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Dettaglio seduta n.296 del 13/12/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Prosecuzione esame della disciplina regionale attuativa della legge 833/78: "Istituzione del Servizio sanitario nazionale - Disciplina degli organi istituzionali del Servizio sanitario regionale e relative norme transitorie"


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Prosegue il dibattito sulla disciplina regionale attuativa della legge 833/78.
La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Nella seduta della settimana scorsa abbiamo affrontato il tema della legge di riforma sulle autonomie locali e, da parte nostra, abbiamo richiamato l'evidente indissolubilità delle due riforme: quella regionale prevista nella legge 382 e l'altra dei poteri locali.
In effetti la 382 e il D.P.R. 616 hanno profondamente inciso sulla struttura, le competenze e le funzioni degli Enti locali territoriali altrettanto è destinata a fare la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale attraverso le previste articolazioni regionali e locali.
Sta così assumendo proporzioni macroscopiche quel vestito di Arlecchino che compone la variopinta configurazione dei nostri Enti locali e delle loro proiezioni "di secondo grado", alla quale siamo chiamati nell'adempimento di un preciso obbligo legislativo, di dare come atto dovuto il nostro contributo.
Da tempo è stato messo in evidenza che la tendenza a creare Comprensori, Consorzi o Enti funzionali, soprattutto quando ben orientata non sia da scoraggiare, ma che debba assolutamente essere coordinata con la riforma generale dei poteri locali.
Un sistema di organizzazione del territorio e di programmazione imperniato sulle Regioni e sugli organismi funzionali che si giustapponga al sistema Province (o Comprensori, come ente intermedio) e Comuni quali esistono attualmente, senza integrarlo organicamente in se stesso, corre il serio rischio o di restare paralizzato dagli intralci e dalle interferenze fra i due tipi di enti o, nella migliore delle ipotesi, di divenire un fattore di svuotamento dei poteri dei Comuni e delle Province (o dei Comprensori), che potrebbero ridursi soltanto a semplici strumenti di partecipazione alle decisioni degli organismi tecnicamente qualificati.
Se da un lato, infatti, le Regioni sono accusate di indugiare, e non sempre con buoni motivi, fare ampio uso dell'istituto della delega tanto da avvalorare in alcuni casi il sospetto che stia affiorando una sorta di neo centralismo regionale, dall'altro si assiste al pericoloso fenomeno di proliferazione delle aree e degli enti di intervento a livello sub regionale. Alle Province, sempre più svuotate di poteri, ed ai Comuni si contrappongono, in un crescendo di spezzettamenti settoriali, le Unità Sanitarie Locali, le Unità Locali dei Servizi assistenziali, i distretti scolastici, i Consorzi per l'assistenza scolastica, i bacini di traffico e i relativi Consorzi di trasporto, i piani agricoli zonali e così via.
Le zonizzazioni settoriali, spesso fra loro non coincidenti e scollegate, si accavallano con altre emergenti che hanno carattere globale o almeno intersettoriale: i Comprensori, le circoscrizioni per il decentramento urbano, le Comunità montane.
Ne risulta un intreccio inestricabile di aree, di livelli, di organismi e di competenze, che da un lato rende assai problematico un processo di razionale programmazione del territorio, dall'altro tende a soffocare entro una selva di enti monofunzionali gli enti politici territoriali, sottraendo progressivamente al Comune il compito dell'amministrare per risolverlo in quello del rappresentare e cioè di esprimere una parte degli organi rappresentativi di altri enti.
E' chiaro che un sistema di poteri locali così farraginoso e sezionato provocando situazioni di inefficienza e di difficile governabilità, non pu che fornire argomenti a quelle forze che si oppongono ad un vasto decentramento di poteri dallo Stato alle Regioni e da questa agli Enti locali. D'altra parte la crescita di nuovi organismi locali a carattere monofunzionale porta alla creazione di nuovi canali di partecipazione che si affiancano, arricchendoli, a quelli da cui trae investitura la rappresentanza politica locale.
Il problema centrale resta, a nostro avviso, quello del rafforzamento dei canali attraverso i quali passa la partecipazione politica dei cittadini alle scelte complessive della comunità locale. Se un'inflazione di meccanismi elettorali, interessanti le stesse persone in qualità di operatori o di utenti di servizi diversi, comporta l'ovvia conseguenza di generare una grave dispersione di energie, è però da respingere la tendenza a promuovere forme di partecipazione spoliticizzate e dai risvolti corporativi, dove si smarrisce la figura del cittadino per fare emergere quella del medico, dell'insegnante, del genitore, dell'ammalato e così via.
Alla luce di quanto ho premesso gli esperimenti di zonizzazione sinora attuati dalla nostra Regione sono da ritenersi del tutto positivi e mostrano infatti che le aree dei distretti scolastici e delle Unità Locali dei Servizi, fissate su standards equivalenti, sono state fatte coincidere in presenza di una chiara volontà politica in tale direzione e che la mappa dei Comprensori e delle Comunità montane non presentano discrepanze obiettive, ma effettive convergenze, rispetto a quella dei distretti scolastici e dell'Unità Sanitaria Locale, o meglio delle Unità Locali dei Servizi che con l'Unità Sanitaria Locale coincidono perfettamente, sia istituzionalmente che territorialmente.
In quest'ottica ci sembra oziosa l'osservanza avanzata da qualche parte secondo cui non sarebbe superabile l'indicazione organizzativo istituzionale delineata dalla legge 833 del "coordinare" rispetto all'integrare le funzioni sanitarie e quelle socio-assistenziali secondo le indicazioni contenute nel disegno di legge regionale. E ci sembra oziosa soprattutto nel quadro di una razionale organizzazione dei due sistemi quello sanitario e quello socio-assistenziale, che evita duplicazione di strutture e di organismi, di addetti, di spese e così quegli aumenti di frammentazione istituzionale che provocano l'aumento in misura rilevante dei costi fissi.
Certamente uno degli effetti principali della riforma sanitaria, come emerge dal disegno di legge in esame, è quello di chiamare e di coinvolgere gli amministratori locali nella discussione e nell'analisi dei problemi della salute. Si tratta di problemi che fino ad oggi erano rimasti ai margini del contesto politico - amministrativo del Paese. In realtà la sanità pubblica aveva spazi sempre più limitati nei bilanci comunali dominata da una commistione di pubblico e di privato governata fondamentalmente da organi amministrativi burocratici che gestivano bilanci in continua espansione.
Con la riforma si investono i Comuni di una responsabilità che risulta evidente quando si ponga mente al fatto che ad essi viene affidata la gestione di risorse finanziarie pari al 7-8 % del bilancio dello Stato oltre a quanto gestiscono in relazione al trasferimento di quote parti dei fondi assistenziali. Il banco di prova è comunque offerto, dalla capacità che essi dimostreranno di possedere nell'utilizzo dei fondi delle Unità Sanitarie Locali e quindi nel promuoverne il corretto ed efficiente funzionamento. E si tratta di non poca cosa, considerando che l'esperienza degli amministratori in questo campo non è sempre molto profonda.
L'elemento più qualificante della riforma dal punto di vista istituzionale è sicuramente quello di aver riferito l'operatività del Servizio sanitario al territorio. Le Unità Locali e le loro articolazioni tecnico-funzionali, i distretti sanitari, non sono più strutture tecniche per svolgere pratiche mediche, come gli ospedali e i poliambulatori, ma strumenti per riferire la sanità al territorio, dove la gente vive e lavora, dove si produce la malattia e si deve esercitare la prevenzione dove un malato cronico ed un handicappato devono poter vivere produttivamente con l'appoggio del servizio.
Occorre quindi, da un punto di vista politico-culturale, pensare al servizio più che con riferimento alle strutture, agli edifici, alle apparecchiature e agli specialisti, alla definizione dei bisogni reali e del controllo di quelli indotti, fonte di sprechi e spesso causa di malattia. Di questa politica l'ospedale, il poliambulatorio, gli apparecchi più o meno sofisticati, non sono che una parte, che peraltro va ampiamente ridimensionata.
Bisogna operare affinché ciò che c'è già non si espanda, il che avviene di solito quando esiste la disponibilità di mezzi, ma che avviene anche quando i mezzi non ci sono attraverso la costante pressione sull'erario.
Le forze politiche devono resistere a questa espansione, favorendo i servizi sul territorio, fatti più di persone che di strutture, più di educazione sanitaria che di prescrizioni.
Questa riforma richiede il consenso e la collaborazione della gente: ancora molto resta da fare, anche se già molto la nostra Regione ha fatto in questo senso, per preparare l'opinione pubblica e per mobilitare gli organismi di partecipazione.
Lo sviluppo della partecipazione eviterà che le logiche delle categorie speculino sul servizio e si sviluppino a danno della popolazione consentirà di convertire la spesa degli ospedali e dei centri specialistici al territorio, di portare i tecnici nei servizi di base per favorire l'inserimento del loro lavoro nel servizio al di fuori della logica perversa della commistione pubblico-privata.
Vorrei fare alcune osservazioni sul testo unificato che avrei presentato in Commissione se avessi potuto partecipare ai suoi lavori, cosa che di fatto si è resa impossibile per la coincidenza di altri lavori consiliari.
La prima questione riguarda l'apertura agli organi di gestione a coloro che non sono Consiglieri comunali né membri dell'assemblea.
Sembrerebbe che tale norma si debba applicare solo nel caso dell'associazione dei Comuni e non nel caso di Comuni singoli.
In ogni caso - ed impregiudicata per ora la questione dell'ammissibilità o meno del principio dell'apertura a soggetti estranei all'Amministrazione comunale nel Comitato di gestione - mi parrebbe che nei Comuni singoli e quindi anche nel Comune di Torino, per il quale è prevista giustamente una normativa speciale, e proprio per evitare la proliferazione di Enti monofunzionali, il Comitato di gestione debba essere costituito dalla Giunta comunale e presieduto dal Sindaco o dall'Assessore da lui delegato, che sarà ovviamente l'Assessore alla sanità.
La proposta mi pare coerente rispetto alla norma che prevede per le Comunità montane l'assunzione delle funzioni del Comitato di gestione e del Presidente del Comitato rispettivamente da parte della Giunta della Comunità e del Presidente della Comunità.
L'anomalia istituzionale dell'apertura ai terzi nel Comitato di gestione risulta evidente nel caso in cui, a norma dell'art. 15 della legge 833, l'assemblea della Comunità montana debba essere integrata dai rappresentanti dei Comuni che non fanno parte della Comunità, i quali si troverebbero a loro volta nella condizione di poter proporre e fare eleggere nel Comitato di gestione terzi, non Consiglieri comunali disponendo di una facoltà negata invece (e a mio avviso correttamente) agli amministratori dei Comuni montani.
Mi sembrerebbe in sostanza più giusta norma che preveda, nel caso dell'associazione dei Comuni, che del Comitato di gestione possa far parte anche chi non è membro dell'assemblea, purché abbia la qualifica di Consigliere comunale in uno dei Comuni che compongono l'associazione.
La mia proposta ha carattere squisitamente politico e discende da quante ho detto all'inizio di questo mio intervento. In questi organismi di carattere politico - amministrativo rileva la qualità di cittadino - eletto locale e non quello di esperto. E' attraverso forme diverse che si attua la collaborazione degli esperti e si realizza, anche istituzionalmente, la partecipazione.
Una seconda questione riguarda l'assemblea integrata della Comunità montana prevista dall'art. 8 del testo unificato.
Come è noto nei Consigli della Comunità ad ogni Comune spettano tre rappresentanti, due di maggioranza e uno di minoranza, eletti nel proprio seno da ciascun Consiglio comunale. Mi chiedo se non è più corretto che l'integrazione prevista dall'art. 15 della legge 833 ed attuata dall'art. 8 del testo unificato non debba avvenire nello stesso modo, realizzando quel principio di uguaglianza assoluta fra i Comuni partecipanti che già venne sancito con l'approvazione della legge istitutiva delle Comunità montane nella nostra Regione.
