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Dettaglio seduta n.300 del 19/12/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI


Argomento: Norme generali sui trasporti

Prosecuzione esame deliberazione sul piano regionale dei trasporti


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prosegue l'esame della deliberazione sul piano regionale dei trasporti.
La parola al Consigliere Colombino.



COLOMBINO Michele

L'occasione della presentazione da parte della Giunta al Consiglio regionale del piano dei trasporti mi impone ancor più la necessità di ritornare con attenzione sul problema - ormai sottoposto in svariate occasioni all'attenzione dell'Assessore competente - riguardante la viabilità della zona comprensoriale Pinerolese, anche se mi rendo conto di prospettare qui un intervento settoriale, pur non volendone fare una rivendicazione di campanile o di zona.
In effetti la questione di un miglioramento della rete delle comunicazioni, stradale e ferroviaria, da e per il Pinerolese, è sul tappeto ormai da anni e si trascina tutt'altro che stancamente fra purtroppo finora inconcludenti dibattiti, interventi, prese di posizioni programmi, e - perché no - anche incomprensibili metodi decisionali dei quali il piano regionale dei trasporti che la Giunta ci sottopone in esame dà un'evidente riprova.
Non intendo qui ripercorrere la storia recente e la natura di un problema che - mi limito a ribadirlo, ma con estrema fermezza - è di basilare importanza per lo sviluppo socio-economico della zona e forse anche soltanto per il mantenimento in sopravvivenza delle sue condizioni attuali.
Ma sottolineo come, irrisolta e dubbia quale la prospettiva di migliori collegamenti ferroviari fra Torino e Pinerolo per soddisfare il crescente traffico pendolare e commerciale, si è ormai giunti alla conclusione logicissima che l'avvenire del Pinerolese - saltata la costruzione di una nuova arteria - dipende in maniera inequivocabile dal potenziamento delle due statali attualmente in funzione, ossia la S.S. 23 del Sempione e la 589 dei Laghi di Avigliana.
Entrambe anno una loro vitalità, una loro funzione non sostituibile una loro importanza economica, e l'una e l'altra - infatti - soffrono di un pressoché identico congestionamento che le rende pericolose, lente e comunque insufficienti al carico di traffico richiesto, soprattutto con grave pregiudizio e inarrabili sacrifici per le migliaia di pendolari costretti ogni giorno al viaggio di andata e ritorno da Pinerolo a Torino.
Il fatto di privilegiare l'una o l'altra, dunque, è un problema che per le sue straordinarie conseguenze - deve essere frutto di una scelta attenta e meticolosa, sulla base di prospettive attuali e future, delle reali necessità, dei costi e di altri fattori ancora di varie natura e rilevanza.
Ma soprattutto - ci sia consentito dirlo - dovrebbe essere conseguenza di una precisa opzione delle popolazioni interessate le quali - com'è ovvio hanno punti di vista più concreti di quelli che possono emergere nel chiuso di una stanza dell'ANAS o dell'Assessorato regionale, derivando non da studi a tavolino ma dall'uso quotidiano, dalle conoscenze dirette dell'arteria e delle realtà socio-economiche che su essa gravitano.
Così, nel caso specifico, le popolazioni interessate del Pinerolese si sono espresse chiaramente oltre che sulla improrogabilità dell'intervento anche sulla sua ubicazione prioritaria e preferibile nell'attuale momento.
Il Comprensorio Pinerolese - che di tali popolazioni è ovviamente il più titolato interprete, il meno parziale, di sicuro, proprio per il suo carattere sovracomunale - ha infatti approvato il 26 luglio scorso - con l'unanimità di tutti i Consiglieri presenti - e quindi di tutte le forze politiche - un ordine del giorno che ne ha espresso senza equivoci le posizioni in merito.
Da una parte richiedendo alla Regione Piemonte un suo intervento presso L'Anas per l'allargamento della S.S. 23 almeno nel tratto Pinerolo-Torino i cui lavori - dice l'ordine del giorno in questione - "da un esame sommario delle varie proposte alternative risultano avere un costo inferiore ad altre soluzioni con un indubbio apporto di benefici che deriverebbero da un transito più rapido e meno congestionato dell'attuale" dall'altra stigmatizzando il piano ANAS in quanto - nonostante le promesse fatte a seguito delle ripetute richieste effettuate dai Comuni in questi anni - esclude totalmente la viabilità del Pinerolese con grave disagio per l'economia e lo sviluppo.
La Regione ha bensì recepito queste critiche in sede di parere sul programma di lavori predisposto dall'ANAS, disattendendo e stravolgendo però le chiarissime indicazioni del Comprensorio di Pinerolo e segnalando invece - tra le soluzioni che si presentano come le più gravi sul piano della sicurezza del transito veicolare o creano condizioni assolutamente ingiustificabili rispetto ad un minimo di qualità del servizio - il completamento della S.S. 589 nel tratto Torino-Pinerolo, secondo un'ottica politica che ora vuole legare i diversi poli pedemontani del Piemonte.
In effetti il piano regionale dei trasporti verrebbe a confermare questa indicazione laddove - fra gli interventi urgenti per la viabilità stradale - vi si considera un allargamento della S.S. 589 in un primo tratto da Sangano a Frossasco e in un secondo da Frossasco a Pinerolo, e si esclude invece ogni azione sulla S.S. 23 in quanto gli interventi proposti per la S.S. 589 nel tratto da Piossasco a Pinerolo potrebbero - si legge nel testo del piano - dar luogo ad un percorso alternativo e forse risolvere anche il problema del congestionamento del traffico che investe attualmente la statale 23 del Sestriere, in conseguenza proprio dell'impegno politico evidenziato dalla Giunta di realizzare a tutti i costi una direttrice pedemontana da privilegiare assolutamente.
In conclusione si viene a pagare una scelta di priorità non antitetica ma perlomeno ben diversa da quella operata dal Comprensorio dei Comuni interessati, che vengono pertanto ingiustificabilmente disattesi.
Ora nessuno di noi intende contestare la validità di potenziamento della S.S. 589, anche in vista della prossima apertura del traforo del Frejus o dell'impegno della Giunta di promuovere, favorire e privilegiare la direttrice pedemontana; ma se di priorità si vuole parlare - e soprattutto non si vuole negare la validità delle opzioni del Comprensorio sia sul piano sostanziale, sia ancora di più su quello formale, ebbene, la battaglia che la Regione Piemonte deve portare avanti con L'Anas deve riguardare prioritariamente la statale 23, di cui non si chiedono opere elefantiache o faraoniche né tanto meno il raddoppio, ma anche solo il potenziamento o un ampliamento idoneo e scorrevole.
E' utile ancora ricordare brevemente che gli stabilimenti maggiori Indesit e Riv, sono situati su questa statale, che su di essa corre la quasi totalità del viaggio dei pendolari, che altri numerosi stabilimenti di piccole e medie dimensioni vi stanno sorgendo accanto e che infine il rapporto fra costi e benefici sarebbe di sicuro migliore.
Dunque la scelta del Comprensorio che è stata presa all'unanimità deve essere considerata quella fondamentale e portata avanti con la necessaria decisione, in modo da ottenere finalmente un primo risultato concreto che certamente non esclude ma anzi richiede, ove possibile, in futuro, altri importanti interventi sulla situazione di viabilità in una zona di così grande rilievo del panorama economico piemontese.
Solo cosi non falseremo la realtà e favoriremo la libera crescita di quegli organismi come il Comprensorio verso i quali abbiamo promesso libertà di azione, coordinamento di tutte le iniziative sociali e amministrative e idonea rappresentanza politica intesa quale espressione di pluralismo. Su questa impostazione è ferma la nostra linea, è impegnata la nostra azione, è concreto il nostro rifiuto ad accettare così come ci viene proposto il piano regionale dei trasporti almeno nella parte e per la parte che riguarda l'area Pinerolese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Non mi disturba in alcun modo intervenire in un'aula semivuota in quanto la materia che è all'ordine del giorno è già stata affrontata dalla mia parte politica in sedi e in occasioni diverse per cui questa procedura che si conclude oggi con un atto formale, è partita in tempi abbastanza lontani.
A me pare che il giudizio non positivo dato stamattina sui convegni vada sottoposto a una analisi, seppure estremamente superficiale visto che l'obiezione è stata colta a volo poche ore fa. Penso di essere tra quelli che hanno concorso a coniare lo slogan "la politica e la programmazione attraverso i convegni". Peraltro, di fronte ad una problematica così complessa, il convegno, come momento di incontro delle varie parti sociali non è stato qualche cosa di più, ma qualche cosa che prima è mancato e che ha portato a esiti positivi. Gli esiti positivi peraltro non sono stati per tutti e in particolare non sono stati per alcuni intervenuti per parte della maggioranza che hanno qui riproposto una problematica trita e ritrita, quasi "ante Christum natum": sembra che in questo nostro Piemonte sia avvenuto un fatto che divide la storia in due: le cose avvenute prima e le cose avvenute dopo.
A noi non sembra che quello che è avvenuto prima, guarda caso, fosse tutto sbagliato e quello che è avvenuto dopo tutto toccato dalla grazia certamente non carismatica del credo cristiano, ma da un'altra grazia. Noi crediamo che così non sia, quindi apprezziamo lo sforzo dell'Assessorato e della Giunta a richiedere alla collettività regionale non solo di pronunciarsi ma di affinare i propri strumenti di conoscenza, di analisi di indagine e quindi di pronuncia sulle tematiche più complesse del territorio. Però saremmo creditori nei confronti delle forze politiche che si sono espresse stamattina di una spiegazione, del perché questa riflessione debba intristire, ridurre, come logicamente riduce, il dibattito regionale senza aver fatto maturare una sufficiente valutazione degli errori da parte della maggioranza.
Evidentemente questa corposissima documentazione richiede un'opera di sintesi e di scorporo che è di difficile stesura. Nell'ottica della maggioranza e del Presidente Viglione, questa è un'opera estremamente positiva e indubbiamente vorrei sapere dove colloca il Presidente quel suo "affresco" della realtà piemontese, di cui si vanta di essere il Michelangelo se non lo supporta quanto meno di una impalcatura e di una struttura rigida o stabile in cui questo affresco cominci a trovare una sua collocazione.
Mi pare che la delibera che la Giunta ci sottopone - non me ne voglia l'Assessore - più che come momento di decisione è un momento di presentazione di una realtà sulla quale si incominciano a imporre e proporre delle ipotesi di lavoro. A prescindere dalle polemiche che si potrebbero fare sui costi affrontati, consegniamo al patrimonio della Regione un'analisi, una riflessione, una valutazione politica, scientifica culturale che certamente è di tutto rispetto. Il Consiglio, o perlomeno la mia parte politica, ritiene di dover esprimere apprezzamento all'Assessore e forse anche un ringraziamento, perché chi, come la mia parte politica, si augura di sostituire la gestione del governo, evidentemente si augura di trovare tutti gli Assessorati quanto meno non più in condizione di lavorare sulla sabbia come è avvenuto per il passato. Oltre a questo non si pu andare perché, come ben possiamo leggere nella relazione, la chiusura di questo affresco per quanto riguarda le parti strutturali comporta responsabilità di atti decisionali e di risorse che non sono di questa Regione, comunque, non sono solo di questa Regione.
Dobbiamo dare atto alla maggioranza, e in particolare alla forza politica che in una certa misura su questi settori più la qualifica, di un minimo di ripensamento e di non avere ripetuto oltre misura il facile errore del revanscismo, quindi avremmo certamente apprezzato che la forza delle cose e la forza della realtà avesse fatto fare al Partito Comunista e alla maggioranza se non l'autocritica, termine che non sembra proprio nel nostro linguaggio, almeno una presa d'atto che certe realtà esistono e vanno affrontate nella logica di un Paese che ha sue esigenze, sue tradizioni, e che punta a certi obiettivi che evidentemente non possono tollerare, come si è voluto stamattina ripetere per l'ennesima volta, la divisione tra il pubblico, che tenderebbe a creare una specie di paradiso terrestre che va dall'Emilia alla Francia, e il privato che invece farebbe di questo paradiso terrestre una specie di canale dantesco. Noi non pensiamo che sia così, così come non pensiamo che l'autostrada Torino Savona sia stata costruita e voluta soltanto dalle signore che andavano a farsi l'abbronzatura. Certamente la realtà che c'era dietro alle decisioni che hanno preso coloro che ci hanno preceduto nella responsabilità del territorio piemontese e torinese in particolare, era ben diversa.
La capacità del Partito Comunista e della maggioranza di fare tesoro della logica delle cose non può portarci a dare un giudizio completamente positivo su questo documento, perché esso, in definitiva, è anche la chiusura della gestione delle politiche del territorio e delle grandi infrastrutture condotta da questa maggioranza.
Le indicazioni che ci vengono date saranno estremamente utili e preziose per il futuro e, scherzando, ripeto che ci riserviamo di utilizzarle o comunque di concorrere alla loro utilizzazione se così vorranno gli elettori.
Il giudizio su questa delibera finisce per essere un giudizio sul modo con cui la maggioranza ha condotto la politica del territorio nelle grandi infrastrutture piemontesi. Non si può non imputare un ritardo, che è grave in termini assoluti in relazione alla situazione ideale in cui le decisioni avrebbero potuto essere prese prima, meno grave in termini relativi, cioè se si considerano i ritardi in relazione alla situazione che questa Giunta si è trovata ad affrontare.
Per memoria all'amico Bontempi, faccio presente che quando molte forze politiche, quindi anche la mia, richiamano questa Giunta ai ritardi su certe realizzazioni, dimenticano che hanno votato un documento in chiusura di prima legislatura dove si diceva che queste realizzazioni non s'avevano da fare. Questi ritardi, che in assoluto sono gravi e che certamente faranno pagare un prezzo non indifferente alla comunità piemontese in termini di recupero dei ritardi tecnologici, energetici e di produttività delle comunicazioni, sono meno gravi in termini relativi se rapportati cioè alle condizioni di un partito come quello comunista che si è trovato da una posizione di opposizione totale a dover gestire, bongré malgré, questi temi e lo ha fatto con sufficiente senso dello Stato.
Il giudizio su questo documento non può essere positivo, proprio perch verrebbe frainteso e considerato un giudizio positivo sulla politica del governo regionale su una tematica così complessa. La determinazione del voto negativo o di astensione sarà anche in conseguenza della replica che l'Assessore Bajardi vorrà fare agli interventi precisi e puntuali di molti colleghi sui quali non ritengo di dover ritornare, anche perché la tematica della politica aeroportuale, viaria e delle ferrovie è già stata oggetto di dibattito in quest'aula e fuori e la mia forza politica ha sempre ritenuto di essere presente (qualche volta era la sola dell'opposizione presente) tanto che questo finisce per essere un dialogo ripetitivo e penso che possa interrompersi in questo momento, in attesa che le maggiori determinazioni che verranno dal dibattito possano indirizzare definitivamente la pronuncia della mia parte politica in senso negativo o in senso di astensione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Farò un intervento a flash, quindi non molto organico, non molto lungo e questo farà piacere ai colleghi che hanno sempre la bontà e la pazienza di ascoltare.
Dirò delle parole sentite, poche, ma non cattive, anche perché la settimana natalizia mi induce ad uno spirito leggermente diverso da quello polemico che è dentro di me. Permettetemi che incominci subito con una affermazione: "è anche lui un vecchio che in tutt'altro campo, in tutt'altro settore, andava dicendo, sembrava inutilmente, poi la cosa forse assunse un carattere diverso: 'delenda Carthago, delenda Carthago, delenda Carthago! ".
Sul problema dei trasporti della Valle di Susa, da anni, senza avere nessunissimo interesse, né diretto né indiretto (mi si perdoni l'immodestia del richiamo: il giorno in cui fui investito della responsabilità della Presidenza della Regione Piemonte, lasciai la responsabilità della Presidenza della Società del Traforo del Frejus, proprio perché non ci fosse, manco lontanamente l'ipotesi possibile e fattibile di una commistione), dico che si deve risolvere il problema del Traforo del Frejus. Mi lascino dire che si commette un grosso errore (e se ho preso la parola è essenzialmente perché questo resti scritto nel documento che si farà) a non fare tutto il possibile e l'impossibile per risolvere il problema del Traforo del Frejus che, "apertis verbis" prima d'ora, ma oggi nelle conclusioni, viene riaffermato come strumento, non soltanto di sviluppo regionale ma come grosso problema di sviluppo internazionale.
Non lo si risolve bene ma vorrei anche dire, più attentamente e più acutamente, che non lo si risolve di fatto se non attraverso alla creazione dell'autostrada. Non tocca alla Regione Piemonte come non le toccano molti altri problemi nei quali la Regione non ha neanche os ad loquendum, ma tutto quello che capita, tutto quello che può accadere nella Regione Piemonte deve essere visto, valutato, calcolato, studiato da coloro che hanno responsabilità di condurne innanzi il governo. Ed è il paragrafo 1.
Non mi riferisco al passato. E' tutto scritto, qualcuno può essere che lo abbia letto, può essere che qualcuno nel tempo lo legga: il problema della Valle di Susa e il problema del Traforo del Frejus non hanno altra soluzione valida se non quella che conduce al sistema autostradale. Salite nella vicinissima Valle d'Aosta e notate qual è il tormento acuto e profondo, qual è il travaglio che si verifica all'entrata e all'uscita del Traforo del Monte Bianco! I nostri colleghi valdostani hanno fatto la scelta di non creare un sistema autostradale, accontentandosi invece di qualche cosa che credevano potesse rimediare. Che cosa sarà nel 1980/85 di questa realtà storica geografica, amministrativa, politica, veicolatrice di idee, di commerci, di lavori che si chiama Traforo autostradale del Frejus? Accanto a questa prima affermazione vorrei aggiungerne una seconda rivolgendomi anche personalmente agli Assessori Bajardi e Rivalta che hanno steso due documenti ai quali va tutto il mio personale apprezzamento anche per gli sforzi che, si capisce benissimo, sono venuti facendo, sforzi che sono stati stimolati all'esterno dalla partecipazione di forze che credono in una certa forma di soluzione del problema dei trasporti, ma anche da una certa forza loro personale, interna, di risalita, di modifica del loro modo antico di pensare, d'accettazione di realtà, che hanno potuto conoscere meglio oggi e meglio conosceranno se dovessero avere ancora la responsabilità in futuro del governo della cosa regionale e quindi dell'applicazione in concreto di questo che chiamano piano dei trasporti.
Non c'è niente di cattivo, di malizioso, neanche di psicologicamente ricattatorio, ma mi pare di poter dire che, alla fine del '79, se una conversione c'è stata, questa conversione è stata della Giunta che nel 1975 respinse in blocco tutto quello che poteva costituire un movimento di soluzione di problemi autostradali attraverso la realizzazione di trafori.
Oggi scrivono tuttavia delle espressioni che lasciano pensare che si vada molto vicini ad essere vessilliferi di soluzioni in quella direzione quando, nelle pagine conclusive, si accenna, per esempio, a quella che non potrà che essere la realtà del Ciriegia. Non ripeto quello che è stato autorevolmente detto dal collega Marchini né faccio questioni di priorità dell'uno o dell'altro traffico; dico però di quella realtà che resterebbe senza sbocco e senza conclusione se il sistema stradale regionale piemontese andasse verso quella direzione, là si arrestasse, e non ci rendessimo conto che siamo entrati nell'anno dell'Europa attraverso il suo Parlamento e attraverso realizzazioni concrete. Non è possibile pretendere una conversione immediata: sono pochi quelli che, folgorati sulla strada di Damasco immediatamente cambiano.
Per quello che si riferisce al problema del Sempione scrivete delle parole che, a mio modo di vedere, consentono di dare un'interpretazione di conversione, perché vi rendete conto che, risolto il sistema autostradale di Voltri fino all'imbocco della valle, che trarrà dei benefici interni anche per i collegamenti che si verificheranno, non ultimo quello del collegamento con l'autostrada della Valle d'Aosta con problemi che diventano europei perché vanno nella direzione del Monte Bianco e del Gran San Bernardo, voi stessi dite che al di là del Sempione c'è un'altra fetta di Europa con la quale dobbiamo essere collegati se vogliamo effettivamente dare un contenuto di vita pregnante all'apporto che il Piemonte e l'Italia possono e devono dare in questa direzione.
Le autostrade e i trafori che non vanno non s'hanno da fare, ma quelli che s'hanno da fare vanno fatti, perché se non fatti brucia in mano tutto salta l'economia. La politica dei trasporti in sé e per sé non avrebbe significato se non fosse incardinata e legata al piano di sviluppo generale. Se l'uno dei due problemi avesse una certa priorità bisognerebbe tornare all'epoca della lavagna senza nessun segno, quando si costruisce tutto e allora si costruirebbero il piano di sviluppo regionale, il piano di sviluppo dei trasporti e stradale. Ma noi ci troviamo di fronte ad una realtà alla quale accennava questa mattina il collega, che mi diventa sempre più amico, Bono.
Caro Bono, tu che l'hai vissuto, nel 1945, com'erano i trasporti? Non c'era il pane e non c'erano i vagoni che erano andati tutti in Germania a trasportare quegli infelici portati lassù, non c'erano i ponti, non c'erano le strade. Ma, dal 1945, per piacere, non spugnate tutta la realtà che è stata realizzata nelle difficoltà più grandi, senza mezzi, senza quattrini senza strumenti idonei! Si possono essere commessi degli errori e gli errori vanno riconosciuti, corretti, ma soprattutto non vanno ripetuti specialmente quando si conosce che una certa soluzione è errata. Ed è questo il secondo punto che vorrei sottolineare.
Il terzo è un atto di umiltà che credo debba caratterizzare questo documento.. Se non lo approveremo, non lo condanneremo pollice verso definitivamente, per non respingere tutti gli sforzi gravi che si sono venuti facendo e che si stanno facendo per realizzarlo. Non chiamiamolo ancora pomposamente, perché tale non è, piano regionale dei trasporti. Lo dite voi, nelle due relazioni di sintesi pregevoli entrambe perch sintetiche, e perché puntualizzano quanto in sede di Commissione i vari Gruppi, e il nostro Gruppo in modo peculiare, hanno portato innanzi alla considerazione e all'attenzione della Giunta. Questo documento resta come strumento operativo non tanto per questa Giunta, perché siamo ormai a dicembre e le elezioni saranno il 4 o il 18 di maggio come tutti van dicendo, ma resta come eredità a coloro che continueranno la vostra azione o a coloro che invece sostituiranno la vostra azione. Per questo deve essere indicativo anche nella linea dell'umiltà e della modestia, perciò io li chiamerei "primi lineamenti indicativi di uno schema di piano di trasporti". Completato così nel titolo e nella sostanza, avremo qualche cosa da lasciare in eredità. Marchini parlava di diritto di successione.
Chi succede piglia tutto quello che cade nella successione. E questo mi dà uno spunto: voi oggi pagate proprio lo scotto della successione. Quattro anni fa non eravate preparati ad affrontare i problemi della realtà concreta del governo del Paese e della Regione. Allora eravate nella posizione di chi può chiedere la luna senza avere la responsabilità di nemmeno una stella. Questi quattro anni vi hanno affinati per cui se altre forze avranno nelle elezioni la fortuna delle urne dovranno tener conto di una minoranza costituita da voi estremamente più agguerrita e preparata di quella che non fosse la minoranza del passato. Vi siete responsabilmente affinati e questo va a vostro onore, avete toccato con mano la realtà e avete cercato di risolverla nei limiti delle cose possibili.
In primo luogo si sono rovesciati i termini. Le Giunte del passato regionale e provinciali del Piemonte, erano praticamente in rapporti di inaccessibilità con le Ferrovie dello Stato. Voi avete trovato il grimaldello per aprire quel discorso, meglio di quanti altri abbiano fatto rinunziando tuttavia a quella priorità assoluta alla quale vi eravate aggrappati per porlo in contrapposto con l'attività del trasporto stradale a mezzo di automezzi, ma avete certamente impresso una certa velocità che in passato le Ferrovie dello Stato non avevano.



