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Dettaglio seduta n.299 del 19/12/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni della Giunta regionale sulle iniziative delle Regioni nord centro Italia per i finanziamenti ed il credito agevolato all'industria


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
La parola all'Assessore Alasia che farà alcune brevi comunicazioni sulle iniziative delle Regioni del nord e centro Italia per i finanziamenti ed il credito agevolato all'industria.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

L'11 dicembre si è svolta a Torino una riunione con le rappresentanze delle Regioni Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Toscana Umbria, Valle d'Aosta e della Provincia di Bolzano per esaminare i problemi connessi al credito agevolato e ai finanziamenti all'industria.
Su queste questioni e sui risultati della riunione, ho fatto pervenire nella scorsa seduta un documento conclusivo della riunione che è stato approvato all'unanimità dalle Regioni del centro-nord. Mi limiterò quindi ad alcune rapidissime informazioni. Devo ricordare, peraltro, che questi problemi ci impegnano da tempo e che il Consiglio aveva votato la legge 902 fin dal febbraio scorso. Questi problemi formano oggetto di sollecitazioni molto vive da parte della comunità regionale soprattutto nelle aree di caduta produttiva - occupazionale e da parte delle organizzazioni sindacali, delle Unioni industriali, della Federpiemonte e dei Comprensori dei Comuni.
I problemi affrontati sono tre: la questione del D.P.R. 902, per il credito nelle aree insufficientemente sviluppate al nord, di cui ho già fornito il testo scritto. Informo in via ufficiosa, dal momento che aspettiamo che il Governo mandi la delibera del CIPI, che c'è una deliberazione che introduce nuovi criteri sui quali le Regioni dovranno pronunciarsi entro il 31 gennaio. Su questa non sono ancora in grado di dare informazioni precise.
Pare, comunque, che essa contenga il collegamento fra le agevolazioni della legge 902 ed i programmi finalizzati di settore, che introduca nuovi criteri per la definizione delle aree insufficientemente sviluppate al nord fissando un parametro minimo che sarà definito non più nell'ambito comunale ma comprensoriale; è inoltre previsto un lieve aumento delle quote delle Regioni centrali ed uno leggermente inferiore per le Regioni del nord. Su questa questione avremo comunque modo di ritornare la questione relativa ai fondi CEE dei crediti Davignon, tuttora bloccati da un'opposizione del Governo tedesco. Questi fondi sono particolarmente interessanti; prevedono 15 milioni di unità di conto per il 1978, 15 milioni per il 1979, circa 30 miliardi in lire, che naturalmente dovrebbero servire per la Comunità. Questi contributi dovrebbero intervenire prioritariamente nelle zone di caduta della fibra, essendo questo collegato alla Montedison la questione relativa alla legge 675 ed in modo particolare alla gestione dell'articolo 19 il quale prevede la possibilità di costituire consorzi garanzia fidi da parte delle Regioni. Noi abbiamo esaminato la questione avendo presente che c'è una disponibilità di un miliardo accantonato a tale scopo. Attendiamo una risposta dal Governo.
Consentitemi di esprimere il vivo disappunto da parte della Giunta per il prolungato silenzio del Governo sulla legge 902, sulla quale avevamo dato il nostro parere fin dal mese di febbraio.
La questione della legge 675 sui fondi Davignon è in discussione da anni; non faccio carico al Governo italiano di questa situazione di stallo abbiamo però posto da tempo il problema al Governo almeno perché ci sia a livello di Comunità Europea un intervento adeguato.
Vi ho informati di tutto questo perché si sappia che la Giunta regionale ha fatto e sta facendo la sua parte e chiede nuovamente al Governo in modo pressante di assumere le proprie responsabilità su tutta la materia.



PRESIDENTE

Nessuno chiede di intervenire? Passiamo ad un altro argomento all'ordine del giorno.


Argomento: Viabilità

Interrogazione del Consigliere Ariotti inerente alla mancata apertura da parte dell'ANAS di alcuni collegamenti stradali


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame di alcune interrogazioni ed interpellanze.
La prima è un'interrogazione del Consigliere Ariotti inerente alla mancata apertura da parte dell'ANAS di alcuni collegamenti stradali.
Risponde il Vicepresidente della Giunta regionale, Bajardi.



BAJARDI Sante, Vicepresidente della Giunta regionale

Premetto che le competenze delle Regioni in materia di viabilità statale sono regolamentate dal D.P.R. n. 8 che stabilisce parere obbligatorio consultivo sui programmi di viabilità dell'ANAS, che tale rapporto istituzionale con l'Anas è stato sempre mantenuto e ne fanno fede i pareri espressi sul piano triennale dell'ANAS e la partecipazione al Consiglio di amministrazione sui problemi regionali; che la Regione è andata anche oltre costituendo proposte organiche ed alternative sui maggiori temi della viabilità regionale, con il piano regionale dei trasporti e della viabilità e con le iniziative sulla viabilità in Valle Susa e dell'Alto Novarese; che tuttavia non possono essere taciute anche difficoltà ed incompatibilità fra i programmi nazionali e regionali ed anche aperte situazioni di contrasto nei riferimenti con le iniziative locali ed i tempi esecutivi necessari che hanno richiesto spesso l'intervento dell'Assessorato viabilità per la soluzione di controversie con gli Enti locali territorialmente interessati dai programmi ANAS.
Premetto inoltre che il rapporto con il Compartimento di Torino ed i suoi dirigenti, che, va anche specificato, operano in condizioni non sempre soddisfacenti quanto a risorse finanziarie e di personale, è improntato a generale correttezza.
Tutto ciò premesso, fornisco alcune informazioni assunte dal Compartimento al quale in ogni modo sono state ricordate le pressanti richieste più volte portate dagli Enti locali e sostenute da questa Regione: S.S., n. 31/bis - Variante di Crescentino In data 4 marzo 1978 è stata redatta una perizia suppletiva perch ultimati i lavori iniziatisi nel 1973 non erano più attuali le somme accantonate per effettuare gli spostamenti delle linee elettriche ed alcuni altri lavori di coronamento quali segnaletica e barriere.
La Direzione generale ha autorizzato l'esecuzione dei lavori suppletivi di cui alla citata perizia suppletiva in data 28 agosto 1979.
Dopo tale data il Compartimento ha immediatamente interessato l'Enel per spostare le linee elettriche interferenti ed ha appaltato i lavori di posa in opera delle barriere metalliche e quelli della segnaletica relativa.
I lavori della segnaletica e delle barriere sono stati momentaneamente rallentati perché vengono eseguiti in concomitanza con lo spostamento di alcuni pali elettrici insistenti sulla carreggiata ed in tal senso è stato sollecitato l'Enel che ha assicurato con nota in data 15 ottobre 1979 di intervenire immediatamente.
Occorre precisare che le linee elettriche ancora da spostare non sono tutte quelle che hanno interferito con i lavori di costruzione della variante di Crescentino, ma sono soltanto alcune di queste che non si sono potute spostare nel corso dei lavori sebbene il loro spostamento fosse stato richiesto perché l'Enel ha chiesto per tutte le linee da spostare la presenza di un preciso impegno di finanziamento: impegno che ovviamente si è potuto prendere nel corso dei lavori limitatamente alle somme autorizzate; si è dovuto pertanto attendere un impegno finanziario suppletivo per garantire le richieste dell'ENEL. Si presume che entro la primavera possa essere agibile il tratto di strada.
S.S., n. 31/bis - Variante Palazzolo Vercellese I lavori principali sono stati praticamente terminati nel luglio 1979 dopo tale ultimazione si è proceduto all'appalto dei lavori di posa in opera di barriere e segnaletica necessari per l'apertura del traffico.
Sono ancora da eseguire tuttavia alcuni spostamenti di linee elettriche già richieste da oltre un anno che però non impediscono l'apertura al traffico della strada, così pure debbono essere eseguite alcune opere di canalizzazione che però non interferiscono con l'apertura della variante.
L'apertura della variante è comunque prevista entro il corrente mese.
S.S., n. 455 - Variante di Pontestura I lavori contrattualmente, salvo sospensioni, dovrebbero ultimarsi nell'anno 1980. Attualmente sono in avanzato stato di esecuzione i lavori nel tratto tra l'innesto con la statale n. 31/bis e lo svincolo di Pontestura, per l'apertura anche parziale di detto traffico mancavano all'atto dell'interrogazione, cosa forse non notata dall'interrogante, i giunti del viadotto sul Po, lo strato di collegamento (binder) della pavimentazione stradale, il tappeto d'usura, le barriere metalliche e la segnaletica, le prove di carico delle opere d'arte, il completamento dello svincolo di Pontestura ed altre opere complementari non indispensabili per l'apertura al traffico.
Il frazionamento dei lavori come sopra indicato è motivato proprio dalla necessità di contenere aumenti ingiustificati di revisione prezzi consentendo invece di appaltare al momento della possibile esecuzione i singoli lavori specializzati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

L'interrogazione era nata sia recependo le sollecitazioni che incominciavano a comparire sulla stampa locale sia basandomi sull'esperienza diretta dal momento che percorro quasi quotidianamente la strada Casale - Torino con un mezzo pubblico, dove è facile essere testimoni delle perplessità degli utenti.
La risposta dell'Assessore dà un primo chiarimento a questi dubbi.
Tuttavia, conoscendo e condividendo la destinazione della statale Casale Torino quale è prevista nel piano regionale dei trasporti, ma sapendo anche che i tempi di attuazione per le realizzazioni future sono abbastanza lunghi, pregherei l'Assessore di tornare a sollecitare almeno l'apertura di quei tratti già terminati, utili per sveltire il traffico e per eliminare i pericoli dell'attraversamento dei paesi, ma, soprattutto per quanto riguarda il ponte di Pontestura, per contribuire a risolvere non solo le difficoltà di Camino, ma per verificare un percorso sussidiario a quello costituito dal ponte di Casale, verifica utile per la definizione del piano regolatore di Casale per lo stesso piano dei trasporti ed infine per il piano comprensoriale. Grazie.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Interpellanza dei Consiglieri Bianchi, Picco, Paganelli e Chiabrando inerente alle iniziative assunte dalla Giunta regionale per pubblicizzare la sua attività


