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Dettaglio seduta n.49 del 28/04/76 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Assestamento di bilancio

Esame disegno di legge n. 45 "Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1976" (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
E' iscritto a parlare il Consigliere Debenedetti. Ne ha facoltà.



DEBENEDETTI Mario

Mi astengo dal ripetere, anche se ve ne sarebbe ben motivo, la premessa fatta stamane dall'amico Benzi.
L'Assessore competente ha detto che la discussione sul bilancio è un rito. Non credo: se così fosse mi converrebbe rinunciare a prendere la parola, visto che quello che mi propongo di fare non è sicuramente uno di quegli interventi che spaziano sui grossi problemi e che spesso ci costringono ad ascoltare la ripetizione qualche volta monotona di affermazioni assai generiche, molto astratte, non sempre tradotte poi in comportamenti concreti, cui deve invece mirare, soprattutto in fase di discussione di bilancio, l'attività a livello regionale. Mi limiter infatti ad alcune osservazioni relative a specifici settori, e precisamente: parchi naturali, turismo, industria alberghiera, sport caccia e pesca.
Desidero intanto fare una constatazione di carattere pregiudiziale.
Subito dopo il 15 giugno, in un momento dedicato ai ripensamenti, ed anche all'autocritica, mi son sentito assillato dalla preoccupazione che la nostra attività a livello regionale fosse stata carente, che non avessimo colto appieno le possibilità di iniziative da sviluppare a livello regionale. Va tenuto conto che per quanto riguarda la prima legislatura si era nella fase iniziale del funzionamento della Regione, con scarsa disponibilità anche di funzionari (personalmente a sei mesi dalle elezioni del 15 giugno avevo per collaboratori quattro o cinque funzionari in tutto), e quindi si era costretti a lavorare in forme intensive, cercando di studiare e conoscere la materia per poterci muovere sia sul piano del funzionamento degli uffici per le pratiche amministrative sia per quanto riguarda le iniziative legislative. Questo scrupolo fortunatamente, non ha più motivo di essere oggi, come si deduce dalle enunciazioni programmatiche emergenti dal bilancio della nuova Giunta che riguardano appunto i settori che ho ricordato.
Perché dico questo? Faccio con piacere una constatazione: mi pare che in questi settori, al di là delle enunciazioni iniziali, fatte al momento dell'insediamento della nuova maggioranza, si sia cercato di rimanere concretamente agganciati ai problemi reali, sfrondando il discorso di enunciazioni di carattere demagogico, ma al tempo stesso, proprio per questa ragione, rivalutando, se così si può dire, quello che era stato fatto dalla precedente Amministrazione.
Per passare all'esame di questi temi, settore per settore, non possiamo non constatare, intanto, con soddisfazione, che per quanto riguarda, per esempio, parchi naturali si sta operando per l'attuazione di quella legge che, sia pur varata all'ultimo momento, come ho già avuto occasione di dire in altre circostanze, contiene sicuramente una traccia di normativa valida che consente alla Regione di intervenire in termini operativi. Ripeto che l'aspetto operativo concreto anche in questo settore sarà quello che potrà qualificare l'attività regionale.
Per quanto riguarda i problemi del turismo, non starò a ripetere qui tutto il discorso che si potrebbe fare sulla necessità di incentivare questo importante settore; voglio attenermi strettamente a quella che è l'impostazione di bilancio. E' noto che vengono proposti degli aumenti di stanziamento, per quanto riguarda le attività promozionali che concernono il turismo e la propaganda turistica, di 200 milioni dei contributi dell'Azienda di cura e i contributi ad enti che incrementano il movimento turistico, e poi un aumento del finanziamento anche per la legge che riguarda il turismo sociale e giovanile. Per la verità, nella relazione della Commissione si suggerisce di accantonare queste somme nel fondo comune per poter provvedere ad una specifica legislazione della materia.
Vorrei fare alcune considerazioni specifiche in proposito. Le leggi che attengono a questi specifici interventi sono leggi dello Stato, molto semplici ma efficaci, formate a volte di uno o due articoli, che attribuiscono in sostanza al Ministro, ed oggi, conseguentemente, alla Regione la facoltà di erogare contributi a favore di iniziative promozionali nel settore turistico. Francamente, non vedo la necessità di pervenire ad una legislazione regionale, in quanto saremmo costretti a ripetere le parole della legge dello Stato. Non so peraltro se avrebbe un senso volere anche in questo settore modificare l'iter, la procedura.
Ritengo, anche se parlo dai banchi dell'opposizione, che a livello regionale bisogna pur consentire all'esecutivo, al governo regionale proprio per operare con sollecitudine, di fare questi tipi di interventi senza frapporre meccanismi che ne ritardino l'erogazione. Anche perch l'erogare le centomila lire o le centocinquantamila lire ad una associazione o ad un Comune che assuma delle iniziative mi pare che non comporti la necessità di studiare una nuova normativa legislativa. A mio modesto avviso, dunque, la legislazione statale vigente può benissimo essere utilizzata dalla Regione. Piuttosto, sul problema del turismo sociale sarebbe forse veramente il caso di pensare ad una legislazione regionale che affronti i problemi in termini nuovi in relazione alle esigenze nel frattempo emerse. Mi riferisco, ad esempio, ad un settore molto importante qual è a mio avviso, quello del turismo collegato alle scuole: questo potrebbe essere un settore per il quale possiamo essere disponibili ad una forma di legislazione nuova.
Per quanto riguarda gli stanziamenti, più specificatamente, mi sento di aderire in parte al suggerimento della Commissione, mantenendo peraltro fermo l'aumento di 70 milioni che riguarda i finanziamenti alle aziende di cura, soggiorno e turismo: questo perché conoscendo le esigenze che queste aziende hanno, conoscendo le difficoltà che incontrano nel loro operare conoscendo peraltro la necessità di incentivare la presenza e l'attività di queste aziende, mi pare che si possa tranquillamente prevedere un aumento di 70 milioni. Non so per quale ragione la I Commissione abbia ritenuto di rinunciare a questo aumento: la mia opinione è che questi importi vadano stanziati. Per gli altri, concordo con il suggerimento della Commissione.
In fondo, gli stanziamenti precedenti - quelli, per intenderci, che sono stati definiti stanziamenti per interventi a pioggia, per i quali mi son sentito spesso accusare, ma che peraltro ho sempre difeso e continuo a difendere oggi - non erano mai stati utilizzati in concreto al cento per cento. Non comprendo quindi, le ragioni degli aumenti previsti di 200 milioni per la propaganda turistica e ben 200 milioni per questi stessi "interventi a pioggia" tanto vituperati e per altri 150 milioni per analoghi tipi di intervento; mi pare che, data la situazione della finanza regionale, già evidenziata da quasi tutti coloro che sono intervenuti prima di me, tali aumenti non appaiono giustificati. Riassumendo, le proposte che avanzo per le ragioni che ho indicato sono: aumento dello stanziamento per le Aziende Autonome di cura e soggiorno nell'importo indicato in bilancio e accantonamento degli altri aumenti previsti nell'ammontare, se non vado errato, di 550 milioni.
Per quanto riguarda lo sport, constatiamo con piacere che, in sostanza la nuova Giunta si preoccupa di rifinanziare la legge regionale n. 42. Non siamo a conoscenza dei dati relativi alle richieste pervenute dagli Enti interessati per metterci in condizioni di valutare l'adeguatezza o meno del rifinanziamento proposto: si era peraltro detto che questa normativa, pur con i limiti chiaramente enunciati al momento stesso della presentazione della legge, era risultata valida, atta sicuramente a venire incontro ad esigenze prioritarie, come dimostra il fatto che le richieste per questi interventi sono piuttosto cospicue, soprattutto per quanto riguarda i piccoli Comuni sprovvisti di impianti sportivi. Non sono in grado di giudicare se l'importo indicato sia sufficiente, ma posso ritenere che la Giunta l'avrà determinato in relazione appunto alla situazione di fatto che è stato possibile verificare attraverso l'esame delle domande pervenute.
Industria alberghiera. Anche per questo settore si ripropone il finanziamento della legge n. 23. Vale lo stesso discorso fatto per gli impianti sportivi: l'ammontare dovrà essere determinato dalla Giunta, e penso che questo sia stato fatto, in relazione alle esigenze ed alla reale situazione delle domande, al censimento delle necessità, che io non sono in grado di valutare, anche perché nella relazione consegnataci all'ultimo momento, non ho trovato i dati relativi, che avrei voluto poter conoscere.
Comunque, ripeto che si deve porre particolare attenzione ad adeguare gli stanziamenti in relazione alle reali esigenze.
In merito al settore della caccia e pesca, credo di dover rinnovare una istanza che già avevo avanzato in questo Consiglio regionale, approvata peraltro all'unanimità in occasione del Convegno regionale tenutosi ad Alessandria. Mi pare che tutte le forze politiche presenti si fossero impegnate allora e fosse stato approvato un ordine del giorno nel quale si proponeva l'abolizione dei Comitati caccia, demandandone i poteri alle Amministrazioni provinciali.
Non starò a ripetere qui tutte le argomentazioni che suffragano la validità di questa proposta. In pratica, la gestione della legge sulla caccia spetta ai Comitati caccia i quali hanno delle grandi responsabilità per la politica venatoria che si attua a livello provinciale, anche se spesso e volentieri è stata chiamata in causa a sproposito, la Regione: essi debbono provvedere ad organizzare il territorio sotto il profilo faunistico, e quindi debbono provvedere ad un adeguato ripopolamento; hanno inoltre competenze primarie in tema di riserve. (Lo dimostra anche il voto del Consiglio regionale su questo argomento). L'esperienza ha insegnato che questi organismi, che non sono organi elettivi, spesso e volentieri disattendono non solo le istruzioni della Regione ma anche la legge regionale.
Vorrei fare una proposta costruttiva: quella cioè di attribuire questi poteri alle Amministrazioni provinciali, cui già erano assegnati dalla legge dello Stato prima che, mi pare nel 1967, fossero creati i Comitati caccia. Da ciò deriverebbe una duplice garanzia: quella del decentramento e quella della responsabilizzazione dell'organismo che assume importanti e delicate decisioni. Perché sappiamo tutti com'è composto il Comitato caccia: ci sono dei cosiddetti tecnici, dei rappresentanti delle categorie e delle associazioni, i quali poi non hanno alcuna responsabilità politica.
In fondo, è sempre l'organo politico che deve poi render conto dell'operato di questi enti.
Francamente, non comprendo perché questa impostazione , che era stata da me proposta al Convegno regionale, e che ha trovato consensi in tutte le forze politiche, non venga oggi assunta come una delle prime cose che nel settore si debba fare. Dico una delle prime cose perché sicuramente ci sarà l'esigenza di rivedere quella prima normativa a carattere regionale che voleva avere un carattere sperimentale. Per mettere la Regione in condizione di funzionare è estremamente importante, anzi necessario giungere ad attribuire queste competenze alle Amministrazioni provinciali anziché ai Comitati caccia.
Non ho altro da aggiungere. Mi si potrà obiettare: in definitiva questo intervento non si colloca su un piano polemico o di rifiuto per quel che riguarda il programma in questi settori, e quindi non c'è ragione di dare voto contrario al bilancio. Ebbene, io dico con estrema franchezza che ciascuno di noi ha un proprio ruolo da giocare. Personalmente non ho mai capito come, allorquando, sia a livello comunale che a livello provinciale e a livello regionale, eravamo noi sui banchi del governo, i rappresentanti dell'opposizione avessero sempre da contestare in toto l'operato dell'esecutivo: a mio avviso, qualsiasi attività ha sicuramente degli aspetti positivi ed ha sicuramente degli aspetti negativi, che possono essere oggetto di critica. Dico invece che in questo settore non ho una politica da contrapporre a quella che promana dal documento della Giunta.
Però, siccome il voto sul bilancio è un voto politico, la mia posizione pur tenendo presente tutto quanto ho detto, sarà una posizione di voto contrario.



BONO Sereno

Insomma, pur ammettendo che quanto è stato deciso va bene, voti contro.



DEBENEDETTI Mario

Anche voi approvate, in sostanza, tutto quel che abbiamo fatto, eppure avete votato contro...



RIVALTA Luigi, Assessore al piano territoriale regionale

Abbiamo avuto un ruolo anche quando eravamo all'opposizione che non disconosciamo affatto: anzi, certe linee le portiamo avanti proprio perch erano già state decise con la partecipazione nostra nel passato.



