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Dettaglio seduta n.33 del 12/02/76 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I Consiglieri hanno ricevuto l'ordine del giorno che reca: Approvazione verbali precedenti sedute Interpellanze e interrogazioni Comunicazioni del Presidente Comunicazioni della Giunta regionale sulla situazione occupazionale Informazione del Presidente della Giunta regionale sul funzionamento del CO.RE.CO nel 1975 Dibattito sulla situazione urbanistica regionale e sugli strumenti urbanistici in istruttoria Dibattito sulla sicurezza sociale e sanità Esame disegno di legge n. 36 bis: "Partecipazione della Regione alla Soc. per Azioni SAMIA" Commissione Regionale per la sistemazione idraulica e forestale: nomina di 5 esperti Il Consiglio è convocato sia al mattino sia al pomeriggio, vedremo nel corso dei lavori se sarà possibile concluderlo prima.


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

I Consiglieri avranno ricevuto il verbale dell'adunanza del 5 febbraio.
Se non vi sono obiezioni lo considero approvato.


Argomento: Emigrazione

Interpellanza dei Consiglieri Oberto, Colombino, Cerchio, Martini: "Opportunità di un intervento in favore delle associazioni di emigrati piemontesi che operano in Argentina in occasione delle manifestazioni ufficiali per il centenario delle leggi sull'emigrazione"


PRESIDENTE

Passiamo alle interpellanze ed alle interrogazioni.
Sono numerose, ma ho finalmente a disposizione uno strumento per fare in maniera che ciò che abbiamo concordato si realizzi, cioè i minuti siano due e quattro.
La prima interpellanza in discussione è quella presentata dai Consiglieri Oberto, Colombino, Cerchio, Martini: "Opportunità di un intervento in favore delle associazioni di emigrati piemontesi che operano in Argentina in occasione delle manifestazioni ufficiali per il centenario delle leggi sull' emigrazione".
Qualcuno desidera illustrarla?.
La parola al Consigliere Oberto.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Sul tempo concesso ai Consiglieri per illustrare le interpellanze e per le interrogazioni


OBERTO Gianni

Al di là della risposta all'interpellanza ed alle osservazioni che potranno essere fatte accogliendo lo spirito delle risposte, vorrei dirle con spirito molto cordiale, che questi due minuti finiscono per essere una ghigliottina.



PRESIDENTE

Le interpellanze non sono regolamentate così, questo vale per le interrogazioni.



OBERTO Gianni

In genere però è una ghigliottina e ne spiego il perché. Il Consiglio regionale, anche attraverso le interpellanze e interrogazioni, molte volte accoglie il discorso che è stato fatto dal Presidente della Giunta e dagli Assessori di un'apertura a tutte le forze politiche. E' vero che qualche volta le interrogazioni si limitano all'ambito del campanile e qualche volta guardano soltanto a qualche campana del campanile, ma è anche vero che spesso vi sono delle interrogazioni che possono sembrare senza un grosso contenuto mentre il contenuto c'è ed è notevole.
Voglio riferirmi a due o tre di queste interrogazioni. Se fuori il Piemonte sa che il Consiglio regionale si è interessato e si interessa alla vicenda della ricorrenza centenaria della scomparsa di Piero Gobetti questo è dovuto ad un'interrogazione proposta in questo Consiglio ed alla quale il Presidente della Giunta ha avuto l'amabilità, anche in termini estemporanei, di rispondere e di dire qualche cosa. Il resto poi lo si è saputo come notizia data dai giornali che ricevono i comunicati, ecc. Ma il Consiglio regionale si è espresso attraverso quell'interrogazione.
Se ad un certo momento si è affrontato il grave e delicato problema relativo alle competenze dei geometri rispetto ad un'attività che si sviluppa all'interno della Regione, questo è avvenuto in seguito ad interrogazioni proposte ancora in sede di Consiglio regionale.
Se ad un certo momento la Regione ha conosciuto il problema di carattere naturalistico, scientifico di portata internazionale della Chanou sia, è attraverso a un'interrogazione presentata al Consiglio regionale e che ha avuto un esito così positivo che penso il signor Presidente della Giunta regionale abbia già ricevuto termini precisi di comunicazione che dopo 30 anni, anche attraverso all'interessamento del Consiglio regionale piemontese, si è superata quella che sembrava un'impasse non superabile stabilendo invece dei rapporti che proprio in questi giorni dovrebbero portare ad una convenzione tra la Flore Valdotaine; che si occupa in modo particolare del problema, e l'Ordine Mauriziano che è il proprietario dei terreni (in contrasto con la situazione di carattere internazionale che si è venuta a creare dopo la modificazione dei confini) che impegnerà anche il governo francese oltre al governo italiano.
Mi sembra allora che veramente questa ghigliottina debba calare soltanto quando la portata dell'interrogazione o anche dell'interpellanza poiché nella lettera che lei, signor Presidente, ha avuto l'amabilità di farci pervenire è detto che spetterebbe appunto a lei Presidente o all' Ufficio di Presidenza di dire, al di là della formalizzazione di chi firma il contenuto obiettivo, se si tratti di un'interrogazione o di un'interpellanza - è tale per cui sia necessario farla calare, lasciando invece un po' di respiro alle altre, altrimenti la nostra partecipazione ai lavori del Consiglio, la nostra collaborazione a quell'apertura di cui si parla finirebbe per essere un canto a bocca chiusa; sono anche interessanti gli spettacoli con canti a bocca chiusa nelle opere al Regio, ecc., ma in un Consiglio regionale sarebbe veramente troppo poco.
Siccome io l' ho conosciuta come Vice Presidente del Consiglio regionale e la conosco come uomo indubbiamente aperto a queste esigenze, mi sono permesso, su una sua comunicazione, di fare inizialmente una considerazione ed una rispettosa protesta perché non si esageri in questa chiusura, ma si lasci invece un respiro ampio tutte le volte che gli argomenti abbiano realmente una grossa importanza come quelli che ho indicato.
E posto che ci sono, anche certe altre notizie che vengono date, in un certo senso scavalcando il Consiglio regionale, che si apprendono sui giornali, i quali ricevono evidentemente dei comunicati e delle veline come la riunione nella Sala Rossa avvenuta l'altro giorno dei tre vertici dei tre grossi enti: Regione, Provincia e Comune della città di Torino, mi pare che non dovrebbero cogliere di sorpresa il Consiglio regionale che apprende notizie, per molti versi interessanti, positive sotto un certo aspetto, meno positive sotto un altro aspetto, così, leggendo le notizie dai giornali come il cittadino qualunque dal quale poi il Consigliere è interpellato per sapere che cosa il Consiglio abbia fatto e deve rispondere che il Consiglio è stato scavalcato, non ne ha saputo nulla e che queste notizie le ha apprese attraverso comunicazioni di stampa.
Queste cose, dette con lo spirito che penso loro, Presidente del Consiglio e Presidente della Giunta, mi vorranno riconoscere, sono dette essenzialmente perché sento che la dignità del Consiglio regionale nel suo contesto, nel suo complesso, merita questa particolare attenzione anche se può mancare, e certamente manca, la volontà di una mortificazione mortificazione però che di fatto si verifica tutte le volte che si incontrano questi elementi non positivi che mi sono permesso di indicare sulla sua prima relazione, signor Presidente del Consiglio.



PRESIDENTE

Devo dare una risposta per quanto mi compete, poiché la determinazione di attribuire due minuti alle risposte degli interroganti e quattro minuti alle risposte degli Assessori sulle interrogazioni non è frutto di un'iniziativa del Presidente del Consiglio, ma è frutto di un'intesa raggiunta con i Capigruppo, comunicata regolarmente al Consiglio regionale e accettata dai Consiglieri che in quella sede erano presenti. A questo punto, se i Consiglieri regionali pensano che questa misura non sia opportuna, rimetto di nuovo la questione ai Capigruppo ed eventualmente all'Ufficio di Presidenza perché sia riesaminata.
L'intento, comunque, non era certamente quello di diminuire la quantità delle interrogazioni od il loro rilievo, dato che con questa misura l'obiettivo era quello di permettere, nell' arco di un'ora, di svolgere più interrogazioni ancora di quante non se ne potessero svolgere prima naturalmente cum granu salis perché le interpellanze, distinte dalle interrogazioni, avevano ed hanno un rilievo differente in quanto l'interrogante può trasformare l'interrogazione in interpellanza.
Infine, la scelta di determinare un tempo per la risposta sia dell'interrogante che dell'Assessore, aveva altresì lo scopo di razionalizzare i nostri lavori nel senso che quando i Capigruppo (che assieme alla Presidenza del Consiglio determinano il rilievo dei punti all'ordine del giorno, dato che anche i punti all'ordine del giorno non sono iscritti dal Presidente del Consiglio soltanto, ma sono sempre il frutto di un lavoro che si svolge nella Conferenza dei Presidenti di Gruppo) ritengono che un argomento merita l'attenzione ed il rilievo di un dibattito vero e proprio in Consiglio regionale, a quel titolo l'argomento viene iscritto nell'ordine dei lavori del Consiglio e quindi ha tutto lo sviluppo necessario del dibattito.
In effetti è successo più volte che argomenti di grande rilievo (alcuni dei quali lei ha sollevato e si potrebbero sollevare) non consentivano un dibattito a cui potessero partecipare più voci per il fatto che lo strumento dell'interrogazione, pur così utile nel segnalare l'importanza dell'argomento, non consentiva lo sviluppo della discussione se non fra l'interrogante e l'Assessore e quindi veniva in qualche modo ad esaurirsi o a diminuire l'opportunità di un confronto.
Personalmente, tra l'altro, sono consenziente circa l'opportunità di aumentare persino il ritmo dei Consigli regionali da uno a due alla settimana, in modo che ci siano più punti all'ordine del giorno, più trattazioni, ecc., ma non credo sia del tutto irrilevante il far sì che i vari punti all'ordine del giorno della nostra assemblea siano trattati discussi, esauriti con una certa severità di trattazione per evitare un difetto - che mi pare abbiamo un po' tutti - di essere un po' ridondanti un po' lunghi, un po' ripetitivi, mentre credo che anche da questo punto di vista un salto di qualità, se il Consiglio riesce a farlo nel suo complesso, sia una cosa utile per tutti.
Le dico questo solo perché sia ben chiaro che ciò che è stato fatto finora è stato fatto per decisione comune di tutte le parti politiche; ma naturalmente, se è opportuno modificare queste decisioni, non ho nessuna ostilità ad esaminare un'eventuale modifica.
Per intanto le riconfermo che la sua è un'interpellanza e pu svolgerla, se lo desidera, dopo di che la trattazione del tempo dedicato all'interpellanza è questione, come sempre, regolata dal regolamento ed in ogni caso affidata al granu salis che deve consentirne lo svolgimento.
La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Solo per dirle, signor Presidente, che avevo segnato su questo foglietto tre punti: all'ultimo punto c'era proprio scritto, come lei ha ripetuto due volte "cum granu salis" e cioè che questa interpretazione del rompere il tempo sia fatta "cum granu salis".
E finivo - non l'ho detto - con l'altro concetto dell'autodisciplina che è molto più importante che non la disciplina imposta dall'esterno ricordandomi, e ricordando rispettosamente al Consiglio che si incomincia a scrivere e a dire, molto opportunamente, da parti autorevoli, che chi rompe paga e coloro i quali infrangono determinate norme debbono pagare, come è stato scritto su una rivista molto autorevole in questi giorni.



PRESIDENTE

Su questo sono particolarmente d'accordo, Consigliere Oberto.


Argomento: Emigrazione

Interpellanza dei Consiglieri Oberto, Colombino, Cerchio, Martini: "Opportunità di un intervento in favore delle associazioni di emigrati piemontesi che operano in Argentina in occasione delle manifestazioni ufficiali per il centenario delle leggi sull'emigrazione" (seguito)


PRESIDENTE

Passiamo ora alla risposta del Vice Presidente Libertini alla sua interpellanza, Consigliere Oberto, se non desidera svolgerla.



LIBERTINI Lucio, Vice Presidente della Giunta regionale.

La Giunta si rende conto dei motivi che ispirano la interpellanza del Consigliere Oberto e di altri colleghi e li apprezza, per cui l'esame di una possibile iniziativa della Giunta - che nell'interpellanza non è indicata e che quindi dovremo esaminare - avverrà nella riunione di martedì ed in quell'occasione porterò una proposta atta a rispondere alla vostra sollecitazione; una proposta esecutiva vorrei dire.
Colgo l'occasione per sottolineare che per la Giunta, se è importante il rapporto con piemontesi e italiani che spaziano in ogni parte del mondo naturalmente quando si parla di emigrazione la nostra attenzione in questo momento si concentra sull'emigrazione più vicina, parlo dei frontalieri, a proposito dei quali la Giunta sta predisponendo una propria iniziativa legislativa che verrà però passata al vaglio di assemblee dei lavoratori frontalieri alle quali i Consiglieri sono sin d'ora invitati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Colombino.



COLOMBINO Michele

Con questo intervento intendo chiarire che l'interpellanza sottoscritta da me e da altri Consiglieri regionali, era stata presentata con l'intento di sottoporre all'attenzione della Giunta un problema attuale, richiamando la sua attenzione sulle manifestazioni argentine a celebrazione del centenario della legge sull'emigrazione.
Questa comunità piemontese, forte di circa tre milioni di corregionali attraverso le sue organizzazioni fiorentissime, ha partecipato all'iniziativa del Paese ospite ed ospitale e sottoponendosi a gravose spese ha figurato degnamente e ci ha bene rappresentati.
A comprova cito la manifestazione della seconda Festa nazionale del Piemonte, promossa in Lucque, provincia di Cordova, ai cui festeggiamenti durati due giorni, il 13 e 14 dicembre del 1975, hanno partecipato oltre 5000 piemontesi ed i rappresentanti del governo argentino.
I mezzi di informazione, i giornali, la radio, la televisione hanno dato ampio spazio all'avvenimento, sì da renderlo fatto nazionale, basti pensare che con apposito decreto del governo anche il 15 dicembre è stato dichiarato non lavorativo.
Nello sventolio di bandiere italiane, piemontesi ed argentine, molte sono state le cerimonie commoventi, la deposizione di corone sulle tombe dei piemontesi defunti, tra cui una del governo con la scritta "Il governo argentino agli immigrati piemontesi morti in questa terra", la consegna di diplomi e quella della lastra di marmo che molti presenti hanno voluto baciare (avvolta nel drappo piemontese) sulla quale i nostri fratelli consumarono il loro primo pasto in Argentina.
Il tutto comprova che la comunità dei piemontesi ha saputo conseguire in quel paese una grande affermazione.
Concludendo, riassumo il senso dell'interpellanza anche per conto dei miei colleghi, invitando la Giunta a rendere concreto un doveroso riconoscimento alle nostre comunità in terra argentina elargendo in qualche forma un contributo alle organizzazioni colà operanti in analogia a quanto fatto per altre associazioni in Svizzera ed auspicando soprattutto che come avviene in Friuli-Venezia Giulia, vengano promosse ed attuate regolari e costanti visite da parte degli organi rappresentativi regionali, peraltro già avviate nella passata legislatura con la visita dell'allora Presidente della Giunta avv. Oberto.
Chiederei infine un sollecito esame della proposta di legge da noi presentata sul problema dell'emigrazione e della immigrazione che è connesso in parte con l'oggetto di questa interpellanza.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interrogazione dei Consiglieri Oberto e Colombino: "Opportunità di un intervento per consentire una normale attività del Museo Nazionale della Montagna"


PRESIDENTE

Passiamo a discutere l'interrogazione dei Consiglieri Oberto e Colombino: "Opportunità di un intervento per consentire una normale attività del Museo Nazionale della Montagna".
Risponde l'Assessore Fiorini.



FIORINI Fausto, Assessore ai Musei

Il Museo Nazionale della Montagna che é, forse, nel campo, uno dei più importanti se non il più importante di Europa, ha già altre volte richiesto l'intervento della Regione. Non si tratta quindi di cosa nuova perché sono state avanzate richieste da parte del Museo nel novembre del 1973, nel febbraio del 1974, nel febbraio del 1975 e infine nell'aprile del 1975.
Devo dire che le risposte, probabilmente per esigenze di bilancio, sono sempre state negative.
Circa un mese fa uscì su "La Stampa" un'intervista con l'ing. Quartara del C.A.I. in cui si poneva questo problema. Mi recai immediatamente al Museo Nazionale della Montagna, dopo aver telefonato all'ing. Quartara, per verificare lo stato dei lavori e qual'era effettivamente il fabbisogno del Museo. Questo in data 24 gennaio scorso.
Ho potuto così constatare che i lavori sono abbastanza avanzati, anche se il completamento delle opere richiederà ancora almeno un anno, un anno e mezzo e che, tutto sommato, si tratta di materiale di notevole interesse.
Dopo un accordo con l'ing. Quartara, ho proposto alla Giunta (e se ne discuterà adesso) di addivenire ad una convenzione con il Museo della Montagna, in modo che un'eventuale erogazione da parte della Regione non sia a fondo perduto, ma sia collocata all'interno di un'utilizzazione di questo Museo soprattutto per le scuole, perché il materiale di cui dispone può essere utilizzato benissimo a questo scopo.
E' chiaro che questo si potrà perfezionare tra un anno, ma l'erogazione può essere predisposta anche subito e credo sarà dell'ordine di 8/10 milioni.
In questo modo si potrà porre poi il problema dell'esercizio del Museo ed in questo caso la stabilità del contributo, anche se modesto, della Regione, potrà essere vista nell'ambito dell'utilizzazione di questo come di altri Musei all'interno di un programma che la Regione, ed in questo caso il comprensorio di Torino, potrebbero fare per stabilire un più stretto contatto tra Musei e scuole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Prendo atto delle dichiarazioni fatte a nome della Giunta dall'Assessore e gli dò atto che è esatto quanto ha riferito, che nei 1973 e nel 1974 il Museo Nazionale della Montagna si era rivolto alla Regione per ottenere dei contributi e dei sussidi; cosa che non è stato possibile in allora fare perché vi era una netta separazione tra gli interventi resi possibili dalla legge delega per i Musei che abbiano una certa caratteristica locale e per quelli che abbiano invece, anche soltanto come intitolazione, una caratteristica nazionale.
Tuttavia non abbiamo mancato di interessarci al problema proprio rendendoci conto che vi era un'inerzia costruttiva - quella che lei, signor Assessore, ha potuto constatare e ci ha riferito - che ad un certo momento attraverso alla persona del nuovo Presidente del Club Alpino Italiano, si è vivificata e ha dato il via per questo rinnovo.
Pertanto l'intervento della Giunta tornerà certamente di soddisfazione e si creerà, nella città di Torino, capoluogo di questa terra pedemontana un Museo che non ricorderà soltanto le glorie veramente e propriamente alpinistiche, signor Presidente della Giunta, ma che potrà avere affiancato, come abbiamo scritto nella nostra interrogazione, una certa indicazione di quello che la Regione Piemonte ha fatto, sta facendo e farà per i problemi della montagna piemontese e della montagna italiana.
Per questo accolgo con vivo interesse le risposte che sono state date anche se interlocutorie, oggi dall'Assessore, augurandomi di conoscere presto quale sarà l'entità del contributo che verrà erogato da parte della Giunta.
Grazie.


