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Dettaglio seduta n.46 del 21/04/76 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta e aperta.
I Consiglieri hanno ricevuto, con l'avviso di convocazione per la giornata odierna, l'ordine del giorno dei lavori, che reca: 1) Approvazione verbali precedenti sedute 2) Interpellanze ed interrogazioni 3) Comunicazioni del Presidente 4) Esame progetti di legge n. 18 e n. 58 relativi ai provvedimenti per il recupero e l'utilizzazione delle terre incolte o insufficientemente coltivate 5) Comunicazioni della Giunta regionale sulle misure da adottare in relazione agli attentati nelle fabbriche 6) Sostituzione di un componente dimissionario del CO.RE.CO. di Casale Monferrato 7) Esame deliberazione Giunta regionale relativa al Regolamento organico provvisorio dell'ESAP.
I Consiglieri hanno proposte da fare in relazione allo svolgimento di questo ordine del giorno? Faccio presente che le interpellanze e interrogazioni possono impegnarci per tre quarti d'ora, le comunicazioni del Presidente si esauriranno in due minuti, per l'esame dei progetti di legge n. 18 e n. 58 si può preventivare un'ora e mezzo, forse anche più fra discussione e votazione dei dodici articoli della legge, appesantita dagli emendamenti, che la comunicazione della Giunta, sulle misure da adottare in relazione agli attentati alle fabbriche comporterà certamente un dibattito abbastanza diffuso.
Seguiamo per intero l'iter tracciato, oppure rinunciamo fin d'ora ad esaminare interpellanze ed interrogazioni per poter svolgere gli altri due punti, oppure rinviamo ancora l'approvazione della legge sulle terre incolte? Prospetto questo problema perché non vorrei ritrovarmi alle 18 con una legge non approvata e l'aula semivuota.
Chiede di parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Sarei d'accordo di ridurre il tempo previsto per le interpellanze ed interrogazioni per poi procedere secondo l'ordine del giorno così come stabilito, con il proposito di esaurirlo, o quasi, riservandoci di riesaminare fra due o tre ore la situazione.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Raschio. Ne ha facoltà.



RASCHIO Luciano

Vorrei ribadire che dovrebbe essere lasciato un certo spazio all'esame della legge per l'utilizzazione delle terre incolte o insufficientemente coltivate, data la sua importanza; gli altri due punti potrebbero benissimo essere rinviati, anche se importanti poiché non ci pare indispensabile discuterne oggi.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Rossi. Ne ha facoltà.



ROSSI Luciano

In merito alla deliberazione della Giunta relativa al Regolamento organico provvisorio dell'ESAP, vorrei sapere se si tratta di questione l'inquadramento del personale - che deve essere esaminata anche dalla Commissione competente, oppure no.



PRESIDENTE

So che la I Commissione non ha esaminato la questione, però non so se sia necessario che lo faccia. Comunque, ci porremo il problema quando saremo giunti al punto relativo: per intanto, procediamo secondo l'iter fissato nell'ordine del giorno.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Passiamo al punto primo dell'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute".
I Consiglieri hanno ricevuto i verbali. Se non vi sono osservazioni possiamo considerarli approvati.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati - Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati

Interpellanza dei Consiglieri Chiabrando, Bertorello, Menozzi, Franzi e Lombardi: "Atteggiamento della Giunta sugli espropri in agricoltura. Opportunità di assumere iniziative immediate"


PRESIDENTE

Il punto secondo dell'o.d.g. reca: "Interpellanze ed interrogazioni".
In considerazione delle presenze in aula di Consiglieri ed Assessori, è possibile svolgere soltanto l'interpellanza presentata dai Consiglieri Chiabrando, Bertorello, Menozzi, Franzi, Lombardi: "Atteggiamento della Giunta sugli espropri in agricoltura. Opportunità di assumere iniziative immediate".
Qualcuno desidera illustrarla? Ha facoltà di parlare l'Assessore Astengo, per la risposta.



ASTENGO Giovanni, Assessore all'espropriazione

Si tratta, senza dubbio, di un tema d'interesse immediato. Faccio per presente che esso rientra ampiamente nella materia della legge regionale sull'Urbanistica, che è allo studio da parte di una Commissione che presumibilmente concluderà i suoi lavori entro il mese di giugno. In ogni caso, di questo argomento si è già anche convenuto di discutere nell'ambito di una riunione congiunta della I e VI Commissione. Ci sarà dunque, quanto prima, la possibilità di prendere in esame questa materia e vedere quanto di essa rientra nella legge urbanistica e quanto eventualmente, essendo al di fuori, può essere oggetto di un intervento specifico per questi problemi.



PRESIDENTE

La parola, per la replica, al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non ho ritenuto di dover illustrare l'interpellanza anche perché reputo che il suo significato si evinca chiaramente da quanto in essa contenuto, e poi perché del problema degli espropri nel nostro Paese, e nella fattispecie nella nostra Regione ho già avuto occasione in passato di presentare varie interrogazioni ed interpellanze Si tratta, caro Assessore, di un problema che sta maturando, e non so se possa uscirne una qualche buona soluzione E' indubbio che non si pu continuare ad assistere impotenti ad un processo di depauperazione vera e propria, che ormai non risparmia alcun ente: ogni tipo di Comune, dai più piccoli e più irrilevanti a quelli dalle dimensioni di metropoli o di megalopoli, è oggetto di espropri indiscriminati. Anche se è ormai unanime il riconoscimento della centralità del problema agricolo, nella sostanza l'agricoltura permane nel suo secolare stato di precarietà ed i terreni vengono sottoposti, ripeto, ad espropri per i quali, nascondendosi dietro il paravento della cosiddetta pubblica utilità, non si tengono minimamente in considerazione alcuni aspetti e alcuni valori nei confronti dell'agricoltura e soprattutto dei suoi operatori.
Dal momento che il discorso sugli strumenti urbanistici, sulla programmazione, sul piano di sviluppo in generale sembra delinearsi in forme concrete, mi auguro che la Giunta e l'Assessore competente vogliano dedicare particolare attenzione a questo stato di cose, che sta anche suscitando reazioni d'impazienza, per non dire di agitazione vera e propria, da parte dei diretti interessati.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni


PRESIDENTE

I Consiglieri Picco, Robaldo e Gandolfi riceveranno per iscritto risposta alle loro interrogazioni: non mi pare sia opportuno tenerle in sospeso dal momento che i presentatori non hanno reputato conveniente essere puntuali all'inizio della seduta in cui ne era previsto lo svolgimento.
Si rinvia invece ad altra seduta l'interrogazione del Consigliere Menozzi che non può avere soddisfazione perché non è ancora giunto l'Assessore Simonelli, competente a rispondere, per il quale pure vale il richiamo al fatto che il Consiglio regionale era convocato per le ore 15.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Cardinali, Cerchio, Gandolfi Oberto, Zanone.



PRESIDENTE

Il Consigliere Oberto mi ha precisato che oggi, mercoledì, sarebbe stato impegnato al mattino in Corte d'Assise per un gravissimo processo, mentre al pomeriggio avrebbe dovuto entrare in ospedale per esami che preludono ad un intervento chirurgico fissato per il giorno 26. Porgiamo al Consigliere Oberto gli auguri per l'operazione e formuliamo i migliori auspici di una pronta guarigione.


Argomento:

b) Presentazione disegni di legge


PRESIDENTE

Comunico che sono stati presentati dalla Giunta regionale i seguenti disegni di legge: n. 88 - "Rifinanziamento e integrazione della legge regionale 19/11/75 n.
54: 'Interventi regionali in materia di sistemazione di bacini montani opere idraulico-forestali, opere idrauliche di competenza regionale'" presentato il 13 aprile '76 n. 89 - "Concessione di garanzia fidejussoria della Regione a favore della Società cooperativa 'Consorzio regionale latte Verbano" presentato il 13 aprile '76 n. 90 - "Norme per l'affidamento e l'esecuzione delle opere di edilizia scolastica di cui alla legge 5 agosto 1975 n. 412", presentato in data 14 aprile '76.
Le comunicazioni del Presidente sono terminate. Vi sono richieste di parola? Passiamo allora al successivo punto dell'o.d.g.


Argomento: Terre incolte

Esame progetti di legge n. 18 e n. 58 relativi ai provvedimenti per il recupero e l'utilizzazione delle terre incolte od insufficientemente coltivate


PRESIDENTE

Il punto quarto dell'o.d.g. reca: "Esame progetti di legge n. 18 e n.
58 relativi ai provvedimenti per il recupero e l'utilizzazione delle terre incolte od insufficientemente coltivate".
Ha facoltà di parlare il relatore, Consigliere Raschio.



RASCHIO Luciano, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, nella nostra Regione, come nell'intero Paese, conseguentemente ad un particolare tipo di sviluppo socio-economico che ha notevolmente influenzato anche l'evoluzione dell'agricoltura, si sono venute a creare, nelle zone di più scarsa potenzialità produttiva, spesso disagiate per condizioni altimetriche e topografiche, ed in genere deficienti di adeguati servizi infrastrutturali aree dove l'attività agricola è stata notevolmente ridotta o addirittura completamente abbandonata.
Nel recente censimento dell'agricoltura i suoli abbandonati non trovano un'adeguata identificazione. Infatti, non sono state censite le aziende completamente abbandonate, e i dati relativi ai terreni abbandonati ed agli incolti produttivi delle aziende censite non sono stati pubblicati, forse perché ritenuti non sufficientemente attendibili.
Ad ogni modo, da stime di larga massima sembrano interessati al fenomeno, circa 5 o 6 milioni di ettari di superficie agraria o forestale nell'intero territorio nazionale, dei quali circa 400.000 ettari in Piemonte.
In generale, le cause del fenomeno vanno ricondotte al tipo di sviluppo imposto ai nostro Paese negli ultimi venti anni, in cui abbiamo assistito ad una politica di emarginazione dell'agricoltura ed al divario che si è venuto a creare fra città e campagna e fra pianura e montagna o alto colle.
Specialmente in collina e in montagna i fattori ambientali, la crisi agricola e l'assenza di una politica per l'integrazione dei redditi, per il riordino e la ricomposizione aziendale e per lo sviluppo dell'associazionismo hanno costretto numerosi agricoltori ad abbandonare le terre.
Se l'avere terreni in abbandono era già di per sé un fatto grave alcuni anni fa, lo è tanto più ora che importanti ed improvvisi squilibri si sono verificati nell'economia italiana.
Il nostro Paese, in prospettiva, deve colmare l'attuale disavanzo della bilancia dei pagamenti, e le voci più importanti che possono essere sostituite da una produzione nazionale sono quelle della carne (oltre 4 miliardi al giorno) e del legno (1,5 miliardi al giorno), rispettivamente al secondo e terzo posto fra le importazioni.
Di qui la necessità di disporre del censimento dei terreni incolti o insufficientemente coltivati, in vista di una loro possibile utilizzazione ai fini agricoli e forestali.
Non ci si può nascondere, peraltro, che per un totale ed immediato recupero delle terre incolte sono necessari notevoli investimenti di capitale pubblico per la sistemazione ed il miglioramento di tali terreni per la forestazione, per opere collettive, per l'integrazione dei redditi ed anche per avviare ampie misure di riordino fondiario e di ricomposizione aziendale.
La legislazione italiana offre lo strumento per l'assegnazione delle terre incolte o insufficientemente coltivate, attraverso il disposto del decreto legislativo luogotenziale 19 ottobre 1944 n. 279, successivamente modificato ed integrato da una lunga serie di provvedimenti legislativi.
Già alcune Regioni a Statuto ordinario (Abruzzo, Marche, Puglia Campania) si sono avvalse di tale normativa prevedendo nelle rispettive leggi regionali, regolarmente approvate, la concessione delle terre all'Ente di Sviluppo agricolo.
Anche la Regione Piemonte, con il provvedimento oggi in esame, verrebbe ad offrire un valido contributo per una politica di ricupero e di utilizzazione delle terre incolte o insufficientemente coltivate, sia attraverso l'organizzazione di un accurato censimento di queste terre, sia innovando e adeguando le norme statali gia esistenti in materia.
La Commissione sottopone all'approvazione del Consiglio un progetto di legge che deriva da un attento esame e dalla successiva unificazione della proposta di legge n. 18 presentata dai Consiglieri della D.C. e del disegno di legge n. 58 della Giunta regionale.
E' stato un lavoro non indifferente, che ha impegnato la Commissione per diverse settimane, in uno sforzo teso anche ad esaltare tutti i momento più significativi che ci sono pervenuti come orientamento dalle consultazioni. Ma lo sforzo della Commissione è stato soprattutto quello di concretizzare una dinamica legislativa molto articolata nella sua interpretazione e nella sua esecuzione, e questo lo si può evincere da un confronto dettagliato dei due progetti di legge esaminati.
In ultima analisi, la questione più grossa verteva sull'affidamento in toto od in parte all'Ente di Sviluppo Agricolo di tutte le procedure previste dalla legge, e su questo punto è stata portata avanti in seno alla Commissione VI una differenziazione.
Da un lato si è tenuto in considerazione il fatto che l'ESAP, già responsabilizzato per numerosi altri compiti, quali la redazione dei piani di sviluppo, non dovesse essere materialmente gravato dall'effettuazione del censimento delle terre incolte o insufficientemente coltivate, ma sollevato in parte dalla collaborazione dei Comuni, delle Comunità montane dei Comprensori e di altri Enti od Istituti specializzati, sempre sotto l'egida della Regione.
Per altro verso i Commissari della D.C. hanno colto questa occasione per affidare ogni competenza all'ESAP, rendendolo responsabile di ogni atto riguardante non solo l'affidamento ma anche il censimento delle terre incolte.
La Commissione VI si presenta, quindi, quasi globalmente unita sull'articolato della presente legge, che è nata proprio da una volontà comune della Commissione stessa e con la sola posizione differenziata rispetto al punto sopra illustrato.
I Commissari, tuttavia, ritengono che la soluzione debba essere data dal Consiglio regionale nella sua pienezza e responsabilità di voto, e ritengono altresì che non vi siano motivi ostativi a che tutti i partiti si riconoscano negli scopi che questa legge si prefigge.
L'art. 1 indica la finalità del provvedimento, che è quella di ricuperare alla coltivazione, o comunque ad un utilizzo agricolo forestale valido, i terreni totalmente o parzialmente incolti, ricupero che si realizza dapprima con il censimento di questi terreni, con il loro affidamento all'ESAP, ed infine con la loro concessione a coltivatori diretti e lavoratori agricoli singoli od associati.
L'art. 2 provvede a dare un'appropriata definizione, fermo restando quanto disposto dal D.Lgs.Lgt. 19/10/1944 n. 279, dei terreni non coltivati o coltivati in modo insufficiente.
Nell'art. 3 vengono delineate e definite le procedure tramite le quali si realizza il censimento di queste terre ed al cui fine la Regione si avvale dell'Ente di Sviluppo Agricolo, in collaborazione anche con i Comuni, le Comunità montane, i Comprensori ed altri Enti locali ed Istituti specializzati.
L'art. 4 prevede la possibilità per l'ESAP di ottenere l'affidamento di queste terre; la richiesta di affidamento, con allegato il programma di utilizzazione, è sottoposta all'approvazione del Consiglio regionale su proposta della Giunta.
A sua volta (art. 5), l'Ente di Sviluppo Agricolo provvede a concedere le terre a coltivatori diretti e lavoratori agricoli singoli o associati per consentire la formazione d'imprese familiari, plurifamiliari o cooperative efficienti.
Alla domanda di concessione gli interessati devono allegare un piano di coltivazione; la concessione è effettuata dall'ESAP, sentita l'apposita Commissione comunale prevista all'art. 11. Lo stesso ESAP provvede a revocare la concessione qualora il concessionario non adempia all'attuazione del piano di sviluppo aziendale o di coltivazione (art. 6).
Ai proprietari dei terreni concessi è dovuta dall'Ente di Sviluppo Agricolo un'indennità annua determinata ai sensi della legge 11 febbraio 1971, n. 11, e la stessa indennità è dovuta dai concessionari all'ESAP.
Tuttavia, le procedure per l'affidamento restano sospese qualora i proprietari dei terreni incolti o insufficientemente coltivati, entro 90 giorni dalla pubblicazione del censimento sul Bollettino Ufficiale presentino alla Giunta regionale un piano di coltivazione o di rimboschimento dei terreni stessi. Le procedure di affidamento all'ESAP rimangono sospese per la durata di attuazione del piano (art. 7).
L'art. 8 del provvedimento in esame stabilisce che nella concessione dei mutui per l'acquisto dei fondi rustici venga data preferenza alle domande dei coltivatori diretti e delle cooperative per l'acquisto di terreni incolti o insufficientemente coltivati, mentre il successivo art. 9 prevede la possibilità per i concessionari di usufruire di un contributo regionale in conto capitale nella misura massima del 60 % delle spese sostenute per la rimessa a coltura dei terreni.
L'art. 11 definisce i compiti e la composizione delle Commissioni comunali istituite al fine di collaborare all'attuazione del censimento ed alla definizione delle conseguenti procedure previste dalla legge.
Infine, nell'art. 12 vengono fissati i limiti di spesa sia per l'attuazione del censimento che per la concessione delle agevolazioni previste all'art. 9.
Da quanto sopra esposto si evince "ad abundantiam" che il presente provvedimento non vuol essere assolutamente punitivo nei confronti della proprietà, come forse chi fosse non sufficientemente documentato potrebbe pensare. Si vuole, invece, far sì che la proprietà assuma un carattere ed una funzione sociale, e come tale è soggetta anche a quelle limitazioni che la stessa Costituzione prevede.
Inoltre, i limiti sono posti in modo tale da spronare l proprietario ad utilizzare il suo fondo e a non lasciare le terre incolte. Peraltro, questi vincoli, come visto, sono accompagnati da provvedimenti regionali a sostegno delle scelte di coltivazione che si intendono effettuare.
Desidero ringraziare, come relatore, il Presidente della VI Commissione, collega Chiabrando, i membri della Commissione per l'impegno la serietà e la sensibilità con cui hanno affrontato la complessità di tutta la problematica della legge, ed in particolar modo l'Assessore all'agricoltura, collega Ferraris, che ha partecipato a tutte le riunioni della Commissione ed ha portato sempre il suo contributo per la definizione dell'articolato legislativo, facilitando in tal modo i lavori.
Anche a nome degli altri colleghi componenti la VI Commissione, penso di poter affermare che con questa legge affrontiamo, dando concrete soluzioni, un problema di importanza non lieve per il Piemonte.
Per questo motivo mi auguro che il Consiglio regionale voglia, nel suo doveroso dibattito, cogliere il senso legislativo intervento ed operi per un'unanime approvazione.



