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Dettaglio seduta n.283 del 31/10/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Istituti Pubblici di Assistenza e beneficenza - II. PP. A. B.

Interrogazione del Consigliere Lombardi inerente alla concessione alle IPAB dell'autorizzazione alla vendita di immobili


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Cominciamo i nostri lavori con l'esame dell'interrogazione del Consigliere Lombardi inerente alla concessione alle IPAB dell'autorizzazione alla vendita di immobili. La parola all'Assessore Vecchione.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

In merito all'interrogazione presentata in data 10 ottobre 1979 dal Consigliere Lombardi per conoscere i motivi del grave ritardo nel rilascio delle autorizzazioni previste per le deliberazioni di vendita di immobili adottate dai Consigli di Amministrazione delle IPAB si fa presente quanto segue: non è possibile rispondere all'interrogazione in modo adeguato non avendo l'interrogazione precisato a quali pratiche si riferisce il lamentato ritardo.
Peraltro, premesso che, di norma, dette autorizzazioni vengono rilasciate con la massima celerità, si presume che l'interrogazione voglia far riferimento ad un esiguo numero di pratiche avendo per oggetto alienazioni di terreni agricoli, rispetto alle quali si è richiesto, in aggiunta all'iter normale delle pratiche, il parere dell'Assessorato all'agricoltura.
Al riguardo si precisa che nella seduta del 7 maggio 1979, la Giunta ha deciso che per le cessioni di terreni agricoli le eventuali autorizzazioni ad alienare dovessero essere corredate dal parere dell'Assessorato all'agricoltura.
Tale decisione oltre a rispondere ad una ovvia esigenza di coordinamento tra le attività dei due Assessorati, risponde alla necessità da parte dell'Assessorato all'agricoltura di tutelare i diritti delle famiglie contadine che lavorano direttamente la terra, che vantano un diritto di prelazione rispetto alle vendite, che deve essere garantito favorendo in tal modo lo sviluppo di aziende agricole funzionali ed evitando altresì fatti speculativi da parte di terzi.
Ciò detto, si ritiene non inutile aggiungere che le autorizzazioni di cui trattasi, per il loro precipuo carattere di deroghe ad un divieto fissato dalla legge a pena di nullità degli atti eventualmente compiuti in violazione, devono essere concesse in via eccezionale, dopo un esame attento e approfondito dei fini cui è mirato l'atto e della rispondenza o meno ai criteri deliberati in merito dalla Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

La risposta dell'Assessore mi lascia perplesso perché per quel che riguarda la difesa degli interessi delle famiglie diretto-coltivatrici e comunque degli affittuari, ci sono già leggi di carattere nazionale che vi provvedono con diritti riconosciuti attraverso disposizioni legislative per cui non vedo come la Regione possa interferire in leggi nazionali che ripeto, hanno già questi fini.
Per quel che riguarda lo specifico problema delle autorizzazioni ritengo che i passaggi tra un Assessorato e l'altro, siano troppo lunghi ci sono infatti pratiche giacenti presso i due Assessorati da diversi mesi.
Se è vero che le vendite debbono essere attentamente vagliate, è altrettanto vero che i Consigli di Amministrazione degli Enti devono avere una risposta perché i bilanci vanno chiusi e i problemi affrontati.
Trattandosi di Consigli di Amministrazione che hanno previsto determinate entrate al fine di attuare opere necessarie al buon funzionamento degli Enti, è chiaro che nel caso in cui questi fondi non possono essere reperiti, devono farvi fronte attraverso entrate previste in bilancio.
Prego l'Assessore, dichiarandomi parzialmente soddisfatto della risposta, di far sì che le autorizzazioni vengano concesse o respinte in tempi più brevi.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interrogazione del Consigliere Chiabrando inerente alla situazione dell'Ospedale di Prà Catinat


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Chiabrando inerente alla situazione dell'Ospedale di Prà Catinat. Risponde l'Assessore Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Con riferimento all'interrogazione con la quale il Consigliere Chiabrando ha chiesto di conoscere le decisioni assunte nei confronti dell'Ospedale di Prà Catinat si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'Ospedale "E. e T. Agnelli" di Prà Catinat è Ente Ospedaliero classificato provvisoriamente provinciale specializzato per malattie tubercolari. E' articolato in due presidi: oltre alla sede di Prà Catinat ha una sede a Orlo Canavese per la pediatria tisiatrica con 160 letti. La sede di Prà Catinat ha una dotazione di 294 posti letto destinati a tisiologia (148 letti) e a lungodegenti per pneumopatie croniche (146 letti). L'indice di occupazione è del 34,7%, la presenza media giornaliera è di circa 90 malati.
La patologia tubercolare in diminuzione ed il basso indice di occupazione (34,7%) sconsigliano l'utilizzo a funzioni tisiatriche dell'Ospedale di Prà Catinat, ritenendosi sufficienti i 4 ospedali specializzati in tisiologia e pneumologia di Orbassano, Cuneo, Alessandria e Vercelli, a coprire tutta la domanda di ospedalizzazione del settore.
D'altra parte la localizzazione estremamente disagiata sconsiglierebbe in ogni caso l'utilizzo, a fini ospedalieri, della struttura.
Il presidio di Prà Catinat consta di due padiglioni a suo tempo destinato uno per i lungodegenti, uno per gli adulti t.b.c.
Il primo padiglione "E. Agnelli" per lungodegenti ha ricoverato secondo quanto risulta dalla relazione sanitaria nell'anno 1978 allegata al bilancio preventivo del 1979, pazienti affetti da malattie acute e croniche dell'apparato respiratorio, oltre ad altri malati lungodegenti avviati dopo la fase acuta, da altri presidi, mentre il padiglione "II Tina Nasi Agnelli" ha registrato il progressivo calo dei ricoveri T.b.c. fino all'assenza completa di malati negli ultimi giorni dell'anno passato.
Pertanto l'Amministrazione interessata ha provveduto nel corso del corrente anno a lasciare in attività un unico padiglione sufficiente alle necessità delle richieste di ricovero.
Tale situazione è stata constatata nel corso di una recente ispezione del Medico Provinciale di Torino.
Quanto sopra premesso, si ritiene che l'utilizzazione di un solo padiglione consenta un concreto risparmio in attesa che il piano regionale ormai alle ultime battute (abbiamo ritardato la presentazione del piano regionale perché era in dipendenza del piano sanitario nazionale che doveva essere approvato entro il 30 aprile 1979; attualmente è soltanto approvato dal Consiglio dei Ministri e non dal Parlamento, ma per quanto riguarda la Regione, comunque, essendo già stato approvato dal Governo entro questo mese, la Giunta regionale è in grado di fornire la proposta di piano sanitario), stabilisca la definitiva destinazione dell'Ospedale, non ritenendosi corretto assumere iniziative alla vigilia dell'approvazione, in esecuzione al disposto dell'art. 56 della legge 23/12/1978 n. 833, della legge di piano, ai cui contenuti e indirizzi debbono uniformarsi gli atti e i provvedimenti emanati dalle Regioni (ultimo comma art. 55 della legge 833 citata).



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Le ultime parole dell'Assessore hanno in parte rimediato la risposta fredda e burocratica che stavo registrando relativamente ad argomenti più volte trattati in riunioni e in convegni.
Prendo atto del fatto che entro il mese, il piano regionale stabilirà la destinazione definitiva dell'ospedale.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Assistenza e sicurezza sociale: argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Fabbris Dazzi ed Ariotti inerente al finanziamento del fondo sociale per l'equo canone


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Fabbris Dazzi ed Ariotti inerente al finanziamento del fondo sociale per l'equo canone. Risponde l'Assessore Vecchione.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

In relazione all'interrogazione presentata dai Consiglieri Ariotti e Fabbris al fine di conoscere le modalità di utilizzazione del finanziamento relativo al fondo sociale di cui al titolo III della legge 27 luglio 1978 n. 392, si precisa che l'art. 76, primo comma, della legge suddetta fa carico alle Regioni di stabilire le modalità di distribuzione tra i vari Comuni della quota di fondo sociale.
In ottemperanza a tale obbligo di legge il Consiglio regionale, con deliberazione n. 399C.R.7834 del 16/11/1978, aveva deliberato di assegnare un acconto di L. 400.000.000 ai Comuni interessati all'applicazione della legge n. 392/1978 in misura direttamente proporzionale al numero degli abitanti e si era riservato di assegnare con successivo atto deliberativo la restante quota di fondo sociale, secondo criteri di riequilibrio sulla base dei programmi zonali di spesa.
La Giunta regionale, con deliberazione 12/12/1979 n. 30-17903, ha provveduto all'erogazione dell'acconto di L. 400.000.000. Con circolare n.
9240/XAS dell'11/12/78 sono state richieste alle varie zone i dati necessari all'assegnazione del saldo secondo i criteri individuati dal Consiglio regionale.
Si è constatato peraltro che le notizie fornite dalle ULS non sono utilizzabili perché incomplete e disomogenee per obiettive difficoltà nel reperire i dati richiesti.
Per la mancanza di dettagliate ed omogenee notizie dalle zone non si è in grado di esprimere valutazioni molto precise circa l'utilizzazione dei finanziamenti da parte dei Comuni.
Si può rilevare comunque una generale tendenza ad usare le sovvenzioni nella stretta osservanza dei criteri indicati dagli artt. 76 e 77 della legge 392/78.
Ciò restringe naturalmente il numero dei possibili destinatari delle provvidenze e fa sì che gli stanziamenti tendano ad essere esuberanti rispetto alle necessità.
Posta l'opportunità di modificare il testo della legge n. 392/78 anche per quanto riguarda la destinazione del fondo sociale, la Giunta regionale svolge un'azione promozionale nei confronti dei Comuni tendenti ad una migliore utilizzazione del fondo stesso pur negli attuali limiti posti dalla legge n. 392/78. Pertanto, con deliberazione del 9/10/1979 ha proposto al Consiglio regionale di adottare come parametro, per l'assegnazione del saldo di L. 600.000.000 della quota di fondo sociale 1978, il numero di abitazioni in locazione.
La deliberazione è all'ordine del giorno del Consiglio regionale del 25 ottobre p.v. ed è stata approvata in tali date.
Anche per il 1979 la Giunta ha proposto al Consiglio regionale di assegnare ai Comuni interessati la quota di fondo sociale, ammontante a L.
2.432.393.000, sulla base delle abitazioni in locazione.
La deliberazione relativa è anch'essa all'ordine del giorno del Consiglio per il 25/10/1979 ed è stata approvata in tale data.



PRESIDENTE

La parola alla signora Fabbris Dazzi.



FABBRIS Pierina

Ringrazio l'Assessore per la sua ampia risposta e per la notizia che ci ha dato circa l'intenzione della Giunta di svolgere azioni di carattere promozionale nei confronti dei Comuni per un migliore utilizzo del fondo sociale.
Invito l'Assessore a informare il Consiglio periodicamente sull'utilizzo di questo fondo. E' vero che le notizie trasmesse dalle Unità Locali dei Servizi sono parziali e non consentono un giudizio globale e complessivo sull'utilizzo del fondo; mi sorge tuttavia il dubbio che i Comuni abbiano utilizzato il fondo senza informarne previamente la cittadinanza. Mi chiedo se tutti i cittadini sono a conoscenza di tale diritto.
E' comunque raccomandabile un'ulteriore informazione sull'utilizzo del fondo.
Chiedo che mi venga data copia della risposta.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interrogazione dei Consiglieri Bono e Ferrero inerente alla ristrutturazione dell'Ospedale di Omegna


PRESIDENTE

In ultimo, l'Assessore Enrietti risponde all'interrogazione dei Consiglieri Bono e Ferrero inerente alla ristrutturazione dell'Ospedale di Omegna. Ne ha facoltà.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Con riferimento all'interrogazione consiliare con la quale i Consiglieri Bono e Ferrero hanno chiesto di conoscere entro quali tempi l'Amministrazione regionale ritiene di definire l'impegno economico per il completamento delle opere edilizie relative al complesso ospedaliero di Omegna, nonché gli elementi di raccordo dell'iniziativa alla programmazione regionale e la definizione della pianta organica dell'Ospedale suddetto, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con decreto n. 4485 in data 22/7/1977 venne approvato il progetto di completamento e ristrutturazione dell'Ospedale Isotta-Cappia di Omegna.
Il finanziamento concesso non è risultato sufficiente a ultimare le strutture della sede ospedaliera e pertanto l'Amministrazione dell'Ospedale ha provveduto, dopo un esame della situazione, effettuato con il sottoscritto e con funzionari dell'Assessorato, ad approvare una perizia di completamento dei lavori per un totale di circa 491.000.000, secondo quanto previsto dalla deliberazione dell'Ente n. 257 in data 2/8/1979.
Tenuto conto delle prime indicazioni di piano che prevedono il mantenimento dell'Ospedale e della necessità di rendere funzionali le strutture attualmente allo stato rustico e quindi non usufruibili, il sottoscritto ha proposto alla Giunta regionale il finanziamento delle opere.
Con tale realizzazione sarà possibile per l'Ospedale disporre di un lotto funzionale e funzionante per allocarvi: Degenza chirurgica, Palestra fisiochinesi, Ambulatori, Laboratori, Morgue, ecc.
Per il completamento totale delle opere sarà peraltro necessario prevedere un ulteriore finanziamento che potrà essere erogato nel 1980 ultimati gli attuali lavori.
Come già accennato più sopra, l'iniziativa di concedere il contributo dei suddetti lavori è stata assunta in relazione alle indicazioni emergenti dalle linee di programmazione già elaborate che prevedono l'utilizzazione dell'Ospedale di Omegna nella rete ospedaliera piemontese.
La pianta organica del personale potrà invece correttamente essere dimensionata una volta definitivamente approvato il piano sanitario regionale, fermo restando che anche attualmente, per inderogabili esigenze di servizio, la Giunta regionale può autorizzare, come per gli altri Ospedali, ai sensi della legge regionale 30/12/1974 n. 39, la copertura di posti indispensabili nei servizi essenziali.
La Giunta regionale ha già approvato le due deliberazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono.