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interpellanza dei Consiglieri Bianchi, Picco Paganelli e Chiabrando inerente alle iniziative assunte dalla Giunta regionale per pubblicizzare la sua attività.
Risponde il Presidente della Giunta regionale.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Nell'interpellanza presentata dal Gruppo D.C., si chiede alla Giunta regionale quali iniziative sono state prese per esporre all'opinione pubblica piemontese l'attività della Regione nel corso della seconda legislatura, tema, peraltro, che non riteniamo possa esaurirsi nei tempi ristretti concessi per un'interpellanza, ma debba invece trovare soluzioni da concordarsi ed approfondirsi in tempi assai più lunghi.
Non tanto l'opinione pubblica quanto i cittadini, secondo lo Statuto della Regione Piemonte, devono essere informati, questo è presupposto di ogni partecipazione democratica.
All'inizio della nostra attività abbiamo scelto la strada dell'informazione, anche per un risparmio di risorse finanziarie attraverso la rivista "Notizie". Dico subito che sono nettamente contrario al fatto che accomuna Giunta e Consiglio nell'informazione, perché il Consiglio rappresenta la direzione politica mentre la Giunta rappresenta l'esecutivo. L'aspetto economico però è un dato significativo che va affrontato e che ha rappresentato il dato di comunanza della nostra informazione. Riteniamo che la vera ed autentica informazione sia quella che distingue l'azione delle forze politiche, ciascuna nel proprio campo nella propria competenza ed attribuzione, da quella delle forze di governo che hanno l'onere e l'incarico di condurre l'amministrazione.
L'esecutivo non ha preso iniziative speciali per far conoscere l'attività della Giunta: nel corso di quattro anni e mezzo c'è stata una serie di iniziative che non erano collegate a momenti speciali, ma sono allo stato di governo, ai suoi problemi, ai suoi programmi, alle realizzazioni e forse anche alle manchevolezze.
Come amministratori della cosa pubblica riteniamo sia nostro dovere prioritario portare a conoscenza dei cittadini l'attività dell'Ente Regione, le iniziative legislative che interessano la vita di ognuno permettendo così a tutte le categorie di conoscere le opportunità offerte in ciascun campo e di approfondire i temi. La direzione spetta precipuamente al Consiglio regionale, questo lo dicemmo nell'aula del Consiglio il 1° agosto 1975 e da questo non abbiamo mai derogato, mentre all'esecutivo è istituzionalmente demandata l'applicazione di tali strumenti e gli indirizzi complessivi di governo.
Non intendiamo certo abdicare da questo diritto-dovere di informazione e non riteniamo che la richiesta del Gruppo della Democrazia Cristiana voglia indicare questa direzione.
Il problema è un altro: è quello della trasparenza e dell'obiettività dell'informazione che ciascuno di noi, detenendo determinati poteri, pu usare in una direzione o in un'altra.
Quindi si tratta di trasparenza e di correttezza in ogni iniziativa che, in periodo di fine legislatura, potrebbero assumere i toni della ricerca del consenso. Il nostro impegno in questo senso è preciso e non vogliamo venir meno a quelle scelte proprio ora. Non abbiamo mai assunto iniziative speciali per determinare l'informazione distinguendo nettamente i rapporti di governo da quelli dell'assemblea.
Non esistono sotto questo aspetto contatti con l'Ufficio di Presidenza del Consiglio. Abbiamo contatti continui con il Consiglio regionale, ne siamo l'espressione di una parte, quindi se vogliamo dire che quello è il filo conduttore diciamolo pure, ma dobbiamo dire con schiettezza che non ci siamo mai posti il problema di dare l'informazione comune del Consiglio e dell'esecutivo perché non lo riteniamo corretto.
La conferenza dei Capigruppo ha affrontato recentemente il problema ed addiverrà, nella sua piena autonomia, alle conclusioni operative ed alle decisioni che riterrà più opportune. E' stata nominata una Commissione, la quale è garante dell'obiettività dell'informazione.
Qualora venissero prese iniziative indirizzate verso l'esterno utilizzando i diversi canali nei quali si articola l'informazione in Piemonte, sarà cura della Giunta regionale dare informazione agli organi consiliari competenti.
Non corrisponde viceversa al vero che la Giunta regionale abbia prenotato spazi televisivi in emittenti private della nostra Regione. La Giunta regionale riconferma la piena disponibilità a fornire i chiarimenti richiesti su altre delibere nella linea di massima pubblicizzazione fino ad ora seguita ai Consiglieri che ne facciano la specifica richiesta.
La Giunta ha sempre voluto esaltare i momenti culturali della comunità regionale piemontese, e, come sapete, ha rifiutato per le manifestazioni o per qualsiasi forma in cui la Regione si esprime, il modello della coppa della medaglia, delle targhe, salvo rarissimi casi, preferendo sempre anche in momenti meno significativi, l'attività culturale che si esprime attraverso determinate pubblicazioni.
Non di separatezza si tratta ma del ruolo che ciascuna forza deve svolgere e del ruolo che Consiglio ed esecutivo devono avere. Quindi non vi è stato un momento di scorrettezza e di prevaricazione da parte della Giunta. Credo che nemmeno gli interpellanti vogliano un'immagine unica del Consiglio e dell'esecutivo perché essi stessi hanno sempre fatto questa distinzione per cui ciascuna forza si colloca come crede di collocarsi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BELLOMO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Il portare in Consiglio un argomento di questo genere costituisce un momento positivo, posto che su un punto maggioranza ed opposizione concordano o possano concordare ed è che questa materia non ha ancora trovato una sua disciplina consolidata che sia accettata e riconosciuta come valida ed oggettivamente corretta secondo il livello che questa istituzione ha assunto.
Il Presidente ha ricordato come l'argomento era stato portato alla conferenza dei Capigruppo, dove aveva trovato echi, consensi e concordanza ma anche preoccupazione e necessità di dare alla materia ulteriore definizione e garanzia. In quella sede avevo sollevato io stesso l'argomento, preoccupato di fronte a rilevantissimi e schiaccianti interventi informativi sulla stampa rispetto ai quali - dico subito - non era mai stata, non fu in quella circostanza, né viene in questa rivendicata una commistione o confusione tra governo ed assemblea, tra maggioranza ed opposizione. Mi pareva però di ricordare che il Governo ancorché insediato e sorretto da una sua maggioranza, rappresenta l'intera istituzione e quando come tale parla, o come tale pubblica verso l'esterno assume un obbligo di chiarezza e di trasparenza (non mi riferisco tanto a fatti di bilancio che coinvolgono l'attività di tutta l'istituzione). Se sotto la responsabilità di un organo rappresentativo dell'istituto, si passano per tipi di intervento, per qualità di contenuti, per indirizzo di messaggi, argomenti e materie che sono espressive esclusivamente di una forza politica o di un gruppo di forze politiche, non si rende un servizio adeguato all'istituzione. Questo in alcune circostanze è, a nostro avviso obiettivamente avvenuto ed è per questo che in quella sede abbiamo sollevato, prima di fare clamori, scandali o polemiche strumentali altrove la questione ottenendo delle assicurazioni ed indicazioni con il riconoscimento che indubbiamente si doveva in prosieguo diversamente regolare la materia.
La Commissione per l'informazione avrà possibilità di affrontare qualsiasi tema ma è stata investita di competenze e responsabilità che non sono specificamente quelle che vengono trattate in questa interpellanza.
Siamo anche preoccupati perché vediamo stanziamenti di Assessorati per attività editoriali di diffusione di notizie verso l'esterno che assumono una forza di pressione e di coinvolgimento che, se non sempre in forma diretta, almeno in forma indiretta, con tutto il rispetto per i destinatari che sono al coperto da ogni efficacia di queste pressioni, danno motivo a preoccupazioni politiche.
Lo stesso Bollettino della Giunta non contiene, ad esempio, nel suo targhettario i nomi dei Consiglieri regionali o quanto meno di quelli di opposizione. Questo non vuol sicuramente dire che sia voluto o che sia segno di discriminazione: denuncia che la materia richiede un'attenzione spiccata nel periodo che ci separa di qui alle elezioni. Non è problema di pregiudizio per l'una o per l'altra forza politica, è problema di un pregiudizio, e siamo esposti a tutti i livelli oggi nel Paese, che confonde e coinvolge le une e le altre forze. Riconosciamo al governo la prerogativa di tutte le sue iniziative, delle sue conferenze stampa, delle sue dichiarazioni, purché siano ben etichettate e precise, che non diano per avvenute le cose che sono solo proposte, che non diano per deliberazioni delle Regioni quelle che sono iniziative appena avviate dall'esecutivo.
Da questa interpellanza non ci attendevamo quelle indicazioni concrete che in sede di conferenza di Capigruppo da alcuni responsabili dei Gruppi maggiori sono venute in termini di serietà, di comprensione del problema e di garanzia; perché ogni scollatura, ogni momento di cattiva utilizzazione delle istituzioni verso l'esterno non può che ripercuotersi sul sistema politico nel suo complesso.
Pertanto restiamo in attesa della traduzione delle dichiarazioni di buona volontà del Presidente- per verificarne l'iter, così come manteniamo la nostra preoccupazione per il complesso di spese che questa Giunta effettua in questo vasto settore che chiameremo dell'editoria, della pubblicità, dell'informazione dei rapporti con i mass-media ed i settori che hanno influenza sull'opinione pubblica, anche noi d'accordo che tutto dovrebbe essere fatto in termini che siano solo riferibili ai cittadini come tali.



PRESIDENTE

Chiede ancora di parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Nel momento in cui la Giunta esprime l'opinione favorevole alla costituzione di una Commissione del Consiglio per l'informazione, sede della direzione politica della nostra comunità regionale, ha inteso compiere un passo importante. La Giunta non partecipa direttamente alla Commissione e questo vuole significare una sottocommissione alle deliberazioni che vengono assunte in quella Commissione ed il rispetto del principio che vede l'azione parlamentare alla base del nostro ordinamento.
Si potrà dire che le scelte possono essere giuste o sbagliate, ma non certo che il Consiglio non sia stato udito su ogni problema. Se avessimo voluto dare il segno contrario il Governo avrebbe accettato di partecipare alla Commissione e ci sarebbe stata quella confusione fra i vari ruoli di cui si andava parlando.
Riteniamo che una migliore direzione su questo aspetto è garanzia di trasparenza.



PRESIDENTE

La parola ancora al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Chiedo che venga convocata la Commissione per l'informazione, alla quale sono state qui riferite responsabilità accentuate e completamente diverse da quelle generali che ha, perché in via esclusiva e specifica affronti questa materia per poi riferirne ai Gruppi ed al Consiglio.



PRESIDENTE

La Presidenza è d'accordo. Chiede la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Credo che senz'altro si possa accondiscendere alla richiesta del Consigliere Bianchi. D'altronde la Commissione, tra i compiti generali, ha anche quello di esaminare queste questioni. A me sembra che su questo terreno i passi da compiere siano molti e complessi. La finalità di questo dibattito e delle nostre precisazioni di posizione, deve tendere all'attuazione dell'articolo 8 dello Statuto, se necessario, anche attraverso una legge applicativa. Non vogliamo che ci siano scorrette informazioni e, in questo senso, abbiamo già assunto iniziative nei confronti dei direttori dei giornali per palesare le nostre ragioni perch non vogliamo che ci siano prevaricazioni sull'esecutivo o su alcuni Gruppi rispetto ad altri, ma neanche che sia impedita la funzione primaria della diffusione dell'informazione.



PRESIDENTE

Consideriamo discussa l'interpellanza.
Voglio assicurare il Consigliere Bianchi e tutti i Consiglieri interessati che la Presidenza effettuerà un immediato controllo sulla questione della rivista "Piemonte" che non arriverebbe a tutti.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interrogazione del Consigliere Cerchio relativa alla ristrutturazione di un immobile nel Comune di Rivarolo


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Cerchio relativa alla ristrutturazione di un immobile nel Comune di Rivarolo.
Risponde l'Assessore Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

In relazione all'interrogazione presentata dal Consigliere Cerchio si forniscono i seguenti elementi.
Il progetto originario prevedeva un complesso di edifici denominato "Villaggio per sub-normali", progettato nel 1971 e destinato ad ospitare 80 persone sub-normali suddivise in 10 alloggi per gruppi omogenei di 8 persone.
Il progetto prevedeva inoltre locali comuni di soggiorno, mensa servizi generali, direzione, ambulatori per la rieducazione e l'assistenza.
Il complesso è articolato in 5 fabbricati coerenti e comunicanti con percorsi interni.
Con decreto del 14 novembre 1972 venne approvato il progetto generale ed il progetto di I° lotto inteso a realizzare gli edifici di abitazione ed i servizi generali.
In corso d'opera l'Ente appaltante per esigenze tecnico-economiche ha dovuto ridimensionare le opere previste nel progetto già approvato per fronteggiare le maggiori spese sopravvenute, facendo predisporre una prima perizia di variante del I° lotto, ed una perizia generale di variante e suppletiva. Dette perizie vennero approvate con D.P. 68198 in data 28 febbraio 1976.
Successivamente, non prevedendo ulteriori promesse di contributo e non disponendo di mezzi finanziari per fronteggiare i compensi revisionali maturati anteriormente alla data del 19 gennaio 1976, l'Ente ha provveduto a stralciare dal corpo dell'appalto alcune categorie di opere, rimandando la loro esecuzione ad altri lotti.
E' stata quindi predisposta una seconda perizia di variante al I° lotto dei lavori, senza supero di spesa rispetto al contributo assegnato. Questa seconda perizia è stata approvata con D.P.G.R. 711/77 n. 6377.
Infine, con D.P.G.R. n. 6378 in data 7 novembre 1977 è stato approvato il progetto di completamento del 1° stralcio dei lavori di cui trattasi dell'importo di L. 153.000.000, finanziato ai sensi della legge 16 ottobre 1975, n. 492, destinato al completamento della chiusura esterna dell'edificio, che rimane tuttora incompiuto, nonché alla realizzazione di un alloggio destinato al custode.
Conseguentemente con i lavori iniziati nel 1973 di tutti i fabbricati sono state eseguite le strutture portanti, le murature esterne e le tramezzature, oltre all'inizio dei lavori relativi agli impianti tecnici.
Quanto sopra premesso in ordine allo stato dei lavori, con specifico riferimento alla proposta di utilizzo avanzata nell'interrogazione, si rappresenta quanto segue.
L'Unità Locale n. 38 ha una popolazione di circa 60.000 abitanti. Tale numero di abitanti esprime una domanda ospedaliera che può trovare soddisfacimento in un ospedale di piccole dimensioni in cui siano collocate tutte le divisioni essenziali ad un presidio ospedaliero anche minimo: medicina, chirurgia, pediatria e ostetricia.
Le dimensioni di tali divisioni ad un tasso di utilizzazione buono dell'area di degenza (80%) secondo il tasso di spedalizzazione medio regionale si configurano come 75 letti di medicina, 50 di chirurgia, 30 di ostetricia e 30 di pediatria.
E' quindi evidente che il presidio ospedaliero di Cuorgné è pressoch sufficiente, come dimensioni, a soddisfare la domanda ospedaliera della zona ed appare già in soprannumero una parte della divisione di medicina attualmente ubicata in Rivarolo.
Tali considerazioni, unite al fatto che esiste già un ulteriore problema legato all'Infermeria di Pont Canavese, sempre nella stessa zona nonché la vicinanza estrema del presidio ospedaliero di Castellamonte sia pur collocato in una unità locale diversa, escludono che si possa destinare ad uso ospedaliero le strutture edilizie del Villaggio ANFFAS, pena la perpetuazione di uno spreco inammissibile e di un dissesto vero e proprio dei servizi ospedalieri di zona resi bicipiti e quindi asfittici in ambo le sedi.
Inoltre tecnicamente il riadattamento dell'edificio appare difficile ed oltremodo oneroso.
Per quanto attiene alla futura utilizzazione della struttura esistente la stessa dovrà discendere dalle indicazioni formulate dal piano socio sanitario di imminente presentazione al Consiglio regionale, nonché dal piano di attuazione che L'U.S.L. interessata adotterà al riguardo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Non possiamo concordare con le indicazioni date dall'Assessore su questo problema anche perché, come è emerso dal dibattito intercorso in questi ultimi tempi fra le rappresentanze degli Enti locali della zona 38 e la popolazione, esse sono sempre state disattese. C'è un'esplicita richiesta delle Amministrazioni locali della zona di utilizzo della struttura a livello socio-sanitario per localizzarvi una scuola per la formazione di personale paramedico ed altre iniziative che sono indicate in documenti che le Amministrazioni locali hanno prodotto.
Pregherei l'Assessore di farsi carico di un confronto diretto con le Amministrazioni comunali affinché il piano che verrà presentato sia correttamente partecipato e contenga quelle soluzioni che la popolazione e le Amministrazioni locali hanno indicato. Grazie.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Parchi e riserve