PRESIDENTE

Vorrei ricordare che abbiamo discusso ieri circa l'ipotesi di terminare entro oggi pomeriggio il dibattito sul bilancio e prevedere per domattina le repliche e le dichiarazioni di voto. Ho notato però che i Consiglieri intervenuti si sono sentiti in dovere di anticipare la loro dichiarazione di voto: va benissimo anche così, ma non vorrei che si avessero oggi pomeriggio ventun pronunciamenti individuali e domani altri otto pronunciamenti collettivi. Si scelga una strada: o la dichiarazione individuale o quella collettiva a nome dei Gruppi.
E' iscritto a parlare il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, signori colleghi, nelle relazioni al bilancio svolte ieri pomeriggio dal Presidente della I Commissione e dall'Assessore competente, due affermazioni di fondo mi hanno particolarmente colpito e persuaso: 1) il bilancio è rigido, nel senso che ha subito il rigore imposto dalla condizione generale in cui sono costretti tutti gli Enti pubblici con uno Stato latitante e sordo ai suoi doveri fondamentali, e tuttavia non è un bilancio di ordinaria amministrazione, nel senso che, nel suo ambito sono chiaramente visibili gli sforzi fatti dalla Giunta per dare al documento un orientamento ben definito e significativo, dove le spese per gli investimenti, nell'ambito delle reali possibilità di manovra, sono state estese a settori fondamentali dell'azione regionale, caratterizzando quindi, con una scelta, sensibile ed eloquente, l'orientamento politico al quale si è ispirato l'Assessore e la Giunta nell'impostare il documento che stiamo esaminando.
2) il bilancio di previsione presentato dalla Giunta è un documento aperto, come hanno opportunamente sottolineato i due relatori; una proposta, cioè, che si caratterizza per la sua natura, aperta al più ampio contributo delle forze politiche, sociali ed economiche, del sistema delle autonomie, di tutte le istanze democratiche in un rapporto che ha già trovato un momento di particolare rilievo nell'attività svolta dalla I Commissione in sede di consultazioni e quindi di verifica e di confronto delle impostazioni generali della Giunta stessa.
E' sulla base di questa ampia consultazione - di cui ha dato testimonianza ieri il Presidente della I Commissione, con la sua relazione che si potrà già, in uno con l'esame della piattaforma previsionale per l'anno corrente, intravedere linee più ampie di un programma organico, dove la mobilitazione e l'utilizzo delle risorse regionali saranno opportunamente e programmaticamente disposte a sostegno dell'economia e dei livelli di occupazione piemontesi, gravemente colpiti dalla crisi in atto che, come abbiamo più volte affermato, non è soltanto crisi congiunturale ma è lo scricchiolio tipico di un sistema basato su strutture talmente invecchiate ed indebolite, che solo una radicale e coraggiosa politica riformatrice potrà sottrarre al definitivo collasso.
Queste due affermazioni di fondo dimostrano, anzitutto, il coraggio morale e l'onestà politica con cui la Giunta si presenta, e presenta il suo documento, al vaglio critico del Consiglio; e conferma, essendo questo il primo bilancio di questa maggioranza, un modo veramente nuovo di assumere una responsabilità precisa, che si fonda essenzialmente sulla chiarezza delle informazioni e sulla concretezza degli elementi a disposizione.
Si potrà consentire o dissentire dalla piattaforma programmatica che stiamo esaminando, si potrà lodare (si fa per dire, perché tutti siamo consapevoli che non è tempo di trionfalismi e di panacee miracolistiche) o si potrà criticare, ma non si potrà, se non per partito preso, rigettare un documento che sì potrà risentire di tutte le carenze che vogliamo scoprire in esso, ma che è fermamente ancorato alla realtà in cui siamo chiamati ad operare e che tutti siamo chiamati ad affrontare.
Personalmente è la prima volta che mi trovo davanti ad un bilancio regionale, e confesso la mia scarsa esperienza in materia. Ma arrivo tuttavia a comprendere il grande sforzo fatto dalla Giunta, per mettere in grado la Regione, in quanto istituzione, di affrontare coraggiosamente il suo compito generale, che si può sintetizzare in una semplice, ma non per questo meno impegnativa, affermazione: sapere rispondere, nel modo più concreto ed oculato possibile, alla vasta ed imperiosa domanda del fabbisogno sociale. Sapere produrre il massimo sforzo possibile, per fronteggiare la congiuntura e rifiutando il concetto dell'ordinaria amministrazione pretestuosamente motivabile con le innegabili difficoltà in cui si dibatte l'Ente locale, puntare a mettere in moto, attraverso la qualificazione e la selezione della spesa, un volano capace a sua volta di produrre servizi sociali e con essi il lavoro ed occupazione nel nostro Piemonte.
Io credo che non si possa negare alla Giunta la capacità di essere riuscita a dare al proprio sforzo congiunto un indirizzo ed un obiettivo generali e precisi.
In questo senso, al di là di ogni valido contributo che potrà venire e che noi auspichiamo - dalle altre forze politiche democratiche presenti in Consiglio, in questo senso, dicevo, lo sforzo della Giunta merita il nostro pieno responsabile sostegno.
Se non ho inteso male, la manovra complessiva della nostra Regione, tra somme iscritti a bilancio e somme cosiddette controllate, ammonta a 600 miliardi o pressapoco, Forse sono 550.
Per tanto svalutata che sia la nostra liretta (ed io concordo con Simonelli nel ritenere che nel prossimo anno 1977 il valore della lira si sarà dimezzato rispetto al valore del 1970), seicento miliardi non sono una bazzecola.
Eppure malgrado questa dimensione della spesa pubblica regionale che non è affatto trascurabile, nella formulazione e nell'impostazione del bilancio, la Giunta si è trovata davanti ad una condizione di fredda rigidità.
Le cifre, si sa, non sono come la mentolina ed hanno una loro logica crudele, appunto perché è una logica matematica, dove il due non pu mangiare il quattro e la x dell'equazione deve essere trovata ad ogni costo.
Questa rigidità di bilancio, che tuttavia nel suo perimetro consente un proficuo discorso consiliare, come peraltro è già stato fatto in Commissione, e ieri abbiamo sentito il collega Rossi fare specifici inviti di modifica, questa rigidità, dicevo, non è ancora il "rigor mortis", ma secondo quanto, diceva l'Assessore, ed io gli credo sulla parola, se andiamo avanti di questo passo, il rigore della morte, cioè la paralisi vera e concreta delle istituzioni, è un traguardo ormai vicinissimo che noi non vogliamo assolutamente tagliare. Su questo siamo senz'altro tutti d'accordo e non c'è divergenza ideologica che possa decidere altrimenti.
Questa situazione - e forse qui saremo ancora tutti d'accordo sottolinea l'urgenza che vengano mantenuti gli impegni, ripetutamente assunti dagli organi centrali di governo, per una reale ristrutturazione della legge finanziaria regionale sulla base delle proposte unitarie a suo tempo formulate dalle Regioni stesse. Si osserva, in via di principio, che le entrate regionali debbono seguire, nel senso che debbono essere collegate, la dinamica delle entrate dello Stato, per modo che si metta fine alla vergognosa polemica annuale che vede costrette le Regioni in defatiganti vertenze contro lo Stato, per difendere legittimamente il minimo di autonomia e di operatività istituzionali. Significativa è stata a questo proposito, la conclusione unitariamente raggiunta nei giorni scorsi a Milano, in occasione del Congresso per le autonomie degli Enti locali, dove lo Stato accentratore di moneta ed inadempiente ai suoi doveri è stato fermamente messo in stato di accusa e sollecitato a dare attuazione al decentramento ed al rispetto delle autonomie degli Enti locali.
Significativa è anche la giornata di lotta per l'autonomia degli Enti locali, che è stata impostata, ieri, da un folto gruppo di Comuni della cintura torinese, una delegazione dei quali è stata ascoltata da una delegazione di questo Consiglio.
In questa, che possiamo definire la giornata della pubblica protesta, i nostri colleghi Sindaci ed amministratori, unitamente alle Organizzazioni sindacali, hanno chiesto, sostanzialmente, una nuova legge sulle autonomie locali e sulla finanza locale, che permetta alle Regioni, ed ai Comuni di assolvere autonomamente quei grandi compiti democratici sanciti dalla Costituzione repubblicana e sui quali lo Stato è quasi sempre assente.
Se si arriverà, attraverso la lotta unitaria delle Regioni e la loro incessante pressione sullo Stato, a conquistare questa condizione di parallelismo e di automatismo delle entrate regionali, allora il confronto sui grandi temi della programmazione economica e sociale potrà essere più proficuo e fertile di risultati positivi, nel segno di un effettivo coordinamento tra progetti regionali e progetti nazionali, in un quadro di garanzia dei finanziamenti sia dei piani regionali di sviluppo che del piano nazionale e dei progetti cosiddetti speciali.
Il raggiungimento di questi obiettivi - è stato detto dall'Assessore al bilancio e noi lo sottolineiamo con forza - non è ormai più dilazionabile perché, se non ho capito male, con questo bilancio siamo arrivati all'estrema possibilità di manovra, dopo di che resta spazio solo all'incognita ed all'avventura ed al funerale di terza classe delle nostre istituzioni locali.
Dai dati riportati a bilancio, appare chiaro che la manovra articolata sul bilancio di competenza e sui mezzi derivanti dalle leggi dello Stato è orientata e rispondente a precise priorità quali l'agricoltura, la sanità l'assistenza, la scuola, l'ecologia, il territorio.
Bisognerebbe fare un discorso approfondito per quanto riguarda la riconversione industriale, della quale ha trattato ampiamente l'Assessore Simonelli.
E' questo un tema di fondamentale importanza ai fini del superamento della grave crisi che attanaglia il nostro sistema produttivo. Certamente altri colleghi affronteranno questo scottante problema che settimanalmente echeggia in questa nostra aula consiliare e percuote le nostre coscienze di pubblici amministratori; a noi preme osservare la necessità che venga ribadita, anche in questa sede, la richiesta di un autentico riconoscimento del ruolo attivo delle Regioni e del sistema delle autonomie locali, nella gestione dei provvedimenti di politica industriale, che Parlamento e Governo sono chiamati ad assumere.
La contrazione della produzione industriale nel Paese, il ricorso massiccio alla cassa integrazione guadagni, la riduzione degli investimenti e dei consumi, l'aumento dei disoccupati del 25 % rispetto all'anno precedente, la gravissima disoccupazione femminile e giovanile, l'aumento dei prezzi ed il galoppo della svalutazione rampante, l'assoluta mancanza di prospettive di impiego ai giovani che escono dalle scuole, sono i dati drammatici che caratterizzano l'attuale situazione del Paese e sui quali è ozioso dilungarsi ulteriormente, perché a tutti noi noti e cogniti.
La stessa drammaticità sociale pesa sul Piemonte e non è azzardato dire che è ormai parere diffuso ed accettato dalle forze politiche democratiche la natura strutturale e non semplicemente congiunturale della profonda crisi economica in atto nel Paese.
Siamo tutti consapevoli, voglio dire, che nella crisi economica che sta aggredendo l'intero sistema occidentale e nella tendenza a sostanziali modifiche nella divisione internazionale del lavoro, la nostra economia rappresenta il punto meno resistente, perché questa situazione generale nuova porta al pettine gli annosi nodi strutturali del nostro sistema produttivo, che si sono potuti accumulare per effetto di un meccanismo di sviluppo distorto ed incontrollato, che ha acuito gli squilibri economici tra aree settentrionali e meridionali, che ha propiziato l'esodo dalle campagne e l'abbandono della terra e dell'economia agricola (che oggi stiamo tardivamente riscoprendo); che ha fondato lo sviluppo dell'economia sui consumismo individuale rispetto a quello sociale dei servizi; che ha fatto mancare la ricerca scientifica, non ha favorito l'evoluzione tecnologica, ha creato sacche profonde di depressione economica e sociale.
Tutto questo non per il gusto di tirare pietre addosso a qualcuno (storicamente parlando ognuno ha le sue responsabilità da giustificare), ma semplicemente per dire che il superamento della crisi non può avvenire con misure settoriali, che rischiano, alla fine, di essere pannicelli caldi, ma attraverso l'impostazione di una politica programmata seria, nella quale le Regioni debbono svolgere un ruolo decisivo.
Da queste considerazioni deve discendere il nostro impegno, convinto e solidale, per una politica di sviluppo dell'occupazione e degli investimenti, come perno centrale di una politica economica programmata che tenda ad avviare un ciclo nuovo dello sviluppo, ad aumentare l'efficienza del nostro sistema produttivo, ad allargare la base produttiva ed occupazionale nel Paese.
Questo è l'obiettivo di fondo al quale devono tendere gli sforzi congiunti delle forze politiche e delle forze sociali del Piemonte.
E' un obiettivo certamente difficile da raggiungere e da raggiungere evidentemente per stati di avanzamento, gradualmente e progressivamente nella cornice di un piano di programmazione che quanto prima verrà presentato all'esame del Consiglio.
In un clima di generale smarrimento che incombe sul Paese, dove il senso di provvisorietà delle cose, e l'angoscia per l'incertezza del momento, lacerata solamente dalle gesta dei piromani fanatici e folli, pesa come una cappa di piombo sulle coscienze dei democratici in un clima dicevo, di pessimismo diffuso e contagioso, mentre il Paese si accinge ad affrontare una scadenza ed una scelta politica che lo scollamento generale politico ha reso inevitabile ed inarrestabile, è tempo certamente non di trionfalismi - che peraltro, obiettivamente, non si riscontrano nei comportamenti della Giunta - ma di serrati e democratici confronti, di verifiche spassionate e sincere, di profonde e realistiche riflessioni, che ci debbono impegnare, solidalmente, sia pure nella legittimità di una posizione critica costruttiva, sia pure nella legittimità di una valutazione autonoma di una linea di proposta politica e programmatica.
Ho ascoltato attentamente alcune voci critiche che stamane hanno commentato il documento della Giunta.
Se ho inteso bene, non ho ascoltato critiche di fondo sull'impostazione politica del bilancio. Ho ascoltato, invece, alcuni suggerimenti venuti dalle altre forze politiche, politicamente fuori dalla maggioranza essenzialmente diretti ad "aggiungere", a correggere alcune indicazioni proposte dalla Giunta, nel tentativo, credo, di perfezionare, più che contraddire e contestare, una linea politica generale che muove e sorregge contemporaneamente tutto quanto l'impianto del bilancio.
Politicamente, una constatazione di questo tipo mi soddisfa, perché mi conferma la validità, tutto sommato, della scelta fatta dalla Giunta.
Ma, al di là di questo sentimento, che non è di natura trionfalistica mi soddisfa molto di più la responsabilità dimostrata dai singoli interventi critici, che hanno accolto complessivamente, al di là di ogni funzione di parte politica, l'invito alla collaborazione espresso dalla Giunta e ripetuto, ieri, dall'Assessore al bilancio: una collaborazione intimamente richiesta e legittimata dalla natura stessa del documento presentato: un documento aperto agli effettivi contributi dialettici delle forze politiche democratiche del Consiglio.
Sarà compito, evidentemente, della Giunta calibrare e collocare i suggerimenti ricevuti, nel contesto politico ed amministrativo del documento presentato, per consentire il suo massimo di funzionalità nell'ambito delle scelte di fondo operate.
Con questo spirito noi approviamo il documento di bilancio proposto dalla Giunta e facciamo nostro l'appello dell'Assessore e del Presidente della I Commissione sulla necessità e sulla capacità del Consiglio di saper produrre uno sforzo concorde e continuativo per garantire alla Regione Piemonte la sua fondamentale funzione di punta e di guida, alla testa delle forze sociali del Piemonte per un nuovo modo di governare i pubblici interessi e per un nuovo modo di pilotare la ripresa e lo sviluppo socioeconomico della nostra Regione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Armella; ne ha facoltà.



ARMELLA Angelo

Una battuta scherzosa, ma che risponde anche a uno stato d'animo abbastanza diffuso e quella che poiché il bilancio appare largamente come una ripetizione del precedente, l'opposizione non avrebbe molti motivi per non approvarlo.
Questo è stato detto anche da alcuni colleghi che mi hanno preceduto in settori specifici c'è in effetti questa ripetizione che conferma quanto fossero buone ed opportune le impostazioni precedenti, salvo naturalmente le eccezioni di chi non ha votato l'altro perché era troppo a sinistra (intendo Rossotto) e invece si appresta a votare questo per altri motivi ma dirò che anche la maggioranza, trovando un bilancio molto simile a quello precedente, potrebbe essere tentata di rifiutarne l'approvazione per gli stessi motivi di coerenza che spingerebbe gli uni ad approvare e gli altri a disapprovare, come è avvenuto allora.
In taluni capitoli le cifre di questo bilancio sono veramente identiche a quelle dell'altro e la valutazione che si fa è più sul comportamento della Giunta e della maggioranza, che non su quanto nel bilancio è scritto.
Nel settore della sanità le cifre sono quasi identiche - salvo una diminuzione - a quelle del 1975, ed è motivo di perplessità dopo la prima esperienza di gestione di 200 miliardi per gli ospedali da parte della Regione non vedere risultato alcuno, tanto che non si debba parlare nella relazione di quello che la Giunta ha fatto o non ha fatto in questo periodo. E nonostante le molte nostre sollecitazioni, nonostante le insistenze, per cercare un dialogo, un confronto perché anche da parte nostra si potesse verificare e dare un apporto nei termini espressi stamane autorevolmente ed egregiamente dal collega Paganelli, questa mancanza è stata totale.
Potevamo ritenere che tutto questo fosse determinato da una tattica dilatoria che avrebbe trovato nel bilancio il motivo del suo scioglimento con delle proposte concrete, invece non è stato così e neppure l'Assessore al bilancio, che ha certamente in questo campo una grossa responsabilità ed un'approfondita conoscenza, nella sua lunga esposizione, non ha potuto o voluto aggiungere nulla. Abbiamo l'impressione che nella relazione e in un atteggiamento della Giunta si ritenga oggi, contrariamente a quello che le opposizioni ritenevano in passato (devo dire anche abbastanza giustamente) che questa parte del bilancio, pur rappresentando una cifra così grossa 244 miliardi - i 200 ospedalieri e gli altri - sia valutata mettendo in disparte tutta questa tematica e dicendo: in definitiva si tratta di una cifra che va trasferita, lo Stato ce la dà, noi la trasferiamo agli enti e quindi oggi esprimere una politica in tal senso sarebbe inutile. Invece abbiamo dei comportamenti diversi che proprio per il passare del tempo, per l'urgenza, per l'immediatezza dei problemi, per la necessità di dare risposte hanno costretto la Giunta a degli atteggiamenti, a delle posizioni, che sono quelli appunto che continuiamo a segnalare, non vorrei usare la brutta parola "denunciare" ed a cui chiediamo ancora risposta. E la chiediamo alla Giunta , al Presidente del Consiglio, all'Assessore al bilancio. Il dato che compare in bilancio è che la somma non può essere che quella trasferita dallo Stato a tutta l'assistenza ospedaliera, cioè 198 miliardi e si legge nella relazione che non ci sono sostanziali differenze nell'impostazione del bilancio, al di fuori di una che certamente è molto rilevante, non voglio dire illegittima, e che merita ancora da parte della Giunta un approfondimento, quanto meno una qualche indicazione esplicativa: il trasferimento della somma di sette miliardi dall'assistenza tramite gli ospedali all'assistenza tramite le case di cura private.
Noi avevamo ripartito, nel bilancio 1975, 198 miliardi (leggo a pag.
139 della relazione e lo specchietto è chiaro): 181 miliardi per gli ospedali, 11 miliardi per l'erogazione nelle case di cura. Si dice che gli 11 miliardi non sono sufficienti, bisogna arrivare a 18 miliardi; dove li togliamo questi sette? Dal fondo per l'assistenza tramite gli ospedali e quindi i 181 miliardi si riducono a 174.
Le altre cifre restano praticamente identiche: 1500 miliardi per l'assistenza indiretta nel 1975 e 1500 miliardi nel 1976; due miliardi per le attrezzature nel 1975 e due nel 1976; poi c'è una differenza di un miliardo che meriterebbe una spiegazione, un miliardo è sempre un miliardo anche con la liretta del 1976 raffrontata al 1970 come fa Simonelli, ma anche raffrontata al 1975: un miliardo e 500 milioni per il 1975 e per gli altri oneri, compresi gli interessi su anticipazioni e invece due miliardi e 500 milioni nel 1976. O sono maggiori interessi per le anticipazioni cosa scarsamente spiegabile (ma è una polemica che facevo anch'io con gli altri Colleghi Assessori, dicevo è inutile tenere i soldi in banca che rendono interessi e poi pagare per le anticipazioni degli interessi passivi), o è maggior personale preso dalle mutue, non lo so, è sempre un miliardo e una spiegazione nella relazione non c'è. Certo qualche cosa la Giunta dovrebbe dire perché è pur sempre una cifra considerevole, tanto più che è tolta dal fondo ospedaliero, il quale fondo ospedaliero si riduce a 174 miliardi.
Quali siano le necessità degli ospedali alla fine del mese di aprile 1976 si dovrebbe saperlo con un'approssimazione logica, ma si dovrebbe saperlo. Io potrei dire i conti fatti nel 1974, preventivi certamente modificati, i 220 miliardi, potrei dire che una qualche indicazione è venuta da certi calcoli fatti in sede di federazione di ospedali su consuntivi 1974, 240 miliardi. Ha ragione Rossotto di dire che a questo punto bisognerebbe vederci dentro, ma ha detto una inesattezza, cioè che io voglio l'approvazione dei bilanci 1975 sic et simpliciter. Io non ho mai detto questo, ho chiesto l'esame per arrivare all'approvazione, si capisce ma non così come sono, bensì con le modifiche e le rettifiche necessarie.
Il termine di 15 giorni è stato prolungato ad un mese, poi a due e non è mai stato fatto. Abbiamo fatto una richiesta a novembre, se n'è parlato in aula a febbraio, è stato espresso un ordine del giorno il 25 o 26 febbraio si è arrivati al 2 aprile con un ordine del giorno concordato con cui le varie posizioni, compresa quella della minoranza, sono state accolte, dalla Giunta, avrebbe poi dovuto vederle il Consiglio tramite la Commissione, ma la Commissione non le ha viste, perché fino a ieri questi elementi non sono stati portati . Allora avevamo detto che ci sembrava, da calcoli fatti, che la Giunta attraverso l'Assessore competente avesse dato indicazioni agli ospedali per scrivere i bilanci preventivi del 1976 nella misura totale di 250 miliardi. C'è stato detto; ma queste sono indicazioni che ha fatto un ragioniere, noi facciamo l'elenco dei bisogni. E va bene. Adesso c'è il bilancio e ci saremmo augurati che lo avesse fatto lo stesso ragioniere e quindi avesse scritto la stessa cifra, invece no, il bilancio è stato fatto evidentemente dai politici ed i politici scrivono 174 miliardi.
Ora io non mi scandalizzo di niente e siamo d'accordo tutti che occorre che il governo integri quella cifra per il 1975, insufficiente, e che dica quello che crede opportuno spendere, parlandone con le Regioni, per il 1976. Questo è quindi un discorso inutile e se ci porta soltanto a dire che è il governo che deve pagare si sfondano delle porte aperte. Ma anche quando il governo dovesse pagare, come indubbiamente deve pagare (e deve aumentare l'importo) le informazioni che si hanno parlano di un'ulteriore erogazione per l'anno 1975 di 32 miliardi e quindi da 174 si passerebbe a poco più di 200 e per il 1976 una ragionevole indicazione potrebbe essere quella di un ulteriore aumento del 15/16%.
Questo problema mi pare che non sia stato inteso esattamente, neppure dall'Assessore al bilancio, sempre puntuale e attento, come è noto. Infatti da quel grosso volume distribuito dagli uscieri, anche se non ho potuto esaminarlo compiutamente, ho rilevato che c'è una continua ripetizione dei termini di spesa relativi al 1975: 174 per gli ospedali, 198 in totale. Il nostro Assessore, la nostra Giunta pensa di valutare in modo pluriennale il futuro in una materia che certamente impegna largamente un buon 50% del bilancio della Regione? Mi si confermerebbe con ciò l'opinione, spero errata, che anche lui, che la Giunta abbia ritenuto che questa materia è bene accantonarla, vedremo poi quello che succederà, mentre ritengo tuttora che occorra entrarci dentro ed esprimere una qualche proposta in merito.
Quali sono le proposte per una valutazione di questo genere che si potrebbero fare? Le faccio con estrema difficoltà perché i documenti contabili non sono stati dati, mentre era estremamente semplice darli. Si sono scritte 60 lettere, si potevano scrivere su un foglio 60 righe: a scuola abbiamo imparato che il foglio protocollo ne ha 33, quindi non si arriverebbe a coprire la seconda pagina, non sarebbe stato poi così faticoso darci questi numeri e anche noi potremmo dire qualche cosa. Con questa mancanza non sì può che andare a tentoni perché nonostante ogni sforzo di buona volontà (almeno qualcuno penserà che sia sincero in questa affermazione) non si hanno gli elementi per poter parlare.
E non si dica, come qualche volta accade: da che pulpito viene la predica e cose di questo genere, perché non corrisponderebbero alla realtà della situazione.
Prima valutazione. E' da dirsi se convenga, in una impostazione di bilancio, tenere separate, come abbiamo fatto nel 1975, le diverse postazioni, cioè se dobbiamo prenderne 198 e farli diventare 220/230 come presumibilmente potranno diventare e ripartirli in questo modo, o ripartirli in modo diverso, o non ripartirli affatto.
Perché dico questo? Perché ho tratto impressione, dalle discussioni avvenute, che fosse importante decidere per esempio le attrezzature e soltanto le attrezzature; e qui c'è stata anche un po' di polemica polemica non redditizia per nessuno perché le attrezzature sono indubbiamente necessarie per gli ospedali (come si fa a dire che non sono necessarie? ) però nelle ristrettezze di un bilancio dobbiamo pure fare una valutazione di priorità e per farla dobbiamo sapere quello che i singoli enti hanno già destinato nei loro bilanci per le attrezzature. Ci sono degli enti che hanno spese correnti in misura minore e magari hanno delle disponibilità maggiori, quindi per forza ad un certo punto l'esame dei bilanci 1975 va fatto.
Rossotto stamane diceva che è materia in cui occorre guardarci dentro per evitare sprechi e disordini, io invece gli dirò (e forse lo dico anche alla Giunta se non lo sapesse, ma non pretende di essere presuntuoso) che ho sentito dire che di fronte a questo ritardo nell'approvazione del bilancio 1975, poiché questo vuoto rischiava di non essere coperto, di creare situazioni di disagio non più sopportabili (siamo nell'aprile 1976) i CO.RE.CO. si sono messi ad approvare i loro bilanci, contro le disposizioni scritte nella legge regionale che dice che è la Giunta che deve dare il suo parere e dire quale disponibilità di spesa autorizza.
Cosicché, mancando questa attività della Giunta, i CO.RE.CO. si sono trovati nella necessità di mandare avanti in qualche modo questi enti accedendo alle loro richieste . Mi si diceva stamane che lo hanno fatto in modo generalizzato, o lo stanno facendo, in tutto il Piemonte. Conch aggiungono - ritornando a questa antica e molto deplorata prassi delle approvazioni coi "conché" - conché la Giunta provveda, per quanto di competenza, a pagare.
Ora qui il disordine diventerebbe legalizzato perché, ammesso che la Giunta debba fare questa valutazione: ha tot a disposizione e deve ripartire questo tot secondo la necessità di tutti gli enti, se lascia invece che le approvazioni siano fatte dai CO.RE.CO. ovviamente le amministrazioni si sentono liberate dall'obbligo di attendere l'autorizzazione della Giunta e possono provvedere legittimamente a impegnare le spese nei loro bilanci, anche se c'è quel "conché" che oltre ad essere un mezzo quanto mai deplorato, finisce di essere, nel caso in specie, una necessità di fronte alla quale si può soltanto constatare che a causa delle mancanze altrui, o per gli atteggiamenti contro legge, o per ritardi rispetto agli obblighi che le leggi regionali impongono, qualcuno deve in qualche modo mandare comunque avanti la macchina.
Chiuso questo inciso vorrei ritornare al discorso del modo di riparto ma se il Presidente dice che ho superato il termine...



