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Dettaglio seduta n.277 del 11/10/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Formazione professionale

Prosecuzione dibattito sui progetti di legge nn. 119, 403 e 409 relativi alla formazione professionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo la discussione sui progetti di legge relativi alla formazione professionale.
La parola al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, contrariamente al collega Ferrero, emerito Presidente della V Commissione, della quale mi onoro far parte, mi accingo, con molto minor turbamento, ad intervenire sul disegno di legge in esame, essendo arcinota quanto fosse sentita l'esigenza di meglio inquadrare, configurare e disciplinare l'attività di "formazione professionale" in tutto il Paese e, conseguentemente, nella nostra Regione rendendola sempre più rispondente agli obiettivi della "programmazione economica" e con essa, all'incremento occupazionale e produttivistico.
A tal fine mi pare che detto disegno di legge, recependo l'essenza della legge-quadro 845/78, presenti alcuni aspetti positivi che mi permetto sintetizzare, essendo stati analiticamente sottolineati dai colleghi del Gruppo, che mi hanno preceduto.
A mio modesto, ma convinto avviso, sono da considerarsi aspetti positivi: lo stretto rapporto che si intende far intercorrere fra formazione professionale e programmazione economica il raccordo che si viene ad introdurre tra il sistema di formazione professionale ed il sistema scolastico generale, con la possibilità di scambi di sedi, attrezzature, esperienze didattiche, e con la facoltà di accesso alle diverse classi della scuola secondaria superiore la concezione di un "sistema" di interventi formativi inserito in un quadro di formazione permanente, la qual cosa fa pensare all'organicità ed alla continuità di tali interventi, in vista dello sviluppo della persona e dello sviluppo economico e sociale il diritto alla formazione, attraverso la realizzazione di servizi che rimuovono gli ostacoli di ordine economico e sociale, che condizionano le possibilità di frequentare i corsi, attraverso varie agevolazioni agli allievi la partecipazione delle forze sociali alla programmazione delle attività formative ed all'accertamento della idoneità per quei corsi di formazione professionale volti al conseguimento di una qualifica il controllo sociale della gestione delle attività formative il rispetto della molteplicità delle proposte formative, insieme all'assicurazione della presenza delle diverse proposte nella stessa formazione e aggiornamento del personale addetto, come pure nel pieno rispetto della molteplicità degli indirizzi educativi.
Per cui c'è da dire che anche il principio del "pluralismo" riecheggiato più volte in questa aula, viene tradotto in termini "organizzativi" e, più propriamente, ove si afferma che l'attuazione dei programmi e dei piani di formazione, oltre che nelle strutture pubbliche "è realizzata" mediante convenzione nelle strutture di Enti che sono emanazione delle organizzazioni democratiche dei lavoratori dipendenti, dei lavoratori autonomi, degli imprenditori o di associazioni con finalità formativa e sociale, o di imprese e loro consorzi, o del movimento cooperativo.
Come si vede, quindi, c'è una possibilità concreta di realizzare il pluralismo degli Enti gestori, anche se, leggendo meglio tra le righe, si può notare qualche limitazione; la qual cosa richiede una continua vigilanza.
Ecco perché penso di poter affermare che la formazione professionale finisce di essere un sistema formativo di serie "B" nei confronti del sistema scolastico, come è dimostrabile dalla possibilità offerta di accedere alle diverse classi della scuola secondaria superiore, per coloro che abbiano conseguito una qualifica mediante la frequenza di corsi; la facoltà di differire il servizio militare di leva per coloro che frequentano i corsi di formazione professionale e la validità degli attestati di qualifica per l'ammissione ai pubblici concorsi: tutto ci rappresenta concretamente la volontà di qualificare gli interventi di formazione professionale.
Altro aspetto positivo si viene poi per rilevare nel riferimento chiaro e preciso, agli aspetti particolari della formazione professionale in agricoltura, quando si parla di "attività di formazione professionale concernenti settori caratterizzati da specifici bisogni formativi derivanti dalla stagionalità del ciclo produttivo o della natura familiare associativa o cooperativistica della gestione dell'impresa", consentendo così di far valere certe necessità dei coltivatori diretti, sia per quanto riguarda i periodi e gli orari particolari da dedicare alle attività formative, sia per quanto riguarda le già convalidate "lezioni individuali" che, nel rapporto con tutta la famiglia del coltivatore, provocano un effetto moltiplicatore dell'intervento formativo.