PRESIDENTE

Il Consigliere incaricato dalla Commissione ha svolto la sua relazione.
Il dibattito è aperto.
Chiede di parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, è fuor di dubbio, come annotava or ora il relatore collega Raschio, che questo disegno di legge, risultato dalla fusione dei progetti presentati dalla Giunta e dal Gruppo democristiano abbia una sua qualificante importanza. Dopo essere stati abituati in tutti questi mesi ad una produzione legislativa piuttosto modesta, finalmente oggi, ne diamo atto, ci vediamo proposta un'iniziativa che, in qualsiasi modo la si voglia giudicare - il nostro, ad esempio, è un giudizio negativo è tuttavia di pregnante significato, tale da sollecitarci ad un attento esame.
Infatti, il problema del recuperare alla produttività le terre incolte è questione di grossa e scottante attualità, al punto da farlo porre fra le principali rivendicazioni dei sindacati e da renderlo oggetto di appositi disegni di legge già portati innanzi al Parlamento nazionale. In effetti nel momento in cui vi è la drammatica necessità di allargare la base produttiva e l'occupazione nonché l'esigenza di sanare paurosi deficit della nostra bilancia agricolo-alimentare, sarebbe veramente motivo di autentico scandalo il rimanere ad osservare inerti, senza alcuna reazione lo spettacolo desolante dei prati lasciati inselvatichire e dei campi abbandonati per mancanza di bestiame.
In quest'ottica, l'intervento del legislatore che è teso a recuperare alla produttività le terre incolte o non sufficientemente coltivate per rimetterle a coltura, vogliamo riconoscerlo, è accettabile, anzi, è apprezzabile. E questa è l'obiettiva considerazione che ci ha portati a riconoscere in premessa la validità e l'importanza del disegno di legge che stiamo ora discutendo.
Ma, dato questo riconoscimento, noi crediamo che per un dibattito sull'argomento che possa risultare completo ed approfondito vadano fatte anzitutto alcune precisazioni doverose. Mentre nel 1935 l'agricoltura arrivava fino a mille metri di altitudine e oltre vi erano la foresta ed il pascolo estivo, oggi la zona coltivata è scesa al limite dei 600 metri; il che significa che sono state abbandonate le terre tra questa quota e quella del 1935. L'abbandono di questi terreni non ha costituito un problema ma l'inizio di soluzione di un problema: la gente, infatti, se n'è andata perché ha trovato altrove migliori condizioni di vita e redditi più decenti.
Se questo è vero, e obiettivamente lo è, se ne deduce che il recupero dei terreni abbandonati nelle zone difficili della regione (ciò vale ovviamente anche per tutto il Paese) diventa fattibile per necessità solo nel caso di un generale impoverimento della popolazione. Che cosa intendiamo dire? Che l'Esecutivo regionale, per quanti sforzi possa e si impegni a fare in questa direzione, non potrà intaccare che alla crosta questo fenomeno, un fenomeno che ha una portata veramente imponente ed impetuosa.
Per l'evenienza che a qualcuno questo tipo di osservazione possa anche sembrare superficiale o addirittura cinica, noi ci siamo annotati, per proporla alla cortese attenzione dei colleghi, una riflessione pubblicata di recente su un quotidiano. Eccola: "La spigolatrice di Sapri - quella dei trecento giovani e forti - si chinava a raccogliere spighe perché il valore della spiga superava il valore del tempo necessario per chinarsi; oggi le spighe continuano a cadere, ma restano al suolo, dove marciscono; nessuno più le raccoglie, perché il tempo necessario per chinarsi ha oggi un valore molto più alto del valore della spiga caduta a terra. Anche quella spiga è una ricchezza perduta, ma nessuno si propone di recuperarla". E' un esempio che ci sembra ben chiaro e che ci induce a fare una domanda, dalla quale traspare un sospetto: perché, allora, tanto rumore attorno alle terre abbandonate? Non sarà forse, colleghi Consiglieri, perché molti di coloro che ne parlano non pensano tanto alle terre difficili della montagna ma piuttosto alle terre abbandonate della collina, e soprattutto alle terre fertili della pianura insufficientemente coltivate, cioè coltivate con basso impiego di lavoro e con molte macchine? Questi appetiti possono anche essere comprensibili, ma allora noi pensiamo che sarebbe meglio chiamare le cose con il loro proprio nome.
Perché abbiamo voluto dire tutto questo? Per sottolineare che, se da un lato il problema, oggettivamente, esiste, e non si può negare, dall'altro è pur vero che vi sono impostazioni politiche, o, per essere ancora più precisi, tendenze partitiche, che mirano a dare a questo problema una particolare soluzione di comodo (comodo loro, s'intende). E tanto basta, o quanto meno dovrebbe bastare, purché all'esame di questo disegno di legge ci si accosti, da parte di chi non intende perseguire finalità demagogiche né tanto meno punitive nei confronti della proprietà privata, con molta cautela.
I dubbi, le incertezze, le esitazioni esposti finora su un piano teorico sembrano rivestirsi di concretezza nel momento in cui da questo assunto ipotetico si passa ad esaminare nel merito la normativa proposta per il recupero dei terreni in tutto o in parte incoltivati, terreni che secondo una stima approssimativa, in Piemonte dovrebbero essere qualcosa come 400 mila ettari. Trascuriamo ogni valutazione sulle procedure indicate, cioè tutte quelle che sono elencate all'articolo 1 e che vengono poi esplicitate negli articoli successivi: il censimento delle terre incolte o insufficientemente coltivate, il loro affidamento all'Ente di sviluppo agricolo, la formazione dei piani di utilizzazione, e infine la concessione dei terreni. Per la verità, qualche osservazione critica andrebbe fatta anche a questo proposito. Per esempio, in ordine alla scelta di cui all'articolo 3, che in buona sostanza limita pesantemente le funzioni di quell'Ente di sviluppo agricolo che si è voluto a tutti i costi costituire (noi fummo in quell'occasione contrari), e che adesso, in pratica, sembra quasi che non si voglia lasciar operare con sufficiente autonomia.
Ma, al di là di queste osservazioni critiche, quello che ci sembra essere il punto nodale della questione, quello che sta a monte di tutto questo, è un altro, pregiudiziale a qualsiasi successiva osservazione: la necessità di poter definire esattamente quali siano le terre incolte e quali le terre non sufficientemente coltivate. Perché è a tutti evidente che su questo punto non può lasciarsi alcun margine di incertezza o di dubbio, altrimenti sarebbe legittimato, proprio da quella confusa definizione che si trovasse nella legge, ogni sospetto di parzialità, di discriminazione, di scelta arbitraria.
Proprio sotto questo aspetto, e alla luce quanto siamo andati fin qui dicendo, si evidenzia il contenuto pericoloso - non vogliamo dire eversivo di questa proposta congiuntamente elaborata dai Gruppi di sinistra e da quello della Democrazia Cristiana. Perché, infatti, una definizione precisa non è data, o meglio, è data sì, ma è una definizione incerta, confusa forse anche volutamente contraddittoria ed equivoca, anche se il collega Raschio nella sua relazione ci pare l'abbia definita "appropriata".
L'articolo 2 recita: "A sensi della presente legge, fermo restando quanto disposto dal Decreto luogotenenziale 19/10/44 n. 279 e successive modificazioni ed integrazioni, si considerano non coltivati, o insufficientemente coltivati i terreni non destinati, o destinati solo parzialmente, ad uso agricolo o forestale e suscettibili di una più razionale ed intensiva utilizzazione in relazione alla vocazione produttiva ed alla pratica colturale delle singole zone e secondo le scelte individuate dai piani zonali di sviluppo agricolo ove esistenti". Orbene, a noi pare che una siffatta classificazione non possa essere accettata se non a rischio, appunto, di dar vita ad una normativa assai pericolosa Anzitutto, la definizione di terreni incolti - per il momento fermiamoci a questi, dei terreni insufficientemente coltivati diremo qualcosa più oltre -, andrebbe collegata, secondo noi, alla possibilità di coltivarli con mezzi meccanici. Noi riteniamo, infatti, che il legislatore del 1976 non possa agganciarsi ad un tipo di agricoltura che è ormai superato da trent'anni, prendendo ancora in considerazione quei terreni ai quali, o per ragioni climatiche o per mancanza di idonee infrastrutture non possono avere accesso i mezzi meccanici e che si possono coltivare solo con la mano dell'uomo, cioè con enormi sacrifici e dispendio di energie.
Questa impostazione ci sembra ingiusta sul piano umano ed antieconomica sul piano produttivo; ci pare invece una concezione moderna quella di definire terreni coltivabili (e quindi terreni incolti laddove fossero stati abbandonati) quelli che, non coltivati da almeno due anni, siano suscettibili di esser messi a coltura con l'impiego di mezzi meccanici.
Ma al di là di questa osservazione, è la genericità dell'intera definizione che ci suggerisce fondate riserve in merito. Che cosa si dovrà intendere, infatti, per "vocazione produttiva e pratica colturale delle singole zone"? Con quali criteri si procederà a questa individuazione? Attraverso quali parametri si farà questa scelta? A quali metodi di classificazione ci si vorrà agganciare? Ecco, il disegno di legge non dà alcuna risposta a queste domande, pur legittime, ed è proprio questo silenzio che impedisce una definizione certa di terra incolta, definizione che, al contrario, come già detto, non dovrebbe assolutamente lasciare spazio ad incertezze, ma, ispirandosi a criteri che siano rigidamente definiti, dovrebbe potersi applicare all'intero territorio nazionale tenendo ovviamente conto, anzitutto, dei provvedimenti in materia della Comunità economica europea.
Con anche maggior convinzione noi pensiamo che tutti questi rilievi valgano a proposito della individuazione delle cosiddette terre insufficientemente coltivate. Soprattutto in questa parte noi dobbiamo rilevare che la normativa proposta: 1) non indica criteri obiettivi per la definizione di tali terreni 2) consente la possibilità di strumentalizzazioni a fini politici 3) espone al rischio che, essendo affidata alla discrezionalità degli organi regionali la definizione di terre insufficientemente coltivate, si vengano a creare situazioni diverse, inaccettabili proprio sotto il profilo costituzionale, tra le varie realtà del Paese.
Questi sono gli oggettivi limiti e il pericoloso contenuto di una proposta che, a giudizio nostro, non essendo stata sufficientemente articolata, finisce con il non essere sufficientemente garantista della proprietà privata, anche se è vero che quello che si prevede poi all'art. 7 una autentica scappatoia, quella dei 90 giorni consentiti al proprietario per ottenere la sospensione della procedura per l'affidamento - noi crediamo che finirà con vanificare in pratica il portato stesso della legge. Ma questa è preoccupazione che, se mai, avrebbero dovuto avere i proponenti.
A parte questa sottolineatura, resta la questione di principio che ci impone di essere intransigenti.
Per motivi, quindi, di ordine costituzionale, per motivi di ordine giuridico, per motivi, infine, di ordine politico, la Destra nazionale ritiene di dover dare del disegno di legge qui in esame una valutazione negativa.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlai e il Consigliere Chiabrando. Ne ha facoltà.



CHIABRANDO Mauro

Il problema delle terre incolte è un problema molto sentito dal nostro Partito, dal nostro Gruppo, il quale se ne è fatto carico per primo presentando fin dai mese di ottobre '75 una apposita proposta di legge Noi crediamo nella necessità di recuperare sempre più numerosi terreni che risultano oggi incolti o insufficientemente coltivati. Per vari motivi: intanto, per motivi economici, perché terreni abbandonati non producono e l'impossibilità di acquisirli impedisce alle aziende che si trovano in quelle zone di disporre di terreni sufficienti per avere una produttività economica; poi, anche per motivi sociali, perché la produzione di alimenti è oggi una necessità sempre più sentita. Noi crediamo che questo problema vada risolto al più presto. E' un problema certamente più sentito e più importante nelle zone di collina e nelle zone di montagna, ove si trova la maggior estensione di terreni abbandonati. Però non ne è esente neanche la pianura, perché oggi anche in pianura si trovano frequentemente terreni non coltivati o insufficientemente coltivati.
Questa legge non è una novità: come tutti i colleghi sanno, già nel 1944 era stata emanata una legge che prevedeva questo tipo di operazione di recupero dei terreni incolti, anche se nella nostra regione essa non risulta fino ad oggi aver operato.
Confermo quanto ha dichiarato il collega Raschio: che in Commissione abbiamo concordato sulla quasi totalità del testo di legge così come è stato elaborato unificando i due progetti, quello democristiano e quello della Giunta presentato successivamente.
Desidero sottolineare come questa legge, tra l'altro, preveda una presa di possesso dei terreni non coltivati solo con regolare pagamento di affitto ai legittimi proprietari: quindi, non ha per fine l'esproprio, come da qualche parte si paventa, ma un semplice passaggio di conduzione dei terreni quando questa conduzione risulti inesistente.
Un importante aspetto positivo della legge, quello sul quale noi contiamo principalmente, e sul quale mi pare sia d'accordo anche l'Assessore Ferraris, è che la legge prevede la sospensione delle procedure quando i proprietari desiderano provvedere essi stessi alla coltivazione dei terreni. Questo ci pare fondamentale, perché crediamo, ed in particolare io credo, che questa legge non opererà tanto attraverso la presa di possesso da parte dell'ESAP dei terreni ma attraverso la coltivazione diretta da parte dei proprietari. Ed è appunto questo lo scopo che ci prefiggiamo. Se i proprietari comprenderanno e accoglieranno lo spirito del provvedimento, e metteranno essi stessi in atto le procedure per la coltivazione, la legge avrà assolto in pieno il suo compito, quindi avrà operato anche senza togliere i terreni ai legittimi proprietari.
Una preoccupazione è emersa ancora in questi giorni da molte parti dell'ambiente agricolo per l'aggiunta dell'espressione "insufficientemente coltivati". Mentre per i terreni incolti è stata riconosciuta da tutti la necessità di adottare provvedimenti, non c'è altrettanta convinzione sull'opportunità di occuparsi anche dei terreni insufficientemente coltivati, per il timore che questa definizione determini incertezze e giustifichi una discrezionalità da parte degli organi che opereranno in merito, portando a procedere in modo non equo nei confronti dei proprietari di questi terreni, nel senso che possano essere considerati non sufficientemente coltivati dei terreni che qualcuno potrà giudicare invece adeguatamente coltivati.
Ritengo che anche questa preoccupazione non sia fondata, in quanto il meccanismo che abbiamo previsto del censimento, con le Commissioni comunali che esaminano appezzamento per appezzamento, con l'ESAP che dovrà curare anche se non in modo totale come noi avremmo desiderato, queste operazioni con la valutazione della Giunta regionale, con gli organi statali che dovranno dire l'ultima parola, noi crediamo che dia sufficiente certezza anche per l'esatta attuazione di questa parte della legge che riguarda i terreni insufficientemente coltivati.
Non ci siamo trovati d'accordo, invece, con Gruppi di maggioranza, con la Giunta, sul ruolo dell'Ente di sviluppo, un punto che riteniamo qualificante. L'Ente di sviluppo agricolo è un Ente che crediamo possa fare molto in futuro per l'agricoltura, specialmente perché e gestito direttamente dalle categorie degli imprenditori agricoli. Il fatto che l'art. 3 non preveda la competenza dell'Ente di sviluppo per il censimento è, secondo me, una manchevolezza, un lato negativo della legge. Noi insistiamo sul principio che l'Ente di sviluppo dev'essere l'organo tecnico effettivo attraverso il quale passano tutte le operazioni di recupero delle terre incolte. La Giunta regionale, invece, a quanto pare, non crede molto nelle funzioni dell'Ente di sviluppo, almeno a giudicare dal fatto che all'art. 3 esso è stato ignorato, ciò che ha rafforzato l'impressione che si sta diffondendo, per cui all'Ente di sviluppo non si vorrebbero riconoscere tutte quelle competenze che sono invece sue proprie. Noi non siamo dunque d'accordo su questo punto dell'art. 3.
Anche perché abbiamo dei dubbi sulla possibilità per le attuali strutture dell'Assessorato e della Regione di svolgere anche le funzioni che vengono ora loro attribuite, oltre ai compiti che hanno già per tutte le altre competenze. Insistiamo, quindi, perché all'Ente di sviluppo siano riservate tutte le operazioni, ivi comprese quelle del censimento. Allo scopo abbiamo preparato e presentato un emendamento, con la modifica di poche parole. Noi proponiamo cioè che al primo comma dell'art. 3, anzich dire: "La Regione provvede, avvalendosi dell'Ente di sviluppo agricolo, ed in collaborazione con i Comuni, le Comunità montane ecc." si scriva: "La Regione Piemonte, a mezzo dell'Ente di sviluppo, il quale si avvale della collaborazione dei Comuni, delle Comunità montane ecc. provvede al censimento".
Invitiamo caldamente la Giunta ancora una volta a voler riflettere su questa proposta e speriamo che essa possa decidere per il suo accoglimento.
In conclusione, noi tutto sommato, valutiamo in senso positivo l'intero testo del disegno di legge, che riteniamo non demagogico, come qualcuno pu pensare o affermare, e neanche punitivo nei confronti della proprietà privata, dati i meccanismi di tutela del diritto di proprietà e di possesso che abbiamo previsto. Avanziamo però la riserva che ho illustrato circa il censimento, che secondo noi va affidato all'Ente di sviluppo, ed in tal senso abbiamo presentato il nostro emendamento. Valuteremo alla fine della discussione l'atteggiamento da tenere in sede di votazione sull'intero testo di legge.



PRESIDENTE

Ho ancora iscritti a parlare i Consiglieri Borando, Besate e Menozzi.
Mi è stato comunicato ora che una delegazione della Magnoni &Tedeschi ha chiesto di essere ricevuta. Propongo che ogni Gruppo designi un Consigliere a rappresentarlo così da consentire la prosecuzione del dibattito, come già si è fatto in analoga occasione. Se non vi sono obiezioni a che si proceda così, invito i Gruppi a delegare un loro rappresentante.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, avevo esaminato a suo tempo l'articolato della legge proposta dal Gruppo della D.C. e successivamente quello della Giunta regionale. Vedo che, nel complesso, c'è convergenza d'impostazione per la soluzione definitiva della legge e mi pare di aver capito anche dall'intervento del collega Carazzoni che non ci sia un'opposizione preconcetta sull'utilità della legge stessa, anche se mi sembra che Chiabrando abbia detto che nell'interpretazione di Carazzoni questa legge è demagogica e punitiva.
Per essere coerente con te stesso, Carrozzoni, dovresti richiamare alla tua memoria qualcuna di quelle scritte che ogni tanto ben noti pennelli fanno riapparire sui muri. Non mi riferisco tanto alla frase: "E' l'aratro che traccia il solco e la spada che lo difende" quanto alle altre in cui si dice che occorre ottenere la massima produttività da ogni zolla di terra.
Si tratta, in effetti, di valutare l'opportunità di costringere chi seguendo la tendenza propria dell'uomo al vivere comodo, si muove solamente laddove è possibile ricavare un buon profitto, non laddove, insieme ad un giusto margine di guadagno, che entro certi limiti deve pur esserci, c'è anche da svolgere un'utile funzione sociale.
A mio giudizio, si devono distinguere quanto meno due diverse fasce nella valutazione delle terre incolte o non sufficientemente coltivate.
La prima fascia è quella cui si era riferito proprio Carazzoni, e cui si riferivano anche Raschio e lo stesso Chiabrando, accennando alla zona collinare e alla zona premontana: la famosa fascia tra i 500 e i 600 metri attuali e i 1300 metri di allora. In effetti, quelle sono le zone dove la fatica è più dura e più pesante, la produttività unitaria è inferiore l'utilizzazione dei mezzi meccanici che la tecnica moderna ha messo a disposizione soprattutto in questi ultimi anni è più scarsa rispetto a quella che può esserne fatta in zone di pianura e in zone con andamento plano-altimetrico regolare. Qui, se si vuol aumentare la produttività oltre che con il censimento e oltre che con opera, sotto un certo aspetto di costrizione, bisognerà in pari tempo intervenire con mezzi adeguati: perché, sia pure con la stessa fatica, la stessa spesa, lo stesso impegno talvolta anzi con maggior fatica, spesa, impegno che per le zone di pianura, si ottiene certamente una produzione inferiore.
Non riuscivo, nella zona in cui vivevo nel '48/49, '50/55 a capire il dramma delle grandi lotte sociali, delle grandi lotte sindacali della mezzadria. I più anziani tra noi ricorderanno certamente il famoso "lodo De Gasperi", che nel 1950 aveva concluso una vertenza sindacale mezzadrile durata per anni, portando il fifty-fifty, cinquanta e cinquanta, al 58% per i mezzadri contro il 42 % per i proprietari, e facendo gridare allo scandalo contro le prime intuizioni di riforma agraria di quel momento.
Solo quando, quattro o cinque anni fa, fui incaricato, sul piano professionale, di andare a fare una perizia in una azienda in Val di Chiana, in Toscana, dove su una tenuta di circa 300 ettari esistevano circa 32 o 33 poderi, di cui 4 o 5 ancora occupati e coltivati e la restante parte completamente abbandonati perché la gente se n'era andata nelle fabbriche di Pistoia e dei dintorni e aveva abbandonato la terra, ho capito perché l'aveva abbandonata anche se un secondo "lodo De Gasperi" avesse accreditato del 70 % il mezzadro contro il 30 % al concessionario probabilmente là non sarebbe rimasto più nessuno lo stesso, perché in quella condizione la fatica e il sudore profusi non erano compensati dalla produzione che si riusciva ad ottenere.
Bisogna partire da questo principio anche quando si devono valutare gli interventi per le nostre zone collinari e per le nostre zone montane. A tal proposito io ribadisco ancora la raccomandazione che ho avuto occasione di fare all'Assessore Chiabrando, quando era Assessore, ed ultimamente all'attuale Assessore, collega Ferraris: di tenere in particolare considerazione l'eventualità di interventi massicci e adeguati per favorire l'irrigazione (a pioggia là dove non è possibile quella a scorrimento) perché, signori miei, con l'acqua la terra può produrre, senza acqua si corre il rischio di ottenere ben scarsi risultati.
L'altra fascia è costituita dalle zone di pianura. Non sembrerebbe che nelle zone di pianura, con i mezzi tecnici di cui oggi si può disporre, con gli interventi che la Regione ha fatto in questi anni e ancora sta facendo per il miglioramento delle terre (spianamenti la dove si deve coltivare a risaia, sistemazione delle terre per fare dei vigneti, se vogliamo anche per la pioppicoltura, sistemazione di terreni per fare dei prati marcitori per fare dei terreni adattabili a coltivazione di erbaio), ci possano essere, in un'epoca in cui vi è tanta carenza e necessità di prodotti del suolo, terre incolte, o peggio ancora, mal coltivate. Chi lascia che i suoi terreni rimangano incolti lo fa con la speranza, specie se questi si trovano in vicinanza di abitati, di poterne ricavare un buon utile con la vendita quando il prezzo al metro quadrato sarà salito a 2, 3, 4 mila lire quindi con intenti speculativi; chi li coltiva malamente attua un'agricoltura di rapina, nel senso che cerca di ottenere tutto l'ottenibile con la minor spesa, in modo che, facendo i conti alla fine dell'annata, fra quanto ricavato e quanto speso gli rimanga un buon utile.
Un principio che non avvantaggia certo la comunità. Sotto questo profilo non è né punitivo né demagogico comprendere nella legge anche le terre insufficientemente coltivate: sarebbe invece ingiusto non considerarle. Per cui io aderisco totalmente a questa impostazione.
Si tratta ora di vedere come applicare la legge. Da una parte si dice: diamo all'Ente sviluppo agricolo, un organismo che abbiamo creato apposta per perseguire anche questi scopi, il compito di svolgere un'azione di coordinamento per censire e per poi avvisare chi di dovere che se non provvede direttamente interveniamo noi. Lo scopo della legge sta in questo in definitiva - l'ha già detto Chiabrando, ma lo voglio ripetere ugualmente, a costo di apparire noioso -: costringere un proprietario ad intervenire direttamente per evitare che intervenga la comunità. Se questo scopo viene raggiunto, la legge avrà funzionato perfettamente.
Per quanto riguarda, invece, il problema di chi deve fare il censimento, non ho capito bene quali sono i motivi di difficoltà addotti dal relatore Raschio per spiegare che questo compito non venga riservato in esclusiva all'E.S.A.P. come invece vorrebbe l'amico Chiabrando. A me pare che l'ESAP sia uno strumento da utilizzare: se non ha la capacità di farlo comincia già a fallire uno dei presupposti per i quali è stato creato.



RASCHIO Luciano, relatore

Noi pensiamo che l'ESAP debba fare "in primis" i piani di zone agricole, il che costituisce già un gravoso impegno. Se dovesse anche fare il censimento e produrlo in prima istanza si troverebbe caricato di un altro pesante impegno burocratico, che fagociterebbe da solo tutto l'attuale personale dell'ESAP, non molto numeroso, ma tuttavia adeguato per il lavoro dei piani zonali.
Cerchiamo di evitare di mettere tutto in quell'imbuto, perché ne deriverebbero strozzature insuperabili.



BORANDO Carlo

Il problema è dunque soprattutto di carattere pratico.
Lascio al mio collega il compito di decidere in definitiva come concordare la soluzione di questo problema. L'importante è che ci siano degli organismi snelli che sappiano agire nel più breve tempo possibile mettendo chi di dovere di fronte alle proprie responsabilità, per poter addivenire alla decisione la più giusta possibile ed il più rapidamente possibile.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Besate. Ne ha facoltà.