Interrogazione dei Consiglieri Chiabrando e Bertorello relativa al Parco del Gran Paradiso


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Chiabrando e Bertorello relativa al Parco del Gran Paradiso.
Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

L'interrogazione dei Consiglieri Ber- torello e Chiabrando chiede se la Giunta regionale era a conoscenza del Decreto del Ministero dell'agricoltura che ha disposto l'ampliamento del Parco Nazionale del Gran Paradiso e se il Ministero ha in qualche modo interessato la Regione. La Giunta regionale è stata direttamente interessata dal Ministero con un telegramma del 26 luglio 1979, nel quale si invitava la Regione ad esprimere un parere in merito agli ampliamenti proposti dall'Ente parco con deliberazione n. 24 del 1979. In ordine a questo parere si è ritenuto opportuno informare la II Commissione del Consiglio regionale che è competente in materia di parchi. In Commissione si è deciso di convocare le comunità locali interessate agli ampliamenti.
La consultazione si è tenuta il 15 ottobre u.s., quando ancora non si era a conoscenza dell'avvenuta firma del Decreto da parte del Presidente della Repubblica con il quale è stato deciso l'ampliamento del Parco.
Quando abbiamo tenuto la riunione il Decreto era già stato firmato, ma la notizia non giunse per via ufficiale da parte della Presidenza della Repubblica, ma soltanto attraverso le notizie di stampa comparse il 19 ottobre sul "Corriere della Sera" e sulla "Gazzetta del Popolo" il 26 ottobre.
La consultazione con i Sindaci ed il Presidente della Comunità montana ha fatto emergere la volontà comune di approfondire la questione relativa ai confini e c'è stato un assenso sull'opportunità di ridefinire i confini di promuovere un ampliamento e di formulare successivamente una risposta da parte degli Enti locali entro il mese di novembre. Questo impegno è stato sollecitamente comunicato al Ministero dell'agricoltura con telegramma in data 23 ottobre 1979. Faccio peraltro presente che per la parte degli ampliamenti relativi alla zona di Ceresole la Regione Piemonte si era già espressa con atti formali, nel senso che la zona del Carro è stata inserita, in assenza di una decisione ministeriale, nel primo piano dei Parchi regionali, avendo ritenuto quella zona necessaria ai fini del collegamento tra il Parco del Gran Paradiso e il Parco francese. Venuti a conoscenza del Decreto abbiamo ritenuto opportuno, con lettera del 13 novembre u.s., invitare i Sindaci interessati e la Comunità montana ad esprimersi ugualmente e più sollecitamente sulla questione dei confini anche in considerazione del fatto che l'ampliamento del Parco è stato stabilito senza una precisa definizione dei confini. L'ampliamento è deciso come volontà di promuovere una ricollocazione dei confini; indica un orientamento di allargamento verso certe zone, ma non è tale da consentire l'esatta individuazione dei perimetri.
Il Consigliere Oberto, che il 15 ottobre ha partecipato alla consultazione, e che aveva sentore che quel Decreto stava arrivando, aveva già preannunciato che l'ampliamento sarebbe stato deciso senza una definitiva collocazione dei confini. In modo analogo a quanto si sta verificando per il Parco del Gran Paradiso, il Ministero ha proceduto per l'ampliamento del Parco Nazionale dello Stelvio; ampliamento che è avvenuto con una procedura che ha consentito di individuare, successivamente alla decisione di ampliamento, i confini.
Credo quindi che ci possiamo inserire in questa seconda fase per favorire una definizione dei confini che risponda alle esigenze e agli interessi delle comunità locali.
Siamo tuttora in attesa della risposta degli Enti locali alla nostra sollecitazione del 13 novembre. Un Comune si è espresso negativamente a questa ulteriore definizione, come atto di sfiducia, in quanto c'è già stato un Decreto che ha deciso l'ampliamento. Mi riprometto di risollecitare i Comuni a portare a termine il lavoro che hanno avviato e ad abbandonare atteggiamenti di sfiducia che non possono essere produttivi che, anzi, non fanno che lasciare ad altri la possibilità di compiere il completo iter che è stato avviato, giungendo, senza la voce delle comunità locali, alla puntuale definizione dei confini. Le comunità locali e la Regione stessa vogliono essere partecipi della definizione puntuale dei confini: è pertanto importante impegnarci a lavorare, a colloquiare con ll Ministero, evitando di assumere atteggiamenti assenteisti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Ringrazio l'Assessore per la risposta data. Il metodo adottato per i piani regionali (devo dare atto all'Assessore che lo ha accettato) sta raccogliendo il consenso delle popolazioni e credo che debba valere anche per il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Le parti in causa sono le comunità locali, la Regione ed il Ministero.
Dalle date che l'Assessore ha fornito mi pare di capire che la Regione è in mora, ma la colpa non è della sola Giunta. Il Ministero non ricevendo notizie dalla Regione nel mese di ottobre ha deciso, sbagliando perch doveva comunque sollecitare ed attendere i pareri. A parte questo, direi che si debba seguire la strada che l'Assessore ha indicato, cioè raggiungere, seppure in ritardo, il consenso, se è vero che i Comuni e le Comunità montane non si sono posti pregiudizialmente contro l'ampliamento dei confini.
Sono d'accordo sul fatto che una parte di Ceresole era già stata inclusa nel piano dei Parchi regionali e che non dovrebbe più essere posta in discussione. Ritengo che se i Comuni faranno le loro proposte di confini, potremo risolvere il problema, seppure un po' in ritardo. Grazie.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.
Viene invece data risposta scritta, da parte dell'Assessore Bajardi all'interrogazione del Consigliere Marchini relativa alla strada statale n.
11 a nord di Chivasso.