PRESIDENTE

Non importa, l'importante è riequilibrare con gli altri interventi.



ARMELLA Angelo

Vedo di continuare un po' in fretta.
E allora, quali sono gli elementi più importanti emersi nel dibattito e che hanno trovato, con voci di gruppo diversi, la eco nel Consiglio regionale? Accettazione pronto soccorso, la lunga degenza che sappiamo è un'ipotesi contrastata, il coordinamento tra gli ospedali e fuori ospedali.
E' stato segnalato da parte per me non sospetta, da sinistra, questo problema particolare che esige che, soprattutto per l'ambulatoriale specialistica, si esamini in modo particolare il caso del lavoratore che aspetta tre ore per avere una visita, ma aspetta tre settimane o tre mesi per avere l'esame di laboratorio. Di qui la necessità di un coordinamento e quindi anche della spesa relativa che può trovare indicazioni di bilancio nel quadro dei 198 miliardi.
Noi leggiamo sui giornali, spesso, su "La Stampa" in modo particolare che Torino in certi settori è molto avanti regge il confronto nell'alta specializzazione: cardio-chirurgia e vorrei aggiungere emodialisi l'emodialisi domiciliare non sappiamo a che punto sia dopo la legge che abbiamo fatto in Consiglio regionale, però registra delle limitazioni delle carenze notevoli, mentre le esigenze sono fortissime, dobbiamo necessariamente pensare all'avvenire, dare una assistenza moderna. Invece tutto questo nel comportamento, nell'atteggiamento attuale della Giunta non trova una risposta. Mi pare che se la maggioranza ritenesse di studiare un altro mezzo queste proposte di ripartizione dei 198 miliardi come impegno del Consiglio dovrebbero essere esaminate.
Non voglio sottacere però che non posso dire che effettivamente in questo settore ci sia una ripetizione integrale di quello che è stato scritto nel bilancio 1975, in realtà c'è una diminuzione perché è stato tolto un miliardo e 100 milioni per l'assistenza alle persone affette da malattie tubercolari. La valutazione è corretta per la verità, essendo ormai l'assistenza trasferita alla Regione è inutile tenere due voci disparate (quella dell'assistenza ospedaliera e quella dei malati tbc) dal momento che l'assistenza ospedaliera deve essere unica, senonché un miliardo e 100 milioni è stato tolto e mica è stato aggiunto al fondo ospedaliero, quindi sono rimasti i 174 miliardi del fondo ospedaliero e il miliardo e 100 milioni non si trova.
C'è un altro punto che la Commissione ha rilevato in modo ben chiaro e mi pare che lo abbia sottolineato con una certa efficacia il Presidente Rossi: il problema dell'edilizia ospedaliera. Si dice da parte della Commissione, e giustamente, che è ora che un programma venga fuori, ed i 35 miliardi che lo Stato ha assegnato al Piemonte...



ROSSI Luciano

Purtroppo quei 35 miliardi non sono da spendere...



ARMELLA Angelo

No, Consigliere Rossi, mi lasci parlare. Qui i problemi sono due: quello della spesa effettiva per cui la Commissione dice non appena introitati si spendono e quello di aspettare che siano introitati per poi programmare. Abbiamo constatato tante volte che i Comuni dicono: se dobbiamo fare l'acquedotto o la fognatura aspettiamo che ci diate il contributo e poi facciamo il progetto, altrimenti non vogliamo neppure spendere i soldi del progetto. Nel caso in specie si dice: lo Stato ci ha assegnato 35 miliardi, non li ha ancora trasferiti materialmente, può darsi anche che tardi il trasferimento; c'erano delle proposte compresa quella di un alto esponente economico del PCI (l'ho letta sull'Unità) che diceva: bisognerebbe che lo Stato pagasse soltanto al momento in cui le Regioni effettivamente possono spendere. Io non mi sento di dire che è una proposta non esatta.
L'appunto che la Commissione del bilancio fa mi trova concorde e aggiungo quello che la Commissione non ha rilevato e cioè che in questa materia pare che nelle postazioni di bilancio ci sia una certa confusione perché sul cap. 1149 si riduce di 800 milioni quella che era la previsione del 1975, passando da un miliardo e 600 milioni a 800 milioni, cioè si riduce perché evidentemente si ritiene di finanziare diversamente, gli impegni presi rimarranno fermi, per i nuovi ci sono 941 milioni dello Stato che vengono ogni anno, quindi trattandosi di contributi trentacinquennali non c'è niente da dire; ma non c'è niente da dire di fronte ad un minimo non dico di programmi, di elencazione, perché anche senza affrontare grossi programmi, anche soltanto i completamenti di Rivoli, di Verbania (non voglio dire tutti quelli che sono indicati perché sembra che si faccia la reclame all'uno o all'altro) comportano una spesa che mi pare difficile coprire. Certo, noi siamo rimasti ancora alle indicazioni stupefacenti che abbiamo letto su "La Stampa" e sulla "Gazzetta" fatte allora dall'Assessore in cui c'era persino la spesa fatta da S. Stefano Belbo, o da Pont Canavese e tutto quello che si poteva veniva elencato; tutti questi hanno chiesto noi chiediamo per tutti e poi ci arrangeremo con il Ministero (io non so come ci si possa arrangiare) però quello che voglio sottolineare è che un minimo di chiarezza sull'edilizia ospedaliera nell'aprile 1976 andava pur fatto.
Medicina scolastica. La Commissione dice che i 550 milioni che si aggiungono al cap. 452 devono passare invece ai fondi globali. D'accordo devono passare ai fondi globali, perché evidentemente l'indicazione dei 550 milioni, anche se la Commissione non lo scrive, è un errore di qualcuno che non ha letto bene la legge che consente di fare il piccolo ambulatorio presso la scuola con la spesa di un milione, un milione e mezzo, due milioni. Dopo la grande incentivazione che in questa materia abbiamo fatto con la precedente Giunta credo proprio che se si scrivessero i 550 milioni con tutta la buona volontà, non per questioni clientelari, ma con tutta la buona volontà non si riuscirebbero a spendere, mentre il problema vero è proprio quello della prevenzione e indubbiamente va visto nell'utilizzazione dei fondi globali perché lì in effetti si può presentare una proposta di legge, o comunque vederlo in un quadro di prevenzione più generale e in relazione a tutto quello che bolle sulla materia dell'assistenza scolastica e della prevenzione minorile.
Mi duole che neppure una parola sia stata fatta nella relazione sui Centri di medicina sociale che vengono indicati come precedentemente per il problema della droga, che pure è stato largamente dibattuto da questo Consiglio.
Mi duole anche che non ci sia un'indicazione, dopo le discussioni avvenute e le incertezze, le perplessità e i contrasti, in tema di igiene del lavoro e sul modo di attuare quella delibera.
Signori, ho superato il mio tempo e quindi devo concludere.
Io ho proposto in allora, senza molto successo, che l'esercizio provvisorio non dovesse essere ripresentato e approvato. Tutti hanno un certo numero di battaglie perdute nella loro esistenza, ci sono anche delle battaglie donchisciottesche e strumentali, ma quanto meno allora è servita a fare uscire Rossotto dall'incertezza ed a farlo passare alla maggioranza (Rossotto, cito sempre te perché sei stato l'unico a farmi l'onore di citarmi stamattina).
Ora mi spiace di avere insistito perché tutto sarebbe andato liscio e la suspense ci sarebbe stata adesso: il bilancio passa? Non passa? C'è il voto aggiunto? Non c'è il voto aggiunto? Sarebbe stato molto più bello e divertente, invece è andata così. Tra le ragioni che allora mi furono dette c'era quella che in un mese il bilancio non si poteva fare, bisognava avere un periodo di tempo ben più lungo per prepararlo molto bene, e quattro mesi erano il minimo indispensabile.
Ora i quattro mesi sono passati, non voglio neppure farvi carico di averlo visto all'ultimo momento perché si sa che le cose si possono fare quando si possono fare, ma certo tanti elementi così convincenti, che diano l'impressione che tutte quelle proposizioni che la Giunta ha fatto, molto belle, molto impegnative, trovino poi nel bilancio una rispondenza e che al contrario non ci sia una certa delusione nella valutazione di questo bilancio, senza dire adesso, come ha chiesto il Presidente, cosa si deve fare, se approvare o non approvare, è cosa che non possiamo sottacere. E così, con molta serenità la diciamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarò molto breve e cercherò di fare alcune considerazioni d'ordine generale, le cifre essendo alla visione di tutti e avendo visto che chi le ha afferrate in un senso o nell'altro non è che in realtà abbia modificato di molto e sostanzialmente l'incasellatura delle cifre stesse.
Credo che un bilancio di previsione apra una strada di operatività per la Regione, ma è una strada la cui percorrenza risulta da una serie di indicazioni su cui preliminarmente ci sono state delle prese di posizione anche di fondo, ci sono dei confronti, certamente non scaturiscono dal nulla.
Io mi domando quali sono queste indicazioni preliminari e in quale posizione il partito che rappresento può mettersi nei confronti delle stesse.
Un'indicazione che ci ha trovati anche solleciti promotori, che ci ha certamente trovati consenzienti fin dai primi giorni di ripresa della seconda legislatura, è quella che il bilancio dovesse rappresentare un momento di intervento congiunturale perché la gravità della situazione (sulla quale non ritorneremo) emersa dalla conferenza economica, ma soprattutto per il precipitare degli avvenimenti successivi, ha detto chiaramente che uno sforzo doveva essere fatto in questa direzione.
Forse in quel momento riconoscemmo tutti che lo sforzo in questa direzione non poteva essere uno sforzo singolo, ma implicava l'impegno di tutte le forze politiche e obiettivamente, anche se ci rendiamo conto che si è giocato qualche volta sulle parole cercando di aumentare il peso di ciò che ci si proponeva di fare -, e faccio riferimento alla Giunta - non c'è nessun dubbio che lo sforzo fondamentale è stato fatto nel cercare di tamponare il crollo occupazionale del Piemonte e ha trovato l'Assessore Libertini, sempre appoggiato, quando lo ha richiesto, dalle forze politiche che pur divergono sul piano politico dall'Assessore Libertini e dalla Giunta che rappresenta.
Non c'è dubbio che l'Assessore Libertini non ha potuto fare miracoli non c'è dubbio che questa situazione di difficoltà si ritrova obiettivamente anche nel momento in cui la Giunta ha stilato questo bilancio, ma non credo che a questo punto si possa dire che è un bilancio nei confronti del quale manca la novità di quel nuovo metodo, di quella nuova impostazione; direi che non l'abbiamo mai pretesa, non l'abbiamo mai ipotizzata, l'abbiamo ritenuta, semmai, una considerazione nuova di metodologia o, se volete, di impegno, ma non c'e nessun dubbio che l'obiettività della situazione impone a questo bilancio alcune posizioni alcune situazioni di fatto oggettive che non possono evidentemente rappresentare il toccasana miracolitico per risollevare una situazione come quella che attraversiamo. Però la richiesta che il bilancio avesse questa caratteristica di incidenza in campo congiunturale appare indubbiamente nel bilancio e da questa discendono le indicazioni di priorità; anche queste non scaturiscono a caso, sono emerse da lunghi ed appassionati dibattiti ma trovano privilegiati quei settori dove tutti, concordemente, abbiamo cercato di dare indicazioni precise perché li ritenevamo quelli che nell'ambito delle competenze regionali ci consentivano interventi più immediati.
Non dimentichiamoci che per questi elementi preliminari noi abbiamo anche lungo il nostro cammino una serie di leggi che abbiamo approvate e che ipotecano in un certo senso anche questa direzione, non dimentichiamoci che può darsi che nell'ambito di questo modo di legiferare possano essere emerse considerazioni che ci facciano supporre o pensare, come diceva stamane il collega Gandolfi, che anche al modo in cui si attua una certa legislazione regionale, come si traducono in risultati concreti le leggi regionali, si debba portare in modo particolare attenzione. Ma non c'è dubbio che, almeno per quel che riguarda l'agricoltura, i trasporti, gli interventi nei primi grossi campi sociali le priorità le abbiamo concordate, le abbiamo valutate. Forse una priorità che avevamo indicato ma che è rimasta più in memoria che effettiva, su cui riportava stamattina l'attenzione il collega Benzi, ed è quella della nostra possibilità di incidere nel campo dell'edilizia popolare. Questo è un campo nel quale la nostra competenza ha indubbiamente degli enormi limiti, siamo intervenuti attraverso l'azione sui centri storici e in vari altri settori promozionali o di appoggio alle cooperative a proprietà indivisa, ecc. ma non possiamo agire soltanto in maniera indotta in questo settore. E qui forse c'è un problema che va richiamato ed è che anche nel gestire tutta una politica del territorio e della casa occorre che gli strumenti che la Giunta ha, che gli Assessorati siano adeguati e conseguenti. E qui noi non possiamo non riproporre la critica serrata all'Assessorato all'urbanistica in cui, torno a ripeterlo per l'ennesima volta, per la personalità di chi lo dirige, c'è la ricerca del perfezionismo, o di una particolare visione nel settore che mortifica e impedisce, o comunque toglie quel quadro di certezze che è indispensabile, al quale oggi non possiamo riferirci che attraverso le leggi che esistono, salvo elaborare leggi nostre, che però sono ancora di là da venire.
Quindi anche nelle priorità mi pare che il bilancio rispecchi questo tipo di impostazione.
Un altro dei criteri preliminari su i quali avevamo tutti insistito e sui quali noi riteniamo si debba oggi in modo particolare ritornare, è l'accelerazione della spesa regionale non soltanto per quello che riguarda le risorse proprie, ma anche e soprattutto per le risorse trasferite, anche se qui c'è il punto dolente di un rapporto fra Stato e Regioni che, almeno a livello di trasferimento di fondi, non è certamente fluido, n soddisfacente.
C'è poi il problema degli addendi del bilancio: le entrate e le spese.
Io ho sentito questa mattina - e mi pare che siano emerse anche dai giornali - delle indicazioni sul fatto che l' entrata sarebbe considerata con un certo ottimismo mentre le spese sono conseguenti a questa ottimistica previsione dell'entrata. Ho sentito anche proporre la riduzione di alcune spese per restituire al bilancio una certa entità.
Ora io credo - e lo dico con estrema franchezza - che se l'impegno che avevamo richiesto, che il bilancio avesse questa caratteristica congiunturale, rimane valido non c'è nessun dubbio che l'azione utile è quella di arrivare al massimo sforzo oggi, non in futuro, sul quale l'incertezza generale pesa in termine tali che non possiamo considerarla senza sentirci tremare le vene e i polsi. Da questo punto di vista, se una possibilità c'è che alcune spese possano essere obiettivamente ridotte utilizzerei questa riduzione per inserire nuove possibilità di rilancio nuove possibilità di investimento, o le terrei come polmone per quella anelasticità che ha il nostro bilancio e che potrebbe servire.
Ritengo che siano giuste le preoccupazioni che sollevava il collega Gandolfi questa mattina circa le ipotesi per i futuri esercizi, ma non vi è alcun dubbio che sui futuri esercizi peserà molto di più una situazione generale che si sarà ulteriormente deteriorata, che non un divario fra entrata e spesa che oggi la Regione è obiettivamente in grado di sopportare.
E a costo di dire magari una sciocchezza sul piano economico, ritengo che un altro polmone possa essere rappresentato dal riciclaggio dei residui passivi. Un'altra di quelle valvole che a mio modo di vedere non dovremmo considerare perduta.
Ho gia fatto un accenno di critica al modo in cui si gestisce, o si portano avanti determinati Assessorati e soprattutto come ci sia un'incongruenza tra gli enunciati del bilancio e questa prospettiva di attuazione.
Un'altra critica credo che debba essere fatta per quel che riguarda i lavori pubblici. Io sono d'accordo sull'impostazione comprensoriale e sull'organizzazione programmata dei lavori pubblici, ma attendo che l'Assessore Bajardi ci dia le cifre di ciò che è stato impiegato, perch tra ritardi nell'accensione dei mutui con la Cassa DD.PP., con le difficoltà di una ripartizione che scaturisca a livello di Comprensorio probabilmente molte delle spese che riteniamo di avere messo in bilancio non hanno attuazione.
Queste sono le critiche che vanno mosse, ma la domanda che possiamo porci è questa: il bilancio, rispetto a quegli obiettivi di cui ho parlato che risposta dà? Onestamente devo riconoscere che non mi pare che questo bilancio dia una risposta negativa agli obiettivi che noi stessi abbiamo sollecitato.
All'altra domanda, se il bilancio è lo strumento idoneo per attuare questi indirizzi, risponderei che le cifre hanno qualche incongruenza hanno qualche elemento di incertezza; noi non abbiamo contribuito a formularlo e non andiamo a cercare compiacimenti effimeri nell'affermare che si tratta di un bilancio che rispecchia, o per lo meno ricalca schemi o indicazioni già preventivamente collaudati in altri bilanci, riteniamo per che all'interno di questo bilancio, con possibilità soprattutto di manovrarlo giorno per giorno (perché di questo si tratterà e da questo potrà scaturire anche l'attuazione di quel programma di emergenza di cui si e tanto parlato e che oggi ovviamente non affiora perché le cifre da sole queste cose non le dicono) si possano ovviamente portare avanti anche quegli indirizzi.
Io ho voluto fare queste considerazioni generali perché ritengo che si debba in primo luogo dire sempre la verità e credo che la verità, dal punto di vista di un partito come quello che rappresento, è certamente un fatto essenziale nel momento in cui sentiamo il carico di una nuova situazione obiettiva che ci impedisce di considerare soluzioni rigide e aprioristiche anche se ci sono delle situazioni che purtroppo non possiamo scavalcare.
Non c'è dubbio che i colleghi, giunti a questo punto, diranno: ma le conseguenze di tutto questo? Io dico che personalmente trarrei delle conseguenze da tutto questo, ma non è sul piano personale o di una visione singola che si risolvono i problemi, c'è una visione di Gruppo, una visione di partito la quale risente - lasciate che ve lo dica con estrema franchezza - di quel balenare di armi che tra qualche mese ci porterà ad un confronto impegnativo. In questa situazione non c'è nessun dubbio che la toga cede alle armi e consentitemi di dirlo malinconicamente a chi invece credeva più nella toga che nelle armi.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Chiabrando; ne ha facoltà.



