Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.310 del 13/02/80 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
"Approvazione verbali precedenti sedute". Poiché non vi sono osservazioni, i verbali relativi alle adunanze consiliari del 22-23 e 31/1 si intendono approvati.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute

Argomento:

Risposta scritta ad interrogazione


PRESIDENTE

All'interrogazione del Consigliere Raschio, inerente al drenaggio del fiume Tanaro, essendo assente l'Assessore Bajardi, verrà data risposta scritta.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazione

Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri Enrietti, Franzi, Majorino e Minucci.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: n. 497: "Interventi a favore del turismo sociale", presentato dalla Giunta regionale in data 31 gennaio 1980 n. 498: "Norme transitorie per la collaudazione delle opere e lavori pubblici di interesse regionale", presentato dalla Giunta regionale in data 31 gennaio 1980 n. 499: "Modifica agli artt. 3, 5 e 22 della legge regionale n. 1 del 2/1/1980 'Interventi finanziari della Regione nel settore del trasporto pubblico di persone' ", presentato dalla Giunta regionale in data 31 gennaio 1980 n. 500: "Interventi per il turismo alpino e speleologico", presentato dalla Giunta regionale in data 1° febbraio 1980 n. 501: "Stemma della Regione Piemonte", presentato dal Consigliere Sanlorenzo in data 5 febbraio 1980 n. 502: "Modificazione ed integrazione della procedura di controllo sugli atti delle Comunità montane stabilita con la legge regionale 11/8/1973 n.
17", presentata dai Comuni di Bellino, Isasca, Rossana, Casteldelfino e Brossasco in data 14 novembre 1979, dichiarata ricevibile ed ammissibile dall'Ufficio di Presidenza in data 6 febbraio 1980 n. 503: "Ordinamento e pianta organica del personale dei parchi e delle riserve naturali", presentato dalla Giunta regionale in data 6 febbraio 1980 n. 504: "Erogazione di contributi ai dipendenti regionali per l'uso di mezzi pubblici di trasporto nell'accesso ai posti di lavoro", presentato dalla Giunta regionale in data 6 febbraio 1980 n. 505: "Istituzione del parco naturale di Rocchetta Tanaro", presentato dalla Giunta regionale in data 6 febbraio 1980.


Argomento: Incarichi e consulenze esterne

c) Invio, da parte della Giunta regionale, dell'elenco delle deliberazioni in materia di consulenze ed incarichi adottate nelle sedute del 20-31 gennaio u.s.


PRESIDENTE

Rendo inoltre noto che la Giunta regionale ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio regionale l'elenco delle deliberazioni in materia di consulenze ed incarichi adottate nelle sedute del 20-31 gennaio u.s., che verrà distribuito quanto prima ai signori Consiglieri.


Argomento: Comuni

d) Invio, da parte del Presidente del T.A.R., di copia dell'ordinanza trasmissione Corte Costituzionale relativa al ricorso della Società Immobiliare LEMIE contro il Comune di Torino


PRESIDENTE

Il Presidente del Tar ha inviato alla Presidenza del Consiglio regionale copia dell'ordinanza di trasmissione alla Corte Costituzionale relativa al ricorso della Società Immobiliare LEMIE contro il Comune di Torino.


Argomento: Commemorazioni

e) Commemorazione del Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Vittorio Bachelet, assassinato dalle brigate rosse


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, all'inizio di questa seduta il nostro pensiero va all'ultima vittima del terrorismo, a Vittorio Bachelet, al suo sacrificio alle modalità di una spietata uccisione.
Il terrorismo ha barbaramente ucciso anche nei locali di un'università colpendo un docente, un uomo mite che nella sua esistenza ha saputo solo partecipare agli altri l'amore, la tolleranza, il rispetto e la comprensione.
Ogni vita umana è sacra e deve essere inviolabile da altri uomini. Nel calpestare questi principi i terroristi, non certo a caso, scelgono le loro vittime. E così di volta in volta colpiscono i rappresentanti delle forze dell'ordine leali servitori dello Stato, i Magistrati occupati in delicati settori, l'impegnato Presidente di una Regione, il coraggioso operaio che non ha paura di testimoniare, il leader prestigioso del più grande partito italiano.
Con l'uccisione del Prof. Bachelet si è mirato al vertice ed al cuore dell'ordine giudiziario.
Il prof. Bachelet era infatti il Vice Presidente del massimo organo di autogoverno giudiziario, il Consiglio Superiore della Magistratura. Vice Presidente, ma si sa di fatto Presidente essendo l'altissima funzione della Presidenza per disposto costituzionale affidata al Capo dello Stato.
Nel momento in cui il tema del terrorismo trova una sempre più ferma considerazione nell'ambito del Consiglio superiore si colpisce mortalmente colui che dopo il Capo dello Stato è la più alta espressione di tale Consiglio.
Gli eventi e gli impegni mi hanno portato più volte a contatto con Vittorio Bachelet, sia come esponente del laicato cattolico sia come Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.
So quali erano i principi che ispiravano la sua vita, la sua azione nei compiti sempre delicati a lui affidati. Vittorio Bachelet ha certo perdonato i suoi carnefici negli attimi stessi del suo sacrificio vincendo così subito la sfida coi vili aggressori.
Ed al nobile sentimento del perdono certo ci associamo anche noi: ma noi abbiamo anche il dovere di esecrare la barbarie e la violenza e di rinnovare l'impegno di lottare perché la mala pianta del terrorismo che turba le civili coscienze sia estirpata.
Quante volte, colleghi,tutti noi cui tocca di sottolineare questi tragici e purtroppo frequenti eventi abbiamo la sensazione di ripetere un rito che ci vede unanimi, ma rabbiosi e impotenti? Per vincere la sensazione del rito e dell'impotenza scaviamo con sincerità ogni volta innanzitutto in noi stessi, nei nostri più minuti comportamenti, nelle nostre azioni, anche in quelle più apparentemente insignificanti, affinch almeno per il futuro nulla sia in contrasto, nulla ci distolga dal nostro impegno di lottare contro chi turba la pacifica convivenza cui ogni popolo ha diritto di operare perché tanti uomini non siano falciati nel corso del loro operoso cammino.
Torino e il Piemonte ricordano oggi il sacrificio di Vittorio Bachelet: nell'Università ove è presente il Presidente Sanlorenzo, nei luoghi di lavoro, nelle aule giudiziarie.
La nostra assemblea, espressione della sovranità popolare piemontese si rende ancora una volta interprete dello sdegno e dei rinnovati propositi di impegno e di lotta della comunità regionale.



(Tutti i Consiglieri in piedi osservano un minuto di raccoglimento)



PRESIDENTE

Le comunicazioni del Presidente sono così esaurite.


Argomento: Formazione professionale

Esame progetto di legge n. 496 "Autorizzazione all'acquisto di un immobile da destinare a sede di Centro di formazione professionale della Regione"


PRESIDENTE

L'Assessore Fiorini chiede di inserire all'ordine del giorno l'esame del progetto di legge, votato all'unanimità dalla I Commissione e relativo all'acquisto di un immobile per il Centro professionale di Verzuolo.
E' una legge che può essere approvata senza una specifica relazione. Il Consigliere Martini che fa parte della Commissione conosce esattamente il problema: se vuole, può illustrare il progetto di legge sostituendo il relatore Rossotto, momentaneamente assente.
La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario, relatore

Ritengo di poter riassumere le motivazioni per cui si è arrivati a concordare l'acquisto di questa struttura.
La richiesta viene fatta dal Comune di Verzuolo il quale in un primo tempo si era dichiarato disponibile ad alienare alla Regione il vecchio palazzo comunale, pur di trovare una nuova sistemazione per il centro professionale.
La valutazione tecnica dei locali messi a disposizione ha suggerito di orientarsi verso soluzioni più moderne, perché il vecchio edificio del municipio non poteva dare garanzie di funzionalità. Sono stati reperiti alcuni capannoni per una superficie di circa 2000 metri quadrati. La valutazione fatta da parte di un tecnico della Regione dimostra che la richiesta dei proprietari è onesta e, in quanto tale, accettabile.
Sul merito dell'operazione è opportuno far rilevare che a Verzuolo non esiste soltanto il Centro di formazione professionale per l'industria, ma esiste anche l'Istituto professionale per l'agricoltura. Il Comune si trova in una zona cerniera tra il retroterra montano, che gravita sull'industria locale, e la pianura, che è una delle più progredite dal punto di vista agricolo. Queste condizioni fanno sì che si proponga all'attento esame della Giunta regionale la possibilità di giungere ad un incontro con l'Amministrazione provinciale di Cuneo perché le due attività parallele che vengono condotte da due amministrazioni diverse per la formazione professionale, nei settori industriale e agricolo, trovino un momento di coordinamento, essendo Verzuolo un centro importante per tutta la provincia di Cuneo, facilmente accessibile, in una zona capace di facilitare la programmazione degli Enti pubblici nel settore della formazione professionale.
La I Commissione ha espresso parere unanime per l'acquisto di questi capannoni.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ringrazio il prof. Martini delle opinioni che ha espresso e del voto favorevole.
Oltre a questi capannoni, che sono di una ditta che ha dovuto dismetterli per ragioni economiche, esistono i locali del vecchio Comune che verrebbero messi a disposizione per altre attività.
Propongo una riunione con l'Assessore Fiorini, l'Assessore Ferraris e le Commissioni consiliari III e V, per addivenire quanto prima a questo raccordo, che giustamente il Consigliere Martini auspica e al quale la Giunta accede.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolato: "Articolo 1 - E' autorizzato l'acquisto dell'immobile sito in Verzuolo Via Don Orione n. 37, di proprietà dei signori Peirano Giovanni e Peirano Roberto, da destinare a sede di attività regionali, al prezzo di L .
335.000.000. La Giunta regionale stabilirà, con propria deliberazione, le altre condizioni del contratto per l'acquisto dell'immobile di cui al precedente comma".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 34 hanno risposto SI n. 34 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
"Articolo 2 - All'onere di cui al precedente articolo, valutato in L.
335.000.000, si farà fronte con lo stanziamento del capitolo 1000 del bilancio per l'esercizio 1980".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 34 hanno risposto SI n. 34 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Si proceda alla votazione dell'intero testo del disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 35 hanno risposto SI n. 35 Consiglieri Il disegno di legge è approvato.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame progetti di legge n. 321, 459, 407 e 494, relativi a modifiche alla legge regionale n. 54 del 5/12/1977 "Tutela e uso del suolo".


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dei progetti di legge n. 321, 459, 407 e 494 relativi a modifiche alla legge regionale n. 56 del 5/12/1977 "Tutela e uso del suolo".
La parola al Consigliere signora Graglia Artico, relatore sui progetti di legge 321 e 459.