BONO Sereno

Ringrazio l'Assessore per la risposta che ritengo esauriente.
Mi pare di aver capito dalla sua dichiarazione che c'è una prima delibera di circa 490.000.000 per un primo stralcio del completamento e che a ultimazione di questi lavori, o in concomitanza con quella scadenza, ci dovrebbe essere l'ultimo e definitivo stanziamento.
Solleciterei l'Assessore e la stessa amministrazione dell'Ospedale, a fare in modo che prima dello smantellamento degli attuali cantieri che interessano lo stanziamento dei 490.000.000, sia già presa l'altra delibera definitiva al fine di non interrompere la continuità dei lavori.
Ritengo che questa sia una soluzione possibile e che se l'Assessore l'accetta, possa essere di piena soddisfazione anche per l'Ospedale di Omegna.



PRESIDENTE

Le interrogazioni sono state tutte esaminate. Passiamo al punto successivo all'ordine del giorno.


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Viabilità

Prosecuzione dibattito sul problema, autostradale in Piemonte e delle alluvioni nell'Ossola


PRESIDENTE

Si apre il dibattito sul problema delle autostrade in Piemonte e delle alluvioni nell'Ossola.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Era mio intendimento non intervenire perché questo dibattito, rispetto a quelli già avvenuti, finalmente tende a determinare una fase operativa e decisionale e non soltanto di riflessione su una problematica che sembrava di tipo stellare e planetario. Preliminarmente, non posso non lamentare che non si sia ritenuto opportuno dare contestualmente a questo dibattito risposta all'interrogazione che avevo rivolto alla Giunta in ordine alla polemica insorta tra la Provincia di Torino e la Regione Piemonte, polemica che, a mio avviso, non atteneva alle istituzioni ma ad alcune forze politiche e probabilmente ad alcuni personaggi non presenti in questa aula.
Quella polemica con la quale si voleva dare ad intendere che la Regione è una istituzione "mangiatutto" che soffoca la provincia, piccola e buona andava dibattuta opportunamente. Se vogliamo dibattere questo fenomeno sul piano politico o sul piano dei contenuti, facciamolo, non mi pare però n serio né corretto dire che quella era una polemica fra le istituzioni.
Così come non mi sembra né serio né corretto che il Partito socialista utilizzi questo tipo di polemica per esprimere le sue insoddisfazioni della collaborazione con il PCI: lo faccia nelle sedi opportune. Questo tra l'altro è emerso anche in un recentissimo episodio relativo alla delegazione che doveva trattare a Roma con il Presidente del Consiglio e con le forze politiche in ordine al rinvio delle leggi.
Capisco che sono argomenti non strettamente attinenti, ma direi che diventa puntuale ogni tanto il richiamo alla centralità del Consiglio. Le risposte a queste situazioni di disagio della maggioranza devono venire in quest'aula e a nulla valgono i comunicati di "vogliamoci bene", pubblicati sui giornali dalla maggioranza a tre, dove, addirittura, si va a utilizzare come anello di chiusura del clima idilliaco della maggioranza (contraddetto da queste polemiche), l'atteggiamento responsabile di alcuni Gruppi in quest'aula. E' comprensibile il tentativo che fa il Presidente affinché in quest'aula si abbia il massimo consenso il che significa, il più delle volte, il massimo di perfezione o di perfettibilità delle leggi. Dare per una valutazione politica a questi atteggiamenti, che riguardano anche il futuro, mi sembra estremamente scorretto.
Dicevo prima che mi riservavo di intervenire soltanto sugli argomenti specifici all'ordine del giorno. In tal senso, integrerò il mio intervento con le dichiarazioni di voto sui documenti che verranno sottoposti dalla Giunta.
Mi ha preoccupato e mi ha indotto ad intervenire per sollecitare dall'Assessore fermezza su alcuni punti, l'andare indietro che da parte di alcuni colleghi si è adombrato in questa vicenda. Mi è particolarmente rimasta impressa l'espressione del collega Cardinali sull'Ente che realizzerà l'autostrada o la superstrada in Valle di Susa. Questa domanda in questo momento, 31 ottobre 1979, mi pare estremamente preoccupante e dimostra come non si sia fatto molto per chiarire il livello di "non ritorno" delle decisioni regionali.
Signor Vicepresidente, su questo la collettività aspetta una risposta.
Non possiamo certamente pensare che sulle decisioni territoriali, sulle quali le Regioni e il suo Assessorato in particolare hanno dato indicazioni e coordinato provvedimenti di intervento precisi, si possa pensare che di colpo si torni alla fine degli anni '50 o anni '60 in cui un Ente, non si sa bene quale, paracadutato non si sa da dove, pilotato non si sa da chi venga a stravolgere tutto il lavoro di riorganizzazione del territorio della Valle di Susa soltanto perché, guarda caso, sono arrivati i soldi della BEI che improvvisamente sembra avere risorse disponibili.
Mi sembra che debba essere considerato l'intervento del collega Oberto il quale ci richiama all'opportunità di valutare se l'autostrada non sia tuttora la soluzione più idonea per la Valle di Susa.
Non ho condiviso molto le scelte di questa maggioranza. Non posso tuttavia non sottolineare che è stato apprezzato dalla collettività della Valle di Susa e in particolare dal sottoscritto l'obiettivo fondamentale del progetto portato avanti dall'Assessorato competente in ordine alla massima armonizzazione della realizzazione con l'esistente dal punto di vista socio-economico. Il metodo individuato dall'Assessorato di considerare arteria libera ed aperta la tratta che va da Sant'Ambrogio a Susa, è il presupposto imprescindibile per far sì che questa realizzazione si inserisca nel miglior modo nella realtà socio-economica esistente per evitare che si ripeta quanto è avvenuto nel resto del nostro Paese e cioè che le autostrade siano cordoni ombelicali che collegano il punto a) e il punto b) determinando l'ingigantirsi del punto a) e del punto b) e comprimendo tutte le realtà che ci sono tra i punti a) e b).
Siamo tutti concordi che le autostrade hanno determinato da una parte l'accentuarsi dei fenomeni di sviluppo e dall'altra l'accentuarsi dei fenomeni di arretramento socio-economico.
Su questo mi auguro che l'Assessore vorrà esprimersi.
Una annotazione, che a mio avviso deve essere respinta, è quella del collega Bono, il quale continua a sostenere in quest'aula l'argomento secondo cui le autostrade e le altre grandi infrastrutture, in particolare quella del Frejus, sarebbero tutte conseguenza di scelte sbagliate. Se c'è un punto su cui tutti ormai concordano è il riconoscere che il Frejus, era ed è tuttora una necessità. Collega Bono, a titolo personale ognuno pu avere le proprie opinioni, a me pare difficile però che, nel 1979, una forza politica possa ancora dire che il traforo del Frejus non è funzionale: non dico che sia indispensabile, ma certamente è utile e opportuno all'integrazione economica internazionale.
Un altro riconoscimento va dato all'Assessorato per aver posto in essere una serie di iniziative e di provvedimenti con cui, finalmente dopo un secolo, è realizzato il raddoppio della ferrovia Bussoleno-Modane. E' questo un fatto da sottolineare perché sul piano politico è forse più rilevante del traforo del Frejus, in quanto finalmente questo dimostra come la mano pubblica, opportunamente sollecitata, possa arrivare a risultati che per un certo tempo si è ritenuto potessero perseguire soltanto le società ad iniziativa privata.
Poiché il traffico autostradale non è considerato uno degli elementi della programmazione regionale, su questa vicenda mi pare che ci si debba atteggiare con realismo, senza eccessive litanie.
Negli anni della contestazione non si faceva tanto contestazione alle autostrade per il tipo di sviluppo che ponevano in essere, ma si diceva da parte della forza politica del collega Bono contro qualcuno, repubblicani e liberali, che bisognava incrementare i consumi sociali. Ricordiamoci che abbiamo avuto un Presidente della Repubblica che riteneva che si potesse ormai trasformare il miracolo economico in miracolo sociale, quando l'Italia era pur sempre il Paese con il più basso tasso di investimento.
Abbiamo avuto anche una forza politica responsabile la quale ha detto che non si doveva trasformare tutta questa realtà puntando solo ai consumi sociali i quali - abbiamo visto - hanno rappresentato la caduta verticale degli investimenti e il dissesto del sistema economico.
I fatti di Ivrea non sono estranei all'improvviso convincimento che fosse possibile ridurre nel Paese il tasso di investimento a favore di altri tipi di investimenti pubblici.
In prospettiva il problema dell'autostrada Torino-Savona non può che tendere al raddoppio integrale della sede autostradale. Evidentemente i tempi e i modi della capacità di intervento della Regione li affido a chi di questa materia ha maggiore conoscenza del sottoscritto. Così come mi astengo da ogni polemica sulla vicenda dell'Ossola che atteneva soprattutto ai tempi di informazione al Consiglio che mi sembravano invece estremamente congrui.
Qualche cosa di più preciso va detto sulla iniziativa che l'Assessorato ci chiede di affidare alla Giunta e cioè di proporre una legge regionale che tenda a costituire società di intervento per il punto intermodale di Orbassano.
L'Assessorato può ritenere che da parte della nostra forza politica ci sia il più ampio assenso. Peraltro faccio talune osservazioni con riserva di ritornare in sede di dichiarazione di voto, proprio perché su questi argomenti gradirei conoscere il pronunciamento politico di altre forze politiche che non ho ancora capito che cosa dicono su questo argomento. In ogni caso, l'ordine del giorno sottoposto al Consiglio dovrebbe essere modificato marginalmente laddove al punto quattro si individua nella Finpiemonte il soggetto della progettazione edilizia: quanto meno venga fatto un riferimento di intesa agli Enti locali. Suggerisco poi alla Giunta che voglia considerare che, per quanto attiene Susa, un eventuale intervento di questa società di intervento possa, nel caso il Comune lo voglia richiedere, estendersi all'esterno della struttura auto-portuale o comunque di trattamento merci, a tutta l'area attrezzata che il Comune ha individuato correttamente con l'ipotesi di PIP attualmente all'esame dell'Assessorato all'urbanistica. Se così non fosse si lascerebbe una condizione esterna di non fattibilità della stessa struttura, perché, in effetti, il trattamento merci è una realtà nuova nella realtà di Susa sulla quale certamente Susa si atteggerà e sulla quale probabilmente si trasferiranno interessi, operatori e strutture. Certamente esiste una attività transitoria e un momento di collegamento tra la realtà attuale di Susa e quella nuova che sta nascendo che è rappresentata dall'area servizi che fa da zona-cerniera.
Quindi, se non rendiamo concretamente possibile la creazione di quest'area di trasferimento, di esperienze professionali e sociali probabilmente faremmo nascere una condizione di resistenza da parte dell'opinione pubblica rispetto a una realtà che per una certa misura gli è ancora esterna e difficilmente comprensibile. Porrò all'attenzione dell'Assessore un documento che le forze politiche della città di Susa hanno formulato ieri sera in Consiglio comunale sull'ipotesi di lavoro della proposta della Giunta. Questo ordine del giorno, pur riconoscendo la correttezza del procedimento e delle scadenze che l'Assessorato intende porsi, ha individuato obiettivi che, contestualmente a questa realizzazione, la città di Susa intende perseguire e ha espresso il convincimento che in un rapporto corretto e democratico tra le istituzioni si riuscirà ad uscire nel migliore dei modi da questa vicenda. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BELLOMO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