Argomento: Norme generali sui trasporti

Prosecuzione esame deliberazione sul piano regionale dei trasporti


PRESIDENTE

Punto quarto all'o.d.g.: "Esame della deliberazione sul piano regionale dei trasporti". La parola al Consigliere Petrini.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, confesso che questo dibattito non ha le caratteristiche consuete dei confronti istituzionali, sotto il profilo sostanziale: certo, formalmente, la discussione si concluderà con un voto, positivo o meno, dei vari Gruppi in Consiglio regionale sulla delibera della Giunta che approva il piano dei trasporti. Ma il momento è di sintesi direi prevalentemente politica, atteso che l'analisi, se svolta sistematicamente, finirebbe per costituire un inevitabile doppione delle molte fasi che hanno preceduto l'appuntamento istituzionale in Consiglio regionale, peraltro sottolineato e più volte richiesto dalla mia parte politica sin dal giugno '77.
La metodologia della programmazione per convegni si è protratta parecchio nel tempo: basti ricordare la data del giugno 1977 come inizio (e neppure la prima fase) dell'intero processo, per concludere che due anni e mezzo (metà legislatura) sono davvero troppi, soprattutto pensando che il momento istituzionale non è certo stato privilegiato, ma ha operato come componente di un panorama socio-politico su cui l'analisi di volta in volta spaziava. E la contraddizione si è rivelata appieno proprio nell'ultima seduta del Consiglio, allorché, per motivazioni oggettive, s'è dovuto prendere atto delle reali difficoltà che siffatto modo di procedere produce soprattutto fra i Gruppi meno numerosi in Consiglio regionale.
E' chiaro che qualcosa va migliorato in questi meccanismi per evitare di programmare per la legislazione successiva (e sarebbe il meno), ma soprattutto di far svanire, direi anche invecchiare anzitempo, scelte ed indirizzi, positivi o negativi che siano. Il piano dei trasporti nasce, se non vecchio "attempato", al punto che oltre due anni dopo la primitiva proposta ci si trova nella necessità di recepire rilievi ed osservazioni frutto, si badi bene, non solo del confronto e della consultazione, ma anche della coerenza tra le varie parti del piano con i processi sociali ed economici in atto e con i problemi emergenti, come, ad esempio, quello energetico, quello autostradale e quello dei piani comprensoriali.
Ma la metodologia seguita ha avuto una conseguenza non positiva sul dibattito di oggi, che è stato anche preceduto da un ridotto confronto in Commissione: un certo svuotamento del dibattito, voglio dire, si avverte nella misura in cui questo documento ha un poco raccolto istanze e valutazioni in giro per il Piemonte, e comunque ha già conosciuto molteplici occasioni di approfondimento, di cui si riconosce l'utilità a patto che si arrivi tempestivamente ad una sintesi, su cui operare a livello istituzionale. Certo questo procedere non è di tutti gli atti della Regione: se infatti questa metodologia del confronto plurimo e preliminare e dell'informazione preventiva della comunità regionale fosse stata metodologia costante della Giunta regionale, ho la presunzione di affermare che la legge 56 dell'urbanistica non sarebbe mai nata, o sarebbe nata ben diversa.
C'è dunque qualcosa da rivedere per il futuro, sul piano operativo soprattutto per mettere in condizioni di esprimere, ciascuno nei luoghi più appropriati, le valutazioni di merito: oggi, in Consiglio regionale il richiamo al fatto contenutistico fornisce lo spunto di giudizio di valore in termini politici, il che è importantissimo ma, vista la portata del piano quale quello dei trasporti, si vorrebbe - senza tema di ripetere cose già dette - entrare nel dettaglio dei singoli elementi del piano. Questo piano, dunque, non è la prima edizione ed i rimaneggiamenti subiti sono insieme la conseguenza - positiva - di una critica costruttiva svolta dal Gruppo D.C., e da quanti altri hanno preso coscienza dei problemi in ordine alle tematiche in esso esposte e frutto di ripensamenti della Giunta regionale, in questo disponibile sia pure in parte ai suggerimenti ed alle osservazioni della comunità piemontese. Si possono dare alcuni esempi di questi "passaggi" del piano da una primitiva impostazione ad una più corretta considerazione di tutti gli aspetti del problema. Il quadro di riferimento, innanzitutto. Ci si è domandati: esiste un rapporto stretto tra piano dei trasporti e piano di sviluppo oppure il primo è "Piano Pilota", con tutti i problemi che ne conseguono? Per rapporto stretto noi abbiamo sempre parlato di coerenza con la premessa politica e gli obiettivi enunciati dal piano medesimo e dai piani territoriali di coordinamento: e concretamente noi abbiamo voluto parlare di scelte precise che anche nei trasporti e nella viabilità guidassero al riequilibrio territoriale. Su questo specifico aspetto, anzi, noi ritenevamo e riteniamo fondamentale la formulazione di priorità definite per quanto attiene le scelte di più vasta portata nei singoli settori (strade, ferrovie, merci, ecc.) in quanto esse stesse sono misura e condizione dell'effettiva attenuazione degli squilibri interni del Piemonte, soprattutto fra Torino e la periferia montana e collinare.
Ma la questione è anche di principio. D'accordo che il piano regionale dei trasporti si pone come un piano settoriale di attuazione di arricchimento ma anche di verifica del piano regionale di sviluppo. E' altrettanto vero che prevedere lo sviluppo equilibrato dei trasporti e della viabilità non è possibile senza una diretta connessione con le linee di sviluppo economico e di assetto del territorio.
Ma allora, visto l'elevato tempo di costruzione di questo piano, non sarebbe stato meglio che il piano stesso anziché porsi come inquadramento dei piani comprensoriali dei trasporti e degli stessi piani comprensoriali territoriali, costituisse la risultante di un processo democratico di programmazione di base e non di vertice? Diciamo questo perché pensiamo piuttosto come ipotesi alternativa di pianificazione ad una sintesi dei piani comprensoriali dei trasporti e ad un loro coordinamento, pur con le dovute avvertenze, e perché sappiamo che i piani comprensoriali sono in avanzata fase di realizzazione.
Non dimentichiamo che,mancando l'ancoraggio a precisi obiettivi di assetto territoriale con riferimento ai problemi dei singoli Comprensori le proposta quand'anche puntuali, abbiamo la sensazione che si collochino con indifferenza rispetto ai processi ed alle evoluzioni in atto e in corso.
Ed ancora ci domandiamo: c'è coerenza tra il piano dei trasporti e la legge nazionale sui trasporti locali, giunta all'approvazione in Commissione in sede referente? Non dimentichiamo che questa normativa centrerà tre elementi fondamentali: 1) la definizione dei principi legislativi cui le Regioni debbono attenersi in materia di trasporti pubblici locali 2) la creazione del fondo nazionale per il ripiano dei deficit d'esercizio 3) la creazione del fondo per investimenti.
Già la conferenza nazionale dei trasporti, che si era inserita temporalmente fra i convegni regionali, aveva dato il senso e la dimensione di questi problemi.
Ed infine ci si è chiesti per quale motivo si erano ignorate o sottovalutate tematiche delicate ed importanti, quali quella autostradale in Piemonte, per poi riscoprirle, per la verità sotto spinte certo non programmatiche, reinserendole di conseguenza in un quadro già articolato.
E' necessario infatti conoscere con precisione il ruolo delle autostrade esistenti, quelle da realizzare o da completare al di là di generiche affermazioni circa una modifica delle convergenze viarie sul capoluogo torinese: siamo infatti convinti che l'autostrada incide sul territorio, sul quadro sociale ed economico e costituisce una variabile indipendente di sviluppo, con il preciso scopo cioè di essere essa stessa elemento di sviluppo in un contesto che tiene conto di molteplici fattori e che è troppo sbrigativo considerare, generalizzando, come modello negativo accolto acriticamente.
A questi e ad altri interrogativi fornisce alcune risposte il documento di sintesi, oggetto di specifica richiesta del Gruppo D.C., a seguito dei diversi rilievi emersi nel corso delle consultazioni. Ciò, lo ripetiamo, da un lato ci conforta circa la validità e la attendibilità politica di un certo modo di fare opposizione, dall'altro ci conferma che le osservazioni formulate non erano occasionali e di poco momento ma attenevano alla stessa ragion d'essere - oggi - di un piano regionale dei trasporti. Ecco l'antefatto della discussione che è bene chiarire proprio perché è il quadro, direi anche la chiave di lettura di quanto si verrà a dire nel dettaglio su trasporto ferroviario, trasporto su gomma, viabilità, sistema aeroportuale e le specifiche problematiche annesse.
Per il trasporto ferroviario, vorrei ribadire che l'opzione a favore di un sistema ad H - che noi preferiamo - o circolare è un problema di funzionalità tecnica e insieme di adattabilità di un modello ad una realtà contingente.
Funzionalità tecnica in quanto constatiamo che il livello di efficienza delle ferrovie italiane è abbondantemente al di sotto della media europea e che una prima proposta di intervento concerne il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie, operando sui collegamenti internazionali e sulle attrezzature di smistamento collegate, con un obiettivo di integrazione di rete interna ed internazionale.
Ma la questione va anche ricondotta alle enunciazioni programmatiche di carattere generale, per cui al sistema che verrà adottato si debbono chiedere essenzialmente due cose, entrambe riferite al riequilibrio territoriale, e da conseguirsi a tempi brevi: 1 - miglioramento dell'accessibilità comprensoriale 2 - adeguamento dei servizi periferici, prestando la massima attenzione ai rami secchi ed alla necessità al riguardo, di iniziative concrete intelligenti, ma anche decise.
A questi obiettivi va naturalmente affiancato un disegno di progressiva integrazione dei vari sistemi di trasporto che non debbono essere isole, ma cercare il modo di coesistere e contemperare esigenze e funzioni: è una visione senz'altro moderna, che può costituire la chiave di volta per progredire sul piano della efficacia concreta di un sistema di trasporti.
Le notazioni sulla viabilità e sul trasporto stradale vengono direi di conseguenza. Dicendo sì ai nuovi tracciati autostradali ed ai miglioramenti sull'esistente, ci siamo messi nella condizione di dover pensare al Piemonte come ad una regione al contempo di frontiera ed impegnata in una realtà europea.
Ciò significa, dal punto di vista della pianificazione viabile, la necessità, più volte ribadita, che il traffico scorra "oltre l'autostrada" senza creare intoppi ed ingorghi che annullerebbero più avanti i benefici dei nuovi e vecchi tracciati. L'indirizzo è valido sia per la viabilità ANAS, su cui s'è già detto molto, anche nel minuto dettaglio, sia per quella regionale o, se vogliamo, di interesse regionale, configurazione quest'ultima senz'altro nuova, ma non utopistica né irreale.
Sul piano concreto, due priorità di sicuro peso indicate dal Consiglio regionale sono: a) la creazione di una direttrice pedemontana Nord, snodantesi prioritariamente dalla Ivrea-Aosta per Biella con l'aggancio con la costruenda Voltri-Sempione b) una direttrice sud, secondo l'itinerario Cuneo - Alba - Asti Casale, in funzione di un collegamento diretto con la Lombardia ed il sudest della Francia.
Invece, sul piano politico, giova ricordare quale funzione programmatica intendiamo debba svolgere una rotabile di qualunque livello.
Pertanto, facendo giustizia anche di una realtà che è nelle cose e che ogni onesto documento di piano dovrebbe recepire, diremo che la strada è, in Piemonte, funzione del riequilibrio territoriale ed infrastruttura al servizio dello sviluppo industriale, fondamentale nel caso delle aree attrezzate. Su di un diverso versante la strada "crea civiltà" e soccorre al mantenimento degli insediamenti montani: è una funzione non secondaria soprattutto se si pensa che il terziario turistico conta, in maniera privilegiata, su questa infrastruttura per il proprio sviluppo.