GRAGLIA Anna, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, il dibattito sul disegno di legge di modifica ed integrazione della legge regionale di tutela ed uso del suolo si colloca in un momento particolare, un momento "caldo" per l'urbanistica e per il problema della casa in specifico.
La sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittimi gli indennizzi di esproprio per pubblica utilità non ha infatti il chiaro sapore di voler ricacciare indietro il timido disegno riformatore, che in questi anni è andato affermandosi, di programmazione dell'economia? E' un caso che la politica della casa sia uno dei bersagli principali o non lo è anche perché proprio in questo settore gli interessi in gioco sono rilevanti e diffusi? Certo nel Paese è cresciuta sia nella coscienza della gente, sia a livello normativo-legislativo l'esigenza di intervenire per correggere, per voltare pagina, là dove si è verificato caos, speculazione, malgoverno del territorio.
Molte Regioni si sono mosse ed hanno avviato un processo nuovo ed interessante, così molti Enti locali.
Il Presidente della II Commissione, svolgendo la relazione alla legge n. 56 nel luglio del '77, richiamava opportunamente il documento di proposta delle linee politiche ed amministrative presentate al Consiglio per l'elezione della Giunta regionale, là ove affermava che "competenza primaria della Regione è l'esercizio ormai con pienezza di poteri di tutta l'attività di indirizzo, coordinamento, approvazione e controllo dell'uso del suolo-territorio, insediamenti, infrastrutture per garantire nelle varie fasi decisionali e gestionali una corretta utilizzazione e formazione del patrimonio insediativo e infrastrutturale che sia coerente con un razionale impiego ai fini sociali delle risorse e che, evitando al massimo gli sprechi, valga anche a contenere ogni spinta speculativa e ogni posizione di rendita". Su questi presupposti si basano i princìpi ispiratori della legge n. 56.
Essa rappresenta infatti, insieme alle altre leggi di piano, uno sforzo politico e legislativo per la formazione di strumenti idonei ad avviare una politica di programmazione nei processi di sviluppo socio-economico sapendo bene che l'assetto del territorio è la componente strategica più importante. E' infatti impossibile avviare una politica di piano in una Regione nella quale l'uso del suolo avveniva in uno stato di generale confusione. Da una parte, in una minoranza di Comuni, strumenti urbanistici vecchi, privi di obiettivi sociali, superdimensionati, inadeguati ad operare un qualsiasi controllo d'uso del suolo; per altro verso, nella maggioranza dei Comuni, l'inesistenza di qualsiasi strumento urbanistico mentre il consumo insensato del suolo sottratto ad attività produttive prioritarie determinava concentrazioni ed insediamenti in poche aree supersviluppate, ma carenti di servizi e, altra faccia della medaglia determinava il progressivo abbandono e il deterioramento dei tessuti sociali esistenti.
Occorreva allora una legge urbanistica in grado di segnare una svolta nella gestione e nell'uso del territorio, capace di valorizzare l'uso del patrimonio insediativo esistente, di completare lo stato delle infrastrutture, capace di avviare un riordino generale del sistema insediativo finalizzato ad un equilibrato e programmato processo di sviluppo.
Complessivamente crediamo che la legge n. 56 abbia risposto a questi requisiti. Certo, passare da un'azione permissiva, spontanea, episodica confusa e lassista ad una fase completamente diversa, di austerità urbanistica, capace di invertire le tendenze in atto, non è stato facile e non è facile.
Da più parti si è cercato di scaricare sulla 56 le gravi difficoltà del settore edile, comparto avanzato dalla crisi economica che il nostro Paese attraversa.
Il Presidente dell'ANCE all'assemblea nazionale dei costruttori edili rilevava che "il punto di maggior caduta a livello italiano si registra nella produzione edilizia residenziale" e richiamava i dati Istat secondo i quali "per il '78 la produzione residenziale ultimata è stata di poco più di 150.000 abitazioni. La progettazione ha subito, sempre nel '78, la riduzione netta di un terzo rispetto al '77 con 53 milioni di metri cubi in meno".
In Piemonte, sono sempre i costruttori che parlano, questa volta il Presidente dei costruttori piemontesi, "il calo della produzione residenziale sarebbe stato dal '77 al '78 del 44,7%, ed il calo maggiore ha riguardato il comparto delle costruzioni non sostenute da provvidenze pubbliche".
Sostanzialmente quindi in Piemonte si è registrato il flusso negativo che il settore ha avuto nel Paese. Il fatto che il calo più sensibile riguardi l'edilizia pone, semmai, in evidenza il problema delle risorse finanziarie.
Ancora il Presidente nazionale dell'Ance sottolinea che "La condizione generale per il successo di una valida politica della casa rimane comunque legato alla possibilità di riportare al settore i fondamentali flussi di risparmio che se ne sono progressivamente allontanati". Concordiamo anche noi con tale esigenza. Ma c'è stata una pressione psicologica sul risparmiatore perché giudicasse non conveniente investire in case d'abitazione. E non siamo stati certo noi ad esercitarla. Anzi riteniamo che l'investimento in alloggi è quello che rende di più a parità di condizioni. Sempre sulla rivista "Edilizia" apprendiamo che i costruttori "...Edilizia pubblica, edilizia di iniziativa privata, recupero dell' esistente, devono essere i tre poli che nelle rispettive e realistiche funzioni devono comporre una proficua politica per la casa". Anche questi tre obiettivi ci trovano concordi. Nel corso della consultazione sono stati evidenziati anche dalle Organizzazioni sindacali.
Non sono questi gli obiettivi che stanno alla base della legislazione piemontese? La risposta positiva ci conferma che la 56 è una buona legge, che porta gli Enti locali a protagonisti nella gestione della complessa politica urbanistica.
Con la legge 56 si è registrato un salto di qualità politico-culturale che ha coinvolto tutti i Comuni nella costruzione degli strumenti urbanistici e, sollecitando la partecipazione dei cittadini, ha fatto acquisire una più diffusa coscienza del valore della tutela del suolo quale bene comune, collettivo, non riproducibile.
Il semplice fatto che a questo momento tutti i 1209 Comuni piemontesi siano almeno dotati di perimetrazione, non è cosa da trascurare, tanto più se la assommiamo alle centinaia di nuovi strumenti urbanistici in avanzata fase di realizzazione o il cui processo è già stato ultimato.
Questi, crediamo, debbano essere i dati dai quali partire per valutare i contenuti del disegno di legge in discussione.
Esso risponde innanzitutto al bisogno di adeguamento della legge 56 alle leggi nazionali che sono state emanate nel corso di questi ultimi due anni: riforma sanitaria, norme generali per il recupero del patrimonio edilizio esistente, nuove competenze alle Regioni in materia di bellezze naturali. In secondo luogo proprio dall'esame attento di questi due anni di gestione della legge, raccogliendo i suggerimenti, le proposte emerse anche dalla comunità regionale, si propone l'introduzione di limitati aggiustamenti e modifiche che ne permettano un suo più funzionale uso. In terzo luogo si recepiscono alcune osservazioni del Commissario di Governo formulate in sede di approvazione della legge 56/77.
Si sono volute meglio sottolineare le norme di salvaguardia nell'utilizzo del suolo con apposita normativa per evitare insediamenti là dove esistono fenomeni di dissesto oppure l'alta fertilità del terreno ne consiglia l'uso a fini agricoli.
Sono richiamati con più evidenza gli obiettivi del riequilibrio territoriale attraverso lo snellimento delle procedure per il decentramento degli insediamenti produttivi dall'area metropolitana. Abbiamo teso a recepire l'istanza della Federazione degli industriali piemontesi che, non mettendo in discussione la legge, individuava però come parte specifica da normare l'edilizia industriale.
Sviluppo delle aree per l'edilizia economica e popolare sollecitando interventi non ghettizzanti, ma tendenti all'inserimento nelle aree urbane libere e al recupero dei centri storici. Non a caso il Piemonte è stata la Regione più sollecita nell'individuare le aree per il primo biennio di edilizia agevolata e sovvenzionata e vale la pena di dire che su un totale di 120 miliardi di finanziamento per l'edilizia agevolata del biennio approvati il 20 febbraio 1979, solo 1 miliardo ad oggi non è stato appaltato.
Modifiche e snellimento di procedure anche nella redazione dei programmi pluriennali di attuazione, quali strumenti amministrativi dei Comuni per la programmazione dell'attività e della spesa pubblica.
Il Piemonte è la regione che ha senz'altro il maggior numero di P.P.A.
deliberato dai Comuni, a tutt'oggi più di 250 già presentati all'esame del C.U.R., altri, numerosi, in formazione.
Precise modifiche accolgono le richieste dell'Uncem e dei Comuni montani rispetto alle fasce di Salvaguardia e alla formazione dei Piani regolatori intercomunali per sub-aree.
Non vogliamo aggiungere altre esemplificazioni, rispetto all'adeguamento alle leggi nazionali, alla fase transitoria, ecc., perch in specifico abbiamo suddiviso l'articolato in 5 gruppi con l'esplicitazione delle modifiche proposte.
A questo punto inutile sottolineare che i disegni di legge della Giunta regionale hanno impegnato, in una vasta consultazione, le istituzioni, gli Enti, i sindacati, le associazioni della nostra regione, sono stati attentamente valutati nella II Commissione e siamo convinti che le aspettative della comunità piemontese non saranno deluse dalle concrete proposte che essi oggi contengono.
Passiamo all'esame delle singole proposte per articolo raggruppate in 5 gruppi. La prima riguarda: Modifiche di adeguamento alla legge di riforma sanitaria 23.12.1978 n. 833.
L'istituzione del servizio sanitario nazionale e la conseguente costituzione dell'Unità locale dei servizi comporta per il nuovo organo compiti di consulenza e di partecipazione nel processo di pianificazione urbanistica.
Per non ripetere numeri e dati riprenderò soltanto gli articoli del disegno di legge. Sul testo scritto i colleghi potranno averne la modifica.
Con l'art. 6 della proposta di modifica, riferimento all'art. 15 della legge regionale 56/77, si dispone che l'Unità locale dei servizi competente per territorio, sia coinvolta nel processo di formazione del P.R.G., sia attraverso l'invio ad essa della delibera programmatica, sia con la messa a disposizione del progetto preliminare di piano.
Con l'art. 38 della proposta di modifica, riferito all'art. 76 della legge regionale 56/77 si stabilisce, altresì, che il Presidente del Comitato di gestione dell'Unità locale dei servizi, o suo delegato intervenga con diritto di voto alla seduta del CUR per l'esame degli strumenti urbanistici, al fine di rendere effettivamente operante il disposto di cui alla lettera f) dell' art. 20 della legge 833, secondo cui all'Uls spetta anche la "verifica secondo le modalità previste dalle leggi e dai regolamenti, della compatibilità dei piani urbanistici con le esigenze di tutela dell'ambiente sotto il profilo igienico sanitario e di difesa della salute della popolazione e dei lavoratori interessati". Tale disposizione della legge nazionale è ripresa dall'art. 28 della proposta di modifica con riferimento all'art. 48 della legge regionale 56/77, allo scopo di consentire all'Uls di verificare la "compatibilità di insediamenti industriali e di attività produttive in genere", con quelle esigenze di tutela previste dalla legge nazionale.
Modifiche di adeguamento alla legge 8.8.1978 n. 457.
L'individuazione delle zone di recupero, il piano di recupero, la definizione degli interventi sul patrimonio edilizio esistente sono i tre aspetti principali del titolo IV della legge 457/78.
L'art. 3 della proposta di modifica, riferito all'art. 12 della legge regionale 56/77, recependo il disposto dell'art. 27 della legge 457/78 comprende tra i contenuti del P.R.G. l'individuazione delle zone di recupero.
L'art. 24 della proposta di modifica comporta la formulazione di un nuovo articolo, il 41 bis, riferito alla legge regionale 56/77 e dispone al primo comma le modalità per l'individuazione delle zone di recupero nei Comuni già dotati di strumenti urbanistici in coerenza con quanto stabilito al predetto art. 27 della legge 457/78 con deliberazione consiliare sottoposta al controllo di legittimità.
Quale strumento operativo per intervenire nelle zone di recupero l'art.
28 e seguenti della legge 457/78 prevedono il piano di recupero.
Lo stesso art. 24 della proposta di modifica, mentre recepisce tale strumento, introducendo appunto l'art. 41 bis, ne evidenzi i contenuti e gli elaborati con particolari specificazioni per i piani di recupero compresi nell'ambito degli insediamenti urbani e dei nuclei minori aventi carattere storico-artistico, ambientale o documentario, individuati dal PRG a norma dei punti 1 e 2 del primo comma dell'art. 24 della legge regionale 56/77 in cui l'obiettivo del recupero non va disgiunto da quello dell'indispensabile tutela e salvaguardia.
A tal fine l'esecutività della delibera del C.C. che approva il piano di recupero degli insediamenti da tutelare, è sottoposto al parere di una Commissione comprensoriale per la tutela dei beni culturali e ambientali (prevista all'art. 29 della proposta di modifica riferita all'art. 49 della legge 56/77) e ciò in riferimento sia agli immobili vincolati ai sensi della legge 29.6.1939 n. 1497 e dell'art. 9 della legge 56/77, sia a quelli individuati dal PRG a norma dei punti 1 e 2 del primo comma dell'art. 24 della legge regionale 56/77.
Una particolare cautela ed un attento esame condotto da esperti, cioè da "personale di riconosciuta competenza in materia", pare costituire un'indispensabile garanzia prima di consentire gli interventi previsti dal piano di recupero là dove esiste un preventivo riconoscimento del particolare valore storico-ambientale dei beni immobili (art. 24 della proposta di modifica riferito all'art. 49 della legge regionale 56/77).
Con l'art. 43, ultimo comma, della proposta di modifica riferito all'art. 83 della legge regionale 56/77 si dà facoltà ai Comuni dotati del solo Programma di fabbricazione di poter formare piani di recupero naturalmente rispettando alcune norme ben precise.
Il piano di recupero secondo quanto previsto dall'art. 30 della legge 457/78 può essere sia d'iniziativa pubblica, sia d'iniziativa dei privati.
L'art. 26 della proposta di modifica recepisce e regolamenta tale aspetto modificando l'art. 43 della legge regionale 56/77, aggiungendo al piano esecutivo convenzionato anche il piano di recupero di libera iniziativa.
Ulteriori disposizioni relative ai piani di recupero sono contenute negli artt. 16 e 19 della proposta di modifica e riferite agli artt. 32 e 34 della legge regionale 56/77.
L'art. 4 della proposta di modifica riferito all'art. 13 della legge 56/77 recepisce le definizioni degli interventi previste dall'art. 31 della legge 457/78.
Per quanto riguarda la "definizione di manutenzione straordinaria" "risanamento e restauro conservativo", "ristrutturazione edilizia", esse vengono recepite integralmente. Per la definizione di manutenzione ordinaria la proposta provvede alla precisazione della dizione prevista dalla legge nazionale delimitando con maggior precisione l'intervento, al fine di un uso corretto e proprio della stessa sia in termini amministrativi, sia in termini urbanistici.
Precisato così il campo di applicazione degli interventi di manutenzione ordinaria con l'art. 28 della proposta di modifica riferito all'art. 48 della legge regionale 56/77, si stabilisce che "non è richiesta né concessione, né autorizzazione" per tutti gli interventi di manutenzione ordinaria. Lo stesso art. 4 della proposta di modifica riferito sempre all'art. 13 della legge regionale 56/77 non consente gli interventi di ristrutturazione urbanistica "nei centri storici", nelle zone di tipo A dei Comuni dotati di PRG approvato posteriormente all'entrata in vigore del D.M. 2.4.1968 n. 1444, o nelle parti del territorio da salvaguardare ai sensi dell'art. 24 comprese nel PRG, ciò perché tale tipo di intervento potrebbe consentire sconvolgimenti ed alterazioni del tessuto urbanistico particolarmente deprecabili e quindi da evitare nelle zone richiamate.
Gli interventi di ristrutturazione urbanistica e quelli di nuovo impianto, dizione quest'ultima non compresa nell'art. 31 della legge 457/78, ma già presente nell'articolo 13 della legge regionale 56/77 esigono, ai fini della loro realizzazione, la presenza di strumenti urbanistici esecutivi, a meno che lo stesso PRG non presenti uno sviluppo di dettaglio tale (e sono perciò al riguardo richiamati in modo esplicito i punti 1 e 2 dell'art. 38) da consentire di procedere anche in assenza di essi.
Ciò è determinato dall'evidente esigenza che interventi complessi ed in grado di introdurre rilevanti alterazioni rispetto alla situazione preesistente, siano definiti e decisi nell'ambito di una analisi specifica ed approfondita che soltanto la redazione di strumenti urbanistici esecutivi, o di prescrizione equivalenti nel grado di dettaglio da parte del PRG, sono in grado di assicurare.
Disposizioni relative alla "ristrutturazione urbanistica" sono altresì contenute all'art. 10 della proposta di modifica riferito all'art. 23 della legge regionale 56/77.
Lo stesso art. 4 della proposta di modifica sempre riferito all'art. 13 della legge regionale 56/77 specifica la definizione di "completamento".
Tale definizione non era compresa in quelle indicate all'art. 31 della legge 457/78.
Con l'art. 32 della proposta di modifica riferito all'art. 56 della legge regionale 56/77 per la "manutenzione straordinaria" si recepisce il disposto dell'art. 48 della legge 457/78 secondo cui gli interventi di questo tipo, che non comportino il rilascio dell'immobile da parte del conduttore, sono soggetti ad autorizzazione e non a concessione. Inoltre sono indicate le disposizioni specifiche per l'autorizzazione: condizioni di presentazione della domanda, modalità di esame, condizioni per l'approvazione, tempi per condurre l'esame (prevedendo come disposto dall'art. 48 della legge 457/78 il silenzio-assenso), dovere imposto al Sindaco di esercitare la necessaria vigilanza dotandolo di poteri di carattere sanzionatorio in caso di intervento eseguito in difformità all'autorizzazione.
