noi riteniamo debba essere fatto in sede globale.
Noi diciamo che la tendenza al fatalismo si sconfigge quando si riesce a dare una esatta valutazione dei fenomeni che si verificano sul territorio, ad andare alla radice profonda delle cause che generano queste calamità naturali. E ciò è reso senza dubbio possibile dall'alto livello ormai raggiunto dalle cognizioni scientifiche. Già abbiamo visto queste cognizioni applicate: pensiamo al Giappone, alla Cina, ove in questi giorni, grazie alla previsione scientifica, è stato possibile limitare notevolmente l'entità dei danni dell'evento verificatosi in questi giorni.
Le Regioni devono rendersi parte attiva in questo processo. Che cosa intendo dire? La calamità naturale, in genere, o insorge dal territorio, o lo viene a colpire. Pertanto, la Regione, che ha proprio competenza sull'assetto del territorio, condizione essenziale per la gestione del territorio, viene ad essere investita in prima persona di questo nuovo ruolo. Ecco perché noi respingiamo recisamente la contestazione del ruolo dell'Ente Regione, proprio nel momento in cui si vede l'istituto regionale il "mito della Regione", attaccato sulla base della presunta incapacità di operare quando una calamità naturale di vasta portata si abbatte all'interno di una comunità regionale.
Dobbiamo però rilevare, onorevole Commissario rappresentante del Governo, nel chiedere che si attui effettivamente il raccordo che lei ha auspicato fra Governo e comunità regionali, comunità locali, che occorre far chiarezza sui ruoli, le attribuzioni, le competenze che devono essere date in questa direzione. Questo è il primo punto su cui noi intendiamo porre l'accento oggi: la necessità dell'approfondimento scientifico, perch sono gli studi scientifici che ci permettono di prevedere i fenomeni naturali in tempo utile per contenerne le conseguenze, della programmazione, come lei ha voluto sottolineare, in caso di calamità.
L'indulgere al fatalismo, l'adagiarsi nella convinzione della impossibilità di programmare il da farsi prima che una calamità si verifichi ci ha portati alle situazioni disastrose che noi constatiamo oggi nel Belice e nel Friuli.
Ecco, quindi, quello che noi dobbiamo dire nel tirare le somme di questo nostro incontro, che, per essere una riunione di lavoro, come giustamente è stato definito, non soltanto una riunione dedicata al ringraziamento (noi respingiamo l'ipotesi che le nostre due Regioni abbiano voluto solo a questo scopo), deve portare a conclusioni concrete. Nel momento in cui proprio l'attività regionale viene colpita in merito ad eventi come quello di Seveso, come quello della Sicilia, come quello del Friuli, noi vogliamo qui riaffermare proprio la capacità delle forze locali a cui si è fatto riferimento di incidere profondamente anche nel senso di prevenire nel limite del possibile le conseguenze delle calamità, senza attendere passivamente che queste si scatenino per correre ai ripari.
In relazione a ciò, dobbiamo anche prevedere provvedimenti da parte governativa che consentano, per esempio,alle Regioni di porre condizioni vincolative per la costruzione di fabbricati in zone in cui è noto esservi un'attività sismica. Se a ciò si fosse provveduto già qualche decennio addietro, certamente tutti gli edifici sorti negli ultimi trenta, quaranta cinquant'anni nelle zone sismiche non avrebbero risentito eccessivamente l'effetto delle scosse.
Questo, dunque, dobbiamo chiedere al Governo oggi, se vogliamo impedire lo scadimento del ruolo della Regione e anzi promuovere, come io ritengo sia obiettivo fondamentale di questa riunione, un rilancio della capacità delle forze regionali, delle forze delle autonomie locali, delle comunità locali, a determinare globalmente l'intervento che si può svolgere sul territorio.
Certo, noi vorremmo che nelle zone del Friuli, così gravemente colpite non si facesse soltanto una ricostruzione anche oggettivamente interessante o rapida, ma si prefigurasse già una linea di tendenza diversa, che cioè praticamente tenesse conto del ruolo nuovo che la Regione deve avere nell'assetto del territorio, che riguardasse cioè specificamente ed oggettivamente tutti gli accorgimenti atti ad evitare che siano irreparabili i danni di un eventuale nuovo fenomeno tellurico, attraverso ipotesi di ricostruzione estremamente vincolanti a cui la Regione possa porre mano. Solo in questo modo si potrà prefigurare una futura attività rispetto alle calamità naturali.
Mi pare questo il significato che dobbiamo trarre dall'incontro odierno, a conclusione del quale la Giunta regionale ribadisce tutto il suo impegno a proseguire nella sua attività di sostegno in mezzi, in risorse umane e anche in risorse finanziarie in favore del Friuli, fino a quando in questa Regione tutto non sia stato interamente ricostruito, memore anche della parte importante che la gente friulana ha avuto nella prima attività industriale della città di Torino, perché la prima immigrazione nella città di Torino e la prima fase di costruzione industriale, di impianto industriale nella città di Torino, vide presenti migliaia e migliaia di friulani, che oggi hanno ancora - proprio l'altro giorno sono venute le associazioni alla sede regionale - salde basi all'interno della nostra Regione.



PRESIDENTE

La seduta è tolta. I lavori proseguiranno oggi pomeriggio, alle ore 15 come previsto nella convocazione.



(La seduta ha termine alle ore 12,30)



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