Meritevole di sottolineatura è l'aver altresì previsto che la formazione e aggiornamento del personale impiegato nelle attività di formazione professionale possono essere pure realizzati attraverso convenzioni con gli Enti di formazione, anche se, al riguardo, si rende necessaria una più chiara esplicitazione.
Se quanto asserito è vero, come è vero, e ne prendo atto con compiacimento, sussistono però anche alcune zone d'ombra, come è rilevabile all'art. 10, ove si evince che la contemplata "Commissione per la formazione professionale" non tiene in debito conto il "pluralismo" più volte richiamato in altri articoli e le esigenze di ogni settore, aventi notevole incidenza nell'attività formativa.
Come ebbi ad indicare in Commissione, mi auguro nuovamente che, pur nella complessità e delicatezza della questione, si abbia a porvi rimedio onde non si corra il rischio di confondere l'intervento regionale con il centralismo regionale ed evitare così i rischi di un'impostazione distorta aderente, in quanto tale, più ad un'impostazione dirigistica che partecipativa.
Evidenzio pertanto l'esigenza di un pregnante coinvolgimento degli Enti di cui all'art. 5 della citata 845/78.
Sorvolando nell'evidenziazione di altri punti che suscitano perplessità, d'altro canto gia richiamati, concludo auspicando che la Giunta regionale, a legge emanata, voglia subito farsi carico di impartire precise disposizioni affinché gli aspetti attuativi ed operativi abbiano a realizzarsi nel pieno, totale, puntuale e coerente rispetto della norma legislativa.
In caso contrario, si ricadrebbe nell'attuale andazzo, non sempre proficuo e tanto meno edificante.
La nuova legislazione, nazionale e regionale, per manifestarsi concretamente valida, impone che si esca definitivamente dal pressapochismo in essere e soprattutto, se ci fossero state o se ci fossero, dalle strumentalizzazioni di ogni specie, stroncandole sul nascere nei confronti di chicchessia. Pressapochismo e strumentalizzazione che, tra l'altro, si possono stroncare individuando chiaramente le caratteristiche dei vari e per la verità, troppi, Enti gestori oggi esistenti e assicurandosi che questi abbiano le carte in regola per l'assolvimento degli importanti e delicati compiti ad essi affidati.
In definitiva, "pluralismo" sì, purché non diventi sinonimo di inflazione e, con essa, di dequalificazione e, al limite, degenerazione istituzionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente e colleghi, mi dolgo in primo luogo che non si sia instaurata in questa sede la prassi di fermare l'orologio. Se lo avessimo fatto dopo l'intervento del collega Ferrero e se avessimo resistito a altri tipi di pressione che non sono solo quelli meccanici del tempo che passa probabilmente il mio intervento, anziché essere quello predisposto, sarebbe la ricerca di approfondimento degli argomenti trattati da Ferrero e la contestazione di alcune sue affermazioni. Passate alcune ore, è caduto il tono del clima determinato ed è rimasta nell'aria soltanto qualche considerazione di carattere generale.
In particolare mi ha colpito la preoccupazione, che condivido, di incominciare a capire a otto anni dall'inizio della vita di questo Istituto, come le grandi forze intendono far funzionare questo Ente dal punto di vista istituzionale. Il Consigliere Ferrero ha espresso una preoccupazione (spero sia una sua preoccupazione e non una sua valutazione) che, guarda caso, lo trova coincidente con uno dei motivi di rallegramento dell'opposizione democristiana su certi comportamenti, in sede di Commissione, della Giunta su questa legge. In essa ci si richiama all'opportunità, alla necessità di interventi successivi del Consiglio. E' costume ormai introdotto in questa Regione di legiferare per atti successivi, riservandoci di fare una legge successiva, lasciando facoltà al Consiglio di intervenire in sede di Commissione, richiamando la Giunta ai doveri nei confronti del Consiglio.
