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Dettaglio seduta n.62 del 19/07/76 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I Consiglieri hanno ricevuto l'ordine del giorno che reca: Approvazione verbale precedente seduta Comunicazioni del Presidente Relazione della Giunta regionale sulla visita alla Commissione Esecutiva della CEE Istituzione della Consulta regionale per i problemi europei Esame disegni di legge n. 99, 96, 90, 54 Infine due deliberazioni della Giunta regionale.


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

Il processo verbale della seduta dell'8 luglio è stato trasmesso per posta ai singoli Consiglieri unitamente all'ordine del giorno. Se non vi sono osservazioni lo possiamo ritenere approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i consiglieri Bianchi, Fonio, Marchini Cardinali, Calsolaro e Menozzi.


Argomento:

b) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Comunico l'apposizione del visto da parte del Commissario del Governo alla legge regionale 7.6.76 "Norme e criteri per la programmazione gestione e controllo dei servizi consultoriali"; alla legge regionale 9.6.76 -Integrazione straordinaria del capitolo 236 di spesa del bilancio per l'anno finanziario 1976 per favorire l'esercizio del diritto allo studio"; alla legge regionale 9.6.76 "Definizione degli ambiti territoriali dell'unità locale dei servizi".


Argomento:

c) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

E' invece mancata l'apposizione del visto del Commissario del Governo alla legge regionale 9.6.76 "Norme per la costituzione e riconoscimento delle associazioni dei produttori zootecnici e per la determinazione del prezzo di vendita del latte alla produzione".


Argomento:

d) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i progetti di legge: proposta di legge n. 109 "Norme per l'istituzione ed il funzionamento delle biblioteche degli Enti locali" dal Consigliere Calsolaro disegno di legge n. 110 "Istituzione di servizi di mensa per il personale regionale" dalla Giunta regionale disegno di legge n. 111 "Modificazioni alla legge regionale 6.5.74 n. 13 e rifinanziamento di alcuni interventi" dalla Giunta regionale disegno di legge n. 112 "Rifinanziamento e modifiche della legge regionale 16.5.75 n. 28 'Norme per l'incentivazione delle iniziative di Enti locali di Enti ospedalieri e di istituzioni di assistenza e beneficenza, assistite dal contributo regionale e istituzione degli organi consultivi in materia di opere pubbliche di interesse regionale"' dalla Giunta regionale


Argomento:

e) Telegramma di augurio ai neo Presidenti del Senato e della Camera


PRESIDENTE

La Presidenza del Consiglio ha ricevuto un telegramma di risposta ai due telegrammi che mi ero permesso di inviare, a nome di tutto il Consiglio, al Presidente del Senato Amintore Fanfani ed al Presidente della Camera dei Deputati Pietro Ingrao.
Il telegramma di risposta del Presidente della Camera, Ingrao, dice: "Ti ringrazio per gli auguri e ti prego di porgere il mio saluto a tutto il Consiglio regionale e di assicurarlo che concordo pienamente sulla necessità di sviluppare ed arricchire i collegamenti tra Parlamento e Regioni, come strada fondamentale per dare efficienza e articolazione allo Stato nuovo voluto dalla Costituzione. Sono convinto che questa è anche la via per affrontare meglio i pesanti problemi che hanno travagliato l'economia di una forte e decisiva Regione come il Piemonte. Sarò lieto di ogni occasione che mi verrà data di essere informato su questi problemi e di potere contribuire a questa collaborazione fra la Camera ed il Consiglio regionale del Piemonte. Accogli i miei auguri di buon lavoro".
Credo che possiamo ringraziare di questa risposta non formale che assume anche l'impegno di disponibilità ad affrontare assieme ogni problema che possa essere di comune interesse.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario - Questioni internazionali

Relazione della Giunta regionale sulla visita alla Commissione Esecutiva della C.E.E. (Bruxelles) e istituzione della Consulta regionale per i problemi europei