Limiterò il mio intervento per quella parte che attiene all'Ossola non tanto per quel che si riferisce al problema della grossa viabilità, quanto all'aspetto post-alluvionale.
Ero intervenuto l'altra settimana in una fase anticipatrice della seduta e avevo accennato alla rabbia che covava nell'Orsola sotto le ceneri del dolore, nella compostezza tipica della gente di montagna e sottolineavo che quando ancora non erano state risanate le ferite dell'ottobre 1977 e dell'agosto 1978, quando erano stati appena sepolti i morti di ieri e non tutti, perché non tutte le salme erano state ritrovate, già l'Ossola si ritrovava, dopo una giornata di acqua torrenziale, a riscoprire e a riscontrare altri morti, a lenire altre ferite. In quell'occasione accennai a responsabilità non tanto per ricercare un colpevole quanto per provocare una forzatura al sistema; sistema che evidentemente non coinvolge solo il governo regionale ma coinvolge tutti, maggioranza e opposizione, e costruttivamente mi sforzavo di ricercare i contorni di una risposta alle ansie e alle attese della gente.
Era un discorso che per quel momento era occasionalmente mio, ma il giorno seguente veniva puntualmente colto dalla Comunità montana della Valle Vigezzo che, all'unanimità votava un ordine del giorno per quattro distinti interventi: uno sull'autorità giudiziaria, uno sull'Anas, uno sulla Provincia e uno sulla Regione. Non era dunque il puntare il dito per un "j'accuse" verso un colpevole perché forse il colpevole in senso assoluto non c'è: c'è un senso di colpa che ognuno di noi può avvertire davanti alla tragicità dei fatti, ciascuno di noi come, componente della comunità la quale, per omissioni di ieri, ma anche per quelle di oggi, è venuta meno ai suoi obblighi verso l'Ossola, se ancora può capitare che dopo poche ore di pioggia il territorio viene ad essere soggetto a ripetibili disastri. Sono convinto ancora che diviene difficile fissare riferimenti a quadri di certezza, allorquando avanzano disegni di intervento che nell'assenza di un più completo piano generale nel settore idrogeologico si affidano alla interpretazione soggettiva della realtà locale da parte di un progettista o da parte di un Ente preposto ad un certo tipo di intervento, soprattutto quando si è posti davanti allo scatenarsi di un elemento, l'acqua, che talvolta non è per niente controllabile.
Il nostro ruolo di oppositori evita la speculazione sulla tragedia soprattutto nei giorni della tragedia.
Dopo l'alluvione del 7 agosto 1978, entrando in Domodossola elencai al Presidente Viglione, quali erano state le omissioni della Regione, che già allora erano parecchie: ritardi, progetti coperti finanziariamente e non appaltati. Glielo dissi in un orecchio tacendo nell'assemblea dei Sindaci per non accrescere la tensione nella tragedia. Così come quando all'indomani dell'esplosione del laghetto delle Loccie di Macugnaga, un danno che poteva trasformarsi in una catastrofe sulla popolazione, sol che si fosse verificato qualche ora prima, non risposi all'intervenuta sollecitazione a presentare interrogazioni ed interpellanze pur sapendo che una anticipazione dei tempi di intervento avrebbe potuto evitare o quanto meno limitare e contenere la portata del disastro. Proprio perché mi sento compartecipe del processo di crescita, dei successi e degli insuccessi della Regione, mi pare serenamente eccessivo voler affermare che alcune delle opere fatte dalla Regione sono state positive e altre no, quasi che l'efficienza perfetta della macchina regionale non possa subire o registrare delle smagliature per qualsiasi causa, anche di forza maggiore.
Nella riunione di lunedì 22 ottobre a Domodossola, non sono state risparmiate, anche dalla mia parte politica, critiche agli Enti dipendenti dallo Stato, che in termini più duri hanno addirittura attaccato il Magistrato del Po. E' stato anche sottolineato in quella sede, ed io ho tentato di farlo la volta scorsa in quet'aula, il grosso vuoto dell'Amministrazione provinciale il cui Consiglio solo nella seduta del 15/10/79, quindi quattordici mesi dopo l'alluvione, approvava l'appalto di 4 miliardi di lavoro di sua competenza. La mia domanda è questa: la Regione quali pressioni in chiave di sollecitazione ha svolto sulla Provincia? Eppure le opere riguardano ponti, strade; io ne ho un elenco cospicuo e corposo. Probabilmente tra qualche mese assisteremo alla richiesta di revisione dei prezzi da parte delle imprese e quindi all'elevazione dei costi e di conseguenza del prezzo dell'intervento. Non tratterò della passerella sul Toce a Piè Vergonte, ma mi si consenta almeno di ricordare che, così come è avvenuto un anno prima, taluni paesi si sono trovati a non essere più raggiungibili se non attraverso la vecchia, vetusta, costretta strada della Valle Canobina. Mi chiedo: quali interventi sono stati realizzati su quella strada? Che fine ha fatto il famoso discorso che ritornò allora puntualmente in quest'aula riguardante la sistemazione della galleria con l'ipotizzato abbassamento del piano viabile? E' caduto il ponte Azzornasco. A Domodossola, in una riunione tra la Giunta, i rappresentanti della Regione e degli Enti locali, il Sindaco di Craveggia ha ricordato che le sue proposte e le sue segnalazioni sul pericolo di crollo non avevano avuto risposta; si trattava di un vecchio ponte ad arcate e pare che una spalla fosse erosa o interessata addirittura dalle acque di un canale di scarico.
E' crollato lunedì a mezzogiorno quando ormai non pioveva più.
Vorrei ridire oggi le stesse affermazioni, certamente non sospette, del Presidente della Comunità montana della Valle Vigezzo, Baranzetti, il quale testualmente afferma: "si è sfiorata la tragedia poco prima che il ponte crollasse, infatti vi erano transitate alcune persone, eppure questo ponte come tutti gli altri della provincia rimasti in piedi dopo la terribile alluvione di quattordici mesi fa, avrebbe dovuto essere attentamente controllato". Si tratta quindi di una Provincia che non riesce ad assolvere ai compiti di istituto per opere di rilevanza, ma sempre di dimensioni contenute. Ciò nonostante la Giunta regionale con deliberazione dell'11/9/79, con un contributo di 400 milioni, coinvolge la Provincia sottolineo questo tipo di Provincia, per una progettazione più ampia e impegnativa quale nuovo progetto per realizzare la strada statale dell'Ossola in prosecuzione dell'autostrada Voltri-Sempione-Gravellona.
La gente si chiede: "come potrà l'Ente rivolgere la giusta attenzione a progettazioni così prestigiose quando non riesce a dare a se stesso quelle opere che le sono affidate per compiti di istituto?".
La Regione per il DPR 616 ha competenza sulle aste superiori al Toce quindi sulla regimazione idraulica e quant'altro ad essa raccordatile. Da qui nasce il problema del disastro dei torrenti, un argomento che avevo appena sfiorato la volta scorsa sul quale avevo proposto qualche elemento di riflessione.
Mi era stato riferito che la sistemazione idraulica è stata fatta nelle parti basse, nelle parti piane, comunque trascurando la sistemazione sui tratti in pendenza ed a monte, dai quali naturalmente insorge il dissesto.
I guadi, o talune altre sistemazioni similari, sono opere provvisorie comunque dovevano durare un certo tempo e quindi richiedevano un minimo di solidarietà pur nella precarietà dell'impostazione. A Montecrestese località Pontetto, il Comune aveva proposto di realizzare tali opere spendendo 15 milioni. Sembrarono troppi. Intervenne allora la Provincia e ne spese 25. Ogni volta che pioveva non si riusciva a passare e poi il guado è regolarmente partito assieme a tutti gli altri, creando problemi anche per i consorzi.
Avevo accennato l'altro giorno al problema del disalveamento dell'Isorno, della regolamentazione del letto del fiume che si era trovato a esondare dagli argini mentre una metà del torrente, su 110 metri di letto, risultava regolarmente asciutta. L'Assessore Fonio ha dato un certo tipo di risposta, ma la situazione rimane quella che la popolazione locale ha registrato; gli argini hanno tenuto, taluni di questi - mi si dice sono stati ricostruiti a livelli più bassi di quelli precedenti che di fatto erano già oggetto di travolgimento e di superamento dalle acque le volte scorse. L'Anas ha delle cocenti responsabilità, come è stato sottolineato a tutte lettere. La Regione, per le zone dove la rete stradale e i torrenti s'incrociano, corrono assieme, è esente da critiche? Sul piano di Masera, la strada corre in alveo del Melezzo occidentale. La massicciata stradale è stata asportata per oltre 100 metri; il corso d'acqua è di competenza regionale; pala strada vi sano altre competenze che non sono della Regione. Perché non è stato posto da qualcuno l'obbligo di una scogliera protettiva della strada che è stata regolarmente spazzata dal moto alluvionale? A Gagnone, località tristemente nota, dove la strada Anas corre in alveo sul Melezzo occidentale, è stata ugualmente asportata la strada stessa. Si è addirittura ripetuto il danno manifestatosi l'anno prima, il che significa che, pur nella precarietà e nella provvisorietà non ci sono state valutazioni ed approfondimenti.
Il ponte di Malesco sul Melezzo orientale, posto provvisoriamente dall'Anas e in parte asportato dalle acque, è stato eseguito senza opere di protezione sul torrente, anzi, erano state costruite addirittura le spalle e la pila centrale di quello nuovo. Sono state investite e disastrate per un prodotto di accelerazione del flusso idraulico: la causa - mi si dice tecnicamente - è da fare ascendere alla conservazione di una strettoia determinante l'ansa, il collo d'imbuto del torrente che facilita questa accelerazione del flusso idraulico, mentre, così come era stato convenuto dopo l'alluvione del '78, dovevano conservarsi le stesse sezioni tanto a monte quanto a valle che erano state determinate dall'evento alluvionale.
Al Piano di Zornasco, località ugualmente nota, sul Melezzo orientale dove era stata fatta una scogliera, questa è saltata in diversi punti sulla parte destra del fiume dove c'è la nota segheria Mattei. Sembra che si debba parlare di precarietà dell'opera per gli eccessivi vuoti nella disposizione dei massi protettivi, tant'è vero che un periodico locale circa tre mesi fa, segnalava pubblicamente con eloquenti fotografie tale situazione.
Altra segnalazione investe il Rio Rul, dove l'acqua, intervenuta con una certa violenza, era riuscita a girare attorno alle protezioni, fatte con approssimazione o con non sufficiente perfezione, tanto da minacciare gli abitati della zona Siberio; il ponte sul Rio Rul, di cui ho anche una documentazione fotografica, sembra sia stato costruito su materiale di riporto per cui, a seguito dell'evento alluvionale, si sono dovuti buttar contro dei massi.
Questi eventi nella parte della Valle dell'Ossola si riflettono nella parte bassa del Toce e determinano l'esigenza del coordinamento degli interventi così come è emerso nella riunione di Domodossola.
E' difficile mettere assieme Enti che non hanno una autorità o un raccordo comune a livello politico o istituzionale, evidentemente, per occorre tentare di inventare questo raccordo, per il bene della popolazione, non solo tra Regione, Provincia e Enti locali, ma anche tra questi Enti, le aziende finanziate dalla Stato e il Magistrato del Po.
C'è stata sovrapposizione di interventi tra il centro operativo regionale, la Comunità montana e il consorzio, evidentemente questo invoca e sollecita la costituzione di questo raccordo. Recentemente è pervenuto un telegramma del Sindaco di Domodossola e del Presidente del consorzio del Toce avverso a taluni tipi di intervento affrettati, senza costrutto e senza carattere di razionalità e di approfondimento tecnico in località dove non era addirittura neppure necessario intervenire.
Risottolineo a tutte lettere l'esigenza del coordinamento che oggi potrebbe essere facilitato dal fatto che al Ministero dei lavori pubblici abbiamo la presenza di un Ministro piemontese, tra l'altro, novarese. Il coordinamento servirebbe non solo a legare gli interventi tampone o immediati, ma investirebbe anche quel settore degli studi per piani a lungo termine sui quali ricavare il supporto di costruzione per opere stabili e definitive.
L'Assessore Fonio ha comunicato, la volta scorsa e nella riunione a Domodossola, che sono pronti i piani di bacino. Si chiede: essi possono decollare autonomamente, oppure debbono raccordarsi in una visione globale del problema idraulico investendo l'intiero assetto del bacino del Po? Lo ricordava la volta scorsa il Consigliere Cardinali e lo ricordò lo stesso Magistrato del Po a Domodossola, il quale non può restare estraneo a tale processo essendo il solo in grado di avere una visione d'assieme. Il Magistrato del Po invitò a riflettere su una valutazione fatta dal Sindaco di Trontano il quale era d'accordo di promuovere un restringimento degli argini del Toce attraverso una canalizzazione, così come avviene nella Valle del Rodano; la massa d'acqua che investirebbe le foci del Toce salirebbe però addirittura del 30%.
L'altra settimana mi chiedevo che fine avesse fatto il progettato intervento per circa due miliardi di danni provocati alle costruzioni dei privati. La settimana scorsa la Giunta ha presentato a tale proposito una variante alla legge regionale 38. Sia essa benvenuta! E' però lecito dire con mitezza, visto che ci si arrabbia quando si esercita il diritto di critica, che questa proposta di legge arriva con 15 mesi di ritardo, e la conclusione del problema non potrà che tenere conto della intervenuta lievitazione dei prezzi.
E' comunque tardiva anche se essa costituisce l'ultimo passaggio per far decollare una pratica già costruita dagli uffici della Regione.
I 62 miliardi, di cui 8 di pronto intervento, sono reali oppure ci sono gonfiature? Per gonfiature non intendo esagerazioni, ma il computo di quelle opere che dovrebbero essere fatte dagli Enti locali per un completo piano di salvaguardia da altre future calamità.
E' auspicabile che questo piano possa decollare, che le opere vengano individuate, censite, ma la domanda è: è giusto computare oggi l'intervento tra i 62 miliardi di danno? Capisco che forse per evitare futuri altri disastri sia necessario stabilire un certo tipo di intervento, ma il metterlo oggi nell'elenco dei danni dell'alluvione mi pare che non sia molto congeniale o non sia congruo per l'iniziativa che stiamo seguendo.
L'esemplificazione potrebbe apparire relativamente noiosa, ma era necessaria proprio per rendermi portavoce, nell'esercizio di un giusto mandato elettivo, delle voci e delle istanze che ho raccolto in sito nella Valle dell'Ossola, dove io vivo ed esercito attività anche politica. Lascio questi dati alla riflessione di quanti hanno maggiore responsabilità, non senza assicurare che sono anche oggetto di personale riflessione.
L'essenziale, amici e colleghi della Giunta, è di tentare, tutti assieme di fare ogni sforzo per scongiurare o quanto meno contenere eventi tanto tragici.