Il piano regionale dei trasporti accoglie queste valutazioni? Direi che un assenso in linea di principio non elimina talune imperfezioni del documento.
Basti pensare - ad esempio - al punto dedicato alle opere in corso di realizzazione o non comportanti grossi interventi sul piano finanziario: in effetti così non è, almeno per gli interventi citati, per cui si potrebbe essere fatalmente indotti in errore, circa i tempi in cui si potrà giungere alla realizzazione delle infrastrutture viarie elencate sotto questa voce.
Il trasporto merci ha anch'esso ruolo determinante. Senza entrare a fondo nel merito sulle scelte singole e sulle modalità della loro attuazione, diremo quindi che occorre creare i presupposti per una inversione di tendenza che privilegia quasi esclusivamente il sistema stradale (87%) di trasporto merci a danno di quello ferroviario (13% ).
E' un delicato discorso di funzionalità e di rapporto costi-benefici anche all'interno dei due sistemi; ma è anche un discorso di sensibilità verso certe periferie piemontesi industrializzate (Novarese, Biellese Alessandrino) che sono ampiamente utilizzatrici di un trasporto a dimensione in prevalenza nazionale o internazionale. Centri merci come scelta opportuna, pertanto, ma necessaria è la loro dislocazione diffusa in modo da coprire esigenze ampie, anche in prospettiva di supporto al futuro sviluppo industriale ed economico.
Sulle complesse problematiche relative ai centri merci ed alla loro localizzazione riteniamo debbano comunque essere condotte ancora verifiche approfondite, poiché si tratta di iniziative che richiedono rilevanti investimenti di capitali e la loro realizzazione deve avvenire all'interno di un programma generale bene impostato.
Alcune osservazioni specifiche richiede poi il trasporto su gomma.
I dati propongono una realtà che è già preoccupante se solo percepita in superficie: abbiamo il 77,5% di tutto il traffico viaggiatori nazionale terrestre e non terrestre, che si svolge su mezzi individuali, in pratica autovetture; 111% si serve dell'autobus (extraurbani, urbani e privati); il 10% delle ferrovie e degli altri mezzi a impianti fissi; lo 0,5% riguarda il traffico aereo ed il residuo 1% altri modi di trasporto. Dall'altra parte sta invece un obiettivo più volte sottolineato di privilegiare, per una serie di fattori evidenti, e non solo di natura economica, il pubblico trasporto rispetto al privato nella nostra regione: non credo che si debba avere timore di contrastare una tendenza in atto, soprattutto se le motivazioni sono valide. C'è invece da chiedersi il perché di questa scelta financo esasperata dell'utente: è un perché che risiede nella bassa qualità pressoché generalizzata del servizio, bassa qualità che spesso è paradossalmente coincidente con un costo gestionale assai elevato e che nel caso delle municipalizzate - incide pesantemente sul deficit degli Enti locali.
Costo che sicuramente può e deve essere contenuto, se facciamo riferimento all'enorme disparità esistente tra i costi delle aziende pubbliche (oltre 1.600 L./Km) e delle aziende private concessionarie di autolinee (700 L./Km): è un dislivello certamente strutturale, sulle cui ragioni occorre indagare a fondo per dare credibilità ad una operazione di sostegno al trasporto pubblico, che vede contemporaneamente impegnati parte pubblica ed imprenditori privati con diversi canoni di efficienza produttiva e di capacità economica.
Anche la legge nazionale si pone questo problema, che non si traduce solo in una questione tariffaria, ma nell'insieme delle misure che l'Ente e per noi la Regione, deve adottare perché certi squilibri (è solamente del 23% il rapporto costi ricavi come media nazionale) possono essere colmati ed il livello di servizio salga a livelli accettabili.
La legge finanziaria da poco approvata dal Consiglio regionale potrebbe, in coerenza con gli obiettivi di piano, avviare un processo di segno diverso, atto a dare al pubblico trasporto su gomma una dimensione più umana.
Credo però che mai come in questo settore ci vogliano verifiche puntuali a distanza di tempo: in questo senso già sin d'ora sembra di poter richiamare l'attenzione del Governo regionale su questi punti: 1) esiti e bilanci di pubblicizzazioni e ristrutturazioni effettuate 2) stato delle municipalizzate della Regione in parallelo con le corrispondenti strutture pubbliche 3) risultati degli esperimenti tariffari effettuati, quali il bus-pass in provincia di Vercelli 4) valutazione complessiva degli interventi sugli autoservizi privati.
La fase attuativa del piano passa anche attraverso questi momenti, che sono più propriamente gestionali ed operativi ma che certo danno la misura della attendibilità di determinate previsioni che la comunità piemontese vede già ora nella loro pratica espressione.
Il trasporto aereo, infine.
Abbiamo due centri di interesse, cui dedicare attenzione partendo anche dalla premessa che l'aereo ha più che mai necessità di "integrarsi" con gli altri sistemi di trasporto, in quanto ha problemi di accessibilità alle stazioni aeroportuali, di collegamento tra di esse ecc. Per il Piemonte i nodi da sciogliere sono Caselle e gli aeroporti cosiddetti minori.
Se si parte dunque dalla consapevolezza che Caselle è importante e che l'attuale livello di sottoutilizzazione dipende precipuamente dalle carenze di varia natura cui ormai da tempo occorre porre rimedio, si vedrà che una politica - anche rigorosa - del pareggio a bilancio della società di gestione può risultare riduttiva e fors'anche non realistica se ad essa non corrisponde un'energica azione volta ad eliminare le carenze strutturali dello scalo.
Carenze strutturali, detto per inciso, che fanno sì che delle circa 80 mila tonnellate di merci che annualmente l'industria piemontese avvia al mezzo aereo, solo per il 20% ci si avvalga dello scalo torinese. Diciamo allora che Caselle deve essere portato al rango ed al ruolo che svolge nel contesto europeo la regione che lo ospita, e che deve servire - direi anche privilegiare - a livello di accessibilità, un'ampia fetta di utenza della comunità piemontese. Questo discorso, mi pare ovvio, non è preclusivo nei confronti degli altri centri regionali dotati di infrastrutture aeroportuali, anzi serve a chiarirne gli ambiti ed a delineare i ruoli.
Levaldigi e Cerrione, ad esempio, non sono alternativi bensì complementari a Caselle, anche se ciascuno di essi ha problematiche specifiche per pervenire ad una piena funzionalità. Già sin da ora, comunque, per questi e quegli altri centri riconoscibili "utili" ai fini di una programmazione oculata, occorre sfruttare quanto essi sono in grado di dare.
Servizi di aerotaxi, di voli charter minori, di piccolo turismo sembrano ipotesi già praticabili, così come un certo sviluppo nel trasporto merci può essere analizzato come sfruttamento di potenzialità esistenti accanto alla prospettiva, su cui concordiamo, di una partecipazione della Regione al capitale azionario delle rispettive società.
A questo punto, dunque, per giungere a delle conclusioni complessive su di una materia invero ponderosa e già oggetto di particolareggiate disamine occorre andare alla sintesi più estrema.
La nostra critica non si è mai esercitata sui modelli seguiti per l'analisi, necessariamente teorici, né sulla consequenzialità delle scelte in omaggio allo schema adottato.
Abbiamo criticato il metodo, quando esso è diventato troppo dilatato e ripetitivo; abbiamo obiettato che la realtà nazionale è tutt'altro che inerte, come a volte viene presentata; ci è sembrata un po' logora una metodologia di programmare noi come Regione e di far riferimento quasi totalmente ad altri centri per il capitolo risorse, senza esercitare forse la necessaria fantasia per reperirne di alternative. Anzi, il riferimento ci obbliga a ricordare come sia avvertibile uno scollamento fra i documenti di piano e quelli finanziari in quanto avremmo voluto vedere, in relazione ad alcune scelte specifiche, contemporanee proposte di modifica, ad esempio, del bilancio pluriennale di competenza della Regione Piemonte.
Abbiamo dunque fatto parecchi rilievi nel merito, della cui bontà è testimone anche il documento di sintesi, l'ultimo nato di quella lunga fase programmatica. Tuttavia non ci pare equo sfuggire ad un giudizio articolato che tenga conto dello sforzo messo in atto dall'Assessorato al fine di acquisire un documento guida o, quanto meno, un documento di riferimento per la politica dei trasporti in Piemonte negli anni futuri.
Possiamo dire che avvertiamo se non un vero salto di qualità rispetto ad un piano di sviluppo, che vediamo tutti i giorni messo in discussione e contraddetto, certo uno sforzo ed una disponibilità maggiore: la grossa lezione che da quel piano ci viene consiste anche nell'elasticità, nella duttilità che ogni atto di programmazione richiede in tempi di rapidi mutamenti sociali ed economici, senza il timore di trincerarsi di fronte a scelte immutabili, anzi con il coraggio di rinnegarle, qualora la realtà le dimostri errate.
Questa duttilità è del piano dei trasporti? Il metro di giudizio di oggi può essere parziale, perché il documento deve ancora conoscere l'impatto più grosso con la realtà regionale. C'è però un fattore che potrà essere obiettivo, metro di paragone. Il problema energetico è già di adesso, con la prospettiva di diventare più spinoso, più delicato, più allarmante col passare del tempo.
E' evidente che una pianificazione "saggia" in materia di trasporti pu significare molto nel contesto di un risparmio energetico (e qui parliamo di economicità di gestioni di cui siamo direttamente o indirettamente responsabili); ma può anche significare moltissimo se, modificando in maniera consistente l'attuale squilibrio dell'utenza a beneficio del privato, consentirà, con l'opzione verso il trasporto pubblico, una migliore utilizzazione delle calanti risorse petrolifere ed un sostanzioso risparmio nella quota di consumi riservata al settore.
Ecco che questo metro di giudizio, persino impietoso, se vogliamo permetterà anche nel breve periodo di fare un bilancio dell'operatività di questo piano, esprimendone la concreta presa su una realtà obiettivamente difficile.
Un piano a cui noi possiamo dare alcuni riconoscimenti di segno positivo che accompagniamo tuttavia ad una critica non di maniera ma sostanziale, in quanto crediamo di riconoscere alcuni punti che, senza presunzione, sono le nostre raccomandazioni che vorremmo tenute presenti perché importanti per la comunità regionale.
Crediamo in rapporti chiari, dialettici e non antagonistici, tra Regione, Ferrovie dello Stato e ANAS; lo stesso dialogo serrato andrà tenuto col Governo sulla grossa tematica del piano nazionale dei trasporti e sul problema autostradale; allo stesso modo, occorrerà evitare di considerarci un'isola avanzata e di intensificare i contatti periodici sulle singole questioni con le regioni limitrofe, italiane o non italiane.
Bisognerà ancora sottoporre il piano dei trasporti a periodiche verifiche ed a valutazioni di coerenza con gli obiettivi generali del piano di sviluppo e particolari dei piani comprensoriali, ad evitare divaricazioni nel campo delle scelte concrete; occorrerà infine, lo ribadisco, usare anche il strumento del piano per far fronte ai problemi energetici in maniera organica e non occasionale.
Queste raccomandazioni danno il senso del lavoro svolto dal Gruppo D.C., sul piano dei trasporti: un lavoro privo di preconcetti, anche se sovente critico, condotto lungo tutto l'arco della fase elaborativa senza ricerca, né lo potevamo oggettivamente, di consenso, privilegiando l'analisi alla polemica.
L'apporto costruttivo non si confonde mai con il 'adesione politica soprattutto se sviluppato in termini rigorosi, avendo riguardo alle esigenze vere della comunità piemontese; la quale, mi auguro, avrà, nel concreto dell'applicazione del piano dei trasporti, a giovarsi di questo apporto, apprezzandolo nel suo significato più vero.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bono. Ne ha facoltà.