Una terza questione riguarda l'assemblea generale dell'associazione dei Comuni.
Ora, le modalità di elezione dell'assemblea stabilite dall'art. 7 mi fanno sorgere un dubbio. Infatti, per il Comune singolo l'assemblea è costituita dal Consiglio comunale. Per la Comunità montana, l'assemblea generale è costituita dal Consiglio della Comunità montana nel quale - è bene non dimenticarlo - sono rappresentati tutti i Comuni che fanno parte della Comunità stessa.
Nel caso di cui all'art. 7 invece non tutti i Comuni potrebbero essere rappresentati, il che contrasterebbe, - a mio avviso - con lo spirito e la lettera dell'art. 15 della legge 833, il quale prevede la costituzione dell'assemblea generale dell'associazione dei Comuni. Mi sembra di dubbia ammissibilità il principio che qualche Comune possa non essere rappresentato nell'assemblea, che viene appunto definita "generale" in quanto realizza la partecipazione diretta e quindi la presenza di tutti i Comuni membri.
In questo senso i disegni di legge della Giunta regionale n. 439 e 440 erano molto più chiari e precisi in materia ed erano stati formulati in assoluta coerenza con la legge regionale n. 39 del 1977 per la riorganizzazione e la gestione dei Servizi sanitari e socio-assistenziali.
Per quanto riguarda invece il Comitato di gestione è ovvio che non tutti i Comuni possono essere rappresentati.
Piuttosto non è chiara la "ratio" della norma di cui all'art. 12 del testo unificato là dove prescrive l'incompatibilità tra Presidente dell'assemblea e Presidente del Comitato di gestione, ammessa invece "ope legis" dall'art. 10 del testo unificato e dalla stessa 833 per le Comunità montane.
L'incompatibilità non esiste e non può quindi essere introdotta da una legge regionale di attuazione di una legge nazionale che tale incompatibilità non prevede.
Per quanto riguarda infine il Comune di Torino, la norma di cui all'art. 11 deve essere modificata alla luce della normativa statale nel senso che esso "può" procedere all'attribuzione di certi poteri ai Consigli circoscrizionali e non che "procede". Ciò nel rispetto dell'autonomia locale espressamente riconosciuta nella materia dal quarto comma dell'art.
15 della legge 833.
Queste mie brevi osservazioni di carattere giuridico - istituzionale non toccano il merito della legge sulla quale esprimo il mio favorevole e politico convincimento, soprattutto perché con essa si compie un importante passo avanti verso la sollecita attuazione della legge di riforma sanitaria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, a distanza di un anno, più o meno dall'istituzione del Servizio sanitario nazionale, il nostro Consiglio regionale è chiamato a discutere una proposta di legge che rappresenta, o per meglio dire concerne un punto fermo, e di forza, di tutto il sistema.
Vorrei dire e sottolineare quello che è l'aspetto più profondamente riformistico e significativo della legge 833: voglio dire, infatti, che è il sistema delle autonomie locali (e solo esso) che viene chiamato alla massima responsabilizzazione, nella gestione politica, della tutela della salute pubblica, salute fisica e psichica delle popolazioni che vivono e che lavorano negli ambiti territoriali di competenza.
Se ben ricordo, già nel corso del dibattito sulla sanità, avvenuto in questo stesso Consiglio lo scorso mese di febbraio, veniva affermata la centralità del Comune, rispetto alle problematiche politiche e gestionali della tutela della salute. Oggi, noi socialisti, ribadiamo questo concetto e ne risottolineiamo la sua validità indiscutibile. Del resto, a essere ben precisi con noi stessi, non è da oggi che la Regione Piemonte ha creduto in questa centralità, che fa da supporto politico e ideologico alla stessa legge 39 del 1977 e lo prova non solo il vasto movimento di associazionismo consortile che è nato sulla proiezione attuativa di quella legge; non solo delegando a questi Consorzi competenze e funzioni in materia socio sanitaria, ma lo prova ancor più inequivocabilmente l'interesse suscitato nei pubblici amministratori locali verso il grande, difficile, impegnativo problema della sanità; un problema che finora, tutto sommato, è stato trattato nell'ambito di Enti nazionali o di Consigli di amministrazione degli ospedali.
E' giusto, a mio parere, ricordare sia pure rapidamente, anche queste cose, per cercare di capire bene cosa è avvenuto in questo ultimo anno nella Regione Piemonte rispetto al lavoro legislativo, per l'attuazione del Servizio sanitario nazionale. Si comprende, per esempio, la ragione dei contenuti dei disegni di legge 439 e 440 presentati dalla Giunta sin dallo scorso mese di giugno. La mancanza di una legislazione nazionale di riferimento in merito alla riforma delle autonomie locali da una parte e gli accenni legislativi contenuti nella legge 833 e nel D.P.R. 616 all'associazione dei Comuni, lasciano tuttora sussistere più di una perplessità circa la definizione di una normativa legislativa compiuta che riguardi l'associazione dei Comuni ed il rapporto fra Comuni e associazione.
Per questa ragione, credo, la Giunta decise di imboccare la strada della transitorietà, nell'attesa di provvedimenti del Parlamento e anche allo scopo di non pregiudicare le linee legislativo - politiche emergenti.
Questa strada si indirizzava sulla struttura consortile, atteso che la legge regionale 39 aveva provocato un movimento politicamente positivo, di consorziamento fra Comuni, per la gestione delle funzioni socio-sanitarie.
La consultazione che è stata promossa su questa legge è stata ampia e partecipata e ha dato modo di conoscere gli orientamenti delle forze politiche e sociali e soprattutto del sistema delle autonomie locali. Se da una parte, sostanzialmente, si poneva l'accento sulla necessità di non modificare i Consorzi costituiti, dall'altra si chiedeva l'attuazione del modello istituzionale, previsto a regime della 833; modello che, bisogna dirlo chiaramente, le Regioni devono, come dire, "inventare", perch nessuno a mio giudizio finora ha spiegato come devono essere le associazioni dei Comuni, per la gestione dei servizi sul territorio. E non solo per la questione sanitaria.
Il progetto di legge che stiamo esaminando è frutto del lavoro congiunto della Giunta e della Commissione competente e risulta dall'unificazione dei due disegni di legge che abbiamo ricordato prima nonché dall'integrazione degli stessi con norme per una certa parte ripetitive di leggi nazionali e regionali tali da delineare chiaramente l'impianto politico - istituzionale - organizzativo della sanità e dell'assistenza sul territorio regionale.
Noi ci riconosciamo in questo progetto di legge, ma questo non ci impedisce di affermare su scala più generale che l'impianto politico istituzionale previsto dalla legge 833 non deve, in alcun modo pregiudicare i contenuti che, politicamente, dovranno caratterizzare la legge di riforma delle autonomie locali.
Non vi è dubbio, lo notiamo passando, che, a dispetto di ogni sforzo interpretativo, non si arrivi a sapere bene e con esattezza che cosa sia l'Unita Locale dei Servizi che è, sì, uno strumento operativo, ma che ha nel contempo degli organi istituzionali. Questa è certamente materia per dispute giuridiche da non farsi in questa sede, ma ho voluto annotarla perché si sappia che esiste e che al momento giusto va deliberata con chiarezza.
Oggi parliamo di problemi politici legati alla sanità e all'assistenza e all'attività della nostra Regione. Un'attività intensa e previdente un'attività oculata e sollecita, anche se qualcuno fra noi non vuole sentire da questo orecchio. Un'attività che impedirebbe al Ministro Altissimo, che pure è un gentiluomo, di affermare che l'avvio della riforma sanitaria è rinviato perché le Regioni non sono pronte a partire. Qualche Regione non sarà pronta a partire e non saremo noi a negarlo. Ma il Governo è pronto a partire? Credo che tutti noi possiamo tranquillamente affermare che il Governo è ancora fermo al palo di partenza e non saranno certamente i prossimi venti giorni che consentiranno alla riforma di scattare con il 1 gennaio 1980. Si dice che sia già pronto un mezzo esercito di procacciatori d'affari, armato di polizze assicurative sulla salute, che aspetta il momento giusto per scattare - questo sì che scatterà - verso il lavoratore per offrirgli, dietro pagamento del premio previsto, la polizza sulla salute. Forse è soltanto una voce incontrollata ma per il fatto che esiste denota il concreto sospetto che più di uno ha, sulla riforma e sul suo avvio concreto. Risulta che molte cliniche e case di cura private respingono, sia pure cortesemente, le richieste di ricovero. I cittadini che hanno una preconcetta sfiducia nelle strutture ospedaliere pubbliche sono molti: lo sappiano tutti. Quelli che, avendo fiducia negli ospedali e nelle strutture pubbliche, hanno avuto modo di pentirsene, non sono pochi: lo sappiamo tutti. Allora le strutture private lavorano al massimo e fanno il tutto esaurito.
Se solleviamo lo sguardo verso il lavoro di preparazione, che dovrebbe consentire l'avvio della riforma con il 1 gennaio 1980, il quadro che troviamo è tutt'altro che invitante. Il Governo ha perso mesi preziosi prima di approvare il piano sanitario triennale che deve essere approvato dal Parlamento. Poi deve concludere la trattativa con i sindacati sullo stato giuridico del personale (ricordiamoci degli scioperi in corso nei nostri ospedali) e sul trasferimento dei dipendenti delle mutue all'Inps e alle Regioni. Poi c'è la questione della legge finanziaria che riguarda Camera e Senato. Sperare che in questi venti giorni che ci restano davanti si possa soddisfare tutti questi fondamentali adempimenti è anche lecito ma solo nel senso che la speranza è l'ultima dea a morire.
Il Ministro Altissimo promette di fare tutto il suo dovere per rispettare le scadenze; ma una cosa è volere, altra cosa è potere. Ed io credo che nella situazione non riuscirà suo malgrado a tener fede all'impegno. Gli Assessori alla sanità delle Regioni a conclusione di un convegno, tenutosi recentemente a Maratea, hanno dichiarato di essere pronti a marciare.
Ma il ritardo però esiste e nessuno sa come fare per annullarlo. Quello che tutti sappiamo e vogliamo è che non si arrivi ad abborracciare qualche trigomiro con il quale, fintamente, avviare la riforma con il 1: gennaio.
Un avvio altrettanto finto. Questo non lo vogliamo.
Ritornando alla nostra legge, ci pare giusto osservare che la sua approvazione assume un valore significativo di continuità politica e di efficienza amministrativa. Il testo presentato dalla V Commissione risponde positivamente alle attese della Comunità, così come espresse nella consultazione. Ci sembra che lo sforzo di dare una proposta di legge che corresse sui binari della logica e dell'equilibrio sia uno sforzo coronato da successo. Ho detto equilibrio e tale si ritrova nella giusta distribuzione dei poteri tra gli organi dell'Unità Locale dei Servizi nella compattezza e agibilità dell'assemblea, nel suo ruolo politico fondato sulla rappresentanza di Consiglieri e sul metodo elettivo di secondo grado. Siamo d'accordo sulla presenza di "laici" nei Comitati di gestione; cioè di non Consiglieri. Questa presenza non può avere significato tecnico, ma ad essa va riconosciuto un ruolo politico di collegamento con altre istituzioni politico - sociali, onde dare completezza e compattezza d'azione nel Comitato medesimo.
La rigidità della norma sull'incompatibilità non è punitiva, ma necessaria: l'apporto degli operatori socio-sanitari deve avvenire sulla base della partecipazione, nelle forme che saranno regolamentate e non già in chiave gestionale politica.
Importanti, a mio avviso, le soluzioni previste circa il coordinamento delle attività sanitarie con quelle socio-assistenziali. E' appena il caso di avvertire che anche qui è mancata la legge nazionale di riforma dell'assistenza per cui le Regioni hanno dovuto darsi leggi proprie, con carattere di supplenza e con tutti i rischi connessi.
Per questa serie di considerazioni qui descritte sommariamente per ragioni di tempo il Gruppo socialista vota a favore di questa proposta di legge.