Argomento: Opere idrauliche ed acquedotti

Interrogazione dei Consiglieri Paganelli, Soldano, Lombardi e Martini ed interrogazione dei Consiglieri Robaldo e Gandolfi: "Intenzioni della Giunta in ordine ai tempi ed ai finanziamenti necessari per il completamento dell'acquedotto generale delle Langhe"


PRESIDENTE

Passiamo a discutere l'interrogazione dei Consiglieri Paganelli Soldano, Lombardi e Martini ed interrogazione dei Consiglieri Robaldo e Gandolfi: "Intenzioni della Giunta in ordine ai tempi ed ai finanziamenti necessari per il completamento dell'acquedotto generale delle Langhe".
Risponde l'Assessore Astengo.



ASTENGO Giovanni, Assessore alle opere infrastrutturali

Su questo tema la risposta è agevolata dal fatto che con deliberazione recentissima la Giunta ha distribuito il contributo in conto capitale e in conto interesse, per le opere del 1975.
In questo quadro per l'acquedotto delle Langhe, X e XI stralcio, sono attribuiti: 480 milioni in conto capitale e 486 in conto interesse, che al 6% comportano un'erogazione di 29 e 160 milioni annui per 35 anni.
Un totale, quindi, di 966 milioni, il che rappresenta una consistente parte, direi la principale, delle erogazioni del 1975 ed è il risultato di una decisione autonoma dei Comuni dell'Albese che hanno concentrato tutto per portare avanti questa importante opera.
Il rapporto è questo: su un totale di 3.283.681.000, che rappresentano la somma dei contributi in conto capitale, 2.379.000,000 e rotti e 903 milioni e rotti, la parte relativa all'acquedotto delle Langhe è di 966 milioni, perciò rappresenta un po' meno di un terzo di questo importo.
Questo dimostra il consistente sforzo che è stato compiuto.
La situazione per quanto riguarda invece lo stato di avanzamento è in questi termini: sono già stati erogati un miliardo dallo Stato prima del 1972 e due miliardi dalla Regione. Questi tre miliardi incidono su un preventivo iniziale di sette miliardi e mezzo, preventivo che ovviamente è superato dai tempi e per il quale ci sono revisioni prezzi, ecc, e ritocchi dovuti al fatto che questo è un progetto abbastanza vecchio, che però è in corso di aggiornamento e di revisione.
L'insieme, come è noto, serve un'area di 84 Comuni ai quali se ne stanno aggregando altri 15, quindi 100 Comuni che comportano un carico di 150.000 abitanti complessivamente.
Si tratta di una delle principali opere pubbliche che sono in corso di esecuzione e la parte residua che, se il preventivo iniziale fosse rimasto fermo, sarebbe abbastanza vicina al completamento, mentre avrà ancora una sua consistenza presumibilmente di cinque miliardi, forse anche più - si tratta di vedere i consuntivi e le situazioni che gli uffici stanno predisponendo - che dovrà essere rateata nei prossimi anni.
Tuttavia penso che la Regione sia interessata (d'altra parte le decisioni dei Comuni dell'Albese lo hanno dimostrato), a far sì che questa opera possa essere realizzata nei tempi più rapidi possibili, concentrando in essa il massimo delle risorse che sono disponibili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Robaldo.



ROBALDO Vitale

Francamente devo dire che la risposta dell'Assessore non è che mi soddisfi molto, anzi, è estremamente generica.
Sui 966 milioni siamo d'accordo, hanno rinunciato i Comuni del comprensorio Albese a favore di quest'opera. La Giunta regionale doveva prenderne atto e devolvere a questa opera ciò che doveva essere dato ai Comuni per opere singole e particolari. C'è stato, quindi, un gesto di buona volontà, però noi nella nostra interrogazione abbiamo chiesto di conoscere i tempi tecnici di attuazione.
La risposta vaga è stata: speriamo di rispondere nel tempo più breve possibile.
A parte la gravità del problema in sé perché manca l'acqua, corriamo il rischio di fare spendere a dei Comuni del denaro inutilmente. Mi spiego: abbiamo tutti Comuni con piccoli acquedotti comunali ormai obsoleti o insufficienti, i quali magari hanno già dei finanziamenti; ne cito uno Lequio Berria, ha 85 milioni che potrebbe spendere per comperare dei motori, fare degli impianti e magari fra tre anni questa spesa diventa superflua perché se arriva l'acquedotto delle Langhe porta l'acqua per caduta e questo investimento diventa inutile sotto un certo aspetto.
Nella situazione di questo Comune ce ne sono diversi altri, abbiamo cento Comuni interessati al problema. Se noi riusciamo a dire come Giunta (e questa è la domanda che abbiamo posto): entro il 1980, o il 1982, o il 1979 si arriva a servire questa o quell'altra zona, ecco che noi attuiamo un criterio programmatorio - ritengo che- almeno in queste opere la Giunta potrebbe assumersi un impegno programmatorio - che va a tutto beneficio di queste zone e non fa sprecare denaro per delle opere che sulla spinta delle esigenze vengono fatte e che poi risultano inutili.
Questo era lo spirito della nostra richiesta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

L'Assessore ci ha fornito dati e indicazioni ed ha sottolineato l'importanza di questa opera pubblica per una vasta zona del Cuneese ed ha fatto dichiarazioni di buona volontà, di impegno per il futuro, ma non è sceso a quei particolari che noi ci saremmo aspettati.
In particolare mi sembra - come ha già sostanzialmente rilevato l'altro Consigliere interrogante - non abbia colto l'aspetto della nostra interrogazione che era proprio quello di un rapporto tra l'acquedotto delle Langhe nei suoi tempi di esecuzione e la costruzione di singoli acquedotti comunali. L'aspetto che noi avevamo sottolineato nella nostra interrogazione era proprio questo: vedere di far sì che non ci fosse un pullulare di singoli acquedotti, ma di concentrare l'attività esecutiva in questo acquedotto che deve servire una vasta zona.
Quindi, se da un lato possiamo ringraziare l'Assessore per questa generica manifestazione di buona volontà, dobbiamo attendere però che questa buona volontà si concretizzi nel senso che abbiamo indicato nell'interrogazione; questo senso attualmente non è stato colto nella risposta e quindi sotto questo aspetto mi dichiaro insoddisfatto.


Argomento: Musei

Interrogazione dei Consiglieri Cerchio ed Oberto: "Ampliamento Oasi Granbosco Salbertrand e suo innesto nel futuro parco montano dell'Orsiera Rocciavré"


PRESIDENTE

Passiamo a discutere l'interrogazione dei Consiglieri Cerchio ed Oberto: "Ampliamento Oasi Granbosco Salbertrand e suo innesto nel futuro parco montano dell'Orsiera-Roccaciavré".
Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore ai piani dei parchi naturali

I Consiglieri Cerchio ed Oberto hanno posto un'interrogazione alla Giunta per conoscere la posizione della Regione in merito alle notizie di stampa relative all'ampliamento dell'Oasi del Granbosco di Salbertrand ed al suo innesto nell'ipotizzato - per ora ipotizzato - parco montano dell'Orsiera Rocciavré.
La risposta che posso dare, a nome della Giunta, è che si tratta di una notizia di stampa che non ha nessuna connessione con posizioni politiche assunte dalla Giunta, né tecniche assunte dagli uffici regionali. La paternità di questa comunicazione è tutta del giornale.
Nell'attuale fase di elaborazione del piano regionale dei parchi e delle riserve naturali (d' altra parte il Consigliere Oberto ne è ben al corrente) il Granbosco di Salbertrand e la zona dell'Orsiera Rocciavr costituiscono (anche in base alle informazioni che ci sono giunte dagli enti che abbiamo interpellato) due biotopi distinti.
Nell'eventualità che in futuro - potrebbe anche essere prossimo attraverso il lavoro della Commissione, si possa decidere un ampliamento dell'Oasi di Salbertrand ed il suo collegamento con il parco montano dell'Orsiera-Rocciavré, si concorda con gli interroganti sulla necessità di collegamenti e confronto tra amministrazione regionale, Comunità montana della Valle di Susa, Comunità della Val Chisone e Comuni interessati, per garantire e decidere insieme la tutela dell'ambiente e lo sviluppo economico delle attività agricole pastorizie forestali che in quella zona si svolgono, Riteniamo che debbano essere sempre strettamente connessi i problemi e di natura ambientale e di natura economica, che non ci sia separazione, distinzione, contrapposizione.
Mi interessa ancora precisare peraltro che come prassi costante dell'Assessorato che sta seguendo questo problema, ogni progetto, ogni decisione vengono preventivamente discussi e confrontati con la Commissione consiliare e con tutti i soggetti interessati.
D'altra parte è testimonianza di ciò il modo con cui stiamo lavorando Assessorato e Commissione consiliare, nel definire le linee del piano regionale dei parchi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Prendo atto delle considerazioni fatte dall'Assessore. In effetti si tratta di un' oasi di particolare interesse che deve essere tutelata e ritengo che nella politica dei parchi, nel piano regionale cui faceva cenno l'Assessore, questa problematica dovrà certamente essere tenuta in debito conto.
Tutela di ambiente quindi e anche tutela di un'informazione obiettiva e l'augurio che anche gli organi di stampa intervengano con precise informazioni al riguardo.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Le interrogazioni sono così concluse e devo fare presente che l'esperimento mi pare sia riuscito perché in venti minuti abbiamo esaurito cinque interrogazioni, dando la possibilità a ciascuno di svolgere tutta la loro parte.
Nel tener conto, quindi, delle cose che abbiamo detto pochi minuti fa teniamo anche conto che se la questione viene assunta con autoregolamentazione e con autoresponsabilità può permettere al Consiglio regionale di svolgere molte interrogazioni nell'ora che fino ad oggi è stata destinata a questo scopo.


Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bertorello, Debenedetti, Zanone Curci, Franzi, Menozzi.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i progetti di legge: n. 72 "Integrazione alla L.R. 12.8.1974 n. 22 'Stato giuridico e trattamento economico del personale regionale. Norme transitorie per il primo inquadramento' ", presentato dai Consiglieri Alberton, Cerchio Paganelli, Picco n. 73: "Norme e criteri per la programmazione, gestione e controllo dei servizi consultoriali di assistenza alla famiglia ed alla maternità in ordine all'educazione ed igiene sessuale e demografica", presentato dalla Giunta regionale n. 74: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa agli artigiani per l'anno 1976", presentato dalla Giunta regionale n. 75: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa agli esercenti attività commerciali per l'anno 1976" presentato dalla Giunta regionale n. 76: "Definizione degli ambiti territoriali delle unità locali dei servizi" presentato dalla Giunta regionale.


Argomento:

c) Presentazione deliberazioni


PRESIDENTE

Sono state presentate le deliberazioni: "Zonizzazione sanitaria della Regione Piemonte", presentata dai Consiglieri Zanone, Cardinali, Robaldo, Armella, Beltrami, Vietti e Lombardi "Acquisizione tenuta 'La Mandria' ", presentata dalla Giunta regionale.


Argomento: Comitato RAI

d) Telegramma del Comitato Regionale RAI-TV


PRESIDENTE

Devo comunicare al Consiglio che ho ricevuto dal Comitato regionale della RAI-TV il seguente telegramma: "Informo che questo Comitato habet inviato data odierna Consiglio Amministrazione RAI e Commissione parlamentare vigilanza RAI il seguente telegramma: "Giorno 4 febbraio sindacati delegati fabbriche piemontesi minacciate o già colpite da massicci licenziamenti, hanno annunciato manifestazione protesta contro RAI-TV per la scarsa informazione fornita dall'Ente radiotelevisivo circa reale situazione economico-sociale del Piemonte.
Esponenti della Direzione romana dell' Ente hanno risposto vietando accesso sia manifestanti sia comitato regionale servizio radiotelevisivo stop Il giorno 5 corrente nel corso della manifestazione le rappresentanze dei manifestanti sono state ammesse all'interno della sede RAI-TV di Torino e per sollecitazione del Consiglio d'azienda ai sindacati e anche Comitato regionale est stato invitato unirsi dibattito stop Denunciamo all'opinione pubblica al Parlamento et agli organismi regionali la gravità del tentativo compiuto di impedire ingresso del Comitato regionale nella sede RAI-TV in dispregio della volontà di decentramento e di partecipazione democratica a cui si ispira la legge di riforma della RAI-TV stop.
L'episodio conferma che certa dirigenza centrale RAI-TV intende perdurare i metodi arbitrari ed illegali di gestione dell'Ente ed in particolare dell'informazione radiotelevisiva stop Chiediamo e ci proponiamo azione adeguata affinché la legge di riforma venga attuata in tutto il suo significato innovatore, trasformando finalmente l'Ente radiotelevisivo in un servizio autenticamente rivolto all'interesse della comunità stop" E fin qui il Comitato regionale piemontese per il servizio radiotelevisivo.
I fatti denunciati nella comunicazione di protesta del Comitato regionale per il servizio radiotelevisivo sono indubbiamente gravi e meriterebbero un approfondimento a livello di assemblea, anche perché essi sembrano suffragare le ipotesi più pessimistiche circa il tentativo in atto a livello centrale di disattendere le istanze di decentramento regionale contenute nella legge di riforma della RAI-TV.
Il nostro Consiglio sarà comunque presto chiamato a dibattere questo argomento in tutti i suoi aspetti ed a quel momento io suggerirei di rinviare il dibattito sulla base dell'accordo intercorso fra i capigruppo.
In quella sede ritengo che sarà opportuno approfondire anche il problema del ruolo e delle precise funzioni del Comitato regionale RAI-TV assumendo le posizioni che si riterranno più opportune.
Vi sono richieste di parola sulle comunicazioni? Non ve ne sono.
La parola al Presidente della Giunta regionale per delle comunicazioni.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale


VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale.

Signori Consiglieri, si è svolta lunedì 9 febbraio, presso il Consiglio comunale di Torino, una riunione delle Giunte regionale, provinciale e comunale della nostra città.
L'incontro ha avuto carattere operativo, per stabilire un collegamento organico su problemi concreti interessanti l'area torinese.
Si è trattato della prima riunione di questo tipo richiesta sia dal Comune sia dalla Provincia di Torino. La Giunta regionale intende per andare incontro ad analoghe riunioni, che d'altronde sono già state chieste, con le altre Giunte provinciali e comunali delle restanti province del Piemonte per esaminare tutte le possibilità di coordinamento dell'azione amministrativa ed operativa a livello del territorio regionale.
Si è trattato quindi di un fatto operativo, esecutivo per non lasciare sovrapposizioni, residue competenze, sprechi nell'azione delle istituzioni operanti (le più importanti) a livello regionale.
La riunione congiunta è stata, nel complesso, positiva. Sono stati esaminati i settori più importanti inerenti alla politica del territorio alla politica sanitaria e sociale, ai problemi collegati ai trasporti, alla scuola, alle strutture igieniche.
Sui temi di maggiore rilevanza interessanti i Dipartimenti di attività verrà quanto prima redatto un calendario di incontri a livello dipartimentale, onde verificare che non vi siano dei doppioni, delle sovrapposizioni di interventi che non siano in nessun modo razionali e costituiscano un grave spreco, come vediamo nei vari settori: sanità, opere pubbliche, ecc.
Desidero esprimere anche in quest'aula l'importanza soprattutto politica dell'iniziativa nel corso della quale le tre Giunte hanno sottolineato la reciproca volontà di collaborazione per rendere le rispettive amministrazioni più efficienti e coordinare al massimo gli interventi negli stessi settori di attività.
La riunione ha messo in evidenza non solo l'omogeneità politica e la volontà anche delle tre Giunte, la stessa volontà di coordinamento amministrativo e l'intendimento di operare sulla base di una partecipazione sempre più allargata, raccogliendo i contributi positivi che emergono da tutte le forze politiche democratiche operanti nell'area torinese, e, come ho già detto, operanti all'interno della comunità regionale piemontese.
Questa è la prima comunicazione.
Ieri sera vi è stato un incontro con il corpo redazionale del "Times" di Londra per dare concreta attuazione ad un intendimento che già la Giunta aveva in animo di fare e cioè di fare uscire il 15 aprile alcune pagine sul Piemonte; una o due di queste pagine investiranno direttamente la Regione Piemonte, le altre toccheranno i vari settori e si è già fatta una certa scaletta dei vari articoli.
A questo punto, investendo tutta la Regione, occorrerà che l'iniziativa sia anche portata nel seno del Consiglio regionale ed a questo proposito mi riservo di interessare il Presidente del Consiglio regionale, che pure ieri era presente a questo incontro, per dare un quadro quanto più unitario possibile nel momento in cui il "Times" pubblicherà queste pagine sul Piemonte.