CHIABRANDO Mauro

Anch'io, come altri colleghi, devo lamentare la voluminosità dei documenti che ci sono stati consegnati ed anche molto in ritardo rispetto al tempo occorrente per esaminarli.
Entrando nel merito del bilancio, faccio una premessa: ci era stato promesso - e l'abbiamo letto sui giornali - un bilancio "coraggioso" diverso dai precedenti, agganciato al piano regionale di sviluppo, capace di incidere nel vivo della realtà economica e sociale della nostra regione ecc., ma non mi pare che il documento che ci è stato presentato abbia tali caratteristiche.
Al contrario, ci pare un bilancio che ha fatto molti passi indietro rispetto ai precedenti, chiuso, rigido, senza "anima" o linea precisa di azione; e questo a prescindere dalla quantità delle risorse disponibili e che vengono poste a disposizione dei vari settori di intervento.
Questa delusione forse è dovuta all'attesa delle grosse novità che ci erano state annunciate, aspettavamo di più di ciò che era materialmente possibile.
Dimostrazione: da tempo (sei mesi almeno) il nostro Gruppo ha fatto delle proposte operative e chiede notizie e decisioni su iniziative importanti e la risposta (e qui mi riferisco in particolare all'agricoltura) è sempre stata nel senso che si sarebbe provveduto organicamente col bilancio 1976, collegato al piano di sviluppo. E noi l'abbiamo accettata questa motivazione, ritenendo che una verifica globale delle spese possibili fosse necessaria. Dopo di che però ci troviamo con il bilancio che non risponde a queste nostre attese se non in modo molto marginale.
Per quanto riguarda l'agricoltura, per esempio, dal mese di ottobre scorso noi abbiamo presentato ben 12 proposte di legge e di esse soltanto quelle concernenti l'assistenza farmaceutica ai coltivatori diretti ed il recupero delle terre incolte sono state approvate; l'organizzazione del mercato del latte è in discussione in Commissione; l'aiuto ai giovani di montagna è compreso nella proposta di attuazione delle direttive comunitarie che la Giunta ha presentato, mentre tutte le altre (indennità infortuni, indennità ospedaliera, centro fecondazione artificiale agriturismo, disciplina raccolta funghi e rifinanziamento delle leggi regionali 45 e 51 del 1975) non trovano che scarsissimi cenni di risposta anche se alcune di esse non comportano che spese minime.
La Giunta doveva invece indicarci come intende spendere le somme disponibili, prevedendo appositi capitoli di bilancio da appoggiare su leggi in vigore o in corso di approvazione, così come si faceva in passato.
E' chiaro che ciò presupponeva la presentazione di d.d.l. di rifinanziamento, con o senza modifiche, di leggi esistenti, cosa che non è avvenuta.
E così avremmo anche saputo come la Giunta regionale intende spendere i 9,5 miliardi per la zootecnia e i 600 milioni per la forestazione assegnati dallo Stato, che invece sono appena menzionati nell'elenco n. 6 dei fondi del programma di sviluppo.
Mi rendo conto che il compito non era facile, perché per imbastire nuove leggi di finanziamento occorre conoscere la situazione dell'operatività delle precedenti e la situazione aggiornata della spesa delle somme già stanziate. Ma ritengo che di ciò la Giunta, e per essa l'Assessore all'Agricoltura, doveva farsi urgente carico prima di fare frequenti e pubbliche affermazioni in tema di iniziative a favore dell'agricoltura che non corrispondono alla realtà.
Ma vi è di più; con vera sorpresa ho visto che la Giunta ci ripropone di spendere almeno 1600 milioni su leggi statali vecchie e anche vecchissime (1966-1938-1929) per l'assistenza tecnica, la lotta fitosanitaria e la zootecnia, anziché avvalersi delle leggi regionali 54 e 51 votate a larghissima maggioranza dal Consiglio regionale.
E si pensi che negli anni scorsi la Giunta era stata molto criticata per queste cose, anche se, addirittura, le leggi regionali non c'erano ancora.
Forse qualcosa di meglio sarebbe emerso da questo bilancio, per l'agricoltura, se la tanto affermata e promessa collaborazione dell'esecutivo con la Commissione consiliare fosse stata realizzata, non dico nei termini propostici dalla nuova maggioranza, ma almeno in quelli tanto criticati della passata legislatura, quando almeno veniva fornita tempestiva informazione di ciò che l'Assessorato faceva; oggi non solo nessun provvedimento normativo ci viene sottoposto (istruzioni per l'attuazione di leggi varie, ecc.), come nella passata legislatura veniva insistentemente richiesto, ma di essi la Commissione riesce ad avere copia soltanto molto tempo dopo. Ed ora entro nel merito del bilancio con particolare riferimento agli interventi nel settore agricolo.
Da mesi la Giunta va affermando in Consiglio, sui giornali, nei convegni, ecc., la scelta prioritaria a favore dell'agricoltura e quindi la centralità di essa rispetto agli altri problemi della nostra Regione.
Abbiamo atteso la presentazione del bilancio per accertare se a tali affermazioni verbali corrispondeva l'impegno reale nel piano programmatico.
Dobbiamo subito dire che questo impegno non esiste e non risulta che l'agricoltura sia al primo posto, non soltanto per la quantità della spesa ad essa riservata, ma anche per la mancanza di una linea di azione e degli obiettivi che si intendono perseguire.
Per quanto riguarda la spesa, devo subito ridimensionare le cifre esposte nella relazione (cosa già fatta d'altronde da Simonelli); nel 1976 non saranno spesi 51 miliardi (a me ne risultano solo 49,5), ma soltanto 23 circa sono di "denaro fresco" per gli investimenti, in cui sono già compresi i 10 miliardi assegnati dallo Stato (13, senza di essi). A questa cifra possono essere aggiunti i 10 miliardi di possibili mutui e si arriva a 33 miliardi. E qui devo comunque contestare i 41 miliardi citati dal collega Rossi nella sua relazione e chiedergli come ha ottenuto tale cifra.
La rimanente somma di 27 miliardi riguarda impegni precedentemente assunti, nel 1974 e nel 1975, ed i programmi quindi già attuati od in corso di attuazione, comprese naturalmente le spese per il personale e per i servizi, che si aggirano sui 2.200 milioni.
Come si vede i 23 o 33 miliardi rispetto al totale di 450 miliardi del bilancio, risultano ben poca cosa per il settore primario che tutti affermano debba essere al primo posto. Non è quindi, certamente, un bilancio d'attacco, come afferma l'Assessore Simonelli, ma di ordinaria amministrazione. Mentre è chiaro che la centralità dell'agricoltura e la sua priorità sono state realizzate ampiamente con i bilanci 1974 e 1975 quando andò ad essa, effettivamente, la maggior parte delle risorse; ci non è più assolutamente vero con il bilancio 1976.
Invito quindi il Presidente della Giunta, quando parteciperà ad un prossimo convegno sull'agricoltura, di astenersi dall'affermare che per l'impiego prioritario della Giunta l'agricoltura è al primo posto ciò non è vero.
A questo proposito richiamo l'attenzione sul parere espresso dalle organizzazioni agricole ed in particolare dall'Alleanza Contadini, nel cui documento si legge testualmente: "La spesa totale prevista per il 1975 non ammonterebbe a 36 miliardi ma a 69 miliardi, di cui 62 miliardi di spese operative e 6 miliardi di spese non operative.
Salvo errori, ci sembra dunque, di poter rilevare non un aumento, ma una riduzione della spesa per l'agricoltura - nel 1976 rispetto al 1975 di 17 miliardi. Ma analizzando ulteriormente i dati di tale riduzione emerge il fatto più preoccupante: la riduzione delle 'spese operative' per l'agricoltura che passerebbero dai 62 miliardi a 26 con una riduzione di oltre la metà (35 miliardi).
Questa prospettiva di riduzione appare incompatibile con una politica prioritaria di rilancio dell'agricoltura quale componente essenziale del superamento della crisi in atto della nostra economia".
Il Presidente della I Commissione ha detto che sarà possibile reperire qualcosa per aumentare la dotazione dell'agricoltura. Io non sto a fare delle proposte perché le esigenze sono molte e dovranno essere valutate in sede di esame delle leggi che dovranno essere varate: ricordo soltanto l'esigenza prioritaria dell'assistenza tecnica, che il bilancio proposto certamente non garantisce.
A parte la quantità, siamo molto preoccupati perché dal 1° gennaio 1976 mancano indicazioni precise sulla destinazione anche dei fondi disponibili per le leggi già in vigore. In questo momento vi è il vuoto assoluto di interventi in agricoltura ed è pertanto più che urgente che vengano presentati i d.d.l. sull'utilizzo delle somme indicate a bilancio e contemporaneamente, emanate le istruzioni agli imprenditori agricoli per l'erogazione delle somme già disponibili, altrimenti il positivo rilancio del settore, che è in atto, verrà di colpo compromesso.
In pratica riteniamo che il rifinanziamento delle leggi 45 e 51 si possa conglobare e coordinare nelle varie cifre citate in bilancio e negli elenchi allegati.
Faccio comunque notare che negli elenchi allegati (somme da accantonare per i provvedimenti legislativi in corso), mentre qualche cifra è indicata per il rifinanziamento della legge 45 sulla cooperazione, non è indicata alcuna somma sulla legge 51, pur essendo essa regolarmente citata.
Ma al di là dell'impegno di spesa, che potrebbe anche essere non considerato prioritario, dobbiamo rilevare l'assenza di proposte e di linee direttive su cui la Giunta intende portare avanti la politica agraria.
Si è parlato tanto di piano di sviluppo regionale, che doveva riservare il dovuto spazio all'agricoltura, si parla dei piani di sviluppo zonali allo scopo di qualificare la spesa, come da molti richiesto in passato e da tutti noi ritenuto necessario: questa qualificazione, però, non ci viene ancora proposta.
La proposta la facciamo noi: avviare immediatamente una programmazione a larghe maglie su tutto il territorio regionale incanalando su di esse tutti gli interventi regionali in agricoltura. Si tratta di individuare su tutto il territorio le zone omogenee su cui avviare i piani zonali agricoli. Però dobbiamo essere chiari: non possiamo bloccare e condizionare gli interventi ai piani di sviluppo, che non ci sono, e non si risolve niente predisponendo, come qualcuno indica, dieci piani zonali all'anno che saranno forse perfetti, ma che coprono solo una minima parte di territorio, che non può incidere sul complesso dell'agricoltura piemontese.
Noi diciamo quindi di avviare subito la programmazione e parallelamente procedere con i finanziamenti, da qualificare e selezionare, a mano a mano che procedono i piani zonali.
In altre parole, sosteniamo la necessità che sia rispettata e veramente attuata la priorità dell'agricoltura nell'azione regionale e non facciamo soltanto questione di cifre e di quantità.
Vogliamo che queste spese raggiungano il massimo della produttività e dell'incidenza nell'economia agricola e nella società in generale.
Siamo quindi disponibili per verificare la produttività ed efficacia delle leggi, i risultati economici e strutturali raggiunti con i precedenti interventi e a scartare e modificare gli strumenti che si fossero dimostrati scarsamente utili, anche se siamo convinti della validità di gran parte della passata legislazione statale e regionale, specie con riferimento al momento in cui è stata varata. Essa ha indubbiamente già migliorato il livello di vita nelle campagne: dall'assistenza, alla previdenza, dalle abitazioni decisamente migliorate, alle strade, agli acquedotti e, oggi, ai telefoni; anche se, nonostante ciò, il divario con la vita di città è ancora aumentato, per il vertiginoso sviluppo verificatosi nei centri urbani.
Per fare la verifica occorre però che la Giunta ci fornisca i dati necessari sulle opere realizzate nelle strutture delle aziende singole e associate e nella cooperazione, sull'incidenza e sul miglioramento che si è avuto nel patrimonio zootecnico, ecc.
Con la rettifica e il perfezionamento degli strumenti in vigore e con l'avvio del tipo di programmazione che ho indicato, siamo convinti di trovare la via giusta per rilanciare il settore agricolo.
E su queste cose metteremo alla prova la Giunta perché, mentre, a parole, è certamente d'accordo su questi principi, di fatto sta operando in senso opposto, distribuendo, molto più a "pioggia" che nella precedente Amministrazione, i finanziamenti disponibili, favorendo aziende marginali non produttive e senza prospettive, che la precedente Giunta, con atto già selettivo e di programmazione, escludeva.
E la metteremo alla prova anche sui tempi e sulle procedure, alcune delle quali sono state ora allungate (di 12 mesi per concedere il premio per le vitelle) troncando sul nascere le allettanti promesse dell'Assessore Libertini che voleva eliminare entro un anno 700 miliardi di residui passivi, i quali invece, grazie alla nuova procedura per i premi delle vitelle, potranno anche aumentare.
Tra le iniziative da prendere a favore dell'agricoltura, riteniamo importante un deciso intervento per la tutela del territorio agricolo e la garanzia di stabilità per le aziende agricole.
Sono ormai noti i guasti che lo sviluppo industriale e residenziale hanno provocato all'agricoltura e mi pare che emerga anche una volontà delle forze politiche di invertire questa tendenza riducendo al minimo le espansioni urbane e tutelando al massimo gli insediamenti rurali.
Anche in questa materia abbiamo presentato una proposta di legge che riteniamo molto importante e che dovrebbe risolvere il problema, sia dal punto di vista della tutela del territorio agricolo, sia per facilitare in esso l'attività delle imprese agricole, sia per compensare nella giusta misura gli imprenditori agricoli che devono essere espropriati dei loro terreni e delle loro attrezzature.
Su questo punto chiediamo alla Giunta una risposta ed un impegno.
Questo problema ci porta ad allargare il discorso, che deve sì partire dall'impresa agricola e quindi dall'aspetto economico e dalla necessità di produrre di più, meglio e a minor costo nell'interesse del produttore e anche del consumatore, ma che deve arrivare, alla fine, a migliorare la qualità della vita nelle campagne che è costituita dal miglioramento delle infrastrutture e dei servizi ed anche dalla garanzia di stabilità delle imprese e quindi dalla difesa del posto di lavoro.
La strada che noi indichiamo è quindi quella di procedere considerando l'agricoltura la "nuova frontiera" dello sviluppo economico del Piemonte senza creare traumatiche rotture del passato, accelerando i tempi per una maggiore qualificazione ed economicità dell'intervento pubblico nel settore, attraverso lo strumento della programmazione opportunamente elastica, democratica, costruita dal basso con la partecipazione delle categorie interessate.
Su questa linea ed in questa logica crediamo che un ruolo determinante possa essere svolto dall'ESAP.
Auspichiamo che la Giunta voglia riconoscere, anche con i fatti, questa necessità aumentando la diffusa sensazione della mancanza di volontà politica, e che l'Ente assuma in pieno le proprie funzioni, sensazione provocata dal ritardo del rinnovo degli organi, della riduzione delle sue competenze per le terre incolte e dalle ultime difficoltà per l'approvazione dell'organico del personale.
Ed ora, per concludere, desidero fare alcune osservazioni sulla gestione del personale.
Il giorno 11 dicembre 1975, con altri colleghi, avevo presentato un'interrogazione con richiesta di risposta scritta al Presidente, per conoscere alcuni aspetti della politica del personale ed in particolare la situazione dei dipendenti assunti e di quelli che avevano cessato il servizio.
Soltanto il 2.4.1976, quattro mesi dopo, ci perveniva una risposta anzi una non risposta, perché non risponde a nessuno dei quesiti che erano stati posti e desidero sottolineare la gravità e la scorrettezza di questo fatto. Si chiedeva in quella interrogazione quale personale avesse cessato il servizio e quale fosse stato assunto.
Tra l'altro nella risposta si parla di 65 assunti e 10 comandati mentre a noi risultano rispettivamente quasi 100 e circa 25, con i totali di 75 per la Giunta e 125 per noi; l'elenco nominativo che avevamo richiesto avrebbe chiarito tutto.
Inoltre, mentre il Presidente nella sua risposta del 2 aprile parla di 1.410 unità presenti, notiamo che nella relazione si parla invece di 1.578 con un aumento quindi di 171. Anche se da questa cifra si tolgono i trasferiti dai Consorzi di bonifica e altri, si ha ancora un numero che si avvicina ai nostri 125 assunti e non certamente ai 75 dichiarati dalla Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