PRESIDENTE

Al terzo punto dei nostri lavori c'è la relazione della Giunta regionale sulla visita alla Commissione esecutiva della CEE.
La parola al Presidente della Giunta regionale.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, questi viaggi e questi incontri, pur così significativi ed importanti come quello che la Giunta regionale ha compiuto nei giorni scorsi a Bruxelles, possono sempre nascondere dei pericoli per la qualità, la natura, l'interesse che il viaggio e la visita possono destare da un punto di vista di superficialità, di mancanza di approfondimento, spesso di fatti epidermici che in genere le forze politiche presenti in Consiglio hanno condannato.
Vi era poi anche il pericolo che nel breve volgere di qualche giorno (tanto è durata la visita) il porsi di fronte a delle realtà di enorme portata, senza un serio approfondimento potesse generare un risultato non positivo e quindi inutile sotto l'aspetto che noi ci proponevamo.
Detto questo, possiamo ben dire, con tutta la modestia e l'umiltà che ci ha animati, che il risultato può essere considerato positivo perch pensiamo di avere raggiunto quanto ci eravamo proposti.
Il viaggio è caduto in un momento particolarmente importante nel quadro europeo, nel quadro nazionale e anche per una serie di scadenze che verranno nel prossimo autunno sia per gli stati membri della Comunità, sia per gli Stati Uniti i quali hanno un grande interesse alla problematica della Comunità.
La visita ha avuto luogo nel momento in cui i nove erano riuniti per decidere l'elezione del Parlamento europeo nel 1978 a suffragio diretto e nel momento in cui, a seguito delle elezioni del 20 giugno, si va a formare un nuovo governo che dovrà affrontare con ben altre decisioni e con ben altro interesse la problematica dell'unificazione e della costruzione dell'Europa e quindi, sia pure da un punto di vista modesto, la rappresentanza del governo regionale piemontese assumeva il valore di un contributo di presenza, di spinta, di elaborazione e di decisione per l'unificazione europea e per l'approfondimento di tutti i temi che sono di interesse per la nostra comunità regionale ed in genere per tutte le autonomie.
Il gruppo di Assessori e funzionari che si sono recati nei giorni 15 e 16 luglio a Bruxelles presso la CEE era composto,oltre che dal Presidente e dal Vice Presidente della Giunta regionale, dagli Assessori all'Agricoltura, Istruzione, Programmazione, Bilancio, Finanze Pianificazione territoriale e da alcuni funzionari interessati a certi problemi in rapporto con la CEE.
La visita è caduta nel momento in cui stava avvenendo un rilancio di notevole impegno, perché è a tutti voi nota la problematica che la scelta dei nove con l'elezione a suffragio diretto ha posto in molti paesi membri della Comunità, basti citare l'Inghilterra e la Francia per i loro meccanismi elettorali, per le loro antiche tradizioni, per il loro modo di collocarsi rispetto alla problematica delle elezioni e per la loro gelosa tradizione di difesa degli interessi nazionali e quindi l'essersi spogliate, attraverso questo meccanismo di delega di sovranità al nuovo Parlamento europeo, rende diverso il rapporto che si è instaurato proprio nel momento in cui la nostra delegazione era a Bruxelles.
Riteniamo quindi che nella costituzione del nuovo governo nazionale, se un valore ha l'iniziativa della Regione Piemonte - non trascurabile come valore dal punto di vista delle sue tradizioni storiche, della sua decennale vocazione europea, della sua collocazione come regione frontaliera dialogante già con il resto dell'Europa - è indispensabile che per questa spinta che proviene dalla Regione Piemonte, dalle sue popolazioni da sempre, in quel filone di tradizione storica che fu già cavouriana e che successivamente si interruppe per una serie di circostanze storiche che non sto qui a ricordare, ma che sono a voi tutti note, è indispensabile che il nuovo governo nazionale guardi in questa prospettiva all'Europa sì, ma anche alle Regioni, conferendo loro piena autonomia di funzioni e di decisioni, non ponendosi in posizione di contrapposizione o scontro neanche su temi come il rapporto con la CEE.
Del resto la Regione - e l'ha dichiarato al rappresentante permanente presso la Comunità, Ambasciatore Plaia - non intende certo assolvere ad un ruolo di cosiddetta "politica estera", tuttavia il Governo nazionale nel valutare il rapporto Regione-CEE deve tener conto di diversi aspetti.
La CEE intanto emana una legislazione in materie che sono di competenza primaria delle Regioni; agricoltura, formazione professionale, problemi sociali, ecc.
Pertanto le Regioni, poiché la legislazione CEE è applicabile negli Stati membri, si trovano a dover affrontare leggi applicando una normativa generale alla cui formulazione non hanno concorso, neanche in funzione propositiva. Quindi uno degli scopi che la delegazione della Giunta regionale si poneva era quello di partecipare più attivamente, più profondamente alla gestione, alla formulazione di decisioni che cadevano in materie o in campi di competenza regionale; in secondo luogo di conoscere i meccanismi, le procedure, la ragione stessa della legislazione comunitaria ed è pertanto indispensabile in relazione ai suoi riflessi diretti sulla legislazione regionale.
Un diverso rapporto fra CEE e Regioni darebbe un notevole contributo allo stesso Governo nazionale, per una valutazione più completa della legislazione comunitaria, la cui applicazione è sovente carente, sia a causa della scarsa conoscenza all'interno, sia a causa dei meccanismi di erogazione dei contributi che poco si adattano alle nostre realtà settoriali: ad esempio, erogazione fondi Feoga, scarsamente operanti (su questo potranno riferire gli Assessori che sono stati presenti per ogni loro singola materia, se lo crederanno opportuno).
La regione dovrebbe dunque essere coinvolta indirettamente dal Governo nazionale nella fase propositiva della legislazione. Questo faciliterebbe inoltre il raccordo fra programmazione nazionale, programmazione regionale interventi comunitari.
Non vi sarà certo ignoto che proprio negli ultimi anni gli interventi fatti dalle varie istituzioni della CEE (Banca europea investimenti, Fondo sviluppo regionale) e altri interventi di carattere sociale, quelli della CECA stessa che oggi si è trasformata in un istituto di carattere finanziario, sono caduti nelle realtà regionali senza avere alcun aggancio con le programmazioni delle Regioni, o con i piani, sia pure non ancora definiti, ma comunque per grandi linee già enunciati, dello stesso Governo centrale.
Le Regioni, di fronte a questa situazione esistente, devono quindi coordinare i loro interventi ed orientare la loro scelta politica allo scopo di coinvolgere nella politica legislativa ed economica la CEE per le materie di competenza regionale.
Questo è uno dei punti che noi proporremo al Governo nella riunione che avremo con il Ministro mercoledì.
Inoltre occorre recuperare quanto è possibile per quanto riguarda la delega della 382 e la definizione giuridica dei rapporti tra Regioni Governo e Comunità.
Tutta questa problematica, che noi abbiamo evidenziato in sede di incontri, è particolarmente importante per il Piemonte perché è una regione frontaliera con caratteristiche di pendolarità di lavoratori, con problemi economici, territoriali interessanti diverse nazioni. E' una regione che ha caratteristiche di produzione agricola, con forti poli industriali che interessano la politica industriale energetica, i problemi delle case per i lavoratori, la difesa dell'ambiente, la riconversione industriale, la formazione professionale: inoltre ha forti problemi sociali generati sovente da disorganico sviluppo, programmi ed interventi CEE per la soluzione di gravi problemi sociali.
Per quanto riguarda la questione energetica la Comunità è intervenuta attraverso la banca degli investimenti per una centrale sita a Trino Vercellese, intervento di cui abbiamo avuto notizia a Bruxelles.
Numerosi impegni assunti dunque dalla Giunta regionale del Piemonte nel suo programma di insediamento sono prevedibili e finanziabili attraverso interventi della Comunità; di qui l'importanza di conoscere le possibilità per attingere a queste fonti.
Nei vari incontri che abbiamo avuto abbiamo già posto questa esigenza ma vi è anche l'esigenza di raccordare programmazione regionale con interventi di altre forze industriali ed economiche. Anche qui abbiamo rilevato che la Comunità più volte è intervenuta in problematiche di investimento nello stesso territorio piemontese, al di fuori dei raccordi tra la programmazione regionale piemontese e quanto si andava inserendo nell'economia e nella produzione del Piemonte: citiamo per tutti gli investimenti degli organismi comunitari per la Torino Savona, per il Frejus ed altri ancora che sono caduti in modo disorganico nel nostro territorio regionale, quando, invece il compito della Regione, attraverso il suo piano di sviluppo, è quello di poterli raccordare, nei limiti del piano di sviluppo e della programmazione, rendendoli veramente operanti e non isolati, con una trattativa che viene al di fuori degli stessi organi centrali che spesso prendono solo atto delle domande.
Tuttavia, a parte l'esigenza di conoscere ogni possibilità di accedere ai programmi CEE, la Regione Piemonte ha ritenuto di dover rivendicare in primo luogo l'autonomia dell'istituzione di "dialogare" con ogni organismo nazionale ed internazionale, senza per questo scontrarsi con il governo nazionale. E questo è un punto che abbiamo voluto porre nel momento in cui abbiamo dato inizio a questo viaggio di incontro, cioè che, pur nella rottura dell'antico modo di porsi del governo nazionale rispetto alle problematiche Regioni-Comunità, non intendevamo con questo sostituirci ad un'azione che il governo centrale andava compiendo, bensì era una forma di contributo alle problematiche che sono di fronte a noi.
Questo verrà rivendicato ancora mercoledì nel dialogo che alcune Regioni avranno con il Ministro per le Regioni, in Roma.
Il Piemonte intende svolgere anche fra le altre Regioni un'azione di sensibilizzazione in questa direzione. E dobbiamo dire che presso la Comunità abbiamo incontrato la Provincia di Lucca, alcuni mesi addietro la Comunità si era incontrata con l'Emilia Romagna, la Puglia, il Veneto, la Sicilia che avevano posto i particolari interventi attinenti a problematiche spesso di natura agricola, o anche non agricola, presenti nelle singole Regioni.
Quindi, proprio nel momento in cui vi è questa scadenza elettorale cioè l'elezione del Parlamento Europeo, occorre che non soltanto di rilancio si tratti, ma di un autentico contributo che le singole Comunità regionali (parliamo di Comunità regionali, ma parliamo anche dei singoli Enti locali) siano presenti in questo processo che vede l'unificazione dell'Europa non soltanto da un punto di vista economico, ma anche come Europa dei popoli, che supera quella che è stata finora la problematica dell'Europa degli Stati nel senso che non solo diamo avvio a questo processo di carattere economico, ma diamo avvio ad una vocazione di unificazione dell'Europa.
Ecco allora che abbiamo detto che la Regione Piemonte si poneva in questi termini della rottura dell'antico modo, in un nuovo modo di partecipare, di ricollegarsi, di essere presente, di collocarsi in un rapporto di programmazione che fosse veramente tale da consentire la partecipazione ad ogni scelta fatta dalla CEE.
Dobbiamo dire anche che molti rapporti sono stati mediati proprio negli ultimi decenni attraverso quest'opera che, seppure ha visto fino ad oggi soltanto la presenza degli Stati, via via sempre di più vede anche la presenza delle comunità locali.
Proprio a Bruxelles i lander tedeschi hanno già aperto i propri uffici presso il governo tedesco è già presente una delegazione dei lander che partecipa costantemente alle decisioni che interessano le singole comunità che quindi hanno non soltanto questo accesso come motivo formale, ma come motivo sostanziale di autentica partecipazione di tutte le comunità regionali esistenti in Europa.
D'altronde non è ignoto che questo processo, là dove si è parlato forse impropriamente dell'Europa delle Regioni, è venuto avanti con l'allargamento della Comunità europea ed ha visto presenti moltissime Regioni alla costruzione dell'Europa.
Di qui l'esigenza - di cui abbiamo parlato nel Convegno sulle problematiche dell'Europa - di un ufficio della Regione Piemonte a Bruxelles. Da parte del governo non abbiamo trovato rispondenza positiva e con un telegramma ci ha comunicato che se avessimo aperto questo ufficio ne saremmo stati responsabili in via penale ed amministrativa. E questo rapporto viene rifiutato proprio nel momento in cui a Bruxelles ci è stato comunicato che scarsa è l'incidenza del nostro Paese rispetto alle problematiche presenti degli interventi e delle risorse finanziarie.
Come voi sapete, per alcuni settori molto importanti il nostro Paese ha beneficiato soltanto del 15% delle somme spettanti, in alcuni altri settori ha beneficiato soltanto del 42% (potremo dare tutti i dati precisi).
Le comunità locali non vogliono porsi nella prospettiva di essere i Ministri degli Esteri di uno Stato che non esiste, perché evidentemente non siamo lo Stato, ma vogliono operare, essere partecipi, dare un contributo alla soluzione dei nostri problemi, ma non hanno avuto modo di ottenere aiuto da parte del governo; e di questo mercoledì discuteremo.
Gli incontri sono stati assai numerosi e voglio ringraziare il vice Presidente della Commissione, on. Scarascia Mugnozza, che in più occasioni ci è stato vicino; devo anche ringraziare il rappresentante permanente presso la CEE, ambasciatore Plaia col quale abbiamo avuto un lungo colloquio ed anche l'ambasciatore Guazzeroni che ha sostituito Altiero Spinelli quale membro della Commissione per problemi dell'industria, col quale abbiamo avuto un dialogo costante; una serie di funzionari poi ha voluto evidenziarci ogni problematica esistente nella CEE.
Dobbiamo dire che i momenti di autentico incontro sono stati quelli sull'agricoltura, sui problemi sociali, sul fondo per le Regioni, sugli investimenti.
Per quanto riguarda l'agricoltura vi è stato l'impegno di esaminare dei progetti in determinati settori di politica, specialmente della forestazione; attraverso la Banca europea degli investimenti abbiamo invece esaminato alcune possibilità di investimenti nel settore della cattura e imbrigliamento delle acque di irrigazione e dell'alta distribuzione dell'acqua, proprio nel momento in cui l'Europa era investita da questa problematica.
Sui problemi sociali potrà riferire l'Assessore Fiorini. Abbiamo avuto altre assicurazioni di importanti interventi per quanto riguarda la formazione professionale.
In genere, però, in tutti gli incontri, l'osservazione è stata che la Regione deve porsi come momento di programmazione, cioè come momento in cui la problematica non è più episodica, ma e' garanzia dell'intervento della Comunità.
Negli incontri vi è stato anche un confronto per quanto riguarda i disegni di legge qui presenti per il recepimento delle tre direttive comunitarie e abbiamo avuto, da parte della sezione a ciò preposta, la perfetta conformità fra le tre leggi di recepimento delle direttive comunitarie e le direttive della Comunità stessa e la sollecitazione al varo ed alla messa in opera delle tre leggi, perché, senza queste tre leggi di recepimento delle direttive comunitarie, non è possibile alcun intervento in determinante materia a favore del nostro Paese.
E quindi, pur rifiutando la delegazione di porsi esclusivamente come motivo di cattura di alcune sovvenzioni, che pure per certa parte ci sono anche state promesse se sussisteranno determinate condizioni, come quella dell'imbrigliamento delle acque, dei vari progetti esistenti nella Regione Piemonte in relazione alla casa legata ad alcune attività di carattere industriale come la siderurgia, come la formazione professionale in cui il dialogo è stato assai approfondito, in più è stato detto che con il 1977 il problema del fondo regionale di sviluppo che attualmente per le direttive del governo viene indirizzato esclusivamente nel Sud, sarà affrontato nell'interesse del Paese. Non è di poco conto se si tiene presente che per il 1978 il fondo regionale spettante al nostro paese toccherà certo i 150 miliardi.
Al termine della visita, la delegazione si è incontrata con la stampa italiana cui ha espresso soddisfazione per lo svolgimento e l'approfondimento realizzatosi.
Il Vice Presidente della Commissione Scarascia Mugnozza ci ha fatto presente in quell'occasione che da parte della Comunità nell'autunno prossimo si darà inizio a una serie di seminari di approfondimento, per funzionari delle Regioni. Per il mese di ottobre avrà inizio questo approfondimento, della durata da un mese a tre, a spese della CEE e anche la nostra Regione è impegnata ad un primo avvio di rapporto a livello di funzionari, in modo da poter verificare costantemente la realtà di questo rapporto e la sua attuazione.
La delegazione ha espresso i propri intendimenti anche al rappresentante permanente, Plaia, auspicando un approfondimento di rapporti che potrà potenziare il ruolo delle autonomie e la posizione stessa del nostro Paese all'interno dell'Europa. Su ciò l'ambasciatore Plaia ha concordato ed ha concordato anche l'on. Scarascia Mugnozza, uno dei parlamentari più autorevoli della Comunità.
Tutti hanno rilevato che,di fronte a questi rapporti, uno dei problemi è la mancanza di conoscenza, di partecipazione, di informazione che oggi esiste a livello della Comunità, cioè l'assenza di un'approfondita informazione, di una larga partecipazione tanto che molti fatti vengono vanificati.
La nostra delegazione si è impegnata ad operare in questa direzione, a fare in modo che sia sempre più allargata, anche a livello di funzionari la conoscenza di questa realtà che non è affatto trascurabile.
Si noti che il bilancio della Comunità è di 8.200 miliardi; la Banca europea degli investimenti e la CECA, che è poi diventata un organismo di carattere finanziario, operano ogni anno con degli interventi di sostegno finanziario ad un tasso di interesse assai basso, a lungo termine, ciascuna per mille miliardi, tanto che è presente oggi nella Comunità la possibilità di un intervento, nei vari settori, di ben 10.000 miliardi, cifra non trascurabile se si pensa che per alcuni settori il nostro Paese è investito con percentuali assai alte che possono rendere ben più forte la nostra economia e portano all'eliminazione degli squilibri esistenti.
Uno dei problemi che la Comunità ha di fronte è l'eliminazione degli squilibri territoriali esistenti oggi all'interno della Comunità. Se non vado errato era proprio Tindemans che parlava delle due velocità: la velocità delle zone forti e che andavano ancora più forte e la velocità delle zone economicamente, strutturalmente e socialmente più deboli che avevano una velocità diversa.
Ma ciò postula un'ultima osservazione. La parità che noi chiediamo in sede comunitaria, che da dichiarazioni lette in questi giorni parrebbe essere posta nel nulla, se crediamo a quanto ha detto in questi giorni il cancelliere tedesco, cioè quasi di una realtà subalterna del nostro Paese nell'ambito della Comunità, questa parità postula anche dei prezzi di serietà, dei prezzi di autentico concorso a livello comunitario non come fatto episodico ma come problema centrale come ci è stato ripetuto più volte in quella sede.
E se questo prezzo deve essere pagato, se veramente noi crediamo alla costruzione dell'Europa, alla parità nei rapporti comunitari, evidentemente occorre che siano cambiate molte cose all'interno ed all'esterno del nostro Paese; perché se si paga questa parità, se dobbiamo giungere a non più reclamare, all'interno della libertà che si opera nella Comunità costantemente dei divieti, dei dazi mascherati sotto vari aspetti, ci postula però da parte delle comunità locali che hanno così vivo interesse per la costruzione europea una maggiore serietà ed un maggiore impegno.
Questo ci è parso il discorso che abbiamo colto in quelle giornate, là dove questi rapporti così diversi, spesso non paritari come vorremmo invece che fossero, si sono venuti via via evidenziando.
Ma l'impegno che il governo regionale ha voluto assumere in questi giorni ha significato proprio di voler modificare radicalmente molte cose attraverso un impegno serio, fattivo, ma con tutti gli sforzi e con tutti i sacrifici che la parità comporta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Mi sembra che la relazione fatta dal Presidente della Giunta sulla visita alla CEE a Bruxelles sia stata molto allargata e si sia parlato di problemi europei.
Mi parrebbe opportuno, per ragioni di economia e di tempo e per unitarietà di discorso, per evitare di ripeterci, che l'argomento all'ordine del giorno "Istituzione della Consulta regionale per i problemi europei" fosse unificato al tema che stiamo trattando.