PRESIDENTE

E' iscritta a parlare la dottoressa Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'ampiezza del dibattito costringe i Consiglieri a fare una scelta precisa sul tipo di intervento prima di tutto per non annoiare i colleghi. In questa scelta trascurerò il problema, seppure drammatico, dell'Ossola e punterò l'attenzione sui problemi dell'assetto autostradale del Frejus e del centro intermodale.
Per quanto riguarda i problemi autostradali non posso che ribadire che è necessario rimuovere i vincoli posti dall'art. 18 bis della legge 492 del '75, come d'altra parte la Giunta propone. Data la situazione grave dell'Ossola non soltanto dal punto di vista idrogeologico, ma anche dal punto di vista dell'occupazione il raccordo finale è assolutamente necessario per l'assestamento globale socio-economico.
E' noto che le autostrade sul tipo della Torino-Savona sono molto pericolose. Per inciso, vorrei avere notizie sulla pista della Fiat di Marene. Se tale pista non è più usufruibile da parte della Fiat e posto che è stato chiesto l'allungamento della Mandria (che la Regione non intende concedere, così come la Giunta avrebbe dichiarato in sede di comitato tecnico scientifico, decisione sulla quale concordiamo), si devono fare proposte alternative.
Fatte queste brevi e superficiali considerazioni, vorrei passare al problema della Valle di Susa. Non siamo d'accordo sul tipo di piano e sui piccoli arrangiamenti alla viabilità esistente che ci vengono proposti arrangiamenti che di fatto non risolveranno i problemi della viabilità in Valle di Susa, quando verrà aperto il traforo del Frejus. Avremo comunque modo di riparlare della miopia politica a livello regionale e a livello nazionale nel momento in cui il Frejus sarà finalmente aperto.
Indubbiamente il gruppo di lavoro, di cui fanno parte l'Assessorato ai trasporti, l'Unione Industriale, la Camera di Commercio e la Finpiemonte ha svolto uno studio interessante. Non ci è stato però detto assolutamente nulla sulla iniziativa della Giunta che ha bloccato, per ragioni di difesa dell'assetto idrogeologico, come si è appreso dai giornali, l'iniziativa privata di San Didero. Quella iniziativa avrà un seguito. Lo avrà in concorrenza con l'iniziativa pubblica? Quali scopi intendeva raggiungere? Prima di affrontare il problema specifico del centro intermodale a Susa vorrei fare alcune considerazioni. La relazione parla di un quadro complessivo in cui viene previsto un certo numero di centri intermodali e fissa poi l'attenzione con proposte specifiche sul centro intermodale, che continuiamo a chiamare di Susa, ma che in realtà dovrebbe essere di Orbassano-Susa.
Invece di una legge che riguarda soltanto la Valle di Susa, sarebbe opportuna la predisposizione di un quadro complessivo programmatico che riguardi tutti i centri intermodali in cui siano fissati con chiarezza determinati vincoli. All'interno di questo quadro si dovranno scegliere i centri con priorità fra i quali, senza dubbio, il centro intermodale di Susa è uno dei più importanti.
Per quanto riguarda poi l'impegno della Finpiemonte, rileviamo che le indicazioni date a pag. 8 sono estremamente vaghe. Spesso viene chiamata in causa la Finanziaria regionale in assenza di precise indicazioni di carattere politico. Si dice di impegnare l'istituto a svolgere un ruolo attivo di promozione, a fornire agli Enti locali assistenza tecnica per l'adeguamento degli strumenti urbanistici che si rendessero necessari, ma il quadro degli strumenti urbanistici necessari, a mio avviso, lo possono dare gli Assessorati più che la Finpiemonte.
Vengono poi indicate le "società di intervento", ma anche in questo caso la proposta della Giunta è quanto mai vaga. Si tratta di società di intervento pubbliche o di società di intervento miste? Se sono miste quali sono i soggetti? Non intendo rifare la polemica che ho fatto tante volte nei confronti della Promark e di tutti gli altri Enti strumentali della Regione, ma continuo a dire che manca nei confronti di questi Enti un indirizzo preciso della Regione.
Quindi siamo d'accordo di usare gli Enti strumentali quando sono più solleciti, quando hanno delle indicazioni precise, quando realizzano meglio e più in fretta quanto la Giunta e gli Assessori non possono fare. Per nel campo degli strumenti urbanistici, per esempio, l'intervento della Giunta può essere molto più rapido e concreto di quello della Finpiemonte.
Mentre invito la Giunta a darci queste precise risposte, chiedo di conoscere l'ampiezza delle strutture che si vogliono realizzare e se attorno ad esse si prevedono altre strutture di carattere privatistico.
Inoltre, le zone scelte sono zone bloccate? A volte le zone bloccate sono già ritenute insufficienti per i compiti per i quali erano state previste prima ancora che siano ultimate.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Dalla relazione dell'Assessore emerge la difficile opera compiuta in questi ultimi quattro anni dalla Regione Piemonte per poter armonizzare l'esistente con un disegno di programmazione, il quale da una parte si pone come necessità di chiarificazione con quanto già compiuto, e dall'altra si scontra con situazioni difficili, conseguenza della crisi del Paese e della necessità di una diversa politica di investimenti a favore del Mezzogiorno.
Vanno colti in senso positivo i risultati dell'opera della Giunta e della Regione attraverso le sue componenti, gli Enti strumentali e strutturali per la programmazione quali la Finpiemonte.
Centrerò i miei argomenti sulla viabilità della Valle di Susa come conseguenza del traforo del Frejus, sul sistema autostradale piemontese e sul centro intermodale di Orbassano.
Bisogna dare atto alla Provincia di Torino e alle Province in genere che hanno saputo supplire in funzione vicariante in un momento di carenze politiche generali all'opera del Governo stesso.
Quindi devo al collega Oberto una risposta quando parla di una certa incoerenza di atteggiamenti. Devo dire che, fin dalla prima legislatura quando il collega Oberto presiedeva la Giunta regionale, mi sono sempre dichiarato a favore del traforo del Frejus e contrario all'autostrada Torino-Pinerolo. Altri colleghi erano contrari al traforo del Frejus e alla Torino-Pinerolo.
Sono perfettamente convinto che se le forze politiche che erano al Governo del Paese non avessero abbandonato la politica ferroviaria a favore di una dissennata politica del trasporto su gomma, oggi avremmo le strutture autostradali del Frejus che, a mio parere, sono importantissime dopo che le ferrovie hanno smaltito il loro traffico.
Qualche cosa ha camminato più celermente in questi ultimi tempi, ma si devono recuperare ancora fortissimi ritardi, che provocano anche residui passivi. Si deve ricordare alla comunità nazionale che il Piemonte è una delle pochissime Regioni che si sono date una linea di programmazione, che ha nel suo obiettivo il rilancio del Mezzogiorno come momento di riequilibrio della diversificazione produttiva piemontese. Si deve ricordare che il traforo del Frejus non è il risultato, in una gretta visione piemontese, di un collegamento più comodo, ma è il risultato di accordi internazionali che coinvolgono tutto il Paese; pertanto gli oneri che ne derivano, anche per le difficoltà orografiche che il lato italiano presenta, non possono che essere a carico dello Stato.
Va dato atto alla Regione di aver evidenziato la gravità dei ritardi e l'entità economica, perché a livello del traforo del Frejus l'assorbimento finanziario degli oneri che la costruzione ha comportato porrà problemi di notevole peso per gli Enti locali e per i soci della SITAF. E' vero che intervengono la BEI e altre banche, però finora i rapporti di partenza sono talmente negativi che se fossimo a livello privato, saremmo in situazione non solo prefallimentare ma decisamente fallimentare, così come fallirono Suez e Panama nel passato secolo.
L'iniziativa della Giunta ha però posto il Governo di fronte alle sue responsabilità. L'opera in discussione non può essere mantenuta sul piano ordinario dell'Anas, così come è sbagliato che le forze politiche regionali locali continuino ad addebitare le colpe all'Anas che non può risolvere i problemi della viabilita della Valle di Susa salvo il sacrificio totale degli altri interventi della viabilità piemontese, se non attraverso un intervento di 15 anni. E' poi stata avanzata la proposta di un consorzio autostradale. Il Governo ancora una volta deve rendersi conto che l'inadempiente è lui e che deve dare una risposta.
Tutti quanti poi ci dobbiamo rendere conto della situazione dell'ATIVA la quale, se il Governo non interviene, ai primi di gennaio verrà dichiarata fallita. Credo che sia opportuno muoversi con un fronte unitario nei confronti del Governo perché traduca in atti concreti le promesse effettuate all'Amministrazione regionale, sia per la soluzione dei problemi della viabilità della Valle di Susa, sia per il consorzio del sistema autostradale piemontese.
In questo quadro si viene a collocare anche il discorso del centro intermodale di Orbassano che, nella sua ampiezza e nel suo significato rappresenta la giusta trasformazione nella realtà metropolitana torinese di quello che il traforo determinerà a Torino. L'apertura del traforo autostradale nei prossimi quattro lustri trasformerà la realtà torinese: o di queste cose ci rendiamo conto, oppure i problemi ci cadranno addosso. La diversificazione produttiva, il diverso rapporto con le componenti industriali, con la Fiat in ordine ai trasferimenti degli stabilimenti a ciclo completo nel Sud, il trasferimento delle attività da Torino in altre zone del Piemonte sono temi che rientrano nella logica che Torino subirà un impatto di terziarizzazione dal momento in cui dal centro Europa o da Torino verso il centro Europa, attraverso il traforo del Frejus, aumenterà il traffico: il centro intermodale indubbiamente è una prima risposta a questo obiettivo. Certamente Torino, da città essenzialmente operaia e di ceto medio impiegatizio, alla fine del secolo, diventerà una città con una forte terziarizzazione. La Finpiemonte ha saputo svolgere, anche nella fase di avvio, le indicazioni di programmazione di fronte ai problemi concreti che si ponevano.
Il passaggio alla fase europea della realtà piemontese non pu rappresentare il rilancio effettivo, attraverso alle modificazioni e alle trasformazioni, della economia del sud d'Italia.
E' opportuno porre al Governo questa necessità e sollecitare soluzioni in ordine alle promesse fatte di fronte alle proposte chiare e precise dell'esecutivo regionale. In questo senso credo si debba dare tutto l'appoggio possibile all'opera compiuta dall'esecutivo. E' indispensabile porre un punto fermo nei confronti del Governo che non può continuare ad essere latitante, scaricando sulle forze politiche regionali piemontesi la conseguenza del suo mancato intervento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Besate.