90 dalle mutue, 30 dai Consorzi, 30 dalle GIL e 11 dall'ISCAL. E' detto nella relazione.



CHIABRANDO Mauro

Noi non discutiamo, ci si forniscano i dati e sarà tutto chiaro. Ci sono delle differenze grosse.



PAGANELLI Ettore

Scusi,signor Presidente, il 2 aprile non c'erano?



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Sono dati neanche certi, perché nella gestione passata non vi era un computo preciso.



CHIABRANDO Mauro

Registro soltanto una situazione di dati discordanti tra un documento e l'altro, tra una risposta ad una interrogazione e altre affermazioni.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ne hai assunti 300 tu, la scorrettezza viene di lì.



CHIABRANDO Mauro

Inoltre chiedo perché a pag. 79 della relazione si lascia una colonna bianca nella tabella del personale, senza ripartizione tra i vari Assessorati, senza totale. Forse questi dati non si conoscono, io li chiedo però.
Mi pare quindi che la situazione non sia molto chiara e vorremmo poterla conoscere.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ma se abbiamo fatto il libro bianco del personale che non avevate mai fatto. Dalla tua gestione non si è avuto un dato, non un punto di riferimento del numero.



CHIABRANDO Mauro

Ho ancora le tabelle, possiamo ancora parlarne.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Sì, sì, parlo poi io e ti darò tutti i dati.



CHIABRANDO Mauro

Sempre sul personale, ci sono i problemi della strutturazione degli uffici e delle assunzioni, mentre è previsto dalla legge che si bandiscano i pubblici concorsi. Sono cose che chiediamo perché la Giunta all'atto del suo insediamento aveva detto: faremo entro brevissimo tempo queste cose.
Sono rinviate, non si fanno più? Credo che queste domande siano legittime, al di là delle discordanze dei dati.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ma se ho detto che l'inquadramento è avvenuto nei 90 giorni. Sono informazioni che ho dato tre volte qui in Consiglio.



CHIABRANDO Mauro

Il risultato è questo, che non riusciamo a capirci.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Abbiamo fatto l'inquadramento in un tempo brevissimo, cosa che non era riuscita a fare la precedente Giunta.



CHIABRANDO Mauro

Comunque datemi le risposte sui dati che chiedo, credo che sia legittimo.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Li ho dati tre volte!



CHIABRANDO Mauro

Circa le assunzioni ho chiesto, ma non è stata data una risposta, se come si faceva in passato, sono state fatte delle prove di idoneità o altre prove per verificare la capacità del personale da assumere rispetto al posto cui era destinato.
Io conosco casi di persone assolutamente incapaci di svolgere il lavoro per il quale sono state assunte, questo l'ho accertato di persona.
Se vogliamo andare al passato, vi dirò che si facevano regolari prove con regolari classifiche in base alle quali veniva scartato almeno il 50 dei concorrenti perché dichiarati non idonei.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ma se ha assunto maestre di asilo, odontotecnici, gente inidonea per almeno il 50%!



CHIABRANDO Mauro

Questo capita adesso!! C'e inoltre un altro grosso problema: quello dei consulenti e degli esperti, tutti certamente qualificati politicamente, ma non altrettanto in regola con l'esigenza prevista dall'art. 81 dello Statuto che vuole "elevata qualificazione per l'esplicazione straordinaria e a tempo limitato di mansioni specializzate", in quanto si tratta per lo più di personale giovane al primo lavoro o quasi.
Credo che la spesa sia anche molto grossa e penso sia legittimo chiedere se si intende procedere in questo modo, o se si intende porre qualche rimedio. Anche perché i consulenti e gli esperti sono sovente piazzati negli uffici in posizioni anche gerarchicamente superiori ad altro personale che invece ha titolarità e responsabilità degli uffici.
Io ho abusato della pazienza del Consiglio superando di qualche minuto il tempo a me riservato e chiedo scusa. Purtroppo mi è toccato di trattare due argomenti come l'agricoltura ed il personale, comunque chiediamo conferma che il nuovo modo di governare non è soltanto costituito dalle pure se apprezzabili, dichiarazioni e dagli impegni verbali, ma dall'operatività concreta anche nelle piccole cose, nelle procedure di tutti i giorni, altrimenti il nuovo modo di governare rischia di essere un vecchio modo, come per ora noi lo consideriamo.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Signori Consiglieri, mi limiterò ad alcune considerazioni sui capitoli di spesa del Bilancio di previsione che riguardano gli interventi e la gestione della politica sull'assetto territoriale.
Il giudizio di un Consigliere neo-eletto su un bilancio di previsione le cui caratteristiche si differenziano nettamente da quelle di un bilancio di un ente locale, non può essere tanto sulla struttura del bilancio stesso, quanto sulla relazione politica che accompagna il bilancio.
E' già stato osservato, ma giova comunque ricordarlo, che la enunciazione di scelte e di innovazioni poste in rilievo nelle dichiarazioni e nel Bilancio ha senso e significato nella misura in cui siano riflesse negli stanziamenti effettive priorità nell'approccio e nella specificazione della destinazione delle risorse.
Gia Paganelli ha sottolineato gli aspetti di questa contraddizione, che giustifica, secondo la Giunta, la presentazione di un bilancio definito non di ordinaria amministrazione ma li transizione, con la rigidità che deriverebbe dall'impostazione legislativa del passato, e in secondo luogo con la mancanza di elasticità determinata dai cosiddetti fondi a destinazione vincolata, cioè compresi si nel bilancio ma non gestibili fondi che l'Ente Regione si e ritenuto in dovere di accogliere nella formulazione del Bilancio stesso, e anche la Giunta ha fatto una predisposizione di documento di questo tipo, ma che non sarebbero, secondo l'interpretazione che finisce con l'emergere dalle dichiarazioni e dal contenuto della relazione, configurabili in una programmazione di spesa e di interventi a livello regionale.
Io penso non sia il caso di riprendere qui la tematica del rapporto istituzionale tra Stato e Regioni, e, aderendo a quanto già ha detto Paganelli stamane, non ritorno sulla esigenza di un continuo rapporto dialettico con lo Stato, che consenta alle Regioni, soprattutto in una fase di carenza programmatica a livello nazionale, una più incisiva partecipazione alla costruzione del disegno di programmazione stessa facendolo, se mai, concorrere ai disegni ed ai piani nazionali nello spirito di una autentica partecipazione delle forze sociali e delle autonomie locali.
E' però indubbio che se di risorse si tratta, e se risorse debbono rendersi disponibili e devono essere erogate per infrastrutture, trasporti edilizia popolare eccetera, per coprire carenze ed insufficienze da tutti riscontrate, e se è vero che le disponibilità non sono comunque nemmeno lontanamente pari alle necessità, le Regioni non debbono porsi nei confronti di tali erogazioni con atteggiamenti passivi rispetto alle esigenze di rivendicazione, di riparto e gestione proprie della programmazione nazionale. Queste erogazioni non solo possono, ma debbono concorrere all'impegno politico che autonomamente le Regioni possono delineare a supporto delle scelte e delle priorità che emergono a livello regionale.
Essenziale, in questa situazione, é, a nostro avviso, il raccordo funzionale, che, privilegiando le scelte regionali, assicuri le integrazioni necessarie perché gli investimenti acquisiscano il necessario peso caratterizzante, perché non accentuino né riperpetuino degli squilibri, né finiscano con l'essere vanificati negli obiettivi per ragioni varie (carenze di finanziamenti o di investimenti collaterali) che potrebbero garantirne una piena giustificazione.
Il problema di questo modo di gestire la spesa che proviene da risorse di carattere nazionale è generale, certamente, ma riteniamo che sia soprattutto per attività più proprie degli interventi che riguardano l'assetto del territorio, un problema che vada evidenziato e considerato con la massima attenzione. E' un discorso che abbiamo già svolto in occasione di discussioni avvenute in Consiglio regionale, quando si è trattato della ripartizione dei fondi o per investimenti anticongiunturali o per altri motivi; ma è certamente un problema che, se per tutti i canali di intervento pubblico - siano servizi, siano settori di servizio, od incentivi - ha una sua rilevanza, lo ha in particolare per gli investimenti propri, che debbono prefigurarsi ovviamente nella direzione di una programmazione e di un intervento per il riequilibrio e lo sviluppo regionale.
Ora, il discorso è particolarmente riferito proprio a quei punti che la Giunta evidenzia nella relazione, a pag. 7, come elementi qualificanti meglio, come il secondo punto dei cinque elementi qualificanti che caratterizzano il bilancio.
E' stato rilevato quanto è stato stanziato per questi settori nel bilancio precedente in confronto con l'attuale: per i trasporti pubblici per l'assetto del territorio, per l'assistenza scolastica, per gli interventi socio-sanitari, per quelli di edilizia residenziale. Questi raffronti emergono abbastanza chiaramente, anche in termini critici, per quanto attiene alla evidenziazione di certi incrementi, soprattutto dai documenti - che ho scorso solo questa mattina non avendoli avuti prima - di alcune organizzazioni che hanno partecipato alle consultazioni. Qui mi preme, però, esaminare alcuni settori che più propriamente attengono ai supporti di programmazione e gestione del territorio, perché questi, come già rilevavo, sono parte di condizioni più generali di sviluppo e di riequilibrio socio-economico.
Ora, la riqualificazione della spesa regionale passa, a nostro avviso attraverso due momenti fondamentali. Il primo momento è l'individuazione delle scelte e delle priorità, il secondo momento quello della perequazione distributiva degli investimenti e degli interventi promozionali. Sottolineo "degli interventi promozionali", non di interventi comunque fatti, e quindi escludo gli interventi propri ad esempio di erogazione di servizi.
Questi due momenti non sono certamente astratti dal generale obiettivo di gestione dei servizi o delle attività che in varia misura fanno capo alla responsabilità politica e alle competenze istituzionali della Regione ma sono momenti separati dall'azione politica. Noi riteniamo che un bilancio che presuma di potersi considerare qualificato debba dimostrare titoli di originalità - ecco il discorso della polemica di stamattina e titoli di innovazione proprio nella direzione della qualificazione di interventi che siano effettivamente promozionali.
Già nelle discussioni, con molte osservazioni che ho avuto modo di riscontrare nella consultazione, è stata lamentata la insufficienza di un riferimento al nuovo indirizzo che si avvia ad assumere la spesa regionale e cioè alla dimensione comprensoriale. Noi siamo ben consci del fatto che dovendosi ora procedere a questa innovazione con tutta una serie di tappe che indubbiamente dovranno prefigurare strutture, organi rappresentativi eccetera, l'articolazione del bilancio a livello comprensoriale avrebbe potuto rappresentare non dico una fuga in avanti ma forse una evidenziazione non ancora sufficientemente ancorata ad obiettivi di programmazione e di sviluppo economico regionale. Però, siccome abbiamo notato che l'Assessorato al bilancio ha predisposto una serie di elaborazioni, ad esempio per quanto attiene al bilancio pluriennale riteniamo che una serie di indicazioni sulla dinamica di un bilancio pluriennale, anche se riferita a provvedimenti legislativi già in essere quindi già operanti, ha un significato nella misura in cui si delinea anche una prospettiva di distribuzione di questa spesa in funzione, se non già della dimensione comprensoriale, di una dimensione che prefiguri, per elementi di perequazione e gli interventi necessari.
Questa è una raccomandazione ed una sollecitazione che penso di dover fare, perché ritengo che, nella misura in cui verranno costituiti gli organi comprensoriali, uno dei primi momenti di confronto perché si possa procedere in modo costruttivo all'assolvimento del compito proprio e specifico di programmazioni che competeranno agli organi rappresentativi comprensoriali, sarà quello di accertare come finora le risorse sono state distribuite sul territorio, per vagliare carenze e necessità che devono trovare una risposta (o che la possono già trovare in funzione di strumenti legislativi già operanti).
Venendo ora al merito della più specifica articolazione dei temi che riguardano l'assetto territoriale, vorrei fare alcune considerazioni su alcuni settori.
Per i trasporti, noi riteniamo che gli investimenti previsti in bilancio siano nel filone di indirizzo delle leggi già predisposte nella passata legislatura, e, sia pure con fondi incrementati, si collochino di fatto in una direzione che non innova sostanzialmente le impostazioni già assunte. Credo che tutti abbiano coscienza che si tratta di interventi che in larga misura sono surrettizi rispetto a gestioni di attività delle quali probabilmente non si potrebbe fare a meno, in rapporto alle quali la Regione si colloca in atteggiamento di sostegno, più che di promozionalità.
Noi avremmo, però, preferito udire dichiarazioni meno trionfalistiche non già perché non vi siano interventi utili ma perché, come ho già detto questi interventi perseguono obiettivi di continuità gestionale e non prospettive di riequilibrio o di inversione di tendenza nell'assetto del territorio e nello sviluppo economico.
Ad esempio, l'Assessorato Gandolfi aveva avviato una serie di progetti speciali: uno riguardava l'area torinese, altri altre aree del Piemonte per una corretta utilizzazione di parte dell'armamento ferroviario già esistente, in parte per venire incontro ad alcuni obiettivi che l' Assessore Bajardi, per quel che mi risulta, ha evidenziato nel suo piano dei trasporti: la soluzione del problema del pendolarismo nell'area metropolitana torinese.
Pensavamo che in questo bilancio, per lo meno a corredo nelle cifre di indicazione del bilancio, si potesse trovare qualcosa su questo tema. E pur avendo sentito, con piacere, programmi di indicazioni (dico con piacere, non con sufficienza, come asseriva Berti) che l'Assessore Bajardi ha esposto in Commissione sulle Ferrovie dello Stato, riteniamo che sarebbe opportuna, al di là del dato conoscitivo, la preoccupazione della Giunta regionale di caratterizzare comunque interventi per quelle strutture che o sono già di competenza regionale o potrebbero divenirlo immediatamente.
Invece in questa direzione non abbiamo ancora sentito nulla. L'Assessore ha manifestato l'intenzione di interventi nel settore del materiale mobile leggero, ma noi non abbiamo trovato stanziamenti nel bilancio: c'è solo l'enunciazione, al punto 5 a pag. 162. Possiamo accettare la tesi che questa enunciazione significhi l'intenzione della Giunta di muoversi in questa direzione: non accettiamo, però, ovviamente, come ho già detto questa mattina, che si dia per scontato che siano già stati commissionati dei convogli per i pendolari, quando a tutto ciò non vi è alcun riferimento nel bilancio.
Purtroppo, neppure gli interventi previsti per la pubblicizzazione si possono dire promozionali o innovativi: sappiamo bene che vi è l'esigenza di sostenere servizi che potrebbero cessare da un momento all'altro interventi dei quali ci dobbiamo far carico in condizioni non ottimali (cito soprattutto la carenza di supporti per quanto attiene a norme generali e di strutture amministrative, la carenza di supporti propri che diano una prospettiva alla gestione di questi servizi; in particolare, i Consorzi tra Comuni, che dovrebbero ovviamente farsi carico di questi interventi). Questi interventi di pubblicizzazione previsti a bilancio non avranno purtroppo né l'economicità del servizio privato né forse riusciranno ad assicurare quel minimo di razionalità che un massiccio investimento pubblico richiederebbe.
Ma queste carenze di quadro d'insieme hanno purtroppo anche altri risvolti. Li cito velocemente, perché avremo certamente occasione di tornare su questo argomento in altra sede, ma credo sia opportuno richiamarli.
Il Piemonte rischia di perdere irrimediabilmente gli stanziamenti per la metropolitana, o per lo meno per un certo tipo di trasporto quanto mai necessario, in alternativa alle attuali strutture, nell'area torinese. N ci è dato di sapere in quale misura le forze politiche che sono al potere nei tre organismi - Regione, Provincia, Comune - intendano utilizzare questi fondi. Purtroppo si tace anche sugli stanziamenti per i progetti speciali e per gli scali aeroportuali. Riteniamo che oggi ci si dovrebbe preoccupare - al di là delle conclamate asserzioni di insufficienza di disponibilità, di crisi - di dare esauriente e celere risposta a questi temi, in modo da mettere in moto una serie di meccanismi; indipendentemente dall'attuale congiuntura potrebbe precostituire impostazioni per un assetto infrastrutturale del territorio torinese di rilevante portata.
Non vogliamo in questa sede ricalcare la carenza di piani, che per varie ragioni non hanno ancora potuto essere predisposti: riteniamo per che il raccordo con le scelte non possa astrarre dalla predisposizione e dall'esame di questi piani se si vuole avere un riscontro nella spesa che sia effettivamente corretto.
Considerazioni analoghe a quelle fatte per i trasporti possono essere svolte anche per l'edilizia economica e popolare. In una parte della relazione si riconosce che si tratta di interventi esemplificativi. E già quando si è discusso in Consiglio regionale sui disegni di legge 39 e 40 avevamo sottolineato questi limiti e avevamo denunciato come non vi fosse una chiara individuazione del ruolo che la Regione poteva assolvere rispetto alle disponibilità di risorse, rispetto alle perequazioni sociali operabili con gli interventi di edilizia pubblica residenziale, rispetto al riequilibrio territoriale, e rispetto alla qualificazione dell'assetto urbano; per far riemergere quelle condizioni di effetto città che sono ottenibili solo con una armonica previsione degli insediamenti residenziali, possibilmente non monosociali e dotati di tutti i necessari servizi e di una localizzazione che possibilmente non perpetui le sperequazioni del passato.
Ma proprio su questi contenuti di riqualificazione i due disegni di legge sono ancora insufficienti, e non a caso - è bene ricordarlo - abbiamo sollecitato la Regione a porre rimedio a questa carenza con una serie di provvidenze nella direzione delle urbanizzazioni e del recupero del patrimonio residenziale esistente. Fra l'altro, in merito al problema dei cosiddetti "centri storici" ricordo alla Giunta regionale che sarebbe stato forse opportuno un accenno al piano predisposto dall'Assessore all'Edilizia popolare del Comune di Torino, piano, credo, sottoscritto dalla Giunta comunale di Torino, che richiede 11 miliardi alla Regione, cifra, sia pur programmabile in annualità, non indifferente e che comunque avrebbe comportato una presa di posizione politica sulla priorità del problema del centro storico di Torino, rispetto ad altri regionali.
La nostra proposta su questa tematica è quella di un aggiornamento del bilancio da effettuare quando, fra non molto, spero, avremo individuato un tipo di intervento qualificante, sia esso il centro storico di Torino, sia come suggerirei meglio, centri dell'area metropolitana torinese, (uno dei quali che emerge per le sue caratteristiche precipue è certamente quello di Venaria) proprio perché elementi sui quali, per le tensioni e per le maggiori problematiche connesse, è possibile un intervento armonico nella direzione e delle attrezzature e dei servizi e delle residenze e degli incentivi promozionali che alcune realtà urbane richiedono per togliersi dal livello periferico e di basso tono sociale che li caratterizza.
Noi riteniamo che in questo settore, stante le disponibilità ancora prevedibili anche se esigue (dell'ordine di 3-4 miliardi per anno), sia possibile una programmazione per interventi in conto capitale che prefigurino la realizzazione di precisi programmi. E non si cerchi nella carenza di strumenti urbanistici un alibi per non operare, oppure per rinunciare ad ogni fantasia su questi temi. Riteniamo che elaborazioni non manchino, o siano celermente predisponibili; alcune saranno certamente imprecise e perfettibili, ma occorre, su questo tema (degli strumenti e dei piani) assumere atteggiamenti precisi. Non vogliamo rimarcare aspetti negativi dovuti agli stanziamenti consistenti che sono stati fatti, sia per incrementare l'organico del personale addetto al dipartimento "assetto del territorio", sia per la predisposizione dei "piani". Diciamo però che occorre istituzionalizzare questi "piani", cioè non lasciarli come libri dei sogni nei cassetti, ma discuterli in Consiglio regionale (visto che fra l'altro sono oggetto di lavoro e a costi non indifferenti) per un pronunciamento; da essi si dovrà partire per elaborazioni successive di programmazione e di investimenti.
Noi siamo consapevoli degli sforzi che gli Assessorati stanno compiendo. Ci auguriamo che i fondi siano spesi bene. Non lo dico per sfiducia negli strumenti approntati (sia di personale che di mezzi) per elaborarli; ma perché conosciamo purtroppo quale sia stata la storia di molti di questi investimenti.
Concludo, signori Consiglieri, sottolineando ancora una volta la necessità di pervenire quanto prima, al di là del documento sul quale non possiamo che avere un atteggiamento critico che ci induce ad un voto negativo, ad un confronto sui temi della programmazione e della pianificazione regionale. Noi riteniamo che per ora sia la gestione politica sia la predisposizione e presentazione di questo bilancio abbiano mirato ad una orchestrazione di gestione dei consensi, più che non ad una chiara impostazione di scelte e quindi di effettivi consensi. Una impostazione di questo tipo a nostro avviso è una impostazione stonata tanto più in momenti di crisi qual è l'attuale, quando sono necessari impegni e scelte precisi.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Alberton. Ne ha facoltà.