Sempre nell'art. 32 della proposta di modifica si dispone il recepimento della norma dell'art. 48 della legge 457/78 là dove stabilisce che le disposizioni riferite alla "manutenzione straordinaria" non possono essere applicate agli "edifici soggetti ai vincoli previsti dalla legge 1.6.1939, n. 1089 e 29.6.1939, n. 1497 e successive modificazioni ed integrazioni" e ciò per ovvie ragioni di tutela da accordare agli immobili a cui si riconosce particolare pregio e per cui esiste una disciplina particolare che, in sede di modifica, si è cercato di meglio armonizzare con i disposti della legge regionale 56/77.
Modifiche riferite alla, legge 29.6.1939 n. 1497 ed aventi attinenza coi disposti della legge 8.8.1978 n. 457.
L'esame di questa parte di articolato della proposta di modifica riguarda i disposti della legge 29.6.1939 n. 1497 "protezione delle bellezze naturali" e le competenze spettanti alla Regione ed ai suoi organi ai fini della tutela delle stesse anche in relazione alle modificazioni apportate dalla legge 457/78.
Con l'art. 1 della proposta di modifica, riferito all'art. 9 della legge regionale 56/77 viene prevista la facoltà attribuita alla Giunta regionale, anche su proposta delle Commissioni comprensoriali appositamente costituite, di integrare, previo parere del CUR, gli elenchi delle cose e delle località previste dall'art. 1 della legge 1497/1939, fissando nel contempo le procedure semplificate e modificate notevolmente rispetto a quelle finora vigenti - per dare pubblicità a tali eventuali integrazioni.
Conseguentemente, con l'art. 40 della proposta di modifica vengono attribuite al CUR le competenze proprie delle Commissioni provinciali previste dall'art. 2 della legge 1497/39.
Si prevede che la Regione svolga per intero, attraverso organi specificatamente individuati nelle rispettive competenze, le attribuzioni relative alle "bellezze naturali".
L'art. 11 del disegno di legge riferito all'art. 24 della legge regionale 56/77 dispone il riordino logico della materia conferendo maggior chiarezza all'articolato.
Modifiche "autonome" alle legge 5.12.77, n. 56.
I disposti dell'articolato qui richiamati si riferiscono a quella parte di modifiche "autonome" apportate alla legge regionale 5.12.77, n. 56, ed hanno lo scopo di affrontare e risolvere una serie di problemi emersi dalla gestione della legge stessa, per renderla sempre più rispondente agli obiettivi della tutela del suolo e della sua corretta gestione.
Con l'art. 2 della proposta di modifica riferito all'istituzione del nuovo art. 9 bis si estende la normativa dell'art. 9 della 56/77 e si dà facoltà alla Regione di adottare provvedimenti cautelari in quelle aree colpite da calamità naturali gravi, in quelle soggette a dissesto, a pericolo di valanghe e di alluvioni, inidonee a nuovi insediamenti per i loro caratteri geomorfologici, secondo gli studi del servizio geologico regionale e fino all'approvazione del piano territoriale o a quanto già disposto dall'art. 58 della legge regionale 56/77.
Con l'art. 5 della proposta di modifica riferito all'art. 14 della legge regionale 56/77 s'introduce la norma che negli elaborati del PRG, fra gli allegati tecnici, deve essere indicata la struttura insediativa degli impianti tecnici, deve essere indicata la struttura insediativa degli impianti industriali, artigianali, commerciali e le rispettive necessità d'intervento, dando così una risposta alle richieste del mondo imprenditoriale e commerciale, e all'attuazione della legge n. 426.
Con l'art. 12 della proposta di modifica riferito all'art. 25 della legge regionale 56/77 si puntualizza la normativa per le aree agricole.
Intanto si evidenzia che la riutilizzazione degli edifici rurali abbandonati può essere finalizzata anche per interventi di carattere agrituristico. Inoltre particolarmente importante è il disposto del terzo comma. Esso va giustamente sottolineato perché risponde alle richieste emerse anche nella consultazione - di salvaguardare dalla ulteriore compromissione le aree agricole più fertili e sulle quali è particolarmente importante che possa continuare a svilupparsi l'attività agricola. Si estende così la normativa dell'art. 9 della legge regionale 56/77 "provvedimenti cautelari", anche alle aree di particolare fertilità tenendo conto fra l'altro degli studi compiuti dall'istituto regionale piante da legno e ambiente. Naturalmente i provvedimenti cautelari adottati dalla Regione hanno validità fino all'entrata in vigore del PRG o di quanto già disposto dall'art. 58 sempre della legge regionale 56/77. Sempre nello stesso articolo, vengono precisate le condizioni per il mutamento delle destinazioni d'uso, fornendo così una precisa risposta alle richieste di puntualizzazione della materia.
Con l'art. 13 della proposta di modifica, riferito all'art. 27 della legge regionale 56/77, si precisa che, nelle fasce di rispetto, è possibile ubicare elettrodotti e relative stazioni e cabine di trasformazione attrezzature e infrastrutture per il trasporto dell'energia e per i pubblici servizi.
Inoltre con lo stesso articolo si stabilisce che è consentita la possibilità di ridurre la fascia di rispetto cimiteriale, venendo in questo modo incontro ad un'esigenza che, seppur piccola, è stata avanzata da molte amministrazioni locali. Naturalmente la deroga dovrà essere motivata e documentata.
L'art. 14 della proposta di modifica sostituisce integralmente l'art.
30 della legge regionale 56/77. Esso riguarda il vincolo idrogeologico e norma importante e nuova, dispone la possibilità di rettifiche alla delimitazione del vincolo stesso da parte del PRG, sulla base di adeguate indagini morfologiche ed idrologiche dei suoli. Adeguando la norma a quanto stabilito dalla legge 31.7.79, n. 57, "Norme relative alla gestione del patrimonio forestale", permette l'apertura di strade al servizio dell'attività agro-silvo-pastorale, con apposita deliberazione della Regione.
La presentazione dei P.P.A., e il conseguente esame da parte del CUR ha evidenziato la necessità di alcune modifiche alla legislazione vigente.
Innanzitutto la questione dei casi per cui è escluso l'inserimento in PPA.
Con l'art. 17 della proposta di modifica, riferito all'art. 33 della legge regionale 56/77, si dispone che gli interventi sull'esistente riguardanti limitati ampliamenti delle abitazioni per un miglioramento funzionale dell'alloggio, non siano soggetti all'obbligo d'inserimento nel PPA.
Si precisa che gli ampliamenti non devono essere eccedenti il 20% della superficie utile e comunque possono essere dimensionati fino a 25 mq di superficie utile, non mutando nella costanza l'assetto urbanistico e l'esigenza di servizi, ma riguardando soltanto aggiustamenti al fine di consentire una migliore abitabilità ai residenti, perciò possono prescindere dai PPA senza creare reali problemi. Problemi che invece verrebbero a manifestarsi nel caso in cui fosse mantenuto l'obbligo d'inserimento che, in questi casi, rappresenterebbe soltanto un ostacolo burocratico frapposto alla realizzazione dell'intervento.
Inoltre si esplicita chiaramente che l'esistenza del PPA non costituisce condizione necessaria per autorizzare "spese relative all'esecuzione di opere o di impianti tecnologici d'interesse sovracomunale"; la stessa norma vale per il completamento delle opere e per la manutenzione straordinaria.
Rientra invece nell'obbligo d'inserimento nei PPA il programma degli interventi d'urbanizzazione primaria, secondaria ed indotta per i Comuni obbligati, ciò per poter avviare effettivamente una programmazione negli interventi e quindi disporre una riorganizzazione complessiva della spesa pubblica.
Inoltre due importanti innovazioni riguardano le procedure e i tempi di approvazione del PPA.
Con l'art. 21 della proposta di modifica, riferito all'art. 37 della legge regionale 56/77, vi è una riduzione dei tempi di approvazione infatti diventano contestuali sia l'invio del PPA alla Regione, sia al Comprensorio. Il termine per il parere del Comprensorio è perentorio; se non viene espresso, la Regione, comunque, procede. La Regione deve avviare subito l'istruttoria tecnico-finanziaria per una verifica dei fondi disponibili e della compatibilità con gli obiettivi del programma pluriennale. Inoltre nello stesso atto di approvazione del PPA possono già essere indicate le opere ammesse a contributo regionale; ciò offre un quadro molto preciso ai Comuni ed evita la defatigante trafila delle centinaia di domande alle quali i Comuni erano finora sottoposti, molte delle quali ripetute per anni e che non trovavano mai finanziamento.
I Comuni possono infatti già allegare al PPA i progetti esecutivi delle opere accorciando, in questo modo, notevolmente i tempi. L'approvazione dei PPA contenenti gli strumenti esecutivi è infatti anche approvazione dei progetti stessi.
Il controllo della Regione, dall'esame di congruità della spesa prevista, si estende al controllo sugli interventi previsti dal PPA; ciò è necessario per un'attuazione equilibrata e razionale degli strumenti urbanistici regionali.
Ciò non vuole significare ingerenza della Regione nella formazione di questi strumenti, tant'è che con l'art. 20 della proposta di modifica riferito all'art. 36 della legge regionale 56/77, viene stabilito di sottrarre al controllo della Giunta regionale le modifiche al PPA riferite ad opere di urbanizzazione primaria e secondaria d'interesse comunale e non coperte da contributo regionale. E' infatti, in questo caso, solo responsabilità degli amministratori comunali la scelta degli interventi da realizzare e non è il caso di mortificare tale responsabilità sottoponendola ad un controllo gerarchico.
L'art. 43 della proposta di modifica riferito all'art. 83 della legge regionale 56/77 ha lo scopo di fissare il termine entro cui i Comuni dotati di PRG, formato ed approvato ai sensi della legge regionale 56/77, dovranno redarre il primo PPA.
Inoltre allo stesso articolo si dispone che il primo PPA non possa essere modificato prima che sia trascorso un anno dalla data della sua approvazione. Ciò è necessario perché la Regione disponga dei tempi tecnici utili per fondare su dati certi il proprio programma pluriennale di attività e di spesa. Si precisa comunque che per l'edilizia economica e popolare, le opere di urbanizzazione d'interesse comunale, provinciale regionale previste dal PRG il PPA può essere modificato anche se non è trascorso un anno dalla sua approvazione.
Allo stesso fine è diretta la norma dell'art. 20 della proposta di modifica riferito all'art. 36 della legge regionale 56/77 che dispone che i Comuni esonerati dalla formazione del PPA siano tenuti a predisporre una deliberazione annuale contenente la previsione d'impegno dei contributi percepiti e previsti ai sensi dell'art. 12 della legge 10/77.
L'art. 44 della proposta di modifica riferito all'art. 84 della legge regionale 56/77 puntualizza per i Comuni turistici il calcolo per lo sviluppo di strutture alberghiere e abitazioni temporanee.
Infine ancora sui PPA i Comuni obbligati e sprovvisti di strumento urbanistico generale possono formare il PPA nel momento stesso in cui inviano il PRG al Comprensorio, ciò accelera i tempi. La norma è prevista al punto 8 dell'art. 45 della proposta di modifica rif. art. 85 della legge regionale 56/77.
La limitazione posta dall'art. 43 alle modifiche del PPA può apparire riduttiva dell'autonomia comunale, ma così non è ove si consideri da un lato che l'art. 17 della proposta di modifica riferito all'art. 33 della legge regionale 56/77 amplia notevolmente il campo degli interventi che possono non essere compresi nel PPA e che l'art. 21 sottrae all'approvazione della Regione le modifiche del PPA che riguardano opere di urbanizzazione non coperte da contributo regionale.
Con l'art. 18 della proposta di modifica riferito all'art. 34 della legge regionale 56/77 si stabilisce che gli interventi di edilizia convenzionata individuati nelle zone di completamento possono rientrare nella percentuale disposta per l'edilizia economica e popolare in misura non superiore al 10% del fabbisogno complessivo di edilizia.
Per i Comuni al di sotto dei 20.000 abitanti tale percentuale è elevata fino al 20% . Naturalmente in ambedue i casi le convenzioni devono prescrivere una quota parte riservata alla locazione per una durata temporale di almeno vent'anni.
Lo stesso articolo precisa la normativa sulle aree destinate agli interventi produttivi e individua le aree commerciali.
Con l'art. 22 della proposta di modifica riferito all'art. 40 della legge regionale 56/77 si determina un'ulteriore riduzione dei tempi di approvazione degli strumenti.
Infatti i piani particolareggiati, il PEEP, il PIP, il PEC, ecc.
redatti su strumenti urbanistici generali già approvati ai sensi della legge regionale 56/77, non hanno più bisogno dell' approvazione della Regione, essi vengono deliberati dal Consiglio comunale, vengono trasmessi al Comprensorio per il parere, quindi riadottati dal Consiglio comunale, il quale con lo stesso provvedimento decide sulle opposizioni. La delibera diventa esecutiva ai sensi di legge senza altri crismi.
Con l'art. 23 della proposta di modifica riferito all'art. 41 della legge regionale 56/77 si propone l'obbligo alla formazione del piano per l'edilizia economica popolare per i Comuni con più di 5000 abitanti, per i Comuni che, avendo adottato il PRG intercomunale, abbiano complessivamente una popolazione superiore al 10.000 abitanti, infine per i Comuni inferiori ai 5.000 abitanti, ma che prevedano nel PPA la realizzazione di più di 150 stanze.
I Comuni sopra citati sono pertanto tenuti nella formazione del PPA al rispetto delle proporzioni stabilite all'art. 2 della legge 10/77. Sempre in tema di attuazione delle leggi per l'edilizia economica e popolare ancora l'art. 23 della proposta di modifica dispone che l'art. 51 della legge 856/71 possa essere applicato per i Comuni con più di 5000 abitanti fino al 31.12.1980.
L'art. 25 della proposta di modifica riferito all'art. 42 della legge regionale 56/77 facilita la formazione dei piani per gli insediamenti produttivi costituendo l'autorizzazione al piano anche autorizzazione alla variante dello strumento urbanistico generale.
E così l'approvazione. Tale procedura è uguale a quella prevista dalla legge 865/77 per l'edilizia economica popolare.
Con l'art. 28 della proposta di modifica riferito all'art. 48 della legge regionale 56/77 si stabilisce che per modificare la destinazione d'uso commerciale occorre un atto d'obbligo unilaterale o una convenzione in cui vengono definiti gli impegni.
L'art. 31 della proposta di modifica riferito all'art. 53 della legge regionale 56/77 inserisce una significativa innovazione; viene infatti introdotto il potere, attribuito alla Giunta regionale, di procedere alla formazione del PIP per affrontare e risolvere celermente "i casi di urgente applicazione della convenzione quadro regionale per la rilocalizzazione e la ristrutturazione di impianti produttivi" e problemi derivanti da localizzazioni che pongono questioni di intercomunalità.
Con ciò sia chiaro non si vuole prevaricare l'autonomia dei Comuni infatti chiaramente si afferma che la Regione dovrà operare d'intesa con i Comuni interessati, ma rispondere alla necessità di tempi rapidi per risolvere i gravi problemi che derivano dalla riorganizzazione territoriale dell'apparato produttivo piemontese.
L'art. 32 della proposta di modifica riferito all'art. 56 della legge regionale 56/77 prescrive che sono soggette alla sola autorizzazione le opere e gli impianti da effettuarsi negli insediamenti produttivi al fine di garantire igienicità ed idoneità del posto di lavoro, sempre che non si aumenti la superficie calpestabile.
L'art. 33 della proposta di modifica riferita all'art. 58 della legge regionale 56/ 77 è una norma cautelare al fine di evitare che siano date concessioni in contrasto con il nuovo strumento urbanistico adottato.
Altra norma di cautela è prevista all'art. 35 della proposta di modifica riferito all'art. 68 della legge regionale 56/77.
Con l'art. 38 della proposta di modifica riferito all'art. 76 della legge regionale 56/77 si dispone che il numero dei membri interni del CUR sia elevato da 7 a 11 allo scopo di procedere in modo più organico e rapido allo svolgimento della mole di lavoro che questo organismo deve svolgere.
L'art. 41 della proposta di modifica riferito all'art. 80 della legge regionale 56/77 è particolarmente importante per la fase attuale nella quale si trovano i Comprensori. Infatti si stabiliscono le procedure per l'attuazione dello schema di piano territoriale. Inoltre dalla data di approvazione della Giunta regionale scatta la salvaguardia.
L'art. 42 della proposta di modifica riferito all'art. 82 della legge regionale 56/77 stabilisce che per gli impianti ricettivi con più di 500 posti occorra l'autorizzazione regionale.
L'art. 45 della proposta di modifica riferito all'art. 85 della legge regionale 56/77, cogliendo dati reali dell'esperienza fin qui maturata nella gestione della legge, fa emergere la necessità di proporre aggiustamenti significativi per la normativa del periodo transitorio.
L'art. 46 della proposta di modifica riferito all'art. 87 della legge regionale 56/77 dispone la possibilità di eleggere la Commissione edilizia anche per i Comuni sprovvisti di regolamento edilizio.
L'art. 47 della proposta di modifica riferito all'art. 88 della legge regionale 56/77 dispone che con l'adozione del progetto preliminare non possono più essere rilasciate concessioni in zone improprie.
Con l'art. 48 della proposta di modifica riferito all'art. 89 della legge regionale 56/77, nell'ambito delle Comunità montane, il piano regolatore generale intercomunale potrà anche essere redatto per sub-aree.
L'art. 49 della proposta di modifica istituisce 3 nuovi articoli che contemplano norme procedurali.
Osservazioni del Commissario di Governo in sede di approvazione della legge 5.12.77 n. 56.
Il disegno di legge 321 unificato con il disegno di legge 459 contempla il recepimento da parte della Regione di alcune osservazioni formulate in sede di approvazione della legge regionale 56/77.
Si rimanda alla specifica relazione della Giunta regionale l'illustrazione dell'articolato.