PRESIDENTE

Vorrei avere il panorama generale degli iscritti a parlare per capire che cosa possiamo fare entro le ore 11,30, ora in cui comincia lo sciopero e ci sono problemi di registrazione degli interventi e di redazione dei verbali. Invito i Consiglieri a iscriversi a parlare.
Intanto do la parola al Consigliere Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, indubbiamente gioverebbe alla chiarezza di questo dibattito il fatto che tutti (in questo caso, comunico di essere la prima colpevole) conoscessero gli emendamenti; questo darebbe il segno dell'orientamento complessivo del Consiglio.
Entrando nel merito è utile una precisazione, visto che corre generalmente l'opinione che la legge nazionale 833 è una legge che ha ottenuto il consenso di tutti i partiti. Il consenso di tutti è sulla riforma sanitaria, ma non sulla legge 833 perché il Partito repubblicano si è astenuto al Senato, che equivale a voto negativo.
Tale astensione è determinata da due ordini di argomenti: la confusione istituzionale e la mancanza di una legge finanziaria o comunque di un inquadramento di carattere politico che determinasse la spesa necessaria.
Questi due difetti sono rimasti tali e quali e non poteva essere diverso con la legge che oggi viene presentata. Il Governo doveva presentare leggi chiarificatrici sulle autonomie locali e sulla finanza. Queste dure carenze creano gravi difficoltà che sono emerse in sede di Commissione e che oggi sono state sottolineate da alcuni interventi.
Confesso che l'intervento del Capogruppo del Partito socialista ci ha alquanto stupiti: l'intervento era profondamente critico nei confronti della legge, però finiva dicendo che la legge va bene così. Non intendo analizzare a fondo tutti gli argomenti che sono presenti in questa legge.
Farò solo un breve commento a questo testo unificato che, indubbiamente, ha il pregio di seguire una logica.
La legge è divisa in due parti: una riguarda i Comuni e le associazioni dei Comuni, l'altra le Unità Locali dei Servizi e i loro compiti specifici.
Per quanto si riferisce alla parte riguardante i Comuni e le loro associazioni vengono al nodo alcuni problemi come quello dell'associazione dei Comuni che nella legge 833 accenna appena, senza farne ulteriormente menzione. D'altra parte la legge regionale non può dire che cos'è l'associazione dei Comuni. Forse sarebbe più utile parlare di consorzio di Comuni (i due concetti sono estremamente diversi) e il Partito repubblicano è favorevole all'associazione di Comuni che infatti compare nel nostro progetto di legge sulla riforma delle autonomie locali. Di fatto però oggi stiamo parlando di un ente inesistente e non so fino a che punto questa forma sarà accettata dal Governo anche se ne è indeterminata la forma.
Inoltre, mentre i compiti delle Comunità montane, delle associazioni di Comuni che comprendono Comunità montane e Comunità non montane sono specificati nei limiti concessi dalla legge quadro, nulla si dice nei confronti del Comune di Torino. Gli ambiti territoriali del Comune di Torino sono sempre stati considerati dal nostro Gruppo assurdi sotto ogni punto di vista.
C'è poi il problema dell'assemblea generale dell'associazione che, a parere del Gruppo repubblicano, dovrebbe essere composta non soltanto da Consiglieri ma anche da cittadini scelti dai Consigli comunali, in base a considerazione che già abbiamo avuto modo di fare relativamente a Comprensori e Comunità montane. Il continuo aumento di attività a carico dei Consiglieri comunali rende problematico il loro lavoro, soprattutto per quelli dei partiti minori che questa legge intende salvaguardare, di questo do atto, ma il problema diventa ancora più grave perché rischiamo di avere Consiglieri comunali che partecipano contemporaneamente, oltre a numerosi consorzi di Comuni, anche ai Comprensori, all'associazione dei Comuni e all'assemblea generale dell'associazione. Nemmeno il tempo pieno basterebbe a quei Consiglieri che eletti in un piccolo paese non immaginavano quale carico sarebbe piombato sulle loro spalle.
Approvo la modifica, rispetto alla proposta iniziale in ordine alla composizione del Comitato di gestione, che può essere formato da Consiglieri e da membri esterni.
Un altro problema che nasce dalla lettura di questa legge è quello che riguarda le indennità previste per i membri dell'assemblea generale in un gettone pari a quello spettante ai Consiglieri comunali di un Comune con popolazione corrispondente a quella dei territori dell'unità. Può succedere che alcuni Consiglieri dell'associazione abbiano un gettone superiore a quello di qualunque Comune che insiste all'interno dell'Unità Locale dei Servizi. Proporremo un'indennità pari ai 4/5 di quella percepita dai Consiglieri comunali.
Per quanto riguarda l'elezione siamo d'accordo sull'elezione di secondo grado già consolidata nella Regione Piemonte, nei Comprensori.
Questa legge pur tentando di mettere su un piano prioritario la sanità e l'assistenza, di fatto associa l'assistenza alla sanità quasi subordinando la prima alla seconda. Siamo favorevoli al raccordo fra sanità e assistenza ma non subordinazione dell'assistenza.
Certamente, la legge nazionale non facilita la soluzione del problema.
Temiamo che lo sforzo per ottemperare all'impegno sanitario per rendere operante la riforma finirà per mettere in un angolo l'assistenza e questo sarebbe un errore enorme sotto il profilo politico-culturale.
Potrei fare alcune osservazioni sul funzionamento della conferenza dei servizi. Confesso che è impossibile avere opinioni prefabbricate: certi problemi si risolvono vedendo i risultati delle iniziative.
Aggiungo qualche breve osservazione al capitolo delle incompatibilità.
Queste cose mi lasciano perplessa. La legge presentata nella Regione Emilia Romagna dalla stessa maggioranza che regge Torino non prevede nessuna incompatibilità. In Piemonte succede esattamente il contrario. Abbiamo una serie di incompatibilità sulle quali concordo, ma vorrei nello stesso tempo, così come si fanno discussioni su altre questioni, si facesse una discussione sull'incompatibilità, alcune delle quali sono abbastanza evidenti. La questione è importante anche sotto il profilo costituzionale.
Dal momento che nessun medico, salvo quelli che hanno rinunciato completamente alla professione, può diventare Consigliere regionale o membro delle Unità Locali dei Servizi, mi chiedo come può una categoria di cittadini essere esautorata totalmente. Forse sarebbe bene fare un elenco dei compatibili, che sarebbe più corto dell'elenco degli incompatibili.



PRESIDENTE

Come i Consiglieri avranno visto, sono presenti tra il pubblico gli studenti della terza e quarta classe del X Istituto Commerciale di Torino dietro invito del Consiglio regionale, per prendere conoscenza dell'attività e della vita della Regione.
Ringraziamo coloro che hanno accolto l'invito.
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, signori Consiglieri, in questa sede d'intervento sulle linee fondamentali dei progetti di legge in discussione, mi limiter ad una concisa e sommaria disamina di carattere generale.
Innanzitutto, desidero affermare che condivido in pieno una tagliente considerazione fatta dal relatore, Consigliere Ferrero, il quale ha messo in evidenza che il progetto di legge unificato rappresenta un "quasi regolamento" di esecuzione della legge 833. Non potrebbe essere diversamente, dato che la 833 costituisce una legge quadro cui le singole Regioni devono adeguarsi emanando le relative norme di attuazione.
Non per una vocazione al rinvio, ma per una migliore inquadratura delle norme che compongono il progetto di legge, sarebbe stato opportuno, a mio avviso, mandare in discussione il testo ora unificato dei disegni di legge 439 e 440, dopo gli adempimenti (che sono previsti come preliminari dalla 833) di competenza statuale, cioè a dire dopo l'emanazione della legge che conterrà il piano sanitario nazionale del triennio 1980-1982 e dopo l'emanazione dei decreti delegati del Governo per la sistemazione del personale. Ciò, a mio avviso, anche per evitare che alcune norme dell'odierno progetto di legge possano venire poi a trovarsi in contrasto o con le norme del piano sanitario nazionale, oppure con eventuali modifiche della stessa legge 833, in ordine alle quali modifiche mi risulta che ci sia stata qualche iniziativa parlamentare.
Tutto ciò non si è ritenuto di fare e non c'è che da prenderne atto anche se appare ormai una obiettiva necessità, lo slittamento di almeno sei mesi della legge sulla riforma sanitaria.
Fatte queste osservazioni, va rilevato che le caratteristiche, a mio avviso negative, della 833 si ripercuotono in maniera immediata e diretta sul progetto di legge in discussione che, della 833, costituisce, come abbiamo visto, un quasi regolamento.
A questo proposito va a mio avviso osservato: che la legge 833 rappresenta il momento legislativo di un compromesso storico attuatosi fra Partito comunista e Partito democratico cristiano con la conseguenza che l'impronta della legge statuale assume la caratteristica di uno stampo collettivistico e di un livellamento dal basso. Caratteristiche che furono proprie di una legge laburista varata trentun anni fa e che è clamorosamente fallita che la 833 affida alle Regioni e ai Comuni l'ampia tematica tecnica e sociale legata alla politica della salute; in tal modo trasferendo l'assistenza mutualistica da un sistema verticale di enti nazionali ora dissestati a un sistema orizzontale di nuove strutture a base territoriale quali le Unità Sanitarie Locali che assume, quindi, fondamentale importanza il modo di gestione dell'Unità Sanitaria Locale la quale è definita dall'art. 15 della 833, una struttura operativa dei Comuni singoli o associati e delle Comunità montane. L'organo base è costituito dall'assemblea generale dei Comuni su cui opera l'Unità Sanitaria con la conseguenza che, come emerge dall'art. 7 del progetto oggi in discussione, la rappresentanza politica, in quanto legata ai Consigli, viene ad essere ampiamente garantita. Di conseguenza l'organo effettivo di gestione, cioè a dire il Comitato di gestione dovrebbe a sua volta offrire nella sua composizione la più ampia garanzia tecnico - professionale, caratterizzantesi per l'obiettività e per la sua estraneità al gioco e alle manovre politiche. Stabilire, invece, come fa l'art. 10 del progetto (sulla scia della 833), che i grandi elettori del Comitato di gestione siano le componenti politiche dell'assemblea significa riprodurre automaticamente, nel funzionamento dell'Unità Sanitaria Locale, quei motivi di divisione, e talvolta di faziosità, che incidono fatalmente sulla vita degli originari Consigli comunali politicizzati. Per cui, in sostanza, il Comitato di gestione in quanto emanazione di un'assemblea partitocratica, diventerà fatalmente a sua volta un organo partitocratico, con tutte le conseguenza facili a immaginarsi.
C'è quindi da confidare, come è stato richiesto d'altro canto da più parti, e in particolare dagli Ordini dei medici (che su tali problemi risultano essere unanimi), che insieme allo slittamento dell'entrata in vigore della legge si provveda ad una modifica incisiva dell'art. 15 della 833, prevedendosi che metà del Comitato venga eletto dai cittadini spezzandosi così il diaframma partitocratico con una forma di partecipazione più immediata; e l'altra metà venga designata dalle categorie mediche e paramediche (Consigli degli Ordini professionali per i medici e sindacati di categoria presenti nel CNEL per il personale paramedico).
Mi riservo di eventualmente riprendere le argomentazioni svolte in sede degli emendamenti e delle dichiarazioni di voto, ma allo stato degli atti non posso che esprimere un atteggiamento sostanzialmente negativo al progetto di legge, oltre che per le premesse politiche contenute nella 833 anche per il modo sopra illustrato di procedere alla composizione del Comitato di gestione dell'Unità Sanitaria Locale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vera.



VERA Fernando

Mi rammarico di non aver potuto partecipare alla discussione in sede di Commissione su questo disegno di legge, quindi il mio intervento sarà una serie di considerazioni. Certo, i colleghi della Commissione hanno fatto tutto il possibile per consegnare all'aula un disegno di legge il più perfetto e il più approfondito possibile.
Quello che è certo è che questo disegno di legge accolla a Comuni e Comunità montane e soprattutto ai loro amministratori un carico di lavoro e di responsabilità notevole, carico di lavoro che verrà a gravare su strutture politiche e amministrative già travolte da innumerevoli funzioni e con supporti legislativi e modalità attuatine abbastanza vaghe. Il rischio è indubbiamente notevole. Certo, ove esistono strutture amministrative, come Comunità montane, Consorzi, evidentemente ci sono dei supporti che già hanno dimostrato, operando, una loro capacità di gestione di saper affrontare i problemi. Negli altri casi andiamo a costruire una struttura estremamente complessa sopra situazioni burocratiche e di uffici abbastanza labili e con poche fondamenta.
Mi pare giusto prevedere la possibilità di variazioni degli ambiti territoriali delle Unità Sanitarie Locali, con riguardo anche alle competenze e ai finanziamenti, ove questi si rivelino inadeguati ed esigano modificazioni. Queste variazioni devono essere contemplate anche prescindendo dal termine triennale delle redazioni dei piani.
Mi pare corretto demandare all'assemblea generale delle Unità Locali dei Servizi l'individuazione dei distretti di base, intesi come strutture tecnico - funzionali, per l'erogazione dei servizi di primo livello e di pronto intervento e non legare in modo eccessivo la perimetrazione dei distretti a parametri fissi di popolazione e di superficie, quindi criteri elastici che possano fornire una base di partenza per fare del distretto non una semplice unità di decentramento burocratico ma uno strumento per realizzare un tipo di servizio diverso nel quale la popolazione sia partecipe.
La legge è vaga per quanto riguarda l'ambito comunale di Torino.
Capisco l'esigenza di lasciare al Comune di Torino una certa autonomia nell'ordinare e regolamentare l'attribuzione di poteri ai Consigli circoscrizionali e capisco anche i dubbi che possono esistere intorno all'avvenire di questi Consigli, però dall'articolato non si riesce a capire quali saranno i compiti a cui saranno chiamati i Consigli circoscrizionali in materia di sanità e di assistenza sociale e questo inficia l'armonia della legge che da una parte contiene definizioni precise per quanto riguarda il territorio regionale e cade nel vago quando parla del Comune di Torino.
Infine, più che una considerazione faccio una riflessione a voce alta.
Alle istituzioni sanitarie e ospedaliere del Paese, i cittadini affidano un bene preziosissimo, che è la propria vita, la propria salute e quella dei loro familiari. L'uso che le istituzioni fanno di questa fiducia sappiamo benissimo qual é. Ognuno di noi ha nell'ambito dei propri amici e dei propri parenti esempi purtroppo dolorosi del modo in cui, di sfascio in sfascio, di degrado in degrado, funzionano le istituzioni nei confronti della vita e della salute dei cittadini. Nel momento in cui andiamo a costruire un sistema sanitario estremamente complesso ed articolato, avendo anche presenti esempi non sempre positivi di altri Paesi che ci hanno preceduti su questa strada, parlo del primo sistema sanitario costituito nel dopoguerra nel Regno Unito di Gran Bretagna, non possiamo non preoccuparci della fiducia che il cittadino, volente o nolente, ha nelle istituzioni e che troppo spesso viene mal ripagata. Dobbiamo augurarci da parte delle Unita Sanitarie Locali e degli Enti locali chiamati a vigilare su di esse ci sia senso di responsabilità, spirito pratico, realismo capacità per superare a priorismi teorici o politici. Auguriamoci anche che accanto alla buona volontà ci sia un insieme di circostanze favorevoli molta fortuna a che la vita e la salute dei cittadini non abbiano a subire danni maggiori di quelli subiti in questi anni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrero.