ALBERTON Ezio

L'Assessore Simonelli ha già detto che un clima di stanca ritualità sta avvolgendo questo dibattito (in questo momento anche per la sua durata). Ma io credo che questo clima sia imputabile a due fatti: in primo luogo la consapevolezza che al di sopra di noi si stanno verificando delle crisi che, coinvolgendo l'istituto regionale, non possono non creare un clima di sfiducia complessiva; in secondo luogo, il non esser riusciti a trovare - e già l'abbiamo verificato in Commissione - un metodo politico corretto di lavoro.
Berti Antonio, in Commissione, propose, in maniera troppo semplicistica, le domande alle quali si sarebbe dovuto rispondere per motivare con un "sì" o con un "no" il voto sul bilancio: dovete dire se sono possibili nuove entrate; se è possibile un ulteriore indebitamento; se siete d'accordo sul bilancio di massima espansione e sulle scelte prioritarie; se siete d'accordo su questo, diceva, il problema è risolto. A molte di queste domande noi rispondiamo affermativamente, come ha risposto anche la Giunta. Ma per noi il bilancio è qualcosa di più: è l'insieme di un quadro politico, di un'organizzazione finanziaria, di un programma operativo e di una gestione conseguente.
Dico subito che, personalmente, sono favorevole ad un programma di massima espansione, in questo momento. E non sono neanche tra coloro che contestano la selezione dei settori prioritari di intervento. Il rilancio dell'economia e quel progetto di società cui tendiamo credo impongano, e abbiano già reso acquisito da gran parte della comunità regionale, proprio quei settori cui si vanno indirizzando le risorse maggiori.
Noi non abbiamo fatto finora, e credo non faremo, alcuna richiesta aggiuntiva: siamo troppo consapevoli della rigidità delle entrate, cui ha fatto riferimento il collega Paganelli nel discorso con il quale si è aperto il dibattito, per incorrere in irresponsabilità di questo genere.
Nondimeno, torniamo sul discorso che già facemmo in Commissione: per noi il bilancio era l'occasione importante per riflettere sul quadro d'insieme e per farlo avevamo bisogno di una strumentazione di informazioni superiore a quella che ci è stata fornita. In questo senso recrimino sui ritardi e sui vuoti della relazione. Non per le considerazioni politiche che l'accompagnano, perché su quelle eravamo gia preparati ad avere opinioni proprie e distinte; ma per le considerazioni che avrebbero dovuto consentire di riflettere sulle condizioni strutturali della Regione.
Se è vero che deve essere esaltato il carattere anticongiunturale, non in senso riduttivo, del bilancio, è proprio per questo che sottolineiamo il carattere di massima espansione della spesa; se è vero che siamo di fronte a situazioni economiche di emergenza, la gestione della spesa regionale non è un fatto riduttivo, è un fatto invece, molto importante. Spendere in fretta, e nella giusta direzione, diventa a questo punto un fatto politico nel senso più nobile dell'espressione. Peggio sarebbe, credo, se alla fine non andassimo in passivo solo perché non abbiamo speso quello che avevamo previsto di spendere.
Il Presidente Rossi può confermare che a livello di Commissione non è stato possibile quel lavoro preparatorio che tutti dichiaravano necessario di confronto anche con le altre Commissioni, Assessorato per Assessorato dipartimento per dipartimento.
Apprezziamo la promessa fattaci dall'Assessore Simonelli di fornirci i quadri dei residui passivi. La stessa promessa era stata però fatta già parecchi mesi addietro. Per comprendere a fondo e rimuovere le cause della non spesa occorre lavorare molto, In questa nostra disponibilità non vediamo alcunché che pregiudichi una distinzione di ruoli tra opposizione e maggioranza. Ma sarebbe irresponsabilità, mancanza di attaccamento alle istituzioni, muoversi con spirito diverso.
Riteniamo pure indispensabile avere il quadro dei progetti disponibili e finanziabili, nei vari settori. Solo così il Consiglio potrebbe essere consapevole di fare delle scelte giuste, senza rischiare di avviarsi su strade impercorribili o che non portassero a conclusione gli impegni.
Circa il reperimento dei fondi sono state date indicazioni da Paganelli e da Gandolfi, che hanno precisato una lunga serie di capitoli di spesa del bilancio che possono essere ridimensionati e fornire le risorse per l'intervento su altri settori.
Il discorso della finanza regionale è affrontato molto ampiamente nella relazione, e ci dispiace che i limiti di tempo non ci consentano di intervenire a fondo su questo tema, ma penso che gli appuntamenti della discussione sulla 382 e sulla 281 ci consentiranno di effettuare un confronto più approfondito.
Richiamo l'attenzione del Consiglio sul fatto che il nostro appello sul realismo delle previsioni delle entrate non è un discorso antiregionalista: crediamo sarebbe una fuga irresponsabile dalla realtà prospettarsi un quadro di polemica con lo Stato inserendo a bilancio previsioni consapevolmente superiori a quelle garantite. Alcuni commenti integrativi alla relazione del bilancio sulla finanza regionale: vorremmo spendere due parole sulla prospettiva che ad una maggiore autonomia finanziaria venga a corrispondere in futuro una maggiore potestà impositiva della Regione.
Noi non crediamo che siano sufficienti a qualificare l'autonomia finanziaria regionale, a parte i trasferimenti dallo Stato, l'ILOR o la tassa sulla circolazione. Riteniamo che in relazione alla loro capacità di intervento, di accertamento, di selezione, di programmazione, e per capacità di redistribuzione del reddito nei settori di propria competenza commercio, urbanistica, trasporti -, le Regioni dovrebbero poter vantare una capacità impositiva autonoma. Autonomia che si sposerebbe allora più correttamente anche con il concetto di responsabilizzazione. Il riequilibramento delle differenze regionali da parte del centro dovrebbe poi avvenire in modo che fossero premiati gli sforzi compiuti in proprio dalla periferia. Questo lo vediamo possibile nella misura in cui si introdurranno degli indici di riferimento che per esempio evidenzino il rapporto tra prelievo locale e reddito locale. Solo così potremo effettivamente rispondere di aver compiuto a livello regionale lo stesso sforzo che pretendiamo si compia a livello centrale.
Sono necessarie anche alcune considerazioni generali sulla situazione economica, ad integrazione dei dati già esposti dall'Assessore Simonelli che impongono, a nostro parere, un atteggiamento più riflessivo. Credo che l'Assessore abbia ricordato solo quelli che potevano servire ad una certa interpretazione della realtà: sarebbe, credo, doveroso ricordarli tutti. Il disavanzo dello Stato: 12.400 miliardi nel '75 a fronte dei 5.400 nel '74.
I rapporti fra il disavanzo annuale e il reddito nazionale, passato dal 4 del periodo '65 '69 all'11% del '74-'75, con una prospettiva del 13% nel '76. Gli sforzi fatti per contenere gli effetti sociali dell'inflazione.
Non possiamo non ricordare che, a fronte di una inflazione cresciuta ad un tasso del 12%, il reddito di lavoro dipendente è cresciuto del 20%; con il tentativo di attuare, pur in un momento così difficile, una redistribuzione del reddito superiore all'aumento dei prezzi al consumo e in presenza di una diminuzione del reddito nazionale, e a fronte di un decrescere della produttività in assoluto e in rapporto ai Paesi dell'OCSE.
Ecco allora perché, di fronte a timori per le entrate, nel senso che esse si rivelino più scarse del previsto, chiediamo e riteniamo necessaria una ulteriore maggiore selezione della spesa. Siamo convinti - l'abbiamo già detto in Commissione - che non sono recuperabili tranches di pacchetti di miliardi (non è questo il margine di elasticità che ci consente il nostro bilancio): ma ugualmente, a fronte di questa situazione, sulla base di quei quadri che ci mancano, non possiamo non stimolare la Giunta ad indirizzarsi verso spese per opere di rapida esecutività e in opere a elevato contenuto di mano d'opera.
L'Assessore ricordava che parte delle spese improduttive dello Stato sono rappresentate da trasferimenti sociali. Chiediamoci se anche la Regione non corre il rischio di entrare in questo canale. Se è pur giusta la predilezione per il sistema delle imposte dirette, oggi, di fronte ad una sistema di prelievo fiscale largamente insoddisfacente, con un Paese fortemente diviso per classi di reddito, noi non possiamo affermare il diritto alla piena liberalizzazione per il massimo godimento dei servizi.
Abbiamo avuto occasione di introdurre questo concetto anche nella discussione della legge per l'assistenza scolastica, quando abbiamo chiesto alla Giunta e all'Assessore se non riteneva opportuno riflettere soprattutto per i livelli di scuola non dell'obbligo, sulla necessità di introdurre, per trasporti e mensa, criteri di selettività in base al reddito, non potendosi premiare, oggi, indifferentemente, tutta la popolazione, a pena di scaricare poi sulle spalle degli Enti locali oneri che questi non sarebbero in grado di sopportare. Sotto questo profilo credo che la Regione potrebbe e dovrebbe fare più di quanto non abbia fatto finora: un utile lavoro di consolidamento, di aggregazione delle politiche degli Enti locali. Perché la prospettiva dovrà essere in un rapporto sostanziale tra Enti locali e Regioni, e tra questi enti insieme verso lo Stato, e non in maniera diversa.
Certo, affermare questo di fronte a certi fatti nazionali, di fronte a personaggi con elicotteri privati e spiagge private, può anche costare fatica. Eppure crediamo che sia necessario.
Il bilancio, oltre che programma di ripartizione di fondi, di organizzazione finanziaria, è anche programma operativo. Ho analizzato con attenzione il capitolo dell'istruzione e cultura, e non posso non rilevare una certa insoddisfazione. Ci troviamo di fronte a richieste di aumenti di stanziamenti, per esempio nel settore "Musei e biblioteche". A parte l'opportunità di dislocare queste risorse verso altri settori, come dicevo in precedenza, tuttavia, per sapere se esse sono destinabili produttivamente nelle direzioni indicate, non credo siano sufficienti affermazioni così generiche quali "per la situazione precaria di alcune istituzioni", "finanziamenti di strutture esistenti o costituende". Se non ci vengono date precisazioni maggiori, o rischiamo di non essere in grado di emettere un giudizio, o, se dobbiamo emetterlo, lo emettiamo a favore di altre destinazioni. Perché altrimenti le destinazioni produttive tanto esaltate non emergono per nulla.
Un settore importantissimo è quello della formazione professionale soprattutto nel campo industriale. Consapevoli di quanto c'è da fare in questo settore, conosciamo solo, per ora, l'indagine sull'apprendistato.
Abbiamo sentito in passato polemiche tra la Giunta e l'Unione Industriale: poi tutte queste polemiche si sono assopite, non sappiamo se dopo aver dato origine a qualcosa su cui la Giunta sta lavorando oppure per essere esse solo degli escatomages di carattere più o meno teatral-diplomatico. Con i fenomeni di cassa integrazione presenti nel Piemonte, con le esigenze di mobilità, crediamo necessarie accurate ricerche di gestione concorde fra operatori, enti economici, organizzazioni sindacali. Sono pervenute alla Giunta offerte di costituire gruppi di ricerca in comune con altri organismi del settore. Quali sono le risposte della Giunta? E, altra domanda specifica, abolizione dei consorzi di istruzione tecnica che cosa sottintende? Un discorso che ci sta molto a cuore è quello dell'occupazione giovanile, d'altra parte correlato con quello che facevo precedentemente.
Certamente, non è da provvedimenti congiunturali che può derivare la risoluzione di questo problema, ma crediamo che possano e debbano esserci ugualmente provvedimenti temporanei immediati, non di carattere assistenziale ma coerenti con un piano di ripresa produttiva e di sviluppo dell'occupazione. Certo, sarebbe molto più positivo poter discutere oggi di questo tema contando sui provvedimenti governativi nazionali.
Da parte dell'organizzazione giovanile democristiana sono state elaborate proposte che ritengo doveroso esporre in questa sede, anche per le competenze regionali che possono sollecitare: a) assorbimento di mano d'opera giovanile, con inderogabile riforma del collegamento, per progetti specifici e a termine. Ricordiamo la validità di un impegno di risorse, a termine, però, per esempio nel riordino dei catasti; b) incentivazione - e su questo penso che la Regione debba fare qualche cosa - a forme di cooperative di lavoro, soprattutto per settori artigianali, di lavorazioni elettrotecniche o igienico-sanitarie, tenendo ben presente che il progetto governativo presuppone e pretende il coinvolgimento delle Regioni e delle Organizzazioni sindacali nella gestione di questi progetti.
Ci pare che la Giunta rimanga troppo spesso bloccata su questi temi soprattutto sul settore lavoro, perché è assai poco disponibile a rinunciare ad un disegno di proprie azioni dirette, e non vuol cogliere la necessità di un positivo coordinamento e utilizzo di strutture esistenti, o perché non regionali o perché non gradite politicamente. Il disegno di voler apparire, ed essere, del tutto diversi rispetto alla situazione precedente, talvolta condiziona pesantemente, al di là dell'utilità della politica regionale. Siete convinti, ad esempio, di aver utilizzato nella maniera migliore le pagine apparse sul "Times"? Una spesa di otto milioni e mezzo a carico della Regione, che attraverso le varie interviste, è servita più ad un accredito internazionale della Giunta che non a fornire un quadro obiettivo della nostra situazione regionale.
Ma la stanchezza di questa discussione, o la sfiducia parziale in questa discussione, credo derivi anche dalla consapevolezza come dicevo all'inizio, di un quadro generale estremamente preoccupante. Se questa discussione fosse avvenuta anche solo qualche giorno fa, avremmo ribadito in questa sede con maggior calore un richiamo - che sarebbe stato opportuno fosse partito anche dal Consiglio regionale - verso le forze politiche nazionali che si accingono a discutere, questa sera, le dichiarazioni del Governo: quello di evitare lo scioglimento anticipato delle Camere, per risolvere con il concorso di tutti i problemi più gravi del Paese. Le elezioni politiche anticipate, in una situazione come questa, di tempesta monetaria, con sintomi non ancora consolidati di ripresa economica, con una strategia della tensione contro le istituzioni democratiche, con la necessità di verificare e chiarire il clima di scandali, sono una perdita secca per l'intero Paese. Sfuggire a questi problemi ricorrendo al voto dei cittadini crediamo sia estremamente pericoloso: per tutti, anche per chi potesse o volesse ripromettersi un vantaggio elettorale.
Non appaiano fuori tema queste considerazioni politiche generali. Se le facciamo è perché sentiamo che da esse dipendono anche le vicende della nostra Regione, la soluzione di molti nostri problemi, la possibilità che le Regioni stesse, nella loro forma istituzionale, sviluppino la loro presenza.
Ci sono sicuramente giudizi diversi, all'interno anche della Democrazia Cristiana, così come all'interno degli altri partiti, dello stesso Partito comunista - ne fanno fede le dichiarazioni diverse anche apparse in questi giorni - sulle vicende passate e sulle prospettive future. Ma è possibile ritrovare un minimo comun denominatore per un'intesa di fine legislatura su un programma di emergenza. Questa crediamo sia la volontà della maggioranza del popolo italiano e piemontese. Ed è con rabbia che vediamo invece profilarsi soluzioni diverse, che rifiutiamo di accettare con fatalistica rassegnazione.
La crisi aperta a gennaio, le immediate ripercussioni sulla nostra moneta, che hanno reso inutili i primi provvedimenti di riapertura del credito per la ripresa (perché, Assessore Simonelli, queste cause politiche hanno sicuramente inciso almeno altrettanto, se non più, dei magari pur esistenti errori di creazione di massa monetaria realizzatisi in quel periodo), e hanno spinto la Democrazia Cristiana a compiere l'atto di responsabilità di dar origine al governo monocolore dell'On. Moro.
Successivamente, il PCI con alternanza, il PSI con maggior determinazione hanno costretto la situazione dentro il corno del dilemma: o governo di emergenza o elezioni anticipate.
Se si accetta con reciproco autocontrollo il vincolo del rispetto dei ruoli di maggioranza e opposizione che tuteli la fisiologica dialettica parlamentare, perché devono ritenersi inagibili proposte come quelle formulate, che attraverso un confronto parlamentare sostenuto dalla costruttiva dialettica di maggioranza e opposizione si possa ritrovare un accordo su un programma di emergenza di fine legislatura? I temi sono tutti sul tavolo, per l'economia e per l'ordine pubblico, quelli che interessano anche più direttamente le politiche regionali, come l'occupazione giovanile, la ristrutturazione industriale, l'agevolazione e la selezione del credito. Perché su questi temi non è possibile trovare quello stesso spirito che ha pur reso possibile e attuabile quella legge sugli interventi per il Mezzogiorno capace di mobilitare 17mila miliardi in cinque anni attraverso una revisione profonda dei meccanismi di rapporto fra Cassa Parlamento e Regione? Anche qui una legge proposta inizialmente dal Governo e ritenuta insufficiente, che attraverso il dibattito parlamentare si è potuto migliorare tanto da ritrovare quasi unanimemente concordi tutte le forze politiche dell'arco costituzionale.
Noi non crediamo che siano tollerabili dal nostro Paese tre-quattro mesi di vuoto politico. E quando sentiamo far riferimento a ritardi sulla 382, consapevoli dell'importanza di quasi seconda Costituente per le Regioni che questa legge può avere, ci chiediamo quali destini sono riservati a questa legge se interverranno quelle crisi che purtroppo oggi appaiono quasi inevitabili.
Ma se è pur vero che siamo in queste condizioni, crediamo necessario che da parte delle forze politiche democratiche presenti in Consiglio regionale si alzino fino in fondo anche le ultime parole di speranza e di stimolo perché queste prospettive siano allontanate.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

