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Dettaglio seduta n.326 del 17/04/80 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame progetto di legge n. 524: "Modifica del disciplinare allegato alla legge regionale 4 giugno 1975, n. 46 'Interventi a favore dei consorzi tra Enti locali per lo smaltimento dei rifiuti solidi'"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Punto ventottesimo all'ordine del giorno: Esame progetto di legge n.
524 "Modifica del disciplinare allegato alla legge regionale 4 giugno 1975 n. 46 'Interventi a favore dei consorzi tra Enti locali per lo smaltimento dei rifiuti solidi' ".
La parola all'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell' 'ambiente

E' stato presentato un emendamento che è già stato concordato in sostituzione dell'articolo unico del progetto di legge. Viene aggiunto un paragrafo al punto 2) del disciplinare della legge del 1975: paragrafo f): "è ammessa una motivata deroga riduttiva della distanza prevista dall'art.
24 legge 20 marzo 1941, n.366, quando esulti necessario, specie in zone montane e collinari, nel rispetto degli altri criteri dettati dal presente disciplinare".



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Enrichens. Ne ha facoltà.



ENRICHENS Nicola

Questo emendamento non è concordato con il Gruppo repubblicano.
Comunque ci associamo.



PRESIDENTE

Vi do lettura dell'articolo unico del progetto di legge: Articolo unico - "Al primo comma del punto n. 2) del disciplinare per l'allestimento di discariche controllate dei rifiuti solidi, allegato alla legge regionale 4 giugno 1975, n. 46 è aggiunta la seguente lettera: "f) è ammessa una motivata deroga riduttiva della distanza prevista dall'art. 24 della legge 20 marzo 1941, n. 366, quando ciò risulti necessario, specie in zone montane e collinari, nel rispetto degli altri criteri dettati dal presente disciplinare".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
E' approvato.


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale

Esame progetto di legge n. 549: "Inquadramento del personale trasferito alla Regione Piemonte dai Consorzi provinciali di istruzione tecnica e dall'azienda autonoma studi ed assistenza alla montagna della Camera di Commercio di Cuneo"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 549: "Inquadramento del personale trasferito alla Regione Piemonte dai Consorzi provinciali di istruzione tecnica e dall'azienda autonoma studi ed assistenza alla montagna della Camera di Commercio di Cuneo".
Non vi sono richieste di parola. Pongo quindi in votazione l'articolato.
Articolo 1 - "Il personale proveniente dai disciolti Consorzi provinciali per l'istruzione tecnica, assegnato alla Regione con la legge regionale 6 aprile 1978, n. 18 e il personale proveniente dall'Azienda autonoma studi ed assistenza alla montagna della Camera di Commercio I.A. e A. di Cuneo assegnato alla Regione con la legge regionale 6 aprile 1978, n.
17, viene inquadrato, con decorrenza giuridica ed economica dal 1° ottobre 1978, nei livelli funzionali della Regione Piemonte e nell'ambito dei contingenti numerici previsti dall'articolo 10 della legge regionale 17 dicembre 1979, n. 73".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'articolo 1 è approvato.
Articolo 2 - "Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge il personale di cui all'articolo precedente è inquadrato con deliberazione della Giunta regionale, nel livello funzionale corrispondente alla posizione giuridica formalmente rivestita nell'Ente di provenienza secondo l'allegata tabella A) di corrispondenza".
Se nessuno chiede di parlare si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'articolo 2 è approvato.
Articolo 3 - "La posizione economica nel livello di inquadramento è determinata dallo stipendio in godimento al giorno precedente la data di decorrenza dell'inquadramento stesso, comprensivo di scatti e classi acquisite ed eventuali assegni personali pensionabili.
La posizione giuridica derivante dall'inquadramento, qualora non sia coincidente con quella economica, è quella della classe o scatto nel livello di inquadramento immediatamente inferiore alla posizione predetta.
Al dipendente viene altresì riconosciuto il 'maturato in itinere' con le modalità indicate all'articolo 49 della legge regionale 17 dicembre 1979, n. 74 e con le aggiunzioni senza titolo nell'importo di cui all'articolo 50 della predetta legge regionale n. 74".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'articolo 3 è approvato.
Articolo 4 - "Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge previsti in L. 200 milioni annui l'Amministrazione regionale fa fronte con le somme disponibili in corrispondenza dei capitoli n. 200 e n. 220 dello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1980".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'articolo 4 è approvato.
Prima di passare alla votazione sull'intero testo della legge vi do lettura della tabella allegata: "Qualifiche di provenienza: Vice Segretario generale - Livello regionale corrispondente: VIII.
Qualifiche di provenienza: Consigliere - Livello regionale corrispondente: VII.
Qualifiche di provenienza: Segretario capo - Livello regionale corrispondente: VI.
Qualifiche di provenienza: Segretario principale, Primo segretario Segretario aggiunto, Archivista superiore - Livello regionale corrispondente: V.
Qualifiche di provenienza: Archivista capo, Primo archivista Archivista, Applicato, Applicato aggiunto, Commesso capo - Livello regionale corrispondente: IV".
Si passi alla votazione sull'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Industria (anche piccola e media)

Determinazioni in merito alle richieste Fiat per insediamenti industriali nel Comprensorio di Torino


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto settimo all'ordine del giorno: "Determinazioni in merito alle richieste Fiat per insediamenti industriali nel Comprensorio di Torino". Relaziona in merito l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione

1) In relazione alle richieste avanzate dalla Fiat per ampliamenti e ristrutturazioni in diversi Comuni del Comprensorio di Torino, la Giunta regionale ha sollecitato innanzitutto un elenco preciso e dettagliato delle richieste stesse con indicazioni delle caratteristiche e della destinazione delle costruzioni, delle superfici interessate e delle previsioni occupazionali connesse con tali insediamenti.
Le richieste, accompagnate dal materiale disponibile, sono state inviate al Comprensorio, perché esprimesse, ai sensi di legge, il proprio parere. Compiendo l'istruttoria necessaria, il Comprensorio ha richiesto alla Fiat un aggiornamento dei dati (anche per avere il quadro esatto delle iniziative già in corso o addirittura già realizzate) e, sulla base del documento inviato dall'azienda, ha potuto esprimere, in data 20 dicembre 1979, le proprie determinazioni.
La Giunta regionale, presa visione del citato parere, ha sollecitato alla Fiat ulteriori elementi di chiarimento, sia in relazione alle condizioni generali dell'industria dell'auto, sia in relazione agli specifici programmi del gruppo in Piemonte e nel Mezzogiorno, sia, infine con riferimento ai singoli insediamenti sui quali il Comprensorio aveva ritenuto di non poter esprimere un parere favorevole.
Sulla base di tali ulteriori elementi, la Giunta regionale ha esposto il proprio orientamento di massima in un documento sottoposto all'attenzione della I e della II Commissione consiliare, che hanno successivamente consultato le organizzazioni sindacali regionali e la Federazione regionale degli imprenditori unitamente alla Fiat.
A conclusione di tale iter la Giunta regionale, sulla base degli impegni assunti, esprime ora ulteriori valutazioni al fine di consentire un esame ed una discussione in sede consiliare.
2) Le esigenze manifestate dalla Fiat, con le richieste di ampliamenti e ristrutturazioni, vanno inquadrate nell'ambito più generale dei problemi relativi al gruppo e, in un ambito ancora più vasto, all'industria dell'automobile nel nostro Paese.
Le condizioni di difficoltà dell'industria dell'auto sono state evidenziate negli ultimi tempi da una ricca pubblicistica di varia provenienza (sia da documenti di parte sindacale, sia da proposte di esame e di verifica avanzate dalle forze politiche, sia da documenti provenienti dalla stessa azienda, sia, infine, dal rapporto - recentemente consegnato al Governo - della Commissione di studio presieduta dal professor Prodi).
Tali fonti di varia provenienza concordano nel ritenere la situazione dell'industria dell'auto italiana fortemente deteriorata, tanto che la Commissione Prodi giunge a parlare di una "situazione di crisi settoriale dell'industria automobilistica italiana di ampia portata", attribuendo ad un ritardo culturale generalizzato la mancata presa in esame dell'auto tra i settori da considerare in crisi e per i quali prevedere la formulazione di uno specifico piano ai sensi della legge 675 sulla riconversione e ristrutturazione industriale.
Le condizioni di crisi si sintetizzano in un progressivo e crescente deteriorarsi della competitività dell'industria italiana che si manifesta tanto in una caduta della quota coperta dai produttori nazionali sui mercati stranieri, quanto in una crescente penetrazione di produttori stranieri sul mercato italiano: a riprova di tale perdita di mercato è stato ricordato che la produzione italiana copre al 1978 soltanto il 3,9 della produzione mondiale di autoveicoli, raggiungendo a mala pena la quota del 1960, cioè prima dell'inizio del boom automobilistico, con una contrazione di quasi la metà rispetto alle posizioni occupate nel decennio successivo.
Da tali condizioni di difficoltà emergono pericolosi squilibri della bilancia dei pagamenti e problemi relativi agli stessi livelli occupazionali, tenendo conto dei notevoli effetti indotti che l'industria dell'auto genera su una serie di settori produttivi ad essa direttamente o indirettamente collegati e che coinvolgono una massa di occupati all'incirca pari a quella dell'auto in senso stretto.
Di tali preoccupazioni non può non darsi carico l'Amministrazione del Piemonte, dove gli insediamenti Fiat sono parte rilevante del tessuto produttivo e concorrono in larga misura a determinare livelli occupazionali nel settore industriale.
Gli indici più significativi rilevati dalle diverse fonti di indagine concordano nell'attribuire all'industria automobilistica italiana (unitamente all'industria inglese) l'ultimo posto nella scala delle performances negative, sia che si analizzi il valore aggiunto per addetto o la produzione per addetto o i livelli della produttività.
Dal rapporto Prodi emerge che la marcata caduta della produttività non può essere semplicisticamente ricondotta né ad un insufficiente livello degli investimenti, né ad un elevato livello del costo del lavoro.
Per quanto concerne gli investimenti in valori assoluti e, più significativamente, gli investimenti per addetto, pur essendo i valori della Fiat inferiori a quelli di una parte delle industrie concorrenti essi mediamente non appaiono particolarmente sottodimensionati.
Per quanto concerne il costo del lavoro, non solo esso non appare squilibrato rispetto ai concorrenti stranieri, ma risulta per l'industria nazionale significativamente più basso di quello sopportato dalle industrie dei Paesi concorrenti.
Fatto uguale a cento il costo del lavoro per addetto della Fiat al 31 dicembre 1979, l'analogo indice di costo del lavoro per l'impresa rappresentativa francese raggiunge il valore di centoventuno e quello dell'industria rappresentativa tedesca il valore di centocinquantaquattro.
Questi dati - ora esposti da una fonte ufficiale di provenienza governativa - fanno tra l'altro giustizia di facili polemiche sostenute nel passato, che attribuivano ad un eccessivo costo del lavoro le difficoltà dell'industria automobilistica del nostro Paese.
Anche gli impianti e le tecnologie appaiono per molti versi simili nei diversi Paesi europei e ciò nondimeno il dato unanimemente riconosciuto relativo al costo per unità prodotta fa registrare un divario sempre più netto che penalizza la produzione italiana.
I motivi di questo vengono sostanzialmente ricondotti a fattori di carattere organizzativo, alla scarsa utilizzazione oraria de gli impianti ai diversi ritmi produttivi delle aziende italiane e, nel caso in esame della Fiat.
La risposta dell'azienda al crescere del costo per unità prodotta si è tradotta in un continuo ritocco dei listini di vendita, che ha concorso a rendere sempre più difficile la competitività delle vetture Fiat rispetto a quelle prodotte dalle altre industrie europee, nonché dagli stessi produttori americani, specie per le produzioni delle aziende localizzate in Europa e, da ultimo, dai produttori giapponesi, che hanno iniziato una crescente azione di penetrazione sui mercati europei.
La situazione, già allarmante sulla base dei dati relativi al 1979 tende ad aggravarsi ulteriormente nei prossimi anni, sia tenendo conto del debole andamento previsto per la domanda, sia del fenomeno dell'aumento dei listini, che rischia di mettere ulteriormente fuori mercato i prodotti Fiat.
L'accresciuta aggressività della concorrenza, infatti, non consente all'industria leader sul mercato nazionale di poter ritoccare a suo piacimento i prezzi, contando su analoghi comportamenti da parte dei concorrenti; in una situazione di domanda crescente a ritmi annui assai contenuti su tutti i mercati, è infatti prevedibile che l'impatto concorrenziale sul mercato italiano da parte dei produttori stranieri non sia più contenuto come in passato.
Per un fenomeno analogo, la crescente presenza giapponese nei mercati europei ha, come sua prima conseguenza, quella di sostituirsi proprio all'export Fiat, come è avvenuto sul mercato tedesco, dove la conquista di una quota crescente da parte dei produttori giapponesi avviene a spese delle macchine italiane.
D'altra parte, di fronte ad una situazione di accentuata concorrenzialità, che appare difficilmente reversibile, le prospettive di recupero e di rilancio della Fiat non possono essere affidate ad una politica meramente protezionistica, come talune reazioni nei confronti dell'annunciato accordo Alfa Romeo - Nissan hanno mostrato di ritenere.
Il mercato italiano è l'unico, tra i Paesi dell'Europa occidentale, a non essere stato ancora investito da una presenza significativa di autovetture giapponesi, mentre nel contesto dei Paesi OCSE si assiste non solo al continuo incremento di importazioni dal Giappone, ma anche all'insediamento di impianti produttivi di montaggio o addirittura a ciclo completo da parte dell'industria nipponica.
Rispetto ad una situazione che va evolvendosi in questo modo, rimedi di natura protezionistica paiono in grado di offrire un riparo soltanto temporaneo e in ogni caso assai fragile (a meno che non diventino elemento portante di una politica industriale concordata tra i Paesi della Comunità Europea, politica che, peraltro, non pare essere in corso di definizione).
Ciò non toglie che le preoccupazioni che ne scaturiscono per la Fiat siano legittime e debbano essere tenute in conto dall'autorità pubblica locale.
Con riferimento all'accordo Alfa Romeo - Nissan è innanzitutto indispensabile che vengano portati a conoscenza tutti i contenuti della potenziale intesa, al fine di verificare fino in fondo le possibili conseguenze sia sul piano del recupero reale di economicità da parte dell'Alfa Romeo, sia per gli effetti generali che possono ripercuotersi sull'intero sistema industriale italiano.
A questo proposito non si può ignorare - data la debolezza relativa di alcuni settori della nostra industria - che un'apertura indiscriminata a produzioni provenienti dall'estero causerebbe profonde alterazioni degli equilibri su cui si regge il nostro sistema economico, con pesanti effetti anche su livelli occupazionali.
La strada maestra per resistere alle condizioni di crescente concorrenza dagli altri Paesi è quella del recupero di efficienza e di competitività all'interno dell'industria italiana, piuttosto che non all'apposizione di barriere all'ingresso di nuovi concorrenti.
Occorre, perciò, prendere compiutamente atto della nuova realtà nella quale l'azienda non pare in condizione, da sola, di superare una crisi dai risvolti così marcati e con caratteri complessi come quelli brevemente richiamati.
Sotto questo profilo, se è significativo che nel corso delle consultazioni effettuate con la Giunta regionale, la Fiat abbia per la prima volta ammesso le difficoltà in cui versa e compiuta un'analisi per certi versi nuova e coraggiosa dei problemi del gruppo, destano preoccupazione le tendenze, riaffiorate nel corso delle consultazioni stesse, miranti a ridimensionare il quadro tracciato a non offrire completi elementi di analisi e di giudizio all'Amministrazione pubblica locale.
Tra l'altro, non pare condivisibile l'opinione espressa dalla Fiat avanti la I e II Commissione del Consiglio regionale, secondo la quale le difficoltà del gruppo dovrebbero essere fatte risalire prevalentemente alle ore di lavoro perse nel corso del 1979, che non avrebbero consentito di cogliere con tempestività una fase di domanda crescente sul mercato italiano ed europeo, mentre appaiono ben più fondate le opinioni espresse nel documento consegnato dalla Fiat stessa che sottolinea l'esistenza di difficoltà che non sono di natura congiunturale, ma che investono la struttura e le prospettive di lungo periodo dell'industria italiana.
Questa opinione è anche raccolta e condivisa dalla relazione Prodi, che sottolinea come difficoltà di tal genere richiedano interventi di largo respiro ed individua alcune schematiche linee di orientamento secondo i punti seguenti: a) accelerazione del ritmo di innovazione e di investimento b) aumento dell'utilizzazione degli impianti e della loro produttività complessiva c) accelerazione del saggio di innovazione dei modelli di produzione in Italia d) profonda ristrutturazione dell'industria dei componenti e) miglioramenti delle politiche gestionali sia per la produzione che per la commercializzazione e l'assistenza f) graduali modifiche nelle strategie di localizzazione degli impianti alleggerendo nei limiti del possibile le situazioni congestionate e favorendo gli spostamenti verso il Mezzogiorno.
L'esame dei programmi esposti dal gruppo Fiat - che comportano modifiche nelle localizzazioni esistenti in Piemonte - deve necessariamente essere condotto alla luce di queste considerazioni più generali.
Dal rapporto Prodi emerge, infatti, in modo evidente che l'effettuare reinvestimenti - anche in misura rilevante - di per sé non è condizione sufficiente per uscire dalla situazione di crisi, poiché gli investimenti per potere servire a tale scopo devono essere finalizzati ad un intenso processo di riorganizzazione e razionalizzazione del processo produttivo.
La preoccupazione sempre manifestata dalla Regione - in coerenza con gli obiettivi del piano regionale di sviluppo - è stata quella di non consentire che attraverso apparenti processi di razionalizzazione degli impianti esistenti sul territorio piemontese si determinassero in realtà rilevanti aumenti delle capacità produttive e soprattutto consistenti aumenti dell'occupazione negli stabilimenti Fiat localizzati in Piemonte.
L'indicazione prioritaria sempre manifestata dalla Regione Piemonte di privilegiare la localizzazione nelle aree del Mezzogiorno delle nuove significative occasioni di processi produttivi dell'industria dell'auto in sintonia con la posizione complessivamente espressa dal movimento sindacale - insieme con la riaffermata esigenza di un contributo del gruppo Fiat alla soluzione dei problemi posti dagli squilibri economici e territoriali interni alla Regione, nasce non soltanto dalla fondamentale esigenza di recare un contributo alla politica di riequilibrio territoriale del Paese, ma è motivata anche dalla necessità di evitare un ulteriore aggravamento delle stesse condizioni di efficienza delle fabbriche localizzate al Nord che - come il rapporto Prodi da ultimo riconosce - sono difficilmente governabili e comunque non rappresentano più modelli adeguati sotto il profilo dimensionale, organizzativo e della flessibilità nella gestione degli impianti.
Il secondo ordine di considerazioni riguarda la natura e la tipologia degli investimenti.
Come si è accennato, una delle condizioni richieste perché l'industria dell'auto possa superare la crisi che sta attraversando nel nostro Paese consiste nella capacità di accelerare l'innovazione nel processo e nel prodotto e ciò comporta una rilevante mole di investimenti finalizzati al miglioramento dell'utilizzazione degli impianti e della loro produttività e ad una accelerazione del saggio di innovazione e di semplificazione dei modelli.
Tale processo di razionalizzazione delle strutture produttive si deve accompagnare inoltre ad un miglioramento dell'ambiente di lavoro e alla creazione delle condizioni per una progressiva introduzione di nuovi moduli organizzativi.
3) Alla luce delle considerazioni premesse, la valutazione degli investimenti previsti dalla Fiat nell'area piemontese è effettuata sulla base dei requisiti seguenti: a) che gli investimenti stessi corrispondano all'obiettivo di mantenere il quadro complessivo dell'occupazione nell'area torinese ed all'esigenza di razionalizzazione dell'industria dell'auto, sollecitata dagli stessi documenti ufficiali di parte governativa e non siano in alternativa ad un concorso della Fiat alla soluzione dei problemi di riequilibrio regionale secondo le indicazioni ed il quadro operativo del piano regionale di sviluppo b) che gli investimenti stessi siano finalizzati all'innovazione tecnologica dei processi produttivi e/o all'introduzione di nuovi modelli e, contemporaneamente, possano migliorare le condizioni di lavoro all'interno degli stabilimenti c) che tali investimenti siano compatibili con la volontà di destinare al Mezzogiorno tutti i decentramenti produttivi possibili ed in particolare quelli che consentono di introdurre cicli completi di lavorazione o di completare i cicli produttivi degli stabilimenti esistenti nel Sud, nel quadro di una politica che tenda a privilegiare il riequilibrio del Paese.
4) In relazione ai diversi punti sottoposti al suo esame, esaminati con riferimento ai requisiti suindicati, la Giunta ritiene che le informazioni fornite dalla Fiat non diano ancora un esauriente quadro degli effetti e delle conseguenze che deriveranno dagli investimenti programmati, in ordine ai sopraindicati requisiti.
Tuttavia, di fronte all'esigenza di favorire i processi di razionalizzazione produttiva, di elevamento della produttività, di miglioramento delle condizioni ambientali e funzionali di lavoro; al fine di favorire la soluzione della situazione di crisi in cui versa la Fiat e di recuperare capacità competitive e aliquote di mercato, la Giunta esprime le seguenti valutazioni: 1) si concorda con l'opinione espressa dal Consiglio comprensoriale circa l'accoglibilità delle richieste di ampliamenti relativi ad insediamenti di modeste dimensioni. In particolare, ritiene che gli ampliamenti inferiori ai seimila metri quadrati circa possano, per loro dimensione e, per le destinazioni dichiarate, rientrare in specifiche operazioni di riorganizzazione e ristrutturazione funzionale delle lavorazioni in corso nei singoli stabilimenti a cui sono riferiti. Analoghe considerazioni possono essere svolte per i trasferimenti e gli ampliamenti riguardanti insediamenti superiori ai seimila metri quadrati, per cui si accoglie la finalità di razionalizzazione e ristrutturazione delle attività e delle produzioni dichiarate; per la loro dimensione o per la dimensione degli impianti e delle aree lasciate libere dai trasferimenti, ritiene però, che essi, in assenza di precisi e specifici impegni, potrebbero comportare processi di significativi incrementi di occupazione e produzione nell'area torinese. Pertanto l'accoglimento definitivo di queste richieste è subordinata all'assunzione ufficiale da parte della Fiat degli impegni circa l'occupazione, le destinazioni d'uso e l'utilizzo delle aree liberate con i trasferimenti, sulla base delle richieste formulate dalla Giunta a conferma ed approfondimento delle indicazioni in precedenza fornite dall'azienda.
2) Per quanto concerne la richiesta riguardante lo stabilimento di Avigliana - nella sua ultima formulazione, nella quale è abbandonato il programma di ampliamento di metri quadrati 80.000 dello stabilimento Teksid e che pertanto è ridotta al solo insediamento del magazzino presse per metri quadrati 95.000 - si ritiene possa essere compatibile sia per la destinazione sia per la dimensione occupazionale (settanta persone circa su due turni) sia, infine, per l'utilizzo delle aree lasciate libere a Mirafiori (destinate a miglioramenti e rinnovamenti degli impianti senza incremento di occupazione), seppur sussistano dubbi sulla dislocazione territoriale del magazzino presse rispetto ai centri di produzione e di utilizzo degli elementi immagazzinati. L'accoglimento della richiesta è subordinata all'assunzione ufficiale da parte della Fiat degli impegni circa l'occupazione, le destinazioni d'uso e l'utilizzo delle aree liberate con i trasferimenti, sulla base delle richieste formulate dalla Giunta a conferma dei dati ultimamente trasmessi dall'azienda.
3) Per lo stabilimento di Chivasso si ritengono accoglibili le richieste relative agli impianti ecologici, ai magazzini, agli uffici e alle tettoie sulla base dell'assunzione ufficiale da parte della Fiat degli impegni come sopra indicati. Per quanto concerne le ulteriori costruzioni destinate all'aumento dell'area di produzione, si ritiene che esse possano essere prese in considerazione e accolte solo in presenza di precise indicazioni che consentano di verificare la coerenza del programma ai requisiti di cui al punto 3).
4) Per quanto concerne la richiesta di un ampliamento delle piste di prova alla Mandria si evidenzia l'incompatibilità di questo ulteriore inserimento di infrastrutture in un'area per la quale la Regione ha istituito, con legge regionale n. 54 del 21 agosto 1978, il Parco naturale della Mandria. La Giunta regionale, coerentemente alle ragioni che hanno motivato l'istituzione del Parco naturale della Mandria, ritiene debba essere perseguito l'obiettivo di tutela dell'area da ulteriori compromissioni non compatibili con le sue caratteristiche ambientali e con le normative della legge istitutiva del Parco ed è impegnata a promuovere la ricomposizione ambientale e funzionale dell'intero comprensorio della Mandria, nella sua dimensione storica originaria, per quanto ancora possibile, nonché la futura acquisizione gratuita al patrimonio pubblico dell'area occupata dalla pista Fiat.
Si ritengono, invece, ammissibili e compatibili con le normative della legge solo quegli interventi che consentano di adattare l'attuale infrastruttura alle esigenze di adeguamento funzionale che si rendano necessari nel periodo transitorio entro il quale si riterrà opportuno che anche l'attuale impianto sia trasferito altrove.
Per l'esigenza di costituire nuove piste di prova, conseguenti a programmi di rinnovo e qualificazione di queste infrastrutture o ad esigenza di loro trasferimento dalle aree ove esse sono attualmente ubicate, si ritiene debba essere ricercata una nuova area in grado di accoglierle e di consentire, entro le date che saranno fissate, la localizzazione anche degli attuali impianti della Mandria, nonché gli ampliamenti e le trasformazioni che si potranno ulteriormente determinare nel futuro.
La Giunta regionale è disponibile, per quanto di sua competenza, ad operare perché la Fiat possa trovare, in tempi brevi, una conveniente soluzione a questo problema.
5) La Giunta regionale, in considerazione dei chiarimenti fin qui avuti dalla Fiat, delle caratteristiche specifiche delle singole richieste, della situazione di crisi attraversata dal settore dell'auto e dell'esigenza di razionalizzazione e di ristrutturazione degli impianti ritiene: a) di dare immediato corso alle richieste Fiat riguardanti gli insediamenti di più limitata estensione, di cui al paragrafo 1) del precedente punto b) di valutare come accoglibili le richieste della Fiat riguardanti gli insediamenti di cui ai paragrafi 2) e 3) del precedente punto e la richiesta relativa agli impianti ecologici, ai magazzini, agli uffici e alle tettoie dello stabilimento di Chivasso, subordinatamente alla precisazione e all'approfondimento delle indicazioni che dimostrano la rispondenza degli obiettivi perseguiti attraverso tali insediamenti con i requisiti di cui al precedente punto 3) e all'assunzione ufficiale della Fiat dell'impegno del loro rispetto c) per l'ulteriore ampliamento dello stabilimento di Chivasso ritiene infine che la sua inclusione tra le questioni risolvibili a sensi del precedente punto b) non possa avvenire in assenza di una compiuta conoscenza degli elementi di fatto relativi agli investimenti programmati.
L'attivazione della procedura prevista al punto b) è pertanto subordinata all'acquisizione di tali elementi di informazione per poterne verificare la coerenza con i requisiti richiamati al punto 3), in particolare con le esigenze di riequilibrio interno della Regione e di sviluppo del Mezzogiorno.
Tanto in relazione alle aree di nuovo insediamento e ampliamento quanto in relazione all'utilizzo delle aree rese libere dai trasferimenti è opportuno acquisire un documento ufficiale di impegno della Fiat circa i dati dell'occupazione e della capacità produttiva, nonché circa la finalizzazione degli investimenti previsti non ad un generico aumento della produzione, ma ad un rinnovamento qualitativo delle attrezzature in vista di una razionalizzazione del processo produttivo e/o di un'innovazione dei modelli che consenta anche il miglioramento della qualità e delle condizioni del lavoro.
Gli impegni - volti alla soluzione dei problemi urbanistici derivanti dai nuovi insediamenti nei rispettivi Comuni - saranno definiti dalle apposite convenzioni che la Fiat dovrà contrarre con le Amministrazioni comunali, sulla base del documento di impegno e che dovranno rispettare le condizioni fissate dagli strumenti urbanistici vigenti e dal decreto di approvazione dei piani pluriennali di attuazione da parte del Presidente della Giunta regionale.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione: chi chiede di parlare? La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