BESATE Piero

Per non sottrarre tempo prezioso, eviterò di ripetere concetti che sono già stati espressi dal collega Chiabrando e dal collega Borando circa la definizione di "terra non sufficientemente coltivata"; in merito, poi, al concetto di terra incolta ed alla necessità di farle adempiere la funzione sociale produttiva, economica, che si propone la legge, mi pare non esistano controversie o dubbi.
Comunico soltanto ai colleghi ed al Consiglio che già in occasione della seduta scorsa, in cui si pensava che la legge dovesse essere discussa, per quanto concerne l'art. 2, avevo presentato, insieme al collega Chiabrando, un emendamento, perché si sopprimesse, alla sesta riga di detto articolo, l'espressione "ed intensiva". Questo perché? Perché la legge del 1944 parla di conseguire lo scopo di "una agricoltura più attiva". Ora, gli addetti ai lavori, ma non solo essi, sanno cosa si deve intendere per "intensiva" e "attiva": è un concetto tecnico, e come tale evidentemente soggetto all'evoluzione della tecnologia, della pratica colturale e di tutto quanto in trent'anni, anzi, in trentadue anni, dal '44 ad oggi, è avvenuto, non soltanto nell'agricoltura. L'agricoltura era nazionalmente una agricoltura attiva, non soltanto là dove esisteva il latifondo, nel senso che prevaleva l'impiego di mano d'opera sull'impiego meccanico, sull'impiego dei mezzi chimici, sull'impiego dell'irrigazione ecc., ma anche in zone di agricoltura che allora era considerata tra le più intensive l'agricoltura era prevalentemente attiva - si pensi soltanto alla risaia, tanto per fare soltanto l'esempio classico, principe, fra tutti gli esempi di agricoltura attiva -; era tra le più intensive, ma era una coltura evidentemente attiva.
Ora c'è stata una evoluzione fondamentale. La legge del 1944, non dimentichiamolo, aveva uno scopo ben preciso. Aveva, direi, una validità nazionale, ma trovò immediatamente il suo aggancio soprattutto nelle zone di latifondo. Non dimentichiamo che nomi fino allora sconosciuti sono entrati di diritto nella storia italiana: Portella della Ginestra, Melissa Rocco Girasole, Angelina di Mauro ecc. sono nomi che ancor oggi, e non soltanto per oggi, restano, oltre che nella storia del movimento operaio nella storia italiana, nomi emersi proprio nel corso della lotta per le terre incolte e per le terre insufficientemente coltivate.
I ministri dell'Agricoltura che si sono allora succeduti - Fausto Gullo e Antonio Segni, uno comunista e l'altro democristiano - hanno condotto tutta una politica intorno alle terre incolte e malcoltivate, come si definivano allora, popolarmente. L'agricoltura, dicevo, ha avuto una evoluzione, non soltanto economica e tecnica ma anche sociale, e si è presentato il fenomeno di terre incolte o insufficientemente coltivate anche in zone, come quelle piemontesi, dove l'agricoltura era praticata da secoli e secoli, da tempo immemorabile. Il problema esiste, esiste anche in pianura, esiste anche in Piemonte.
A questo punto, lasciare l'espressione "ed intensiva" non sarebbe stato affatto uno scandalo, però avrebbe potuto costituire un aggancio per il controllo, e quindi per disquisizioni sull'"attiva" o "intensiva". D'altro canto, il meccanismo dell'art. 2 è tale che, ponendo come parametro una più razionale utilizzazione in relazione alla vocazione produttiva ed alla pratica colturale delle singole zone, evidentemente si rapporta al livello storico attuale dei metodi e degli ordinamenti colturali, non è che si toglie niente e nello stesso tempo si da un perfezionamento formale.
Detto questo dal punto di vista dell'art. 2, e senza riprendere le argomentazioni, molto calzanti, svolte da Chiabrando e da Borando circa le considerazioni sulla proprietà e il possesso, circa la funzione sociale, e soprattutto circa il metodo e la procedura garantista verso la proprietà meticolosamente predisposta dal testo della legge, passo senz'altro alla questione della controversia, sollevata dal collega Chiabrando, cioè quella dell'affidamento all'Ente di sviluppo delle operazioni di censimento.
Intanto, vorrei appunto circoscrivere, e, individuare il motivo della controversia. Il testo generale rappresenta - è già stato detto - la confluenza, la mediazione, la sintesi dei due progetti e della consultazione, molto interessante, che si è svolta sui due progetti di legge. La controversia, intanto, non è sugli scopi, non è sui criteri ne di affidamento né di individuazione né di concessione, non è sui destinatari non è sulle procedure partecipative e tecniche e sulle procedure garantiste: su questi punti qualificanti non ci sono controversie. Vediamo di individuare quale ne è l'oggetto.
L'Ente di sviluppo, secondo testo unificato proposto, ottiene: a) l'affidamento delle terre. Lo ottiene dal Consiglio regionale allegando il piano di utilizzazione (badate bene, deve fare e allegare un piano di utilizzazione, il che non è cosa semplice) ed ha la titolarità di provvedere alla concessione delle terre. Ciò comporta operazioni e verifiche complesse. Si pensi soltanto al principio della priorità, alla verifica dei piani aziendali o interaziendali di coltivazione, la verifica di congruenza con i piani di sviluppo e con i piani agricoli zonali, si pensi al pagamento delle indennità alla proprietà e alla riscossione dell'indennità dai concessionari.
L'Ente di sviluppo procede poi alla revoca delle concessioni (il che vuol dire fare la verifica d'inadempienza, provvedere al recupero dei contributi che la Regione ha pagato e individuare le migliorie, per pagare eventualmente l'indennizzo delle migliorie che fossero state nel frattempo apportate dal concessionario). Poi ha la titolarità della vigilanza e la titolarità della verifica delle condizioni di sospensione delle procedure quando la proprietà che ha avuto la notifica dell'inclusione nell'elenco dei suoi terreni presentasse un piano di coltivazione.
Si tratta di un complesso di compiti che, secondo noi, fanno gravare sull'Ente di Sviluppo un peso burocratico e tecnico notevolissimo, in gran parte esorbitante dalle sue attribuzioni (si pensi solo alla meticolosità necessaria per la delicata operazione dello spossessamento forzoso).
Riteniamo, comunque, che, dato il carattere promozionale, di sviluppo agricolo, di recupero strutturale, economico, sociale ed ambientale della politica individuata con questo progetto di legge, si possa richiedere all'ESAP di compiere uno sforzo straordinario in relazione ai compiti che ho elencato e che ho censito nel progetto di legge, anche per l'impossibilità di scindere l'operazione burocratica, in questo caso, da quella tecnico-politica occorrerà però avere anche in questo caso molta oculatezza, per evitare abnormi gonfiature burocratiche dell'ESAP, per impedire che sia proprio una legge regionale ad avviarlo sulla strada dei carrozzoni: un pericolo che gia può esserci con i compiti dell'ESAP configurati nel progetto di legge.
Ora, il censimento è un'operazione tecnica complessa, delicata, che inevitabilmente comporterà anche contenzioso. Se a tutti i compiti già affidati all'ESAP da questa legge si aggiungesse quello in esclusiva del censimento, con ogni probabilità l'ESAP ne sarebbe assorbito totalmente e quindi paralizzato, o si avvierebbe ad assumere dimensioni e funzioni burocratiche tali da portarlo rapidamente, e proprio in forza di una legge regionale, alle degenerazioni dei noti e deprecati carrozzoni.
L'ESAP, per il 6/7/8 maggio, prepara un Convegno su piani agricoli zonali, che sono il momento fondamentale programmatorio dell'agricoltura piemontese, della partecipazione effettiva degli agricoltori alla programmazione ed alle decisioni che li riguardano, e che sono, inoltre, il momento indispensabile anche ai fini di una positiva e razionale attuazione della direttiva della CEE, della produttività della spesa regionale nazionale, comunitaria per l'agricoltura. Sono quindi motivazioni pratiche politiche, non ideologiche, motivazioni razionali ed anche ragionevoli quelle che militano a favore di una decisione di non irrigidire l'organizzazione del censimento accentrandone le operazioni sulle strutture dell'ESAP, ritardandone l'attuazione e vanificandone gli scopi.
La norma proposta conferisce invece all'ESAP elasticità, e permette alla Regione di utilizzare l'ESAP nella misura, per i compiti e per disponibilità, compatibile con le altre attribuzioni ed il loro espletamento. Inoltre, l'ESAP, nella fase del censimento, è impegnato a segnalare alla Giunta regionale le aree che per ampiezza o condizioni strutturali hanno vera rilevanza programmatoria sociale, strutturale ed ambientale ai fini dell'intervento e della concentrazione dei mezzi. Se l'ESAP venisse caricato di tutto il peso del censimento, questo non avverrebbe. Inoltre, l'Ente di sviluppo, in tal caso, avrebbe buon motivo per chiedere immediatamente alla Regione, alla Giunta, al Consiglio: permettetemi di assumere personale in misura adeguata ad effettuare il censimento con una certa rapidità, con incremento pertanto di burocrazia.
La questione, quindi, non è di natura ideologica, ma è politica e pratica: è di principio soltanto nella misura in cui si intende salvaguardare l'ESAP dallo snaturamento, dalla paralisi, dall'impossibilità di rispondere ai fini per i quali è stato istituito, che è poi ciò che interessa veramente agli agricoltori, all'economia regionale ed alla Regione nel suo complesso.
Detto tutto questo, consentitemi ancora una considerazione politica. Il Gruppo della D.C. ha preso l'iniziativa di presentare a suo tempo il progetto di legge n. 18, e di ciò diamo atto ai suoi componenti successivamente, la Giunta ha presentato il disegno di legge n. 58.
L'analisi in Commissione ha avuto uno sviluppo abbastanza sereno, anche se vivace e di grande interesse (si pensi soltanto all'emendamento Bianchi che ho citato, all'art. 3, accolto in Commissione, che affida all'ESAP il compito di indicare alla Giunta le grandi aree, che ha veramente un valore programmatorio). Certo, rimane fermo il diritto di tutti i singoli, non solo dei Gruppi, di presentare degli emendamenti. Non si dimentichi però lo sforzo di mediazione, permettetemi di sottolinearlo, svolto da tutti, anche dai Commissari della D.C. nel loro insieme anche da noi e dai compagni socialisti ed altresì dalla Giunta, che si è sempre dimostrata disponibile per tutto il procedimento, tutta la procedura, tutto l'iter che ha avuto in Commissione e nella consultazione questo progetto. Di ciò bisogna che ci diamo atto reciprocamente, per cui gli irrigidimenti non credo vadano drammatizzati e posti in termini alternativi.
Questa controversia trova, secondo me e secondo noi comunisti, il suo superamento nel fatto stesso di essere stata portata in aula anche al fine di sottolineare la convinzione, che naturalmente rispettiamo, di chi, come Chiabrando, l'ha sostenuta. Al di là di questo, però, non ci sembra proprio che sussistano le condizioni perché la convinzione stessa, di cui diamo atto, non si sciolga ora in un campo di consenso per l'insieme della legge per l'insieme del clima nel quale la legge è stata elaborata e per tutto l'impegnato processo di formazione unitaria e di conclusione che ha permesso di portarla in aula.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Menozzi. Ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, reputo innanzi tutto doveroso prendere atto con compiacimento di due cose: 1) degli sforzi che i colleghi commissari della maggioranza hanno compiuto per rendere possibile il superamento delle diversificazioni alcune delle quali sostanziali, tra il disegno di legge della Giunta ed il nostro progetto di legge 2) della relazione veramente fedele di cui ha dato lettura poc'anzi il collega Raschio.
Ritengo altresì opportuno rilevare che la normativa di cui alla discussione in corso risulta quanto mai attuale ed urgente, non solo per la Regione Piemonte, ma per l'intero Paese; e la riprova l'abbiamo dal fatto che al Parlamento esistono due o tre proposte di legge e che il problema delle terre incolte o insufficientemente coltivate non è mai stato discusso e dibattuto come in questi ultimi mesi.
L'amico Besate ha voluto ricondurci ai tristi eventi degli anni '50 ove con l'occupazione delle terre c'è stato anche spargimento di sangue.
Direi che il tema che si pone oggi alla nostra attenzione non è meno importante di allora perché se è vero, come è vero, che allora quegli eventi si verificarono perché grandi masse di braccianti, di contadini diseredati andavano alla ricerca di una zolla di terra per sopravvivere oggi il recupero di ogni zolla di terra s'impone per un motivo la cui portata economica investe ed interessa tutti i cittadini al di sopra e al di fuori di qualsiasi considerazione e differenziazione di carattere categoriale.
E pur non avendo dei dati molto precisi (quelli che vi fornirò, di un istituto rispettabilissimo come l'ISTAT, risalgono addirittura al 1971, per cui c'è da supporre che debbano essere aumentati) possiamo dire che vi sono ben due milioni e 55.000 ettari di terre abbandonate delle quali: un milione e 37 000 ettari al di fuori delle aziende così dette marginali e un milione e 18.000 ettari all'interno delle aziende. Il che rappresenta un 7/8 % dell'intera superficie agricola del nostro Paese.



PRESIDENTE

Le cifre più reali parlano di 5 milioni.



MENOZZI Stanislao

I miei sono dati ISTAT risalenti al 1971, cioè all'anno del censimento ecco perché ho detto che vanno arrotondati in più. Ho anche detto pero che dati precisi non ne abbiamo: in Piemonte c'è chi parla di 400 e chi di 500 ed è indubbio che, indipendentemente dai dissapori sull'articolo 3, alla base di tutto ci deve essere un censimento che, se condotto con la dovuta celerità e con obiettività, tra non molto ci darà la possibilità di collocare i nostri discorsi non sul generico ma su dati ben precisi.
Il problema quindi s'impone in riferimento a due fatti fondamentali: 1) il gravoso onere che il Paese deve giornalmente apportare per l'importazione di derrate alimentari, perché quelle prodotte all'interno si sono dimostrate di gran lunga insufficienti 2) per incominciare a dar corpo e sostanza al discorso sulla ristrutturazione fondiaria che si trascina ormai da decenni, in riferimento all'esigenza di arrotondare e di accorpare le nostre aziende.
Non sarà il recupero delle terre incolte o insufficientemente coltivate a portare a compimento questo processo di ristrutturazione, ma ne potrebbe rappresentare un concreto avvio.
E allora ecco, collega Carazzoni, che il riferimento alla spigolatrice di Sapri può, nonostante i decenni trascorsi, avere ugualmente valore non tanto per la fatica nel piegarsi per raccogliere una spiga (anche perché la battaglia del grano non e più di attualità) ma proprio per conservare quei 300 in agricoltura che, ahimè, non sono più ne giovani né forti e che potrebbero più facilmente morire. Si tratta di tendere alla difesa dei valori economici, di quelle esigenze che mi sono permesso d'indicare, ma soprattutto di salvaguardare quegli operatori agricoli senza i quali ogni discorso sull'agricoltura diventerebbe retorico e non avrebbe un suo preciso significato.
Stando così le cose è auspicabile che oggi questa normativa abbia il suo varo e che si possa nel contempo superare il contrasto sorto in Commissione che non ha consentito di unificare totalmente il disegno di legge e la proposta di legge e che riguarda il fatidico articolo 3.
Su questo non insisto molto anche perché chi mi ha preceduto l'ha già fatto esaurientemente, in particolar modo l'amico e collega Chiabrando vorrei solo riaffermare, collega Besate, che, sì, è vero che la normativa affida all'Ente tanti e tanti compiti, ma i contenuti nella normativa vengono proprio caratterizzati dal censimento, nei confronti del quale s'insiste non tanto per rendere l'Ente di sviluppo monopolizzatore (anche perché i suoi limiti attuali di organico, di personale sono quelli che sono) ma per una questione di principio. L'Ente di sviluppo, Ente al quale sono stati affidati determinati compiti, è senza tema di smentita, l'Ente strumentale più vicino, per non dire l'unico, alla Regione Piemonte. Quando si dice di volergli affidare in via prioritaria anche il delicato compito del censimento, non s'intende che debba farlo materialmente, non s'intende escludere la possibilità di collaborazione che la normativa indica in modo chiaro, ma gli si vuole riconoscere come gli si riconoscono altri compiti anche quello prioritario del censimento.
Io mi auguro che comprensione vi sia in quest'aula e che si possa superare anche questo scoglio. Se così non sarà noi ci atterremo a quelli che saranno i pronunciamenti ufficiali che in sede di dichiarazione di voto il Capogruppo della D.C. o il collega Chiabrando vorranno indicare in proposito.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare, darei quindi la parola all'Assessore Ferraris a nome della Giunta.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Signor Presidente, colleghi, il relatore ed i vari colleghi intervenuti hanno già illustrato adeguatamente la portata e la finalità del disegno di legge e della proposta di legge in gran parte concordati, sui quali il Consiglio è chiamato a votare. Direi che lo stesso rappresentante della Destra nazionale ha finito per sottolinearne la portata e l'importanza che assume in questo momento.
La relazione e gli interventi hanno sottolineato l'ampio accordo che si è realizzato in sede di VI Commissione fra la proposta n. 18 presentata dai colleghi della D.C. ed il disegno di legge n. 58 presentato dalla Giunta.
Il margine di dissenso in ogni caso non riguarda né le finalità, né gli scopi della legge che ci apprestiamo ad approvare, ma la particolare questione del censimento e della sua attuazione, su cui interverr successivamente.
Voglio invece ancora ribadire che io non sono del tutto tranquillo, e lo affermo pubblicamente, sull'iter di questa legge. Anche se ci sono già esempi positivi e favorevoli che vanno in questa direzione (le tre leggi che sono state citate) e indubbio che permane una legislazione nazionale limitata e carente.
E' anche vero però che la legislazione nazionale, a parte un'eventuale crisi, è in movimento. Tre sono le proposte di legge presentate in Parlamento (una dal deputato on. Pisoni della D.C., una seconda dall'on.
Bardelli, la terza è del Ministero dell'Agricoltura) che vanno nella direzione che noi stiamo codificando, cioè verso il trasferimento delle prerogative alla Regione, verso l'individuazione nell'Ente di sviluppo dell'organismo fondiario. Dirò anzi che sia la proposta del Ministero sia quella dell'on. Pisoni, prima dell'Ente di sviluppo, individuano come ente fondiario le Comunità montane che, in base ad un certo articolo, hanno pure la funzione di acquisire i terreni.



MENOZZI Stanislao

Perché non ovunque esiste l'Ente di sviluppo.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Sarà per quello che io sto riferendo sul contenuto delle tre proposte di legge così come sono, che vengono nella direzione da noi indicata andando oltre a quanto è stato fatto da altre Regioni che hanno legiferato in materia: la Puglia, le Marche, ecc. si sono limitate a dire che l'Ente di sviluppo può sostituirsi alle cosiddette associazioni dei contadini nell'acquisizione dei terreni incolti.
Quindi la nostra è una proposta seria, abbastanza ben articolata ed elaborata e che rappresenta e assicura determinate garanzie. Ma riprender anche questo argomento.
Ciò che mi preme sottolineare in questo momento, indipendentemente dall'esame dell'entità di questo fenomeno e dalla sua origine (5 milioni di ettari secondo alcuni, 4 milioni di ettari secondo il Ministero dell'Agricoltura; l'ISTAT dice che il problema, sia pure in dimensioni molto più ridotte, interessa non soltanto la montagna, ma la collina e anche la pianura e che la Regione Piemonte è interessata per 219.000 ettari, i nostri uffici dicono per 300.000, nelle proposte di legge si è detto 400/500.000) e che la cosa più corretta è quella di fare un censimento rigoroso per procedere al recupero di tutto quanto è possibile tenendo presente che il fenomeno in una regione come la nostra ha origini diverse da quelle di altre regioni, non è frutto dell'assenteismo del latifondo, che qui non esiste, ma della politica di questi anni, della crisi, della emarginazione dell'agricoltura. Non si tratta di curvarsi a raccogliere la spiga, o la mela, o la ciliegia, a volte non è remunerativo e non la si raccoglie, la sostanza è che siamo tutti quanti impegnati a modificare questa realtà, se vogliamo che l'agricoltura del nostro Paese e del Piemonte produca di più; corrisponda in modo migliore all'auto approvvigionamento alimentare, e occorre allargarne le basi produttive e utilizzare al meglio tutte le risorse.
Io concordo che una delle vie fondamentali è quella dell'irrigazione e questa legge per il recupero delle terre incolte e gli impegni che andremo a prendere per l'irrigazione realizzano uno dei punti fondamentali della maggioranza. Tanto di guadagnato se è un punto fondamentale di tutte le forze politiche presenti in Consiglio.
Per quanto ci riguarda l'impegno noi lo vediamo come un'anticipazione dello stesso piano regionale di sviluppo a cui occorrerà fare seguito subito con interventi nel campo dell'irrigazione per il riordino irriguo inteso sul piano giuridico e sul piano della ristrutturazione (Borando mi intende bene) e per l'espansione dell'irrigazione, quindi invaso, raccolta di risorse idriche.
Ma credo che mi convenga concludere qui perché sostanzialmente c'è un accordo di fondo e io non voglio sottrarre altro tempo al Consiglio. Vengo quindi all'unica questione di disaccordo.
E' stato dato atto dal collega Menozzi, come prima ne aveva dato atto il collega Besate, che c'è stato uno sforzo dei Commissari della maggioranza e dell'opposizione per trovare una soluzione. Questo non è più il progetto originario, il disegno di legge della Giunta si articolava in modo diverso (che io continuo a ritenere migliore) per comprensorio proprio per operare più vicini alle zone, perché e soltanto nei comprensori, anzi, sarà soltanto nei piani zonali di sviluppo agricolo che si potrà definire in modo più corretto sotto il profilo economico e anche del cosiddetto garantismo, qual è la terra insufficientemente coltivata (la terra incolta è presto definita). La Giunta aveva individuato il comprensorio e poteva ammettere diverse misure da comprensorio a comprensorio proprio per aderire a dei criteri di obiettività. Perché è chiaro, certi terreni non saranno ricuperabili in nessun modo alla coltivazione effettiva potranno essere ricuperati a rimboschimento, ad alpeggio o anche per altri usi, ma non si può costringere qualcuno a coltivare la terra se, nonostante gli aiuti, finisce per non rendere. Ma c'è uno spazio e quindi da zona a zona quest'operazione potrà essere compiuta.
E vengo all'unica questione che è rimasta perché la Giunta ha rinunciato ad una trattativa che prevedeva fosse complessiva, totale e così non è stato, ma ognuno ha diritto di accettare e di respingere quello che gli pare.
Veniamo quindi all'unica questione rimasta, quella del censimento.
Devo respingere quell'accusa, o rilievo che è stato fatto, secondo cui questa maggioranza, o questa Giunta, o questo Assessore (non e stato detto ma era sottinteso) hanno una specie di riserva nei confronti dell'Ente di sviluppo. Questo non è vero, la Giunta intende utilizzare al massimo l'Ente nell'ambito delle sue competenze previste dalla legge, lo abbiamo detto fin dal primo giorno; quando si tratterà di rivedere qualcosa lo rivedremo alla luce del sole, in questo Consiglio e presto, se non ci sarà la crisi, con l'approvazione della legge nazionale che detta norme quadro e che dice (c'è sui giornali di questi giorni) che anche gli enti costituiti devono adeguarsi alla legge nazionale; e lì riapriremo un certo dibattito, e tenendo conto della legge quadro ridefiniremo anche i compiti dell'Ente di sviluppo. Quindi eventuali accuse o rilievi sarà possibile farceli soltanto in quella sede. Per adesso è nostra volontà mettere l'Ente di sviluppo in condizione di assolvere al meglio i suoi compiti, pero dobbiamo ricordarci sempre quali sono, cioè quelli scritti nella legge. Mi appello a Bianchi ma anche ai repubblicani, a tutte le forze politiche: volevamo un ente che non avesse compiti e funzioni burocratiche, ma un ente snello di tipo imprenditoriale, promozionale, capace di gestire iniziative perché gli altri compiti vengono già svolti dai normali uffici dell'assessorato.
I colleghi Besate e Raschio hanno insistito molto su un aspetto soltanto, quello pratico e cioè che affidandogli il censimento infogneremmo l'Ente di sviluppo in una sequela di operazioni che lo distrarrebbero dai suoi compiti. E' indubbiamente vero ed io potrei continuare su questo tono ma non voglio aggiungere nulla a quanto ha già efficacemente detto Besate.
Voglio invece sollevare la questione fondamentale di diritto, di garantismo, portata avanti da qualcuno.
Con il censimento si possono individuare i terreni e compilare una mappa da consegnare ad un'autorità che per adesso è ancora quella prefettizia (la nostra legge prevedeva di trasformare quell'autorità, ma in Commissione non è passata ed io non ho potuto insistere perché sapevo che andavo contro la legislazione vigente e poteva essere respinta ) che deve prenderla per buona e affidare i terreni - e questo è già passato in altre leggi - all'Ente di sviluppo.
Questa è un'operazione tipo piano regolatore con la quale la suprema autorità rimane al Consiglio comunale, i cittadini presentano le osservazioni e il Consiglio decide in merito a queste osservazioni? E allora, come si può assicurare questo garantismo e affidare all'Ente che dovrà gestire le terre anche il compito di andarle ad individuare? Verrebbero fuori situazioni che non stanno in piedi sulla base del diritto e di quel criterio per cui non ci deve essere il controllore controllato ma ci deve essere la divisione dei compiti.
E' fondamentalmente una questione di diritto, di garantismo, di correttezza, condivisa dallo stesso Presidente dell'Ente di sviluppo e dal Vicepresidente Bergesi coi quali ho voluto parlarne ed essi ci hanno detto: non affidateci un incarico di questo tipo.
Noi invitiamo quindi il Gruppo della D.C. e a rendersi conto di questa situazione e a volere desistere da una posizione che per le ragioni anzidette la Giunta non può accettare.
Comunque desidero ringraziare i membri della VI Commissione, il suo Presidente, i colleghi di tutti i Gruppi che sono intervenuti in questa discussione e che hanno portato un contributo alla valorizzazione di questa importante iniziativa di legge.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa, passiamo alla votazione del disegno di legge.
"Articolo 1 - Finalità La Regione con la presente legge si propone di ricuperare alla coltivazione, o comunque ad un utilizzo agricolo-forestale valido, i terreni totalmente o parzialmente incolti, in attuazione ed integrazione del D.Lgs.Ltg. 19.10.1944 n. 279 e successive modificazioni.
Il ricupero si realizza con le seguenti procedure: a) censimento delle terre incolte o insufficientemente coltivate e relativi aggiornamenti b) affidamento all'Ente di sviluppo agricolo del Piemonte (ESAP) c) formazione dei programmi d'utilizzazione d) concessione." Se nessuno chiede la parola si passi alla votazione.