BESATE Piero

Desidero, nei limiti del consentito, portare all'attenzione del Consiglio le conseguenze della recente alluvione e delle calamità che hanno colpito il Piemonte, particolarmente nel settore dell'agricoltura.
Un ponte rotto, un argine distrutto, una linea ferroviaria interrotta provocano danni immediatamente percepibili dalla comunità; il danno in agricoltura, più silenzioso, si avverte nel momento in cui iniziano le coltivazioni. E' tuttavia un danno enorme, che va oltre il limite rilevato alla prima informazione.
L'Assessore giorni fa aveva segnalazioni attorno ai sette miliardi di danni, ma credo che siano già aumentati enormemente: con ogni probabilità siamo attorno ai 25/30 miliardi. L'intervento immediato deve essere rilevante sia per le opere collettive che per le opere aziendali per permettere la ripresa del ciclo produttivo.
Premetto che nella disgrazia generale c'è però un dato positivo per quanto riguarda le opere idrauliche e le opere agricole e cioè che tutte le opere che erano già entrate in fase di assestamento, a seguito degli interventi per le precedenti alluvioni, hanno tenuto. Sono state danneggiate quelle opere che erano ancora in fase di assestamento o che addirittura non avevano potuto fruire di alcun intervento. L'alluvione mette in rilievo ancora una volta la necessità di un governo unitario del territorio, che non può più essere demandato a organi centrali, pena ritardi e sprechi. L'Assessore Bajardi sicuramente sa che una delle cause fondamentali della mancata unità di questo governo è che mentre da una parte il DPR 616 ha esaurito il problema, dall'altra parte la pratica attuazione è ostacolata dall'esistenza di corpi legislativi compatti. Si pensi ai testi unici sulle acque, sulla bonifica, sul vincolo idrogeologico, sulla tutela dei beni ambientali. Inoltre la potestà primaria delle Regioni in materia di sistemazioni idrogeologiche e di conservazione del suolo, per un verso, è congelata dal rinvio dell'attribuzione delle competenze per le opere idrauliche nei bacini interregionali alla legge di riforma dell'Amministrazione dei lavori pubblici; dall'altro il decreto ministeriale Gullotti ha fatto sì, con una interpretazione formalistica e strumentale, che un numero spropositato di bacini interregionali ripristini di fatto il potere ministeriale in materia di bacini idraulici. Siamo invece di fronte ad una vera riappropriazione dei poteri amministrativi con decreto ministeriale.
Sottolineo come le opere idrauliche di bonifica e le opere pubbliche collettive di irrigazione hanno il carattere principale e specifico di interventi di strutture produttive. Si pensi a che cosa avverrebbe se per alcune fabbriche saltassero le condutture del metano o di adduzione dell'energia.
Ieri sera ero a Brusnengo dove ci sono problemi di smottamenti di terreni della collina perché le vigne poggiano su un terreno sotto il quale c'è la roccia e dove la grande quantità d'acqua ha fatto precipitare a valle interi appezzamenti di terre coltivabili. Quindi l'intervento è duplice. Oltretutto si è aggiunta la grandine.
Di qui la necessità che i fondi regionali previsti agli art. 53, 54, 55 della legge 63 vengano ripristinati per le varie voci in modo da poter intervenire prontamente. Quindi pronto intervento per quanto riguarda le opere singole nelle aziende e pronto intervento per quanto riguarda le opere collettive.
Il limite per il passaggio obbligatorio al Comitato regionale delle opere pubbliche era stato fissato in 300 milioni, ora, con la svalutazione e l'aumento dei costi, i 300 milioni coprono appena le opere minime, quindi sarà opportuno elevare questo tetto. In altre parole, i provvedimenti della Regione devono essere opportunamente calibrati sia nelle procedure che nella sostanza tenendo conto delle esperienze fatte per le quali la Regione nel suo complesso, Comunità montane, Comuni e Province ha dato finora buona prova di fronte alle calamità e di fronte al fatto alluvionale recente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Franzi.