La questione non è di recente impostazione, né è la prima volta che si parla dell'argomento, ma oggi arriviamo alla discussione dopo aver appena ascoltato la lettura di un complesso e non breve documento a illustrazione e sostegno della deliberazione che la Giunta propone. Chiediamo scusa se in ordine alle questioni impostate e alle valutazioni stese dalla Giunta dovremo collocarci con minor rigore formale, per l'immediatezza del giudizio richiestoci sul documento.
Ci pare confermato dalla lettura eseguitaci che siamo di fronte ad una delle situazioni classiche nelle quali, per disagio andatosi accumulando nel tempo, e lo stesso momento in cui si perviene a questa discussione lo rivela, per l'imbarazzo e la ricerca di una coerenza formale tra le dichiarazioni rese nel tempo ed i comportamenti attuali, si finisce per far torto, qua e là, alla ragione e ai fatti. E' vero, nella odierna relazione della Giunta, lo sforzo di razionalità, di coerenza, di sincerità è notevole, almeno nel riferire sullo stato della questione generale, così come è andata maturando anche attraverso una serie di apporti ed inchieste fra le quali ha avuto rilievo, da ultimo, quella governativa che porta il nome di Prodi. Si conclude però in modo da far torto alla ragione e ai fatti che hanno la scorza dura, di far torto alla Fiat che oggi deve prendere decisioni e alla comunità regionale che rischia di dover subire le conseguenze di decisioni tardive o insufficienti. Il contrasto tra ciò che si pensa realmente e ciò che si finisce per dire è il prezzo che si paga in termini di reticenza, almeno, se non di ambiguità.
Il discorso della priorità del Sud quale sbocco privilegiato per i nuovi investimenti organici e per le nuove attività produttive non pare sia messo in discussione da nessuno. Il problema è però di stabilire quale tipo di sviluppo generale del Paese e quali risorse possono consentire questi interventi di riequilibrio nazionale, che non comportino abbassamento del livello generale della produttività, del tenore di vita, delle condizioni civili del Paese. La politica per il Sud è quindi un principio di indirizzo acquisito - e noi lo ribadiamo con la Giunta - così come la ricerca del riequilibrio territoriale regionale non può ovviamente essere perseguita a scapito della scelta di riequilibrio nazionale. Ma non si può, con gli stessi mezzi o con gli stessi strumenti perseguire il riequilibrio regionale ed ottenere il riequilibrio nazionale.
Il periodo delle vacche grasse è finito e, privi di riserve, anche gli animali di razza fanno poca strada.
L'industria automobilistica attraversa una crisi di riorganizzazione di assestamento mondiale che è caratterizzata in ogni Paese da fattori comuni e da fattori specifici.
L'Assessore ha ricordato le valutazioni che sono state fatte a questo riguardo. Le analisi delle aziende che ne sono protagoniste, le conferenze i dibattiti, i rapporti degli esperti, la nostra stessa comune esperienza ci fanno edotti. Oggi anche qui risuona, in termini di comprensibilità per il profano, il dato della crisi Fiat e la complessità degli interventi necessari per risolverla perché toccano in grande misura tutti i fattori toccano primariamente l'uomo, il suo atteggiamento mentale, la sua cultura il suo comportamento di fronte ai processi produttivi, la sua attenzione alle finalizzazioni. E' per questo che la crisi italiana, nella sua specificità, è molto più grave di quella di altri Paesi perché dipende molto meno da fattori squisitamente tecnici, tecnologici e strutturali, che da quelli di natura umana, sociale, culturale e politica.
Pare peraltro fortunatamente acquisito che, malgrado tutto, l'industria automobilistica conservi per non breve prospettiva un suo ruolo "trainante", centrale rispetto al processo economico. L'Assessore ha appena ricordato come in Italia una crisi verticale di questo settore avrebbe conseguenze incalcolabili sullo sviluppo economico, sul reddito nazionale sull'occupazione. Il problema che dovrebbe preoccuparci quindi è certamente, se questo settore produttivo, oltre che in Europa e nel mondo per le sue iniziative, per le scelte aziendali e di settore, sarà messo in condizione dalla tempestività e pertinenza delle scelte della sfera pubblica, del mondo sindacale, del contesto nazionale, di conservare questo suo ruolo in Italia e in Piemonte.
Considerate le ancor recenti brillanti condizioni di competitività di questa industria nel nostro Paese, nel momento stesso in cui si constata che attraverso sacrifici, investimenti, sforzi coordinati, sopravvive e continua ad esercitare un ruolo trainante nel resto del mondo, il colmo della beffa sarebbe se lo perdesse in Italia, senza che il nostro stia trasformandosi in un Paese a tecnologia molto avanzata, che può trascurare questo settore come in un certo tempo ha superato produzioni cui si venivano dedicando Paesi sottosviluppati.
Si tratta dunque di sapere se saremo capaci di concorrere anche come Regione perché questa condizione venga preservata. E' certo intanto che ogni discorso di sviluppo nazionale e di riequilibrio regionale, se non vuole essere una mistificazione dilettantesca, deve poter contare sulla ripresa del meccanismo di sviluppo, sul recupero della produttività, sulla difesa della competitività internazionale, sull'affidamento politico sociale. Il mondo produttivo ed ora in particolare quello dell'automobile deve poter contare su questo quadro, sul concorso di queste concomitanze per i suoi programmi a medio termine.
Tutto questo in un contesto che noi riteniamo possa conservarsi ricco di stimoli critici, di contrattualità, di doverosi, puntuali, tempestivi responsabili controlli pubblici, per gli effetti sul territorio e sulla qualità della vita, che lo sviluppo economico e l'iniziativa industriale comportano.
La serie di richieste che la Fiat ha avanzato, sulle quali siamo chiamati, quasi a concludere emblematicamente la nostra legislatura, è un fatto che turba. Si dice: ci sono tanti problemi ma.. c'é pur qualcosa che funziona e che consente di riparare errori, di saldare perdite, di mantenere un rapporto di scambio internazionale, persino un prestigio politico che colloca l'Italia nel contesto dei vari Paesi industrializzati in una condizione non del tutto subordinata.
Siamo chiamati ad assumere determinazioni, dopo che si è espresso il Comprensorio di Torino, che non solo per ragioni istituzionali, ma per i contenuti più rilevanti rinvia totalmente a questo Consiglio le questioni scottanti e di maggior rilievo.
La richiesta si colloca in una situazione che ha queste caratteristiche: prima di tutto, e qui si esprime una nostra critica, si tratta di una questione che ebbe alla sua origine i centri direzionali Fiat e che è da lungo tempo oggetto di conoscenza, di esame - consentiteci di dire - di contrattazione ufficiosa oltre che ufficiale, tra la Giunta e l'azienda; a nostro avviso, sono stati lasciati trascorrere i tempi nei quali per la più favorevole congiuntura generale ed aziendale, una diversa capacità di scelta, di decisione avrebbe consentito di acquisire alcuni risultati significativi, almeno come tendenza in direzione della rilocalizzazione di alcune attività ed oggi saremmo, in una situazione meno frustrante; si sarebbe potuto dimostrare compatibilità fra le esigenze di razionalizzazione, di aggiornamento tecnologico, e di miglioramento delle condizioni di lavoro, con quelle del riequilibrio regionale, oggetto della nostra programmazione.
Un altro carattere rilevante della questione è che gli interventi per i quali si sollecita l'approvazione, per la loro dimensione rispetto a quella dell'azienda, per la loro natura e qualità, per la loro finalizzazione e strumentazione, per il momento storico di crisi e quindi di sollecitazione ad assumere urgenti determinazioni, vengono collocate nel contesto di un processo urgente di razionalizzazione, rispetto al quale non vengono formulate contestazioni da nessuna parte.
Si tratta di opere che, collocate in questo contesto di razionalizzazione, di recupero della produttività e di competitività, non comporterebbero incrementi diretti di occupazione, anzi creerebbero spazi richiesti da nuove tecnologie ed offerti a migliori condizioni di lavoro.
Le contestazioni e le riserve vengono invece avanzate anche dalla proposta della Giunta in funzione della necessità di approfondire conoscenze. Nulla sarebbe in astratto da apprezzare di più del desiderio di conoscere in modo approfondito. Ma già altre volte abbiamo avuto modo di affermare che la realtà è dinamica e quindi l' approfondimento, perseguito quasi nevroticamente come surrogato della decisione crea una rincorsa perpetua, e si realizza nella non assunzione delle responsabilità che devono essere prese quando si presentano, perché questa è una legge della vita, questa è una necessità più specifica del mondo industriale avanzato che addirittura si esaspera in una fase di crisi quale la presente.
Noi non contestiamo che debbano essere acquisite le conoscenze, che debbano essere assicurati i controlli e che debbano essere ricercate le garanzie, sempre che queste attività siano legittime, tempestive proporzionate. Ciascuno di noi rischia sempre qualche cosa in ogni fase della propria vita, rischiano le istituzioni, i corpi politici nei momenti in cui devono fare scelte. Se tutto fosse garantito preventivamente sarebbe troppo facile e senza merito, non avrebbe forse neanche sapore l'avventura della vita e della storia.
In questa situazione è pacifico che la capacità di esercitare un controllo e di assumere garanzie, secondo convenzioni corrette, non pu costituire remora, né divenire carico bloccante e paralizzante sulle determinazioni di aziende e di settori i cui tempi, in un mercato aperto ed aggressivo, non sono compatibili con gli amletismi e le perplessità tattiche che troppo spesso qualificano il momento politico. Noi non possiamo rifiutarci di accettare i tempi che la realtà ci propone: per questa vicenda e per altre. Il senso di frustrazione, che al di là del dibattito più volte abbiamo provato, deriva anche da questa sensazione dallo sforzo di rifiutare la durezza della realtà, astraendoci da essa come se fossimo privilegiati rispetto agli altri protagonisti. Siamo invece nella posizione più esposta. Sicuramente in questa vicenda si rileva una insufficienza, un comportamento censurabile che coinvolge innanzitutto la Giunta, perché sue sono le responsabilità principali, ma che in qualche altra misura per le insufficienti sollecitazioni ed indicazioni coinvolge anche altre parti. Le reticenze, le indecisioni immotivate, le riserve di facciata possono avere effetti "psicologici" tali da trascendere ampiamente la portata della singola questione.
La questione che esaminiamo é, infatti, importante per il suo carattere emblematico. Se consideriamo la Fiat nella sua dimensione, anche per i metri quadrati occupati, gli addetti ai lavori, dovremmo considerare questa operazione come un fatto di ordinaria amministrazione; sennonché per il suo rapporto con le politiche enunciate di riequilibrio nazionale e regionale di tutela del territorio e delle condizioni di lavoro, di riorganizzazione anche all'interno dell'area metropolitana assume un forte carattere che è insieme, indicativo del nostro modo di operare, ma che è significativo per il nostro interlocutore, che non è soltanto la Fiat, e il suo staff dirigente, ma che è riconoscibile in tutto il mondo economico, negli operatori grandi e piccoli, i quali dal tenore di queste risposte, dai tempi e modi di queste risposte, deducono, in termini di affidabilità, di credibilità e di fiducia o meno, indicazioni per le loro scelte e per le loro decisioni. Con i ritardi o con le incertezze, con le remore o con le tattiche diplomatiche ci assumiamo quindi responsabilità che possono divenire pesanti. Non è posta, ripeto, in discussione la linea di politica territoriale, nella misura in cui è stata condivisa nei suoi aspetti, non negativi e pessimistici, ma nei suoi aspetti positivi. Non è certamente contraddetta l'occasione di adeguare i processi tecnologici che, liberando spazi, concorrono a realizzare migliori condizioni di lavoro. Destano profondo stupore, almeno nella forma grezza in cui a noi pervengono oggi a mezzo di comunicati stampa, affermazioni che sembrano astrarre completamente dalla gravità della situazione che la relazione dell'Assessore ha invece qui denunciato. Pare assurdo il riferimento alla necessità di spostare interi cicli produttivi quando il necessario incremento della produttività o l'applicazione di nuove tecnologie dovesse determinare l'aumento dei volumi produttivi. Sono l'ultimo ad avere esperienze e titoli per dare giudizi sui processi industriali, ma credo che appartenga alla cultura comune e media il sapere che, ferma la dimensione di impianti, fermo il numero degli occupati, la produttività, la competitività, l'economicità di una produzione si rivelano con l'aumento qualitativo o quantitativo del prodotto.
Ma se si postula la possibilità che il crescere dei risultati debba comportare automaticamente il trasferimento, lo smembramento di un organismo delicato qual è un grosso complesso industriale, si fanno affermazioni di carattere non responsabile, oppure si difendono bandiere stinte, posizioni assunte in passato che non hanno più alcuna validità, e che sono rifiutate prima di tutto dai primi esperti, che sono gli stessi operai ed impiegati. Non ci si lamenti poi se si produce un distacco dalle organizzazioni sindacali, non ci si dimentichi dello scetticismo che circola in mezzo ai lavoratori.
Si reindicano, magari istituzionalmente, conferenze nuove sulla Fiat e non soltanto sulla Fiat perché l'ora della verità è prossima sempre di più.
Credo che convenga a tutti stabilire quale spazio è ancora lasciato alle mistificazioni verbali e alle affermazioni di tipo propagandistico e alla ricerca di coerenze che non hanno alcun significato.
Qualcuno diceva con sprezzo ed arroganza, "mi contraddico". Bisogna invece avere l'umiltà di dire: "apparentemente mi contraddico, ma poiché i fini che perseguo riguardano la condizione umana, il territorio, il Paese poiché i mezzi per conseguire gli scopi voluti sono mutati, accetto i mezzi diversi, con umiltà eventualmente riconoscendo gli errori".
Siamo ai punti fondamentali. Abbiamo già detto che, così come è stata prospettata l'intera operazione, così come perviene a noi nel suo dato ultimo, è un'operazione di mera razionalizzazione e secondo gli accenni fatti dall'Assessore, di razionalizzazione ancora inadeguata e insufficiente. Se leggiamo i punti del rapporto Prodi, che Simonelli ha riportato con precisione per nostra migliore informazione, ci rendiamo conto che questi interventi sono ancora ben lontani dall'assicurarci i risultati auspicati. Ed allora? Allora, il problema è solo nostro: di strumenti adeguati, di richieste precise e formali di garanzie, di impegni, che ci garantiscano dalle deviazioni, dalle strumentalizzazioni, dalle disinvolture, che non si devono contestare per fare un processo alle intenzioni, ma che una pubblica amministrazione ha sempre il dovere di scongiurare preventivamente.
Il processo di garanzia e di controllo è un processo continuo; non è che si realizzi una volta per tutte in una forma contrattuale, in un convenzionamento.
Sia la Giunta, nella sua responsabilità, siano i Consigli, se non questo altri, a verificare ulteriormente le coerenze, ma guai se si va alla ricerca preventiva di ogni garanzia sul "come e il perché". Sarebbe assurdo da parte della Fiat dare certe garanzie e sarebbe un espediente da parte nostra il fingere di averle ottenute. Garanzie di indirizzo, di funzione di scopo, ma non di esito. Quanto al merito, niente da dire in ordine alle prime due categorie di interventi. Si ricolloca qui comunque, come già in I Commissione, puntuale la domanda che metteva in evidenza come, operando nel tempo più efficacemente, si sarebbero forse potuti ottenere rilocalizzazioni e spostamenti fuori dall'area metropolitana.
Viene poi la questione dell'insediamento di Avigliana. Non vi è più niente da dire, se non ancora che gli impegni da far assumere devono essere precisati con sollecitudine, non devono essere causa di ritardi, non devono divenire strumento per contrattazioni ulteriori, che naturalmente non sarebbero di carattere trasparente, se non per le persone, per le forze politiche interessate.
Il discorso che divide di più è quello della Mandria. Non è che non si debba perseguire coerentemente lo scopo di destinare, oltre l'area già investita, una seconda e in prospettiva storica la terza al parco. La contraddizione sta nel fatto che l'uso dell'esistente verrebbe egualmente consentito a tempo indeterminato con una prospettiva non ancora precisata di compromissione di altro territorio, di dimensioni sicuramente molto elevate, col duplice svantaggio di mantenere vincolata e impegnata un'area già pregiudicata in una certa misura e di mettere una ipoteca su di un' altra, sommando così gli effetti negativi. Siamo d'accordo che non si deve aprire una prospettiva compromissoria della Mandria, ma la soluzione dei 9 Km, da aggiungere, che renderebbero funzionale l'impianto e ne consentirebbero l'ammortamento, ci pare ragionevole ed ammissibile.
Quanto a Chivasso il momento più significativo di intervento è sicuramente quello che desta maggiori perplessità e sollecita la ricerca di maggiori dati e di maggiori garanzie ed impegni per il futuro. Anche qui non si può dire di sì nelle motivazioni e dir di no nei dispositivi: queste sono sentenze suicide sul piano logico. Sostanzialmente si riconosce che il tutto è conseguente ad un progetto di razionalizzazione, rispetto al quale non si possono aspettare gli esiti per giudicare. Noi dobbiamo giudicare ora.



BONTEMPI Rinaldo

Oggi non ci sono questi dati.



BIANCHI Adriano

Ritengo che in questa rincorsa di dati che debbono sostituire le realtà effettuali stiano tutte le contrattazioni di questo mondo e tutte le mistificazioni. Siamo di fronte alle elezioni; vi sono contraddizioni che percorrono le nostre forze, il mondo sindacale, si cerca di tenere insieme con il mastice situazioni difficili, ma è evidente a tutti che quando la Regione dicesse che questa è l'enunciazione di un processo, è una sfida che si apre, e se noi, chieste le garanzie formali, stessimo a verificare, a controllare, pronti a revocare consensi, come sono annullabili le concessioni edilizie, terremmo la linea più corretta. Con questo, non assumiamo una posizione permissiva in contrapposto con la Giunta. Crediamo che i tempi siano di tale durezza da consigliare a tutti una brutale franchezza. Se qualcuno pensa, davvero come ho letto nel giornale oggi, che in questa fase si possano smembrare dei gruppi produttivi che già faticano a trovare la loro razionalità, in Torino o attorno a Torino, per trasferirli in parte al Sud, così come sono, inganna se stesso e inganna gli altri. Noi non vogliamo né ingannare, né essere ingannati.
Concludiamo dicendo che riteniamo essere stata responsabilità della Giunta l'aver perso occasioni nel tempo; di essere stata sua responsabilità l'aver ricercato rapporti e contatti particolari che sono emersi, non smentiti, davanti alla I Commissione. Giunti a questo punto, dovere e compito dell'Amministrazione è di assumere le proprie garanzie, di richiedere impegni determinati, ma di non contraddirsi tra una valutazione positiva del merito e le deliberazioni conseguenti. Così come non pu allontanare le risposte nel tempo indeterminato, mentre si impongono termini rigorosi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Dirò subito che non sono né un esperto di gestione aziendale né di problemi del lavoro e non ho neanche la capacità del collega Bianchi di supportare con argomentazioni fascinose un discorso politico, quindi ruber ai colleghi poco tempo.
Devo fare alla Giunta delle domande e delle contestazioni precise.
L'argomento all'ordine del giorno e la relazione vanno giudicati in termini politici e di metodo. Allora, incomincio a dire che questo è un documento non chiaro politicamente ma ambiguo e che, essendo espressione del governo della Regione, coinvolge, sia pure con le scriminanti che devono esserci tutta la Regione Piemonte quindi anche il Consiglio e, in questo senso, va respinto perché non si risponde ad una problematica di questo genere con le incertezze e con le ambiguità che ha già sottolineato il collega Bianchi.
Dirò di più. Considero estremamente scorretto l'avere proposto al Consiglio regionale una problematica così complessa che investe una tematica di tipo internazionale, problemi di gestione interna e problemi di tipo sindacale, in queste strettoie, quando ognuno di noi è impegnato purtroppo in cose meno importanti ma non meno impellenti.
Qual è il motivo politico di questo comportamento della Giunta e in particolare dell'Assessore Simonelli che non è aduso a queste cose? Mi pare di dover dire che la risposta è nel fallimento della conferenza che il P.C.I. ha condotto sulla Fiat. Sarà il fato se non è stato il regista a mettere le tessere di questa vicenda in modo così preciso. Da questo posto il sottoscritto vi ha richiamati alcuni mesi fa ad una risposta sul discorso del Comprensorio sulle vicende di Chivasso. La Giunta per mesi ha eluso ogni risposta. Nel frattempo si è tentata l'operazione riaggancio da parte del P.C.I. della Torino che conta attraverso la conferenza sulla Fiat. Questa è la realtà.
Da questi banchi abbiamo incominciato ad inanellare le sconfitte del P.C.I. e della sinistra in Piemonte: c'è stata quella elettorale, ce ne sono state altre che per buon gusto non sottolineo perché lo ha già fatto qualcun altro in Consiglio comunale e c'è questa ulteriore sconfitta. Il P.C.I. ha cercato di riproporsi come la forza politica in grado di interpretare la problematica della società industriale torinese e lo ha fatto con un grosso sforzo organizzativo culturale che non ha sortito alcun effetto, anzi, ha sortito l'effetto di sentirsi dire dagli interlocutori che la cultura del P.C.I. su questi temi e in questi tempi è fatta di aria fritta. Testualmente è stato detto così. Rimprovero alla Giunta la scorrettezza politica di avere dato corpo e di aver sostenuto di fatto questa vicenda di un partito, rinunciando alle sue funzioni istituzionali.
Il P.C.I. si è sentito dire: "Nel 1975 ci abbiamo creduto e ci siamo illusi, ma tu P.C.I. ci hai dimostrato che non sei in grado di gestire questa problematica ed è inutile che ti presenti, tre mesi prima delle elezioni, con aria fritta. L'aria fritta, come tale, non intendiamo respirarla".
Orbene, la Giunta, persa la battaglia del P.C.I., la ripropone in tempi stretti, in un pomeriggio di fine settimana, in termini politici estremamente duri e ambigui pensando di portare di nuovo come risultato di questa discussione delle ambiguità da giocare sul tavolo politico. Siccome siamo alla fine della legislatura, le risposte politiche vanno dette in modo chiaro e le risposte sulla gestione delle cose vanno dette in termini precisi affidabili e governabili dai destinatari delle nostre risposte.
Ascoltata la richiesta dell'Assessore, devo notare alcune contraddizioni ed ambiguità che mi sembrano abbastanza grossolane.
Probabilmente lei, Assessore Simonelli, avrebbe fatto bene a farsi sostituire dall'Assessore al lavoro, perché proprio lei che ci venga a dire che l'operazione giapponese va rivista, va valutata, va verificata, va soppesata, quando il suo Ministro ha dichiarato che darà le dimissioni se non passa l'accordo, questa è la verità. Ora qualunque cosa si voglia sapere sull'operazione Giappone..



