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Dettaglio seduta n.4 del 01/08/75 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno delle sedute reca: Approvazione verbali precedenti sedute Comunicazioni del Presidente Adempimenti di cui all'art. 32, 5°-6°-7° comma, dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale (seguito esame) Proposta di modifica al Regolamento consiliare Ratifica, a norma dell'art. 40 dello Statuto, della deliberazione della Giunta concernente l'approvazione del programma di localizzazione ai sensi del 2° comma dell'art. 1 della legge 27 maggio 1975, n. 166.
Vi sono obiezioni, aggiunte, suggerimenti di modifiche? Non ve ne sono quindi l'ordine del giorno è approvato.


Argomento:

Ordine del giorno della seduta

Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

I processi verbali del 24 luglio u.s. sono stati trasmessi per posta ai signori Consiglieri unitamente all'ordine del giorno di convocazione.
Tuttavia è sempre valida l'osservazione, già fatta,che qualunque Consigliere può far pervenire agli uffici le modifiche che ritenesse opportuno per la stesura definitiva.
Non vedo obiezioni, per cui i processi verbali si intendono approvati.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute

Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Alcune brevi comunicazioni del Presidente.


Argomento: Rapporti con altre Regioni - Edilizia e norme tecnico-costruttive

a) Riunione il 2 agosto 1975 a Palazzo Lascaris di Sindaci interessati al problema della legge sulla casa ed a quello del piano sugli asili-nido per gli anni 1972-1973-1974


PRESIDENTE

Sono convocate, come i Consiglieri avranno già appreso dalla stampa per domani, a Palazzo Lascaris, due riunioni di Sindaci rispettivamente interessati alla legge sulla casa e al piano degli asili-nido per gli anni 1972/'73/'74.
Le riunioni sono state convocate al fine di accelerare i tempi, per fare in maniera che i cantieri si aprano presto, che le case si possano costruire, che gli asili abbiano un iter di costruzione più rapido di quello che hanno avuto sinora, e per esaminare tutte le difficoltà che si frappongono ancora per avviare sollecitamente questa procedura.
Le riunioni sono state convocate dal Presidente del Consiglio e dall'Assessore regionale alla Programmazione e devo qui dare atto alla sensibilità del Presidente della Giunta perché, come potete intuire, vi erano alcuni problemi formali e sostanziali da superare e sono stati superati attraverso una collaborazione fra la Giunta attualmente in carica e la Presidenza del Consiglio che ha consentito, attraverso questa formula non consueta ed a cui ricorrerò soltanto in casi eccezionali, di convocare una riunione che credo sia in ogni caso auspicata dalla comunità regionale piemontese.
La riunione tende ad ottenere la presenza dei Sindaci prima delle ferie estive. Gli incontri hanno lo scopo di fornire gli elementi conoscitivi sufficienti e necessari alla nuova Giunta che sarà eletta, per accelerare le procedure di attuazione degli interventi previsti.
E' evidente che tutti i Consiglieri regionali sono invitati a partecipare a queste riunioni.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

b) Riunione dei Presidenti dei Gruppi consiliari su questioni relative alla creazione dei diversi organismi consiliari previsti dallo Statuto e dal Regolamento ed al trasferimento degli uffici a Palazzo Lascaris


PRESIDENTE

Ieri si è svolta una riunione dei Presidenti dei Gruppi consiliari i quali, oltre ad esaminare alcune questioni relative soprattutto alla creazione dei diversi organismi consiliari previsti dallo Statuto e dal regolamento, (alcuni di questi li attueremo già nella presente seduta, e invito ancora i Gruppi che non l'avessero fatto, a consegnare i nominativi secondo le intese raggiunte ieri nella riunione dei Capigruppo) si sono occupati del problema del trasferimento degli uffici in Palazzo Lascaris.
A questo proposito e in relazione anche alle sempre maggiori difficoltà di collocazione delle Commissioni e dei Gruppi consiliari nella vecchia sede di Via Maria Vittoria, si è deciso per il giorno 2 settembre un incontro tra l'Ufficio di Presidenza, i Gruppi consiliari da un lato e gli architetti dall'altro, al fine di stabilire esattamente tempi e modi del trasferimento, salvaguardando da un lato le esigenze di funzionalità del Consiglio e dall'altro l'operazione culturale che abbiamo deciso assieme e cioè di ristrutturazione e di ammodernamento di un grande palazzo storico della nostra città, la prima operazione che viene tentata, con l'obiettivo di realizzare una vitalità del palazzo con l'insediamento del Consiglio Regionale e nello stesso tempo una sua ristrutturazione che segua tutti i canoni artistici necessari.
L'incontro del 2 settembre è particolarmente importante perché in quella riunione seguiremo una linea comune per programmare sia i lavori sia gli insediamenti di tutti gli uffici del Consiglio Regionale.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

c) Situazione occupazionale nella Regione ed, in particolare, alla Nebioio Liebig ed Icori


PRESIDENTE

Infine, durante questa settimana la Presidenza del Consiglio è anche interessata (stante il fatto che la nuova Giunta non è stata ancora eletta) ad alcune vertenze che interessano il mondo del lavoro, in particolare la Nebiolo, la Liebig e la Icori. Tranne che per quest'ultima, un'impresa edile che aveva minacciato di mettere in Cassa integrazione i suoi dipendenti, questione poi praticamente risolta, le altre vertenze restano ancora aperte e dovranno essere direttamente assunte dalla nuova Giunta tuttavia l'incontro che è avvenuto con gli organi del Consiglio ha permesso di stabilire questo rapporto e di creare i presupposti perché le questioni che sono state sollevate in quella sede abbiano, speriamo, un esito positivo.
Vi sono richieste di parola sulle comunicazioni del Presidente? Non ne vedo.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per (elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale (seguito)