FERRERO Giovanni

Non è tanto una replica che voglio fare, o un intervento nel dibattito a nome del Gruppo comunista, quanto piuttosto un'introduzione a una procedura un po' anomala, ma credo sostanzialmente corretta.
Il sottoscritto nella relazione introduttiva aveva toccato molti temi che non erano soltanto quelli della legge che ci accingiamo a votare ed in particolare aveva toccato il problema del progetto di legge di iniziativa popolare che reca il n. 347.
A seguito di un incontro tra il Presidente del Consiglio, i presentatori del progetto di legge e alcuni Consiglieri e Commissari della V Commissione, è emersa la necessità che vi fosse in Consiglio su questo argomento una breve informazione ai Consiglieri e alla comunità regionale.
La questione in sostanza riguarda l'iter della legge di iniziativa popolare, i suoi contenuti e le decisioni in merito che le forze politiche presenti in Consiglio e quindi il Consiglio nella sua interezza devono assumere, ai sensi dello Statuto e del Regolamento del Consiglio regionale.
Risulta evidente a chiunque esamini anche sommariamente la materia che esiste una differenza tra quella che è la struttura e la logica legislativa che la maggioranza espressa dal Consiglio regionale ha seguito e alcune delle considerazioni generali contenute nella legge di iniziativa popolare.
La differenza di logica, se così si può dire, sta sostanzialmente nel fatto che mentre la maggioranza, e quindi il Consiglio, ha votato un insieme di provvedimenti che nel loro complesso concorrono ad integrare tra di loro le differenti materie, non soltanto sanitarie ed assistenziali, ma di tipo scolastico, urbanistico, sportivo e hanno proceduto a far ciò con leggi e provvedimenti separati e disgiunti, il progetto di iniziativa popolare nella sua enunciazione di principio richiede con un solo atto l'unificazione, in qualche misura non diminutivo ma a priori, di queste diverse materie in una unicità di gestione.
Vi è una sostanziale concordanza sulla necessità di giungere ad un'integrazione di fatto tra le diverse competenze e a far sì che di questa integrazione siano sostanzialmente titolari i Comuni, in forma singola o associata, con l'affermazione generale di principio contenuta nella legge di iniziativa popolare. Le considerazioni in base alle quali la maggioranza si è mossa in maniera strutturalmente diversa da quella proposta dal progetto di iniziativa popolare risiede in molte considerazioni, che qui non voglio ripetere, ma soprattutto nei problemi di legittimità; basti ricordare il rinvio del Governo operato nei confronti della Regione Toscana per, quanto riguarda le associazioni polifunzionali proprio nel momento in cui la Regione Toscana prevedeva, nell'ambito di una sola associazione l'automatico e meccanico aggiungersi di Comitati di gestione per le diverse materie, quindi operava con un'unica legge questa integrazione auspicata.
Quindi, vi sono delle considerazioni di tipo politico che spetta alle forze politiche sviluppare, ma vi sono anche delle considerazioni di legittimità, o almeno di accortezza, nel tener conto delle motivazioni di rinvio che il Governo ha addotto nei confronti di altre legislazioni che procedevano con logica diversa da quella che abbiamo deciso di adottare.
Se allora vi è una certa concordanza nello sforzo per arrivare all'integrazione, si pone immediatamente un problema politico cioè quello della risposta che questa assemblea deve comunque dare nei confronti delle 13.000 persone che hanno firmato; già nella relazione introduttiva mi riferivo in generale alla vivacità del dibattito intervenuto nella comunità regionale, collegando a questo la presentazione del progetto di legge di iniziativa popolare.
Tale problema di merito politico credo debba essere affrontato, questo almeno è il suggerimento emerso dall'incontro sottoposto alla valutazione e alla meditazione delle forze politiche presenti in Consiglio regionale, su due ordini di questioni.
Il primo ordine di questioni, è ovvio, ma deve essere citato, è che la legge che oggi voteremo in materia sanitaria, in termini di consenso e di eventuale dissenso, è la prima fondamentale risposta di merito politico che viene data alle persone che sollecitavano l'integrazione dei servizi e l'attuazione tempestiva della riforma sanitaria e in generale della riforma delle autonomie locali.
Deve essere dato atto che il testo oggi presentato (e questo mi pare emergesse dagli interventi di tutte le forze politiche), nel momento in cui tiene conto del dibattito nazionale e locale, accoglie e considera come punti di riferimento sostanziali un insieme di posizioni e di atteggiamenti presi dai 13.000 firmatari in occasione della presentazione del progetto di legge.
Il secondo ordine di questioni di merito riguarda la materia che residua, perché la legge di iniziativa popolare non riguardava soltanto le questioni sanitarie, ma anche e sostanzialmente la materia dell'assistenza.
L'enunciazione che facevo prima mi porta a ribadire che in altre leggi, e nella sede quindi dell'approvazione definitiva o della modifica di altre leggi, possono essere ritrovate le considerazioni dei presentatori. Ma la materia importante che residua, rispetto alla legislazione regionale in atto fino ad oggi, è quella assistenziale. Ordunque, al di là delle considerazioni ovvie di rapporto con il 'auspicata legge nazionale di riforma dell'assistenza, le competenze attuali delle Regioni, le attribuzioni date dal D.P.R. 616 ai Comuni, configurano una potestà legislativa della Regione Piemonte in materia assistenziale in modo più penetrante ed incisivo di quanto non sia implicitamente ed abbastanza allusivamente contenuta nel progetto che ci accingiamo a votare.
Credo che su questo la Giunta possa pronunciarsi già nella seduta odierna in termini di impegno e di valutazioni sulla volontà o meno di presentare un testo di riforma dell'assistenza, di quella materia cioè che già oggi è alla potestà legislativa delle Regioni. A me compete dire che in questa se de dovrà essere utilizzato appieno il provvedimento presentato dai 13.000 firmatari, in modo tale che non solo formalmente, ma anche sostanzialmente, la discussione sul progetto di legge n. 347 non venga considerata esaurita con la votazione di oggi che riguarda la materia sanitaria.
Infine, non so se è materialmente possibile che questo avvenga nella seduta odierna, ma è comunque problema aperto, dovremmo anche valutare quel che si è fatto nella passata legislatura in occasioni analoghe, cioè che le forze politiche del Consiglio regionale predispongano un ordine del giorno in merito, o altro documento, che venga approvato nella seduta odierna, o in quelle immediatamente successive, che precisi le cose che ho detto nella mia qualità di Presidente della Commissione e di partecipante ad un incontro con i presentatori, in forma tale da permettere a tutte le forze politiche di esprimersi e misurarsi.
Da questo momento si può cominciare a pensare e a valutare quale debba essere il contenuto di un eventuale ordine del giorno, c erto difficilmente nella giornata odierna potremo arrivare ad una votazione conclusiva per la concomitanza dei dibattiti sui trasporti e sulla sanità.
Mi pare che questi fossero gli impegni dovuti da parte del Consiglio regionale e delle sue diverse espressioni nei confronti dei presentatori del progetto di legge e quindi fosse anche dovuta un'informazione o un'illustrazione al Consiglio su questa materia.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Signor Presidente, signori Consiglieri, questo importante dibattito sulla legge che, in relazione all'applicazione della riforma sanitaria il Consiglio è chiamato a votare, si inserisce in un dibattito generale sulla riforma del quale, dopo cinque anni di gestione di questo Assessorato, non posso fare a meno di dare alcune valutazioni.
Il 1° gennaio 1980 dovrebbe prendere l'avvio la riforma sanitaria, così almeno scrivono grossi titoli di giornali, trascurando il fatto che per molte Regioni la riforma sanitaria è già iniziata e il processo di costruzione del sistema sanitario è già stato avviato da parecchi anni.
Riprendo il brillante intervento che ha fatto il Consigliere Beltrami per sottolineare la svolta che ha avuto il rapporto fra esecutivo e Consiglio fra le istituzioni e la comunità, tra la Regione e il contesto nazionale fra il Governo e le forze politiche e le forze sociali nazionali durante la votazione della legge 39. Allora vi erano pareri diversi: l'esecutivo un parere, la minoranza un altro parere. Nell'intervento del Consigliere Beltrami è stato detto che quello è stato un errore dell'esecutivo. Molto garbatamente, ma profondamente convinto, devo dire che la votazione sulla legge 39 è stato un netto salto di qualità sul piano politico e sul piano culturale che la Regione Piemonte ha fatto sulla riforma sanitaria, è stato un contributo determinante alla legge 833 del dicembre 1978. Questa è una delle cose che va segnata a merito di questo Consiglio anche se in quella seduta non vi è stata la votazione unitaria. Intuiamo giustamente che occorreva dare una spallata forte e robusta affinché la legge di riforma diventasse legge dello Stato. E' una legge travagliata; sono emerse da una piccola minoranza in questo Consiglio regionale posizioni diametralmente opposte e contrarie altre posizioni, come quelle dei Consiglieri Castagnone Vaccarino e Vera sona state differenziate, una critica costruttiva con impostazioni non diametralmente opposte e contrarie alla legge di riforma. E' una legge travagliata, una legge difficile, ma giusta e, nonostante alcune lacune una delle migliori che in questi ultimi anni il Parlamento è riuscito a produrre. Mi limito a suggerire umilmente al Governo e al Ministro Altissimo di non avere dubbi, di non rilasciare dichiarazioni un giorno in una maniera e un altro in un'altra, ma di essere decisi a portare a compimento tutti gli adempimenti.
Per venire alle iniziative della Regione Piemonte, mi pare giusto, a conclusione di un dibattito durato cinque anni, fare qualche accenno su quanto la Regione ha fatto in questo settore, non per dire che tutto va bene, ma per dire che alcune decisioni vengono registrate e hanno il consenso della grande maggioranza della popolazione del Piemonte. Ricordo il rapporto che si è avuto con le organizzazioni sindacali di tutte le categorie, un rapporto tale che ha consentito che il Piemonte è stata l'unica Regione a non registrare quei disastri di "barella selvaggia". Ieri mattina sono stato convocato dal Consigliere Brunetti, capo della Pretura di Torino; abbiamo discusso del problema della psichiatria e del problema della droga. Ho avuto grande soddisfazione quando dal Consigliere Brunetti è stato sottolineato che sulla psichiatria la Regione Piemonte ha le carte in regola sul piano attuativo della legge 180. Pensiamo a come funziona la legge sull'aborto, pensiamo alla situazione finanziaria degli enti ospedalieri: il Piemonte è una delle poche grandi Regioni che ha chiuso il bilancio degli enti ospedalieri in pareggio, merito certamente dei loro amministratori. Il Lazio, il Veneto, l'Emilia hanno deficit di 1.000 miliardi l'una, 400-300 miliardi le altre.
Per non parlare poi della gestione della convenzione generica e della convenzione specialistica che si ha avuto nell'ultimo mese ritardi nei pagamenti ai medici, dovuti però a difficoltà tecniche. Molte altre cose possono non funzionare, comunque vi è su tutti il peso della direzione nel senso che ad ogni provvedimento e ad ogni situazione, che non si riscontra adeguata alla realtà piemontese e a criteri di efficiente e di sana impostazione politica, vi è la presenza dell'Amministrazione che interviene in ogni settore. Stiamo predisponendo il piano socio-sanitario che sarà presentato entro il mese di dicembre all'approvazione della Giunta regionale e quindi dopo alla discussione del Consiglio e della comunità.
Il Consigliere Beltrami ha detto che dal cappello avevo tirato fuori il coniglio. La ringrazio per questa osservazione, ma le cose non sono state così. Ho l'abitudine per quanto mi riguarda di consultarmi frequentemente e di elaborare collegialmente ogni provvedimento. Dal provvedimento, che è stato sottoposto emerge la grande volontà dell'esecutivo di dare spazio alla partecipazione e alla consultazione.
Avevamo presentato la nostra legge nel mese di giugno, in termini di transitorietà, perché volevamo esaltare la partecipazione e non volevamo arrivare alla soluzione della Regione Veneto che affidava ai Commissari la gestione transitoria dell'Unità Locale dei Servizi.
Alcuni emendamenti possono essere accettati, altri possono essere respinti ma questo non toglie nulla al valore essenziale che si dà a questa legge. E questo non può essere che motivo di grande soddisfazione della Giunta regionale. La Giunta ha presentato alla Presidenza del Consiglio una decina di emendamenti. Propongo ancora un incontro in Commissione per cercare almeno di mettere insieme una serie di emendamenti dichiarando che su alcuni vi è la disponibilità di accoglimento, su altri dove la scelta politica è differente, l'accoglimento diventa impossibile.
Sul problema dell'incompatibilità, sollevato dal Consigliere Castagnone Vaccarino, c'è la disponibilità a un riesame più preciso.
Per quanto riguarda la partecipazione dei Consiglieri nell'assemblea e nel Comitato di gestione vi è un discorso a monte che occorre fare in maniera precisa: è l'impostazione politica che vogliamo dare alle future Unità Sanitarie Locali. Se si vogliono concepire le future Unità Sanitarie Locali come aziende municipalizzate, diciamo che siamo contrari a questo tipo di impostazione. Dove il lavoro è continuo e pressante, in quel caso può essere accettato il discorso di partecipazione da parte di persone che non sono Consiglieri. Su questo c'è la massima apertura della Giunta.
Nella legge non ci sono scadenze precise in ordine alla delega di alcune funzioni, la Giunta provvederà con provvedimento successivo.
La Guardia Medica passa direttamente alla gestione dei Consorzi in linea transitoria. La gestione delle convenzioni generiche potrà passare nel mese di giugno; a ottobre potrà passare la medicina specialistica e tutte le funzioni di igiene pubblica; a fine ottobre o a fine novembre potrebbe passare alle Unità Sanitarie. Locali la gestione degli enti ospedalieri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Non entro naturalmente nel merito degli argomenti. Chiusa la discussione, lo si potrà fare in sede di illustrazione degli emendamenti.
Prendo atto della disponibilità della Giunta ad esaminare icon spirito aperto gli emendamenti. Ritengo però che dovrebbero essere conciliate due esigenze: la speditezza della discussione, dell'approvazione della legge con la registrazione in Consiglio delle posizioni, degli apporti che ogni Gruppo ritiene di dare al dibattito.
In sostanza sono favorevole a che attraverso sospensioni, momenti di elaborazione strettamente tecnica si possa passare a lato del Consiglio, ma il Consiglio, con questa procedura, non deve venire esautorato dalla sua funzione, che è quella di pronunciarsi, di decidere non globalmente su un pacchetto altrove confezionato. Su questa materia abbiamo avuto momenti felici e meno; qualche volta il Consiglio e i Consiglieri si sono sentiti esautorati dai Presidenti dei Gruppi che assumevano per tutti responsabilità e quindi vorremmo che, senza aprire dibattiti interminabili e senza andare ad incappare in difficoltà tecniche, questo principio venisse riaffermato in termini visibili.
La Giunta ha annunciato i suoi emendamenti: non sono conosciuti; siamo anche disponibili ad una preventiva brevissima sospensione per l'esame e la collazione tecnica degli emendamenti: ma riteniamo che la discussione debba avvenire qui, con le sospensioni necessarie quando l'elaborazione dei testi richiederebbe tempi non trascorribili utilmente in questa sede.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Crediamo che l'interesse comune sia quello di avere un dibattito chiaro e di dare quindi la possibilità ad ogni forza politica, in particolare a quelle che hanno presentato emendamenti, di chiarire la portata, il senso e il significato delle loro posizioni.
Vorrei solo rilevare che ci troviamo di fronte ad una situazione, per cui io non conosco gli emendamenti, che mi si annunciano corposi, del Gruppo della D.C., né peraltro sono conosciuti, come mi è stato fatto notare, i meno corposi emendamenti della Giunta. Ritengo che dovremmo cercare di conciliare le varie esigenze. Mi chiedo se non sia il caso di prevedere una pausa per l'esame dei vari emendamenti, almeno quelli che insistono sugli stessi articoli e poi ritornare in aula.