PRESIDENTE

L'intesa è di sviluppare una discussione generale, sospendere eventualmente i lavori per stabilire il modo con cui procedere sui singoli progetti di legge.
La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel sentire la relazione della collega Graglia, mi veniva da pensare al "Candide" di Voltaire in cui, in cui, in mezzo ad un sacco di sciagure, uno dei personaggi affermava che questo era il mondo migliore e che nulla poteva fargli cambiare idea.
Non condivido le conclusioni alle quali è giunto il Consigliere Graglia che, tuttavia, devo elogiare per l'attenzione che ha profuso in Commissione.
Questa relazione avrebbero dovuto sentirla i Sindaci dei 1209 Comuni: sono sicuro che la maggior parte di loro non ne avrebbero afferrato la bellezze e la poesia, anzi, si sarebbero maggiormente allarmati della legge 56 che, secondo il Consigliere Graglia, è una gran bella legge (tant'è vero che dobbiamo in qualche modo rifarla).
Se le leggi nascono bene in genere non si rifanno. Più volte abbiamo detto che la legge 56 ha punito l'edilizia piemontese: le cause sono molte una, però, rilevante, è la disoccupazione nel settore determinata da questa legge. Non è nemmeno giusto che si rifacciano soltanto le parti stabilite dalla Giunta. Capisco che l'opposizione può anche non avere importanza in quest'aula, ma dovrebbero aver importanza le voci dei Sindaci e dei cittadini. C'è chi ne parla bene, ma la maggior parte della gente ne parla male.
Dopo aver impiegato 4 mesi per il riesame delle parti in discussione questa mattina ci troviamo di fronte a numerosi emendamenti, questo dimostra che la materia è tutt'altro che facile, che le cose acquisite sono tutt'altro che acquisite e che la legge va rivista fondamentalmente.
Proprio in questi giorni il Governo, per cercare di sollevare l'edilizia dalla crisi, sta preparando le modifiche alla legge n. 10.
Valeva la pena di fare questo nuovo esame in questo momento o non era forse meglio aspettare che il Governo emanasse nuove norme? Posso aggiungere che le modifiche che oggi stiamo discutendo e che magari verranno approvate, sono in forza di una legge governativa e non sono maturate in seguito ad un nostro processo.
Ho assistito ad una sola riunione comprensoriale e devo dare atto all'Assessore della sua continua presenza, delle difficoltà che ha incontrato nei Comprensori dove non tutti sono amici. Da quell'incontro è venuto un chiaro rimprovero alla Regione: "La Regione è peggio della Prefettura di una volta; la Regione è inaccessibile, burocratica. La legge urbanistica più o meno mette sullo stesso piano il grandissimo Comune e il piccolo Comune".
E questa non è una novità, perché anche noi quando abbiamo misurato la legge ci siamo resi conto della differenza che esiste, per esempio, fra il Comune di Torino che ha 1 milione e 200 mila abitanti e uffici organizzati e il Comune che ha 300-400 abitanti dove il segretario comunale è presente uno o due giorni alla settimana. La maggior parte dei Comprensori non sono in grado di esaminare i disegni di legge o i piani regolatori perché sono sprovvisti di personale e di strumenti. Addirittura mi è stato detto: "noi facciamo le approvazioni in ciclostile". Non è una cosa seria, non perch non lo sia il Comprensorio, ma perché gli uffici comprensoriali dovevano essere dotati degli strumenti necessari.
Due anni fa il nostro Gruppo si era astenuto sulla legge 56, sicuro che dopo l'esperienza di un anno la legge sarebbe stata modificata. Queste varianti non sono però dettate dall'esperienza. Possiamo concordare su alcuni punti, possiamo essere d'accordo di impedire il sorgere di nuovi posti di villeggiatura senza un minimo controllo? Leggevo sul giornale che in Liguria permettono la costruzione di case lungo la costa solo più ai liguri. Il Piemonte non è a questo punto, noi non vogliamo che solo i piemontesi facciano le case (a questo punto si dovrebbe dire: solo ai piemontesi i cui padri hanno fatto la guerra di Crimea), queste limitazioni alla libertà non si possono accettare.
Non è vero che le autonomie comunali sono salvaguardate. Ci troviamo di fronte ad una piramide, al verticismo. Se non ci rendiamo conto che siamo di fronte al verticismo non possiamo nemmeno discutere.



PRESIDENTE

Ha facoltà di intervenire il Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

La presentazione da parte della Giunta del disegno di legge 459, di modifica della legge 56 di "Tutela ed uso, del suolo", preceduta dalla proposta di legge n. 407 del collega Marchini, ha rappresentato l'occasione per un confronto aperto tra le forze politiche e con le forze sociali economiche e culturali della comunità piemontese e per una verifica attenta e approfondita della vigente normativa, alla luce delle questioni e dei problemi emersi nei primi anni di operatività della legge stessa.
Non erano e non sono in discussione, almeno per quanto riguarda il nostro Gruppo, i principi ispiratori della legge 56 di tutela ed uso del suolo, bensì la sua struttura, l'impianto normativo che richiede a nostro avviso correzioni non marginali, semplificazioni procedurali, modificazioni capaci di tradurre e di disciplinare in modo articolato le diversità vitali di ordine culturale, produttivo e sociale - presenti sul territorio: ci non con l'intento di favorire comportamenti spontanei o di introdurre norme alternative di carattere permissivo, ma per valorizzare modelli di vita, di insediamento e di lavoro che sono diversi e che non possono essere costretti in un unico scherma di uniforme pianificazione.
Il Gruppo consiliare della D.C., avvertendo il carattere "limitato" della proposta della Giunta, di recepimento e di adeguamento coordinato con la legislazione statale in materia di edilizia pubblica residenziale, in materia di riforma sanitaria e di applicazione del DPR 616, oltreché di introduzione di limitate e specifiche proposte autonome di revisione della legge 56, suggerite dalla necessità di un miglior coordinamento delle norme oppure dai primi anni di esperienza, ha affrontato il confronto con un documento "aperto" di valutazione generale e di proposta specifica su alcuni dei principali "nodi" in discussione, evitando volutamente di avanzare nuove e precise proposte di emendamento o di riproporre nella fase iniziale del confronto e della discussione, gli emendamenti avanzati nel corso del dibattito sulla legge 56 e le proprie specifiche proposte legislative in materia di "Tutela ed uso dei suoli agricoli" e di formazione dei "Programmi pluriennali di attuazione".
Eravamo infatti interessati a non creare iniziali rigidità di confronto o improduttive contrapposizioni. In un certo senso possiamo dire che con il nostro documento del novembre scorso sollecitavamo una considerazione e una risposta da parte della Giunta; in esso, peraltro venivano richiamati ed evidenziati quelli che a nostro avviso erano e rimangono i principali nodi irrisolti che hanno determinato il voto contrario del Gruppo della D.C. alla legge 56: innanzitutto la mancata previsione, in tempi definiti e vincolanti per la Regione, di un quadro regionale di assetto del territorio esteso a tutto il Piemonte, in assenza del quale la pianificazione a livello locale continua a rimanere sottoposta a particolari limitazioni e incertezze; la stessa struttura della legge che configura un sistema di piani, rigido e complesso, e ne prevede continui aggiornamenti e rielaborazioni di adeguamento; i contenuti, in alcuni casi troppo rigidi e dettagliati, della pianificazione a livello locale - concepita esclusivamente per interventi puntuali e non per zone che di fatto assimila i Piani regolatori generali a Piani esecutivi particolareggiati e che si propone di prevedere, incasellare e risolvere tutto, sino all'ultimo metro quadro e all'ultimo metro cubo edificabile; le troppo pesanti e bloccanti limitazioni di carattere transitorio alle attività edificatorie; l'estensione alla quasi totalità dei Comuni dell'obbligo di dotarsi del Programma di attuazione che spesso si configura, particolarmente nei Comuni minori, dove non può essere strumento significativo di programmazione spaziale e temporale degli interventi di trasformazione del suolo, come semplice sommatoria di piccoli e poco significanti interventi, già sufficientemente disciplinati e normati dallo strumento urbanistico generale e, ove occorra, dai piani tecnici esecutivi delle opere pubbliche, oppure dalle deliberazioni annuali di impegno degli oneri di urbanizzazione, previste nell'ultima stesura delle modifiche alla legge 56 proposte dalla Giunta.
Una puntualizzazione allora avanzata, di alcune "questioni" di particolare rilievo e di carattere generale, intendiamo ancora richiamare: a) la prima consiste nell'accentuata attenzione, anche se certamente giustificata, per i fenomeni di crescita e di congestione urbana: attenzione che "attraversa" ed ispira tutta la legge 56 e che, per converso, ha determinato una scarsa comprensione culturale e insufficiente considerazione specifica dei problemi delle piccole comunità e delle zone agricole, provocando una piatta uniformità ed una generalizzazione di norme che annullano ogni contributo creativo e ogni diversità vitale, limitano la libertà e l'autonomia all'interno del necessario processo di pianificazione e di programmazione dell'uso del suolo e delle risorse, sono inutilmente ed assurdamente punitive nei confronti delle comunità rurali e montane, delle aree di fuga e di quelle ad insufficiente sviluppo b) la seconda riguarda il pessimismo che continuiamo ad avvertire nei confronti delle autonomie locali (sovente limitate più che dalla propria debolezza tecnica e strutturale dal potere dei tecnici e dei consulenti regionali), che si traduce in comportamenti e meccanismi gestionali non idonei a far crescere un processo di collaborazione graduale e reale tra diversi e autonomi livelli di governo, certamente non facile ma necessario per la valorizzzazione dei compiti e delle potenzialità del governo locale.
Infine, avanzando con il nostro documento alcune osservazioni e proposte puntuali di modifica della legge 56, avvertiamo che esse: a) non esaurivano l'esposizione delle linee alternative alla politica urbanistica che ha trovato per la maggioranza occasione e riferimento nella legge 56 b) erano aperte alle più ampie integrazioni che l'esperienza di Enti organizzazioni e persone consultate potevano suggerire c) preparavano e presupponevano una serie organica di emendamenti e di proposte legislative che contribuiscano, intanto e nella presente fase interlocutoria, a rimuovere i più gravi ostacoli alla operatività edilizia ed urbanistica che hanno caratterizzato questo periodo di prima applicazione della legge regionale di tutela ed uso del suolo.
Oggi, dopo le consultazioni e il confronto che si è svolto in Commissione, e a fronte di queste osservazioni generali che ho richiamato siamo in grado di fare un bilancio sia pure schematico di questa vicenda e ci chiediamo se ci sono state le risposte, anche parziali, che ci attendevamo e se sono venute dalla consultazione e dal confronto anche quelle che la Giunta si attendeva, di affinamento e non di stravolgimento o meglio, di intenzioni di stravolgimento della legge 56. La Giunta, a nostro avviso, può e dovrebbe registrare che nelle consultazioni e nei documenti presentati, in occasione delle stesse, come pure nel confronto in Commissione, non sono stati messi in discussione i principi ispiratori e l'impianto generale della legge, ma che sono state avanzate proposte di correzione limitata per migliorare l'agibilità tecnica della legge stessa e precisazioni legate ad esigenze particolari dei settori produttivi o ad aspetti procedurali, motivate per lo più in modo preciso, anche se giudicate non accoglibili dalla maggioranza e quindi non tradotte in proposte di emendamento nel testo di legge licenziato a maggioranza dalla II Commissione.
Questo testo, confrontato con la proposta iniziale avanzata dalla Giunta, consente di verificare che sono stati accolti nella sostanza tutti gli emendamenti proposti dal documento presentato dal Gruppo consiliare del PCI, gli emendamenti proposti dall'Enel ad eccezione di quello riguardante l'art. 56 e, parzialmente, alcune indicazioni avanzate dal Gruppo D.C.
dalla Commissione e dalla Federpiemonte, che riguardano precisazioni in ordine alla normativa statale sui tipi di intervento e sul recupero del patrimonio edilizio esistente; mentre, sui problemi centrali, di autonoma modifica della 56 - e cioé dei Programmi di attuazione, dei Piani per l'edilizia economica e popolare, di controllo delle modificazioni dell'uso del suolo, dei Piani territoriali e del regime transitorio - le modificazioni apportate al testo presentato dalla Giunta sono per lo più di precisione formale della norma.
Possiamo dire che in Commissione sono state apportate alcune modifiche al testo iniziale del disegno di legge n. 459, di modifica della 56, che in larga misura possiamo condividere, mentre per altre e per il mancato accoglimento di nostre proposte abbiamo invece riserve che sono evidenziate attraverso gli emendamenti che abbiamo presentato. Alcune delle modifiche introdotte incidono in modo significativo sul processo di pianificazione a livello locale, nel senso che realizzano un momento di maggiore elasticità nella predisposizione degli strumenti di pianificazione a livello comunale e intercomunale; in altri casi le norme previste da leggi statali, in particolar modo dalla legge 457 in materia di recupero del patrimonio edilizio e di definizione degli interventi edilizi, hanno trovato una migliore sistemazione.
Non possiamo riscontrare invece una risposta sufficiente, non solo in termini di traduzione nell'articolato definitivo ma ancor prima in termini di considerazione, alle questioni e ai problemi che abbiamo sollevato e che riprendevano i temi "centrali" del dibattito che si è svolto in occasione dell'approvazione della legge 56.
Peraltro le linee del Gruppo della D.C., lo ripetiamo, erano aperte all'integrazione delle forze politiche e della maggioranza e alle indicazioni che l'esperienza di Enti, organizzazioni e associazioni operanti nella comunità regionale avrebbero potuto suggerire. Una risposta positiva alle nostre "linee" è venuta proprio dalle indicazioni di Enti organizzazioni e associazioni, attraverso una convergenza significativa di analisi e di proposta che non possiamo non evidenziare in questo dibattito.
Riteniamo, invece, del tutto insufficiente la risposta che ci è venuta dalla Giunta. Quindi la presentazione di nostri emendamenti, alcuni per il miglioramento formale del testo o per precisazioni di aspetti procedurali altri di modifica su particolari temi, è necessaria per riportare in aula il confronto, non già con intenti ostruzionistici, ma perché su alcuni aspetti "centrali" il Gruppo D.C. non può non riproporre con forza la propria proposta. Questa non si configura in termini alternativi rispetto all'impianto generale della legge; in una fase interlocutoria, che presuppone per il futuro iniziative autonome del Gruppo della D.C. in materia urbanistica, punta oggi a migliorare l'operatività e l'agibilità della legge stessa nel rispetto delle autonomie e dell'esigenza di non mortificare le diversità di carattere produttivo, culturale e sociale presenti sul territorio, cercando di realizzare un processo di pianificazione non ispirato a piatta uniformità, bensì rivolto a disciplinare l'organizzazione e l'uso del suolo valorizzando al contempo le diversità presenti nella realtà regionale.
Per quanto attiene al regime "transitorio" abbiamo incontrato difficoltà a rivedere organicamente un testo così complesso; quindi, pur richiedendo e avanzando proposte finalizzate ad alleggerire vincoli e limitazioni, noi assegniamo alla revisione degli articoli che riguardano il Piano territoriale di Comprensorio il compito di accelerazione dei tempi e delle procedure per poter consentire il superamento della fase transitoria e delle pesanti e vincolanti limitazioni per essa previste.
In questa direzione si muovono le proposte di emendamento presentate dal nostro Gruppo sia all'art. 80, per quanto riguarda la formazione e le procedure di approvazione del primo schema di piano territoriale, sia all'art. 7 prevedendo un'accelerazione dei tempi nella fase successiva alle osservazioni della Giunta e un coordinamento, non formale e generico ma proceduralmente definito, degli schemi di piano presentati dai Comitati comprensoriali.
Anche sulle altre proposte di emendamento presentate dal Gruppo D.C. mi limiterò a sintetiche osservazioni perché saranno riprese da altri colleghi e illustrate in sede di votazione.
Nel momento in cui andiamo ad introdurre nuove modifiche al testo della legge 56, ci pare opportuna un'ulteriore riflessione in ordine all'obbligo per la maggior parte dei Comuni, di dotarsi di Programma pluriennale di attuazione. A noi sembra che in molte realtà locali minori di tipo non metropolitano o urbano, la previsione dei piani tecnici esecutivi delle opere pubbliche e l'obbligo della relazione annuale sull'utilizzo delle quote degli oneri di urbanizzazione, per opere di urbanizzazione di carattere primario e secondario, unitamente agli strumenti urbanistici generali e ai piani esecutivi di attuazione degli stessi, dovrebbero costituire garanzia sufficiente di salvaguardia, di programmato indirizzo urbanistico e di collegamento ai documenti generali di programmazione e a quelli pluriennali di spesa della Regione e dei Comprensori.
Così pure per quanto riguarda l'obbligo per i Comuni di dotarsi di piano per l'edilizia economica e popolare (PEEP), ribadiamo il nostro disaccordo su una estensione quasi generalizzata dell'obbligo e prevediamo con apposito emendamento l'elevazione della soglia di abitanti (+ di 10.000) al di sopra dei quali è richiesta obbligatoriamente ai Comuni la formazione del piano stesso. Contestualmente proponiamo anche una diversa procedura per quanto riguarda i Comuni consorziati per lo studio e l'adozione di piani regolatori regionali e intercomunali e per i Comuni compresi all'interno delle Comunità montane, lasciando ai Comuni interessati la scelta in alternativa tra l'adozione di un piano per l'edilizia economica e popolare di tipo consortile esteso all'ambito territoriale e l'individuazione, attraverso il Piano regolatore generale intercomunale, dei Comuni che in aggiunta a quelli superiori ai 10.000 abitanti, sono tenuti a dotarsi di piano per l'edilizia economica e popolare, mentre per i restanti Comuni proponiamo che possa continuare ad operare la normativa dell'art. 51 della legge 865.
Il Gruppo D.C. chiede poi, attraverso i propri emendamenti, una diversa disciplina in materia di protezione dei beni culturali ambientali attraverso norme a carattere transitorio, anche perché appare corretto prevedere una ulteriore considerazione della materia e una diversa e autonoma disciplina legislativa per il futuro.
Abbiamo inoltre avanzato proposte di modifica sostanziale all'art. 25 in materia di uso e tutela dei "suoli agricoli" e una serie di modificazioni al regime transitorio, alla disciplina degli standard (artt.
21 e 22) e in materia di autorizzazioni.
Su questi e sugli altri emendamenti presentati, ci soffermeremo nel corso della discussione dei singoli articoli. A conclusione, ribadiamo che in questa fase assegniamo grande importanza all'accelerazione dei tempi e delle procedure per la formazione dei Piani territoriali e dei primi Piani regolatori generali onde consentire alla legge 56 di entrare nella fase "a regime" e realizzare il superamento della "bloccante" normativa di carattere transitorio.