OBERTO Gianni

Lei sa che c'era un precedente.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Questo consegue ad un'iniziativa che la vecchia Giunta aveva assunto e che aveva avuto una grande rilevanza.
Il fatto di avere questo collegamento in un momento di crisi, da parte del Consiglio regionale del Piemonte, della Regione tutta, della Giunta dell'esecutivo unitariamente inteso costituisce uno dei momenti non solo per esprimere concretamente la nostra vocazione europea, ma anche per esaltare tutte le forze della cultura, del giornalismo, dell'informazione dell'economia e dell'industria che nell'insieme possono contribuire alla soluzione della crisi del nostro Paese.
Il Direttore ha avuto cortesi espressioni di apprezzamento per l'attività del nostro Piemonte e per i collegamenti che abbiamo con il suo paese e ci siamo riproposti l'appuntamento del 15 aprile.
Desidero però informare il Consiglio che tutto ciò avverrà unitariamente fra Consiglio e Giunta. Appunto per questo ieri il Presidente del Consiglio ha partecipato all'incontro e credo che procederà anche attraverso i suoi canali istituzionali che sono l'Ufficio di Presidenza ed i Capigruppo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Intanto ringrazio il Presidente di avere portato immediatamente al Consiglio l'eco di una iniziativa di un certo rilievo dal punto di vista dell'interesse pubblico, ossia quella dell'incontro delle tre Giunte: Regione, Comune di Torino e Provincia di Torino.
Indubbiamente in questi incontri c'è un aspetto positivo: anzitutto quello della volontà, della necessità di coordinare, raccordare nel modo più efficiente possibile l'azione dei diversi livelli amministrativi che riguardano la Regione e quindi non è sicuramente il mio gruppo che si oppone od ostacola che una corretta ed efficace azione di coordinamento attraverso gli incontri più appropriati, debba essere proseguita nel futuro.
Pensiamo però di dover anticipare alcune sottolineature che sicuramente sono presenti, immagino, nella volontà del Presidente della Giunta e nelle Giunte che si sono incontrate, ma che è bene abbiano rilievo in questa sede. E cioè che gli enti sono di livello diverso per competenze, per natura, per ambiti di azione e quindi sono anche protagonisti necessari di forme di dialettica efficienti al raggiungimento dei migliori risultati amministrativi e politici, ossia una forma di quasi fusione, di creazione di un nuovo livello istituzionale che metta insieme questi diversi livelli può anche sortire effetti non tutti corrispondenti a quelli voluti o sperati da chi ha preso l'iniziativa.
In secondo luogo ritengo che l'azione di coordinamento, come ha sottolineato del resto il Presidente, debba avere scrupolosamente per oggetto iniziative, atti, deliberazioni, linee politiche che devono aver trovato già la loro definizione, il loro chiarimento nelle sedi istituzionali proprie che sono i singoli Consigli, affinché non si costituisca una specie di superorganismo politico che guida l'azione di tutti quanti gli enti e mette sostanzialmente in ombra, smorzandone anche le responsabilità e le capacità di iniziativa, i singoli Consigli.
Infine chiederei che gli eventuali ulteriori incontri che abbiano questo significato, debbano trovare intanto qualche chiarimento anche preventivo in sede consiliare e in ogni caso relazioni precise e puntuali a posteriori per non sottrarre, spostando fuori dalle sedi di ciascuno, i momenti di azione delle Giunte, per non sottrarre questa azione alla necessaria opportuna opera di controllo, o di dialogo, o di confronto con i rispettivi Consigli.



PRESIDENTE

Qualcun altro chiede di intervenire? La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale.

Ringrazio il Consigliere Bianchi per il suo intervento perché mi dà modo di precisare che non si trattava assolutamente di assumere delle iniziative che fossero dirette a stravolgere i compiti e del Consiglio e delle Giunte che nella loro autonomia e nella loro istituzionalità trovano i momenti piú puntuali, piú rigorosi della loro azione.
Ma devo anche dire che riteniamo necessario questo incontro non soltanto con il Comune e la Provincia di Torino, che ovviamente rappresentano il 50% della popolazione del territorio piemontese, ma abbiamo sollecitazioni anche per incontrarci con le Province esterne e con le città capoluogo importanti esterne all'area metropolitana.
Non si tratta che di andare a dei fatti di reale conoscenza, di approfondita conoscenza dell'azione amministrativa dei singoli esecutivi per verificare direttamente e per far questo non è sufficiente né un disegno di legge, né una proposta di legge, né un regolamento, né altri mezzi. Ciò, ripeto, senza stravolgere i singoli compiti istituzionali a cui siamo chiamati, ma è una conoscenza che potrà poi essere portata all'attenzione del Consiglio regionale. Noi vogliamo discuterne preventivamente, non vi è nessun dubbio su questo, mi pare che questa Giunta lo abbia dimostrato. Anzi, la sollecitazione che stamani il Consigliere Oberto faceva, mi induce ad allargare maggiormente quella che è l'area di conoscenza, di confronto continuo da parte della Giunta con tutte le forze presenti nel Consiglio regionale. Questo è un metodo che ci siamo dati a cui non vogliamo rinunciare. Però occorre anche che valutiamo esattamente modi e termini e tempi anche, perché spesso urge alle nostre spalle la richiesta di fare, non sempre è possibile dominare nel tempo le iniziative che possono essere assunte.
Quindi noi non soltanto ribadiamo la validità dell'iniziativa che ci siamo dati di questo metodo nuovo di governare, ma andremo ancora ad allargare maggiormente l'area della conoscenza, dell'informazione, del confronto anche con dei fatti preventivi e non soltanto successivi meramente di informazione.



OBERTO Gianni

Salvo le competenze proprie.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale.

Io voglio essere chiaro su questo perché anche all'interno, per questo rapporto che si è costituito, abbiamo avuto dei momenti che hanno dato luogo a delle puntualizzazioni. E' chiaro questo, l'esecutivo non rinuncia alle sue funzioni, né vuole coinvolgere, al di là di un corretto confronto le forze che operano all'interno del Consiglio. Non è di questo che si tratta, bensì di porre tutte le forze politiche in grado di approfondire la conoscenza di ogni fatto che riguardi anche l'esecutivo per poter decidere.
E di questo assumiamo nuovamente l'impegno.



BIANCHI Adriano

Se mi consente, vorrei solo fare una battuta.
Mi riservo di puntualizzare anche meglio gli aspetti dei rilievi, dopo.


Argomento:

Comunicazioni della Giunta regionale sulla situazione occupazionale


PRESIDENTE

Passiamo al punto quarto dell'o.d.g.: "Comunicazioni della Giunta regionale sulla situazione occupazionale". La parola al Vicepresidente della Giunta, Libertini.