FRANZI Piero

Concordo con quanto ha detto il Consigliere Besate circa la necessità di poter disporre di un quadro dettagliato dei danni subiti in agricoltura in occasione delle avversità atmosferiche del 14/15 ottobre e della nevicata di giovedì della scorsa settimana.
Nella relazione dell'Assessore Bajardi, leggo con stupore che in agricoltura i danni sono di "alcuni miliardi". L'Assessore Ferraris dice che gli accertamenti sono ancora in fase di elaborazione. Nella provincia di Vercelli i danni alle sole opere pubbliche di bonifica e di irrigazione superano i 3 miliardi.
Nel colloquio avuto con l'Assessore Ferraris ho avuto assicurazione circa l'interpretazione dell'ultimo comma dell'art. 55 della legge 63 che riguarda il pronto intervento. L'intervento di somma urgenza è il più delicato e il più importante. Non sempre si ha la possibilità di dimostrare compiutamente l'entità del danno perché a valutazione avvenuta e iniziate le opere si rendono necessari interventi di natura diversa. Per una breccia in un argine, una rottura in una presa d'acqua, un'altra alluvione anche modesta o una piena in un canale, l'opera di pronto intervento potrebbe costare 10 milioni, ma se non si interviene immediatamente il costo pu salire a 50/100 milioni. Quindi l'intervento tempestivo evita l'aggravamento dei danni già rilevanti.
Mi associo alla richiesta fatta dal Consigliere Besate in ordine all'aumento del tetto dei 300 milioni per la verifica dei piani di sistemazione da parte del Comitato regionale per le opere pubbliche.
Mi auguro di avere sollecitamente dall'Assessore Ferraris l'indicazione dei danni subiti dall'agricoltura globalmente. In provincia di Vercelli almeno 10 mila ettari di risaie sono state schiacciate dalla neve e sono rimaste infangate almeno per una settimana. Il riso è germinato, è macchiato, è ambrato, quindi le rese sono molto basse; anche nelle altre province il 50% del mais è da raccogliere. Alcuni coltivatori di Bianzè mi dicevano che hanno un danno medio del 30%.
Sono flashes di notizie. E' opportuno che l'Assessore faccia una verifica attraverso gli uffici delle Province per avere un quadro più preciso e più puntuale e per fare un'azione congiunta presso il Governo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BELLOMO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, signori Consiglieri, le conclusioni di un dibattito quale è questo non possono essere sempre qualitativamente conseguenti all'impegno sia dei proponenti, in questo caso la Giunta almeno per quanto riguarda gli oggetti, anche se l'iniziativa è partita su sollecitazione dei Gruppi consiliari, e sia anche della qualità degli interventi.
D'altra parte penso che a tutti i Gruppi politici fosse presente l'urgenza e l'importanza di una messa a fuoco di alcuni problemi importanti tra loro connessi, che riguardano aspetti già noti, trasformazioni che sono già in atto, processi avviati, sui quali però ognuno e soprattutto la maggioranza ha inteso all'inizio della legislatura e successivamente sempre più debolmente dare posizioni differenziate o di adesione o critici del tutto oppure facendo dei distinguo sui quali naturalmente viene messa in causa la soluzione effettiva da dare a determinati problemi.
C'è stata da parte di molti la preoccupazione di distinguere tra ci che è stato, ciò che è, ciò che si è deciso con assensi più o meno taciti da ciò che è reso da ineluttabili determinate scelte anche se l'avallo a suo tempo, seppure non esplicitato, vi è stato.
Spiace dover risottolineare come queste posizioni spesso siano ancorate ad uno pseudo determinismo storico che troppe volte sono più strumentali attese di partiti che obiettive considerazioni di programmazione.
Diciamo subito che non intendiamo con questa conclusione della discussione chiudere il discorso del piano dei trasporti; nonostante i ritardi della presentazione al Consiglio credo che avremo certamente modo di ritornare sopra tutte le indicazioni date e sullo stadio di definizione delle indicazioni stesse.
Mi preme però, a conclusione degli assensi o delle posizioni critiche che vogliamo evidenziare sugli ultimi documenti presentati, fare alcune precisazioni di metodo che mi paiono fondamentali.
Riteniamo di appartenere ad una forza politica che non presume di avere né creato il mondo né di disporre di egemonie culturali per una reinvenzione di tutti i processi che hanno accompagnato l'evoluzione della nostra realtà regionale. Non siamo così superficiali, ovviamente, da sostenere che il caso o l'inevitabile ha condizionato certe scelte. Ma dobbiamo anche rivendicare - e questo mi preme sottolinearlo a grandi lettere - se non l'indifferenza, una sostanziale indipendenza dalle opzioni che in termini urbanistici, o tecnologici o, come qualcuno troppo spesso vuole sottolineare, consumistici, abbiamo dovuto affrontare e quindi gestire.
Un rapido accenno al rapporto che è esistito ed esiste nell'esperienza urbanistica e di pianificazioni a livello europeo si evidenzia come non sempre la pianificazione abbia suggerito certi fenomeni di inurbamento; più spesso ne ha affrontato i termini per risolvere i nodi sostanziali, se non totalmente tutti i problemi connessi.
Facendo riferimento all'argomento specifico della nostra discussione penso che, per quanto attiene ai mezzi di mobilità pubblica, alle infrastrutture stradali necessarie a canalizzare determinati flussi esistenti o realisticamente prevedibili, non sempre le soluzioni tecniche che si sono avviate hanno risolto i problemi del controllo del traffico e quand'anche ne avessero limitato gli effetti sull'uomo e sull'ambiente, non hanno preteso di risolvere tutte le complesse problematiche che stanno dietro a questi grossi fenomeni.
Ne viene la considerazione che la storia delle città e delle aree metropolitane offre un panorama vastissimo di problemi che sono apparentemente simili e anche classificabili nella trattazione, però hanno diversi aspetti per le variabili sociali, per le variabili politiche, per la variabile delle risorse e per la resistenza o meno ad adattare l'esperienza da altri acquisita e via dicendo.
Penso che se questa posizione è comune a tutte le forze politiche e siamo disposti a rinunciare a preconcetti, dobbiamo accordarci sostanzialmente sugli obiettivi che vogliamo perseguire, affrontando questi investimenti.
L'obiettivo del riequilibrio regionale è certamente riconosciuto da tutti, ma è di per sé insufficiente a dare determinate risposte, anzi, si presta a certe ambiguità. O vi è certezza sui ruoli da assegnare alle varie aree o non vi è possibilità di definire quali sono gli interventi e le infrastrutture necessarie per risolvere l'elevazione o la valorizzazione di questi ruoli.
L'aver privilegiato le comunicazioni internazionali non esclude ovviamente la possibilità di affrontare oggi nel merito il problema della connessione con gli altri tipi di collegamenti che si rendono necessari proprio per assicurare quella equilibrata distribuzione di compiti e di funzioni che non penalizzi alcune aree a scapito di altre. E' questo il punto da mettere a fuoco, cioè di fronte ad una maglia di infrastrutture principali, più o meno già avviate e definite, anche se sul tipo di soluzione tecnica che si intende dare, esistono dissensi, il cercare di definire la qualità e la soluzione tecnica in funzione del tipo di servizio che questa infrastruttura deve dare alle aree attraversate, non astratte da queste considerazioni come, si è lamentato troppo spesso, si è trascurato di verificare nel passato.
Quindi oggi siamo più che in una fase di scelte fondamentali, in una fase di armonizzazione delle scelte di comunicazioni di tipo internazionali e interregionali che è obiettivamente indiscutibile fossero necessarie per assicurare alla nostra Regione un determinato ruolo. Rispetto a questa esigenza si pone l'urgenza di un collegamento delle previsioni infrastrutturali con il territorio, quindi di una connessione con quegli strumenti che ci siamo dati e dal punto di vista legislativo e dal punto di vista comportamentale, cioè i documenti dei piani territoriali di coordinamento che dovrebbero essere la sintesi delle verifiche.
Siamo ormai alla fine della legislatura, quindi credo che possiamo tutti essere in condizione di trarre un bilancio sullo stadio della pianificazione territoriale. Vi è una certa posizione disimpegnata della Giunta regionale nei confronti dell'operato dei Comprensori.
Su questo problema avremo modo di ritornare anche perché l'Assessore Rivalta mi ha promesso di portare in II Commissione lo stadio degli studi e delle definizioni che l'Assessorato pare abbia redatto.
Credo però che le posizioni politiche che debbono emergere da parte del mio Gruppo non possono essere se non la constatazione che non vi è nessuna soluzione definitiva, ma proprio per l'incertezza del quadro territoriale l'Assessorato ai trasporti si trova a dover operare continui aggiustamenti al tiro, più per parare obiezioni e contestazioni, che non in armonia con una precisa scelta di tipo politico.
E' così che si arriva alla metà del 1979, alla presentazione del piano dei trasporti, sul quale pur riservandoci di entrare nel merito, non possiamo in questa sede tacere alcune considerazioni.
Sostanzialmente sono la assoluta precarietà e provvisorietà del documento continuamente insidiato da possibili interferenze, aggiunte o aggiustamenti che finiscono per renderne illeggibile il contesto generale e definitivo.
Accenno brevemente ad alcuni fatti.
Trattative e accordi sindacali. Avevamo chiesto specificatamente che vi fosse un confronto con le delegazioni sindacali prima che la Giunta prendesse impegni definitivi.
Affidamenti di ulteriori studi ed incarichi che testimoniano quale stato di incertezza vi sia sulle conclusioni che sono riportate nel documento, quando addirittura non si riconosce che l'argomento non è stato affrontato.
Vi sono sostanzialmente dei ribaltamenti di posizione nei documenti ultimi presentati e vi è una improvvisa riscoperta di problematiche precedentemente ignote sulle sollecitazioni di eventi gravi quali quelli relativi alla Torino-Savona, sulla quale non ritornerò nel merito se non per ricordare quanto lontana fosse la posizione dei documenti ufficiali della Giunta da quella che pare essere oggi nei confronti di una improvvisa contestazione, di assenza, tra l'altro evidenziata in una nostra interrogazione.
Di fronte a queste carenze che certamente hanno un loro vizio d'origine nella mancanza di un quadro territoriale, anche provvisorio, ma sufficientemente certo, permangono alcuni vuoti nel documento del piano territoriale e sono vuoti che lasciano estrema incertezza anche nell'espressione di un giudizio definitivo sulle ultime proposte che sono state presentate.
Manca una definizione del punto in cui sono pervenute le indagini mancano esposizioni su alcuni nodi, ad esempio, al sistema passante ferroviario su Torino che non è certamente un aspetto irrilevante nelle connessioni sia con le infrastrutture di trasporto ferroviario sia con quelle stradali.
Certo registriamo una accresciuta responsabilità da parte della Giunta nelle valutazioni, ma ancora una pericolosa posizione di opzionalità che finisce per lasciare i problemi allo stadio dell'inventario, della raccolta delle istanze.
E' da questo che deriva il disagio ad un pronunciamento positivo che ignori il quadro generale di incertezza se non in alcuni casi anche di confusione.
Per venire al merito dei problemi che sono stati affrontati nei documenti presentati, pur evidenziando le carenze del documento sul piano dei trasporti per quanto attiene al riconoscimento di un preciso ruolo di alcune infrastrutture principali quali il sistema autostradale, non possiamo non dirci sostanzialmente favorevoli a che si incomincia entrare nel merito di alcune problematiche quali quelle dei nodi intermodali.
Diciamo subito che avremmo voluto che in questo merito ci fosse entrata direttamente la Regione con le sue strutture o con le sue innumerevoli consulenze direttamente espresse e non tramite interlocutori esterni che finiscono per ridurre l'Assessorato o la Regione a un passacarte di studi o di elaborazioni che sembrano essere proposte all'esterno della struttura istituzionale. Avremmo preferito che su questi temi vi fosse da parte della Regione quell'impegno di sintesi e di elaborazione programmatica e che non delegasse a strutture strumentali sia pure della Regione, ma comunque esterne ad essa, il compito di operare determinate scelte o anche solo di indicare determinate scelte.
Sia per quanto riguarda i problemi in generale, sia per quanto riguarda i problemi in particolare, la sintesi che riesce a connettere strettamente le esigenze di sviluppo economico e territoriale con le esigenze di investimenti infrastrutturali, credo sia compito precipuo della Regione per le inevitabili connessioni che tutto ciò comporta con le scelte politiche di programmazione e di linea di politica regionale.
Credo sia opportuno che noi evidenziamo come su queste tematiche di tipo generale occorre andar a tempi celeri ad una definizione precisa in un documento unico, sintetico. Accettiamo anche che possa essere estratto dal documento generale del piano dei trasporti che può presentare nella sua sinteticità e nella sua onnicomprensività sviluppata e proiettata a tempi molto più lunghi, ma noi richiediamo che sulle cose che sono a tempi brevi in quanto connesse a decisioni che non investono solo le responsabilità della Regione, ma altri Enti istituzionalmente proposti e soprattutto il Governo, vi sia una elaborazione sintetica che dia modo di valutare precisamente qual è questa posizione.
Questo con riferimento sia alle esigenze del Piemonte sud che come è ben noto ha dei regressi di attesa e irrisolti problemi di collegamento sia in funzione del riequilibrio all'interno della Regione, sia in funzione dei collegamenti internazionali e interregionali, e sia in connessione agli altri due grossi problemi ché riguardano il Frejus e il collegamento del Piemonte nord, il problema dell'Ossola visto in funzione di ridistribuzione di determinati valori e di determinate valenze potenziali di scambi e di connessioni con l'intero sistema regionale e interregionale.
Riteniamo che vi sia spazio per definire compiutamente queste relazioni e queste soluzioni tanto più, se è vero come pare, che la Regione ha affidato ancora ulteriormente uno studio sulle comunicazioni internazionali rendendosi conto di quali dimenticanze sono state fatte soprattutto nelle connessioni relative al sistema di comunicazione del Piemonte sud, forse anche in passato ma non certamente in termini propositivi, ma in termini operativi, ma ancora nelle successive elaborazioni di impegno. Proprio in connessione al discorso del Piemonte sud faccio presente come vi siano alcune scelte relative all'utilizzazione della rete esistente e degli investimenti che la Provincia ha a suo tempo avviato di collegamento Cuneo Milano che può essere parte dell'impegno fondamentale per assicurare questo tipo di collegamento traversale e non solo più longitudinale nord-sud del Piemonte determinante ad assicurare le condizioni di riequilibrio e di sviluppo dell'area.
Così come mi pare debba essere affrontato compiutamente il problema della pedemontana, anch'esso risolvibile con risorse limitate ma utilizzabili compiutamente solo se strettamente e coerentemente collegate tra di loro, in modo da ricostituire la possibilità di riattivare una serie di funzioni produttive e di attivazione ed anche di valorizzazione del sistema agricolo di tutta la fascia pedemontana e valliva che è parte determinante della nostra struttura geografica ed economica.
Venendo brevemente ai problemi che riguardano il sistema intermodale e cioè il collegamento tra il traffico ferroviario e stradale, siamo d'accordo nell'elencazione di aree che sono indicate nei documenti presentati per impegnare le Ferrovie Statali a realizzare compiutamente le infrastrutture necessarie, cioè Novara, Rivalta Scrivia, Cuneo, Orbassano.
Non possiamo però tacere come questo tipo di scelta non sia stato dalla Regione ripreso e valorizzato per risolvere in termini non dico definitivi ma in modo tale da dare una effettiva risposta anche in termini operativi alla questione delle aree industriali attrezzate. Se il sistema di attestamento intermodale lo vediamo in stretta connessione con questo problema ritengo che finiamo per accettare una serie di scelte già avviate che però rischiano di essere fini a se stesse, cioè di non avere quella importanza che è opportuno dare loro.
Per quanto riguarda il problema intermodale dell'area torinese risottolineo come questo problema non possa essere compiutamente giudicato sulla base dei documenti che ci sono stati presentati. Credo che nonostante le considerazioni accettabili per quanto riguarda l'articolazione Orbassano Susa, che ovviamente corrisponde ad obiettive esigenze di connettere queste infrastrutture anche in funzione di un prevedibile ruolo ad esse assegnabili in funzione di scambi e di trasformazioni merci, i documenti della Giunta debbano andare al di là di una indicazione di tipo cartografico così sommario come è stato presentato, proprio perché ad essi sono collegati aspetti che sono ripresi nei documenti Ativa, della Camera di Commercio, ecc. in forme a volte contraddittorie, che addirittura ignorano l'uno l'elaborazione dell'altro. Ecco perché si rende necessaria su questa tematica una funzione di sintesi precisa che non ignori il problema del passante ferroviario su Torino che - confesso sinceramente non ho ancora capito quale funzione debba avere. Mi pare di capire che rispetto all'ipotesi del passante quadruplicamento abbinato sull'area torinese vi è una ipotesi del passante sdoppiato con una previsione di stazione ferroviaria ad Altessano, ma questo non possiamo andarlo a leggere sulle cartografie scala 1/100.000 deducendone tutte le considerazioni che dovrebbero stare a sostegno di queste scelte.
Si inserisce quindi un problema di utilizzazione di strutture tecniche per queste elaborazioni e di utilizzazione del ruolo che la Regione deve svolgere nei confronti delle strutture già esistenti.
Noi non vediamo che vi possa essere l'appoggio a strutture tecniche già esistenti le quali hanno a volte una specifica preparazione ed attrezzatura da affrontare aspetti meramente tecnologici, altre volte una propensione molto più accentuata ad affrontare aspetti che attengono agli aspetti finanziari o di coordinamento operativo, vedi il problema delle società operative o di gestione oppure di intervento a seconda del tipo di denominazione che si vuol dare.
Mi rifaccio all'intervento della dottoressa Vaccarino che mi pare sia stato esaustivo di questo tipo di preoccupazione.
Se riteniamo che il Piemonte abbia avuto a suo tempo delle competenze abbastanza definite, che non vorremmo oggi vedere travalicare addirittura in direzione dell'assegnazione di ruoli di stazione appaltante oppure di quale funzione pur rendendoci conto che forse oggi questa è l'unica infrastruttura sulla quale alcune forze politiche della maggioranza riescono ad avere una maggiore incisività in termini di input e quindi anche di conclusioni politiche.
Però, obiettivamente, una struttura di questo tipo ha già e dovrebbe avere sia nei confronti degli Enti che vi partecipano sia nei confronti delle grosse problematiche di tipo finanziario e di utilizzazione dal punto di vista operativo giuridico di queste strutture un larghissimo spazio che non vediamo come possa sovrapporsi a tipi di elaborazioni, di scelte, di incarichi di tipo operativo che finirebbero per snaturarne il ruolo e la funzione a tutto danno dell'indipendenza politica e della originalità politica che si deve riservare l'Ente Regione nella possibilità di operare precise scelte.
Un altro aspetto che mi pare si debba sottolineare e che non è direttamente connesso al problema delle risorse di tipo statale che possono essere necessarie per le infrastrutture stradali e ferroviarie, ma che ha anche una rilevante importanza per quanto attiene al ruolo che la Regione si deve riservare anche in termini di risorse finanziarie, riguarda il problema degli assestamenti di bilancio che sono stati operati recentemente sul bilancio regionale rispetto al quale aspettavamo entro settembre alcune risposte per capire come queste scelte fatte, sia pure transitoriamente, si connettevano agli obiettivi della politica regionale.
Abbiamo invece l'impressione che vi sia stata grande preoccupazione da parte della Giunta di operare questo assestamento; vi è stato successivamente un grande attivismo soprattutto da parte del Presidente della Giunta ad assicurare indiscriminatamente contributi a tutti i Comuni creando moltissime attese sia per le competenze che possono essere di natura regionale in termini di investimenti sia per quanto attiene invece competenze che nulla hanno a che vedere con le competenze regionali, quindi è inutile creare attese che poi non possono essere onorate da precisi impegni di finanza regionale.
Riteniamo che nel momento in cui si va ad affrontare il discorso della definizione di determinate priorità per quanto attiene ad una graduatoria anche precisa di risorse che riteniamo di dover chiedere allo Stato dobbiamo anche essere in condizione di testimoniare allo Stato qual è la possibilità, sia pure parziale e limitata, dell'intervento regionale per quelle connessioni che sono necessarie rendere operative determinate scelte e determinati investimenti. L'andare oggi, alla vigilia delle elezioni amministrative, a promettere indiscriminatamente interventi in tutte le direzioni, lasciando completamente eluso il problema dell'impegno a risolvere compiutamente alcuni grossi nodi e impegni fondamentali, credo che sia parte di una logica di politica preelettorale, ma non obiettivamente legata agli interessi della Regione.
Noi riteniamo che in questo stadio di incertezza, di definizioni ancora insufficientemente affrontate, vi sia l'esigenza di questo documento di sintesi che ho sollecitato precedentemente, che ci deve consentire di andare ad un primo appuntamento di tipo tecnico con gli Enti istituzionalmente preposti. Un tempo vi era l'istituto della conferenza dei servizi che precedeva l'elaborazione dei principali piani regolatori delle città e doveva precedere l'impostazione del famoso piano territoriale di coordinamento previsto dalla legge del 1942. Questo istituto, pur essendo anacronistico come definizione formale, credo sia sostanzialmente ancora attuale con i tipi di rapporti che debbono essere stabiliti con l'Anas, con le Ferrovie Statali, con le Regioni limitrofe, sia quelle italiane sia quelle straniere. Non riusciamo mai ad avere una sintesi sufficientemente definita della posizione di questi corpi separati dello Stato oppure di queste realtà che si trovano vicino a noi.
Questo ci deriva anche dal fatto che è vero che sono stati indetti dalla Regione molti convegni, ma tutti con una funzione pubblicitaria e promozionale con la preoccupazione di raccogliere consensi sulle problematiche che si stavano affrontando, ma non con la preoccupazione di definire una linea ed una impostazione.
Se continuiamo a procedere in questa direzione avremo la soddisfazione di compiacerci di copiose e ponderose elaborazione di documenti, ma non riusciremo mai ad avere, nonostante grandi personaggi vengano da noi a portare contributi, il quadro preciso e definitivo.
Quindi gli interventi precisi della Regione che saranno definiti in questo documento discusso nella conferenza dei servizi (la chiamo così perché ritengo che a questo tipo di appuntamento non si debba dare il valore di impegnativa politica, quanto il valore di un momento di sintesi delle posizioni, sia per quanto attiene allo stadio di definizione tecnica e progettuale sia per quanto attiene allo stadio di definizione degli investimenti che sono stati previsti o che si prevede di stanziare) verificato in quella sede deve costituire la base politica di confronto con il Governo che deve essere operato a conclusione di questa operazione. Solo in questo modo è credibile un'azione della Regione che possa testimoniare la comunità piemontese di avere fatto di sua competenza per esigere che sia le priorità, sia gli investimenti siano stati sufficientemente valutati opportunamente graduati e quindi connessi con tutte quelle decisioni di tipo operativo e di tipo legislativo che si rendono necessarie.
L'incontro con il Governo dovrà interessare i parlamentari di tutte le forze politiche piemontesi con una procedura forse eccezionale nei rapporti Stato-Regioni, ma che credo, debba coinvolgere anche il Parlamento in una scelta che a suo tempo è stata del Parlamento, sulla quale se vi debbono essere rettifiche di posizione o mutamenti di strategia sia opportuno che vi sia la responsabilità di tutte le forze politiche, anche perché questo problema delle risorse disponibili per il Piemonte e delle priorità che debbono essere evidenziate investe aspetti per noi quasi drammatici nei confronti dei rapporti con lo Stato e con le altre Regioni.
Non siamo certo noi a disconoscere quanto già abbiamo chiesto ed ottenuto e non siamo certo noi a disconoscere quali sono le esigenze che nell'ambito della programmazione o della distribuzione delle risorse a livello nazionale sono necessarie, quindi, ovviamente, la corresponsabilizzazione delle forze politiche passa attraverso un momento di corresponsabilizzazione sostanziale di tutte le forze politiche indipendentemente dalle valutazioni sulle soluzioni più o meno solidaristiche che si andranno ad affacciare nelle future convergenze per il sostegno alla governabilità del Paese.
Ritengo che sia stato fatto in questa circostanza un notevole passo avanti nella metodologia dell'informazione tempestiva di determinate modificazioni dei documenti e quindi delle soluzioni che erano state precedentemente indicate.
Vi sono però molti aspetti che non sono stati affrontati compiutamente in questa discussione, vedi il discorso dell'utilizzazione corretta delle risorse per le alluvioni che anche in questa circostanza è stato evidenziato come sia difficilmente qualificabile in funzione di previsioni di piani di bacino che ancora non esistono, sui quali quindi è difficile operare delle scelte responsabili in un quadro di disponibilità certamente insufficienti.
Quindi il problema dell'applicazione corretta della legge 38 si pone innanzitutto in termini di definizione di un quadro rispetto al quale possa essere correttamente applicata la legge stessa. E' inutile fare le leggi compiacersi del fatto di averle elaborate se poi manchiamo di un quadro di riferimento preciso sul quale poterle collocare.
L'altro aspetto che credo si debba altrettanto responsabilmente sottolineare concerne il problema della situazione delle società autostradali, in particolare dell'Ativa.
Ritengo di dover dire in termini molto generali che la politica di sostegno che gli Enti locali avevano assicurato a queste strutture e al ruolo che esse erano destinate a svolgere non viene da noi diniegata quindi siamo per tutto quel tipo di intervento che da parte degli Enti locali può concorrere alla soluzione di problemi che ovviamente non siano irrisolvibili dal punto di vista finanziario.
Quindi non saremo così semplicistici nell'essere fatalisticamente ancorati ad una decisione dell'Anas. Pensiamo che vi debba essere da parte degli Enti locali regionali che hanno avviato questo processo di intervento nell'ambito delle infrastrutture una valutazione responsabile di qual è stata la loro funzione e di quale può essere oggi, sia pure attualizzata rispetto alle valutazioni che sono intervenute sul mercato finanziario. Non mi si venga a dire che vi sono altre ragioni fondamentali che hanno incrinato questo tipo di logicità o di opportunità di intervento.
Se così stanno le cose chiedo che l'Assessore Bajardi riferisca alla II Commissione compiutamente su questo argomento perché, avute le dovute informazioni sul piano conoscitivo, si possa poi procedere alla stesura di quelle elaborazioni politiche che ogni forza riterrà di dover assumere.
Credo di dover ringraziare i colleghi per la pazienza che hanno avuto nell'ascoltarmi, ritenendo comunque di avere spazio e possibilità per affrontare le più complesse problematiche che il piano dei trasporti ci proporrà, noi ne sollecitiamo la più rapida discussione in Consiglio regionale. Per quanto attiene ai temi che sono stati prospettati negli ultimi documenti, pur non manifestando su nessuno di questi una posizione negativa, riteniamo di dover responsabilmente richiedere una elaborazione compiuta di sintesi che consenta di affrontare quelle certe fasi sia tecniche sia politiche che sostanzialmente dovrebbero condurre la Regione ad una precisa testimonianza di lavoro svolto non solo per risolvere i problemi della comunità, ma anche per assicurarne il dovuto finanziamento a livello statale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervenire al termine di un dibattito che ha introdotto questioni diverse non è facile, soprattutto è difficile riuscire a tirare le fila di una discussione che si è dipanata nel corso di due riunioni. Tutto sommato, questa discussione ha anticipato la parte riguardante la viabilità che avremmo dovuto svolgere compiutamente in sede di discussione dei piani dei trasporti. Questa anticipazione ci permette di svolgere alcune considerazioni, di mettere alcuni punti fermi e di indicare sui problemi posti all'ordine del giorno alcune proposte di lavoro.
Sul piano politico generale credo sia opportuno dare una breve e secca risposta agli interventi svolti nella scorsa seduta e ripresi oggi sulla posizione del nostro partito.
E' destino ricorrente che sulle questioni della viabilità, che hanno attinenza con le autostrade, ci sia un accanimento che spesso fa velo al ragionamento e alla logica del nostro partito.
Negli anni passati, con grande coerenza e con grande forza, il nostro partito è stato al centro di un movimento che ha avuto presenza nella società civile e anche in altre forze per arrestare la dissennata politica dello spreco che si incentrava sul rilancio o sul lancio dei trafori e sulla politica dell'autostrada. L'esserci identificati come i nemici delle autostrade, tutto sommato, a noi fa piacere anche se qualche distinzione parlando nell'aula del Consiglio regionale, andrebbe fatta. E' una distinzione di fondo.
Non siamo aprioristicamente contrari alla soluzione autostradale, ma abbiamo fatto e facciamo oggi un discorso di compatibilità generale con le risorse, soprattutto facciamo un discorso che non è di sfumature. Non eravamo contro l'autostrada, ma eravamo fortemente critici; abbiamo lottato e svolto delle iniziative in tutte le sedi possibili contro quella politica che era al di fuori di qualsiasi criterio di programmazione, tesa sistematicamente ad ignorare i grandi problemi del riequilibrio nazionale e che anche nell'ambito specifico delle comunicazioni ignorava pressoch totalmente i problemi dell'integrazione dei mezzi di trasporto e lasciava nella condizione di abbandono, quasi una Cenerentola, la ferrovia. Una politica di riconversione e di rifinalizzazione dell'esistente, ha caratterizzato positivamente l'azione di questa Giunta anche nell'ambito delle amministrazioni locali e della società.
E' una risposta corretta, graduata nel tempo, compatibile con le risorse, compatibile con i grandi problemi di ordine geologico e di tutela del suolo.
Rivendichiamo di essere stati e di essere ancora contro la politica dissennata che è stata una delle cause maggiori dei gravi squilibri del Paese e dello sfascio morale. Non dimentichiamo che attorno alla politica dell'autostrada è cresciuta la storia di certi gruppi di potere all'interno della Regione e del Paese e che questi gruppi di potere attraverso il sistema delle concessioni sono cresciuti quantitativamente e consistentemente ritenendo che solo quella fosse la strada giusta per affrontare i problemi.
Se oggi, fine anno 1979, ci troviamo a proporre finalmente delle soluzioni, non dimentichiamo che le responsabilità afferenti alle vie di comunicazione relative al traforo attenevano allo Stato. Caduto il miraggio dell'autostrada, che poteva trascinare con sé molte volontà e molti interessi locali, che cosa è andato avanti? E' andato avanti quanto questa Regione ha portato avanti con grande intelligenza conscia dei propri limiti, la proposta delle soluzioni tenendo conto della rifinalizzazione completa degli interventi: non dimentichiamo, parlando di vie di comunicazione, che la logica delle autostrade è la logica del sorpasso delle esigenze locali, logica aberrante che abbiamo combattuto e che continueremo a combattere decisamente.
Ci sentiamo, come forza di governo, con i compagni socialisti e dell'ULD, coeredi di problemi aperti e in questa visione ci siamo collocati per cercare di dare delle soluzioni. Credo che le soluzioni abbiano intanto la dignità di essere frutto di un dibattito ampio, di un dibattito democratico che, attraverso confronti serrati con i tecnici, con le popolazioni ha portato a queste soluzioni nei confronti del Governo. Credo che questo dato di fatto vada obiettivamente riconosciuto in particolare anche per il lavoro personale che ha compiuto l'Assessore.
In realtà siamo stati noi a prospettare soluzioni urgenti, sia per la Valle di Susa, che per l'alto Novarese e queste soluzioni, attraverso una decisione del Consiglio, dovrebbero essere affrontate dal Parlamento rapidamente perché non accetterei - lo dico molto chiaramente - le suggestioni di rinvio che paiono essere venute dall'intervento del Consigliere Picco, non le accetterei anche perché, come forza di governo abbiamo una responsabilità e vogliamo farla valere fino in fondo.
In realtà non ho capito che cosa si vorrebbe da parte del Consigliere Picco per fare passi ulteriori, sia sulla questione della viabilità, sia sulla questione del centro intermodale.
Oggi siamo nelle condizioni di procedere, di fare passi avanti concreti, per mettere in moto altri provvedimenti adatti, per esempio, la legge sul centro intermodale. La strumentazione che abbiamo messo in atto in questi anni ha dato un avvio ed un indirizzo definiti. Sono d'accordo sul discorso territoriale fatto dal Consigliere Picco. Il significato del suo intervento è una sollecitazione da compiere perché il quadro territoriale sia rapidamente definito. L'analisi delle cose ci dice che al 31 dicembre, tranne qualche Comprensorio, si è in grado di varare lo schema di piano territoriale. Il quadro territoriale che il Consigliere Picco richiama è certamente necessario, però facciamo attenzione a fare il gioco delle scatole cinesi. Noi non ci siamo mossi senza che questo disegno nelle sue maglie generali, fosse fortemente presente. In realtà compromissioni o interventi debordanti da questo disegno non ci sono stati.
E' giusto arrivare ad un affinamento, è giusto arrivare ad una precisazione, sia sul piano degli investimenti produttivi, sia sul piano delle infrastrutture, ma oggi, partendo dal piano dei trasporti provvedimento di grande rilievo discusso nelle scorse settimane per il raccordo sostanziale che ha con le maglie di programmazione e di pianificazione territoriale, siamo in grado di decidere e di andare avanti.
Da un dibattito di questo tipo, che giustamente verrà ripreso in maniera più ampia nella discussione del piano regionale dei trasporti, oggi dobbiamo prendere atto che per il carattere di emergenza e di urgenza che hanno richiesto un particolare lavoro e particolari precisazioni siamo in grado di esprimere una nostra opinione sulle questioni di viabilità. Noi siamo ancora contro al "partito delle autostrade" e a quel modo di concepire la politica delle comunicazioni.
Ripeto, il nostro partito ritiene di dover riconfermare pienamente le sue posizioni anche sul 18 bis; in Parlamento la nostra posizione è questa: si faccia un piano preciso, che tenga conto delle questioni del sud in modo che la rimozione dei vincoli sia limitata nei casi strettamente necessari, indispensabili ed urgente. Siamo preoccupati che attraverso una ventata di periodo preelettorale si muovano esigenze di questo tipo e si riproponga il decollo di una politica che abbiamo condannato in passato e che condanniamo oggi perché è contraria agli interessi prioritari e allo sviluppo equilibrato.
Nel corso del dibattito non sono emerse delle osservazioni di fondo alle proposte che erano contenute nelle relazioni della Giunta sul centro intermodale. Questa iniziativa mi sembra di grande rilievo e di grande significato, non solo per quello che rappresenta il centro, ma per il significato di risistemazione che attorno a quel polo si può dare alla conurbazione torinese e ai suoi rapporti con la Valle di Susa.
I dubbi e le perplessità sulla Finpiemonte emersi nel dibattito hanno un limitato diritto di cittadinanza. Abbiamo la necessità di operare avvalendoci degli strumenti in atto certamente sotto una direzione politica. Se c'è un caso in cui è stata fortemente connessa tra la direzione politica espressa dall'Amministrazione regionale ed il lavoro affidato alla Finpiemonte è stato proprio questo.
Questione Ceva-Savona-La Mandria. La mia opinione è questa: sulla Ceva Savona il discorso potrebbe essere molto più ampio ponendoci la questione di come è necessario potenziare una arteria nel momento in cui già oggi riscontriamo la sua non utilizzazione ai fini del Cuneese. C'è poi la questione di un tracciato qual è quello attuale che se anche fatto a due corsie - mi permetto di esprimere una opinione a livello personale - in certe zone di montagna porterebbero ad un aumento della pericolosita.
Il problema del tratto di Marene ha un suo significato, ma non è altro che un "pezzo" per la soluzione del problema ed è tra l'altro nel tratto in cui meno presenti sono i pericoli per chi viaggia.
Non siamo assolutamente dell'avviso che questa operazione venga intesa come un baratto con la Mandria. Ritengo che la Regione debba fare ulteriori sforzi per indicare altre soluzioni. Solo qualora le altre soluzioni non fossero praticabili e fosse necessitata si potrà prendere in esame anche il caso della Mandria.
Abbiamo la necessità di indicare uno o due soluzioni alternative: dobbiamo confrontarci con le popolazioni locali, con l'azienda, con le associazioni degli industriali ed orientarci in modo che si vada a dislocare gli impianti della Mandria con gradualità e orientare una soluzione in funzione di un cambiamento di destinazione. Intendere con chiarezza questo elemento, quasi riconfermando quanto diceva il Consigliere Castagnone Vaccarino, credo sia anche spiegare uno dei punti su cui si era fatta confusione. Mi pare evidente che i baratti non si fanno mai comunque, non si fanno certamente per un piatto di lenticchie!