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione

Intanto io non ho Ministri, perché sono un uomo libero. Il Ministro De Michelis non ha dichiarato queste cose, ha dichiarato che ove l'IRI (non l'Alfa Romeo), Ente di gestione responsabile della politica industriale delle partecipazioni statali, decidesse di fare l'affare e il Consiglio di amministrazione dell'IRI lo approvasse, come Ministro si sentirebbe responsabilmente obbligato a varare l'affare.



MARCHINI Sergio

Non ho la documentazione, ma il fatto stesso che l'Assessore si sia letto con tale attenzione la dichiarazione del Ministro mi fa pensare che potesse essere interpretata come l'ho interpretata io, che il Ministro si dimetterà qualora l'accordo non passi.
Una persona così impegnata com'è l'Assessore Simonelli, è difficile che vada a farsi mandare la dichiarazione autentica dal Gabinetto del Ministro se la dichiarazione del Ministro non l'ha preoccupato un po' e non l'ha messo sull'avviso.
Non sono un cultore di problemi aziendali ma mi pare che, qualunque assicurazione si chieda ai giapponesi, otteniamo di importare nel nostro Paese, in modo surrettizio, dei manufatti che sono tipici della nostra civiltà industriale e della nostra produzione, prodotti in situazioni industriali completamente diverse. Si tratta di importare in Italia delle scocche che nel punto d'origine costano meno, perché quella è un'azienda organizzata meglio oppure perché fa una politica di dumping: importiamo della roba che viene prodotta a un minor costo, oppure importiamo della roba che ci viene fatta pagare a un costo minore, questo vuol dire che si produrranno altrettante cose in meno nel nostro Paese. E' inutile andare a chiedere chiarimenti e garanzie: l'industria automobilistica italiana produrrà in meno numero X di scocche. Come potrete garantire il mantenimento dell'occupazione, come dice il Presidente Viglione, importando dall'estero delle cose che vengono già fatte in Italia? Poi magari ci ritroveremo fra qualche anno a ricordarci la vicenda delle macchine fotografiche o dei sistemi integrati elettronici.
Indeboliremo la nostra struttura produttiva, questo è il risultato elementare.
Un altro elemento della relazione dell'Assessore, che ci sembra estremamente scorretto perché tende a farci fuorviare dal problema, è quello che affronta la tematica dei costi e si ritorce contro l'opposizione o comunque contro un certo modo di ragionare. Non l'ha mai detto nessuno che in Italia avremo il costo lavoro più alto d'Europa. In primo luogo a stravolgere la politica aziendale c'é stata la velocità di sviluppo del costo del lavoro, che è una cosa ben diversa dal costo di lavoro assoluto.
Anni addietro avevamo un costo del lavoro estremamente inferiore e il processo di accelerazione nelle nostre aziende è stato di gran lunga più veloce che non nelle aziende europee in genere e questa, probabilmente, è una delle ragioni che, al di fuori e al di là del dato assoluto, possono aver creato questo tipo di problematica. Però, nessuno ha mai accusato i lavoratori Fiat di guadagnare troppo, semmai, si è puntato il dito sul fatto che il lavoratore Fiat, non per colpa sua, produce meno di un lavoratore Mercedes.
Guarda caso, l'Assessore Simonelli ci viene a dire che probabilmente i motivi sono la scarsa utilizzazione oraria degli impianti e i diversi ritmi produttivi delle aziende italiane.
Il diverso uso delle attrezzature aziendali e i ritmi produttivi che cosa sono nella realtà? Sono tempi morti nell'azienda, conseguenza della politica di rigidità nell'occupazione, del rifiuto dell'accettazione che il giorno è fatto di 24 ore e non di 12. Nel resto del mondo il giorno è di 24 ore, in Italia, per un certo periodo, s'é ritenuto che fosse di 12 ore.
Forse nel paradiso terrestre era anche sufficiente, lavorare 36 ore, in qualche caso eccezionale, in una terra in cui dobbiamo guadagnarci da vivere con il sudore della fronte, qualche volta, la settimana lavorativa può essere qualcosa di diverso. Non abbiamo la memoria così corta da non ricordare la polemica che è stata fatta su questo argomento non moltissimi mesi fa. Allora, non mettiamo tra le righe questa vicenda: la produttività è il rapporto tra il sistema produttivo e il prodotto. La ragione prima forse si trova nell'impossibilità di utilizzare appieno gli impianti e qui si individua una delle ragioni fondamentali della vicenda Fiat, della vicenda automobilistica e industriale in generale nel nostro Paese.
Per una ragione di metodo vorrei che in questa relazione mi fosse stato spiegato in quale sede, con quale strumento e chi dovrebbe porre in essere i controlli, imporre le garanzie e gli impegni e sottoscriverli.
Quindi verrei alla conclusione dicendo, molto semplicemente, che subordino la mia valutazione del documento dell'Assessore, almeno nella parte propositiva, quando mi verrà chiarito, posto che la pista della Mandria non può essere trasferita in brevissimo tempo se, nel tempo che va di qui al trasferimento, sarà messa in condizione di rispondere alle esigenze tecnologiche dell'azienda e quindi di essere modificata in modo di rispondere alle esigenze tecnologiche dell'azienda in tempi stretti.
Per quanto riguarda Avigliana è stato un infortunio, perché il collega Simonelli ha dimenticato che non esiste soltanto l'occupazione delle aree ma esiste anche il peso sui servizi. Va benissimo il trasferimento ad Avigliana del magazzino, però questo magazzino determina il pendolarismo nel traffico. La bretella tangenziale Ferriere verrà destinata a strada interimprenditoriale e non a strada di grande traffico internazionale.
Allora, se la strada di grande traffico internazionale non viene realizzata in tempi stretti, voglio sapere come riuscirà l'impresa ad usare il magazzino che va a creare ad Avigliana: questo magazzino sarà raggiunto a tappe forzate e con i vigili che dirigeranno il traffico.
Rimane la delicata e spinosa questione di Chivasso. La domanda è estremamente semplice: al di là del riferimento alla lettera c) del punto 3), che mi pare il nodo politico della comunicazione dell'Assessore, dove si dice che l'insediamento di Chivasso verrà consentito nella misura in cui non contraddica - ricordo a memoria - lo scopo di trasferire al Sud processi tecnologici completi o comunque che possono essere completati al Sud. Questo mi pare un grosso nodo.
Questa richiesta mi pare poi nettamente in contrasto con l'altra richiesta della Giunta che chiede che tutto questo processo tenda anche all'immediata modificazione della gamma di modelli prodotti.
Chivasso è un posto dove far prendere aria alle auto dei dipendenti o è un posto dove la Fiat potrà sviluppare quell'obiettivo che voi volete seguire? Se mi dite che a Chivasso si consentirà quanto è necessario per permettere all'azienda di procedere alla diversificazione dei modelli prodotti, a tempi stretti, senza bloccare quelli prodotti attualmente, ci potrà essere una valutazione positiva della vostra proposta, se invece, con quella forma ambigua si è voluto dire che per processi completi, per nuova linea, per nuova vettura, non si va a Chivasso, mi pare che alla fine il documento mostri, come diceva Bianchi, la volontà di consentire tutto a parole, ma nella realtà di non consentire niente, giocando sull'ambiguità un'operazione politica estremamente discutibile.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Com'era presumibile, la materia di questa discussione è di notevole interesse per le sue implicazioni politiche che sempre esistono quando le forze politiche che vivono nelle istituzioni devono misurarsi con i problemi dell'azienda e della realtà territoriale.
Il collega Marchini parla con serenità e certezza dei motivi che ci hanno portati a questa discussione, del fallimento dell'aggancio politico del P.C.I. con la dirigenza Fiat: è un pezzo di colore che non mi pare corrisponda ai dati oggettivi con cui il problema è venuto a maturazione.
La costruzione del rapporto fra istituzioni e Fiat impone degli obblighi precisi, logici quando si deve ragionare in termini negativi per coloro che sono naturali difensori dell'economia di mercato quando questa porta conseguenze abbastanza negative. Non ci può essere un liberismo interno attraverso la facile mobilità della mano d'opera (ognuno sa con quale facilità la Germania federale risolve i suoi problemi industriali, ma credo che nessuna forza politica che ha senso di responsabilità voglia trovare con assiomi e con dogmi le soluzioni in Italia) dimenticando nei rapporti internazionali le stesse regole del liberismo in fase di crescita. Proprio per voler difendere le capacità occupazionali e gli interessi dell'azienda le forze politiche si devono far carico di qualche cosa di più del semplicismo elettorale rendendosi conto che i problemi sono molto più articolati e complessi. Per non essere in balia dei dubbi bisogna avere delle certezze e la Regione Piemonte, in contrasto con lo sfasciume della realtà nazionale, ha trovato con le forze economiche e sociali, d'accordo con le forze politiche, un punto di riferimento nella politica di programmazione, la quale non deve essere data su tavole di bronzo incise ma deve essere intesa come processo.
Tutti sono stati d'accordo nel dire che le linee dei documenti di programmazione erano valide. Si parlava di carattere generale. Il problema c'è quando il generale deve regolare il particolare e nei rapporti con la Fiat ci vuole la modestia di renderci conto che essa tende a dire che tutti i problemi suoi sono generali. Dobbiamo avere la forza morale, politica e intellettuale nel dire che è un particolare quasi generale ma è un particolare ancora, quindi deve avere il suo rapporto con le linee di programmazione. Dobbiamo cercare di razionalizzare i processi esistenti nell'area metropolitana torinese e su queste linee abbiamo camminato e dobbiamo camminare, dobbiamo riequilibrare l'assetto produttivo del Piemonte, abbiamo detto dei "no" a tanti deboli, ma dobbiamo dire dei "no" anche nei confronti dei forti. E' su questi termini e su questi nodi che dobbiamo valutare l'azione della Giunta e come la Giunta si è comportata e adeguata ai principi stessi della programmazione. E' subentrata la crisi che l'azienda ha ammesso per la prima volta di fronte alle forze politiche ma non è questa la sede di un dibattito approfondito sulle cause della crisi. L'azienda ritiene che la giustificazione della propria crisi è solo nel comportamento delle lotte sindacali del 1979, ma credo che ci siano anche altri elementi che non pongono le responsabilità solo a carico della forza lavoro, ma che esistano anche delle errate valutazioni. Ricordiamo quanto veniva detto dall'amministratore delegato della Fiat nel 1975 quando parlava di tecnologie obsolete e che nel 1976 e 1977 avremmo esportato modelli in Germania e in Francia per la obsolescenza della tecnologia che i tedeschi avrebbero abbandonato. La realtà è stata purtroppo rovesciata perché dopo un anno e mezzo si sono viste arrivare altre vetture straniere che hanno invaso il mercato. Indubbiamente ci sono stati degli errori.
Anche la rapidità dei mutamenti ai vertici della dirigenza lo dimostra.
In questo quadro dobbiamo cercare di evitare che ci siano delle responsabilità dirette da parte nostra. Prima di tutto non mi lascerei prendere dal discorso della crisi dell'auto, dell'arrivo dei gialli e quindi dell'auto in tutti i modi per la soluzione dei problemi della Fiat.
Tradiremmo gli interessi dell'azienda, tradiremmo la nostra funzione politica e non saremmo punto di riferimento costante quale vogliamo essere visto che, a livello nazionale, si danno incarichi ad altri soggetti di indagare sulla crisi dell'auto. Né si tratta di dire sono piccoli. Di fronte alla grande crisi dell'auto, nazionale ed internazionale, non poniamo intralci proprio noi che saremmo i primi danneggiati. Questo atteggiamento sarebbe sbagliato, anche perché le richieste che l'azienda Fiat ha portato alle istituzioni non sono piccola cosa, nel totale rappresentano 374 mila metri quadrati che, rapportati ai quasi 200 mila metri quadrati dello stabilimento Rivalta, rappresentano una volta e mezza Rivalta. Siccome tutti hanno riconosciuto il gravissimo errore di aver realizzato Rivalta alle porte di Torino, l'hanno riconosciuto le forze politiche, le associazioni degli imprenditori e la stessa azienda, mi pare di fronte ad una complessità di domanda di questa entità il dire "si" o "no" da parte della forze politiche sarebbe estremamente irresponsabile.
Credo che la maggioranza in questo senso dimostri di saper governare.
Bisogna dimenticare alcuni concetti di facile liberismo dicendo che dobbiamo difendere l'economia di mercato che fa sì che l'efficiente deve vincere e l'inefficiente deve perdere. Arrivino i giapponesi della Nissan: questa è la logica che il padre del liberismo e del movimento del liberalismo italiano, Einaudi, sosteneva sul "Corriere della Sera", ai primi del '900 contro il protezionismo voluto dai grandi proprietari dell'industria metallurgica. Ma, questo sarebbe un errore per la complessità dei problemi. Non è neanche facile richiamarci alla necessità della difesa pura e semplice, anche perché se seguissimo questa strada compiremmo il grave errore di venir meno alle nostre responsabilità che istituzionalmente possono essere momento di verifica costante per quelle che sono le nostre competenze in materia di territorio, di tutela, di difesa e di programmazione articolata.
Da questo sorge una risposta alla domanda avanzata dal collega Marchini: come e in che maniera la Giunta ritiene di porsi di fronte a questo documento? Da questo documento risultano chiare le linee su cui la Regione dirà di sì. Questo è un rapporto di estrema correttezza tra le istituzioni.
Credo che il discorso abbia ancora bisogno di una rapidissima precisazione.
Avigliana, la domanda fatta dal collega Marchini è stata posta in consultazione dai massimi dirigenti della Fiat. E' stato detto che il massimo carico è di 100 autocarri giornalieri che indubbiamente non rappresentano un affaticamento delle comunicazioni.
Altro invece è il discorso per Chivasso e non mi pare che ci sia una contraddizione nell'atteggiamento della Giunta.
La Giunta e le forze politiche che la sostengono hanno delle preoccupazioni per tutto quanto il documento ha fotografato. E' pacifico che in Chivasso viene richiesta una nuova linea e in consultazione è stato detto che la nuova linea deve essere fatta su superficie più ampia per impedire che si intralci la realizzazione di quella oggi in funzione. Credo che sulle verifiche che devono essere effettuate non vi sia nessuna contraddizione, anzi, un punto di risposta preciso.
L'ultimo argomento riguarda la delicata questione della pista della Mandria. Occorre essere molto chiari con l'assunzione di responsabilità e con gli atti conseguenti alle responsabilità. E' sempre stato detto che si doveva trovare un'alternativa e credo che in termini economici sia assurdo fare degli investimenti che si sa già che non saranno finalizzati all'uso finale e determinato. Dal dibattito dovrebbero emergere le indicazioni, le possibilità alternative alla Mandria. Risulta che sono state dichiarate delle disponibilità: Lombardore, Casale Monferrato, la Baraggia. Il dibattito potrebbe portare ulteriori utili suggerimenti e questa maggioranza è sempre stata pronta a recepirli quando sono apporto in positivo nelle linee che si è data. Credo debba emergere questa immediata disponibilità, non a parole, ma nel concreto perché si possa dire all'azienda dove, a giudizio nostro, può andare a realizzare gli interventi. Non dirlo sarebbe negare la responsabile e faticata attività che la Giunta ha affrontato e sarebbe una non risposta alle assunzioni di responsabilità che la Giunta si è assunta varando la politica di programmazione come processo.
Questo documento nella profondità di analisi non può che rappresentare uno dei punti qualificanti del modo di governare nella realtà difficile e problematica della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Ho la sensazione, pur nel disinteresse in cui cade questo argomento nella fase conclusiva dei lavori del Consiglio, che la proposta della Giunta debba essere valutata con molta attenzione.
Direi che si pone la pietra tombale su tutte le velleità di programmazione che abbiamo conclamato da cinque anni a questa parte. Ho sempre nelle orecchie le espressioni dell'allora Vicepresidente della Giunta, Libertini, in cui si preannunciava a nome della maggioranza che si era costituita alla Regione Piemonte, una serie di interventi e di confronti con le forze produttive per realizzare gli obiettivi che la Regione stessa si era proposta. Sono parole alle quali il nostro partito aveva dato un certo credito e ci hanno portato alla votazione del programma di sviluppo che la Regione si era data e che sollevò molto scalpore da parte di molte altre forze politiche che non compresero perché una forza di opposizione avesse votato il programma di sviluppo regionale. Eppure noi credevamo in tutte queste cose, ritenevamo che fossero obiettivi giusti che la Regione avesse da perseguire quegli obiettivi e quegli scopi e quindi eravamo disposti, indipendentemente dalla nostra collocazione politica nell'interno di questo Consiglio regionale, a dare il nostro appoggio perché tutto ciò si realizzasse.
Questa relazione, e lo dico con molto dolore, pone la pietra tombale su ogni velleità di programmazione di questa Regione, non perché dire di "sì" oggi a questa situazione o proporre una serie di soluzioni che hanno alcuni condizionamenti che servono solo a salvare l'anima, non realizzano gli obiettivi concreti, ma perché finiamo con il riconoscere obiettivamente che non abbiamo nessuna possibilità di incidere sulle grandi scelte di carattere produttivo e che è sufficiente la minaccia o l'ipotesi di una crisi generale di un certo settore per metterci in condizione di stallo di fronte a richieste che, per quanto logiche e per quanto valide siano, non verifichiamo in modo sufficiente nei termini delle finalità della nostra programmazione.
Non so se la Giunta si rende conto che, alla conclusione della tornata amministrativa dei cinque anni, è negativo questo modo di gettare la spugna di fronte a principi più volte conclamati, di fronte ad affermazioni rigorosamente fatte, che oggi vengono obiettivamente contraddette dalle risoluzioni proposte.
Come mai, in una situazione come quella che si è determinata di fronte al problema dell'automobile, tutti, dalla nostra Regione, dal Governo ai sindacati, non si sia mai detta una parola nei confronti dei ritocchi di listino che la Fiat ha sempre perpetuato nei prezzi delle autovetture, fino a giungere al punto in cui oggi ci troviamo nella paradossale situazione che nel mercato dell'automobile in Italia il 35-40% è rappresentato da richieste fatte sul mercato straniero. Il che significa obiettivamente che anche da parte dei sindacati non si è mai posta una concreta politica di programmazione, ma si è posto il problema della conquista di particolari situazioni di contrattazione, di investimenti e di gestione dell'azienda.
Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione di crisi generale nazionale di cui non possiamo farci carico.
E' singolare anche che nella relazione della Giunta si faccia riferimento al documento Prodi, un personaggio comparso in maniera mirabolante sulla scena politica italiana, che è stato sempre portato come esempio di capacità, anche in contrasto con ruoli assunti da altre forze politiche nei settori da lui occupati. La Giunta dice: "Lo dice Prodi e quindi siamo a posto". So che i principi del Presidente Viglione non sono di questo tipo. Abbiamo più volte sentito il suo parere e conosciamo che le indicazioni di carattere programmatorio sono diverse da quelle che oggi emergono in questa proposta della Giunta.
La Giunta è realisticamente nella necessità di sopperire ad esigenze che vengono fatte dall'impresa, che vengono portate avanti, che tornano ad essere proposte semplicemente nella salvaguardia di alcuni principi generali. Uno dei principi fondamentali ancora ricorrente, di non mortificare gli investimenti nel Meridione per l'accettazione di queste proposte fatte dall'impresa, a mio modo di vedere, rappresentano ancora una volta un tentativo mistificatorio di giustificare decisioni in proprio quando sappiamo tutti che il problema meridionale, dal punto di vista industriale, non potrà mai essere risolto in termini alternativi o in termini di spostamento di attività industriali che nel Meridione dal punto di vista economico non hanno ragione di trovare collocazione; mentre nel Meridione il problema si pone nella ricerca di soluzioni autonome localizzate, dove effettivamente sono possibili e dove possono dare risultati apprezzabili.
Non dico questo per ricercare rivincite di carattere politico. Dobbiamo dire con estrema franchezza che la Giunta in questo momento ci presenta una proposta che è, in tutto e per tutto, la capitolazione di fronte ad un'esigenza valida da parte dell'impresa, ma che certamente non ha nulla a che vedere con gli indirizzi di carattere programmatico e di carattere di equilibrio territoriale che la Giunta, la maggioranza e il Consiglio si sono posti fin dal 1975, e anche prima, per realizzare gli obiettivi di una seria programmazione nella Regione.
Mi trovo in una situazione di estremo disagio perché di fronte ad una proposta di questo genere non sento neanche la necessità di intervenire nel merito per sapere se a Chivasso è possibile un certo tipo di sviluppo o se la pista della Mandria dovrà essere mantenuta ancora per parecchio tempo oppure se Avigliana è o non è una localizzazione giusta.
Quello che dico ai colleghi della Giunta e della maggioranza è che loro per primi devono rispondere se queste proposte sono congruenti con le ipotesi che hanno sempre avanzato, se sono congruenti con le linee di traccia programmatica che hanno sempre portato avanti e sulle quali hanno ottenuto l'adesione del mio partito in un momento particolarmente chiaro e sensibile come era quello della previsione del primo programma di sviluppo della Regione. La mia delusione è tale per cui non c'è problema di dire "no" o "sì" a questa proposta. Si tratta di riconoscere che questa proposta rappresenta il più clamoroso fallimento della prospettiva sulla quale la Regione ha giocato tutto il suo prestigio, tutta la sua possibilità di azione e di incidenza. Oggi dobbiamo fare, giustificati o no, degli amari passi indietro nel riconoscimento che la nostra forza non va molto al di là di quella di una modesta mosca cocchiera.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Castagnone Vaccarino