PRESIDENTE

Consigliere Oberto, lei mi ha letteralmente tolto la parola di bocca e ho visto dagli assensi dei Consiglieri che sono tutti d'accordo.
La proposta formale è quindi quella di accogliere la sua proposta di unificare i punti terzo e quarto dell'ordine del giorno. Vi pregherei per di sopportare ancora due o tre minuti di informazioni su ciò che è il progetto di delibera che viene presentato, in modo da avere tutto il quadro.
La delibera che il Consiglio si accinge ad esaminare e mi auguro, ad approvare, con la quale si costituisce la Consulta regionale del Piemonte per i problemi europei, costituisce prima di tutto una misura concreta coerente con l'impegno più volte manifestato da tutte le forze democratiche del Piemonte, di inserire attivamente la nostra Regione nel tormentato e contraddittorio processo di unificazione europea.
Ci ha mosso, nel progettare questa iniziativa, una visione corrispondente agli interessi specifici, economici, culturali e politici della nostra Regione, impegnata ad uscire dalla crisi per vie nuove, un interesse non localistico,autarchico, ma tale da avere ben presente la necessità e la priorità della questione meridionale come condizione per un nuovo sviluppo che non significhi soltanto espansione disordinata accompagnata da crisi ricorrenti e un orizzonte europeo dove non ci sono traguardi mitici che possono essere raggiunti da decisioni di vertici di governo, ma obiettivi economici e politici concreti da raggiungere attraversa l'iniziativa. La mobilitazione e l'impegno unitario di tutte le forze che vogliono una Europa nuova; democratica e antifascista.
La nostra assemblea esamina il progetto di delibera della Consulta regionale, la prima che si crea nel nostro Paese, a livello delle Regioni dopo la decisione finalmente presa il 12 luglio di andare alle elezioni dirette per il Parlamento Europeo nella primavera del 1978 con un Parlamento che sarà costituito da 410 membri contro i 193 attuali.
E' una decisione positiva che dovrà essere seguita adesso dalla ratifica dei singoli Parlamenti europei.
Noi auspichiamo - ed in questo senso assumiamo l'impegno - che sarà subito oggetto di lavoro concreto della Consulta appena insediata, quello di promuovere tutte le iniziative capaci di far sì che le elezioni non siano un fatto burocratico, ma coinvolgano davvero le grandi masse popolari dell'Europa, del nostro Paese e della nostra Regione.
Avremmo auspicato che la decisione avesse comportato anche l'adozione di un unico sistema elettorale, per far sì che l'assemblea fosse veramente rappresentativa delle correnti ideali e politiche dell'Europa occidentale ma, ripeto, questo risultato positivo deve essere apprezzato come primo punto di approdo della pressione e delle esigenze indilazionabili di procedere assai più rapidamente, ora, a tutte le altre misure di democratizzazione delle strutture della Comunità europea, senza le quali la stessa decisione delle elezioni sarebbe gravemente limitativa.
In effetti occorre avvertire che non si può aspettare il 1978 per raggiungere precisi risultati nella soluzione dei problemi economici che caratterizzano, sia pure in modo diverso, la crisi delle varie aree europee. E' in questo senso che si precisa la finalità della Consulta regionale, prima di tutto come sede di confronto, di incontro e di possibili decisioni comuni di un ampio arco di forze politiche e sociali che, pur mantenendo la loro autonoma sfera di azione e la piena autonomia di giudizio, troveranno nella Consulta regionale finalmente una sede di incontro non occasionale e anche la possibilità di eliminare la dispersione, la frammentazione, a volte la sterilità, la demagogia l'inefficienza di iniziative che alle altisonanti parole del passato non hanno fatto corrispondere risultati concreti, oppure che fanno corrispondere in questi ultimi giorni dichiarazioni altisonanti, ma che vanno in una direzione esattamente opposta a quella di un'Europa dove tutte le nazioni abbiano evidentemente dignità eguale e parità di diritti e di doveri.
Ed ecco allora perché fra le finalità della Consulta appare quindi la necessità di affrontare i problemi concreti della economia e del lavoro, i problemi dei lavoratori emigranti, i problemi dell'istruzione professionale, i drammatici problemi di una agricoltura che, proprio nel suo aspetto comunitario, deve compiere una radicale inversione di finalità e di politiche.
Nello stesso tempo attraverso la Consulta sarà possibile non solo procedere ad un processo di unificazione a livello regionale delle conoscenze, delle soluzioni adatte e delle iniziative opportune da intraprendere per risolvere i problemi che prima ho citato, ma sarà altresì possibile avviare i contatti con altre realtà locali e regionali europee.
Tale linea deve portare ad un processo, auspicato da tutte le forze democratiche, di regionalizzazione dell'Europa occidentale che abbia solide strutture democratiche e metta con i piedi per terra il discorso dell'Europa e delle Regioni e i nuovi poteri che occorrerà dare alle autonomie locali nel nostro continente. Si deve così anche interpretare la spinta di fondo alla partecipazione democratica ed all'autogoverno che caratterizza questo periodo della nostra storia, non solo d'Italia, ma in molte nazioni interessate e percorse da profondi processi di rinnovamento istituzionale e politico.
I colleghi avranno già avuto modo di vedere le finalità che vengono proposte e la struttura della Consulta.
La sua formulazione originale è stata oggetto di discussione sia a livello nazionale dell'Associazione dei Comuni d'Europa, sia presso la Commissione d'azione europea che si è riunita a Rouen il 9 e il 10 luglio.
Vorrei informare Consiglieri regionali dell'interesse che questa esperienza ha destato presso altri paesi per la possibilità di una sua diffusione e di una sua azione in realtà politiche assai differenti e dove le posizioni politiche diverse, a volte contrapposte, differente grado di regionalizzazione rispetto all'Italia come in Belgio, in Olanda e nella stessa Francia, possono costituire degli ostacoli alla convergenza, che invece è certamente necessaria, di tutte le forze europeiste nel proseguimento di obiettivi che a parole vengono sempre riconosciuti come comuni, ma nei fatti risultano non solo disattesi, ma a volte giungono a risultati divaricanti.
Se il Consiglio approverà la delibera occorrerà dare vita al più presto all'insediamento della Consulta e ad un suo programma di lavoro e di iniziative che dovranno essere discusse in quella sede.
La Presidenza del Consiglio, nel licenziare il progetto, intende ringraziare esplicitamente tutte le organizzazioni e movimenti europeisti che hanno contribuito all'elaborazione del progetto che certo costituirà anche nei prossimo futuro, una delle forze fondamentali per dare vita ad un nuovo periodo nella costruzione dell'Europa dei popoli, della democrazia della cooperazione economica internazionale, dell'amicizia e della pace.
Questa è l'introduzione che mi permetto di aggiungere alla proposta di delibera che è stata consegnata, dopo di che si può aprire la discussione sui due punti le informazioni della Giunta sulla visita a Bruxelles ed il progetto di delibera.
Chi chiede di parlare? Il Consigliere Oberto, ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Permetta ancora un attimo, per una questione preliminare, per evitare di discutere forse molto a lungo.
Tanto nella proposta di Statuto, quanto nella delibera ad un certo momento si fa richiamo allo scopo che noi ci prefiggiamo, che sarebbe quello di determinare un cuoio specifico della Regione nel processo di unificazione europea. Mi pare che si colpisca esattamente nel segno, ma poi formalmente si commette, a mio sommesso avviso, un errore quando si intitola "Proposta di Statuto della Consulta regionale del Piemonte per i problemi europei" e quando questo aspetto "per i problemi europei" si ripete tanto nella bozza di Statuto, quanto nella delibera. Mi pare che correttezza formale e logica vorrebbe che anziché parlare di problemi europei, che poi sono immensi, infiniti (si può parlare anche di geologia) ci attenessimo a quello che è lo scopo specifico indicato oltre tutto nel primo periodo della proposta di Statuto per il "processo di unificazione europea".
Sarebbe una proposta di carattere preliminare che dovrebbe sgomberare il terreno per la discussione più semplice dell'argomento.



PRESIDENTE

Stamani stiamo lavorando con lei che anticipa tutte le decisioni e gli orientamenti....



OBERTO Gianni

Ma vede, sono stato seduto su quella sedia e quindi...



PRESIDENTE

...ha una certa propensione ad interpretare il pensiero degli altri.
Questo suo suggerimento è esattamente quello che ci permetteremmo di proporre per far sì che tutte le ripetute dizioni che compaiono...



OBERTO Gianni

Non vorrei che con questo la stampa sottolineasse una specie di compromesso...



PRESIDENTE

No, no, questo è un orientamento comune di tutte le forze politiche.
La dizione corretta ed esatta risulterebbe infine essere la seguente: "Consulta regionale del Piemonte per i problemi dell'unificazione europea".
E adesso cominciamo la discussione vera e propria.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Bellomo, ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