BIANCHI Adriano

Io arrivo sempre in ritardo!



OBERTO Gianni

Che incidenza ha la Regione Piemonte nella determinazione dei problemi e nei programmi dell'ANAS? Il problema della Valle di Susa che è andato avanti per anni pare aver colto una vittoria ultimamente per una manciata di centinaia di milioni che consente una risoluzione parziale. Pare a me che la Regione deve avere una incidenza e una forza in quella direzione certamente superiore di quella che non si sia sviluppata finora.
Non parlerò del problema della metropoli, che sarà trattato in modo particolare dal collega Picco e che, in definitiva, ha dei riflessi importanti che non riguardano solo Torino.



BIANCHI Adriano

Non bisogna né tagliar l'erba né caricare il carro del vicino.



OBERTO Gianni

E allora, se non devo caricarlo del tutto toglierei soltanto questa manciata, questa tridentata di erba dal carro di Picco: la metropolitana torinese, se condotta innanzi con una visione microscopica, circoscritta ad uno sviluppo del tutto particolare, seppure riguardante l'importante capoluogo della Regione, non terrebbe sufficientemente conto degli altri problemi del resto del territorio piemontese: ecco la difficoltà di unificare i vari rapporti per stabilire delle cose che possono reggere nell'interesse comune.
Ho detto che questo è un documento che deve restare, che deve consentire una lettura nel futuro, ma che non trovo più evidenziato nelle due sintesi. Si diceva che il problema è difficile da affrontare, sono d'accordo; che è costoso e sono d'accordo; ma i problemi vanno conosciuti.
Qualche cosa si dice per quanto si riferisce alla navigazione interna nella zona del lago Maggiore: riforme, modifiche di atteggiamenti, ma delle idrovie, colleghi del Consiglio e signori Assessori, che avete scritto le pagine di sintesi, non dite niente, neanche per memoria perché i futuri non credano che siamo stati sprovveduti fino ai punto di dimenticare che c'è anche il problema idro-viario, come quello autostradale della Torino Savona, la cui soluzione potrebbe ancora adesso controbilanciare le difficoltà di quello autostradale. C'è un problema che si chiama lago Maggiore e interessa quella parte del territorio piemontese che si fa sempre più remota alla realtà piemontese se non ci avviciniamo ai suoi problemi: Milano, Cremona, Mantova, Adriatico: sicché avremo sbocchi verso il Frejus da una parte, verso il Ciriegia dall'altra, verso il Sempione e mancheremmo del collegamento interno che è tracciato del lago Maggiore Cremona - Mantova - Adriatico, cioè tutta la parte settentrionale della penisola italiana. Né possiamo dimenticare la possibilità di quell'eventuale collegamento di Torino con la idrovia lago Maggiore Adriatico attraverso al fiume Po. Questo punto dovrebbe risultare almeno come annotazione nella delibera finale anche senza l'approfondimento che certamente manca. Se ritenete che si tratti di primi lineamenti indicativi per uno schema di piano, come ho sostenuto, questo tema deve essere collocato lì perché ci sia l'approfondimento da parte di chi dovrà far diventare realtà quelle che per ora sono solo parole.
Vi siete avvicinati con un certo coraggio ma con non tutto il coraggio necessario per il riequilibrio di quella politica che avete contestato e contrastato in passato e che oggi sentite essere indispensabile e necessaria.
Queste brevi considerazioni che ho consegnato senza la pretesa di un intervento calibrato ma con l'indicazione specifica di alcuni flash, vorrei che rimanessero e, chissà, nel 1980, venissero lette da quegli stessi organi ai quali affidate lo studio e l'approfondimento di alcuni aspetti del problema dei trasporti, per il bene del Piemonte per il quale tutti quanti intendiamo sinceramente di lavorare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, egregi Consiglieri, avendo avuto, domenica mattina un impatto con una strada ghiacciata e un muro purtroppo non di gomma ed essendo ancora tutto dolorante per le conseguenze di questo avvenimento sarei più lieto se potessimo affrontare questo discorso sui trasporti, in un Consiglio piemontese diretto da Emanuele Filiberto con un Ministro che ci fornisce indicazioni su come viaggiano le diligenze, mezzi più piani mezzi più lenti e meno pericolosi.
Detto questo entrerò nel merito di questo piano dei trasporti per gli anni '80, che la Giunta ci ha assegnato e che come tutte le cose scritte suscita in me un fascino enorme; l'ho letto con la stessa attenzione con cui avrei letto la recitazione della lezione di geografia dell'allievo Derossi, interrogato dalla sua maestra, il quale aveva la capacità di vedere in termini plastici i luoghi e gli aspetti della geografia del suo Paese. L'ho letto con estrema attenzione e credo di aver potuto sottolineare in questa lettura alcuni elementi certamente positivi. Si tratta di quegli elementi emersi dalla realtà che è stata affrontata nell'elaborazione del piano dei trasporti. Una realtà che quando la Giunta si è recata a sentire il polso della popolazione, ha visto in termini che aveva in gran parte considerati superflui, inutili, quando addirittura non nocivi in termini politici. Perché, come hanno sottolineato altri colleghi deve essere obiettivamente ricordata la battaglia che le forze politiche che oggi si esprimono in Giunta, hanno condotto con una certa protervia una battaglia non tanto sulla Torino-Pinerolo e la sua possibilità di attuazione in quel certo momento (f orse sulle priorità si poteva in parte concordare) ma una battaglia di principi che investiva tutto un sistema di viabilità che aveva avuto nel nostro Paese, sia pure con molte distorsioni uno sviluppo sufficientemente organico. Per quello che riguarda la nostra Regione l'eliminazione o l'arresto di questo sistema, aveva provocato quello che era facile prevedere e cioè una serie di situazioni rese complicate e soprattutto nocive alla possibilità di sviluppo della Regione stessa.
In questo piano, evidentemente, sono state accolte e inserite previsioni in termini coerenti che lasciano intendere che la Giunta ha riconosciuto che battaglie politiche si possono condurre su questioni di principio, ma su questioni essenzialmente concrete e di previsione occorre che si proceda tenendo un piede sulla politica e un altro sulla tecnica e sulla realtà. Faccio riferimento alla viabilità della Valle di Susa e a quella da me più sensibilmente accolta, della Valle dell'Ossola, dove evidentemente le ipotesi scartate qualche anno fa, sono riemerse e riemergono in termini sufficientemente adeguati nella proposta di piano dei trasporti. E' vero che oggi lo stesso criterio di carattere politico incide nella discussione di tipo parlamentare che si sta facendo sulla abrogazione dell'art. 18 bis della legge, per cui non è certamente rientrata questa ipotesi di contrasto da parte di alcune forze politiche, occorre dare atto comunque, che questo non riguarda certamente le forze politiche che si esprimono nella Giunta della nostra Regione. L'accoglimento quindi di questo tipo di viabilità che è obiettivamente essenziale e che noi riteniamo rappresenti la prospettiva dei collegamenti europei che abbiamo sottolineato, utili sul piano politico ma che certamente diventano essenziali sul piano della rapidità delle comunicazioni, ci trova evidentemente consenzienti; non può trovarci consenzienti il ritardo che c'è dietro questa accettazione e quindi tutto sommato il prezzo che pu essersi in qualche misura pagato per il ritardo, anche se ritengo che le responsabilità non possono essere tutte unicamente trovate all'interno della Giunta di questa Regione. C'è quindi una visione nel programma che ci sembra sufficientemente valida, che oltretutto stabilisce alcune linee essenziali dell'ipotesi di viabilità futura. E' chiaro infatti che l'ipotesi della pedemontana, della Cuneo-Novara, intesa come asse di collegamento da privilegiare nell'ambito di una viabilità interna del Piemonte, non possono che costituire ipotesi demandate al futuro. Ho i miei dubbi che possano rappresentare qualche cosa di concreto per gli anni '80 ai quali facciamo riferimento.
C'é quindi, in questa ipotesi di viabilità, l'accettazione di alcuni principi e io debbo essere portatore della soddisfazione del rappresentante del Comprensorio nord della provincia di Novara, per l'accoglimento delle soluzioni che in quella Regione sono seguite con vigilanza e attenzione perché, a torto o a ragione, si lega alla soluzione di questi problemi quello del problema più grave e complicato del decadimento economico di quelle zone.
Per quello che riguarda le ferrovie, credo che il piano non faccia altro che delle proposte indicative che mi sembrano certamente corrette nell'ambito delle previsioni, anche se nel programma del piano dei trasporti non si dice niente sul funzionamento della rete ferroviaria in Piemonte. Penso che la Regione Piemonte debba farsi carico, anche se non è un settore che la riguarda direttamente, della cattiva funzionalità delle ferrovie in Piemonte. Chi, come me, viene da Novara, da Alessandria, Cuneo o altre località, sa che oggi non si viaggia più né col tempismo logicamente prevedibile, né con i margini modesti che si possono verificare di ritardo, ma si viaggia alla ventura come fosse una corsa tipo West, in cui evidentemente i perigli della strada sono prevalenti sulle quantità chilometriche della strada stessa.
Credo che la Regione debba farsi carico di vedere se il funzionamento difettoso è un problema del compartimento, della sua gestione, o se è invece una realtà tecnica delle linee sulle quali mi pare, però, che da anni si continuano a fare interventi che dovrebbero averci messo al coperto dagli inconvenienti segnalati.
Per quello che riguarda il problema torinese, penso possa essere affrontato e risolto solo col sistema viennese delle stazioni periferiche confluenti con vie rapide interrate o di superficie nelle stazioni principali. L'ipotesi, evidentemente, che è adombrata dal piano dei trasporti di fare di Porta Nuova una stazione di transito per i treni a lungo tragitto, portando le linee di minor tragitto a stazioni periferiche contrasta con la realtà delle stazioni che esistono alla periferia di Torino e che quindi pongono un grosso problema che trovo impostato in termini sufficientemente corretti, nella proposta del piano. M a, anche qui, ho la sensazione che avranno un grosso impatto, quando si andrà a mettere mano in senso progettuale e soprattutto economico all'attuazione di questa ipotesi.
Nulla da obiettare, sul problema che si riferisce al traffico aereo credo che il problema drammatico dell'alta Italia sia quello della nebbia.
Se noi non vediamo il sistema aeroportuale svincolato da questo grosso problema, non riusciremo mai ad avere la possibilità di un traffico aereo che possa consentire collegamenti in tutte le direzioni ed in ogni stagione. Questo, credo, porrebbe il problema di individuare un altro aeroporto a cavallo tra Milano e Torino, ma questa è una ipotesi lontana e non ho la pretesa di vederla accolta nel presente piano.
Ho voluto fare queste modeste considerazioni, nel momento in cui votiamo la delibera riguardante il piano dei trasporti, per mettere in evidenza che i problemi generali di carattere orientativo, non ci trovano dissenzienti, mentre ci trova dissenziente un'ostinazione a volere fare la politica della lesina in certe previsioni. Ho sempre raccomandato di prevedere, almeno negli espropri, delle strade che abbiano sezioni stradali adeguate anche se per il momento si attuano di dimensioni più ridotte, e che lo stesso criterio si applichi per i manufatti da realizzare secondo le realtà future, perché evidentemente i costi finiscono con l'essere sproporzionati se si deve tornare sul piano tecnico a rivedere un progetto.
Per il resto, per quello che riguarda i carichi finanziari, si tratta evidentemente di impegni che gravano sulla nostra Regione per quantità relativamente modeste, rispetto alla somma dei miliardi previsti che coinvolgono altri livelli di intervento. Credo quindi che su questi stanziamenti non ci siano obiezioni sostanziali da fare.
Non per anticipare una dichiarazione di voto che verrà fatta, credo dal collega Vera, ma gli elementi di carattere positivo che vediamo emergere potranno non consentirci di esprimere un voto pienamente favorevole per quelle considerazioni che ho fatte e che potranno quindi farci esprimere un voto lievemente diverso da quello positivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Il piano dei trasporti è, fra tutti i piani di settore approvati o in corso di esame o di approvazione da parte della Regione, quello che ha certamente maggiori connessioni con la competenza più piena ed articolata della Regione, è cioè con il governo del territorio; ma è, nello stesso tempo, quello per il quale la Regione ha sicuramente meno competenze dirette e proprie, rispetto per esempio al piano socio-sanitario o di risanamento delle acque. Con la ovvia conseguenza che esso si presenta come insieme di proposte verso organismi di diverso livello dotati di proprie competenze e di individuazione di obiettivi di carattere socio-economico secondo le linee del piano di sviluppo regionale, più che come complesso organico di politiche effettivamente realizzabili dalla Regione.
La prova di questa affermazione è data, molto semplicemente, dalla stessa sistematica della deliberazione della Giunta regionale che contiene per l'appunto, il "Piano regionale dei trasporti", nella quale ben 45 colonne sono dedicate alle proposte di competenza degli organi centrali dello Stato, mentre le restanti 22 colonne contengono anch'esse (pur trattando materie di prevalente competenza della Regione e degli Enti locali sub-regionali) ampi e necessari richiami alla onnipresente competenza dello Stato.
Mi sembra in sostanza che solo i paragrafi relativi al sistema dei trasporti pubblici su strada (riguardanti la formazione dei Consorzi per gli Enti locali, il sistema contributivo, il sistema tariffario ed informativo, i bilanci-tipo ed il progetto autobus) e alle indicazioni e agli strumenti per l'elaborazione dei piani comprensoriali dei trasporti contengono materie realmente governabili dalla Regione.
E tanto è vero questo che, mentre per le materie che ho detto "realmente governabili dalla Regione", la predisposizione dei provvedimenti legislativi regionali e la loro approvazione sono state sollecitamente assunte dalla Giunta e dal Consiglio regionale, sì che il corpo legislativo ed amministrativo del settore per quanto riguarda la nostra Regione è ormai compiutamente definito o pressoché compiutamente definito, non altrettanto possiamo dire degli interventi legislativi o amministrativi di competenza di altri organi, di quelli dello Stato in particolare, intorno ai quali regna ancora l'incertezza, la discussione, il dissenso.
Un grande e lodevole sforzo è stato fatto dall'Assessorato regionale ai trasporti ai fini dell'elaborazione delle politiche di piano con i convegni che hanno affrontato alcuni dei più importanti nodi esistenti nella materia dei trasporti e della viabilità nella nostra Regione e che hanno permesso di mettere a disposizione dei Consiglieri regionali, degli amministratori locali e degli operatori pubblici e privati un vasto materiale di studio e di consultazione.
A questo proposito già in altre occasioni facemmo osservare - mi pare precisamente, quando si discusse il piano poliennale delle FF.SS. - come la materia presenti considerevoli difficoltà ai fini di corrette indicazioni di intervento, tanto è vero che venne proposta l'opportunità di una presenza a latere dei componenti della Commissione di consulenti tecnici che ne affiancassero l'opera. L'iniziativa venne poi attuata per la fase introduttiva dell'esame della legge urbanistica, ma successivamente abbandonata. In effetti i Consiglieri membri della Commissione, e a maggior ragione quelli che della Commissione non fanno parte, si trovano nei confronti della Giunta in una condizione di notevole disparità, né è seriamente ipotizzabile che possano farvi fronte con i fondi per il funzionamento dei Gruppi, ed essendo d'altra parte le strutture degli uffici delle Commissioni inidonee a fornire il necessario supporto tecnico e scientifico.
La recente piattaforma rivendicativa presentata al Governo dalla federazione unitaria dei ferrovieri, dopo aver rilevato che, a più di un anno di distanza dalla conferenza nazionale dei trasporti, nessuna iniziativa da parte del Governo sia venuta a sostanziare gli impegni solennemente assunti in quell'occasione davanti al Paese, tanto che si continua ad assistere ad una crescita spontanea e scoordinata dei vari modi di trasporto con uno sperpero crescente delle risorse economiche del Paese ha collocato al primo posto la necessità e l'urgenza della riforma dell'azienda ferroviaria di Stato che le assicuri con la trasformazione in Ente pubblico economico, quelle capacità imprenditoriali che le consentano di rispondere con efficienza alla maggiore domanda di traffico su rotaia che si sta manifestando, sia pure in misure e forme diverse, in ambito europeo e nello stesso ambito nazionale.
L'esperienza passata e la realtà presente ci confermano che un'azienda organizzata e gestita secondo modelli tipici dell'ordinamento burocratico amministrativo dello Stato, come sono attualmente le ferrovie dello Stato mentre non è neppure in grado di spendere tempestivamente per gli investimenti, non può avviare idonei processi di trasformazione infrastrutturale ed organizzativa, ed intervenire in modo decisivo sul ciclo produttivo, sull'organizzazione del lavoro, sullo sviluppo della professionalità dei ferrovieri ai fini di un effettivo recupero di produttività, di aumento della capacità di trasporti e di efficienza economica del servizio reso.
L'occasione che viene offerta dal dibattito sul piano regionale dei trasporti,o nel quale tanta parte è riservata alle FF.SS., ci sembra la più favorevole perché il Consiglio regionale esprima alle forze politiche, al Parlamento e al Governo un voto di sollecitazione per l'attuazione della riforma.
Alcuni brevi cenni vorrei riservare al nodo ferroviario di Torino, al quale il piano regionale dei trasporti dedica un apposito paragrafo, e che costituisce uno dei problemi fondamentali della politica regionale dei trasporti.
Ci sembra tuttavia che se si vuole fare della rete ferroviaria l'elemento portante di un sistema integrato per operare sulla situazione attuale che, come dice la deliberazione, "presenta una saturazione delle linee e delle stazioni del nodo, un non soddisfacente livello di servizio offerto in particolare per i servizi comprensoriali ed una crescente domanda di trasporto pubblico nel Comprensorio torinese", la proposta debba superare i limiti di una mera razionalizzazione dell'esistente. Al momento attuale la rete ferroviaria di Torino serve esclusivamente Torino: occorre pertanto ricercare e realizzare un effettivo sistema integrato che possa divenire non solo l'elemento portante dei trasporti, ma la struttura condizionante dell'assetto territoriale della conurbazione torinese, capace di servirla.
Ci pare limitata una visione che si proietti esclusivamente sull'attestamento incrociato e sul quadruplicamento in asse, e sulla stessa previsione del Comune di Torino relativa alla cosiddetta metropolitana leggera, senza che a ciò si accompagni una prospettiva organica del sistema in ordine al riassetto definitivo della città e del suo hinterland.
Il quadruplicamento in asse, la conservazione, la ristrutturazione e il potenziamento delle stazioni interne alla città (Stura, Dora, Porta Susa e Lingotto), rappresentano un passivo utilizzo dell'esistente, la cristallizzazione dello stato di fatto, l'accettazione degli attuali scompensi, senza che ciò provochi quanto invece è auspicabile, e cioè l'eliminazione delle disfunzioni urbanistiche legate intimamente all'odierno sistema ferroviario.
Se tutto questo viene correlato alla proposta della metropolitana leggera prevista dal Comune di Torino che utilizza come sede propria i principali corsi di Torino, realizzando la loro totale e definitiva distruzione in forma ben più massiccia di quella gia avvenuta con la creazione dei parcheggi sui corsi del centro storico - in netta contraddizione con il principio da più parti avanzato della chiusura dei centri storici italiani al traffico veicolare privato - se ne conclude che il sistema integrato dei trasporti necessita di una più attenta ed approfondita disamina.
Pensiamo che la verifica della fattibilità della proposta del quadruplicamento in asse sulla base dei costi di realizzazione che fornirebbero maggiori miglioramenti rispetto alla situazione attuale debba essere condotta con il riferimento alterno ai benefici sociali che il sistema può offrire, al fine proprio di presentare un quadro più attendibile e per fare scelte opportunamente ponderate.
La soluzione definitiva, in sostanza, dovrebbe sorgere dal confronto di varie soluzioni per privilegiare quella che fornisce i massimi benefici sociali con tempi limitati di realizzazione, anche in considerazione della progressiva ed inarrestata svalutazione della nostra moneta.
E' così evidente che i costi non vanno riferiti soltanto all'attestamento incrociato e al quadruplicamento in asse, ma a quelli suppletivi della metropolitana leggera (pari a 600 miliardi di lire), e cioè alla necessaria integrazione di quanto il sistema ferroviario ipotizzato non risolve.