La Giunta ha presentato, per la discussione di questo bilancio, un materiale ponderoso, ricco di considerazioni e di informazioni, tale da consentire un dibattito reso appunto ricco e fecondo dalla conoscenza di così ampio supporto di dati. Ovviamente, la volontà di fornire un insieme di elementi così imponente ha richiesto più tempo del previsto, per cui il materiale non è giunto ai Consiglieri con la tempestività che sarebbe stata desiderabile. Dobbiamo quindi prendere atto delle osservazioni critiche che sono state qui svolte circa l'impossibilità materiale di considerare questi elementi: io credo che gran parte dei rilievi venuti sarebbero sfumati, o sarebbero stati resi in modo diverso, se la documentazione fosse pervenuta qualche giorno prima.
Non dobbiamo avere alcuna esitazione ed alcun limite nel valutare autocriticamente certi aspetti del nostro lavoro: vogliamo quindi considerarli al fine di eliminare quelle carenze, quei limiti che ancora esistono relativamente ad un periodo ancora molto breve della nostra attività di Giunta, per superarli e pervenire se non alla perfezione certamente al conseguimento degli obiettivi che ci siamo proposti con la formazione di questa Giunta. Sarei quindi d'accordo di accogliere le osservazioni che vengono fatte sul piano del metodo, traendone stimolo per regolamentare i nostri lavori, organizzare i nostri uffici, predisporre le iniziative di rapporto con la comunità regionale e con le Commissioni del Consiglio affinché in modo effettivo sia consentito di assicurare ad un atto importante come il bilancio quella partecipazione e quel consenso che riteniamo dalla partecipazione può e deve certamente venire alle scelte regionali. Dico questo senza alcuna preoccupazione, consapevole che il tempo a disposizione di questa Giunta per intervenire in modo nuovo è estremamente limitato. Quando avremo anni alle nostre spalle potremo probabilmente presentarci con maggiori complessi di colpa, se saremo ancora carenti. Certo, non sono state lievi le difficoltà che si son dovute superare per presentare anche soltanto quel materiale che è stato presentato, che è già imponente per chi lo ha letto (dico questo senza alcun intento di critica, perché sono convinto che quasi nessuno ha trovato il tempo per leggerlo, anche se con un po' di buona volontà ci si poteva riuscire; ma su questo aspetto mi sono assunto la responsabilità della autocritica e la voglio cogliere come uno stimolo per noi, Gruppo comunista, e per la Giunta a superare, con un lavoro che del resto è già in corso, quei limiti che ci sono).
L'impostazione nuova dei vari atti, gli iter che accompagnano i vari atti della Regione, in questo caso del bilancio, hanno dei tempi di preparazione che non dipendono soltanto dalla volontà politica, ma da un complesso di fattori di carattere nazionale, da un complesso di fattori collegati alla capacità delle strutture organizzative degli uffici della Regione di corrispondere appieno al nuovo tipo di impostazione che noi abbiamo promesso e che qui ci è stato sollecitato e in parte rimproverato.
Cogliamo dunque le osservazioni di metodo che sono venute, per far tesoro di quelle che hanno un carattere costruttivo (e alcuni contributi in questo senso sono venuti) per risolvere le questioni che sono aperte.
Da questo punto di vista credo possano valere alcune informazioni che ancora la Giunta vorrà dare, ma che sono già contenute nei documenti e comunque già sono state discusse altre volte, per esempio sull'organizzazione degli uffici, sulla capacità effettiva di lavorare al livello di dipartimenti, non soltanto della Giunta ma a livello degli uffici, sulla capacità e possibilità di far lavorare il Centro di calcolo non soltanto, ma anche sulla automatizzazione del bilancio. Sono tutti elementi di una macchina nuova che questa Giunta ha costruito e che possono portare, rapidamente, io mi auguro, ad una diversa impostazione del bilancio e del modo di discutere la spesa e l'impostazione finanziaria della Regione.
Noi siamo d'accordo sulle proposte che ha fatto l'Assessore al bilancio, in nome della Giunta, di una verifica trimestrale. Auspichiamo anche una rapida approvazione della nuova legge sulla contabilità regionale per una nuova strutturazione del bilancio. Attendiamo che alcune leggi vedi la 382 - possano essere approvate, per poter disporre, insieme con la riforma della finanza regionale, di alcuni elementi essenziali, attraverso i quali sarà possibile arrivare in modo nuovo, più frequente, a discutere della spesa e della impostazione della politica regionale.
La domanda che tuttavia mi ponevo mentre ascoltavo gli interventi soprattutto dei Consiglieri del Gruppo della Democrazia Cristiana, anche se all'interno di queste alcune differenziazioni ci sono state (voglio dare atto a Picco, anche per lo scontro che ho avuto con lui questa mattina, del carattere nuovo, interessante, anche se critico, del suo intervento; lo stesso riconoscimento vale per l'intervento di Alberton, tranne che per l'ultima parte, cui mi riferirò in sede di dichiarazione di voto, nella quale, assumendo un atteggiamento elettorale, egli è sembrato venir qui a parlare a nome di un partito come se questo fosse rimasto all'opposizione del Paese da trent'anni a questa parte, mentre si tratta invece di un partito che ha governato, e governato male, e che porta la responsabilità di quanto sta avvenendo nel nostro Paese, con un tentativo di scaricare su altre forze politiche le proprie responsabilità, tentativo molto strumentale. Ci sarebbe da chiedersi perché mai la Democrazia Cristiana non abbia fatto questa proposta quindici giorni fa, quando l'On. La Malfa e il nostro partito e altri partiti - il PSI, il Partito liberale, il Partito socialdemocratico - hanno fatto questa proposta e la D.C. si è rifiutata di accoglierla. Ma questi sono, ripeto, discorsi che non voglio aprire qui anche per non sottrarre troppo tempo al dibattito, pure se il Presidente e i colleghi penso vorranno consentirmi, essendo il mio il secondo ed ultimo intervento del nostro Gruppo, di disporre di qualche minuto in più rispetto ai venti che sono stati stabiliti era questa: che cosa c'è di propositivo quale linea alternativa emerge in genere dagli interventi delle forze di opposizione, oltre alle osservazioni di metodo che qui sono state svolte (un giorno o l'altro ci intratterremo su questo aspetto, e vi faremo constatare quante e quali innovazioni di metodo sono state apportate all'attività di questa Regione, che voi date l'impressione di non ricordare). Quale analisi della situazione del nostro Paese, dal punto di vista politico ed economico, è stata compiuta, a parte alcuni accenni critici di Alberton, rispetto alla stessa Democrazia Cristiana? Vi è stata negli interventi dei Consiglieri di opposizione, una analisi della situazione economica del Piemonte, con le fabbriche in crisi, l'occupazione in via di preoccupante riduzione, un esame dei provvedimenti necessari? Come mai non si è colta l'esigenza di valersi di un dibattito come questo per ricollocare come punto di partenza la situazione occupazionale del nostro Piemonte, che tutti abbiamo ritenuto concordemente essere nell'occhio del ciclone, come si dice? E' mancata una analisi delle prospettive, degli interventi che è necessario fare per proporre, sono mancate proposte alternative.
In qualche intervento si è detto: certe iniziative che voi vantate erano già state decise prima. Ebbene, credo di poter affermare che il bilancio non è mai il momento che riflette la complessità della politica regionale: esso è, com'è noto, costituito dalla gestione di leggi precedentemente approvate, da spese correnti obbligatorie, e da una parte di spese di investimento, parte che è fissata in maniera compatibile con le disponibilità. Ma c'è un'altra parte della politica regionale, che non si esprime in cifre, ma che è fatta di promozioni, di incontri, di proposizioni. Questo costituisce il nucleo centrale e nuovo di questa Amministrazione regionale.
Non è molto facile la gestione del consenso. Anzi, in una situazione che presenta aspetti così drammatici e preoccupanti è la parte più difficile. La Giunta regionale si è disposta a cercar di gestire il consenso in un contesto in cui la situazione nazionale non offre spunti di intervento se non drammatici, che si riflettono anche sulla capacità della Regione di intervenire in termini positivi. Questo dai nostri oppositori viene completamente sottaciuto. La nuova maggioranza, avendo scelto come centro fondamentale della propria azione la situazione produttiva del Piemonte, nel suo rapporto con il resto del Paese e fuori del Paese, e analizzandola, si è proposta, attraverso incontri, convegni, rapporti, di individuare le linee di intervento. Questa è la parte che prima non esisteva e che noi abbiamo assunto come elemento nuovo della nostra azione.
Certo, non sempre ciò si traduce in atti amministrativi o in leggi, anche per motivi che voi conoscete (comunque li ricorderò). Ma non riuscire a rilevare questa capacità di misurarsi con tutti i problemi senza scansarne uno solo, rinunciando alla funzione di mediazione per assumere la parte del soggetto attivo, questa è una scelta politica nuova: la Regione non più mediatrice di interessi ma soggetto attivo, interlocutore principale per tutti i soggetti produttivi del Piemonte, alla ricerca di linee di intervento in una situazione che presenta estreme difficoltà di intervento non riuscire a cogliere questo vuol dire arroccarsi, fermarsi in un contesto che è sostanzialmente conservatore, nel senso che non si propone di rimarcare gli aspetti nuovi della situazione.
Senza voler aprire polemiche, che - ribadisco quanto ho già dichiarato in un intervento precedente - non mi pare abbiano poi molto senso, stante la nostra volontà di ricercare anche in questa sede soprattutto il consenso, e non il momento dello scontro, polemizzando solo quando è indispensabile, perché, come abbiamo dichiarato anche a proposito delle elezioni politiche anticipate, non ci interessa un confronto elettorale, ci interessa l'incontro di tutte le forze per concordare che cosa occorra fare oggi. Sono cose che non diciamo ora soltanto: sono mesi che lavoriamo per questa prospettiva politica.
Questo noi abbiamo fatto, questo stiamo facendo. Non nego che lo stiamo facendo con i difetti derivanti da una certa inesperienza, che il fatto di essere stati per tanti anni all'opposizione può ancora farci giocare sulla base di un entusiasmo della volontà che ci porta probabilmente a sottovalutare i ritardi reali che nell'azione pratica invece esistono. Ma ciò non va confuso con le linee di fondo. Chi ha affermato qui coscientemente, che questa maggioranza non ha una linea politica per me è al di fuori della realtà: o è in mala fede o non ha capito nulla. La linea politica esiste, eccome! Si può non condividerla, si può contestarla, in tutto o in parte; possono essere dati suggerimenti e mosse critiche, come ce ne sono stati e che noi pensiamo di dover prendere in considerazione e se possibile accogliere. Il fatto è allora che qui non riusciamo a fare un vero confronto.
Ricordavo poco fa che qualcuno ha detto che noi gestiamo leggi precedenti. E' vero. Le gestiamo, intanto, perché ci sono, e le leggi che ci sono, se non si aboliscono o si modificano, non si può far altro che continuare a gestirle come sono. Ma questo è uno dei motivi della polemica tra l'altro. Sottolineo però a chi ha buona memoria il ruolo che noi abbiamo giocato dall'opposizione. La nostra opposizione non è stata mai, o quasi mai, fatta contro, ma è stata una politica perché si facessero certe cose. Non abbiamo mancato, soprattutto in occasione di discussioni e dibattiti sui bilanci, di esprimere e motivare le critiche a quanto ci veniva proposto, ma io ricordo di avere personalmente dato atto, in occasione dell'ultimo bilancio, che la relazione conteneva una analisi piuttosto interessante, che erano stati previsti interventi apprezzabili e, quel che mi sembra che più conti sottolineare, noi ci siamo non di rado presentati soprattutto con proposte vere e proprie. Ricordo che per il bilancio '73-'74 abbiamo presentato quasi un controbilancio, con indicazioni di spesa alternative, indicazioni di capitoli di bilancio quasi, con i documenti allegati consegnati prima a tutte le forze politiche e illustrati in conferenza-stampa. Questo è stato permanentemente il carattere della nostra azione dai banchi dell'opposizione, e su queste linee si è svolto il confronto: un confronto sollecitato dalla nostra proposta politica, che si è costantemente rivolta alle altre forze nel tentativo di una ricerca di unità, di recupero sulle cose, sui contenuti.
Ecco la differenza fra la nostra e la vostra opposizione, che, secondo me, non riesce ancora, o non vuol riuscire, ad esprimersi, oltre che su critiche di carattere metodologico, su osservazioni critiche e costruttive di questioni di merito. A me pare di dover cogliere questo elemento, che sostanzialmente rende inutile un dibattito come questo, perché è un confronto senza approdi, stante che la posizione è già assunta e da questa non si intende recedere.
In effetti, giova qui ricordare che in Commissione - ove, peraltro (consentitemi quest'unica battuta in un discorso che non vuol essere polemico ma attenersi ai fatti, alle situazioni concrete), a parte la maggioranza, il Gruppo democristiano, l'ULD e Gandolfi non c'è mai nessuno per cui mi fa sorridere Benzi quando si lamenta di non aver mai avuto la possibilità di discutere il bilancio in fase elaborativa: se fosse stato più assiduo alle riunioni avrebbe certamente avuto modo di dire la sua opinione - noi abbiamo invitato le altre forze politiche a rispondere ad alcune domande essenziali, partendo da alcuni presupposti, in primo luogo da quello che ci sono situazioni di fatto da cui non si può prescindere per esempio quello che le entrate della Regione dipendono, in tutto e per tutto, da quanto dà ad esse lo Stato, perché le Regioni non hanno alcuna possibilità impositiva, non hanno una loro politica fiscale (l'avevano quanto meno, i Comuni, ma è stata loro tolta). Sono quindi d'accordo con coloro che denunciano i facili trionfalismi: non è tempo di trionfalismi in questa situazione, ma di estrema aderenza alla realtà. Le entrate dunque, dipendono da altri, non da noi, e voi sapete quali sono. L'unica voce di movimento su cui si può misurare la volontà politica della Regione è il fondo globale. E noi abbiamo chiesto a questo proposito a Paganelli Alberton, agli altri che erano presenti: diteci voi se in una situazione come questa la Regione, con il suo bilancio, deve attestarsi su una restrizione massima del fondo globale, della previsione di tale fondo, o non deve invece, per essere un elemento dinamico, attivo, produrre uno sforzo di massima espansione del fondo.
Devo immediatamente cogliere una contraddizione: mentre Gandolfi questa mattina, in un intervento interessante, concreto seppur critico, ci invita alla massima restrizione, e altrettanto, mi pare di aver capito, fa il Consigliere Paganelli, Alberton risponde anche in questa sede: "io sono d'accordo per la massima espansione".
Sulla massima espansione dobbiamo metterci d'accordo. Perché la Giunta accresce al massimo l'unica voce che ha a disposizione per un incremento cioè il fondo globale? Simonelli ha pur detto in Commissione bilancio che ciò era dovuto a precisi impegni del Governo. Primo impegno, dare alle Regioni i fondi precedentemente immessi nel fondo globale. Ha ricordato Paganelli l'aumento del 25% concordemente deciso negli anni scorsi.