BELLOMO EMILIO



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il mio intervento si limita ad alcune considerazioni brevissime sulla relazione della collega Graglia e non sulla proposta di legge dell'Assessore Astengo per un refuso di tipo freudiano. Più volte la collega Graglia ha qualificato la legge come "proposta di Astengo" e non della Giunta e allora continuo le mie osservazioni su questo indirizzo. Il contenuto della legge Astengo lo andremo a discutere al contrario sulla nostra proposta di legge. Da parte della collega Graglia c'è un tentativo politicamente inaccettabile, di coprire con ulteriori motivazioni un tipo di disegno che rispondeva a una visione culturale e politica propria dell'Assessore Astengo, e della Giunta se vogliamo, che ha i suoi pregi e i suoi difetti, che ha determinato dei rimedi e dei guasti. Ma questo attiene al merito.
Mi pare che dalla relazione si debba rifiutare in modo assoluto l'impostazione demagogica, politica e scorretta. Forse la signora Graglia così attenta ai problemi di costume politico, come è scritto nella prima pagina, avrebbe dovuto chiedersi, a suo tempo, come mai la legge urbanistica ritornava approvata dal Commissario di Governo nonostante fossero richiamati nove punti di illegittimità costituzionale. A questo punto dobbiamo chiederci che significato abbiano le grandi maggioranze e le linee dirette da Torino a Roma tra partiti e Governo. Qualcuno incomincia a innervosirsi. Un giorno o l'altro discuteremo pure in questa sala i rapporti privilegiati che la Giunta intende avere con alcuni ministri e con alcuni gruppi. Dell'interrogazione presentata da alcuni mesi si continua a non parlare, certamente il modo abnorme con cui è stata approvata la legge 56 è la conseguenza di questo tipo di rapporti.
E' poi inaccettabile quanto dice la signora Graglia dove fa titolo e merito alla Regione Piemonte di non essere l'ultima nella classifica delle Regioni che non riescono a costruire nel nostro Paese e il merito è della legge 56. A parte il fatto che questi dati diffusi all'ultimo momento meritano, in data breve, un commento e un'illustrazione. Allora accerteremo che, dietro le formule vaghe, ci sono differenze quantitative non irrilevanti: il problema in Italia non sta in chi costruisce meno, ma il problema è in chi costruisce di più, perché dietro alla domanda di case c'è una problematica sociale ed umana che non si riduce al numero dei mattoni.
Quello che tentiamo di fare è di costruire di più al fine di soddisfare la domanda.
Vedo che, come al solito, diverto la sinistra! Normalmente quando la sinistra si diverte poi alla fine ci divertiamo noi, non di sinistra.



BONO Sereno

Quando si capisce male si risponde peggio.