LIBERTINI Lucio, Vice Presidente della Giunta regionale

Rispetto alle notizie da me fornite precedentemente in Consiglio relativamente alle vertenze occupazionali di cui si sta occupando la Regione, vi sono da segnalare alcune variazioni. Prego i Consiglieri di voler prendere nota di quanto andrò esponendo in rapidissima rassegna.
Vediamo anzitutto le aziende che si sono aggiunte all'elenco precedente, in cui si sono aperte vertenze che concernono l'occupazione.
Sono: la Clifford, di Villadossola, settore abbigliamento, 192 dipendenti per la quale sono in corso gli incontri la A.M.G., fabbrica di Borgoticino, con 47 dipendenti, per la quale pure sono in corso gli incontri la Aprilia Industrie Frisoni, una grossa azienda che ha due stabilimenti, uno a Verghera di Samarate, in provincia di Varese, l'altro a Varano Pombia. A Varallo Pombia gli occupati sono 179. Abbiamo accettato di occuparci di questa vertenza, ma, data la particolarità che si tratta di azienda che interessa due regioni, Piemonte e Lombardia, su sollecitazione degli stessi imprenditori e delle organizzazioni sindacali si procederà ad una iniziativa comune fra le due Regioni. Nei primi giorni della prossima settimana avrà luogo un incontro a Milano degli Assessori all'Industria e al Lavoro del Piemonte e della Lombardia con le organizzazioni sindacali.
Per le seguenti aziende, invece, si è avuta una conclusione della vertenza o la si intravvede concretamente. L'Unione Manifatture di Verbania. La vertenza è stata chiusa con un'azione congiunta del Ministero del Lavoro e dell'Assessorato al Lavoro della Regione Piemonte. In seguito agli accordi intervenuti, ad Intra sarà mantenuta la manifattura, con 260 addetti, e una parte di questi addetti verrà trasferita lì da Trobaso. A Trecate, dove saranno trasferiti 83 dipendenti da Villastanza, saranno rinnovati gli impianti con nuovi investimenti. A Trobaso è previsto un intervento sostitutivo della Società Alba Italia, che assumerà 115 lavoratori già dipendenti degli stabilimenti dell'Unione Manifatture di Trobaso.
Una vertenza rispetto alla quale si comincia ad intravedere una conclusione, e che è di notevole importanza, riguarda la Magnoni Tedeschi. Come voi sapete, si tratta di circa mille dipendenti, occupati negli stabilimenti di Nole e Cafasse, in provincia di Torino. La situazione di agitazione durava ormai da mesi. La Regione, tenendosi in collegamento con il Ministro dell' Industria e con la Società GEPI a Roma, in diversi incontri, è giunta alla conclusione di un primo accordo, che prevede il rientro progressivo in fabbrica di 270 lavoratori nello stabilimento di Nole, e riguarda anche le retribuzioni e la posizione professionale delle maestranze, firmato dalle Organizzazioni sindacali, dalla GEPI e dalla Regione, la quale si fa carico di garantirne l'esecuzione. La prossima settimana avrà luogo qui, a Torino, un incontro che riguarda lo stabilimento di Cafasse, che noi speriamo possa avere conseguenze altrettanto positive di quelli per lo stabilimento di Nole.
Si è chiusa ieri sera, praticamente, anche se la conclusione verrà sancita oggi, un'altra vertenza, piccola, ma che aveva avuto una certa eco: quella della SPI. Questa, avendo perso la pubblicità della "Gazzetta del Popolo", aveva proceduto ad una serie di licenziamenti. Si era aperta una controversia, anche su questioni di principio, cioè il fatto se i lavoratori debbano seguire le vicende della pubblicità o se non debbano essere legati ad esse, come le Organizzazioni sindacali sostenevano.
Comunque, con la mediazione della Regione, ieri sera è stato raggiunto un accordo. Quindi, i lavoratori dovrebbero oggi stesso smettere di presidiare la SPI. Oggi avrà luogo un incontro con la Giunta regionale per sancire la fine di questo periodo di lotta. Debbo dire che, nella conclusione della vertenza, mentre la SIPRA e la "Gazzetta del Popolo" hanno accettato di accollarsi gli oneri che la Regione aveva indicato nella sua proposta di mediazione, ci siamo trovati di fronte ad un atteggiamento del tutto non responsabile dal punto di vista politico e sociale della SPI, al punto che senza un intervento della Regione, che si è fatta carico del collocamento nell'area produttiva torinese di alcuni lavoratori, non si sarebbe pervenuti all'accordo. Debbo formalmente deplorare il fatto che, mentre le altre aziende interessate hanno acceduto alla proposta della Regione, la SPI si sia mantenuta su una posizione di irragionevole intransigenza.
Altra vertenza conclusa abbastanza felicemente è quella delle Officine Meccaniche Galliatesi. L'accordo prevede il proseguimento dell'attività con 21 dipendenti; dei 26 operai in soprannumero, parte hanno trovato occupazione presso aziende del luogo, parte hanno accettato il prepensionamento. La Regione si è fatta carico della soluzione del problema di quattro invalidi.
Devo dire, a proposito di questa vertenza, dal momento che si parla molto di mobilità, che noi, nell'affrontarla, ci siano posti anche su questo terreno, senza trovare da parte delle Organizzazioni sindacali resistenze ostinate. Il problema è di sapere se la mobilità va intesa come passaggio da un posto di lavoro ad un altro o come passaggio dall'occupazione alla disoccupazione. Da questo punto di vista, vertenza per vertenza, in generale si è aperta una sorta di confronto con l'Unione Industriale: visto che insiste tanto sulla mobilità, vediamo se vorrà veramente realizzarla. Noi siamo pronti ad intervenire anche con corsi di qualificazione professionale, con interventi-ponte: il problema è che si aprano poi realmente altri sbocchi occupazionali.
Un'ultima vertenza che si è chiusa riguarda il Lanificio Fratelli Fila di Coggiola: si è concordato per la sospensione di 49 operai a cassa integrazione, ma con rotazione dei sospesi; nel frattempo, anche perch dovrebbero andare in porto delle pratiche di finanziamento agevolato dovrebbe realizzarsi la condizione del riassorbimento di tutti i lavoratori.
Queste le variazioni intervenute rispetto all'elenco che abbiamo sul tavolo, e che avevo già in precedenza reso noto ai Consiglieri e alla stampa.
A questo primo punto devo aggiungere altre tre considerazioni informative.
Una considerazione riguarda il problema Fiat. Nell'ultima riunione del Consiglio noi abbiamo riferito sulla questione Candiolo-aree Fiat, per intenderci. Da allora quali sviluppi vi sono stati? In seguito alla richiesta delle Organizzazioni sindacali, le quali sostanzialmente criticavano la Fiat per essersi assunta la responsabilità di interrompere la trattativa non entrando nel merito dei processi di ristrutturazione e isolando la questione del trasferimento di 600 lavoratori della Materferro alla Cromodora da un contesto più vasto di ristrutturazione produttiva, la Giunta regionale si è rivolta con una lettera all'amministratore delegato della FIAT, Umberto Agnelli, chiedendogli di riaprire la trattativa con i Sindacati, e di riaprirla su una base più complessiva, sottolineando il pericolo di un inasprimento dei rapporti sindacali in questa fase, ma ribadendo che le questioni che riguardano l'organizzazione del territorio vanno certamente discusse con i Sindacati per la parte che li riguarda ma fondamentalmente con gli Enti locali che hanno competenza in materia.
La FIAT si è posta in contatto con noi, sia tramite l'amministratore delegato, Umberto Agnelli, sia tramite altri dirigenti di diversi settori.
Da incontri che vi sono stati nella giornata di venerdì è scaturita una intesa: che la Giunta regionale avrebbe invitato - così in effetti ha fatto le parti, Sindacati e Azienda, ad incontrarsi (e l'incontro avverrà nelle prossime ore) per discutere la questione Materferro-Cromodora nell'ambito di un esame complessivo dei processi di ristrutturazione FIAT; che nella giornata di lunedì ci debba essere un contatto fra la Giunta e la FIAT che riguarda ancora i problemi dell'assetto del territorio; e che nella prossima settimana abbia luogo un confronto di notevole rilievo fra la Giunta regionale e la Direzione della FIAT sulle questioni della ristrutturazione produttiva.
Alla vigilia della conferenza sull'occupazione, la FIAT, sia in Giunta sia in Consiglio, fece un quadro delle sue prospettive produttive occupazionali. Da allora sono intervenuti alcuni fatti nuovi (penso alla vicenda Innocenti, penso ai mutamenti in campo monetario). Noi stiamo redigendo un piano economico di sviluppo (il relativo materiale, lo dico per inciso, sarà trasmesso fra qualche giorno, con l'indice del piano, alle Commissioni, secondo gli accordi). Ed è ovvio che vogliamo, prima di chiudere il piano, avere un quadro dei mutamenti intervenuti nei processi produttivi FIAT, Il confronto, pertanto, si svolgerà su questa base. La FIAT rimane nella convinzione ferma che attraverso questi tre momenti - la trattativa diretta tra FIAT e Sindacati, gli incontri tra FIAT e Regione sul territorio e sulla ristrutturazione produttiva - si possa raggiungere una soddisfacente sistemazione dell'insieme delle questioni.
Voglio cogliere questa occasione per ribadire a nome della Giunta che la Giunta si atterrà al disegno di sistemazione del territorio che è stato più volte discusso in Consiglio. Il nostro problema è di rendere compatibile questo disegno di assetto territoriale, che risulta del resto da un processo formativo che investe tutta la precedente legislatura, con le esigenze produttive della FIAT e con le giuste e legittime rivendicazioni dei Sindacati e dei lavoratori.
Nella giornata di lunedì ha avuto luogo allo stabilimento Cromodora di Venaria una grande assemblea degli operai della Cromodora, della Materferro e di tutti gli stabilimenti della FIAT. In quella assemblea io sono andato ad esporre, a nome della Giunta, la nostra posizione così come essa é, a spiegare qual è la linea orientativa lungo la quale noi intendiamo procedere con fermezza nelle prossime settimane: la convinzione che ogni interesse debba far sentire il suo peso ma che noi siamo in una democrazia che non è corporativa, e quindi gli interessi dei singoli devono essere ricondotti agli interessi generali.
Noi speriamo che attraverso questa trattativa si possano raggiungere i risultati di garantire i livelli di occupazione, di acquisire ai Comuni interessati importanti aree per servizi sociali e per verde, di procedere lungo un certo disegno di assetto territoriale di cui si è già parlato, di mantenere a Torino una qualificata presenza produttiva.
Prima di concludere su questo punto, debbo cogliere l'occasione per dire ai Consiglieri che dalla FIAT mi è giunta la dichiarazione assai netta che tra gli stabilimenti per i quali è in discorso una possibilità di riduzione di attività o di trasferimento non è la Lancia - parlo della Lancia di Torino Borgo San Paolo, perché per Chivasso e per Verrone vi sono dei piani noti di aumento dell'occupazione: anzi, per la Lancia di Torino vi è un impegno ad aumentare addirittura la sua potenzialità produttiva e perfino occupazionale.
Il terzo punto riguarda un Gruppo del quale ci siamo occupati più volte, ma non nelle ultime settimane: parlo della Montedison. Nei giorni scorsi la Giunta regionale è stata indotta ad inviare alla Presidenza della Montedison una lettera nella quale si chiede, motivando ampiamente la richiesta, un confronto ravvicinato con la dirigenza del Gruppo stesso Debbo dire, a completamento delle notizie apparse sui giornali, che i motivi per i quali noi ci siamo rivolti alla Montedison, chiedendo di aprire un confronto (debbo dire per inciso che non abbiamo ancora avuto una risposta formale, ma ieri abbiamo ricevuto un preannuncio di risposta positiva) sono tre, e tutti e tre assai seri. Il primo è che gli accordi che le Organizzazioni sindacali hanno firmato rispetto agli stabilimenti che producono fibre richiedono una gestione attenta. Noi abbiamo alle spalle l'esperienza del 1973, quando l'accordo venne totalmente disatteso.
Qui ci troviamo di fronte ad un accordo che ha i due aspetti dell'accordo del '73, anche se ad un livello più basso, perché ha, sia l'aspetto di avvio di produzioni sostitutive, che riguardano un numero notevole di lavoratori, sia l'aspetto di riorganizzazione della produzione delle fibre.
Nelle scorse settimane ci sono venuti dalle Organizzazioni sindacali e in un incontro che ho avuto con la Segreteria del Sindacato nazionale Chimici mi è stato ribadito il problema - segnalazioni di piccoli indizi che fanno mettere in dubbio l'avvio della esecuzione degli accordi. E vi è in molte aree un certo fermento fra i lavoratori ed anche fra le popolazioni. A Vercelli, ad esempio, ci sono state fatte presenti molte preoccupazioni da parte di tutti: Comuni, Organizzazioni sindacali e così via.
A questo punto noi pensiamo che la Regione abbia la responsabilità politica, anche per alcune conseguenze degli accordi che riguardano problemi di assetto del territorio, oltre che il piano, di farsi dare dalla Montedison delle garanzie; non solo, ma di mettere in atto un meccanismo che possa controllare passo per passo e sollecitare l'esecuzione degli accordi. Non possiamo, cioè, aspettare uno o due anni, per poi accorgersi che gli accordi non sono stati realizzati e che si sono avute importanti cadute occupazionali in zone critiche.
Questo è il primo motivo della richiesta di incontro con la Montedison.
Secondo motivo è la questione del Valle Susa. In proposito, debbo qui confermare le preoccupazioni dichiarate, anche se qualche giornale, come "24 Ore" ieri si domandava come mai noi siamo così preoccupati.
Formalmente, sottolineo, negli accordi conclusi al Ministero dell'Industria presenti il ministro dell'Industria, Donat-Cattin, chi vi parla per la Regione Piemonte e i dirigenti della Montedison - si era precisata una data, quella del 29 febbraio, entro la quale la Montedison avrebbe dovuto sbarazzarsi degli stabilimenti Valle Susa e si sarebbe dovuto trovare una soluzione. E' vero che, dopo che fu raggiunto l'accordo con i Sindacati che riguardava le fibre, in un incontro sul Valle Susa al quale ho partecipato io stesso, fu detto da parte della Montedison che sostanzialmente la data del 29 febbraio non era perentoria, e che poteva intendersi come data ultima il 31 marzo, e che se poi, dopo il 31 marzo, fossero stati necessari alcuni giorni, si sarebbe potuto attendere ancora alcuni giorni; però, e anche vero che tutto questo era legato al fatto che maturasse una alternativa. E l'alternativa fino ad oggi non e maturata, perché l'unica proposta che è oggi sul tavolo è quella avanzata dalla Federazione degli industriali tessili, e che reca la firma del suo presidente, il dott.
Artom. Una proposta rispetto alla quale, anche se lo studio presenta molti aspetti seri, come ho già avuto modo di dire, le Organizzazioni sindacali e la stessa Regione hanno espresso un giudizio negativo per quel che concerne due punti: che esso comporta un decremento dei livelli occupazionali da 3200 a 2200, E' vero che l'Unione Industriale ci ha parlato di iniziative integrative, ad esempio una fabbrica meccanica a Lanzo, ma si tratta di iniziative che non si sono finora concretate secondo, perché la proposta Artom prevede uno smembramento degli stabilimenti.
La Regione ed i Sindacati, ognuno per la propria autonomia, ma in modo convergente, hanno proposto di collocare questo progetto in una dimensione occupazionale diversa, esaminando anche le attività integrative, chiedendo che vi sia una forma di collegamento tra le aziende che rilevano gli stabilimenti, per poter prendere in esame il progetto, e che la Montedison rimanga in una certa misura coinvolta. Debbo dire che in un contatto recente con la Montedison ho avuto l'impressione netta che la Montedison non escluda di rimanere presente con una sua quota all'interno di un eventuale consorzio. Ma si è aperta una questione che potrà apparire sottile ma non lo è e può determinare viceversa alla fine del mese una sorta di casus belli: gli imprenditori tessili, che non hanno fatto conoscere il loro nome ma che sono rappresentati dalla Federazione tessili nella persona del dott. Artom, chiedono che la Montedison indipendentemente dal fatto che si raggiunga o no l'accordo sul piano, dia affidamento ad una sua fiduciaria affinché questa esamini nel merito le proposte della Federazione tessili, e quindi, presi contatti con i singoli industriali, colleghi industriali e stabilimenti. Ma in questa direzione non si va, perché il Ministro dell'Industria ha invece incaricato, secondo le notizie che abbiamo e che lo stesso dott. Artom l'altra mattina mi ha telefonato, ha incaricato, o intende incaricare, o sta per incaricare, la Banca del Lavoro e la Federtessili, pur non avendo obiezioni a che di questo ruolo di fiduciaria, di tramite, sia investita la Banca del Lavoro sottolinea la necessità che questo incarico venga conferito alla Banca del Lavoro non dal Ministro dell'Industria ma dalla Montedison, intendendo cioè continuare ad avere come controparte la Montedison e non il Ministro dell'Industria. Si è aperta su questo punto una controversia assai difficile, delicata, acuta. E' una questione che sembra sottile, ma non lo è affatto, perché riguarda, in realtà, il ruolo della Montedison nell'ulteriore svolgimento della vicenda.
In relazione a questo aggrovigliarsi di nodi, sono giunte a noi informazioni non ufficiali che fanno ritenere che alla fine del mese la Montedison, in mancanza di una soluzione, potrebbe assumere atteggiamenti drastici come quelli che ha assunto per gli stabilimenti di Vercelli e Pallanza. Mi rendo ben conto che facendo questa dichiarazione in Consiglio regionale mi assumo una certa responsabilità, e sono il primo ad augurarmi di essere smentito nelle prossime ore; ma so che questa possibilità esiste.
Questa questione costituisce il secondo motivo che ci ha indotti a chiedere un incontro prima del 29 febbraio con la Montedison per sapere come stanno le cose e prevenire azioni che noi considereremmo sconsiderate per il che si richiede una valutazione attenta da parte dei poteri pubblici.
In sostanza, la situazione del Valle Susa entrata in una zona eccezionalmente calda, e se noi considerassimo il problema avviato a soluzione solo perché vi sono quelle proposte e solo perché vi è quell'iter, vi sono quelle dilazioni, commetteremmo il più grave degli errori: la questione del Valle Susa esige una attenta vigilanza e un impegno, perché può diventare drammatica nei prossimi giorni, se non nelle prossime ore.
La nostra richiesta alla Montedison ha poi ancora un terzo motivo. Noi dobbiamo constatare un decremento importante della presenza dell'industria chimica nella Regione Piemonte. Nel '71 avevamo 48.000 addetti circa su un totale in Italia di 420 mila, dunque una presenza proporzionale al peso del Piemonte (in altre zone più che proporzionale), una presenza non piccola concentrata nelle fibre, scarsissima nella secondaria (salvo qualcosa nei prodotti farmaceutici e nelle materie plastiche che fanno parte del settore della chimica fino ad un certo punto). Da allora, lo voglio sottolineare fin d'ora ai Consiglieri, anche se ne discuteremo in occasione del piano abbiamo avuto un decremento netto dell'occupazione. Al centro del decremento c'é il cedimento del ruolo della Montedison, che dai 26 mila occupati che aveva nella nostra regione è scesa oggi a 17-18 mila.
Qui sorge una questione di enorme gravità, che ci apprestiamo a discutere fra qualche giorno nelle Commissioni a proposito del piano. Non c'è dubbio che se l'economia piemontese, e soprattutto l'economia italiana devono avere uno sviluppo, questo sviluppo può avvenire solo nei settori traenti. In questo momento, e per il prossimo futuro, uno dei settori maggiormente traenti è il settore chimico. I maggiori esperti mondiali spiegano, sulla base delle loro valutazioni, che nei prossimi dieci anni l'industria chimica mondiale avrà una espansione media dell'8 %l'anno in volume fisico, in valore di più, e insieme all'elettronica e ad altri settori di punta avrà un ruolo trainante dello sviluppo industriale mondiale. Il problema che si pone è se l'Italia parteciperà di questo sviluppo, e all'interno del problema italiano c'é il problema della Montedison e c'é il problema del Piemonte.
Noi sappiamo, e l'abbiamo anche detto nella lettera alla Montedison che un rilancio della produzione dell'industria chimica che superi le distorsioni ed i limiti - distorsioni costituite dallo squilibrio fra primario e secondario, limiti costituiti dalla insufficienza della ricerca deve certamente dar luogo ad un prevalente sviluppo dell' occupazione nell'Italia meridionale; ma siamo convinti che un programma chimico adeguato, che privilegi l'Italia meridionale, come va fatto, dovrà tuttavia avere conseguenze positive su certi settori dell'industria chimica qui in Piemonte. Nei documenti di piano che l'Assessorato all'Industria ha predisposto, e che tra qualche ora vi saranno trasmessi nelle Commissioni competenti, vi è una valutazione attenta delle possibilità che esistono in questa direzione, a livello della piccola e media impresa. Ma esse, per potersi concretizzare, richiedono l'assunzione di scelte a monte da parte dei grandi gruppi, compresa la Montedison.
A questo punto, se non vogliamo parlare di favole quando redigiamo un piano, abbiamo bisogno di riaprire un confronto sulla Montedison.
Infine, altro motivo sottolineato nella lettera, la Montedison ha presentato una serie di piani che richiedono 240 miliardi di finanziamenti agevolati da parte dello Stato. Nel Comitato della 464, dove noi siamo presenti come Regione Piemonte, attraverso l'Assessore all'Industria attraverso chi vi parla, io non ho ritenuto di dovermi opporre, poich erano d'accordo la Regione Emilia, i Sindacati, tutti, ad un finanziamento di 62 miliardi per lo stabilimento di Ferrara, anche se ho molti dubbi su quel finanziamento; mi sono opposto invece - e la concessione è stata bloccata, anche perché il Ministro dell'Industria era dello stesso avviso ad un finanziamento che la Montedison aveva chiesto nell'ambito di questo piano di 11 miliardi per il Valle Susa, perché ho giudicato assai strana la richiesta di un finanziamento per uno stabilimento che si pensa di cedere.
Ma in generale una parte dei finanziamenti di questi 240 miliardi sono collegati alle attività produttive, alle organizzazioni in Piemonte. Io dico che vi è qui per la Giunta un problema insieme politico e di coscienza rispetto all'approvazione di provvedimenti di finanziamento così grandi nella sconoscenza del programma complessivo della Montedison e del rapporto tra questo programma e il ruolo del Piemonte. Per questo abbiamo convocato la Montedison. Come vi ho detto, abbiamo avuto una preconferma, speriamo di avere la conferma nei prossimi giorni, e di giungere assai presto a questo confronto, che vogliamo serio e a scadenza ravvicinata.
Quando, l'altra settimana, io riferii sulla situazione monetaria e sulle conseguenze che essa aveva sulla situazione occupazionale, ricordo che il consigliere Valetto fece una rettifica per attenuare il pessimismo contenuto nelle mie affermazioni. Credo sia mio dovere informare il Consiglio regionale che non solo nei giorni scorsi da parte degli industriali che si sono messi in rapporto con noi le notizie hanno continuato ad essere pessimistiche, nel senso che molti industriali ci hanno parlato di una stretta monetaria che pregiudica in molti casi la ripresa....



OBERTO Gianni

Già avete influenzato il mondo industriale.....



LIBERTINI Lucio, Vice Presidente della Giunta regionale.

Molti industriali sono venuti da noi a dire in questi giorni, stavamo riprendendoci, oppure, andavamo benino (perché da due mesi in Piemonte si cominciava ad intravedere una certa ripresa in alcuni settori, come dir subito dopo): ora le misure bancarie ci stanno spezzando le gambe. Ma c'è di più: negli incontri che l'Assessore Simonelli ed io abbiamo avuto con i tre grandi Istituti di credito che si intende associare alla Finanziaria e alla Tesoreria (tra parentesi, voglio dire che queste trattative per la convenzione, che saranno portate in Consiglio, sono molto avanzate) abbiamo avuto conferma da parte di questi istituti ed è interessante che questo sia detto dall'angolo visuale del banchiere di una viva preoccupazione a questo riguardo. Ci è stato addirittura detto che le banche si stanno trovando in questi giorni nella situazione di dover compiere delle scelte: o mandare a mare la piccola e media impresa, o ridurre i crediti per le iniziative pubbliche.
La situazione che si è prodotta, voglio sottolineare al Consiglio, e voi tutti comprenderete il nesso che c'é con la situazione occupazionale, è questa: nel mese di dicembre si sarebbe prodotta nell'insieme del sistema finanziario italiano una eccedenza di liquidità rispetto ai vincoli noti di circa 3000 miliardi. Voglio sottolineare per inciso, perché questo ha attinenza anche all'attività della Giunta e i problemi occupazionali, che in questo aumento di liquidità non c'entrano per nulla i provvedimenti di emergenza dell'agosto, perché il famoso pacchetto, salvo che per qualche briciola insignificante, non è stato realizzato. Cioè, non vi è stato alcun provvedimento di emergenza in ogni caso, perché da agosto ad oggi l'emergenza avrebbe già dovuto verificarsi. Voglio dire che dei 4000 miliardi l'erogazione è minima, per cui l'aumento della liquidità nel sistema monetario italiano nel suo insieme, di circa 3000 miliardi, è un aumento di liquidità che non attiene ai provvedimenti di emergenza ma attiene misteriosamente ad un aumento ulteriore delle spese correnti. Le banche, oggi, hanno dunque il problema di ridurre la liquidità propria di una entità tale da compensare l'aumento di liquidità che è avvenuto oltre i vincoli ed i limiti determinati, e basta che abbiamo presente questo ordine di grandezza perché comprendiamo che razza di stretta monetaria stiamo realizzando.
Questa stretta monetaria colpisce tutta l'Italia, ma in modo più drammatico il Piemonte, che ha un andamento anomalo rispetto al resto dell'Italia. In Piemonte, noi avevamo una crisi profonda già nell'inverno scorso, e a Roma ci guardavano come dei visionari quando parlavamo della crisi piemontese: infatti in altre regioni la crisi è arrivata in aprile maggio, nell'Italia meridionale è arrivata ad agosto. Ora, da due mesi in Piemonte avevamo timidi segni di ripresa, quando ancora nel resto dell'Italia vi era una situazione di calo. La stretta monetaria, perci viene da noi in un momento estremamente pericoloso, poiché può stroncare una serie di iniziative imprenditoriali che cominciavano a prender corpo.
Debbo dunque, a conclusione di questa esposizione, ribadire che oggi sulla situazione occupazionale del Piemonte questo è uno degli interrogativi più pesanti, insieme con la politica dei grandi gruppi.
Termino annunciando ai Consiglieri, che devono aver ricevuto, o riceveranno in questi giorni, l'invito a parteciparvi, che sabato a Biella si svolgerà un convegno dell'area tessile biellese, indetto per iniziativa congiunta della Regione e del Ministero dell'Industria, che deve servire anche come studio-campione per la Commissione tessile nazionale. La Giunta sarà rappresentata a questo Convegno dell'Assessore Simonelli e da me saranno presenti la Commissione tessile del Ministero dell'Industria l'Unione Industriale, i Sindacati, il Consorzio di Comuni. Sarà assai gradita la partecipazione di tutti i Consiglieri, in particolare dei Capigruppo e dei Consiglieri della zona (per esempio, il collega Petrini è stato avvertito da tempo e siamo certi che potremo contare sul suo intervento).



