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Dettaglio seduta n.304 del 10/01/80 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Punto primo all'ordine del giorno: Approvazione verbali precedenti sedute.
I processi verbali delle sedute del 12, 13, 14, 19, 20 e 21 dicembre 1979 si intendono approvati, se non vi sono osservazioni.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interpellanza dei Consiglieri Lombardi e Martini inerente all'ospedale di Savigliano


PRESIDENTE

Iniziamo le interrogazioni ed interpellanze con l'esame dell'interpellanza dei Consiglieri Lombardi e Martini inerente all'ospedale di Savigliano.
Risponde l'Assessore Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

La polemica circa l'ospedale di Saluzzo e l'Ospedale di Savigliano emersa da qualche televisione privata o da qualche giornale locale, non aveva assolutamente fondamento. Vi era stata una lettera di richiesta di spiegazioni da parte del Presidente del Comprensorio alla quale ho risposto contemporaneamente ai giornali, con la differenza che ai giornali il comunicato stampa è arrivato immediatamente e immediatamente è stata pubblicata la notizia, invece al Presidente del Comprensorio la lettera è arrivata per posta e quindi in ritardo, ma, ripeto, la comunicazione e la presa di posizione dell'Assessorato, così come richiesto, era stata spedita contemporaneamente ai giornali e al Presidente del Comprensorio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Non posso che dichiararmi insoddisfatto della risposta dell'Assessore perché i fatti, come risultano dai documenti, non corrispondono a quanto egli ha sostenuto.
Intanto la nostra interpellanza è derivata da uno stato d'animo, che posso solo definire contrariato dagli Amministratori del Comprensorio, che si sono visti scavalcati da un rapporto diretto Assessorato-stampa quando vi erano delle richieste di precisazione da parte del Presi- dente del Comprensorio. Per rimanere aderente ai fatti il Presidente del Comprensorio, dopo che erano sorte delle polemiche sulla zonizzazione nel Comprensorio Saluzzo-Savigliano-Fossano, in data 9 novembre 1979, richiese precisazioni in merito all'Assessorato. In data 29 novembre 1979, sul "Saviglianese" apparve la risposta dell'Assessorato in merito alla questione. Visto che era stata data risposta al problema tramite la stampa senza che fosse intercorsa una corrispondenza fra Assessorato e Presidente del Comprensorio, il sottoscritto con il collega Martini, in data 6 dicembre, presentava una interpellanza per sapere perché l'Assessorato rispondeva prima alla stampa, e non al Comitato comprensoriale. Al Comitato comprensoriale giunse poi una risposta con lettera datata 10 dicembre, cioè la lettera di risposta partì dall'Assessorato in data 10 dicembre, da questo si deduce che la nostra interpellanza aveva motivazioni assolutamente valide.
Ritengo che il Consiglio regionale debba sempre ricordarsi degli organismi decentrati, perché se ce ne scordiamo noi che li abbiamo creati è logico che essi si sentano veramente in una situazione di abbandono. Per questo motivo riteniamo di dover rimarcare la mancanza di rapporti fra Assessorato alla sanità e Comitato comprensoriale, sperando che certi fatti non succedano più, perché in effetti il Comitato comprensoriale di Saluzzo Savigliano-Fossano in questo caso ha patito un sopruso.
Non entro nel merito della polemica, che ritengo anch'io infondata: era però sufficiente che i rapporti Assessorato-Comprensorio fossero continui e non ci sarebbe stato bisogno di nessuna nostra interpellanza al riguardo.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interpellanza dei Consiglieri Picco, Genovese, Petrini e Beltrami inerente alla determinazione dei contributi per gli oneri di urbanizzazione


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza dei Consiglieri Picco, Genovese, Petrini e Beltrami inerente alla determinazione dei contributi per gli oneri di urbanizzazione.
Risponde l'Assessore Astengo.



ASTENGO Giovanni, Assessore all'urbanistica

Questa richiesta di chiarimenti richiederebbe una risposta estremamente lunga. Ho anche un testo scritto che posso mettere a disposizione degli interpellanti. In breve, la differenza nella formazione degli oneri di urbanizzazione primari e secondari, deriva dalla legge stessa, dalla legge statale, oltre che dalle applicazioni in sede regionale.
Se ci fosse stato un atteggiamento diverso in sede parlamentare, si sarebbe parlato non di contributo per gli oneri di urbanizzazione, bensì di imposizione di tassa, d'imposta.
In effetti, anche in sede di recenti discussioni su possibili ipotetiche revisioni della legge 10, sono emerse delle correnti, o meglio dei movimenti di persone non legate a partiti che riterrebbero più semplice l'applicazione di un contributo unificato, ma la ratio della legge 10 comporta espressamente la differenziazione, perché gli oneri di urbanizzazione sono legati al concetto di contributo quindi non è da sopportare il 100% di tutti gli oneri, ma in questo contributo è il 100 relativo alle opere di urbanizzazione primarie e un contributo per quelle secondarie. La somma di questi due concetti comporta delle differenziazioni; non solo, ma per i contributi di urbanizzazione primaria si inserisce in una situazione storicamente differenziata da Comune a Comune, per cui esistono Comuni che sono dotati di opere di urbanizzazione primaria e Comuni che hanno invece un fabbisogno pregresso estremamente rilevante ancora di urbanizzazione primaria.
Il concetto della legge 10 è quello di chiamare i cittadini a partecipare al soddisfacimento di fabbisogni. Ecco allora i comportamenti dei Comuni, non solo nell'interpretazione delle tabelle parametriche della nostra deliberazione di Consiglio regionale, ma nell'applicazione pratica di queste, che correttamente svolgono un loro studio preliminare per l'applicazione dei contributi e si danno carico di individuare quale è il fabbisogno pregresso.
Esiste allora una differenziazione necessaria perché l'obiettivo è che tutti i cittadini possono fruire della stessa quantità e caratteristiche di opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie; questo è l'obiettivo che è certamente unificante. I mezzi per raggiungere tali obiettivi sono invece necessariamente differenziati, a seconda delle condizioni locali.
Ecco il motivo fondamentale della differenziazione che nel tempo progressivamente, esaurendosi il fabbisogno pregresso, dovrebbe via via diminuire raggiungendo poi a fabbisogno pregresso, quindi semplicemente dovendosi provvedere ai fabbisogni aggiuntivi, delle quote molte più vicine tra di loro.
Questo per inquadrare concettualmente il problema.
Le domande riguardano quindi non soltanto queste differenze, e l'ufficio sta predisponendo anche un elenco che sarà pronto tra breve e in cui ci sono i vari valori per Comune e raggruppati per Comprensorio, ma anche quanti sono i Comuni. Su 1209 Comuni, sono 1120 le comunicazioni che abbiamo ricevuto con la deliberazione, ma oltre a queste ce ne sono un certo numero presso i Co.Re.Co., in fase di approvazione. Soltanto quindi un piccolo numero di Comuni sarebbe ancora sprovvisto di questa determinazione.
L'Assessorato non è stato inerte di fronte a questa situazione e sono state formulate a più riprese delle sollecitazioni attraverso una serie di lettere inviate a tutti i Comuni, nel maggio 1977, nel giugno 77, nell' agosto 77 e all'inizio del 78, a gennaio, a giugno, c'è tutta una serie di sollecitazioni e anche di spiegazioni che sono state inviate ai cittadini e ai vari Comuni.
Il problema degli assestamenti di alcune valutazioni di oneri avviene nella verifica che si ha in sede di programma di attuazione. Il programma di attuazione è effettivamente il luogo in cui possono essere messi a confronto sia gli introiti che provengono dagli oneri di urbanizzazione sia le spese che sono preventivate per predisporre le opere infrastrutturali mancanti entro il programma predisposto dal Comune. Ora, i programmi di attuazione in Piemonte stanno camminando con una certa consistenza, sono 250 i programmi pervenuti in Assessorato, 150 sono stati esaminati e approvati e ce n'è un centinaio in fase istruttoria, quindi è un numero notevole. Sulla base di questa esperienza, anche della valutazione che si può avere in sede di P.P.A., è possibile avere degli elementi oggettivi per provvedere alla revisione che giustamente gli interpellanti chiedono, che ha come assi necessari per poterla raggiungere la verifica dei vari programmi di attuazione. Ora, in quella sede sono emersi vari casi di discordanza fra le indicazioni, fra i valori di urbanizzazione che erano stati deliberati dai Comuni e quelli che sono invece, gli effettivi costi delle opere di urbanizzazione.
Il Comitato Urbanistico Regionale in alcuni casi ha consigliato la revisione delle quote degli oneri di urbanizzazione. Ad esempio, Mondovì aveva 8800 lire al metro cubo complessive fra oneri primari e secondari Roccavione 6500, Fontaneto Po 3000 tra urbanizzazione primaria e secondaria, Romagnano Sesia 4900. C'erano alcuni Comuni con delle quote di urbanizzazione primaria e secondaria visibilmente e sensibilmente al di sotto di quelle che sono invece delle ragionevoli applicazioni, ragionevoli in questo senso, non soltanto di un parametro assoluto, indicato nelle tabelle, ma rapportato al soddisfacimento dei fabbisogni pregressi da distribuire in un certo arco di tempo, ad esempio un decennio, e quindi l'assorbimento di una certa quota di questi oneri di urbanizzazione e da questa valutazione viene l'indicazione quindi se quell'introito è o no sufficiente.
Ecco, c'è stato questo invito a revisionare con maggiorazione, nei casi in cui era palese- mente discordante.
Questo fatto, insieme con la necessità di poter avere un quadro complessi- vo molto ampio, in modo da poter ragionare per classi di Comuni per tipi di Comuni a seconda se si tratta di Comuni montani, di pianura, di Comuni con caratteristiche di sviluppo economico-industriale o meno, oltre che per dimensione dei Comuni stessi, ci sta portando ad un lavoro di analisi alla fine del quale potranno essere formulate delle proposte per la revisione e l'aggiornamento della deliberazione consiliare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Ringrazio per la risposta, ma debbo subito dichiarare che la mia insoddisfazione va al di là del merito della risposta, cioè mi rendo conto che l'Assessore ha, nel breve periodo a lui concesso per questa risposta cercato di dare le informazioni di prima mano, e però debbo denunciare come alcune delle richieste, che sono nel testo dell'interpellanza, siano state del tutto eluse.
Mi riferisco, in particolare, al discorso relativo all'impegno che era sottoscritto e preciso nella delibera del Consiglio regionale, da parte della Giunta, di presentare entro un anno le proposte di revisione e di aggiornamento della deliberazione, proprio per consentire quell'adeguamento ritenuto da tutti necessario in considerazione dell'impossibilità di potere esprimere un parere definitivo anche sull' interpretazione della legge 10 in assenza di esperienze precise in proposito.
Prendo atto della dichiarazione dell'Assessore di stare predisponendo queste risultanze, che noi riteniamo comunque essenziali e molto importanti, anche perché in appendice alla discussione sul bilancio avevamo richiesto una discussione specifica su questo argomento in connessione con il discorso dei programmi pluriennali di attuazione, quindi il problema non investe solo l'Assessorato all'urbanistica dell'Assessore Astengo, ma l'Assessorato della programmazione e in generale tutta la responsabilità della Giunta per quanto attiene alla destinazione delle risorse regionali in presenza di notevoli richieste di fabbisogni espresse dai Comuni.
Ora, voglio solo fare un commento rispetto alle dichiarazioni che ha fatto l'Assessore.
Per quanto riguarda il primo punto e cioè le differenziazioni di interpretazione, non si riferiscono tanto all'ovvia scontata differenziazione che deriva dall'effettiva differenza che esiste in termini di fabbisogni pregressi, quanto alle sperequazioni derivate in presenza di condizioni omogenee, perché questa è la realtà che emerge, cioè quando si vede che alcuni centri, non sto a fare nomi, solo perché hanno un grado di urbanizzazione maggiore, denunciano quote addirittura al di sotto della metà, questo non credo si possa interpretare come risultanza di una corretta interpretazione.
Probabilmente esisteva la necessità, da parte della Giunta regionale di controllare con circolari specifiche, con suggerimenti anche nel merito rispettando l'autonomia dei Comuni, che l'interpretazione fosse data secondo lo spirito della delibera regionale.
Noi abbiamo l'impressione che tutto ciò non sia avvenuto e oggi, ed è la seconda osservazione, conclusiva, che voglio fare, scontiamo questo tipo di sperequazioni e non differenziazione, proprio in sede di esame dei programmi pluriennali di attuazione, laddove la Giunta pare voler introdurre discriminazioni politiche nel giudizio su questi programmi pluriennali, andando a scaricare tutte le tensioni o tutte le risposte che possono essere date in termini di fabbisogno sugli oneri di urbanizzazione il che è assolutamente assurdo, noi riteniamo che le risorse regionali debbano nel loro complesso far fronte ai fabbisogni che sono denunciati dai Comuni nei programmi pluriennali.
Che poi, di questa parte di risorse, ve ne debba essere una quota anche di esclusiva natura comunale, derivante dall'autonoma interpretazione delle norme per quanto attiene agli oneri di urbanizzazione, ciò non toglie che il problema della sommatoria delle risorse rimanga ancora l'elemento essenziale e determinante per verificare la congruità dei programmi pluriennali, le denunce che i Comuni fanno, le esigenze che essi hanno e come le risorse e le finanze regionali vi debbano provvedere.
Questo voler scaricare sui Comuni gli oneri di urbanizzazione, un certo tipo di esigenze e di fabbisogni secondo me è politicamente e metodologicamente errato, non condurrà certo alla chiarificazione degli aspetti di fondo che permangono nell'interpretazione della legge 10 e soprattutto nel merito dell'interpretazione corretta del ruolo che devono avere i programmi pluriennali di attuazione.
In attesa che avvenga la discussione in Consiglio regionale e quindi più in generale, avanziamo due richieste: la prima, è che vi fosse da parte dell'Assessorato e della programmazione e dell'urbanistica una sintesi di quelle che sono le valenze in termini di richieste emerse in questi 250 programmi pluriennali presentati, perché tutto questo ha una sua importanza ai fini del chiarimento di filoni di destinazione della spesa e quindi filoni di interpretazione anche per quanto attiene alla destinazione delle risorse regionali; la seconda richiesta altrettanto necessaria e che comunque l'Assessore ha già in parte anticipato, con una bozza di circolare che poi purtroppo pare non sia mai uscita, è quella relativa all'esplicitazione in termini di chiarimento di alcune sperequazioni emerse rispetto ai risultati degli oneri di urbanizzazione finora prodotti.
Noi non siamo certo per comprimere l'autonomia comunale, dando una interpretazione unificata e quindi unica del modo col quale possono essere interpretati questi fattori, credo che però anche solo una denuncia delle differenziazioni più macroscopiche verificatesi, soprattutto per aspetti che molte volte non sono sostanziali, cioè le differenze delle principali destinazioni d'uso, quanto, all'interno di ogni destinazione d'uso, vengono interpretate certe esigenze, quindi riteniamo che questo aspetto debba essere oggetto di un'attenta considerazione illustrativa ai Comuni proprio perché questi possano, se è il caso, correggere alcune distorsioni che sono state presenti nella loro deliberazione.
Siamo preoccupati di questo aspetto non solo per motivi di controllo della politica regionale in termini di pianificazione e di programmazione ma per i riflessi pesanti che questo settore ha sull'economia regionale in genere e in particolare sulla politica edilizia; riteniamo che solo nella misura in cui vengano fugati tutti gli aspetti che possono concernere una responsabilità da parte dell'esecutivo o del Consiglio rispetto ai fenomeni di aggravamento della situazione edilizia, potremmo dire di avere concorso a determinare condizioni migliori di sviluppo della nostra Regione.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.