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nonostante le previsioni iniziali che permettevano di ritenere, essendo conclusa la stagione agricola, che i danni al settore agricolo avrebbero potuto essere contenuti, dalle relazioni rileviamo che si tratta di un evento che peserà gravemente. I dati pervenuti, non ancora definitivi, espongono un complesso di opere danneggiate per un ammontare di 34 miliardi e 587 milioni. Mancano i dati relativi alle Province di Cuneo e di Vercelli. Per la Provincia di Novara i danni alle strutture aziendali, ai terreni, alle scorte rientranti nella legislazione regionale (art. 4, primo comma) ammontano ad 1 miliardo e 160 milioni; i danni alle produzioni agricole, raccolti sotto l'art. 7, 250 milioni; danni alle infrastrutture agricole collettive coperte dall'art. 4, comma secondo, strade consortili, acquedotti rurali ecc., 1 miliardo e 800 milioni; opere di bonifica montana o bonifica integrale, coperti dall'art. 4, comma terzo, 9 miliardi e 200 milioni nuove opere organiche necessarie per il ripristino di un sufficiente grado di sicurezza, 6 miliardi e 995 milioni; ulteriori esigenze per una generale sistemazione idraulica e forestale delle zone più colpite, 10 miliardi.
Bonifica integrale est-Sesia, 250 milioni. Per questa opera è stata applicata la procedura di urgenza, salvo coprire i fondi con la legge 364.
Per la sola Provincia di Novara siamo a 29 miliardi e 660 milioni.
Provincia di Vercelli: danni alle strutture aziendali, terreni, alle scorte, strade interpoderali (art. 4, comma primo), 150 milioni; danni alle produzioni agricole (riso e mais), 240 milioni; danni alle infrastrutture agricole e collettive (art. 4, comma secondo), 1 miliardo e 300 milioni.
Sono in corso di quantificazione i danni alle sistemazioni idrauliche forestali; bonifica montana 400 milioni; bonifica integrale ovest Sesia: 292 milioni; Baraggia: 2 miliardi e 545 milioni. Totale 34 miliardi e 587 milioni.
Questi importi potranno crescere in relazione agli accertamenti.
Evidentemente l'ultima parola verrà dalla domanda concreta, dai progetti dalla istruzione dei progetti.
Nel corso degli anni 1977 e 1978, sono state presentate 21007 domande per 146 miliardi. Di queste domande ne sono state istruite 13.202, per un importo di 85 miliardi, accolte favorevolmente 7224, per una spesa di 53 miliardi (con contributo concesso di 38 miliardi), già pagate 8 miliardi respinte 5981 domande per 31 miliardi e 210 milioni. In corso di istruttoria 7.802 per un importo di 41 miliardi. Tutti i fondi anticipati dalla Regione non saranno probabilmente reintegrati.
Mi corre l'obbligo di dire che le circa tremila domande della neve (anno '78) hanno trovato riconoscimento nell'ambito delle calamità, quindi sono finanziabili, da parte del Ministero, sulla legge 364, ma non hanno copertura finanziaria; quindi occorre riprendere un'azione del Consiglio e di tutte le forze politiche per la modifica, la revisione, il miglioramento e soprattutto per una adeguata dotazione finanziaria della legge 364.
I colleghi Besate e Franzi hanno sollevato il problema del quale ci dobbiamo ricordare nell'azione complessiva di volontà politica che faremo per rimuovere i residui ostacoli che impediscono di procedere da parte del Parlamento.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