Per cui se i problemi del nodo di Torino non devono essere visti esclusivamente nell'ottica della sistemazione ferroviaria, ma nella prospettiva di un sistema integrato, occorre che questa sia strettamente correlata alla rete della metropolitana e agli altri mezzi di trasporto.
I costi reali devono essere la sommatoria delle due opere principali (ferrovia e metropolitana) confrontata con i benefici sociali che queste possono fornire.
Esiste anche, come ho già accennato, un'altra componente importante del problema, che è quella dei tempi di realizzazione.
Salvo più puntuali informazioni, sembrerebbe che il tempo di realizzazione della prima proposta (quella ferroviaria) si aggiri sui venticinque anni, della seconda (quella della metropolitana) sui dieci anni.
Sono tempi indubbiamente troppo lunghi per dare credibilità alle buone intenzioni di risolvere l'importante questione della pendolarità.
Se infatti le due opere verranno realizzate, come è immaginabile contemporaneamente, la città sarà sconvolta dai lavori che la renderanno impraticabile con grave pregiudizio per tutti i mezzi di trasporto. Tali disagi sono chiaramente avvertiti dalla deliberazione là dove si dichiara che "la Regione intende assumere un ruolo di stimolo nei riguardi delle FF.SS., e di iniziativa per quanto di propria competenza, al fine di gestire in modo razionale questo periodo, non solo riducendo al minimo i disagi, ma cercando anzi di trarre da ogni fase di realizzazione, per quanto piccola, dei benefici per gli utenti".
Aggiungiamo a questo i lavori che dovranno essere intrapresi dal Comune di Torino per la metropolitana leggera, e si avrà il quadro dei vari problemi, dei costi sociali, dell'aumento della congestione dell'inevitabile paralisi di alcuni settori della città, della distruzione dei principali corsi di Torino con l'inserimento di una struttura di trasporti proponibile soltanto in ambienti extra-urbani e comunque fuori dai centri urbani, non facilmente superabili con una affermazione di principio.
Occorre quindi affrontare in profondità il problema di un efficiente sistema integrato dei trasporti, occorrono ulteriori momenti di riflessione e di verifica. Nei convegni che hanno preceduto l'esame del piano sono emerse sostanzialmente due proposte.
La prima sul sistema degli attestamenti incrociati e del quadruplicamento in asse. La seconda sull'anello ferroviario esterno e l'utilizzo dell'attuale rete ferroviaria all'interno della città in metropolitana, già in sede protetta.
La prima mi sembra risolvere un solo problema, quello ferroviario. La seconda ha il vantaggio di risolverne due, ferroviario e metropolitano impostando già alla radice un chiaro ed inequivocabile sistema integrato come è auspicato nell'impostazione di piano della Regione.
Nel confronto tra le due soluzioni si può avvertire che: la proposta degli attestamenti incrociati e del quadruplicamento in asse è un rappezzo degli attuali tracciati e non può realizzare un buon esercizio delle linee a medio e a lungo raggio; soprattutto non facilita il movimento merci sia di transito sia destinato allo scalo di Orbassano; la formazione di un anello ferroviario esterno, realizzabile senza interferire sull'attuale sistema, permette di non creare intralci aggiuntivi sulle linee esistenti che richiedono, per la realizzazione del quadruplicamento, una esecuzione frazionata con tempi di lunghezza imprevedibile. Ed in ogni caso tempi lunghissimi, valutabili in venticinque anni per arrivare all'assetto finale attraverso una situazione permanentemente patologica dell'intero sistema costituito dai tracciati interni della città; il costo diretto relativo al rallentamento dei treni è elevatissimo, ma ancora maggiore è il costo sociale costituito dai disagi provocati ai viaggiatori e al trasporto merci. Il quadruplicamento in asse e l'abbassamento del quadrivio Zappata sono tecnicamente irrealizzabili se si tiene conto che dovrebbero essere eseguiti tenendo in efficienza la rete attuale da conservare assolutamente utilizzata durante il corso dei lavori; di una considerevole gravità devono essere valutati i costi sociali che inevitabilmente si produrranno per l'interferenza dei lavori con la vita urbana, ed ai quali si devono ancora aggiungere quelli relativi alle due linee della metropolitana leggera; la modifica del sistema attuale, secondo il sistema proposto, va verificata alle esigenze dell'anno 2005 (del 1980 più venticinque anni di lavori) mentre l'esecuzione di un anello ferroviario esterno, in aree quasi completamente libere, è preventivabile al 1985: in termini, cioè, ancora controllabili attraverso le normali procedure politiche della programmazione. Tenendo altresì conto che questi lavori interferiranno solo marginalmente sulla città e che il traffico ferroviario potrà svolgersi senza alcuna interferenza di sorta: i disagi di qualunque tipo ipotizzabili sarebbero in questo caso da considerarsi praticamente irrilevanti; la previsione dell'utilizzazione dei tracciati ferroviari all'interno della città con modeste integrazioni permette di impostare fin da ora, con una scadenza di solo otto anni (cinque per l'anello esterno e tre per il tracciato interno), il sistema del trasporto pubblico metropolitano esteso a tutto il Comprensorio, e conseguentemente di predisporre i piani di sviluppo economico e di trasformazione urbanistica in modo da garantire l'utilizzazione ottimale dell'intero sistema; l'anello esterno, con quattro binari (e per una lunghezza di 32 Km) e con l'attestamento di sei stazioni consente di articolare meglio il trasporto merci se si vuole garantire la vitalità e l'economicità dello scalo di Orbassano. L'attuale strozzatura non permette una corretta alimentazione dello scalo, né sono immaginabili le disfunzioni che procureranno i lavori per le modifiche del quadrivio Zappata.
Le verifiche da operare sui due sistemi proposti si devono, in conclusione, appuntare sul loro grado di fattibilità; sui loro rispettivi costi complessivi (ferrovia e metropolitana) e sui tempi di realizzazione sui benefici sociali che essi prospettano con le loro incidenze sulla trasformazione del territorio attraverso un esame comparato dei flussi interessanti l'assorbimento del traffico veicolare proveniente dall'esterno ed attestato nei vari punti di interscambio previsto, sui flussi della pendolarità rotaia, metropolitana, gomma; sull'incidenza nell'ambito della modificazione veicolare all'interno della città; sul grado di incidenza sull'assetto generale del territorio e sulla comparazione dei disagi che città e conurbazione dovranno subire nel corso dei lavori.
Obiettivi fondamentali del piano sono, quindi, un assetto ordinato del territorio con trasformazioni che possano riabilitare la città e la conurbazione con il miglior utilizzo delle risorse ed un sistema integrato di trasporto che non sia avulso dalla soluzione urbanistica finale, in questo quadro, nuove iniziative della Regione, con la più larga partecipazione a livello tecnico e politico, possono utilmente contribuire ad una più avvertita scelta programmatica.
Victor Von Hagen apre il suo libro "Highway of the Sun" con un'osservazione di Alexander Von Humbaldt: "Le strade degli Incas furono le opere più utili e stupende mai eseguite dall'uomo".
Il signore degli Incas nel suo palazzo di Cuzco pranzava col pesce fresco della costa, che gli arrivava in due giorni da una distanza di 200 miglia al di là delle Ande, anche se nessuno sapeva di dove il pesce venisse o quale via avessero seguito i corrieri chasqui. "Le strade passavano attraverso montagne impervie, su cime coperte di neve, attraverso deserti di pietra. . . ". Le staffette chasqui percorrevano, a una media di 246 miglia al giorno su un terreno la cui altitudine media era di oltre 3000 metri, e attraverso passi che spesso raggiungevano i 4500 metri, 1230 miglia in cinque giorni, e cioè da Quito a Cuzco.
Al tempo di Cicerone per una lettera spedita da Roma a mille miglia di distanza il tempo normale di viaggio era di quarantasette giorni,di gran lunga inferiore al tempo che impiega una lettera, oggi, nel nostro Paese.
Queste osservazioni di carattere storico mi vengono in mente quando sento discutere dei problemi della viabilità in Val di Susa, che mi richiamano - per venire a tempi più vicini a noi - le questioni che vennero sollevate in Valle d'Aosta in occasione dell'apertura del traforo del Monte Bianco.
E' bene ricordarle.
Al momento dell'apertura del traforo del Monte Bianco, la rete viaria valdostana era costituita dalle vecchie strade statali, non certo adatte ad un vero e proprio traffico di scorrimento. La Regione valdostana, ed alcune forze politiche e sociali si opposero al prolungamento dell'autostrada Torino-Ivrea, invocando invece a cura dell'ANAS un idoneo adattamento della statale di fondo valle. In effetti L'Anas cosi fece.
Le conseguenze furono che quando l'apertura del traforo del Bianco diede il via al sempre massiccio passaggio dei TIR la situazione piomb rapidamente nel caos. A quel punto furono proprio i Comuni di fondo valle che, congestionati dall'incessante traffico dei TIR. intervennero presso la Regione perché l'autostrada Torino-Ivrea, proseguisse fino ad Aosta. In questo modo la vecchia strada nazionale fu restituita al traffico turistico e commerciale, con grande utilità per l'economia di una zona che aveva pagato i danni derivanti dalla circolazione da e per il traforo.
Ora, sappiamo che dal lato francese del Frejus è in avanzato stato di costruzione il raccordo tra il piazzale e il nodo di Freney, che si presume sia ultimato nella primavera del 1981; e che provvisoriamente si è già predisposta una variante di raccordo tra il piazzale e l'abitato di Fourneaux. Che, infine, sono in fase di esecuzione i lavori di miglioria della RN6.
Occorre, quindi, da parte nostra, dare al più presto attuazione ai collegamenti definitivi esistenti nei due Paesi, per l'importanza che andrà ad assumere il traforo nel contesto dei collegamenti tra Italia e Francia e che rafforzerà il legame economico e commerciale fra i grandi poli economici della Regione Rhone -Alpes (che raccoglie tutto il flusso di traffico stradale proveniente dal nord e dal sud della Francia, e dell'Europa nord-occidentale) e le regioni della pianura padana, e per l'Italia centro-meridionale i cui poli principali sono già serviti da una valida rete autostradale.
Mentre dal lato francese l'attuazione prosegue secondo i programmi a suo tempo impostati (e che prevedono il prolungamento dell'autostrada da Montmelian a S. Jean de Maurienne) si prospetta, da parte governativa, il completamento su tutto il tratto Rivoli-Bardonecchia, con una infrastruttura avente caratteristiche autostradali.
Pur non disattendendo il traffico su via ferrata che proprio nella Valle di Susa viene ora migliorato ed incrementato dai lavori in corso, è stata da più parti auspicata una revisione del processo progettuale della Valle di Susa con l'attuazione di un'autostrada che dovrebbe collegare la tangenziale di Torino a Bardonecchia.
Ora, è di questi giorni la discussione sul raccordo tra Aosta e il piazzale del traforo del Monte Bianco, ad evitare la pericolosità che presenta attualmente il transito e la sua scarsa capienza per lo snellimento del traffico.
Mi sembra che, tenuto conto del disegno di legge governativo che prevede la modifica dell'art. 18 bis della legge 492 così da permettere il completamento di alcuni tratti della rete autostradale italiana, sarebbe opportuno esplorare la possibilità che venga ripresa in considerazione la concessione per la costruzione dell'opera che, con il contributo dello Stato, sarebbe portata a termine in tempi relativamente brevi.
In ordine ai costi è stata evidenziata la loro imponenza, che rende per l'appunto indispensabile l'intervento finanziario dello Stato. Ma se ciò è vero, ci sembra altrettanto fattibile e certamente vantaggioso ai fini della sollecita esecuzione dell'opera che essa possa venire realizzata da una società concessionaria che, fruendo del contributo dello Stato, integri la quota ritenuta insufficiente come previsto dal disegno di legge con altre fonti di finanziamento.
E' bene, a mio avviso, non ripetere l'esperienza negativa del Monte Bianco, e prevedere quindi fin d'ora una soluzione ottimale e definitiva.
Ottimale per la vita della collettività della Val Susa, per le necessità delle industrie che vi operano o che vi si potranno collocare, e per le esigenze dell'intera area industriale torinese.
Mi sono soffermato solo su due questioni tra le molte che vengono affrontate dal piano regionale dei trasporti più che altro per mettere in evidenza la complessità e la difficoltà dei problemi che esso affronta.
Altre questioni verranno ancora affrontate in questo scorcio di legislatura nella materia che è oggi all'esame del Consiglio. E su un punto essenziale riteniamo di dover manifestare il nostro consenso ed è che dalla soluzione dei problemi che il piano affronta dipende realmente una efficiente politica che determini il riequilibrio economico, sociale e territoriale della Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, essendo uno dei molti appartenenti al Gruppo D.C., che interviene nel dibattito, mi limiterò a poche considerazioni di carattere generale e all'esame di alcune questioni specifiche richiamate dalle politiche di settore contenute nel documento di piano presentato al Consiglio regionale; notando subito che alcune delle questioni di ordine generale che sono state finora sollevate nel dibattito hanno costituito, per altro, oggetto di confronto e di approfondimento nelle ultime riunioni della II Commissione consiliare. In particolare durante le ultime sedute della Commissione, si è cercato di arrivare a una definizione, più precisa e puntuale, del carattere del documento e del significato che esso assume in rapporto alla pianificazione territoriale comprensoriale, oggi in fase di formazione, che dovrà trovare un momento di coordinamento a livello regionale. Si è inoltre evidenziata la necessità di approfondimento che tutta una serie di questioni, e particolarmente i problemi collegati ai rapporti e all'interscambio con le Regioni limitrofe e con i Paesi esteri, ponevano e pongono di fronte ad un documento che se pur presuppone o contiene implicitamente alcune indicazioni al riguardo purtuttavia necessita di precisazioni che, come è stato chiarito nel corso dei lavori della Commissione, saranno definite attraverso studi specifici.
Tutto ciò concorre a configurare il documento, e già il collega Oberto lo ha ricordato, come una ricognizione di esigenze coordinate in uno schema di piano, cioè come un piano-processo che si deve articolare attraverso precise politiche di settore e che facendo riferimento a competenze che non sono della Regione richiede il coordinamento a livelli superiori, di politiche programmatiche e di rapporti istituzionali, per configurare interrelazioni, tempi, priorità e il collegamento con il processo di pianificazione territoriale di cui la politica dei trasporti è certamente un supporto importante che però in questa politica generale deve essere inquadrata.
In Commissione e in aula è già stato ricordato che abbiamo quindi di fronte il problema di un esame più attento e puntuale rispetto ai documenti di piano dei singoli Comprensori, di una definizione più puntuale di priorità, di un collegamento nel tempo con i documenti finanziari di piano della nostra Regione, di un approfondimento e di un'indicazione per quanto riguarda il contributo che il piano deve fornire alla programmazione nazionale ed interregionale, facendo anche riferimento a problemi che il collega Calsolaro ha richiamato parlando in particolare dei collegamenti nella Valle di Susa e del problema del Frejus.
Tutto questo ci porta a dare un giudizio generale e il Gruppo democratico cristiano, riprendendo gli argomenti del collega Oberto sottolinea l'opportunità che venga evidenziato l'impegno politico del Consiglio a procedere in questi ulteriori approfondimenti e quindi a pervenire a più esatte indicazioni di piano sia per quanto riguarda le competenze regionali, ma soprattutto per quanto riguarda le grandi indicazioni che siamo tenuti a dare in ordine ai problemi della programmazione nazionale e in ordine ai problemi del coordinamento di programmi con le Regioni contermini.
In Commissione, poi, abbiamo sollevato in particolare il problema dei collegamenti con la Liguria e la Lombardia e con i paesi esteri.
Noi crediamo, e dico questo anche a nome del Capogruppo Bianchi e del collega Martini, che quando nel documento di piano si avanzano le proposte concernenti i grandi assi stradali a sostegno della mobilità e in funzione del riequilibrio territoriale ed economico della Regione, sarebbe opportuno indicare organicamente il completamento della dorsale che configura l'asse pedemontano alpino, prevedendone la continuazione attraverso un asse pedeappenninico che dipartendosi da Alba, attraverso Nizza, Acqui ed Ovada sino ad innestarsi sulla Voltri - Ovada a Belforte, dia continuità e collegamento ai poli e ai sub poli dell'entroterra ligure e ai progetti di decentramento portuale che la Liguria ha recentemente riproposto, anche attraverso gli studi dell'Italimpianti e della Marconsult. Ciò in modo da realizzare una previsione organica ed unitaria delle indicazioni specifiche e puntuali che sono contenute nel documento di piano; infatti in esso noi già rintracciamo previsioni di intervento sulle singole tratte stradali statali o provinciali, che possono essere ricondotte ad un disegno complessivo che realizzi anche ai piedi dell'Appennino la continuità della grande viabilità a supporto delle relazioni tra Piemonte e Liguria e a supporto del disegno di organizzazione dell'entroterra preappenninico tenendo conto che già oggi l'asse pedeappenninico proposto trova ulteriore sviluppo da Ovada a Tortona, attraverso Novi Ligure, con l'utilizzazione degli assi autostradali e statali esistenti.
Ci sembra poi che dovrebbe essere evidenziato, come intervento prioritario ed urgente in ordine ai problemi del collegamento con la Liguria e in funzione di interscambio economico, il raddoppio della Ceva Savona, per avviare a soluzione il disegno, presente nelle indicazioni della Regione Liguria, di un'organizzazione dell'entroterra centrato sul Cebano e sull'Acquese che sia di supporto alla realizzazione del sistema integrato dei porti liguri che da lunghi anni andiamo sostenendo all'interno di un processo di programmazione che non inizia con la presentazione di questo piano.
Dobbiamo concretamente riconoscere, al di là delle diversità delle posizioni assunte nel passato, che una serie di problemi si ripropongono esattamente nei termini in cui vennero affrontati anni fa. I problemi della grande viabilità regionale e interregionale e del riequilibrio della Regione, sia pure in un disegno oggi più organico e più preciso perch trova il suo riferimento istituzionale nella Regione, sono stati affrontati anche in passato e hanno condotto alla realizzazione di importanti infrastrutture e al consolidamento di alcune linee di organizzazione del territorio: la Voltri - Sempione, il traforo del Monte Bianco e del Frejus con il completamento stradale, costituiscono infatti interventi importanti e significativi che sono oggi riferimento e supporto del disegno generale di organizzazione del territorio che dobbiamo individuare per il futuro della nostra Regione.
In questa ottica ritengo che non si possa sfuggire ad alcune indicazioni per quanto riguarda la programmazione a livello nazionale in ordine ai trafori.
Il disegno di organizzazione del territorio della Regione che è già stato realizzato e il disegno previsto dai documenti di piano portano a concludere che, al di là delle analisi che devono essere approfondite, in prima approssimazione, la viabilità del Sempione e il traforo del Ciriegia si pongano come interventi necessari in una prospettiva temporale che non so con esattezza definire. Ci sono dei momenti di approfondimento ma ci sono anche momenti di scelta politica e di indicazione rispetto ai grandi obiettivi della programmazione nazionale che bisogna avere il coraggio di assumere anche se comportano l'impiego di risorse ingenti.
A conclusione del mio intervento, che ha voluto solo cogliere alcuni aspetti delle indicazioni che il Gruppo democristiano fa attorno al piano regionale dei trasporti, credo di poter riprendere l'argomentazione che all'inizio ho svolto a nome del Gruppo e sottolineare: a) l'esigenza di ulteriori approfondimenti e di una verifica più puntuale e coerente con i documenti di pianificazione territoriale che vengono approvati, sia pure nella forma di primo schema, da parte dei Comitati comprensoriali b) l'esigenza della definizione delle priorità degli interventi di maggiore importanza riguardanti i collegamenti internazionali e interregionali, con particolare attenzione al coordinamento con la Liguria per la realizzazione di un sistema economico ligure-piemontese che è basato non solo sulle previsioni di decentramento portuale, ma anche sulla diversificazione di economie già in atto e sulla presenza di economie esterne che realizzano un'integrazione ed un miglioramento delle possibilità di interscambio regionale per quanto riguarda la mobilità e l'allocazione delle risorse.
Ci auguriamo, quindi, che il Consiglio esprima l'impegno e la volontà politica di considerare questo importante documento di settore come "quadro" di indicazioni generali da sottoporre periodicamente ad un approfondimento puntuale e alla definizione di priorità che sono essenziali per realizzare una politica concreta di piano.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