BELLOMO EMILIO


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interrogazione dei Consiglieri Martini, Lombardi, Paganelli e Soldano relativa all'utilizzazione dell'ospedale di Limone Piemonte


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Martini, Lombardi Paganelli e Soldano relativa all'utilizzazione dell'ospedale di Limone Piemonte.
La parola all'Assessore Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Con riferimento all'interrogazione in data 6 dicembre 1979, con la quale i Consiglieri Martini, Lombardi, Paganelli e Soldano, facendo riferimento alla richiesta avanzata dal Presidente della Sezione provinciale di Cuneo dell'A.N.F.Fa.S., con lettera datata 28/11/79 chiedono alla Giunta regionale di promuovere un incontro con i rappresentanti delle Sezioni provinciali A.N.F.Fa.S. del Piemonte sulla destinazione delle strutture già adibite a Preventorio ubicato in Limone Piemonte e di conoscere quali provvedimenti intenda assumere perché la struttura stessa venga mantenuta disponibile per interventi nel settore sanitario assistenziale, evitando che venga declassata a struttura turistica, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La citata lettera del Presidente della Sezione provinciale di Cuneo, in realtà, non considera la destinazione della struttura a scopo di turismo sociale un declassamento, bensì vi ravvisa la stessa come un mezzo per consentire ad alcuni ragazzi handicappati gravi o gravissimi di beneficiare di un soggiorno, nel periodo estivo, in un ambiente salutare montano, con indubbio miglioramento, anche se temporaneo, per la loro delicata e fragile struttura psico-fisica.
Ciò dimostra che l'ipotesi della Giunta regionale, che tiene conto anche di alcuni orientamenti espressi dal Comprensorio di Cuneo, non solo è corretta, ma trova anche un immediato riscontro, pur se richiede un'ulteriore elaborazione e un confronto specifico con gli Enti locali e con le forze sociali. Ovviamente,il sottoscritto ed i colleghi della Giunta sono pienamente disponibili a un incontro congiunto con le Sezioni A.N.F.Fa.S. per concretare operativamente quanto richiesto dall'Associazione stessa.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Abitualmente, quando presento delle interrogazioni anche su casi specifici, cerco di dare un significato leggermente più ampio: pertanto pu darsi che la mia interpretazione della lettera inviata all'A.N.F.Fa.S. di Cuneo vada al di là di quello che, almeno sul piano contingente l'A.N.F.Fa.S. di Cuneo chiedeva. La risposta dell'Assessore, rapportata ai dati di fatto che ha richiamato, ritengo sia congrua. L'A.N.F.Fa.S. però di preoccupa di trovare uno spazio non discriminante nell'ambito della struttura socio-assistenziale di Limone Piemonte. Continuo a pensare sia una battaglia che vale ancora la pena di portare avanti, qualunque sia il giudizio di alcune forze politiche; non accetto in pieno il giudizio del Comitato comprensoriale, così come è stato brevemente riassunto dall'Assessore, perché il giudizio è di certo molto più articolato.
Come ho sempre pensato, ritengo che, nel momento in cui decolla la legge di riforma sanitaria, nel momento in cui diciamo che è necessaria la qualificazione a livello di prevenzione, per la struttura sanitaria di Limone, prima di essere declassata a destinazione di turismo sociale, debba essere presa in seria considerazione ogni altra possibilità per il suo mantenimento nel settore, o quanto meno per il suo agganciamento al settore sanitario.
E' una battaglia che ha un suo retroterra politico e che, per quanto riguarda la mia parte politica, continueremo a portare avanti nella convinzione della validità delle tesi sostenute.
Per quanto riguarda la disponibilità della Giunta a incontrarsi con le Sezioni provinciali del Piemonte dell'A.N.F.Fa.S., ringrazio l'Assessore, a cui richiedo il testo della risposta scritta, visto che l'ha letto: per quanto mi consta, mi farò promotore per sollecitare direttamente l'A.N.F.Fa.S. di Cuneo a non lasciare cadere questa possibilità e a portare avanti un discorso che continua a mantenere nel tempo una sua notevole rilevanza politica.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Interrogazione del Consigliere Menozzi sulla tossicità degli anticrittogamici


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Passiamo all'esame dell'interrogazione del Consigliere Menozzi sulla tossicità degli anticrittogamici.
La parola all'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Il trattamento ai vigneti in Piemonte dura da circa 20 anni; la superficie trattata si è però andata sviluppando in modo consistente negli ultimi 5 anni ed ha raggiunto e superato i 10.000 ettari; per l''80 si prevede un ulteriore aumento. In questo periodo, però, con lo sviluppo del trattamento antiparassitario con il mezzo aereo sono pure aumentate le critiche, soprattutto da parte di chi, pur vivendo in campagna, non è strettamente legato all'attività agricola. Alcuni criticano il fatto che l'elicottero, volando, sporca la casa, la biancheria stesa, altri, invece espongono preoccupazioni di carattere più nobile, direi, preoccupazioni di carattere igienico e sanitario; così stanno le cose. L'Assessorato si è sempre mosso attivamente in questo campo: ricordo che fu fatta un'indagine patrocinata dagli Assessori all'ecologia e alla sanità, unitamente all'istituto di chimica e ad altri istituti universitari; in quell'occasione, particolare attenzione venne dedicata al trattamento antiparassitario degli alberi da frutto; più recentemente l'Assessorato ha dovuto intervenire anche nei confronti del Ministero della sanità, che facendosi carico delle preoccupazioni espresse aveva assunto un provvedimento che avrebbe potuto portare alla cessazione di questa attività. Noi abbiamo sempre considerato e tuttora consideriamo che la cessazione di tale attività rappresenterebbe una sciagura per la viticoltura collinare; infatti il trattamento antiparassitario è una delle attività più faticose, soprattutto nelle zone collinari e con il grado di invecchiamento della popolazione agricola, ma anche indipendentemente dalla situazione dell'invecchiamento, riteniamo giusto che il lavoro agricolo possa fruire di tutti gli strumenti che la tecnica mette a disposizione per essere meno costoso, più vantaggioso economicamente e meno faticoso dal punto di vista dello sforzo fisico.
L'Assessorato all'agricoltura, in particolare, con la collaborazione degli altri Assessorati interessati, ha potuto dimostrare al Ministero della sanità che gli antiparassitari, adoperati in un determinato modo (tra l'altro sono tutti di quarta classe), non sono nocivi. In ogni caso c'è un'azione in questo senso, per ricercare delle modifiche di carattere meccanico nello spargimento dell'antiparassitario e ulteriormente scoprire verificare e quindi invitare l'industria a fabbricare antiparassitari a garanzia di ogni pericolo per i cittadini, la gente, i consumatori. Quindi riteniamo che gran parte delle lagnanze siano da riportare alle motivazioni che elencavo prima, e, in particolare, al disturbo della quiete che pu essere rappresentato da un elicottero, un rotore che gira sulla testa di chi fa il sonnellino pomeridiano. Detto questo, per quanto riguarda invece la denuncia presentata alla Magistratura, l'Assessorato non è pervenuto a nulla, però la Regione ha assicurato e assicurerà, qualora la Magistratura lo richieda, e pensiamo che lo faccia in sede di disamina, tutte le informazioni di carattere tecnico-scientifico di cui siamo in possesso affinché la tecnica antiparassitaria possa continuare a espandersi nella garanzia della non nocività per i contadini, in primo luogo, che continuano a lavorare nelle vigne, mentre gli elicotteri spargono l'antiparassitario per tutti coloro che vivono nelle campagne ed infine per i consumatori che poi devono utilizzare i prodotti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Il motivo prevalente che mi ha indotto a presentare l'interrogazione è stato il fatto che anche in questa delicata questione si stanno inserendo delle strumentalizzazioni.
Infatti, andiamo riscontrando che il discorso dell'ecologia con quello dell'ecologismo si sta sempre più confondendo e già in passato abbiamo avuto altre testimonianze di strumentalizzazioni in tal senso. Altra motivazione che mi ha indotto a presentare l'interrogazione è che in effetti il problema aveva già suscitato una certa qual preoccupazione e ci in conseguenza del pronunciamento del Ministero della sanità, avvenuto nel maggio-giugno dello scorso anno ove, per la mancanza di chiarezza, le preoccupazioni medesime erano state alimentate. L'Assessore ben ricorderà che ad Asti, per sua iniziativa, venne indetto un apposito Convegno che nonostante i chiari pronunciamenti espressi e il comunicato emesso in merito dai vari rappresentanti presenti, subito dopo, con le due comunicazioni giudiziarie inviate ai Presidenti degli Eliconsorzi di Calosso e di Canelli, la polemica è nuovamente divampata in forma assai accentuata. Il sottoscritto ricorda che in occasione di quell'incontro, tra le altre cose, ebbe ad evidenziare l'opportunità che l'Assessorato ai facesse carico di un ulteriore Convegno, per concludere con la stesura di una normativa chiara e lineare sui metodi ai quali gli Eliconsorzi debbono attenersi e sui prodotti da usare, per potere, con l'indicata normativa non solo indicare ai citati organismi i limiti entro i quali operare, ma nel contempo, fornire così ulteriori e maggiori motivi di tranquillità ai cittadini, circa le preoccupazioni sulla nocività dei prodotti usati nei trattamenti antiperonosporici e anticrittogamici in questione. Colgo l'occasione della discussione di questa interrogazione per sollecitare nuovamente l'Assessore a voler riaffrontare più decisamente il problema convinto come sono che, non appena si inizieranno i nuovi trattamenti, le polemiche ed i contrasti riesploderanno e si accentueranno. Concordo ovviamente con l'Assessore nel riconoscere che se da una parte si debbono fugare tutte le preoccupazioni insorte e che possono insorgere in proposito, dall'altra si deve manifestare la massima tutela e difesa di questo nuovo mezzo nel trattamento, specialmente in campo vitivinicolo perché diversamente, oltre le già notevoli preoccupazioni che hanno i viticultori oggi, guai se si dovessero inserire anche divieti circa l'uso del mezzo aereo, al quale si sono così fortemente aggrappati, come dimostra l'esistenza di 10 Eliconsorzi e i 10.000 ettari a vigneto specializzato che dai medesimi vengono trattati.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

L'interrogazione è discussa.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Interrogazione presentata dai Consiglieri Bertorello, Chiabrando, Franzi Lombardi, inerente alla legge regionale n. 15/1977


PRESIDENTE

Interrogazione presentata dai Consi glieri Bertorello, Chiabrando, Franzi, Lombardi, inerente alla legge regionale n. 15/1977.
La parola all'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

E' un'interrogazione che richiederebbe una risposta abbastanza complessa. Ritengo di essere autorizzato a sintetizzare, poiché i Consiglieri interroganti conoscono benissimo le competenze che sono state trasferite dalla legge regionale 15/77 ai Comprensori ed alle Comunità montane. Si tratta di competenze importanti, ad esempio l'approvazione definitiva dei piani aziendali di sviluppo, ma l'istruttoria delle pratiche e tutto il lavoro che consente di arrivare al giudizio definitivo rimane agli uffici periferici provinciali dell'Assessorato, mentre per altre competenze, sempre previste dalla legge 15/77, quali l'indennità compensativa e anche in parte le infrastrutture in zona montana, per le quali allora esistevano modesti stanziamenti, i compiti per le Comunità montane sono assai più consistenti.
Allora, l'interrogazione mi pare ponga sostanzialmente due quesiti: un giudizio sul lavoro svolto, se la Regione ha dovuto sostituirsi a questi Enti e se questi Enti sono stati posti in grado di svolgere le funzioni a loro affidate. Per quanto riguarda la questione fondamentale di come questi Enti sono stati posti in grado di svolgere il proprio lavoro, in parte lo sono stati per quel che concerne l'assistenza tecnica, l'informazione, la dotazione di una serie di strumenti (per i Comprensori evidentemente esistono le strutture previste dalla legge, quasi tutti i Comprensori, per questi compiti e anche per altri relativi alla programmazione agricola di zona, sono dotati da tempo di un tecnico agrario). Per quanto riguarda il lavoro svolto, il giudizio può essere abbastanza positivo, non si sono creati casi e occasioni per cui la Regione abbia dovuto sostituirsi. Certo impegni e compiti di un certo tipo possono anche consentire o portare a valutazioni diverse. La mole del lavoro comunque è stata consistente, in particolare per quanto riguarda le Comunità montane, le sole che hanno anche funzioni di istruttoria almeno per alcuni tipi di pratiche, cioè svolgono una mole di lavoro pratico e non soltanto di decisione politica.
Credo debba essere apprezzato lo sforzo fatto dall'Amministrazione regionale nel mettere le Comunità montane in condizione non solo di svolgere al meglio le funzioni che già avevano, ma anche di poter eseguire ben altre funzioni: voglio ricordare che il finanziamento alle Comunità montane era pari a 360 milioni nel '75, nel '76 è stato portato a 640 milioni, quindi raddoppiato, nel 1980 sarà portato a 1 miliardo e 300 milioni, anzi, questa cifra doveva già essere erogata all'inizio del '78 perché la legge del '77 per tante ragioni è slittata fino agli ultimi mesi.
Quindi siamo di fronte a risorse quadruplicate rispetto a quelle che erano state a suo tempo erogate alle Comunità montane.
Va tenuto ancora presente che alle Comunità montane sono state affidate ulteriori risorse per l'assistenza tecnica e quindi sono state messe in condizione di avere un tecnico per l'assistenza. Certo questa è una funzione marginale, ma ha scaricato di quest'onere finanziario alcune Comunità, che già erano impegnate in quella direzione, in modo da metterle tutte in condizione di svolgere tale attività.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Non ho ben capito la risposta dell'Assessore, ma non mi sembra abbia risposto alle domande che abbiamo avanzato. L'Assessore ha risposto genericamente dando valutazioni e un giudizio positivo sul fatto che non ci sono stati casi di sostituzione di poteri. Ma la domanda posta era chiara: sono state date le informazioni periodiche da parte dei Comprensori e delle Comunità montane, come previsto dalla legge? La risposta non è stata data.
Bastava dire che tali informazioni sono state date. La valutazione è questa. Dichiarandomi soltanto parzialmente soddisfatto, prendo atto di questa ulteriore precisazione; parzial-mente soddisfatto, in quanto la Giunta avrebbe potuto di tali informazioni, se erano state date, anche farne cenno in qualche occasione, in una delle tante relazioni che la Giunta a norma di legge dovrebbe svolgere; infatti noi, quando estendiamo una legge - ed è una pecca che rilevo - elenchiamo sempre tanti buoni propositi: scriviamo che bisogna fare relazioni periodiche, che bisogna sentire le Commissioni, che bisogna sentire dei pareri, che bisogna publicizzare, ma di fatto di queste cose non ne facciamo neppure una: questa è un po' la verità. C'è anche un'altra interrogazione firmata da noi, che verrà discussa in seguito, e che tocca più o meno lo stesso argomento. Insomma, a fronte dei bei programmi che andiamo a scrivere nelle leggi, poi non si mantiene nessun proposito. Quindi, lo ripeto ancora una volta, come già tante volte ho detto, è meglio chiedere e impegnarci di meno e rispettare maggiormente quello che elenchiamo nelle leggi.
E' un appunto di carattere generale quello che faccio, per combinazione però il caso che abbiamo rilevato viene a confermare una situazione abbastanza generalizzata. Meglio semplificare le cose, evitare tanti pareri e relazioni se vogliamo andare avanti senza impegni, invece se gli impegni li vogliamo elencare, dobbiamo rispettarli.
E' compito dei Comprensori, delle Comunità montane di dare informazioni sullo stato e sull'andamento delle loro attività, delle funzioni a loro delegate: era un impegno previsto dalla legge 15 che abbiamo approvato nel '77. Poi chiedevamo se si erano verificati casi di inerzia: l'Assessore ha risposto che non si sono verificati e ne prendiamo atto.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Trasporti aerei

Interrogazione del Consigliere Oberto sull'aeroporto della Malpensa


PRESIDENTE

In ultimo, il Vice Presidente della Giunta regionale Bajardi risponde all'interrogazione del Consigliere Oberto sull'aeroporto della Malpensa.



BAJARDI Sante, Vice Presidente della Giunta regionale

Si fa presente che il provvedimento, oggetto dell'interrogazione e riguardante le operazioni di accettazione per i passeggeri in partenza dall'aeroporto della Malpensa per destinazioni intercontinentali, è in vigore da parecchi anni e interessa il periodo invernale (10 novembre - 31 marzo).
Il motivo di tale procedura è dovuto ai frequenti fenomeni di nebbia che interessano, per il periodo considerato, l'aeroporto della Malpensa.
La variazione delle procedure di accettazione con l'anticipo a 150 minuti dall'orario di partenza del volo, fa sì che se per motivi di nebbia l'aeromobile in arrivo dovesse essere dirottato su altri aeroporti (Torino Genova, Venezia), per la successiva partenza si ha la possibilità di organizzare delle alternative: per esempio, trasferire i passeggeri dal terminal di Porta Garibaldi agli aeroporti alternativi per mezzo di pullman.
In mancanza di tale procedura si avrebbe una dispersione di utenza tra terminal cittadino ed aeroporto e l'organizzazione di alternative ai normali voli comporterebbe notevoli ritardi sull'orario ufficiale (queste sono le informazioni dell'Alitalia). Consapevoli che tale procedura, se pur avviata per compensare maggiori disagi ai viaggiatori, penalizza la parte di utenza piemontese interessata a voli intercontinentali, sono stati avviati contatti con l'Alitalia e la S.E.A. (società di gestione degli aeroporti milanesi), affinché nel prossimo futuro, pur rimanendo fisso il termine dell'accettazione a 150 minuti prima della partenza di ogni volo concentri i viaggiatori all'aeroporto di Malpensa e non al terminal di Porta Garibaldi.
Questo anche in prospettiva del futuro collegamento ferroviario che dal Piemonte rende possibile raggiungere direttamente l'aeroporto intercontinentale della Malpensa (come da indicazione del piano regionale dei trasporti).



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Sono soddisfatto di avere presentato quest'interrogazione, ma sono soprattutto contento che la Giunta prenda l'iniziativa di rapporti che hanno una certa importanza. Invito il Presidente a riferirci, non appena possano essere sviluppati, i risultati raggiunti.



PRESIDENTE

Le interrogazioni sono discusse.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Debenedetti, Enrichens e Minucci.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 488: "Costituzione dell'Istituto agrario regionale Bonafous" presentato dai Consiglieri Bertorello, Chiabrando, Picco, Cerchio, Soldano Lombardi, Menozzi ed Enrichens in data 18 dicembre 1979 N. 489: "Contributo alla Fondazione arch. Enrico Monti per 'programma di censimento dei beni culturali minori e creazione di un archivio per la storia delle tradizioni popolari' ", presentato dal Consigliere Beltrami in data 18 dicembre 1979 N. 490: "Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 27 aprile 1978, n. 20 'Norme per la formazione e l'approvazione dei piani zonali di sviluppo agricolo' ", presentato dalla Giunta regionale in data 18 dicembre 1979 N. 491: "Modificazioni ed integrazioni alla 'Legge regionale 12/10/1978 n. 63 'Inter- venti regionali in materia di agricoltura e fore- ste' " presentato dalla Giunta regionale in data 18 dicembre 1979 N. 492: "Promozione dei vini del Piemonte attraverso le enoteche regionali, le botteghe, i musei e le strade del vino", presentato dalla Giunta regionale in data 20 dicembre 1979 N. 493: "Istituto per le tradizioni e l'artigianato musicale (ITAM)" presentato dalla Giunta regionale in data 20 dicembre 1979 N. 494: "Modifiche alla legge regionale n. 56 del 5/12/1977, 'Tutela ed uso del suolo' ", di iniziativa popolare ai sensi dell'art. 50 dello Statuto Regione Piemonte, depositata in data 7 dicembre 1979, dichiarata ricevibile ed ammissibile dall'Ufficio di Presidenza in data 7 gennaio 1980 N. 495: "Indirizzi e normative per il riordino dei servizi socio assistenziali della Regione Piemonte", presentato dalla Giunta regionale in data 7 gennaio 1980.