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Ho seguito con vivo interesse questa lunghissima comunicazione. Per verità, quando avevo sollecitato alla cortesia del Presidente della Giunta la ripresa di una tradizione informativa, non pensavo che poi il discorso si sarebbe tanto dilatato. Evidentemente, l'intervenire oggi sulla relazione dell'Assessore Libertini ci porterebbe a discutere di un complesso di problemi che esulano dalle caratteristiche di una informazione sullo stato della situazione, che si modifica di settimana in settimana nella vita industriale di questo nostro Piemonte.
Mentre prendo personalmente atto delle comunicazioni e delle dichiarazioni che il Vicepresidente ha fatto, che hanno un grande rilievo vorrei pregarlo di dire, certo non in questa seduta, perché non avrà gli estremi e i mezzi per farlo, se rispondono esattamente a verità i dati che si sono venuti pubblicando in questi giorni sulla situazione nel complesso di difficoltà estrema nel mondo industriale. In base ad essi, nel periodo gennaio-novembre '74 (cioè il termine di paragone è dato dagli undici mesi dell'anno passato), le ore concesse dalla Cassa integrazione guadagni in Piemonte come interventi ordinari - con esclusione, lo si tenga ben presente, del settore dell'edilizia - erano state 17.866.962; nell'arco di tempo analogo, gennaio-novembre, del '75, sono salite a 53.226.178, alle quali si devono aggiungere 3.619.921 ore come intervento a carattere straordinario; per cui complessivamente sono state concesse alle industrie del Piemonte 56.846.099 ore lavorative, che vengono a costituire il 21% del complesso che riguarda tutta l'Italia. Se questi dati sono effettivamente esatti, come ho ragione di ritenere, essi sono una riprova del gravissimo stato di crisi dell'industria del Piemonte, non visto settorialmente singolarmente, ma nel suo contesto e nel suo complesso. Questa percentuale è superiore al doppio di quella del reddito prodotto dalla nostra Regione che è del 10%, e dell'ammontare della popolazione piemontese, che è dell'8%.
Sono dati che meritano una conferma e che dimostrano concretamente, nel suo complesso, la situazione veramente drammatica del mondo del lavoro e dell'ambiente occupazionale del Piemonte stesso.
Sarei grato anche all'Assessore Libertini se nella prossima riunione volesse dirci qualcosa di preciso - sempre in quello spirito (la mia richiesta, almeno, era in questo senso) del particolare, non del discorso generale, altrimenti, se dovessimo seguirlo in alcuni aspetti pur interessanti del suo discorso, dovremmo metterci a discutere anche della situazione monetaria - su quel che è capitato, quel che sta accadendo concretamente, alla Emanuel, che ha tenuto banco per oltre un anno nella vita delle agitazioni del mondo del lavoro nel nostro Piemonte.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, siamo piuttosto preoccupati per le informazioni che il Vicepresidente Libertini ha dato sulla situazione del Valle Susa.
Noi avevamo già avuto modo di sottolineare che consideravamo positiva la proposta di intervento degli industriali tessili, e, tutto sommato avevamo espresso dissenso nei riguardi dell'impostazione che avevano dato i Sindacati, che sembravano volersi opporre a quel tipo di piano sulla base di una richiesta di non smembramento del Valle Susa. Avevamo sostenuto e sottolineato anche in questa sede che, se veniva garantita in maniera adeguata la tutela dei livelli di occupazione, ci sembrava, tutto sommato abbastanza coerente, dal punto di vista degli industriali, una ipotesi di suddivisione del complesso, tenuto conto che l'assorbimento di un complesso di questa entità, nella sua integrità, in una gestione unitaria, da parte di un unico imprenditore, rischierebbe di alterare rapporti all' interno del settore tessile che si reggono sulla base di un sostanziale equilibrio di aziende di piccola e media dimensione, con il pericolo di provocare sconquassi che potrebbero avere riflessi negativi su una serie soprattutto di piccole aziende.
Ma adesso abbiamo registrato, sulla base di quello che ci ha detto il Vicepresidente Libertini, dei dati che, come giustamente sottolineava il Vicepresidente, sono estremamente preoccupanti. Soprattutto, restiamo perplessi per il tipo di intervento che il Ministero dell'Industria sta svolgendo. Cioè, noi abbiamo bisogno di un rapporto fra la Montedison, gli industriali tessili e gli organi pubblici che sia estremamente chiaro e preciso, che porti ad una soluzione rapida del problema sulla base di una discussione molto precisa, molto concreta fra la Montedison, il gruppo di industriali che si propongono di subentrare alla Montedison ed i poteri pubblici. Non riusciamo a capire il senso di questo nuovo intervento del Ministero dell'Industria che il Vicepresidente Libertini ha annunciato tramite la Banca Nazionale del Lavoro; cioè, non comprendiamo perché il Ministero dell'Industria voglia a questo punto assumere un ruolo proprio che non sia quello di mediatore e garante di una intesa tra la Montedison ed i gruppi che si propongono di subentrarle.
Solleciteremmo pertanto la Giunta ed il Vicepresidente Libertini, oltre a questa azione nei confronti della Montedison, a vedere di esercitare nei modi possibili una pressione anche sul Ministero dell'Industria perch questo aspetto poco chiaro venga chiarito, cioè tutte le parti mettano le carte in tavola con estrema sincerità, stante il fatto che abbiamo di fronte delle scadenze che sono ormai molto ravvicinate. Questa sollecitazione ci pare opportuna perché ci sembra che un elemento determinante di tutta la questione possa essere, nelle prossime settimane l'atteggiamento del Ministero dell'Industria, nel quale oggi non vediamo caratteristiche di chiarezza o di coerenza rispetto agli obiettivi che noi riteniamo si debbano garantire.
Un secondo ordine di considerazioni vorremmo fare rispetto alle dichiarazioni del Vicepresidente sulla situazione dell'industria chimica e piú in generale sui problemi del mondo industriale e della situazione produttiva in presenza della stretta creditizia che si va annunciando.
Sul discorso per l'industria chimica non siamo totalmente d'accordo con quanto enunciava il Vicepresidente Libertini, ma, visto che è annunciata come ormai imminente la presentazione del piano, riteniamo che una discussione su questo punto possa essere produttivamente svolta sulla base dei documenti e delle ipotesi che la Giunta presenterà nelle formulazioni del piano.
Quanto al discorso circa la stretta creditizia, che è un argomento veramente grave e molto importante, noi proporremmo di sottoporre in una delle prossime sedute questo problema nella sua completezza al Consiglio in maniera che le forze politiche si possano esprimere con chiarezza. Siamo d'accordo che vada a tutti i costi evitata una stretta creditizia nei prossimi mesi nel Paese, nel senso che riteniamo vada evitato un tentativo di salvare la posizione internazionale della lira e le ragioni di scambio della lira sui mercati internazionali in una maniera che comprometta le possibilità di rilancio produttivo, ma altre azioni vanno certamente innescate, perché la possibilità di salvaguardare la lira e di tenere assestata la posizione della lira e la bilancia dei pagamenti deve passare necessariamente attraverso altre azioni: se vogliamo mantenere il più possibile alto il volume di credito da far affluire alle attività direttamente produttive, dobbiamo avviare altre azioni sul piano della spesa pubblica - non quella per investimenti ma quella corrente - e sul piano di una impostazione corretta dello sviluppo dei redditi monetari nel nostro Paese, che sono gli altri due elementi che assieme al discorso del credito alle attività produttive costituiscono il problema globale della liquidità nel nostro Paese.
Noi vorremmo che la Giunta ci precisasse se è disponibile ad aprire in una delle prossime sedute un discorso che abbia un po' più di respiro su questo punto, perché riteniamo che organi come il Consiglio regionale debbano far sentire la voce delle posizioni politiche su questo problema che sarà certamente uno dei problemi di fondo della politica del nostro Paese nei prossimi mesi.



PRESIDENTE

Se la domanda verte soltanto sulla possibilità o meno di iscriverlo all'ordine del giorno, non posso far altro che accogliere questo invito e porlo immediatamente in discussione alla prossima riunione dei Capigruppo che si svolgerà nella giornata di oggi, per stabilire la data nella quale si potrà discutere questo punto, discussione per la quale la Giunta è pienamente disponibile.
Non vi sono altre richieste di intervento sull'argomento? Allora questa discussione è conclusa e si può passare al successivo punto dell'ordine del giorno.


Argomento: Comitato regionale e sue sezioni

Informazione del Presidente della Giunta regionale sul funzionamento del CO.RE.CO. nel 1975