PRESIDENTE

Passiamo quindi al punto terzo dell'ordine del giorno "Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto".
Poiché nella seduta del 24 luglio scorso non si è raggiunta la maggioranza assoluta richiesta, tale elezione ai sensi dell'art. 32 comma 5) dello Statuto è stata rinviata all'odierna seduta per la seconda votazione, per la quale occorre ancora la maggioranza assoluta. Se in questa seconda votazione nessuno dei Consiglieri designati alla Presidenza della Giunta avrà riportato la maggioranza assoluta richiesta, si procederà ad altra votazione, a seguito della quale verrà proclamato eletto chi avrà riportato il maggior numero di voti.
Si era anche rimasti intesi che prima di procedere alla votazione vi sarebbero state delle dichiarazioni di voto dei Gruppi.
Apro la discussione su questo punto all'ordine del giorno.
Chiede di parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Gli interventi dei miei colleghi sul documento di presentazione del Presidente della Giunta hanno già ampiamente puntualizzato le posizioni della D.C. sia sul quadro politico, sia sulle sommarie indicazioni programmatiche.
Il voto che abbiamo già espresso ha messo in plastica evidenza confutando ogni brillante espediente dialettico, come la coalizione proposta non disponga, in questo Consiglio, di una maggioranza.
In queste necessariamente brevi dichiarazioni conclusive, noi non vogliamo certamente attenerci a soli argomenti di carattere giuridico e formale, che in questa materia sono spesso decisivi ed espressivi di contenuti politici, ma non possiamo non mettere in evidenza come l'art. 32 dello Statuto, formulato nell'intento di favorire la formazione dell'organo di Governo regionale in una situazione di rigoroso confronto tra le forze politiche, di chiarezza ed omogeneità di consensi, ricercati e da ottenere prevede che tale elezione debba essere reiteratamente e puntigliosamente ricercata, come sta avvenendo, sulla base della maggioranza assoluta dei Consiglieri assegnati alla Regione.
L'ipotesi ultima e subordinata dell'elezione a maggioranza semplice appare come il rimedio estremo ad una situazione altrimenti non risolvibile, rimedio previsto per assicurare comunque la continuità funzionale dell'istituzione.
E' quindi evidente che la stessa maggioranza semplice deve essere conseguita pena il capovolgimento di ogni norma parlamentare e di ogni sostanziale regola democratica.
Ora, a nostro giudizio, la situazione politica di questo Consiglio Regionale, i rapporti esistenti e quelli prospettati nelle recenti fasi di confronto e di dibattito pubblico, la stessa complessità e gravità dei problemi che toccano la vita della comunità regionale e che ci sono ben presenti, non conducono, in termini di necessità, ad uno sbocco che è, a nostro giudizio, anomalo, riduttivo ed eccezionale. La scelta che si è voluta fare è accompagnata da una concitazione che è parsa timorosa in alcune parti dei proponenti, degli effetti del ripensamento, più timorosa di quelli nascenti dalle difficoltà obiettive.
Noi non abbiamo sollevato obiezioni ai tempi ed ai ritmi prescelti. Una cosa sola non poteva e non può esserci richiesta: un voto sostanzialmente favorevole, un lasciapassare nella forma dell'astensione o dell'assenza dall'aula. No, questa soluzione non è "necessaria" cioè a dire non e necessitata, non è quindi convincente, perché non è politicamente valida.
Non lo è secondo valutazioni che ci paiono obiettive: 1) perché esistevano e sussistono le condizioni, non solo numeriche, ma politiche, per la costituzione di una autentica maggioranza democratica popolare, rappresentativa delle attuali condizioni della società piemontese e sufficientemente espressiva dei mutamenti in essa avvenuti, capace di stabilire i necessari raccordi e rapporti collaborativi col mondo del lavoro, con i ceti produttivi, urbani e rurali 2) perché questa autentica maggioranza aveva anche lo spazio ed erano state manifestate le disponibilità perché potesse costituirsi secondo linee, schemi e prospettive non ricalcanti metodologie e forme di aggregazione di un passato che vuol essere superato, ma in modo evolutivo se deve essere produttivo di effetti costruttivi 3) perché era atta a stabilire un triplice collegamento, sicuramente efficiente e necessario, questo sì, per affrontare, nelle migliori condizioni, le gravi questioni politiche, sociali ed economiche che il Paese e la Regione stanno dibattendo.
Il primo collegamento è quello che ciascuno ritiene essenziale per raggiungere le condizioni ottimali di cooperazione che la crisi impone e riguarda le forze sindacali e del lavoro, che si trovano e si troverebbero a sopportare gli oneri e i sacrifici più pesanti, se non si ottiene una tempestiva inversione del corso della crisi e non si aprono prospettive di nuovi assetti sociali ed umani. Lo stesso collegamento riguarda il mondo della produzione industriale, terziaria ed agricola, che rischia contrapposizioni interne distruttive nelle attuali fasi di difficoltà e che non può non essere positivamente sensibile ad un quadro di riferimento in cui il pluralismo politico, cui tutti fanno oggi richiamo e riferimento, e le garanzie che ne discendono trovi modo di esprimersi in concreto secondo le forme che le diverse situazioni consentono e consigliano.
Il secondo collegamento riguarda le forze politiche che nei medesimi Enti elettivi della Regione si sarebbero scambiate il ruolo dell'opposizione, senza tentativi di imporre egemonie, subordinazioni o nuove linee di guida obiettivamente esclusive. Alcune altre forze ferme al ruolo e alla vocazione della maggioranza si sarebbero sentite garantite e se si vuole, avrebbero garantito anche altri in questa fase di difficile mutamento.
Il denominatore comune, costituito dalle grosse questioni, base di convergenze programmatiche, di cui abbiamo discusso nei giorni addietro costituito dalle grosse questioni già in altra sede ricordate e cioè le proposte di emergenza e di avvio ad un nuovo piano di sviluppo regionale e quelle riguardanti il ruolo costituzionale dell'istituto regionale, nei suoi rapporti con la realtà statuale, da un lato, e con gli Enti e le realtà locali, dall'altro, avrebbero garantito tutti da ogni tentazione emarginante o discriminatoria e avrebbero assicurato alla Regione più ampio, corretto ed efficace apporto collaborativo di tutte le forze alle soluzioni ricercate, senza compromettere posizioni, patrimoni essenziali linee politiche di fondo che garantiscano l'autonomia e l'originalità della presenza di ogni movimento politico.
Il terzo collegamento, infine, avrebbe interessato i rapporti fra lo Stato e la Regione, rappresentando, per un aspetto, il momento prezioso dell'armonia e della continuità e per l'altro, i possibili caratteri di novità e di anticipazione capaci, coinvolgendo il massimo spazio di forze democratiche disponibili, di sdrammatizzare tensioni che la soluzione oggi presentata con la sua obiettiva forzatura rischia invece di sollecitare sulla strada delle radicalizzazioni o della ingovernabilità, che sappiamo a quali sbocchi può condurre. Sbocchi che non vogliamo e non ricerchiamo! Già il collega Zanone efficacemente ha ricordato quali siano le reciproche influenze ed interferenze tra il Governo centrale e quello periferico, proprio noi raccogliamo la sua indicazione, quando consideriamo, come noi consideriamo, che la Regione è un modo di essere dello Stato e come tale deve agire e proporsi.
La soluzione proposta, per il contesto in cui vuol essere imposta volutamente trascurando le possibilità e le prospettive cui abbiamo fatto cenno, contraddice ogni politica di apertura democratica, riducendone le enunciazioni, al di là della sincerità che le detta e del desiderio di vedere altri accedere alle linee che ci paiono le sole percorribili, ad espressione di semplice moderazione, per ammorbidire le situazioni, quando l'alternativa reale è quella di accettare e quindi di subire o meno una leadership che si definisce e si propone, senza trionfalismi, sia pure, ma con determinazione che è apparsa irremovibile.
Essa getta inoltre una luce particolare su rapporti che si vanno costituendo in altre amministrazioni, tra maggioranza ed opposizione portandole verso irrigidimenti e contrapposizioni di tipo diverso da quello voluto e ricercato.
La forzatura che qui il Partito socialista, pur fra crescenti perplessità, che noi riteniamo non possano non essere passate attraverso ciascuna delle persone che hanno un ruolo determinante in questa forza politica, ha finito per perseguire con rigidità, che supera le intenzioni e non valuta tutte le conseguenze, suona scelta di campo che rischia di essere ben più rigida e condizionante delle scelte frontiste che si dicono superate.
Lo stesso assorbimento nella Giunta di tutta la forza socialista o quasi, ne comporta un inevitabile svuotamento politico collocandola quasi fuori dal dibattito e dal confronto che dovrà svolgersi in Consiglio e nelle Commissioni.
Gli Assessori agiscono e parlano, infatti, normalmente in nome e per conto dell'organo istituzionale e collegiale di cui fanno parte.
Il nostro voto è dunque contrario e la nostra collocazione rispetto a questa Giunta, se sarà costituita, è di opposizione, il cui carattere costruttivo è innanzi tutto costituito dal ruolo che la stessa opposizione ha di preservare e qualificare la dialettica tra le forze politiche e di realizzare la necessaria distinzione delle responsabilità e dei compiti.
Il nostro atteggiamento, come abbiamo già detto, non è di acquiescenza non è di rassegnazione, non è di rinuncia, ma è un atteggiamento che vuol concorrere, col massimo vigore consentito, al funzionamento più efficace della Regione e dei suoi organi e al massimo delle realizzazioni operative nell'interesse comune.
In questi giorni si sta sviluppando, con ampiezza, il dibattito sulla funzione che la Regione può svolgere e sui suoi limiti. Le indicazioni che l'Assessore Simonelli ha sintetizzato ieri sulla Gazzetta del Popolo frutto della sua chiarezza e di una elaborazione che è stata comune, ci trovano in larghissima parte d'accordo.
Noi vogliamo quindi concorrere ad esprimere il senso, la volontà di corrispondere ai mutamenti profondi che la società manifesta e che sono presenti nel severo e non sterile travaglio della D.C. La prima risposta valida che il mondo del lavoro e della produzione ci chiede e chiede a tutti è l'efficiente funzionamento delle istituzioni che ci sono affidate fornendo le soluzioni più valide e tempestive nelle materie che riguardano le loro sicure competenze.
Le proposte che abbiamo in altra sede avanzato, in ordine alle coordinate e complesse iniziative cui dobbiamo concorrere per superare la crisi, non mutano mutando il ruolo né muta il nostro animo.
Non abbiamo della Regione un concetto riduttivo e provinciale, n possiamo consentire che essa da momento di autonomia, di stimolo, di proposta e di realizzazione originali, si trasformi in strumento che rende più difficile la funzione unitaria e di sintesi che è propria dello Stato del quale la Regione è un'articolazione.
La nostra opposizione costruttiva guarda alla società piemontese, alle sue necessità che impongono soluzioni concrete e rapide, ma in una cornice di vita democratica vigorosa e garantita.
Il grande confronto partecipativo che ci attende per la elaborazione programmatica ci vedrà fervidamente presenti ed attivi, ricordando che vi è un momento di elaborazione conclusiva, di sintesi e di scelta in cui la nostra responsabilità qui sarà piena per non dire esclusiva.
Noi non ci sottrarremo a questa e alle altre responsabilità.
Al di là delle tensioni e delle polemiche di questi giorni crediamo di poter dare appuntamento per la necessaria verifica alle forze popolari nelle quali ci riconosciamo.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Cardinali, ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non staremo a rifare la lunga storia che ha portato alla seduta odierna in cui passeremo ad una serie di votazioni per eleggere la Giunta ed il suo Presidente.
Noi riteniamo che si sia giunti a una fase di indubbio smarrimento delle forze democratiche che sull'emotività del risultato del voto del 15 giugno hanno perso la capacità di iniziativa e si sono trovate avvolte in un'atmosfera di inferiorità che le ha praticamente paralizzate ed ha impedito loro di proporre soluzioni alternative a quella che ci accingiamo a votare, o a lasciar passare oggi. C'è stata una paralisi effettivamente pericolosa, che a livello nazionale, nel turbamento dei partiti ed in particolare della D.C., pone ancora oggi in estrema difficoltà tutto il quadro politico italiano; una specie di rassegnazione da operazione Valchiria, come se si portasse avanti una tesi valida, ma nella scarsa fiducia di avere la forza e la volontà di realizzarla.
Credo tuttavia che in questa dichiarazione di voto non possiamo non sottolineare esclusivamente gli aspetti formali delle votazioni che ci accingiamo a fare: 30 no contro 30 sì, la seconda e terza elezione per il Presidente della Giunta, l'assenza di qualche Consigliere che consente in qualche modo di far passare con una maggioranza di 30 ciò che nei numeri e nella realtà non dovrebbe passare; sono problemi sui quali non intendiamo soffermarci oltre misura, perché la questione è eminentemente politica, lo è diventata e permane tale nel momento in cui il PSI ha fatto una scelta che lo vede oggi allineato nella proposta di una Giunta di sinistra.
Ebbene noi vogliamo dire al PSI che la sua e una scelta che noi non abbiamo condiviso e che continuiamo a non condividere, ma possiamo comprendere la difficoltà in cui anche il PSI si è trovato dopo le elezioni del 15 giugno, in un momento in cui antiche suggestioni sono riaffiorate e in cui altre valutazioni lo hanno portato a considerare a senso unico la prospettiva per il futuro, là dove invece questa prospettiva non può e non deve essere accettata a senso unico.
Essendo questo il motivo politico fondamentale, è evidente che qualsiasi altro atteggiamento che non implicasse una disponibilità del PSI porterebbe soltanto a forme di ostruzionismo che, pur avendo il merito di mettere in evidenza che la Giunta è paritaria, che non ha cioè una propria maggioranza, non darebbero risultati politici concreti, almeno non in tempi brevi, E poiché il momento è estremamente difficile, poiché oggi ci sono fosche nubi che si addensano sull'orizzonte nazionale, e, per quel che ci riguarda, sull'orizzonte regionale, dobbiamo augurarci che il PSI e la sua rappresentanza che dovrebbe essere eletta nella Giunta, abbia sufficiente forza e sufficiente deterrente per far valere le proprie posizioni politiche. Non possiamo ignorare che c'è una diversa posizione politica tra il PSI e il PCI nelle finalità, almeno per quel che riguarda gli obiettivi essenziali, posizione diversa che è emersa anche recentemente in quel dibattito che si è aperto sulle colonne della Gazzetta del Popolo a latere delle cose dette nel documento presentato per la Giunta e ripetuta anche sui banchi di questo Consiglio. E traspare questa diversità dalle dichiarazioni fatte dal leader della nuova maggioranza, compagno Libertini in cui evidentemente si privilegia una strategia generale che si inserisce questa sì, nel quadro obiettivo delle finalità che porta avanti il PCI mentre non mi pare abbiano riscontro nelle dichiarazioni fatte dall'altro membro, dall'altro contrappeso della Giunta che è in pectore, il compagno Simonelli, tese invece a valutare le reali possibilità della Regione intendendo il ruolo della Regione, non quale centro di pressione, ma centro di elaborazione per ottenere risultati che dalla periferia facciano partire i presupposti di una corretta programmazione e di un utilizzo di tutte le risorse disponibili per uscire al più presto dalla crisi regionale e nazionale.
In questa situazione non possiamo fare altro che ribadire ciò che nel comitato centrale del nostro Partito abbiamo ribadito. Non ci sottraiamo lo abbiamo detto, ad un confronto duro, a un confronto interessante col PC e con le proposte che verranno man mano avanzate, ma offriamo anche, in una fase di appoggio per far prevalere una caratteristica propria del PS all'interno della Giunta stessa, il nostro impegno, la nostra possibilità di dare una mano, se necessario, perché questa linea prevalga.
Viviamo in un momento in cui nel nostro Paese l'atmosfera è diventata pesante, le imperfezioni della democrazia, la sua scarsa solidità, la sua scarsa manifestazione nel modo di esprimersi oggi ci pongono di fronte ad un avvenire che non possiamo non considerare con estrema preoccupazione.
Non abbiamo meccanismi tali da garantirci che la libera alternanza dei Gruppi e delle posizioni politiche, rappresentino un fattore stimolante per la democrazia stessa, abbiamo la possibilità che si instauri una rassegnazione nei confronti della quale anche le istituzioni democratiche possano essere messe in gioco, possano rivelarsi più fragili di quanto non pensiamo.
Ma proprio per questa ragione credo che non possiamo abbandonare le nostre posizioni che sono politiche, ideologiche e intendiamo riaffermare perché se c'è una cosa in cui crediamo è la volontà del popolo italiano di non accettare soluzioni che alterino un quadro istituzionale e politico in senso negatore o della libertà o di quelle forme attraverso cui si articola una libera democrazia.
Noi diciamo quindi di no nella votazione sia del Presidente della Giunta sia della Giunta, con le osservazioni che ho inteso fare e rappresentano da parte nostra una presa di coscienza della responsabilità che oggi ci impone un ruolo al quale non ci sottrarremo, nell'interesse di tutto il Paese.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il dibattito che si è svolto come è già stato riconosciuto da tutti, è stato molto ampio. Dobbiamo dare atto a tutte le forze politiche di essere intervenute con impegno dimostrando così di volere iniziare questa legislatura regionale con la volontà di portare dei contributi alla formazione delle scelte che dovremo fare.
Dobbiamo subito dire che il dibattito si è arricchito, con le posizioni emerse ieri nella conferenza dei Capigruppo e ribadite questa mattina nelle dichiarazioni di voto del Capogruppo della D.C., di alcuni altri argomenti che, secondo me, devono essere portati, in questa che vuole essere una breve dichiarazione di voto, ma che non può fare a meno di considerare anche le posizioni che si sono aggiunte e che, del resto, di largo interesse, attengono alla capacità di dare immediata esecutività alla Giunta che sta per essere eletta oppure di stabilire una posizione di stallo, di immobilismo che noi pensiamo sia assolutamente negativa rispetto alle questioni rimaste aperte.
Il dibattito, che giudichiamo positivo, ha tuttavia dimostrato delle articolazioni diverse: le varie forze politiche e i gruppi all'interno delle stesse, in particolare la D.C., si sono qui espresse con accenti diversi e con i riconoscimenti positivi sono emerse anche posizioni di critica, osservazioni al documento programmatico che è stato presentato, e atteggiamenti che noi riteniamo distorcano sostanzialmente la posizione che noi comunisti siamo venuti assumendo dopo i risultati delle elezioni.
Ecco perché, pur valutando criticamente i vari interventi che si sono svolti, tuttavia tendiamo a cogliere il lato positivo di ognuno di questo in coerenza con l'atteggiamento che abbiamo assunto che è quello appunto di eseguire tutto quello che di unitario, di positivo, può emergere. Non ci possiamo però esimere, in questa occasione, dal ribadire con la necessaria fermezza quelle che sono state le nostre posizioni principali, fondamentali con le quali siamo andati all'incontro con le altre forze politiche.
Ma prima di fare alcune di queste precisazioni, vorrei far rilevare al Consiglio Regionale e anche alla stampa che ci ha seguiti dal 15 giugno, in avanti e che ha potuto così informare costantemente l'opinione pubblica delle trattative, dei discorsi, degli incontri, delle volontà che si venivano formando, un atto che di per sé è significativo del clima nuovo che, a prescindere dai vari atteggiamenti, col voto del 15 giugno si è instaurato in questa nostra assemblea.
Si pensi - e lo possono certamente ricordare i Consiglieri che sono stati rieletti -- alla situazione dei cinque anni passati, li si paragoni al dibattito attuale e si vedrà che nessuno degli intervenuti ha dovuto ricorrere ad accenti polemici per sostenere il proprio diritto a partecipare a tutte le decisioni della Regione; voglio dire che quello che è stato un argomento di scontro permanente in questo Consiglio Regionale sui poteri dell'esecutivo e del Consiglio, sul diritto della minoranza a partecipare a tutte le fasi amministrative e legislative della Regione, in questo dibattito non si è più sentito, è stato rimosso lo steccato dei rapporti Giunta-Consiglio perché siamo noi, forza che ci proponiamo come forza di Governo, ad offrire la partecipazione. Nessun Consigliere in futuro, volendo conoscere le deliberazioni della Giunta, si sentirà rispondere che deve presentare delle interrogazioni, come è stato detto a noi nei cinque anni trascorsi; d'ora in avanti, se questa Giunta sarà eletta, il nostro modo di governare non obbligherà nessuno a presentare interrogazioni perché tutto il lavoro delle Commissioni e della Giunta sarà a disposizione di tutti i Consiglieri e dell'opinione pubblica affinch nessun atto legislativo o amministrativo della Regione sia sconosciuto a chi ha interesse a conoscerlo.
Noi pensiamo che questo sia un cambiamento di qualità e che significhi una dimostrazione della volontà che ci anima. Non sto qui a ricordare che questa nostra volontà si è già espressa con la proposta fatta alle forze di opposizione di assumere la Presidenza del Consiglio e con l'atteggiamento da noi assunto per quanto riguarda la Presidenza delle Commissioni, nessuno ci ha richiesto un numero maggiore di Commissioni, noi abbiamo assunto come forza di Governo, quelle posizioni che dall'opposizione abbiamo sempre sostenuto e ci proponiamo come metodo concreto e permanente quello della partecipazione alle forze del Consiglio Regionale, alle forze esterne sindacali e sociali.
Secondo me questo è un dato incontestabile che nasce da questo primo mese di attività all'esterno del Consiglio, dei primi dibattiti e dalla sostanza delle posizioni e delle proposte che comunisti e socialisti hanno fatto e credo che se ne debba tenere conto perché siamo - e lo vogliamo dimostrare - assertori convinti del concetto di Regione aperta. E badate non si tratta soltanto di problemi di schieramento (per quanto nel frattempo abbiamo tenacemente cercato la convergenza anche su questo) il concetto di Regione aperta noi lo abbiamo sostenuto anche nella passata legislatura perché vuol dire governare con tutti, essere alla ricerca continua di contributi, di convergenze su tutte le questioni.
Il nostro desiderio, la volontà che qui vogliamo riaffermare, è di operare in ogni settore con questo metodo: non chiusura di schieramento, ma ricerca continua di apporti; è intenzione del PCI di affidare incarichi in Enti regionali o collegati alla Regione, ma che da essa dipendano, a uomini capaci, efficienti, regionalisti ed onesti, prescindendo, se è necessario anche dalla collocazione politica. Questo è lo spirito col quale ci apprestiamo, se la Giunta sarà eletta, ad operare in questi cinque anni partendo da domani.
Qualsiasi osservatore attento ed obiettivo ha potuto largamente cogliere, nelle posizioni che siamo venuti esprimendo durante la campagna elettorale e in modo ancora più preciso e concreto dopo, la nostra volontà non strumentale di cercare delle convergenze, la convinzione assoluta del nostro Partito di operare sulla base del consenso, di ricercare la volontà di tutte le forze che vogliono concretamente collaborare per risolvere i problemi aperti nel Paese. Questa è la politica che cerchiamo di tradurre nel momento in cui siamo chiamati ad assumere responsabilità di Governo.
Con questa impostazione, con questo spirito noi siamo andati alla formazione di linee di programma e ricerche di convergenze sullo stesso.
Era abbastanza facile comprendere questa nostra linea; se avessimo tentato di inserire nel documento che è stato programmato (e parlo per noi comunisti) quanto in cinque anni abbiamo elaborato e proposto in questo Consiglio, avremmo potuto scrivere un libro. Ma i Consiglieri intervenuti in generale, non sono stati in grado o non hanno voluto, o non hanno potuto comprendere che trattandosi di linee programmatiche il problema era un altro. Ribadisco che la nostra proposta contiene essenzialmente un progetto politico che affronta il problema principale, quello dell'industria e della occupazione Si tratta di fare della Regione un momento di elaborazione e di azione politica che operando per risolvere i propri problemi, contribuisce alla ricerca e all'azione, per risolvere quelli nazionali. E' volontarismo? Lo vedremo. Sappiamo per certo che il contrario di questo è un'autolimitazione politica ed un ridursi opportunisticamente ad una pura gestione amministrativa resa peraltro insufficiente e limitata dalle difficoltà finanziarie, burocratiche e di altro genere che voi largamente conoscete, sostenete e condividete.
Eppure nei primi incontri a sei, quelli che si sono avuti per iniziativa del PS e che tutti hanno giudicato positivi, i Partiti hanno dimostrato di comprendere questa caratteristica fondamentale del documento: io ricordo l'intervento che fecero in quella sede Cardinali, Gandolfi e altri, in cui riconoscevano che la nostra proposta politica tendeva ad affrontare il problema di fondo per tentare di risolverlo, ma anche per offrire un quadro di riferimento all'attività di tutti quanti, Enti pubblici e privati, i quali vogliano collocarsi all'interno di un disegno che sia stato affrontato e risolto dalla Regione.
Ci fu detto in quell'occasione che era giusto, ma che occorrevano (mi ricordo che lo disse Gandolfi) approfondimenti di carattere settoriale e noi riconoscemmo che questo era indubbiamente un elemento necessario e demmo ampie assicurazioni; del resto mi pare che chi voglia oggettivamente riconoscere quanto è stato elaborato nei cinque anni trascorsi e che non può essere trascurato, sa benissimo che affrontato il nodo cruciale e stabilito il necessario collegamento tra questo quadro organico e le attività settoriali, la definizione di queste non sarà difficile, ma sarà più organica, più importante, più efficace, perché riuscirà a collocarsi in un contesto più ampio che è il nodo di fondo che abbiamo di fronte e che noi proponiamo a tutte le forze politiche, sociali, imprenditoriali che affronteremo, per intanto, in quella grande conferenza che è già stata giudicata importante.
Sono anche stati fatti dei passi indietro accusando il documento di volontarismo, di genericità, di vuoti politici e cosi via. Devo affermare che noi non vogliamo giudicare negativamente - e l'ho detto all'inizio - il modo con il quale i singoli intervenuti hanno voluto collocarsi in questo dibattito, svolgiamo una analisi succinta, molto schematica, ma critica di questi interventi essenzialmente per arrivare all'approdo politico che è anche l'inizio di come siamo partiti; devo dire che gli interventi, in generale, non hanno in effetti contrapposto nessun programma alternativo alle accuse di genericità non è stata presentata nessuna proposta precisa alternativa.
Devo dire che non tutti i Partiti, non tutti i Gruppi si sono posti allo stesso modo rispetto al documento; noi tutti abbiamo apprezzato gli interventi che, pur da posizioni di partenza opposte, hanno colto il problema e hanno dato una loro impronta, una loro giustificazione come il PRI, il PLI; lo stesso PSDI, pur assumendo su problemi di schieramento l'atteggiamento che ha ritenuto di assumere, tuttavia si è collocata all'interno delle questioni esposte nel documento cercando succintamente di dare dei contributi di carattere positivo, atteggiamento che ha ancora adesso confermato.
Ma la nostra critica tocca particolarmente la D.C.; secondo noi la D.C.
quanto meno questa del Piemonte, non sembra avere capito il significato del voto del 15 giugno. Nei vari interventi si è notato un impressionante livore antisocialista: questi nostri compagni sono buoni quando si alleano con la D.C. ma diventano cattivi quando interpretando oggettivamente il senso del voto del 15 giugno, dichiarano di non voler governare solo coi comunisti, ma dichiarano di non poter governare senza la partecipazione di quella che è oggi la grande forza politica esistente in Piemonte.
Il secondo elemento che è emerso secondo noi dai vari interventi è una valutazione puramente numerica, molto hanno insistito gli oratori della DC su questo calcolo dei numeri che non farebbe corrispondere la maggioranza che sta per costituirsi con quella che in realtà si sarebbe espressa con la riedizione del centro sinistra.
Noi diciamo che c'è una carenza di carattere politico che corrisponde allo stato di confusione esistente oggi all'interno della D.C. è inutile negarlo e noi ne prendiamo atto con preoccupazione perché siamo interessati invece al fatto che la DC operi su un binario preciso per risolvere i problemi del nostro Paese; ma è un fatto che oggi la DC (ne è testimone l'andamento e la conclusione del suo Consiglio nazionale) non è in grado di esprimere una linea, tutti gli osservatori politici ed economici di questi giorni hanno dovuto affermare che lì non si è discusso ancora dei problemi di fondo, non si è andati alla ricerca di una linea unitaria, ma si è discusso ancora all'insegna degli scontri fra correnti ed il nostro augurio è che il nuovo Segretario della D.C. possa contribuire alla definizione di una linea precisa che ridia alla DC il posto che le spetta nel Paese.
Forse è questo stato di impotenza, di confusione, di ricerca di linea che ha costretto i DC a fare soprattutto questioni numeriche; è certo che dal punto di vista, consentitemi, anche culturale oltre che politico nessun uomo politico vero, collegato alle situazioni reali, può sfuggire al significato politico del voto che incontestabilmente ha espresso un orientamento a sinistra.
D'altra parte il rilancio così come è avvenuto ancora stamattina del centro sinistra, ha un po' il sapore, in ultima analisi, di impotenza politica. Ma quale centro sinistra? Lo ha già detto Minucci nel suo primo intervento, basta guardarsi attorno, quale centro sinistra? Nel momento in cui il PS, all'unanimità, nel proprio comitato centrale ieri ha affermato non esserci più in Italia le condizioni del centro-sinistra, questa componente essenziale del fu centro-sinistra non c'è più, a quale centro sinistra ci si rifà? Dall'interno del Consiglio nazionale della DC autorevoli voci si sono levate riconoscendo che l'esaurirsi del centrismo e del centro-sinistra apre una terza fase nel nostro Paese, si tratta di partire da questo per vedere quale deve essere questa fase. Ma lottare per riproporre nelle stesse condizioni di prima il centro sinistra significa riesumare un fantasma che non ha alcuna possibilità di operare.
Il richiamo che noi facciamo alle altre forze politiche è un richiamo al realismo politico, alle situazioni oggettive così come sono venute esprimendosi dalla realtà regionale e dal voto espresso e non soltanto in Piemonte: ieri a Milano l' elezione del Sindaco Aniasi è avvenuta con l'adesione non soltanto di comunisti e socialisti, ma con l'adesione di altri rappresentanti di forze politiche. Voi vi rifate a una formula politica che si sta sfaldando politicamente di fatto da ogni parte.
E allora, non è valida, non si riconferma giusta la proposta che noi comunisti e socialisti abbiamo fatto qui in Piemonte, partendo dalle condizioni drammatiche esistenti in cui i problemi della occupazione sono più gravi di ieri e richiedono interventi di carattere immediato, di trovare sui contenuti delle convergenze e poi da questo risultato vedere quale schieramento fare emergere? E' sostanzialmente falsa, è distorcente la posizione che ancora qui stamattina è stata ribadita dalla Giunta, è una forzatura. Desidero ribadire che ciò non corrisponde alla realtà, la realtà vera di cui ognuno di voi oggettivamente può far fede è che noi comunisti con i compagni socialisti, abbiamo continuamente offerto alle altre forze politiche di convergere su una linea concreta e confermo che noi comunisti abbiamo sostenuto che, chiamati attorno ad un tavolo per discutere e formare un programma, ne saremmo rimasti fuori, consentendo alla D.C. al PS e a quanti altri avessero condiviso quel programma, di gestirselo dal punto di vista della Giunta. Non potendo contestare questo, quale forza politica può affermare che la Giunta che viene proposta è una forzatura rispetto al quadro politico? Noi diciamo che questa mattina si costituisce una Giunta di sinistra per i limiti che abbiamo incontrato e proporre uno schieramento più largo; oggi proponiamo una Giunta di sinistra perché riconosciamo uno stato di necessità assoluta e anche perché nessun altro schieramento è possibile. Qual è l'altro schieramento proposto? Il centro sinistra. Ma se i socialisti hanno dichiarato a chiare lettere che non sono d'accordo per una riedizione di quel centro sinistra! Se questa mattina non si elegge la Giunta si apre un vuoto politico e di potere molto grave, ci sono problemi che occorre affrontare subito, vi sono le leggi che sono state rinviate dal Commissario nella passata legislatura e che si riferiscono ad interventi per l'agricoltura, vedremo il modo, devono essere riadottate prima delle ferie estive; c'è la legge sul centro di calcolo, l'esame degli interventi per la casa, la legge per il passaggio ai consorzi di bonifica montana, c'è un complesso di interventi che noi proponiamo che il Consiglio faccia subito, prima delle ferie estive, e per far questo la Giunta deve poter operare subito. Ci sono i problemi delle fabbriche, della Emanuel, che devono essere affrontati immediatamente, c'è la questione del pacchetto di emergenza su cui il Consiglio deve esprimersi perché l'impiego di questi miliardi corrisponde a esigenze fondamentali della Regione Piemonte.
E allora, rispetto a questo quadro politico e a queste esigenze, come valutare la questione di illegittimità sollevata ieri dai Capigruppo e stamani, in forma meno esplicita, dal Capogruppo della DC? La sostanza sarebbe questa: non ci sono problemi per la elezione del Presidente della Giunta, a norma di Statuto il Presidente in seconda o terza votazione passa con 30 voti, però questi 30 voti, non basterebbero più per eleggere la Giunta, per cui, se la lista di nomi proposti per la Giunta ottiene 30 voti a favore e 30 contrari, la Giunta non può essere eletta.
Secondo noi c'è un vizio di fondo in questo ragionamento, un vizio giuridico e un vizio politico. Dal punto di vista giuridico (non è mia intenzione addentrarmi nella questione anche perché non ne sarei capace) il problema per noi è sciolto, ma desidero fare osservare due cose: lo Statuto ha certamente bisogno di alcune modifiche, allora eravamo alla prima esperienza ma i verbali delle dichiarazioni, degli emendamenti proposti cinque anni fa sono molto chiari e molto indicativi della volontà, non nostra, tendente, per non creare dei vuoti politici, ad eleggere il Presidente magari anche con venti voti; se è necessario potremo intervenire su questo, ma non mi pare perché la questione posta da Bianchi secondo noi non si pone, il problema è un altro: l'articolo dello Statuto che stabilisce le modalità per la elezione della Giunta, dice che l'elezione del Presidente e della Giunta avviene sempre a seguito di presentazione di un documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri con il quale si propongono al Consiglio il Presidente e la lista degli Assessori, si fa un dibattito e si elegge il Presidente. Alla fine, sempre nello stesso articolo, (il legislatore è stato molto chiaro, non due votazioni separate) si stabilisce che per quanto riguarda la Giunta la sua elezione avviene a maggioranza semplice con votazione della lista "ad esso collegata". "Ad esso Presidente della Giunta appena eletto".