(Sì procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: Presenti e votanti 42 hanno risposto SI 41 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'articolo 1 è approvato.
"Articolo 2 - Definizione di terre incolte Ai sensi della presente legge, fermo restando quanto disposto dal D.Lgs.Lgt. 19.10.1944 n. 279 e successive modificazioni ed integrazioni, si considerano non coltivati o insufficientemente coltivati i terreni non destinati o destinati solo parzialmente ad uso agricolo o forestale e suscettibili di una più razionale ed intensiva utilizzazione in relazione alla vocazione produttiva ed alla pratica colturale delle singole zone e secondo le scelte individuate dai piani zonali di sviluppo agricolo ove esistenti".
All'art. 2 c'è un emendamento soppressivo presentato dai Consiglieri Chiabrando e Besate: "Alla sesta riga sopprimere le parole 'ed intensiva'".
La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Desidero fare una dichiarazione a chiarimento dell'atteggiamento che terrò e in ordine a questo emendamento che è estremamente chiaro e ai successivi, compreso quindi anche l'emendamento più impegnato sull'art. 3.
Come dichiarato in sede d'intervento generale, il voto contrario che d a questa legge discende da una questione di principio, non ritenendo cioè sufficientemente individuate le definizioni riportate nella normativa di terre incolte e soprattutto di terre non sufficientemente coltivate. E questo lasciando inalterata l'importanza del provvedimento e la necessita di tentare il ricupero di questi terreni.
Così collocata la questione, cioè postomi in una posizione pregiudizialmente contraria alla legge stessa, in ordine a tutti gli emendamenti che saranno presentati ritengo di non dovermi pronunciare, non per una questione di disimpegno, ma perché non andrebbero comunque ad intaccare la sostanza della nostra posizione. Quindi su questo come su successivi emendamenti io mi asterrò.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, poiché questo articolo con la definizione centra la questione fondamentale della portata della legge e delle preoccupazioni che la stessa può sollevare, io richiamerei l'attenzione su una parte delle definizioni. Là dove si dice che "la situazione di non coltivazione o la suscettibilità di una più razionale utilizzazione deve essere vista in relazione alla vocazione produttiva e alla pratica colturale delle singole zone" implica intanto un concetto di carattere generale ed obiettivo che sottrae la legge da una utilizzazione strumentale del piccolo fondo per il piccolo fondo: "Il mio è un po' più coltivato del tuo" ecc.; richiama un criterio generale e quindi allontana ogni pericolo di questo genere e introduce il concetto dell'esigenza di un piano generale in cui questi interventi siano collocati, il che aggiunge obiettività ad obiettività.
Pertanto votiamo a favore dell'articolo.



PRESIDENTE

Se non vi sono altre richieste di parola votiamo l'emendamento soppressivo delle parole "ed intensiva".
L'emendamento è approvato.
Pongo in votazione l'art. 2 così emendato.



(Sì procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto seguente esito: Presenti e votanti 44 hanno risposto SI 43 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'art. 2 è approvato.
"Articolo 3 - Censimento La Regione provvede, avvalendosi dell'Ente di sviluppo agricolo ed in collaborazione con Comuni, le Comunità montane, i Comprensori ed altri Enti locali e Istituti specializzati, al censimento e relativi aggiornamenti dei terreni incolti o insufficientemente coltivati esistenti in Piemonte iscrivendoli in appositi elenchi suddivisi per Comune.
A tal fine l'Ente di sviluppo agricolo è impegnato, tra l'altro, ad identificare e a segnalare alla Giunta regionale le aree nelle quali il fenomeno delle terre incolte assume, per contiguità ed estensione caratteri strutturali o di maggiore ampiezza. Gli elenchi vengono inviati ai Comuni, alle Province, ai comprensori, alle Comunità montane e a tutte le Associazioni e Sindacati operanti nel settore agricolo.
L'inclusione dei terreni negli elenchi viene notificata ai singoli proprietari a mezzo dei Comuni.
Gli elenchi devono essere affissi all'Albo Pretorio dei Comuni per 60 giorni. I proprietari interessati possono presentare al Comune le proprie osservazioni entro 60 giorni dalla notifica. Sulle stesse si esprime la Commissione comunale di cui all'art. 11. Gli elenchi, le osservazioni ed il parere della Commissione comunale sono trasmessi alla Giunta regionale per l'approvazione e per la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione. Gli elenchi così approvati vengono trasmessi agli organi statali competenti ai sensi della legge 18 aprile 1950 n. 199." A questo articolo vi sono molti emendamenti. Cominciamo, come dice il regolamento, con gli emendamenti soppressivi.
Il primo, presentato dai Consiglieri Chiabrando e Bianchi, recita: "Il secondo comma dell'art. 3 è soppresso".



CHIABRANDO Mauro

Bisognerebbe andare con un certo ordine perché alcuni emendamenti sono collegati. Il primo emendamento secondo me è quello relativo al primo comma, perché da questo discendono gli altri.



PRESIDENTE

Solo che il primo è sostitutivo, il secondo è soppressivo, ad ogni modo va bene, seguiamo pure questa procedura L'emendamento sostitutivo del primo comma recita, secondo la presentazione dei proponenti Chiabrando e Bianchi: "Dopo le parole 'La Regione provvede' sostituire le parole 'avvalendosi dell'Ente di sviluppo agricolo, ed in collaborazione con i Comuni, le Comunità montane, i Comprensori ed altri Enti locali e Istituti specializzati' con le parole 'a mezzo dell'Ente di sviluppo agricolo il quale si avvale della collaborazione dei Comuni, delle Comunità montane, dei Comprensori e di altri Enti locali e Istituti specializzati".
La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Prendo la parola per illustrarlo in quanto questo è l'emendamento sul quale non si e trovato l'accordo e che per noi è fondamentale A noi dispiace che la Giunta, a mezzo dell'Assessore, abbia detto di non accogliere la nostra richiesta con motivazioni che non ci paiono molto fondate come ad esempio quella del personale che l'ESAP non ha e l'Asossisamto ha: secondo me non ha importanza perché il personale ci vuole sia di qua che di là, inoltre non occorre molto personale per fare operazioni basate sull'apporto e la collaborazione dei Comuni. La motivazione secondo la quale il Presidente e il Vicepresidente non sono d'accordo non mi pare un buon argomento, è il Consiglio regionale che autonomamente deve decidere e non persone esterne. Secondo noi quindi non c'e la volontà politica di accogliere l'emendamento per cui la Giunta ha confermato di voler mantenere nelle proprie mani l'operazione di censimento che a noi pareva fosse la classica operazione da delegare all'Ente di sviluppo, organo operativo della Regione Noi confermiamo perciò la nostra richiesta presentando l'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Ritengo che questo emendamento costringa ad un attento esame di quello che è il rapporto tra l'ESAP e la Regione. L'ESAP è stato definito un organo operativo della Regione, giustamente ma a mio giudizio è più giusto che il potere di censimento rimanga in mano alla Regione che si avvale dei vari organi che democraticamente esistono perché se accogliessimo l'emendamento proposto da Chiabrando e Bianchi andremmo contro un principio di diritto perché colui che ha questa funzione è poi anche quello che controlla se questo tipo di funzione imposta le regole del censimento.



CHIABRANDO Mauro

Ma non è così.



ROSSOTTO Carlo Felice

Io la vedo in questa maniera: siccome nel disegno di legge queste attività vengono gestite dall'Ente di sviluppo, trovo giusto che il censimento rimanga di competenza dell'Ente Regione, perché è una garanzia maggiore di rispetto delle norme fondamentali che devono regolare l'attività di rispetto verso i soggetti che sono titolari dei diritti di proprietà.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Io credo che invece la Giunta abbia fatto bene a non accogliere questo emendamento, altrimenti avrei votato contro la Giunta. Qui non si tratta di un problema di volontà politica, ma semplicemente di un problema di coerenza legislativa.
A me pare che sia più corretta l'attribuzione di questo compito alla Regione, che a sua volta ha come punto di riferimento operativo (e c'è tutta una discussione, a proposito della 382, sui compiti operativi che devono essere affidati agli Enti locali intermedi) i Comuni e le Comunità montane. Dico anche obiettivamente che io vedo di meno, per esempio, questo riferimento, contenuto nell'articolo, ai comprensori, non essendo provvisti attualmente né potendo probabilmente essere provvisti nel futuro di idonei strumenti per compiti di censimento.
Dalla logica della normativa si determina, mi pare di tutta evidenza la posizione centrale che hanno i Comuni nel censimento, mentre all'ESAP viene riservato nel comma successivo - e a questo ha fatto cenno il collega Besate - un potere di identificazione e di segnalazione dei soli fenomeni di maggiore dimensione, come del resto si conviene alla qualificazione tipica dell'ESAP come organismo di attuazione del piano e dei programmi. Il complesso dei compiti che sono attribuiti al Comune dall'art. 3 e successivamente dall'art. 11 seguono appunto una logica che trova il suo fondamento nella capacita, nell'idoneità dei Comuni di individuare le terre, capacità che sfuggirebbe ad un organismo come quello dell'ESAP che ha altre incombenze. Basta leggersi lo Statuto dell'ESAP, dal quale risulta che non può rientrare fra i suoi compiti un'attività di questa natura, ma che gli compete invece la funzione ben più rilevante, e connaturata alla sua struttura, di recupero delle terre nel quadro della programmazione del settore.
Mi sembrerebbe poi - e faccio riferimento a quanto ha detto l'Assessore all'agricoltura - che l'attribuzione di compiti come quello censuario all'ESAP potrebbe avere addirittura delle conseguenze sulla sua stessa struttura organica perché, o l'ESAP lo fa in proprio, e allora assume della gente (e poi, una volta che ha fatto il censimento, abbiamo gente che protesta perché la mandiamo via dopo che l'abbiamo utilizzata per il censimento), o si avvale dei Comuni e delle Comunità montane; in questo caso l'ESAP si sostituisce in un rapporto organico istituzionale tra la Regione e i Comuni che è di competenza della Regione, non può essere di competenza dell'ESAP che è uno strumento della politica di programmazione della Regione.
Infine direi che l'attribuzione all'ESAP di un compito censuario pu determinare un conflitto d'interessi fra la Regione e i titolari del diritto di proprietà sulle terre, e lo dice l'art. 1 già votato, alla lettera b) affidamento all'Ente di sviluppo agricolo delle terre censite.
Per cui l'ESAP verrebbe ad inquadrare nel censimento delle terre che poi verrebbero affidate allo stesso ESAP dalla legge.
Per questi motivi credo che debba essere accolto il testo così formulato dalla Commissione e, per avanzare tempo, dichiaro fin d'ora che il Gruppo socialista approva la legge così com'è stata votata dalla maggioranza della VI Commissione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Sono stato indotto a fare alcune osservazioni perché mi pare che per sostenere un testo si finisca per attribuire un significato diverso e non consentito a quello dell'emendamento.
Intanto il soggetto resta, nei due testi, lo stesso: la Regione provvede. L'emendamento che io sostengo vuole precisare che provvede, a mezzo dell'Ente di sviluppo agricolo che si avvale della collaborazione dei Comuni, Comunità montane ecc. Cosa significa questo? Significa che la Regione ha la titolarità ed il potere in materia, che la Regione si avvale di un suo strumento operativo così com'è stato definito, impartendo allo stesso istruzioni, verificando l'adempimento dei compiti e delle funzioni significa che legislativamente si concentra dal punto di vista tecnico il momento della ricerca e definizione e censimento delle terre nell'Ente di sviluppo agricolo, che peraltro è già preso in considerazione in maniera primaria anche dal testo della Giunta.
Tutte le obiezioni che sono venute adesso, con acume, dal collega Calsolaro, varrebbero anche per il testo della Giunta perché, se non si vuole aggirare la legge, se la Giunta si avvale dell'Ente di sviluppo agricolo tutti i problemi sul personale, sulla competenza in ordine all'esercizio di un'attività quasi censuaria e così via restano egualmente fermi. La differenza sostanziale sta in questo: che nel testo della Giunta viene delineata una competenza e una procedura che è di tipo fluttuante per cui si può spostare la competenza anche delle operazioni tecniche un po' sull'Ente di sviluppo, un po' sui singoli Comuni, un po' sulle Comunità montane e poi ritirarla indietro con irrazionalità e confusione, senza rispondere a nessuna delle obiezioni che sono state avanzate. Per questo è stato detto "a mezzo dell'Ente di sviluppo agricolo" il quale concentra ed è il momento, il tramite, il filtro di passaggio tecnico di queste operazioni. La Giunta ha tutto il potere a monte e a valle di controllo, di verifica, di modificazione, d'istruzioni o di altro e la collaborazione dei Comuni è garantita dallo stesso testo della legge.
Si dice (quella che probabilmente è la realtà politica) che si vuole mantenere molto aperta la discrezionalità sul modo di condurre queste operazioni, mentre credo che sarebbe anche nell'interesse della maggioranza conferire una obiettività nella procedura che col testo suggerito dall'emendamento sarebbe maggiore.



PRESIDENTE

Se non vi sono altre richieste di parola si passa alla votazione dell'emendamento.
L'emendamento è respinto.
Emendamento soppressivo del terzo comma.



CHIABRANDO Mauro

Questo emendamento viene ritirato.



PRESIDENTE

Sempre dei Consiglieri Bianchi e Chiabrando c'è un emendamento aggiuntivo, dopo il terzo comma, che dice: "Nel caso di vaste aree contigue interessate al fenomeno può procedersi alla loro delimitazione topografica catastale e all'elencazione dei terreni sulla base dei dati catastali omettendo la notificazione ai singoli proprietari e sostituendo ad essa la notificazione, per affissione degli elenchi così formati, all'Albo Pretorio del Comune, per giorni 60 e con avviso dell'avvenuta affissione alla popolazione nei Comuni interessati mediante pubblici manifesti".
La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

La ragione di questo emendamento è dovuta al fatto che il fenomeno delle terre incolte, come è emerso un pochino dalla discussione, è particolarmente significativo là dove condizioni strutturali, ambientali di modificazioni, di tecniche culturali lo ha messo in evidenza, cioè tutti i pascoli appenninici, vaste aree in zone collinari e così via. In queste zone, per le emigrazioni sia interne che all'estero, l'identificare i proprietari è un'operazione assolutamente di grandissima difficoltà, la sola identificazione dei proprietari e la notificazione ad personam io credo che richiederebbe non meno di dieci anni. Per esperienza professionale abitando ai piedi di una zona appenninica, so cosa significa.
E allora mi sono permesso di suggerire questo criterio, altrimenti la legge sarebbe già di per sé totalmente vanificata.



PRESIDENTE

La parola alla Giunta.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Si può accettare come utile perfezionamento tecnico e giuridico alla legge.



PRESIDENTE

Chi è d'accordo sull'emendamento aggiuntivo alzi la mano.
L'emendamento aggiuntivo al terzo comma è approvato.
C'è ancora un emendamento dei Consiglieri Bianchi e Chiabrando, che recita: "Dopo il quarto comma attuale sopprimere il punto ed integrare il comma con il seguente testo dopo la parola 'notifica': 'Quando sia eseguita direttamente ai singoli proprietari ed entro 60 giorni dalla conclusione del periodo di affissione nell'altra ipotesi'".
Qualcuno chiede di illustrarlo? La Giunta cosa ne pensa?



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

E' d'accordo.



PRESIDENTE

Si vota l'emendamento.
L'emendamento aggiuntivo è accolto.
Sempre sull'art. 3 si passa al sesto comma dove c'e una proposta di emendamento aggiuntivo, presentato dai Consiglieri Chiabrando e Bianchi.



CHIABRANDO Mauro

Viene ritirato.



PRESIDENTE

Al settimo comma, dopo la parola "trasmessi" aggiungere "tramite l'ESAP". Anche questo è presentato dai Consiglieri Chiabrando e Bianchi.



CHIABRANDO Mauro

Questo emendamento è presentato per rimediare ancora in qualche modo al primo emendamento respinto. E' un passaggio che forse abbiamo dimenticato in Commissione. Nel testo è previsto che le 1.200 commissioni comunali trasmettano alla Giunta, noi diciamo "tramite l'ESAP". Questo emendamento è prettamente tecnico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

I Comuni adottano criteri diversi, la Giunta si trova a dovere unificare o a dover far rinviare nuovamente all'Ente di sviluppo per un giudizio unificante di tutta la materia in ordine alle osservazioni.
Comunque non credo peggiori il testo, né lo sposti dalle intenzioni della Giunta.



PRESIDENTE

Chi è d'accordo con l'emendamento aggiuntivo alzi la mano.
L'emendamento è respinto.
Non vi sono altri emendamenti. La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

A noi spiace che anche quest'ultimo piccolo emendamento sia stato respinto, quindi per i motivi ampiamente esposti dal Capogruppo siamo obbligati a votare contro questo articolo.



PRESIDENTE

Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 50 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 - Affidamento delle terre "L'Ente di sviluppo agricolo del Piemonte (ESAP) può ottenere, ai sensi dell'art. 1 del D.Lgs.Lgt. 19.10.1944 n. 279 e successive modifiche ed integrazioni, l'affidamento delle terre incolte o insufficientemente coltivate per la loro concessione ai coltivatori singoli od associati, ai Comuni e loro Consorzi, alle Comunità montane e alle aziende dei parchi e delle foreste.
La richiesta di affidamento delle terre è sottoposta all'approvazione del Consiglio regionale su proposta della Giunta. Alla richiesta di affidamento l'ESAP dovrà allegare il programma di utilizzazione".
Passiamo alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 39 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'art. 4 è approvato.
Art. 5 - Concessione dei terreni "L'Ente di sviluppo agricolo provvede a concedere le terre di cui all'art.
2 della presente legge a coltivatori diretti e lavoratori agricoli, singoli od associati, per consentire la formazione d'imprese familiari plurifamiliari o cooperative efficienti.
L'Ente darà la preferenza alle richieste tendenti all'accorpamento o all'arrotondamento delle aziende dei richiedenti, nonché a coloro che abbiano ottenuto l'approvazione di un piano aziendale o interaziendale di sviluppo ai sensi della legge 9 maggio 1975, n. 153.
Alla domanda di concessione gli interessati devono allegare un piano di coltivazione non in contrasto con i piani di sviluppo delle Comunità montane e con i piani zonali di sviluppo agricolo, ove esistenti.
Le terre incolte o insufficientemente coltivate, non vantaggiosamente destinabili a coltivazioni agrarie, possono essere assegnate ai Comuni, ai loro Consorzi, alle Comunità montane, alle aziende dei parchi e delle foreste per la formazione o l'ampliamento di alpeggi comunali, per opere di rimboschimento e di nuova forestazione e per parchi, riserve naturali servizi sociali ed altri usi.
La durata della concessione non può essere inferiore a quella prevista dalle leggi vigenti in materia di contratti di affitto di fondi rustici.
La concessione dei terreni è effettuata dall'ESAP sentita la Commissione comunale di cui all'art 11.
Ai proprietari dei terreni concessi è dovuta dall'ESAP una indennità annua determinata con i criteri della legge 11.2.1971, n. 11 e successive modifiche ed integrazioni.
I concessionari sono tenuti a pagare all'ESAP una indennità annua pari a quella indicata nel comma precedente".
Vi sono degli emendamenti sostitutivi presentati dai Consiglieri Besate e Chiabrando.
Al penultimo comma, prima riga, anziché "è dovuta dall'ESAP un'indennità annua" indicare "è dovuta dall'ESAP l'indennità annua".
Alla seconda riga, anziché "determinata con i criteri della legge" indicare "determinata ai sensi della legge".
Su questi emendamenti vi sono richieste di parola? Pongo in votazione gli emendamenti sostitutivi.
Sono approvati.
Altro emendamento del Consigliere Bianchi: "Dopo le parole 'fondi rustici' aggiungere la concessione decade nei casi in cui il proprietario ha diritto a riavere la disponibilità dei terreni secondo le vigenti leggi sui contratti agrari".
La Giunta è d'accordo?