BONO Sereno

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il piano dei trasporti che è oggi all'esame del Consiglio, dopo un assai ampio dibattito con la comunità locale, è sicuramente il primo piano in assoluto, organico, che viene realizzato dalla nostra Regione e non soltanto dalla nostra Regione.
Quello che stiamo esaminando è il primo piano in assoluto, organico completo, valido che viene realizzato nel nostro Paese, e ritengo che l'averlo realizzato con una sì ampia partecipazione rappresenti una visione ed un metodo politico corretto che fa onore all'attuale maggioranza, in quanto fissa un quadro di certezze per tutta la comunità regionale, in quanto programma il massimo rendimento nell'uso delle risorse disponibili che non sono infinite, ed in quanto, diciamolo francamente, combatte un certo metodo clientelare e alcune spinte negative al localismo che si sono manifestate, che si manifestano tuttora.
Io sono convinto che se il metodo della pianificazione e della programmazione fosse stato anche il metodo del Governo nazionale forse il Paese non si troverebbe nell'attuale marasma economico.
La metodologia seguita dalla Giunta nella realizzazione di questo piano è un altro aspetto di insegnamento e merita meditazione. La relazione dice che sono stati tenuti sei convegni specifici settoriali, con circa 3500 partecipanti e con 200 interventi.
Vi sono stati due cicli di dibattito in tutti i Comprensori: per la presentazione delle proposte di piano per il dibattito sui contenuti.
A questi convegni e dibattiti nei Comprensori hanno partecipato tutte le categorie economiche e sociali del Piemonte e tutti i cittadini che sono impegnati nella pubblica Amministrazione.
In questo quadro, oltre ad una verifica così ampia delle proposte che venivano fatte, dobbiamo anche registrare e non sottovalutare a mio parere quell'aspetto di crescita democratica che un dibattito cosi ampio ha determinato nella Regione.
E' la prima volta, colleghi Consiglieri, che problemi grandi, quali sono quelli della sistemazione ferroviaria e della grande viabilità statale, vengono affrontati in modo aperto e pubblico con tutta la cittadinanza e con tutti gli operatori interessati. Fino ad ora il privilegio di esaminare e di dibattere questi problemi è stato di poche categorie, è stato di pochi esperti. Oggi è diventato invece, con l'occasione del piano regionale dei trasporti, un problema generale di patrimonio pubblico, e in tutte queste occasioni dobbiamo riconoscere con compiacimento che vi è stato un dibattito altamente civile, anche se ha registrato dei momenti necessariamente dialettici.
Del dibattito che si è avuto sia a livello dei Comprensori, sia a livello dei convegni, è uscito il sostanziale accordo sulla impostazione di piano che era stato presentato e sono emerse anche proposte migliorative che in larga misura sono state recepite nella stesura finale del piano.
Il piano che oggi abbiamo di fronte, al di là delle polemiche che possono sorgere per difesa di bandiera, rappresenta sicuramente una visione coordinata ed organica di tutte le forme di trasporto che vengono utilizzate e che esistono in Piemonte. Non è un piano che vede la strada a scapito della ferrovia o viceversa, ma è un piano che vede in modo correlato i problemi che interessano il riassetto ferroviario, la sistemazione stradale, i trasporti viari e i trasporti via acqua per ci che contano in una Regione come la nostra.
Con questo piano si supera il pressapochismo, soprattutto culturale, ed alimentato dal clientelismo, degli interventi settoriali e "alla giornata" che sono stati fino ad ora operati nel nostro Paese.
Vi è in esso una forte rivalutazione dell'ingente patrimonio ferroviario regionale, patrimonio che solo pochi anni fa veniva indicato come necessario di un grosso ridimensionamento, e anche oggi vi sono forze che a questo ridimensionamento aspirano.
Il patrimonio ferroviario della nostra Regione che, dobbiamo dirlo con molta franchezza, in modo critico ed autocritico, anche per quello che non abbiamo fatto o dai banchi della maggioranza o dai banchi dell'opposizione è stato troppo maltrattato negli ultimi 30 anni.
Con questo piano, infine, si evitano gli sperperi di risorse, come si è ampiamente verificato in passato, e che, come tutti sappiamo, sono limitate e non sicuramente infinite.
Uno degli aspetti peculiari del piano, che deve essere opportunamente sottolineato, è che esso si propone l'obiettivo, in stretta armonia con il piano di sviluppo della Regione, di promuovere il riequilibrio economico e degli insediamenti nella Regione stessa, equilibrio che è saltato, non lo dobbiamo mai dimenticare, a causa dello sviluppo caotico ed anarchico provocato dalla prevalenza della spinta degli interessi privati rispetto agli interessi della collettività e che è stato realizzato nell'assoluta assenza di pianificazione o più semplicemente di guida nazionale o addirittura perché l'intervento pubblico, come spesso avveniva si poneva in coda a servizio e a sostegno degli obiettivi privati.
L'obiettivo del riequilibrio è stato uno degli aspetti che ha suscitato maggiore interesse nel dibattito nei Comprensori periferici, che sono stati i più emarginati, dalle scelte politiche del passato, sui quali gravano ancora oggi gli effetti dello sviluppo abnorme realizzato nel Paese e che stanno ancora pagando un prezzo altissimo in termini di disinvestimento industriale e in termini di abbandono della montagna con tutte le pesanti conseguenze che questo comporta. I punti fondamentali di questo programma di riequilibrio vanno individuati nella rivalutazione della Pedemontana che dal Cuneese porta ad Arona. Attraverso questa struttura ci si propone di rivitalizzare, o comunque di contribuire alla rivitalizzazione, delle economie particolarmente depresse, attraverso questa realizzazione si tende a bloccare quel processo di "pianurizzazione" che ha determinato spopolamento e miseria in tante zone dell'arco alpino piemontese ed in particolare nel Biellese.
L'asse Voltri-Sempione è un altro importante momento in questo piano: in esso questo problema trova una puntualizzazione precisa e corretta, che supera decenni di pressapochismo e di sterili polemiche tra i Partiti di maggioranza governativa sulle caratteristiche e sui tracciati che venivano proposti. Quest'asse, per il coordinamento tra il piano dei trasporti e il piano di sviluppo generale e di assetto del territorio, attraversa e interessa tre aree particolarmente colpite dal disinvestimento occupazionale che sono state individuate dalla nostra Regione come aree di incentivazione industriale: le aree di Casale, di Vercelli e dell'alto Novarese.
La direttrice Cuneo-Novara è un altro momento importante del piano. Vi è poi il grosso problema della viabilità in Valle di Susa sul quale altri compagni del mio Gruppo interverranno.
Per il riequilibrio del trasporto in Piemonte abbiamo le proposte che interessano il sistema ferroviario. La soluzione portante è rappresentata dalla proposta del sistema ad "H" che tende ad abbracciare l'intera Regione: il centro intermodale di Orbassano, per quanto si riferisce al trasporto merci, e lo scalo ferroviario di Domo 2.
Certo questo piano, per la sua complessità, non può essere realizzato con le sole forze della Regione, ma essa, qualunque maggioranza la regga sono sicuro farà la sua parte. La parte maggiore nella realizzazione del piano spetta allo Stato sia per le ferrovie che per L'Anas. Il piano non è stato realizzato con visione di abbondanza, ma sulla base delle reali disponibilità del Paese senza forzare o mettere in difficoltà altri, non intendendo respingere proposte serie; si tratta di programmare gli interventi e di utilizzare le risorse disponibili nel miglior modo.
La parte regionale del piano implica la competenza degli Enti locali Province e Comuni, che vengono chiamati a completare il piano regionale contestualmente con l'attuazione del piano stesso e con la realizzazione di piani di trasporto a livello comprensoriale, lavoro già in fase sufficientemente avanzata che comprenda interventi per la viabilità minore altrettanto importante.
Il piano è un importante contributo collaborativo della Regione allo Stato e rappresenta una precisa indicazione qualitativa e quantitativa delle priorità degli interventi. Esso, nei confronti della popolazione rappresenta un punto di riferimento importante in termini di sicurezza, per i tempi e per i modi. Riteniamo che l'esame di questo piano debba essere affrontato con serenità e con il massimo impegno perché esso rappresenta uno sforzo considerevole, un salto culturale e di metodo compiuto nella gestione della pubblica Amministrazione da parte della Giunta regionale del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Cerco di inserirmi nel discorso partendo da considerazioni più generali, affrontando il problema più specifico che emerge dalla lettura del piano, cioè l'impatto del plano stesso con la realtà piemontese, in particolare con quella fetta del territorio piemontese che confina con la Liguria e con la Francia meridionale.
Il problema dei rapporti con la Liguria è stato affrontato tardi da parte della Giunta regionale. C'è stata un'occasione non molto lontana che è stata offerta da una polemica, un po' da strapaese, nata tra Genova e Cuneo, polemica che è subito rientrata ma che comunque ha lasciato aperti alcuni problemi di fondo, problemi che ho cercato di vedere se la stesura definitiva del piano dei trasporti affrontava. Dato che ho la sensazione che non siano stati affrontati e che quanto meno le risposte date siano insufficienti, e visto che dei rapporti con la vicina Liguria non si è parlato molto nel corso delle sette Conferenze sul traffico che sono state organizzate, mi permetterei di portare alcuni dati che hanno naturalmente un'origine ufficiosa, nel senso che la Regione Liguria non ha un documento specifico di piano di trasporti, ha un documento preliminare di piano di sviluppo e pare che abbia fatto proprio, trasferendolo alla sede competente della Commissione, lo studio Italimpianti che a suo tempo era stato commissionato dal Ministero del bilancio e della programmazione e dalla Regione Liguria. Inoltre, i dati che esporrò e che sono significativi ai fini di esemplificare quanto le decisioni della vicina Regione possono influire sull'assetto del territorio del Piemonte sud, li ho ricavati dagli atti della Conferenza del Porto di Genova, dallo studio Marconsult, che è stato commissionato dal porto di Savona, dal piano regolatore di Imperia e naturalmente dallo stesso studio dell'Italimpianti sopra ricordato.
Non mi soffermerò a fare esami troppo analitici ma ritengo opportuno ripetere alcuni dati che rivelano la grave crisi complessiva dei porti liguri e alcune esemplificazioni pratiche. Il movimento merci dei porti del 1967 era di 66 milioni di tonnellate globali; quello del '76 era di 77 milioni di tonnellate: un aumento annuo inferiore al 2 %. Entro questi dati globali si legge un costante leggero incremento dei trasporti merci nei porti di Savona e di Imperia e un andamento irregolare e preoccupante del porto di Genova: 1968, 51 milioni di tonnellate; 1973, 61 milioni di tonnellate; 1977, 51 milioni di tonnellate. Le cause di questa crisi sono sì nella crisi petrolifera che ormai ci condiziona (normalmente queste tonnellate vengono divise in merci liquide e in merci secche data la grande importanza che l'importazione di merci liquide come il petrolio riveste nel movimento merci di quei porti), ma anche nei ritardi programmatori e soprattutto nel potenziamento corrispettivo del porto di Marsiglia Foss che viene considerato ancora come un grosso pericolo mentre dobbiamo incominciare a considerare il porto di Marsiglia Foss come una realtà insopprimibile, alla quale dobbiamo coordinare il sistema dei porti liguri allo scopo di avere un sistema coordinato dei porti nel Mediterraneo.
Rimedi che vengono proposti: potenziamento del porto di Imperia che dovrebbe passare da 166 mila tonnellate attuali a 700-800 mila tonnellate nel 1989, specializzato in cereali, oli, agrumi, merci secche affiancamento al porto di Savona del porto di Vado con il passaggio dagli attuali 5 milioni di tonnellate di merce secca a 12 milioni di tonnellate affiancamento a Genova del porto di Voltri. Conseguenza indotta di questa politica di integrazione e di potenziamento dei porti liguri: esigenza dello sviluppo dei collegamenti col retroterra, ferroviari e stradali, con il retroterra ligure e piemontese individuazione di aree di snodo e di sviluppo industriale.
Sulle grandi arterie di collegamento merita di essere rilevata la differenza di prospettiva con cui vengono avanzate le proposte da parte delle Regioni Piemonte e Liguria. Mi soffermo sui collegamenti di maggiore rilievo. Autostrada Voltri - Sempione, la troviamo sia nel piano di trasporto sia nella programmazione ligure. La Liguria lo vede come collegamento con il mercato europeo attraverso il traforo del Sempione. Il Piemonte lo vede invece come arteria di riequilibrio interno, una delle gambe del cosiddetto sistema ad H, almeno così è dato di capire perch sullo sbocco finale dell'autostrada Voltri - Sempione il piano dei trasporti non dice niente; dirà qualche cosa a livello ufficioso con documenti allegati, sui quali ritornerò alla fine del mio intervento, ma ufficialmente non dice niente, la considera anzi un'arteria di riequilibrio interno.
Sulla direttissima ferroviaria dei Giovi la Liguria fa questa proposta perché la vede come un'esigenza di collegamento non soltanto col mercato del nord Italia ma col mercato europeo.
Il Piemonte su questa proposta non si pronuncia, ma fa capire che a tempi brevi una proposta di questo genere non è opportuno che venga fatta propria, anche dal piano dei trasporti della Regione Piemonte.