ZANONE Valerio

Ad esso "documento".



BERTI Antonio

Nel documento vi sono le linee programmatiche, ma anche i nomi del Presidente e degli Assessori. Non ci sono dubbi sul fatto che le due questioni non possono prescindere l'una dall'altra; la cosa si risolve secondo noi, nel modo più semplice; del resto già stamani i giornali, senza essere a conoscenza della questione che si è aperta, con il loro buon senso e con la giusta interpretazione dello Statuto hanno risolto il problema: se l'elezione della Giunta e del Presidente avviene sulla base di un documento, essendoci un solo documento, è chiaro che i voti si esprimono per gli uomini ivi indicati e i nomi che hanno ottenuto un maggior numero di voti sono gli eletti.



MINUCCI Adalberto

Ma lo Statuto chiede la maggioranza semplice.



BIANCHI Adriano

Assoluta per ragioni politiche, e semplice...



MINUCCI Adalberto

Tu prevedi una maggioranza assoluta che lo Statuto non prevede.



BERTI Antonio

Non vorrei che il discorso si fermasse su questioni giuridiche.
Desidero concludere con le osservazioni di carattere politico. Intanto consentitemi di chiamarlo "calcolo politico" perché mi sto chiedendo: se il Presidente della Giunta è già eletto da uno schieramento politico, a che serve ritardare la messa in opera della Giunta? Si potrebbe dire che esiste un disegno politico per rimettere in discussione tutto, certo, si può anche capire che ognuno, al di là delle posizioni espresse 15 giorni prima, tenta il tutto per tutto per far saltare la Giunta che si sta formando.
Ma avendo già il Presidente eletto, che significato ha (consentitemi il termine) fare dell'ostruzionismo per quanto riguarda la Giunta? Le conseguenze sarebbero molto serie, ma la prima che mi balza agli occhi è che il vostro ragionamento politico non prescinde da un'affermazione politica che tutti i partiti hanno fatto in Consiglio: voi fate questo calcolo, 30 voti alla maggioranza che si propone e 30 voti dall'altra parte, ma in questo sono compresi i due voti fascisti, mentre in quest'aula tutti hanno affermato che non si terrà conto dei due voti fascisti.



BIANCHI Adriano

E' la stessa cosa.



BERTI Antonio

No, non è la stessa cosa; il richiamo che voi ci avete fatto è che in passato, pur partendo da posizioni diverse, abbiamo finito per votare allo stesso modo; ma si trattava di questioni di contenuto e non della situazione politica attuale da cui nessuno può prescindere se non persegue un disegno che vorremmo anche conoscere.
Questo è un argomento che noi proponiamo a tutte le forze politiche perché lo vogliano valutare.
Infine, ed è davvero l'ultima considerazione, il problema è sorto di fronte alla richiesta della dichiarazione di immediata esecutività della deliberazione con la quale si elegge la Giunta.



OBERTO Gianni

Non è necessaria, non ha bisogno di nessuna approvazione, è come un'interna corporis, non si pone il problema.



BERTI Antonio

Se non è necessaria lo vedremo poi, comunque mi interessa ancora il discorso politico: noi potremmo, al momento opportuno, tenere conto oppure no delle osservazioni giuridiche, sarà un momento di assunzione di responsabilità politiche, ma è ancora sempre da questo punto di vista che desidero affrontare il problema.
Quali sono le conseguenze di un atteggiamento che metta in causa l'elezione della Giunta? La immediata esecutività della deliberazione consente sin da domani alla Giunta di operare, se la Giunta non viene eletta, se viene contestata immediatamente, o con ricorsi, la realtà politica del Piemonte sarà di un vuoto politico e di poteri che si trascinerà per mesi.
Io ripeto che se arriviamo a questo tipo di schieramento è perché non siamo riusciti a realizzare uno schieramento più largo, cosa che auspichiamo possa avvenire il più rapidamente possibile, se questo non si realizza ogni forza politica è chiamata ad assumersi le proprie responsabilità.
Concludendo, signor Presidente, signori Consiglieri, noi procediamo oggi alla votazione del Presidente della Giunta ed a nome del mio Gruppo desidero formulare al candidato, compagno Viglione, i nostri auguri più fervidi di buon lavoro. Noi siamo convinti che quanto da lui espresso sul piano dell'antifascismo, dell'impegno di bene operare, sono una garanzia siamo convinti che la ricerca di lavoro collegiale nel Consiglio ed all'esterno consentirà di operare all'insegna di quel metodo che abbiamo voluto fortemente affermare.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, il P.R.I. non può, anche in questa occasione, non esprimere la propria opposizione, che del resto è stata ampiamente dichiarata nelle scorse settimane, alla soluzione politica che per la Presidenza e la Giunta, il Consiglio Regionale sta per dare.
Il P.R.I. ha espresso delle grosse riserve non tanto per la debolezza numerica della soluzione di Governo che si sta per varare, per quanto vale la pena che io apra un piccolo inciso dopo quello che ha detto il collega Berti: mi sembra che la formulazione dell'ultimo comma dell'art. 32 dello Statuto non lasci adito a dubbi: l'elezione della Giunta è legittima se espressa attraverso un voto in cui si registra una maggioranza relativa.
Nel caso di una condizione paritaria di voti favorevoli e contrari la maggioranza relativa non c'è, comunque è un caso che oggi non si verificherà e quindi possiamo trascurarlo dal punto di vista giuridico e procedurale.