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

D'accordo.
PRESIDENTE.
Chi è d'accordo con l'emendamento? L'emendamento è accolto.
Pongo in votazione l'art. 5.



(Sì procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 42 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'art. 5 è approvato.
Art 6 - Inadempienze "Qualora il concessionario non adempia all'attuazione del piano di sviluppo aziendale o di coltivazione previsto dall'articolo precedente, la concessione viene revocata dall'ESAP.
In tal caso il concessionario inadempiente è tenuto a rifondere alla Regione l'ammontare degli eventuali contributi percepiti e potrà avere diritto ad un adeguato indennizzo per le migliorie effettivamente apportate ai terreni.
La vigilanza sull'attuazione del piano di sviluppo aziendale o di coltivazione compete all'ESAP che si avvale della Commissione comunale di cui all'art. 11".
Se nessuno chiede la parola si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 40 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'art. 6 è approvato.
Art. 7 - Sospensione procedure per l'affidamento "I proprietari dei terreni incolti o insufficientemente coltivati, entro 90 giorni dalla scadenza della pubblicazione del censimento sul Bollettino Ufficiale della Regione, possono presentare alla Giunta regionale un piano di coltivazione o di rimboschimento dei terreni stessi.
In tal caso la procedura di affidamento all'ESAP viene sospesa per la durata di attuazione del piano.
I piani di coltivazione o rimboschimento non devono essere in contrasto con i piani di sviluppo delle Comunità montane e con i piani zonali di sviluppo agricolo ove esistenti".
C'è un emendamento soppressivo presentato dal Consigliere Chiabrando che recita: "Le seguenti ultime parole del secondo comma dell'art. 7 'per la durata di attuazione del piano' sono soppresse".



CHIABRANDO Mauro

E' un emendamento tecnico concordato.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

D'accordo.



PRESIDENTE

La Giunta è d'accordo. Chi è favorevole alzi la mano.
E' accolto.
Pongo in votazione l'art. 7 così modificato.



(Sì procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 41 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'art. 7 è approvato.
Art. 8 - Mutui per acquisto di terre incolte "Nella concessione dei mutui per l'acquisto di fondi rustici per la formazione e l'arrotondamento della proprietà coltivatrice, singola od associata, previsti dalle leggi statali e regionali, sarà data preferenza alle domande di acquisto dei terreni incolti o insufficientemente coltivati presentate da coltivatori diretti e da cooperative".
Se nessuno chiede la parola si passi alla votazione.



(Sì procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 41 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'art. 8 è approvato.
Art. 9 - Agevolazioni per la rimessa a coltura "Ai concessionari può essere erogato un contributo in conto capitale nella misura massima del 60% delle spese sostenute per la rimessa a coltura dei terreni.
Tale contributo è concesso secondo le procedure previste dalle leggi regionali di finanziamento delle opere di miglioramento fondiario e non è cumulabile con altri benefici erogati allo stesso titolo".
Se nessuno chiede la parola si passi alla votazione.



(Sì procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 44 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'art. 9 è approvato.
Art. 10 - Diritti del concessionario "Per quanto concerne i miglioramenti apportati ai beni oggetto della concessione e connessi alla realizzazione del piano aziendale di sviluppo o di coltivazione o di sistemazioni agrarie e forestali, valgono le norme di cui agli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16 della legge 11.2.1971 n. 11 e successive modificazioni ed integrazioni".
Poiché nessuno chiede la parola si passi alla votazione.



(Sì procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 46 hanno risposto SI 45 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'art. 10 è approvato.
Art. 11 - Commissione comunale "Presso ogni Comune è istituita un'apposita Commissione con i seguenti compiti: collaborare al censimento delle terre esprimere il parere sulle osservazioni dei proprietari in merito all'inclusione delle terre tra quelle censite esprimere il parere sui piani aziendali o di coltivazione nonché sulla concessione delle terre incolte o sulla revoca vigilare sull'attuazione dei piani aziendali o di coltivazione.
La Commissione è formata dal Sindaco o da un suo delegato e da due Consiglieri di cui uno della minoranza. La Commissione si avvale della collaborazione di un rappresentante residente nel Comune per ognuna delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale.
La Commissione è nominata dal Consiglio comunale entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge e resta in carica per la durata del Consiglio comunale stesso, e comunque fino alla nomina della nuova Commissione".
Nessuno chiede la parola? Si passi alla votazione.



(Sì procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 44 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'art. 11 è approvato.
Art. 12 - Norme finanziarie "Per la realizzazione del censimento delle terre incolte od insufficientemente coltivate di cui alla presente legge è autorizzata la spesa di 80 milioni per l'anno finanziario 1976 e la spesa di 30 milioni per ciascuno degli anni finanziari dal 1977 al 1980.
All'onere di cui al precedente comma per l'anno finanziario 1976 si fa fronte mediante una riduzione, di pari ammontare, dello stanziamento di cui al capitolo n. 1018 dello stato di previsione della spesa del corrispondente anno, e mediante l'istituzione, nello stato di previsione medesimo, del capitolo n. 729, con la denominazione "Spese per la realizzazione del censimento delle terre incolte o insufficientemente coltivate" e con lo stanziamento di 80 milioni.
Nei bilanci per gli anni finanziari dal 1977 al 1980, il capitolo n. 729 sarà iscritto con la denominazione di cui al precedente comma e con lo stanziamento di 30 milioni.
Per l'attuazione degli interventi di cui all'art. 9 della presente legge è autorizzata la spesa di 150 milioni per ciascuno degli anni finanziari dal 1976 al 1980.
All'onere di cui al precedente comma per l'anno finanziario 1976 si fa fronte mediante una riduzione, di pari ammontare, dello stanziamento di cui al capitolo n. 1404 dello stato di previsione della spesa del corrispondente anno, e mediante l'iscrizione, nello stato di previsione medesimo, del capitolo n. 1277 con la denominazione "Contributi in capitale per la rimessa a coltura dei terreni incolti o insufficientemente coltivati", e con lo stanziamento di 150 milioni.
Nei bilanci per gli anni finanziari dal 1977 al 1980 il capitolo n. 1277 sarà iscritto con la denominazione e lo stanziamento indicati nel precedente comma.
Le somme non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono essere impegnate negli esercizi finanziari successivi anche per attività effettuate negli esercizi successivi stessi.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Sì procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 44 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere L'art. 12 è approvato.
Si tratta ora di votare la legge nel suo complesso La parola al Consigliere Bianchi per dichiarazione di voto.



BIANCHI Adriano

Noi ci siamo rammaricati per il mancato accoglimento di alcuni emendamenti che ritenevamo importanti quanto meno in relazione all'art. 3 e abbiamo votato contro questo articolo. Ma non vogliamo tradurre questo disappunto in un voto contrario ad una legge che nelle sue finalità generali abbiamo voluto, per la quale abbiamo preso una tempestiva iniziativa, per la quale abbiamo attivamente collaborato in sede di Commissione per redigere un testo che il più possibile rispondesse alle esigenze attuali e poiché questo testo, ancorché per noi non interamente soddisfacente e completo, risponde ad alcune delle finalità essenziali che si perseguono con la legge e cioè quella di offrire uno strumento per l'attuazione in concreto della pianificazione della programmazione in agricoltura, uno strumento ulteriormente efficace e concreto per il riordino della proprietà fondiaria, perché molte delle ipotesi nei casi di terre incolte o insufficientemente coltivate sono proprio dovute alla condizione di frammentazione, di polverizzazione della proprietà, poich costituisce un sicuro stimolo nei confronti di chi ha la disponibilità dei terreni per dare a questi una destinazione che sia la più rispondente all'interesse dell'economia generale e della società, poiché risponde anche ad un criterio di giustizia, ad un criterio economico che vuole che le risorse agricole delle terre siano utilizzate al massimo, noi daremo voto favorevole alla legge nel suo complesso.



PRESIDENTE

Vi sono altre dichiarazioni di voto? No, passiamo allora alla votazione per appello nominale.



(Sì procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 44 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere Il progetto di legge è approvato.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Comunicazioni della Giunta regionale sulle misure da adottare in relazione agli attentati nelle fabbriche


PRESIDENTE

Si può ora passare alle comunicazioni della Giunta regionale sulle misure da adottare in relazione agli attentati nelle fabbriche.
La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, rispondendo al mandato conferito dal Consiglio nel corso della seduta del 14 aprile, a seguito dei gravissimi episodi di tensione e violenza culminati nell'incendio alla Fiat Rivalta, desidero comunicare che la Giunta si è fatta immediatamente interprete di tale mandato, promuovendo una serie d'incontri, che nonostante la brevità e l'urgenza dei tempi di convocazione, hanno registrato una vasta partecipazione.
La Giunta ha consultato i segretari regionali e provinciali dei partiti democratici, i Capigruppo consiliari della Regione, della Provincia e del Comune di Torino, l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, il Sindaco ed il Presidente della Provincia di Torino, le organizzazioni sindacali CGIL-CISL-UIL, le forze imprenditoriali, i massimi esponenti della Magistratura.
Le forze politiche ed i rappresentanti dei Gruppi consiliari regionali provinciali e del Comune di Torino, intervenuti all'incontro di giovedì 15 aprile presso la Giunta regionale, rappresentavano l'intero arco democratico.
Sono stati denunciati con fermezza i gravi episodi di violenza individuandone matrice provocatoria tendente a sovvertire l'ordine pubblico e l'assetto democratico.
Tali attività criminali estendono la strategia della tensione nella nostra Regione, prendendo, come oggetto specifico di attacco, il posto di lavoro ed in particolare le grandi aziende produttive.
La gravità di questi fatti è tanto maggiore, nella misura in cui avviene in un momento di preoccupazione per migliaia di lavoratori, dovuta ai rinnovi contrattuali. Esiste in essi il chiaro intento di creare divisioni fra i lavoratori, in un momento in cui gli operai risentono in misura particolare della crisi economica e dell'aumentato costo della vita.
Le organizzazioni sindacali hanno confermato come gli attentati agli impianti Fiat ed il ferimento di un caporeparto fanno parte di una strategia fascista, tendente a creare panico e disordine e a distorcere il significato delle lotte che i lavoratori vogliono gestire in modo compatto ed unitario.
E' stato inoltre ricordato che tutte queste azioni, definite "criminali" dagli intervenuti, si sono verificate dopo un importante momento di dibattito politico, a seguito delle assemblee di lavoratori e di rappresentanti delle istituzioni, all'interno delle grandi fabbriche dell'area torinese, che hanno costituito una circostanza unitaria e di profonda solidarietà fra lavoratori e rappresentanti degli Enti locali.
E' stata quindi sollecitata un'iniziativa che veda come promotori Comune, Provincia e Regione per individuare i responsabili di questo disegno criminoso ed eversivo.
I fatti culminati nell'incendio alla Fiat Rivalta si possono infatti ricollegare ad una catena di altri gravi episodi che solo per caso fortuito non si sono trasformati in altrettanti disastri.
Nel marzo di quest'anno sono comparsi alla Fiat volantini che portavano la sigla "Brigate Rosse Mirafiori".
Successivamente in punti diversi all'interno dello stabilimento e sulle linee della Carrozzeria sono comparsi altri volantini firmati "Brigate Rosse, Sezione Presse", "Brigate Rosse, Sezione Carrozzeria".
La modificazione della sigla sarebbe chiaramente tendente a dimostrare che un'organizzazione di provocazione vuole presentarsi ai lavoratori in maniera articolata all'interno delle diverse sezioni dell'azienda E' stato poi rilevato che negli scorsi mesi di febbraio e marzo i circa due chilometri dei refettori-mensa della Carrozzeria Mirafiori sono stati tappezzati di decalcomanie recanti la scritta "Mara Cagol ti vendicheremo" episodio questo da cui si può dedurre che questi provocatori conoscono perfettamente l'ambiente in cui agiscono e hanno le condizioni per operare a lungo indisturbati.
Oltre all'incendio del capannone della selleria Mirafiori, avvenuto il 3 aprile, all'attentato al Caporeparto Borello, avvenuto il 13 aprile e all'incendio agli impianti di Rivalta, di cui già si è fatto cenno nella precedente seduta consiliare, sono stati denunciati altri gravi episodi.
Nella notte di martedì 13 aprile una vettura 131 sulla relativa linea di montaggio ha preso fuoco a trenta minuti di percorso dai distributori di benzina; il fatto non ha prodotto una catastrofe con vittime, in quanto gli operai del secondo turno erano usciti alle 22,30 anziché alle 23, ora in cui la vettura si sarebbe trovata esattamente all'altezza dei distributori di benzina, per una mezz'ora di sciopero collegata alla vertenza contrattuale.
Ancora più recentemente, venerdì 16 aprile, nelle lavorazioni Tectil Carrozzeria Mirafiori, nel tratto che precede l'entrata nel tunnel delle vetture finite, alle ore 17,15-17,30 circa, si è verificato un altro incendio, ritenuto anch'esso doloso. Tale fatto è avvenuto un'ora prima dell'inizio dello sciopero del secondo turno.
Questi episodi, ed un'altrettanto numerosa serie di incendi e danneggiamenti apportati recentemente in altri luoghi di lavoro ed in alcune scuole di Torino, possono creare un clima generalizzato di tensione.
La criminalità di questi episodi, il contesto politico ed economico in cui si collocano, le modalità d'attuazione e gli ambienti colpiti, possono far ritenere che gli esecutori siano guidati da un'organizzazione eversiva ramificata, collegata con centrali della provocazione internazionale.
Di fronte a questa grave situazione le organizzazioni sindacali, per parte loro, hanno ribadito la ferma volontà di continuare in una vigilanza attiva ed organizzata all'interno delle fabbriche Le forze politiche e istituzionali si sono trovate unanimi nel sostenere l'impegno e la responsabilità dimostrata dai lavoratori nella denuncia di queste azioni e nella vigilanza concreta. E' stata sottolineata la validità della tempestiva consultazione della Regione per coordinare e proporre misure atte ad impedire ulteriori episodi di violenza.
Questi gruppi eversivi - è stato detto - devono sapere che tutte le forze democratiche sono decise ad usare tutto il loro potere politico e ogni forma di intervento per isolare i provocatori e porre fine alla crescente spirale di criminalità nella nostra regione.
La Giunta regionale, nella stessa giornata di giovedì 15 aprile, si è incontrata con una delegazione d'imprenditori della Federazione Associazione Industriale del Piemonte, esaminando con essi, in particolare la situazione ed i danni verificati all'interno delle fabbriche.
Anche in questa circostanza è stato apprezzato l'immediato intervento politico della Regione ed è stata offerta la piena disponibilità e collaborazione per evitare il ripetersi di atti che colpiscono l'intera collettività, nella misura in cui vengono danneggiate le fonti della produzione e creata tensione tra i lavoratori.
L'esigenza di attuare la massima vigilanza e di utilizzare ogni informazione e collegamento utile ad individuare esecutori e mandanti emersa nel corso di questi contatti, è stata prospettata venerdì 16 aprile ai massimi esponenti della Magistratura, cui è stata altresì sottolineata l'urgenza e l'importanza della conclusione delle inchieste in corso inerenti fatti ed episodi di eversione.
Successivamente, nella giornata del 20 aprile, si è svolto presso la Prefettura un ulteriore incontro delle istituzioni con il Questore, il Comandante il Gruppo Carabinieri, il Comandante la Seconda Legione delle Guardie di Finanza, le organizzazioni sindacali, i rappresentanti imprenditoriali e la Magistratura, nel corso dei quale è stato richiesto il rafforzamento delle forze dell'antiterrorismo, l'adozione di misure preventive da parte della Pubblica Sicurezza, ed è stata sollecitata la presenza a Torino del Ministro dell'Interno.
Dalla globalità degli incontri e delle consultazioni è emersa, nel complesso, la necessità di una risposta politica di massa, unitaria, ed un appello al senso di responsabilità di tutte le forze democratiche e politiche per una pacifica convivenza civile.
Sono state formulate altre proposte operative: utilizzazione del comitato unitario antifascista, come punto di mobilitazione e di iniziativa permanente, unitamente ad iniziative dei Comuni per la costituzione di comitati unitari democratici avvio di un'indagine conoscitiva sulle attività provocatorie e di violenza eversiva avvenute nelle fabbriche realizzazione a tempi brevi di un convegno di studio promosso dalle istituzioni e dai sindacati sul problema della riorganizzazione delle forze di polizia.
La Giunta regionale ha raccolto queste considerazioni e proposte, si è fatta interprete presso le autorità di alcune esigenze urgenti, inerenti l'ordine pubblico, attraverso una vigilanza sempre maggiore e più responsabile degli organismi statali ad esso preposti.
Nel concludere questa breve relazione, in ordine al mandato ricevuto dal Consiglio regionale, desidero sottolineare che tutti gli incontri si sono svolti in un clima di comprensibile preoccupazione legata alla oggettiva gravità dei fatti; ritengo, tuttavia, di poter affermare che le forze democratiche, politiche, istituzionali, sindacali e sociali, possano costituire una forza ed una base unitaria per isolare i gruppi eversivi e stroncare la spirale di crescente criminalità.
In questa direzione la Regione e le istituzioni hanno un ruolo di aggregazione, la cui importanza è stata generalmente riconosciuta e la cui forza incisiva dobbiamo continuare a utilizzare per difendere i lavoratori e la collettività tutta da ogni ulteriore tentativo di allargamento della strategia della tensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, credo che si possa, ancorché si debba dissentire dalle dichiarazioni testé rese dal Presidente della Giunta assumendo atteggiamenti diversi. Intendo cioè dire che è possibile manifestare dissenso allontanandosi da quest'aula come taluni, e non pochi Consiglieri hanno fatto, o si possa invece, come io preferisco, per debito di correttezza, per debito di onestà, per debito di lealtà, esprimere restando in quest'aula, le ragioni che ci portano a essere fortemente critici nei confronti delle affermazioni qui rese. Anche perché (mi sia concesso questo breve ricordo) io fui l'unico nel precedente Consiglio regionale ad approvare la parte iniziale di un ordine del giorno che qui si era portato in votazione e con il quale si esprimeva - come doveva pur essere espressa - una ferma condanna nei confronti dei criminali atti di terrorismo che da qualche tempo si vanno susseguendo purtroppo non solo in questa città ed in questa regione, ed astenendomi, invece sulla seconda parte, vale a dire su quella parte che affidava all'esecutivo in carica un mandato che ci parve allora non sufficientemente definito, quindi fonte di possibili iniziative da considerarsi con molta cautela e con molta attenzione, come i fatti successivi hanno poi dimostrato.
La comunità regionale sta vivendo giorni di indubbia tensione ed è in me presente per senso di responsabilità, in questo intervento, la necessità di non dare spazio a interpretazioni distorte di quelle che sono le mie tesi. Cercherò quindi di esporre brevemente, ma con la maggiore serenità possibile, le ragioni per cui debbo respingere talune affermazioni qui fatte dal Presidente della Giunta. Me le sono annotate.
Non è accettabile, innanzi tutto, signor Presidente della Giunta, che ciò che si è verificato alla Fiat Rivalta e tutti gli altri episodi di terrorismo che si sono verificati in aziende o industrie del Piemonte vengano ad essere qualificati come episodi di strategia fascista. Dico questo non per una difesa del termine "fascista" che non avrebbe alcuna ragione d'essere in questo momento, ma richiamandomi, piuttosto non voglio dire al comune buon senso, ma all'interpretazione reale, autentica, sincera che di ciò che è accaduto è stato dato da parti certamente non sospettabili, come forse potrei essere io, di simpatie o di tenerezze nei confronti del fascismo.
Vede, signor Presidente, il 15 aprile, l'indomani stesso cioè del gravissimo incendio alla Fiat Rivalta, io ho avuto modo di leggere qualcosa in argomento e mi consenta di citarlo qua e di citarlo proprio come prova per respingere talune affermazioni indubbiamente superficiali e leggere che lei ha voluto fare. Non lo leggo dal "Secolo d'Italia" quotidiano della Destra Nazionale, e non cito neanche come autore dell'articolo, che so Giorgio Almirante o altri illustri esponenti del partito in cui milito, la fonte è il quotidiano "La Stampa" e lei sa, i colleghi sanno che se c'è stato giornale che ci ha perseguitati, che ci perseguita quotidianamente questo è "La Stampa" di Torino. L'articolista è Carlo Casalegno e lei sa e i colleghi sanno che Carlo Casalegno è sicuramente uno dei più dichiarati in questo momento - avversari delle posizioni della Destra Nazionale.
Ebbene, Carlo Casalegno dice...



ROSSI Luciano

Gli daremo una medaglia.