Le prerogative del Consiglio non hanno necessità di essere richiamate con una leggina sulla formazione professionale o sulla legge urbanistica: o sono nello Statuto o sono nella legge o non ci sono. Il ruolo del Consiglio non si rivendica e non si rivaluta chiedendogli di essere controllore fiscale di alcuni momenti della Giunta con il rischio di farlo retrocedere come avviene in altre Regioni, al ruolo del Consiglio comunale.
Il Consiglio regionale deve rivendicare la prerogativa del controllo politico e non del controllo gestionale su specifici argomenti, fino al punto di richiedere in Commissione la presentazione di pezze giustificative del comportamento dell'Assessorato.
Non vorrei che la preoccupazione del Consigliere Ferrero e il compiacimento del collega Conti tendessero a dare corpo a quella che è stata secondo noi la caratteristica più negativa di questa vicenda, in definitiva la incapacità della Giunta di difendere un suo disegno, che noi non condividiamo, da un tentativo compromissorio che è andato avanti in Commissione, che era descritto sulla linea dei massimi sistemi ma che poi si è concretato nella difesa fino all'osso dello status quo.
Sentiti gli ultimi riferimenti al pluralismo fatti dal collega democristiano Menozzi, incominciamo ad essere preoccupati che la non definizione del quadro di questa legge possa essere da una parte l'accettazione e la difesa ad oltranza dello status quo e dall'altra la messa in moto di un meccanismo che determini un futuro "status" che non è ancora "quo", ma che sta per venire e che avrà le stesse caratteristiche.
Nell'intervento del Consigliere Ferrero mi hanno colpito gli altri interrogativi sulla organizzazione della Regione nel territorio. La sua difesa del livello delle Unità Locali dei Servizi è un argomento formidabile, ma prima di affidare ad un certo livello territoriale una funzione così delicata si devono trovare giustificazioni di merito più pregnanti e più fondate e non si può semplicemente dire che non esistono soluzioni alternative.
Altrettanto dicasi per il Comprensorio. Abbiamo sentito una affermazione estremamente pericolosa, tra l'altro comune quasi a tutte le forze politiche nel dibattito istituzionale sull'Ente intermedio "ante Craxi nato". E' estremamente pericoloso, a mio avviso, accettare in sede regionale il principio che il livello intermedio sarà quello che verrà deciso dallo Stato perché non è pensabile che lo Stato possa con una legge nazionale individuare un Ente di programmazione regionale (come è per noi il Comprensorio) uguale e identico in tutta Italia e contemporaneamente impedire alla Regione di creare propri livelli territoriali inferiori o comunque più specifici.
Non lasciamoci portare sull'attesa messianica che l'Ente intermedio risolverà i problemi. L'Ente intermedio, nascendo dalla volontà dello Stato sia pure con il contributo delle forze politiche locali, sarà un livello che attiene al modello nazionale e che difficilmente potrà copiarsi alle specificazioni regionali. E' probabile che, le Regioni, bon grè mal grè manterranno o comunque produrranno un loro modo di essere sul territorio diverso dal Comprensorio attuale, ma probabilmente diverso anche dalla provincia che verrà prefigurata magari con comportamenti molto simili alle risorse (per esempio sulla sanità che vengono distribuite non tanto ad personam quanto "a Ministro" e, in questo caso, auguriamoci di venire privilegiati).
L'atto legislativo che si sta compiendo è conseguente all'approvazione della legge quadro in materia di formazione professionale, che ha rappresentato il primo organico tentativo di disciplina dell'intero settore.
Non a caso parliamo di tentativo in quanto riteniamo che già in sede nazionale si sarebbe dovuto operare in modo da ricomporre funzioni e compiti che, tradizionalmente divisi tra due dicasteri (lavoro e pubblica istruzione), dovevano essere ricondotti ad un univoco indirizzo, condizione indispensabile per porre ordine e perciò conferire dignità ad una materia che da sempre è considerata la "sorella povera" del sistema scolastico tradizionale.