Argomento:

e) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 15/11/1979: "Norme integrative e modificative delle leggi regionali 38/1978 e 46/1977 in materia di calamità naturali" alla legge regionale del 15/11/1979: "Provvedimenti in ordine all'attuazione di un esperimento tariffario regionale in alcuni Comprensori della Regione, nonché in ordine alla gestione economico-finanziaria dei servizi da parte dei Consorzi di gestione trasporti" alla legge regionale del 15/11/1979: "Modifica ed aumento degli stanziamenti delle leggi regionali 22/1973 e 15/1975 sui contributi alle autolinee" alla legge regionale del 29/11/1979: "lnterventi finanziari della Regione nel settore del trasporto pubblico di persone".


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo non ha apposto il visto: alla legge regionale del 29/11/1979: "Modifiche alla legge regionale 22/11/1978, n. 69: 'Coltivazione di cave e torbiere' ".


Argomento: Trattamento economico dei Consiglieri

e) Elenco delle trasferte effettuate dai Consiglieri nel periodo luglio dicembre 1979


PRESIDENTE

Ai sensi dell'art. 2 - primo comma - del regolamento missioni l'Ufficio di Presidenza informa che è a disposizione l'elenco delle trasferte effettuate dai Consiglieri regionali nel periodo luglio-dicembre 1979.


Argomento: Commemorazioni

f) Commemorazione del senatore Pietro Nenni, recentemente scomparso


PRESIDENTE

All'inizio dell'anno è morto il sen. Pietro Nenni. Lo ricordiamo in questa Assemblea e in questa Regione come un grande italiano, un uomo che dedicò tutta la vita alla causa dell'emancipazione dei lavoratori e di tutti gli oppressi. Lo ricordiamo come protagonista essenziale di 60 anni di vita, di storie e di lotte del Partito Socialista Italiano. Ma lo ricordiamo anche, specialmente oggi, per quello che la sua vita e la sua opera sanno indicare in questi momenti così difficili per la vita del nostro Paese.
E' vero, la nostra società è in crisi profonda, cambiano i valori alcuni dei vecchi non valgono più, alcuni dei nuovi stentano a definirsi.
Ma molto di quello che l'intera vita dell'on. Pietro Nenni può indicare alle nuove generazioni, vale oggi per domani anche se viene da un ieri lontano. Nessuno creda che faccia parte solo del passato.
E non sto soltanto a ricordare, pur se essenziali, i valori del disinteresse, della dedizione alla causa degli umili e degli oppressi, al sacrificio personale e familiare per i propri ideali, che pure sono valori che non hanno scadenza per chi voglia operare e agire per cambiare la società e il mondo in cui vive. Voglio ricordare una lezione più specifica più precisa, in momenti nei quali occorre trasfondere i propri ideali in fatica operosa, in cose, in azioni coerenti. Ebbe a scrivere alcuni anni fa: "Importante è apprendere che solo nell'azione c'è il segreto per affrontare le bufere della storia e volgerle al servizio dell'uomo, della sua dignità, della sua libertà e dell'eguaglianza". C'era qui un collegamento con tutto il pensiero più profondo del movimento operaio, un collegamento con "l'odio per gli indifferenti" di Gramsci. Un collegamento con tutti gli uomini delle forze democratiche, "i grandi vecchi" che nei momenti difficili non si tirarono indietro, non cambiarono bandiera, non cercarono rifugi tranquilli, ma seppero affrontare e persino andare a cercare, come egli fece in Spagna, il posto del combattimento, la barricata dalla quale continuare a combattere per una causa che poteva apparire disperata, sorretta da una fiducia che era negli uomini di tutto il mondo e nella loro volontà di pace e di conquista della libertà anche quando sembrava che i valori dominanti fossero quelli della guerra, della dittatura, del razzismo, della prepotenza.
E Io ricordiamo infine per l'originalità e l'autonomia del suo pensiero, che è l'originalità e l'autonomia del pensiero del socialismo italiano. Una ricchezza, quindi, una forza politica che rimane, conservata e rinnovata, indispensabile per affrontare e risolvere i problemi di ieri e di oggi del nostro Paese. Nenni ha saputo mantenere i collegamenti profondi e necessari con le radici del socialismo italiano aggiornandone i motivi della sua esistenza nel divenire e nel mutare delle situazioni.
Non tutti gli uomini che hanno avuto la ventura di essere alla testa di grandi speranze e di grandi idee (e anche di formazioni politiche) hanno saputo assicurare con questa continuità, questa originalità e questa autonomia.
L'Assemblea regionale piemontese si inchina alla sua memoria, ma sa che potrà assimilare il suo insegnamento solo se terrà conto della lezione che viene da tutta la sua vita, dalle tante cose a cui egli diede la sua impronta, dai successi e anche dalle sconfitte di cui è necessariamente costellata la vita di un militante del movimento operaio.
E' stato scritto che era un grande giornalista e un grande oratore e che sapeva riconoscere di aver sbagliato. Quando parlava di operai e di contadini sapeva farsi capire e loro capivano che voleva portarli alla direzione del Paese. Un uomo onesto, dunque, in tutto il senso e l'estensione della parola.
Ecco, anche per questo sentiamo e avvertiamo il peso della sua scomparsa. Nel momento in cui solo i valori giusti e la moltitudine delle persone oneste può pensare di salvare l'Italia e di rinnovarla.
La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Il Gruppo consiliare del Partito socialista italiano ricorda, con queste mie brevi parole, il sen. Pietro Nenni, Presidente del partito combattente della democrazia e della libertà, il "grande vecchio" del socialismo italiano.
La sua vita di sacrifici, di lotte, di dedizione totale alla causa della libertà e del socialismo è stata, e non soltanto per i socialisti, un esempio sicuro e costante. Egli era il testimone vivente della storia e delle lotte dei lavoratori di quasi un secolo, ed un protagonista di tutte le grandi battaglie per la libertà e il progresso della vita italiana ed europea.
Fu esule combattente su tutti i fronti europei dove la democrazia ferita affrontava l'orda aggressiva del nazismo e del fascismo.
Pagò di persona e con lui pagò la sua famiglia nella lunga odissea dell'antifascismo militante.
Direttore dell'Avanti!, abitava in un vecchio stabile di Porta Vittoria, a Milano, quando vi fecero irruzione le squadre fasciste, che si trovarono di fronte la figlia Vittoria. "Povera cara figliola - ebbe poi a scrivere Nenni, ricordando l'espisodio - dell'Italia serbava l'incubo del mattino susseguente l'attentato di Bologna a Mussolini, quando aveva visto il nostro appartamento preso di mira dalle camicie nere e messo a sacco. A lei avevano strappato i libri di scuola che teneva sotto il braccio e s'era sentita dire da quei manigoldi: faremo fare a tuo padre la fine di Matteotti". Meno di vent'anni dopo Vittoria Nenni moriva nel campo di sterminio di Auschwitz.
Il compagno Nenni diede un contributo fondamentale alla nascita ed alla vita della Repubblica, per le battaglie per la Costituente e per l'attuazione della Costituzione, alle lotte sociali e politiche che hanno aperto nuove strade di progresso e di civiltà nel nostro Paese ed hanno fatto avanzare il movimento dei lavoratori. Fu sostenitore accanito delle lotte per la pace in Europa e nel mondo come di tutte le cause dei diritti umani e dei diritti dei popoli.
Fu sotto la sua direzione che il nostro Paese visse uno dei momenti più felici della sua politica estera, con l'apertura alle nuove realtà internazionali, con la strenua ed attiva solidarietà con i popoli oppressi dalle dittature, con l'elaborazione di una politica estera europea.
Fu Nenni che, rompendo gli indugi sul "quando", riconobbe la Repubblica popolare cinese, nel suo primo discorso in Parlamento come Ministro degli Esteri, il 24 gennaio 1969, annunciando che il momento del "quando" era giunto. Come si batté risolutamente per l'espulsione della Grecia dei colonnelli dal Consiglio d'Europa: "il ripristino delle libertà fondamentali - disse in quell'occasione - è prima di tutto compito dei popoli che ne sono stati privati, ma costoro devono sapere che tutta l'Europa democratica è al loro fianco".
Fu al Consiglio atlantico riunitosi a Washington nell'aprile 1969, che si propose di sollevare la questione dell'incompatibilità dell'appartenenza ad un'alleanza, che vanta di fon- darsi su principi democratici, di Paesi retti da dittature, come la Grecia e il Portogallo, e che sollev l'iniziativa di riprendere il negoziato con l'Est sulla vasta tematica della sicurezza europea. La solidarietà con i patrioti, che a Praga si battevano contro i carri armati sovietici, fu manifestata da Nenni, anche come Ministro degli Esteri, in ripetute occasioni e in termini di assoluto rifiuto dell'intervento armato straniero.
Egli prevedeva che se l'Europa non avesse acquisito una dimensione politica, sarebbe rimasta sempre oggetto della vita nazionale e non sarebbe divenuta soggetto autonomo. Fare assumere all'Europa una posizione di autonomia sui problemi mondiali così da essere fattore determinante di pace e di equilibrio: questo l'obiettivo della sua azione europea, a fronte di un'Europa politicamente divisa, discorde, e priva di un ruolo proprio nel contesto internazionale.
Fu un uomo di governo lungimirante, giusto ed onesto. Non fu mai uomo del "Palazzo", ma sempre un politico autentico delle battaglie alla luce del sole. La sua concezione dello Stato, come quella del Partito, si muoveva sotto il segno della libertà e del consenso. Con Aldo Moro contribuì a guidare una fase della vita politica del nostro Paese, che la storia giudicherà con metro diverso e più obiettivo di quanto non sia stato fatto nel vivo della polemica politica di questi anni. Egli, che è stato in varie epoche il protagonista della vita del PSI e del movimento operaio nel suo insieme, sforzandosi sempre di tenere vivo il sentimento e il valore dell'unità.
Nenni non ci lascia né una dottrina né un dogma. Ci lascia l'esempio di un grande amore per il popolo e per la patria, di un idealismo superiore marcato dalla fedeltà ad una concezione del socialismo che sempre e comunque vuole i suoi conti in regola con la libertà; ci lascia l'esempio di uno spirito critico proteso nella ricerca della libertà e della giustizia, non immune da errori che l'esperienza dei fatti e l'onestà intellettuale ha consentito di correggere. Ci ha insegnato il senso del dovere verso la collettività ed i lavoratori come principio e metodo della responsabilità politica; ci ha insegnato ad assumerci a viso aperto le responsabilità che ci toccano davanti al Paese, senza arretrare o rassegnarci di fronte all'inevitabile scarto tra il reale e l'ideale.
Ai colleghi Consiglieri, che con cortese sensibilità ed attenzione si sono fatti interpreti della loro partecipazione, in particolare al Presidente del Consiglio regionale per le nobili parole pronunciate in apertura di questa commemorazione lasciando al Gruppo socialista l'onore di esprimere il cordoglio delle forze politiche, mi permetto di dedicare proprio per l'impegno che il Consiglio regionale ha sempre dimostrato su tutti i grandi temi della vita civile, della democrazia e della libertà la risposta che Nenni diede in una delle sue ultime interviste, a chi gli chiedeva che cosa augurava al nostro Paese. Nenni rispondeva: "gli auguro di uscire molto più rapidamente possibile dalla crisi economica che lo affligge; dal sovrapporsi alla vita civile di questo fenomeno assurdo del terrorismo; da una tendenza che è meno pericolosa, ma non è numericamente meno estesa, è addirittura più estesa: la tendenza di chi crede di risolvere il proprio problema stando alla finestra e s'immagina così di risolvere anche il problema della Nazione. E invece, è esattamente il contrario: bisogna stare dappertutto, tranne che dalla finestra. Bisogna cioè scegliere un posto di lotta, tenerlo, andare a fondo, sopportare tutte le conseguenze, fino a farle maturare".



(Tutti i Consiglieri in piedi osservano un minuto di raccoglimento)


Argomento: Commemorazioni

g) Commemorazione del Presidente della Regione Sicilia e dei tre Agenti di PS barbaramente assassinati


PRESIDENTE

I colleghi sanno che questo inizio del 1980 è stato segnato da altri due gravissimi delitti del terrorismo, quello di Palermo e quelli di Milano.
Il delitto compiuto contro il Presidente della Regione Sicilia Mattarella, è prima di tutto un delitto oggettivamente politico, chiunque lo abbia compiuto. E credo che si possa parlare del delitto politico più grave dopo l'assassinio dell'on. Moro.
E' stato colpito il Presidente di una grande Regione, che è parte dello Stato. Così come quando si colpì Moro non si colpì solo il Presidente del partito di maggioranza relativa del nostro Paese, ma tutto il sistema dei partiti, e cioè un altro dei capisaldi su cui si regge la Costituzione repubblicana. Ma si è trattato di un delitto politico anche per altre considerazioni. Moro fu rapito nel giorno in cui si recava al Parlamento italiano, nel momento in cui stava per nascere, dopo 30 anni, un governo che vedeva di nuovo uniti tutti i partiti democratici italiani. E quando fu assassinato, il suo corpo fu sistemato a metà strada tra la sede della Democrazia Cristiana e la sede del Partito Comunista. L'on. Mattarella, che era un dirigente stimato, preparato e della stessa corrente dell'on. Moro membro della direzione del suo partito, lavorava per dare vita ad un governo di unità autonomistica regionale con la presenza di tutte le forze politiche. Questi sono i fatti, non solo le coincidenze, che non possono sfuggire nella valutazione del carattere politico del delitto.
Certamente non possono sfuggire anche una serie di altre considerazioni. E cioè che molto probabilmente in Sicilia c'è un collegamento a un legame stretto tra terrorismo e mafia. E l'altro elemento è che diversamente da altri delitti terroristici, tutti quelli perpetrati negli ultimi anni in Sicilia sono rimatiti impuniti e sinora avvolti nel mistero.
E infine noi vogliamo qui rilevare ancora una volta il carattere vile odioso, dell'assassinio di un uomo stimato, preparato, impegnato a dare un corso nuovo alla soluzione dei secolari problemi della Sicilia. Il suo assassinio è rivolto quindi contro qualsiasi rinnovamento. Mafia e terrorismo si manifestano ancora una volta come forze reazionarie. E tutto ciò ci dà nello stesso tempo la misura dell'entità e pericolosità delle forze impegnate per la rovina del Paese.
Ma non si era potuto tenere nemmeno il funerale per l'assassinio del Presidente dell'Assemblea siciliana che un'altra strage veniva compiuta a Milano. Venivano uccisi 3 agenti: l'App. Cestari e il vice brigadiere Santoro e la guardia Tatuali, uomini che, come è stato detto dal Presidente della Camera, avevano fatto una scelta di vita per servire lo Stato e oggi compivano il loro dovere difendendolo dall'attacco del terrorismo. Nelle loro storie individuali c'è tutto il dramma del Sud. Il dramma di migliaia di uomini che hanno cercato nella P.S. un lavoro, il lavoro che era disponibile e oggi trovano la morte solo perché fanno il loro dovere.
Si può dire che così come il delitto contro il Presidente della Giunta regionale siciliana è stato compiuto perché la Sicilia non cambiasse l'assassinio di questi tre agenti segna non solo il costante elemento di inumanità del terrorismo, di contraddizione totale fra qualsiasi ideale di trasformazione della società e la pratica dell'omicidio, ma segna anche l'urgenza dell'unità politica, ideale, culturale insostituibile e urgente per tutto il Paese, per il Nord e per il Sud, contro una minaccia che direttamente colpisce ogni giorno la Repubblica.
Esprimo il cordoglio del Consiglio regionale alla famiglia, al partito cui apparteneva il Presidente della Giunta regionale siciliana, alle famiglie degli agenti di P.S. colpiti, a tutte le forze dell'ordine, ed esprimo a nome di voi tutti ancora una volta la condanna per gli assassini.
Una ferma condanna come si dice, ma non vogliamo che rimanga ferma statica, consegnata solo ai verbali e agli stenogrammi di questa seduta abbiamo sempre cercato di rispondere ai colpi del terrorismo con delle proposte positive, con delle iniziative.
Parte allora da questo Consiglio regionale anche oggi l'invito alla comunità piemontese a considerare le giornate dell'anniversario dell'uccisione dell'operaio genovese Guido Rossa come giornate di impegno nelle fabbriche, negli uffici e nelle scuole di tutto il Piemonte, non solo per ricordare l'insegnamento che viene da quell'episodio di coraggio civile, ma la necessità di un aggiornamento nostro nell'analisi degli strumenti di iniziativa democratica veramente efficaci e degli insegnamenti che possono venire anche per i corpi dello Stato, per il Governo, per le autonomie locali, per i sindacati, per i lavoratori. Dobbiamo fare una riflessione nuova su come si debba affrontare, concretamente, oggi, la nuova fase di lotta conto il terrorismo a Torino e in Piemonte. Propongo di raccogliere l'invito che è venuto dal Comitato regionale antifascista di organizzare entro il mese di marzo un convegno accuratamente preparato con la partecipazione di tutte le forze politiche e sociali, che ponga l'accento sulla necessità di studiare a fondo e risulti già essere anzi uno studio compiuto sulle caratteristiche della tecnica, dell'ideologia, del retroterra che ancora alimenta il terrorismo, delle complicità che ancora lo tengono in vita, delle connivenze che impediscono di smascherare fino in fondo gli autori, i protagonisti, i soggetti, gli ispiratori, gli artefici ed i mandanti e sia tale da costituire una nuova acquisizione per tutte le forze democratiche del Piemonte della specificità del terrorismo piemontese e delle vie nuove che bisogna percorrere per combatterlo, avendo coscienza che sarà una lotta dura e anche lunga, ma impegnandoci a renderla meno lunga possibile. Questo sarà realizzabile solo se vi sarà un impegno concorde e davvero unitario, indipendentemente dalle scadenze che ci attendono. Avendo ben fermo che la lotta contro il terrorismo è un obiettivo prioritario per tutti e questa lotta non si vince senza l'unità profonda nel popolo e del popolo con tutte le istituzioni del nostro Paese.
La parola al Capogruppo D.C., Bianchi.