CARAZZONI Nino

A Carlo Casalegno? Ma, collega Rossi, la pregherei di ascoltare quello che ha scritto Carlo Casalegno, poi forse rivedrà le sue opinioni in argomento.
Carlo Casalegno ha scritto: "Che si tratti di una strategia criminale per creare forti tensioni all'interno ed all'esterno delle fabbriche è una verità ovvia ed in questo senso non si sbaglia definendo provocatori i responsabili delle violenze e degli attentati, è anche ragionevole supporre che tra essi possano infilarsi elementi interessati a pescare nel torbido o teppisti senza colore politico. Ma occorre guardarsi dal favoleggiare su una strategia della tensione, scatenata da misteriosi servizi segreti, o da forze occulte di destra per compromettere la pace civile all'inizio di una difficile campagna elettorale".
Salto qualche periodo.
"I sabotaggi della produzione, della distribuzione, degli espropri proletari nei negozi, gli attentati intimidatori o punitivi eseguiti con sistemi che uniscono il terrorismo alla tattica della guerriglia ed a furori di un anacronistico ludismo sono opera di una minoranza ribelle violenta, collocata oltre la sinistra extra parlamentare, divisa tra la rivolta fine a se stessa e le velleità rivoluzionarie, che unisce teppisti e fanatici e che persegue, attraverso il crimine, la politica del tanto peggio tanto meglio".
Carlo Casalegno tenta anche, come acume, con coraggio di collocare in un preciso quadro questi avvenimenti dopo averne dato, credo con sufficiente chiarezza, i connotati politici e dice: "Di chi è la colpa se oggi tutto questo può avvenire? Non si può ignorare che le pattuglie estremiste hanno trovato un terreno propizio nel clima di conflittualità permanente prevalso da anni nel mondo del lavoro. Esse sono state aiutate indirettamente dalla copertura offerta per molto tempo dai sindacati a tutte le agitazioni ed hanno ricevuto un certo incoraggiamento nell'indulgenza demagogica di certa sinistra verso tutti i ribellismi dalle fabulazioni della cultura pseudo rivoluzionaria".
Ecco, signor Presidente, questo scrive un quotidiano che sicuramente non ci è amico; questo firma un giornalista che sicuramente non è schierato dalla parte nostra.
Noi lo abbiamo citato proprio a dimostrazione che richiederemmo soprattutto in un momento grave e difficile come questo, talune valutazioni meno superficiali.
Vi è un'altra frase nella sua relazione che io ritengo di dover respingere ed è quella che dice che ciò che è avvenuto si colloca nel clima generalizzato di tensione. In altre parole siamo ancora di fronte all'abusato termine della strategia della tensione.
Io qui non ho un'altra "Stampa" ed un altro Carlo Casalegno da chiamare in mio soccorso, c'è però un altro testimone al quale forse il collega Rossi vorrà affidare altra medaglia, e che mi pare possa essere degno di fede; parlo del sindacalista Benvenuto che nel recente comizio sindacale di Torno ha usato, per la prima volta (non mi era mai accaduto di accorgermene in precedenti occasioni), i termini "strategia della tensione" sì e "strategia del potere".
Ora, signor Presidente della Giunta e colleghi Consiglieri, chi persegue la strategia del potere in questo momento in Italia? La Destra? Ma vogliamo veramente far ridere? Vede, ammesso e non concesso che la strategia della tensione possa essere stata invocata un tempo e ripeto, ammesso e non concesso, come espediente per spaventare l'opinione pubblica e per fare rifluire i moti moderati sulle forze politiche di destra, della conservazione e della reazione, come li si voglia chiamare, ebbene, questo certamente non è più vero oggi, oggi in cui 33 italiani su 100 hanno già individuato il Partito comunista come partito d'origine e gli altri 67, parte almeno degli altri 67, sono talmente avviliti, talmente mortificati, talmente disgustati dallo stato di cose che oggi attraversa la Nazione da dire, con una rassegnazione pessimistica, succeda qualunque cosa, vada Berlinguer al potere per rimettere ordine in Italia.
E allora ecco, la strategia del potere, terminologia che, ripeto, è stata usata dal sindacalista Benvenuto, io credo che dovrebbe fare profondamente riflettere su quali possono essere le forze politiche che in questo momento hanno interesse a portarla avanti.
Un'altra breve annotazione. Lei ha difeso, ha esaltato la vigilanza democratica dei lavoratori sulle fabbriche. Io credo non si possa negare e contestare che ciò che abbiamo visto all'interno degli stabilimenti in questi, giorni sia stata una dimostrazione indubbia di senso di responsabilità, ma devo anche dire con fermezza che non siamo assolutamente d'accordo su questi sistemi di vigilanza democratica; noi riteniamo che i beni, qualunque siano i beni, dalle fabbriche alle case, alle terre, ai campi, debbano essere vigilati e difesi dallo Stato, non dalla triplice sindacale, anche perché queste milizie popolari che oggi stanno ancora dietro i cancelli della fabbrica, domani potrebbero uscire nelle strade e nelle piazze. Ed allora stiamo attenti ai pericolosi precedenti che si vengono qui a creare.
Le proposte operative sono, se mi consente signor Presidente della Giunta, veramente piccola cosa di fronte alla enormità, alla drammaticità del problema che ci sta di fronte. Utilizzare il Comitato unitario antifascista: vede, signor Presidente, se sono storicamente irripetibili nel 1976 esperienze di 30 anni fa, ciò vale per tutte le parti, ed in tutte le direzioni; sono irripetibili le esperienze fasciste, ma sono anche irripetibili esperienze da CLN.
E poi mi consenta, ma proprio da lei viene questa proposta di riattivare il Comitato unitario antifascista, da lei che nella sua città non riesce a farlo funzionare, il Comitato unitario antifascista, perché a Cuneo quel Comitato si è sfasciato, si e sfaldato? Avvio di un'indagine conoscitiva. Facciamo le indagini conoscitive e vedremo che cosa se ne potrà ricavare.
Realizzazione del convegno di studio per la riforma delle forze di polizia. Ecco, io credo che un lettore attento, ma soprattutto un lettore sereno, un lettore che non sia obnubilato dallo spirito di parte, dallo spirito di fazione, vedendo queste proposte,possa rendersi conte che qui si è cercato, o per lo meno si cerca di strumentalizzare in termini politici in termini negativi quello che è il vero dramma che in questi giorni si è vissuto in Piemonte.
Ho voluto dirle, signor Presidente, il mio dissenso. Certamente non mi aspetto di trovare comprensione, o accettazione delle mie tesi, ma mi aspetto invece di trovare in lei e da parte degli altri colleghi rispetto per le idee che sono rimasto qui a professare, mentre altri, che in privato condividono quanto io ho esposto qui pubblicamente, hanno scelto la strada certo più comoda, dell'abbandono.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con riferimento all'ordine del giorno votato all'unanimità nella prima parte e soltanto con l'astensione della Destra Nazionale nella sua integrità, sentita la relazione del Presidente, plaudo a quanto la Giunta ha compiuto e ritengo che la sensibilizzazione che si è compiuta nei confronti di tutte le forze presenti in Consiglio e che hanno dato mandato alla Giunta abbia eliminato gran parte di quelle speculazioni di cui gli echi si sono sentiti anche in questo Consiglio poco fa.
E' facile parlare di democrazia nelle ricorrenze festive, è facile appellarsi alla democrazia quando ognuno pensa che sono lesi certi suoi diritti ma bisogna ricordarsi che la democrazia è l'accettazione anche delle regole negative e delle rinunce che ognuno deve compiere perché una maggiore giustizia possa attuarsi. Altra parola, questa, sulla quale una non sufficiente articolazione d'impegno può portare la stessa vuota espressione della parola ''democrazia" se non sostanziata quotidianamente dall'impegno di coloro che in queste cose credono.
E allora mi pare opportuno ribadire che una strategia o della tensione o del potere, o comunque una strategia che è contraria ai principi democratici di convivenza, di rispetto, di dialogo, di confronto, di scontro di idee è in atto nel Paese.
E quello che deve maggiormente preoccupare, mi pare, dopo le esperienze che abbiamo vissuto, indipendentemente dal fatto di andarne a ricercare le cause, è che questa strategia della tensione oggi si presenta in maniera molto più sottile, molto più aderente a certe esigenze che esistono oggettivamente nel nostro tessuto sociale, molto più articolata, più duttile, più pericolosa, è una strategia che colpisce nelle fabbriche (l'episodio ricordato dal Presidente della Giunta del Capo reparto Borello si riallaccia ad altri in precedenza manifestatisi) che può portare verso quelle fasce sociali di ceto emergente che sono compresse quando maggiormente s'impongono le tensioni sociali fra coloro che interpretano un certo ordine, certe disposizioni e coloro che nella contestazione possono riconoscere in loro dei servi sciocchi e colpirli anche materialmente quasi da ricollegarli poi ad un qualche cosa di quello scontro che riconoscono.
E' una strategia che colpisce le forze dell'ordine che vengono sottoposte a continui vili attentati. Ed ogni volta che apprendiamo queste notizie sappiamo quanto più drammatiche potevano essere se fosse avvenuto un certo tipo di casualità alla presenza di ulteriori soggetti al momento dell'evento. La più colpita è la fonte di ricchezza, senza la quale non possiamo attuare nessuna di quelle riforme che a parole affermiamo di voler fare. Oggi, scorrendo il giornale, vediamo questo nuovo tipo di violenza che colpisce le scuole, che si manifesta con gli incendi, in un momento in cui, in modo errato o giusto, si stanno facendo delle scelte che non possono più essere ritardate, o nascoste dietro giochi di parole; il Paese chiede che si attuino alcune modifiche di fondo delle strutture della nostra organizzazione economica perché si possa dare concreta risposta a quelle istanze che, nella quasi totalità, vogliamo che siano raggiunte.
Il Paese è destinato in termini molto abbreviati, perché non ci sono più margini per ulteriori rinvii, ad un confronto elettorale e dobbiamo renderci conto che è l'unica azione che come forze politiche nel rispetto della democrazia, dobbiamo compiere responsabilmente.
E non trovo che ci sia di che allarmarsi quando una responsabilizzazione vede coinvolti direttamente gli imprenditori, i datori di lavoro e i lavoratori nella difesa di questo bene unico che sono le fabbriche, perché mi pare che negli incontri realizzati dalla Giunta totale è stato l'accordo, è stata la richiesta che al fianco dei normali strumenti di sorveglianza e di prevenzione, per i tempi normali, in uno stato di anormalità possa intervenire un qualche cosa di più che abbia il consenso generale. E questo è un altro profondo discorso democratico. Se si pensa che soltanto con i mezzi normali così, attraverso alcuni fonogrammi, si possa dare una risposta a un qualche cosa di estremamente pericoloso, si può perdere di credibilità nelle istituzioni.
E quando si parla di "fascismo" bisogna cogliere il significato del termine che è la volontà d'imporre, attraverso il collegamento di grossi interessi che possono non volere la sua esistenza, attraverso il dialogo continuo, attraverso il conflitto continuo, quotidiano che la realtà sociale impone e che sostanzia, qualsiasi sia l'ideologia, il discorso e la presenza democratica e politica di ognuno di noi, oppure far sì che la soluzione dei problemi avvenga per pochi che tutto sanno. Allora può dare fastidio l'accordo tra imprenditori e sindacati che qualche cosa di più le forze politiche facciano per tutelare i loro beni diretti ed immediati perché questo non è un riconoscimento della volontà di pochi, ma è la necessità di allargare il discorso al consenso di tutti; e allora il concetto di "fascista" (che non so se è stato colto appieno da Casalegno o da altri) veramente esiste e mi pare che sia un fatto che merita il superamento di vecchie ottiche perché è facile, per colui che vuole far entrare attraverso la finestra ciò che è uscito dalla porta attraverso la sobillazione degli animi, attraverso la frustrazione che può esistere per la mancanza di risposte da parte delle forze democratiche per poterne rovesciare completamente il discorso.
I riferimenti agli incendi, agli attentati non credo vogliano dire profonda conoscenza dei fatti perché sono cose note a tutti, sulle quali possiamo meditare profondamente, ma dalle quali sorge un altro tipo di lezione non solo univoca.
Non si può confondere in questo momento ciò che noi vediamo con un certo tipo di violenza per mancate risposte delle quali ci dobbiamo far carico in prima persona, dobbiamo cominciare a dare tipi di risposte per quella che è fondamentalmente una libertà di scelta che all'individuo deve essere riconosciuta come pensiero, per la capacità di ognuno, in un Paese democratico, di dire tutto ciò che vuole, anche contro il potere costituito, contro le regole fondamentali; non si può limitare o contrastare la libertà d'azione degli altri, non si può ricorrere continuamente al richiamo dei pericoli che possiamo avere da alcuni tipi di principi di libertà quando ci siamo resi conto che siamo di fronte a una situazione che vuole portare un clima di civile confronto dove non la ragione dia la giustificazione delle scelte politiche a cui si è chiamati e noi dobbiamo consentire che coloro che sono chiamati ad esprimere il proprio giudizio col loro voto lo possano fare non attraverso emotività dettate dagli incendi, dai pericoli, dagli scoppi, ma attraverso il ragionamento, come possono fare coloro che hanno avuto il mandato dalla Costituzione come partiti, dalle leggi e dalla Costituzione come forze politiche operanti nei consessi democratici. E' necessario che su queste cose ci sia estrema chiarezza, isolando coloro che stanno facendo un gioco pericoloso. Ciascuno assuma le proprie responsabilità. C'è stata una astensione su una parte dell'ordine del giorno e questo è già un tipo di distinguo, ma da questo non voglio trarre alcuna speculazione particolare nel momento stesso in cui abbiamo ancora la volontà ferma e decisa di chiamare a raccolta i cittadini che credono nelle libere istituzioni attraverso l'opera di coordinamento o di avvertimento dei pericoli che ci sono, noi rispettiamo in fondo non soltanto le libertà di pensiero, ma anche la libertà d'azione che sorge sì dalle espressioni delle forze politiche, ma trova immediatamente il consenso nei confronti di quelli che dobbiamo amministrare.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signor Consiglieri, i recenti avvenimenti riproducono il vecchio schema della strategia della tensione, così come ha accennato nella sua relazione il Presidente della Giunta: entrati in periodo elettorale riemergono tempestivamente e puntualmente sedicenti gruppi rivoluzionari che, a differenza di quanto accadde lo scorso anno in prossimità della consultazione elettorale amministrativa, hanno assunto ora una matrice spiccatamente anti-operaia.
La nostra Regione, che era stata in un certo senso solo limitatamente coinvolta dalle trame nere per la vigile presenza del movimento antifascista, dei partiti politici dell'arco costituzionale, per la massiccia difesa delle istituzioni operata dal movimento operaio e per l'unanimità dei consensi e di partecipazione della popolazione intera alla lotta di resistenza e quindi ai valori democratici e popolari da essa rappresentati, si trova invece oggi al centro di una trama di eversione altrettanto pericolosa che mira a colpire direttamente i lavoratori e l'occupazione dei lavoratori.
Diciamo che è anche caduta la vecchia mitologia che si richiamava alle Brigate rosse ed alla loro definizione filologica: ormai è da tutti accettato che allora, come peraltro fu ampiamente dimostrato, si trattava di episodi e di gruppi che per le ideologie e l'azione mostravano di non avere nulla a che fare con il patrimonio di lotta, con la storia, con la cultura del movimento operaio che sa riconosce nei partiti e nelle organizzazioni di massa che hanno imparato a loro spese l'asprezza della lotta e dello scontro per la conquista di sempre maggiori e più ampi spazi democratici.
Siamo convinti che questi fatti vadano ricondotti alla crisi politica generale che il nostro Paese sta attraversando, che è crisi delle istituzioni e crisi di fiducia nei rapporti fra lo Stato e i cittadini. Per queste ragioni noi siamo aperti al confronto più ampio non solo con partiti e con il movimento dei lavoratori, ma anche con quegli organi - la Magistratura, la polizia, i carabinieri, le guardie di finanza - che sono al centro di questo nostro discorso, perché intendiamo che si operi una svolta democratica e di rinnovamento, il cui valore sarà tanto più grande quanto meno essa sarà imposta dall'esterno e quanto più ad essa concorreranno tutte le energie disponibili all'interno di questi organismi.
Anche corpi tradizionalmente chiusi, e lo dimostrano i fatti di questi giorni, i colloqui tenuti dalla Presidenza della Regione con la Magistratura e la polizia, presentano al loro interno elementi dinamici nuovi ai quali portiamo grande attenzione perché volti a sostenere una politica di risanamento di una situazione che rischia di divenire insostenibile.
Lo Stato democratico si difende con leggi democratiche, con un assetto democratico delle sue strutture, con un comportamento democratico dei suoi organi, anche se i pericoli che lo minacciano sono forti e incombenti.
I consigli di fabbrica hanno ravvisato giustamente la necessità di mantenere il servizio di "sorveglianza operaia" fino alla data delle elezioni anticipate (se queste saranno indette). E' ovvio, tuttavia, che non si può pretendere dalle forze operaie l'istituzionalizzazione di simili iniziative. E' compito del Governo, delle forze di polizia assicurare la salvaguardia degli impianti industriali: prevenendo, mettendo fine alle provocazioni, andando a colpire - anche nei loro eventuali rapporti con centri internazionali della eversione - persone e gruppi di incerto colore politico ma dalla sicura scelta ideologica anti-operaia che hanno già dato il via ad una campagna elettorale che si preannuncia tesa e difficile.
Siamo pertanto convinti che la crisi in cui versano le istituzioni preposte alla tutela dell'ordine democratico e della legalità repubblicana non è solo organizzativa e materiale, ma è una crisi che tocca gli stessi strumenti concettuali che sono alla base dell'azione dello Stato.
Viviamo oggi le conseguenze di una politica sbagliata del Ministero degli Interni nella crisi che coinvolge la polizia, che paralizza la giustizia e che minaccia le istituzioni. L'assalto alle istituzioni democratiche, allo Stato viene portato dalle forze reazionarie ed eversive di destra che trovano complicità in alcuni settori dell'apparato dello Stato, che hanno collegamenti internazionali e che trovano sostegno nei gruppi economici che non sanno rinunciare a tentazioni autoritarie per salvaguardare i loro privilegi. Una polizia arcaica, gerarchizzata ed ordinata sul modello macchinoso di un apparato militare; una magistratura lenta, inefficiente, coinvolta spesso in vicende di reciproco condizionamento con i poteri politici; una giustizia asfittica e cavillosa che colpisce tanto più decisamente quanto più in basso guarda e tanto più è timida ed impacciata quanto più in alto si verificano le violazioni della legge. Questi sono i motivi, più che legittimi, di turbamento e di distorsione dei rapporti di civile convivenza, cui si sommano continui attacchi eversivi alle istituzioni democratiche, nel dispiegarsi di una trama che si dipana da anni e sulla quale l'apparato istituzionale non è stato ancora capace di far luce colpendo finanziatori e mandanti.
Come non ricordare le grosse carenze dei servizi segreti che hanno favorito con i loro silenzi e le loro deficienze politiche quando non addirittura con le loro connivenze e protezioni fatti di natura eversiva di estrema gravità? E' proprio la maturità democratica del popolo che fa emergere con maggiore evidenza la carenza degli organi preposti alla salvaguardia delle istituzioni.
Occorre domandarsi se la criminalità politica abbia un senso in uno Stato democratico che riconosce - per sua natura - a tutti costi la libertà di espressione e di azione e possa meritare quegli orientamenti di favore di cui beneficia. L'impunità di cui godono praticamente i criminali politici diventa sicuramente incoraggiamento al banditismo comune.
A monte di ogni iniziativa -di Commissioni d'inchiesta, di Comitati di vigilanza e così via - sta il problema della riorganizzazione della polizia e quello del migliore funzionamento della giustizia. Riorganizzare la polizia significa rinnovarla sul piano democratico, renderla adeguata ai tempi, metterla in grado di poter combattere ogni forma di banditismo con mezzi più idonei ed in virtù di una preparazione più accurata e specifica.
Il fatto che la polizia sia stata per lungo tempo strumento funzionale alla logica di un potere esercitato all'insegna della repressione, ha accentuato la difficoltà a trovare il consenso e la fiducia del cittadini.
Il riconoscimento dei diritti sindacali degli agenti è una delle prime iniziative cui porre mano nell'opera di riorganizzazione della polizia e in questo senso noi condividiamo l'iniziativa, che ha annunciato il Presidente della Giunta, di un convegno per porre in luce la posizione delle Regioni del nostro Paese su questo problema.
Gli attuali Commissariati di polizia somigliano in realtà più a polverosi uffici amministrativi che a nuclei operativi, così come la ridistribuzione degli uomini e la riqualificazione delle mansioni è indispensabile.
La polizia nel suo complesso, con i carabinieri, le guardie di Finanza dispone di oltre 200.000 uomini: è un esercito ben armato, sia pure mal distribuito e peggio utilizzato.
Una proposta - per l'immediato - che ci sembra di avanzare è quella della costituzione di Commissioni permanenti nelle grandi aree metropolitane per la lotta alla criminalità di ogni tipo, composta dalle tre armi (polizia, carabinieri, guardie di Finanza) con i rappresentanti dei poteri locali, con i Sindaci e gli amministratori regionali e composta da Magistrati e da sindacalisti.
Le connessioni politiche, economiche e sociali, ambientali, della nuova criminalità sono tali da non poter essere valutate solo dai questori o dai prefetti.
Una strategia anti-crimine deve tenere conto di molteplici fattori e deve pertanto essere frutto di un'elaborazione che convogli le esperienze di organi diversi, fermo restando che la sua applicazione resta affidata agli organi di istituto.
La seconda proposta è relativa all'opportunità di mantenere gli agenti nell'ambito delle loro regioni di provenienza, nei limiti ovviamente di una razionale distribuzione territoriale delle forze. Il criterio tipicamente militare di inviare un piemontese in Sicilia, o un sardo in Emilia non è funzionale e oggi rischia di diventare pericoloso. Se riconosciamo come valida ancora la necessità di inserire sempre più la polizia nel tessuto sociale delle regioni, questi criteri non hanno più senso. L'agente deve capire sempre meglio la realtà nella quale opera, valutarne le radici, le componenti e le più sottili diversificazioni. Ciò evita anche conflitti di natura psicologica comprensibili ed addirittura ovvi, quando ad esempio un agente di una provincia decentrata si trova a dover operare in una città come Torino dinanzi a scuole, o a fabbriche dove la mentalità, i metodi di lotta, le stesse intemperanze sono completamente estranee alla sua formazione di base.
Si tratta, in sostanza, a nostro avviso, di rafforzare la democraticità delle istituzioni, di ricondurre i corpi separati dello Stato al disegno al dettato, allo spirito costituzionale; attraverso questo processo è possibile isolare i focolai di provocazione, emarginare i provocatori dal corpo vivo della collettività, colpire alla radice le organizzazioni eversive.
La relazione del Presidente della Giunta ci trova pienamente consenzienti.
Condividiamo quindi le proposte che sono state avanzate e dichiaro la piena disponibilità del Gruppo socialista per ogni iniziativa che si riterrà opportuno adottare per la difesa delle istituzioni democratiche nel quadro di quell'impegno unitario che raccoglie la larghissima maggioranza l'unanimità degli organismi rappresentativi della collettività regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.
Sarebbe però opportuno che i Consiglieri rientrassero in aula perch non è solo questione di correttezza verso il Consiglio regionale, ma il tema stesso lo esige



CALSOLARO Corrado

Ma poi ci sarà il verbale.



PRESIDENTE

Si, ci sarà il verbale, ma l'oratore non parla ai verbalisti o alle stenografe, parla ai Consiglieri regionali.
La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Ringrazio il Presidente della Giunta per la relazione che ci ha fatto nella quale ho trovato un importante sforzo ed impegno a corrispondere come capo dell'esecutivo regionale, alle esigenze, alle valutazioni, alle prospettazioni di tutte le forze politiche, anche se non sono mancate come era del resto da attendersi - alcune sottolineature, accentuazioni ed indicazioni soprattutto nella parte propositiva che rivelano l'indirizzo e la posizione politica dello stesso esecutivo.
Questo rischio mi era ben presente nel momento in cui ha sollecitato che si seguisse questa metodologia, del che minimamente non mi pento perch ritengo che la democrazia sia distinzione di compiti, assunzione di responsabilità precise, possibilità di fare riferimento in ordine ai comportamenti, alle dichiarazioni e alle iniziative a qualcuno che ne risponda con chiarezza. E quindi credo che su questa strada si debba proseguire.
Le consultazioni si sono svolte con una metodologia corretta e in s già sono un fatto politico estremamente positivo, anche se ho potuto personalmente valutare o ricevere valutazioni relative alle disparità inevitabili che ne sarebbero derivate in ordine all'atteggiamento delle varie forze politiche.
Io ho seguito adesso la relazione del Presidente, non ho avuto tempo n dati di riferimento per prepararne una mia, del resto penso che questo sia un dibattito del Consiglio regionale e non del Parlamento, né mi sento qui Ministro degli Interni ombra rispetto al Ministro degli Interni in carica mi sento semplice Consigliere regionale. Dunque, problema specifico attuale del nuovo terrorismo politico che assume una veste diversa, una metodologia preoccupante e nuova andando a colpire direttamente i luoghi di lavoro quelli più...