Da questo punto di vista non possiamo non sottolineare che siamo ancora lontani da questo obiettivo: i decreti ministeriali previsti dagli art. 9 e 18 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, che ancora devono essere emanati l'incerto andamento della riforma della scuola superiore con la relativa incognita del futuro degli istituti professionali, la mancata riforma dell'istituto dell'apprendistato, lo stesso provvisorio e confuso canale formativo rappresentato dalla legge per favorire l'occupazione giovanile sono le molteplici facce di un problema che fatica ad assumere i contorni di un preciso disegno di riforma, con un unico e certo momento di programmazione ed indirizzo.
In questo quadro di riferimento sono state chiamate ad operare, con propri provvedimenti legislativi, le Regioni a cui certamente bisogna riconoscere le difficoltà derivanti dalla situazione che abbiamo sinteticamente descritto. Riconoscere queste difficoltà non significa precostituirsi facili alibi che giustifichino a priori carenze che andrebbero a sommarsi a quelle precedentemente indicate, aggiungendo confusione a confusione in una materia che ha bisogno di riferimenti certi e concreti, per sollevarsi dalla mediocrità e dall'improvvisazione che hanno contraddistinto gran parte delle iniziative frammentarie di questi anni. Queste osservazioni ci riportano repentinamente all'oggetto di questo dibattito ed il collegamento diventa immediato nel momento in cui parliamo di confusione che va ad aggiungersi alla confusione esistente. La norma e lo spirito del disegno di legge regionale risentono della iniziale impostazione che tendeva a riproporre il meccanismo della legge nazionale: enunciazioni di principi e volontà politiche qui diventano ridondanti affermazioni, oppure divinazioni su ciò che dovrebbe essere il sistema regionale di formazione professionale.
Il lungo e defatigante lavoro di Commissione ha consentito di introdurre alcuni miglioramenti su specifici articoli o per rilevanti porzioni della materia trattata, ma nulla è stato possibile fare per quanto attiene lo schema di fondo della legge. Credo che molti colleghi, che come me hanno partecipato ai lavori della Commissione e della Sottocommissione riconoscano l'inutilità di gran parte del tempo speso in troppe esercitazioni verbali, i cui contenuti rifuggivano dalla concretezza delle questioni da affrontare per divenire occasione di dibattito sui massimi sistemi o su problematiche atomizzate.
Esemplari, dal punto di vista dell'incapacità di affrontare in termini corretti la problematica della formazione professionale, sono le soluzioni proposte per la delega delle funzioni agli Enti locali e per le procedure della programmazione.
Nel primo caso non si è riusciti ad andare più in là di un meccanismo di delega disorganico e polverizzato per ambiti territoriali identificabili nelle U.L.S., troppo modesti per garantire quel minimo di unità e coerenza di indirizzo che la funzione delegata richiede. Nel secondo caso intimamente collegato al primo, le procedure previste risentono, in generale, del vizio di fondo derivante dalla legge regionale n. 34 del 1977 del "rito" dei pareri incrociati - che solo formalmente garantiscono la partecipazione di tutti i livelli di governo e programmazione del territorio regionale in particolare della specificità del meccanismo previsto dall'art. 7 della legge di cui oggi discutiamo, che nulla prevede per quanto riguarda il controllo degli indirizzi di programmazione dettati dal programma poliennale di sviluppo, nel cui ambito si colloca il programma per la formazione professionale.
Non è condizione sufficiente, per la materia trattata, riproporre semplicisticamente le procedure dettate dalla citata legge n. 34, occorreva prevedere specifici istituti di controllo ed ispezione che garantissero un sistema regionale di formazione professionale moderno ed efficiente.
L'esame congiunto degli art. 7, 13 e 14 della legge, pone alla nostra attenzione un disegno che si caratterizza per la dispersione dei centri di programmazione, gestione ed amministrazione dell'intera materia difficilmente riconducibile ad un unico momento di indirizzo e controllo se non fosse che l'architettura d'insieme, considerata la reale condizione in cui operano gli Enti locali minori, finirà per dare ampi ed inaccettabili poteri discrezionali all'Assessore competente, che potrà, se vorrà, avvalersi di una Commissione regionale per la formazione professionale, che svolge un non ben identificato compito di "consigliere del re".