BIANCHI Adriano

Il Presidente del Consiglio ha già sviluppato motivi di riflessione per ciascuno di noi ad interpretazione della volontà e della reazione di quest'assemblea legislativa di fronte a nuovi terribili fatti di sangue.
Non aggiungerò certamente un'interpretazione o una nota di parte, la cortesia del Presidente e dei colleghi mi consente di ricordare particolarmente un amico caro e un uomo del quale la D.C. si è onorata in vita e della cui memoria si onora in morte.
Il giovane Presidente della Regione siciliana Pier Santi Mattarella è stato ucciso: un uomo buono, impegnato in alte responsabilità politiche con serietà e singolare riconosciuta preparazione culturale, un uomo che si è rivelato oggetto, abbiamo raccolto le impressioni del Presidente della Giunta e del collega Petrini, della fiducia, della speranza, dell'affetto della gente, che non osa esprimersi in termini clamorosi in quella Regione una Regione travagliata, dove la fiducia è il bene essenziale, come in tutta Italia, da meritare, conseguire ed alimentare. Un uomo disarmato e mite è stato ucciso davanti ai suoi figli, vanamente difeso dall'amore di sua moglie: un quadro di civiltà ed umanità è posto a confronto di una squallida barbarie, l'abiezione di chi è mandatario e di chi è esecutore davanti alle nostre coscienze ed è sollecitazione alle nostre scelte.
Sentiamo peraltro, con certezza, che il sangue degli innocenti, e fra questi si collocano i tre poveri agenti di Milano, non sarà sparso invano il popolo ha memoria, anche se qualcuno si lamenta ingiustamente che ai riti segua l'oblio, mi pare che né noi né il popolo italiano cerchi di dimenticare giorno dopo giorno i fatti che lo rattristano e lo colpiscono duramente, cerca di vivere, ma non di dimenticare, il popolo ha memoria: Dio non paga il sabato, lo Stato farà giustizia.



(Tutti i Consiglieri in piedi osservano un minuto di raccoglimento)



PRESIDENTE

Secondo le intese con i Capigruppo, dopo le comunicazioni del Presidente si dovrebbe svolgere il dibattito sull'intervento sovietico in Afghanistan, i pericoli per la pace con proposte e iniziative conseguenti in modo che questo punto si possa svolgere in mattinata e nel pomeriggio si possano affrontare gli altri argomenti all'ordine del giorno.


Argomento: Questioni internazionali

Dibattito sull'intervento sovietico in Afghanistan, i pericoli per la pace. Proposte ed iniziative conseguenti


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, l'intervento sovietico nell'Afghanistan è l'ultimo grave episodio del moltiplicarsi delle tensioni politiche e militari e di atti di forza che mettono in grave pericolo la pace nel mondo. Esso non risponde ai princìpi che devono regolare la convivenza internazionale viola la indipendenza e la sovranità nazionale, risulta l'esatto opposto della necessaria ricerca delle soluzioni pacifiche e politiche in luogo di quelle militari. Per questo va fermamente condannato.
Occorre nello stesso tempo avvertire che le minacce alla pace si fanno ogni giorno più incombenti e che si sta realizzando la più grave delle tensioni internazionali da oltre vent'anni, effetto di molti atti gli uni agli altri collegati. L'aumento generalizzato delle spese militari e la proliferazione degli armamenti atomici, l'installazione dei missili sovietici, l'accettazione dei missili americani da parte del Consiglio della NATO, la sospensione della ratifica dei trattati SALT 2 e le misure di ritorsione decise dagli USA, la gravità della crisi iraniana, la fornitura di armi a Paesi che possono saldare o impedire l'isolamento cercato o temuto reciprocamente da URSS e Stati Uniti mettono in moto un processo terribile che può portare alla catastrofica prospettiva di un conflitto atomico. Tale processo va interrotto e rovesciato, facendo prevalere invece la logica del disarmo bilanciato e controllato, delle trattative, del rispetto della sovranità e dei diritti dei popoli, di una nuova cooperazione fra Stati e Paesi con regimi sociali diversi.
Un ruolo determinante nell'attuale crisi mondiale può essere svolto autonomamente dall'Europa per favorire la distensione, la ripresa del dialogo ed i negoziati ed impedire l'aggravarsi della tensione USA-URSS.
L'Europa si trova direttamente coinvolta, anche per le ripercussioni in termini di aggravamento della crisi economica che questi eventi comportano per le conseguenze che possono mettere in crisi il positivo rapporto con i Paesi del Terzo Mondo e con tutti quelli che hanno sottoscritto il Trattato di Lomé e, più in generale, per l'obiettivo irrinunciabile di dare vita ad un nuovo ordine economico internazionale.
L'interesse dell'Europa è di impedire che il conflitto regionale si estenda progressivamente, mentre decisivo per il suo sviluppo è, come sottolineano le tre organizzazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil, "il rilancio dei negoziati per una revisione al ribasso degli equilibri militari" e il ristabilimento delle condizioni e del dialogo a ciò necessari anche attraverso la ratifica del trattato SALT 2 e da parte degli USA.
Credo quindi che dal Consiglio regionale del Piemonte debba venire l'invito al governo italiano, cui compete la Presidenza semestrale del Consiglio dei Ministri della CEE, a svolgere una funzione propulsiva affinché i nove Paesi della Comunità portino avanti un'iniziativa comune a favore della distensione e della pace mondiale. L'obiettivo deve essere quello, tramite i negoziati, di fermare la escalation reciproca delle ritorsioni, di ottenere il ritiro delle truppe sovietiche dall'Afghanistan intese concrete per il controllo e la riduzione degli armamenti e atti specifici per la ripresa della distensione internazionale.
Ora il Consiglio regionale del Piemonte, avendo positivamente avviato con il concorso delle forze politiche e delle organizzazioni sociali giovanili e culturali di diversa ispirazione ideale, una vasta opera di sensibilizzazione sulla necessità del disarmo come base insostituibile per assicurare la pace e per risolvere i grandi problemi della fame, del sottosviluppo e della progressiva riduzione del solco che separa i Paesi ricchi da quelli poveri, credo debba impegnarsi a continuare e intensificare tutte le iniziative idonee per ottenere la partecipazione attiva dell'opinione pubblica per fermare la corsa agli armamenti, avviare il disarmo e salvare la pace. E credo debba non solo accogliere positivamente, ma favorire l'iniziativa della Consulta regionale per i problemi dell'unificazione europea, la quale è stata convocata per il 9 febbraio prossimo a Torino con i parlamentari europei eletti nella circoscrizione e con all' ordine del giorno, fra l'altro, l'iniziativa del Parlamento europeo contro l'aggravarsi della situazione internazionale.
Il dibattito è aperto.
Chiede di parlare il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che in un dibattito come questo, in cui esprimiamo delle valutazioni poco più che personali, e certamente non destinate a incidere in maniera determinante sul corso degli avvenimenti, non si debba correre il rischio di andare alla ricerca di motivi esclusivamente polemici, o di motivi che in un modo o nell'altro giustifichino o si riportino nell'alveo delle tesi politiche che sosteniamo e delle tesi generali di cui siamo convinti.
Credo che si debba portare invece l'accento sulla pericolosità di ci che sta avvenendo, che è tanto più pericoloso, tanto più grave in quanto non sufficientemente chiarito negli obiettivi, nelle finalità. Non c'è dubbio che siamo di fronte ad avvenimenti originali e nuovi. Tutti nell'ultimo periodo intercorso dalla fine della seconda guerra mondiale abbiamo vissuto momenti di drammaticità: fu drammatica, a suo modo e a suo tempo, la guerra di Corea, fu drammatica l'invasione da parte cinese del Tibet, fu drammatica l'aggressione cinese all'India per un certo periodo di tempo, furono avvenimenti, a mio modo di vedere, tendenti ad alterare quell'equilibrio sorto alla fine della seconda guerra mondiale e che era stato sanzionato da accordi presi dalle grandi potenze. Non c'è dubbio che la guerra fredda ha avuto il suo svolgimento in termini di lotta anche aperta, lo dimostrano l'esempio coreano, il successivo esempio vietnamita ma furono tutti episodi tendenti ad alterare l'equilibrio di Yalta, in zone dove il trattato di Yalta non era addivenuto a definizioni precise. Direi che più pericolosa ancora mi pare la battaglia non conclusa che si è instaurata tra le grandi potenze per interposta persona all'interno dei Paesi dell'Africa e del Terzo Mondo, dove è in gioco la disponibilità di questi Paesi, e poco importa se i regimi sono importati o se sono autonomamente sviluppati in una certa direzione, la realtà è che lo scontro è aperto fra le grandi potenze ed è uno scontro ancora tutt'altro che concluso.
Penso che l'ultima questione verificatasi sia assai pericolosa, perch non è sufficientemente comprensibile sul piano strategico, a mio modo di vedere non aggiunge e non toglie niente alla sicurezza strategica dell'Unione Sovietica, non serve certamente per esercitare delle pressioni nei confronti della nazione pakistana, che avrà probabilmente il suo daffare con il rientro di Indira Ghandhi alla testa dell'India, non serve certamente quindi per una valutazione strettamente localizzata, ma per un disegno che non si riesce forse ancora a comprendere o forse, oso azzardare, è un segnale lanciato al partner americano dall'URSS e che il partner non ha sufficientemente capito.
Forse l'ingresso nell'Afghanistan delle truppe sovietiche significa via libera ad un analogo intervento americano in Iran, perché ritengo che il problema per le due grandi potenze, Unione Sovietica e Stati Uniti, non sia tanto quello di farsi guerra fra di loro, o, se dovranno proprio farsela farla il più lontano possibile e nelle condizioni migliori, ma è bensì quello di incominciare la grossa disputa della presenza nel terreno delle fonti energetiche; siamo alla vigilia delle collocazioni internazionali dei vari Paesi nei confronti della realtà energetica, che oggi coinvolge anche sul piano religioso popolazioni come quelle islamiche, sulla cui negatività alle grandi potenze credo siano perfettamente concordi sia l'URSS sia gli USA.
La pericolosità, a mio parere, sta in questo tipo di realtà, in questo tipo di prospettiva, e confidare in un'iniziativa europea in tal senso anche se sarà il lodevole tentativo che concluderà i lavori di questo Consiglio, è evidentemente di scarso risultato, se pensiamo che l'Europa è completamente dipendente per le fonti energetiche, certamente non ha nessuna sufficienza propria, nessuna capacità di resistenza. Credo, per che non possiamo sottrarci da una affermazione di carattere generale possiamo fare valutazioni ciniche, ed anche anticipazioni o sbizzarrirci nel campo delle ipotesi, ma quello che non possiamo accettare è il passaggio sottovoce senza una condanna morale di fatti come questo, che evidentemente non possono essere accettati e non possono essere accettati non tanto in quanto presuppongono ritorsioni o allineamenti, ma non possono essere accettati perché mettono a soqquadro quella che è la convivenza internazionale.
In questo senso credo che l'appello più grande che possiamo tuttora rivolgere e la carta ancora che ci rimane da giocare, come europei e come italiani, è ancora la carta delle Nazioni Unite. Non possiamo sottrarci dal riferimento a questo tipo di iniziativa, a questo tipo di presenza, anche richiedendo una modificazione ai regolamenti che disciplinano il consenso delle Nazioni Unite, perché è solo su quella strada che problemi di così vasta importanza possono essere affrontati in un'ottica più serena e che soprattutto possa rendere efficaci i modesti sforzi che possono essere fatti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