A nome del mio Gruppo devo dare atto, più che commentarlo e discuterlo che il viaggio che ha fatto la delegazione della Regione Piemonte a Bruxelles, come già pensavamo, non e stato un viaggio turistico, e adesso che abbiamo ascoltato attentamente la relazione dettagliata, approfondita del Presidente della Giunta ne abbiamo la conferma. Questo viaggio potrebbe essere davvero l'apertura verso una problematica non tanto nuova per il tempo che abbiamo alle spalle, e oggi forse più urgente di ieri e nella quale dobbiamo porci come protagonisti Sono anche d'accordo, a nome del Gruppo, sulla costituzione della Consulta per i problemi dell'unificazione europea che vanno al di là dell'unificazione stessa, in un'accezione molto più vasta e molto più politicamente impegnativa e nei confronti dei quali dovremmo essere presenti come forze politiche, come forza regionale.
Non c'è dubbio alcuno che la decisione adottata il 12 luglio scorso dai nove capi di governo dei Paesi della CEE rappresenti un concreto passo avanti sulla strada della unificazione europea; non so se sia il caso di dire che è una decisione storica, come qualche giornale ha sottolineato certo è che la definizione e la ripartizione dei seggi del futuro Parlamento europeo (problema molto vessato in passato) è già un grosso mattone che si porta al costruendo edificio dell'Europa dei popoli.
Resta ancora da fissare la data precisa nell'anno 1978 e restano in sospeso le riserve avanzate da inglesi e danesi sulla contemporaneità delle elezioni nei nove Paesi della Comunità, ma non credo che saranno queste riserve a ritardare la nascita del Parlamento a suffragio diretto. Sarebbe stato meglio se i nove capi del governo, senza riserva alcuna, avessero potuto stabilire definitivamente alcuni criteri fondamentali come la data la contemporaneità della votazione, il metodo elettorale, tuttavia, come socialisti, prendiamo atto che finalmente ci si sta muovendo nella direzione giusta dopo che reticenze ed ambiguità di tipo diverso opposizioni e falsi entusiasmi hanno fatto perdere anni preziosi all'Europa ed ai suoi popoli sul palcoscenico del mondo,dove invece l'Europa unita aveva una parte importante da svolgere e una parola originale da dire.
Non piangiamo oggi sul latte versato e guardiamo invece alla decisione presa a Bruxelles e alla problematica che si presenta a noi italiani e anche a noi piemontesi sulla strada che ci separa dallo storico (questo sì sarà veramente storico) traguardo del 1978.
Si tratta innanzi tutto di prendere atto che gli strumenti necessari per consentire ai popoli europei di dire la loro parola nella conduzione degli affari in Europa, mediante la scelta di uomini capaci che dovranno rappresentarli, mediante il controllo sull'operato dei governi nazionali e della Commissione, sono in fase di concretamento e questa constatazione di per sé stessa rappresenta già una vittoria della volontà democratica dei popoli europei, bisogna però metterli sollecitamente in grado di operare sia sul piano legislativo, sia su quello politico.
Dalla cronaca dei giornali abbiamo appreso che entro il mese di luglio o subito dopo, dovrà essere esaminato ed approvato il progetto di convenzione sulle modalità della votazione diretta: questo atto legislativo rappresenta il necessario, doveroso, dovuto coronamento alla decisione politica del 12 luglio scorso.
Ad avviso di noi socialisti dovremo ora immetterci in una nuova dimensione, quella europea, alla quale ogni forza politica d'ora in poi dovrà ispirare la sua azione. Si tratta, in altre parole, di disporci ad entrare in un'orbita diversa da quella finora percorsa, al fine di dare un senso ed un contenuto alla volontà espressa dai nove capi di governo allora si potrà parlare di avvenimento storico in tutta la legittimità del termine, allora sarà giustificato l'uso dell'aggettivo "storico", e la giustificazione avrà un peso ed un significato maggiore se nel frattempo saranno totalmente scomparsi gli atteggiamenti di alcuni singoli governi che in realtà, pur concedendo, sul piano formale, ai più ferventi fautori della sovranazionalità l'ambito risultato della votazione diretta, sotto sotto tendono ancora a conservare i poteri reali ai governi nazionali.
Questa tendenza appare già potenzialmente in fieri nella ventilata ipotesi della creazione di un direttorio a tre vertici, una specie di troika che comprenderebbe i francesi, gli inglesi ed i tedeschi che di fatto verrebbero a detenere il bastone del comando nell'ambito comunitario su paesi come il nostro, più deboli e forse più in crisi. Questa tendenza non deve avere diritto di cittadinanza nella CEE e per mettere gli stati membri su un piano di effettiva parità sarà opportuno affrontare il problema relativo alla revisione delle strutture sulle quali è stata impostata e si è retta fino ad ora la CEE.
Questa tendenza, che per comodità di linguaggio si può chiamare insidia (rapporto Tindemans, studio intrapreso dai nove ministri degli esteri tuttora in corso e altri particolari che non mette conto di declamare in questa sede) questa insidia potrà essere verificata soltanto col prossimo vertice che dovrà svolgersi nel mese di novembre. Se sarà un vertice positivo ai fini di cui stiamo parlando, allora si comincerà a vedere qualche riforma nelle attuali strutture comunitarie e si vedrà parallelamente crescere il concetto di parità fra i popoli e quindi la stessa immagine dell'Europa dei popoli e non l'Europa dei più forti, dei pescicani, dei plutocrati. Voglio dire che soltanto in quella circostanza potremo vedere quale fine faranno proposte e concetti come quello per esempio del già detto direttorio a tre, oppure come quello dell'Europa a due velocità sul piano economico, o ancora come quello della discriminazione o rottura venuta in chiara evidenza al recente incontro di Portorico del quale, tra l'altro, oggi è densa la cronaca giornalistica per le balorde affermazioni del Cancelliere tedesco sulla scelta politica fatta dal popolo italiano.
Tutte queste cose qui succintamente narrate dimostrano alla fin fine quale sia ancora il contradditorio e non rettilineo andamento della costruzione europea; tutto ciò induce le forze politiche nazionali a vigilare attentamente perché l'edificio europeo che ha trovato il suo atto di battesimo la scorsa settimana, nasca in forma trasparente, sia sostenuto dal supporto della volontà dei popoli coinvolti, abbia i suoi poteri reali sovranazionali, affronti i problemi della CEE in termini europei e non diventi per esempio (e non ritengo irriverente l'immagine) una specie di gruviera laddove i popoli forti tedeschi, francesi, inglesi rappresentano la polpa, il formaggio ed i popoli deboli rappresentano invece soltanto i buchi: un'Europa gruvieresca non ci conviene e la respingiamo.
Ecco perché siamo d'accordo nel votare sollecitamente la Consulta, nel metterla in condizioni di operare, perché con questo strumento anche la nostra istituzione darà il suo contributo originale e preciso allo sviluppo del discorso comunitario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, il nostro intervento in questo dibattito intervento che, vogliamo subito precisare, non spazierà sui grandi temi prima affrontati dal collega Bellomo - è per così dire a senso obbligato intanto in quanto ci porta a ripetere alcune considerazioni e taluni concetti che già avevamo avuto modo di manifestare in questa sede allorquando in una precedente circostanza già qui si fece un dibattito sui rapporti Regione-Comunità europea.
Diciamo allora, di fronte alla recente visita compiuta dalla delegazione piemontese, che visite di questo genere sono senza dubbio apprezzabili e accettabili per l'approfondimento di problematiche e di realtà che in Italia sono per lo più sconosciute; valgono cioè queste iniziative nella misura in cui riescono a coltivare, all'interno del nostro Paese, quella cultura europea, quello spirito europeo, quella attenzione verso l'Europa che sorge di cui, diciamolo francamente, esiste oggi una paurosa carenza.
Ma, detto questo, dobbiamo anche subito aggiungere che iniziative del genere perdono, secondo il giudizio nostro, gran parte della loro validità nel momento in cui tendono a prefigurare un tipo anomalo di rapporto tra Regioni e istituzioni comunitarie.
E' ben vero quanto qui ha denunciato -- e noi lo abbiamo riscontrato con interesse, potremmo prendere da qui lo spunto per un dibattito di altro genere - il Presidente della Giunta sulla sconfortante realtà di uno Stato che non esiste.
Presidente Viglione, noi non ci metteremo adesso a discutere le ragioni e i motivi per cui questo Stato non esiste oggi, nel 1976, né staremo a vedere chi lo ha distrutto e perché è stato distrutto. Prendiamo atto anche noi di questa realtà, che ci era stata del resto segnalata negli incontri avuti a Lussemburgo e a Bruxelles, ma pur prendendo atto di questa realtà pur prendendo atto, cioè, di questo vuoto che esiste tra Italia e Comunità non crediamo che possano e che debbano essere le Regioni a sostituirsi allo Stato stesso, almeno sino a quando il nostro Paese rimarrà uno Stato unitario e non sarà trasformato, come anche potrebbe avvenire, in uno stato federativo, in una federazione di Regioni.
Ed allora ecco che le doglianze che qui abbiamo sentito fare ci pare che non abbiano ragion d'essere. Innanzi tutto ci sembra che si giochi, e si giochi in modo equivoco, su questa concezione dell'Europa delle Regioni perché non si viene a precisare che quando si parla di Europa delle Regioni non si intende l'Europa del Piemonte, della Lombardia, della Liguria od altro, ma si dà alla parola "regioni" tutt'altro concetto, tutt'altro significato, tutt'altro contenuto. Le Regioni sono, in altre parole, gli Stati nazionali e quindi non è con questa forzatura che si può introdurre di soppiatto il rapporto nuovo tra le Regioni e le istituzioni comunitarie.
Né vale richiamarsi all'esempio dei lander tedeschi che, come ricordava il Presidente della Giunta, hanno aperto a Bruxelles già loro uffici di rappresentanza. Siamo, in Germania , in una forma di Stato che è sostanzialmente diversa da quella italiana , abbiamo un forte esecutivo, i lander quindi hanno strutture diverse da quelle che sono le Regioni italiane. E quindi non ci si può volere confrontare e paragonare con gli esempi che qui sono stati portati.
Per cui, quando la Regione Piemonte tende, per così dire, a porsi come interlocutrice diretta nei confronti della Comunità europea, noi crediamo che punti a travalicare quelle che sono le competenze che in oggi spettano alle Regioni, punti cioè a espropriare del tutto questo Stato che è fatiscente sì, che non esiste come dice il Presidente della Giunta, ma che pur tuttavia è e deve restare l'unico interlocutore diretto nei confronti dell'Europa. Semmai la nostra azione può essere utilmente sviluppata all'interno come forma di pressione, come forma di sollecitazione, come forma di denuncia nei confronti della disattenzione che finora ha caratterizzato i rapporti dello Stato italiano con la Comunità europea; ma guai se ci incamminassimo sulla strada di un rapporto diretto che, come dicevamo, porterebbe all'esproprio totale di quelle che sono le residue competenze dello Stato, almeno sul piano della politica estera.
Detto questo, diventa anche facile comprendere perché allora noi guardiamo con estrema diffidenza alla proposta istitutiva della Consulta regionale. Questa proposta, se non andiamo errati, proviene dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, ma - e non è un riconoscimento che noi facciamo in particolare al Presidente Sanlorenzo, né vuole essere offesa agli altri componenti l'Ufficio di Presidenza - noi crediamo di dover dire che anche in questo caso c'è - ci si consenta l'espressione - lo zampino del PCI.
E' stato qui detto che si tratta della prima iniziativa del genere che viene assunta in Italia. Noi non ci stancheremo di ripetere, lo diciamo con senso di responsabilità, lo abbiamo già affermato altre volte, che qui in Piemonte è in corso una sperimentazione alquanto pericolosa ad opera delle sinistre, ad opera del PCI in particolare. Lo abbiamo rilevato in altre precedenti occasioni, crediamo che anche con questa proposta il PCI, che è diventato, diremmo, il partito europeista per eccellenza soprattutto nel volgere degli ultimi anni, dopo avere assunto in passato una posizione di netta preclusione verso l'Europa e verso la costruzione europea, crediamo che anche in questo campo il PCI stia abilmente portando avanti questo tipo di politica.
La Consulta per i problemi europei, o la Consulta per l'unificazione europea, nasce sicuramente con questo scopo e con queste finalità ed è per questo che noi non possiamo che collocarci in una posizione di attenzione critica. Respingiamo la delibera per una ragione di principio e per una ragione di metodo: la respingiamo per la ragione di principio richiamandoci a tutto quanto abbiamo sinora detto su quelle che sono, che devono restare le competenze regionali che non possono portare la Regione a travalicare da quelli che sono i suoi compiti diretti e precisi; la respingiamo per una ragione di merito quanto alla struttura che, come è noto, salva la partecipazione alla Consulta stessa del nostro Gruppo consiliare, ma esclude con la formula equivoca e intollerabile dell'arco costituzionale la rappresentanza della Destra Nazionale.
Quindi noi in sede di votazione daremo voto contrario alla proposta di delibera.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Personalmente, avrei preferito che la discussione distinguesse i due momenti: quello relativo alla relazione del Presidente Viglione e quello relativo alla Consulta; perché, indipendentemente dal fatto che effettivamente, come sosteneva il Consigliere Oberto, vi siano delle affinità per quanto attiene alle problematiche generali, diversità di giudizio dev'essere espressa in termini politici sulle due iniziative. Io penso - e questo è anche il punto di vista del nostro Gruppo, che avevamo già espresso preventivamente, indicando a quali pericoli si poteva andare incontro con iniziative settoriali - che, in fondo, il viaggio e l'approccio alla tematica europea da parte della delegazione della Giunta non sia andata al di là, almeno a sentire le conclusioni del Presidente Viglione, di scambi di informazioni sulla tematica istituzionale ma più propriamente sulla tematica di contenuti legislativi e normativi propri della legislazione della CEE.
Ora, se è vero che questo livello informativo è stato raggiunto, noi auspichiamo, lo chiedo formalmente, che più articolatamente si possa riferire su questi aspetti, così che sia possibile capire quale effettivo contributo possa dare istituzionalmente sui problemi dell'agricoltura della pianificazione urbanistica, dell'istruzione professionale l'Ente Regione nei due momenti (come è stato rilevato nella relazione Viglione) cioè nel momento proprio di contributo alla legislazione più propriamente facente capo alla CEE e in quello come ridimensionamento, riadeguamento della problematica propria della legislazione di competenza dell'Ente Regione Piemonte rispetto alla dimensione europea di alcuni problemi. Se riusciremo a mettere a fuoco questi due punti di riferimento, probabilmente il contributo che iniziative di questo genere, o altre, potranno dare avrà probabilità di essere un contributo positivo, che, secondo me, non distingue il Consiglio regionale dalla Giunta regionale, ma diviene un momento unitario di collaborazione dell'Ente Regione nei confronti di questa problematica.
Mi si permetta però di sottolineare in questa circostanza come la parte iniziale della relazione del Presidente potesse essere a mio avviso limitata, o quanto meno tenuta e circoscritta in termini di giudizio molto più sintetico. Perché ritengo che il velleitarismo che emerge, come già è stato sottolineato, dalla volontà di stabilire un nuovo tipo di rapporto istituzionale tra l'Ente Regione e la Comunità europea è troppo smaccatamente perdente, in una situazione qual è quella politica istituzionale attuale; perdente per una serie di valutazioni che sono emerse, anche se non con accentuazioni adeguate, in conseguenza del momento politico che attraversiamo, mentre si sta affrontando la fase di innovazione istituzionale verso l'elezione del Parlamento europeo, ecco rispetto al quale momento politico, indipendentemente da altre considerazioni, la dialettica sul tipo e sul modo di presenza della Nazione italiana nei confronti della Comunità europea è un tipo di discorso che dovrà indubbiamente essere riabilitato e rivisto in funzione di questa nuova prospettiva.
Noi abbiamo già detto in altre sedi - e ricordo in particolare l'intervento svolto dal Capogruppo Bianchi in altra circostanza - come sia essenziale per noi, in questa fase di avvicinamento a questo momento storico, che sarà indubbiamente l'elezione a suffragio universale del Parlamento europeo, esaltare il momento di programmazione proprio dell'Ente Regione per cercar di dare ai problemi del Piemonte una dimensione che sia accettabile nel quadro delle priorità che possono essere espresse e gestite con la legislazione e con i provvedimenti della Comunità europea. Questo è il nostro compito specifico, e indubbiamente noi ci troviamo in una fase rispetto alla quale non possiamo dire di aver molte cose nuove da proporre.
Stiamo facendo un grosso sforzo di elaborazione di un piano di sviluppo economico, ma dovremo indubbiamente decantare la grande serie di elaborazioni e di approcci a questa tematica con una serie di scelte, o come io le definisco, di progetti speciali che si possano imporre a questa attenzione, che possano effettivamente divenire oggetto di considerazione da parte della Comunità europea, non solo dovuta alla compiacenza di alcuni personaggi, per quanto illustri, rispetto alle intenzionalità espresse dalle nostre delegazioni.
Mi permetto di sottolineare ancora una volta questa esigenza nel senso di dare un contributo di decantazione di quelle che possono essere dialettiche o polemiche istituzionali, che in questo momento finiscono non col privilegiare il nostro contributo ma con il porlo in una condizione di attesa per quanto riguarda l'effettiva costruzione di una integrazione non solo di tipo economico ma anche di tipo sociale fra le diverse istituzioni europee.
Non ripeto considerazioni già fatte anche nel precedente intervento sul discorso relativo all'istituzione dell'ufficio e al rapporto che la Regione Piemonte può stabilire con la Comunità europea, né sto a sottolineare la differenza già evidenziata fra altre strutture di Comunità regionali, di Stati e di strutture federali rispetto alla posizione del Piemonte nel contesto del rapporto istituzionale oggi vigente. Io ritengo che sia molto più importante trasferire l'oggetto delle attenzioni su questa problematica di tipo istituzionale e le prospettive che si vanno aprendo, e rispetto alle quali si pone un problema politico di fondo, che è quello affrontato dal Consiglio regionale con la proposta della Consulta.
La denominazione è stata definitivamente chiarita. Era, Presidente Oberto, oggetto di una precisazione già richiesta dal Consigliere Bianchi sottoscritta anche dai Movimenti federalisti, di accentuare questo momento di riferimento della problematica sull'unificazione, anche per il contesto storico proprio nel quale si colloca l'istituzione di questa Consulta. E come dicevo, trova la sua esaltazione proprio nella possibilità di stabilire sul piano istituzionale nuovi rapporti fra le comunità (la comunità piemontese, la comunità italiana) e le istituzioni. Perch indubbiamente l'innovazione della elezione di un Parlamento europeo è una innovazione storica: siamo ben lontani dall'utopismo ottocentesco dei Saint Simon o di altre posizioni, che hanno, di fronte ad una rinuncia della sovranità nazionale, sia pure una rinuncia implicita od una limitazione ma che comunque potrebbe preludere ad una rinuncia anche più estesa per un modo di essere delle diverse comunità nazionali nei confronti di questo Parlamento, che indubbiamente è di tipo nuovo.
Si potrà discutere - e già tra i federalisti vi è polemica in proposito se il nuovo Parlamento sarà un'effettiva costituente, nel senso di reimpostare ex novo tutte quelle che saranno le strutture proprie relative al livello politico dei vari Paesi, dei vari Stati aderenti e della Comunità in generale. Indubbiamente, il riferimento ad una costituente è abbastanza proprio se pensiamo al fatto che dovranno essere attribuiti a questo Parlamento compiti che finora non sono stati attribuiti e quindi potranno essere affrontate decisamente nel vivo problematiche finora non scalfite neppur minimamente. In questo colgo la sottile, anche se in alcune accentuazioni piuttosto pesante, polemica del Presidente Sanlorenzo.
Noi ci disponiamo all'approvazione di questa Consulta con questo spirito, di accentuazione della problematica relativa al momento di confronto per la elezione del Parlamento diretto, accompagnandolo, come giustamente è detto nel documento programmatico, che prelude alla stesura dello Statuto, disponendoci ad affrontare quegli altri problemi che interessano le nostre comunità nazionali all'estero e il rapporto più proprio riferito ad alcuni temi specifici rispetto ai quali indubbiamente non ci possiamo collocare in modo critico, né rimanere insensibili alle sollecitazioni che ci provengono dalle nostre stesse comunità locali.
Rispetto a questi obiettivi, quindi, mi pare ci sia convergenza.
Mi si permettano ancora due osservazioni relative alla struttura. Noi sappiamo ancora che, come si legge nella bozza di documento programmatico vi sarà la totale adesione di tutte le forze politiche e sociali che sono state indicate qui come membri di diritto. Evidentemente, l'auspicio è che questa adesione sia la più vasta possibile, e quindi l'impegno delle forze politiche è di smussare gli eventuali sospetti di voler fare di questo organismo una inutile palestra oppure una inutile ribalta sulla quale alcune forze sociali potrebbero avanzare obiezioni sull'opportunità di andare ad uno scontro con altre forze sociali su problematiche che non sono strettamente competenza di questo ambito di discussioni e di livello istituzionale.
Io penso che questo momento di incertezza potrà essere superato nella misura in cui le forze politiche esprimeranno persone veramente qualificate a far parte della Consulta. Il Presidente Sanlorenzo, nelle riunioni preparatorie per la stesura, aveva proposto di cooptare anche personalità che sul piano della problematica europea, ma anche sul piano di un indubbio prestigio politico possano essere fonte non solo di esperienza ma di una capacità anche attrattiva e di sintesi rispetto a certe problematiche. Io penso che questa cooptazione si debba accompagnare di pari passo con l'espressione da parte delle forze politiche di pari personalità, in modo tale che ne derivi una serie rispetto alla quale il pericolo di una strumentalizzazione sterile oppure di un confronto che non produca alcun effetto sia superato dagli obiettivi che ho già prima indicato, cioè, di fatto, lo ripeto, una possibilità di allargare le occasioni di confronto per far partecipare tutto il popolo piemontese a questo confronto del '78 e arrivare a questo traguardo avendo affrontato e discusso anche alcuni problemi a dimensione europea che siano effettivamente tali da poter far capire alle comunità in quale nuova dimensione politica ci si va a collocare.
Con queste osservazioni ritengo di poter dare l'assenso del Gruppo della Democrazia Cristiana all'iniziativa della Consulta e approvare quindi il documento programmatico allegato all'approvazione dell'istituzione della Consulta stessa.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Benzi. Ne ha facoltà.