PRESIDENTE

Il punto quinto all'o.d.g. reca: "Informazione del Presidente della Giunta regionale sul funzionamento del CO.RE.CO. nel 1975". La parola al Presidente della Giunta regionale.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, ovviamente questa non è ancora la relazione prevista dal regolamento e dal disegno di legge che la Giunta ha presentato a suo tempo per il funzionamento dei Comitati di controllo, è un'informazione che giustamente i Presidenti dei Gruppi hanno chiesto alla Giunta di fare e che si può dire preparatoria ad un più vasto discorso sul disegno di legge che è stato presentato e che secondo il calendario dovrebbe essere portato in aula per la fine di marzo o metà aprile (in occasione, se ho ben capito, della conferenza dei Presidenti dei Gruppi e della Giunta) in quanto la Commissione VIII ne affronterà presto attraverso le consultazioni, l'iter conclusivo.
Ma il motivo della comunicazione è legato oggi più alla situazione di rinnovo dei Comitati di controllo poiché sempre più frequentemente, e anche giustamente, pervengono lagnanze, critiche ed osservazioni per la non costituzione dei nuovi Comitati di controllo.
Per rendere chiara la situazione dobbiamo partire da alcuni mesi addietro, allorché le Province si indussero a comunicare,alcune semplicemente con lettera, altre assumendo delle decisioni, i funzionari previsti specificamente dalla legge all'interno dei singoli Comitati di controllo.
Quanti assunsero deliberazioni videro annullare tali atti dal Comitato regionale di controllo in quanto recentemente il Consiglio di Stato aveva individuato nel Segretario generale il funzionario più alto in grado che poteva essere chiamato a ricoprire l'incarico di membro effettivo, per cui l'antica questione se fosse più alto in grado il Segretario generale della Provincia, o il Capo dell'Ufficio tecnico o l'Ingegnere Capo è stata risolta, diretto alla legge Scelba n. 62 del 1953 che individuava appunto nel Segretario Generale della Provincia il funzionario più alto in grado che doveva fungere da membro effettivo del Comitato di controllo.
A questo punto però altre delicate questioni a seguito dell'annullamento delle deliberazioni che i Consigli provinciali già avevano assunto si ponevano e si ponevano là, dove, come nella Provincia di Torino o di altre province esistevano più Comitati di controllo, perch nulla quaestio nel momento in cui si andava ad affrontare un solo Comitato di controllo poiché il Segretario generale era il funzionario più alto in grado, quindi membro effettivo coperto alle spalle dal funzionario supplente che poteva essere scelto in una cerchia non rigorosa, non meccanica di funzionari.
La questione dunque si poneva quando più Comitati di controllo sorgevano all'interno delle diverse province. Se il Segretario Generale veniva individuato, anche attraverso il parere del Consiglio di Stato, come il funzionario più alto in grado e quindi chiamato a membro effettivo, è certo che il Segretario provinciale dovesse essere indicato come membro effettivo in tutti i Comitati di controllo esistenti e questo ne discendeva e dal Consiglio di Stato e dalla decisione del Comitato di controllo regionale che aveva annullato le decisioni delle Province che invece avevano proceduto a nominare negli altri Comitati di controllo i membri effettivi attraverso l'individuazione di funzionari non meccanicamente discendenti in ordine gerarchico, ma comunque con una scelta meditata oculata e anche motivata.
La situazione rimase in stallo e oltre un mese fa ho ritenuto di convocare i Presidenti delle Province piemontesi per risolverla. In questa riunione la situazione fu risolta: si sarebbe proceduto alla nomina del Segretario generale come membro effettivo in tutti i Comitati di controllo decentrati esistenti nelle province, potendosi a fianco nominare un supplente solo per tutti i Comitati esistenti o piú supplenti, perché la legge su questo punto tace, indica solo il funzionario più alto in grado come membro effettivo e lascia libertà per quanto riguarda le nomine dei supplenti.
In definitiva la scelta cadde sulla nomina di più supplenti, per coprire tutti i Comitati di controllo perché in caso diverso molte aree non sarebbero state coperte; non era possibile, specialmente a Torino, o a Cuneo dove esistono tre Comitati di controllo, che due funzionari ruotassero per sei o sette giorni alla settimana e quindi vi sarebbe stata una grossa area scoperta; questa non era certamente l'interpretazione che il legislatore aveva voluto dare, anche non prevedendo, nel momento in cui la legge Scelba veniva approvata, che vi potessero essere sezioni decentrate.
I Presidenti delle Province quindi si sono impegnati a procedere rapidamente in quel senso.
Nel frattempo, essendo completo anche nelle nomine il Comitato regionale sugli atti delle Province avevo già provveduto al relativo decreto talché il Comitato regionale di controllo si era costituito due mesi addietro.
Proprio ieri, per quanto attiene alla provincia di Torino, ho provveduto ai relativi decreti per Torino, Ivrea e Pinerolo, quindi si sono costituite le tre sezioni decentrate. Resta invece aperta la problematica per le altre province. Ieri ho ancora sollecitato un Presidente ed un Vice Presidente di Province del Piemonte a questo adempimento e penso che entro il mese di febbraio si possa con tutta tranquillità dire che saranno costituite.
Quella che faccio in questo momento non è una minaccia ma devo dire che qualora la cosa si protraesse ancora nel tempo dovrei sollecitare la nomina di un Commissario perché quand'anche possano esistere delle situazioni da un punto di vista giuridico non chiare, pur tuttavia occorre assumere le relative decisioni, perché in caso diverso questi Comitati di controllo non saranno mai costituiti, quindi se questo stato di cose dovesse continuare dovrei sollecitare la nomina di un Commissario per provvedere alle nomine perché mi sentirei gravemente in colpa di fronte al Consiglio ed alla comunità piemontese.
Questa è una prima problematica che sorge. La seconda problematica è l'impegno che avevamo assunto mesi addietro, in ordine alla discussione sui Comitati di controllo, di provvedere ad un nuovo modo e ad una nuova metodologia del controllo e ad una razionalizzazione degli uffici stessi.
Dei due quadri uno, quello del personale, è completo, l'altro no perch mancano ancora le indicazioni di alcuni CO.RE.CO; quello di Asti è palesemente errato nella indicazione numerica degli atti, ma comunque sia se noi esaminiamo la situazione possiamo dire che è confortante.
Prendiamo ad esempio Alba-Bra: 18.000 atti esaminati, 16.762 (93%) senza rilievi, vi è stata una richiesta di elementi integrativi di giudizio per il 6%, un riesame dello 0,16 %e soltanto 210 annullamenti, quindi tutto sommato, su 18.000 atti hanno avuto l'annullamento 200 atti circa. Vi sono poi dei tassi minori Biella: 23.700 atti, 22.247 senza rilievi, (94% ) richiesta di elementi 1.296, solo 3 ordinanze di riesame che costituiscono lo 0,0001 sugli atti e soltanto 168 atti annullati che costituiscono lo 0,70%.
Vi è quindi un'effettiva maturazione e responsabilizzazione delle amministrazioni locali: in tutto il Piemonte non 3.000 atti annullati su un'attività di 1.209 Comuni; ciò vuol dire che ogni Comune ha una media di tre atti annullati all'anno, ma molti Comuni nemmeno quelli perché bisogna calcolare che molti grandi Comuni hanno un'attività diversa. Molti Comuni non hanno avuto, durante il 1975, nemmeno un atto annullato, quindi vuol dire che il richiamo ad un'attività non di controllo soffocante, bensì ad una corresponsabilizzazione, ad una maturazione, ad una maggiore responsabilità rispetto alla problematica della illegittimità dell'atto, si sta praticamente avverando, matura all'interno della nostra società un processo che ci porta in effetti a constatare che tutto ciò sta avvenendo.
A questo punto due sono le possibilità per ulteriormente procedere: l'una è che il disegno di legge all'esame della VIII Commissione trovi un accordo fra tutte le forze politiche per fare in modo che ci sia una riduzione dell'attività di controllo e che sia posta su un piano diverso, non solo più su un piano meramente di controllo di legittimità, come la guardia alla porta, ma venga adeguata al piano di sviluppo che il Consiglio regionale si darà. Questa è l'attività piú qualificante a cui i Comitati di controllo saranno chiamati: l'altra è che si arrivi alla razionalizzazione del servizio e questa comporta una presunta spesa, per il 1975, di un miliardo 600 milioni; presunta perché ne conosceremo i dati soltanto nel momento in cui avremo inquadrato il personale, saranno state pagate tutte quante le indennità; a quel momento potremo anche affermare se la nostra era un'azione che andava nella giusta direzione.
Per procedere ulteriormente ad una maggiore qualificazione dei controlli e ad una razionalizzazione della spesa sono importanti soprattutto, tre o quattro articoli del disegno di legge presentato, sono sottoposti al controllo degli organi di cui alla presente legge, gli atti adottati nell'esercizio di funzioni proprie o delegate dalla Regione (e qui è il punto di saldatura) che non siano meramente confermativi, o ripetitivi, o esecutivi di precedenti provvedimenti già adottati e perfezionati a norma di legge; sono comunque esclusi dal controllo in genere deliberazioni prive di contenuto dispositivo.
Applicando questa norma unitamente a quella che prevede l'assenza di pareri o controlli tecnici, l'art. 24 del disegno di legge, salvo quanto disposto dal capoverso dell'articolo precedente per gli atti degli enti locali sottoposti a controllo non possono essere richiesti pareri tecnici di organi di uffici centrali e periferici dello Stato o della Regione. Cioè si limita puramente l'attività di controllo, si estrinseca nell'esame dell'atto senza l'esame di alcun fatto tecnico che ne consegua perch questi spettano ad altri organi, alla Regione, ma non al Comitato di controllo.
Infine vi è tutta una problematica che riguarda la elencazione, la conservazione, l'archiviazione degli atti e anche la meccanizzazione di determinati servizi dei Comitati di controllo; abbiamo già in corso trattative con una società, la Findata, che ci ha offerto la sua collaborazione per sveltire certe procedure relative agli atti stessi.
Come loro vedono il quadro che sta di fronte a noi ha gia trovato una definizione: a Torino, Comitato regionale e sezione,come loro sanno esaminano oltre 90.000 atti e sono stati trasferiti già 21 dipendenti erano 45, ne restano solo più 24. Fino ad oggi dai Comitati di controllo sono passati agli uffici regionali 43 tra funzionari e dipendenti, da 159 quali erano al 309.1975 sono stati ridotti a 116. Con l'approvazione del disegno di legge e se accolto dal governo, la contrazione potrebbe essere intorno alle 80/90 unità, cioè dimezzata l'attività del Comitato di controllo attraverso un'attività che veda solo esaminati gli atti più importanti, avremmo un risparmio sul personale di circa 500 milioni annui perché con l'inquadramento e l'innalzamento delle tabelle retributive e dei conseguenti oneri prevediamo che andremo alla metà di questa spesa anche perché vi saranno altri interventi; e vogliamo qui porre con forza l'accento sul problema dei supplenti nei Comitati di controllo, problema che non è di poco conto e che andrà risolto perché l'attività del supplente deve essere esercitata quando manca il titolare effettivo e a questo dovremo pur porre un rimedio altrimenti avremo un organo che non avrà alcuna distinzione, non si saprà più quando manca l'effettivo essendo sempre presente il supplente, allora tanto vale che si dica che l'organo non è composto da cinque, bensì da nove membri.
E' poi inammissibile che le sedute avvengano in determinati orari tanto per comporre la giornata, il controllo è una attività seria che deve vedere presente tutto il Comitato ma non momentaneamente, bensì costantemente e come forma attiva partecipata a tutti gli atti soggetti a controllo.
E' anche inammissibile, impensabile, direi che contrasta con le linee che ci siamo date, che un membro del Comitato di controllo si sottragga al suo adempimento, non conosca assolutamente gli atti, non ne segua la problematica e si limiti puramente a dire un sì o un no nei momenti in cui gli atti vengono dichiarati o no legittimi. Quindi un'attività prevalente nel Comitato di controllo rispetto ai funzionari interni.
Questo è quanto doveva dirvi la Giunta sull'attività parziale, perch stiamo aspettando ancora alcune relazioni che io trasmetterò al Presidente del Consiglio regionale il quale le farà pervenire ad ogni Consigliere e ci riserviamo di indire alla fine del mese di marzo o quando vorranno stabilirlo i Presidenti dei gruppi consiliari, un dibattito più approfondito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, l'informazione del Presidente della Giunta regionale sul funzionamento dei Comitati regionali di controllo e sul disegno di legge n. 43 contenente le norme per il funzionamento dell'organo regionale di controllo, mi pare necessiti di un breve supplemento di informativa per quanto riguarda lo stato attuale del disegno di legge in sede di Commissione.
Non è uso delle Commissioni di dare informative sul loro lavoro in sede di Consiglio, ma mi sembra che in questa occasione la cosa possa essere fatta perché riguarda tutta una serie di adempimenti di carattere istituzionale che investono la competenza propria del Consiglio e che vanno oltre l'esame del disegno di legge n. 43.
Noi abbiamo di fronte tre adempimenti in materia di controlli (uno, se mi permette il Presidente della Giunta, lo ha omesso).
Il primo è quello previsto dall'art. 16 dell' attuale regolamento provvisorio per il funzionamento dei Comitati regionali di controllo e che riguarda l'esame della relazione della Giunta regionale sull'attività dei CO.RE.CO. e l'esame delle relazioni del CO.RE.CO. e delle sezioni decentrate.
Il secondo adempimento sarà quello relativo all'esame del disegno di legge n. 43, dopo l'iter procedurale in sede di Commissione.
Il terzo adempimento - quello al quale mi riferivo parlando di un'omissione del Presidente della Giunta - è l'esame del disegno di legge per l'istituzione del circondario del Cusio-Verbano-Ossola.
Fra l'altro vorrei fare un'osservazione: nel quadro preciso ed analitico che ci è stato fatto stamattina sul personale, sarebbe forse stato opportuno prevedere anche per il Cusio-Verbano-Ossola l'assegnazione di un certo numero di funzionari per avere un quadro il più possibile completo della situazione.
Abbiamo proposto, sia in sede di conferenza dei Capigruppo, sia nell'VIII Commissione, che questi tre argomenti venissero affrontati in un'unica seduta che potrà avere luogo, penso, nel mese di aprile. Dobbiamo però tenere conto del fatto che nel prossimo mese vi saranno ben due congressi (quello del PSI e quello della D.C.) e siccome è tradizione che durante i congressi nazionali il lavoro del Consiglio venga sospeso, vi sarà indubbiamente un'interruzione di almeno 15 giorni. Mi pare che alla fine di marzo o ai primi di aprile ci sia anche il congresso del PSDI: bisogna tenere conto di tutte queste interruzioni, che sicuramente impediranno un iter accelerato delle procedure in fase di esame della Commissione.
Siamo convinti - per esprimere la nostra opinione sul problema di fondo che il sistema dei controlli, così come si è andato sviluppando nella nostra vita amministrativa non si possa considerare riformato con il puro e semplice fatto che sono state istituite le Regioni; la materia merita un'attenzione particolare.
Dopo la dizione, molto chiara ed esplicita, dell'art. 130 della Costituzione, si è poi arrivati alla legge n. 62 del 1953, alla quale faceva riferimento il Presidente della Giunta, che ha complicato le cose nel senso che invece di limitarci a stabilire la composizione dell'organo e a dare alcuni indirizzi di massima, all'attività di controllo da parte delle Regioni, ha indicato gli atti soggetti al controllo, ha disciplinato le operazioni di controllo, ha fissato termini e modalità e così via rimettendo in circolazione una serie di dubbi interpretativi che la Costituzione, con la sua dichiarazione precisa e lapidaria aveva avuto in realtà il merito indubbio di stroncare.
E' nostra opinione - senza entrare nel merito del disegno di legge, sul quale riferirà la Commissione in quanto tale dopo le necessarie ed opportune consultazioni - che il problema di fondo sia quello di rendere più snella, più sollecita e più efficace l'azione di controllo e di esaltare l'autonomia locale. Si tratta di problemi che verranno esaminati in questo Consiglio. Vorrei solo richiamare l'opportunità dell'accoglimento di due principi che sono: uno, quello del contraddittorio che è fondamentale in un procedimento realmente paritario e democratico; l'altro sul quale dovremo discutere - quello della presunzione di legittimità dell'atto sottoposto al controllo, proprio nel quadro del riconoscimento dell'autonomia locale.
Noi riteniamo che sia giusto affrontare insieme l'esame delle relazioni della Giunta e dei CO.RE.CO. con la nuova legge proprio per trarre dalle relazioni ulteriori argomenti per la riforma della legge che ne regola l'attività.
Vorrei anche informare la Giunta ed il Consiglio che la VIII Commissione ha ritenuto di dover intanto sentire il Presidente della Giunta e di tenere un paio di udienze conoscitive con esperti di alta qualificazione scientifica nella materia; e anche di sentire (anziché gli alti burocrati interessati molte volte, anche se inconsapevolmente, alla conservazione accentratrice del potere di controllo, e naturalmente oltre agli Enti locali, per i quali sarà necessario adottare una procedura che eviti di dover consultare 1200 e più Comuni) quegli operatori della burocrazia di base - attraverso le loro associazioni - che sono i Segretari comunali dei piccoli Comuni. Essi sono sicuramente più legati alla vita dell'Amministrazione locale, più direttamente interessati e direi immediatamente coinvolti in ordine al problema del rinnovamento delle strutture degli enti locali.
In questo modo mi pare che possiamo superare il momento unicamente - se mi si consente il bisticcio - consultativo della Commissione, che molte volte viene lamentato dagli enti locali come meramente formale nel rapporto Regione ed Enti locali, per dare invece alla Commissione un compito di produzione culturale nella prospettiva della riforma della materia dei controlli.
Io ho terminato, vorrei soltanto richiamare ancora la Giunta alla necessità di una sollecita presentazione del disegno di legge sull'istituzione del circondario del Cusio-Verbano-Ossola.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Vorrei fare qualche considerazione in aggiunta a quelle che sono state opportunamente fatte dal Presidente della VIII Commissione, partendo per da alcune affermazioni del Presidente della Giunta che mi paiono un po' in contraddizione fra di loro.
Sono stato tentato diverse volte di presentare una interrogazione al Presidente della Giunta sui motivi per cui non si era arrivati ancora alla costituzione dei nuovi Comitati di controllo, ma poi rendendomi conto che si evidenziava una problematica finora rimasta latente, legata anche ad un certo tipo di funzionamento che si era andato facendo strada nei CORECO negli ultimi anni, non mi sono fatto portavoce di questa esigenza di accelerare i tempi. Però non vorrei neanche accettare, non dico la minaccia, perché il Presidente non ha voluto dare questo tono alle sue parole, ma comunque il richiamo all'ordine delle varie amministrazioni provinciali.
Superata l'impasse della posizione del Segretario Generale della Provincia, il resto viene di conseguenza ed io mi permetto di sollecitare il Presidente della Giunta di arrivare presto a insediare i nuovi Comitati di controllo.
La tabella degli annullamenti l'ho avuta solo ora, ma d'altro canto le cifre citate sono abbastanza probanti. C'é sempre però la questione del tipo di annullamento che vale, al di là delle cifre, perché è evidente che l'annullamento di tre deliberazioni in media per ogni amministrazione comunale del Piemonte è una cosa accettabile. Però - qui mi riallaccio a quanto ha detto il Presidente della Giunta - ritengo che sia necessario sollecitare un incontro con tutti i membri del CO.RE.CO. perché si crei anche un costume ed una metodologia che differenzi questi organi democratici dall'organo tradizionale tipico che era la Giunta provinciale amministrativa che sovente sapeva di burocrazia, perché in certi casi queste scorie del passato continuano a permanere anche all'interno degli organi democratici.
Per quanto riguarda la modifica sul funzionamento dei CORECO è evidente che l'accettazione (che ritengo sarà unanime) del non-esame delle delibere puramente esecutive finirà per snellire notevolmente i lavori del CORECO e permetterà di seguire con particolare attenzione le altre delibere che dovranno essere viste su un piano diverso e con una visuale diversa.
Difatti con la realizzazione dei comprensori e con l'avviamento di una politica di programmazione, il compito, anche se sarà diminuito da un punto di vista squisitamente materiale, diventerà molto più delicato per cui i membri del CORECO dovranno svolgere la loro attività con pari intensità e forse con maggiore impegno di partecipazione alla politica regionale.
Per quanto riguarda l'istituzione dei Comitati di controllo nuovi (è stato citato il caso del Cusio-Verbano-Ossola che io non conosco, ma che per la stima che ho per il mio Presidente di Commissione ritengo che sia senz'altro uno di quei Comitati che devono essere approntati) la pongo come interrogativo, ma non ancora come un problema da esaminare approfonditamente. Io direi che intanto con una delibera del Consiglio bisognerebbe, non appena i comprensori saranno delimitati, cercare di far coincidere esattamente i circondari con i comprensori. Penso che saranno delle piccole varianti che si potranno fare e là dove il Comitato di controllo è uno solo ma opera sul territorio di due comprensori, quanto meno questi due comprensori vengano accorpati sotto la competenza di un unico CORECO.
Visto però che i circondari diventeranno 13 (se verrà istituito il nuovo circondario) ed i comprensori in Piemonte sono in totale 15, vale la pena di mantenere questi due comprensori scoperti? Oppure possiamo fare un tentativo di un primo coordinamento, cosa d'altro canto ampiamente sentita e richiesta dai nostri amministratori locali e dalla periferia che restano un po' confusi di fronte a queste continue proposte di ripartizioni del territorio regionale a livello settoriale? Ho sentito la relazione della Giunta per quanto attiene la riduzione del personale. Senza essere polemico, ricordo che all'inizio dell'attività della nuova Giunta era stato preannunciato un drastico contenimento delle assunzioni di personale a tutti i livelli, invece queste buone intenzioni col passare dei mesi hanno finito per saltare, perché effettivamente esiste una problematica che impone a noi tutti di essere guardinghi, soprattutto se vogliamo operare attraverso la delega agli Enti locali e non direttamente, ma non possiamo essere profeti, proprio perché la problematica di tutti i giorni ci pone delle esigenze di servizio che naturalmente devono essere portate avanti attraverso il personale.
Non vorrei neanche però che questa riduzione del personale fosse indirizzata verso una visione un po' troppo fideistica, nei riguardi della meccanizzazione dei nostri servizi; essa è valida entro determinati limiti quando però si tratta di servizi che arrivano a contatto immediato con le nostre popolazioni allora bisogna fare attenzione a non disumanizzarli.
E mi domando: il Consorzio sull'informatica che è stato creato qualche mese fa con delibera del Consiglio Regionale non potrebbe essere eventualmente investito direttamente della meccanizzazione di determinati servizi, senza ancora una volta rivolgerci all'esterno, creando una molteplicità di rapporti non coordinati che potrebbero portare ad un'eventuale ulteriore confusione anziché ad un coordinamento e ad un chiarimento per quanto riguarda l'impostazione dei servizi? Ho voluto fare queste considerazioni nella convinzione che il problema dei CORECO vada visto tenendo presente l'esigenza di relazioni più frequenti con i membri dei singoli CORECO che avremmo anche piacere di poter conoscere. Auspichiamo che avvenga questo incontro che porterà sicuramente a dei chiarimenti e all'individuazione di indirizzi sui quali penso che tutte le forze politiche, che sono gelose dell'autonomia degli Enti locali, potranno trovare un accordo.



PRESIDENTE

Qualcun altro chiede la parola? Il Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale.

La puntualizzazione del Consigliere Martini su alcuni aspetti e anche quella del Presidente della VIII Commissione Calsolaro, meritano alcune sia pur brevi risposte.
Per quanto riguarda il Cusio-Ossola-Verbano c'è un impegno, ma quando fossimo riusciti, abbiamo detto, a non aumentare le spese per la creazione di questa nuova sezione decentrata. Potremmo dire fin d'ora che già in quest'ottica possiamo andare con fiducia perché il personale che è oggi a Novara potrebbe scindersi tra Novara e il Verbano e non costituire nessun aumento di spesa.
Per quanto riguarda la riunione fra gli amministratori Sindaci e i CORECO già la Giunta vi ha dato inizio incontrando i sei Presidenti delle Province ed il nuovo Comitato regionale di controllo nella sede della Giunta per precisare alcuni aspetti dell'attività di controllo.
Per quanto concerne i nuovi Comitati l'osservazione è abbastanza calzante: oggi arriviamo a 12 sezioni decentrate e un Comitato regionale di controllo che fa 13, per cui siamo ed appena meno due, rispetto agli organi comprensoriali. Questo aspetto potrebbe essere verificato: Saluzzo Savigliano, Fossano e non so qual è l'altro che può mancare o che faccia parte di più Comitati di controllo.
Per quanto riguarda la meccanizzazione, questa è soprattutto applicata nella catalogazione delle pratiche, nell'archiviazione e nella preparazione dell'ordine del giorno che è un fatto di carattere puramente tecnico, non certo nei controlli, ma, come lei sa Consigliere, quando si tratta, come a Torino, di oltre centomila atti che giungono, diventa una attività di carattere importante, per lo meno metà del personale deve occuparsi di catalogare gli atti, è un'attività esecutiva che invece potrebbe essere ulteriormente ridotta attraverso una sperimentazione di meccanizzazione.
E' giusto anche fare riferimento al Consorzio fra la Regione l'Università e il Politecnico. Io riferirò giovedì prossimo sull'attività che il Comitato provvisorio ed il Comitato scientifico hanno avuto in questi ultimi mesi. Il Comitato scientifico ha elaborato una serie di documenti assai interessanti e con ogni probabilità andremo a presentare nel prossimo mese di marzo lo Statuto alle competenti Commissioni ed al Consiglio per la sua approvazione.
L'attività del Comitato scientifico è perseguita attraverso una serie di indagini e di studi e spero la prossima settimana di dare i primi elaborati al Consiglio. Sono circa ormai 150.000 le contravvenzioni per la violazione al bollo automobilistico che lo Stato ci ha trasmesso per competenza e già si è provveduto attraverso l'elaboratore del Politecnico alla codificazione degli atti per cui entro sei mesi le 150.000 pratiche oltre a quelle che giungeranno, potranno trovare una soluzione.
Comunque è una problematica di grande interesse a cui la Giunta presta costantemente attenzione.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Dibattito sulla situazione urbanistica regionale e sugli strumenti urbanistici in istruttoria