A neanche 3 mesi e mezzo di distanza dal dibattito in questo Consiglio regionale in ordine alla pace nel mondo, dico e sottolineo come su questi problemi mai si debba tacere, per essere aderenti alla realtà, alla sensibilità della collettività che ci facciamo carico di dover rappresentare al nostro livello istituzionale, dico, mai deve essere taciuta la ferma, in termini politici e morali, condanna di qualsiasi tipo di invasione e, nel caso attuale, l'invasione che il mondo ha conosciuto e che è stata compiuta da parte dell'URSS nei confronti dell'Afghanistan.
Questo è un impegno a cui forze, uomini che credono nella democrazia, che credono nello sviluppo e nel progresso dei rapporti sociali, non possono mai venir meno e credo che la condanna che, a livello nazionale, sta dando la fermezza e la profonda presa di coscienza della gravità dei problemi che investono il mondo intero, sia dimostrazione ulteriore di quanto, nel contesto sociale e politico italiano, i 34 anni di democrazia, i 37 anni di lotta continua per affermare i princìpi della democrazia e della comprensione degli uomini anche nello scontro ideologico, ma sempre nel rispetto delle regole democratiche e del rispetto dei diritti altrui abbiano una profonda radice. Tutto ciò però non è sufficiente; credo che sentiamo, nel momento successivo alla condanna, nel momento dell'analisi delle azioni che devono essere portate avanti, gli inizi della necessità di un dibattito più chiaro e più sereno perché non sorga nessun equivoco sull' imputazione di fatti drammatici, e perché non possiamo farci trovare assenti di fronte ad avvenimenti che indubbiamente non siamo soltanto noi a decidere, ma in cui avremmo concorso con la nostra inattività, a livello culturale, nel recepire i fatti.
C'è un ritorno a 30 anni fa nel mondo? E' una domanda, credo, che tutti si pongono. E' finita l'epoca della distensione. Il disgelo di Il'ja Erenburg sarà sostituito da un altro titolo di libro. Viviamo nuovamente in una fase calda. I popoli, dopo aver visto i vantaggi del periodo della distensione, stanno lentamente, per un succedersi di giochi e di reciproche imputazioni di colpe, avviandosi alla fase del non dialogo. Credo che le risposte possono essere importanti, il collega Cardinali ha fatto un'analisi ed ha dato delle interpretazioni e ha poi posto un punto di riferimento specifico nelle Nazioni Unite. Non ritengo questo sufficiente perché bisogna capire che cosa sta avvenendo; è vero il discorso di Yalta è vero anche il bipolarismo nel mondo che con Yalta si concretizzò, è vero che ci furono guerre regionali, ci furono degli scontri, ma sempre nella logica del bipolarismo seppero e poterono anche trovare limitazione nonostante la loro drammaticità.
Ne dimentichiamo sempre qualcuno di questi scontri, sia che furono guerreggiati o che stettero per essere guerreggiati, la Corea, l'Indocina il momento drammatico di Cuba, il Vietnam, il Medio Oriente e Israele nelle ripetute, anche se rapidissime per capacità tecniche, guerre moderne ma furono momenti di tensioni che poterono essere recuperati anche se in extremis e penso che questo accadde perché mancarono condizioni oggettive che storicamente dobbiamo ancora valutare, di crisi di sistemi, che potevano trovare nella guerra lo sbocco alla soluzione della crisi stessa.
Oggi dobbiamo invece realmente renderci conto che, da un paio di anni, c'è un clima di minor distensione da parte di potenze e di gruppi economici e politici a livello internazionale nelle varie connessioni e, si sostiene proprio per una crisi anche economica che sta camminando nel sistema occidentale e non dobbiamo nasconderci gli occhi di fronte al modo diverso di gestione economica nei Paesi dell'Est: possono essere questi i motivi per cui la storia, non la storia del passato, ma la storia del futuro, pone le condizioni oggettive per cui da un piccolo corridoio di terra pu nascere una conflagrazione internazionale.
Negli anni fra il '38 ed il '39, superata la crisi della Cecoslovacchia, nessuno pensava che per quel minimo di terra di Danzica sarebbe scoppiata la guerra: ed infatti non sarebbe scoppiata se non ci fossero state le condizioni economico-oggettive di crisi.
Il New Deal americano che, fatti i primi passi, poteva trovare e poteva diventare, attraverso l'arsenale delle democrazie minacciate dal nazifascismo, una possibilità prima di interventi diretti è poi trascinato direttamente, nello stesso momento dell'Unione Sovietica, che cercava di ristabilire le distanze maggiori possibili dalle potenze che l'avevano chiusa nei suoi rapporti interni.
Dalla crisi del bipolarismo, che oggi stiamo conoscendo, e mi riferisco ad analisi che credo sono già state fatte nel 1939, è scritto in tutti i trattati di storia che l'Unione Sovietica ha cercato di allungare di 500 Km le sue frontiere.
A causa della drammaticità dei problemi, si è sempre molto attenti durante le discussioni con i colleghi. Ero pronto a recepire dalle critiche la possibilità di poter approfondire le profonde e preoccupate sensibilizzazioni dei problemi, con riguardo al passato, per quello che nel futuro abbiamo di fronte e credo che indubbiamente tutto ciò che si è risolto, si è ritrovata la soluzione a livello delle Nazioni Unite partiva, come punto di riferimento, però sempre da una possibilità che i due pilastri, su cui si basava l'equilibrio mondiale e quindi la possibilità della distensione, esistessero.
Il classico, in questo, è stata la funzione politica kissingeriana nel periodo di Nixon, cioè il massimo riconoscimento dei due imperialismi che si ritrovavano uno di fronte all'altro, nella posizione e quindi anche nella possibilità e dello scontro e del dialogo. Da queste situazioni mondiali, che noi ben conosciamo, sta emergendo, da qualche anno, la novità, cioè il fenomeno, il satellite Cina, così chiamato, che sta diventando una realtà, che sarebbe gravissimo errore non valutare nelle sue implicazioni di contrasto rispetto agli anni scorsi, dagli scontri sull'Ursuri con l'Unione Sovietica a quello che può essere oggi la realtà concreta che si sta determinando a livello di Afghanistan, che ai tempi della nostra infanzia studiavamo con la definizione di Stato cuscinetto fra l'impero russo e l'impero britannico, che impediva lo scontro diretto dei due in quella delicata zona, in un equilibrio che costoro avevano potuto raggiungere. Le sconfitte zariste furono causate dal non aver preso in considerazione l'Afghanistan nella discesa dal nord: indubbiamente questa è una situazione che storicamente oggi si ripropone. Infatti, se andiamo a vedere la collocazione geografica dell'Afghanistan, vediamo come questo sia a contatto con il mondo occidentale nel rapporto delle fonti energetiche di approvvigionamento, l'Iran e i Paesi dell'Oriente e dell'Arabia, si notano poi da una parte le frontiere cinesi e dall'altra parte le frontiere, che si sono oggi allungate, dell'Unione Sovietica.
Se pensiamo come fu evitato per 30 anni lo scontro a livello europeo non credo che abbia assolutamente contribuito la potenzialità atomica, che poteva indurre a maggiori ragionamenti e riflessioni perché i conflitti non si dilatassero, ma non credo che questo sia soltanto il motivo perché ci non avvenne, perché quel pericolo potrebbe ancora oggi rappresentare l'ancora di speranza, cioè la possibilità di una guerra atomica possa indurre gli uomini a non determinare situazioni di preconflitto o di conflitto quale oggi noi conosciamo. E credo che di fronte ai fatti nuovi la riproposizione in termini politici, uguali e corrispondenti a quelle che erano le scelte, le conseguenze degli accordi che avevano giustificato il bipolarismo a livello mondiale, sarebbe, a mio parere, un errore, perch non tiene conto del fatto nuovo, reale, concreto del fenomeno Cina. Sarebbe veramente incamminarci lungo una strada pericolosissima per arrestare i processi in corso, pensare di creare anelli di alleanze come mi pare stiano avanzando negli Stati Uniti tentativi concreti in tal senso, sono notizie del telegiornale di ieri e dei giornali di oggi, le visite del Ministro della difesa Brown a Pechino, l'assistere alle manovre militari, tutte queste cose devono essere motivo di attenzione da parte nostra, che non siamo più nelle condizioni di disastro economico, spirituale e morale quale ci trovavamo nel 1946-47-48 di fronte al pericolo veramente incombente di un dilatarsi dell'espansione che a macchia d'olio assorbiva nel satellite Unione Sovietica paesi quali la Cecoslovacchia e l'Ungheria.
Se noi pensiamo la risposta debba venire dall'allargamento ad altre forze, a potenze anche emergenti, di un peso storico che il futuro dimostrerà quale peso e potenza militare abbiano anche soltanto in termini numerici, quali la Cina, indipendentemente da un discorso, soltanto in termini di potenza, di contrapposizione dei blocchi, commetteremmo un gravissimo errore. Proprio di fronte alla legittima necessità e preoccupazione di garantire l'assetto, da parte della Repubblica popolare cinese, bisogna sempre offrire, credo, il principio della buona fede riconoscerlo, fino a prova contraria, e riproporlo, cioè di avere le garanzie del proprio sviluppo autonomo e non condizionato da alcuno, per sarebbe grave errore, a mio parere, da parte dell'Europa, non voler giocare, 30 anni dopo ciò che è avvenuto nel 1949/50, nel periodo della guerra fredda, in termini nuovi e moderni.
In questo senso, di fronte ad una crisi del bipolarismo e al sorgere di un più articolato discorso, l'Europa si presenta disarticolata nei rapporti tra singoli Stati e non con un discorso unitario, non potrà ottenere quei risultati positivi a cui accennava il collega Cardinali, avendo come punto di riferimento le Nazioni Unite. Soltanto in una visione di una possibile articolazione di una politica, di una strategia dell'Europa nel suo complesso, che si ponga e si faccia carico dei problemi della pace assumendo le proprie responsabilità in un momento di crisi di coloro che per anni avevano avuto la delega della gestione dei grandi affari internazionali, possiamo veramente allora evitare di cadere nei piccoli scontri che poi dilagheranno sempre di più.
A nessuno deve sfuggire che alcuni mesi fa, proprio a livello europeo si parlò, e cito la Francia e la Germania, di fronte a eventuali inasprimenti della crisi energetica, della necessità, per il bene dell'umanità e del progresso, di interventi diretti nei Paesi produttori del petrolio.
Ritornando a ricalcare processi e risposte politiche valide nel passato e non tenendo conto delle mutate situazioni di forza che si sono determinate nel mondo, credo che potremmo anche trovarci in una situazione analoga a un passato non tanto lontano, per la mediocrità e per l'egoismo singolo che può colpire gli uomini e diventa più drammatico quando colpisce le Nazioni, anche se piccole, ma indubbiamente cariche di peso e di responsabilità storiche: allora credo che la nostra potrebbe essere soltanto la risposta che fu data nei tempi passati, che tutti dicono mai più dovrebbero tornare, come l'invasione del '38 della Cecoslovacchia quando la logica era sempre quella di tardare il momento del grande scontro. Allora se queste sono le risposte che vengono date in termini di ripetizione di schemi già conosciuti e purtroppo superati per le modificazioni intercorse nel mondo, dobbiamo prendere atto dalla vicenda afghana che indubbiamente per l'Unione Sovietica, nonostante le ferme condanne di tutto il mondo per questo tipo di intervento militare, non ci sarà, mi pare, è già stato dato per scontato dagli stessi Stati Uniti, dal Presidente Carter, nessun tipo di arresto, neppure successivamente.
L'unico modo di evitare questo tipo di processo che può continuare all'infinito con le reciproche giustificazioni dei contendenti, che il passo che hanno fatto è in contrasto con i loro princìpi ma che giungono a certe decisioni per necessità, sia il renderci conto delle mutate condizioni e del nuovo ruolo che l'Europa per dignità storica, etica morale, di civiltà, ha saputo rappresentare nel passato, che in questi 30 anni ha saputo anche recuperare come funzione propria, autonoma, ruolo che in futuro saprà esplicare autonomamente.
Questo non vuol significare un terzoforzismo, ma un articolato rapporto non di blocchi che si riformano ancora nella logica di grande contrapposizione, ma vuol significare quello che la storia a livello italiano nel 1400 e a livello europeo nel 1600 e 1700 ebbe così come sua ulteriore esplicazione politica e di masse contrastanti, che sapeva e seppe determinare periodi di pace e di progresso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Ringrazio innanzitutto il Presi- dente per aver accolto, con immediata sensibi-lità, della quale del resto personalmente non dubitavo, una richiesta e una sollecitazione da parte mia, a nome del Gruppo democristiano, che non aveva peraltro il proposito formale di un dibattito sull'argomento, ma segnalava l'opportunità che con tempestività, e quindi non con ritualità alle ricorrenze quando avvenissero, si mostrasse sensibilità puntuale rispetto a un fatto della cui gravità il Presidente oggi, si è fatto portatore con la sua valutazione e la sua condotta.
Dirò che mi piace sempre meno attenermi alle dichiarazioni platoniche che colmano l'angolo ipocrita della nostra coscienza o la nostra velleità di essere protagonisti. E' stata ricordata in questi giorni con grande efficacia, e le letture fatte qualche tempo fa ne hanno anche a me rivelata la piena validità, la tentazione e la spinta a sentirci come uomini singoli, stranieri in questo mondo nel quale le ragioni e le valutazioni dell'uomo che cammina frettolosamente per Mosca o si avvia al metrò di New York, cadono rispetto a forti esigenze, enormi esigenze, che sembrano totalmente ignorarlo.
Una delle reazioni è anche quella di cercare di superare l'avvilimento e la tentazione di sentirci inutili e stranieri in un mondo nel quale prevalgono altre regole rispetto a quelle che sono nel cuore di ogni essere umano. Certamente, mi associo alla richiesta di ritiro delle truppe sovietiche dall'Afghanistan, per quanto il realismo politico ci faccia sorridere di fronte a questa richiesta, è stato ancora ribadito, pur doverosa, pur ineliminabile. Così come mi associo ad ogni impresa, specie se concreta, per ricondurre i Paesi, i Governi, ad iniziative nelle quali non cada la speranza e la fiducia volte a ristabilire l'equilibrio innanzitutto, le azioni costruttrici di pace, così in questa logica non possiamo che associarci a quanti sperano e sollecitano la liberazione degli ostaggi americani a Teheran. I pretesti in Afghanistan, dunque, sono caduti, le ragioni, il diritto della forza, il diritto dell'autotutela della protezione rispetto ad eventi ed a rapporti futuri ed ignoti è sostanzialmente ammesso e proclamato ed una parte dell'opinione pubblica ha già sublimato e superato anche lo shock, lo ha trasformato in un gioco di scacchi, in una mossa sullo scacchiere mondiale che ha un suo fascino per chi si china sui libri di storia a valutare i vari momenti o con animo distaccato oggi, ad esempio, ad esaminare le manovre fatte da Napoleone nella nostra piana di Marengo.
Vi è stata un'invasione, vi è stata un'occupazione, tutto su questo piano, sulla portata strategica, sui momenti, quasi tutto è stato detto a livello politico adeguato ed a livello di specialisti, di pubblicisti che con dovizia si sono applicati sui nostri quotidiani, facendone salire, dal punto di vista culturale, il livello in questi giorni. La gravità del fatto, salvo casi marginali, credo non abbia fatto scadere nella contumelia, ma abbia sollecitato ad affinare l'intelligenza. M'interessa personalmente, qui, in questa sede, avendo il senso delle proporzioni molto di più capire quel che ci tocca direttamente e può consentire nostre efficaci reazioni, per agire nel senso giusto, per essere avvertiti, per prestare orecchio, per non far finta di nulla di fronte ad un tuono che brontola lontano, in un cielo che appare ancora sereno, dentro nuvole che per ora sono appena al di là dell'orizzonte dei nostri confini.
Inquietante è certamente la reviviscenza clamorosa e sprezzante di un imperialismo classico e militare, che ne legittima altri, ma ancor più inquietante per noi e motivo di specifica riflessione è la pretesa proclamata recentemente in Cambogia, durante gli avvenimenti vietnamiti, di andare a rimediare i tragici errori-delitti, il genocidio, per poi lasciar morire di fame ugualmente la gente alla quale non riescono ad arrivare gli aiuti internazionali, la pretesa cioè di intervento ovunque un partito, una forza comunista, un governo, possa comportare, secondo un giudizio che ha sede in una precisa posizione imperialistica, possa comportare un'operazione anche militare per essere ricondotto all'ortodossa disciplina nei confronti della sede imperiale, per cui la stessa disputa tra due momenti e due versioni di uno stesso movimento politico, chiamato a responsabilità politiche in un determinato paese, diventa il nuovo, lo specifico, il peculiare motivo di intervento in una fase che ha sempre per supporto l'imperialismo e le sue ragioni nella geopolitica di antica memoria.
Ecco, dunque, un motivo di preoccupazione e di riflessione per noi. Il Consigliere Picco dirà, speriamo stando tutti e due nei limiti che ci siamo posti, qualcosa sull'iniziativa, sulla non rassegnazione, sull'iniziativa che l'Europa deve assumere, per garantirsi un'autonomia, una capacità di dialogo, di proposta, di difesa nei confronti di equilibri mondiali che si vanno modificando e all'interno dei quali la voce, le aspirazioni di libertà e di democrazia di questa parte del mondo rischiano di diventare un incidente marginale o di essere subordinate troppo facilmente ad altre logiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Sulla gravità dell'intervento sovietico in Afghanistan e sulla necessità di una sua ferma condanna, mi associo pienamente a quanto, con nettezza e rigore, ha già detto il Presidente del Consiglio nella dichiarazione di apertura di questo dibattito.
Rinvio peraltro, per una più completa ed esauriente valutazione dell'intervento dell'URSS, a quanto è scritto ed affermato nella risoluzione della direzione del nostro partito del 5 gennaio, oltre che nell'interpellanza presentata alla Camera da un gruppo di deputati comunisti, primi firmatari Giancarlo Paletta e Aldo Tortorella.
Quello che mi sembra invece particolarmente utile qui, in questo dibattito, sviluppare, è un ragionamento che, pur partendo dal grave episodio dell'Afghanistan, allarghi il nostro angolo visuale su cosa sta capitando oggi nel mondo, in un momento di assoluta gravità e di drammatico pericolo per la pace.
Sono in questo senso lieto che altri che mi hanno preceduto abbiano soprattutto insistito su tale aspetto. A me pare che questo sia il punto politico e anche, in qualche misura, il riferimento che noi possiamo avere per sviluppare delle iniziative politiche concrete.
Occorre cioè partire dallo stato di grande preoccupazione ed allarme presente nell'opinione pubblica del paese, di questa comunità regionale, di tutto il paese in genere, dal fatto cioè che la gente per la prima volta dopo tanti anni sente e intuisce che la guerra rischia di non essere solo più una remota ed improbabile eventualità magari di parti del mondo molto lontane, percepisce che per un complesso di ragioni (politiche, economiche militari) si è avviato un processo, una spirale fatta di atti di forza, di minacce, di ritorsioni che monta continuamente, che aggiunge quasi ogni giorno un anello nuovo alla già lunga catena, una catena che se non viene rotta subito rischia di inchiodare le moltitudini del mondo ad un cupo e terribile destino di guerra e di distruzione.
Occorre, appunto, partire di qui, per capire fino in fondo anche la qualità ed il livello del contributo che, sia pur modesto soggettivamente possiamo e dobbiamo dare in questo cruciale momento della vita e della storia del mondo; e soprattutto, è bene dirlo con molta franchezza, occorre capire innanzitutto che il lavoro di costruzione di questo contributo non può essere assolutamente subordinato o condizionato da miopi e colpevoli interessi di piccola cucina politica interna. Ritornerò poi meglio su questo punto.
Ecco allora il primo punto importante d'approdo di questo nostro dibattito: dopo l'analisi, dopo l'interpretazione dei fatti, indicare e proporre iniziative utili a invertire la tendenza in atto, a rompere la spirale di cui dicevo, per salvare la distensione e rilanciarla con coraggio, con lucidità, su basi più sicure.
Sì, perché questo è il punto, signori Consiglieri: salvare e rilanciare la distensione gravemente compromessa da quanto sta succedendo nella più grave delle crisi internazionali che viviamo da oltre 20 anni. Quindi credo che convenga anche dare, sia pure molto rapidamente, uno sguardo sintetico alle componenti di questa crisi. Abbiamo tutte le componenti, signori Consiglieri, e noi lo sappiamo, intuiamo che la gravità, non sufficientemente percepita, deriva precisamente dal fatto che per la prima volta, forse, in 20 anni, queste componenti convivono, sono l'una effetto moltiplicatore dell'altra: pensiamo alle vecchie crisi regionali dal Medio Oriente, al Sud-Est asiatico, tuttora aperte. Se ne sono aggiunte di nuove e gravi, come l'Iran; e qui non possiamo dimenticare, se vogliamo andare sempre a cogliere nella loro interezza i processi, che l'inammissibile sequestro, oggi, degli ostaggi americani è la conseguenza anche dello stato in cui versa l'Iran e di un determinato appoggio dato allo Scià di Persia che ha portato questo Paese ad una crisi che non appare oggi di possibile sbocco, e l'Iran è uno dei punti chiave.
E anche dove non c'è guerra, ricordiamolo, al suo posto c'è il silenzio delle galere; è il caso del Cile, dell'Argentina e di tutti quei Paesi in cui il fascismo si è sostituito alla democrazia, con i suoi delitti, le sue torture, i suoi silenzi che non sono però i silenzi della pace, ma i silenzi della dittatura.
Dobbiamo ricordare il significato che ha la corsa al riarmo (ne abbiamo parlato qui 2 mesi fa), e il rapporto che ha col sottosviluppo. Il rilancio della corsa al riarmo è un brutale interfaccia di un mondo in cui stanno esplodendo i problemi del sotto sviluppo e della fame per miliardi di uomini. Aggiungiamo a questo la crisi energetica, la corsa alle materie prime, la schizofrenia della moneta; tutte componenti che aumentano gli effetti di un impatto negativo su una realtà ove rimangono ed anzi aumentano enormi ingiustizie sociali ed umane, con interi popoli della terra che continuano ad essere sfruttati ("i dannati della terra" di Frantz Fanon sono oggi assai di più) per responsabilità di tutti coloro che - in rigurgiti di imperialismo e di neocolonialismo - si oppongono alla costruzione di un nuovo ordine economico e sociale, fondato sulla giustizia e sull'eguaglianza dei diritti dei popoli.
Mettiamoci ancora dentro le vicende più specifiche dell'armamento: certo, i missili sovietici, ma anche la decisione su cui noi non siamo stati d'accordo e continuiamo a dirlo e crediamo purtroppo di avere avuto ragione, la votazione e poi la decisione della NATO, sui missili americani in Europa, la non ratifica del SALT 2, la fornitura delle armi, che continuano ed aumentano, specie ai Paesi delle aree più destabilizzate.
Pensiamo anche, come altre componenti, a quelle spericolate operazioni alle quali, al vertice di Guadalupa, alcuni Governi europei occidentali posero attenzione, spericolate operazioni di alleanza Cina-Stati Uniti che avrebbero potuto portare un effetto indotto nella situazione politica internazionale.
Ho ricordato queste componenti, a tutti peraltro ben presenti, perch appunto piccoli interessi di cucina politica interna o, insieme, pericolosi ritorni agli spiriti di crociata di stampo anni '50, rischiano oggi, mi pare qui in Italia, più che altrove, in altri Paesi dell'Europa occidentale, di far imboccare strade cieche, sterili di effetti produttivi se mai foriere di ulteriori anelli della spirale perversa che richiamavo.
Guai, cioè, se non cogliessimo tutti la complessità e la pluralità di cause della crisi: soprattutto il senso di ciò che sta andando avanti, che può divenire corsa irreversibile verso il baratro. E guai anche se, come sembrano fare alcuni in Italia, ci si facesse prendere la mano dalla suggestione della politica delle ritorsioni che più dure sono, alcuni dicono, e meglio è: per questo noi critichiamo e siamo decisamente contrari alle misure di ritorsione predisposte e proposte anche dall'amministrazione Carter: proprio perché così, a nostro giudizio, si accrescono ulteriormente le tensioni, si rilancia fortemente la spirale degli atti di forza.
Riporto, peraltro, a testimonianza di opinioni che non sono solo nostre, quelle di un autorevole esponente governativo della SPD tedesca.
Dice: "Qui non si tratta di punire l'URSS con l'arresto del processo di distensione e veramente saremmo in mala fede se ci mettessimo a considerare la distensione come un regalo che l'Occidente ha fatto all'URSS, quasi che il proseguimento del metodo negoziale non fosse invece vitale anche per noi".
E, se ricordiamo bene, lo stesso motivo che ha indotto anche a un atteggiamento più prudente, distinto, nel vertice di Guadalupa di mesi fa nella Francia e nella Germania Federale, ed è a quanto negli altri Paesi europei sta avvenendo di fronte alla questione delle ritorsioni USA cui noi dobbiamo fare riferimento. Dobbiamo, in qualche misura, avere il coraggio e le forza di sprovincializzarci, perché guai, ripeto, se mantenessimo gli orizzonti troppo miopi, troppo vicini alle questioni interne tra i partiti italiani e non cogliessimo, invece, il senso di un processo che ha questa complessità, che ha questi pericoli e che deve quindi intervenire alla radice non solo con interventi di ritorsione, di rappresaglia o di indurimento dei rapporti.
Quando a Parigi il Ministro degli Esteri dice: "Noi escludiamo ogni rappresaglia verso l'URSS e semmai intendiamo aprire consultazioni con Mosca per ritrovare il modo di salvare la distensione", o quando a Bonn il Ministro degli Esteri, dopo una dura condanna dell'invasione sovietica, ha ribadito che Bonn continuerà la politica di distensione, credo che dobbiamo cogliere, come non è possibile, e secondo noi sarebbe folle, seguire, come punta emergente di uno schieramento europeo, le posizioni di Margaret Thatcher; mi sia permesso di far osservare che di fronte ai problemi che Margaret Thatcher si ritrova con il business della City, noi potremmo dire che il mondo degli affari è cinico, ma potremmo anche considerarlo in un altro aspetto, che proprio lo sviluppo e l'intreccio di rapporti economici e commerciali può essere un elemento del tessuto connettivo della stessa pace.
Voglio dire, in altre parole, che se i rapporti commerciali, economici produttivi, sono, oltre che i prodotti della pace, anche degli interessi volti a conservarla, ben vengano questi rapporti. E, d'altronde, se parliamo anche di casa nostra, possiamo dimenticare come mettendoci su una strada emotiva per alcuni, per altri invece corrispondente a visioni ideologiche di guerra fredda e di maccartismo che alcuni forse agognano noi non possiamo dimenticare come sarebbe abbastanza stolto pensare di inviare granatieri di Sardegna in soccorso e contro l' URSS, senza dimenticarci che i rapporti commerciali, di distensione, avviati con questo Paese devono presupporre un'energica azione politica per cambiare certi atteggiamenti, ma non possono essere interrotti.
Se questo è dunque il panorama dei pericoli e delle minacce di pace, se peraltro conveniamo sulla necessità di rilanciare la distensione contrastando la pericolosa politica delle ritorsioni, occorre allora lavorare, dare il nostro contributo di proposte anche operative per la pace e la distensione.
Il nostro partito ha proposto una presa di posizione che ha avuto una vasta eco, anche se varia, una sua posizione molto precisa. Non la riprendo qui, ma voglio solo dire, come mia considerazione, che per tutti coloro, e sono tanti, che sono convinti che dalla spirale degenerativa non si pu uscire che con una forte iniziativa europea, la posizione del nostro partito può essere un contributo serio. Ciò che infatti risulta ogni giorno più chiaro è che le due superpotenze sono incastrate in un vero e proprio ingranaggio da esse creato ed innescato, ma che oggi non sono più in grado di controllare.
L'unica possibilità di rompere questo ingranaggio di riarmo accelerato dei due blocchi e di crisi locali scatenanti e dirompenti, è e resta un'iniziativa europea.
Vorrei dire, prima ancora della posizione del nostro partito a livello nazionale, che non è un caso, né solo frutto di un'indubbia e indiscutibile intelligenza politica soggettiva, il fatto che il Presidente Sanlorenzo nel replicare alla richiesta di convocazione del Consiglio, avesse già indicato una via analoga. In qualche misura, questa via, questa ricerca di un'iniziativa europea, impone un rilancio del processo di distensione, ma anche la coerenza tra le mete ed i traguardi, che un po' tutti abbiamo assegnato all'Europa nella fase, per es., costituente, prima delle elezioni del Parlamento. E' il primo e importante momento di verifica. Lo impone anche la logica di chi crede in una funzione progressiva dell'Europa.
E allora, mi sia permesso di ricordare che su questa strada e su tutti gli elementi di concretezza che possiamo sviluppare, non dobbiamo stancarci di recuperare fino in fondo il senso complessivo delle cose. Guai, ripeto se oggi insieme agli atti consapevoli, seri e rigorosi che per esempio un partito come il nostro ha compiuto con questa sua decisione, non ci fosse il tentativo di collocarsi verso quegli obiettivi che possono essere unitari perché sono gli unici possibili. Fuori di questi, che cosa possiamo proporre? Qual è il punto di attacco per una iniziativa che rilanci la distensione? E' ancora una volta attorno alle questioni del nuovo ordine economico, attorno alle questioni della guerra, della fame, del sottosviluppo, attorno alle grandi questioni della lotta ideale della speranza e dell'utopia, abbiamo rilanciato più volte queste parole e credo che le dobbiamo rilanciare proprio nel momento in cui vi sono troppi segnali di iperrealismo politico, la lotta all'ingiustizia, la lotta alla divisione del mondo, rompere la logica dei blocchi contrapposti imbracciare la bandiera della speranza e di un futuro migliore per noi questo è il significato autentico anche di socialismo, questo è uno degli obiettivi finali.
Salvaguardare l'integrità e l'indipendenza dei popoli, per noi è anche questo, anche se ciò deve essere fatto senza ipocrisia e non dobbiamo avere code di paglia. Quando denunciamo e condanniamo con molta fermezza quello che è stato un attacco all'indipendenza e all'integrità di un popolo dobbiamo ricordare i casi in cui altri attacchi, magari nel Centro Africa sotto le vesti dei parà francesi, e non vado a vedere nel merito il regime esistente, hanno intaccato questa integrità e non c'è stata un'analoga reazione; noi dobbiamo aver presente, se ci vogliamo collocare in una prospettiva per il futuro, non interna e neanche di puro revanscismo maccartista, che il livello di giudizio e di analisi delle cose del mondo è di questo tipo.
Noi non possiamo neanche dimenticare come oggi molti commentatori politici, durante i fatti del Vietnam, e lo voglio qui ricordare, perch riprendo un pezzo di un articolo che lo ricorda, molti di quei commentatori politici che oggi danno il fiato alle trombe di un attacco unilaterale e non di un serio e rigoroso atteggiamento di condanna ed anche di proposta pensavano e scrivevano che bisognava sganciare bombe su Hanoi. Con la stessa cecità, questi commentatori, oggi, si esercitano sull'orlo del baratro, senza formulare un'idea, una proposta che possa contribuire a salvare il mondo e l'Italia dalla guerra.
Non cadiamo in questo errore. Riteniamo che continuare a intensificare la mobilitazione attorno ai grandi obiettivi della pace, che abbiamo lanciato tre mesi fa, che hanno come interfaccia la battaglia del sottosviluppo e della fame, sia anche una di quelle condizioni, certo a lunga portata, però risolutive, per fare in maniera che da questa parte del mondo, comunque dal nostro Paese, e dalla nostra democrazia, possano levarsi condanne ed energiche richieste perché il diritto dei popoli e di ogni comunità nazionale non venga calpestato, rilanciando una prospettiva in cui possa essere spezzato qualcuno di questi anelli. Rompere questi anelli vuol dire sperare ancora; se invece ne aggiungiamo altri, vuol dire probabilmente, la fine.
Di questo dobbiamo essere coscienti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