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, quando De Gaulle decise di decentrare l'industria dalla metropoli parigina, dichiarò a chi gli faceva presente che alcune aziende avrebbero avuto delle difficoltà, che talune sarebbero addirittura fallite, che a lui non importava assolutamente il fallimento di alcune aziende perché il disegno della grande Francia passava oltre il fallimento delle grandi aziende. Era anche solito dire che l'economia è la stessa cosa della fureria rispetto all'esercito, trattando in questo caso la fureria con estremo disprezzo. Che queste cose fossero dette da De Gaulle non significa nulla, perché un uomo molto alto pu essere anche molto stupido. In realtà fra le cose che De Gaulle diceva e le cose che faceva c'era una certa differenza, infatti, egli era piuttosto indifferente che fallissero le piccole aziende ma non gli era affatto indifferente che fallissero le grandi, comprese quelle automobilistiche che erano nel territorio metropolitano di Parigi che infatti non furono decentrate.
Questo mio discorso introduce il cappello che viene fatto dai banchi dell'opposizione. Il cappello fatto dalla Giunta non può poggiare tutto su quello che è detto nel rapporto Prodi, ma deve essere visto in coerenza con quello che ha fatto la Giunta. Non possiamo dimenticare che il disegno di questa Giunta, che sposa il disegno del Comprensorio di Torino, è quello secondo cui 15 mila torinesi dovrebbero spostarsi non in un'area decentrata ottenendo quel certo equilibrio di cui tutti parliamo, ma dalla città di Torino alla cintura, cioè dal collo al colletto. In poche parole vanno a strozzare Torino invece di lasciare spazio intorno alla città.
Non possiamo non dare un giudizio sul modo in cui intende la programmazione questa Giunta che, d'altra parte, è identico a quello delle famose rilocalizzazioni delle industrie, le quali dovevano essere 12 poi 14 e ora sono ridotte a 6 perché parte sono fallite, parte se ne sono andate per loro conto. Quelle 6 poi, se la Giunta sarà ancora al potere, potranno rimanere ancora lì tre, quattro, cinque anni con tutta serenità perché, per la verità, questa Giunta non può che registrare il suo completo fallimento.
Lo spostamento a Settimo, a Grugliasco, a Rivoli e a Collegno in realtà non ha nessun significato. Noi repubblicani per riequilibrio socio economico intenderemmo ben altro tipo di discorso. Dovremmo sapere se il modello di vita che vogliamo per i cittadini che si spostano da Torino è quello di Venaria o di Nichelino o se deve essere un altro perché se fosse quello potremmo subito cancellare questi 15 mila.
La trattativa con la Fiat, che è stata "nascosta" come dice il collega Bianchi, si pone nel quadro dei grandi ritardi della Giunta, degli impegni che si è presa e che non ha assolutamente mantenuto, della scarsa chiarezza che ha avuto nei suoi indirizzi e del fatto che quando si è data un indirizzo non è stata capace di renderlo operativo.
La Fiat ha indubbiamente delle colpe non soltanto perché gliele attribuisce il rapporto Prodi, ma perché oggettivamente si vedono nel suo bilancio in rosso. Non sono colpe morali ma sono colpe di inefficienza e di incapacità e il rapporto Prodi cerca di analizzare le cause di questa incapacità. Non siamo qui a discutere il rapporta Prodi perché spetta ad un altro livello, ma poiché la Giunta vi ha fatto riferimento, devo dire questo. Nel rapporto Prodi, per l'ennesima volta, si ripete la questione dello spostamento nel Mezzogiorno e sa il cielo quanto i repubblicani sono meridionalisti.
Essere di sinistra non significa dire che la legge sui manicomi è stata una magnifica legge e, allo stesso modo, non significa essere meridionalisti per forza, senza saper porre i rimedi al Meridione. Infatti non mi risulta che l'Alfa abbia aumentato la sua produzione e la sua produttività dal momento in cui è andata nell'Italia meridionale. O riusciamo ad avere aziende le quali in termini di produzione e in termini di produttività sono allo stesso livello delle aziende del Nord, nelle quali peraltro lavorano per la maggior parte dipendenti nati nell'Italia meridionale. Sia chiaro, non si tratta di meridionali incapaci e di settentrionali capaci, ma si tratta di un insieme strutturale che non è in grado di ottenere un rendimento produttivo identico a quello del Nord.
Mi sembra che si ripeta inutilmente qualche cosa su cui non si è fatta la minima autocritica, né è stata fatta nel corso delle consultazioni con la Fiat e con i sindacati.
Ho partecipato alla prima consultazione con la Fiat alla quale non parteciparono i sindacati che pure era stata convenuta con loro; siccome questo fatto si è ripetuto più volte anche nel passato creando un rapporto difficile fra le istituzioni e il sindacato, non ho ritenuto di dover aderire al fatto che le istituzioni debbano piegarsi comunque e sempre, ai momenti, ai comodi, alle decisioni dei sindacati. Se i sindacati vogliono intervenire alle consultazioni, ne concordino i tempi come fanno tutti e una volta concordato, non lascino i rappresentanti delle istituzioni a chiedersi se verranno o non verranno e a guardare il cielo. Questo non mi pare rispettoso nei confronti delle istituzioni.
C'è sempre stata diffidenza da parte dell'impresa nei confronti dei politici e da parte dei politici nei confronti dell'impresa, perché è chiaro che entrambi giocano a non dire la verità e questa non verità risulta palese da quello che viene detto dalla Giunta e cercheremo di passare dalle cose grandi alle cose piccole.
L'impresa non ha fatto un'autocritica, ha modestamente detto che una certa autocritica la doveva fare anche l'impresa rispetto al suo modo di comportarsi, così come mi risulta che altrettanto abbiano fatto i sindacati. Nessuno ha fatto un'autocritica ampia, leale, dalla quale potesse uscire qualcosa di produttivo per tutti. I politici debbono prendere decisioni su fatti di cui vengono a conoscenza e quanto più conoscono in modo preciso i fatti tanto più potranno assumere decisioni che rispondano alla realtà, diversamente rischiano di prendere decisioni che non rispondono alla realtà. In questa specie di trattative all'araba non si ottiene un grande risultato.
E il grande risultato non si ottiene nemmeno qui. In fondo, la Giunta dice: "Accogliamo le richieste al di sotto dei 6 mila metri quadri, che non mutano il quadro generale (qualche volta lo mutano anche, ma lasciamo andare), mentre facciamo un discorso più preciso per quanto riguarda la Mandria, Avigliana e Chivasso".
Ma qual è questo discorso? La Giunta non dice affatto che cosa farà.
Dice quali sono le garanzie che vuole da parte della Fiat, ma poi non dice che cosa farà dopo che le avrà ottenute. Concederà o non concederà tutto quello che la Fiat richiede? Posto che per Chivasso la Giunta ritenga compatibile un aumento di 200/300 dipendenti e che si accetti l'ampliamento dei 60 mila metri quadri della Fiat, quanti metri quadri sono previsti per Chivasso? Nella risposta della Giunta sono spariti.
Qui si vuole fingere di essere precisi e di trattare da pari a pari con l'azienda, che in realtà se ne è sempre infischiata delle decisioni politiche, ma non si pongono le condizioni della Giunta.
Quando si parla della Mandria, la situazione è piuttosto confusa. E' giusto che a termini lunghi sia recuperata l'area oggi usata per le prove però a due condizioni: che la Regione offra due o tre soluzioni alternative con le caratteristiche richieste dalla Fiat, economicità e pendenza del terreno. Nel documento non si fa il nome nemmeno di una località alternativa. Certo, più allunghiamo la pista, più sarà difficile spostarla in seguito.
E' vero che l'impresa non ha usato chiarezza nei confronti della Regione, ma è altrettanto vero che i politici debbano essere chiari nei confronti dell'impresa; di questo gioco a nascondino non ci si può certo vantare.
Per quanto riguarda Avigliana credo che le trattative nascoste siano state molto diverse da quelle palesi. Abbiamo sentito parlare di un'industria elettronica che doveva spostarsi da Via Ala di Stura ad Avigliana con 500 dipendenti, ma questa industria elettronica è improvvisamente scomparsa dalla risposta della Giunta. E il progetto Teksid dove è finito? Dell'area che sarà lasciata libera in Via Ala di Stura che si farà? Comunque queste considerazioni vogliono significare l'estremo ritardo della Giunta in ordine alle risposte che doveva dare. La Giunta fa il ruggito del leone senza tuttavia dare con precisione le proprie risposte.
Nel documento non ci sono nemmeno le risposte alle domande che erano state fatte in modo pressante dalla Fiat.
Non abbiamo da dire altro, aggiungiamo, tanto per essere precisi che in linea generale, siamo favorevoli a quanto la Giunta propone per Chivasso e Avigliana. Abbiamo qualche perplessità per quanto si riferisce alla pendolarità fra Avigliana, Mirafiori e Rivalta. Vorremmo invece avere una precisazione per quanto riguarda la Mandria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, ci troviamo a discutere oggi di una questione che per la sua importanza oggettiva e quantitativa e per la storia del nostro Paese e particolarmente della nostra Regione richiama da sempre una grande attenzione da parte degli addetti ai lavori, dei politici, della stampa e dell'opinione pubblica. Forse, è bene collocare una riflessione sul significato di questi indirizzi e di queste proposte in Consiglio che sono frutto di un atteggiamento coerente e responsabile della Giunta in ordine alla richiesta di ampliamento nell'area torinese dell'azienda Fiat. Sottolineo l'elemento di responsabilità di fronte a dati, informazioni, elementi conoscitivi spesso parziali e in molti casi insoddisfacenti e contraddittori. La responsabilità sta anche nell'aver tenuto in piedi questo discorso in tutto questo tempo, non prendendo lo spunto dai dati non soddisfacenti, parziali, che non spiegavano nulla anzi, ricercando sempre un dialogo e un rapporto atti a capire certi provvedimenti e certi indirizzi. Questo atteggiamento di responsabilità è costato molta fatica, però ha prodotto dei risultati che purtroppo qui non sono stati ripresi. Questo modo di fare salti logici o di memoria su atti che invece deporrebbero su elementi più avanzati, costruiti nel concreto, a me pare uno dei torti maggiori dell'opposizione. Per esempio, non si è ricordato che, per la prima volta, le richieste avanzate singolarmente e specificatamente da tanti piccoli Comuni parcellizzati sono state ricondotte ad unità attraverso un'azione di governo che ha visto, con il consenso delle autonomie locali, demandare alla Regione un compito corretto di indirizzo e di decisione finale.



ALBERTON Ezio

Perché non li avete trattati assieme ai centri direzionali?