Nel proporre queste mie osservazioni si definisce e rafforza con maggiore chiarezza l'impressione che mi ero fatto durante i lavori della Commissione: il tentativo, corretto nella forma, di organizzare in un unico disegno ciò che di più valido vi era nelle tre proposte di legge originarie, è scaduto in un accordo di non aggressione tra i due partiti di maggioranza relativa presenti in Consiglio. Questo accordo è particolarmente significativo e motivo di preoccupazione e dissenso per quanto attiene al rispetto del pluralismo delle proposte formative, che pure era uno dei punti più espliciti della legge quadro nazionale.
Affinché il concetto di pluralismo, testè annunciato, non rimanga una vuota affermazione di principio, patrimonio e paravento di qualsivoglia posizione politica, desidero chiarirlo alla luce dell'attuale situazione occupazionale ed economica della nostra Regione, e dei relativi effetti sul mercato del lavoro.
Due sono le realtà di fatto di cui bisogna tener conto: il Piemonte è una regione a saldo demografico negativo in tutti i suoi Comprensori, ad eccezione, peraltro limitata, di quello di Torino. Questa constatazione di fatto si tradurrà nei prossimi anni in un saldo egualmente negativo dell'offerta di manodopera; la seconda realtà che bisogna avere presente, è la risoluzione dei punti di crisi presenti nella nostra Regione.
Nell'uno e nell'altro caso bisognerà operare con importanti interventi formativi legati o al primo inserimento, oppure alla riqualificazione di ampie quote di manodopera in mobilità.
Molto spesso - se si vorrà ravvicinare domanda ed offerta di lavoro, in particolare ove sono maggiori le difficoltà occupazionali - l'intervento dovrà essere caratterizzato da iniziative nuove e qualitativamente ricche di apporti tecnologici. In questa condizione non si potrà prescindere dai contributi di conoscenze, esperienze ed organizzazione presenti sul territorio, perciò le aziende stesse dovranno essere chiamate a svolgere un ruolo centrale.
Non bastano per questo le affermazioni, peraltro generiche, che nella legge vengono fatte per quanto riguarda la collaborazione con le imprese soprattutto se questa collaborazione è subordinata a valutazioni discrezionali che finiscono con l'inficiare le affermazioni di principio.
Il concetto di pluralismo sta perciò a significare utilizzo di tutte le risorse pubbliche e private con pienezza di funzioni e ruoli, che avrebbero dovuto essere chiaramente definiti e regolati dalla legge, ovviamente compresi i controlli che da parte imprenditoriale non solo vengono accettati, ma addirittura auspicati.
Si è preferito invece riconoscere, solo formalmente, la pluralità di iniziative, salvo poi contraddire questa impostazione, predisponendo un meccanismo che congela la situazione esistente, caratterizzato da una netta preponderanza di interventi la cui collaborazione politica ed ideologica è chiaramente identificabile.
Riprendendo quanto affermavo in apertura del mio intervento, devo ancora sottolineare come la scelta di operare per mezzo di una legge di principi e volontà politiche, con tutti i limiti che ciò comporta, ha permeato ogni disposizione della legge stessa, lasciando perci indeterminate, in quanto generiche, norme che avrebbero dovuto essere di prescrizione.
Mi riferisco, in particolare, all'innovazione didattica, alla definizione di centro, all'orientamento professionale, all'aggiornamento del personale. Manca completamente l'istituzione di un controllo regionale sulle attività formative a gestione indiretta, od autorizzate, che superi il concetto restrittivo della fiscalità amministrativa per passare a quello più moderno ed idoneo di controllo-consulenza sotto il profilo organizzativo tecnico e didattico; quest'ultimo sarebbe l'unico strumento che consentirebbe di porre parziale rimedio all'effetto di ulteriore ridimensionamento dei livelli formativi finali, causato dal meccanismo di delega, inoltre potrebbe concorrere alla formulazione di un ponderato parere negativo di prosecuzione dell'attività dei centri che, in un lasso di tempo ragionevole, non si ponessero in condizione di operare correttamente dal punto di vista degli ordinamenti didattici e dei contenuti dei corsi.