La validità della proposta di piano all'esame del Consiglio parte dalle ultime considerazioni poste dal collega Genovese, il quale richiama l'opportunità di una continua verifica dell'azione in relazione allo sviluppo generale del processo programmatorio, quale emerge anche nella realtà piemontese attraverso l'individuazione delle linee date dai piani comprensoriali e da quelle della stessa attuazione del piano di sviluppo della Regione.
Il primo punto che vale la pena di sottolineare di questo documento è la globalità della proposta, sia in conformità alle possibilità d'intervento della Regione che per gli interventi statali. Credo che la prima è sottoposta ad una continua verifica con riferimento all'azione programmatoria, la seconda è anche collegata e necessita di una continua verifica proprio perché indica e suggerisce linee di intervento statale che dovranno essere assunte dallo Stato e queste in certi momenti potranno anche discostare da quelle che sono le nostre linee.
Sotto l'aspetto metodologico è metodo corretto ed inesatta attuazione di quelle che sono state le nostre indicazioni. Una programmazione regionale per essere processo di programmazione deve anche rappresentare un momento dialettico nei confronti dell'attività di programmazione nazionale e quando il Governo nazionale deciderà di dare linee di programmazione chiare, non potrà che misurarsi con queste realtà che sono già state indicate.
La globalità e quindi la validità sorge dall'ampiezza dell'esame di tutte le possibilità di intervento, delle FF.SS., delle ferrovie in concessione, del traffico merci, del sistema aeroportuale, dei problemi che sorgono per l 'esistenza della compromessa situazione autostradale che proprio in questi giorni dovrebbero far riflettere i colleghi che con troppa semplicità e tranquillità, dopo aver parlato di priorità negli interventi, vengono a riproporre interventi di tipo autostradale in Valle di Susa o altri trafori autostradali quando ci troviamo di fronte al dissesto dell'Ativa, dissesto che può essere trasformato giuridicamente in una sentenza di fallimento della detta società; quando ci si trova di fronte al buco finanziario che esiste per il collegamento del Frejus con la Francia (150 miliardi), qualcuno dovrà rendersi conto che non devono essere pagati dalla sola realtà regionale piemontese e riproporre a questo punto un sistema autostradale che parta da Rivoli, tutto a carico delle risorse piemontesi quando queste non riescono a far fronte agli impegni precedenti credo che rappresenti un atteggiamento troppo semplicistico.
Chi è capace a risolvere in termini di leggi di mercato, sovente viene accusata la maggioranza di non rispettarle sufficientemente, deve dire come è possibile quadrare questa contraddizione: mancanza di soldi da una parte nuovi tipi di intervento dall'altra.
Per fortuna, e credo che sotto questo aspetto un'alleanza nei fatti si era verificata, nonostante le differenze ideologiche ed i contrasti tra i partiti, nell'ultima fase della prima legislatura fra il Gruppo comunista e il Partito liberale. Forse non si era intuito che era proprio su questi processi reali che ci si misura, quando si disse di no alla Torino Pinerolo, quando si disse di no all'autostrada della Valle di Susa, quando si disse che erano assurdi e velleitari ulteriori collegamenti tipo il Colle della Croce: se oggi esistono problemi finanziari per il Frejus che cosa potremmo fare con altre opere in corso? Altro punto che vale sottolineare, nella globalità della proposta, è il fatto che essa è stata compiuta assumendo la dimensione internazionale del problema, quella nazionale e infine quella regionale nei suoi rapporti interregionali.
Credo che parlando di dimensione nazionale, internazionale e regionale bisogna fare un riferimento alle indicazioni concrete che la proposta dà: dice determinati "sì" e dice determinati "no" che possono non piacere.
Quello che è estremamente importante è che questa proposta è un supporto valido, preciso ed esatto a quelle che sono le indicazioni di una politica di piano di sviluppo e quindi anche in questo la metodologia adottata dalla Giunta e dalle forze politiche che siedono in Consiglio per quel supporto e per quella politica di riequilibrio tra nord e sud.
Come c'entra il sud con il piano dei trasporti? Credo che abbiamo tutti raccolto nei lunghi e faticati rapporti con le organizzazioni sindacali con il mondo imprenditoriale, quelle indicazioni scritte nel piano di sviluppo che, per esempio, ogni nuovo intervento produttivo a ciclo completo che deve essere attuato deve avvenire al Mezzogiorno. Credo che la conquista che i sindacati hanno ottenuto negli anni passati con Grottaminarda perché il trasporto pubblico fosse concentrato nella sua produzione a Grottaminarda, deve anche essere sostenuto nella domanda pubblica, costante e corretta per rappresentare un mercato valido. Credo che il piano di intervento che questo piano dei trasporti prevede chiaramente indicando obiettivi concreti e interventi precisi e se tutte le Regioni avessero agito come la nostra, avremmo dato in termini corretti la risposta anche al settore produttivo con una politica di riequilibrio e l'ampliamento del sistema produttivo del Mezzogiorno è possibile se tutte le Amministrazioni locali non solo chiedono, ma nel momento che ottengono sanno indirizzare la loro domanda a sostegno del sistema produttivo quale la nostra economia di mercato consente. Le possibilità d'azione dell'operatore privato si trasformano in realtà e rispetto delle linee di programmazione se gli si consente di attuare e sviluppare i processi produttivi con la realizzazione delle necessarie domande del mercato.
Quando si parla di una risposta concreta che con questo piano dei trasporti noi diamo alla politica di piano è un'indicazione che mi pare non sia priva di validità e priva di ogni considerazione ed implicazione prettamente demagogica.
A proposito delle dimensioni internazionali, bisogna chiarire i due problemi, quello della viabilità della Valle di Susa e l'altro del sistema portuale. Quando si parla del traforo del Frejus e si avanzano successive nuove domande tipo quella del traforo del Ciriegia oppure del Colle della Croce, bisogna rendersi conto immediatamente che si va in contraddizione con la politica di potenziamento del sistema portuale ligure. Questo automaticamente vuol dire il premio alla linea di tendenza che era anche quella passata e quasi accettata negli anni della prima legislatura del potenziamento del bacino della zona marsigliese, della zona portuale di Foss la quale ha già tutto il suo retroterra nella vallata del Rodano e non capisco come il traffico internazionale che riusciamo a fare entrare in Italia dal Sempione, dal Frejus e dal Monte Bianco, possiamo poi incanalarlo non verso l nostro sistema portuale ligure che negli anni passati godeva di una situazione di privilegio nei trasporti con l'entroterra di collegamento e vogliamo collegarlo proprio a Foss che rappresenta la diretta concorrenza dei nostri porti. Al sistema portuale ligure a favore del quale dovremmo intervenire in un rapporto combinato Regione Piemonte - Regione Liguria si dà aiuto potenziando la mobilità tra le Alpi e i porti stessi e non aprendo nuovi valichi che sarebbero in uscita. La Regione Piemonte solo nella misura in cui si fa carico di non andare, a parte l'assurdità mi pare di scelte e di spese prioritarie che non sono possibili affrontare, a favorire un indebolimento del sistema portuale ligure attraverso nuovi collegamenti nel sud del Piemonte a favore della zona di Foss, agisce con responsabilità e rispetto della sua programmazione.
Credo che un intervento autostradale in Val Susa compiuto direttamente con sforzo e concorso economico di tutti gli Enti operanti in Piemonte vuol dire che ancora una volta problemi internazionali che devono essere risolti dal Governo centrale con risorse nazionali, quale sarà la superstrada eseguita dall'ANAS, ricadono sulle nostre sempre più limitate risorse. Il sistema autostradale vuol dire che tutti quanti saremo coinvolti non solo a dover pagare i debiti del pregresso traforo, non solo a pagare i debiti dell'Ativa, non solo a pagare i debiti di altre infrastrutture che sono state negative, e mi pare che questo aspetto sarebbe creare dei presupposti per portar via finanziamenti ed interventi necessari.
E' indubbio che la coperta è lunga per quello che è. Se facciamo queste opere con i soldi piemontesi vuol dire che non investiremo più nell'agricoltura, per l'artigianato, non investiremo più per un equilibrato assetto produttivo regionale.
Un altro aspetto positivo che in questa proposta di piano deve essere colto, è la crescita del ruolo delle aree periferiche, anche qui in perfetta attuazione ed esecuzione del disegno programmatorio e di nuovo come viene enucleato, aggredito in termini suoi unitari e globali il problema dell'area metropolitana. Si può dire quello che si vuole, che non piacciono i viali trasformati in posteggio, indubbiamente sarebbe stato più bello poter cogliere margherite, ma la realtà è quella che è. Chiudere il centro storico al traffico credo che presuppone una disponibilità culturale di tipo diverso che dobbiamo aiutare, che coinvolga e renda partecipi cittadini ed operatori. Nella realtà odierna credo che sia sufficiente affermare che la realtà torinese abbia capito e stia maturando in senso positivo nel vedere l'aspetto complessivo di via Garibaldi che cosa vuol dire traffico riservato ai pedoni. Ricordiamoci quale scandalo, quali urla di disastro economico uscirono nel momento in cui si chiuse al traffico quella via.
Credo che anche su questa strada occorre rieducare la collettività bisogna prendere atto della situazione altamente dissestata dell'area torinese, tanto che chiudere i corsi per fame dei parcheggi non è la soluzione migliore,però se si ha il coraggio di bloccare il centro storico convincendo la gente che anche camminare a piedi come è avvenuto in altre città dell'estero e dell'Italia stessa non è la fine del mondo, ma, anzi un modo di vivere più umano.
Indubbiamente la via Garibaldi non è l'ombelico del Piemonte; è per l'avvio ad un processo culturale che non si può imporre dall'alto, ma deve nascere dal consenso generale.
Credo che sotto questo aspetto, sempre con riferimento all'area metropolitana, le vie, le indicazioni nel rapporto corretto delle FF.SS.
recepiscono in parte anche proposte che nella prima legislatura l'Assessore Gandolfi aveva fatto sull'attestamento incrociato delle linee ferroviarie e ripropone in termini di chiarezza la non validità, per la situazione piemontese, di una metropolitana ai livelli ai quali era prevista. Questo fu un tipo di intervento contrastato in primis dal sottoscritto e che oggi ci saremmo trovati davanti irrisolto e con una situazione finanziaria disastrosa dovuta ai precedenti deficit finanziari che ho già indicato.
Mi pare che nel complesso e nella sua globalità il piano deve essere sottoposto a costante verifica sia per quanto concerne l'intervento specifico regionale sia con riferimento a quello statale perché frutto di volontà altrui. Credo che proprio da questo tipo di confronto che si pone la proposta che viene avanzata è in perfetta armonia con il piano di sviluppo, e con quanto con notevole impegno e da più parti si è indicato come grande disegno di nuovo modo di ridisegnare il volto del Piemonte.
Esso rappresenta un altro di quei punti altamente qualificanti ed essenziali da poter rappresentare in un quadro generale di politica di programmazione non soltanto un discorso di parole, ma di chiari punti di riferimento, di chiari risultati frutto di scelte politiche fatte dopo un dibattito, un confronto con la realtà, che molte volte ha trovato il consenso generalizzato e molte volte pur trovando forti differenziazioni ha nobilitato la nostra funzione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signori Consiglieri, il compito che ho non è facile perché dovrei raccordare l'intervento ai pareri già espressi dai colleghi precedentemente; vorrei tentare una sintesi della posizione politica del Gruppo su una materia che, comunque, presenta aspetti articolati e complessi.
Non posso non partire dalle premesse che ne hanno caratterizzato la pubblicizzazione e l'elaborazione; il documento iniziale sul piano dei trasporti conteneva specificità e caratteristiche che dobbiamo denunciare nell'analisi critica che sto ora facendo.
Un primo vizio di fondo l'abbiamo evidenziato nell'articolazione del documento in due capitoli e cioè le proposte di competenza degli organi centrali dello Stato e di quelle di competenza della Regione e degli Enti locali subregionali; suddivisione che ci pare sia eccessivamente strumentale rispetto alla delineazione di precise responsabilità che, come andrò dicendo, competono alla Regione. Siamo lieti che una certa mitigazione di questa rigida contrapposizione di competenze sia venuta nel documento di sintesi, che in parte fa giustizia sulle effettive scelte politiche di fondo.
Abbiamo già rilevato come nel documento vi fossero contraddizioni metodologiche non corrette nei documenti successivamente presentati e cioè da un lato, la riproposizione di studi presentati nei vari convegni e quantificazioni più proprie ad un inventario di problematiche e di stati di efficienza di certe infrastrutture e, dall'altro, purtroppo, troppe carenze di valutazioni critiche e propositive sul ruolo che si intendeva affidare nel piano dei trasporti a determinate strutture.
Sottolineo questo aspetto perché ben diverso è, secondo noi, il giudizio sui livelli di servizio, sullo stato di efficienza di determinate infrastrutture e quello sul ruolo che si intende affidare, nella progettazione e nella programmazione, al piano di settore dei trasporti.
Tra le conseguenze più macroscopiche di tali contraddizioni emergono carenze di valutazioni sulle infrastrutture principali, in particolare le autostrade il cui ruolo portante è ben diverso da quello che può essere affidato ad infrastrutture gerarchicamente inferiori, alle quali debbono essere affidati livelli di efficienza ed organizzazione sostanzialmente differenti.
Qui si potrebbe ricordare come l'errata impostazione di fondo abbia di per sé consumato molte energie da parte dell'Assessorato e dei suoi collaboratori per quanto attiene alla predisposizione del documento consumo di energie che di fatto non è ancora concluso, tanto è vero che recenti incarichi all'IRES, al C.S.T., all'ARIS, E.C.L. (per gli affidamenti di nostra conoscenza) sui piani comprensoriali, sui valichi sui trafori, sul sistema intermodale, sull'autostrada Stroppiana Domodossola, sulla Cuneo - Mortara, stanno ad indicare come vi sia un implicito riconoscimento dell'insufficienza dei documenti prodotti nonostante la loro mole, nonostante il costo (sul quale ci ripromettiamo un consuntivo critico e politico) sia stato quanto mai rilevante.
Dobbiamo in questa sede denunciare come sia stata componente dell'elaborazione di determinate proposizioni di documenti la trattativa con le organizzazioni sindacali, dalla quale noi siamo stati purtroppo esclusi, nonostante nel mese di giugno nella vecchia sede di piazza Castello avessimo esplicitamente richiesto che i Gruppi consiliari fossero tenuti informati sullo stato di avanzamento di queste iniziative, non contrattuali vere e proprie, ma che hanno consentito alla maggioranza di mettere a fuoco una propria posizione politica.
Sappiamo che le organizzazioni sindacali hanno elaborato documenti su queste materie; ne siamo venuti a conoscenza non tramite la Giunta, così come sarebbe stato logico.
Un secondo tipo di critiche riguarda i raccordi con l'assetto del territorio. Riteniamo che gli obiettivi generali che il piano dei trasporti deve perseguire rispetto al riequilibrio regionale (enunciati con raccordi al documento sul piano di sviluppo) non sono stati, se non in sede di documenti finali dell'Assessore Rivalta e nel documento di sintesi evidenziati e giustificati. Abbiamo ritenuto di richiederne specifiche correlazioni ai singoli capitoli, ma le riteniamo ancora non consequenziali.
Mancando quindi l'ancoraggio agli obiettivi di assetto territoriale a scala regionale e di singole realtà comprensoriali le proposte, quand'anche puntuali, sono collocate nel piano con indifferenza rispetto ai processi ed alle evoluzioni in corso.
Riteniamo che l'esigenza di precise scelte in alternativa all'inventario dei problemi sia in fondo uno degli aspetti che maggiormente lasciano perplessità sul documento e che legittimano la richiesta di un'ulteriore proiezione nel futuro dell'impegno dell'esecutivo a meglio definire aspetti rimasti del tutto imprecisati.
A questo punto merita un commento specifico il documento prodotto dall'Assessore Rivalta; giunge certamente tardivo rispetto alle attese, ma comunque è sufficientemente chiaro sullo stato di elaborazione della pianificazione comprensoriale e quindi regionale; chiaro nel denunciare sostanzialmente che, rispetto al 1975, lo stato della pianificazione non ha fatto sostanziali passi in avanti. Vi sono affermazioni sulle "logiche" che hanno caratterizzato lo sviluppo passato con riproposizioni che avremmo preferito aggiornate criticamente anche rispetto a come si sono andate elaborando successive decisioni e prese di posizione della politica regionale in determinati settori. Certo non sono tali da arricchire un raccordo alla pianificazione territoriale che avevamo ritenuto di dover evidenziare come una delle fondamentali carenze del piano.
Il riferimento del documento è ai piani territoriali comprensoriali credo che la Giunta intenda con ciò creare alibi alla propria inadempienza ed ai ritardi che hanno caratterizzato le prime elaborazioni. I documenti programmatici elaborati dai Comprensori sono richiamati a pagina 9 sostenendo che in essi vi sarebbe "forte impronta di progettualità e di operatività"; a pagina 10 "coerenza intersettoriale tra i vari piani e gli interventi di settore"; a pagina 11 si citano "i poli di sviluppo".
Riteniamo che i richiami pecchino di ottimismo spropositato rispetto al contenuto ed all'effettiva capacità dei documenti d'essere tradotti in veri e propri effetti progettuali e consequenziali agli obiettivi di pianificazione, soprattutto a quella locale che attende da tempo queste indicazioni.
Il disegno del piano di sviluppo del 1976, per quanto attiene l'assetto del territorio, sostanzialmente non è stato approfondito in questi anni e quindi i limiti di certe conclusioni debbono essere denunciati. Semmai constatiamo come siano andate avanti operazioni settoriali riferite a problemi importanti quali quelli della direzionalità di Torino, scelte relative ad ulteriori aree attrezzate per integrare il piano del 1975, ma queste decisioni sono perlopiù calate dall'alto sovrapponendosi a problematiche locali ancora non affrontate e risolte, creando più problemi di quanti non ne presumano di risolvere. Questo credo vada detto con particolare riferimento alla direzionalità di Torino, laddove la messa a punto degli strumenti urbanistici rivela la sostanziale insufficienza di interconnessioni con i problemi irrisolti di accessibilità, mobilità e servizi.
L'intervento del Consigliere Calsolaro ha evidenziato tali contraddizioni ed insufficienze.
Se poi consideriamo gli accenni ai "poli di sviluppo" dobbiamo constatare come alcuni atti della Giunta regionale siano stati nettamente in contraddizione con questa impostazione; se pensiamo alle polemiche sull'ampliamento dello stabilimento Vernante (tanto per citare un dato significativo) si evidenzia come, rispetto alle affermazioni, la consequenzialità decisionale ed operativa sia stata del tutto scollata.
Si afferma nel documento che sostanzialmente il disegno delle delibere programmatiche a premessa dei piani comprensoriali convalida le scelte fatte nel piano dei trasporti. Avremmo preferito che la metodologia di elaborazione delle scelte per la politica di decentramento di determinate attività produttive risultasse connesso al sistema delle infrastrutture; in modo da adeguare i provvedimenti decisionali o di programmazione all'effettiva disponibilità di infrastrutture.
Cito in proposito la Pedemontana, asse che può giocare un ruolo determinante per l'area metropolitana torinese e così pure le affermazioni contenute a pagina 17 del documento dell'Assessore Rivalta, relative alle interconnessioni della politica di sviluppo delle aree piemontesi con lo sviluppo dell'area metropolitana milanese. Per evidenziare come, al di là delle affermazioni, non corrispondano nell'elaborazione delle proposte di piano effettivi riscontri.
Tornando all'area metropolitana torinese è noto come solo nell'ordine del giorno, votato dal Consiglio regionale nel mese di ottobre, si sia preso coscienza delle connessioni tra i problemi dell'assetto viario e delle infrastrutture ad esso connesse. Il discorso dell'intermodale merci per quanto attiene al potenziamento ed alla valorizzazione delle capacità produttive relative a tutta quella porzione di territorio attestata ad una infrastruttura (Torino-Frejus) che sarà quanto prima investita da una grossa valenza potenziale di sviluppo, per i traffici internazionali, viene cosi solo ora prendendo corpo, ma è sostanzialmente non affrontato nel piano dei trasporti.