(Il Presidente scampanella ripetutamente)



PRESIDENTE

Scusate, vorrei sapere chi sono questi signori in aula. Lei chi scusi?



PAGANELLI Ettore

E' del nostro Gruppo.



PRESIDENTE

Intanto il funzionario del Gruppo deve avere rispetto verso il Capogruppo che sta parlando, è inconcepibile una cosa di questo genere come si permette di fare delle conferenze qui dentro? Esca fuori dal Consiglio e lasci parlare il suo Capogruppo.



PAGANELLI Ettore

Presidente, le fanno tutti le conferenze.



PRESIDENTE

E allora bisogna che smettano di farle.



PAGANELLI Ettore

Non si richiami solo uno del nostro Gruppo.



PRESIDENTE

Ho richiamato lui, perché era lui che disturbava.



PAGANELLI Ettore

D'ora in poi ci si dovrà rivolgere a tutti coloro che quotidianamente fanno conferenze in quest'aula.



PRESIDENTE

Certamente. Prego, Consigliere Bianchi, prosegua.



BIANCHI Adriano

Ritengo che ci dobbiamo, anche se brevemente, pronunciare in ordine al significato di queste azioni ed al modo per contenerle, smascherarle combatterle, reprimerle.
C'è l'aspetto obiettivo del terrorismo e c'è la faccia politica: non si può combattere il momento obiettivo del terrorismo senza identificarne e smascherarne la faccia politica. Al di fuori delle cose che si dicono nelle sedi ufficiali, questo smascheramento sarebbe facilissimo interpellando semplicemente i lavoratori delle fabbriche, non quando siedono in assemblea politica, o quando sono sui treni, ma quando rientrano dalle loro famiglie quando si sentono al di fuori di un atmosfera di timore e di intimidazione che queste azioni hanno in concreto esercitato; sono infime minoranze che già in qualche modo condizionano il comportamento politico di intere masse e mi rendo conto come ci sia anche una forte reazione di forze politiche che ricevono consensi e di forze sindacali. Sono minoranze che hanno nome e cognome come persone, che hanno nome e cognome come ideologia, che hanno nome e cognome come strategia politica. Queste minoranze hanno in altro momento ritenuto di poter innescare una più grossa bomba avente capacità di deflagrazione rivoluzionaria decisiva; questo disegno non ha avuto seguito è stato respinto per la capacità critica, per la strategia diversa, per la storia e queste altre cose che possono anche esagerare, entro certi limiti condivise, sono state respinte. E allora ecco che questi atti di terrorismo significano in un certo modo anche il riconoscimento del fallimento di una strategia d'innesco ai fini di provocare un certo tipo di rivolgimento però hanno nome e cognome, faccia, ideologia dietro di sé, ideologia che all'azione sul piano democratico, all'azione sul piano di massa contrappone l'azione diretta.
Si dice: voi siete revisionisti, voi siete ormai imborghesiti, non avete capacità di condurre nei momenti decisivi l'azione per modificare in modo rivoluzionario la situazione nel nastro Paese. Noi vi dimostriamo che questo si può fare. Ed il consenso attorno a queste tesi è di minoranze, ma di minoranze non poi così esigue, dobbiamo rendercene conto se vogliamo agire politicamente. Facciamo riferimento per esempio a quel convegno, a quel comizio che è risultato di massa e che era contemporaneo, contestuale a quello dell'on. Berlinguer tenuto nella tradizionale Piazza del Laterano.
Certo, queste forze meritano obiettivamente l'appellativo di "fasciste" perché storicamente attorno a questo aggettivo si concentrano alcune valutazioni: la propensione per la violenza, il semplicismo e la rozzezza culturale, il disprezzo per la democrazia, il disprezzo per la capacità delle masse di determinarsi, il pessimismo sulle capacità di progredire e di conquistare giorno per giorno nuovi livelli di civiltà, di collaborazione, di convivenza democartica. Certo, bolliamole come forze che agiscono secondo una tecnica e una morale nazista e fascista, eversiva, ma stiamo attenti nell'usare questo aggettivo con troppa facilità perch rischiamo di offrire ancora degli alibi e rischiamo di offrire delle coperture, quasi a far credere, a qualcuno che voglia credere, che non siete voi, voi che vi conosciamo, che gli operai conoscono uno per uno e che sono, purtroppo, anche in mezzo a loro; in questo momento non siete voi, ma sono e possono essere alcuni altri, *illeggibile* stessa strategia può rispondere ad un tipo di eversione nazista.
E' stata fatta, e giustamente, anche a livello culturale, una distinzione: adoperiamo gli aggettivi per quello che significano e facciamo una grossa distinzione tra fascismo e nazismo perché ideologicamente storicamente sono due cose diverse come tecnica, come strategia, come significato, come visione dello Stato, egualmente negative e anche se il fascismo è stato preparatore e ostetrico rispetto al nazismo.
Questo non lo dico per giustificare e discriminare, che poi diventa difficile effettivamente scindere ad un certo momento la convergenza in negativo di eversori sia di destra, sia di sinistra. Così come possiamo ritenere che delle operazioni così studiate come psicologia, come collocazione, possano avere dietro di sé chi le manipola e ci possano essere dei disegni nazionali, internazionali; sicuramente non sono il frutto di una improvvisazione di fanatici singoli che qua e là si danno a compiere atti sconsiderati; sicuramente questa serie di atti hanno un coordinamento, hanno una sollecitazione, ricevono delle facilitazioni qualcuno ha detto che rispondono anche a delle tecniche che richiedono un addestramento, possiamo dire, efficace. Quindi noi non abbiamo alcun timore a che si estenda in tutte le direzioni la ricerca delle possibili sollecitazioni.
Riconosciuto questo, qual è il compito delle forze politiche? Occorre la mobilitazione delle forze politiche e sociali con decisione, con capacità di denuncia, perché vi sono delle carenze. Io ricordo un episodio che è persino banale: quando andai in Svizzera, a seguito della ferita trent'anni fa, notai subito la differenza tra le due società perché c'era chi telefonava alla polizia per denunciare una contravvenzione contro la pubblica decenza, chi si avvicinava ad un muro per certe esigenze; c'erano i cittadini che accerchiavano in modo rispettoso chi gettava il pacchetto di sigarette per terra e lo guardavano finché non lo raccoglieva.
Nella denuncia di tutti i comportamenti che in qualche modo coprono hanno coperto questi atteggiamenti politici, c'è ancora una carenza, questa carenza deve essere superata dalla mobilitazione delle forze politiche e sociali; debbono intendere che questo disegno provocatore non riuscirà.
Io sarei tentato di dire che costoro, i partigiani dell'azione diretta che tappezzano i muri anche della città in questo momento, meriterebbero di veder riuscire il proprio disegno, perché l'unica capacità e possibilità che hanno è quella di suscitare uno Stato con tali capacità repressive che essi pagherebbero in quel giorno tutto il fio dell'azione che vanno compiendo in questo momento, provocando la società democratica. Ma ahimè, è tutto il popolo italiano, sono i lavoratori, sono i più deboli, sono i più timidi., sono coloro che chiedono di lavorare con serenità, sono coloro che chiedono di condurre la competizione politica anche nei più radicali contrasti in modo civile che pagherebbero per primi le conseguenze di un simile sbocco, e quindi è un augurio solo paradossale che potrebbe essere pronunciato. Constato che in questa circostanza, oltre all'esigenza della mobilitazione delle forze politiche per la denuncia, per l'isolamento morale, per l'estraniazione dal contesto sociale e di lavoro di questa gente, si accompagna anche una rivalutazione corretta della funzione dello Stato e dei suoi organi e l'approvo pienamente nella relazione del Presidente della Giunta regionale. Ma dobbiamo ricordare che c'è stata tutta una parabola che non si risolve interamente in dichiarazioni odierne che ha portato ad indebolire lo Stato, pur carico, nella sua organizzazione, di difetti, che ha portato a demoralizzare oltre misura le forze che sono preposte a compiti estremamente ingrati, che ha ipotizzato in modi velleitari, in modi leggeri, in modi superficiali, interpretando il concetto di democrazia, dello Stato democratico in termini troppo ottimistici sulla natura umana e sui rischi che l'insidiano, che ha portato ad aggiungere conseguenze negative a conseguenze negative. Non è mai troppo tardi per trovare l'accordo su questi punti e noi siamo molto soddisfatti di sentire che si manifesta l'esigenza intanto di affermare che certi compiti sono strettamente, rigorosamente riservati allo Stato nelle sue istituzioni, e poi che queste devono essere fatte funzionare nella duplice presenza di un'azione di stimolo e di controllo e di un'azione di collaborazione con le forze dello Stato, così come avviene in paesi a più matura democrazia. In questo si distinguono i paesi a natura democrazia dagli altri: non la diffidenza, non il ritenere che la collaborazione con le forze dello Stato per reprimere la criminalità, sia essa politica o privata, sia un momento quasi di tradimento, o sia l'esercizio di un'attività non richiesta al cittadino, ma sia un dovere essenziale e fondamentale dal quale non si può demordere. E bisogna raccogliere le forze perché questa mobilitazione sia, questo sì, un compito delle forze politiche; le quali poi vorrei che canalizzassero in modi meno imprecisi, o meno poetici di quanto non sia stato indicato dal collega Calsolaro canalizzassero meglio attraverso le istituzioni il loro appoggio e la strumentazione alle forze dello Stato.
A chi giova questo corso di azioni? Possiamo sbagliare tutti nel tentare di dare una risposta a questo interrogativo, anche perché è difficile ricondurre alla logica delle forze democratiche un comportamento che obiettivamente consideriamo folle, incapace in assoluto di raggiungere gli stessi scopi che si propone e in ogni caso criminale; ricondurre la criminalità di una logica corretta è già un'operazione probabilmente in parte arbitraria.
E' certo, e senza rovesciare su altri nessuna responsabilità e nessuna critica strumentale o malevola, è certo (l'ho accennato nel breve intervento a sostegno dell'ordine del giorno che abbiamo approvato) che noi ci sentiamo corresponsabili di tante insufficienze dello Stato, ci sentiamo corresponsabili, se volete, dei ritardi nelle riforme degli organi di polizia, nella dotazione a queste forze di strumenti più efficienti, più validi, siamo corresponsabili di tutti i ritardi che ogni società in ogni momento può manifestare e che sono la causa prima da rimuovere per rimuovere le conseguenze di carattere politico, ma sentiamo di non avere ispirato con la nostra azione e con la nostra ideologia, di non avere coperto mai, in nessun modo, né diretto, né indiretto, tipi di intimidazione, perché si è partiti con forme di intimidazione politico ideologica che molti hanno esitato, hanno tardato a condannare. Oggi si raccolgono anche i frutti di questo comportamento che non è stato preveggente, che si è creduto potesse essere utilizzato, in qualche modo strumentalizzato. Poi sono sfuggite di mano, non si pensava che finissero a livello di criminalità così grave e tali da mettere in discussione la convivenza civile nel nostro Paese. Di questo peccato, di questa colpa non ci sentiamo responsabili; così come non sentiamo responsabile l'ideologia alla quale ci ispiriamo della possibilità di essere presa a pretesto neppure per azioni di questo genere.
Ma detto questo noi riteniamo che la solidarietà tra le forze politiche democratiche, tra le forze dell'arco costituzionale in termini corretti debba essere riaffermata in maniera efficace, quotidiana, dura, non con tentazioni che possono anche essere implicite, non esplicite, non volute tentazioni di strumentalizzare in qualche modo questi momenti di così grave difficoltà.
Noi auspicheremmo che questo stato di tensione, ad esempio, si allentasse e poiché crediamo che ci siano cose anche più gravi e più importanti da fare che non le elezioni anticipate, noi pensiamo che non sarebbe sicuramente una sventura per il Paese se, deponendo prese di posizione, se deponendo incompatibilità di carattere quasi, insorte in questi giorni, si trovassero degli sbocchi per tutto il Paese per ricondurlo ad affrontare nel concreto i suoi problemi abbassando il livello della febbre generale ed affrontando i temi dell'occupazione, del lavoro dell'economia, dell'ordine pubblico e così via. Così come ci auguriamo di trovare in ogni momento, qui, la solidarietà necessaria per denunciare combattere, isolare, respingere lontano dalle prospettive della nostra democrazia le provocazioni che vorrebbero innescare un processo a catena che fa perdere il controllo di tutto e di tutti, gettando nella disperazione il nostro Paese.
Certo, queste azioni non possono che obiettivamente giovare a prospettive di Stati forti diretti con mano forte e ahimè, mai come in questo tempo si è fatto così poco credito alla forza politica che io rappresento di essere capace sotto questo profilo di avere mano forte e decisa. Io ritengo che esista una forza della democrazia che è insita in tutte le forze autenticamente democratiche, che alla lunga è molto più efficace di quella che rivela debolezza e sfiducia estrema negli uomini e che vuole il ricorso a forme correttive e più drastiche. Ma credo che non giovi proprio alla D.C., né alla democrazia, né alle forze pluraliste nel loro complesso tutta questa strategia.
Con questo noi non discriminiamo, non respingiamo collaborazioni sollecitiamo la collaborazione di tutte le forze politiche e ci compiacciamo che il mondo del lavoro abbia stretto le fila, abbia identificato i responsabili, cerchi di respingere lontano da sé questo tentativo di introdurre un cancro in una parte così sana del nostro Paese.
Ora il problema politico è quello di dare a queste aspirazioni popolari dei lavoratori, dei sindacati una corretta indicazione sul piano istituzionale. Attenti ai Comitati di salute pubblica, abbiamo istituzioni in cui tutti siamo presenti, nessuno respinge perché è all'opposizione, o perché è in maggioranza il ruolo delle responsabilità che gli competono qui riconduciamo ogni momento, qui il momento della denuncia, qui il momento della proposta e dell'iniziativa.
E pertanto riferendomi alle conclusioni del Persidente per dirla in termini che possono essere un pochino sommari e drastici, ma suggeriti anche dall'immediatezza della discussione, d'accordissimo nella richiesta e sollecitazione del rafforzamento delle forze dell'antiterrorismo nell'adozione di misure preventive da parte della pubblica sicurezza (sembra di sognare pensando ai discorsi che venivano fatti alcuni anni fa) è stata sollecitata la presenza a Torino del Ministro dell'Interno; venga a sentire, venga a rendersi conto di qual è l'atmosfera, l'Italia è lunga e si è molto unificata, ma è ancora tanto diversa. Dalla globalità degli incontri e delle consultazioni è emersa la necessità di una risposta politica di massa unitaria ed un appello al senso di responsabilità di tutte le forze democratiche politiche per una pacifica convivenza civile che io tradurrei in positivo nella denuncia esplicita, ed emarginazione delle forze pseudo politiche che assumono la responsabilità politica se non quella personale di questi atti perché li approvano, perché li considerano come uno strumento legittimo di lotta da contrapporsi agli altri che sarebbero molli perché si attesterebbero sul piano della democrazia.
Poi, sull'utilizzazione del Comitato unitario antifascista avrei molte perplessità e così sulla ripetizione di una serie di Comitati: ci sono i Consigli comunali che sono ormai convocati quasi in permanenza, i Consigli provinciali, il Consiglio regionale, c'è tutta un'articolazione democratica che consente di svolgere questo discorso.
Credo che potremo anche fare un'indagine per conoscere cose che già conosciamo bene, ma dovrà essere molto bene articolata, molto completa molto chiara nelle sue indicazioni concrete e pratiche.
Sono infine contrario all'organizzazione sotto l'iniziativa, il patrocinio della Regione di qualcosa che riguardi l'organizzazione della polizia non perché questo problema non debba essere affrontato dalle forze politiche, possiamo indire un convegno, un dibattito, una tavola rotonda un giorno, due giorni, tre giorni, ma le forze politiche lo facciano e ne assumano la responsabilità di fronte al Paese, non la Regione che è stracarica di altri problemi, che è stracarica d'iniziative che non riesce a condurre a termine e che riguardano l'adempimento dei suoi compiti rispetto alla comunità regionale.
Presenza, quindi, e disponibilità a partecipare ad ogni iniziativa, ad ogni momento che valga a denunciare queste situazioni, ma soprattutto appello al coraggio di tutti e di ciascuno perché la democrazia, ce lo siamo ripetuti tante volte, è conquista di ogni giorno e nel momento in cui molti, moltissimi già sentiamo, sono reticenti, sono guardinghi, sono attenti in tutti gli ambienti, dalla fabbrica agli uffici e altrove a dire quello che pensano in ordine a queste azioni che si diffondono a macchia d'olio, soprattutto come forma di intimidazione, suscitiamo - e questo le forze politiche possono farlo - una reazione a rovescio che invece isoli coloro che già più non sono isolati nel momento che hanno la connivenza subita da parte di tutti i deboli. E voi sapete che quando i più, che sono deboli, hanno paura, si è alla vigilia, si è alle porte di un rivolgimento della democrazia, al suo superamento per il passaggio a tipi di Stati forti che dovrebbero appunto dare ai timidi un pochino di coraggio. E noi riteniamo di appartenere a coloro che timidi non sono e che la democrazia vogliono difenderla a viso aperto, costi quello che costi.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Minucci. Ne ha facoltà.



MINUCCI Adalberto

Signor Presidente, voglio esprimere, a nome del mio Gruppo, il consenso più ampio alla relazione del Presidente della Giunta e alle iniziative che la stessa ha assunto in questi giorni di fronte allo sviluppo drammatico di quella che ormai comunemente chiamiamo la "strategia della tensione". E a questa presa di posizione vorrei accompagnare alcune considerazioni che mi sono dettate soprattutto dal modo in cui si sta svolgendo il dibattito in quest'aula.
Devo dire subito che qualche volta, di fronte alle minacce via via sempre più gravi che vengono alle istituzioni democratiche repubblicane, ci sarebbe da essere colti da amarezza e quasi da sconforto (non dico da disperazione perché questo non accadrà mai, almeno da parte di coloro che militano in un partito come il mio) se non facessimo di quella che potrei definire, senza presunzione, la fiducia nella ragione la leva fondamentale di tutto il nostro atteggiamento; fiducia nella ragione non soltanto nostra, ma anche nella capacità di ragionare degli altri. E ragione significa capacità di fare i conti con i fatti e capacità di fare i conti con la storia.
In questi giorni abbiamo avuto un'ondata di incendi, tanto che qualcuno ha detto che questa campagna elettorale, che ormai sembra inevitabile, sarà soprattutto combattuta dai pompieri ed io mi sono ricordato subito, di fronte agli incendi che hanno dato il segno di questa nuova strategia della tensione, un altro episodio in cui gli incendi ebbero una parte fondamentale: i famosi fuochi di Atene, quelle notti dell'estate 1967 in cui all'improvviso si accendevano fuochi nei grandi magazzini, nelle fabbriche, negli uffici pubblici, nelle scuole, grandi incendi naturalmente accesi da gruppi estremisti di sinistra, naturalmente con volantini di brigate rosse di allora. Sono passati pochi anni, è uscito un libro del teorico del nazismo greco, Costaplevris, sono usciti altri documenti impressionanti e si è scoperto, anzi, ci hanno detto loro (anche perch Costaplevris fu spedito dai colonnelli in giro per tutti i paesi europei a diffondere il nuovo verbo) che la novità dei tentativi fascisti di questa epoca è rappresentata appunto da questa possibilità, dato che ormai è impossibile in certi paesi come il nostro, vaccinato da vent'anni di dittatura fascista e dalla Resistenza, usare i fascisti a viso aperto se non per operazioni di basso servizio: è opportuno usarli mascherati. E Costaplevris ci venne a dire che era stato lui l'organizzatore dei fuochi di Atene, lui a stilare i volantini, anzi, forniva ai nazisti italiani, a questi gruppi che poi si sono cimentati negli anni successivi durante tutto l'arco della strategia della tensione, una specie di manuale da mettere in pratica nel nostro Paese ed in altri paesi europei, che è poi il manuale che porta alle brigate rosse, ai fuochi d'Atene appiccati dai gruppi di sinistra.
Ma è una lezione che ormai chiunque abbia voluto impararla in questi anni, caro Bianchi, l'ha imparata, chiunque che sia in buona fede come te non può non averla imparata.



BIANCHI Adriano

Un comizio di Lotta Continua...