L'attenzione che il nostro Consiglio ha sempre dimostrato per i problemi della pace nel mondo, per la libertà dei popoli e per l'indipendenza delle Nazioni ci porta oggi ad affrontare, nei termini e nelle forme che ci sono possibili, e nella prospettiva di proposizioni e di tendenze che ciascuna forza politica intende autonomamente e liberamente avanzare, la questione dell'invasione dell'Afghanistan da parte delle truppe sovietiche.
La questione è stata posta, questa volta, dal collega Bianchi Capogruppo della D.C. - come in altre occasioni (e ricordo, in particolare il problema sollevato dall'interferenza sovietica sulla Biennale del dissenso) fu posta, e con altrettanta fermezza, dal Gruppo socialista.
L'iniziativa ci trova pienamente consenzienti, e completamente allineati su quanto il Segretario del PSI ha fatto e detto in questi giorni con riferimento alla questione afghana e più in generale all'inasprirsi delle relazioni internazionali.
Confermiamo quindi il giudizio dei socialisti italiani nei confronti dell'intervento militare sovietico, condividiamo la ferma posizione del governo italiano a questo proposito, e la necessità che l'URSS sia posta di fronte alla responsabilità delle gravi conseguenze del suo comportamento nelle prospettive della distensione. Sollecitiamo un'iniziativa del governo italiano per un'azione internazionale che tenda ad arginare il dilagare delle tensioni in un momento in cui il determinarsi di situazioni incontrollate e di reazioni sproporzionate possono provocare serie minacce alla pace. Riteniamo infine di sollecitare la ripresa di una pressione italiana sul governo iraniano perché sia possibile superare il grave punto di crisi con la liberazione degli ostaggi americani.
Non vi è dubbio alcuno che l'intervento sovietico in Afghanistan violi uno dei principi fondamentali su cui regge la pacifica convivenza di tutti i popoli e di tutti gli Stati, specialmente degli Stati più piccoli di fronte a quelli più forti.
La decisione dell'intervento e la sanguinosa campagna militare in atto costituiscono un grave attentato alla politica della distensione e della pace. Esse meritano una condanna internazionale e anche italiana, formulata (come ha detto l'on. Craxi) "senza riserve, senza giri di parole e di argomenti".
Deve quindi essere sostenuta sul piano politico una richiesta di cessazione della campagna militare e di ritiro delle truppe sovietiche dal territorio afghano. Occorre reagire subito e con fermezza per arginare tutti i processi di esasperazione che la grave iniziativa dell'URSS rischia di provocare, vigilando perché in tutti i punti caldi e di crisi nuove situazioni non aggravino con conseguenze incalcolabili le prospettive della stabilità internazionale e della pace.
Devono essere evitati pericolosi e prolungati arresti dei processi positivi necessari nel campo del controllo e del negoziato sulle armi nucleari strategiche. Un'inversione di tendenza in questo campo non appare giustificata neppure di fronte ai gravi avvenimenti in atto, poiché essa non influisce sulle situazioni concrete di crisi; a cominciare da quella afghana che deve essere risolta determinando il ritiro delle truppe sovietiche dal territorio di quel Paese e ristabilendo la tranquillità e la normalità nella regione.
Pensiamo - e riteniamo di essere coerenti con quanti ebbimo occasione di dire in occasione del dibattito sull'iniziativa dell'ONU per il disarmo che sia il rinvio della decisione di ratifica del "Salt 2" sia il rifiuto sovietico di aprire un negoziato sulle armi in Europa - possano essere considerate posizioni interlocutorie e superabili.
Nel quadro della necessaria solidarietà dell'alleanza atlantica è certamente auspicabile un'azione congiunta dei governi europei contro le manifeste pretese espansionistiche dell'Unione Sovietica rivolte oggi verso un Paese mussulmano del Terzo Mondo e per reagire attivamente contro ogni degenerazione possibile della situazione internazionale, per evitare che si creino condizioni ingovernabili gravide di conseguenze per il futuro del mondo.
Tutte le forze sinceramente amanti della pace non possono che scendere attivamente in campo in questo difficile momento per la difesa dei princìpi di sicurezza, di indipendenza, di equilibrio che soli possono ristabilire un clima di fiducia e di normalità nelle relazioni internazionali.
Ora, quali iniziative può assumere il Consiglio regionale? Mi sia consentito di dire che non ho, personalmente, una grande fiducia sull' efficacia degli ordini del giorno, delle mozioni, delle risoluzioni.
Le forze politiche, tutte le forze politiche hanno già assunto le loro posizioni, e si stanno confrontando su di esse nel Paese. Ho espresso, in modo sommario, la posizione del PSI sul problema, e non credo che un ordine del giorno, una mozione o una risoluzione più o meno concordati, affinati ed opportunamente adeguati alle più diverse e difformi esigenze, quando non corrispondano ad una effettiva unanimità di consensi, possano favorire concretamente la causa della pace e della distensione internazionale, e soprattutto la chiarezza delle idee.
Credo piuttosto all'opportunità di compiere atti concreti, nell'ambito delle competenze istituzionali della Regione e della sua iniziativa politica. In questo quadro si possono superare, in positivo, anche le serie distanze che esistono tra l'una e l'altra forza politica.
In particolare: E' di ieri la notizia della manifestazione indetta dalle Federazioni sindacali Cgil - Cisl - Uil a Roma per il 21 gennaio. Il comunicato è noto a tutti: si tratta di un documento di grande importanza, che fa onore al senso di responsabilità del movimento operaio del nostro Paese, la cui maturità politica lo pone certamente all'avanguardia del movimento operaio europeo.
Ebbene: la mia proposta è che il Consiglio regionale aderisca alla manifestazione e mandi un messaggio di riconoscimento per la validità dell'iniziativa assunta a favore della pace e della distensione internazionale.
La seconda iniziativa dovrebbe collocarsi sul piano europeo. Il nostro Governo assume, per sei mesi, la Presidenza del Consiglio dei Ministri della CEE. E' un'occasione preziosa per far valere, una volta tanto, la presenza attiva del nostro Paese nel contesto europeo, e dell'Europa nel mondo.
Di questo ruolo mondiale dell'Europa abbiamo già discusso in questo Consiglio tante volte, e sarebbe ozioso ripetersi per l'ennesima volta.
Ma riteniamo - e dobbiamo confermarlo ancora, per dovere di chiarezza che questo ruolo è possibile soltanto operando, in pari tempo, per una politica estera e per una politica di difesa comune. Fino a quando ogni Stato europeo avrà la "sua" politica estera e la "sua" politica di difesa non potrà realizzarsi un'effettiva presenza dell'Europa come fattore di pace e di libertà nel mondo; ma continueranno a prevalere quegli interessi particolaristici che fino ad oggi hanno fatto premio sui reali interessi della collettività europea. Ed allora ogni richiamo alla funzione dell'Europa è puramente mistificatorio. Siamo sinceramente preoccupati per le sorti della pace nel mondo: per questo assicuriamo ogni nostro apporto a quanto il Consiglio riterrà di fare per rafforzarla e per consolidarla, nel rispetto dei diritti e della libertà di tutti e di ciascuno e dell'autonomia delle singole forze politiche che auspichiamo, come siamo certi, di vedere sinceramente impegnate in questa grande opera al servizio della nostra Regione e della pace nel mondo.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, la ragione per cui oggi interveniamo su un argomento di politica internazionale è forse uno dei più drammatici che in questi ultimi anni ci sia dato di partecipare, dico di partecipare, perché oggi non c'è alcun punto di questa nostra terra in cui quando accade qualche cosa, non partecipino e non siano coinvolti tutti i popoli.
Siamo di fronte ad un fatto assolutamente nuovo: un Paese occupa perché questo è il termine che dobbiamo usare, un altro paese con un pretesto, quello di essere chiamato da qualcuno. Noi conosciamo molto bene come Italiani, queste storie. La nostra storia è piena di calate in Italia perché qualcuno aveva chiamato lo straniero, e non sono mai state calate indolori, hanno costato all'Italia l'essere un Paese occupato per secoli da questa o quell'altra potenza straniera. Questa invasione non è che l'ultimo atto di una escalation che per ora indico soltanto da una parte, ma che certo non è da una parte sola: escalation vuol dire truppe cubane nell'Angola, nel Mozambico e in Etiopia: escalation vuol dire influenza sovietica nel Benin, nello Yemen del sud, nel Vietnam, nella Cambogia e nel Laos. Ho voluto elencarli, perché, presi ad uno ad uno, possono sembrare una piccola cosa, ma acquistano imponenza e significato solo nel momento in cui si vedono nel loro insieme. Sono altrettanti punti di riferimento dell'URSS, al di fuori delle zone che abbiamo sempre chiamato di tradizionale influenza sovietica.
Per la prima volta un Paese, che non è nell'ambito del patto di Varsavia, viene invaso e occupato. Possiamo a lungo discutere su quali possono essere le ritorsioni e se sia bene o non sia bene rispondere in qualche modo a questa situazione, ma devo confessare che mi sembra molto strano non rispondere per nulla. Sarebbe molto strano non rispondere con l'installazione dei Pershing al fatto che vengano collocati degli S.S.20.
Noi riteniamo invero che la posizione presa dal Parlamento italiano e la scelta di campo, che peraltro l'Italia con tutte le sue componenti ha fatto nell'ambito del mondo occidentale, sia una scelta che va in questo momento ribadita. In questo senso, evidentemente, anche la scelta di una risposta di carattere europeo indubbiamente non può che ottenere la nostra approvazione, ma nello stesso tempo non possiamo che provare dei dubbi.
Pensiamo soltanto agli accordi intervenuti, sono notizie giornalistiche, ma non abbiamo ragione di credere che non siano vere, non sono state smentite fra la Francia e l'Iran. Capisco che chi si è allevato con tanta cura Khomeini, in qualche modo voglia sfruttare la situazione, ma in una situazione come l'attuale acquistare alcuni barili di petrolio in cambio di armi, ci pare cosa di non poca gravità e che ci fa dubitare di un intervento proficuo dell'Europa, perché se proficuo deve essere, deve essere intervento unitario, che in questo momento proprio non vediamo.
Comunque, questo è certamente uno dei tentativi che vanno fatti: la spirale angosciosa di guerra, il senso di essere dei Paesi balocco di fronte a Paesi imperialistici non solo, ma che ritengono questo imperialismo di tipo espansionistico anche in senso territoriale, è un problema che ci angoscia tutti, anche i Paesi non allineati che in questi giorni hanno proceduto ad una condanna di quanto è stato fatto, ed è la prima volta che i Paesi non allineati, unanimamente, procedono ad una condanna nei confronti di ciò che fa l'URSS e vorrei sottolineare l'importanza di un tale fatto: così io credo che l'Europa, proprio in quanto tale, debba fare riferimento al fatto che noi apparteniamo tutti ad una terza forza, anche quelli che come noi hanno fatto una scelta di campo perché la nostra potenza è ben lontana dall'essere simile a quella dell'URSS, a quella degli Stati Uniti, e anche a quella che, a poco a poco ma senza dubbio, crescerà, della Cina. Certo, una delle cause della grande crisi sarà la sostituzione del bipolarismo, del tripolarismo quadripolarismo, non può che essere anch'essa una delle grandi cause di queste crisi. Siamo d'accordo sul fatto costituito per lo più da speranza che l'Europa possa fare qualche cosa, ma se l'Europa non diventa a sua volta polo di aggregazione di altre debolezze, che tutte insieme possono costituire una forza, riteniamo che anche il compito dell'Europa ci sembra insignificante e non ci resta che aspettare nei paesi come il nostro anch'essi destabilizzati, purtroppo, anch'essi in una condizione abbastanza drammatica per la vicina presenza della Jugoslavia, per la malattia senza dubbio molto grave del Presidente Tito, siamo in una situazione in cui forse più che ogni altro sentiamo la terribile possibilità che ci sta di fronte, di una guerra generale, ma di fronte ad azioni tipo l'invasione dell'Afghanistan, noi non vorremmo certo mai vederne di uguali nei confronti dell'Italia.
Vogliamo essere ancora liberi di scegliere un tipo di governo e un tipo di costruzione del nostro Paese, qualunque esso sia, liberamente e con libere elezioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Mi pare, colleghi Consiglieri e Signor Presidente, che si debba fare ogni sforzo per capire il perché dell'iniziativa democristiana, il perch del consenso del Presidente e dei Capigruppo, e quindi la funzione che assolviamo in quest'ora di questo giorno, di questo anno, a livello regionale, a livello di rappresentanza di una collettività di 5 milioni di individui caratterizzati da una situazione particolare dal punto di vista dei rapporti politici, dal punto di vista delle realtà economiche, dal punto di vista dell'opinione pubblica. Allora, questo sforzo di ricerca ci porta, a mio avviso, prima di tutto a individuare e descrivere il soggetto che sta operando in Afghanistan. Il soggetto che sta operando in Afghanistan è l'ultimo prodotto della rivoluzione leninista russa, è l'incarnazione brutale, che nella storia si è concretizzata, di una tradizione antica, espressione della potenza tipica di una cultura, di una realtà, di una filosofia, forse di una geografia.
Amici comunisti, amico Bontempi cominciamo a vedere chi ha dato inizio a questa aggressione e poi a misurare la vostra distanza da loro e il perché della scelta indicata, non c'è più nessun legame con questo tipo di imperialismo, con questo tipo di struttura oligarchica che c'è in quel paese, un'utopia leninista o marxista, non sono un profondo conoscitore della vicenda comunista, ma è certo che lì il concetto di libertà e di progresso in cui parecchi, centinaia di milioni di individui nel mondo hanno creduto e continuano a credere, non ha fondamento alcuno: questa è la realtà. E allora, la scelta di campo che il Partito comunista sta cercando di fare, e probabilmente sta facendo, deve arrivare alle sue conclusioni.
A mio avviso, non si misura l'avanzata del partito comunista su questa linea, cioè nel suo atteggiamento di politica internazionale, ma nel riconoscimento di questa vicenda, nel fallimento dell'ipotesi della rivoluzione leninista, non so se sia fallita o se è stata tradita certamente non c'è più alcun legame con Breznev che dice: "mi ritirer dall'Afghanistan quando avrò finito la mia operazione di vaccinazione totale di un Paese rispetto a una degenerazione, rispetto ad un modello comunista". Allora, evidentemente, non c'è più nessun rapporto con la rivoluzione leninista, è un'utopia che si è chiusa e tutti i Paesi al mondo devono prendere atto di questa precisa realtà. Qualcuno ride sui banchi comunisti, ma così è, e questo è il nocciolo del problema.