Ed ancora per quanto riguarda l'area metropolitana torinese lo spostamento dello sviluppo verso ovest, con la previsione di decentramento ed articolazione delle attività direzionali FIAT, rileva come le interconnessioni tra le previsioni urbanistiche e le relative infrastrutture non sia stato previsto e considerato; vi è una sostanziale carenza di indicazioni su come verranno risolti i problemi. Ancora rifacendomi all'intervento di Calsolaro non viene affrontata nel documento l'alternativa al quadruplicamento ferroviario in asse.
Altro problema che evidenzia questo tipo di scollamento riguarda la dorsale Cuneo - Casale e, in proposito, credo che l'intervento del collega Genovese l'abbia già messo a punto.
Emerge insomma una grossa attesa rispetto a quelle che saranno le conclusioni che potremmo trarre nella fase finale di questa legislatura.
Attesa che legittima una serie di perplessità ad ammettere come valevoli le connessioni proposte in chiusura sul documento tra le linee indicate da Rivalta e le politiche del documento di sintesi di Bajardi.
Venendo poi agli aspetti relativi alle comunicazioni ferroviarie, il documento analizza i livelli di funzionalità di collegamenti internazionali ed intercomprensoriali e in particolare si sofferma sui problemi del nodo di Torino. Dobbiamo però rilevare come il maggior approfondimento dei problemi delle comunicazioni internazionali e solo in parte intercomprensoriali sia da attribuire più al merito di una verifica ricorrente (e mi riallaccio alle osservazioni del Consigliere Oberto) nei confronti dei programmi delle Ferrovie dello Stato, che non ad una vera e propria riproposizione e riconsiderazione dei problemi. Proprio per questo motivo troviamo in questo documento maggiori sviluppi delle proposte riferite alla competenza dello Stato rispetto a quelle di competenza regionale che avrebbero richiesto invece un maggior grado di approfondimento e maggiore trattazione.
Le comunicazioni internazionali ed intercomprensoriali delle ferrovie in Piemonte presentano aspetti di delicata e necessaria interconnessione per la presenza di importanti collegamenti internazionali, che svolgono anche una funzione portante nei confronti delle Regioni limitrofe.
Nell'attuazione dei piani pluriennali delle Ferrovie dello Stato, per attivare da un lato il potenziamento dei collegamenti internazionali dall'altro quello della struttura ad "H" dell'impianto intercomprensoriale è necessario che vi siano giudizi sufficientemente articolati sulle priorità che la Regione ritiene essenziali. Dobbiamo constatare come qui invece rispetto al problema dei rami secchi esista un vuoto sostanziale; se era legittima la negazione unitaria del Consiglio regionale all'eliminazione di tutti i rami che le FF.SS., avevano indicato, penso che non sia opportuno ignorare nel documento sul piano dei trasporti un giudizio di merito sulle ipotesi di eliminazione. Il problema investe realtà economiche e territoriali quanto mai diverse ed articolate e richiede, soprattutto in termini di programmazione, una considerazione sugli eventuali sperperi e sulle diseconomie che si potrebbero evitare.
Riteniamo comunque che questi sistemi di collegamenti intercomprensoriali possano essere funzionali agli obiettivi che ci proponiamo solo se sono alimentate da linee secondarie ed attestamenti di trasporto su gomma; aspetto anche questo che rileviamo non sufficientemente affrontato e che invece qui è genericamente riferito al sistema complessivo delle autolinee, quasi che queste avessero una loro totale indifferenza rispetto alle connessioni con il sistema ferroviario.
Già ho ricordato la direttrice Cuneo - Casale, uno dei problemi ancora in fase di evoluzione; però ci preme sottolineare come proprio l'ulteriore affidamento di studi evidenzi la genericità e l'indeterminatezza delle indicazioni gia fornite per quanto attiene ai ruoli di bracci trasversali del citato sistema ad "H".
Riteniamo che l'accessibilità comprensoriale (è stato detto dal Consigliere Petrini) debba rappresentare il problema focale delle competenze regionali, l'obiettivo politico più rilevante, che il documento dovrebbe meglio analizzare, Comprensorio per Comprensorio.
Affrontando però nel merito il problema del pendolarismo per direttrici, che costituisce oggi l'aspetto più delicato d'impatto del servizio rispetto alle esigenze della popolazione.
Per quanto riguarda il sistema delle comunicazioni stradali, credo che gli interventi dei Consiglieri del mio Gruppo siano stati sufficientemente eloquenti.
I problemi possono essere genericamente articolati per quanto attiene al Piemonte sud, al Piemonte centrale, est ed ovest, al Piemonte nord-est ed al Piemonte nord-ovest. Per quanto riguarda il Piemonte sud, i problemi già ricordati dell'interconnessione dello sviluppo delle attività dell'entroterra ligure, sui quali noi vorremmo richiamare però la responsabilità anche dell'esecutivo e della Giunta su determinati tipi di affermazioni che concernono a pagina 18 del documento Rivalta la creazione di un complesso di economie esterne in grado di attirare nuovi insediamenti produttivi; riteniamo che su ciò si debba fare una puntualizzazione politica che prefiguri l'attenzione per sviluppi del terziario e di scambi e maggiore cautela per un indiscriminato sviluppo di insediamento di attività produttive, soprattutto se inquinanti, che contrastano la possibilità di valorizzare le vocazioni agricole già esistenti in quelle aree.
Ancora per il Piemonte sud i collegamenti con la Lombardia e il sud della Francia, già ricordati da altri colleghi, riteniamo debbano rappresentare scelte irrinunciabili.
Il problema dell'Ovadese, già ricordato dal Consigliere Genovese, e della valorizzazione valliva va appoggiato oltre che agli assi pianurizzanti anche ad altri assi che vadano ad interessare l'entroterra vallivo.
Per quanto riguarda i problemi del Piemonte centrale est, a noi pare che l'Astigiano sia stato sostanzialmente dimenticato. La S.S. 489 costituisce un'importante via di comunicazione in un'area sia pure molto articolata dal punto di vista orografico, ma pur tuttavia carica di valenze ed esigenze di sviluppo economico. Manca una collocazione non indifferente alle priorità così come pare risulti dal documento.
Piemonte centrale est: la zona da Valenza a Casale è legata alle connessioni che s'intende assegnare a quest'area con le propaggini dello sviluppo dell'area metropolitana milanese; in questo quadro a noi pare di non riscontrare né nel documento Rivalta, né nelle indicazioni di piano scelte di campo precise che delineino precisi ruoli da assegnare alle infrastrutture che sono state realizzate, pur rilevanti quali la Voltri Sempione.
Non sto a ripetere, per quanto riguarda il Piemonte centrale ovest, i discorsi già fatti per l'area metropolitana di Torino; faccio presente riguardo al decentramento industriale, che l'unica ipotesi formulata con proposte precise, quella dell'Unione Industriale, non ripropone certo soluzioni di appoggio alle dorsali, così come pare volersi dimostrare nei documenti elaborati.
Per quanto riguarda il Piemonte nord-ovest, già ricordo come sia contenuto nell'ordine del giorno un impegno alla priorità della realizzazione di quel settore di pedemontana che consente il collegamento del Biellese con le aree novaresi nord e quindi con la futura sede della Voltri - Sempione. Rilevo, comunque, che il problema della vitalizzazione delle valli, soprattutto per quanto riguarda determinati ruoli turistici della Val d'Ossola e di altre valli, sia un aspetto complessivamente dimenticato.
Venendo ancora agli aspetti più generali del documento credo che si debba puntualizzare l'attenzione su come nel documento viene affrontato il trasporto pubblico. Sostanzialmente non vengono prodotte valutazioni e quantificazioni su come l'attuale domanda di trasporto pubblico possa essere potenziata, con riferimento al pendolarismo che deve essere considerato non genericamente ma per direttrici di mobilità. Lo squilibrio che oggi esiste tra l'utilizzazione dei mezzi di trasporto pubblico e quello privato, dipende sostanzialmente dalla qualità del servizio offerto che non può essere migliorabile improvvisamente con interventi generalizzati su tutta l'area piemontese. L'aver individuato nel sistema tariffario una componente importante per un controllo pubblico sul sistema dei trasporti delle autolinee, non esime dall'analisi ad altri sistemi di trasporto, ignorati nella fase diagnostica e nella proposta di piano.
Con tutto ciò, noi riconosciamo che la strategia di interventi per programmi, tariffe, mezzi di trasporto, soprattutto per quanto concerne al sistema ferroviario, lo stesso sistema di decentramento decisionale affidato ai Consorzi, è certamente indispensabile per poter conseguire tangibili risultati qualitativi; però riteniamo che tutti questi aspetti non daranno risultati sostanziali se non si persegue una politica di investimenti territorialmente definiti e limitati. Lo sottolineiamo, non pretendiamo che vi siano indicazioni nel piano di indifferenti collocazioni di investimenti su tutta l'area piemontese, ma territorialmente differenziati e quindi territorialmente limitati laddove sia possibile coordinarli a precisi obiettivi.
E' necessario quindi che il piano affronti successivamente questo discorso, la scelta di alcune aree dove, in termini sperimentali e con investimenti, si possa presumere di ottenere un sostanziale miglioramento del rapporto tra uso del mezzo pubblico e uso del mezzo privato. Il pendolarismo è presente a diverse dimensioni nei Comprensori e può essere affrontato solo per programmi e non è sufficiente analizzarlo per obiettivi. Non mancano le occasioni territoriali per poterlo attuare, se pensiamo, ad esempio, al Biellese, ad alcune direttrici dello sviluppo della stessa area metropolitana che si intendono privilegiare per il decentramento.
Non mi soffermo sul discorso costi-benefici conseguibili anche qui per realtà territoriale, è un aspetto sul quale già noi avevamo richiamato, in altri momenti di discussione, l'attenzione della Giunta. Le sperimentazioni nel Biellese e nell'Eporediese possono essere momenti interessanti di valutazione dei risultati conseguibili; richiamiamo l'attenzione e la responsabilità dell'esecutivo sulla necessità che questi esperimenti, che tra l'altro comportano investimenti non indifferenti del bilancio regionale, siano verificati in termini di risultati conseguiti.
Oltre alle aree indicate altre aree con servizi privati esigerebbero le stesse attenzioni per sopperire ai divari costi-ricavi.
Un'attenzione particolare merita per il trasporto pubblico l'area torinese. Credo che il Consigliere Calsolaro mi abbia esentato in parte dall'analisi critica che deve essere affrontata per questa area. Con tutto il rispetto delle problematiche emergenti che vi sono nel resto della Regione, il sciogliere alcuni nodi sulle passività delle aziende pubbliche di trasporto, acquista per l'area torinese un significato del tutto particolare. Credo che il problema non sia semplicemente da riferire alle risorse regionali ma debba essere visto nel quadro complessivo generale che il piano nazionale va delineando e quindi a quel quadro di risorse di cui i bilanci generali dei trasporti in Italia disporranno. L'obiettivo di conseguire economie sui trasporti operando credibili ed utili investimenti nell'area metropolitana di Torino è di grande rilievo e solo in quest'ottica si giustificano destinazioni di risorse nazionali speciali alla nostra Regione.
Nel documento il trasporto pubblico nell'area metropolitana torinese è affrontato in modo del tutto parziale, al capitolo 3.1.4 per le proposte del nodo ferroviario di Torino e al capitolo 3.1.5 per il materiale rotabile e al capitolo 4.1 per le ferrovie in concessione. E' vero che per alcuni di questi problemi ancora si attendono conclusioni, però ci si sarebbe aspettata una chiara descrizione degli obiettivi che si intendevano conseguire con l'affidamento di ulteriori studi. Soprattutto una maggiore specificità per quanto attiene alla politica di investimenti nel rinnovo del materiale rotabile che pare essere una delle politiche di miglioramento del trasporto pubblico richiamate nel piano.
Però il documento tace (è stato già detto da Calsolaro, ma va richiamato perché uno degli aspetti più gravi da rilevare) sul sistema delle comunicazioni celeri all'interno dell'area metropolitana. Le scelte finora pubblicizzate paiono essere recepite o acriticamente o inconsciamente. Non volendo assumere posizioni precise, l'indifferenza alle soluzioni tecniche lascia perplessi per il ruolo che le linee di "metrò" sono destinate ad assolvere ai fini del decentramento, ai fini dell'attivazione di una politica regionale sulle infrastrutture ferroviarie, che attiene ed è riconosciuto nel documento, alle competenze specifiche regionali.
A noi pare che manchi nel documento una precisa connessione tra le scelte sul trasporto celere e gli investimenti che sono in atto nel nodo ferroviario di Torino. Mi preme ricordare come ogni maggiore specificità rispetto alla programmazione lentissima e difficoltosissima delle Ferrovie dello Stato, contribuirebbe a dare credibilità alla programmazione regionale e quella incisività che purtroppo rischia di non avere rispetto all'operatività delle Ferrovie dello Stato.
Manca un discorso sul sistema aziendale - gestionale per il trasporto pubblico nell'area metropolitana, aspetto che richiederebbe valutazioni specifiche.
Il trasporto merci è stato affrontato in un primo tempo insufficientemente ed alla carenza si è posto un primo parziale rimedio con le decisioni che il Consiglio regionale ha assunto con l'ordine del giorno del 31 ottobre, per quanto attiene al sistema intermodale in connessione con l'apertura del Frejus. Il riferimento ad Orbassano, Rivalta Scrivia Novara come centri intermodali e gli smistamenti ferroviari di Cuneo, Asti Casale e Biella, a nostro avviso, avrebbe richiesto spiegazioni sui collegamenti che, ritengo, non possano essere semplicisticamente demandati ai singoli Comprensori. Sono problemi che i Comprensori ribalteranno sulla politica regionale perché investono rilevanza supercomprensoriale e quindi regionale.
L'obiettivo di una sensibile riduzione del traffico merci su strade richiederebbe, negli approfondimenti successivi del piano, una maggiore attenzione più che enunciazioni. Quando parliamo di attenzioni non parliamo di principi, ma di soluzioni ai problemi e semmai di sforzi per quantificare realmente le economie conseguite per i maggiori volumi che si riesce, con le strategie del piano, a portare dalla strada alla ferrovia.
L'ultimo argomento che voglio ricordare è il trasporto aereo.
Sostanzialmente vi è convergenza sul ruolo da affidare al principale scalo regionale che è Caselle, per quanto questo, ci preme sottolinearlo, risulta ancora sottovalutato non già nelle previsioni strettamente quantitative che possono anche essere, rispetto al 1980, ritenute ottimistiche; quanto rispetto alle proiezioni di sviluppo indispensabili per ricreare una maggiore potenzialità di utilizzazione dello scalo.
Ribadiamo necessario il recupero di tutte le potenzialità regionali del sistema di trasporto aereo, utilizzando Levaldigi e Cerrione ed utilizzando le infrastrutture di accesso a questi scali; problema che deve essere considerato specificatamente, affrontando quel coordinamento gestionale, da più parti ricordato, come ineluttabile se si vuole assicurare agli scali minori di Levaldigi e Cerrione un avvenire.
A noi pare però che nel piano manchi certezza sulle soluzioni dei problemi della sicurezza, sullo sviluppo e sulla ristrutturazione dello scalo di Caselle; riteniamo che l'indeterminata necessita ed urgenza per la seconda pista e le relative infrastrutture da realizzare, finirà per ripercuotersi negativamente su Caselle. Privilegiando indirettamente altre scelte a scala nazionale, che non mancano già oggi e non mancheranno ancora di più in prospettiva di penalizzare i nostri collegamenti aerei regionali.
Il riscontro tra le indicazioni date nel piano e gli investimenti previsti nel bilancio del 1980, deve essere affrontato nelle discussioni dei prossimi giorni.
Concludendo, riteniamo di dover riassumere le nostre critiche prendendo atto, innanzitutto, come fatto politico fondamentale, ci preme sottolinearlo, delle modificazioni e delle rettifiche di posizioni politiche che la maggioranza ha operato nell'elaborazione del documento dai primi atti dei convegni, al documento del marzo 1979.
L'ampiezza degli argomenti trattati, non sempre affrontati a scala di problemi cui riservare soluzioni, ma tali da evidenziare obiettivi e scelte proiettate nel futuro dell'attività regionale, richiede un'attenzione del tutto diversa di quanto si possa riservare ad altri atti quali possono essere le proposte di legge o le deliberazioni della Giunta. Ecco il perch di una differenziazione nel voto finale rispetto ad altre soglie di giudizio sugli atti dell'esecutivo. L'esigenza di vedere le ampie problematiche trattate nel documento con una proiezione non solo collocata all'attuale legislatura, ma alle prossime, ci induce a considerare questi documenti (abbiamo già sottolineato in alcuni aspetti completi) non definitivi per l'operatività e per la programmazione della spesa. E' necessario quindi - come sottolineato da altri colleghi - che l'elaborazione prosegua e che il contributo critico costruttivo di tutti al quale certamente non ci sottraiamo, né ci siamo sottratti nel passato prosegua.
L'articolazione dei problemi di ciascuna realtà territoriale dei 15 Comprensori non legittima una repulsa "in toto" di tutte le proposte contenute nel piano. Sussistendo ampi dissensi sullo stato della programmazione sull'impatto operativo per ritardi nei progetti, nelle proposte e nelle precise previsioni di finanziamento, impatto che avrà come ha già detto il Consigliere Oberto - conseguenze disastrose dal punto di vista dell'attuazione delle opere stesse; conseguenze che si riverseranno sulla comunità piemontese. Alcune sono riscontrabili nei tragici eventi della Torino - Savona, altri in termini di indignazione per quanto attiene alla viabilità nella Valle di Susa. Un momento politico quindi, nel quale vi è spazio per posizioni critiche, ma altresì di responsabile considerazione dello stato delle cose attenuando gli aspetti meramente negativi per guardare ai traguardi già conseguiti. Traguardi non definitivi, né accettati, ma raggiunti in un quadro di contributi che non hanno dato le sole forze politiche dell'attuale maggioranza, ma anche altre che hanno avuto responsabilità nel passato.
Questi traguardi sono reali; il momento è quindi interlocutorio e deve privilegiare non già l'unanimismo dell'assenso o del dissenso, quanto l'esaltazione dei problemi piemontesi che richiedono, a nostro avviso anche a scala nazionale ed internazionale, una particolare attenzione; di questo ci facciamo carico con molto senso di responsabilità.
In altri termini, non diciamo che tutto è sbagliato e che tutto è da rifare ma che molto è ancora il cammino da compiere; manca chiarezza per gli obiettivi e per le politiche che debbono essere perseguite e tutto ci richiede impegno con senso di collaborazione.
Ho già detto che ci riserviamo una valutazione ulteriore per quanto riguarda il bilancio 1980 e quindi con particolare riferimento alla politica della spesa sui trasporti. Sottolineo che il controllo pubblico gestionale che si intende evidenziare come uno degli aspetti rilevanti della politica dei trasporti, sia certo importante ma non ancora tale da sortire benefici reali e riteniamo di dover sottolineare, in chiusura, come la politica degli investimenti è ancora quella vincente rispetto a precisi obiettivi. Non intesa a sottrazione di investimenti in altre destinazioni come si è voluto evidenziare inopportunamente anche nel documento sull'assetto del territorio perché, mi preme dirlo, noi nel passato non abbiamo privilegiato autostrade per non fare scuole, per non fare case, per non fare servizi: abbiamo fatto scuole, case e servizi e abbiamo ritenuto di dovere appoggiare la politica dello sviluppo alle infrastrutture, per attivare lo sviluppo economico.
E' necessario privilegiare gli investimenti rispetto alla politica della spesa corrente o della semplice copertura di deficit gestionali nei trasporti.
Credo di avere considerato in queste valutazioni gli aspetti positivi e negativi dell'apporto dato dalla maggioranza e dell'apporto dato anche dal nostro Gruppo consiliare. Per tutte queste considerazioni il nostro sarà un voto critico di attesa, che tradurremo con l'astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signori Consiglieri, mi limiterò a trattare solamente alcune questioni cercando di contenere in un tempo limitato l'intervento, anzi pregherei il Presidente di darmi un avvertimento dopo un quarto d'ora.