MINUCCI Adalberto

E' un'interpretazione capziosa dello Statuto perché lei chiede una maggioranza assoluta che lo Statuto non prescrive.



GANDOLFI Aldo

No, non maggioranza assoluta, dico che deve essere una maggioranza relativa.



MINUCCI Adalberto

Addirittura lo Statuto prevede che se ci fossero due schieramenti, 30 contro 30, passa quello col Presidente più anziano, lei ha contribuito con noi a formulare lo Statuto e sa bene qual era lo spirito, volevamo garantire un Governo alla Regione, in ogni caso.



OBERTO Gianni

Questa è un'interpretazione soggettiva, nello Statuto non è scritta.



MINUCCI Adalberto

No, è un'interpretazione sostanziale.



GANDOLFI Aldo

Io vorrei solo precisare che la dizione "maggioranza relativa" significa che i "si" devono superare i "no", non occorre il 31° voto.
Comunque, questo fa parte di valutazioni di carattere giuridico che oggi non avranno possibilità di esprimersi perché è una situazione che non si verificherà.
Le considerazioni che abbiamo già fatto e che dobbiamo ribadire, sono di carattere squisitamente politico e qua ci riferiamo a quello che in fondo è il nodo del problema e che già Berti ha centrato, cioè quello che è dirimente e determinante nella situazione che si sta determinando nel Paese a livelli periferici, a livelli nazionali, è in definitiva l'atteggiamento del P.S. il quale, nelle posizioni che ha assunto a livello periferico e ultimamente anche a livello del proprio Comitato centrale, in sostanza porta avanti un'iniziativa politica che si arrocca su una posizione che secondo noi è debole per il PS, ma gravida di pericoli anche per il Paese perché quello che il PS oggi fa non è un discorso di indicazioni di carattere programmatico, di iniziative da assumere sul piano del rilancio economico, sul piano della politica istituzionale, è semplicemente la richiesta di rovesciamento di una pregiudiziale; come prima esisteva una pregiudiziale anticomunista oggi il PS fa una pregiudiziale di carattere filocomunista, cioè di assoluta sua non disponibilità a trattare soluzioni politiche che non vedano il PCI presente come forza determinante. E questo scusatemi, è esclusivamente, deve essere riconosciuto, un discorso di schieramento estremamente debole, che rischia di aumentare la confusione del Paese, restringe i margini di consistenza, di iniziativa e di incidenza di una compagine governativa e non ha delle prospettive di sviluppo sicure e produttive a livello nazionale.
Il problema dei rapporti col PCI non si può risolvere con una semplice meccanica di rovesciamento di antiche pregiudiziali e di alleanze, è un problema complesso di confronto sugli indirizzi programmatici a livello nazionale, a livello locale di strategia e di Governo, di problematiche di carattere internazionale che richiedono anche tempi lunghi e una chiarezza di posizioni che, ripeto, sui piani dei contenuti nelle posizioni del PS noi non registriamo.
E devo dire, a chiarimento della nostra posizione, che il confronto sul piano programmatico noi lo accettiamo nella distinzione della collocazione politica che riteniamo sia ancora fondamentale proprio per una maturazione positiva di rapporti politici, di capacità di incidenza degli organi di Governo che a tutti i livelli devono dare una soluzione ai problemi del Paese. Questo approfondimento di carattere programmatico, che non abbiamo rifiutato, che non rifiuteremo, proprio nei rapporti col PCI ha bisogno di chiarimenti di fondo su alcuni problemi che certamente verranno, che noi ci auguriamo che i dibattiti ci possano consegnare sul problema della politica industriale nell'ambito dei piani di rilancio economico del Paese, dei rapporti tra Enti locali e Stato, non deve essere un tentativo di contestazione, di scardinamento di equilibri politici nazionali, ma di riassetto istituzionale corretto della situazione del nostro Paese, di rapporti tra la finanza locale e la finanza statale nel suo complesso.
Tutti questi sono problemi di fondo che attraverso un rapporto corretto e costruttivo tra le forze politiche si deve determinare come fatto di svolta (se vogliamo che veramente ci sia) e di risanamento della situazione politica generale del Paese, ma che deve avere un'estrema chiarezza e responsabilità nel determinare il capovolgimento degli equilibri politici nel rovesciamento di pregiudiziali e di alleanze che non abbiano, come non hanno, ci sembra, nella posizione del PS, una posizione e un confronto di carattere programmatico chiaro.
Rispetto a questa strategia che per noi è gravida di conseguenze ed estremamente pericolosa per gli equilibri politici nazionali, noi esprimiamo una posizione di dissenso profondo e di estrema preoccupazione.
Rispetto al Presidente della Giunta e alla Giunta che si formeranno, la posizione del PRI l'abbiamo ribadita, al di là del dissenso profondo e di critica politica motivata che rivolgiamo in particolare al PS, comunque il PRI avrà una posizione estremamente precisa sul confronto dei contenuti e delle posizioni programmatiche che la Giunta presenterà al Consiglio. Su questo terreno verificheremo se i nostri timori e le nostre preoccupazioni che noi riteniamo importanti, sul futuro del Paese, hanno consistenza e validità, se questa Giunta avrà la forza politica di realizzare e trovare consenso e forza di incidenza oppure no, se i contenuti che verranno proposti saranno validi rispetto al quadro generale dei problemi che il Paese ha di fronte e in base a questo ci comporteremo.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni, ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il no della Destra Nazionale al Presidente ed agli Assessori di sinistra che qui si propongono è un fatto scontato, con valore ed in termini di contrapposizione etica prima e ancora più che di contrapposizione politica. E pertanto con questo nostro intervento noi ci limiteremo ad alcune rapide considerazioni che per senso di responsabilità avvertiamo il dovere di fare.
E incominciando, diremo subito che noi non siamo né sorpresi, n scandalizzati per il fatto che, pur non avendo conquistato la maggioranza e disponendo in questo Consiglio Regionale soltanto di 30 seggi, ciò non di meno le sinistre si accingono ad assumere il Governo della Regione. Questa soluzione, per quanto possa apparire forzata sul piano meramente aritmetico, discende comunque come logica conseguenza dal risultato elettorale; negarlo sarebbe del tutto sciocco, o comunque non servirebbe a comprendere la nuova realtà che si è determinata nel Paese.
Il 15 giugno ha conferito, è vero, un grosso, un notevole successo elettorale al Partito comunista ed ha praticamente costretto - ecco il punto - il Partito socialista a rimeditare la propria linea politica portandolo al ripudio del centro sinistra e facendolo diventare, questo sì il vero, l'autentico partito del compromesso storico nel senso che se prima delle elezioni del 15 giugno, l'obiettivo di fondo del P.S.I. era quello di impedire qualunque intesa tra D.C. e comunisti, dopo le elezioni lo stesso P.S.I., visto il modesto successo elettorale conseguito, altra via non aveva se non dichiarare di volere condividere il potere anche con i comunisti, rifiutandosi di condividerlo soltanto più con i D.C.
Quindi ecco, giudicata secondo questa angolazione, l'iniziativa delle sinistre alla Regione Piemonte ha una sua validità obiettiva di cui bisogna prendere atto, semmai per attrezzarsi, semmai per vedere che cosa fare, che cosa contrapporre.
Con fantasia innegabile il P.C.I. ha lanciato la formula delle maggioranze aperte attorno alla quale, giova pure riconoscerlo, si è incentrato tutto il dibattito politico di queste settimane post-elettorali.
Mai un successo così vistoso era stato gestito con tanta intelligenza, mai un successo elettorale così notevole era stato sfruttato con tanta prontezza e capacità di riflessi, nessun trionfalismo da parte comunista (e vale la pena di ricordare qui il discorso che fece nella seduta di apertura il Consigliere Berti), nessuna ostentazione di forza, piuttosto una rapidissima corsa alla conquista di posizioni, all'accaparramento di posti di controllo, alla ricerca soprattutto di alleati o di complici, o magari di mercenari travestiti da alleati o da complici.
E la D.C. e gli altri partiti, sia pure attraverso indubbi tentennamenti, sono riusciti sinora a sottrarsi a questa formula insidiosa delle maggioranze aperte. Ma che cosa sono stati in grado di contrapporre al tatticismo spregiudicato delle sinistre? Soltanto il monotono e lacrimevole appello al P.S.I. per il ripristino di una formula, quella del centro sinistra, che lo stesso P.S.I. dichiarava superata e comunque travolta, non più realizzabile dalla nuova realtà del 15 giugno.
Abbiamo udito in quest'aula e li abbiamo sentiti ripetere questa mattina, interventi a dire poco stucchevoli, che tendevano a dimostrare quanto fosse ancora possibile, sulla scorta dei risultati elettorali costituire una maggioranza di centro-sinistra; interventi sofferti interventi ricchi di cifre e di dati, ma interventi che avevano un solo difetto, quello di non tenere conto che il P S I non ci stava più, quello di ostinarsi a non capire questa nuova realtà. Ed è stato, questo sterile tentativo di risuscitare formule politiche morte e sepolte, tanto più grave in quanto dimostra che la D.C. nulla ha compreso dalla lezione del 15 giugno.
L'innegabile successo comunista trae la sua origine dai motivi di fondo della crisi in cui versa la società italiana e in questo una parte dei voti andati ai comunisti sono davvero voti di protesta, ma deriva anche, e forse soprattutto (e in questo siamo abbastanza d'accordo con la tesi portata avanti In altra seduta dal Consigliere Rossotto) dalle incredibili facilitazioni che al P.C.I. sono state accordate e che risalgono tutte alla facilitazione iniziale, fondamentale, in qualche modo pregiudiziale, il centro-sinistra, il centro-sinistra che la D.C. follemente ha presentato a sé stessa e agli altri come formula esclusiva priva di qualsiasi alternativa, il centro sinistra che la D.C. ed i suoi alleati minori e in qualche momento persino i liberali, hanno praticato, o accettato, o tollerato, o subito senza avere il coraggio e la capacità di pretendere dai socialisti la sola, la vera garanzia che doveva essere chiesta ed ottenuta vale a dire la rottura del rapporto socialismo-comunismo; il centro sinistra che ha partorito la triplice sindacale e con essa la consegna del sindacalismo di potere alla CGIL e quindi al Partito comunista; il centro sinistra che permettendo ai socialisti di stare al Governo ed all'opposizione, ha consentito in pari tempo ai comunisti di condizionare i socialisti al Governo e di scavalcarli nell'opposizione; il centro-sinistra che, postulando come irreversibile a sé stesso, ha postulato come irreversibile la chiusura a destra; il centro-sinistra che da un lato non è riuscito a distruggere, perché non ha nemmeno tentato di farlo, il frontismo di sinistra, mentre dall'altro lato ha regalato ai comunisti il frontismo antifascista; il centro-sinistra che ha inventato la formula dell'arco costituzionale nel tentativo di discriminare, di isolare la destra, ma che al tempo stesso non ha perduto occasione per riconoscere legittimità costituzionale al Partito comunista.
Ecco, la D.C. con un'ostinazione che è semplicemente assurda, con una caparbietà inspiegabile non vede tutto questo, non si decide a prenderne atto; alla strategia, all'impegno, alla fantasia posti in essere dai comunisti altro non sa opporre, come dicevamo, che questo stucchevole appello al centro-sinistra, anche se da tempo qui è chiaramente prevalsa la cosiddetta linea Vittorelli e se a Roma De Martino ha ribadito che il Comitato centrale del P.S.I. ha proclamato la fine del centro sinistra.
Per cui tutte queste sterili lagnanze dei vedovi del centro-sinistra (e sono state interpretate, a turno, ora da Bianchi, ora da Cardinali, ora da Gandolfi ), questo corteggiamento sollecito, in tanti punti addirittura indecoroso nei confronti dei socialisti, altro effetto non poteva sortire che quello che si è puntualmente verificato: una perdita di tempo e con esso uno scollamento trai Gruppi di opposizione.
A prescindere dallo squallido episodio del franco tiratore - e questi si, Presidente Sanlorenzo, sarebbero i voti che moralmente andrebbero respinti anche se provenienti dall'arco costituzionale - a prescindere dicevamo, anche da questo episodio, è appunto ciò che si è dovuto constatare nel dibattito svoltosi in quest'aula e che ha dato modo all'on.
Libertini di rilevare, non a torto, le contraddizioni venute alla luce tra le diverse minoranze e all'interno delle stesse. Da una parte dunque il fronte delle sinistre, compatto, omogeneo, ben determinato negli obiettivi da perseguire e nelle mete da raggiungere, dall'altra un'opposizione divisa, frazionata che si attarda in ipotesi fuori della realtà o che al massimo disserta, come ha voluto fare con un'acutezza che pure le riconosciamo, sul pericolo di una Regione costruita a modello vicepresidenziale, quale quella denunciata dal Consigliere Zanone.
Questa è la situazione nel momento in cui, tenuta a battesimo dall'ignavia di tanti, in Piemonte sta per nascere la quinta Regione rossa.
Le responsabilità sono evidenti e non possono essere sottaciute. Qui si sta giocando una partita grossa, di portata determinante, oseremo dire drammatica, qui in questa Regione non altrove, attraverso l'esperimento in corso, sarà verificata e misurata la credibilità del Partito comunista.
Ebbene, da parte di coloro che si proclamano anticomunisti, che cosa si è fatto, o almeno che cosa ci si propone di fare per non lasciare spazio a questa sperimentazione delle sinistre? Abbiamo già detto, poco o nulla.
Noi non crediamo al mito dell'efficientismo rosso, che proprio nelle Regioni già governate dalle sinistre si è sfaldata, crediamo però che qualcosa debba essere pur fatto sul piano della lotta ai comunisti, ma sentiamo invece parlare di dialogo, di confronto, di opposizione costruttiva, termini, tutti questi, sfumati, sfuocati, che nascondono la rassegnazione e forse il preludio alla resa. Al comunismo ci si oppone in altro modo, con un'altra volontà perché, badate colleghi, il discorso non può essere quello del comunismo buono o cattivo, del comunismo dal volto umano o dal volto brutale, in politica questi discorsi sono sciocchi e comunque non contano nulla, il discorso è tra il comunismo che vuole una certa società e quelli che ne vogliono un'altra. Quello che conta non è che i comunisti siano buoni o cattivi, ma è il comprendere che essi vogliono costruire una società che sarà comunque cattiva, indottrinata, fuori dalla natura dell'uomo e dalla sua storia, una società piatta e volgare, una società indistinta e squallida in cui le cose ed i valori nei quali noi abbiamo creduto e crediamo, non noi della Destra, ma tutti noi, tutti coloro che riconoscono di avere una concezione spirituale della vita, non esistono più.
Questa è la società che sta alla fine di ogni marcia, breve o lunga che sia, del Partito comunista.
E allora ecco che posta su questo piano la questione, cadono, vengono travolte le illusioni del dialogo e del confronto, vi può essere solo la contrapposizione, cioè un'opposizione che non sia sterilmente ostruzionistica, che non sia neppure agganciata a cavillose interpretazioni statutarie, ma un'opposizione seria, che sia sostanziata da una volontà nuova, una volontà che cominci finalmente a tenere conto di cos'è davvero il Partito comunista.
Ecco, noi vorremmo ci fosse consentita un'annotazione personale: siamo stati attenti testimoni dell'abbraccio con il quale il comunista Minucci ha salutato l'elezione del collega Sanlorenzo alla Presidenza di questa Assemblea; non era, colleghi Consiglieri, l'abbraccio di militanti che hanno riportato una grossa vittoria, era qualcosa di più, era l'atteggiamento che assumono dei credenti, perché questo è il Partito comunista e questo dobbiamo capire tutti se vogliamo opporci adesso con successo: il Partito comunista non è un partito come tutti gli altri, è qualcosa di diverso, è una fede, è una fede atea, è una fede marxista se volete, ma è qualcosa che parla alle coscienze, che parla agli uomini, che parla alle nuove generazioni. E allora ecco qual è il punto: o a questa fede voi, noi, tutti sappiamo e riusciamo a contrapporre un'altra fede oppure non c'è alternativa, noi saremo fatalmente spazzati via.
Noi siamo - lo vogliamo dire con chiarezza - siamo disponibili in quest'aula per questo tipo di battaglia, al di là del fatto che sono battaglie alle quali vi ritroverete fatalmente se non vorrete essere travolti.