BONTEMPI Rinaldo

Il problema dei centri direzionali è stato posto nel 1975 con la questione di Candiolo.
Questo grande risultato ha portato a far sì che le decisioni, caso per caso e la compromissione, storia di questi anni, venissero meno e questo ha permesso di avere un controllo sulle piccole cose, sulle cose medie e anche sulle cose grandi. Rispetto alle richieste iniziali quantificate in oltre 500.000 metri quadri, si è arrivati a una riduzione significativa, gli attuali 350.000 metri quadri come primo risultato. Il secondo risultato è che si è arrivati a conoscenze, informazioni che ci permettono il governo di un certo processo. Rispetto alle esigenze che sono state portate qui, su cui dobbiamo esprimere la nostra opinione e la nostra decisione che, tra l'altro, non possono essere protratte più a lungo; continuo ad avere grandi perplessità. Non tocca a noi andare a guardare in casa degli altri, ma tocca a noi giudicare prima di accollare responsabilità di certi fatti di incoerenza, di cambiamenti di direzione.
Chi non è al corrente del contrasto aperto tra aziendalisti industriali e finanziari che hanno dato alla configurazione della holding Fiat una certa caratteristica che molto spesso è parsa in netta contraddizione con gli interessi squisitamente imprenditoriali e produttivi? Ci siamo misurati di fronte a questo con fatica, ma è stato un approccio responsabile modesto, certo non subalterno e sufficientemente collocato in un disegno e in un quadro di programmazione tale da capire i comportamenti e le intenzioni. Il rapporto Prodi si è pronunciato chiaramente, anche la conferenza del nostro partito si è pronunciata chiaramente, ma anche prima di questi fatti era chiaro alla Giunta che a queste esigenze occorreva rispondere. Ma l'importante era di sceverare tra processo di razionalizzazione e altro, tra quote destinate al Sud e riequilibrio territoriale. I rapporti non sono stati facili, ecco perché accennavo alla fatica. Non possiamo dimenticare d'un colpo che la Fiat, per la sua potenza, per il suo carattere multinazionale nei confronti delle istituzioni non ha avuto lo stesso atteggiamento che richiediamo a tutte le componenti del mondo sociale produttivo: collocarsi nel rispetto della centralità dello Stato non in un ruolo di potenza, ma in un ruolo appunto di programmazione concordata. Sotto questo profilo alcune affermazioni sono state importanti e noi le abbiamo riconosciute come tali: la dichiarazione fatta da Agnelli, in un incontro con la Giunta sull'adesione all'obiettivo meridionalista e del riequilibrio e noi abbiamo cercato di tradurre tutto questo attraverso varie richieste, in coerenti comportamenti e in coerenti decisioni.
I tempi si sono certamente allungati ma i tempi lunghi in qualche misura sono necessari quando un sistema nel complesso non ha ancora in s accettato il postulato fondamentale alla centralità dello Stato e del governo democratico dell'economia. Di qui dobbiamo partire, guai se accollassimo a questa Giunta o a un'altra Giunta responsabilità che stanno nella nostra cultura politica industriale. Allora, dobbiamo misurare anche gli sforzi da "apprendisti" che abbiamo compiuto, la difficoltà che abbiamo nel fare gli industriali non essendone capaci e soprattutto non essendo tenuti a farli. Questo sforzo è anche elemento culturale importante per il futuro.
Restano legittime preoccupazioni rispetto a certe richieste. Mi sembra che l'analisi intelligente e ricca di spessore che ha compiuto il collega Bianchi pecchi di un'adesione di postulati sostanziali: la linearità, la coerenza continua delle scelte Fiat e la verità dei fatti. Il magazzino di verniciatura di Rivalta, chiesto come tale e che nel giro di un anno ha avuto un incremento di migliaia di occupati, deve preoccuparci. Non lo voglio attribuire questo a volontà di dichiarare una cosa per poi farne un'altra. Non darei per scontato il postulato della verità e non darei soprattutto per scontato che risolvere i problemi dell'azienda vuol dire sì a certe scelte contingenti e momentanee dell'azienda.
Devo rispondere a certe osservazioni e a certe frasi: il P.C.I. che presenta le proposte alla "Torino che conta", io credo che contiamo tutti conta a Torino la classe operaia. Caro Marchini, sei pericolosamente distorto dai tuoi piccoli e meschinelli schemi di una "Torino che conta" di qualcuno che tira le fila, quando invece i fili della storia li tirano tante energie e tante intelligenze di gente che lotta e che ha opinioni diverse. Quindi, queste definizioni appartengono al tuo mondo, a me non appartengono e non ti rispondo.
L'atteggiamento della Giunta, che mi pare chiaro, dice: certi tipi di interventi per le dimensioni, per la qualità, per i dati sono elementi di mera razionalizzazione produttiva e, come tali, possono essere favorevolmente accolti. Ci sono altri interventi su cui questa caratteristica ci sembra più accentuata, ma devono essere assistiti da un sistema di garanzie, occupazione, destinazione d'uso e modi di utilizzazione degli impianti.
Per quanto riguarda il nuovo insediamento di Chivasso, abbiamo fondate preoccupazioni che rispetto a possibili destinazioni e rispetto alle nostre linee di riequilibrio territoriale, questo stabilimento possa essere una contraddizione. Allo stato degli atti e delle informazioni non possiamo avere un atteggiamento favorevole nei confronti di Chivasso perché sarebbe un salto nel buio che non vogliamo fare, pronti a considerarlo diversamente se le esigenze di razionalizzazione concrete dimostrabili, affermabili attraverso l'informazione ci saranno soddisfatte.
Chiudo sulla Mandria, su cui dobbiamo avere meno incertezze. Lì abbiamo compiuto una scelta in cui la stessa Fiat, con tutte le gradualità e gli aggiustamenti necessari, deve raccordarsi. La dichiarazione fatta questa estate dall'avvocato Agnelli in questa direzione ci è parsa positiva.
Chiediamo che non venga riproposta come è stata riproposta in consultazione, anche con qualche iattanza, la permanenza alla Mandria.
La questione vera è la nuova destinazione, come diceva il Consigliere Castagnone Vaccarino, ma, prima, la Fiat deve accedere ad un'ipotesi del genere verificandola e confrontandola. Tutti conoscono la nostra politica dei parchi e quale prezzo alcuni, non solo del mio partito, hanno pagato per essere stati coerenti alle scelte di destinazione a parco. La fatica ha voluto significare un "no" al cacciatore e al piccolo proprietario che vuole costruire. Noi crediamo che sia opportuno riaccorpare tutte queste esigenze in un disegno di tutela anche per quei soggetti, ma, per tenere in piedi questa politica, è necessario dare dei segni.
Questo lo abbiamo chiesto ai piccoli proprietari che stanno attorno alla Mandria e lo possiamo chiedere anche alla Fiat. La linearità di posizione che dice "si" al trasferimento utilizzando la pista con quegli interventi di mera funzionalità che si rendono necessari è un dato istituzionale che deve portare al consenso della struttura Fiat. Tutte le fasi transitorie possono essere regolate: quello che non possiamo accettare è di smentire una scelta, inserita in una scelta più grande, che ha qualificato anche questo Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Vorrei fare alcune brevi osservazioni sulle opinioni espresse dai Consiglieri Cardinali e Castagnone Vaccarino. Il Consigliere Cardinali ha detto di aver contestato che, nonostante tutti i discorsi fatti, una pietra tombale è stata posta sulla programmazione. Come l'on. Pietro Longo ha riscoperto il gusto dell'anima radicaleggiante e delle bellezze di alcuni discorsi e di alcune frasi assai significative, che noi andavamo spesso ripetendo attorno agli anni '50 quando il clima politico era diverso, l'ha portato forse a fuorviare completamente il discorso. Ahimè, non voglio fare il processo a chi ci ha preceduti nel governo. Questa vicenda cominci attorno agli anni '50, correva forse l'anno in cui Peyron saliva alla poltrona di sindaco di Torino e saliva anche il periodo vallettiano. I due pensieri s'incontrarono e furono quelli di allungare smisuratamente un capannone che era stato costruito attorno alla seconda guerra mondiale e per poco non arrivava fino a Pinerolo. Non voglio ripetere tutto questo perché sono cose note ed arcinote.
Nel 1975 abbiamo trovato un territorio lacerato e sfruttato ed è stato nostro dovere porvi rimedio nel modo in cui era possibile quando, ormai, il territorio, che il prof. Astengo chiama bene "irripetibile", era invaso e distrutto.
Vorrei puntualizzare che da quel momento ad oggi la perdita degli abitanti di Torino è attorno ai 50.000 (15/20.000 emigrati all'anno), ma non è vero che questi abitanti vanno nella prima e nella seconda cintura di Torino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Non sto parlando di quello.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

I dati sono oggettivi. Alcuni accusano il prof. Astengo e la sua legge urbanistica, altri accusano la Giunta di aver messo una serie di vincoli specialmente in quest'area urbana talché non si può far più niente. In realtà l'effetto della programmazione ha fatto si che persino il piccolo e modesto paese, emblema del grido della montagna che ha perduto tutto, come Castelmagno, ha visto aumentata la sua popolazione. Si potrà discutere perché è aumentata ad Alba e in altri paesi della Langa e dell'Astigiano è certo che questo è un effetto della programmazione. La stessa popolazione del Piemonte è diminuita, si potrà discutere sulla diminuita natalità, ma è certo che l'immigrazione a questo punto è scomparsa. Ritengo che questo sia un dato confortante.



ALBERTON Ezio

Fanno piacere, sì, ma non sono vere.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Le statistiche sono quelle. Comparando quello che è scritto nel programma rispetto all'equilibrio nel Piemonte e nel Sud, vorrei rispondere all'amico Cardinali che nella sua città abbiamo messo addirittura in discussione Cameri per andare a Grottaminarda. Ha detto il dr. Garbarino che un giorno ho difeso l'Assessore Alasia fino all'infarto, ma voi ci avete dato tutti addosso quando abbiamo parlato di Mondovì, Borgosesia Vercelli e non di poli che gia avevano un'alta concentrazione di occupazione. Non vi abbiamo mai trovati schierati al nostro fianco. Perfino Castronovo nel suo libro ne parla, ma quando abbiamo dato un assetto ai centri direzionali (alla Fiat, a volte, per ritrovarsi devono guardare la guida telefonica) non vi abbiamo mai trovati al nostro fianco.



ALBERTON Ezio

Una volta si parlava di direzionalità diffusa. Oggi non si trova più niente.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

So che avete due anime all'interno della D.C. e la tua non l'hai espressa.
A questo punto non vorrei mettermi in polemica. Voglio solo ricordare che Grottaminarda è il risultato di questa azione. Abbiamo rifiutato l'Indesit a Cavallermaggiore, la Pennitalia, l'Olivetti e Termoli, abbiamo rinunciato ai motori a Foggia, l'Ipra.
L'Alfa è caduta in un momento assai difficile, in una città terziarizzata, dove l'industria non era mai stata presente, ma sta riprendendo anche lì. Non è vero che il Sud è improduttivo. Per dichiarazioni espresse da dirigenti Fiat Termoli, Foggia, Grottaminarda sono invece altamente produttivi. Questa città, da quando c'è questo governo, quest'area urbana, non è più stata compromessa in alcun modo.
Citate un caso. Dovete citare un caso, uscite dal generico.
In cinque anni quest'area non è stata turbata da nessun fatto lacerante o distruttivo.
Invece si è innescato un processo del tutto diverso e quando andiamo ad esaminare alcuni problemi sostanziali di oggi e diciamo che la Fiat deve essere competitiva, e io sono perfettamente d'accordo, quando da parte vostra si dice che si teme la nuova occupazione, dirò subito che io temo il contrario. Credo che parlando della Fiat, almeno qualche volta siate andati all'interno della Fiat e abbiate visto, per esempio, cosa vuol dire robotistica. Vi giunge nuovo questo processo che vuol dire espellere gli operai e sostituirli con dei robot come già si vedono in alcuni reparti? Io temo invece il processo contrario e cioè che la Fiat tenda all'espulsione e questo il sen. Giovanni Agnelli l'aveva già fatto nei confronti dei veneti tanti anni fa, quando con il nuovo processo di costruzione della Balilla mandò a casa dall'oggi al domani circa 6 mila veneti.



BIANCHI Adriano

Il documento si preoccupa dell'aumento.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