Mi pare di dover sottolineare in apertura il grande significato politico di essere arrivati a questo piano. Vale la pena ribadire questo aspetto proprio perché alcuni Consiglieri, nel corso del dibattito, hanno sollevato la questione, che solo apparentemente è una questione nominalistica, se questo possa definirsi o meno un piano. Devo dire ai colleghi che, se ben ricordo, un'analoga discussione venne fatta in passato, nel 1977, in occasione del piano di sviluppo; anche allora si tentò da parte di qualche esponente dell'opposizione di invalidare il valore politico dell'atto cardine della programmazione regionale cercando di cancellarne il nome. Operazione debole e bizzarra allora indiscutibilmente non riuscita, visto che da quel cardine hanno preso avvio altri piani, un sistema di atti e anche di comportamenti. Oggi, come allora, ci sembra del tutto legittimo affermare che si tratta proprio di un piano, che questo è un piano; e lo è perché tra l'altro noi dobbiamo far mente, con tutta la modestia ma anche la debita memoria storica, al fatto che questo piano regionale è il primo tra le Regioni d'Italia ed è quindi la prima esperienza in materia di fronte ad una perdurante carenza e latitanza invece della pianificazione e della programmazione anche nel settore da parte dello Stato. Di fronte allo sforzo compiuto, credo che nessuno possa non rilevare la dignità e la novità di un'indicazione che ha i contenuti, le modalità, il valore e le conseguenze di un vero e proprio piano.
Insieme, signori Consiglieri, io credo che dobbiamo avere l'obiettività e la serietà di constatare che siamo in presenza di una grande svolta.
Facciamo mente al passato, e non tanto per cercare nel passato delle colpe o delle responsabilità che pure sarebbe facile a tutti ricordare, quanto per misurare la portata del cammino percorso ed apprezzare la qualità di un lavoro di lunga lena.
Sembrano considerazioni ovvie, non lo sono per tutti,però, vista la difficoltà che noi abbiamo in un momento grave come questo di esplicitare in termini di chiarezza, di certezze, di affidabilità, di trasparenza nelle scelte e nelle decisioni, il nostro stesso mandato politico, la nostra stessa funzione di forze politiche e di forze presenti nelle istituzioni.
Allora noi non possiamo dimenticare come nel passato molte opere e proprio su questo terreno, ricordiamolo, sono nate non tanto all'insegna dell'inutilità (su questo vorrei dire che potenzialmente quasi tutto è utile) quanto dell'anarchia organizzata del caso per caso e hanno risentito gravemente del fatto di non essere inserite in un piano che ponesse con la modestia, la precisione, l'attenzione e anche il rigore con cui si è cercato di improntare invece in questo piano le priorità; così abbiamo ereditato degli interventi (e lo rileviamo girando per le strade nelle varie zone) che seppure astrattamente non inutili, certo non sono prioritari, mentre magari lo sarebbero stati altri invece trascurati. E' una considerazione perfino elementare: ma ci sarà pure un perché al fatto che dobbiamo registrare oggi, 1980, che si arriva solo ora a tenerne conto nell'azione di Governo.
Volevo incominciare il mio intervento oggi, poi non l'ho fatto perch mi pareva tutto sommato che potesse essere un pochino frainteso, con un'elencazione di quelle opere che a mia conoscenza apparivano segnate da questa grossa contraddizione. Credo peraltro che ognuno riandando con la mente al passato si renda conto di come in fondo l'assenza di una programmazione e di strumenti di piano come quello che discutiamo rendesse quasi inevitabile accumulare errori e contraddizioni, sprechi e clientele.
Per questo dico che noi dobbiamo oggi ricordare anche queste cose per capire che oggi adottiamo un atto che rappresenta una svolta, un grande cambiamento.
Credo che partendo da questo noi dobbiamo anche renderci conto di come si è arrivati a questo piano. Non voglio qui ripercorrere solo le questioni di metodo che pure hanno una certa rilevanza e che sono pure state trattate e che nel dibattito politico hanno un peso e un valore. Io vorrei cercare di cogliere con la massima obiettività, senza nessun trionfalismo, perch non è certamente il caso, il valore emblematico di un modo interessante e nuovo di costruire le decisioni politiche. Noi abbiamo come fondamento di questo piano una massa di studi di grande serietà (il che non esclude che ci possono anche essere degli approfondimenti ancora da fare, degli errori dentro, delle valutazioni diverse) su cui dobbiamo attentamente riflettere perché anche questo, signori Consiglieri, è per me un grande salto di qualità. In questo tentativo di incorporare un po' di scienza dentro la politica sono convinto si sia compiuto un salto di qualità di grande rilievo, di valore non contingente. Ricordiamo tutti le ultime sedute di Commissione in cui insieme al Vicepresidente Bajardi venivano i tecnici credo che non sia stato inutile farli partecipare anche a quelle riunioni sia per l'apporto che davano, ma anche per farli correttamente partecipare ad una fase finale in cui le decisioni politiche venivano assunte su un lavoro a cui hanno dato così grande impegno in questi due anni. Studi e massa ingente di studi che comunque proprio perché fatti su tutto il territorio regionale, prendendo in esame tutte le variabili possibili, al di là degli approfondimenti e degli errori che possono ancora esistere rappresentano un salto di qualità perché, badate, niente è peggio che uno studio, sia pure approfondito su un piccolo settore, ignori tutto il resto.
Questo può condurre a degli errori; sotto la previsione di un approfondimento si tende in realtà ad escludere gli elementi di compatibilità, di priorità che invece solo uno studio approfondito, come questo, su un'intera gamma dei settori e delle forme di trasporto e della viabilità e del territorio ha portato.
Ricordo poi i convegni. Non credo sia accettabile, mi spiace non ci sia la signora Vaccarino, l'ironia sui convegni. A me pare invece un elemento nettamente positivo. Non possiamo più tenere al chiuso la politica; i convegni sono stati momento di apertura a forze sociali, a forze politiche hanno provocato un processo dialettico e critico, hanno permesso di mettere in moto altre forze. La signora Graglia Artico faceva riferimento a convegni di zona: io credo che quei convegni siano stati importanti intanto perché hanno rappresentato lo sforzo di sintesi e di partecipazione ad uno stadio dei lavori che ha permesso di imboccare una strada corretta.
C'è stato uno sforzo per riuscire a condurre a sintesi tutti gli elementi che sono apparsi nella comunità. Allora come non ricordare le due tornate comprensoriali, il Comitato regionale dei trasporti, cioè tutti momenti di partecipazione? Quando riflettiamo sulle accuse rivolte alle istituzioni di decidere "sulla testa della gente": io in questo caso mi sento la coscienza molto a posto, perché tutti gli sforzi sono stati fatti.
Vorrei ricordare al collega Colombino, che ha fatto un intervento polemico sulla questione di Pinerolo, sulla quale non intendo trattenermi in garbata polemica con i Consiglieri democristiani della zona perché la questione l'abbiamo confrontata in una seduta ad hoc, anche su quel problema ci è stata richiesta una riunione ad hoc. Così come in altri casi ricordo i Comprensori per la questione della ferrovia Casale - Asti, che hanno richiesto un'apposita riunione. Si è tenuto conto di un processo che abbiamo voluto creare con il coinvolgimento e il protagonismo di molti soggetti che abbiamo voluto trarre a sintesi sentendoli e cercando poi di mantenere a noi la responsabilità delle decisioni e delle scelte.
Badate che quando parlo di questo, parlo della questione delle risorse delle priorità, dei grandi problemi del Piemonte. Allora mi riallaccio alle ultime considerazioni.
Le scelte. Sono convinto che questo piano contenga in sé grandi elementi di scelta, proprio perché questi elementi di scelta sono espressioni di coerenza rispetto a decisioni che hanno improntato in larghissima massima il comportamento di questo governo regionale. Io credo che oggi possiamo trarre delle conclusioni positive, né autocritiche né di cambiamento da parte del nostro Partito, ma positive sullo stadio a cui siamo arrivati. Parlo innanzitutto dell'aspetto territoriale.
Non sono d'accordo con il Consigliere Picco sulla valutazione che non si siano fatti passi reali in avanti sul campo della programmazione e della pianificazione. Domani, nell'intervento sul bilancio, spiegherò meglio queste cose, abbiamo un appuntamento immediato, qui non voglio portare via più di altri cinque minuti. Certo che a me sembra che i passi compiuti non sono certo la fine del cammino, sono l'avvio di un cammino; sono stati passi reali, non cartacei, e passi impregnati fortemente di un segno di responsabilità, di scelta e di cambiamento e anche di novità che crediamo sia stata recata. Quando dico questo non lo dico per puro amore di definizione, ma lo dico perché conosco il livello non di approssimazione ma il livello di definizione che hanno, per esempio, gli schemi di piano territoriale. In questi schemi (cito Vercelli, Borgosesia, Pinerolo) il livello di definizione degli orientamenti presenti in loco, in coordinamento con le linee regionali, sono molto elevati e passano anche attraverso gli schieramenti delle forze politiche, cioè ricompongono in molti casi unitariamente le stesse forze politiche. Con la programmazione cambia il segno del comportamento delle forze politiche. Ragion di più per chiederla a tutti i livelli e con forza. Se mai il problema è quello di giungere a dare sanzione e recepimento a questi orientamenti e indicazioni territoriali dialetticamente cresciute nel rapporto Regione - Comprensori.
Non vorrei che generiche o a volte specifiche osservazioni sullo stato della pianificazione territoriale portassero in questo momento, visto il tempo che è preelettorale, a un disimpegno. Credo che le forze politiche dovranno misurare la loro capacità non tanto nel rimandare le scelte a livello comprensoriale o a livello regionale, ma quanto nel proporre le proprie sulla base di scelte le più oggettive, le più forti possibili.
Le scelte scontentano taluni, certamente, però, le scelte sono quelle che gli elettori, i cittadini chiedono a chi governa, alle forze politiche.
Il mio Gruppo ritiene si debbano compiere, al termine di un confronto il più ampio e democratico possibile, senza incertezze né diserzioni anche a due mesi dalle elezioni.
In altre parole, l'appuntamento è a gennaio e mi auguro che nel frattempo si faccia di tutto per arrivare anche alla deliberazione degli schemi e qui invito le forze politiche a non avere atteggiamenti diversi.
Io credo che questo sia da fare altrimenti la pianificazione territoriale non può essere opera di un demiurgo, né di un demiurgo collettivo, posto che noi avessimo la dignità di chiamarci tali qui in Consiglio regionale non può essere opera di uno o neanche di un ufficio studi, è frutto di ampia messe di studio, di rilevazione della realtà, ma poi di scelte e di decisioni che, con il nostro metodo che è stato il metodo di affidare un ruolo ai Comprensori, dobbiamo avere il coraggio di assumere.
In questo senso vantiamo le coerenze che abbiamo avuto (L'Ipra è una coerenza, la Vernante Pennitalia è stata una coerenza) perché non si può da un lato chiedere più programmazione e maggiore definizione della programmazione e poi, quando ci si trova ad un fatto concreto, specifico dire che la programmazione non è un mito, che la si può anche trascurare.
Credo anch'io che non sia un mito, ma certo è una regola, certo è una guida. In questo senso la coerenza dei comportamenti dovrà essere un metro di valutazione dei rapporti tra le forze politiche e delle forze politiche.
Il piano infine qualifica una nostra concezione attiva dello sviluppo.
Senza ideologismi, che in questo caso sarebbero deleteri, e senza nominalismi, noi rivendichiamo un nostro ruolo, una nostra proposta da confrontarsi con gli altri, quindi con tutti gli effetti che può avere ancora in un processo democratico; per una qualità diversa dello sviluppo per una diversa connotazione. Allora non sono sfumature, e qui mi pare che si siano dimenticate alcune cose, non sono sfumature il sud, il riequilibrio territoriale, la ferrovia, il recupero dell'esistente, lo sviluppo armonico ed integrato che tiene conto intanto con la stessa scala di valori delle popolazioni locali attraversate dall'arteria (ad esempio la Valle di Susa). Siamo preoccupati di qualsiasi soluzione che a somiglianza di quella adottata per la Ceva - Savona sia stata chiaramente una direzione unica per il punto di attestazione, il mare, trascurando completamente gli interessi del Cuneese. Parliamo dell'ambiente, parliamo di questi elementi che sono tratti dalla composizione dei valori culturali a cui grandi masse anche giovanili, ormai credono.
Tutti questi elementi non li possiamo sgombrare con faciloneria dicendo c'erano posizioni ideologiche di un partito o di qualche partito. Queste in qualche misura sono entrate a far parte del patrimonio attivo, di una cultura che oggi all'incontro con la crisi soffre di contraddizioni, ma io credo anche che chieda sbocchi positivi.
Allora mettere l'accento sulla questione dell'ambiente, partire da serie rilevazioni geologiche, avere attenzione ai problemi delle popolazioni locali vuol dire cambiare segno, dare corposità alla concezione di qualità diversa dello sviluppo, vuol dire, per essere molto più chiari essere molto meno certi, disinvolti o molto meno faciloni nell'individuare in una soluzione viaria immediatamente sic et simpliciter le conseguenze di sviluppo per tutti. Questo non é, lo dovremmo aver capito tutti.
All'avvocato Oberto posso dire che in questi cinque anni noi abbiamo indubbiamente imparato dalla dura realtà molte cose che, essendo stati relegati, ma non per volontà nostra, costantemente all'opposizione forse non potevamo neanche sapere.
Detto questo, siamo però consapevoli che la nostra azione ha contribuito ad introdurre grandi elementi di novità, garantendo un governo serio e coerente al Piemonte, nel battere con caparbietà la strada della programmazione in tutti i settori.
Ultimissima considerazione: rapporto tra piano e condizioni materiali della gente. E' un grandissimo capitolo. Quando facciamo i piani ho sempre la preoccupazione di pensare alle connessioni tra piano e condizioni della gente che soffre perché i trasporti sono inadeguati, perché non ci sono in una certa zona, perché i servizi sono carenti, mi chiedo: qual è poi l'incidenza degli atti che veniamo a compiere? Rinvio, solo come accenno, a tutta la partita del trasporto pubblico ed alle soluzioni proposte. Anche qui un invito a tutti per arrivare ai consorzi dei trasporti, che non sono la panacea, ma sono la via obbligata per governare questi processi, almeno nella maniera più riconoscibile e trasparente possibile. Penso ai pendolari, penso ai bus, penso alle merci.
Mi si lasci concludere con la Valle di Susa. Anche con la soluzione della Valle di Susa il termine di raffronto è stato le complessive condizioni materiali della gente a cominciare da chi riceverà nel suo territorio l'intervento. Questo è un parametro che non sempre è stato tenuto presente, anzi, se prendessimo un aereo e guardassimo in panoramica l'Italia, ci renderemmo conto che le strade (meno la Ceva - Savona), le autostrade, gli svincoli, i viadotti, i cavalcavia sono un bellissimo disegno sulla carta geografica, ma sotto scompaiono, si vedono molto piccoli gli uomini e quanto siano piccoli di fronte a queste decisioni lo sappiamo dalle distorsioni e dai fenomeni negativi che questo ha provocato.
Ciò non vuol dire non fare queste cose, vuol dire però farle tenendo conto innanzitutto di quei piccoli uomini che io credo debbano essere invece dai nostri interventi tenuti molto, ma molto presenti e molto, molto più che in passato.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa. Ha ora la parola l'Assessore Rivalta per la replica.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Mi sia consentita una prima riflessione che già altri dibattiti mi hanno sollecitato e che anche il dibattito di oggi mi sollecita. Quale è la ragione che spinge a giudizi così spesso schematici sulle elaborazioni in corso, come anche oggi è stato fatto? La ragione sta nel fatto che questi giudizi si rifanno a un concetto di pianificazione statico e astratto, in cui ogni problema, anche quelli di minor incidenza, di ogni singolo e vario settore, dovrebbe essere risolto contestualmente e immediatamente, e una volta per tutte, con la precisione dell'intervento progettuale, esecutivo.
In ragione di questo modello di pianificazione, dirigista e integralista, si arriva alla conclusione che le elaborazioni che, sulla base di orientamenti individuati, cercano per fasi successive di giungere a indicazioni sempre più complete e particolareggiate, a partire dai problemi di maggior portata, sono di nessun v al o re. Si disconosce, cioè, il carattere processuale e dinamico che è imposto alla pianificazione dalla stessa natura tecnica e politica dei problemi da affrontare, in particolare, in questo momento di avvio della pianificazione. Dietro a questa posizione concettuale, forse, si cela anche una nostalgia inconscia per una condizione di libertà di azione di ogni iniziativa e per ogni soggetto; una nostalgia per lo sviluppo spontaneo che è rimossa solo con il radicale richiamo ad una concezione di tipo giacobino, massimalista e dirigista della pianificazione.
Non stupisce, allora, se si giunge a dire che dal 1975 la pianificazione non ha fatto nessun passo avanti; non l'avrebbe fatto nel suo complesso, né con riferimento ai singoli settori in cui la pianificazione si esprime e si attua.
In particolare il collega Picco sottolinea che è nella pianificazione territoriale, in modo specifico, che non si sono fatti passi avanti. A parte il fatto che mi sarebbe facile rispondere che ciò è insostenibile poiché quel che si è fatto, pur nei suoi limiti, è comunque significativo e evidente, considerato che si tratta di un settore prima inesistente. E qui prima ancora di entrare in polemica sul merito della pianificazione sottolineo che alla fine del 1975 non esisteva nessuna base conoscitiva e nessuna impostazione metodologica di pianificazione territoriale: l'unico atto che siamo riusciti a compiere nella passata legislatura, atto che peraltro considero di valore, per i contenuti che esprimeva, e anche per il fatto che è stato il risultato di un rapporto nuovo e collaborativo che con il nostro gruppo di opposizione si era stabilito nell'ultimo anno e mezzo circa di amministrazione, è stato quello riguardante primi orientamenti e indicazioni, soprattutto di natura socio-economica, per la pianificazione territoriale del Comprensorio di Torino.
Quindi quando si dice che non si sono fatti passi avanti si deve avere almeno la coscienza che all'inizio di questa legislatura il punto di partenza era quello. Al di là delle ragioni oggettive che pur esistono quella situazione non può essere imputata al modo con cui la Regione è stata governata per i tre anni e mezzo precedenti, da chi di pianificazione regionale proprio non ne aveva voluto sentire parlare, perché legato ai centri di decisione e di potere esterni alla Regione. Riferendomi al Presidente della Giunta di allora, dott. Calleri, è facile l'identificazione dei centri di decisione e di potere a cui mi riferisco.
Pertanto, nella passata legislatura, l'unico atto di pianificazione è stato quello compiuto nell'anno e mezzo nel quale l'Amministrazione fu retta dal Presidente Oberto. Si giunse, attraverso ad una fattiva collaborazione, a un documento che, come ho detto, considero di valore, più ancora che come elaborazione tecnica, come pronunciamento politico.
Ebbene, dico che da quel documento ad oggi si è andati significativamente avanti; si può discutere sul merito, questo mi sembra che sia legittimo, ma contesto, in primo luogo proprio per il livello da cui siamo partiti, che si possa invece sostenere che passi avanti non se ne sono compiuti. Ho l'impressione, collega Picco, che quando pensi alla pianificazione territoriale, tu compia un errore di impostazione; un errore concettuale riguardante i contenuti di questo livello di pianificazione per cui, partendo dall'esperienza dei piani regolatori comunali, imputi alla pianificazione territoriale il compito di definire in modo particolareggiato e puntuale le destinazioni d'uso del suolo, quasi essa debba presentarsi come un super piano comunale. Io non penso che la pianificazione territoriale possa essere così intesa. Cercherò di spiegare quali sono i compiti della pianificazione territoriale, secondo la concezione a cui abbiamo ispirato il nostro lavoro, attraverso le esperienze di elaborazione condotte e già presentate per la discussione alla Commissione. Voglio intanto qui dire che, mentre si è denunciata una nostra presunta intenzione di non informare e discutere, in qualche caso come per l'elaborazione dell'Assessorato per lo schema di piano territoriale del Comprensorio di Torino, presentato nel giugno del 1976 non si è voluto neanche aprire la discussione.
Attraverso queste esperienze appare come si sia proceduto a definire una metodologia e come si siano attuati interventi concreti di pianificazione territoriale. Lo stato della pianificazione è rappresentato oggi dalla formazione, da parte dei Comprensori, degli schemi di piano territoriale, che auspico abbiano una rapida conclusione. Si eviti, con impegno di tutti, il rischio che denunciava Bontempi, cioé la possibilità di impedire, per disimpegno politico, la conclusione di questa fase di elaborazione. La formazione degli schemi di piano territoriale va considerata un fatto positivo da guardare non solo con soddisfazione ma anche con ottimismo verso il futuro, poiché questi schemi individuano effettivamente una serie specifica di punti prioritari di intervento, e inquadrano un sistema di progetti da realizzare e da attuare, riguardanti le variabili principali dell'organizzazione territoriale. Uno schema di piano territoriale che non postula solo dei principi e dei vincoli, ma che giunge appunto alla definizione delle entità progettuali che sono prioritariamente necessarie e determinanti per la sua attuazione.