Sulla ferrovia Savona - Ceva - Torino la Liguria propone il raddoppio fino a Ceva con penetrazione verso il mercato del Piemonte. Il Piemonte parla di un consolidamento del doppio binario fino a Ceva, proponendo un raddoppio della linea Cairo - Ceva diviso però in due tempi; tempi immediati e a medio termine, il che vuol dire che c'è la tendenza a guidare il riequilibrio territoriale da Torino piuttosto che facilitare le aggregazioni a livello periferico che sono necessarie ed indispensabili perché il riequilibrio territoriale avvenga non tanto per volontà del re ma avvenga perché alla periferia c'è una possibilità di aggregazione di economie.
Sull'autostrada Torino - Savona, la Liguria parla del raddoppio come strada di penetrazione commerciale. Io, sinceramente, mi aspettavo su questo argomento, sia pure dopo il voto che è stato espresso in questa sede che tiene conto dei limiti delle leggi nazionali, un pronunciamento da parte del piano dei trasporti meno tiepido e meno ancorato a giudizi acquisiti nel passato e che ritenevo in parte superati almeno da quel chiasso che si è fatto attorno a questo problema quando i morti sull'autostrada l'hanno sollevato. Invece si continua a dire che questa in definitiva è una di quelle strade che serve per la villeggiatura e per il week-end e non è suscettibile di essere considerata come un'autostrada che può facilitare il riequilibrio territoriale essendo finalizzata anche al trasporto merci più che non al trasporto cosiddetto turistico.
Anche per non dare la sensazione che il mio giudizio sia preconcetto mi torna utile leggere alcune righe che sono state recentemente pubblicate in un articolo della rivista del Porto di Savona che conferma questa mia opinione e che dimostra come Savona voglia dare all'arteria autostradale un significato di collegamento con il mercato del retroterra e come sia molto più preoccupata di questo che non delle esigenze di carattere turistico.
Dice: "Sul n. 30 di Informazioni Piemonte, il settimanale dell'Ufficio stampa della Regione, si legge: 'Nata come autostrada delle vacanze classico simbolo di una Italia che cominciava a conoscere la seconda casa al mare e l'utilitaria per tutti, la Torino - Savona si è trovata in questi ultimi anni con un fardello ben più pesante da portare' ".
In realtà questa affermazione non viene contestata per quanto riguarda l'ultima parte, però contiene un errore che è quello che desidero evidenziare. Infatti l'autostrada non era nata tanto in funzione delle esigenze turistiche quanto di quelle portuali e della loro correlazione industriale, prova ne sia che l'apertura di una comunicazione autostradale fra Savona e il suo più naturale retroterra era stata lungamente auspicata dagli ambienti portuali savonesi.
Il piano dei trasporti, che all'inizio noi avevamo giudicato un po' troppo chiuso nella considerazione della pura realtà piemontese, come se il Piemonte vivesse isolato dal contesto italiano interregionale ed internazionale, si è aperto tardi verso l'esterno e siamo quindi ancora lontani da una visione integrata di piani regionali.
La seconda conseguenza indotta della politica di integrazione e potenziamento dei porti liguri è l'individuazione delle aree di snodo e di espansione industriale.
In questa prospettiva va rilevato che solo per il porto di Imperia c'è una concordanza di impostazione tra le proposte della Liguria e il piano di trasporti piemontese che prevede un più razionale utilizzo della linea ferroviaria Cuneo-Limone-Ventimiglia-Imperia, e un'adeguata sistemazione della statale 28 anche in Valle Tanaro. Prendiamo atto che sul piano dei trasporti si parla di investire rapidamente, sulla sola statale 28, 28 miliardi e 600 milioni. Ritengo che sia dovuto ad una pura dimenticanza altrimenti dovrei diventare cattivo quando non lo voglio, il fatto che siano previsti finanziamenti su tutta la statale 28 fino a Garessio; nel tratto invece da Garessio a Ormea, Cantarana, Pieve di Teco, cioè nel tratto di collegamento con la provincia di Imperia che nel suo versante ha gia ormai quasi ultimato i lavori, non sono previsti finanziamenti. Se l'Assessore vorrà poi smentirmi io sarò lieto di dargli atto che non sono riuscito a trarre questo elemento dal piano dei trasporti. Invece, non c'è discordanza di impostazione ma, quel che è peggio, assoluta indifferenza del piano piemontese nei confronti della proposta ligure di creare una grande area retroportuale ligure.
Vediamola brevemente da vicino. La Liguria, per alleggerire il traffico costiera propone il potenziamento della linea ferroviaria interna Savona Cairo - Acqui - Alessandria e la realizzazione dell'autostrada Altare Carcare Predosa, con una duplice finalità: di promuovere l'espansione dell'area industriale della Valle Bormida di Spigno, che è estremamente complementare all'economia del Savonese (per altro è un impianto industriale che è suscettibile di un ampliamento se si tiene conto del potenziamento del porto previsto a livello di merci secche) chiudere il circuito che ha per estremi Genova, Rivalta Scrivia Predosa, Acqui, Carcare, Savona, realizzando, immediatamente alle spalle dell'Appennino, un sistema integrato industriale e di servizi che verrebbe ad essere in funzione del sistema integrato portuale Genova - Voltri Savona - Vado.
Il nostro piano dei trasporti rimane nel vago. Propone il o snodo ferroviario di Cairo Montenotte e accetta il potenziamento della linea Savona - Cairo - Acqui - Alessandria. Non parla dell'autostrada Altare Carcare - Predosa, ma conviene sull'opportunità di rapide comunicazioni stradali. Questo è quanto riusciamo a dedurre dalla lettura dei dati del piano.
Diventa quindi legittimo chiedere alla Giunta: se intenda o meno assecondare il programma dell'area retroportuale ligure se non ritenga, ai fini di un riequilibrio economico territoriale piemontese, proporre delle alternative al programma ligure perché il riflesso positivo del potenziamento dei porti venga distribuito equamente in una più vasta area del sud Piemonte con particolare riguardo alle aree depresse del Cebano e del Monregalese.
Chiuso con questi grossi interrogativi l'esame del piano dei trasporti nelle sue interconnessioni con la programmazione ligure, mi soffermer brevemente sui collegamenti stradali internazionali del Piemonte sud. Va subito detto che non c'è solo il problema del Ciriegia Mercantur. Su Cuneo gravitano due valichi di importanza notevole a livello internazionale che sono il valico di Tenda e della Maddalena, i cui transiti turistico commerciali devono essere incrementati: su questo mi pare di esprimere non soltanto un parere del mio Gruppo, ma un parere ormai acquisito anche a livello di Giunta, almeno stando agli stanziamenti che sono stati fatti in questa direzione. Come possono essere incrementati questi transiti? Possono essere incrementati eliminando l'imbuto di Borgo San Dalmazzo e realizzando l'asse di collegamento Cuneo - Fossano - Bra - Alba - Asti eliminando fra l'altro anche la stortura dell'unico capoluogo di provincia non ancora raccordato ad autostrade. Il piano dei trasporti prevede degli interventi urgenti e io rimango sinceramente allibito. Ho trovato degli stanziamenti così fuori del normale, così ingenti, che ho avuto la sensazione che si sia gettata lì una manciata di miliardi tanto per fare stare buoni i cuneesi.
Ma questi dati di per sé dicono che la Giunta regionale ha rilevato l'importanza del fatto che ci siano per la provincia di Cuneo esigenze di intervento immediato a livello programmatorio e di equilibrio territoriale di inserimento della realtà cuneese nel tessuto più vivo della realtà piemontese ma non si fanno delle scelte precise. Vengono proposti negli interventi urgenti 274 miliardi sulla direttrice tra Borgo San Dalmazzo Cuneo - Fossano - Alba, poi ci sono ancora 13 miliardi e 500 milioni a medio termine. Viene messo a medio termine l'unico progetto esecutivo che è già stato approvato sei anni fa dall'ANAS e che non ha trovato esecuzione.
Se si vuol dare la sensazione a livello locale che c'è la preoccupazione per questo problema, queste sono cifre ad effetto; se invece si vogliono leggere queste cifre per quello che dicono, noi dobbiamo dare un significato estremamente negativo. Se esiste, almeno a livello di cifre da stanziare, una realtà talmente grave in provincia di Cuneo che può essere soltanto rapportata alla realtà della viabilità nella Valle Susa e della viabilità nel sistema delle comunicazioni dell'Alto Novarese, allora era doveroso, anche per la provincia di Cuneo, fare un capitolo a parte come lo si è fatto per la Valle Susa e fare un capitolo a parte, come lo si è fatto per l'Alto Novarese, stanziando la lira simbolica della Regione per un intervento diretto. Su questa strada c'erano anche dei precedenti. Non diciamo che la Regione non può intervenire su questa direttrice perché si tratta di una strada di competenza dell'ANAS. Intanto ci sono alcune varianti come quella da Fossano - Bra - Alba che lasciano fuori Bra ed escono dal vecchio tracciato, ma ci sono dei precedenti di accordi assunti dalla Provincia di Cuneo con L'ANAS per la realizzazione della sopraelevata di Alba, che hanno visto un impegno dell'Amministrazione provinciale di 2 miliardi circa e un impegno altrettanto importante di 3 miliardi da parte dell'ANAS.
Se ci fosse stata la volontà reale di individuare un progetto anche per la provincia di Cuneo, visto che esistono necessità pregresse che devono essere soddisfatte, queste cifre avrebbero avuto una maggiore credibilità che invece non hanno, tanto più tenendo conto dell'ultima ripartizione di fondi fatta dall'ANAS: non possiamo dimenticare che su 110 miliardi stanziati per l'ultimo programma triennale dell'ANAS, meno di 5 miliardi sono venuti alla provincia di Cuneo. Quindi, se non sono sorretti da un progetto specifico ad hoc, non so come potremo essere sufficientemente convincenti per costringere un'Amministrazione diversa da quella regionale ad intervenire laddove la Regione non ha dimostrato di intervenire con una lira simbolica.
Dirò ancona un'ultima parola sul Ciriegia Mercantur. Devo dare atto all'Assessore Bajardi di aver rotto ogni schematismo nei confronti di questo problema e di averlo affrontato, soprattutto ultimamente, con coraggio e con un adeguamento alle realtà delle cose che devono essere affrontate, il che gli torna tanto più a merito in quanto all'inizio c'era una posizione pregiudiziale negativa.
Queste cose emergono però più che dal piano dei trasporti dai documenti ad esso allegati: uno di essi è quello dell'affidamento all'IRES di un progetto di ricerca per le comunicazioni fra l'Italia e l'estero. Dato atto del pragmatismo del Vicepresidente e della sua buona volontà, pur rendendomi conto dei limiti territoriali di competenza, che non possono però sempre essere invocati, la Regione Piemonte se vuole collaborare alla programmazione nazionale dovrà anche dire quale è il suo parere preciso su certe linee di comunicazione a livello internazionale, anche se non sono di sua diretta competenza. Naturalmente allo sbocco delle due direttrici Voltri - Sempione e Cuneo - Asti, dovrebbe esserci un traforo. Capisco che diventa difficile per un'Amministrazione di sinistra, che ha chiuso la precedente legislatura con la polemica sul Frejus, arrivare alla fide della legislatura attuale a concludere con l'esigenza di due altri trafori. Detto questo, l'ipotesi di studio assegnato all'IRES mi lascia estremamente perplesso nel senso che sono ipotizzate diverse soluzioni. Una di queste è quella che dice "nessun traforo", e potrebbe andare benissimo, perché, sia chiaro, noi non facciamo della politica dei trafori la politica prioritaria, il trafori se servono al riequilibrio territoriale e alle comunicazioni internazionali si fanno, diversamente non si fanno.
L'interessante è che si dica se si debbano ancora fare dei trafori in Piemonte e dove si devono fare.
La seconda ipotesi, invece, lasci estremamente perplessi: vengono messi in alternativa il traforo del Ciriegia o di S. Anna col traforo del Colle della Croce e il traforo del Colle della Scala e il traforo del Sempione.
Una non scelta che a mio modo di vedere è estremamente negativa, perch non si può mettere l'ipotesi del traforo del Ciriegia in ballottaggio con l'ipotesi del traforo del Colle della Croce e del Colle della Scala; non è più ipotizzabile un altro ulteriore flusso di traffico da Marsiglia e dall'Europa sud-occidentale sull'area di Torino: lo sbocco deve essere diverso. Si può accettare l'alternativa tra il traforo del Ciriegia e il traforo del Sempione, ma non si può assolutamente accettare l'alternativa del traforo del Ciriegia con il traforo del Colle della Croce.
Come dimostra di sapere la Giunta con l'ultima relazione affidata all'Assessore Rivalta, sappiamo benissimo anche noi quali implicanze ha una scelta a livello di comunicazione dei trasporti nella politica di riequilibrio regionale. Allora diciamo che questa ipotesi, come le ipotesi A, AB, AC, AC4 che sono progettate nello studio IRES, vanno completamente riviste. Non è ipotizzabile, dopo quattro anni di discussione sul piano dei trasporti, che ci siano ancora dei dubbi sull'opportunità o meno di gravare ulteriormente sulla Valle di Susa e sull'area torinese volendo perseguire obiettivi di programmazione.
Per gli interrogativi che rimangono ancora aperti nei confronti della Liguria, i cui programmi non vanno accettati passivamente ma vanno utilizzati sia pure a livello di accordo; per i giudizi negativi su alcuni finanziamenti che, secondo me, sono troppo massicci; per l'esigenza di revisione dello studio affidato all'IRES, il mio giudizio è fortemente critico. Mi rendo però conto di quanto affermava il collega Petrini del notevole sforzo che assieme siamo riusciti a fare, per dare un maggior respiro ed un'incidenza più positiva sul territorio piemontese al piano dei trasporti, così come ci è stato presentato nella stesura finale. Pertanto il mio giudizio critico verrà portato in sede di Gruppo per una valutazione più globale e complessiva tale da determinare la posizione del Gruppo della D.C.