BENZI Germano

Signor Presidente, signori Consiglieri, il mio intervento sarà come al solito, molto breve. Non voglio cedere alla tentazione di far della retorica su questioni che si vanno agitando da trent'anni (per me, la retorica è uno dei peggiori difetti di noi italiani, che ci induce a parlare per ore su qualsiasi argomento). Certo, come Partito socialista proviamo vivo compiacimento per il fatto che finalmente si riesca ad intravedere per il '78 una Europa Unita, perché siamo sempre d'accordo quando si tratta di abbattere le barriere che dividono i popoli.
Il viaggio del Presidente della Giunta con la delegazione a Bruxelles è, secondo me, da considerare positivamente: anche se difficilmente da queste visite possono derivare, lì per lì, grossi risultati, esse servono a gettare del buon seme che può, ad una certa distanza di tempo, dar luogo a frutti che non tutti in questo momento riusciamo a figurarci.
Che Torino ed il Piemonte abbiano vocazione europea non lo scopriamo oggi: da anni il Piemonte guarda, per la sua espansione, principalmente alle aree confinanti europee, Francia, Svizzera...La realizzazione dei trafori alpini ha avuto proprio lo scopo di favorire il passaggio dei prodotti della nostra industria al di là dei confini. Per noi c'è minor distanza ad andare a Parigi che non a Roma. Ecco perché la nostra Regione in particolare aspira alla formazione di una grande Europa.
Poiché si è deciso di parlare insieme della relazione del Presidente e della proposta della Presidenza per la Consulta, dico subito che il mio Gruppo è d'accordo per l'istituzione di questa Consulta. Suggeriamo, poich si tratta di una iniziativa di carattere sperimentale, di tenerci pronti a modificarne la composizione, poiché nulla dev'essere immutabile, così da seguire le indicazioni che verranno dalle varie organizzazioni che ne faranno parte, in quanto dobbiamo essere sempre aperti a recepire i contributi capaci di favorire l'unione dei popoli.
In questo spirito il nostro Gruppo dà il suo pieno assenso sia alla relazione del Presidente della Giunta sia alla proposta di formare la Consulta.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, Colleghi, mentre parlava, con tanta passione, il Presidente della Giunta, mi tornava alla mente l'attività svolta dai socialisti francesi nel 1946-'47-'48 che portò all'affondamento, attraverso valutazioni diverse, di quella che poteva essere una prima realizzazione di una Europa unita, stranamente portata innanzi, con un discorso che poneva a fondamento dell'unità europea non l'aspetto politico, economico, sociale ma quello dell'unità degli eserciti europei, la famosa CED.
Già allora frequentavo la sede del Movimento federalista europeo, che a dire il vero, aveva scarsissimo seguito perché il problema europeo, a Torino, bisogna riconoscerlo, è giunto a maturazione tardi ed è poco sentito anche oggi, attraverso varie organizzazioni in perenne conflitto tra di loro sui metodi, sui sistemi tal che, se le cose dovessero continuare in questo modo, certo non si potrebbe riuscire a fare cose egregie.
Quando - i signori Consiglieri lo ricorderanno - il sindaco democristiano della città di Torino Amedeo Peyron propose alla considerazione dei vari Movimenti federalisti e delle varie Nazioni la città di Torino come sede di quella CEE che è stata invece impiantata a Bruxelles, Torino e il Piemonte furono totalmente assenti, salvo la parte che sosteneva la posizione di Peyron, e così il bel sogno svanì e naufrag quello che poteva essere un elemento fondamentale per la soluzione dei problemi di unificazione europea addirittura con il prestigio della sede capoluogo nella città di Torino.
Sono d'accordo anch'io su gran parte di quanto è stato detto dal Presidente della Giunta regionale. Che non si trattasse di un viaggio turistico era dimostrato anche dalla non partecipazione dell'Assessore al Turismo, che peraltro nella CEE avrebbe pur qualche cosa da dire, e di abbastanza importante. Che si sia trattato, che so?, di un volo charter addirittura di un trasferimento della Giunta con una frazione non indifferente di funzionari della Regione, lo abbiamo appreso dai giornali e certamente l'iniziativa, anche se un po' troppo amplificata, almeno a mio sommesso modo di vedere, ha certamente validità e contenuti. Il che non comporta, Presidente della Giunta, che si debba dire che lo Stato è contro perché non ci consente l'acquisto di una sede a Bruxelles al fine di intrattenere rapporti diretti con la CEE.
Sono da tre giorni in semivacanza, per ultimare la mia convalescenza in quel di Gressoney, e leggo pertanto la pagina dedicata alla Valle d'Aosta della "Gazzetta del Popolo". Ho avuto modo così di seguire la polemica fierissima che si è accesa fra il Presidente Andrione e gli organi centrali dello Stato in relazione al fatto che la Regione valdostana vorrebbe comprare un palazzo a Roma per aver più agio di intrattenere relazioni con lo Stato italiano. La gente si domanda se sia proprio necessario l'acquisto di un palazzo a tal fine: lo stesso scopo dell'utilizzazione di un edificio, si può raggiungere ricorrendo all'affitto. E' questo che le suggerirei di fare, Presidente Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale.