MARCHINI Sergio

Il relatore è il Consigliere a cui la maggioranza e la Commissione affidano la relazione sulla legge, quindi le sue valutazioni di tipo politico, oltre che essere espressione sua e del partito, coinvolgono la maggioranza e quindi meritano da parte dell'opposizione una certa attenzione. Naturalmente l'attenzione dell'opposizione merita il divertimento della maggioranza.
Quando si fa un primo consuntivo sulla legge 56, la preoccupazione maggiore è di sapere se si è costruito di più e non quella di dire che, a Dio piacendo, non siamo quelli che abbiamo costruito di meno. Forse non siamo neppure tra quelli che hanno risposto meno di tutti, ad esempio, la Basilicata pare che ci segua. Questi dati andremo a controllarli.
A questo punto chiedo formalmente e amichevolmente alla collega Graglia, di "purgare" la sua relazione nel secondo capoverso, dove c'è il riferimento alla Corte Costituzionale. Posso capire che ognuno di noi faccia le sue valutazioni sulla C.C., ricordo però che la Carta del secondo Risorgimento, tanto cara al Presidente Viglione (che probabilmente chiederà che il simbolo della Regione Piemonte diventi una "R" in campo rosso) affida alla Corte Costituzionale la garanzia massima dei diritti dei cittadini, i quali rischiano di essere prevaricati dal Governo, dai legislatori locali, dalle istituzioni.
Questa mattina si è parlato di terrorismo e qualcuno ci ha richiamati a fare il nostro dovere. Ora - mi chiedo - è fare il nostro dovere il dire che la sentenza della Corte Costituzionale è un atto politico di tipo reazionario, poiché ha "il chiaro sapore di voler ricacciare indietro il timido disegno riformatore?" Questa coloritura a tinte fosche delle istituzioni dello Stato, anche le più alte, è in un atto ufficiale della Regione Piemonte, nella relazione di maggioranza alla proposta di legge della Giunta! Politicamente discuteremo della sentenza. Certamente, però, non è corretto che in un documento della Regione si dipinga la Corte Costituzionale come un istituto a servizio degli interessi conservatori e reazionari in agguato.
La sentenza non viene soltanto valutata oggettivamente in quello che è ma a quello che sarebbe finalizzata. Quindi questo è un tipo di giudizio politico su una funzione che la Corte Costituzionale andrebbe ad assumere non è un giudizio sul contenuto della sentenza. La discussione è delicata e importante; qualora la collega non volesse accedere a questa richiesta amichevole, mi riservo di proporre un preciso ordine del giorno al riguardo.
Quanto all'ultimo intervento della maggioranza, ad integrazione di quanto diceva il collega Benzi, vorrei dire che le forze oscure della reazione in agguato che hanno sostenuto l'assoluta disparità di trattamento tra i piccoli e i grandi Comuni non erano costituiti dall'Unione dei Collegi Costruttori, ma era un illustre professionista socialista con tessera in tasca a nome di tutti i professionisti torinesi. E' evidente che ormai la fascia delle forze oscure della reazione in agguato, della rendita parassitaria e di posizione ha ormai invaso anche questi tipi di sedi.
D'altra parte questo sembrerebbe giusto, perché mi pare che gli avvisi di reato di Parma sono arrivati anche a partiti che erano fuori, quindi non ci sono buoni e cattivi da una parte e cattivi dall'altra.
La politica non si fa ritornando a ripetere vuote parole senza senso: rendita parassitaria, rendita di posizione, latifondismo, ma si fa sui contenuti e sulle procedure. Su questo punto parleremo dopo la sospensione.
Grazie.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola alla dottoressa Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, a due anni dalla promulgazione della legge regionale 56 sulle tutela e l'uso del suolo, si è manifestata l'opportunità di procedere alla revisione della legge stessa.
Siamo favorevoli come Gruppo repubblicano ad apportare modifiche ed integrazioni a questa legge per tener conto da un lato della nuova normativa e dall'altro dei risultati insoddisfacenti riscontrati in questo periodo intercorso dalla sua emanazione.
Per quanto riguarda il primo punto occorre prendere atto e tradurre nell'articolato le varie leggi intervenute nel frattempo che hanno un rapporto con i problemi urbanistici come la legge 833 del 1978 sulla riforma sanitaria con l'individuazione delle Uls, la legge 457 del '78 sulle nuove norme per l'edificazione e il recupero del patrimonio edilizio esistente e la legge 392 del '78 sulla locazione degli immobili urbani.
Si tratta in questo caso di modifiche essenzialmente tecniche che non investono la sfera politica, finalizzate a migliorare i contenuti della legge stessa. Maggiore attenzione occorre dedicare alle modifiche da apportare alla legge per un suo adeguamento alla realtà socio-economica piemontese dopo questo periodo di verifica iniziale.
La legge regionale, indubbiamente corposa e attenta su ogni possibile momento ed aspetto della problematica urbanistica, si pone come finalità principale la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale ambientale e culturale costituito dal territorio, sia montano, rurale che urbano, e l'articolazione, la ridistribuzione e il riequilibrio degli insediamenti e delle infrastrutture, una più partecipata gestione alla politica urbanistica in generale, una verifica maggiore nell'ambito dell'auspicata politica di programmazione riguardo alla spesa pubblica ed alle destinazioni, per investimento delle risorse ed infine un continuo e completo processo di rispondenza ad ogni livello di pianificazione del disegno urbanistico, e quindi programmatico, nel quadro più ampio degli indirizzi generali regionali in cui si inseriscono le iniziative e le decisioni locali.
E' su queste considerazioni e sul riconoscimento in essa di elementi stimolanti quali l'esaltazione di alcuni tipi di autonomie locali che è emerso il nostro giudizio al momento dell'approvazione della legge stessa.
Siamo perciò favorevoli ad introdurre quei correttivi che permettono alla legge di adeguarsi alle reali esigenze connesse con lo sviluppo regionale piemontese eliminando le attuali storture. Non vogliamo però utilizzare questo momento di dibattito per stravolgere completamente l'attuale situazione superando la fase attuale, caratterizzata è vero anche da pesanti vincoli, ad una fase che invece fosse totalmente opposta e in cui tutto fosse conteso.
Questi due anni, è vero, hanno rappresentato un peso notevole per lo sviluppo edilizio e di conseguenza per l'economia della nostra Regione rallentando in modo notevole l'attività in campo edilizio in attesa di disporre di strumenti urbanistici atti a favorire un reale processo di sviluppo. Sul piano industriale il processo paralizzante è stato meno sentito solo per il concomitante grave momento di congiuntura politica.
E' stato fatto un grande sforzo che ha coinvolto tutte le varie fasi economiche e sociali per favorire un miglioramento dello sviluppo urbanistico regionale gettando nuove basi e nuovi presupposti normativi.
Sarebbe oggi assurdo rinunciare a quanto di positivo si è perseguito e a quanto si dispone o è già stato avviato. D'altronde si deve rilevare che in questo periodo sono mancati o si sono ritardati importanti appuntamenti che trovano la loro causa in una disfunzione a livello di amministrazione regionale, da un lato, e a livello locale, dall'altro.
Sono mancati, da parte della Regione, dei precisi indirizzi di sviluppo socio-economico che dovevano delineare nell'ambito di una politica di programmazione economica il volto del nostro Piemonte nei prossimi anni così come i piani territoriali di coordinamento a livello comprensoriale stentano a venire alla luce rinviando sempre la soluzione dei problemi interni piemontesi.
Non crediamo infatti ad un disegno di programmazione centralizzato e che dipende esclusivamente da scelte regionali che vengano dall'alto e che non tengano conto delle realtà locali, ma ancora meno crediamo in uno sviluppo regionale ottenuto dalla semplice sommatoria o dall'assemblaggio come ormai dovunque si dice, di decisioni locali e tra di loro disarticolate. Occorre pertanto che le scelte di riequilibrio territoriale emergano in questa fase di riassetto urbanistico generale.
E' mancato un contributo regionale per l'elaborazione tecnica degli strumenti urbanistici. Non esiste una standardizzazione a livello di simbologia da usare nell'ambito degli strumenti urbanistici in corso di elaborazione, così pure mancano indicazioni sui vari parametri previsti.
Come caso limite si tenga, ad esempio, conto del diverso modo di valutare la volumetria edificabile tra un Comune e l'altro, e come a sua volta questi metodi si discostino dalle indicazioni di carattere nazionale (vedi legge 457). Queste diversità influiscono negativamente sul livello urbanistico e sono da eliminare. Basta pensare al salto di qualità che tutte le forze politiche hanno favorito in questi ultimi anni nel senso di partecipazione e di decentramento.
Nell'ambito di questa crescita sociale si cerca di aprire un dibattito urbanistico in tutte le sedi. Il nostro partito ha seguito e favorito questo processo tendente ad esaltare la crescita culturale e sociale della cittadinanza. Per fare questo però occorre parlare in modo chiaro comprensibile e non solo agli addetti ai lavori ed in modo omogeneo.
Pertanto un contributo alla chiarezza e alla omogeneità potrebbe e, a nostro parere, dovrebbe essere dato dagli amministratori regionali che potrebbero favorire la nascita di un linguaggio urbanistico accessibile a tutti. In questo modo si potrebbe ampliare il dibattito tra l'urbanista e il politico e tutte le forze economiche e sociali senza la necessità di complessi rapporti mediati di chiarimento. In questo ambito sollecitiamo quindi l'Amministrazione regionale sia a produrre entro breve tempo le convenzioni tipo ex art. 78 della legge 10, sia a rivedere il meccanismo di funzionamento della convenzione quadro per gli insediamenti industriali ex art. 53 della legge 56, che finora, nonostante l'intervento di forze economiche e sociali, non hanno ancora prodotto efficaci azioni.
Tra gli elementi prioritari dello sviluppo regionale, quello della rilocalizzazione industriale è uno dei principali, connesso in modo determinante con il riequilibrio territoriale dell'area piemontese e quindi con le nuove localizzazioni residenziali e con il sistema dei trasporti.
Saranno questi alcuni dei temi sui quali ci batteremo perché si giunga a una soluzione in tempi brevi. I sintomi della mancata azione di stimolo da parte della Regione nel seguire i Comuni per la predisposizione della strumentazione urbanistica si riscontra in modo inequivocabile nel proposto art. 92 bis, che proroga di 18 mesi le scadenze connesse con l'approntamento dei piani regolatori generali. E' una proposta che non vogliamo accettare perché da un lato verrebbe quasi a penalizzare quegli Enti locali che, in realtà, hanno eseguito quanto nella legge era scritto per rispettare i tempi prefissati e dall'altro finirebbe per chiudere un occhio di fronte alle deficienze che ci sono a livello regionale e che sono effettivamente il tempo infinito che la Regione impiega nel dare le risposte.
Riteniamo pertanto che non si possa oggi perdere altro tempo, che i piani debbono procedere speditamente e che la Regione debba promuovere finalmente il suo piano di sviluppo regionale.
Proprio per l'assenza di un quadro di riferimento regionale stiamo assistendo ad una diffusione degli interventi nell'ambito dell'edilizia agevolata e sovvenzionata sull'intero territorio piemontese, invece di stimolare con questi interventi un serio programma di riequilibrio territoriale. Si continua, in particolare, ad accentuare il peso di Torino nel contesto piemontese, senza proporre validi sub-poli di sviluppo sui quali poter fare confluire, d'intesa con le forze economiche e sociali, una quota parte delle risorse per favorire un diverso modo di crescita del Piemonte stesso.
In questi ultimi anni è cresciuta la domanda dei servizi, anche per questo perciò nella normativa regionale si è ampliato il rapporto standard per abitante, passando,com'è noto, dai 18 ai 25 metri quadri per abitante.
In linea di principio si può essere favorevoli a questo aumento di aree per servizi, bisogna però verificare la sua attuabilità in termini economici e di tempo. Troppo a lungo si è assistito alla presenza sul territorio di vincoli che poi non si è in grado di attuare e quindi sarebbe assurdo rispettare, ma solo sulla carta, anche questa sorta di standard.
Il nostro atteggiamento di fronte alle integrazioni e alle modifiche della legge 65 tiene conto perciò di precedenti considerazioni. E' in quest'ottica che riteniamo di proporre, accanto alle proposte presentate la nostra presenza nel dibattito che si verificherà a mano a mano che saranno presentati gli emendamenti anche perché la massa degli emendamenti presentati questa mattina, che difficilmente può essere esaminata al di fuori di una riunione apposita, non ci consente di esprimerci in modo definitivo.
Faremo soltanto accenno a due punti che hanno peso per lo sviluppo urbanistico. In primo luogo alla legge regionale sul funzionamento delle opere di urbanizzazione per i Comuni della Regione, che vogliono predisporre aree per insediamenti produttivi. Questa legge deve trovare un suo giusto inserimento a livello urbanistico e non è pensabile che in ogni Comune sorgano, senza un minimo di programmazione e pianificazione territoriale, insediamenti produttivi.
In secondo luogo appare ovvio che la recente sentenza della Corte Costituzionale, in merito alla illegittimità dei criteri di esproprio della legge n. 10, ha creato un problema che avrà grosse ripercussioni nell'attività edilizia. Le risposte che si daranno in sede nazionale per risolvere questa situazione avranno una diretta implicazione anche sulle modifiche da apportare alla legge 56 stessa.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come loro ben ricorderanno, in sede di prima lettura e dibattito della legge 56, il sottoscritto unitamente ad altri colleghi, ebbe ad evidenziare l'opportunità che nelle aree agricole venisse comunque consentita la possibilità ai proprietari delle aziende di concedere terreni per l'edificazione di abitazione per propri congiunti e parenti, entro il primo grado. Quella richiesta non venne recepita e costituì motivo di profonda amarezza; all'amarezza di allora segue la delusione di oggi perché se è vero come è vero richiamandoci al vecchio detto, che se errare è umano, perseverare è diabolico, noi ci aspettavamo in seconda lettura, da parte della Giunta e soprattutto da parte della II Commissione, che si corresse ai ripari recependo quello che allora non era stato recepito. E ciò ce lo attendevamo specialmente dopo aver vissuto questi primi mesi di operatività della 56 dopo aver sentito gli echi sul suo funzionamento e particolarmente dopo aver seguito attentamente le consultazioni che all'uopo sono state indette.
Le consultazioni soprattutto costituirono per noi motivo di convincimento sulla bontà della tesi allora sostenuta e che oggi qui riproponiamo.
Infatti parecchi ed importanti Enti, come l'Uncem, come il Comprensorio di Ivrea, il Comune di Terdobbiate, come l'Unione Collegi dei geometri del Piemonte e della Valle d'Aosta, come l'Unione dell'Edilizia del Piemonte e della Valle d'Aosta, come la Federazione regionale dei coltivatori diretti come alcune federazioni provinciali di questa organizzazione e la stessa Confcoltivatori regionali, per non parlare di altri, ritornarono su questo aspetto ed evidenziarono l'opportunità da noi già avanzata nel corso del primo dibattito.
Insistiamo, sperando fervidamente in un gesto di sensibilità politica e, per favorire ciò, cerchiamo di sviluppare seppur succintamente, anzi stringatamente, le motivazioni che stanno alla base di questa reiterata richiesta. Sono motivi di ordine ecologico e di ordine ambientale, sono motivi di ordine sociale, di ordine economico, e perché no? anche di ordine assistenziale. Infatti, è a tutti noto quanto si è venuto a registrare negativamente in quest'ultimo ventennio nel nostro Paese; radicali, quanto disordinate trasformazioni, con conseguenti spostamenti umani che vanno sotto il nome dell'esodo; esodo, ahimè, patologico che ha portato a creare oasi desertiche nelle campagne e a concentramenti urbani che hanno già raggiunto l'asfissia con tutte le ben note conseguenze; per contro, in conseguenza di quell'esodo, si è determinato un gravissimo problema di senilizzazione nelle nostre campagne, fattori questi che hanno inciso sull'ambiente, che hanno inciso nella cosiddetta società rurale, che hanno inciso nel comparto produttivo del settore primario. Per cui, quando invochiamo la possibilità di consentire ai proprietari di aziende agricole di poter concedere terreni per la costruzione di abitazioni per congiunti e per parenti, in genere, che non sono più dediti all'attività agricola, non lo facciamo in ispregio allo spirito e alla lettera della legge nazionale 10 e della legge 56 che porta chiaramente come titolo "Uso e difesa del suolo". Noi vogliamo sì la difesa nel senso più sostanziale di questo nostro suolo vituperato e bistrattato. Vogliamo in senso più stretto la difesa del suolo agricolo, anch'esso bistrattato, però senza chiudere gli occhi di fronte alla realtà, senza chiudere gli occhi di fronte a certe esigenze che riteniamo insopprimibili sotto il profilo della libertà e della democrazia.
Un titolare di un'azienda agricola, mentre deve essere disponibile a vedersi espropriati i propri terreni per i cosiddetti "interventi di pubblica utilità" per contro, si vuole porlo nell'impossibilità di cedere ad un proprio congiunto un pezzettino di terreno per crearvi la propria dimora.
Motivi sociali, nel momento in cui le dimensioni del capoluogo di questa nostra Regione sono dimensioni da megalopoli, nel momento in cui gli stessi capoluoghi di provincia e anche certi Comuni hanno raggiunto dimensioni che non consentono ulteriore inurbamento. Perché allora non capire l'esigenza di porre un freno all'ampliarsi delle zone desertiche alle quali facevano riferimento? Perché non consentire e non garantire in prospettiva un minimo di vita in quelle località? Perché non permettere a chi intende continuare a vivere in zone rurali, seppur dedito ad altre attività, di fornire un aiuto e uno stimolo al processo produttivo in agricoltura? Perché, proprio in riferimento al processo di senilizzazione non consentire che un congiunto rimanga vicino ai propri familiari anziani per poterli assistere con quel sentimento, con quello spirito di sacrificio e con quel calore che l'assistenza umana comporta? E' il caso di sottolineare questo aspetto se è vero che il 22-23-24 febbraio, per iniziativa di questa Regione, si terrà il convegno "Anziani Piemonte" sui problemi dei medesimi. Ecco un assurdo - mi si passi il termine - gli anziani che operano in agricoltura rappresentano una preoccupante percentuale (oltre il 50% ha superato i 55 anni di età) e, in termini assistenziali, noi dovremmo allontanare i familiari di questi anziani in attesa che arrivi quell'assistenza sociale che noi andiamo ipotizzando; facile da teorizzare, facile da filosofare, ma che, ahimé, in concreto lascia sempre molto a desiderare.
Mi auguro che in questi giorni venga affrontato anche questo aspetto proprio in riferimento agli anziani delle campagne, i quali non solo sono abbandonati per le caratteristiche ambientali, ma anche perché la campagna in fatto di servizi sociali, pur nella carenza di ordine generale, è quella che accusa la pressoché totale inesistenza.
Per tutti questi motivi, sui quali si potrebbe disquisire a lungo confido che la maggioranza, avendo avuto tutto il tempo per i necessari ripensamenti, non abbia a porsi su posizioni di chiusura, di estrema rigidità le cui motivazioni ben difficilmente si potrebbero comprendere tanto meno le comprenderebbero gli anziani e che si possa uscire da quest'aula con il recepimento della richiesta che in proposito ho avanzato.
Concludo nel ricordare a me stesso, al signor Presidente, all'Assessore e ai Consiglieri, la recente sentenza della Corte Costituzionale da altri richiamata; senza entrare nel merito e senza intaccare l'autorevolezza dell'organo dal quale è stata emessa la sentenza medesima, penso di poter affermare che i Comuni, nel portare avanti il discorso abitativo, andranno incontro ad oneri venti o trenta volte più gravosi di quelli attuali. Non escludo che se il Parlamento, nello spirito di quella sentenza, non riuscirà a trovare qualche meccanismo che venga a sbloccare la situazione che è venuta a crearsi, il problema dell'espansione abitativa nei concentrici diventerà sempre più problematica.
A maggior ragione, cerchiamo di contemperare l'esigenza della difesa del suolo, l'esigenza prioritaria di difesa dei suoi agrari, con la possibilità di consentire a quanti vogliono continuare a vivere e ad abitare nelle zone rurali la possibilità di poterlo fare, consentendo un respiro per non vedere totalmente bloccata ogni attività edilizia.
Inoltre nel primo dibattito avevo chiesto semplificazione ed accelerazione nell'indennità di esproprio. In allora l'Assessore Astengo si era impegnato di predisporre una regolamentazione a parte.
Dall'approvazione della legge 56 è trascorso parecchio tempo: mi auguro che nel suo intervento conclusivo vorrà fornire una risposta in merito e vorrà dirmi se sussistono ancora la possibilità di quell'impegno che egli allora si era assunto.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Signor Presidente e signori Consiglieri, dopo 3 anni di applicazione della legge 56 ci aspettavamo che da parte della Giunta regionale si procedesse a consistenti modifiche che consentissero di ovviare ai vari troppi inconvenienti provocati dall'applicazione della legge stessa.
Purtroppo devo constatare che i miglioramenti apportati, se così si possono chiamare, non soddisfano appieno, anche se qualche cosa di concreto è stato fatto. Altri hanno disquisito sulla legge e sull'articolato nei suoi aspetti più significativi. Mi sia consentito di fare alcune osservazioni soprattutto per ciò che concerne il problema del recupero, uno dei temi dominanti nella proposta riforma. Infatti il punto 7 bis dell'art.
12 individua le parti del territorio ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno "il recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione e migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette parti possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi isolati ed aree nonché edifici da destinare ad attrezzature piccole". Questo è certamente un aspetto positivo perché fino a ieri tutto ciò non era possibile. In definitiva viene consentito al Piano regolatore di individuare i complessi edilizi e le aree, singoli ed isolati, che possono essere compresi nel Piano regolatore e destinati al recupero.
Intanto devo rilevare che per arrivare a questo si sono impiegati quasi tre anni, quando invece si sarebbe dovuto arrivare subito. Mi consenta l'Assessore che io faccia questa benevola polemica. Certo, la sua nota intelligenza e capacità avrebbero dovuto prevedere subito queste cose tenendo conto della reale situazione dei paesi, soprattutto di quelli agricoli e montani.
Poiché sarà possibile da oggi a che i lavori potranno essere eseguiti negli anni '81 e '82, invece che negli anni '77 e '78, vogliamo renderci conto della notevole spesa in più alla quale i cittadini piemontesi saranno sottoposti? Vogliamo calcolare la differenza fra i costi di costruzione del 1978 rispetto a quelli dell''80 o dell''81? Gli indici Istat per la determinazione dell'equo canone rilevano aumenti che vanno dalle 325.000 lire al metro quadro del '78, alle ipotetiche 425.000 lire del 1980.
Senza contare poi che, in questi ultimi due anni, parecchie imprese edili avrebbero avuto maggiore lavoro a disposizione. Qui sta il punto.
Anche quando i Comuni prevederanno sulla carta tali recuperi che cosa avverrà? Che le volumetrie di tali recuperi verranno computate nel quantum stabilito dagli indici "capestro" per ogni Comune. Quindi saremo daccapo.
Non chiedo che ogni Comune debba poter disporre di una illimitata quantità di volumetrie tenendo conto del recupero e di possibili insediamenti nuovi è evidente però che per consentire alle campagne di sopravvivere e di incrementarsi, questi indici vanno riveduti. Si vuol mantenere la gente in campagna o la si vuol fare fuggire? Infatti il discorso interessa una miriade di Comuni agricoli e montani della nostra comunità piemontese.
Poi c'è anche il discorso dei centri storici dei paesi di campagna e di montagna. Accanto ad alcuni simulacri di castelli, più o meno conservati negli ultimi 200 anni sono sorte case di ogni genere, dormitori delle mondariso, costruzioni per attrezzi agricoli ormai cadenti e obsoleti. Le costruzioni vecchie ed obsolete senza valore artistico, il più delle volte vengono incluse nei piani regolatori precludendo qualsiasi intervento e causando danni sotto l'aspetto estetico. Non si tiene conto che tali aree preziose, perché ubicate in centro, sono di poco costo per il Comune in quanto le zone sono quasi sempre dotate di servizi pubblici. Il recupero è valido quando è un soprappiù rispetto agli indici stabiliti.
Non parliamo poi del recupero delle costruzioni di valore artistico.
Conosco il caso di una casa di un certo valore artistico che alcuni volenterosi hanno voluto recuperare con la conservazione di quanto c'è all'esterno e con lievi trasformazioni interne, per la quale il divieto degli orizzontamenti interni ha precluso la possibilità di eseguire quell'opera per almeno un anno. Tali interpretazioni a volte vengono fatte da parte di architetti che si ritengono i depositari della scienza urbanistica e della scienza delle costruzioni.
Mi aspettavo poi la modifica dell'art. 85 che invece non è avvenuta.
Leggo il punto c-2 a pag. 24. Che cosa vuol dire? Non voglio dire che a chi abbia uno stabilimento di tre o quattro mila metri quadrati debba essere consentito di portarlo a 9-10.000 metri quadrati: sarei in contrasto con la politica nazionale che va alla ricerca della programmazione delle aree territoriali destinate all'incremento industriale. Un conto è il caso dell'edificio di 500 metri quadrati al quale vengono concessi altri 500 metri quadrati, diverso è il caso di 5.000 metri quadrati che, con incrementi produttivi e con assunzione di manodopera, dà un incremento allo sviluppo dell'economia locale; ma se a questo secondo caso si concedono solo 500 metri quadri, che cosa può fare? Le mie osservazioni non vogliono avere il gusto della polemica ma vogliono sottolineare l'esigenza che la legge sia modificata in maniera che sia aderente alla realtà delle classi sociali, sia l'impiegato o l'operaio che voglia costruire la casetta per sé o per il figlio, sia che la voglia ampliare, sia per le attività produttive agricole, industriali o artigiane.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