BIANCHI Adriano

Sono società diverse.



CARAZZONI Nino

Sono società che partono comunque dall'accettazione del metodo libero e su questo ci possiamo e ci dobbiamo ritrovare.
Parlavamo di disponibilità dei voti della Destra Nazionale. Noi abbiamo il dovere di dire, poiché la questione è stata posta e poiché da parte di qualche Consigliere si è cercato di farne anche motivo di speculazione, che non può certo essere accusato il collega Curci, stamani assente, del fatto che non sarà possibile, come forse si divisava fare, impugnare l'elezione della Giunta di sinistra che avrebbe avuto ai trenta voti positivi i contrapposti trenta voti negativi, questo è del tutto strumentale, è del tutto non serio; il collega Curci è assente per ben fondate ragioni e in ogni caso se questa operazione la D.C. aveva in animo di portare avanti ebbene la D.C. - questo è il discorso chiaro che facciamo - aveva il dovere, così come avrà il dovere tutte le volte che vorrà porsi su questo piano, di colloquiare con noi.



OBERTO Gianni

Questo non lo faremo mai.



CARAZZONI Nino

Voi anche in questo non avete compreso la lezione del 15 giugno, siete comunque in palese e in evidente contraddizione con voi stessi perché non potete parlare di due schieramenti di trenta e trenta voti prescindendo dai due voti che il M.S.I.-Destra Nazionale controlla in quest'aula e che non saranno mai disponibili, intendiamoci, per sterili ostruzionismi dicevamo prima e per cavillose interpretazioni statutarie, ma che saranno sempre a disposizione per ogni seria iniziativa di carattere anticomunista. Poi vedremo se non ci verranno mai richiesti; è un fatto che, soprattutto dopo questa fase, quando si passerà alla produzione legislativa, o qui si vareranno leggi concordate e patteggiate, cioè di tipo assembleare con il Partito comunista - e in questo caso non respingiamo certo il ruolo dell'opposizione - oppure il discorso dovrà essere ripreso daccapo, piaccia o non piaccia a qualcuno.
Questa è la posizione, credo chiara, credo coerente, se mi consentite forse anche coraggiosa che la Destra Nazionale ha ritenuto e ritiene di dover assumere nel momento in cui si sta per eleggere una Giunta di sinistra.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, intendo fare seguire alcune brevi considerazioni al dibattito sulla mozione programmatica per esprimere, in sede di dichiarazione di voto, l'opposizione del Gruppo liberale all'indirizzo politico della nuova Giunta che sta per costituirsi e alla maggioranza che la sostiene.
Si tratta, come è stato osservato da varie voci nel dibattito di stamani, di una Giunta paritaria che dispone della metà dei seggi assegnati al Consiglio e che quindi, collega Minucci, non è una maggioranza n speciale né semplice, perché la maggioranza semplice è quella in cui i voti favorevoli sono almeno uno di più di quelli contrari.
Questo dato di fatto, a mio avviso, non è un aspetto formale del problema, è un aspetto sostanziale; non solo perché l'esistenza di una maggioranza semplice per l'elezione della Giunta è prescritta nello Statuto, ma prima ancora che per la disposizione statutaria, per esigenze politiche che sono evidentemente fondamentali.
Mi riferisco brevemente alla lucida spiegazione che il Consigliere Berti ha dato poc'anzi sui problemi procedurali, ma nello stesso tempo politici, che deriverebbero da un risultato di votazione in cui l'intero Consiglio, esprimendosi, desse luogo ad un risultato di 30 voti favorevoli contro 30 contrari.
Nell'ipotesi di questo risultato la nomina dell'esecutivo si bloccherebbe a metà strada e con ciò, anche se lo Statuto non è esplicito in materia, c'è da presumere che la stessa elezione, pur già avvenuta, del Presidente della Giunta, dovrebbe essere sottoposta a revoca in quanto secondo il commento al nostro Statuto, che fra l'altro è opera di un noto giurista di tendenze socialiste, l'elezione della Giunta rispetto all'elezione del Presidente è un atto successivo inscindibile nella procedura: d'altra parte è anche chiaro ai non giuristi che la solidarietà dei due organi esecutivi è una solidarietà di stretta connessione.
Per un caso, che io non ho alcun dubbio nel ritenere fortuito, questa situazione di stallo nella formazione dell'esecutivo della Regione sarà stamani impedita dall'assenza di un Consigliere, il collega Curci; e questa assenza viene di fatto a rendere possibile un risultato di maggioranza che molto chiaramente è un risultato di maggioranza numerica e non di maggioranza politica.
Ho detto sin dall'inizio che non ho dubbi nel giudicare fortuita questa situazione; mi compiaccio che fra i molti cedimenti e le facilitazioni nei confronti del Partito comunista, di cui il Consigliere Carazzoni fa spesso riferimento nel giornale "Il Dardo" che talora ricevo, almeno questa volta questa facilitazione non possa essere addebitata ai Gruppi di opposizione democratica.



CARAZZONI Nino

Anche perché non è una facilitazione.



ZANONE Valerio

E' una facilitazione di fatto. Però, al di là della casualità di questo dato numerico, sul piano politico la costituzione di una Giunta di sinistra in queste condizioni mi pare ponga ai Gruppi che si dispongono a formarla ed ai Gruppi che si dispongono ad iniziare l'opposizione, l'opportunità di una riflessione.
Trascorso il collegamento che il voto di stamattina avrà o non avrà dovrebbe avere o potrebbe avere sulla situazione nazionale del Paese. Mi pare evidente, nonostante i ripetuti richiami alla solidarietà della formula di centro sinistra, lo scollamento che ormai è in atto fra la maggioranza politica che tuttora governa il paese in sede centrale e il procedimento di formazione delle Giunta; mi pare evidente che questa maggioranza politica non ha più la capacità di tenere sotto controllo il procedimento di formazione delle Giunte e ciò che è avvenuto ieri al Consiglio comunale di Milano è più che significativo; quindi posso anche presumere che i Ministri democristiani piemontesi, che stando alle loro dichiarazioni domani dovrebbero rendersi dimissionari mettendo in crisi il Governo nazionale, ripenseranno magari alla loro prima intenzione.
Il fatto invece su cui voglio soffermarmi è che questa maggioranza con cui voi state per costituire la prima Giunta di sinistra della Regione Piemonte, non corrisponde, tutto sommato, neppure alla strategia dei proponenti. Mi sono procurato una citazione che i colleghi del Gruppo comunista conoscono certo assai bene perché è una delle tesi centrali del non dimenticato saggio sul "compromesso storico" del Segretario del PCI Berlinguer. La citazione dice: "Sarebbe del tutto illusorio pensare che anche se i Partiti di sinistra riuscissero a raggiungere il 51% della rappresentanza, questo fatto garantirebbe la sopravvivenza e l'opera di un Governo che fosse l'espressione di tale 51%".
E se è illusorio fare la maggioranza col 51%, non è forse arrischiato fare la maggioranza col 50%? Anche il Consigliere Berti poco fa ha ribadito la disponibilità a dei consensi più ampi e credo che anche da parte dei Gruppi che si dispongono all'opposizione siano state lealmente esposte le ragioni per cui questa possibilità di un consenso esteso è per noi non possibile; ma sta di fatto, perché la politica si fa anche con i dati di fatto, che questa Giunta di sinistra inizia la sua attività prima o senza che una maggioranza sufficiente si sia formata per sostenerla.
Se questo è il tipo di considerazione politica che mi pare spetti ai Gruppi che propongono l'elezione del Presidente Viglione e della Giunta (correggo la mia obiezione, riconosco che il Consigliere Berti aveva ragione interpretando un certo comma del nostro Statuto, che per la verità non è fra i più brillanti in quanto a chiarezza), da parte dei Gruppi di opposizione va anche detto che proprio la mancanza di una maggioranza qualificata accresce la possibilità di incidenza da parte delle minoranze e quindi le sollecita, come mi pare abbia osservato poco fa anche il collega Gandolfi, ad un ruolo attivo e ad un intervento costante sui processi di deliberazione.
Il Gruppo liberale quindi, compiacendosi, fra l'altro, ancora una volta, che le nomine odierne avvenendo con voto palese non rendano possibili gli equivoci che hanno caratterizzato la votazione per l'elezione del Presidente del Consiglio e rivolgendo al collega Viglione un cordiale augurio sul piano personale, dichiara che esprimerà voto contrario nelle votazioni per il Presidente e per la Giunta Regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il Partito Socialista Italiano darà il proprio voto favorevole alla candidatura del Consigliere Aldo Viglione quale Presidente della nuova Giunta Regionale, ed alla lista degli Assessori, così come proposta nel documento che contiene le linee programmatiche e amministrative.
Il dibattito che si è svolto nelle precedenti sedute, pur nella sua complessità, ha dimostrato che la scelta fatta dal Partito socialista e dal Partito comunista di governare la Regione Piemonte, con una Giunta da essi composta, e con il programma che tutti i Consiglieri conoscono nelle sue linee generali, si è rivelata una scelta idonea nell'attuale situazione politica ed alla pluralità dei problemi economici e sociali che gravano sul Piemonte.
Tale scelta, e la maggioranza che da essa deriva, costituisce l'unica maggioranza realmente esistente, oggi, nel nostro Consiglio Regionale, che per volontà politica, omogeneità e fermezza decisionale, è in grado di guidare il Piemonte, nei difficili mesi che ci attendono, caratterizzati prevedibilmente, da un calo della produzione economica e da un accentuarsi e aggravarsi della crisi nel suo complesso.
Abbiamo seguito con attenzione il dibattito delle forze politiche avvenuto in precedenza, da parte della D.C., del Partito socialdemocratico e del Partito repubblicano ed abbiamo colto le differenti impostazioni, la maggior vicinanza di alcune posizioni, che ci fanno auspicare una futura convergenza su temi concreti ed una opposizione, nel complesso costruttiva anche se, da parte della Democrazia Cristiana, abbiamo registrato, a nostro avviso, atteggiamenti non più rispondenti alla situazione sociale e politica del Piemonte.
La Democrazia Cristiana ha ritenuto infatti di individuare, nella scelta fatta dal Partito socialista, motivazioni che, nella scorsa seduta abbiamo profondamente rifiutato e che stanno a indicare come la DC continui a ragionare sulla base di schematismi superati e condannati dall' elettorato il 15 giugno scorso.
Non abbiamo colto, nelle parole di alcuni colleghi democristiani nessun chiaro accento che rivelasse come quel partito sia in grado e soprattutto, abbia la volontà politica e specifica di cogliere interamente il significato del voto del 15 giugno e di raccogliere, con esso, quella imperiosa e trasparente necessità di cambiamento, nel Paese e nel Piemonte che dai maggiori commentatori politici di democratico sentire è stata definita come la volontà di una autentica svolta politica.
Questa esigenza è stata chiaramente sottolineata e liberamente voluta dagli elettori, e non può più essere rinviata.
La manifestata volontà di cambiamento, maturata nel Paese attraverso grandi movimenti di azione e di lotte sociali, attraverso una maggiore coscienza politica e sociale di masse sempre più vaste e impegnate attraverso la consapevolezza, sempre più diffusa, che una risposta adeguata alle esigenze del Paese, passa per una coraggiosa, e quando occorra, anche spregiudicata, azione di rottura dei vecchi e superati schematismi; questa manifesta volontà pone a tutte le forze politiche democratiche problemi veri e concreti di adeguamento che si possono definire, in tutta coscienza di portata storica.
E' da questo angolo visuale che occorre guardare il problema del dopo 15 giugno, ed allora apparirà chiaro, responsabilmente, che un'era politica che ha avuto indubbiamente le sue positività - è finita e, per volontà del corpo elettorale italiano, se ne sta aprendo un'altra che sarà certamente ricca di impegno politico per le forze democratiche e che darà risultati positivi in diretto rapporto al "nuovo" alle capacità che le stesse forze sapranno esprimere.
Il Partito Socialista ha proposto, da molto tempo prima del 15 giugno una linea di rinnovamento profondo, fondata sulla volontà vera delle forze democratiche e capace di superare gli schematismi prefabbricati che, del resto, alla prova dei fatti sono stati condannati e, oserei dire giustiziati.
Su questa linea, si dica quello che si vuole, il Partito socialista ha incontrato un nuovo successo elettorale, continuando così a consolidare il processo di avanzamento e di rafforzamento elettorale che era iniziato già con le elezioni sarde del 15 giugno 1974 e con le successive elezioni nel Friuli Venezia Giulia.
Si potrà sempre lungamente discutere sulla interpretazione di un voto ed i colleghi democristiani lo hanno fatto, rivendicando tra l'altro una maggioranza numerica di consensi elettorali che, fuori dalle urne, non trovano coniugazione nella realtà politica posta dal voto stesso; si potrà dire che il voto è stato di alternativa alla DC o dire il contrario; si potrà ancora dire che il voto è stato un sì al compromesso storico o dire il contrario; si potrà dire questo ed altro, ma non si dovrà mai dire, a nostro sommesso parere, che il voto del 15 giugno non è stato un voto di rigetto di una politica che si trascinava stancamente dietro le secche di una intesa per molti versi scollata e un voto di impulso, invece, e di sprone, una frustata, quasi, alle forze politiche democratiche, perch rompessero gli indugi e uscissero coraggiosamente ed anche prudentemente (la prudenza è quasi sempre una virtù) allo scoperto, nel crogiolo della problematica scottante, dove i problemi sono in ebollizione e minacciano di tracimare dai bordi della democrazia; in ciò sospinti dalle forze eversive e spericolate, che pure sono presenti sullo scacchiere politico italiano nazionale e locale.
Del resto, nella stessa Democrazia Cristiana nazionale, qualche personaggio "ad alto livello" come si suol dire, non è stato né sordo n cieco davanti al risultato del 15 giugno. E non è stato nemmeno muto. Valga per tutti il discorso dell'on. Moro, nel quale è espressa la coscienza della nuova realtà del Paese, nel quale si dà atto, senza infingimenti, che il Paese è andato a sinistra, che l'aspirazione del popolo italiano non pu essere né delusa né tanto meno mortificata; un discorso lucido che non vogliamo ulteriormente commentare, perché non è la sede adatta, perché ci porterebbe troppo lontano dagli obiettivi di questa seduta e perché ci indurrebbe ad una valutazione critica ed in profondità che abbiamo già fatto nei giorni addietro, nelle sedi competenti.
Noi socialisti auspichiamo che l'attuale travaglio interno della DC conduca ad un rapido allontanamento e ad una valutazione più serena delle scelte assunte dagli altri Partiti.
Per parte nostra guardiamo con fiducia alle forze popolari presenti all'interno della DC. ed ai processi innovatori che si realizzeranno.
Auguriamo anche che si realizzino in fretta perché la nostra gente piemontese aspetta con fiducia e con pazienza, ma non fino all'infinito, ed i problemi che incalzano non hanno pietà.
Qualche collega ha già avuto modo di suonare il campanello d'allarme sulla situazione economica del nostro Piemonte.
Se guardiamo rapidamente gli elementi indicatori del momento socioeconomico piemontese, non possiamo non convenire che l'allarme è pienamente giustificato.
Dalla modesta e decrescente dinamica demografica che ha toccato il punto più basso nel 1974 alla situazione occupazionale che vede scendere preoccupantemente i suoi livelli concreti e mostrarsi ogni giorno di più inidonea a soddisfare le esigenze delle generazioni più giovani che premono sul mercato del lavoro -- se guardiamo agli interventi massicci della cassa integrazione, se guardiamo al progressivo impoverimento della nostra agricoltura, soprattutto quella collinare e montana, se guardiamo, infine al tutt'altro che brillante andamento del terziario, non si può non concludere che la situazione socioeconomica piemontese è al punto di rottura e che occorre intervenire, il più urgentemente possibile, a fronteggiarla con un programma organico di interventi e di soluzioni concrete, programma e interventi che verranno verificati e impostati nella prossima conferenza sullo stato dell'economia piemontese, già annunciata dal Partito socialista e dal Partito comunista per il prossimo settembre.
Un programma che dovrà essere portato avanti e realizzato, attraverso il concorso delle forze politiche, economiche e sindacali del nostro Piemonte.
In questa visione, e con questo impegno, una maggioranza esiste, al di là dei numeri, ed è la maggioranza delle forze politiche che, come noi socialisti, intende rispondere "presente" all'appuntamento del dovere e della responsabilità politica.
Certamente diverse sono state le opinioni dei socialdemocratici e dei repubblicani, coi quali speriamo di condurre, anche in questa seconda legislatura, un proficuo dialogo. Così pure abbiamo seguito attentamente le opinioni espresse dai Consiglieri liberali, la cui analisi costituirà per noi elemento di confronto e di valutazione.
A seguito della scelta fatta, il Partito socialista esprimerà tutto il suo impegno, la sua forza militante, la sua competenza, affinché la Giunta di sinistra possa costituire per il Piemonte, una svolta non soltanto politica, ma una svolta adeguata alle esigenze della Regione Piemonte ed ai bisogni dei lavoratori.
Il voto che il Partito socialista esprime oggi in quest'aula, è il primo di una presenza politica, che vuole essere attenta e impegnata e fortemente, irreversibilmente, antifascista.
La maggioranza che si costituirà oggi in questa aula, parte dall'iniziativa, presa precisamente dal Partito Socialista con l'invito a tutti i Partiti antifascisti ad affrontare insieme la grave crisi sociale economica e politica, che travaglia la nostra Regione, con una linea unitaria.
Tale sembra essere l'impegno assunto in sede nazionale dalla Democrazia Cristiana con l'elezione di un uomo avente il passato partigiano e antifascista come l'Onorevole Zaccagnini.
Tale sembra essere il senso del ritorno del Senatore Saragat alla Presidenza del PSDI.
Tale è stato l'impegno pubblicamente assunto nelle riunioni di Palazzo Lascaris dagli amici liberali e repubblicani.
Per quello che riguarda in particolare i compagni socialdemocratici che nel corso del loro Comitato centrale hanno offerto un discorso preferenziale al PSI, noi ci auguriamo che al momento della votazione del candidato socialista alla Presidenza della Regione essi traducano le parole in fatti, come hanno fatto la notte scorsa a Milano eleggendo il Sindaco socialista nella persona del compagno Aniasi.
Se i compagni socialdemocratici presenti in quest'aula intendono iniziare questa legislatura regionale in uno spirito autenticamente socialista, oggi hanno l'occasione di dimostrarlo.
Se no, i lavoratori piemontesi sapranno da che parte, e da che parte soltanto, sta il vero socialismo.