No, del mantenimento e qualora vi siano processi nuovi devono essere rilocalizzati in Piemonte, nelle aree attrezzate, o al Sud. Ho detto che non voglio mettermi su altra strada se non su quella dei valori oggettivi.
L'aver fatto, la Giunta precedente e questa, ogni sforzo per un'area come quella della Mandria che ha 20 mila metri quadrati di terreno per ricomporla e per farne un parco interurbano a livello mondiale, l'aver consentito ancora l'uso della pista, perché non è facile procedere diversamente, mi pare un'azione del tutto corretta- La pista ha venti anni.
Si tratta di razionalizzarla perché sia utilizzata ancora per qualche tempo e poi passerà gratuitamente alla comunità.
Gli altri modelli sono di pura razionalizzazione. Si parla di 70 e di 200 unità da parte di un'azienda che ha in Italia e nel mondo 340 mila dipendenti e, a mio giudizio, non si verificherà nemmeno quello, anzi si verificheranno probabilmente dei fenomeni di cui dovremo ancora parlare.
Meditate il vostro voto. Abbiamo messo tutti a verbale le nostre posizioni. Il futuro potrà dare torto o ragione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare l'Assessore Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Non può essere smentito da nessuno che quando parliamo del problema Fiat parliamo di una questione che è sempre stata delicata e difficile; di una questione che a Torino ci è abituale, che ha radici nella storia della nostra città. E' certo che quando si parla di questa questione è difficile anzi sarebbe sbagliato, astrarre dall'accumulo di valori, di esperienze contraddittorie e di intrecci che la presenza della Fiat ha determinato nel passato.
Mi pare sia davvero difficile fare astrazione di quanto abbiamo alle spalle, nel momento che dobbiamo affrontare la situazione futura che ci presenta la Fiat.
Alle spalle abbiamo una scelta esasperata di produzione monoculturale che ha assorbito risorse e che ha sfruttato risorse da altri settori e regioni. Abbiamo denunciato questo fatto e continuiamo a denunciarlo quando, per esempio, vediamo l'impoverimento di settori importanti, in conseguenza dello sviluppo squilibrato e settoriale che caratterizza il nostro Paese. Questa espansione monoculturale è avvenuta sfruttando i cicli di produzione e di consumo di beni, in un clima di grande esasperazione consumistica che ci ha progressivamente portato a quella situazione di crisi che, sfociata nel 1973, ha fermato il meccanismo di sviluppo del nostro Paese. Quel tipo di sviluppo ha determinato concentrazione di attività e di risorse a Torino, accentuando gli squilibri territoriali regionali e nazionali; ha portato immigrazione, con tutti i problemi sociali che ne sono derivati. Lo sviluppo della Fiat è avvenuto attraverso forti concentrazioni produttive, in stabilimenti giganteschi, con concentrazioni operaie elevate, determinando quello che oggi appare a tutti e risulta anche dalla relazione Prodi, come elemento strutturale di inefficienza, di irrazionalità. Ma determinando anche una difficile condizione sindacale che misuriamo oggi con deviazioni di atteggiamenti; ha determinato difficoltà di carattere sociale.
Tutto questo sviluppo è avvenuto sulla base dello sfruttamento estensivo della manodopera. Gli anni '50 sono caratterizzati più che dallo sviluppo tecnologico, da un assorbimento estensivo di manodopera: questo è lo sviluppo vallettiano del dopoguerra.
Dall'altro lato abbiamo la situazione del sud, l'accentuazione degli squilibri rispetto al nord; un esodo forzato, di enorme dimensione, come mai il nostro Paese aveva visto, con l'abbandono di risorse e situazioni di difficoltà crescente nel sud. La disparità relativa nelle condizioni di vita può trovare l'indice più evidente nel Comune di Napoli, con l'alto numero degli iscritti nelle liste di collocamento, con una situazione sociale disastrosa.
Mentre mi sembra fondamentale e giusto che si crei una coscienza nazionale rispetto ai problemi della miseria e della fame nel mondo, non possiamo dimenticare le situazioni del Mezzogiorno d'Italia, che seppur possono essere meno esasperate e tese che in altre parti del mondo, sono tuttavia di gravità tale da richiedere indilazionabile attenzione.
Ho voluto richiamare questo passato, che abbiamo vissuto dal vivo perché mi sembra indispensabile per capire le posizioni politiche di ciascuno di noi rispetto alle questioni che la Fiat pone a Torino e alla società italiana: è in quella situazione che la Fiat è divenuta l'industria fondamentale nell'economia italiana.
Ci troviamo ora in una situazione di incertezza dovuta alla crisi dell'auto. Certo, deriva da fattori che stanno al di fuori della realtà produttiva Fiat. La crisi generale, che segna questo periodo storico e investe il mondo intero, ha come punti centrali i problemi della fame e dell'energia, che sono stati fatti emergere dai movimenti di liberazione delle lotte per la redistribuzione delle risorse, dall'esigenza di modifiche ai modelli di consumo. Tuttavia, la crisi Fiat trova nella conduzione aziendale una responsabilità precisa e specifica. La Fiat ha perso più di ogni altro produttore di automobili, nell'Europa e nel mondo.
Nonostante che il suo sviluppo sia avvenuto a spese di quelle condizioni sociali ed economiche di cui ho succintamente detto, oggi la Fiat si trova più di altre industrie dell'auto in situazione di crisi. Le ragioni sono evidenziate anche dalla relazione Prodi: esse non sono imputabili al costo del lavoro, che è il più basso rispetto ad ogni altra industria dell'auto sono responsabilità relative alla direzione Fiat, con conseguenze sul piano dell'organizzazione produttiva e tecnologica.
Oggi le varie forze politiche si trovano nella condizione di dover prendere delle decisioni, avendo, alle spalle, lo spettro rappresentato da quel tipo di sviluppo, con le conseguenze che ha determinato, e avendo di fronte la situazione nuova rappresentata dalla crisi dell'auto e un futuro aziendale incerto poiché sono chiari i segni di perdita di mercato della Fiat, sia a livello mondiale che italiano: preoccupante perché sono venute meno quelle basi strutturali, di competitività e di operatività, in un settore industriale che, per la nostra nazione, è il solo che ha consentito significative possibilità di conquista di mercati esteri.
Trovarci tra questi due spettri impone di cambiare gli atteggiamenti assumere diversi metri di riferimento. Questo lo abbiamo fatto. Non si tratta oggi di polemizzare sul passato. Proprio sulla questione Fiat la nostra parte avrebbe molti motivi per poter dire "l'avevamo detto". Ma non è questa la questione. Sono apparse del tutto stonate quelle piccole polemiche che sotto questo profilo sono sorte.
Dobbiamo invece partire dalla coscienza che ci si trova in una situazione difficile, che segna una modificazione sostanziale della situazione dell'industria dell'auto rispetto al l'economia italiana e alla collocazione internazionale. E' un momento che richiede estrema responsabilità e chiarezza di atteggiamenti: le polemiche non servono. La chiarezza di atteggiamenti da noi viene espressa nel rispetto di alcune finalità che ci siamo posti. Intanto la difesa dell'occupazione al nord: non pensiamo che questo debba avvenire in virtù della sola Fiat, ma, in primo luogo, per impegno dell'intero sistema industriale della nostra area inoltre, per impegno del terziario, tenuto conto che Torino ha un problema di qualificazione in questo settore. L'incremento di occupazione in questo settore può consentire di equilibrare le diverse dinamiche fra settore industriale e settore terziario.
L'altra finalità che ci si pone, non nuova rispetto ai problemi economici e alla condizione ambientale, è la razionalità degli impianti e dell'organizzazione produttiva. E' una razionalità che deve essere conseguita all'interno dei singoli stabilimenti, dei singoli cicli produttivi, ma che deve essere conseguita complessivamente nell'ambito dell'intera struttura produttiva Fiat, quindi al nord e al sud.
Consigliere Bianchi, contro ogni massimalismo lo siamo anche noi; in ogni momento, anche nel momento dei contratti o nel momento di apertura delle vertenze, nei confronti delle stesse posizioni assunte dalle organizzazioni sindacali. Ma, credo che non si possa non dire che una esigenza di razionalizzazione di tutta la struttura Fiat comporta che si riveda, al di là degli spostamenti quantitativi che sono necessari per lo sviluppo del sud, l'articolazione qualitativa delle parti di produzione tra nord e sud. Oggi i cicli produttivi sono divisi tra nord e sud in modo tale che le lavorazioni più qualificate, per il 90%, si svolgono nell'area torinese, mentre le lavorazioni di montaggio si svolgono in grande misura negli insediamenti del meridione. Non mi sembra che sia razionale produrre al nord i componenti e montarli al sud, con tutto ciò che questo comporta e, d'altra parte, dal punto di vista dello sviluppo del sud, questa non è una soluzione capace di mettere in moto dei dinamismi positivi.
La responsabilità e la chiarezza sono quindi necessarie da entrambe le parti. Non abbiamo mai negato che si debba affrontare il problema della difesa dell'occupazione e della razionalizzazione produttiva nell'area torinese. Razionalizzazione che vuol dire rinnovamento tecnologico.
Dobbiamo governare due variabili che possono essere contraddittorie rispetto all'esigenza di governo equilibrato dell'economia torinese e sviluppo del sud: non perde occupazione e rinnovo tecnologico, nell'area torinese, significa aumento di capacità produttiva.
E' una contraddizione indubbiamente difficile da superare; richiede una capacità di governo complessiva dei processi affinché non si determinino ulteriori stimoli a processi di squilibrio regionale e nazionale. Per questo bisogna mettere queste due variabili contraddittorie nel gioco di un bilancio più generale che investa anche il settore terziario che, per la nostra area, è un settore in cui è possibile aumentare gli occupati.
Oggi, nella situazione di crisi, il problema di una programmazione che tenga conto non solo delle variabili interne al settore dell'auto e al settore dell'industria, ma anche del terziario, è più che mai necessaria.
Ma, nella Fiat, abbiamo trovato un interlocutore non altrettanto chiaro, che forse più che reticente (non assumo atteggiamenti polemici) è incerto. In questi due anni e più di discussioni attorno agli insediamenti abbiamo avuto la sensazione di una incapacità di darsi dei programmi che ancorché essere definiti e rigidi, fondassero su orientamenti delineati con qualche certezza e stabilità. Ci siamo trovati spesso e di frequente in situazioni in cui i termini delle prospettive di sviluppo della Fiat venivano, se non radicalmente, sostanzialmente cambiati.
Ecco le ragioni dei tempi lunghi. Da questo interlocutore è venuta la richiesta di nuovi stabilimenti, destinati a varie attività, per una superficie coperta di 524 mila metri quadri: una superficie più grande di quella dello stabilimento Mirafiori, che occupa 16 mila addetti; quasi due volte la Fiat Rivalta che occupa 15 mila addetti. Non siamo neanche stati molto aiutati a capire i motivi di queste richieste dal momento che non ci sono stati indicati con chiarezza i termini oggettivi del processo di razionalizzazione, da cui derivano esigenze di nuove e maggiori superfici.
Di fronte allo spettro del passato, credo sia stato giusto chiedere fondatamente ragione di quanto richiesto. La discussione che si è aperta qui, da un lato, ci ha accusato di non aver risposto con tempestività dall'altro, ci ha accusato di non aver imposto alla Fiat il decentramento regionale delle attività.
Sono due obiettivi nettamente contraddittori. Appunto, in questa contraddizione anche noi ci siamo trovati, e non siamo stati aiutati ad uscirne. A tutt'oggi non abbiamo informazioni convincenti, che motivino una richiesta di superficie coperta di quell'entità. Per qualsiasi altro Comprensorio sarebbe una superficie fuori scala di misura.
A risultati positivi si è tuttavia giunti per aver imposto alla Fiat di rispondere, sia pur in modo non compiuto, all'amministrazione pubblica.
E' in questa situazione che dobbiamo assumere le nostre responsabilità: di fronte alle reticenze e ai ritardi Fiat riteniamo di dover far noi dei passi avanti. Il documento che è stato presentato nel mese di marzo in Commissione, la relazione di stamane dell'Assessore Simonelli, debbono essere assunte come atti responsabili, che la Giunta regionale propone di compiere nonostante i ritardi della Fiat nell'informare e nel fornire dati ritardi che i colleghi hanno potuto toccare con mano in Commissione. Se qualcuno ha potuto pensare di poter strappare qualche decisione alla singola Amministrazione comunale, o all'Amministrazione regionale attraverso la semplice discussione verbale con qualche Assessore o qualche Sindaco e attraverso un'azione di logoramento, ebbene, non c'è riuscito oggi decidiamo, in sede istituzionale autorevole, avendo come riferimento il quadro complessivo e interrelato delle richieste Fiat.
Nonostante la situazione in cui ci ha posto la Fiat oggi, diamo dimostrazione di un atteggiamento aperto; lo stesso atteggiamento aperto che abbiamo assunto nel passato nei confronti degli uffici direzionali Fiat, problema, anzi, che è stato sollecitato da noi e non dalla Fiat. E' lo stesso atteggiamento aperto che abbiamo assunto quando abbiamo chiesto alla Fiat di localizzarsi in sostituzione della Matec di Condove e di ampliare in quella sede, anziché ad Avigliana, le fonderie. E in quelle occasioni abbiamo ottenuto un successo in quanto a Condove ora c'è la Fiat e gli uffici direzionali andranno a S. Paolo e all'Areonautica.
Oggi, con questo documento; che credo sarà confortato da un ordine del giorno del Comprensorio, noi indichiamo un'ulteriore linea metodologica e di comportamento per interloquire con la Fiat. Chiediamo alla Fiat di partecipare attivamente e non in modo reticente. Ma non ci fermiamo soltanto ad una indicazione metodologica che, stante gli antefatti potrebbe tuttavia essere un atteggiamento giustificabile: indichiamo anche gli obiettivi e gli sbocchi operativi.
Intanto diciamo che per le richieste di ampliamenti o di nuovi insediamenti di limitata entità, nonostante che anche questi complessivamente ammontino ad alcune decine di migliaia di metri quadri e che nel complesso, potenzialmente, potrebbero essere la base di una ristrutturazione con dinamismi tali da essere in contrasto con lo sviluppo equilibrato, proponiamo responsabilmente di procedere.
Sulle altre richieste che invece hanno una consistenza maggiore e pertanto possono incidere in modo espansivo su tutta la struttura Fiat torinese (è questo il caso della Sepa, di per sé accettabile e accoglibile se non costituisce un'alternativa ai potenziamenti di Grottaminarda e se attraverso il suo spostamento da Stura ad Orbassano, non si determinano ulteriori sviluppi complessivi nell'area torinese) noi diciamo un sì condizionato.
Diciamo sì all'insediamento della Sepa e al nuovo insediamento delle officine sperimentali ad Orbassano (che certo così come sono sistemate a Mirafiori sono irrazionali, non consentono efficienza, produttività e qualità operativa a questo settore) e al trasferimento da Mirafiori del centro per le spedizioni. La loro nuova collocazione non può essere a Vercelli o a Mondovì essendo esse strettamente integrate alla struttura produttiva torinese. Chiediamo però di sapere prioritariamente che cosa avviene nelle aree che vengono a liberarsi nello stabilimento di Mirafiori e di Stura, ove potrebbero avvenire dei processi espansivi di cui l'Ente pubblico non è al corrente. Si tratta di colmare un vuoto di informazione.
Sarebbe già un atto responsabile, di fronte alla reticenza della Fiat quello di definire in Consiglio una chiara linea di metodo che imponga di informarci, ma non ci fermiamo qui e indichiamo già anche obiettivi e sbocchi.
Ripeto, la finalità è quella del mantenimento dell'occupazione a Torino e quella del riequilibrio regionale: sull'impegno Fiat in questa direzione non abbiamo avuto risposte specifiche, pur avendo posto alla Fiat il problema di una sua partecipazione a questa politica. Certo, non può essere un riferimento esclusivo: chiediamo a tutto il settore industriale torinese di partecipare, in particolare alla media industria che, per la sua dimensione, è più congruente alle domande di occupazione negli altri Comprensori.
Al di là di un'indicazione di principio, espressa dalla Fiat da parte del suo Presidente in un incontro e in un documento consegnato, ora agli atti della Commissione, non abbiamo mai ottenuto nessuna indicazione specifica, concreta, di impegno Fiat nei confronti della politica di riequilibrio regionale.
Inoltre, il processo di ristrutturazione e di razionalizzazione, che può essere, come dice Bianchi, addirittura limitato, non può non comprendere, oltre agli investimenti e agli impegni nell'area torinese impegni perché si razionalizzino le produzioni e si completino i cicli produttivi nel sud. Il sud, peraltro, come dice la stessa direzione Fiat non presenta aree di improduttività, anzi alcuni stabilimenti presentano una produttività più elevata, in ragione della maggiore articolazione e minore dimensione di stabilimento e non ci sono quindi motivi per non investire anche nel sud.
Si deve ora fare in fretta, con atteggiamenti responsabili dalle due parti, affinché nel risolvere i problemi posti dalla Fiat non si ripetano gli errori di natura sociale, urbanistica e organizzativa commessi nel passato.
Diciamo sì alle piccole dimensioni; per gli altri insediamenti un si lo si legge chiaramente nel documento, subordinato però all'assunzione di impegni formali. Non credo che possa essere accettato un rapporto di interlocuzione tra un Ente pubblico e un'organizzazione come la Fiat senza degli impegni formali sugli obiettivi e gli sbocchi delle trasformazioni promosse. Diciamo sì anche ad Avigliana, nell'ambito di questa logica anche se continua a non convincerci del tutto la scelta territoriale di un magazzino presse ad Avigliana a servizio di stabilimenti Fiat dislocati altrove. Diciamo sì a Chivasso per tutte quelle parti per cui c'è stata chiarezza di impostazione e di sbocchi. Sulle altre richieste di espansione a Chivasso per cui non abbiamo questa chiarezza non possiamo dire sì. Le preoccupazioni sono molte, perché Chivasso non lavora più solo per le produzioni ex Lancia, ma a servizio di vari altri stabilimenti dell'area torinese: è quindi necessario verificare in questo quadro le espansioni richieste a Chivasso. Se si realizzeranno con le finalità di razionalizzazione, nei limiti di una politica che mantiene l'occupazione nell'area piemontese, ma non la incrementa, anche qui si potrà accedere all'accoglimento.
Farò alcune considerazioni sulla Mandria. Credo sia responsabile e coerente con le normative assunte con legge regionale confermare un atteggiamento di difesa di tutto il complesso della Mandria. Abbiamo fatto delle proposte alternative che, per esempio, riguardano il Comprensorio di Casale, dal quale è pervenuta una sollecitazione a richiedere trasferimento di attività di questo genere, od anche la Vauda di Lombardore e la zona della Baraggia. Penso che non si possa accettare l'ampliamento delle piste (che nel progetto iniziale, due anni fa, comportava una spesa di 20 miliardi e che oggi, si dice, pur ridotto, rimanga comunque di 10/12 miliardi) che estenderebbe e aggraverebbe una situazione già fortemente compromessa e fortemente degradata. La situazione è tale che non solo sarebbero difficilmente recepiti da quell'area i nuovi investimenti (tanto che sono necessari dei sovrappassi per poter comporre la rete viaria) ma non sarebbe aperta ad ulteriori adattamenti che in futuro si dovessero determinare. Il necessario processo di razionalizzazione del settore dell'auto implica anche questa prospettiva.
Alla Mandria si possono consentire solo interventi di razionalizzazione dell'attuale pista. Intanto, va individuata una diversa localizzazione dove si possa realizzare un impianto nuovo e predisporre il trasferimento in futuro dell'attuale pista della Mandria.
Di fronte a questa linea operativa, che può portare a sbocchi definitivi, si può dire che è fallita la politica di programmazione della Regione? Che è stata una velleità quella di confrontarsi con gli organismi imprenditoriali per determinare concordemente linee di sviluppo che possono risolvere i problemi dell'azienda e contemporaneamente quelli della società? A me pare di no. A me pare che oggi, come non mai, si debba cogliere come esempio positivo, questo lavoro di programmazione. Quindi sotto questo profilo non credo accettabile il giudizio di Cardinali di sconfitta della nostra politica di programmazione: al contrario, è l'affermazione di un ruolo nella programmazione dell'Ente Regione, attraverso il quale si sono responsabilmente e realisticamente assunti i problemi di ristrutturazione e di razionalizzazione degli impianti produttivi della Fiat nell'area torinese, che non possono essere enucleati da essa.



PRESIDENTE

La parola ancora all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione

Avevo chiesto la parola, ma rinuncio (è l'unico modo per essere applaudito, anche dall'opposizione!).



PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno conclusivo firmato dai Consiglieri Bontempi, Simonelli e Rossotto.
La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Il nostro Gruppo si asterrà per motivazioni che non credo possano apparire contraddittorie se spiegate. Si astiene perché ci sono aspetti deliberativi in positivo che sono approvati. Ci sono degli aspetti di gestione, anche in ordine a queste conclusioni positive che sono state motivo di critica, che le risposte, pur esaurienti, pur elaborate, non hanno totalmente eliminato in ordine alle possibilità di interventi riequilibratori nel tempo e a tempo debito a livello regionale. Ci sono delle riserve critiche in ordine all'approdo conclusivo con una serie di atteggiamenti che sono ancora perplessi ed interlocutori.
Infine, a giustificare e a motivare l'astensione c'è l'aspetto costruttivo dello stimolo a comporre tempestivamente, per questa e per l'altra Giunta che succederà, l'interesse generale pubblico a tutela dei complessi valori che abbiamo enunciato nei diversi interventi e all'adempimento del dovere - responsabilità di dare in tempi di emergenza risposte probanti - si, no - alla comunità che ce li richiede.



PRESIDENTE

E' iscritta a parlare la signora Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

La critica che il nostro partito ha rivolto al documento era soprattutto una critica all'impostazione generale. Già avevamo dichiarato il nostro assenso al documento, tuttavia, le riserve che rimangono sull'impostazione generale e sul non definito e sul non gestito sino in fondo, fanno sì che noi daremo voto di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Per conto mio esprimerò voto di astensione e non ripeto le motivazioni di metodo e di contenuto, espresse dai colleghi che mi hanno preceduto.
Ringrazio gli Assessori che sono intervenuti in una fase che potremo dire di replica, per l'impegno messo e per l'attenzione rivolta agli interventi dell'opposizione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vera.