PRESIDENTE

Se avessimo ragionato così, Consigliere Marchini, all'epoca dell'invasione delle truppe americane nel Vietnam, cosa avremmo dovuto concludere? Che era finita l'utopia del rapporto con gli Stati Uniti.



MARCHINI Sergio

Parlerò anche del Vietnam. Ho dato un giudizio, che non è soltanto mio è comparso su tutti i giornali, ed è oggetto, a mio avviso, di una riflessione, che porta a delle conclusioni che qualche collega ha anticipato ma certamente non porta in quest'aula, perché il termine reazionario va di moda bisognerà che cerchiamo di definire cosa significa reazionario in italiano.
Chi ha fatto questa invasione? Che cosa presuppone, perché è stata resa possibile, perché improvvisamente avviene questo fatto straordinario, come ci hanno detto anche la signora Castagnone Vaccarino e Bianchi, della Russia che invade con proprie truppe, non più con i lanzichenecchi di Castro, bensì con la stella rossa, la falce e il martello del partito comunista? Erano impressionanti le immagini televisive di quelle fila di carri armati, attraverso quella terra, uguali, simili, identici a quelli che purtroppo abbiamo visto nel nostro Paese e che abbiamo rivisto nei film che lei, Signor Presidente, propone ai ragazzi sulle barbarie delle guerre naziste, sono esattamente la stessa cosa.
Perché è stato possibile questo? Che cosa c'è di nuovo nel mondo che ha fatto sì che questo potesse avvenire? E' elementare: non c'è più la condizione primaria, per cui esisteva la distensione. La distensione esisteva perché poggiava soprattutto sull'equilibrio delle forze, che signor Presidente, è militare; è saltato l'equilibrio delle forze militari e allora non è giusto, Bontempi, definire una ritorsione perché andiamo a pareggiare un disequilibrio di forze rappresentato dagli S.S. 20 sovietici con i nostri interventi del modello occidentale. Si tratta di recuperare una posizione di equilibrio che è la condizione essenziale perché certi fatti non avvengano, che evidentemente accadono in conseguenza della rottura dell'equilibrio.
Certamente, non soltanto rottura dell'equilibrio militare, ma anche equilibrio culturale, lo scriveva Salvatorelli sulla Stampa a proposito del prezzo del petrolio. L'Occidente, nel suo complesso, deve recuperare credibilità che non si misura soltanto con il numero di cannoni e di missili alle frontiere, ma certamente con i comportamenti: il Vietnam ha messo in discussione la capacità e la stessa ragion d'essere del modello occidentale di cultura, di presenza e di politica; quindi il Vietnam pesa sulla coscienza occidentale per quello che non abbiamo fatto; quindi chiariamolo e diciamolo e sappiamo che è una delle condizioni di debolezza ma sappiamo anche che a queste condizioni di debolezza l'imperialismo sovietico risponde con l'occupazione dell'Afghanistan e allora ....



BONTEMPI Rinaldo

Chi era Somoza? L'hanno appoggiato gli americani fin quando non l'han sbattuto fuori i sandinisti.
Che cos'è il San Salvador? Un paese che non conta niente.



MARCHINI Sergio

Stavo dicendo che il Vietnam pesa sugli equilibri internazionali, dal punto di vista della cultura e della capacità d'iniziativa politica degli Stati Uniti, esattamente come pesa la mancanza di sufficienti presidi militari ai confini est del nostro continente.
Sono esattamente cose identiche perché questo è il quadro in cui sono avvenute e noi dobbiamo trarre qualche conclusione. Dobbiamo pur cercare di capire se qui stiamo facendo un Parlamento di serie B, al posto del Parlamento italiano, stiliamo documenti, ecc. Mi pare condivisibile l'intervento dell'amico socialista, il quale ci ha richiamato i punti esposti dal Segretario del suo partito, Craxi, che ci trovano consenzienti mi trova anche consenziente il fatto che probabilmente il documento che andremo ad elaborare, più o meno unitariamente, sarebbe bene non stilarlo perché probabilmente sarà scritto in modo peggiore rispetto a quello che i nostri governanti hanno detto, però è evidente che siamo una classe politica, giorno per giorno maturiamo, giorno per giorno dobbiamo riflettere, far conoscenze, far esperienze in riferimento alle cose che dovremo dire domani, su altri argomenti.
Molto semplicemente: qui si è parlato di dove la Russia sta dando sfogo ai suo imperialismo, si sono indicate delle località, però si è dimenticato fondamentalmente un Paese occidentale del blocco occidentale tutelato, ma non sufficientemente, dai missili NATO; su questo è d'accordo anche Berlinguer. E' chiaro che Berlinguer accettava l'ombrello Nato per difendere la sua ipotesi fallita dell'eurocomunismo, come sta fallendo anche l'ipotesi europacifista.
Ma se Berlinguer si è preoccupato, prima di cominciare il discorso sull'eurocomunismo, di garantirsi l'ombrello Nato, sono espressioni tratte letteralmente da un articolo di ieri della Repubblica, già dette, in maniera più sfumata, dal Presidente della Repubblica, anticipate dall'amico Bianchi e in qualche modo espresse anche dal Presidente, siamo proprio certi che la politica espansionistica ed imperialistica della Russia sovietica in questo momento non stia agendo vicino a noi, alla Fiat Mirafiori, non abbia agito in Via Fani, non abbia agito in Sicilia, ne siamo certi? Lo possiamo escludere con certezza? Quando il Presidente Sanlorenzo parla delle forze della reazione che vogliono fare tornare indietro, (ma chi vogliono fare andare indietro? ) chi vuol fare tornare indietro questa situazione, chi? Le forze imprenditoriali italiane, gli Stati Uniti, oppure sono altre forze di quei paesi in cui si fabbricano certe armi? L'articolo di Bocca (Bocca non mi pare che sia liberale, non scrive su un giornale che appoggia il partito liberale) dice testualmente che stiamo vivendo l'episodio dell'anno 1949 in Italia c'è una guerra civile, questa guerra civile si innesta in una guerra internazionale, in Italia noi stiamo vivendo, questa è un'ipotesi che possiamo dare come non completamente fantapolitica, stiamo vivendo un episodio dell'imperialismo sovietico e, in ispecie, della dottrina alla quale alludeva il Capogruppo D.C., Bianchi, quando diceva che i partiti comunisti devono comportarsi in un certo modo se vanno un po' in avanti verso quello che noi riteniamo il pluralismo, la libertà, la democrazia ecco che allora scatta la forza reazionaria, per riportare indietro, è un'ipotesi fantapolitica, certamente Bocca non è uno sprovveduto ed il Presidente della Repubblica italiana non si rivolge, in un'occasione come quella delle festività trascorse, a milioni di cittadini, facendo quei discorsi con l'unico scopo di far sorridere qualche Consigliere comunista l'ha fatto con uno scopo, a ragion veduta.
Quando andiamo ad elencare le cose che bisogna fare, verso cosa bisogna lavorare, evidentemente, mi pare che gli strumenti possano essere diversi ma il risultato è unico: va recuperato l'equilibrio su cui si fonda la politica di non belligeranza che c'è stata in questi anni, quella distensione che certamente ha portato frutti, e questo lo diceva anche la "Repubblica" di ieri, probabilmente più pesanti e più interessanti per l'Occidente che non per l'Oriente. La politica della distensione va recuperata, ma va recuperata attraverso il riequilibrio tra due ruoli: ora qualcuno suggerisce che il riequilibrio non debba andare avanti in termini bipolaristici, ma uno dei poli, quello occidentale, possa anche estrapolarsi in due sottopoli e che l'Europa assuma una maggiore iniziativa; benissimo, però non un'iniziativa, come viene definita, in equidistanza, per evitare azioni, per evitare comportamenti ambigui da una parte e dall'altra, ma l'Europa semplicemente deve fare la sua parte per recuperare le condizioni di equilibrio militare, culturale, politico, cioè le condizioni essenziali alla politica della distensione. Non ho altre cose da aggiungere, non ho altri argomenti da proporre, osserverò con attenzione le proposte, mi riservo di produrre un documento da parte nostra, qualora non fossi consenziente.
Certamente, l'attuale, è un momento estremamente difficile, il Paese guarda, in questa vicenda, soprattutto all'atteggiamento del partito comunista, che è certamente nuovo e interessante, però, se è vero quello che pensa Bocca, che alcuni morti sono la conseguenza di una misura che a un certo punto diventerebbe accettabile sul piano dei dolori, sul piano delle sofferenze, perché sono il prezzo da pagare all'avanzamento del nostro Paese, nel suo complesso, di tutte le sue classi, di tutti i cittadini verso un modello di vita più avanzato, più progredito, più libero, più pluralista, ecco, veramente questo è un problema che per la sinistra, per la classe operaia, si pone in termini drammatici, e ritengo che in questo senso il partito comunista e la classe operaia debbono avere la solidarietà delle altre forze politiche, ma, ripeto, il partito comunista non si misurerà, secondo me, sui comunicati, sul fatto che è bene togliere o non togliere i popov da Kabul ma, mio avviso, nel prendere atto che l'utopia di un domani migliore, di maggiore libertà, di eguaglianza dei cittadini, si realizzerà di fronte agli occhi di tutti, l'hanno perseguita prima di noi i nostri padri, la perseguiranno i nostri figli, la perseguiamo noi, è un'utopia nella mente dell' uomo, che però non si persegue, amico Bon- tempi, soltanto seguendo i fantasmi di una rivoluzione fallita e di una ideologia che ha restituito, 50 anni dopo, l'imperialismo brutale, grossolano, espansionista che aveva trovato. Probabilmente esistono altri canali, i canali della cultura rinascimentale, della cultura cattolica, della cultura liberale, della cultura pluralista, forse attraverso questi canali, amico Bontempi, la classe operaia, che voi rappresentate con tanta responsabilità, ha il dovere di ricercare le vie per realizzare la sua utopia.



OBERTO Gianni

Chiedo di essere iscritto a parlare.



PRESIDENTE

Bisognerebbe però che ci mettessimo d'accordo sugli accordi dei Capigruppo, perché, in questo caso, è chiaro che tutti possono prendere la parola, ma, a suo tempo, è stato stabilito un quarto d'ora per ciascun Gruppo e il Gruppo della D.C. ha fatto sapere che ...



OBERTO Gianni

Rispetto il mio Capogruppo, ma ho sempre ragionato con la mia testa responsabilmente.
Se lei crede che questo non sia rituale e regolamentare, non mi dia la parola.



PRESIDENTE

Bisogna soltanto intendersi se vale ancora la conferenza dei Capigruppo o se non vale più, perché sono anche disponibile a non farla valere.
L'intesa presa dai Capigruppo era questa: un quarto d'ora per gli interventi di ciascun Gruppo, che poteva gestirlo come credeva opportuno.
Mi è stato comunicato che il Gruppo della D.C. avrebbe utilizzato il suo tempo con gli interventi del Capogruppo Bianchi e del Consigliere Picco. Se le intese non hanno più valore perché il Gruppo della D.C. ha cambiato opinione, io sottopongo il quesito all'attenzione dell'assemblea.



OBERTO Gianni

Non voglio essere motivo di turbativa, perché il mio motivo di turbativa andrebbe molto indietro nel tempo, trattando di iniziative che han fatto scomparire Paesi che si chiamavano Estonia e Lituania.
Ciascuno di noi per 1/60 rappresenta il Consiglio regionale; nessuno di noi con questo è tenuto ad essere ligio alla sua disciplina.
Rinunzio a parlare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Allorquando, nell'ottobre scorso, ho preso la parola sul problema del disarmo nel mondo, ebbi fra l'altro a rilevare come i Paesi aderenti al Patto Atlantico si trovassero in un vero e proprio "stato di necessità" di stanziare nei propri bilanci spese militari di una certa consistenza, ai fini di contrastare la corsa agli armamenti attuata dai Paesi del Patto di Varsavia, e, in particolare, dall'URSS. Ora, la realtà di questi giorni cioè a dire l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'URSS, costituisce a mio avviso un riscontro obiettivo delle pur ovvie affermazioni fatte in quella sede.
Altrettanto ovvie e lineari sono, a mio avviso, le considerazioni che si possono fare relativamente all'invasione dell'Afghanistan e queste considerazioni possono concisamente riassumersi come segue: l'invasione dell'Afghanistan costituisce una corsa sovietica verso la strada del petrolio e, contemporaneamente, il tentativo di stringere in un cerchio di ferro il Golfo Persico, l'Iran, il Pakistan; evidentemente perché l'Unione Sovietica, anziché orientarsi a risolvere attraverso opportuni provvedimenti, o attraverso accordi economici, il problema del costo e dei rifornimenti del petrolio, preferisce usare il metodo della forza e della violenza internazionale è errato affermare che gli eventi dell'Afghanistan costituiscono un fatto esclusivo dello scacchiere centro-asiatico, con la conseguenza che l'Europa dovrebbe continuare nella politica di distensione verso l'URSS; la realtà è che una siffatta politica, oppure la politica dell'equidistanza costituiscono due modi di eludere le proprie responsabilità. E se pur non si vuole arrivare a misure sanzionatorie di carattere economico, è quanto meno necessaria un'adesione a quel "consorzio" di Stati proposto dagli USA per fornire aiuti al Pakistan, in vista di una possibile invasione da parte dell'Unione Sovietica va, infine, rilevato come sia quanto meno singolare l'atteggiamento del Pci, il quale da un canto è stato chiaro nel dissentire da Mosca e dall'altro canto, ha formalmente chiesto che il Governo italiano si faccia promotore, nell'ambito dell'alleanza del Patto Atlantico, di una linea contraria alla predisposizione di opportune contromisure nei confronti dell'Unione Sovietica.
Queste, in sintesi, le principali osservazioni che si possono fare in ordine alla guerra che dilania l'Afghanistan: ma, parlando di guerra nel lontano Afghanistan, non si può (per evidente associazione di idee) non constatare come anche nel nostro Paese ci si trovi in uno stato di guerra diverso, ma pur sempre drammatico, in quello stato di guerra che i terroristi amano affermare di avere dichiarato allo Stato, per destabilizzarlo. Ma a questa tragica e insostenibile situazione non si possono più opporre i rituali delle lacrime, delle recriminazioni e degli inutili decreti legge: a nulla serve, a mio avviso, contro il terrorismo aumentare i contingenti della polizia, abolire la garanzia della presenza del difensore nel primo interrogatorio dell'imputato, o inasprire le pene o ridurre i termini della carcerazione preventiva. Siamo in stato di guerra, come dicono i terroristi, e sono di conseguenza necessarie misure straordinarie: questa semplice e lineare affermazione, rispecchiante la realtà obiettiva, venne già affermata dalla Parte politica che qui rappresento circa 20 mesi fa, in occasione del rapimento e dell'omicidio dell'onorevole Moro. Ora, l'affermazione che siamo in guerra e che sono necessarie misure straordinarie proviene dalla più alta magistratura dello Stato, dal Presidente della Repubblica Pertini, il quale è, senza ombra di sospetti,un sincero democratico.
E, allora, non c'è che da trarre le relative conseguenze, applicando le norme straordinarie, che sono già contenute nell'ordinamento giuridico vigente e, più precisamente, nelle leggi di Pubblica Sicurezza, laddove si prevede che, di fronte a pericoli per l'ordine pubblico, di fronte cioè a concreti attacchi al cuore dello Stato, si possa (nel territorio nazionale o in parte di esso) dichiarare lo stato di pericolo pubblico, in forza del quale da un canto scatta la competenza dei Tribunali Militari per giudicare dei reati contro la personalità interna dello Stato e, d'altro canto passano all'Autorità Militare i poteri in materia di ordine pubblico, sino a quando la situazione non si sia normalizzata. Ieri sera, sino a tarda notte, come ha annunciato la radio poche ore fa, c'è stato un vertice al Quirinale per decidere provvedimenti straordinari: confidiamo che questi provvedi- menti siano quanto meno sostanzialmente identici a quelli che or ora ho esposto.