Noi, per fortuna, a Roma abbiamo un palazzo che ci ospita, quello del Mauriziano.



OBERTO Gianni

Però io parlavo di affittare un palazzo a Bruxelles. Se si dovesse fare una scelta, sarei tentalo di indicare la mia preferenza per quella bella piazzetta contornata di edifici dalle facciate dorate, poco lontano dal punto della città ove il celeberrimo putto risolve nel noto modo singolare il problema dell'innaffiamento... Comunque, non abbiamo bisogno tanto di una sede quanto essenzialmente dello spirito che porti a partecipare all'unificazione europea le Regioni come tali, quali sono configurate in Italia, non certamente con quella dilatazione di interpretazione che è stata criticata, mi pare opportunamente, dal Consigliere Carazzoni (si crea confusione parlando di Europa delle Regioni come si trattasse di Europa di province, laddove si deve parlare invece di Nazioni diversamente delimitate, ma con criterio diverso da quello degaullista dell'unione europea delle Nazioni, in una forma di partecipazione a carattere regionale comprensoriale di grande respiro).
Sono d'accordo anch'io che si stabilisca questa intesa a carattere permanente. Seguendo alla radio e alla televisione i vari GR - che creano una confusione tremenda contraddicendosi a vicenda nello stesso arco di tempo della giornata, - mi è parso di captare questa notizia: che nella formazione del nuovo Governo alcuni ministeri sarebbero soppressi, e per primo quello del Turismo, le cui competenze verrebbero demandate agli Assessori al Turismo di ogni singola Regione, seguito da quello dell'agricoltura, le cui competenze in grandissima misura sono state demandate alle Regioni. Il problema del rapporto diretto della Regione con la CEE presenta anche in questo senso interessi notevoli.
Certo, le idee madri sono facilmente accettate. Questo concetto di unificazione europea è stato affacciato fin dal 1946: siamo arrivati al 1976, e anche se molto si è detto il cammino realmente compiuto è ancora poco. Si sa che tutte queste grandi idee hanno bisogno di tempo per la maturazione: una volta presa una decisione , alle successive si procede con una certa rapidità. Per arrivare a concordare la realizzazione del traforo del Monte Bianco occorse un secolo di discussioni, per il traforo del Gran San Bernardo bastarono pochi mesi perché il traforo del Monte Bianco aveva posto sul tappeto con immediatezza la necessità che anche quell'altra parte di Europa avesse analoghe possibilità di comunicazioni. Ho rilevato con piacere l'altra sera, sfogliando rapidamente i tre volumi che l'Assessore Rivalta ha consegnato ai Sindaci del mio comprensorio canavesano, che anche il problema del Frejus, dopo una lunga permanenza in frigorifero, si sta imponendo oggi come elemento valido, del quale si deve tener conto nel programma del Piemonte, per risolvere, tra l'altro, il problema particolare della zona della Valle di Susa, ma soprattutto, poi, per favorire le intese evidentemente tra il Piemonte e l'Europa, cioè praticamente non tra Modane da una parte e Bardonecchia dall'altra, ma evidentemente con respiro europeo nel quale si colloca il piano di sviluppo regionale piemontese, che tale non sarebbe se non tenesse conto anche di queste esigenze più grandi.
Ma veniamo ora al motivo particolare per il quale ho chiesto la parola.
Il Presidente della Giunta regionale ha parlato ad un certo momento dei problemi trattati a Bruxelles, citando fra l'altro la questione della pendolarità, dei frontalieri. Alcuni mesi addietro avevo presentato, con alcuni Colleghi, una proposta di legge sull'emigrazione e sull'immigrazione, in cui il problema dei frontalieri, anche nelle sue implicazioni internazionali (Italia-Svizzera e Italia-Francia per quanto ci riguarda più direttamente, Italia-Svizzera per quanto concerne la Lombardia, Austria per quello che attiene a regioni più lontane), veniva affrontato. Questa proposta di legge era stata esaminata; l'Assessore Alasia aveva anche avuto l'amabilità di invitarmi a discuterne insieme a lui, come firmatario e presentatore, alcuni mesi fa, prima che subissi l'intervento cui ho dovuto sottopormi. Poi da parte nostra non se n'é fatto più niente. Cioè, non ha più fatto alcun passo avanti questa proposta che io con alcuni colleghi avevo presentato. Si sono frapposte difficoltà? Indubbiamente, credo che finiremo con l'essere l'unica Regione italiana che non abbia ancora affrontato in modo concreto e preciso in una legge certe questioni: il problema migratorio pendolare dei frontalieri l'afflusso in Piemonte ed a Torino di immigrati dal Sud, il problema più largo e più vasto che lei certo conosce bene, signor Presidente, per il quale, se non vado errato, le è stata chiesta addirittura udienza da parte del Presidente delle Famije piemonteise dell'America del Sud, Argentina e Brasile, se non cercheremo di portare avanti questo progetto di legge, che ci siamo ritenuti in dovere di proporre, con la rapidità con cui si portano avanti altre leggi. Capisco che ci siano difficoltà, dissonanze, ma guai se non riusciremo a varare la nostra prima legge in proposito che consentirà il discorso più largo e più vasto.
Non so che cosa le abbiano detto gli interlocutori della CEE sui vari problemi che lei ed i colleghi della Giunta hanno loro sottoposto. Varrebbe la pena, evidentemente, di conoscere anche questo discorso di risposta perché sono le risposte, in definitiva, quelle che contano. Certamente, se essi avessero domandato di precisare se abbiamo una legge che prevede forse l'emigrazione saremmo rimasti un po' mortificati.
Concludo rivolgendomi a lei, signor Presidente del Consiglio. Trovo qui scritto: "Proposta di Statuto della Consulta regionale del Piemonte per i problemi europei", che s'ha da leggere, invece: "per l'unificazione".



PRESIDENTE

Più esattamente: "Consulta regionale del Piemonte per i problemi dell'unificazione europea, organo permanente di consulenza per la Regione".



OBERTO Gianni

E' una definizione abbastanza simile a quella che stavo per proporre cioè: "Linee e fini di azione per la costituzione di una Consulta". Così teniamo il problema aperto, e ci impegniamo ad approfondirlo, eventualmente consultando, prima di fare lo Statuto, le varie organizzazioni. Perch sarebbe veramente triste che creassimo questa Consulta e avessimo poi, come ha sottolineato come rischio l'amico Picco, dei conflitti fra coloro che son chiamati a farne parte di diritto.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