PRESIDENTE

Il punto sesto all'o.d.g. reca "Dibattito sulla situazione urbanistica regionale e sugli strumenti urbanistici in istruttoria".
La relazione è già stata svolta nella seduta del giorno 20.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Signori Consiglieri nell'affrontare questa discussione penso che dobbiamo rifarci ai documenti di cui il Consiglio dispone, e cioè la relazione del Presidente Viglione e la relazione dell'Assessore Astengo, svolte appunto nella seduta del 20 gennaio.
Merita una piccola considerazione anche la relazione del Presidente Viglione per la presunzione di un inquadramento, di una vernice culturale a questa discussione, che noi evidentemente non rifiutiamo ma che certo non abbiamo ritenuto strettamente pertinente all'oggetto della discussione in atto, che, se non vado errato, fa seguito ad una mozione del Partito repubblicano specificatamente riferentesi alla situazione degli strumenti urbanistici.
I due capitoli trattati nella relazione Viglione - l'uso sociale del territorio e la gestione pubblica del territorio stesso - sono comunque indubbiamente punti di riferimento troppo importanti perché si possa omettere di considerarli. Solo, ci spiace dover sottolineare come questa relazione - ripeto, forse al di là delle intenzioni, per una certa improvvisazione - denoti una genericità di intenti che non possiamo non sottolineare, una genericità che costituisce una sfasatura rispetto all'esigenza di iniziative promozionali che vengono enunciate in questa relazione e che dovrebbero dar carico alla Giunta di certi doveri. Ne ricordo alcune: 1. iniziative relative al pensiero della Giunta sul "nuovo regime di edificabilità" che è stato presentato dal Consiglio dei Ministri e che è oggetto di considerazione da parte delle forze politiche (sul quale indubbiamente avrebbe dovuto esservi un pronunciamento atto a consentire al Governo di prendere tempestivamente opportune decisioni) 2. proposte da parte della Giunta in rapporto al discorso delle modifiche alla L. 865 e della sua operatività, che indubbiamente è uno dei nodi rispetto ai quali sono attardate moltissime iniziative 3. operatività per la riqualificazione dei centri storici, in merito al quale problema dobbiamo purtroppo riscontrare come l'unica iniziativa a della Giunta (il disegno di legge n, 40, all'attenzione della II Commissione) certamente non affronti che aspetti particolari, ma non delinei, soprattutto sul piano operativo del risanamento, alcuna prospettiva concreta 4. indirizzi dalla Giunta Regionale sul ruolo degli IACP (alla luce anche delle innovazioni intervenute nei Consigli di Amministrazione) per i compiti gravissimi che tali istituti devono svolgere nella nostra Regione.
Concordiamo con il Presidente Viglione quando dice che "alla Regione spettano ruoli di pianificazione programmatica e strategica". Ma dobbiamo rilevare che proprio questi ruoli promozionali non sono ancora né svolti né delineati; ne sono indice (d'altra parte, talune indecisioni sono state già sottolineate anche da altri Consiglieri sulla elaborazione del piano di sviluppo economico e su anticipazioni che vengono fatte "a carciofo" su possibili opzioni) le iniziative innescate per il problema degli insediamenti direzionali FIAT, quasi che fosse possibile fare di questi importantissimi problemi, estrazioni settoriali, al di fuori di un contesto generale.
Sono anche indice di questa indeterminatezza le carenze fondamentali di politica dell'Assessorato all'Industria (mi spiace che non vi sia qui l'Assessore Libertini) e credo che questo aspetto vada sottolineato. Noi vogliamo riconoscere gli effetti positivi di una certa opera di mediazione che l'Assessorato sta svolgendo per le vertenze; ma non possiamo non considerare come tutte le informazioni che ci vengono sistematicamente date su intenzioni, possibilità, e "si dice" eccetera, ci lascino certamente sconcertati per l'incapacità da parte della Giunta di delineare un giudizio di merito rispetto al quale le varie iniziative delle forze economiche si vanno inquadrando; rispetto a quale indirizzo? Nella direzione della riconversione oppure della mera affermazione di principi relativi alla permanenza dell'occupazione? L'assenza di propositi è sintomatica, e intendiamo sottolineare come se si vuol dare un inquadramento al discorso culturale dell'assetto territoriale, bisogna che su questi contenuti vi siano quanto prima pronunciamenti di merito piuttosto precisi. Il discorso, per esempio, delle localizzazioni o delle rilocalizzazioni delle attività produttive nell'area metropolitana come nella regione è uno dei problemi sui quali in connessione con questa politica di sviluppo regionale l'Assessorato all'Industria deve essere impegnato a dare precise indicazioni sottoponendole a discussione in Consiglio, in modo che tutti quanti assieme si possa farne una valutazione.
Ciò detto, per quanto attiene piú specificatamente il problema oggetto dell'interpellanza del Gruppo repubblicano, conseguente alla discussione di una interrogazione fatta a suo tempo, l'Assessore Astengo nella sua relazione esordisce con una considerazione piuttosto pessimistica: quella che l'Europa dei popoli non si possa costruire se il nostro Paese non si adegua, anche sul piano dell'assetto territoriale, ad un livello che sia dal punto di vista qualitativo, tale da potere stare al passo con gli altri Paesi. Io penso che proprio questa osservazione debba essere presa come riferimento per valutare quanto il nostro Paese sia in arretrato e perch sia in arretrato su questi temi, che sono prima di tutto temi culturali.
Mi rivolgo in particolare all'Assessore Astengo per sollecitare una sua presa di coscienza di come la cultura urbanistica ufficiale italiana sia responsabile di questo stato di cose, e lo sia a tutti i livelli: degli organi di informazione specifica del settore, delle organizzazioni settoriali o corporative che si sono adoperate per esprimere un giudizio di merito su queste vicende, senza purtroppo riuscire a trasferire nel Paese una sensibilità ed una cultura a livello degli amministratori, a livello delle forze politiche, delle forze sociali, rispondenti alla dimensione dei problemi da affrontare. Né, d'altra parte, possono essere punti di partenza le considerazioni pessimistiche sul come si sono svolte le cose in questo periodo dal punto di vista delle localizzazioni, della diffusione degli insediamenti. Certo, le considerazioni che fa l'Assessore sullo sperpero di energie e la diffusione degli insediamenti è una considerazione giusta, che doveva peró accompagnarsi ad un giudizio di merito sul tipo di evoluzione economica intervenuta nel nostro Paese, ed in particolare nella nostra Regione, passata da una agglomerazione di comunità locali ancorate ad una economia prettamente agricola (oppure, se mai, ad una economia mista mentre nei fondovalle o in determinate localizzazioni si erano andati insediando i primi episodi di industrializzazione) ad una economia di industrializzazione concentrata, a scala non solo nazionale ma internazionale, che indubbiamente e necessariamente ha posto l'esigenza di accorpamenti, anche dal punto di vista degli insediamenti, di tipo diverso.
L'analisi di come questa dinamica di trasformazioni si sia realizzata deve comportare necessariamente una delineazione di linee di ulteriore controllo e di arresto di certi processi; cose già in parte elaborate nella passata legislatura e speriamo contenute in forma definitiva nelle linee di inquadramento del piano territoriale per l'area torinese, in elaborazione.
Questi processi di inurbamento e di concentrazione non sono passati attraverso controlli effettivi, operanti con gli strumenti urbanistici.
Questo è il problema che ci dobbiamo porre. Perché non sono stati possibili? Perché i Comuni erano sprovvisti di strumenti urbanistici perché i processi di verifica di tali strumenti sono stati scoraggiati a tutti i livelli, non ultimi i livelli decisionali più alti (Ministero dei Lavori Pubblici, Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici), lasciando i piani per anni ed anni in defatigante attesa di approvazione o di parere quando il giudizio doveva essere il più possibile tempestivo. Ora assistiamo al protrarsi di queste attese. Perché il decentramento non ha portato alcuna innovazione? La situazione della quale parleremo denuncia questo stato di cose.
Pensiamo di poter innovare qualcosa dal punto di vista della correttezza di gestione dell'attività urbanistica, se non poniamo i Comuni nella condizione di poter effettivamente gestire anche in termini minimi l'attività urbanistica ed edilizia nel territorio? Oggi la Regione deve esercitare questo ruolo appunto in termini attivi, non più passivi. Passato il periodo del centralismo burocratico che affossava qualsiasi decisione, o per lo meno la poneva in termini di prospettive assolutamente inaccettabili, la Regione deve esercitare questo ruolo in termini attivi andando verso la direzione dell'approvazione dei piani, non verso la direzione del passaggio di carte, dell'istruttoria, che si conclude col rinvio dei piani ai Comuni per la rielaborazione.
Il ruolo di promozione deve esercitarsi attraverso obiettivi precisi: 1. dotare tutti i Comuni di strumenti urbanistici 2. indicare ai Comuni con parametri non sperequativi, criteri per la stesura e l'approvazione dei piani 3. il controllo, cui l'Assessore fa riferimento, per la crescita dei piani sia un controllo che avvenga alla luce del sole, dando a tutti testimonianza delle rinunce, delle limitazioni, delle correzioni, o delle trasformazioni che si devono operare.
Siamo d'accordo sul fatto che si debba contenere la crescita in limiti che l'Assessore ha indicato fra il 10 e il 50 per cento e sulla necessità che questo criterio venga applicato con il massimo rigore possibile. Ma poniamo all'Assessore e alla Giunta questo interrogativo: abbiamo appreso dalla relazione che vi sono ben 404 Comuni privi di strumenti urbanistici.
Che cosa si intende fare in proposito? Vi è un potere sostitutivo della Regione (era delle autorità prefettizie in passato) che nei periodi di transitorietà della legge-ponte e delle successive elaborazioni non è stato possibile applicare.Cosa si intende fare nei confronti di questi Comuni? Il consuntivo finale rispecchia una situazione grave: su 1209 Comuni, solo 281 hanno piani successivi alla legge-ponte, e quindi programmabili, come giustamente dice l'Assessore; tutti gli altri, quindi 928, sono privi di piano o hanno piani inadeguati. Siamo quindi di fronte ad una situazione piuttosto paradossale. E non convince la risposta dell'Assessore cioè che su 167 piani esaminati solo 29 sono stati approvati e 138 respinti.
In questa fase non va privilegiata l'azione di scoraggiamento ma il momento didattico o promozionale affinché i Comuni si rendano conto della inadeguatezza di alcuni strumenti; evitando astratti dogmatismi è possibile far sì che i Comuni modifichino i piani adeguandoli ai criteri di valutazione della Regione, tanto da poter essere approvati.
Evito i riferimenti personali per dare suggerimenti su come l'Assessore si deve comportare in questi casi. Potrei citare altre Regioni che stanno affrontando questi problemi in termini molto pragmatici, con defatiganti rapporti con le Amministrazioni comunali e con saggia utilizzazione della struttura funzionariale esistente; ma evito di specificare come debba essere utilizzata questa struttura. Dalle nozioni che si hanno constato solo che il processo di formazione e di addestramento del personale addetto alle istruttorie non viene incoraggiato; l'alterazione della struttura gerarchica non ha indubbiamente contribuito a far sì che la macchina funzioni nella direzione dell'approvazione celere degli strumenti.
Pur non entrando nel merito di questi suggerimenti, mi permetto di constatare come l' "efficientismo" di cui ci parla l'Assessore abbia ancora dei limiti piú politici che sostanziali, evidenziati dai risultati: 138 piani che vengono restituiti ai Comuni con motivazioni "a cliché" e che pongono i Comuni in una condizione di assoluto scoraggiamento. L'impegno necessario è di orchestrare queste restituzioni, ma, come ho già detto nella direzione di una approvazione, dando tutti i consigli necessari perché i piani possano essere riveduti e messi in condizione di ottenere l'approvazione.
Per quanto riguarda l'obiezione che non sarebbero disponibili dati per poter approvare rapidamente questi piani, perché i Comuni li forniscono solo in piccola misura, io ritengo che, se l'obiettivo è quello dei "piani di minima", cioè di consentire una minima gestione dell'attività edilizia i dati disponibili per calibrare queste approvazioni vi sono. Non sono solo disponibili i piani elaborati dall'IRES, ma anche alcuni dati elaborati dall'Assessorato all'Urbanistica nella precedente legislatura, dati che riguardano gli oneri di urbanizzazione, laddove vi sono riferimenti a parametri, sul grado di industrializzazione, di scolarità eccetera, che consentono di adottare decisioni abbastanza celeri, di verificare se i piani sono adeguati o meno, nella dotazione dei servizi, alle esigenze minime necessarie.



BERTI Antonio

Vuoi dire che sei d'accordo per i piani di minima?



PICCO Giovanni

Certo. Ma subito, non differendoli a tempi che non si sa quali possano essere.
Così come non sono d'accordo che nella restituzione si faccia riferimento alla elaborazione immediata di piani intercomunali, almeno per quei Comuni privi di strumento urbanistico operante. Questo è il discorso.
Perché questo - e vorrei che l'Assessore considerasse le mie buone intenzioni nella denuncia che vado facendo - innesca processi e logiche contraddittorie rispetto alle finalità ed agli obiettivi che l'Assessore si propone: le logiche che emergono sono, l'ho già detto, la paralisi e lo scoraggiamento, quindi l'abulia rispetto ai problemi, il disimpegno, con pericoli di scadenze delle salvaguardie dei piani. Questi piani pur non eccellenti, potevano costituire un argine rispetto al regime della perimetrazione. Ne consegue una logica di deformazione politica e di deformazione culturale. Si innescano processi e logiche di sottogoverno degli incarichi professionali, perché si pensa che laddove è cambiata l'Amministrazione comunale, sia necessario modificare il piano prima elaborato da tecnici e da amministrazioni che avevano certi orientamenti.
Quasi che su questi problemi non vi siano contenuti di obiettività tali da consentire alle comunità tutele del territorio, indipendentemente dall'orientamento politico delle Giunte regionali o comunali. Si arriva a disdire incarichi a persone cui erano stati conferiti per affidarli ad altri, quasi che, ripeto, ciò significhi rispetto dei contenuti che devono essere portati avanti con lo strumento urbanistico.
Sottolineando questi aspetti, mi dico una volta ancora d'accordo su tutte quelle azioni che possono andare nella direzione dell'approvazione dei piani. Naturalmente, non posso tacere gli strumenti attuativi, cioè i piani particolareggiati o della 167, anch'essi, purtroppo, in largo ritardo di approvazione rispetto alle esigenze.
L'Assessore fa riferimento nella sua relazione ad una terza fase che definisce di contatto con le Amministrazioni. Ritengo che debba essere conclusa rapidamente, in un periodo che non vada oltre i sei mesi, per conseguire le approvazioni e poter quindi pensare con serietà alle prospettive di collaborazione intercomunale e di pianificazione comprensoriale.
Volutamente evito riferimenti polemici ad alcune affermazioni che l'Assessore ha fatto sullo stato della pianificazione nella nostra Regione anche dal punto di vista culturale. Ritengo che qualche passo in avanti in questi anni si sia fatto. Le azioni di questi ultimi mesi, purtroppo, non vanno nella direzione né della incentivazione né della emulazione fra le Amministrazioni comunali a dotarsi di migliori strumenti urbanistici. Anzi il rinvio delle approvazioni è una mortificazione, mi consenta l'Assessore sostanziale della autonomia dei Comuni, e quindi delle loro capacità di iniziativa. Questi potranno essere orientati nella direzione della collaborazione intercomunale; ma non prima di aver ottenuto giustizia col riconoscimento dei notevoli sforzi che in molti casi le Amministrazioni hanno dovuto fare per dotarsi di uno strumento urbanistico.
Colleghi Consiglieri, credo di poter concludere sottolineando come la risposta data ai gravi interrogativi che avevamo posto sulla gestione delle attività urbanistiche sia ancora ben lontana dall'essere soddisfacente.
Abbiamo chiesto fin dall'epoca della discussione dell'interrogazione impegni precisi perché l'istruttoria e l'approvazione giacente sia conclusa, sia per i programmi di fabbricazione, sia per i piani regolatori.
Questo per la normale attività edilizia ed urbanistica, che consenta di preservare il territorio per una gestione piú programmata ed una più corretta utilizzazione del patrimonio edilizio esistente. Data la situazione i Comuni che si sono dotati di uno strumento urbanistico possono procedere ad ulteriori compromissioni del territorio, con lottizzazioni eccetera; per contro non consentiamo a quei Comuni che volessero anche solo correttamente mettersi in condizioni di gestire e disciplinare la trasformazione del patrimonio edilizio esistente, di poterlo fare.
Quindi, pur essendo convinto che l'Assessorato e la Giunta perseguono obiettivi di graduale avvio alla pianificazione comprensoriale, devo per sottolineare che le logiche che per ora emergono sono quelle del caos e della paralisi, e conseguentemente di sottopotere, che rischia di portarci in direzione totalmente opposta a quella che ci si prefigge.
Insistiamo nell'affermare che solo quando tutti i Comuni saranno dotati di strumenti operanti sarà possibile attuare quella collaborazione intercomunale che viene enunciata in prospettiva, e rispetto alla quale non abbiamo riserve. L'unica riserva che ci permettiamo di sottolineare, è quella che comunque la collaborazione intercomunale, in mancanza di precisi obiettivi espressi nei piani territoriali, sia di fatto impossibile.
Le iniziative che l'Assessore ha preannunciato, di Comuni che si uniscono per elaborare o far elaborare piani intercomunali, ritengo siano destinate all'asfissia, nella misura in cui non sono sostanziate da indicazioni di pianificazione e a livello regionale e a livello comprensoriale. Il discorso si allargherebbe ai processi di approccio e di definizione di questi vari livelli di pianificazione, che mi auguro sia possibile affrontare piú approfonditamente in altra sede.



PAGANELLI ETTORE



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

E' iscritto a parlare il Consigliere Martini. Ne ha facoltà.



MARTINI Mario

Intendo riallacciarmi alla esposizione fatta dal collega Picco, del Gruppo della Democrazia Cristiana, per affrontare una analisi della relazione dell'Assessore soprattutto dal punto di vista metodologico dei rapporti che la Regione sta instaurando con i Comuni in merito al problema della politica del territorio e dell'assetto urbanistico.
C'è stata una prima fase di consultazioni; una seconda fase, che è stata definita di riflessione sui documenti del piano; ora l'Assessore ha preannunciato una terza fase, di ripresa del discorso a livello comprensoriale con gli amministratori locali.
Vorrei prospettare l'opportunità che questa terza fase di incontri avvenga non soltanto con gli amministratori comunali, ma anche con gli operatori economici e con le forze sociali che sono oggi coinvolte su questo problema, che presenta aspetti non solamente tecnici, ma va visto nella sua globalità e soprattutto nei suoi aspetti politici di fondo.
L'Assessore, nella sua relazione, si preoccupa di presentarsi a questo secondo appuntamento a livello comprensoriale con un discorso che sia credibile, tanto è vero che si augura di poter disporre di quegli elementi di supporto e di aiuto che possono essere forniti con l'assunzione di spesa da parte della Regione. Dal contesto della sua relazione si intuisce che questi elementi di supporto dovrebbero essere fondamentalmente due, che si riducono poi a uno: quello di avere i fondi necessari sia per finanziare i piani regolatori intercomunali sia per dare la garanzia che i programmi pluriennali di intervento avranno un adeguato finanziamento.
Ma proprio questa sua prospettiva, di incontrarsi con gli amministratori locali valendosi di questa specie di asso nella manica, dà il tono caratterizzante al suo discorso, che non è tanto un discorso politico, quanto piuttosto un discorso tecnico, direi anzi, senza malevolenza, un discorso tecnicistico, più interessato alla realizzazione del processo urbanistico che non a favorire il consolidarsi e il diffondersi di una coscienza urbanistica tra gli amministratori.
L'Assessore, quando parla degli amministratori, lo fa, direi, con un pessimismo piuttosto diffuso, che si coglie sia nel suo documento che a titolo personale aveva diffuso in Piemonte, sia nella sua relazione. C'é da parte sua una sostanziale sfiducia negli amministratori, per avere essi favorito in questi ultimi anni degli strumenti urbanistici definiti permissivi, lassisti, antiprogrammatori per opzione. Il quadro urbanistico esistente è definito un quadro sostanzialmente deprimente. Questi giudizi hanno in parte validità: nessuno di noi vuol ergersi a difensore di ufficio di amministratori locali che si sono resi responsabili di carenze. Per osservo che, come giustamente ha già rilevato Picco, non sono da mettere sotto accusa solo gli amministratori locali.