E' un risultato molto importante - questo il mio giudizio politico soprattutto perché si tratta di una elaborazione che deriva dal tentativo riuscito di far applicare una metodologia di pianificazione che, da un lato, utilizza le tecniche e gli strumenti scientifici al livello che ci è oggi possibile stante le conoscenze e le accumulazioni culturali di cui disponiamo, e, dall'altro lato, si fonda su processi di decisione di carattere democratico e partecipativo. E' questa una strada che abbiamo scelto all'interno del Consiglio regionale. E' una strada anche più lunga di quella tradizionale e tecnocratica del piano elaborato a tavolino e proposto, ad elaborazione compiuta, alla comunità. Abbiamo scartato che il metodo potesse essere quest'ultimo. Abbiamo scelto di procedere facendo interagire una elaborazione tecnica con un processo di discussione e di partecipazione continua della comunità. Questo processo partecipativo non è ancora completo: la comunità ha difficoltà oggettive a partecipare; non sempre gli organismi di partecipazione, dai comitati comprensoriali ai vari altri organismi sociali e culturali che si sono realizzati in questi anni riescono, anche per limiti soggettivi, a rispondere a questo impegno di partecipazione.
E' comunque vero, e reale, che non 60 Consiglieri regionali, non pochi tecnici nel chiuso del loro studio, ma centinaia e migliaia di persone ciascuna rappresentativa di comunità e di categorie e forze sociali ed economiche, sono state chiamate a partecipare, a dire la loro, in un processo di elaborazione e di definizione non solo di orientamenti, ma di indicazioni precise di pianificazione.
L'ottimismo che ne deriva non e soltanto determinato dalla volontà e dall'impegno, ma deriva da una ragionata valutazione del lavoro compiuto e dei primi risultati ottenuti. Potevamo anche essere pessimisti quando abbiamo imboccato questa strada; potevamo avere dubbi che si sarebbe retto rispetto alla scelta di far lavorare i Comprensori, poteva fondatamente contrapporsi un atteggiamento più efficientista, orientato a delegare a tecnici le elaborazioni dei piani territoriali. Ma i fatti danno merito alla strada scelta.
Ecco quindi la ragione di questo ottimismo. Non si può, perciò, dire che non si è fatto nulla. Si può anche considerare che i tempi sono stati più lunghi di quanto avremmo voluto. Ciò è dipeso anche dai tempi della discussione condotta per accordarci sul metodo e sugli orientamenti. Si è cercato il consenso, il più largo possibile, sul modo di procedere, e se sotto questo profilo, possiamo aver inizialmente assunto atteggiamenti diversi, è però un fatto che infine si è unitariamente deciso di procedere alla pianificazione territoriale formando un quadro regionale attraverso ai piani comprensoriali, e si è unanimemente deciso che questi dovessero essere elaborati dai Comprensori attraverso successive fasi, dalle delibere programmatiche, agli schemi, ai piani definitivi.
Detto questo, l'altra considerazione, ancora di carattere generale, che voglio fare è quella che si riferisce all'obiezione sollevata in particolare dal Consigliere Oberto nel suo intervento: gli obiettivi di questo piano sono chiari, ma ripercorrono strade vecchie. Certo, il processo di pianificazione avviato, dal piano regionale di sviluppo, agli schemi di piano territoriale, al piano dei trasporti, ai documenti di piano che sui vari problemi settoriali si sono prodotti, agli interventi concreti che sono stati effettuati, definisce e persegue in maniera sempre più specifica e particolareggiata l'obiettivo del riequilibrio regionale, che è finalità non nuova dal momento che è sancita sin dallo Statuto. Va per detto che per anni questa finalità è stata completamente disattesa. E se l'attuazione di questo processo è faticoso ed esistono delle contrapposizioni e contraddizioni, ciò è dovuto al fatto che esso è nuovo e si pone in alternativa al processo che ha retto lo sviluppo nel passato.
Porsi operativamente la finalità del riequilibrio regionale, in un contesto reso più complesso dall'impegno a sostenere la soluzione nazionale del problema del riequilibrio e dello sviluppo, vuol dire cercare di far avanzare processi del tutto diversi da quelli del passato: nessuno potrà disconoscere che dagli anni '50 alla metà degli anni '70 lo sviluppo è stato fortemente caratterizzato da processi di squilibrio, di concentrazione nel nord, in particolare nell'area torinese, e di degrado rarefazione e abbandono nel Sud e nel resto del Piemonte.
Questi processi di concentrazione e di squilibrio hanno messo profonde radici, sia politiche sia economiche. Radici ancora resistenti e vitali poiché questi processi non erano al termine di un ciclo, ma operavano prefigurando una loro prosecuzione; per questo ci si trova in forti contraddizioni nel momento in cui si intende realmente, non solo a livello di elaborazione di piani, ma operativamente a livello di interventi specifici, orientare su un'altra direttrice le dinamiche economiche sociali e culturali in atto.
Vengo qui, in modo specifico, alla questione, sollevata dal Consigliere Oberto, relativa alle vecchie politiche e agli orientamenti che noi avremmo accettato e che attueremo. Certo, ci si trova negli stessi piani finalizzati al riequilibrio regionale, negli stessi programmi di intervento che perseguono questo dibattito, ci si trova spesso a dover riprendere ed accogliere, come vincoli contraddittori, appunto la continuazione di processi avviati nel passato, che pur avendo potenzialità di squilibrio non possono essere fermati e tranciati di colpo: con molto realismo, per le loro profonde radici economiche e sociali, è giocoforza prenderli in considerazione. Non si tratta pertanto di una convalida e di un'accettazione del passato, né di una nostra ambiguità tra principi e pratica operativa, quanto piuttosto dell'esigenza di rendere conclusi i processi avviati e non più controvertibili. Sotto questo profilo, nei documenti di piano possono emergere delle possibili contraddizioni tra finalità e indicazioni degli interventi da compiere. Cito il caso del Frejus: è certo che l'aver, nel passato, incominciato e portato a fase molto avanzata il traforo, impone ora di accogliere una serie di interventi, quali quelli della viabilità e delle attrezzature conseguenti che in qualche non piccola misura si pongono in contraddizione con la politica di riequilibrio nazionale e regionale. La costruzione di una strada funzionale nella Valle di Susa, e nell'area torinese o sull'asta valliva della Val di Susa di una serie di infrastrutture di servizio alla mobilità che si ingenera, è chiaro che provoca un ' ulteriore concentrazione di investimenti nell'area torinese, contraddittoria con il principio generale del riequilibrio. Consigliere Oberto, nel lavoro che stiamo facendo e che abbiamo fatto in questi anni deve essere colta la sostanza fondamentale e innovativa: l'avvio e la riuscita di una politica di riequilibrio, resa tanto più significativa e meritoria dal fatto che contemporaneamente abbiamo dovuto recuperare alcune situazioni già impostate nel passato, improntate verso altra e opposta finalità.
Sono stati sollevati alcuni problemi specifici. Ne colgo alcuni rimandando altri al prosieguo della discussione che ci sarà in altre occasioni. In particolare, si è detto che manca nell'area torinese una politica riguardante la ristrutturazione dell'intera conurbazione: si interverrebbe attraverso i trasporti su problemi e aspetti specifici, non collocando questi interventi in una politica complessiva di riorganizzazione dell'area torinese. Se si ricerca un disegno preciso definitivo e compiuto della ristrutturazione della conurbazione torinese allora può anche essere detto che ciò è vero. Ma se si intende la pianificazione come un processo di iterazione fra livelli diversi di piano fra piani generali e piani settoriali, fra le elaborazioni di piano e le verifiche che derivano dagli interventi concreti di realizzazione delle indicazioni dei piani stessi, allora quell'affermazione non ha fondamento.
Lo stesso appunto che in questo senso ha fatto il Consigliere Calsolaro mi sembra che non debba e non possa essere accolto. Per la riorganizzazione della conurbazione torinese esiste un orientamento preciso e definito, che è quello di allentare la pressione e la concentrazione sul centro storico di contenere lo sviluppo complessivo della conurbazione torinese, di distribuire lo sviluppo che ancora in essa deve essere ammesso in funzione di riequilibrio interno alla conurbazione e al tempo stesso di sua ristrutturazione. In questa chiave si collocano lo spostamento, già deciso di uffici direzionali da Torino alla zona ovest: uffici privati e uffici pubblici (nel piano regolatore particolareggiato di Collegno sono previsti 400 mila metri cubi di edificato per edifici pubblici, ma altri spostamenti e insediamenti di uffici pubblici, a parere mio, devono riguardare gli ospedali psichiatrici: l'ex Ospedale di Collegno che prossimamente sarà vuoto e sarà disponibile per una politica di riutilizzo delle infrastrutture esistenti, coincide in questo caso con l'esigenza di ridistribuzione e di riequilibrio interno alla conurbazione, operazione per altro già attuata con l'ex Ospedale di Grugliasco). La zona ovest pu svolgere una funzione specifica per nuove interrelazioni non soltanto nei confronti della conurbazione torinese, ma dell'intero Comprensorio e della Regione. Nei confronti della conurbazione torinese, al fine di decongestionare l'area centrale e creare nuove condizioni di accessibilità alle funzioni terziarie superiori: ciò può essere valutato se si considerano gli attuali tempi di spostamento per il centro dalle consistenti periferie. Queste si sono sviluppate intensamente lungo le direttrici per Milano e Genova, tanto da far assumere a questa parte della conurbazione la configurazione di un dispersivo organismo lineare. La conurbazione non deve più estendersi su queste direttrici, ed ha bisogno oggi di una ristrutturazione, di una ricomposizione in direzione della zona ovest. Questa zona ha potenzialità di facili interrelazioni con l'intera conurbazione, con l'intero Comprensorio e con l'intera Regione. Su di essa possono convergere i due archi della pedemontana; su di essa convergono attraverso l'anello tangenziale, le autostrade; attraverso ad essa sono ancora possibili gli attraversamenti e i collegamenti dalla zona a nord di Torino alla zona sud di Torino, in parte già realizzati dalla tangenziale in parte realizzabili attraverso il miglioramento e il completamento della viabilità locale (ad esempio, C.so Marche). Sono questi i tratti di un disegno della conurbazione torinese che non abbiamo mai nascosto (si veda il lavoro dell'Assessorato del giugno '76); di un disegno che mentre è progressivamente verificato e definito nelle elaborazioni di piano (schema di piano territoriale, piani urbanistici di Torino e Collegno), è contemporaneamente avviato all'attuazione attraverso specifici interventi.
Un disegno esiste. E' un disegno sul quale si colloca anche la ristrutturazione che è presentata nel piano regionale dei trasporti: quella viaria, nonché quella dei servizi di mobilità su ferro, sia quelli della Ferrovia dello Stato, sia quelli delle aziende locali (vedi metropolitana leggera).
Non è altresì vero, ma credo potrà dirlo meglio Bajardi - lo richiamo qui proprio perché rientra in questo discorso - che si sia scelto il quadruplicamento della ferrovia sull'asse attuale senza aver valutato le altre possibilità alternative. Sono state studiate tre diverse soluzioni una delle quali è costituita appunto dal quadruplicamento sull'asse esistente. Questi studi hanno portato alla conclusione che l'unica soluzione possibile, sotto il profilo pratico, funzionale ed economico peraltro la soluzione che anche le Ferrovie dello Stato sostengono come la più opportuna, è quella del quadruplicamento sull'attuale asse ferroviario.
Si tratta ora di realizzare l'integrazione fra questo asse ferroviario e il restante sistema di mobilità privato e pubblico della conurbazione torinese: questo problema è già stato assunto dallo schema di piano territoriale; questo è il tema di uno specifico progetto, che, a partire da questi orientamenti, dovrà essere elaborato e definito in tutti i suoi particolari.
Rispetto al problema del disagio che si provocherà nelle comunicazioni viarie interne alla conurbazione al momento della realizzazione di questo quadruplicamento, richiamo la funzione di comunicazione alternativa e di alleggerimento che potranno svolgere le infrastrutture viarie che sono previste nella zona ovest, se tempestivamente realizzate. Nel momento in cui si inizierà il quadruplicamento della ferrovia, si porranno problemi seri di attraversamento da nord a sud della città di Torino, poiché proprio lungo questi assi ci sono le strade oggi più utilizzate. Ma proprio la ristrutturazione della zona ovest, e la costruzione del Corso Marche e l'allacciamento delle pedemontane sulla tangenziale, consentirà di spostare consistenti aliquote di mobilità di attraversamento al di fuori della città di Torino. Ciò farà compiere immediatamente alla zona ovest il ruolo assegnatogli e consentirà di dar luogo a quella operazione di adeguamento delle Ferrovie dello Stato che è prevista nel piano dei trasporti. Vorrei dire che quindi ci sono, all'interno delle indicazioni territoriali e a quelle di questo piano dei trasporti, le condizioni per integrare e coordinare l'attuazione dei vari interventi. Un piano non cieco quindi, ma un piano che ha prefigurato i problemi e le fasi di attuazione individuandone le possibilità di composizione e di soluzione. Non c'é il tempo perché io possa dilungarmi sulle altre questioni. Le sintetizzo nella replica.
Il collega Picco ha sottolineato il fatto che non ci sono state analisi sufficienti sul ruolo che la viabilità pedemontana, la viabilità collinare l'asse nord-sud possono avere nel promuovere il riequilibrio. Devono essere ancora compiute delle verifiche, ma queste non possono che affrontare problemi di scala particolareggiata rispetto all'impostazione di carattere generale.
L'impostazione di carattere generale che è suffragata dagli orientamenti del piano di sviluppo e di pianificazione territoriale, e la finalità del riequilibrio, non possono essere contraddette dalle successive specificazioni. Queste possono individuare i modi alternativi di realizzare gli orientamenti e gli obiettivi generali di questo piano.
Se mettessimo in dubbio la funzione di riequilibrio che, insieme ad altre politiche, devono svolgere l'asse nord-sud, la pedemontana viaria e ferroviaria, la viabilità delle zone collinari da Cuneo a Casale, con l'articolata e integrata viabilità minore che è individuata nel piano dei trasporti, allora metteremo davvero in discussione la politica di riequilibrio regionale; accetteremo veramente di tornare indietro ai processi di concentrazione di risorse e investimenti, anche per la mobilità, nell'area torinese. Vorrebbe dire mettere in dubbio la scelta del riequilibrio e abbandonare quelle aree ai processi di degrado di cui sono state già oggetto nel passato, e che certamente si incrementerebbero se non portassimo attenzione ad esse anche attraverso le scelte del piano dei trasporti.
Pensate, ad esempio, che Casale continua a perdere popolazione, come pure tutte le fasce pedemontane e vallive e le zone collinari. S'impone l'affermazione della coerenza fra gli orientamenti del piano di sviluppo e della politica territoriale, volti al riequilibrio regionale, e il piano dei trasporti che è strumentale a questa politica. E questa scelta di coerenza è stata compiuta.
Dalla sola radialità verso Torino, con la quale nel passato sono stati affrontati i problemi viari e di mobilità, deve essere riconosciuto che siamo oggi in presenza di un piano dei trasporti che ponendosi l'obiettivo di conseguire politiche di riequilibrio, oltre alle sistemazioni funzionali inderogabili e necessarie sul sistema radiale, propone con forza una schema di mobilità pedemontana, collinare e nord-sud, esterna e periferica rispetto a Torino.
Un'altra osservazione riguardava i problemi del rapporto Piemonte Liguria e Piemonte oltre frontiera, in particolare con la Francia. Gli orientamenti di politica territoriale sino ad ora affrontati non disconoscono questa esigenza, tuttavia si deve convenire che abbiamo bisogno di affrontare meglio questi problemi. Non possiamo stare alla finestra nel momento in cui in Francia si potenzia l'asse del Rodano e si potenziano i centri marittimi che stanno alle sue foci, e, ancor più vicino a noi, la città di Nizza. Così come non possiamo essere disattenti nel momento in cui una politica di infrastrutturazione si sta realizzando lungo tutta l'asta del Danubio, politica che lega Paesi socialisti e Paesi dell'Europa occidentale. Certo dobbiamo prendere in considerazione le conseguenze e le prospettive che questo comporta. Tuttavia dobbiamo essere cauti; la nostra politica di piano deve avere attenzione a questi problemi ma non deve piegarsi ad essere loro strumento. Dobbiamo essere cauti, nel senso che una non controllata adesione alle politiche che si attuano al di là delle Alpi, può portarci al rischio di promuovere ancora una concentrazione di attività e risorse al nord e di abbandono del sud.
Dobbiamo quindi richiamare l'attenzione su di esse nell'ambito di una politica nazionale che assuma lo sviluppo del sud come problema prioritario, e nell'ambito anche di una politica europea che tenga conto nella sua complessità, dei problemi di sviluppo che si pongono nelle aree del bacino europeo del Mediterraneo.
Il piano dei trasporti, gli schemi di piano territoriale che sono in formazione, non sono affatto preclusi a raccogliere quanto di positivo, e commisurato alle esigenze di una politica di riequilibrio nazionale, pu provenire dagli sviluppi che si stanno promuovendo oltre Alpi. Sono aperti a recepire quegli stimoli; ci stiamo però muovendo con cautela perch prioritaria, per noi, è la definizione del rapporto Piemonte-sud d'Italia.
Per quanto poi riguarda il rapporto con la Liguria devo dire che sulle indicazioni di viabilità E di comunicazione contenute negli orientamenti territoriali dei Comprensori di Alessandria, di Mondovì e di Cuneo non esistono preclusioni alcune ad un rapporto con la Liguria. Di fatto E non mi dilungo, permettetemi la sinteticità di un solo accenno - è però aperta la discussione sul ricupero dei porti liguri, e più in generale sulla prospettiva di sviluppo dell'intero sistema dei porti nazionali.
La nostra politica tende a recepire dalla Liguria quanto di sviluppo deve essere decentrato al di qua dell'Appennino e delle Alpi in conseguenza del necessario rilancio dei porti nazionali; ma non può certo anticipare soluzioni che devono ancora essere decise e commisurate. Come ho già detto nella relazione, nel rapporto con i porti liguri la cautela si impone anche perché, se da un lato si vuole recepire quanto di positivo può essere indotto dallo sviluppo dell'attività portuale nelle aree meridionali del Piemonte, d'altra parte, riteniamo che ciò debba avvenire senza stravolgere le condizioni ambientali, sociali ed economiche dell'entroterra.
Concludendo, riprendo una domanda posta dal Consigliere Oberto: il piano contiene solo linee di orientamento? Ritengo la domanda impropria rispetto alla nostra concezione che vede i documenti di piano, la loro elaborazione, il loro aggiornamento inseriti in un processo di continua iterazione tra livelli diversi di piano, tra settori diversi, tra programmi di intervento progettuale e operativo. Mi sembra che si possa dire che sono presenti nella pianificazione territoriale e nel piano dei trasporti alcune linee strategiche, definite con precisione che vanno ben al di là del semplice orientamento. Richiamo qui il fatto che la pianificazione territoriale, oltre all'indicazione dei poli di sviluppo su cui deve fondarsi la costituzione e la diffusione di un articolato sistema urbano fornisce indicazioni precise di localizzazione industriale, di salvaguardia di aree agricole, di aree sottoposte a rischi idrogeologici, di aree ambientali (tra cui i parchi) da tutelare e valorizzare. Ci sono quindi le indicazioni fondamentali, e non solo gli orientamenti, di una politica territoriale.
Il piano dei trasporti fa riferimento a queste indicazioni, e a sua volta costituisce un insieme di indicazioni strategiche coordinate attraverso le quali la Regione interloquisce con i vari organi, di Stato e locali, che devono intervenire nella politica dei trasporti. Indicazioni precise, rispetto alle quali la Regione deve definire i propri interventi legislativi e amministrativi, necessari per dare attuazione al piano.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