La discussione che si è svolta oggi -- per la verità non è la prima sui problemi delle iniziative che la Regione può e deve assumere riguardo all'Europa è stata indubbiamente utile. Ritengo che le opinioni, le posizioni dei vari Gruppi politici vadano attentamente seguite, per cogliere le convergenze - e sotto questo profilo la decisione che mi pare aver visto emergere dal Consiglio, da tutti i Gruppi, di andare alla istituzione di questa Consulta sia l'indice di queste convergenze -, ma anche per concentrare in ogni dettaglio, il possibile dibattito, la possibile impostazione, il possibile metodo di discussione di questi problemi.
Nel fare alcune considerazioni in relazione a quanto è stato detto, con l'intento anche di mettere in rilievo una originalità - non so se poi sia veramente così - di posizione da parte del mio Partito, ritengo di dover anche parlare in rapporto ad alcuni momenti e scadenze di ordine generale che attendono tutta la Comunità europea e quindi la comunità italiana e quella piemontese.
Innanzitutto, la questione delle elezioni dirette, che mi pare sia il perno attorno al quale ha opportunamente ruotato la discussione e attorno al quale molto opportunamente si son fatte alcune precisazioni. Non mi sembrano di buon gusto le osservazioni di tipo lessicale sugli aggettivi.
Penso, per esempio, all'atteggiamento di Picco. Secondo me, definire storico un certo avvenimento è del tutto legittimo nelle intenzioni. Mi pare soltanto che si debba riflettere bene su come intendiamo questo "storico" e su come intendiamo invece - secondo quel che ha detto anche Giscard d'Estaing (mi spiace prenderlo a prestito per la frase che è stata riportata da Cavallari su "La Stampa" di ieri) - data politica, scadenza politica importante.
Ma, ecco, qual è la differenza fra gli aggettivi...Anche se, ripeto non è certo il caso di giocare sugli aggettivi: è il fatto che, tutto sommato, queste elezioni, che sono un dato importante, sono essenzialmente un punto di partenza, ma su cui, dico, non dobbiamo dare per scontato nulla e anzi dobbiamo averle ben presenti come l'inizio di una battaglia, di una disoccupazione, di un confronto che debba essere molto ampio e molto diverso da quello che è stato in passato all'interno delle comunità nazionali, delle comunità regionali, per fare di questo Parlamento un momento reale di democrazia, cosa che, dico francamente, non possiamo affermare sia stato finora.
Vorrei fermarmi ad una impressione che è abbastanza epidermica ma che penso sia condivisibile da tutti, e che definisce al solito in maniera figurativa le cose: mi sembra che finora non sia sfuggito a nessuno il carattere rarefatto di queste istituzioni, rarefatto in quanto non collegato con la realtà, scarsamente inserito nei problemi e nei nodi reali che poi invece sappiamo che dal concerto europeo, dall'accordo europeo dall'unificazione europea possono avere un importante avvio di risoluzione.
E questa rarefazione deriva fondamentalmente da una impostazione che è nata negli anni passati, che ha teso a privilegiare sempre più (ed è questo il dato, mi pare, grave della questione) sempre di più il momento tecno burocratico.
Se, cioè, quando è sorta la Comunità europea, per alcuni anni si poteva dire: è certo un esperimento, un fatto di portata culturale e storica totalmente nuovo, e quindi occorre verificarlo con l'esperienza; possiamo dire molto tristemente che con il passare degli anni addirittura questi aspetti si sono esasperati, al punto di rendere oggi l'Europa dei Nove come dicevo prima, una entità rarefatta sul piano delle apparenze, ma, sul piano politico, profondamente divisa fra tipi di partner e tipi di partner fra le categorie A e B se non C, e tra un modo soprattutto di intendere che, a mio avviso, anche nell'intervento di Picco, poi veniva posto in rilievo - la costruzione del momento europeo come un reale processo di aggregazione, di integrazione tra gli Stati, nell'ottica della sovranazionalità e nell'interesse dei popoli. Ebbene, invece è stato privilegiato il momento del superdirettorio, della superdirigenza, che ha la sua cassa di risonanza e i suoi fili conduttori addirittura fuori dell'Europa.
Se è così, e che lo sia mi pare piuttosto difficile smentirlo, se è quindi vero che dobbiamo avere un atteggiamento fortemente critico circa il modo in cui sono state impostate le cose, noi non possiamo rilasciare una cambiale in bianco, pur non rinunciando a sperare, anche a questo momento delle elezioni. Le elezioni sono un fatto importante, un punto di partenza.
Però, si deve cominciare a lavorare fin da ora. Non possiamo, tra l'altro non far rilevare - e mi pare che il Consigliere Bellomo l'abbia già fatto per certi aspetti - che l'adozione del sistema elettorale unico, sia pure con tutte le difficoltà storiche di applicazione, sarebbe stato l'unico mezzo per assicurare veramente la rappresentanza di tutte le correnti ideali politiche presenti nei vari Paesi, senza alcuna discriminazione.
Sistema elettorale unico e nello stesso giorno suffragio universale: questo avrebbe permesso di formare una rappresentanza diversa.
Ma, a parte il richiamo critico su questo punto, ritengo necessario insistere sul cambiamento profondo nel metodo. Mi pare si debba tener conto che l'Europa che vogliamo costruire, ed a cui vogliamo tutti dare un contributo reale, ed anche un grande impegno, non è l'Europa delle multinazionali, non è l'Europa in cui in ambienti rarefatti si decidono secondo schemi vecchi, non più attuali, le sorti di grandi masse popolari di moltitudini di lavoratori, che non a caso in quelle sedi non vedono mai presi in considerazione i loro problemi. Credo che le questioni dell'occupazione, dell'immigrazione, quel ventaglio di problemi reali strutturali che si sottintendono parlando di problemi dell'unificazione europea, siano i temi su cui dobbiamo condurre la battaglia per l'Europa e a favore dell'Europa, intesa però come una aggregazione diversa da come è stata intesa finora, se vediamo nel Parlamento europeo una sede di poteri reali, di effettivo controllo, se al Parlamento europeo vogliamo attribuire il ruolo che in tutte le democrazie di tipo costituzionale noi attribuiamo ai Parlamenti, cioè di organo di decisione,di scelta, al cui interno si muovono le varie anime (il momento esecutivo, il momento anche tecnico).
Solo un'inversione di tendenza profonda ci garantirà della partecipazione della gente, da tanti anni bombardata - e dicendo questo rispondo implicitamente anche all'interrogativo che si poneva il Consigliere Oberto -, sui giornali, da affermazione di un europeismo che è generico, di facciata, mentre i processi reali di partecipazione possono crescere soltanto su obiettivi reali e su momenti concreti. Io credo sia stato importante portare avanti anche quel momento, certamente: però ora si tratta di saldarlo intimamente con la realtà, con i problemi che dicevo prima, che sono i problemi delle grandi masse lavoratrici, che sono i problemi, in fondo di un cambiamento profondo dell'assetto europeo, in senso economico e sociale. E questi sono poi i fini cui la gente pu indirizzarsi in una battaglia per la realizzazione dell'unificazione europea.
Se è vero, allora, che le cose stanno così - e io lo dò, certo, come ipotesi, ma mi pare che su questo ci possa essere convergenza -, noi dobbiamo essere fortemente preoccupati del fatto che si vada avanti lungo i due binari: il binario scelto di "democrazia", con indizione delle elezioni, e il binario, ancor più marcato, di quel che si è fatto negli ultimi tempi. Da questo lato, le creazioni, le invenzioni - ma che non sono solo di adesso, risalgono ad una parte consistente della storia della Comunità europea - dei rapporti trilaterali, o triangolari, così come vengono chiamati, in cui Francia, Germania occidentale, Inghilterra (quest'ultima un po' a traino) hanno un ruolo egemone politicamente, perch la politica economica l'hanno fatta loro, questa è la verità, ed hanno anche un ruolo egemone politicamente e fanno del processo di integrazione europea una mera figurazione formale.
Questo bisogna che lo diciamo con forza, certo anche perché noi siamo negli altri Stati, cioè negli Stati cosiddetti di Serie B e non facenti parte di questo triangolo, però soprattutto perché questo tipo di politica è il contrario di quello che le masse popolari, che i lavoratori, che gli italiani possono intendere per Comunità europea. E purtroppo questo atteggiamento è confermato quasi quotidianamente. Solo l'altro giorno qui tutti, più o meno, hanno fatto riferimento alle dichiarazioni di Schmidt.
Non è mia intenzione fare un riferimento specifico alle dichiarazioni del Cancelliere tedesco, non foss'altro perché non credo sia necessario un confronto con un carro armato così pieno di cattivo gusto quale egli ha mostrato di essere, nella sua non ancor lunghissima carriera pubblica, ma ad un atteggiamento che rispecchia la mentalità di un gruppo di Stati, di un gruppo di forze che si richiamano ad una concezione non dell'unificazione europea, dell'integrazione europea, ma che si richiamano ad una utilizzazione, se non addirittura ad una messa in opera, dello schermo europeista per far passare sotto silenzio una politica fortemente dirigistica da parte delle grandi potenze economiche e industriali collegate da un lato con l'America e dall'altro col Giappone.
Questi atteggiamenti, che si trasmutano poi in queste interferenze politiche la cui inaccettabilità è palese ma su cui dobbiamo ribadire tutti insieme una forte critica, non tanto perché ancora una volta il bersaglio della possibile discriminazione sono i comunisti ma per il modo di intendere l'Europa attraverso il concetto che si costituisce l'Europa senza tener conto delle autonomie nazionali, del diritto all'autonomia nazionale.
E quindi su queste affermazioni c'è la cartina al tornasole di un atteggiamento profondamente sbagliato, che dobbiamo rimuovere.
Come arrivare a ciò? Questo è il punto. Dato che ho già parlato abbastanza a lungo, non starò a dilungarmi ulteriormente per precisare le funzioni delle Regioni eccetera; direi solamente che mi pare abbastanza evidente che un processo di democratizzazione delle istituzioni, di assunzione dei problemi reali come obiettivi per l'azione europea, sia quello di passare attraverso un coinvolgimento serrato della gente, degli Enti locali e delle istituzioni. In questo senso la Consulta europea intesa correttamente, come mi pare abbia voluto presentarla nel suo intervento anche il Consigliere Picco, cioè come un modo per ampliare articolare al massimo il confronto non solo tra le forze politiche ma anche tra le forze sociali piemontesi, sia uno strumento importante (queste cose non sono state mai fatte né mai viste nel processo iniziale di costruzione europea) e sia un contributo, che qualcuno potrà considerare non rilevantissimo ma che mi pare importante sul piano del metodo, perché per realizzare l'Europa unità cui tendiamo dobbiamo farci carico dei problemi reali della gente, coinvolgere la gente al massimo grado. Certo, saranno da affinare molti elementi, e io ritengo che, tra l'altro, ci sia ancora da superare tutta una serie di difficoltà e ritardi culturali nell'assunzione esatta del ruolo che la gente, che i sindacati, le forze sociali possono avere nella costruzione dell'Europa. Ma questo potrebbe essere un compito della Consulta, tenendo conto che proprio in proiezione verso le elezioni questo può essere un momento costruito correttamente per dare alle elezioni, e quindi al Parlamento europeo, un ruolo reale, un ruolo effettivo, quale auspichiamo, e che allora ci farebbe dire che l'avvenimento della primavera del 1978 comincia a profilarsi in una prospettiva e in una dimensione storica.



PRESIDENTE

Nessuno più chiede di parlare? Allora, rispetto alla comunicazione informativa della Giunta sul viaggio a Bruxelles e rispetto al progetto di delibera che abbiamo di fronte, non ci resta che da adempiere al compito di approvare il progetto di delibera. Sarà quindi posto in approvazione un ordine del giorno che è stato presentato da tre Gruppi.
Una sola notazione formale: accoglierei tutte le proposte che sono state avanzate negli interventi intese a dare una definizione letterale corretta sia alla proposta di Statuto che è stata avanzata sia alla modifica da apportare alla delibera che è sotto i vostri occhi. Si deve intendere come denominazione: "Consulta regionale del Piemonte per i problemi dell'unificazione europea". Inoltre, è stato concordato di apportare alla delibera una modifica formale là dove è scritto: "Di approvare l'allegato documento programmatico della Consulta stessa". E' del tutto evidente che lo Statuto e il regolamento di funzionamento della Consulta se li daranno i soci allorché la costituiranno.
Sono questi gli unici rilievi formali che si possono muovere al progetto di delibera, che così suona: Il Consiglio Regionale Preso atto che i problemi europei stanno assumendo sempre più ampia rilevanza e attualità anche in relazione al processo di democratizzazione delle istituzioni europee e dei loro strumenti di intervento collegato ai problemi dell'unificazione politica, dell'integrazione economica e dell'armonizzazione sociale dell'Europa Ritenuta pertanto opportuna la istituzione di una Consulta regionale del Piemonte per i problemi dell'unificazione europea, organo permanente di consulenza per la Regione Preso atto che le norme circa la istituzione della Consulta sono frutto di proposte ampiamente verificate a livello di forze politiche democratiche e di movimenti europeisti DELIBERA 1) di istituire la Consulta regionale del Piemonte per i problemi dell'unificazione europea, organo permanente di consulenza per la Regione 2) di approvare l'allegato documento programmatico della Consulta stessa.
La deliberazione è approvata con il seguente esito: Presenti e votanti: n. 37 Favorevoli : n. 35 Consiglieri Contrari. : n. 2 Consiglieri Leggo ora il preannunciato progetto di ordine del giorno, presentato dai Consiglieri Picco, Bellomo e Bontempi, che rispecchia esattamente la discussione che abbiamo svolto: "Il Consiglio regionale del Piemonte riunito per approvare l'istituzione della Consulta regionale per i problemi dell'unificazione europea rileva la coincidenza dell'avvio della notevole iniziativa regionale con l'importante decisione del Consiglio europeo di Bruxelles fra i Capi di Stato e di Governo sulle elezioni del Parlamento europeo a suffragio universale diretto ribadito come queste rappresentino un'occasione fondamentale per un autentico confronto tra i partiti, le forze politiche e sociali sui problemi e sulle prospettive politiche del popolo europeo, cui dovrà accompagnarsi l'attribuzione di effettivi poteri e la democratizzazione complessiva delle strutture comunitarie; auspica che le decisioni del prossimo Consiglio dei Ministri degli Esteri definiscano inequivocabilmente la data e il regolamento per dette elezioni, da sottoporre alla ratifica dei singoli Parlamenti nazionali richiamate le finalità espresse nel documento costitutivo della Consulta si impegna ad esaltare in tale concreta prospettiva la presenza e il ruolo della Consulta e a promuovere con essa quanto necessario per una consapevole partecipazione piemontese al voto europeo del 1978".
Sarebbe, in sostanza, la formalizzazione di un auspicio. Vi sono obiezioni? Chiede di parlare il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Mi pare doveroso precisare che, facendomi promotore della presentazione di quest'ordine del giorno, non intendevo discriminare nella adesione di altri Gruppi consiliari. Quindi, indipendentemente dai sottoscrittori l'ordine del giorno va inteso come allargato a tutte le forze del Consiglio regionale che vogliono aderirvi.