PRESIDENTE

Per fortuna nostra e, forse, con dispiacere suo, debbo comunicarle che i provvedimenti presi ieri sera sono del tutto opposti a quelli che lei ha chiesto e sono quindi rispettosi della Costituzione.
Non c'è un comunicato del Presidente della Repubblica, ma c'è la conferma che non verranno assunte misure straordinarie del tipo che lei aveva chiesto.



MAJORINO Gaetano

Allora la situazione rimarrà tale e quale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'ingerenza che l'URSS, ancora una volta, ha voluto innescare sulle sorti dell'autodeterminazione di un paese, ripropone i termini di una gravissima insufficienza di garanzie e di equilibri nella salvaguardia della pace nel mondo. I due blocchi sembrano sempre più sfuggire al ruolo di garanti della stabilità e dell'evoluzione democratica delle istituzioni, in paesi che noi definiamo in via di sviluppo, ma che in realtà sono oggi l'oggetto strategico determinante l'avanzata di una determinata strategia.
In questo preoccupante quadro per le sorti della pace e della democrazia, un ruolo specifico dell'Europa o meglio della CEE può emergere e deve acquisire un segno preciso per una politica estera che non sia in diretta subordinazione. Un'indifferenza dell'Europa diverrebbe, di fatto un ruolo di scontata subordinazione alle prevaricazioni, quando l'impegno per la democratizzazione nei confronti del Terzo Mondo è stato da tempo assunto dalla CEE quale componente essenziale dei rapporti di pace e di sviluppo economico e sociale nel mondo; ma è bene chiarire che non solo di una chiara politica estera si deve parlare per poter assumere questo ruolo ma di una vera e propria politica difensiva europea, la quale non pu presumere di proseguire sul cammino della riaggregazione e quindi dell'emancipazione delle democrazie senza determinate condizioni. La politica difensiva deve essere credibile rispetto ai luoghi comuni del disarmo, rispetto agli accordi bilaterali di contenimento degli armamenti che rischiano di ingenerare nell'opinione pubblica un diffuso scetticismo.
L'Europa quindi non può rimanere assente sui reali problemi che gli accordi sul disarmo e sul contenimento della spesa sugli armamenti presuppongono anche perché, tra l'altro, non dimentichiamolo, negli stessi Paesi industrializzati della CEE esistono paesi che sono anche produttori di armamenti.
La presenza dell'Europa ed il suo ruolo, quindi, non possono certo essere esercitati in termini di ingerenze, né di contrapposizioni di un ulteriore potenziale di armi, ma nella ricerca di un equilibrio e di corretta utilizzazione delle risorse. L'Europa non deve certo porsi l'obiettivo di un'ulteriore crescita degli apparati e dei mezzi difensivi quanto piuttosto quello di garantirsi l'essenziale apparato difensivo realizzandolo con economie interne, con la produzione controllata ad esclusivo uso difensivo interno, quindi senza nessuna tentazione e necessità di esportazione nel Terzo Mondo, contribuendo in maniera credibile e non fittizia a questo benedetto disarmo.
Penso che questo principio debba essere ribadito ed inoltre questo principio e questo indirizzo debba essere perseguito da tutte le forze politiche, cioè l'obiettivo di un rafforzamento dell'azione propulsiva della CEE per il controllo e la riduzione degli armamenti, sottolineato però, nel senso che ciò debba avvenire in modo che la sua capacità di collocazione, cosiddetta specifica, se non autonoma, sia per una reale promozione della pace, e non rischi né la finalizzazione né la subordinazione, né l'equidistanza, che riduca con la capacità difensiva la possibilità di accrescere la democratizzazione di molti paesi ancora soggetti alle tentazioni ed alle ipoteche dittatoriali.
Proprio al sorgere di un nuovo rapporto tra gli esecutivi ed il neo Parlamento Europeo, e sottolineo ad informazione dei Consiglieri che questo argomento è oggetto di un Convegno che si terrà sabato prossimo per evidenziare la nuova fase che si viene delineando proprio nel momento contingente di questo nuovo rapporto tra gli Stati e il nuovo Parlamento noi riteniamo essenziale per superare anche la stessa crisi dei Nove il richiamo alle esigenze di un raccordo tra la politica difensiva e la stabilità dell'assetto istituzionale delle democrazie nel mondo.
Ed è l'auspicio che tutti gli europeisti, credo, debbano formulare nell'associarsi all'unanime condanna delle vicende dell'Afghanistan, in un'Europa cosciente e responsabile di un ruolo insostituibile, per assicurare nelle democrazie il riscatto da ogni forma di imperialismo ed il diritto all'autodeterminazione di tutti i popoli, per quanto ridotta possa essere oggi questa possibilità, nella morsa di condizionamenti geografici economici e purtroppo anche strategici.
Rivendichiamo questa esigenza, e sollecitiamo ed auspichiamo che proprio dalla crisi, che non vorrei definire istituzionale, ma che è una crisi di crescita dei rapporti politici tra gli Stati in presenza di una nuova realtà come è quella del nuovo Parlamento Europeo, dal dialogo, dalla promozione economica sia dei trattati, sia al di fuori dei trattati l'Europa possa ritrovare una sua identità sui problemi della pace, ma anche della sicurezza mondiale.
Penso che su questi argomenti ci sia spazio per una convergenza ed è per questo che, con molta sensibilità, il Capogruppo Bianchi ha voluto che questo mio intervento, anche se non collocato in un'ottica strettamente partitica, trovasse spazio in questa discussione in Consiglio regionale, io penso che ci sia spazio per una convergenza di posizioni di tutte le forze democratiche che hanno creduto nell'Europa, perché noi riteniamo che esse se hanno voluto la costruzione di questo importante traguardo, una sofferta costruzione di identità e di presupposti, credo che tutto ciò che queste forze hanno voluto per i Paesi e per i popoli europei, lo vogliano, con altrettanta generosità e solidarietà, estendere a tutti quei Paesi i quali non hanno ancora potuto realizzare, nell'ambito del proprio assetto istituzionale, una capacità di autodeterminazione e di democrazia.
Riteniamo, come europeisti non solo appartenenti a singole forze politiche, ma presenti in tutte le componenti sociali, che queste tematiche proprio negli obiettivi dell'identificazione di una politica europeistica di tipo nuovo, debbano sorgere nell'attività del nuovo Parlamento Europeo e debbano essere allargate con la discussione e con la promozione alle altre componenti sociali, e anche alle forze sociali esterne.
Crediamo che il dibattito dal Consiglio regionale possa propagare attraverso la Consulta europea, all'esterno e che di questi argomenti, di queste discussioni, ci si faccia carico per una reale promozione ed una costruzione di identità politica che sia, nelle prospettive di una pace mondiale, una strategia vincente.



PRESIDENTE

In chiusura di dibattito, prende la parola il Presidente della Giunta regionale, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, il Governo regionale esprime ferma condanna per l'aggressione all'Afghanistan e chiede il ritiro delle truppe da quel Paese. Mi pare che su questo punto siamo tutti d'accordo e non abbiamo sentito voci difformi e su questo punto concordiamo anche con quanto ha detto il Consigliere Bianchi che una sorta di rito si va a compiere con la ferma condanna e con la richiesta del ritiro delle truppe.
Ma, detto questo, dobbiamo dire che mai come in questi giorni e in questi mesi il pericolo di guerra è stato reale. In questo periodo, poi, ho avuto l'avventura anche di un viaggio negli USA dove la tensione si sentiva nell'aria. Il che vuol dire che era sufficiente un mancato controllo di una situazione o uno scatto di nervi o una decisione errata, perch evidentemente un conflitto di immane portata potesse insorgere in tutto il mondo.
Non sono fra quanti hanno detto che la questione può essere risolta fra i due o tre più grandi paesi del mondo e noi stiamo fuori; nessuno può star fuori da un momento di così grave tensione, oppure dal pericolo di guerra.
Non ci sarà nessun paese questa volta che possa tenersi al di fuori delle armi che oggi ci sono nel mondo.
Abbiamo detto, proprio in questa sede, quando abbiamo dibattuto il problema degli armamenti, che mai come oggi il problema degli armamenti è angoscioso: oggi si spendono per gli armamenti 400 miliardi di dollari all'anno nel mondo. Mai somma simile si è spesa; si comprende quale portata, quale incidenza, possono avere questi armamenti.
E già stata sperimentata anche la bomba al neutrone, che distruggendo gli uomini lascia intatte le cose, cioè la finezza dell'armamento è arrivata alle conseguenze estreme.
In questa sede abbiamo discusso sulla portata degli armamenti rendendoci ben conto di quale sia oggi l'incidenza sull'economia mondiale di 400 miliardi di $ di spesa. E' chiaro, come qualcuno ha detto, che le forze energetiche hanno il loro valore, non c'è nessun dubbio: ricordate signori Consiglieri, nel momento in cui affrontammo questo problema, venne detto che i sistemi di individuazione avanzatissimi calcolano le riserve petrolifere esistenti in 99 miliardi di tonnellate. Consumiamo 3 miliardi di tonnellate all'anno di oro nero, con un incremento costante del 5 annuo: nell'arco di 25 anni non vi saranno più risorse petrolifere al mondo.
Non è un'ipotesi catastrofica, è un'ipotesi scientifica, prendiamola come vogliamo, basata sulla ricerca attuale, poi può anche darsi che una sonda riesca a penetrare la terra, nelle sue profondità abissali, a 30.000 Km e a portar su petrolio.
E' un'ipotesi, questa, fantascientifica, però quelli che tanti anni fa avevano detto che il petrolio non era inesauribile e che si sarebbe arrivati a un conflitto con le fonti energetiche erano stati derisi, non vorrei che, magari, chi fa oggi certe affermazioni, fosse, nel tempo, non più deriso ma riconosciuto.
E allora, cosa può fare il Piemonte? Come Marchino lo ha bene individuato, con i suoi 5 milioni di cittadini, il Piemonte rappresenta quasi la popolazione dell'Austria o si avvicina a quella della Svizzera quindi autenticamente può essere uno Stato, anche per le sue tradizioni.
Mai come negli ultimi tempi, se vogliamo andare a fondo del dibattito il nostro paese è stato privo di una linea in politica estera. Se noi togliamo il periodo di cui il compianto onorevole Moro fu Ministro degli Esteri e dette inizio a tutta quanta una serie di rapporti, su scala mondiale, rivolgendosi in ispecie ai popoli del Terzo Mondo, superando la politica rigida che il nostro Paese ha sempre perseguito, noi oggi dobbiamo dire che una reale linea politica non c'è. Tant'è che addirittura al dibattito di ieri mi pare che il Presidente del Consiglio dei Ministri sia stato assente e che al Senatore Sarti, Ministro per i rapporti con il Parlamento, sia stato demandato il compito di spiegare al Parlamento qual era la linea politica che il Governo intendeva prendere. Pare addirittura che questo atteggiamento, se ho bene inteso le notizie giornalistiche fosse stato consigliato dallo stesso Segretario della D.C.
Con le piccole risorse del Piemonte o con quelle più grandi del nostro Paese, non dimentichiamoci mai che siamo il Nono Paese al mondo come potenza economica, siamo sempre alquanto autolesionisti quando diciamo che il nostro Paese, che con i suoi 55 milioni di abitanti corrisponde alla Francia, alla Gran Bretagna e alla Germania, ed è fra i primi dieci Paesi al mondo come potenza economica, non ha alcuna incidenza nell'affermazione dei principi della pace, della fratellanza fra i popoli, della civile convivenza dei popoli.
Sono comunque ben convinto che la politica attiva che deve condurre il nostro Paese, che devono condurre le stesse Regioni, possa portare ad un'affermazione della pace nel mondo. Sotto questo aspetto, concordo con quanti affermano il principio che, facendo parte della Comunità Europea all'interno dell'Europa, è possibile aprire un dialogo per il superamento dei blocchi che sono attualmente esistenti e che, come ben ha detto l'avvocato Marchini, hanno radici lontane in momenti molto lontani.
Se oggi l'Europa ha un suo significato, mi è parso di cogliere anche questo nelle parole sia di Calsolaro, sia di Picco, il significato deve essere il ruolo che l'Europa deve svolgere in questo momento per l'affermazione dei princìpi per i quali è sorta. L'Europa è sorta con il principio del superamento dei blocchi attualmente esistenti, unendo una forza che mi pare sia quasi pari a 300.000.000 di abitanti, con risorse tecnologiche, economiche immani e quindi può ben rappresentare un momento di equilibrio all'interno dei paesi del mondo.
Non sono invece d'accordo con alcune tesi esposte dal Consigliere Majorino, mi pare già un'altra volta, riferendosi agli armamenti aveva rispolverato un detto latino, si vis pacem para bellum.
Non vorrei apparire come quel Ministro della Repubblica italiana che è stato male interpretato, riferisco soltanto quello che hai detto Majorino ma anche alcuni altri intervenuti dissero che soltanto il riequilibrio degli armamenti, quindi passando dai 400 miliardi di dollari all'anno ai 1000 miliardi, potrebbero contribuire alla pace secondo il detto latino.
Sono decisamente contrario a tutto questo, perché se andiamo alla riduzione degli armamenti, non certo unilaterale ma bilaterale, se andiamo a un superamento dei grandi blocchi con la formazione dell'Europa evidentemente non può essere sostenuta né la tesi che volendo la pace si prepara la guerra, né tanto meno quella dell'equilibrio degli schieramenti degli armamenti che devono essere sempre pari nel mondo, perché altrimenti la pace non può essere garantita.
Ecco che il ruolo europeo può venire fuori, il ruolo del nostro paese un'autentica politica estera può condurre il nostro Paese, che, ripeto, è il nono paese al mondo come potenza economica, a contare qualche cosa avendo svolto sempre un ruolo dal punto di vista economico importante, pu far uscire da questa situazione, che noi consideriamo la più pericolosa insorta dall'ultimo conflitto mondiale, molto più pericolosa di quanto non lo fosse in quel momento il Vietnam o altri focolai di guerra apparsi in altre parti del mondo, perché rischia di coinvolgere un'immane quantità di paesi in una catastrofe che, oggi, al punto in cui sono gli armamenti, con le bombe che si chiamano globali, ossia quelle bombe in grado di distruggere interi continenti, e quindi rischia di coinvolgere tutto il mondo portando alla distruzione tutti i popoli.
Se il Papa oggi è intervenuto con grande forza e fermezza in direzione della pace con l'ultimo discorso che ha pronunciato e che ha avuto vasta eco, se gli uomini di scienza, politici, di cultura in tutto il mondo oggi danno luogo ad iniziative in questa direzione, vuol dire effettivamente che il pericolo è forse più imminente di quanto noi non pensiamo.
E allora anche il contributo che oggi dà il Consiglio regionale piemontese, il contributo che dà il governo regionale piemontese, non è poca cosa anche perché, ripeto, si innesta in una grande tradizione che noi in Piemonte abbiamo avuto, è la tradizione cavouriana del rapporto pacifico con tutti i popoli dell'Europa, ma noi oggi ci sentiamo di allacciare in modo positivo un rapporto pacifico con tutti i popoli del mondo.



PRESIDENTE

Gli interventi sono conclusi, vediamo di esaminare e di vedere come riteniamo di concludere il dibattito. Propongo una breve consultazione dei Capigruppo, perché non mi sento autorizzato a tirare delle conclusioni come Presidente dell'assemblea, sono state avanzate una serie di proposte che tra l'altro, occorre valutare.
Se i Consiglieri sono d'accordo, sospendo la seduta e riunisco immediatamente i Capi- gruppo.
I lavori consiliari sono aggiornati alle ore 15,15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,10)



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