Ha ora la parola l'Assessore Bajardi per la seconda replica.



BAJARDI Sante, Assessore ai trasporti

Devo innanzitutto esprimere il ringraziamento a quanti sono intervenuti per l'attenzione a questa materia, ovviamente in termini maggiori al Gruppo della D.C., che ha partecipato più ampiamente al dibattito ma anche a tutti gli altri Partiti che non hanno lasciato passare questa occasione per dare un contributo alle questioni che sono state poste.
Debbo anch'io rilevare che il concreto momento nel quale avviene il dibattito sulla fase conclusiva del piano dei trasporti è il meno indicato dal punto di vista dell'assunzione di posizioni più libere, più autonome.
Sappiamo benissimo che possono crescere sia da parte della maggioranza che da parte della minoranza atteggiamenti con venature che guardano al futuro elettorale. Ma credo che il pronunciamento di astensione espresso dalla più parte di quanti non voteranno il documento esprime una nostra capacità complessiva di guardare con oggettività le questioni che sono state poste di esprimere senso di responsabilità nell'approccio a queste materie, senso di responsabilità da intendere essenzialmente nella consapevolezza della difficoltà di prospettare delle soluzioni garantendo alla collettività che queste soluzioni potranno tradursi in atti concreti, al di là degli elementi di difficoltà nello studio e nell'approfondimento dei problemi.
Siamo coscienti che le sedi decisionali per una gran parte di queste questioni sono esterne alla nostra e quindi la nostra azione, la presenza di certi capitoli nella nostra proposta di piano contiene molti aspetti che esprimono una volontà politica. C'è maggiore attendibilità ad esempio per quelle parti che si riferiscono alle Ferrovie dello Stato; diamo atto di un fecondo lavoro portato avanti da quattro anni e che fa sì che le nostre proposte coincidano in larga parte con una proposta che è venuta avanti a livello ministeriale e dall'azienda delle FF.SS., e come tale quindi ha il massimo di attendibilità e di realizzazione.
Profondamente diversi sono invece i rapporti con L'Anas. Non so su quali elementi il collega Oberto fondava una valutazione di peggioramento nei rapporti con L'Anas. Non sono di questa opinione e stamane, nel rispondere a una interrogazione, ho detto che i nostri rapporti con L'Anas sono migliorati, ma non lo sono ancora al punto tale come dovrebbero essere. Manca la volontà a livello degli organi centrali, o è mancata fino ad oggi la volontà, di procedere sulla base della programmazione. Un anno fa si era discusso in termini di piano poliennale dell'ANAS, tutte queste questioni sono state accantonate e si è operato con tranches, quella triennale e adesso con una ipotesi di lavorare assieme per elaborare una proposta che raggruppi due prossimi trienni. Se le cose matureranno in questa direzione avranno ipotesi di copertura finanziaria come vi sono per le proposte delle FF.SS., e certo che i nostri ragionamenti si caricheranno di maggiori attendibilità al di là degli aspetti inevitabili che qualsiasi piano deve contenere in termini di flessibilità e di aderenza al mutamento di tutta una serie di questioni.
Dal dibattito sono venuti apprezzamenti che riflettono un giudizio positivo sul lavoro svolto. Intendo evidenziare che per quanto riguarda una serie di aspetti essi hanno fondamento su altri atti già compiuti dal Consiglio regionale, e quindi consolida questi punti. Ci si riferisce ai già richiamati punti del piano delle FF.SS., e i due ordini del giorno approvati poco tempo fa in ordine alla politica dei centri merci, già tradotta in proposta di legge presentata al Consiglio e per quanto la grande viabilità, il capitolo delle autolinee per le quali abbiamo approvato la legge finanziaria e tanti aspetti connessi al piano autobus.
Vi sono stati anche degli apprezzamenti più espliciti quali quelli del collega Martini. Farò solo questo riferimento che mi permette di fare anche una considerazione. L'apprezzamento personale nei confronti del sottoscritto di non aver operato con schemi o prevenzioni precostituite lo voglio estendere agli altri aspetti della nostra politica, non solo per quanto riguarda l'esempio della proposta di traforo al Ciriegia Mercantour.
Sarei molto grato a qualsiasi collega qui presente che riuscisse a documentarmi con dati di fatto inoppugnabili che il sottoscritto ha agito su qualsiasi aspetto della vita dell'Amministrazione regionale con prevenzione, con visioni ideologiche e con atteggiamenti personali rispetto ai problemi. In ogni caso, se talvolta qualche atto fosse stato compiuto in questa direzione, vorrei rassicurare i colleghi che, al di là di quelle che possono essere le valutazioni personali, l'atteggiamento dell'Amministrazione, dell'Assessorato e del sottoscritto, tende ad assumere come unico punto di riferimento il processo di ricerca e delle decisioni politiche che nelle sedi varie vengono assunte e che sono il risultato di un processo complesso che vede la partecipazione di tutte le idee in un confronto leale e franco.
Sono venute anche critiche severe. Per quelle che potevano esserci fatte pervenire prima, non posso che rammaricarmi che ciò non sia avvenuto.
Non mancherà occasione assolutamente di volerle seriamente considerare.
Mi riferisco in particolare a quella osservazione contenuta nell'intervento di Genovese il quale ci proponeva di ragionare in termini di pedemontana come saldatura pedecollinare. Certamente, lo riconosce anche lui, che è un discorso che va cucito più sul ragionamento che non sulle opere che in effetti sono presenti già in quella direzione in parte rilevante. Possono essere meglio sistemate con una maggiore organicità in un discorso che, non ho nessun imbarazzo ad ammettere, si presenta in modo più completo, più ragionato essendo una risposta globale di collegamenti della nostra Regione, nelle zone in cui i collegamenti sono più difficili perché si affrontano i problemi delle zone alpine e delle zone collinari, dove il rapporto Svizzera, Francia e Liguria sono nello stesso tempo problemi internazionali strettamente connessi ad elementi di politiche territoriali.
Per alcune altre osservazioni si pone il problema di alcune informazioni in ordine a questioni poste dai colleghi Martini, Castagnone Vaccarino e che si riferiscono alla stesura del piano che è stata distribuita l'altra settimana. Su questo pesano aspetti da non sottovalutare su cui più di un collega è intervenuto mettendo, con delle considerazioni critiche all'ordine del giorno il problema della massa dei materiali, delle iniziative che vengono assunte. Una parte di queste questioni erano già state affrontate con innovazioni e modificazioni. Colgo l'occasione per dire che ho passato alla Presidenza due modifiche; una è molto banale, a pag. 49 si rimedia ad un errore materiale; l'altra, a pag.
53, riguarda la strada statale 582 del San Bernardino nella parte finale erano già state avanzate proposte di ragionamento integrativo che coincidono in parte con problemi sollevati stamane dal collega Martini, ma che alla luce del suo intervento si è accertato che non erano state introdotte ancora, anche se erano già state individuate.
Al termine della mia relazione avevo informato il Consiglio su una serie di aspetti che sono stati spunto per vari interventi nella discussione. Avevo riconosciuto che si doveva attendere la fase finale degli studi, non perché essi fossero indispensabili alla presentazione di una proposta di piano, formulati con la mentalità degli anni '70 e non con la mentalità degli anni '60 (ho a mente il progetto 80 inteso come elencazione puntuale di tutti i problemi). E' fuori di dubbio che da questi studi i cui risultati, man mano che saranno raggiunti, saranno presentati al Consiglio, e su alcuni di questi, quelli delle comunicazioni internazionali avremo un appuntamento verso il mese di marzo o di aprile.
Gli studi saranno presentati definitivamente a fine anno e chi ci sarà in quel momento trarrà indicazioni e conseguenti comportamenti.
Più volte è stato richiamato il ritardo su questa materia, figuriamoci! Tutti siamo in ritardo, sempre, forse c'è una dose di ottimismo quando ci poniamo delle date per raggiungere certi risultati. Colgo in questo senso il rilievo che forse poteva essere presentato tutto prima. Ripercorrendo telegraficamente un fatto, vorrei dire che noi abbiamo deciso queste questioni in conseguenza della legge-quadro approvata nel 1977 che formulava i contenuti del piano regionale e dei piani comprensoriali. In ragione di ciò ci siamo subito presentati con la conferenza introduttiva nel mese di giugno 1977 con proposte e di fatto nel giugno 1978 abbiamo concluso la fase di stesura attraverso i convegni e i documenti. A marzo di quest'anno approdiamo con la presentazione della bozza di deliberazione.
Prendo atto che abbiamo impiegato sette, otto mesi di discussione dalla presentazione del documento della Giunta a marzo fino ad oggi. Credo ci siano tempi tecnici e tempi politici che hanno permesso di ottenere un risultato importante che ci colloca in una direzione importante.
Credo di dover sottolineare ancora il carattere del nostro lavoro, non tanto come piano processo (cosa che intendo riaffermare), quindi con piena disponibilità politica ad operare le opportune integrazioni man mano che ci verranno suggerite da fatti successivi. Voglio dire che ci siamo ampiamente avvalsi di tutto quanto poteva essere fatto da parte dell'Ires e solo in ragione di quello che l'Ires non poteva fare, ci siamo avvalsi di altri Istituti non rompendo nemmeno la continuità delle committente che la Giunta precedente aveva dato a Istituti privati di ricerca.
C'è stato un ampio coinvolgimento in questi lavori dell'Assessorato e dei funzionari dell'Amministrazione regionale e ciò per due ragioni: per una corretta valorizzazione e per creare gli uomini che domani dovranno gestire il piano. Chi avrà partecipato alla elaborazione del piano, meglio di ogni altro sarà in grado di poterlo realizzare al di là della volontà politica, che resta una indicazione, ma che necessita di braccia tecniche che la realizzino.
A gennaio, dopo l'approvazione dei documenti da parte dei CO.RE.CO.
avremo, credo, una dozzina di Consorzi di delega costituiti: avremo quella struttura periferica costruita con la volontà e con gli uomini dell'Amministrazione comunale che ci permetterà di compiere un lavoro su quella parte del piano sulla quale non ci sono stati dei dissensi. Per quanto riguarda la materia che comporta rapporti nostri con altri Enti (il ragionamento di proposizione agli altri, ANAS, FF.SS.) vi sono stati notevoli elementi di differenziazione. Per quanto riguarda invece gli elementi di nostra competenza, per i quali la nostra iniziativa politica si salda al momento gestionale, ci sono gli elenchi degli atti amministrativi che abbiamo compiuto. Così è anche per alcuni aspetti, ad esempio la trattazione delle merci, che sono di nostra competenza, ma dato che nessun livello dello Stato è presente su questo, ci lasciano fare senza nessuna discussione. Anche su questo mi è parso di registrare una notevole identità e convergenza. Non ho rilevato sostanziali dissensi se non elementi marginali.
E' in ragione di tutte queste questioni che mi posso permettere di dire che complessivamente abbiamo lavorato, studiato e oggi presentiamo alla comunità regionale una proposta che, seppure non riesce ad avere l'assenso unanime in termini di voto, ha una base sulla quale potremo ragionare negli altri livelli per poter tenerne conto.
Credo di dover sottolineare un atteggiamento politico e culturale. Un lavoro nostro creativo impregnato della profonda consapevolezza di operare in esso con modestia. E' stato detto che vi è la necessità di guardare a queste questioni con modestia, il che non esclude che si possa giustamente essere orgogliosi del lavoro compiuto. Non c'è contraddizione nell'orgoglio del lavoro compiuto e nella modestia degli atteggiamenti che conseguono a questa valutazione, modestia nel senso che io ritengo che tramite una difesa dinamica, non statica, di quanto abbiamo compiuto si debba andare con la piena disponibilità al confronto e alle modifiche. Ma proprio per andare al confronto e alle modifiche, dobbiamo assumerci la responsabilità di scegliere e di decidere.
Non sbagliamo oggi se manterremo al carattere della proposta il carattere di piano regionale dei trasporti a cui sono anche da aggiungere gli studi che sono stati sollecitati. Ho un elenco dei problemi da aggiungere che sono stati sottoposti e che non ho imbarazzo ad accogliere nella globalità, ma ritornandoci sopra nell'articolazione e nella esplicitazione per unirvi tutto quanto ci perverrà dai Comprensori.
Questo discorso del rapporto con i Comprensori cresce non casualmente.
E' una situazione tenacemente e consapevolmente perseguita perché, in ragione del richiamato ritardo e dei tempi politici nell'approvazione del piano, abbiamo inteso accelerare il discorso della proposizione dei piani comprensoriali perché da questi sortiva una possibilità - che non ritengo di cogliere in termini di accantonamento del piano regionale - ma la concreta possibilità di ritornare, anche a tempi brevi, in ragione delle verifiche territoriali che faremo a gennaio, di cui l'introduzione al dibattito e la relazione del collega Rivalta permettono di cogliere conclusioni e elementi che vanno in quella direzione. E' certo che dovremo riferire al Consiglio e prima ancora alla Commissione quanto ci perverrà in concreto dai piani comprensoriali, anche se dalla documentazione presentata alla II Commissione abbiamo teso a dare documentazione di tutte le richieste che erano pervenute, non solo dalla consultazione ma dagli elementi a nostra conoscenza che erano già contenuti nei piani comprensoriali. Il che non vuole assolutamente dire che non ci saranno modificazioni nei piani comprensoriali, ma vorrà dire solo che in ragione degli accertati elementi di contraddizione dovremo trarre le implicazioni.
In relazione al confronto a livello nazionale per quanto riguarda gli aspetti ANAS e FF.SS., voglio sottolineare il valore del rapporto con le altre Regioni, non solo con quelle contigue. Le Regioni contigue non hanno documenti di piano, ma solo proponimenti: nei pareri che sono pervenuti dalle Regioni Lombardia e Liguria sulla nostra proposta di piano non emergono osservazioni e contraddizioni tra le nostre proposte e quanto essi intendono, sulla base dei documenti programmatici, perseguire. Vorrei sottolineare il fatto che noi ci dobbiamo porre anche un altro obiettivo.
Il nostro ruolo regionale, che ha collegamenti internazionali, ci pone nell'occhio del tifone per quanto riguarda quegli aspetti che si ricollegano a quella visione nazionale che non è solo problema di collegamento internazionale, ma è un problema più generale della priorità nazionale a cui riteniamo di partecipare con grande senso di responsabilità per quanto riguarda il tema del Mezzogiorno e più in generale delle aree scarsamente sviluppate del Paese, nei confronti delle quali, in ragione della concreta disponibilità delle risorse per la Regione Piemonte, dovremo sempre e in ogni caso fare i conti.
Nel concreto per quanto riguarda le proposte integrative del piano poliennale delle FF.SS., le proposte avanzate sono unitarie di tutte le Regioni, anche di quelle del Mezzogiorno: in un documento che è stato consegnato ai colleghi per quanto riguarda il piano integrativo vi sono i riepiloghi regionali da cui emerge chiaramente che la quota per le ferrovie dello Stato attribuita al Piemonte è, dopo quella della Sicilia, la cifra in assoluto maggiore di tutte le altre Regioni. Questa cifra è stata accolta anche dalle Regioni del Mezzogiorno nei confronti della cui ripartizione delle risorse non ci si è avvalsi della tradizionale ripartizione 60% al Mezzogiorno e 40% alle Regioni del centro-nord, ma si è partiti correttamente da una analisi funzionale della soluzione di specifici problemi e quindi questa massa rilevante attribuita al Piemonte nel piano, che si avvicina agli 850 miliardi, è stata considerata necessaria al sistema delle FF.SS., e non solo alla Regione Piemonte.
E' con questa preoccupazione di visione nazionale che possiamo puntare a far considerare seriamente i nostri problemi come giustamente è stato sottolineato, cioè che essi non sono solo problemi regionali, ma sono anche problemi nazionali. Ma la nostra capacità è quella di riuscire a dimostrare nel concreto, con la serietà con cui affrontiamo queste questioni, che la richiesta di tali stanziamenti corrisponde a questa concreta finalità.
Credo che gli elementi e le esperienze acquisite nel corso degli anni '60 e le illusioni coltivate un po' da tutti noi - ognuno di noi ha avuto il suo ruolo in quegli anni e la accertata impossibilità di perseguire un cammino di pianificazione onnicomprensiva, di non considerare la pianificazione anche come progettazione esecutiva - ci inducono o ci hanno indotti in ogni caso - certo vi può essere anche un dissenso su questa impostazione - a dare alla nostra politica di piano un carattere quale esso è venuto configurando nel documento che ovviamente non ripete quella esperienza ed è una soluzione a quell'amletico dilemma: cosa intendere per strumenti di piano, a quale livello ci si deve fermare. Certamente se ognuno di noi volesse tradurre per iscritto le proprie opinioni forse avremmo in questo Consiglio 60 opinioni diverse. E' un discorso aperto perché non abbiamo una esperienza di pianificazione.
Noi abbiamo una esperienza di proposizione di esigenze di pianificazione economica e settoriale, ma non abbiamo ancora un documento che possa essere chiamato piano di questo titolo, sia di ordine generale sia di ordine settoriale. E credo che con tanta modestia dobbiamo accostarci a questa materia e forse tra dieci o quindici anni, quando avremo sperimentato i rapporti reciproci tra pianificazione a scala generale e pianificazione a scala nazionale e pianificazione regionale anch'essa generale e settoriale, troveremo il giusto equilibrio, ma credo sia un cammino faticoso, sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista politico.
Prima di concludere, vorrei richiamare gli elementi generali della nostra proposta. Primo: riequilibrio. La linea può anche non essere totalmente confermata da tutte le indicazioni, è possibile che vi sia una sproporzione tra l'affermazione e il concreto inverare di questa proposta e quella di migliorare l'accessibilità ai Comprensori periferici nel contorno dell'area di Torino, e di migliorarla in ogni caso di più di quei miglioramenti che dovranno anche esserci all'interno dell'area di Torino.
Perché se essi miglioreranno in maggiore quantità e in maggiore qualità nell'area di Torino rispetto agli altri, noi manterremo ancora e sempre lo squilibrio.
Allora si tratta di vedere - ed è un elemento non solo teorico, ma anche in termini di uso di risorse - se nel processo di razionalizzazione dell'area di Torino, che può anche essere chiamato processo di decongestionamento dell'area di Torino, in quale rapporto stiano le risorse da utilizzare per il raggiungimento di questo risultato, in modo che gli obiettivi qualitativi da realizzare non possano vanificare l'obiettivo principale e prioritario del riequilibrio regionale. In ogni caso ho voluto riaffermare che questo è l'intendimento della nostra politica e di qui emergono per le FF.SS., le ipotesi di organizzazione del servizio ad H emergono le grandi direttrici stradali Frejus e Sempione nei confronti del quale siamo andati a fasi di progettazione anche a carico del bilancio regionale, e le due ipotesi, la direttrice Cuneo - Alba - Asti - Casale, e la pedemontana anche con quell'accezione che integrava il collega Genovese due grandi direttrici per le quali, già nella relazione introduttiva, avevo preso l'impegno da parte della Giunta di passare alla fase di progettazione in adempimento a quella indicazione contenuta nell'ordine del giorno richiamato. Ed una pedemontana raccordata con il resto è anche qualche cosa che prolunga le proprie appendici nelle penetrazioni delle vallate, con dei collegamenti anche esterni sia nazionali che internazionali.
Un elemento è stato oggetto di particolare attenzione ed è quello che riguarda il nodo di Torino, visto come sistema integrato delle FF.SS., in concessione, all'interno del discorso degli attestamenti incrociati e del raddoppio in asse, in una visione di città policentrica che rompe il monocentrismo di Porta Nuova e che offre una pluralità di opportunità.
Su questo sono stati fatti degli studi, possono anche essere stati sbagliati, ma l'unica cosa che non si può dire è che non si sia scelto sulla base di studi che hanno individuato anche delle verifiche di fattibilità; da questo punto di vista credo che forse molto materiale sia sfuggito a una parte dei Consiglieri, che indica che nel nostro discorso sul nodo di Torino si presentano difficoltà oggettive in quanto operiamo a casa d'altri, cioè dell'Amministrazione comunale di Torino, che è certamente gelosa della propria autonomia, e nei confronti della quale vale la dialettica tra le istituzioni e una sorta di rapporto politico che non può essere risolto dalla omogeneità delle maggioranze, ma dalla pluralità di interessi che possono essere evidenziati.
E' un discorso integrato che non ignora le scelte fatta dall'Amministrazione comunale di Torino per quanto riguarda la metropolitana leggera, il tram veloce, e non ignora neanche il discorso delle merci, del collegamento dell'aeroporto e dell'uso diverso delle autostrade di cui l'uso della tangenziale di Torino è anche un elemento, su cui credo potremo compiere nelle prossime settimane un primo passo avanti in una visione integrata non ancora nella gestione come fatto globale, ma almeno nella riscossione organizzata dei pedaggi di tutte le autostrade del Piemonte che incomincia a permettere una conoscenza diversa rispetto a quella attuale della nostra realtà.
Concludo condividendo le preoccupazioni di quanti, anche richiamandosi al dibattito sul bilancio, rilevano che esiste un problema di risorse, di compatibilità e condivido appieno tutte quelle preoccupazione che si riferiscono a quella parte della riorganizzazione del trasporto pubblico oltre che di quello privato, che tende ad avviare meccanismi di alta responsabilità; del materiale è stato consegnato a tutti i colleghi e certamente non avranno ancora avuto tempo di ragionarci sopra; ma questo sarà oggetto di decisioni che dovremo assumere nei prossimi mesi, che tendono ad un controllo della spesa pubblica non collocandoci più, come siamo oggettivamente oggi, a rimorchio di decisioni esterne, ma come coloro che gestiscono nella loro compiutezza queste questioni.
Il cammino continua; per quanto riguarda la sperimentazione del sistema tariffario domani sera ci ritroveremo a Biella e con l'Amministrazione provinciale di Vercelli e le altre aziende interessate a fine gennaio riteniamo di proporre - in una iniziativa a cui parteciperanno tutti i Comprensori e ovviamente saranno invitati tutti i colleghi - una verifica della sperimentazione dell'introduzione del sistema tariffario nei Comprensori di Vercelli, Biella e Borgosesia e sarà un'occasione per ragionarci e vedere come la richiesta di estensione di questa ipotesi a tutta la Regione sia realizzabile o se debba subire delle modificazioni.



PRESIDENTE

Possiamo considerare conclusa la discussione e passare all'esame della deliberazione e degli emendamenti formali che sono stati presentati dalla Giunta, tutti riferentesi alla S.S., n. 582 del San Bernardino.
Il primo emendamento recita: dopo "strada statale 28", introdurre la seguente frase "nel tratto Garessio - Ormea - confine di Regione".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
E' approvato a maggioranza.
Il secondo emendamento recita: dopo "in funzione dei miglioramenti che sono" introdurre la seguente frase "stati eseguiti e sono ulteriormente".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' approvato a maggioranza.
Infine, il terzo emendamento recita: dopo "per questa strada statale." eliminare il punto e sostituirlo con una virgola, quindi aggiungere la seguente frase "da parte dell'ANAS, sulla quale risultano di prossima apertura la variante del Colle di S. Bartolomeo, approvati i progetti relativi al tratto della galleria di Armo e del tratto Cantarana-Ormea, in particolare, e dei rimanenti tratti fino ad Imperia, per i quali si chiede il rapido inizio dei lavori".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' approvato a maggioranza.
La parola al Consigliere Bianchi per la dichiarazione di voto.



BIANCHI Adriano

Non pronuncio una dichiarazione di voto, ma soltanto brevi cenni perch ritengo di essere innanzitutto in debito verso i colleghi del mio Gruppo che sono intervenuti dopo lunga partecipazione e preparazione, con grande pertinenza, a motivare le ragioni del nostro atteggiamento che si esprime necessariamente con il voto, ma che si manifesta più produttivamente in un'azione continua che si collega al passato e si proietta nel futuro. E' doveroso un cenno anche nei confronti dei colleghi della maggioranza per il tono, il taglio, per il rapporto che gli Assessori si sono sforzati di assicurare, sia nel modo di condurre il dibattito precedente, sia nelle risposte.
Così come io sacrifico totalmente le motivazioni della dichiarazione di voto, che del resto percorre gli interventi dei miei colleghi e che è stata espressa sinteticamente dal collega Picco, credo che, anche per ragioni di tempo e di riguardo, gli stessi Assessori si sono attenuti, al di là di alcune puntualizzazioni - e ringrazio l 'Assessore Bajardi per l'accoglimento di indicazioni che sono vedute dal mio Gruppo - alle questioni di carattere generale.
Per cogliere il significato politico generale di questo dibattito diciamo dunque che nessuno di noi ritiene di essere lo stesso di ieri; non lo è la nostra società, non lo è il nostro Paese, nel "molto bene" che non si vede e nel "male" che si manifesta in forme clamorose. Diciamo che noi assumiamo, non subiamo, la cultura della programmazione democratica come fondamento risolutore dei rapporti politici e degli interventi nei confronti delle esigenze della nostra società e quale metodo per determinare e qualificare il suo sviluppo. Abbiamo però consapevolezza che la programmazione cambia il segno se facilita, se sveltisce, se si fa penetrante, se porta alle decisioni, se non rischia di essere al traino delle realtà che si dimostrino più dinamiche delle capacità di studio, di rappresentazione, di definizione.
Il problema, il dramma è in questi termini: noi abbiamo rilevato nel complesso di questo lavoro che avrà comunque un'importanza notevole per il nostro futuro una difficoltà nel procedere alle scelte. Pochi sono i motivi di critica diretta. Si tratta di un atto politico preparatorio, perché vi sono rappresentate un po' tutte le realtà mentre le scelte sono forse necessariamente, ma certamente sfumate. I motivi di critica o di dissenso sono indiretti e mediati e frutto di una riflessione sul dato che ci viene sottoposto.
Ebbene, noi accettiamo questo documento come una ricerca ed un orientamento; ribadiamo che le indicazioni critiche costituiscono una contributo fornito con una serie di interventi che credo non siano stati ispirati da pregiudizi, da strumentalizzazione ai fini anche del prossimo confronto di carattere elettorale. Vorrei poi che gli ulteriori motivi di confronto che si presenteranno di qui al mese di giugno prossimo possano essere ispirati alla consapevolezza reciproca delle differenze profonde che ci sono, ma delle comuni responsabilità che ci assistono di fronte alla comunità regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vera.



VERA Fernando

Riassumerò le ragioni del nostro voto che già ha espresso nel suo intervento il collega Cardinali.
Noi consideriamo lodevole lo sforzo della Giunta per racchiudere in questo documento tutta la vasta problematica dei trasporti della nostra Regione, al di là della discutibilità di certe soluzioni e di certe indicazioni che potranno essere modificate in avvenire. Non possiamo per dimenticare il ritardo con cui una certa politica è stata portata avanti dai Partiti della maggioranza in questi anni e ancora prima, quando erano all'opposizione; che è ritardo nei confronti della soluzione di gravi problemi della Regione. Basta citare il problema della viabilità della Valle Susa, quello della Voltri-Sempione, e l'atteggiamento tenuto in generale nei confronti di tutti i problemi autostradali della Regione. Ero Consigliere provinciale quando la Provincia di Torino decise di sbarazzarsi, malgrado l'opposizione del nostro Gruppo, di quel piccolo pacchetto azionario che aveva nella Torino-Savona, piccolo come consistenza, ma estremamente importante per quanto riguardava la presenza politica della Provincia in quella società autostradale. E fu quasi un tripudio perché finalmente ci si sbarazzava della presenza della Provincia nell'autostrada, ripudiando una politica che pure aveva onorato la Provincia di Torino sotto la Presidenza del professor Grosso e poi ancora dell'avv. Oberto.
Per quanto riguarda i problemi della città di Torino, ricordo la situazione della metropolitana. Oggi si parla di metropolitana leggera che è tutt'altra cosa.
Ed ancora indifferenza nei confronti dei porti liguri, quasi fosse una cosa che non riguarda il Piemonte; mancanza di coordinamento sul problema aeroportuale: tutte situazioni, ripeto, che si configurano in un grave ritardo nella soluzione dei problemi che oggi vengono tardivamente affrontati, che ha un costo per la comunità in disagi, in sviluppi economici ritardati o annullati, anche in vite umane.
Noi socialdemocratici riteniamo di non avere in questi ritardi delle responsabilità perché abbiamo sempre sostenuto una politica diversa. Per queste ragioni il nostro voto nei confronti della deliberazione che ci viene proposta non può che essere di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il dibattito e le repliche che sono seguite all'intervento che ho fatto in apertura di seduta pomeridiana non hanno modificato l'orientamento sul quale mi ero diretto, cioè un voto di astensione.
Vorrei integrare questa mia dichiarazione con una notazione. Mi è spiaciuto sentire riproporre in termini da tre moschettieri le dichiarazioni nei confronti della Valle di Susa che i problemi si risolvono con l'autostrada o non si risolvono. Visto che su questo non ho preso posizione, e mi sembrava di buon gusto mentre altri non l'hanno avuto, devo dire che non mi sembra corretto dire: autostrada sì o autostrada no. Si tratta di giudicare in questa sede l'approccio che la Giunta ha e cioè il recupero dell'esistente e la massima armonizzazione della nuova struttura rispetto all'esistente in Valle di Susa. Questo è il problema, e non far uscire da quest'aula dei pronunciamenti autostrada sì o autostrada no.
Siccome c'è stato un pronunciamento da parte di qualcuno mi è sembrato necessario fare questa precisa e ulteriore affermazione. Il problema della Valle di Susa sta nel coordinamento con la viabilità che dovrà avere livelli ottimali e sufficienti, ma è soprattutto un problema di coordinamento con questa arteria, non sul tipo di arteria che si va a realizzare. In questo senso la logica della Giunta mi pare corretta, questo peraltro non la esime da una serie di considerazioni critiche che ho fatto nel precedente intervento al quale faccio rinvio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Voto con entusiasmo.



PRESIDENTE

Vi do lettura della proposta di deliberazione.
"Il Consiglio regionale: vista la legge regionale 22 agosto 1977, n. 44 visti gli articoli 5, lettera a), 7, 19, 24 della stessa esaminato il documento Ires 'Contenuti e linee di organizzazione del programma di lavoro per la formazione del piano regionale dei trasporti' del novembre 1976 (rapporto elaborato tenendo conto della definizione degli obiettivi e dalla valutazione delle proprietà fissate dall'Assessorato regionale ai trasporti) tenuto conto del contributo alla formazione dei lineamenti di piano fornito dal Comitato regionale di coordinamento dei trasporti e della viabilità, di cui all'art. 6 della legge regionale 22 agosto 1977, n. 44 considerate le risultanze del dibattito avvenuto: a) - sugli obiettivi e linee di azione per la formazione del piano regionale dei trasporti, nella conferenza introduttiva, tenutasi a Torino il 17/18 giugno 1977 b) - sulle politiche di intervento sul sistema delle comunicazioni in Valle di Susa in relazione all'apertura del Traforo stradale del Frejus nel convegno tenutosi a Torino il 17 febbraio 1978 c) - sulle politiche per il sistema dei trasporti pubblici su strada nel convegno tenutosi a Torino il 2 giugno 1978 d) - sulle politiche per il sistema delle comunicazioni ferroviarie e stradali, nel convegno tenutosi a Torino il 14/15 luglio 1978 e) - sulle politiche per il trasporto aereo ed il sistema aeroportuale nel convegno tenutosi a Torino il 3 novembre 1978 viste le proposte della Giunta regionale in ordine al 'piano regionale dei trasporti' del Piemonte, rassegnate con il documento approvato il 30 marzo 1979, al n. 159/20356; - sentita la competente Commissione consiliare delibera 1) di approvare, ai sensi dell'art. 19 della legge regionale 22 agosto 1977, n. 44, l'allegato documento, costituente il piano regionale dei trasporti, inteso come: a) primo piano di settore del piano regionale di sviluppo socio economico b) contributo della Regione Piemonte alla formazione del piano nazionale dei trasporti, in coerenza con gli obiettivi indicati nel documento 'Linee fondamentali per il piano generale dei trasporti' e secondo le procedure indicate nel documento 'Quadro di riferimento per il piano generale dei trasporti', approvati in sede CIPE, rispettivamente il 6 aprile 1976 e il 14 dicembre 1976 dal Comitato dei Ministri (Trasporti ed Aviazione Civile, Marina Mercantile, Lavori Pubblici, Industria, per le Regioni, presieduto dal Ministro per il bilancio e programmazione economica), appositamente costituito con delibera CIPE il 23 dicembre 1975 c) nonché guida ed indirizzo per la formazione dei singoli piani comprensoriali (legge regionale 22 agosto 1977, n. 44, art. 5, lettera a) 2) di dichiarare la presente deliberazione immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con il seguente esito: presenti e votanti n. 45 favorevoli n. 27 Consiglieri si sono astenuti n. 18 Consiglieri.
La delibera è approvata.
Chi è favorevole all'immediata esecutività di tale deliberazione è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 45 Consiglieri presenti in aula.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20)



(La seduta ha termine alle ore 20)



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