La maggior parte degli emendamenti presentati dal Gruppo D.C.
riguardano le zone agricole e, come primo obiettivo, tendono a introdurre nella legge norme per una maggiore tutela del territorio agricolo. Si tende a porre sul piano di parità il territorio ad uso agricolo con quello ad altre destinazioni, invertendo la tendenza in atto di considerare il terreno agricolo residuo, dopo aver soddisfatto tutte le altre esigenze: metodo che credo tutti considerano sbagliato.
Gli obiettivi che ci proponiamo sono due: limitare il più possibile l'ulteriore consumo di terreno agricolo agevolare chi opera in agricoltura evitando agli agricoltori ulteriori limitazioni, quando sia garantita la destinazione agricola delle costruzioni.
Per assicurare il raggiungimento dei citati obiettivi è opportuna la presenza dei produttori agricoli nelle fasi di formazione e di approvazione degli strumenti urbanistici. Crediamo che gli organismi competenti più qualificati in merito siano le Commissioni agricole-zonali per i piani territoriali, e l'Ente di sviluppo agricolo per la fase di approvazione presso il CUR.
Desideriamo precisare meglio i terreni più produttivi, attrezzati, da sottrarre al cambio di destinazione, tenendo anche conto, oltre quanto previsto dalla legge 56, degli investimenti agricoli, fatti o in corso riconoscendo i piani aziendali, i piani interaziendali e l'efficienza delle imprese agricole.
Quindi aggiungiamo ulteriori elementi di valutazione per individuare i terreni che possono essere concessi ad altri usi e quelli che devono invece essere salvaguardati.
Riproponiamo la possibilità di costruire impianti associativi di raccolta e conservazione dei prodotti agricoli anche in assenza della precisa localizzazione nel piano regolatore. L'avevamo proposto con la discussione della legge 56, ma poi per un equivoco l'emendamento non venne accettato; era stato poi riconosciuto da tutti che invece andava accolto.
Al fine di togliere un dubbio, che esiste presso gli amministratori locali, vogliamo precisare che i grossi allevamenti senza terra detti impropriamente industriali, debbono essere espressamente previsti dai piani regolatori: questa è una limitazione che chiediamo, essendo allevamenti nocivi dal punto di vista igienico-ambientale.
Introduciamo il discorso delle serre che non avevamo previsto nella legge 56, le quali possono essere di due tipi: serre stabili, che indubbiamente vanno equiparate alle costruzioni normali; serre mobili stagionali, che possono essere montate e smontate durante l'anno che riteniamo, possono essere autorizzate senza concessioni da parte del Comune.
Il nodo più grosso riguarda le abitazioni rurali, che vogliamo "commisurate" alle reali esigenze del fondo agricolo ed alle esigenze dei familiari conviventi con i titolari; verremo così a modificare il limite di cubatura vigente che nel 90% dei casi è eccessivo. Un'azienda di 50 giornate potrebbe fare 4 mila metri quadri di cubatura. Noi siamo contrari a queste cubature. Vogliamo le abitazioni per chi lavora nell'azienda. I limiti di cubatura sono eccessivi nella quasi totalità dei casi, mentre nei casi di aziende intensive non sono sufficienti a dare una casa a chi lavora nell'azienda.
Inoltre vorremmo favorire l'agriturismo nelle zone montane e collinari in particolare, dando però un limite e stabilendo una cubatura massima da destinare a tale uso.
Chiediamo di fissare un limite di anni. Siamo d'accordo nel dire che le costruzioni nelle zone agricole devono essere destinate all'uso agricolo però è opportuno lasciare una durata illimitata per questo vincolo, oppure è più opportuno stabilire un limite come altre Regioni hanno fatto? Il limite di 20 anni potrebbe essere accettabile.
Eccezioni al cambio di destinazione, elencate nella proposta dell'Assessore. Non si tratta di cambio di destinazione, ma del riconoscimento alla vedova affinché possa continuare ad abitare nell'abitazione. Quindi chiediamo una limitazione, assieme al non pagamento degli oneri di urbanizzazione, che ci pare non corretto.
Nelle zone a vincolo idrogeologico ci sono dei limiti che accettiamo.
C'è scritto che possono essere fatte delle strade per uso agro silvopastorale. Faccio notare che una strada può servire un alpeggio e che normalmente queste opere si fanno unendo la costruzione della strada di accesso al miglioramento dell'alpeggio: i piani della Comunità montane vanno avanti in questo senso. Credo quindi che si debbano aggiungere anche le opere connesse all'uso della strada.
Inoltre, se crediamo che occorre limitare l'uso dei terreni agricoli e recuperare i fabbricati nei centri abitati e quelli sparsi nella campagna proponiamo che nella fase transitoria, in attesa del piano regolatore (2 o 3 anni) ne sia consentito il recupero, specialmente nelle zone montane e collinari, dove sono numerosi e che possono essere correttamente recuperati per usi commerciali e artigianali.
Nella norma transitoria, art. 85, si dice che si applica, in attesa del piano regolatore, una cubatura di 0,03 dell'"area interessata"; queste parole creano notevole scompiglio nei Comuni perché non sanno come interpretarle, alcuni le hanno interpretate come "area aziendale" altri come "lotto" dove esiste il fabbricato. Il secondo concetto è forzato perché impedisce costruzioni agricole necessarie. Per "area interessata" si dovrebbe intendere "la superficie aziendale coltivata compresa nel raggio di metri...", proprio per evitare abusi e trasporto di cubatura inutile.
Con questo piccolo accorgimento consentiamo di costruire le case agricole che sono veramente necessarie.
Le nostre proposte rispondono sostanzialmente a molte richieste pervenute dalle categorie interessate e da Enti nella fase della consultazione: la Coltivatori diretti, l'Unione agricoltori, la Confcoltivatori e l'Ente di Sviluppo Agricolo i cui documenti ho consultato, soppesato e valutato. Alcune modifiche poi sono tratte da leggi vigenti in Toscana, in Emilia e nel Veneto: pertanto, non sussistono impedimenti di carattere giuridico a che diventino legge anche per il Piemonte.
Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Avendo i colleghi precedentemente trattato gli aspetti generali che concernono il taglio del giudizio che diamo rispetto agli articoli modificati o in modificazione alla legge 56, mi limiterò ad alcune considerazioni aggiuntive per evitare di rubare tempo alla discussione nel merito dei singoli articoli.
Una precisazione va fatta per quanto attiene alle motivazioni che hanno portato a queste modifiche. Non sono solo, come forse si voleva fare apparire nella prima presentazione, conseguenti a una serie di modifiche o di disposizioni legislative nazionali, ma sono nate dall'esperienza e dalla denuncia di molti limiti, sia sul piano gestionale che sul piano dell'interpretazione. Rendendoci conto della complessità di alcuni aspetti interpretativi, per quanto attiene all'aggancio tra il periodo a regime e il periodo transitorio, avevamo ritenuto opportuno quando si discuteva la legge 56, di sollecitare l'Assessorato all'esplicitazione di alcuni contenuti procedurali o, al limite per quanto attiene a determinate documentazioni, prevedere opportunamente in una circolare esplicativa che tutti i disegni di legge complessi hanno sempre avuto, con l'elasticità che offre quello strumento il quale, non essendo strumento legislativo consente successive modificazioni in funzione dell'esperienza che si andava maturando.
Dobbiamo constatare invece come nei due anni e mezzo di gestione di questa legge si siano venuti accentuando fenomeni di centralismo, non tanto genericamente definibili "regionali" perché forse nemmeno condivisi o responsabilizzati da tutto l'esecutivo, quanto di centralismo assessorile che certamente ha rilevato i suoi limiti sia nei riflessi operativi sia nei riflessi della resa e della operatività della struttura.
A questo tipo di fenomeno si è venuto accompagnando il fenomeno della crescita dell'ingerenza politico-tecnica, in alcuni casi mascherata e mistificata come parere tecnico, ma che in realtà era un'ingerenza di marca politica del Comitato Urbanistico Regionale, che con precisazioni e richieste, sia per quanto attiene ai contenuti di alcuni atti quali le perimetrazioni, sia per quanto attiene ai programmi pluriennali di attuazione, ha accentuato questa ingerenza che noi riteniamo assolutamente inammissibile e ci auguriamo che da parte della Presidenza del CUR ci sia un richiamo a voler contenere nei contenuti espressi chiaramente nel testo legislativo della legge 56.
Il secondo tipo di osservazione collateralmente al problema della gestione in generale della legge in quanto tale richiamerebbe il problema della gestione della struttura che voglio richiamare semplicemente solo per ricordare come questo sia ancora uno degli aspetti che, a 5 anni dalla formazione di questa Giunta, non ha ancora trovato all'interno dell'area territorio una sua precisa e chiara identificazione. Anzi, ci risulta esistano grosse aree di oscura gestione per quanto attiene ad alcuni servizi. Ne cito uno solo che credo sia quanto mai importante e che ritengo debba trovare riscontro nello stesso articolato della legge: l'archivio degli strumenti urbanistici il quale ci risulta non essere gestito con l'attenzione ed il rigore che richiederebbe questo tipo di servizio che deve essere anche a disposizione della comunità piemontese in tutti quei casi in cui si richieda la verifica degli atti dei Comuni e della Regione in ordine alla materia urbanistica.
Nella definizione delle modifiche alla legge 56 occorre porre molta attenzione al ruolo della Giunta regionale in tutti quegli ambiti di pareri e di autorizzazioni che debbono essere richiesti, a volte in deroga di norme della legge, a volte per esplicito riferimento della legge stessa.
Credo che questa crescita di ingerenza per quanto attiene al potere della Giunta regionale non concerne solo e tanto, per quanto sia un aspetto politicamente di grande rilievo, di non fagocitazione delle autonomie locali, quanto di evidenziazione da un lato, ma anche di chiarezza e di certezza dall'altro, dei ruoli che debbono poter assolvere tutti gli organi di decentramento rappresentativo che lo Statuto della Regione prevede e alcune leggi specifiche contemplano, senza sovrapposizioni e soprattutto senza sostituzione di competenze che essendo, in molti casi, di natura esclusivamente tecnica, debbono essere affidate con le dovute responsabilizzazioni alla struttura della Regione e non essere assunte come discrezionalità da parte dell'organismo esecutivo.
Fatte queste brevi considerazioni di carattere generale richiamo l'opportunità di evitare che alcune materie quale quella dei beni culturali e ambientali, siano definite nella legge sulla tutela ed uso del suolo invadendo altri settori di competenza che non riguardano esclusivamente gli aspetti meramente gestionali, ma che concernono, in un quadro di opportuna ripartizione di responsabilità e anche di competenza sul piano tecnico l'immagine e la funzionalità della Regione nel suo complesso.
Riteniamo, in altre parole, che per quanto attiene al dipartimento territorio vi sia la possibilità di un'articolazione di compiti più definita, evitando di accentrare sulla gestione urbanistica ruoli e competenze che non sono proprie, che, anzi, rischierebbero di deresponsabilizzare la posizione e il ruolo di altre strutture. Il riferimento specifico alla questione dei beni culturali ambientali è quanto mai pertinente: è una materia che presenta aspetti quanto mai delicati. Il volere pensare di accentrare solo sull'Assessorato all'urbanistica le competenze in questo settore è oltretutto illusorio, anche dal punto di vista delle strette competenze e disponibilità dal punto di vista della struttura, oltre che inopportuno per ragioni dal punto di vista politico.
In attesa che le competenze vengano chiaramente definite e per quanto riguarda la ripartizione dei ruoli che lo Stato ha e continua ad avere in questa materia e le competenze che sono chiaramente delegate alla Regione e quindi, in quanto tali, delegabili a livelli inferiori del governo locale quadro che dovrebbe essere chiuso con la presentazione e l'approvazione della legge quadro sui beni culturali e ambientali, riteniamo che questa materia non possa entrare tout court nell'articolato a regime della legge ma debba essere considerata con l'attenzione di una norma transitoria che consenta di assumere da parte della Regione determinati compiti e di delegarli e poi consenta una revisione successiva quando questa materia fosse sufficientemente articolata e definita.
L'ultimo aspetto che credo debba essere ricordato comunque, concerne anche per questa materia, il ruolo che le autonomie locali possono svolgere, proprio per concorrere a formare il quadro di responsabilità di scelte politiche che la Regione nel suo complesso deve poter fare.
Abbiamo ritenuto di dovere fare riferimento per gli elenchi ai Comuni non certo illudendoci della loro capacità immediata di poter fare in questo settore una scelta responsabile, quanto per affermare il principio che comunque, questa scelta in una qualche misura deve far capo anche alle autonomie locali, proprio perché esse innanzitutto, dal punto di vista culturale e di coresponsabilizzazione, possano prendere coscienza di quali sono i patrimoni da salvaguardare e di come se ne possono far carico non solo nella definizione astratta dell' elencazione, quanto piuttosto nelle successive determinazioni che concernono atti esecutivi quali il rilascio delle concessioni, il controllo sul modo in cui le costruzioni vengono realizzate. La Regione non avrà mai possibilità concreta e reale di poter gestire in modo sufficientemente completo questi aspetti se noti vengono delegati ai Comuni.
Il richiamo a questo tipo di problematica investirebbe più in generale tutto il problema della gestione dei centri storici, non solo per quanto attiene gli aspetti di definizione normativa nell'ambito degli strumenti urbanistici, ma soprattutto per quanto attiene ai problemi più specificatamente operativi, che vanno dal momento in cui si delinea la proposta di intervento, al momento in cui questo intervento viene autorizzato con modalità e con compatibilità dal punto di vista della collaborazione, che deve investire non solo gli operatori privati ma le strutture pubbliche. Ovviamente anch'esse dovrebbero trovare un tipo di definizione normativa, non pertinente certo in questo disegno di legge, ma che riteniamo debba rimanere all'attenzione comune uno dei problemi da affrontare nel caso in cui si voglia compiutamente definire la normativa nell'ambito di queste parti del territorio.
Il giudizio che dobbiamo dare oggi per quanto attiene alla normativa debbono tenere conto dell'insufficiente definizione di questi quadri operativi, sia pure essi dipendenti per una certa parte da leggi nazionali e quindi prefigurare una proiezione nell'applicazione normativa con difficoltà e limiti che nel tempo potrebbero durare anche molto a lungo quindi l'esigenza di evitare il deperimento ulteriore del patrimonio edilizio esistente, anche all'interno degli stessi centri storici, con una normativa eccessivamente rigida. Ecco perché richiamiamo l'opportunità negli emendamenti che presenteremo, di applicare con lo spirito, col quale è stata elaborata e varata la legge 457, anche per quanto attiene certi tipi di intervento nei centri storici, ossia di non sovrapporre definizioni, sia pure transitorie o limitative ai concetti espressi nella classificazione degli interventi della 457, che finirebbero di necrotizzare ulteriormente le possibilità operative all'interno delle aree.
Per quanto attiene agli aspetti più generali, il Consigliere Genovese ha elencato i punti sui quali noi intenderemo soffermarci. Ricordo come all'interno delle cose già precisate vi siano esigenze di chiarezza sui contenuti delle caratteristiche della concessione, sui contenuti delle autorizzazioni oltre alle specificazioni già ricordate da Genovese, che sono aspetti che, per quanto ci riguarda, si prestano alle maggiori "sbandate" dal punto di vista dell'interpretazione della legge; quindi la chiarezza che esigiamo nelle precisazioni, anche per quanto attiene determinati contenuti, sia a salvaguardia della completa certezza di quadro nel quale i Comuni possono agire.
A questo punto, sarebbe opportuno che si entrasse nel merito dei singoli articolati. Se vi sarà la possibilità di un confronto con l'Assessorato forse potremo meglio chiarire alcuni aspetti. Facciamo presente che uno dei limiti della possibilità di entrare tout court nel merito di questi emendamenti, è il limite conoscitivo: alcune cose le conosciamo; ad esempio, non abbiamo ancora presentato tutti gli emendamenti che concernono il periodo transitorio, perché volevamo prendere conoscenza degli emendamenti presentati da altri Gruppi per poter operare una sintesi sulle valutazioni su questo settore.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Il Gruppo comunista intendeva svolgere, oltre alla relazione della collega Graglia, un intervento sulla discussione generale soprattutto perché alcuni interventi che mi hanno preceduto meritano una risposta. Il nostro Gruppo si riserva di intervenire nel merito sui vari articoli e chiederà uno spazio maggiore, avendo rinunciato a questo intervento, nella dichiarazione di voto.
Anch'io sono d'accordo con il Consigliere Picco sulla necessità di passare all'esame di merito. Probabilmente si dovrà prevedere una riunione dei Capigruppo per organizzare i lavori, coordinare gli emendamenti.