PRESIDENTE

Mi permetto di esprimere anch'io un parere che avevo meditato durante il dibattito. In effetti gli emendamenti numerosi ed anche di diversa importanza, che sono stati presentati dai Gruppi, 'non sono ancora stati distribuiti, per cui non li conosce nemmeno la Giunta.
Mentre si procede alla distribuzione e all'esame degli emendamenti, se il Consiglio concorda, l'Assessore Bajardi relazionerà sulla situazione dei trasporti.


Argomento: Norme generali sui trasporti

Relazione alla deliberazione sul piano regionale dei trasporti


PRESIDENTE

Esaminiamo ora la deliberazione sul piano regionale dei trasporti.
Relaziona l'Assessore ai trasporti, Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore ai trasporti

Ai Consiglieri stamane sono stati consegnati dei materiali: il testo della proposta di piano regionale, conseguente ai lavori della H Commissione, che ha recepito, rispetto al testo iniziale, le modifiche conseguenti sia alla consultazione che ai lavori della II Commissione.
Il piano regionale dei trasporti si pone come un piano settoriale, di attuazione e di arricchimento, ma anche di verifica, del piano regionale di sviluppo. In quanto piano di attuazione del piano regionale di sviluppo persegue gli obiettivi fissati nel piano regionale; in quanto piano di arricchimento del piano regionale di sviluppo precisa alcuni degli obiettivi ed alcune delle politiche del piano regionale di sviluppo; in quanto occasione di verifica del piano regionale di sviluppo permette di stabilire in che misura è possibile perseguire alcuni degli obiettivi e realizzare alcune delle politiche del piano regionale di sviluppo.
Il piano regionale dei trasporti si pone come inquadramento dei piani comprensoriali dei trasporti: fornisce, infatti, una base, certa e di grande respiro, per la definizione appropriata degli obiettivi e per la precisazione efficiente delle politiche dei trasporti alla scala comprensoriale. L'elaborazione dei piani comprensoriali dei trasporti è in corso; naturalmente, da tali piani possono venire contributi importanti alla verifica ed alla messa a punto delle politiche regionali dei trasporti. Soprattutto in relazione alla organizzazione del trasporto pubblico di linea.
Il piano regionale dei trasporti si porrebbe, anche, come un contributo alla verifica e d all'arricchimento del piano nazionale dei trasporti.
Però, come è noto, non si dispone ancora di un piano nazionale dei trasporti. Pertanto, non è stato possibile svolgere il ruolo sopra indicato; per contro, il piano dei trasporti della Regione Piemonte costituirà uno stimolo alla definizione del piano nazionale dei trasporti.
Si deve aggiungere che, se non esiste ancora un piano nazionale dei trasporti, esistono segmenti di programmazione nazionale dei trasporti rappresentati dalle proposte, inevitabilmente costruite in un'ottica aziendale e comunque non globale, delle FF.SS., del Ministero dei trasporti per quanto riguarda le ferrovie in concessione e gli aeroporti, del Ministero dei LL.PP., per quanto riguarda la viabilità ANAS.
Giorni fa ha avuto luogo a Roma, un incontro presso il Ministero dei trasporti alla presenza del Sottosegretario ai trasporti e delle direzioni delle FF.SS., della Motorizzazione Civile, della direzione generale dell'Aviazione e della programmazione. Posso riferire cosa si è concluso.
E' stato presentato il testo del piano integrativo delle Ferrovie dello Stato per 9.500 miliardi. I documenti sono stati consegnati ai membri della II Commissione del Consiglio regionale. Queste proposte coincidono esattamente con le proposte contenute per la parte piemontese nel piano regionale dei trasporti; è il risultato di un lungo rapporto tra FF.SS., e Regioni, ne è conseguito un largo consenso delle Regioni con l'invito delle stesse al Ministro, affinché le presenti al Parlamento ed acceleri al massimo l'iter parlamentare.
Secondo. E' stato presentato il programma previsto dalla legge statale n. 389 relativo al piano per le ferrovie concesse. Su questo programma che prevederebbe un investimento di 2.500 miliardi in dieci anni, si prevede un largo taglio nelle ferrovie in concessione. Per quanto riguarda il Piemonte la riduzione delle ferrovie Canavesane da Rivarolo in su e per quanto riguarda la ferrovia Torino-Ceres da Germagnano a Ceres. Analogo atteggiamento è stato assunto dalla Direzione generale della Motorizzazione nei confronti della restante rete delle ferrovie in concessione. Tutte le Regioni hanno rifiutato il piano presentato essenzialmente sotto due ottiche: la presa d'atto della scadenza, a fine anno, dei precedenti documenti legislativi di finanziamento e quindi la necessità di presentare una nuova legge di finanziamento delle ferrovie in concessione e contestualmente la necessità che il Ministero dei trasporti presentasse entro il 31/12 un piano di ristrutturazione generale delle ferrovie in concessione. Le Regioni hanno espresso il loro parere negativo, non è quindi un piano presentato di intesa con le Regioni, è probabile che il Ministero dei trasporti lo presenti ugualmente al Parlamento per avviare l'iter della legge relativa ai finanziamenti, il Sottosegretario ha dichiarato in quella sede di essere disponibile alla ripresa del dialogo con le Regioni p e r approdare a proposte concordate come è avvenuto per il piano delle Ferrovie dello Stato.
Terzo elemento posto all'ordine del giorno di quella riunione: il piano degli aeroporti. Circa mille miliardi essenzialmente per gli aeroporti di Fiumicino e Malpensa e qualcosa per gli altri aeroporti. Le indicazioni relative agli altri non sono state fornite, si è deciso però la costituzione del gruppo di lavoro previsto dalla legge nazionale per gli aeroporti nella quale faranno parte sei Regioni, tra cui la nostra, e si avvierà il programma di elaborazione del piano del sistema aeroportuale italiano.
Per quanto riguarda i rapporti con L'Anas e il Ministero dei lavori pubblici, debbo ricordare che in un recente incontro a Vercelli sulla viabilità nella provincia stessa, il Ministro dei lavori pubblici ha riconosciuto l'assenza di proposte legislative per quanto riguarda i futuri piani triennali dell'ANAS, ma ha dichiarato la sua volontà per avviare, in tempi brevi, nel corso del 1980, l'elaborazione delle proposte per i successivi piani triennali: 1982/1984, 1985/1987, in ragione delle risorse che saranno attribuite a questi programmi e in ragione delle indicazioni che saranno contenute nella proposta di piano regionale. Noi concorderemo come Consiglio i nostri comportamenti.
Sono stati presi contatti avvalendosi delle opportunità che ci sono state offerte anche in relazione al destino della legge quadro nazionale dei trasporti il cui iter era stato troncato dalla cessazione della precedente legislatura, iter che è ripreso ed è approdato alla formulazione di una proposta unificata che nel corso delle ultime settimane ha subito una ulteriore modificazione per quanto riguarda le competenze istituzionali mantenute ai Comuni in riferimento al rispettivo territorio comunale, ma parrebbe, non mettendo in discussione l'assetto più generale di organizzazione del sistema complessivo per bacini di traffico tramite le Regioni.
Sappiamo che nella proposta di legge finanziaria i cui problemi, le cui vicende sono note, due capitoli: investimenti e gestione, hanno un diverso peso.
Per quanto riguarda la politica degli investimenti, nella proposta di legge finanziaria è previsto uno stanziamento di 150 miliardi per il piano autobus che decorrerà dal 1980. In ragione di questa approvazione noi vedremo quali implicazioni trarne nelle indicazioni contenute nel nostro programma. Per quanto riguarda le spese di gestione l'indicazione è della data del gennaio 1981 per l'inizio di funzionamento del fondo nazionale dei trasporti.
Ho voluto ricordare questi aspetti per dare documentazione ai colleghi di quei segmenti di politiche o di comportamenti nazionali per quanto riguarda gli aspetti connessi alla nostra proposta di piano regionale dei trasporti che comporteranno da parte nostra atteggiamenti e decisioni che porteranno, man mano che saranno proposti organicamente alla nostra attenzione, a decisioni e verifiche da parte del Consiglio regionale.
In particolare, si è tenuto conto, nella stessa formazione del piano sia del quadro di riferimento metodologico presentato dall'apposito Comitato interministeriale in sede CIPE per il piano nazionale, sia delle linee emerse nel corso della conferenza nazionale dei trasporti tenutasi a Roma nell'ottobre del 1978.
Al tempo stesso, date le questioni affrontate, molte delle quali di interesse sovraregionale, si è proceduto ad un continuo confronto con le Regioni limitrofe, italiane ed estere: ciò sia per ovvi motivi di coerenza con le rispettive proposte, sia al fine di rafforzare l'idoneità delle stesse ad essere comprese nei piani alla scala nazionale e sovranazionale.
Con queste proposte e con i vettori di tali proposte ci si è confrontati. Si deve rilevare che la Regione Piemonte ha portato, in questo confronto, la sistematicità e la globalità del suo approccio, e che da ci è scaturito qualche successo e, soprattutto, la formazione di condizioni per futuri successi; non si può però trascurare di rilevare che l'inevitabilità di rapporti separati, e non raccordati (per la già lamentata assenza di un piano nazionale dei trasporti), ha imposto alla Regione Piemonte un grande sforzo, il quale altrimenti non sarebbe stato necessario.
Posto quanto precede, si deve aggiungere che il piano regionale dei trasporti si inserisce nella strategia della programmazione cui la Regione Piemonte si ispira, cioè nella strategia della programmazione come processo, processo continuo nel quale ad ogni passo si verifica l'efficacia di quanto è stato fatto, l'opportunità di raggiustare il tiro con riferimento agli effetti di ciò che è stato fatto ed alle novità che la situazione generale fa riconoscere.
Il piano regionale dei trasporti consta di obiettivi generali e specifici, di politiche generali e specifiche. Come è a tutti evidente, si riconoscono nello stesso opzioni di grande respiro ed interventi descritti anche nei particolari: così, allo stesso tempo, si risponde ad esigenze di carattere generale, provenienti dalla collettività regionale nel suo insieme, e ad esigenze specifiche, provenienti da comunità specifiche. Il piano regionale, mentre, rispondendo ad esigenze specifiche, acquisisce verifiche e consensi di comunità specifiche, riconducendo tali esigenze specifiche ad esigenze generali crea le condizioni per il superamento di istanze locali che non siano convergenti fino in fondo con le esigenze generali.
D'altra parte, questo primo piano settoriale del piano di sviluppo socio-economico del Piemonte trae origine, ed è stato delineato nei suoi obiettivi, dalla legge del 22 agosto 1977, n. 44 (legge generale sui trasporti e sulla viabilità). Questa legge venne adottata dal Consiglio regionale, nel suo complesso, con la volontà di conseguire in questa materia due fondamentali obiettivi: il primo, quello di fissare compiti e procedure per ciascun Ente di programmazione, dalla Regione ai Comprensori ai Consorzi; il secondo, quello di avviare il processo di decentramento delle funzioni amministrative e di controllo per i trasporti pubblici verso gli Enti locali minori associati nei venti Consorzi, in cui è articolato il piano regionale.
Con questo documento di piano rispondiamo ad uno dei compiti fondamentali di questa legge, sancito dall'art. 5, che affida alla Regione la formazione di un proprio piano dei trasporti, strettamente relazionato con il piano socio-economico e territoriale.
Il piano regionale dei trasporti è stato predisposto sulla base di una grande consultazione sia sugli obiettivi sia sulle linee generali d'intervento. Tale consultazione è culminata nella conferenza introduttiva al piano regionale dei trasporti, ad essa hanno fatto seguito sei convegni settoriali ai quali, credo, in larga parte i colleghi hanno partecipato.
Vorrei richiamare solo alcuni dati. In questi convegni sono stati svolti circa 200 interventi in otto giornate complessive di dibattito, con la partecipazione di circa 3500 persone; senza contare le sedute del comitato regionale di coordinamento, che di volta in volta è stato chiamato ad esprimersi sui vari aspetti del piano. I risultati degli studi sono stati resi definitivi tenendo conto dei contributi emersi nei detti convegni. Lo schema di piano regionale è stato predisposto a partire da tale risultato e il progetto è stato sottoposto a sua volta ad una serrata discussione e verifica nei Comprensori. Si tratta di 23 presentazioni del piano svolte direttamente dall'Assessorato, in accordo con la II Commissione e successivamente a 18 consultazioni; corrisponde ad un numero complessivo di 41 incontri collegiali, includendo in questo le sedi associative delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane. A questo ha fatto seguito la verifica compiuta in II Commissione nel corso di cinque sedute. Da tutto questo lavoro emerge la proposta conclusiva.