BERTI Antonio

C'è stata assenza di direttive per cinque anni.



MARTINI Mario

Vorrei ricordare per inciso che un Comune come Boves, di oltre 8.000 abitanti, su proposta dell'attuale Presidente della Giunta (mi spiace doverlo citare in sua assenza), ha dato incarico per l'elaborazione di un piano regolatore ad un geometra. Ciò avveniva meno di 10 anni fa, perch mancavano gli operatori tecnici.
Dunque, ci sono state macroscopiche carenze a livello di politica generale di indirizzo, e nessuno le disconosce; ma anche la mancanza di cultura urbanistica e la carenza anche di operatori tecnici hanno notevolmente condizionato il quadro che noi adesso stiamo esaminando. I giudizi che si danno sono giudizi che non riescono a nascondere l'intenzione di fare tabula rasa degli strumenti urbanistici esistenti per partire dall' "anno zero".
Vorrei invece evidenziare che l'incontro con gli amministratori comunali non deve avvenire all'insegna di questa sfiducia, ma in un'atmosfera di meritata fiducia, di presa d'atto della disponibilità ormai diffusa ad affrontare e risolvere i problemi urbanistici. Basterebbe ricordare, almeno per quanto riguarda la Regione Piemonte, che gli statuti delle Comunità montane - Comunità montane che sono il frutto di anni di esperienza a livello collaborativo dei Comuni delle nostre vallate recepiscono tutti la norma in base alla quale le Comunità devono redigere i piani urbanistici. Mi rendo conto che ci sono degli amministratori che approvano queste norme senza avere le idee chiare, precise, sulle loro implicanze; comunque, questo atto di buona volontà, e poiché non posso neanche mettere in dubbio l'intelligenza dei nostri amministratori, di intelligenza dei nostri amministratori delle Comunità, è stato sistematicamente recepito nei documenti base che sono gli statuti delle Comunità.
D'altro canto, l'adesione massiccia che c'é stata ai comprensori non è venuta per imposizione dall'esterno: i nostri amministratori locali si sono resi conto che il comprensorio aveva finalità di programmazione, e fra queste anche la redazione del piano territoriale di coordinamento. Le stesse richieste di aggregazione di Comuni per i piani regolatori intercomunali portano acqua al mio mulino, o, meglio ancora, sono la dimostrazione evidente che la preparazione per un discorso serio è avvenuta e che su questo terreno si può operare con ottime possibilità di raggiungere delle prospettive valide.
Ma, constatata questa diffusa disponibilità ad affrontare in modo più razionale, organico ed incisivo i problemi connessi ad una corretta politica del territorio, è sufficiente ritornare all'incontro con gli amministratori locali, fidando quasi esclusivamente sull'incentivazione derivante dai finanziamenti per i piani regolatori intercomunali o per i programmi pluriennali di intervento? C'é in questa impostazione un errore di fondo derivante da una visione tecnicistica del problema: il perseguire l'obiettivo del piano regolatore intercomunale come fine a se stesso anziché come strumento di attuazione di una programmata politica di sviluppo e quindi strumento di crescita economica, sociale e politica delle comunità locali.
Vorrei fare delle ipotesi. Se quello che sembra l'obiettivo immediato dell'Assessore, favorire l'aggregazione di Comuni perché si arrivi al piano regolatore intercomunale, dovesse andare in porto e direi che in qualche caso ha senz'altro la possibilità di andare in porto, in qualche caso è anche opportuno che venga validamente sperimentato - in modo generalizzato noi potremmo constatare alcuni vantaggi, legati però ad alcuni inconvenienti che non possono essere taciuti.
Un vantaggio è quello di vedere allargarsi l'isola territoriale di un Comune a piú Comuni, ma sarebbe comunque un'isola che travalica i confini comunali ma che rimane un "ortus conclusus" nell'ambito piú vasto del comprensorio.
Un altro indubbio vantaggio,da non sottovalutare, è quello di razionalizzare gli interventi pubblici attraverso i programmi attuativi. Ma ci sono degli aspetti negativi che a mio modo di vedere non bisogna trascurare se vediamo il problema nei suoi riflessi globali e politici e non soltanto nei riflessi tecnici immediati, che sono quelli che di fatto ci fanno fare un passo indietro.
Ho l'impressione che qui ritorniamo ad avere una concezione del comprensorio quale era maturata in un primo tempo nel Friuli-Venezia Giulia, quando il comprensorio è nato proprio a livello tecnico; quando si è parlato di politica di pianificazione territoriale, si è fatto il comprensorio, e ci si è accorti che il comprensorio, però, visto a livello tecnico, aveva carenze tali, proprio perché non poteva fare riferimento ad una politica di programmazione, che automaticamente è stato accantonato per un ulteriore approfondimento del suo significato e per arrivare poi alla maturazione e all'accezione nella quale oggi noi lo individuiamo e comprendiamo.
Nello stesso tempo, se questa aggregazione di Comuni, stimolati da una politica di finanziamento dei piani regolatori intercomunali, dovesse generalizzarsi, noi pregiudicheremmo di fatto quella che è la politica di programmazione, la politica di sviluppo dei singoli comprensori; perché è evidente che nei singoli comprensori troveremmo delle aree che, proprio perché sono regolate da un piano regolatore intercomunale, cioè da uno strumento molto piú rigido che non il programma di fabbricazione creerebbero delle situazioni che dovranno essere in un secondo tempo fatte saltare, per evitare che divengano condizionanti per tutta la politica di pianificazione territoriale del comprensorio.
Io ritengo allora, e ribadisco un po' i concetti espressi dal collega Picco, che sarebbe molto più corretto avviarci a questa terza fase di incontro, che dovrebbe essere confronto, con gli enti locali presentando il piano di sviluppo regionale, e presentando (e anche qui non è che dobbiamo pretendere tutto, perché si tratta effettivamente di aprire un discorso che per tanti versi ha ancora bisogno di essere individuato da tutte le forze politiche), le linee portanti di un piano di coordinamento territoriale.
Perché giustamente l'Assessore dice che "il comprensorio è il livello ottimale per uno scorporamento di quelle che sono le direttive che vengono dalla Regione e per un accorpamento di quelle che sono invece le richieste che a livello locale vengono manifestate un po' da tutti i Comuni".
E' una affermazione sulla quale tutti concordiamo, ma dobbiamo mettere i Comitati comprensoriali in condizione di poter esprimere il loro parere su linee ipotizzate, almeno in un primo tempo, di un piano di coordinamento territoriale. Perché l'affermazione che è stata fatta, e che ho tratto dal documento programmatico della Giunta, in base alla quale si deve tendere ad evitare l'ulteriore congestionamento dell'area metropolitana torinese per sviluppare i comprensori, è un'affermazione valida, ma troppo generica.
L'affermazione successiva, in base alla quale si dice che "lo sviluppo delle aree comprensoriali piemontesi deve filtrare attraverso i grossi centri delle singole aree", si presta a creare, se il concetto non è ulteriormente sviluppato, delle diffidenze fra gli amministratori locali, e in modo particolare fra gli amministratori delle Comunità montane, che naturalmente sono disponibili ad una politica comprensoriale, ma si rendono anche conto che i grossi centri non sono mai sorti nelle zone montane ma sempre in zone di pianura, costituendo un grosso handicap in questi ultimi anni per la forza di attrazione disordinata che hanno esercitato sulle vallate.
La Regione deve presentarsi con le linee di un piano di coordinamento.
Non è che si voglia qui chiedere l'impossibile, ripeto, ma qualche cosa noi lo dovremo pur dire, perché non so, per esempio, come la Comunità montana della Valle Stura possa fare il suo piano di coordinamento territoriale senza sapere se la Regione intende o meno, ad esempio, realizzare la diga di Moiola; non so come le vallate del Cuneese possano predisporre un loro piano di sviluppo senza sapere con precisione che cosa, a livello di grossi insediamenti turistici, la Regione intenda fare, a medio termine, quanto meno, o nel volgere di dieci anni, e così anche per ipotetici rafforzamenti di linee di comunicazione con la vicina Francia. Dobbiamo, insomma presentarci agli amministratori locali con un discorso che sia provocatore di dialettica politica, che abbia motivazioni di carattere politico e anche di carattere pratico. Ho già accennato alla situazione delle Comunità montane: teniamo conto che nel giro di tre mesi le Comunità montane avranno il loro piano di sviluppo, e, come conseguenza immediata, - perché certe cose hanno una loro logica interna - dal piano di sviluppo tutte le Comunità si stanno avviando verso il piano di coordinamento territoriale noi dobbiamo essere quanto meno presenti per questo appuntamento, lasciando magari da parte alcuni obiettivi più ambiziosi.
Per quanto riguarda i piani di fabbricazione giacenti, vorrei richiamarmi alla proposta che l'Unione dell'edilizia del Piemonte e della Valle d'Aosta ha fatto in una relazione che è stata inviata, penso, a tutti i Consiglieri, proposta che mi pare abbastanza accettabile. E' una proposta che si richiama all'atteggiamento assunto dalla Regione Lombardia la quale ha realizzato l'obiettivo di dare ad ogni Comune un piano operativo a livello di politica territoriale. Lo stesso obiettivo se lo è posto adesso la Regione veneta. Occorre quanto meno continuare questo faticoso dialogo che è già stato oneroso negli anni passati ma che ha cominciato a dare dei risultati positivi e che una politica di eccessiva restrizione potrebbe ancora una volta far cadere o comunque non lasciar sviluppare su un piano ottimale di reciproca collaborazione.
Ho voluto fare questo intervento, anche se non concerne un settore tecnico di mia competenza, perché, essendo membro della VIII Commissione mi preoccupo che l'esaltazione dei ruoli della Regione non avvenga a discapito della esaltazione dei ruoli degli altri enti locali, minori territorialmente, con altre competenze, ma con pari dignità e pari prestigio. Desideravo dire che ritengo che al di là del discorso che, torno a ripetere, ha delle accentuazioni squisitamente tecniche, dell'Assessore Astengo, tutte le forze politiche si debbono sentire impegnate ad avviare un ben piú proficuo discorso politico, che deve essere un discorso di collaborazione e di incontro dialettico con le Comunità montane, i Comuni i Comprensori e le Province, che, a questo discorso, come testimonia quanto ho detto, sono disponibili e preparate.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

E' iscritto a parlare il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, signori Colleghi, nella passata seduta del Consiglio Regionale, quella del 20 gennaio scorso, il Presidente della Giunta, in una precisa puntualizzazione, ha ribadito le finalità cui si ispira l'azione del Governo Regionale in materia di assetto del territorio; finalità che si possono benissimo sintetizzare in un duplice obiettivo: l'uso sociale del suolo e la gestione pubblica del territorio e delle risorse.
Il Presidente della Giunta ha anche posto l'urgenza di due livelli istituzionali di pianificazione: l'uno, che si può definire programmatico strategico regionale e comprensoriale; l'altro, che si può definire invece operativo comunale. Gli strumenti e le strutture di entrambi i livelli sono però oggi interamente da inventare, e quindi da attuare.
Per il livello regionale e comprensoriale, sulla premessa costituita dalla legge 41, istitutiva dei comprensori, una energica attività normativa e amministrativa del Governo regionale può ragionevolmente condurre a porre in essere strumenti e strutture adeguate ad assolvere le funzioni di programmazione e di pianificazione.
Per il secondo livello, quello operativo-comunale, la cui efficienza è senz'altro essenziale per un programma democratico e a larga base sociale e per dare concretezza e realtà, con rapidi interventi, agli enunciati della programmazione, occorre, oltre all'intervento normativo e amministrativo una incisiva azione politica, tesa al deciso rafforzamento delle strutture pubbliche, come momento di confronto, di dibattito e di decisione, o come irrinunciabile e indispensabile polo di riferimento per un vero processo programmatorio.
L'intervento del Presidente ha messo in luce come le strutture degli Enti locali piemontesi, allo stato attuale estremamente polverizzate, non consentano un processo corretto di pianificazione né un controllo effettivo né la gestione delle risorse. Infatti, l'autonomia locale, punto di forza di ogni assetto democratico, non riesce, per condizioni strutturali, ad esprimere con coerenza e con determinazione la propria competenza primaria nella pianificazione e gestione delle risorse territoriali.
L'autonomia locale è dunque un enunciato formale, ma non sostanziale proprio in uno degli ambiti di governo attorno al quale piú si coagula la domanda sociale; e tutto ciò è apparso molto chiaro, a mio avviso, dai dati e dalle considerazioni portate a questa ribalta dall'Assessore all'Urbanistica, prof. Astengo.
Alla domanda di massimo utilizzo delle risorse e del capitale sociale fisso esistente (case, servizi, infrastrutture, eccetera); alla domanda di case a basso costo e servizi sociali efficienti e funzionali, di certezza dell'intervento pubblico nel porre le condizioni per una accettabile qualità di vita, la pianificazione locale ha risposto, nella stragrande maggioranza dei casi, con documento di solo garantismo fondiario, premessa ad un vasto spreco delle risorse e alla non programmabilità dell'intervento pubblico. La collettività non ha trovato una risposta aderente ai suoi bisogni; gli imprenditori non hanno avuto un quadro di riferimento di obiettivi pubblici, sufficientemente attendibili, cui ancorare la propria strategia aziendale.
E' tuttavia chiaro - e pare giusto e opportuno precisarlo - che all'ente locale non può essere addebitata l'inefficienza degli organi centrali e di governo, cui spetta la programmazione e il coordinamento.
In materia di assetto del territorio ci sarebbe da discutere molto anche per quanto riguarda la precedente gestione, che non pare avere prodotto quelle condizioni concrete che formano la base per ogni utile intervento e per ogni valido provvedimento.
In questa condizione gli Enti locali, data la loro condizione strutturale, e la pochezza di strumenti e di strutture tecniche efficienti hanno prevalentemente affrontato la problematica dello sviluppo e del sottosviluppo, in termini tutt'altro che validi, e interpretando quasi sempre in chiave municipalistica, e quindi ristretta, i nodi risolutori di tematiche assai più vaste.
Per quanto riguarda il livello comunale, noi socialisti riteniamo che l'azione politica vada orientata verso il rafforzamento di strutture pubbliche degli enti locali, tali da sostituire all'attuale polverizzazione del governo del territorio aree di gestione e di aggregazione di più Comuni in forma associata, in cui trovi collocazione e risposta adeguata la domanda sociale, dando così concretezza ed incisività, a nostro modo di vedere, allo stesso problema dell'autonomia locale.
Siamo convinti, in altre parole, che la pianificazione del territorio vada ricondotta con gli strumenti dell'azione politica ed amministrativa a tale espressione intercomunale; e ciò tenuto conto dell'ampio processo di pianificazione locale oggi in corso nel Piemonte, come si ricava dai dati forniti dall'Assessore Astengo, che sarebbe errato restringere in un confronto a due Regione e Comune, ma che occorre invece portare alla reale dimensione dei problemi di impiego delle risorse, dei bisogni sociali e delle emergenze della vita collettiva.
La larga adesione (sempre stando alla relazione dell'Assessore all'Urbanistica) già fin qui dimostrata dagli Enti locali a questa linea ci conferma che le stesse esigenze sono avvertite dai nuovi amministratori usciti dalla consultazione del 15 giugno dello scorso anno.
Potenziare, dunque, le strutture pubbliche; dare alle autonomie locali concretezza ed incisività; assumere come metodo quello di un confronto democratico e assiduo; assumere e far assumere, agli amministratori locali consuetudine ad un processo democratico di formazione delle decisioni sull'uso del territorio: riteniamo che questi siano obiettivi da perseguire in coerenza con il piú generale processo di democratizzazione delle istituzioni verso cui si deve orientare la nostra azione politica.
Con questi intendimenti, e ribadendo ancora una volta le finalità di uso sociale e gestione pubblica del territorio, ci sentiamo d'accordo completamente con la linea portata avanti dalla Giunta, e anzi invitiamo la Giunta stessa a procedere su questa strada imboccata, dando avvio a tutti quei processi che sono necessari a tale impegno e promovendo sollecitamente tutte le condizioni reali per la concretizzazione dell'impegno medesimo (formazione di piani intercomunali, costituzione di strutture e di uffici validi e funzionali, eccetera).
Ci rendiamo conto che su questa impostazione non mancheremo di incontrare ostacoli e difficoltà; ma abbiamo la speranza, la certezza oserei dire, che, consolidando una prassi di questo tipo, si potrà, strada facendo, correggere e migliorare il sistema attuato, senza alterarlo in modo degenerativo, e puntare quindi sempre più decisamente verso gli obiettivi indicati dalla relazione del Presidente della Giunta.
L'imperfezione non ci spaventa, più del necessario: è fenomeno umano che si può correggere. Siamo d'avviso, invece, che pensare a schemi ed organigrammi teoricamente perfetti, ad operazioni di programmazione e di pianificazione perfettamente coerenti; pensare, insomma, ad una sorta di scatolette cinesi che, partendo dalla programmazione nazionale, finiscano alla pianificazione comunale, con tutti i vari passaggi perfettamente in coerenza fra loro, con tutte le gerarchie ed i valori in campo perfettamente sincronizzati fra loro equivalga a pensare fuori dalla realtà che deve essere in nostro potere, invece, controllare e constatare.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Con questo intervento si conclude la nostra seduta del mattino.
Riprenderemo i lavori alle ore 15,30. Primo iscritto a parlare è il Consigliere Cardinali.



(La seduta ha termine alle ore 13)



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