PRESIDENTE

D'accordo. La parola all'Assessore Astengo per la replica.



ASTENGO Giovanni, Assessore all'urbanistica

La complessità della materia e l'inserimento nei singoli articoli di vari emendamenti, da parte della Giunta e delle altre forze politiche comportano una discussione approfondita in sede di esame dei singoli articoli.
Cercherò di dare qualche risposta agli intervenuti.
Al Consigliere Benzi, che ritiene che tutta la legge debba essere riveduta, si risponde che una revisione globale non può essere accolta.
D'altra parte, che ci siano Sindaci allarmati è una nota di carattere giornalistico e coloristico. Credo invece che si debba ritenere che c'è stata una seria applicazione della legge 56 nella comunità regionale, non senza difficoltà e problemi di immediata interpretazione.
Conosciamo le modifiche alla legge 10 che il Governo sta predisponendo perché esiste un rapporto continuo tra Regioni, Parlamento e Governo. Il Ministro Stammati aveva istituito una regolare consultazione del Ministro dei lavori pubblici con gli Assessori regionali e questo è avvenuto successivamente anche con i Ministri Compagna e Nicolazzi. Le proposte sono ancora in forma embrionale, non toccano però la sostanza della legge 10 e riguardano problemi che non ineriscono alle modifiche che sono state proposte e che verranno discusse in questa seduta.
Questo fatto non può quindi fermare il processo di adeguamento alla legge 457, il processo di miglioramento dei sistemi procedurali per accelerare le approvazioni dei piani, contenuto della proposta di legge.
L'affermazione pesante che ci siano delle relazioni in ciclostile non penso che possa essere accettata.
Se il Consigliere Benzi avrà la Cortesia di venire al Comitato Urbanistico Regionale, come è suo diritto, potrà constatare con quale serietà vengono svolti i lavori.
Il Consigliere Genovese ha svolto alcune osservazioni di carattere generale che comportano l'attenzione a tutta la materia che è stata presentata. In particolare si è soffermato sui problemi dell'estensione del programma poliennale di attuazione alla maggioranza dei Comuni. Però nel terzo elenco deliberato dalla Giunta e trasmesso al Consiglio, vi è la esclusione del 30% dei Comuni al di sotto dei 3000 abitanti (1013 Comuni).
Sul problema dei piccoli Comuni vorrei far presente che vi sono stati nella prassi casi estremamente significativi di applicazione del programma di attuazione da parte di piccolissimi Comuni, con soddisfazione dichiarata di Sindaci che li hanno presentati e gestiti, i quali sono riusciti attraverso questa formula di programmazione locale, ad attuare il coordinamento degli interventi che diventano programmati, evidenti quantificati. Su questi la richiesta e la concessione del contributo da parte della Regione diventa un fatto molto esplicito.
Al Consigliere Marchini non saprei cosa rispondere. L'ho detto in Commissione ripetute volte che ci sono state delle consultazioni preventive sull'ammissibilità o meno di determinate interpretazioni delle leggi statali. C'era anche stato detto che certe richieste assolutamente non sarebbero passate. Ribadisco anch'io il fatto che la sentenza della Corte Costituzionale è estremamente grave, non tanto per l'abrogazione degli articoli, quanto per la filosofia con cui venne esposta la motivazione della sentenza. Questo è stato colto da tutte le parti politiche, forse non da quella a cui appartiene il Consigliere Marchini. Le affermazioni che per esempio, le aree vicine alle aree già urbanizzate devono intendersi ipso facto urbanizzabili, è una affermazione che contrasta con la realtà delle cose, la geografia, il buon senso. Se quel concetto dovesse diffondersi certamente ritorneremmo a prima del 1865.
Ha ragione la dottoressa Vaccarino quando dice che il linguaggio urbanistico è specialistico. Purtroppo tutte le tecniche debbono utilizzare dei termini che debbono essere esplicitati e definiti. Sono pienamente d'accordo che questa operazione che è di crescita culturale, è lenta e deve essere agevolata dalla Regione. La circolare, che abbiamo tenuto in sospeso un anno fa quando si è avviato il processo di revisione, non appena saranno fissate e definite le modifiche sarà diffusa. Certamente non basterà la circolare. Infatti una serie di iniziative di sostegno sono in corso relazioni, rapporti sullo stato della pianificazione; il famoso manuale sulle opere di urbanizzazione è pronto e andrà alla stampa quanto prima.
Certamente la convenzione tipo, che è stata sospesa dal Commissario del Governo deve avere un iter accelerato. Appena chiusa questa fase ci impegniamo a dare il via alla convenzione tipo.
C'è una notevole quantità di lavoro in corso nella Regione che sta per dare i suoi frutti, che dobbiamo agevolare e favorire. Certamente l'approvazione non dovrà richiedere tempi lunghi; in questo senso tutti gli sforzi sono stati compiuti e i suggerimenti per accelerare questi processi di esame che eventualmente dovessero venire saranno presi in considerazione.
Ho colto l'indicazione relativa all'aumento degli standard come elemento positivo in ordine alla dotazione di servizi. Certamente è carente l'aspetto operativo e in questo senso penso che il bilancio della Regione dovrà essere influenzato da queste premesse. La possibilità fondamentale è quella dell'acquisizione delle aree: le attrezzature che vi sono previste diventano agevolate. Abbiamo il grosso problema della soluzione in tempi brevi dell'empasse costituito dal costo dell'indennità di esproprio. La Regione si è consultata anche perché i tempi amministrativi sono molto vicini. Certamente il Governo interesserà le Regioni le quali potrebbero diventare l'elemento proponente di una soluzione: la soluzione del problema dell'espropriazione dei suoli in termini equi e della realizzazione del demanio delle aree per i servizi, attribuendo risorse statali e risorse regionali in questo campo.
L'intervento del Consigliere Menozzi era sullo stesso argomento.
D'altra parte il problema c'era ed è rimasto aperto ancora più acutamente con la sentenza della Corte Costituzionale. Non è solo problema del pagamento ma dell'entità. La materia compete allo Stato. Iniziative in questo senso dopo la sentenza, possono essere promosse dalla Regione per sviluppare il discorso dell'equo indennizzo del bene espropriato e dei modi e tempi per l'erogazione delle indennità.
Al Consigliere Borando vorrei rispondere che in queste modifiche sono state introdotte delle norme che consentono ampliamenti, possono esserci anche delle chiusure nell'interno dell'involucro.
Dall'intervento del Consigliere Chiabrando ho colto con grande interesse la sua affermazione che dice: in certi casi la cubatura assegnata ex lege è eccessiva. Sono sensibile a queste affermazioni quando ce ne sono tante altre di segno opposto. Rientriamo nel discorso dei poteri della Regione nei confronti dello Stato. Lo Stato ha fissato 0,03. Fu fatica immensa nelle riunioni preliminari convincere che se noi abbassavamo gli indici in certe parti potevamo aumentarli in altre. Ad un certo punto nel cercare di portare avanti questo limite per le colture di carattere pregiato si trovò un tetto. Ne potremo comunque discutere successivamente.
La proposta del limite di almeno 20 anni per l'impegno a non modificare penso che possa essere riconosciuto giusto e sensato.
In ordine all'intervento del Consigliere Picco, a parte le accuse di centralismo assessorile a cui sono abituato, il problema è sulla gestione della struttura. Sono pienamente d'accordo nel dire che le strutture sono arenate, asfittiche, sono cresciute male. Finalmente con la legge sulle strutture possiamo far crescere entro i limiti che il Governo ha posto e potremo effettivamente operare: non è solo questione di cooptare, di scegliere, attraverso ai concorsi, gli uomini, ma è soprattutto questione di formazione degli uomini che è lenta, che richiede tempi lunghi. Vedremo quali sono gli strumenti che possono essere messi in moto per ottenere un servizio rigorosamente gestito.
Beni culturali e ambientali. L'ipotesi non era di accentramento, ma era di decentramento ai Comitati comprensoriali. Si è obiettato che l'eccessivo decentramento porta la difficoltà dell'omogeneità dell'indirizzo. Stiamo studiando una formula che contemperi l'una e l'altra esigenza in attesa della legge quadro che, anche se non può ancora essere messa sul tappeto, è certamente un problema che sarà discusso: conseguentemente la legge 56 potrà essere successivamente modificata. A due anni e mezzo circa dall'approvazione della legge, in questo periodo si è modificato il quadro degli strumenti urbanistici; all'entrata in vigore della legge 56 avevamo 710 Comuni sprovvisti di strumento urbanistico; di questi, 125 erano privi di perimetrazione. Oggi i Comuni sono scesi a 116, tutti sono sprovvisti di perimetrazione, quelli dotati di strumento urbanistico approvato sono 593 contro i 499. Dall'entrata in vigore delle perimetrazioni le operazioni all'interno e all'esterno del nucleo storico, se rilasciate secondo legge sono legittime. Quest' operazione di pulizia amministrativa ha un significato rilevante. Ha funzionato il meccanismo dell'art. 90, che ha portato alla formazione di 98 strumenti urbanistici esaminati e poi approvati, tranne 28 in controdeduzione.
Oltre a questo fatto, ci sono state 23 varianti specifiche di applicazione dell'art. 83, congiunte con i programmi poliennali di attuazione. Esistono programmi di fabbricazione degli anni '60 formati semplicemente da due linee: un perimetro dell'abitato e un altro perimetro esterno, intensivo e semintensivo, rurale. Un Comune aveva queste cubature: 6 mc a metro quadro, indifferentemente centro storico o abitato, 3 mc a metro quadro all'esterno nel territorio rurale.



PICCO Giovanni

Potevate provvedere con poteri sostitutivi.



ASTENGO Giovanni, Assessore all'urbanistica

I poteri sostitutivi non c'entrano. Questi erano strumenti legittimamente approvati negli anni '60, operanti e funzionanti. Appunto attraverso le 23 varianti si sono recuperate situazioni difficili.
Il dato più significativo è quello relativo ai programmi poliennali di attuazione: 126 sono stati approvati, 144 sono in istruttoria; questo significa un sostanziale recepimento della legge n. 56 presso la comunità regionale con risultati di notevole interesse. Attraverso questi c'è stata la possibilità di individuare le opere da ammettere a contributo e da organizzare attraverso determinate logiche. Gli adempimenti compiuti dall'entrata in vigore della legge 56 fino ad oggi dimostrano che la legge non è stata così negativa e sconvolgente. Si tenga conto che ci sono 57 Consorzi di Comuni che raggruppano 266 Comuni ai fini della formazione dei piani regolatori intercomunali. Si tenga conto che c'è una grossa massa di deliberazioni programmatiche e di progetti preliminari in fase di adozione e che saranno dotati ancora in questa tornata amministrativa. Questo quadro dimostra che la comunità è in movimento per quello che riguarda la dotazione degli strumenti urbanistici.
A questo punto la presenza degli strumenti di base locali consente di fare il passo successivo della integrazione con gli schemi di pianificazione territoriale ai quali si è proposto di dare un'immediata operatività.
In questo senso e in questo quadro si collocano le proposte che la Giunta ha formulato, per le quali entreremo nella discussione punto per punto, non appena verranno affrontati i singoli articoli, i singoli emendamenti.



PRESIDENTE

In osservanza degli impegni Assunti interrompiamo i nostri lavori che riprenderanno alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,20)



< torna indietro