PRESIDENTE

Se più nessuno chiede la parola per dichiarazione di voto si pu passare alla votazione per appello nominale.
Desidero soltanto ricordare ad alcuni neo Consiglieri che mi hanno interpellato sul significato del "sì" e del "no" che la questione è regolamentata in modo molto chiaro dal nostro Statuto e dal Regolamento. La prima parte dell'art. 32 dice che il Presidente e la Giunta sono eletti dal Consiglio nel suo seno con votazione per appello nominale, l'art. 43 del regolamento dice "per il voto con appello nominale il Presidente indica il significato del sì e del no e procede all'appello dei Consiglieri in ordine alfabetico". Quindi la questione del nome da pronunciare per l'adesione o meno, è risolta dal regolamento, quando si pronuncia la parola "sì" o "no" si intende l'approvazione o meno del candidato che in questo caso viene presentato come Presidente della Giunta.
Chiarita la questione dell'interpretazione, che mi pare inoppugnabile del regolamento e dello Statuto, passiamo alla votazione.
Prego il Consigliere Segretario di fare l'appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione e ricordo che per questa votazione la maggioranza è ancora quella di 31 voti: presenti e votanti: n. 59 hanno risposto si n. 30 Consiglieri hanno risposto no n. 29 Consiglieri Poiché non si è raggiunta la maggioranza assoluta richiesta, si procede ai sensi del comma VI dell'art. 32 dello Statuto ad un'altra votazione, a seguito della quale verrà proclamato eletto Presidente della Giunta il Consigliere che avrà riportato il maggior numero di voti.
Vi sono richieste di parola? Nessuna, si passi alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti n. 59 hanno risposto si n. 30 Consiglieri hanno risposto no n. 29 Consiglieri Proclamo eletto Presidente della Giunta il Consigliere Viglione che ha conseguito il maggior numero dei voti.



(Applausi dai banchi dei Consiglieri e dalla tribuna del pubblico)



PRESIDENTE

Invito il neo Presidente a prendere posto al banco della Presidenza, se nessuno si oppone.



(Il neo Presidente della Giunta Aldo Viglione, prende posto)



PRESIDENTE

Procediamo con l'adempimento successivo.
Dò lettura del comma 7° dell'art. 32 dello Statuto: "Avvenuta l'elezione del Presidente, il Consiglio procede all'elezione della Giunta a maggioranza semplice, con votazione della lista ad esso collegata".
Dò lettura della lista degli Assessori: Giovanni Astengo, Sante Bajardi, Ezio Enrietti, Bruno Ferraris, Fausto Fiorini, Mario Fonio, Lucio Libertini, Domenico Marchesotti, Michele Moretti, Luigi Rivalta, Claudio Simonelli, Mario Vecchione.
Vi sono richieste di parola? Nessuna, pongo quindi tale lista in votazione per appello nominale e ricordo che è sufficiente la maggioranza semplice.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti n. 59 hanno risposto si n. 30 Consiglieri hanno risposto no n. 29 Consiglieri Poiché si è raggiunta la maggioranza semplice richiesta dall'ultimo capoverso dell'art. 32, risultano pertanto eletti Assessori i Consiglieri: Giovanni Astengo Sante Bajardi Ezio Enrietti Bruno Ferraris Fausto Fiorini Mario Fonio Lucio Libertini Domenico Marchesotti Michele Moretti Luigi Rivalta Claudio Simonelli Mario Vecchione.



(Applausi dai banchi dei Consiglieri e dalla tribuna del pubblico.)



PRESIDENTE

Invito gli Assessori testé eletti a prendere posto al banco della Giunta.



(I neo Assessori prendono posto)



PRESIDENTE

Propongo che le deliberazioni relative alla elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale siano dichiarate immediatamente eseguibili ai sensi dell'articolo 49 della legge 10.2.1955 n. 62, facendo presente che tale proposta deve essere approvata per alzata di mano a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio Regionale.
La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, è da ritenere, come già il Consigliere Oberto ha indicato, che questa votazione è superflua stante la natura della votazione avvenuta. Poiché però l'elezione si è svolta in termini formali per noi ineccepibili e non eccepiti, per non sollevare ulteriori questioni dichiariamo che votiamo a favore dell'immediata esecutività, se la votazione verrà indetta egualmente, malgrado la sua superficialità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Se dovesse votarsi io dichiaro di astenermi per la ragione fondamentale che ho detto: ritengo quella di oggi (probabilmente si sono commessi degli errori in passato, gli errori non devono essere ripetuti) una interna corporis, non assoggettabile quindi ad approvazione di organi esterni; e pertanto personalmente mi asterrò dalla votazione con questa specifica motivazione.



PRESIDENTE

Desidero soltanto chiarire che questa vicenda ci ha già appassionati in precedenti elezioni della Giunta ed è stata risolta, in epoche diverse, in modi differenti, ma alla fine, nell'ultima elezione di Giunta, prevalse la tesi che fosse forse un atto in più, ma che non poteva essere considerato sbagliato, perché si muoveva nella logica e nello spirito della legge e della Costituzione, e mi pare che fosse proprio il Consigliere Oberto, che ora è convinto della non opportunità, che avesse richiesto questa procedura.
La parola al Consigliere Gandolfi.



GANDOLFI Aldo

A nome del PRI voglio precisare che a nostro avviso questa votazione è necessaria, proprio perché la votazione sul Presidente e sulla Giunta è un atto che deve dare validità giuridica piena e secondo noi deve essere soggetta ad un controllo esterno che ne verifichi la legittimità.



PRESIDENTE

Se più nessuno chiede di parlare, si proceda alla votazione.
Pongo in votazione per alzata di mano l'immediata esecutività delle deliberazioni che abbiamo testé preso: presenti e votanti n. 59 favorevoli n. 58 Consiglieri astenuti n. 1 Consigliere.
Le deliberazioni sono approvate.
Ha chiesto di parlare il Presidente della Giunta, Viglione, ne ha facoltà.
Discorso di insediamento del Presidente della Giunta Regionale