PRESIDENTE

Si può benissimo intendere come documento presentato da tutti i Gruppi che intendono aderirvi.
Chiede di parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Per una precisazione che suona come dichiarazione di voto. Il nostro Gruppo concorda senz'altro sulla parte iniziale dell'ordine del giorno, per quanto per lo meno ci è stato dato di sentire, visto che perdura il malvezzo di mettere in votazione documenti non preventivamente distribuiti non concorda, invece, sulla seconda parte per il riferimento alla Consulta contro la quale si è or ora pronunciato, e sulle competenze che ad essa Consulta si vogliono attribuire. Quindi, in sede di votazione noi ci asterremo.



PRESIDENTE

Non vi sono altre dichiarazioni? Mettiamo allora in votazione l'ordine del giorno per alzata di mano.
L'ordine del giorno è approvato con 2 astensioni.


Argomento: Opere pubbliche

Esame disegno di legge n. 99: "Provvedimenti straordinari in materia di contributi in conto interesse per l'esecuzione di opere pubbliche da parte di Enti locali"


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto dell'ordine del giorno: Esame disegno di legge n 99: "Provvedimenti straordinari in materia di contributi in conto interesse per l'esecuzione di opere pubbliche da parte di Enti locali".
Ho qui una lettera della I Commissione che approva per parte sua il documento e una lettera del Consigliere Bontempi in data odierna.
Ha facoltà di svolgere la sua relazione il Presidente della I Commissione, Luciano Rossi.



ROSSI Luciano, relatore

Conseguente all'impegno di portare a progressiva eliminazione i residui passivi, la Giunta ha adottato un nuovo disegno di legge tendente a trasferire all'esercizio 1976 l'utilizzazione delle somme autorizzate negli esercizi precedenti e non erogate a province, Comuni ed altri Enti, per favorire l'esecuzione di opere pubbliche di loro competenza, stabilita in base alle relative leggi statali. Dette autorizzazioni riguardano la concessione di contributi costanti trentacinquennali e costituiscono, ai fini contabili, dei limiti di impegno.
Soltanto su uno di detti impegni di spesa sono state effettivamente pagate due annualità dell'importo di L. 31.299.155 ciascuna relativa agli esercizi finanziari 1972 e 1973. Le annualità derivanti dai rimanenti limiti d'impegno autorizzati nei bilanci 1972-1973-1974 e 1975 sono rimaste invece inutilizzate.
Con il presente disegno di legge viene proposto che le somme stanziate e non utilizzate a titolo di annualità siano eliminate nel rendiconto finanziario della Regione per l'anno 1975, di cui è in corso la compilazione.
Detto provvedimento ha lo scopo di compensare, con le corrispondenti economie di spesa, che ammontano complessivamente a 15 miliardi e 363 milioni, il minor accertamento avutosi per talune entrate (fondo comune imposta locale sui redditi ed interessi attivi) di competenza dell'anno 1975, rispetto alle previsioni del relativo Bilancio.
Condizione essenziale per l'eliminazione delle suddette partite contabili è che la seconda delle trentacinque annualità di spesa, connesse ai limiti di impegno di cui sopra, sia stanziata nel bilancio 1976 nell'ambito del cui esercizio finanziario potrà essere erogata, a seguito della concessione dei mutui per le singole opere sovvenzionate.
A tale scopo, mentre la prima annualità, derivante dai suddetti limiti di impegno, viene conservata nella gestione residui, relativa all'esercizio finanziario in cui l'impegno è stato assunto, l'art. 1 del disegno di legge in esame dispone che la decorrenza della seconda delle rimanenti trentaquattro annualità sia trasferita all'anno finanziario 1976, per cui la scadenza dell'ultima annualità viene automaticamente trasferita all'anno 2009.
Diverso procedimento dovrà invece essere seguito per quelle annualità non utilizzate derivanti dal limite d'impegno di 360 milioni sul quale sono state pagate due annualità di 31.299.155 ciascuna. Infatti, ai sensi dell'art. 2 del disegno di legge in esame, la decorrenza della seconda di dette annualità, fino alla concorrenza dell'importo di L. 328.700.845, è trasferita all'anno finanziario 1976, e la scadenza dell'ultima annualità è conseguentemente trasferita all'anno 2009. Per l'importo di 31.299.155 lire, di cui sono già state pagate due annualità, rispettivamente negli esercizi 1972 e 1973, la decorrenza della terza annualità sarà trasferita sempre in forza del suddetto art. 2, all'anno finanziario 1976 e la scadenza dell'ultima annualità, di quell'importo, è conseguentemente trasferita all'anno 2008.
L'articolo 3 indica poi le somme da eliminare dal conto dei residui nel rendiconto finanziario 1975. Tali somme ammontano a L. 2.155.700.845 riferite al bilancio dell'esercizio finanziario 1973; a L. 4.963.000.000 riferite al bilancio 1974; a L. 8.213.000.000 riferite al bilancio 1975 quindi, complessivamente, ammontano a L. 15.331.700.845.
L'articolo 4, infine, affida alla Giunta regionale il compito di dare esecuzione al trasferimento di decorrenza e di scadenza delle annualità che furono indicate nei provvedimenti di assegnazione dei contributi agli Enti beneficiari.
In considerazione di quanto illustrato, la Commissione approva questo disegno di legge.



PRESIDENTE

Qualcuno desidera prendere la parola? Fare dichiarazioni di voto? Allora, possiamo passare alla votazione dei singoli articoli di legge. Non sono stati proposti emendamenti.
Articolo 1 "La decorrenza della seconda annualità derivante dai limiti di impegno iscritti nei capitoli n. 1148, n. 1222, n. 1224, n. 1310 e n. 1314 dei bilanci di previsione per gli anni finanziari 1972, 1973 e 1974 trasferita all'anno finanziario 1976.
La decorrenza della seconda annualità derivante dai limiti di impegno iscritti nei capitoli n. 1154 e n. 1172 dei bilanci di previsione per gli anni finanziari 1973 e 1974 è trasferita all'anno finanziario 1976.
La scadenza dell'ultima annualità, derivante dai limiti di impegno di cui al precedente comma, è conseguentemente trasferita all'anno 2009".
Nessuno chiede di parlare? Passiamo alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti : n. 34 hanno risposto si : n. 34 Consiglieri L'art. 1 è approvato. Articolo 2 "La decorrenza della seconda annualità derivante dal limite di impegno di 360 milioni iscritto nel capitolo n. 1214 del bilancio di previsione per l'anno finanziario 1972 è trasferita, nei riguardi degli impegni assunti o da assumere fino alla concorrenza dell'importo complessivo di L.
328.700.845, all'anno 1976. La scadenza dell'ultima annualità è conseguentemente trasferita all'anno 2009.
La decorrenza della terza annualità derivante dal limite di impegno di cui al precedente comma è trasferita all'anno finanziario 1976 per un ammontare complessivo di L. 31.299.155, in corrispondenza delle erogazioni di pari ammontare effettuate a carico del capitolo n. 1214 del bilancio per l'anno finanziario 1972 e del capitolo n. 1215 del bilancio per l'anno finanziario 1973. La scadenza dell'ultima annualità è conseguentemente trasferita all'anno 2008".
Nessuno chiede di parlare? Passiamo alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti : n. 38 hanno risposto si : n. 38 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Ho una buona notizia da comunicare: per iniziativa dei Capigruppo l'Ufficio Legislativo e l'Ufficio di Presidenza del Consiglio hanno predisposto un progetto di modifica dello Statuto inerente al metodo di votazione: occorre proprio modificare lo Statuto, perché è nello Statuto che abbiamo scritto che si deve votare per appello nominale ogni singolo articolo di legge. Il progetto è già stato consegnato ai Capigruppo.
Nell'arco di quattro o cinque mesi si dovrebbe poter addivenire ad un sistema di votazione che faccia risparmiare un po' di tempo dei nostri lavori.
Articolo 3 "Per effetto del trasferimento delle decorrenze di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge, nel rendiconto finanziario della Regione per l'anno 1975 saranno eliminate dal conto dei residui e costituiranno economie di spesa: le somme conservate in corrispondenza dei capitoli n. 1149, n. 1155, n.
1215, n. 1223, n. 1225, n. 1311 e n. 1315 del bilancio per l'anno finanziario 1973, nella rispettiva misura di 400 milioni, di 11 milioni, di L. 328.700.845, di 886 milioni, di 400 milioni, di 60 milioni e di 70 milioni le somme conservate in corrispondenza dei capitoli n. 1149, n. 1155, n.
1173, n. 1215, n. 1223, n. 1225, n. 1311 e n. 1315 del bilancio per l'anno finanziario 1974, nella rispettiva misura di 1000 milioni, di 61 milioni di 300 milioni, di 720 milioni, di 1772 milioni, di 810 milioni, di 160 milioni e di 140 milioni; le somme iscritte nei capitoli n. 1149, n. 1155 n. 1173, n. 1215, n. 1223, n. 1225, n. 1311 e n. 1315 del bilancio per l'anno finanziario 1975, nella rispettiva misura di 1600 milioni, di 161 milioni, di 500 milioni, di 1220 milioni di 2672 milioni, di 1410 milioni di 310 milioni e di 340 milioni".
Nessuno chiede di parlare? Passiamo alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti : n. 38 hanno risposto si : n. 38 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Articolo 4 "Gli impegni di spesa assunti dalla Regione sugli stanziamenti dei capitoli indicati nei precedenti articoli 1 e 2 sono confermati. La Giunta Regionale assumerà gli atti deliberativi occorrenti per dare esecuzione al trasferimento delle decorrenze e delle scadenze di cui alla presente legge".
Nessuno chiede di parlare? Passiamo alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti : n. 38 hanno risposto si : n. 38 Consiglieri Prima di procedere alla votazione dell'intero disegno di legge ascoltiamo il Consigliere Paganelli, che ha chiesto di parlare.



PAGANELLI Ettore

Desidero fare una dichiarazione di voto sull'intero testo. Il Gruppo democristiano, così come ha votato già i singoli articoli, vota l'intero testo di questa legge n. 99. Però, con una osservazione sotto il profilo contabile che ritengo doverosa: si tratta di assestamenti contabili quanto mai opportuni, ma non è affatto stato inventato con questa legge il sistema per l'eliminazione dei residui passivi: ci si è limitati a far scorrere nel tempo il pagamento delle annualità. Le emergenze di alcuni esercizi sono indubbiamente quanto mai opportune per coprire dei vuoti che vi erano nel bilancio del 1975. Siamo comunque d'accordo su questo assestamento contabile e votiamo la legge.



PRESIDENTE

Se non ci sono altre dichiarazioni di voto, passiamo alla votazione dell'intero disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti : n. 39 hanno risposto si : n. 39 Consiglieri Il disegno di legge è approvato.



PRESIDENTE

Propongo di sospendere a questo punto la seduta del mattino, poiché è del tutto improponibile l'ipotesi di continuare fino ad esaurimento dei punti che rimangono all'ordine del giorno.
Convoco per le ore 15 la Commissione nomine, in modo da rendere possibile la ripresa dei lavori del Consiglio alle ore 15,30.



OBERTO Gianni

Vorrei sapere, per un'esigenza mia personale, che può darsi per abbiano anche altri, se verrà trattato anche il punto dell'ordine del giorno che riguarda l'esame del disegno di legge per la difesa del patrimonio linguistico.



PRESIDENTE

E' stata richiesta l'iscrizione all'ordine del giorno di questo punto perché sono scaduti i termini previsti dal regolamento: l'iscrizione non significa però che si votino gli articoli o si discuta la legge, che non è ancora stata esaminata dalla Commissione competente.
Il Consiglio è convocato per le ore 15,30, dunque, per la ripresa pomeridiana dei lavori; alle ore 15 precise si riunirà invece la Commissione nomine.



(La seduta termina alle ore 12,15)



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