MINUCCI Adalberto

Si, poi vengo a Lotta Continua. Un altro fatto che mi ha impressionato sempre per la storia - fu quando morì un presidente americano ammazzato come sapete: fu catturato subito l'agente cubano che gli aveva sparato da una libreria, salvo poi che la perizia ha dimostrato che gli hanno sparato da tre punti diversi; questo agente cubano fu ammazzato mentre andava in tribunale circondato dalla polizia da un tale che è morto di cancro subito dopo in carcere, e poi sono morti altri 32 testimoni, ma anche lì c'era l'agente di sinistra. E il giudice Warren che fece l'inchiesta, quando portò i documenti dell'inchiesta al Presidente Johnson, uscì dalla Casa Bianca e disse ai giornalisti: "Ho concordato con il Presidente degli Stati Uniti che la verità potrà venire a galla soltanto fra 50 anni". Ha cominciato a venire a galla prima, ma a pezzi e bocconi e quindi i finti ingenui possono ancora pensare che ci sia l'agente cubano dietro i delitti americani di questi anni che hanno portato a morire un Presidente, un candidato Presidente, il capo dei negri e così via.
E ancora, io consiglio a tutti i colleghi una lettura, estremamente appassionante fra l'altro e probante per i documenti che contiene, come "La presenza americana in Italia" dei giornalisti Faenza &Fini; leggetela e scoprite, dopo 30 anni, tante cose, ma sulla base di documenti, non di illazioni, di quello che avvenne nell'Italia dei moti separatisti, dei moti estremisti, di quando si voleva cacciare i comunisti dal Governo, 1945/47.
Ho fatto una polemica civile, non firmata, sul giornale del mio partito col giornalista Casalegno per quello che aveva scritto su "La Stampa" e che qui è stato citato; una polemica civile, ma devo dire che efficace come l'elogio dell'esponente del MSI contro Casalegno non c'è altro. E Casalegno è un collega che stimo. Pensate, ha avuto il coraggio di dire (l'ha gia detto il collega del MSI): "Ma come, si sta a favoleggiare di una strategia della tensione, si favoleggia sull'intervento dei servizi segreti e si favoleggia d'interessi della destra a fare tutto questo". Si favoleggia.
C'è stato un generale comandante in capo del SID (servizi segreti) in carcere, è uscito lui, è entrato quello che gli è successo al comando SID.
Non c'è stato un solo episodio di strategia della tensione dal 1969 in poi ma che dico, dal 1964 in poi, in cui i servizi segreti non fossero coinvolti, con riconoscimento unanime del Parlamento, tanto è vero che si è trovato almeno il modo di cambiargli il nome e da SIFAR si è chiamato SID proprio perché si è riconosciuto che i servizi segreti si erano macchiati di delitti gravi contro lo Stato.
Si favoleggia di interessi della destra? I tempi in cui era possibile buttare dalla finestra l'anarchico Pinelli sono passati per gli italiani e dietro c'era il volto di Freda, di un nazista e di tanti altri. Sono fatti questi,. E le inchieste che sono state insabbiate, ma chi le ha insabbiate? I comunisti? I socialisti? Le Giunte di sinistra? Chi le ha insabbiate a Milano, a Catanzaro? E poi si rimandano da Catanzaro a Milano e da Milano a Catanzaro. E i processi di Roma? Chi ha insabbiato tutto questo? Chi è il Ministro della Giustizia? Chi e il Ministro degli Interni? Sono cose inconcepibili! E non più, secondo me, soltanto il fatto che si vogliano (certo, questo è sempre un disegno che viene perseguito dalle forze reazionarie) creare delle rotture psicologiche politiche fra la parte più avanzata e progressista del popolo italiano, i partiti della sinistra, la sinistra cattolica stessa e gli strati moderati, i ceti medi diciamo. Non è più solo questo l'obiettivo perché le cose sono andate avanti, in Italia all'ordine del giorno vi sono altri problemi che sono, purtroppo, in versione negativa che oggi rendono ormai aleatorio il proseguimento di questa legislatura: il problema di chi governa, di come si governa, questo è il punto.
E che cosa si vuole dimostrare con questa nuova ondata della strategia della tensione? Che l'Italia è comunque ingovernabile, che l'avanzata del PCI, delle sinistre al governo del Paese non per questo lo rende governabile. Questa e la tesi di fondo ed all'interno vi e una sottotesi: che il Partito comunista, il Movimento sindacale, le sinistre, i socialisti non governano neppure il movimento di massa, tanto è vero che quando il movimento di massa, le lotte operaie, le lotte sindacali si mettono in movimento o per un contratto, o per le riforme sociali inevitabilmente provocano le violenze. Questa è la sottotesi. Il Paese non si governa, le lotte di massa, quelle di massa che hanno portato avanti l'Italia, che rappresentano un fattore di civiltà sono inevitabilmente connesse alla violenza, al delitto politico e così via. Cioè si vuole fare dell'Italia una sorte di Cile anticipato. Caro Bianchi, anche del Cile ormai i documenti ci sono e c'è anche il risultato di quell'azione: le violenze, le bombe, gli attentati, il tentativo di non far funzionare i negozi, di bruciarli anche allora, di bruciare i camion che portavano le merci alla gente affamata, di bruciare gli ospedali abbiamo visto chi li aveva preparati, chi li aveva preordinati, chi li voleva, chi li ha finanziati chi ha coordinato il tutto.
Oggi non c'è più persona in buona fede e quando diciamo "fascista" sono d accordo con l'uso che ne ha fatto, Presidente, con "fascista" vogliamo dire tante cose, non solo una parte politica, non solo una linea politica, ma vogliamo dire anche una cultura, se così si può chiamare, se è compatibile questo termine, vogliamo dire un'ideologia irrazionalista e mostruosa che nel tentativo disperato di frenare la storia non accetta ragione, non accetta i fatti, non li vede come sono e quindi capisco che il Consigliere del MSI esprima qui, questo retaggio. Io non ho mai sfiducia in nessuno, penso sempre che anche un fascista possa convertirsi, ma questo è il retaggio che c'è dietro, è questa sfiducia nell'uomo, nella capacità di ragionare.
Ma oggi i fatti sono così imponenti che nessuno può più porre interrogativi e far finta di risolverli in un certo modo e creare confusione su tutto questo.
Noi siamo alla terza ondata della strategia della tensione, così preordinata che nessuno può far credere ad una persona pensante che siano scoppi d'ira o di frange estremistiche. La prima ondata fu contro le banche. E chi veniva dietro? Gli anarchici, perché gli anarchici - è scritto nei libri - sono sempre contro le banche, vedono nelle banche il simbolo del potere. Se possibile avrebbero messo una bomba anche in Vaticano, tanto è vero si aspettava perché gli anarchici - dicono le tavole e dicono le tradizioni - mettono le bombe in Vaticano. Questa fu la prima ondata.
La seconda ondata fu di terrorismo generale verso la gente.
Ricordiamoci, si era alla vigilia del 1972, le bombe sui treni, le bombe in piazza: Brescia fu l'ultimo, terribile episodio,con decine da morti e ci sono i nomi degli autori dietro, ci sono inchieste precise, c'è gente in galera, c'è anche la volontà di non andare a fondo in questa inchiesta.
Oggi siamo alla terza ondata. E guardate come niente è casuale, come tutto potreste trovarlo in manuali del tipo di quello di Costaplevris.
Niente è casuale: c'è una crisi economica gravissima, la gente ha paura per il posto di lavoro, è in discussione se in questo Paese si può o no produrre. E allora si conducono gli attentati, sui luoghi della produzione sui luoghi della distribuzione, si bruciano le Standa, si bruciano le linee di montaggio della Fiat. Ma che cosa sono questi: scoppi d'ira disperati di gruppetti che scrivono sui muri? In genere queste cose le fanno chi non scrive sui muri, chi non si firma, c'è il complotto in queste cose. E saremmo troppo ingenui a pensare che sia altrimenti.
Siamo di fronte alla terza ondata, la più grave perché colpisce il Paese nel momento in cui elementi di sfiducia così spontanea possono venir fuori, nel momento in cui ci sono milioni di lavoratori che vedono in discussione il loro avvenire, il loro posto di lavoro, la possibilità addirittura di sopravvivere. Ecco la terza, ondata, ecco il suo carattere ecco chi c'e dietro.
Credo che chiunque si ponga da un punto di vista minimamente razionale non può che arrivare a conclusioni di questo tipo. Ho ricordato prima De Lorenzo, ma è dal 1964 che siamo in questi versanti: il colpo di Stato di allora, il tentativo, poi Borghese nel 1968/70 e via via fino a Sogno e così via.
Tutto questo non può essere dimenticato e non può essere dimenticato il fatto che certamente sono state gettate delle ombre gravi, vorrei dire terribili sugli apparati dello Stato, su chi li dirige. Quando pensate che non c'è quasi stata bomba, non c'è quasi stata strage in cui la discussione dei giornalisti, dei Magistrati è di sapere se l'agente del SID portava la bomba o l'ha messa addirittura lui; quando siamo arrivati al punto che esponenti notissimi del nazifascismo italiano sono stati fatti uscire con regolare salvacondotto dalle carceri italiane e li hanno fatti uscire ufficiali della Repubblica italiana, questi sono fatti, mica li inventiamo noi. E allora ombre gravi sulla Magistratura, o su molti Magistrati.
Tutto questo pesa e io lo vedo come una iattura grave perché nessuno di noi ha interesse a che su questi organi così delicati, così decisivi dello Stato, organi che dovrebbero rispondere di tutto quello che fanno alla Costituzione repubblicana e antifascista, unica legge che sono chiamati ad imporre in questo Paese e a farla rispettare, gravi un'ombra di dubbio.
Però voglio dire anche (ecco anche qui la fiducia nella ragione) che persino in questi settori così delicati che abbiamo chiamato troppo "corpi separati" (in effetti c'è stato chi ha fatto di tutto per separarli dal popolo italiano, dall'opinione pubblica democratica) abbiamo visto in questi anni, per fortuna, tanta gente che ha cominciato a dire "voglio fare il mio dovere e lo voglio fare verso la Repubblica Italiana e verso la Costituzione repubblicana".
Ma per dare coraggio a quelli che in qualsiasi organo dello Stato - e sono, per fortuna la stragrande maggioranza - vogliono imporre il rispetto della legge repubblicana, io credo che le forze politiche democratiche, le forze politiche che si richiamano all'antifascismo, le forze politiche che credono nell'avvenire della democrazia non possano giovare all'equivoco debbano essere chiare nell'indicare quali sono i valori da difendere e quali sono le forze da colpire.
E sia chiaro, quando dico questo, che mi rifaccio anche agli episodi che citava il collega Bianchi sulla Svizzera: io non conosco troppo bene il carattere degli svizzeri, ne quello che fa la polizia svizzera, ma sono convinto che se riuscissimo, se in questo Paese la polizia, i carabinieri la Magistratura fossero davvero liberati dai gravi sospetti che si sono creati in questi 30 anni, che si sono ancora di più incancreniti in questi ultimi anni, se davvero riuscissimo a farne dei corpi al servizio della Costituzione repubblicana, allora i cittadini avrebbero fiducia e forse farebbero quanto e più di quanto fanno gli svizzeri.
Non dimenticherò mai un episodio straordinario (ce ne ha parlato la televisione italiana, ce ne hanno parlato tutti i giornali) come quello di Savona: nove attentati nella città di Savona in pochi giorni, firmati da "Ordine nero"; la popolazione si è organizzata assieme alle forze di polizia ed e riuscita a porre fine a quell'ondata terroristica. Ma perch li si era saputo trovare una saldatura ed un rapporto di fiducia. E' quello che tentiamo di creare quando, per esempio, la Giunta regionale, le forze democratiche cercano in questi rapporti con gli organi dello Stato un modo di vedere le cose, un modo di guardare là realtà e anche di aiutarsi a vicenda perché è chiaro che nel momento in cui le forze sindacali, le forze politiche di sinistra discutono con le forze dell'ordine, superano anche steccati psicologici creati in 30 anni, noi non facciamo altro che ristabilire i fili di un rapporto di fiducia che poi possono davvero creare le condizioni per colpire il terrorismo, per colpire l'eversione, isolarla.
Ma occorre chiarezza politica. E con questo, Bianchi (ci conosciamo ormai da molto e credo possiamo parlarci con molta franchezza) non attribuisco nessuna responsabilità a certi gruppi di sinistra che predicano la violenza. Figurati! Sono nati contro di noi e se c'è qualcuno che fa una polemica anche dura, aspra siamo noi. Anche perché - e questo lo dico senza nessuna ombra di polemica - questi gruppi quasi sempre hanno una matrice cattolica mal vissuta. I dirigenti di "Lotta Continua" vengono quasi tutti di lì, così come i dirigenti di "Avanguardia operaia"; ed è un fatto da approfondire anche in sede culturale. Lo dico senza ombra di polemica perché non c'è nessun collegamento, ma c'è una matrice culturale, c'è un modo di concepire il mondo adialetticamente come certa cultura cattolica del passato lo concepisce adialetticamente. Il mondo è nero o bianco, i buoni e i cattivi, l'inferno e il paradiso, in mezzo non c'è niente. Il capo officina è un cattivo...



PAGANELLI Ettore

E il purgatorio??!!



MINUCCI Adalberto

Per certi cattolici non c'è il purgatorio, quando leggo certi volantini sulla legge sulla scuola ci ritrovo quella matrice, permetti, quando leggo "non bisogna fare strumentalizzazioni politiche" scritto da esponenti di quel cattolicesimo che purtroppo c'è, lo sapete anche voi, ci combattete anche voi, mica soltanto noi.
Questo tipo d'incapacità dialettica di ragionare, di vedere il mondo per quello che è che porta spesso un cattolico estremista in un senso a fare il rovesciamento di 180° e di trovarsi dall'altra parte, col mondo dei buoni e dei cattivi, dei neri e dei bianchi su altre posizioni politiche.
Potrei fare mille esempi di questa gente, di gente che fino a 6/7 anni fa era attivista in certe parrocchie, in certe sezioni D.C. a Torino e che oggi capeggia Avanguardia operaia o Lotta Continua; potrei fare mille esempi. Con questo non dico che non ci sia anche gente che ha avuto legami con noi.



BIANCHI Adriano

Sono passati quasi tutti dagli oratori!



MINUCCI Adalberto

E' un'osservazione, ripeto, di analisi molto approssimativa, molto schematica, possono essere passati anche dalle nostre sezioni, ma non è questo il problema, è proprio un tipo di cultura che ci ritrovo e che va visto perché è un problema anche questo.
Se così stanno le cose tu hai ragione a dire che i cittadini devono collaborare contro il furto, contro il delitto, contro il terrorismo, ma bisogna fare dei passi in avanti in quella direzione che dicevo prima dobbiamo farli tutti assieme e giocare con le ombre cinesi non serve, serve semmai a incoraggiare certi personaggi che sono anche annidati nei corpi dello Stato e che fanno un altro gioco e lo fanno consapevolmente.
Io non mi stupisco, francamente, che gli strateghi della tensione abbiano trovato qualche arnese, anche all'interno delle officine Fiat; così come sono convinto che non li hanno certo trovati fra i militanti sindacali, fra i militanti dei partiti democratici.
Ho visto che da qualche tempo c'è una maggiore attenzione, anche da parte di altri, a quello che scrive l'"Unità"; non dico che sia il verbo ma forse è un giornale che meriterebbe di essere seguito con più attenzione qualche volta. Noi alcuni anni fa abbiamo fatto una campagna, sulla base di documenti, sull'"Unità" (la storia è lunga, i Luigi Cavallo, i Sogno e la Fiat hanno una storia molto antica) pochi anni fa, 1972/73, portando documenti fotografici mai smentiti abbiamo dimostrato che alla Fiat vi erano forze - e nemmeno la direzione, intendiamoci - ma certe forze che facevano assunzioni fra i ribelli di Reggio Calabria, li chiamavano a Torino a decine, a centinaia. Abbiamo pubblicato lettere di un esponente del MSI ad un maggiore della polizia che poi è diventato candidato del MSI che raccomandava le assunzioni dentro la Fiat. Che fine hanno fatto questi assunti? E che fine hanno fatto gli amici dei Luigi Cavallo e degli Edgardo Sogno che qualche tenerezza negli ambienti della Fiat negli anni passati l'hanno trovata? Secondo me non è così inimmaginabile che vi siano rimaste delle radici di questo complotto, che è un vero e proprio complotto che va al di là dei dirigenti del MSI, figuriamoci, siete travolti da queste cose! Questi documenti sono stati consegnati alla magistratura. Anche qui sarebbe stata opportuna un'inchiesta. E' possibile, con i Reviglio della Venaria, che tutto questo vada avanti? Non lo so.
Ecco i problemi che abbiamo di fronte. E l'assunzione di responsabilità di un'assemblea elettiva come la nostra, di forze politiche democratiche come le nostre è di spingere perché invece sia fatta luce fino in fondo. E chi è preposto a responsabilità così delicate nell'organismo dello Stato faccia il suo dovere, sia indotto, sia obbligato a fare il suo dovere, a rispondere alla legge. Questo è il punto essenziale.
Io ho concluso, vi chiedo scusa se ho preso più tempo di quanto pensavo. Voglio solo dire che io credo sia importante quello che è stato fatto, Presidente della Giunta, credo che non sia affatto superfluo fare ancora in questa direzione perché se è vero che estirperemo questa malapianta dell'eversione reazionaria con la fatica che sarà necessaria questo lo faremo soltanto, - è stato sottolineato da tutti - se l'opinione pubblica democratica saprà mobilitarsi, saprà non perdonare a chi sgarra.
Io credo pero che questa opinione pubblica democratica abbia bisogno di essere organizzata, organizzata dai grandi partiti democratici, dai sindacati, da associazioni le più varie; ma credo che il punto di sintesi di questa mobilitazione per la democrazia, per la difesa della libertà debbano sempre essere le istituzioni democratiche, siano essere il governo nazionale, il Parlamento, le Regioni, i Comuni; sono i punti di riferimento.
Ecco perché qualsiasi cosa vada in questa direzione, Bianchi, io non la vedrei con preoccupazione e con diffidenza, perché credo che il primo atto che noi dobbiamo compiere intanto è questa fiducia nelle istituzioni della democrazia e in tutto quello che fanno per preservare le libertà democratiche.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare.
Il Presidente della Giunta desidera replicare, ha facoltà di parlare.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, è certo che la Giunta intende continuare nell'iniziativa e nell'azione che è stata intrapresa su mandato del Consiglio regionale.
Al termine della discussione posso dire che la Giunta concorda su molte posizioni dei rappresentanti dei partiti democratici qui presenti e sulle valutazioni sui fatti che stanno accadendo in questa città, in questa regione.
La Giunta rileva, certo, che non è da un'iniziativa che può scaturire l'individuazione della matrice o degli autori o dei mandanti, se avesse questa bacchetta magica l'avrebbe già sperimentata, ma è evidente che il successo principale dell'iniziativa, che è stata assunta, è quello di avere, come è già stato rilevato dai Consiglieri Calsolaro, Bianchi e Minucci, creato un tessuto che è il fatto più importante che si sia verificato negli ultimi tempi, un tessuto che ha visto le istituzioni democratiche, le forze politiche, sindacali, imprenditoriali e le forze dell'ordine presenti nella nostra regione.
Questo ha portato immediatamente ad un significato grandissimo, ad una saldatura, ed è forse il terreno sul quale la strategia eversiva può essere maggiormente sconfitta.
Io non voglio polemizzare con il Consigliere Carazzoni, ma certo che il termine "fascista" si riferisce propriamente ad un'ideologia, ideologia che vede una sua estrinsecazione storica in diversi momenti e in modi diversi e questi fatti sono riconducibili in quella direzione.
Noi respingiamo l'ipotesi, che qui si è voluta avanzare, della "strategia del potere" perché non ha proprio alcun senso. La sera stessa del 12 dicembre 1969, quando si ipotizzavano le indagini in tutte le direzioni, come disse un questore, noi lanciammo un manifesto in una provincia del Piemonte in cui si diceva che i lavoratori non uccidono nessuno di questi fatti può essere riconducibile né alle forze che li rappresentano, né tanto meno ai lavoratori. E dobbiamo riferirci anche più specificamente a quella che è stata l'osservazione fatta dal Consigliere Bianchi: che la vigilanza democratica, la vigilanza di massa non è un fenomeno sostitutivo di quello che è il dovere degli organi dello Stato della tutela della vita democratica, ma è un momento molto importante, che vede la presenza di tutte le forze democratiche unite per vanificare la "strategia della tensione".
Certo, come sostiene il Consigliere Banchi la strategia si avvale anche delle difficoltà di un momento politico, non c'è nessun dubbio, ma la strategia potrebbe anche essere quella che non vuole che il Paese scelga liberamente, che il Paese proceda, potrebbe anche essere quella che si innesta proprio in un processo inverso a quello che è stato indicato.
Dobbiamo dire che le proposte che sono state formulate, scaturite dagli incontri fra tutte le rappresentanze, le forze sociali, la pluralità delle forze rappresentate, sono emerse nel documento di cui ho dato lettura e non è certamente una scoperta dire che questa vigilanza, che lo scioglimento del nodo politico, il superamento della crisi economica, il nodo dei contratti all'interno delle fabbriche sono dei momenti risolutori della vicenda. Certo, sono anche questo. Ma dobbiamo anche qui rispondere con chiarezza, individuando esattamente quella che è la matrice che porta a questa strategia, come ha già rilevato anche il Consigliere Minucci: i fatti di Milano, il recente processo a Tuti, oggi comincia il processo per i fatti eversivi di Toscana, l'ombra sull'Italicus. Come si fa a non ricordare queste cose? Come si fa ad ipotizzare ancora, a individuare nelle forze tradizionali di sinistra gli autori di questi fatti? Solo una forza come la sua può assumere decisioni di quel genere e quindi le respingiamo non vogliamo entrare in polemica in questo momento con lei, polemica che ha visto chiusa qualsiasi sorta di dialogo fin dall'alba della liberazione del 1945.
La Giunta procederà sulla strada che è stata indicata in quel documento, in quelle iniziative che sono state prima illustrate.
L'inchiesta sulle attività neofasciste ha fatto emergere una quantità di fatti, ha contribuito certamente alla sconfitta di tutte le iniziative eversive che venivano portate innanzi nella nostra Regione, ed è indubbio che l'attività della Regione ha contribuito ad isolare quel fenomeno che anche in Piemonte aveva trovato dei momenti di particolare intensità. E non vi è nessun dubbio che intanto si crea un rapporto nuovo tra la polizia tra le forze dell'ordine e la realtà del nostro Paese.
Raccogliendo l'invito delle forze politiche dell'arco costituzionale che si sono espresse oggi in Consiglio regionale, la Giunta proseguirà quindi in questa sua iniziativa e sottoporrà al Consiglio ogni fatto che possa essere importante e che possa contribuire a sconfiggere questa strategia presente nella nostra Regione.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, il dibattito è concluso, non mi sembra che ci siano decisioni da prendere perché la replica del Presidente della Giunta ha risposto ai quesiti che sono stati posti dalla discussione.


Argomento:

Programma dei lavori delle prossime sedute


PRESIDENTE

Le prossime sedute del Consiglio regionale sono già convocate, per decisione dei Capigruppo, per il 27, 28 e 29 aprile. Le tre giornate erano state previste per poter discutere sia del bilancio sia della zonizzazione sanitaria. E' chiaro che la zonizzazione sanitaria non è ancora pronta però sarà possibile, nei tre giorni, approvare leggi e provvedimenti che nel frattempo sono maturati.
Ricordo ancora ai Gruppi che devono consegnare, per la prossima seduta, le proposte per la composizione delle quattro Commissioni che dovrebbero sostituire le attuali otto, con i nomi ed i suggerimenti relativi.
Non ho altro da comunicare, se non ricordare ai Consiglieri il convegno per l'Europa di domani e la manifestazione del 24 aprile a Torino.


Argomento:

Interrogazione (annuncio)


PRESIDENTE

Prego la signora Fabbris di dar lettura dell'interrogazione pervenuta alla Presidenza.



FABBRIS Pierina, Consigliere Segretario

Interrogazione urgente presentata dai Consiglieri Chiabrando e Picco per conoscere lo stato di consistenza delle domande presentate dai Comuni loro Consorzi e dalle Comunità montane per beneficiare dei contributi di cui alla legge n. 34 del 23/5/1975.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,45)



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