VERA Fernando

Per le ragioni esposte dal Consigliere Cardinali in precedenza, il nostro voto sarà di astensione.



PRESIDENTE

Non vi sono altre richieste di parola. Prima di porre in votazione l'ordine del giorno ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte udita la relazione della Giunta contenuta nel documento allegato approva gli indirizzi e le proposte in essa formulate e dà mandato alla Giunta stessa di procedere tempestivamente agli adempimenti previsti".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 23 voti favorevoli e 15 astensioni.


Argomento: Unita' locali dei servizi sociali ed assistenziali e dei servizi sanitari

Esame proposta di deliberazione: "Statuto del Consorzio per i servizi sanitari e socio-assistenziali dell'Unità Locale dei Servizi n. 37 (Lanzo)"


PRESIDENTE

Vi do lettura della proposta di deliberazione: "Statuto del Consorzio per i servizi sanitari e socio-assistenziali dell'Unità Locale dei Servizi n. 37 (Lanzo)": "Il Consiglio regionale udita la relazione della V Commissione in ordine allo Statuto del Consorzio per i servizi sanitari e socio-assistenziali dell'Unità Locale dei Servizi n. 37 visto il D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 vista la legge 23 dicembre 1978, n. 833 vista la legge regionale 8 agosto 1977, n. 39 vista la legge regionale 9 luglio 1976, n. 41 esprime parere favorevole ai sensi dell'articolo 6, secondo comma, della legge regionale 8 agosto 1977, n. 39, agli schemi di deliberazione predisposti dai Comuni appartenenti alla suddetta Unità Locale dei Servizi, facendo proprie le osservazioni espresse dalla V Commissione nel documento allegato; dà mandato al Presidente del Consiglio regionale di trasmetterlo al Presidente della Giunta per i successivi adempimenti previsti dalla citata legge".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 24 voti favorevoli e 13 astensioni.


Argomento: Comuni

Esame proposta di deliberazione: "Formazione terzo elenco Comuni esonerati dalla formazione del programma pluriennale di attuazione ai sensi dell'articolo 83 e 36 della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56"


PRESIDENTE

Possiamo procedere all'esame della deliberazione: "Formazione terzo elenco Comuni esonerati dalla formazione del programma pluriennale di attuazione ai sensi dell'articolo 83 e 36 della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56".
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale vista la deliberazione della Giunta regionale del 5 febbraio 1980, n.
179/26797 viste le considerazioni e precisazioni contenute nella premessa alla deliberazione sopra citata sentita la competente Commissione consiliare delibera 1) l'approvazione del terzo elenco dei Comuni esonerati dall'obbligo di formazione del programma pluriennale di attuazione, qui di seguito riportati al punto 6) 2) l'approvazione degli allegati A) e B) che formano parte integrante della presente delibera 3) di dare atto che i Comuni della Regione Piemonte esonerati dall'obbligo di formazione del programma di attuazione sono quelli elencati nel punto 1) della presente delibera e nelle delibere 284 - CR 1958 del 10 marzo 1978 e 359 - CR 6643 del 4 ottobre 1979 del Consiglio regionale 4) che l'esenzione dall'obbligo di formare il programma pluriennale di attuazione per i Comuni compresi nei tre elenchi viene comunque a mancare qualora sopravvengano le condizioni dettate dall'articolo 36 della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 e indicate alle lettere C, D, F, H e cioè: formazione volontaria od obbligatoria, da parte del Comune di un piano regolatore intercomunale (articolo 16, sesto comma, legge regionale 56 del 1977); inserimento del Comune negli elenchi da formare ai sensi dell'articolo 82 del D.P.R. 616/1977 (Comuni caratterizzati da territorio con interessi paesaggistici e ambientali); obbligo, per il Comune, alla formazione di un piano di zona consortile ai sensi dell'articolo 41, quarto comma, della legge regionale n. 56/1977; obbligo, previsto dai piani territoriali, per il Comune, di formazione del programma pluriennale di attuazione 5) che, con la delibera di Giunta di approvazione del piano regolatore generale comunale o intercomunale, verrà dichiarata l'esistenza di tali condizioni e la conseguente cessazione dall'esenzione della formazione del programma pluriennale di attuazione 6) l'esenzione, in conformità a quanto sopra detto, dall'obbligo di formazione del programma pluriennale di attuazione dei seguenti 317 Comuni costituenti il terzo elenco di Comuni esonerati: Comprensorio di Torino Brozolo, Ciconio, Cinzano, Frassinetto, Ingria, Isolabella, Levone Marentino, Mombello di Torino, Montaldo Torinese, Monteu da Po, Moriondo Torinese, Osasio, Pancalieri, Prascorsano, Ribordone, Rocca Canavese, Ronco Canavese, San Ponso, San Sebastiano Po, Lamporo, Cerreto d'Asti, Moncucco Torinese, Passerano Marmorito, Pino d'Asti.
Comprensorio di Ivrea Alice Superiore, Bollengo, Brosso, Caravino, Castelnuovo Nigra Chiesanuova, Colleretto Castelnuovo, Colleretto Giacosa, Cossano Canavese Cuceglio, Issiglio, Meugliano, Nomaglio, Orio Canavese, Palazzo Canavese Parella, Quincinetto, Salerano Canavese, Trausella, Traversella, Vialfrè Vico Canavese, Vistrorio.
Comprensorio di Pinerolo Garzigliana, Macello, Prarostino, Rorà, Salza di Pinerolo, Scalenghe.
Comprensorio di Vercelli Arborio, Caresana, Casanova Elvo, Cascine S. Giacomo, Collobiano Costanzana, Crova, Ghislarengo, Greggio, Lenta, Lignana, Moncrivello, Motta dei Conti, Olcenengo, Oldenico, Pertengo, Pezzana, Rive, Rovasenda Salasco, Stroppiana, Tricerro.
Comprensorio di Biella Bioglio, Casapinta, Mezzana Mortigliengo, Netro, Pistolesa, Roppolo Rosazza, Valle S. Nicolao, Villa del Bosco, Villanova Biellese, Zimone Zubiena.
Comprensorio di Borgosesia Ailoche, Balmuccia, Breia, Carcoforo, Lozzolo, Postua, Rassa, Ribella Rossa, Vocca, Sizzano.
Comprensorio di Novara Barengo, Briona, Casalbeltrame, Castellazzo Novarese, Cavaglietto Landiona, Maggiora, Mezzomerico, Nibbiola, Recetto, San Nazzaro Sesia Sillavengo, Vicolungo.
Comprensorio di Verbania Aurano, Calasca Castiglione, Cavaglio Spoccia, Cursolo Orasso Falmenta, Germagno, Gurro, Loreglia, Masera, Montecrestese, Montescheno Valstrona.
Comprensorio di Cuneo Cartignano, Celle di Macra, Gaiola, Marmora, Macra, Montanera Montemale di Cuneo, Pietraporzio, Rittana, Roaschio, Stroppo. Comprensorio di Saluzzo - Savigliano - Fossano Brondello, Castellar, Cavallerleone, Envie, Faule, Gambasca, Isasca Lagnasco, Martiniana Po, Melle, Murello, Ostana, Pagno, Rifreddo, Ruffia Salmour, Sanfront, Torre S. Giorgio, Trinità, Villanova Solaro Vottignasco.
Comprensorio di Alba - Bra Arguello, Bergolo, Borgomale, Bosia, Castellinaldo, Castiglione Falletto, Diano d'Alba, Gorzegno, Levice, Montaldo Roero, Montelupo Albese Monticello d'Alba, Neviglie, Perletto, Priocca, Roddino, San Benedetto Belbo, Serralunga d'Alba, Serravalle Langhe, Torre Bormida, Trezzo Tinella Verduno, Vezza d'Alba.
Comprensorio di Mondovì Alto, Bonvicino, Briaglia, Camerana, Caprauna, Castellino Tanaro Castelnuovo di Ceva, Cigliè, Gottasecca, Igliano, Lequio Tanaro Mombarcaro, Monastero di Vasco, Monasterolo Casotto, Montezemolo, Paroldo Priero, Priola, Prunetto, Roascio, Rocca Cigliè, Saliceto, Scagnello Somano, Torresina.
Comprensorio di Asti Andignano, Belveglio, Bruno, Calliano, Calosso, Camerano Casasco Capriglio, Casorzo, Castellero, Castello di Annone, Castel Rocchero, Celle Enomondo, Cerro Tanaro, Cinaglio, Cisterna d'Asti, Coazzolo, Colcavagno Corsione, Cortandone, Cortanze, Cossombrato, Cunico, Dusino S. Michele Ferrere, Grana, Loazzolo, Maretto, Moasca, Mongardino, Montafia Montegrosso d'Asti, Montemagno, Montiglio, Moransengo, Olmo Gentile Penango, Piovà Massaia, Revigliasco d'Asti, Roatto, Rocca d'Arazzo Roccaverano, Rocchetta Palafea, Rocchetta Tanaro, San Marzano Oliveto Scandeluzza, Scurzolengo, Serole, Settime, Soglio, Tigliole, Tonco Tonengo, Vaglio Serra, Villa S. Secondo, Vinchio.
Comprensorio di Alessandria Alice Bel Colle, Alzano Scrivia, Avolasca, Basaluzzo, Bergamasco Berzano di Tortona, Borgoratto Alessandrino, Bosco Marengo, Carezzano Casalnoceto, Castellania, Castelletto d'Erro, Castelnuovo Bormida Castelspina, Cavatore, Cerreto Grue, Costa Vescovato, Denice, Frascaro Gamalero, Gavazzana, Gremiasco, Grondona, Lu Monferrato, Maranzana, Molino De' Torti, Momperone, Mongiardino Ligure, Montacuto, Montaldeo, Montaldo Bormida, Montecastello, Montechiaro d'Acqui, Morbello, Paderna, Ricaldone Roccaforte Ligure, Rocca Grimalda, S. Sebastiano Curone, S. Agata Fossili Villaromagnano, Volpeglino. Comprensorio di Casale Monferrato Alfiano Natta, Altavilla Monferrato, Balzola, Bozzole, Castelletto Merli, Conzano, Frassinello Monferrato, Frassinetto Po, Giarole Moncestino, Odalengo Piccolo, Olivola, Solonghello, Ticineto, Palazzolo Vercellese, Villamiroglio.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'articolo 65 dello Statuto".
Chi è favorevole alzi la mano.
E' approvata con 24 voti favorevoli e 13 astensioni.


Argomento: Musei

Regolamento del Museo regionale di scienze naturali


PRESIDENTE

Vi è stato consegnato il Regolamento del Museo regionale di scienze naturali. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Commercio ambulante

Esame proposta di deliberazione: "Direttive per il rilascio delle autorizzazioni al commercio ambulante valide fino al 31 dicembre 1980"


PRESIDENTE

Il Consigliere Rossi, Vicepresidente della IV Commissione, propone di esaminare, ed il Consiglio concorda, la seguente proposta di deliberazione: "Direttive per il rilascio delle autorizzazioni al commercio ambulante valide fino al 31 dicembre 1980". Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale delibera di adottare le direttive generali per il rilascio delle autorizzazioni al commercio ambulante - valevoli fino al 31 dicembre 1980 - contenute nell'allegato A) che costituisce parte integrante e sostanziale del presente atto".
Chi approva è pregato di alzare la mano. La deliberazione è approvata all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Rivendite giornali e riviste

Esame proposta di deliberazione: "D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 52 54. Determinazioni in materia di edicole di giornali e riviste"


PRESIDENTE

Sempre il Consigliere Rossi propone di esaminare la deliberazione: "D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 52, 54. Determinazioni in materia di edicole di giornali e riviste". Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale visti gli artt. 52 e 54 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 viste le proprie deliberazioni n. 252 - CR 9353 in data 22 dicembre 1977 e n. 504 - CR 7198 in data 31 ottobre 1979 vista la proposta della Giunta regionale in data 15 aprile 1980 delibera 1) in deroga alla deliberazione n. 252 - CR 9353 del 22 dicembre 1977 i Comuni indicati nell'allegato della presente deliberazione potranno rilasciare, ai sensi dell'art. 54 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nuove autorizzazioni per la rivendita di giornali e riviste nel numero massimo indicato a fianco.
2) Ai fini del rilascio delle autorizzazioni nei limiti fissati al punto 1), i Comuni sulla base delle indicazioni delle organizzazioni degli editori e dei rivenditori contenute nell'allegato della presente deliberazione, individuano le ubicazioni ove è necessario attivare nuove rivendite di giornali e riviste, tenuto conto della compatibilità con le norme urbanistiche vigenti e, ove occorre, con le norme relative all'occupazione del suolo pubblico.
3) L'autorizzazione è personale ed è rilasciata dietro presentazione di regolare domanda e previo accertamento del possesso da parte del richiedente dei requisiti morali prescritti dall'art. 7 della legge 11 giugno 1971, n. 426. Circa l'attitudine professionale del richiedente, il Comune chiede il parere delle organizzazioni degli editori e dei rivenditori.
4) In caso di più domande concorrenti per la stessa ubicazione i Comuni si atterranno alle seguenti priorità: a) esclusività della rivendita nel caso sussistano le condizioni diffusionali di sufficiente redditività b) trasferimento di una rivendita già esistente, solo nel caso di esigenze connesse all'uso del suolo pubblico o di insufficiente redditività, purché non si determini una carenza nella zona interessata c) affinità della licenza commerciale per le rivendite promiscue (secondo quanto indicato dalla tabella di cui al D.M. 28 aprile 1976) d) rivendita in pubblico esercizio.
A parità di condizioni, saranno prese in considerazione le caratteristiche professionali (attività precedentemente svolta) e le necessità occupazionali del richiedente e, in ultima istanza, l'ordine cronologico di presentazione delle domande.
5) Nel caso in cui una o più delle ubicazioni individuate come descritto al punto 2) vengano coperte mediante trasferimento di rivendite già esistenti, potranno essere rilasciate altre autorizzazioni in numero corrispondente ai trasferimenti avvenuti, previa individuazione delle relative ubicazioni secondo la procedura indicata al punto 2).
6) Ai fini di un successivo sviluppo della rete distributiva dei giornali e riviste, e fino all'entrata in vigore di una regolamentazione nazionale della materia, i Comuni potranno indicare alla Regione eventuali necessità diffusionali, che saranno valutate nell'ambito di successivi provvedimenti regionali. Analoga possibilità di indicazione alla Regione è riconosciuta alle organizzazioni degli editori e dei rivenditori.
7) Per quanto riguarda la rete di vendita attualmente operante secondo gli accordi tra gli editori e i rivenditori, la sua regolarizzazione amministrativa ai sensi dell'art. 54 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 sarà effettuata secondo le modalità e i tempi previsti dalla futura regolamentazione nazionale della materia.
L'allegato alla presente deliberazione forma parte integrante di essa.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità.


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

Possiamo ancora effettuare alcune nomine. Iniziamo con la nomina di un rappresentante della Regione Piemonte nel Consiglio di amministrazione della SAGAT, nominativo proposto è quello del signor Ottaviano Battistella.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: Presenti e votanti n. 28 hanno riportato voti: BATTISTELLA Ottaviano n. 24 VERA n. 2 Schede bianche n. 5 Proclamo eletto il signor Ottaviano Battistella rappresentante della Regione Piemonte nel Consiglio di amministrazione della SAGAT.
Nomina di tre rappresentanti, sentito il parere del Comitato comprensoriale di Cuneo, nel Consiglio direttivo della riserva naturale del Bosco e dei Laghi di Palanfrè. I nominativi proposti sono: Giuseppe Landra Carlo Benatti e Giovanni Mellano.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: Presenti e votanti n. 29 hanno riportato voti: LANDRA Giuseppe n. 24 BENATTI Carlo n. 23 MELLANO Giovanni n. 21 Schede bianche n. 5 I signori Giuseppe Landra, Carlo Benatti e Giovanni Mellano sono eletti rappresentanti della Regione Piemonte nel Consiglio direttivo della riserva naturale del Bosco e dei Laghi di Palanfrè.
Infine procediamo alla nomina di due rappresentanti nel Consiglio direttivo del Museo dell'agricoltura del Piemonte. I nominativi proposti sono quelli dei signori Bruno Giau e Guido Sertorio.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: Presenti e votanti n. 30 hanno riportato voti: GIAU Bruno n. 26 SERTORIO Guido n. 25 Schede bianche n. 4 I signori Bruno Giau e Guido Sertorio sono eletti nel Consiglio direttivo del Museo dell'agricoltura del Piemonte.


Argomento:

Nomine

Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Convoco i Capigruppo per stabilire l'ordine dei lavori.



(La seduta, sospesa alle ore 19,45, riprende alle ore 20)



PRESIDENTE

La conferenza dei Capigruppo ha deciso di sospendere i lavori a questo punto e di convocare il Consiglio regionale per i giorni 22 e 23 aprile p.v.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20,05)



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