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, Signori Consiglieri, con l'elezione e l'insediamento della presente Giunta di sinistra, che ho l'onore di presiedere, si è realizzato in Piemonte un fatto di portata politica certamente rilevante sia a livello regionale che nazionale.
Siamo consapevoli infatti che la presenza di una Giunta di sinistra nel Piemonte e nell'attuale momento economico e politico, costituisce uno dei segni più evidenti del profondo mutamento che sta caratterizzando il nostro Paese e risponde ad una scelta profondamente meditata dai due Partiti che oggi formano il Governo Regionale.
La Giunta non è pertanto il frutto di operazioni di trasformismo da parte di alcuna componente, né tanto meno un'operazione affrettata per dare al Piemonte un "qualunque" Governo, corrisponde invece ad un esame approfondito del voto del 15 giugno.
Voto che ha significato una volontà di mutamento radicale, espressa con maggiore evidenza nei grandi centri urbani nei quali è concentrata la classe operaia e lavoratrice che da sempre ha pagato il prezzo di uno sviluppo irrazionale, di scelte che non hanno consentito di controllare la crisi economica e la diminuzione dei livelli occupazionali, scelte che hanno aggravato il divario fra Nord industrializzato e Mezzogiorno del Paese.
La Giunta di sinistra oggi insediata si trova a dover governare una regione in cui, a seguito di un calo crescente non solo della domanda per consumi, ma anche di quella per investimenti, 240.000 addetti all'industria si trovano in cassa integrazione.
La produzione industriale inoltre ha subito una diminuzione del 20 riduzione che si accentua raggiungendo il 30% nella vendita delle autovetture, considerata nel primo semestre del'75 rispetto allo stesso periodo del '74, riduzione nel settore trainante dell'industria piemontese che comporta diminuzioni e rallentamenti di attività in altri settori quali il commercio; e che nel complesso rischia di aggravarsi ulteriormente alla ripresa autunnale, colpendo l'industria automobilistica, la tessile, la chimica e l'edilizia.
Abbiamo ritenuto che questa situazione dovesse essere affrontata con nuove formule e soprattutto con una rinnovata volontà politica.
Di qui la proposta di una gestione unitaria, verificata su programmi confrontata su contenuti; di qui la proposta immediata di apertura a tutte le forze politiche realmente interessate a risolvere i problemi esistenti a confrontarsi per ricercare soluzioni necessarie ad uscire dalla crisi.
Sia nel corso delle trattative che nel dibattito avvenuto in Consiglio la scorsa settimana, l'opinione pubblica ha potuto verificare l'impossibilità di addivenire ad una soluzione unitaria.
Le forze politiche della DC, del PRI, del PSDI, pur con divergenti impostazioni, non si sono allontanate dalla riproposizione della formula di centro-sinistra, anteponendo a nostro avviso l'esigenza di non compromettere le linee politiche nazionali dei rispettivi partiti. N d'altronde poteva essere accettato il tipo di collaborazione proposta con il Partito comunista non chiara come impostazione, anzi, incerta e disorganica, inadeguata alla precisa scelta fatta da tanta parte dell'elettorato; veniva infatti ipotizzato quasi un "Governo ombra" comunista, piuttosto che conferire a tale partito un ruolo di presenza e responsabilità. Come amministratori e politici abbiamo rifiutato tale impostazione nella misura in cui rifiutiamo "aggiustamenti politici" dettati dalla non volontà di fare scelte innovatrici e coraggiose.
Riteniamo inoltre opportuno che tutto ciò venga chiaramente detto all'opinione pubblica, affinché essa abbia tutti gli elementi di valutazione politica, avviando fin d'ora un corretto rapporto di informazione anche su questi aspetti non del tutto marginali e irrilevanti.
L'apertura a tutte le forze democratiche non costituisce una novità adottata solo nel Piemonte. Molte altre situazioni consimili vanno maturandosi in altre Regioni, Province e Comuni.
La riproposizione del centro-sinistra non soltanto non è più rispondente alla situazione politica del Piemonte, ma è stata indicata come formula politica ormai decisamente superata anche in recenti interventi di autorevoli esponenti politici.
L'onorevole Moro, al recente Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, ha definito il centro-sinistra una formula politica ormai "duramente colpita" affermando: "Non possiamo fare come se nulla fosse accaduto, due momenti della nostra storia sono passati e si apre un capitolo nuovo".
Sono queste parole chiare che rivelano una coscienza della nuova realtà che riconfermano indirettamente, per l'autorevolezza dell'esponente da cui provengono, che la nostra proposta unitaria andava nella giusta direzione.
La risposta della locale DC è stata chiusa a questo nuovo modo di dialogare fra le forze politiche, ancorata alle precedenti posizioni ed ha anteposto la logica dei numeri alla logica dell'orientamento politico generale.
Questo è il quadro nuovo nel quale andiamo a muoverci ed operare.
Grande attenzione è stata dedicata al Partito Socialista per la scelta coraggiosa attuata non soltanto alla Regione, ma in innumerevoli Comuni del Piemonte, caratterizzando la sua presenza politica in relazione alle diverse esigenze reali.
Di estrema chiarezza è stata la scelta fatta dal Partito Socialista nei confronti del Partito Comunista.
Il recente Comitato centrale del Partito Socialista ha confermato la correttezza della posizione assunta a livello piemontese di apertura al Partito Comunista per una diretta responsabilità, per una politica di Governo negli Enti locali, posizione questa non nuova ma che assume oggi una dimensione maggiore, a seguito della volontà popolare.
Il Partito Socialista ha ufficialmente riconosciuto che la politica di centro-sinistra nelle sue forme tradizionali è superata, essendo "incapace di rappresentare le aspirazioni e gli interessi delle classi popolari".
La resistenza a ricercare nuove soluzioni in una più vasta coalizione attuata da DC, PSDI e PRI, pure nelle diverse posizioni, ha portato all'attuale Giunta di sinistra, al presente schieramento di Governo che i nostri partiti non hanno mai deciso in via pregiudiziale.
Ci assumiamo fino in fondo le nostre responsabilità nell'affrontare gli innumerevoli problemi del Piemonte, cercando tuttavia di non disperdere sul piano politico quel patrimonio unitario che si è venuto oggettivamente formando fra i partiti nelle discussioni successive al 15 giugno.
La nuova Giunta di sinistra alla Regione, che garantisce un'ulteriore omogeneità all'assetto politico-amministrativo del Piemonte, la cui popolazione per il 65% circa ha eletto Giunte di sinistra, cercherà costantemente il confronto e la collaborazione con le forze politiche in tutti i settori in cui potrà svilupparsi via via, sulla base delle dichiarazioni fatte in quest'aula, un'azione unitaria.
Abbiamo la certezza che l'opposizione svolgerà un ruolo costruttivo che non accresca le innumerevoli situazioni frenanti e che favorirà il superamento della crisi economica e produttiva.
Siamo pienamente consapevoli che la nuova Giunta sarà oggetto di attenzione da parte delle forze imprenditoriali e di quanti detengono oggi il potere economico.
Per questo intendiamo ricevere il contributo di tutte le forze realmente interessate al superamento della crisi, impostando un costante rapporto di partecipazione reale di sempre più vasti strati e categorie di cittadini e lavoratori alla elaborazione delle scelte e discussione dei problemi.
All'informazione sistematica e dettagliata verrà dato ampio spazio; è necessario infatti che la comunità conosca i problemi reali.
La Giunta eletta si impegna prioritariamente, non appena i tempi tecnici lo consentiranno, ad esporre con chiarezza la situazione esistente nei diversi settori di competenza, situazione esistente nei diversi settori di competenza, situazione che si delinea fin d'ora grave e complessa.
Si impegna altresì ad attuare il principio statutario della consultazione, non soltanto formale, ma in uno stretto rapporto di collaborazione con gli Enti locali, cui quanto prima la Giunta intende trasferire più ampi poteri e funzioni.
Potremo affrontare e risolvere positivamente i problemi del Piemonte nella misura in cui sarà possibile allargare l'area del consenso ed i soggetti del confronto e della contrattazione.
Abbiamo già detto nella scorsa seduta che i problemi potranno anche essere risolti attraverso idonee soluzioni tecniche, ma è indispensabile, e caratterizza la Giunta testé eletta, la più profonda volontà politica di andare alla radice, responsabilizzando gli Enti locali, le forze sociali ed economiche. Nel rapporto con le organizzazioni sindacali la Giunta raccoglierà i contenuti nuovi che emergono dalle lotte dei lavoratori.
Questo metodo di confronto e consultazione costituisce a nostro avviso una prima risposta a quanti attraverso il voto hanno espresso la loro volontà di chiudere con le scelte irrazionali, dettate da questioni contingenti, da volontà elettoralistiche e sovente clientelari.
A questa errata impostazione, vogliamo contrapporre la scelta globale di migliorare la qualità stessa della vita di quanti hanno subìto il peso di uno squilibrio profondo nello sviluppo di questa Regione.
Auspichiamo che si sentano responsabilizzate in questo compito gravoso e che intendano dare il loro contributo le componenti del mondo culturale che si sono collocate in modo nuovo, oltre al mondo dell'informazione la cui forza ed importanza sono del massimo rilievo ed a cui chiediamo fin d'ora una informazione dell'opinione pubblica che rifletta necessariamente le diverse valutazioni e posizioni e che sia rispondente alla oggettività dei fatti.
Se i rapporti con tutte le forze a livello regionale intendono essere rinnovati e potenziati, analoga è la volontà per quanto riguarda i rapporti con il Governo e con il Parlamento che finalizziamo ad un obiettivo prioritario: il potenziamento e rafforzamento delle autonomie locali dei cui problemi di razionalità e funzionamento ci facciamo fin d'ora pienamente carico.
Dobbiamo rilevare però che le cose si vanno aggravando.
Va infatti ricordato che, intorno al 1880, il 30% della spesa pubblica nazionale passava per gli Enti locali; oggi ci sono le Regioni, ma Regioni Comuni e Province amministrano insieme solo il 15% circa della spesa pubblica globale. La sperequazione tra i compiti della Regione e degli Enti locali ed i mezzi di cui dispongono è tale che contraddice nei fatti il dettato costituzionale sulla struttura democratica e decentrata dello Stato repubblicano.
Come fautori del ruolo fondamentale delle autonomie, funzionale ad un democratico rinnovamento delle strutture statali, intendiamo avviare con gli organi centrali dello Stato un rapporto non di contrapposizione, come taluno ha voluto interpretare, ma di dialogo costante. Le Regioni hanno una funzione rilevante per il riordinamento di tutto l'apparato statale favorendo un decentramento sempre più comodo ed organico di funzioni, che potenzia le autonomie, riduce la burocratizzazione, nobilita le grandi funzioni di indirizzo nazionale ed internazionale, che solo lo Stato pu svolgere nella sua globalità di orientamenti e sovranità.
Gli organi centrali, liberati da una serie di funzioni delegabili potranno favorire l'allargamento di quei processi che vediamo accrescersi con sempre maggior forza, di quelle istanze di rinnovamento tendenti a trasformare dall'interno alcuni corpi dello Stato come la magistratura, le forze armate, la polizia, con istanze di ammodernamento contro le vecchie istituzioni, e così pure l'organizzazione nel campo dell'industria pubblica e delle partecipazioni statali, fenomeni che richiedono attenzione profonda per la loro positività da parte del potere centrale, per il ruolo che potranno rappresentare.
Con questa consapevolezza, richiediamo al Parlamento l'espletamento pieno delle sue funzioni, per il completamento della riforma regionale obiettivo che intendiamo perseguire assumendoci tutte le responsabilità e gli impegni che ne deriveranno, valendoci del contributo dei Comuni e degli altri Enti locali, canalizzando in questa direzione tutto il peso politico esistente per affermare il ruolo dell'autonomia regionale.
La Regione per parte sua intende esaminare a fondo i problemi già noti degli Enti locali, che hanno portato ad una situazione di immobilismo e sovente di paralisi.
Per addivenire a ciò è necessaria la pienezza delle funzioni e competenze regionali.
Per questo valutiamo con attenzione la legge approvata dal Parlamento recentemente: "Norme sull'ordinamento regionale e sull'organizzazione della pubblica amministrazione", la cui attuazione consentirà di completare il trasferimento delle funzioni di cui all'art. 117 della Costituzione, oltre che le funzioni inerenti tali materie, esercitate da Enti pubblici nazionali e interregionali, contro la frammentarietà attuale delle competenze.
Certamente positive in quella legge sono le forme di deleghe ivi previste, a norma del secondo comma dell'art. 118 oltre che la disposizione che prevede l'attribuzione a Province, Comuni e Comunità montane e relativi Consorzi delle funzioni amministrative di interesse locale.
Ci preoccupa tuttavia la delega conferita al Governo che, nonostante la giustezza dei principi ispirati alla organicità di trasferimento, sottrae al Parlamento una materia di estrema importanza e delicatezza e rischia di vedere emarginate le Regioni in questo processo che prima che legislativo è profondamente politico e determinerà la sfera di competenza e di autonomia delle Regioni in senso pressoché definitivo per lungo tempo.
Opereremo dunque per verificare la corretta applicazione di queste disposizioni, così come intendiamo potenziare la nostra funzione di iniziativa legislativa nei confronti del Parlamento, soprattutto nelle materie finalizzate al riordinamento ed alla maggiore efficienza e funzionalità amministrativa e finanziaria degli Enti locali.
Signori Consiglieri, prima ancora di sottolineare i contenuti più rilevanti del documento programmatico della nuova Giunta, desidero richiamare alcuni aspetti che hanno ispirato la nostra scelta politica.
Innanzi tutto una volontà, non volontarismo come affermato da alcuno di amministrare con correttezza, con serietà, di ispirare ogni nostra azione a regole di buon Governo, di efficienza amministrativa.
Intendiamo rifiutare i ritardi ed affrontare con decisione le questioni che ci stanno di fronte, in una collaborazione aperta con gli Enti locali le forze sindacali, sociali, economiche delle cui scelte la Giunta di sinistra intende porsi come interlocutrice.
Tale esigenza di efficienza e di buon Governo è stata certamente espressa dall'elettorato e non intendiamo disattenderla.
Ma la Giunta di sinistra non si porrebbe come realmente innovatrice se non intendesse sottoporre il suo stesso operato al controllo ed alla verifica costante della comunità regionale nel suo complesso.
Riteniamo inoltre che gli organismi istituzionali ed elettivi debbano ritrovare la pienezza delle loro funzioni e prerogative.
A tale fine i rapporti Giunta-Consiglio, che tanto dibattito e discussione hanno avuto nella passata legislatura, saranno sempre attenti alle rispettive competenze, consapevoli che la direzione politica è caratteristica dell'Assemblea consiliare - e qui abbiamo risolto un nodo che per lunghi anni è stato irrisolto proprio all'interno di questa assemblea - che è punto di riferimento costante della volontà espressa dalle forze regionali.
Intendiamo inoltre esaltare il ruolo delle Commissioni conferendo ad esse maggiori spazi organizzativi e politici.
Ci sentiamo impegnati verso questa direzione ed ancor più intendiamo esserlo per tutta la delicata materia delle nomine ed incarichi a funzioni e compiti che derivano da organismi e scelte regionali.
Queste dovranno essere dibattute dagli organismi politici ed istituzionali competenti, sottraendole a decisioni ispirate da gruppi o da particolarismi, procedendo ad incarichi che rispettino il più possibile le competenze individuali, le comprovate capacità, il rigore di comportamento l'onestà, e lo sottolineo con forza.
Questo punto ha originato nel passato fenomeni di malcostume, di clientele, di sottogoverno nei cui confronti intendiamo chiudere definitivamente con l'autorità che ci deriva dagli incarichi assunti.
Sottoporremo ogni nomina alla Commissione competente, dandone la dovuta informazione alla comunità regionale.
La Giunta lavorerà con una impostazione dipartimentale, in alternativa alla tradizionale impostazione personalistica per Assessorati privilegiando il metodo di lavoro collegiale, al fine di realizzare meglio la programmazione socio-economica che costituisce un importante obiettivo politico.
Per un approfondimento sui problemi e sulle interrelazioni esistenti fra i diversi settori di competenza della Regione, è stata prevista una struttura che suddividerà la attività della Giunta nei seguenti dipartimenti: Produzione e lavoro: inerente i problemi del lavoro e dell'immigrazione, industria, artigianato, agricoltura e foreste commercio, fiere e mercati, acque minerali e termali, cave e torbiere tempo libero, sport e turismo, industria alberghiera, caccia e pesca settori questi economici e produttivi di cui si tenderà a sfruttare al massimo le risorse e razionalizzare i tempi e i metodi di intervento.
Organizzazione e gestione del territorio: inerente tutta l'attività di pianificazione territoriale, l'operatività conseguente alla stessa, gli interventi urbanistici e infrastrutturali, i trasporti e la viabilità.
Servizi sociali: inerenti la sicurezza sociale e la sanità assistenza, istituzione e formazione professionale e assistenza scolastica musei, biblioteche, beni culturali, tutela dell' ambiente e sistemazione idrogeologica e forestale, uso delle acque, inquinamenti.
Il coordinamento funzionale dei dipartimenti verrà svolto dal Vice Presidente e vogliamo aprire una piccola parentesi; la Regione vicepresidenziale, ma evidentemente, a questo riguardo, una funzionalità di collegamento fra i vari dipartimenti pur occorreva, mentre l'aspetto più specifico della programmazione, finanze e bilanci orienterà e affiancherà l'attività e le iniziative assunte nei diversi dipartimenti.
E' questa un'impostazione e ripartizione la cui validità potrà essere verificata nei mesi di lavoro che ci attendono, ma che intende fin d'ora sanzionare un metodo di lavoro collegiale ed una scelta politica di massima integrazione e reciproca collaborazione.
Nei più importanti campi nei quali la Regione dovrà esercitare i poteri diretti e le competenze che le sono state attribuite, la Giunta intende operare con interventi immediati in grado di contribuire al superamento della crisi economica e produttiva.
Si tenderà ad inserire la globalità di tali interventi, collegati alle esigenze contingenti, nella programmazione a lungo termine.
Né si può ragionevolmente pensare che il Piemonte debba darsi un programma economico serio soltanto dopo che Governo e Parlamento ne abbiano definito uno a carattere nazionale. Noi abbiamo compiti urgenti, del tutto istituzionali, cui assolvere, e problemi importanti da affrontare che non si possono lasciare in sospeso. La definizione di un piano economico nazionale, in ragione della situazione politica e non solo dei tempi tecnici, richiederà un lungo arco di tempo. Dobbiamo dunque subito organizzare i nostri sforzi e le nostre iniziative nei diversi campi secondo una logica coerente; ed è questo il piano economico che, per Statuto, la Regione può e deve fare. Naturalmente terremo conto dei dati nazionali e agiremo con l'opportuna flessibilità.
Gli interventi immediati per l'edilizia, gli asili nido, ed i fatti sociali nel loro insieme, l'agricoltura e le infrastrutture, dovranno, con il massimo sforzo possibile, prefigurare gli interventi futuri.
Ciò non significa in alcun caso che la Giunta intende rinviare le grandi scelte e l'impostazione degli strumenti capaci di incidere nell' attuale meccanismo disorganico di sviluppo.
Siamo infatti consapevoli che la gravità della crisi del Piemonte, al di la dei collegamenti di carattere nazionale, trova alcune delle sue cause nella mancata programmazione.
La Giunta intende pertanto varare entro il 1975 le linee del piano regionale di sviluppo, definire rapidamente e adottare entro il 1975 il piano territoriale di coordinamento dell'area ecologica torinese, ed entro la stessa data dare rapida e completa attuazione ai comprensori. Ma riteniamo che debbano essere indicati precisi indirizzi.
Nel contesto di una scelta di programmazione degli interventi, sarà necessario tener conto delle drammatiche esigenze, prima di tutto finanziarie, ma non solo finanziarie, di un sistema sanitario che le Regioni ereditano in stato di sfacelo e insieme avviare subito una riforma profonda, articolata nelle realtà zonali, che veda la costruzione di un sistema effettivo di sicurezza sociale in cui l'assistenza prescinda totalmente dal concetto clientelare di beneficenza, e si rinnovi nei metodi di intervento, inserendosi profondamente nella riforma socio-sanitaria, che individui questo aspetto come un diritto analogo a quello della prevenzione e cura della salute, conferendo al settore dell'assistenza le stesse finalità sociali e di prevenzione che dovranno ispirare nel suo complesso la sicurezza sociale.
La delicata e fino ad oggi scarsamente approfondita questione della formazione professionale deve essere gestita al di fuori di un'ordinaria amministrazione frammentaria, intrisa di clientelismo e va correlata ad una nuova concezione della scuola ed alle scelte di fondo adottate per un diverso tipo di sviluppo economico e produttivo.
Immediata attuazione verrà poi dedicata al sistema dei trasporti che sprofonda in un caos crescente e va riorganizzato su di una base unitaria con le necessarie articolazioni, in direzione di una integrazione dei servizi.
Ma noi non pensiamo, e questo sarà un dato caratterizzante del nostro programma, che la Regione Piemonte intenda sfuggire alle sue responsabilità in un'altra area vitale e decisiva: quella della occupazione e dello sviluppo industriale che assumeranno una rilevanza particolare nei prossimi mesi.
Se la struttura industriale del Piemonte dovesse continuare a cedere se si accentuasse senza le necessarie compensazioni e sostituzioni l'obsolescenza delle scelte produttive che l'hanno caratterizzata sin qui le conseguenze sulla quantità e sulla qualità dell'occupazione sarebbero gravissime e in realtà il futuro stesso dell'economia piemontese sarebbe messo in discussione.
Il vecchio tipo di sviluppo ha esaurito i suoi margini e il Piemonte che ne è stato il fulcro, ne risentirà certamente più di altre Regioni. La tendenza, che è in atto, a uno spostamento del baricentro dei grandi gruppi produttivi verso la sfera finanziaria e verso il mercato internazionale pu coincidere con il declino storico delle grandi aree industriali della nostra Regione.
Certamente questi problemi hanno tutti una dimensione nazionale ed internazionale, ed è vero inoltre che i nostri poteri sono scarsi, ma non possiamo realisticamente pensare che la Regione possa limitarsi a funzioni di mediazione, con risultati che si preannunciano sempre più insoddisfacenti.
Proponiamo dunque a tutto il Consiglio ed alle forze politiche democratiche, un'altra scelta, quella della responsabilità, quella di una politica che vuole affrontare la crisi. A questa decisione giungiamo perch la Regione ha in ogni caso un potere primario di programmazione unica che intendiamo esercitare nell'area industriale, ritenendo di adempiere operando in questa direzione, alle esigenze ed ai problemi del Piemonte.
In ragione di tutto ciò noi poniamo la conversione dell'apparato industriale, e il suo rapporto con un nuovo tipo complessivo di sviluppo al centro del nostro programma e della nostra azione. Faremo a questo scopo uso non solo del potere di programmazione, ma di tutte le competenze ed i poteri che abbiamo e che vanno usati in modo coordinato. Intendiamo avvalerci a questo scopo degli strumenti pubblici esistenti, di una seria contrattazione con i grandi gruppi privati, dei mezzi di sostegno e di orientamento della piccola e media industria, di un rapporto organico con le banche per regolare i flussi creditizi, di una manovra complessiva della domanda pubblica. Per questa via intendiamo offrire a tutti gli operatori economici, per quanto è possibile, un quadro di riferimento e un insieme di certezze.
Valutiamo tutte le difficoltà di questo compito, che affrontiamo senza ottimismi, con senso di responsabilità.
Sappiamo essere vincolante e determinante in questo contesto la questione meridionale. I problemi dell'economia piemontese non possono essere risolti entro i confini della nostra Regione, e richiedono una chiara visione nazionale.
La classe operaia piemontese ha condotto grandi lotte in questi anni che erano strettamente e organicamente collegate alle lotte dei lavoratori del Mezzogiorno.
Di qui nasce il nostro impegno a continuare in questa direzione, anche se sappiamo che il problema del Mezzogiorno non è soltanto quello di nuovi investimenti, ma di un nuovo modello economico nazionale, con una diversa struttura dei consumi, con un nuovo ruolo dell'agricoltura.
Un vincolo importante riguarda il nesso tra il rinnovamento industriale e il riequilibrio socio-territoriale del Piemonte, per superare le attuali sue crescenti contraddizioni interne tra aree forti e zone di sottosviluppo e di degradazione.
Una ulteriore condizione è la funzionalità della convenzione industriale rispetto alle riforme e al rilancio dell'agricoltura. Un nuovo sviluppo non può davvero essere costruito sul sacrificio dell'agricoltura.
Condizione essenziale è pure il rapporto tra nuovi sviluppi produttivi e la modifica della struttura dei consumi, con l'espansione dei nuovi grandi consumi sociali, dai trasporti alla sanità ai servizi. Vi è infine l'esigenza di rafforzare e diversificare le correnti di scambio con l'estero, arricchendone i contenuti, individuando nuove direzioni nell'area europea e nel Mediterraneo, attraverso crescenti rapporti con i popoli emergenti.
Il documento sulla base del quale è stata eletta questa Giunta contiene soltanto le linee politiche programmatiche della maggioranza. Il programma dovrà essere costruito con una partecipazione vasta e approfondita di tutti. Noi guardiamo con grande interesse e impegno alla Conferenza per la occupazione, gli investimenti e lo sviluppo che sin d'ora la Regione convoca per la fine di settembre.
Crediamo esistano le condizioni perché quella sia non solo una costruttiva sede di confronto delle forze politiche, sociali ed economiche ma nelle nostre intenzioni vuole essere un'occasione di scelte operative e di assunzione di impegni. Dalla conferenza partirà la definitiva stesura del piano regionale.
Altre assunzioni di impegni ci attendono.
Come è detto nel documento programmatico, dopo l'attuazione del primo inquadramento del personale, che intendiamo avvenga a tempi brevi, anche per quanto attiene la globale regolamentazione economica, è nostro fermo proposito realizzare nei primi mesi dell'autunno una legge sulle strutture e sull'organizzazione degli uffici.
La lentezza con cui si è fino ad oggi proceduto, dovuta anche a difficoltà oggettive che non vogliamo negare, ha generato una situazione gravemente disorganica oltre che un generalizzato scontento, di cui siamo pienamente consapevoli.
Riteniamo che una corretta impostazione di tutta la materia inerente il personale, ispirata ai principi della responsabilizzazione individuale e dell'efficienza amministrativa, costituisca una precisa scelta politica di cui intendiamo farci pienamente carico.
In questa primissima fase intendiamo affrontare con assoluta urgenza l'esame delle leggi rinviate dal Governo al termine della prima legislatura ed auspichiamo per questo primo atto che tutte le forze politiche democratiche del Consiglio esprimano un vasto consenso che vada nell'interesse della base popolare presente anche negli altri partiti.
La nuova Giunta si appresta inoltre a presentare un disegno di legge inerente l'urbanistica ispirato ai criteri descritti nel documento programmatico, un disegno di legge per le deleghe di funzioni amministrative agli Enti locali ed uno istitutivo della tesoreria regionale, intesa come momento di nuova gestione finanziaria e come approccio ad un nuovo rapporto con le banche.
Sarà presto analizzata la questione della finanziaria regionale, quale supporto indispensabile alla programmazione.
Per quanto attiene il piano di emergenza per il rilancio dell'economia che il Consiglio dei Ministri si appresta a varare, annuncio fin d'ora che nella prossima riunione del Consiglio, raccolti gli elementi indispensabili, la Giunta farà una relazione accurata sullo stato della questione e sulle indicazioni che il Piemonte potrà sottoporre al Governo contribuendo a scelte che vadano in direzione delle linee di programmazione regionale.
Però stamattina già ho visto la protesta della Emilia-Romagna in quanto le scelte vanno in altra direzione.
Signori Consiglieri, siamo consapevoli che la nuova Giunta, per le scelte innovatrici, di programma e di costume politico che intende attuare incontrerà molti ostacoli, anche al di là della oggettiva situazione di crisi.
Le forze che sono al Governo della Regione Piemonte non hanno e non promettono soluzioni magiche, perché queste non esistono, diciamo invece con la massima responsabilità che ricercheremo con tutte le nostre forze e competenza le soluzioni migliori nell'interesse dei lavoratori. Il Piemonte, Regione segnata dalla presenza dei maggiori gruppi economici e contemporaneamente dalla presenza dell'avanguardia della classe operaia regione che ha storiche tradizioni di lotta, che ha vissuto l'esaltante pagina della Resistenza, che si è posta anche recentemente in primo piano a livello nazionale nella lotta al neofascismo, si appresta oggi ad un disegno profondo di rinnovamento a cui chiama le forze politiche democratiche, la base popolare antifascista, in un confronto franco, che mi auguro di condurre nel modo più aperto e sereno nell'interesse di tutte le classi popolari della nostra regione