Queste verifiche ci hanno consentito, da una parte, di mettere a punto il disegno complessivo di piano, soprattutto con riferimento alle infrastrutture stradali e ferroviarie (è ormai noto come, a seguito di dette consultazioni, si è dovuto approfondire l'assetto della linea ferroviaria Cuneo - Alba - Asti - Casale); dall'altra, ci hanno consentito di rendere compatibili le proposte contenute nel documento della Giunta regionale con le ipotesi dei piani comprensoriali territoriali e dei trasporti, che stanno via via emergendo. Non solo, ma ci hanno consentito di meglio precisare l'ordine di priorità complessivo e di adeguarlo ai tempi di fattibilità possibili nelle varie realtà locali.
Occorre aggiungere che, con questo piano regionale, non rispondiamo ai problemi connessi alla viabilità nei pressi dei centri urbani, problemi sollevati da quasi tutti i Comitati comprensoriali: rispondiamo però, per quei centri interessati da tratti di autostrade, proponendone l'uso in funzione locale. Sarà compito dei piani comprensoriali risolvere questo tema, ed è a quelli, che noi rinviamo.
Sulla base di tale verifica, sono stati apportati numerosi miglioramenti e messe a punto.
Il piano regionale dei trasporti è il risultato di questo complesso processo tecnico - politico: esso è figlio di questo processo; se non ci fosse stato questo processo, con tutte le sue componenti di contributi tecnici e di contributi politici, meglio con l'intreccio di queste componenti, il piano regionale dei trasporti non sarebbe stato quello che è.
Contributo del piano regionale dei trasporti alla soluzione dei problemi dello sviluppo in Piemonte.
Il contributo del piano regionale dei trasporti alla soluzione dei problemi dello sviluppo in Piemonte concerne più direzioni. Fra le altre le seguenti: a - quella dello sviluppo economico b - quella del risparmio energetico c - quella del controllo della spesa pubblica d - quella del riequilibrio territoriale.
Con riferimento allo sviluppo economico Con riferimento allo sviluppo economico, il problema centrale è costituito dal contributo che può essere recato dai trasporti nel rafforzare il legame della regione con il resto del Paese e, nello stesso tempo, con il resto d'Europa. Decisivo è il contributo che i trasporti del Piemonte possono recare per evitare l'avvio di processi di emarginazione dei porti liguri. Importante è l'attenzione che si deve mettere nell'evitare che gli investimenti nei trasporti in Piemonte, i quali sono richiesti da un'economia sempre viva e da una società sempre più complessa e nella sostanza vanno soddisfatti, non diventino elementi di una politica non fermamente coerente con l'esigenza di compiere lo sforzo più grande per la ripresa al Mezzogiorno e per il superamento dello squilibrio nord-sud.
Non si può trascurare che i trasporti in Piemonte sono elemento decisivo per il rafforzamento degli scambi internazionali con aree importanti dell'Europa, scambi essenziali per lo sviluppo dell'economia non solo piemontese, ma anche nazionale. E' chiaro che le esigenze, messe in evidenza, non richiedono sempre politiche ed investimenti nel campo dei trasporti completamente 'convergenti sia nel senso sia nella dimensione: occorre cercare un punto di equilibrio tra tutte le esigenze, senza sbilanciamenti ed incertezze. E' quello che con il piano dei trasporti della Regione Piemonte si è cercato di fare.
Con riferimento al risparmio energetico.
Con riferimento al risparmio energetico, si osserva che, in generale le misure di razionalizzazione contemplate nel piano regionale dei trasporti, in particolare, le misure di riorganizzazione dei servizi ferroviari e la riforma dei trasporti pubblici su strada, sia con l'incremento d'efficienza interna sia con la sollecitazione al trasferimento di aliquote d'utenti dal modo di trasporto individuale e quello collettivo, costituiscono un contributo di grande importanza al controllo della dinamica dei consumi energetici.
Con riferimento al controllo della spesa pubblica.
Con riferimento al controllo della spesa pubblica, si osserva che mentre il quadro degli interventi prospettati come urgenti e a medio termine fornisce una base capace di dare stabilità e certezza all'azione di tutti gli operatori pubblici, la prospettata riforma dei trasporti pubblici su strada costituisce un potente strumento per il controllo (ed il contenimento) della spesa dell'Ente Regione.
Con riferimento al riequilibrio territoriale.
Con riferimento al riequilibrio territoriale, si osserva che gli obiettivi generali di riequilibrio presenti nel piano di sviluppo sono stati articolati, in sede di studi per i piani comprensoriali territoriali operando nella direzione della progressiva riduzione degli squilibri interni alla Regione ed ai Comprensori, a questo scopo costituendo elementi di razionalizzazione nell'assetto esistente.
Alla stessa linea, ci si è richiamati in sede di studio per la formazione del piano regionale dei trasporti.
Da qui la sostanziale convergenza tra linee di assetto territoriale complessivamente perseguite con il complesso dei piani comprensoriali territoriali e con il piano regionale dei trasporti (nonché, ora, con i piani comprensoriali dei trasporti, in via di conclusione).
In questo quadro, per il sistema stradale sono stati assunti, come assi fondamentali, la pedemontana, l'asse Cuneo-Novara e l'asse da Alessandria verso il nord; così come per il sistema ferroviario, il sistema di esercizio così detto ad H interpreta detta configurazione, così ancora, nel caso del Comprensorio di Torino, non si è potuto fare a meno di affrontare la razionalizzazione della viabilità della zona ovest, interessata, fra l'altro, dal centro intermodale di Orbassano e dai traffici della Valle di Susa e la ricerca delle soluzioni relative al congiungimento dell'anello pedemontano.
Posto quanto precede, in questi ultimi giorni si è proceduto ad un serrato controllo della coerenza tra linee di assetto territoriale e piano dei trasporti, il quale ha portato ad alcune correzioni del piano stesso rispetto alla stesura iniziale.
Obiettivi generali e specifici di ogni settore di intervento.
Obiettivi generali - Gli obiettivi generali del piano regionale dei trasporti, al di là di quanto risulta da quanto precede, consistono nel miglioramento delle condizioni di circolazione delle persone e dei beni, a questo scopo adeguando, razionalizzando e, in particolare, integrando i diversi modi di trasporto.
Si è detto delle persone e dei beni: delle persone, perché così è possibile contribuire al miglioramento delle qualità della vita delle popolazioni; dei beni, perché così è possibile contribuire al miglioramento delle condizioni di efficienza e di competitività del sistema produttivo.
Obiettivi specifici Per il sistema ferroviario - Nella parte del piano concernente le proposte di competenza degli organi centrali dello Stato, sono stati riconosciuti di particolare importanza i seguenti punti: 1 - i collegamenti ferroviari con la Lombardia, con la Liguria ed il sistema portuale ligure, con la Francia e la Svizzera 2 - l'assetto delle linee "secondarie" per le comunicazioni tra i poli comprensoriali 3 - la sistemazione del sistema ferroviario nell'area comprensoriale di Torino 4 - l'analisi di alcune caratteristiche del materiale rotabile da inserire sulle linee a carattere pendolare.
In ordine ai collegamenti internazionali e interregionali, ci si è collocati nella logica del favorire al massimo tali movimenti nell'ambito della corretta utilizzazione delle risorse esistenti.
Ai fini della determinazione delle caratteristiche del sistema ferroviario regionale e della funzione primaria che esso deve svolgere per una politica di assetto territoriale riequilibrato, appare fondamentale l'obiettivo dell'organizzazione delle linee secondarie per le comunicazioni intercomprensoriali.
In proposito si danno indicazioni generali ed unitarie, tali da ottenere un ordine di priorità complessivo (non limitato cioè a poche linee) degli interventi tecnici e conseguentemente dei servizi da attuare per il sistema ferroviario intercomprensoriale.
Data la configurazione geografica del Piemonte e quindi della sua rete ferroviaria, riveste particolare importanza, anche ai fini dell'assetto delle linee intercomprensoriali, il nodo ferroviario di Torino. La risoluzione dei problemi connessi con tale situazione congestionata acquista un significato più ampio di contributo al miglioramento di una parte non irrilevante di servizi intercomprensoriali.
Infine, sono stati individuati, tra elementi che possono favorire un netto miglioramento dei servizi sulle linee di interesse intercomprensoriale, non solo un aumento quantitativo del parco del materiale rotabile, soprattutto leggero, ma anche una necessità di ammodernamento e di innovazione delle caratteristiche del materiale rotabile.
Tutta l'elaborazione è stata svolta sia sulla base della proposta aziendale di piano di sviluppo delle FF.SS. (nelle sue due parti integrativa e di sviluppo della rete), sia sulla base dei risultati di un'intensa e fruttuosa attività di confronto con l'azienda, portata avanti sia singolarmente che collettivamente da tutte le Regioni, la quale ha ottenuto che il piano, in particolare nella sua parte integrativa, fosse modificato e ristrutturato in modo significativo, accogliendo le principali richieste della Regione.
Come è noto, la situazione del sistema ferroviario nel Paese ha progressivamente ridotto i margini di funzionalità per il movimento delle merci. Le cause di ciò sono a tutti note.
E' anche noto lo squilibrio che dette cause hanno determinato nella ripartizione dei traffici fra strada e ferrovia.
Pur dovendo considerare il peso rilevante che i traffici su strada continueranno ad avere, è oggi realistico porsi l'obiettivo di consentire una progressiva riduzione di tale squilibrio: a tal fine occorre un insieme di politiche. Fra queste, quella che la Regione può fornire consiste nel prospettare un'integrazione sempre più stretta fra i traffici delle merci.
A questo scopo diventa fondamentale la politica localizzativa degli interporti e di una loro corretta gestione.
Per il sistema stradale - Nelle parti del piano concernenti le proposte sia di competenza degli organi centrali dello Stato sia di competenza della Regione e degli Enti locali subregionali, per il sistema stradale sono stati riconosciuti di particolare importanza i seguenti punti: 1 - definire gli interventi necessari e gli investimenti relativi da effettuare sulle reti di competenza dell'ANAS e degli Enti locali, per l'equilibrio funzionale interno 2 - ordinare gli interventi, definiti necessari, secondo criteri di priorità che tengano conto delle indicazioni del piano di sviluppo, delle condizioni del traffico e dell'entità della circolazione veicolare 3 - considerare l'opportunità del massimo uso e valorizzazione degli impianti esistenti e degli investimenti già operanti nel passato.
Sono, inoltre, elementi caratteristici del quadro generale: a - i tratti di rete autostradale in parte sotto utilizzati b - i collegamenti con i Paesi limitrofi rilevanti anche rispetto alla politica nazionale dei trasporti c - la rilevanza di alcune direttrici sopraregionali come l'asse Voltri Sempione, l'asse pedemontano alpino dal lago Maggiore al Cuneese, l'asse Cuneo-Novara d - l'impegno del potenziamento del collegamento internazionale fra Torino ed il traforo del Frejus derivante da accordi internazionali e dalla imminente apertura al traffico del traforo stesso.
Per il sistema aeroportuale - Nelle parti del piano concernenti le proposte sia di competenza degli organi centrali dello Stato sia di competenza della Regione e degli Enti locali subregionali, per il sistema aeroportuale, al fine di formulare proposte, in assenza di un quadro di riferimento alla scala nazionale, non si è potuto fare a meno di procedere ad una stima delle tendenze di sviluppo del trasporto aereo nel Paese e quindi di individuare il rapporto fra detto modo di trasporto e gli altri modi, ad esempio con quello ferroviario. Così come, per definire il ruolo del sistema aeroportuale del Piemonte, non si è potuto fare a meno di individuare il rapporto fra questo ed il restante sistema aeroportuale del Paese.
Per il primo punto, si è convenuto di assumere la condizione che non abbia a peggiorare la posizione relativa del trasporto ferroviario rispetto agli altri modi. Per il secondo punto, si è convenuto di assumere la condizione che il ruolo dell'aeroporto di Torino è fondamentalmente nazionale e per relazioni internazionali a breve e medio raggio.
Con gli interventi previsti dalla legge 865/73, l'aeroporto di Caselle è in grado di far fronte allo svolgimento del traffico per un lungo periodo, ben al di là del traguardo temporale sotto controllo.
Si deve aggiungere che l'aeroporto produce effetti da rumore e situazione di pericolo per le popolazioni dei Comuni di Caselle e Lombardore e questo si è dovuto tener conto in sede di proposte.
Per gli aeroporti minori le linee di indirizzo sono le seguenti: a - procedere ad una concentrazione dell'attività, attualmente svolta da sette aeroporti, su quattro b - in questo quadro giungere al risanamento finanziario della loro gestione c - consentire, attraverso l'applicazione della legge 56, in sede di pianificazione urbanistica, la salvaguardia degli spazi aerei necessari.
Per il sistema dei trasporti pubblici su strada - Il sistema dei trasporti su strada è un campo di piena competenza della Regione; occorre subito aggiungere che la Regione Piemonte ha inteso ed operato per un coinvolgimento alle decisioni, mediante l'avvio del decentramento delle proprie funzioni ai - consorzi costituiti fra gli Enti locali subregionali.