Nella relazione che ho svolto nell'altra seduta ho richiamato l'impostazione strategica della Regione sui problemi della sistemazione idrogeologica degli anni 1970/71, i provvedimenti legislativi regionali in materia, i piani di bacino e la questione del coordinamento con lo Stato e i suoi organi.
Poiché quella relazione dava molti ragguagli in ordine a problemi generali, penso che la replica, fatta soprattutto a quest'ora, debba rifarsi ai punti salienti emersi dagli interventi che, al di là degli argomenti che saranno trattati dal Vicepresidente, per l'Assessorato alla sistemazione idrogeologica sono principalmente quelli sulla legge 54, sulle presunte lentezze dell'approvazione dei progetti da parte del Comitato tecnico regionale, sui piani di bacino e sul coordinamento tra Regione e organi statali.
Il Consigliere Petrini è intervenuto dimenticando totalmente quello che già era stato detto nell'ambito di quella relazione, richiamando la necessità di un piano generale delle acque. Vorrei che si prendesse atto anche se questo è stato detto ripetutamente, che continuiamo a dare notizia dell'esame che in sede di Comprensorio si fa dei piani di bacino. Non dimentichiamo che sono i primi piani d'Italia che vengono da una legge tanto criticata, ma innovativa e seguita in tutte le proposte di legge in materia in discussione al Parlamento.
Più volte abbiamo offerto la documentazione dei piani di bacino del Sesia, della Dora Riparia, dello Stura ecc.
Mi chiedo se è il caso di andare a fondo nelle notizie e nei ragguagli quando poi si dimenticano i dati di fatto e si finisce di mettere in discussione cose ormai superate.
Il Consigliere Petrini invita a dare ragguaglio al Consiglio sulla legge 54, tradizionale culla dei residui passivi nell'ambito dell'Amministrazione regionale. Vorrei una volta per tutte fare giustizia di queste situazioni. Intanto dobbiamo ricordare che la legge 54 era nata alla fine dell'anno 1975, c'erano state delle polemiche sui miliardi stanziati a dicembre, quando ormai l'anno era alla sua chiusura. E' chiaro che, non volendo sottrarre alla legge, che nasceva in quel momento, delle risorse indispensabili per la primavera che seguiva, si è ribaltato sul '76 il finanziamento fatto nel mese di dicembre 1975. Accanto alla particolarità della legge finanziaria nel mese di dicembre, che quindi slitta di un anno nella spesa, va pure messo a bilancio il fatto che la legge aveva bisogno di un certo rodaggio, essendo scaturita da un Assessorato che non disponeva di strutture, né ereditate dal passato n nuove in rapporto all'importanza dei problemi che andava affrontando.
Nel '75 sono stati stanziati cinque miliardi; nel '76 cinque miliardi che sono iscritti nel cap. 8910 del bilancio del '76 per un totale di 184 progetti che hanno a tutt'oggi soltanto un residuo di 150 milioni, relativi ad alcune questioni di collaudo. I ribassi d'asta sono stati utilizzati dalle delibere nell'anno '79 per il rifinanziamento dei progetti. Negli anni '77 e '78 sono stati stanziati 8 miliardi. I residui sono di 828 milioni, tendo conto dei decreti per il pagamento già in atto, al di là di quelli che risultano effettivamente pagati tra i quali c'è quello relativo alla questione della briglia di Vigliano-Candelo.
Ecco la ragione di questo residuo. Ciò vale per gli 8 miliardi del '78 e per gli 8 miliardi e 250 milioni del '79 di cui 2 miliardi e 250 milioni sono per l'assestamento del disastro di Macugnaga (progetti e decreti fatti nel mese di settembre con 3 miliardi di spesa). I residui ad oggi sono di 4 miliardi e 455 milioni,a fronte di decreti e di contratti per lavori che devono tassativamente essere ultimati, perché deliberati con procedura d'urgenza, entro il mese di novembre.
Questa legge è in rapporto alla progettazione e all'andamento dei lavori, ed è sotto controllo della Regione. L'impegno è quasi quotidiano le sedute settimanali e queste comunicazioni le ripeto anche a seguito dell'invito avuto ufficialmente in Consiglio. Spero che in omaggio alla serenità e alla collaborazione, alle quali si fa appello nei discorsi, si prenda finalmente atto di questo. Mi riservo semmai di dare dati più particolareggiati in Commissione, perché questa discussione sia chiusa una volta per tutte.
In relazione ai piani di bacino, ricordo che, quando abbiamo approvato il primo strumento regionale in materia di sistemazione idrogeologica forestale, c'era stata qualche battuta nel senso che la teoria dei piani di bacino finiva per "appiccicare alle nuvole" gli interventi. Oggi che i piani di bacino sono diventati di moda, per lo Stato e per le Regioni, si fanno polemiche sul tempo che è necessario per verificare le situazioni particolari.
Il Consigliere Beltrami ha parlato di interferenze di diversi Enti che intervengono nella stessa località. E' chiaro che questi discorsi sarebbero più sereni se fatti lontano dal momento emotivo delle grandi sciagure e dallo stato di necessità, quando il discorso sarebbe forse più accademico meno pratico ma più chiaro. Il fatto è che questi discorsi, fuori dalle emozioni delle grandi calamità, perdono di interesse o trovano il Consiglio a forze dimezzate, come in questo momento. Allora, quando non c'era l'emozione delle grandi calamità, questi discorsi potevano essere più producenti di altri più strettamente politici che invece, secondo me, hanno meno importanza.
Nell'ambito della sistemazione idrogeologica, ci sono problemi che sembrano di peso minimo in rapporto al contenuto del finanziamento tuttavia un'opera di 50 o 100 milioni può determinare conseguenze tali nell'ambito del corso dei fiumi da vanificare decine di miliardi già spesi: la dinamica delle correnti e delle leggi fisiche che regolano il fiume pu portare uno scrupolo maggiore per fare opere corrette.
In ordine al coordinamento tra Stato e Regione, devo ricordare che abbiamo richiesto la presenza del Magistrato del Po nei Comitati di bacino confronto che non solo abbiamo cercato, ma che abbiamo sempre proposto anche nell'ambito del dibattito tra Stato e Regione.
Il problema della conflittualità di competenze non si risolve con un taglio, ma distinguendo piuttosto la natura delle competenze. Non c'è dubbio che allo Stato manca, soprattutto ai livelli territoriali più ristretti, la capacità operativa che è propria dei poteri locali, la capacità di cogliere le esigenze e i problemi, magari delimitati, ma di importanza vitale.
Proprio sulla scorta di queste osservazioni noi siamo stati propugnatori della soluzione del bacino interregionale. L'art. 89 del DPR 616/77 stabilisce che lo Stato deve fare la riforma dei lavori pubblici, in mancanza di essa dal 1° gennaio le competenze passano alle Regioni. E' stata avanzata la proposta di fare slittare la data del 1° gennaio perch le competenze non passino alle Regioni. Se la soluzione del consorzio interregionale non dovesse andare a buon fine (tuttavia è già attuato per quanto riguarda la navigazione del Po), sono da considerare i Comitati di bacino, che nel loro insieme guarderebbero ai problemi delle acque e verrebbero a riverberarsi in sede nazionale. Spero che il Consiglio da queste brevi battute di replica voglia prendere atto dei dati oggettivi che non si possono disconoscere o negare, come, per esempio, il perfezionamento in alcuni anni dei più importanti piani di bacino del Piemonte.



PRESIDENTE

Data l'ora, sospendiamo il dibattito. Oggi pomeriggio la seduta inizierà con la replica dell'Assessore Bajardi.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,10)



(La seduta ha termine alle ore 13,10)



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