Argomento: Statuto - Regolamento

Composizione della Commissione Regolamento


PRESIDENTE

Esauriti così gli adempimenti del punto terzo del nostro ordine del giorno, abbiamo il quarto punto da esaminare "Proposte di modifica al regolamento consiliare".
Qui dobbiamo orientarci ad operare secondo ciò che ci dice l'art. 23 dello Statuto, cioè che "Il Presidente del Consiglio nomina una Commissione consiliare per il regolamento interno su designazione dei Gruppi in relazione alla loro consistenza numerica e in modo da garantire la presenza di tutte le forze politiche del Consiglio". La Commissione esamina preventivamente tutte le proposte sulle norme da inserire nel regolamento le coordina in uno schema redatto in articoli e le sottopone con proprio parere alla approvazione del Consiglio.
Prima di discutere di questa proposta di modifica bisogna senza alcun dubbio procedere alla nomina della Commissione del regolamento.
A seguito delle segnalazioni dei vari Gruppi, avvenute già ieri nella riunione dei Presidenti di Gruppi, posso comunicare che la Commissione per il regolamento è costituita dai Consiglieri: Bajardi Sante Berti Antonio Raschio Luciano Rosci Marco Vecchione Mario Bianchi Adriano Franzi Piero Martini Mario Paganelli Ettore Bellomo Emilio Enrietti Ezio Cardinali Giulio Rossotto Carlo Felice Carazzoni Nino Gandolfi.
Questa Commissione è immediatamente convocata per prendere in esame la proposta di modifica del regolamento, credo che fra dieci minuti potremo riconvocare il Consiglio per procedere alla modifica del regolamento del Consiglio.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,15 riprende alle ore 13,40)


Argomento: Statuto - Regolamento

Proposta di modifica al Regolamento


PRESIDENTE

La seduta riprende.
La Commissione provvisoria del regolamento che si è istituita -- e dico "provvisoria" perché vi sono stati alcuni disguidi nella designazione dei Consiglieri che possono rapidamente essere corretti, a seconda delle comunicazioni che i Segretari dei Gruppi ci faranno pervenire -- ha rapidamente trovato l'intesa nel suggerirvi di approvare la seguente modifica al regolamento consiliare.
"Lo stralcio di norme di regolamento del Consiglio Regionale approvato dal Consiglio Regionale il 7.10.1970, prevede all'art. 9 che ciascun Gruppo consiliare deve essere costituito da almeno tre Consiglieri. Tale norma ha creato alcune difficoltà organizzative e anche di rappresentanza politica nel corso della prima legislatura. Per tali ragioni, alcune forze politiche, con l'assenza di tutte le altre, hanno posto alla Presidenza il problema di considerare l'opportunità di una modifica al regolamento, in modo da permettere la costituzione di Gruppi con l'adesione di due Consiglieri.
In relazione a quanto sopra l'Ufficio di Presidenza presenta al Consiglio la seguente proposta di modifica al regolamento: il secondo e il terzo comma dell'art. 9 dello stralcio di norme di regolamento del Consiglio Regionale approvato in data 6.10.1970, sono sostituiti come segue: 'Ciascun Gruppo deve essere costituito da almeno due Consiglieri. I Consiglieri i quali non abbiano fatto la dichiarazione di cui al primo comma, o non appartengano ad alcun Gruppo, o appartengano a Gruppi che non raggiungono due adesioni, costituiscono un unico Gruppo dei non iscritti' ".
Su questa proposta di modifica al regolamento è aperta la discussione.
Qualcuno chiede di parlare? Nessuno, allora possiamo passare alla votazione. Ricordo che ci vuole la maggioranza assoluta e la votazione avviene per alzata di mano.
Chi è d'accordo per la proposta di modifica del regolamento è pregato di alzare la mano.
La proposta di modifica del Regolamento e approvata alla unanimità.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Composizione Giunta delle elezioni


PRESIDENTE

Comunico che la Giunta delle elezioni è costituita dai seguenti Consiglieri: Besate, Bono, Dadone, Rossi; Armella, Cerchio, Colombino Oberto; Fonio, Moretti; Furnari; Rossotto.
La Giunta delle elezioni è convocata per le ore 15 del 5 agosto.



OBERTO Gianni

Chi la presiede? Solo per poter chiedere congedo.



PRESIDENTE

Il Presidente deve essere eletto dalla Giunta, è una Giunta del tutto particolare che deve eleggersi il suo Presidente e due Vicepresidenti attraverso un'intesa fra i Gruppi, nella seduta in cui verrà convocata.
La Giunta delle elezioni è convocata presso la sede del Consiglio Regionale.
La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Solo su quest'ultima comunicazione e per ribadire in aula quanto già detto ieri nella Conferenza dei Presidenti di Gruppo e cioè che noi, pur rendendoci conto della strettoia dei voti che quasi costringe alla composizione così come annunciata della Giunta delle elezioni, riteniamo di dovere protestare per l'esclusione del MSI-Destra Nazionale.



PRESIDENTE

Prendiamo atto della dichiarazione del Consigliere Carazzoni.
Adesso dovremmo passare al punto quinto all'ordine del giorno sennonché i Capigruppo sono giunti ad un'intesa e cioè di far sì che il Consiglio sia convocato la prossima settimana, giovedì, alle ore 10 e alle ore 15 e che al primo punto sia iscritto esattamente quello che era oggi al quinto punto "Ratifica, a norma dell'art. 40 dello Statuto, della deliberazione della Giunta concernente l'approvazione del programma di localizzazione ai sensi del 2° comma dell'art. 1 della legge 27.5.1975 n.
166".


Argomento:

Composizione Giunta delle elezioni

Argomento:

Ordine del giorno della prossima seduta


PRESIDENTE

La riunione dei Capigruppo ha altresì raggiunto l'intesa su altri punti all'ordine del giorno, ne dò una lettura sommaria perché riceverete la convocazione in modo più preciso.
Esame delle leggi rinviate dal Governo; Informazione sui provvedimenti pacchetti di emergenza; Conferenza regionale sull'occupazione ed eventualmente altri punti che la Giunta Regionale riunita oggi pomeriggio vorrà farci pervenire.
Il Consiglio è quindi convocato per giovedì 7 agosto alle ore 10 e alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,55)



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