PRESIDENTE

E' iscritta a parlare la signora Graglia Artico. Ne ha facoltà.



GRAGLIA Anna

E' a tutti nota l'importanza che riveste il sistema dei trasporti sul complesso sviluppo della nostra realtà regionale, così come le relazioni degli Assessori Bajardi e Rivalta hanno evidenziato.
I trasporti hanno diretta incidenza sul modello di sviluppo. Non a caso il vecchio meccanismo di sviluppo poggiava sull'automobile e sul fine che l'automobile doveva raggiungere quale industria trainante nell'ambito della Regione e del Paese. La materia ha importanza notevole per le comunicazioni che sviluppa, per le aree che tende a servire, per le industrie di produzione dei mezzi e del materiale rotabile. Questo che abbiamo di fronte è un importante piano di settore: è il primo piano regionale dei trasporti del nostro Paese. Esso è stato realizzato da una Regione che ha dovuto operare senza poter relazionarsi ad un piano nazionale dei trasporti. Il piano pone evidentemente obiettivi che non possono essere tutti interni alla Regione, ma che hanno implicanze sul piano nazionale e su quello internazionale per la funzione di confine che ha la nostra Regione.
Crediamo che la proposta di piano dei trasporti avanzata dalla Giunta risponda pienamente agli obiettivi del piano di sviluppo, obiettivi che pongono la questione del rilancio e dello sviluppo del Mezzogiorno e quindi mette in evidenza la funzione che il Piemonte ha svolto e può svolgere anche a livello nazionale su questa grande questione che continua ad essere l'elemento di fondo della situazione economica del Paese. Nello stesso tempo la proposta di piano dei trasporti risponde agli obiettivi del piano di sviluppo regionale in quanto dà risposte precise e puntuali allo sviluppo delle aree deboli ed emarginate della Regione; pone con chiarezza le questioni del decentramento del polo torinese e la rivitalizzazione delle aree decentrate, che hanno subito il più grave depauperamento, a causa del modello di sviluppo degli anni passati, come le zone montane, le aree del Monregalese, dell'Alto Novarese, l'area di Casale, quella della Val Sesia, il Vercellese. Zone che erano già state individuate come aree in declino alle quali oggi se ne aggiungono altre particolarmente bisognose di interventi e di una risposta più puntuale a livello economico e di sviluppo. Il piano regionale dei trasporti risponde a questi obiettivi e proprio perché si inserisce in quel discorso di confronto, di piano processo - avvia ulteriori approfondimenti per effettuare scelte sulla base di studi e ricerche seri sui rapporti tra il Piemonte e le nazioni confinanti, Francia e Svizzera, fra il Piemonte e la Liguria.
Nei mesi scorsi si è molto parlato della questione dei porti liguri e anche nella seduta di questa mattina la questione è stata richiamata per la connessione che essa ha con la materia dei trasporti e il riflesso immediato sulla realtà regionale piemontese. A tale riguardo il nostro piano, pur avviando la ricerca e l'approfondimento, afferma già alcune questioni importanti. Intanto è bene aver presente che in questa fase è stato redatto il primo rapporto intermedio del progetto pilota dei porti liguri, portato avanti dalla Regione Liguria quale stimolo per la definizione del piano nazionale dei porti. Il sistema integrato dei porti liguri può rappresentare una risposta moderna di recupero tecnologico funzionale, capace di porsi in termini di competitività internazionale rispetto ai grandi sistemi portuali mondiali, in particolare del nord Europa e del Mediterraneo occidentale, capace di rispondere alla qualità e alla quantità dei traffici internazionali di oggi e di quelli emergenti dalle economie del Terzo Mondo.
Per raggiungere questo risultato il sistema portuale ligure pu recuperare in termini di qualità, se non sciupa le grandi potenzialità di Voltri e di Vado Ligure, quali bacini nuovi, non condizionati da preesistenze, situati a distanza così ravvicinata da essere concepiti come porto unico. Questa occasione va colta in tutto il suo significato, in tutte le sue implicazioni, prima che venga vanificata da realizzazioni che seguono la logica delle separazioni che era del passato e che lascerebbero inutilizzate le potenzialità di partenza.
Questa scelta potrà avviare una graduale politica di coordinamento nella gestione fra i quattro porti liguri, nel cui ambito possono attuarsi forme di gestione integrata del complesso portuale Genova - Voltri / Savona V ad o, al fine di inserire elementi di programmazione nella produttività del sistema. E' indispensabile in tale impostazione il rilancio dell'intero sistema portuale ligure anche attraverso il potenziamento delle strutture dei porti di La Spezia e di Imperia per adeguare la loro funzione al maggior peso che il sistema acquisterà in termini di competitività internazionale. Perché questo obiettivo sia raggiunto e perché si passi dalla scelta alla fase operativa è decisivo il problema dei flussi finanziari che lo Stato metterà a disposizione del sistema nazionale dei porti nei prossimi anni; flussi che dovranno essere nettamente maggiori rispetto a quelli ipotizzati nel piano triennale 1979/1981, al fine di superare i ritardi accumulati nel tempo. Occorre seguire la strategia fondata sulla stessa integrazione fra porti ed infrastrutture di trasporto con particolare riferimento a quelle ferroviarie.
La richiesta di finanziamento dei porti liguri va ricondotta nell'ambito di una programmazione nazionale e di una politica portuale rifiutando il ricorso a forme privilegiate di finanziamento che sarebbero in contraddizione con il metodo della programmazione nazionale e regionale.
Va intanto evidenziato che il flusso complessivo per l'anno 1980 non era previsto nelle ipotesi di legge finanziaria nazionale del bilancio '80 quindi già questo dato denuncia una grave carenza del Governo.
Ebbene, se questa è l'indicazione che emerge per lo sviluppo dei porti liguri, il nostro piano dei trasporti recepisce la proposta dei porti di Voltri e Vado come fulcro della nuova politica dei porti liguri e con essi il rilancio dei porti di La Spezia e di Imperia.
Da questo punto di vista è allora estremamente qualificante quanto fa riferimento alle proposte di piano per le ferrovie, non soltanto in riferimento al rapporto tra Torino - Fossano - Savona, ma anche in riferimento alla linea Torino - Asti - Alessandria - Genova e alla soluzione ed indicazione che a questo riguardo la nostra Regione ha dato all'ipotesi di sviluppo ferroviario. I 2 mila chilometri di linea del Piemonte sono per lo più rappresentati da linee secondarie sulle quali le ferrovie dello Stato non avevano compiuto in passato gli opportuni interventi e sulle quali oggi occorre intervenire e per le quali sono ipotizzati in termini precisi il necessario investimento e le necessarie trasformazioni.
Voglio ricordare in particolare la proposta di rivitalizzazione della linea che mette in rapporto il Cuneese con l'Astigiano e l'Alessandrino attraverso Casale e raggiunge la Lombardia. Essa è uno svincolo dal nodo torinese e dalla concentrazione di Milano. E' una proposta estremamente funzionale che oltre alla valorizzazione della rete ferroviaria complessiva contiene anche una visione completamente nuova della funzione delle ferrovie dello Stato.
Credo però che non debba essere data per scontata la politica nuova circa l'utilizzo della rete ferroviaria. Non a caso il direttore del settore ferroviario della Fiat nei giorni scorsi, durante un'intervista radiofonica, ha riproposto il quadruplicamento della Roma - Firenze Milano come scelta strategica di sviluppo delle ferrovie. A nostro parere questa scelta strategica è una riproposizione delle grandi linee ferroviarie che avviene a spese della completa rete nazionale e quindi anche degli interventi all'interno del Piemonte sui 2 mila chilometri di rete ferroviaria. Si tenga conto che il nostro Paese è ai livelli più bassi nel trasporto merci per ferrovia. Ebbene, le proposte del piano dei trasporti tendono proprio a compiere una svolta, ponendo la questione dei centri intermodali, per un rapporto diverso del trasporto merci tra ferrovia e strada, per la funzione e lo svincolo che a questo riguardo potrebbe avere tutto il sistema del trasporto merci. Al centro intermodale di Orbassano - Susa si collega quello di Domodossola 2, di Novi San Bovo e quelli sussidiari che sono individuati attraverso la precisa puntualizzazione da Cuneo a Biella a Casale e alle altre indicazioni.
E' una proposta estremamente interessante che ha trovato in sede di dibattito positivi giudizi da parte delle forze imprenditoriali proprio per i contenuti nuovi che andava a individuare e a proporre alla comunità piemontese.
Altro punto importante e qualificante del piano regionale dei trasporti è la questione della viabilità. Io credo che da questo punto di vista il piano, proprio per la precisione e la meticolosità anche dell'individuazione degli interventi, ha posto con estrema puntualità tutta la tematica della viabilità, intanto andando ad affrontare i due grandi nodi aperti, quello del Frejus, conseguente all'apertura del traforo e quello della viabilità del Sempione per quelle questioni già largamente dibattute in quest'aula un mese fa e che non voglio riprendere se non per riaffermare quelle indicazioni e per ribadire che con le soluzioni proposte per la Voltri - Sempione si sono voluti dare i connotati sia di collegamento con il mare sia di riequilibrio interno di aree emarginate a causa di uno sviluppo distorto.
Il piano dei trasporti pone anche la questione della Pedemontana che dall'Alto Novarese dovrebbe scendere come un canale di gronda per raccogliere e sviluppare le aree delle zone montane, raggiungere il Monregalese girando attorno all'asse pedemontano dell'intero Piemonte.
Questa proposta, che è estremamente qualificata ed importante, è una delle novità del piano dei trasporti. Essa trova connessione immediata con le proposte di collegamento con le aree sviluppate del nodo di Torino favorendo il decongestionamento del polo torinese stesso e il decentramento della sua area industriale.
In questo senso recepisco anche quanto viene affermato a proposito dell'autostrada Torino - Savona. Le indicazioni sono estremamente puntuali direi minuziosamente precise, perché tengono conto degli interventi immediati, di quelli a tempo medio e di quelli a tempo lungo e pongono il collegamento con l'area di Savona in funzione sia del problema turistico con la Liguria, sia del sistema portuale ligure. Mi consta che la Regione Liguria e la città di Savona hanno dei dubbi circa la proposta relativa ad una autostrada da Carcare a Predosa ritenendo che il collegamento con il Piemonte possa trovare migliore soluzione da Savona attraverso l'autostrada Fossano - Torino, passando per il Cuneese. In questo ambito viene a collocarsi la proposta di ristrutturazione della statale n. 28 per il collegamento con Imperia.
Importante è il capitolo dei collegamenti con la Francia che sarà oggetto di uno studio puntuale. La Giunta regionale si è mossa correttamente ponendo l'esigenza di uno studio sulle possibilità di sviluppo delle comunicazioni con la Francia e ritenendo giunto il momento di fare delle scelte politiche, dopo aver approfondito le conoscenze tecniche sul territorio, sulla situazione economica, sugli obiettivi di decentramento e di riequilibrio territoriale, per evitare di trovarci a rincorrere, come è avvenuto in passato, prospettive non programmate e non coordinate con le indicazioni che potevano emergere dalla comunità regionale per lo sviluppo del Piemonte.
In merito alla questione aeroportuale, indicando la funzione dell'aeroporto di Caselle come aeroporto nazionale, evidenziando lo sviluppo che può avere a tempi brevi, individuando il vincolo per la futura soluzione dell'aeroporto di Torino e per l'aviazione di terzo livello attraverso l'individuazione e la funzione di Levaldigi e di Cerrione andiamo a rispondere concretamente al bisogno di decentramento e di collegamento con quelle aree che non sono state coinvolte dallo sviluppo tumultuoso del nodo torinese per poter invece arrivare ad un riequilibrio su tutta la materia.
Credo di dover chiudere questo intervento affrontando brevemente due questioni: una riguarda il dibattito che ha coinvolto la comunità regionale attorno alle proposte di piano dei trasporti. Non direi che arriviamo in Consiglio con uno svuotamento del dibattito, semmai esso è stato approfondito nella comunità, ha qui avuto elementi di notevole portata per i contenuti .della proposta di piano, per le relazioni e per il tipo di scelta che abbiamo fatto. E' un piano dei trasporti nato non soltanto attraverso studi, ma attraverso il confronto reale con i protagonisti; i pendolari, le autolinee pubbliche, le Ferrovie dello Stato, L'Anas, i sindacati, gli industriali; ha coinvolto la realtà regionale, non soltanto per la mole di dibattiti organizzati dalla Giunta regionale e attraverso le consultazioni, ma per il processo messo in atto che ha fatto nascere una serie di iniziative, non ultima quella della settimana scorsa dell'Amministrazione provinciale di Cuneo.
Abbiamo dato un contributo non soltanto a livello regionale ma anche a livello nazionale, seguendo le indicazioni scaturite dalla Conferenza nazionale dei trasporti.
In questo senso la legge quadro nazionale, discussa nella sede della IX Commissione trasporti, e il testo unificato approvato dalla X Commissione in sede referente, testimoniano il contributo del Piemonte per l'individuazione della legge quadro nazionale e per la crescita del piano nazionale dei trasporti, che noi auspichiamo possa essere quanto prima predisposto per dare quelle risposte che fino ad oggi non potevano essere date in mancanza di questo importante quadro di riferimento.
Voglio concludere il mio intervento con un riferimento specifico ai compiti che spettano alla comunità regionale. Si stanno discutendo nei Comprensori i primi schemi di piano territoriale ai quali evidentemente la questione dei trasporti fa riferimento e noi, col nostro piano regionale dei trasporti, offriamo un quadro di riferimento estremamente puntuale. A ciò si aggiunga che oggi le comunità piemontesi possono avviare un processo di rinnovamento profondo nella materia dei trasporti, soprattutto per quanto riguarda il servizio pubblico di autolinee, andando alla costituzione dei consorzi dei Comuni. A questo riguardo è bene che ogni forza politica che siede in Consiglio regionale faccia la valutazione per vedere in quale misura possiamo dare una spinta affinché i Comuni si facciano carico della delega che la Regione ha- dato; formino i consorzi e avviino la gestione diretta di questo servizio contribuendo alla razionalizzazione della spesa, ad avere un servizio migliore per gli utenti, in una funzione che è richiamata dalla stessa legge finanziaria che abbiamo approvato una ventina di giorni or sono e che è stata anche recepita dallo stesso testo unificato approvato dalla X Commissione attorno alle proposte quadro in questa materia.



PRESIDENTE

E' ora iscritta a parlare la dottoressa Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, i chili di documentazione che mi sono stati dati all'ultimo momento fanno sì che io non possa fare riferimento a quanto mi è stato consegnato nell'ultima seduta del Consiglio, ma al piano che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Probabilmente le differenze sono notevoli, anche soprattutto per le specificazioni che nella deliberazione della Giunta regionale del 30 marzo 1979 non erano così minuziose.
Il fatto che la Giunta abbia promosso sei convegni, poco o in misura limitata interessa ai Consiglieri. Il luogo delle decisioni politiche è il Consiglio, i convegni possono servire semmai ad acquisire un patrimonio di conoscenze, a propagandare l'attività della Giunta la quale usa a questo fine con abbondanza i denari che ha.
La Giunta è stata incerta per molti anni su alcune linee fondamentali: privilegiare la strada ferrata oppure privilegiare il trasporto su gomma.
Questa incertezza ha comportato i ritardi che adesso si cerca di superare a nostro avviso, però, senza il vigore necessario.
Il piano evidenzia una serie di grossi problemi ma non li risolve tutti.
A proposito del privilegio della strada ferrata e quindi del mantenimento dei rami secchi (cosa dolorosa perché il Consigliere che è stato eletto in una certa zona non ritiene secco assolutamente niente, anzi considera tutto estremamente ubertoso) dobbiamo dire che delle linee indicate alla lettera "E" e che partono dalla Chivasso - Asti per continuare con la Mortara - Casale Monferrato - Asti, Ovada - Nizza - Asti Ceva - Ormea, Cuneo - Mondovì - Bastia, Cuneo - Saluzzo - Airasca Cavallermaggiore - Castagnole - Alessandria, Torre Pellice - Pinerolq Cavallermaggiore - Riva - Alba- Castagnole- Asti, a nostro avviso, sarebbe salvabile forse soltanto la Mortara - Casale Monferrato- Asti, mentre tutte le altre potrebbero essere opportunamente sostituite da mezzi su gomma che sono meno costosi per gestione e manutenzione. Questo lo avevamo già detto in occasione della votazione di una deliberazione di Consiglio e non ci resta che ribadirlo in questa occasione. Questo pian o probabilmente non troverà finanziamenti sufficienti prima del 2050! Capisco che il Consiglio guardi lontano, sarebbe più opportuno però che desse delle indicazioni fattibili entro un limite possibilmente di 10 anni. E' poi necessario sapere quali sono le scelte che si vogliono privilegiare proprio perch dalla lettura non si capisce che cosa è necessario realizzare subito e che cosa si può invece rimandare agli anni futuri. Va allora sottolineata l'assoluta necessità che sia terminato l'asse Voltri - Sempione e che per la Valle di Susa non si facciano soltanto quei tipi di aggiustamenti previsti che, a nostro avviso, sono ancora assolutamente insufficienti. Si sa che normalmente si dice: "Incominciamo, poi, eventualmente, rifaremo e miglioreremo. . . .". Visto che a fine anno si usa ricordare i proverbi, si potrebbe dire che: "Fare e disfare non è una cosa da imparare", quindi è inutile impegnare una quantità ingente di miliardi in una struttura che dovrebbe essere rifatta.
L'altro problema da privilegiare, a nostro avviso, è quello della direttrice Ceva - Savona.
E' necessario fare le scelte, che anche se paiono negative come quelle appunto del taglio dei rami secchi, ma che sono in definitiva positive per la popolazione perché il trasporto sarebbe sostituito con mezzi su gomma più comodi e più agili e indicare quali sono le linee prioritarie nei confronti dei trasporti piemontesi.
Tuttavia vale la pena di vedere fino in fondo come è servita la strada ferrata. In questo momento la Francia non fa proseguire i suoi treni verso il Piemonte perché noi compiamo un furto d'uso dei carri merci che vengono in Italia. La carenza di carri fa sì che le merci stazionino nel porto di Genova oltre il necessario comportando un forte aumento dei costi delle nostre materie prime. Quindi vorrei sapere se la Giunta è a conoscenza di questo fatto, se è a conoscenza della lievitazione dei prezzi delle materie prime per la mancanza dei carri merci e se è a conoscenza del fatto che l'Italia non restituisce neanche ai Paesi della CEE i carri merci che riusciamo in qualche modo a introitare. Ero a conoscenza di un simile fenomeno nei rapporti fra il Kenya e l'Uganda quando il Kenya interruppe il proseguimento dei vagoni sulla ferrovia che andava verso Entebbe: però là c'era Amin e non vorrei che l'Italia fosse conosciuta come un Paese che assomiglia all'Uganda. Come si cerca di ovviare a questa situazione? Non essendo stata messa in grado di esaminare a fondo la documentazione che ci è stata data, il Gruppo repubblicano si asterrà su questa deliberazione.



PRESIDENTE

I Capigruppo sono convocati nella saletta apposita, il lavori riprenderanno alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,40)



(La seduta ha termine alle ore 12,40)



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