PAGANELLI Ettore

Pare che la legge sia stata approvata ieri definitivamente.



BERTI Antonio

Tanto meglio. Secondo impegno, c'è una proposta di legge che dovrebbe portare ad un aumento considerevole, in sostanza dovrebbe portare a confermare le previsioni di aumento del fondo globale che la Giunta ha fatto. Ci sarà una differenza di 7-8 miliardi? Non lo so. Anche perch purtroppo, perbacco, tutti noi che operiamo nelle Regioni abbiamo le mani legate perché evidentemente dipendiamo da decisioni del Governo, che ritarda sempre troppo a distribuire i fondi alle Regioni. E' uno dei motivi del ritardo della presentazione del bilancio, di cui ha parlato anche Simonelli.
Ebbene, io dico: dopo che abbiamo rischiato prevedendo il 25% in più nei bilanci precedenti senza avere alcuna assicurazione di copertura da parte dello Stato, non dovremmo rischiare oggi un aumento del fondo globale, quando abbiamo ricevuto assicurazioni così solenni da parte del Governo?



ALBERTON Ezio

Scusa, Berti, l'anno scorso quella espansione non l'abbiamo raggiunta.



BERTI Antonio

E' vero, non l'abbiamo raggiunta. Io colgo però la tendenza di carattere politico che emerge dal tuo intervento con il quale ti sei pronunciato per una politica di massima espansione. Sul come concretizzarla possiamo benissimo discutere. Mi preme però rilevare la differenza di posizione fra varie componenti delle forze politiche, così come la differenza fra gli atteggiamenti delle varie forze politiche, la differenza abissale, per esempio, fra il Consigliere Benzi e il Consigliere Cardinali il quale ultimo ha fatto, secondo noi, un intervento di estremo interesse.
Cardinali ha detto, tra l'altro, con parole molto semplici, una cosa grande, facendo piazza pulita delle strumentalizzazioni magari artificiose: ha detto che la verità non si può nascondere, che se questa è la situazione da essa non si può prescindere, con questa bisogna fare i conti, con questa deve fare i conti anche questa Giunta. Se non si parte di qui, viene a mancare la base oggettiva della situazione all'interno della quale si possano poi fare discussioni, scelte eccetera.
Abbiamo poi presentato in Commissione alle altre forze politiche una seconda domanda, partendo dalla premessa che, per la proliferazione della legislazione regionale precedente (ci siamo vantati di aver fatto tante leggi, anche se, alla fine dell'altra legislatura, abbiamo anche criticato il modo in cui erano state fatte) e la non espansione dell'entrata regionale, noi, come è stato detto e scritto in documenti, e come ha detto anche Paganelli, abbiamo praticamente esaurito le nostre possibilità tant'è che si prevedono per i bilanci futuri situazioni piuttosto serie e gravi. Noi oggi pertanto impostiamo il nostro lavoro solo perché sorretti dalla speranza e dalla fiducia che abbiamo e per il cui verificarsi ci adoperiamo che qualcosa cambi nel nostro Paese, cosicché venga formato un governo che governi effettivamente, che riconosca l'esistenza delle Regioni in senso vero, provvedendo ad una nuova più equa ripartizione del bilancio dello Stato. La situazione reale, però, è al momento attuale questa: noi abbiamo quasi esaurito le nostre disponibilità.
Così stando le cose, e avendo per la prima volta - lo dico senza tono trionfalistico ma è effettivamente una cosa nuova - scritto, accanto alla voce "Fondi globali", anche le proposte legislative per utilizzarli, e non avendo quindi altre possibilità, perché le proposte assorbono totalmente salvo un miliardo, mi pare, le disponibilità di fondo globale, noi abbiamo posto ai Consiglieri presenti in Commissione questo quesito: in questa situazione, dobbiamo dare spazio a qualsiasi domanda e richiesta, o non dobbiamo invece operare una selezione della spesa, attraverso la fissazione di impegni prioritari, dando cioè la preferenza per investimenti massicci all'agricoltura, o ai trasporti, o alla casa, e via dicendo. Secondo noi nell'attuale situazione, non c'è altra scelta.
Sono venute due proposte. Una è quella di reperire somme eliminando qualche voce superflua o ritenuta di importanza non immediata. E dico subito che noi siamo d'accordo che certe voci non bene specificate, ma che pure comportano stanziamenti di milioni, vengano cancellate dal bilancio e gli stanziamenti portati nel fondo comune, per una utilizzazione specificata con apposito atto legislativo. Ma, fatto questo, quali altre scelte rimangono, oltre a quelle indicate, di cui parlavo prima, per reperire dei fondi da dare all'agricoltura, e una disponibilità di circa due miliardi per intervenire sui centri storici? Devo dire che sono d'accordo anche con Picco quando sostiene che occorre fare una scelta e stabilire la priorità per il centro storico di Torino. Dico questo a titolo personale. La Giunta potrà confermarlo per proprio conto, se riterrà di farlo.



PETRINI Luigi

Non solo per Torino.



BERTI Antonio

Ripeto, ho espresso una mia opinione, che concorda con quella del Consigliere Picco. So però che nel vostro Gruppo vi sono varie posizioni per cui con l'uno o con l'altro dei suoi componenti si trova facilmente modo di mettersi d'accordo.
Per quanto riguarda l'agricoltura, dobbiamo mettere in rilievo una delle proposte più importanti fra quelle venute da Gandolfi, Paganelli e adesso Chiabrando. Nell'interessante intervento svolto da Gandolfi, il cui contenuto è stato ripreso in parte da Paganelli (che era stato però molto più esplicito in Commissione) si propone di destinare il miliardo eventualmente reperito non secondo la linea vecchia, ormai superata (come riconosce Chiabrando, che tuttavia la sostiene), in maniera generica, al settore agricolo, ma ad interventi ben determinati sulle strutture che servono i paesi che vivono dei prodotti agricoli, che hanno un reddito preminentemente agricolo, e si è portato l'esempio dell'Acquedotto delle Langhe. E' una scelta che noi gradiremmo che i proponenti Paganelli e Gandolfi traducessero in richiesta specifica.



PAGANELLI Ettore

Veramente, Berti, Chiabrando sosteneva la stessa cosa che ho detto io.



BERTI Antonio

Allora, non è stato molto esplicito. Dunque, anche Chiabrando è d'accordo che il miliardo, se reperito, venga destinato all'agricoltura non nel senso di intervento a favore direttamente dei contadini ma nel senso di interventi indiretti, sulle strutture. E' bene lo dica chiaramente, perch noi sappiamo che le organizzazioni contadine - la bonomiana e anche le Alleanze contadine - si sono espresse in maniera diversa. Questo è un nodo da sciogliere, che dobbiamo sciogliere insieme. Perché è una questione veramente importante.
Questo è un esempio di intervento in cui il confronto c'è, perché si tratta di possibilità costruttive, su cui si può decidere in un senso o nell'altro sulla base di una proposta precisa.
Sottraggo ancora cinque minuti per trattare un ultimo punto, quello della Sanità. Armella ha svolto il suo solito intervento parlando degli ospedali e dei bilanci degli ospedali. Dico "solito" non perché non ritenga questo discorso interessante, ma perché è sempre uguale. Lamenta che non vi siano indicazioni di lavoro per questo settore! Ma come! Solo una decina di giorni fa abbiamo fatto un dibattito su tale tema, ci sono state riunioni in Commissione, si sono fissati orientamenti e linee di azione... La discussione sul bilancio non si fa riferendosi soltanto a quanto viene detto o scritto nella relazione, ma anche ai dibattiti precedenti, alle leggi in corso di elaborazione. Annamaria Vietti non ha cercato se la legge 82 era citata nella relazione al bilancio: ne ha parlato come tema principale del suo intervento, richiamandosi ad un dibattito esterno al bilancio, ed ha fatto benissimo, se questi sono i suoi interessi politici e culturali. Ognuno di noi si rifà a quello che avviene anche esternamente al tipo di rapporto, direi, che ogni forza politica ha con la gente. E noi diciamo che questo è essenziale e caratterizza un tipo di partito e lo distingue da un altro.
Quando eravamo all'opposizione, noi non abbiamo certo avuto bisogno n del Piano di sviluppo né della relazione al bilancio per presentare le nostre proposte: le abbiamo ricavate dal rapporto continuo che cerchiamo di avere con le forze produttive del Paese. Non mi pare che lo stesso possano dire altri, se è vero quello che abbiamo letto del Congresso regionale della Democrazia Cristiana, conclusosi con tre ore di discussione all'Hotel Ambasciatori contro i tre giorni impegnati dal PCI al Palazzo dello Sport a contatto diretto con la base: è chiaro che in quel modo concrete proposte non vengono fuori, perché manca il rapporto vivo con la gente.
Proposte, dunque, ne abbiamo fatte, anche per la Sanità, e non voglio stare qui a sottolinearle, tanto più che in una riunione della Commissione IV, convocata per il 5 maggio, come Armella sa perché gli è stato comunicato con lettera, con all'ordine del giorno i bilanci degli ospedali gli saranno forniti tutti gli elementi che ha richiesto.
Abbiamo già anche detto cosa pensiamo sui bilanci degli ospedali: che occorre andare a vedere cosa succede all'interno dei singoli ospedali, dal momento in cui l'ammalato vi entra a quando ne esce, per individuare se vi siano tempi vuoti e ottenere da una parte una diminuzione delle rette, il cui corrispettivo potrà essere utilizzato in altre direzioni, e capire dall'altra, quali sono i servizi che devono essere ristrutturati per colmare questi tempi vuoti.
Sono d'accordo con Armella, infine, che se è vero che i CO.RE.CO.
hanno, sia pure con quelle distinzioni, approvato il bilancio, è stato commesso un grosso errore. Perché il ritardo dell'approvazione dei bilanci degli ospedali, oltre dai motivi di esame di cui egli ha parlato, è dipeso dalla decisione degli Assessori alla sanità di tutte le Regioni di sospendere tale avallo per consentire all'interno di ogni bilancio un accurato esame al fine di arrivare a momenti di razionalizzazione, di trasformazione e di intervento nuovo, esame che la Regione Piemonte effettuerà fra qualche giorno.
Concludo dicendo che, tutto sommato, dal dibattito e dai vari interventi, a parte quella proposta che riguarda il miliardo da destinare all'agricoltura, un punto sul quale potremo ancora discutere, non mi pare siano emerse scelte sostanzialmente diverse da quelle importanti proposte dalla Giunta regionale che riguardano prioritariamente agricoltura trasporti, edilizia residenziale nei centri storici, formazione professionale, scuola, agricoltura, scelte che sono da tempo all'attenzione del nostro Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, non vi sono altri iscritti a parlare. Sono stati dunque rispettati in pieno gli accordi intervenuti ieri sera fra i Capigruppo. Nella giornata odierna sono stati svolti quindici interventi per un totale di sei ore e 40 minuti di discussione, di cui Gruppi appartenenti alla minoranza hanno potuto usufruire per circa quattro ore la maggioranza aveva però avuto a disposizione l'intera seduta pomeridiana di ieri, con la relazione della Commissione e quella dell'Assessorato. Vi è stato, pertanto, un perfetto equilibrio anche nella suddivisione del tempo di discussione fra le varie componenti del Consiglio.
Il dibattito continuerà domani con le repliche degli Assessori e del Presidente della Giunta, le dichiarazioni di voto e la votazione della legge sul bilancio.
La seduta è tolta e il Consiglio è riconvocato per domattina alle ore 9,30.



(La seduta ha termine alle ore 18,40)



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