Ciò lo si è fatto con la legge 44/77; ciò ha trovato verifica di coerenza nella proposta di legge quadro nazionale, ormai prossima all'adozione da parte del Parlamento.
Per il sistema dei trasporti pubblici su strada, la base di partenza è la situazione in cui versano ancora oggi le imprese di trasporto sia pubbliche che private.
Lo squilibrio del rapporto costi-ricavi ha assunto rilevante dimensione e la velocità secondo cui tale squilibrio progredisce aumenta notevolmente.
A tale aspetto negativo fanno riscontro tre fenomeni negativi: a - l'incremento delle risorse pubbliche impegnate, che limita la capacità di investimento in altri settori b - a tale incremento non corrisponde un parallelo incremento della quantita e della qualità dei servizi erogati c - non si procede, in presenza di strumenti operativi superati, verso la finalizzazione e la trasparenza della stessa spesa.
Da qui discende l'obiettivo fondamentale dell'azione regionale: trasformare la spesa pubblica da elemento di semplice contributo a sostegno delle imprese in uno strumento di trasformazione del sistema e quindi di riforma del comportamento dell'operatore pubblico e delle imprese stesse.
Politiche Per il sistema ferroviario - Le proposte per il sistema ferroviario comprensoriale riguardano: 1 - anzitutto, interventi di ammodernamento e di potenziamento delle infrastrutture e degli impianti, per aumentare la capacità di trasporto della rete e migliorare la qualità dei servizi offerti 2 - un'organizzazione dei servizi ferroviari regionali" che consente di ottenere un sistema efficiente di collegamenti intercomprensoriali e di assicurare più elevati livelli di accessibilità a quei Comprensori il cui stato più arretrato di sviluppo economico può essere addebitato anche alla mancanza di adeguati collegamenti. Il sistema così configurato si presenta secondo uno schema cosiddetto ad H, nel quale, oltre alle grandi direttrici di traffico ferroviario, vengono privilegiate linee come la Chivasso Casale - Mortara, la Domodossola - Novara ed altre ancora 3 - l'individuazione di un ordine di priorità fra gli interventi da compiere.
Le proposte per il nodo ferroviario di Torino concernono un assetto complessivo, che si articola in indicazioni di organizzazione dei servizi consistente nel modello d'esercizio cosiddetto ad attestamenti incrociati in sostanza le otto penetrazioni su Torino, sei delle FF.SS., e due delle ferrovie in concessione, riepilogandole da Milano, dal Canavese, dalle Valli di Lanzo, dalla Valle di Susa, dal Pinerolese, dal Cuneese dall'Alessandrino e da Chieri, riorganizzate non come otto vettori radiali ma come quattro vettori diametrali passanti attraverso la città e tali da garantire, tramite una riorganizzazione della stazione di Porta Nuova mantenuta essenzialmente per le comunicazioni a grande distanza un'organizzazione del servizio dei pendolari che permetterà minori interscambi sulla rete urbana ed interurbana e in indicazioni di ristrutturazione degli impianti fissi, consistente nel cosiddetto quadruplicamento in asse, che avrà luogo da Trofarello sino a Chivasso.
Inoltre la riorganizzazione delle otto stazioni urbane delle Ferrovie dello Stato, delle altre stazioni urbane delle ferrovie in concessione e di una decina di stazioni ferroviarie in concessione esterne alla città di Torino, ma nell'ambito dell'area metropolitana, permetterà una radicale riorganizzazione del sistema dei trasporti tra ferrovia, metropolitana leggera, trasporto su tram e trasporto su gomma, tale da dare al sistema dei trasporti per pendolari in particolare un assetto profondamente diverso, più funzionale e più razionale.
In questo assetto complessivo rientrano anche le ferrovie concesse del Compartimento torinese, per le quali è prospettata la graduale integrazione funzionale nel sistema e per le quali si dispone già del progetto di fattibilità da presentare al Ministero dei trasporti, per il loro passaggio agli Enti locali.
La nostra proposta negativa assieme alle altre Regioni al programma delle ferrovie concesse, deriva anche dalla consapevolezza di una profonda contraddizione tra l'atteggiamento assunto a livello centrale per le ferrovie concesse e gli studi condotti dalla nostra Regione che saranno quanto prima messi a disposizione, ad integrazione delle proposte contenute nel piano presentate dettagliatamente nelle elaborazioni di fattibilità e di progettazione, di tutti quanti i Consiglieri.
Le proposte relative al trasporto delle merci, che è un settore che non rientra tra quelli di specifica competenza regionale, riguardano in particolare quegli elementi più correlati all'assetto territoriale e contemporaneamente più dotati di capacità organizzante rispetto al settore stesso, che sono i centri merci. In merito sono state fornite indicazioni di orientamento sulle caratteristiche strutturali e localizzative di tali centri. Un piano localizzativo generale non può che fare riferimento ad un'analisi complessiva delle diverse tipologie, funzioni, aree di riferimento; cionondimeno, primi elementi dell'assetto complessivo vengono forniti, soprattutto per quanto riguarda i centri più complessi e cioè quelli intermodali e quelli doganali.
In questo quadro il piano prospetta gia un sistema di centri merci a scala regionale che s'impernia sul centro Orbassano - Susa, su Domodossola Beura, su Novara, su Alessandria - Tortona, su Cuneo, affidando alla formazione del piano regolatore dei centri merci la definizione delle funzioni specifiche per l'insieme degli impianti esistenti in Piemonte dal momento che il Consiglio regionale ha già esaminato un'apposita proposta di legge per la creazione della società di gestione del primo dei centri citati, si tratta di passare entro l'anno 1980 alla fase di progettazione esecutiva.
Per il sistema stradale - Le proposte per il sistema stradale concernono, in primo luogo, i grandi assi stradali coerenti con lo sviluppo della mobilità: 1 - l'asse Voltri - Sempione, sul quale, per la parte in territorio piemontese, sono individuati i tronchi da rafforzare (Invorio - Gravellona e Gravellona - Sempione) e il completamento della viabilità autostradale esistente Voltri - Alessandria - Stroppiana 2 - l'asse pedemontano alpino, sul quale sono individuati potenziamenti nell'area Biellese e Cuneese con i raccordi al sistema tangenziale di Torino e con la viabilità della Valle di Susa 3 - l'asse Cuneo - Novara, sul quale è emersa la necessità di un generale potenziamento lungo l'attuale insufficiente viabilità ANAS.
Inoltre, il quadro dei potenziamenti nei collegamenti intercomprensoriali ha individuato, in estrema sintesi, tratte particolarmente carenti sulla S.S. 457 nell'Astigiano e nel Casalese, sulla S.S. 11 nel Novarese, sulla S.S. 20 nel Cuneese, sulla S.S. 35 bis nell'Alessandrino, sulla S.S. 589 nel Pinerolese, convalidando l'opportunità del potenziamento della viabilità esterna all'area metropolitana torinese.
Infine, è emerso il collegamento internazionale da Rivoli al traforo autostradale del Frejus, da realizzare con viabilità super stradale non a pagamento, correlata con la viabilità ordinaria e le attività esistenti sul territorio.
Come è ovvio, la quasi totalità delle proposte concerne la viabilità ANAS e quindi costituisce una linea di azione politica per la Regione Piemonte nei confronti dell'ANAS.
Più in particolare, sulla viabilità in Valle di Susa, sulla direttrice Voltri - Sempione e sui problemi della Torino - Savona, ricordo l'ordine del giorno approvato dal nostro Consiglio nelle passate sedute di pieno sostegno alle proposte di legge di iniziativa governativa; i 300 miliardi all'ANAS per la Valle di Susa, la deroga dall'articolo 18 bis per la parte restante. Ho avuto informazione ieri che le due proposte di legge sono all'esame delle rispettive Commissioni e che la settimana entrante inizierà l'esame della prima, quella relativa alla Valle di Susa, proprio confermando quelle nostre preoccupazioni espresse nel precedente dibattito relativo alla deroga dell'articolo 18 bis che ha già avviato in sede parlamentare una serie di discussioni, che hanno consigliato l'immediata approvazione della prima legge relativa alla Valle di Susa, la più urgente e conseguente a rapporti ed a impegni internazionali e subito dopo quella relativa all'articolo 18 bis. Non posso che a nome di noi tutti augurarmi un rapido iter nella loro approvazione.
Per il sistema aeroportuale - Con riferimento all'aeroporto di Torino Caselle ed in re- lezione alla potenzialità ricettiva attuale e di quel.la che verrà a prodursi a seguito degli interventi previsti in attuazione delle leggi 825/73 e 483/75, si ritiene perseguibile un'azione di sviluppo del traffico sia passeggeri che merci.
La situazione esistente, che vede l'aeroporto di Caselle in condizioni di sottoutilizzazione, è anche il risultato delle politiche sinora condotte dagli organi centrali dello Stato e dalla Compagnia di bandiera, Alitalia in materia di comunicazioni aree fra Torino ed il resto d'Italia e d'Europa. Più in generale, è il risultato di politiche condotte a scala nazionale volte da una parte a concentrare i traffici sui due scali di Fiumicino e Milano, dall'altra di impedire l'esercizio dei collegamenti da parte di altre Compagnie, attraverso i vincoli posti dalla politica delle concessioni aeree.
A questo proposito, il piano regionale dei trasporti avanza una serie di proposte di intensificazione delle relazioni fra Torino, il Mezzogiorno d'Italia ed il resto d'Europa (Spagna, Olanda, Francia, Belgio, Svizzera) comprensive anche del sistema a volo charter.
Su questi aspetti posso essere più preciso in quanto per ciò che riguarda l'Italia l'orario in fase di stampa da parte dell'Alitalia prevede dal prossimo settembre del 1980 due nuovi collegamenti giornalieri da Torino verso il Mezzogiorno; un Torino - Napoli - Catania, un Torino Cagliari - Palermo. Vengono soddisfatte, seppure non con collegamenti diretti, due esigenze verso la Sicilia e invece due diretti verso la Sardegna e verso la Campania. Per quanto riguarda l'Europa, proseguiamo nella nostra azione promozionale verso l'Alitalia e verso il Ministero dei trasporti. Proprio in questi giorni è stato presentato un copioso dossier da tutti gli atti compiuti e degli atteggiamenti di disponibilità nostra azioni che conduciamo con il sostegno delle categorie, in particolare degli imprenditori per quanto riguarda il trasporto merci.
Altro elemento necessario per lo sviluppo dell'attività aerea è il livello di efficienza dell'aeroporto. La Regione Piemonte ha fornito già il proprio contributo alla definizione degli interventi strettamente necessari per eliminare i problemi di penalizzazione e di inefficienza strutturali dello scalo (convegno di Borgaro, ottobre 1976): ciò nell'ambito dei finanziamenti previsti dalla legge 825/73. A tre anni circa di distanza i lavori non sono ancora avviati: di ciò occorre tener conto per ribadire con fermezza la necessità di procedere al più presto all'avvio di quelle opere elencate nel piano regionale e volte a: a - aumentare la sicurezza delle operazioni di volo b - ridurre al minimo le conseguenze negative prodotte dallo scalo sui territori circostanti c - eliminare le penalizzazioni per gli aeromobili; d - potenziare le strutture per il ricovero e parcheggio degli aeromobili.
In relazione allo stato di avanzamento dei lavori dell'aeroporto di Caselle, la Sagat mi ha fatto pervenire un appunto su come stanno le cose.
La consegna dei lavori alle quattro imprese sta avvenendo per fasi, come previsto dai capitolati d'appalto, man mano che si realizzano gli espropri delle aree. E' già avvenuta la prima espropriazione il 27 settembre, è avvenuta la seconda il 6 dicembre, nei prossimi giorni si prevede la consegna degli altri. L'inizio dei lavori in concreto, mi è stato confermato, è iniziato il 5 dicembre con il movimento di terra per l'ampliamento del piazzale sud antistante l'autostazione merci.
Per il traffico delle merci, preso atto della situazione attuale caratterizzata dal trasferimento delle merci da e per il Piemonte sugli altri scali nazionali ed esteri, ciò anche come effetto delle politiche della compagnia di bandiera e di sottoutilizzazione delle infrastrutture dell'aeroporto di Caselle (l'aerostazione merci con 3.100 mq di superficie e 31.000 mc di cubatura è in grado di smaltire 30.000 t all'anno di merci) sì ritiene di favorirne lo sviluppo mediante opportuni collegamenti dell'aeroporto con i punti di interscambio delle merci fra i vari modi di trasporto, in primo luogo mediante diretti collegamenti con l'interporto di Orbassano.
Per i servizi automobilistici tra terminal in città ed aeroporto attualmente svolti a carico delle Compagnie aeree, si tratta di prevedere una loro maggiore articolazione e frequenza, anche per i lavoratori dell'aeroporto, nell'ambito della stesura del piano dei trasporti del Comprensorio di Torino: ciò secondo le indicazioni e con il concorso della Sagat.
Con riferimento ai collegamenti ferroviari, in sede di ammodernamento della linea Torino-Ceres, come previsto dalla parte di piano regionale relativa al sistema ferroviario del Comprensorio di Torino, si prevede la costruzione di una stazione in corrispondenza dell'aeroporto e l'effettuazione di treni espressi opportunamente collocati, in aggiunta a quelli che fanno servizio sull'intera linea.
Per evitare l'incremento degli effetti, da rumore e di pericolo, la Regione prospetta agli organi competenti dello Stato (Ministero dei trasporti e Aviazione Civile) di procedere all'applicazione dei vincoli previsti dalla legislazione nazionale (legge nazionale 4/2/1963, n. 58) in materia di salvaguardia del territorio circostante lo scalo aeroportuale inoltre, si intende promuovere con la Sagat, nelle sedi nazionali l'estensione della normativa già esistente in altri Paesi europei, per la chiusura dell'aeroporto durante le ore notturne.
Tali interventi non risolvono in modo radicale gli effetti prima detti a tal fine occorre fin da ora creare le condizioni per consentire, i n epoche future, una rilocalizzazione dell'impianto aeroportuale che sia tale da eliminare radicalmente problemi da rumore e di pericolo per qualsiasi centro abitato. Si è individuata un'area con dimensioni di 5 Km x 1 Km compresa nei Comuni di Caselle, Leinì, Lombardore, che meglio soddisfa rispetto ai 4 possibili siti alternativi presi in esame (Villanova, Vigone Vauda, oltre quello scelto), ai requisiti aeroportuali. Su questa area s'impongono, mediante provvedimenti dei Ministeri della Difesa e dell'Aviazione Civile, ed il controllo della Regione, i vincoli urbanistici volti ad impedire qualsiasi utilizzazione diversa da quella attuale, o comunque non compatibile con lo svolgimento dell'attività aerea. Cioè, su tale area dovrà essere imposto il mantenimento della destinazione agricola.
In Piemonte esistono 8 aeroporti "minori". Dall'esame delle loro caratteristiche e delle funzioni cui sono e potranno essere chiamati a svolgere, si mettono in risalto quattro aeroporti sopra gli altri:.
Aeritalia, Cerrione, Cappa, Levaldigi.
Per il primo, a seguito delle indicazioni previste da una convenzione stipulata fra Enti locali (Comuni di Torino e Collegno) e società Fiat proprietarie dell'area, si pone un problema di progressiva rilocalizzazione; essendo le aree destinate per una parte a centro direzionale Fiat, per un'altra a parco pubblico.
A tal fine si prospetta l'uso dell'aeroporto di Cerrina, attualmente non utilizzato.
Le linee di indirizzo per gli altri aeroporti minori sono le seguenti: a - procedere ad una concentrazione dell'attività attualmente svolta da sette aeroporti sui quattro prima indicati b - in questo quadro giungere al risanamento finanziario della loro gestione c - consentire, attraverso l'applicazione della legge 58 in sede di pianificazione urbanistica la salvaguardia degli spazi aerei necessari.
Con riferimento a quegli aeroporti minori per i quali si prospetta il mantenimento in esercizio ed uno sviluppo ad iniziare da Cuneo-Levaldigi e Biella-Cerrione, si avanza una partecipazione della Regione al capitale azionario delle rispettive società; non si esclude, a questo proposito, un rapporto di collaborazione tecnica e gestionale fra SAGAT e le stesse società.
Più in generale, la Giunta intende presentare una proposta di legge quadro per gli aeroporti minori e all'interno di questa collocare come prima fase attuativa i problemi di questi primi due impianti aeroportuali.
Per il sistema dei trasporti pubblici su strada Per il sistema dei trasporti pubblici su strada, occorre: 1 - definire nuove modalità di erogazione dei contributi pubblici in modo che siano commisurati alla quantità di servizio effettivamente reso 2 - finalizzare i contributi ad operazioni di ammodernamento e razionalizzazione dei processi produttivi aziendali in modo da pro durre un miglioramento del rapporto costi-ricavi e un adeguamento dei livelli di servizio alla domanda effettiva.
Parallelamente, emerge l'esigenza di procedere: 1 - ad un nuovo assetto della rete e dei servizi regionali dei trasporti, in modo da costituire un sistema integrato 2 - al coordinamento ed alla razionalizzazione degli interventi finanziari tra i vari soggetti erogatori di finanziamento per le infrastrutture e per i servizi di trasporto.
Da tali considerazioni traggono fondamento le proposte contenute nel piano regionale dei trasporti relativi: 1 - al sistema contributivo per il quale il Consiglio ha già adottato un'apposita legge 2 - al sistema tariffario ed informativo che è già in corso di sperimentazione nei Comprensori di Biella, Vercelli, Borgosesia e per il quale si prospetterà la sua estensione all'intera Regione 3 - alla formazione dei bilanci tipo delle imprese 4 - al progetto autobus 5 - alle infrastrutture ed attrezzature lacuali. Gli interventi connessi tendono a raggiungere: 1 - l'obiettivo di un corretto controllo pubblico del settore, in aderenza alla legge n. 44, con l'adozione di un nuovo sistema contributivo finalizzato a: a - corrispondere alle imprese un contributo in relazione ai minori ricavi derivanti dall'applicazione di tariffe imposte dall'autorità pubblica b - favorire il risanamento dei bilanci aziendali ed incentivare l'investimento c - far fronte a costi di esercizio derivanti dalla produzione di servizi non remunerativi d - provvedere all'acquisto di materiale rotabile ed attrezzature e - procedere ad investimenti necessari per la pubblicizzazione 2 - l'eliminazione delle caratteristiche negative dell'attuale sistema tariffario trasformandolo alla luce dei seguenti principi generali: a - omogeneità sul piano regionale b - garanzia di trattamento unitario agli utenti, a parità di percorrenza c - applicazione di un sistema di tariffe con sconti progressivamente crescenti per gli utenti abituali utilizzatori del mezzo pubblico 3 - l'attuazione di un corretto controllo pubblico sulla gestione dei servizi di trasporto attraverso l'uso di una documentazione tipo che certifichi, anche in linea preventiva, la situazione economica e finanziaria delle imprese 4 - l'obiettivo di potenziare e rinnovare il parco autobus regionale in modo da farlo corrispondere alle esigenze dell'utenza; il discorso va esteso al sistema filoviario e tranviario anche per le connessioni di politica ecologica ed energetica 5 - il riordino del sistema integrativo delle comunicazioni e del trasporto su strada, su ferro e per acqua; la ristrutturazione delle infrastrutture a servizio delle vie d'acqua; interventi a tutela delle risorse fisico-ambientali ed alla loro valorizzazione; la difesa ecologica ed interventi contro gli inquinamenti.
La Regione ha fondato la sua strategia complessiva di intervento sulle nuove strutture comprensoriali, puntando ad una gestione decentrata dei propri poteri. I programmi unitari ed integrati di esercizio, previsti dalla legge n. 44, costituiscono la traduzione operativa di tali ipotesi.
Attraverso l'attuazione dei programmi sopra indicati si tende a riorganizzare il sistema dei servizi su gomma o ad impianti fissi, per poter conseguire il miglioramento della qualità dei servizi ed il controllo dei costi di produzione e degli oneri a carico della collettività.
La suddivisione della Regione nelle venti unità territoriali di gestione e la creazione dei consorzi consentono di operare secondo gli indirizzi assunti.
I piani comprensoriali dei trasporti costituiscono lo strumento di verifica degli interventi previsti nei Comprensori secondo le linee del piano regionale e gli obiettivi della pianificazione socio-economica territoriale.
I piani comprensoriali dei trasporti Per la formazione degli schemi dei piani comprensoriali, la Giunta regionale, sulla base della legge 44/77, si è innanzitutto dotata di apposita metodologia: questa doveva essere tale da assicurare, in primo luogo, un corretto rapporto tra il settore dei trasporti e gli altri campi della pianificazione (socio-economica territoriale). In questa direzione hanno lavorato i gruppi tecnici impegnati sia nel campo dei trasporti, sia della programmazione globale. La stessa doveva assicurare un'omogeneità sia di strumentazione tecnica, sia di lettura della situazione di fatto al fine di evitare squilibri o penalizzazioni in fase di prospettazione degli interventi.
Con questi piani si articola e si arricchisce il piano regionale stesso: non solo ma questi piani costituiranno i punti di riferimento per l'aggiornamento dei prossimi piani regionali, secondo quanto indica la legge 44.
E' già in corso la fase di stesura dei rapporti conclusivi: a partire da questo mese e con l'inizio del prossimo anno i Comitati comprensoriali dovranno prospettare alla Regione le loro proposte, perché queste possano divenire operanti per l'insieme degli operatori interessati.
Le questioni salienti riguardano innanzitutto l'assetto dei servizi pubblici di linea e la loro integrazione con le ferrovie.
Occorre ricordare che questo è un campo, le cui politiche saranno affidate ai consorzi di delega: in questo caso i risultati dei piani comprensoriali costituiranno un riferimento essenziale per i programmi d'attività dei consorzi stessi.
Grande attenzione è stata data sia al disegno della rete comprensoriale dei servizi, sia alla struttura delle aziende.
Altra questione riguarderà la soluzione di un insieme relativamente vasto di nodi urbani, per i quali si verificheranno le indicazioni per evitare l'attraversamento.
Così come, in stretta correlazione con la pianificazione territoriale si è individuata una rete stradale di importanza comprensoriale.
Non si è potuto fare a mano di trattare anche in questa sede il problema delle merci soprattutto dal punto di vista della ricognizione delle esigenze, lasciando al piano regolatore regionale dei centri merci la definizione delle funzioni per ciascun impianto.
Prima di concludere, alcune indicazioni sullo stato di attuazione della delega che comporta la costituzione dei consorzi nei 20 bacini di traffico.
Sono stati costituiti i consorzi di delega per i bacini di Ivrea e di Alessandria; sono in stato di avanzata costituzione gli organi o meglio la convocazione delle assemblee degli organi aderenti, essendo in larga parte già deliberato da parte dei Comuni l'adesione.
Sono in particolare ritardo solo quattro bacini: il bacino di Cirié, il bacino di Pinerolo, il bacino di Borgosesia, il bacino di Saluzzo Savigliano, Fossano. E' possibile pensare che per gennaio gli altri 14 consorzi, in aggiunta ai 2 già costituiti, possano avere i loro organi e pensare che nei mesi successivi gli altri 4 possano compiere le loro procedure.
Si è già detto che il piano regionale dei trasporti non si conclude con questo atto, pur significativo, che dovrà assumere l'intero Consiglio regionale: il piano, nel modo con cui è stato concepito ed organizzato continuerà mediante affinamenti, precisazioni ed arricchimenti che deriveranno dai piani comprensoriali.
Debbo però aggiungere che con questo atto non si esaurisce l'intera partita delle comunicazioni e dei trasporti, neanche alla scala regionale.
Vi sono tra grandi questioni ancora in corso di sviluppo: 1) la conclusione del piano regolatore dei centri merci, i cui cardini fondamentali sono già stati dati in questo documento 2) l'estensione del sistema tariffario, sin ora proficuamente sperimentato nei tre Comprensori di Biella, Vercelli, Borgosesia, alla restante parte dei Comprensori del Piemonte 3) il problema delle comunicazioni fra Italia ed Europa, attraverso il Piemonte.
La metodologia politica che adotteremo per consentire alla Regione di giungere ad una posizione definitiva su quest'ultimo problema sarà analoga a quella sin qui seguita: pur consapevoli di trattare questioni di diretta competenza degli organi centrali dello Stato, non rinunciamo a costruire da noi stessi, una proposta autonoma, che sia il risultato di elaborazioni tecniche e di confronti politici.
L'impostazione che abbiamo dato al progetto di ricerca, affidato all'IRES e seguito dall'Assessorato, discende, come già detto, dal considerare il Piemonte regione di confine fra Italia e il resto d'Europa con gravi squilibri sia al suo interno, sia con il resto d'Italia.
Qualsiasi ipotesi di intervento per nuove infrastrutture non può non tener conto di ciò: in altri termini non sono più possibili politiche d'intervento spontanee ed isolate dalla restante parte del sistema nazionale. Dunque anche in materia di collegamenti stradali fra Piemonte ed Europa non possiamo assumerci il compito di prospettare una soluzione per volta, né soluzioni che siano contrastanti con gli interventi previsti per la restante parte delle infrastrutture esistenti sia in Piemonte, sia in Liguria che nel resto d'Italia.
Dunque il progetto di studio è stato posto nei seguenti termini: 1 - Individuazione di uno o più scenari di scambi economici e commerciali fra Italia e la parte nord settentrionale dell'Europa 2 - Considerazione della funzione dei trafori e dei valichi stradali e ferroviari già esistenti 3 - Configurazione di assetti alternativi, ottenuti introducendo sia nessun traforo e di volta in volta uno e più trafori, con valutazione, di volta in volta, degli effetti sulla ripartizione di traffici.
Sin dall'inizio il progetto dovrà sciogliere il problema dell'alternativa fra traforo del Ciriegia e traforo del Vallone di Sant'Anna.
Questo lavoro potrà consentirci di affrontare con coerenza ed organicità, fuori da pregiudizi e ideologismi, il problema posto.



PRESIDENTE

Data l'ora, sospendiamo i nostri lavori, che proseguiranno oggi pomeriggio alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



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