Con la stessa chiave di lettura potrei formulare ulteriori osservazioni, che avrebbero il limite di ripetere concetti già esposti senza aggiungere nulla di nuovo rispetto a quanto ho già sottolineato concludo perciò questo mio intervento rammaricandomi dell'occasione perduta: era possibile impostare un sistema formativo regionale efficiente e moderno in un quadro di certezza di obiettivi e finalità, riordinando l'esistente e programmando nuovi e più qualificati interventi; al contrario si è preferito dare spazio a pure affermazioni di volontà, prive o quasi di contenuti, che non siano le generiche affermazioni di decentramento partecipazione, coinvolgimento, che di fatto lasciano l'intero settore nelle attuali precarie condizioni, con l'aggiunta di dirompenti "innovazioni" che potrebbero, in tempi brevi produrre gravi guasti al sistema stesso.
Non resta che augurarci che, anche in questo caso, i meccanismi di autoregolazione siano più forti ed efficaci di norme che tendono a divaricare maggiormente i poli dell'offerta e della domanda di lavoro qualificato, con gravi riflessi sullo stato dell'occupazione e dell'economia piemontese.
Appare paradossale che, mentre le stesse centrali sindacali avvertono la necessità di una profonda autocritica sul versante dell'appiattimento dei livelli contrattuali, a vantaggio di una più seria considerazione della professionalità, la Giunta piemontese di sinistra preferisca cercare compromessi. Non propongo emendamenti perché ritengo che quelli presentati dai colleghi daranno modo alla nostra forza politica di esprimersi sugli aspetti ancora incerti relativamente alle procedure, alle Commissioni, alle deleghe e ai poteri di controllo.
Ci rammarichiamo che la Giunta abbia rinunciato a perseguire un proprio disegno più impegnativo, più chiaro e più leggibile, magari politicamente discutibile, che avrebbe posto l'opposizione nelle condizioni di dialogare in termini costruttivi e che, tra l'altro, era alla portata della capacità dell'intuizione dell'Assessore e dell'impegno profuso dai suoi collaboratori che tutti abbiamo avuto modo di apprezzare in Commissione.



PRESIDENTE

Ha la parola l'Assessore Fiorini per la replica.



FIORINI Fausto, Assessore all'istruzione

Sette mesi di discussioni, di ripensamenti e di approfondimenti stanno a dimostrare l'importanza del disegno di legge e delle due proposte di legge sulla formazione professionale. Ritengo che l'approvazione della legge debba avvenire nella giornata di oggi, quindi cercherò di essere breve nella replica rinunciando a fare considerazioni su quanto in questi anni di gestione del settore ho potuto verificare.
Questa legge ha importanza non tanto per il fatto che ci sia stato un patto di non aggressione tra le due forze maggioritarie, come ha rilevato il collega Marchini, quanto perché ha permesso una discussione serena senza presunzione da parte della maggioranza di essere depositaria della verità, ma con capacità di cogliere nel pensiero altrui quanto possa esservi di valido.
Spetta ai singoli Gruppi di atteggiarsi nei confronti di quanto la maggioranza può ritenere irrinunciabile, non per motivi di ordine ideologico, ma per aderenza a quello che è stato lo sviluppo del pensiero all'interno della Regione e ai programmi di trasformazione delle strutture che la Giunta, trovando anche consensi, si è data, per esempio, per ciò che riguarda le deleghe. Se il Consigliere Marchini lo avesse voluto, avrebbe potuto partecipare a quel "patto di non aggressione" che invece è patto di civiltà sulla base del ragionamento, della discussione e non sulla base di posizioni precostituite.
La legge 845 è rimasta un fatto monco perché ad essa avrebbe dovuto fare seguito la legge di riforma della scuola secondaria superiore.
Infatti, se vogliamo considerare il sistema educativo nel complesso ci rendiamo conto che alcuni presupposti delle leggi sulla formazione professionale, sia con la legge quadro sia con la legge regionale non trovano una reale corrispondenza al sistema educativo ufficiale che lo Stato in questi anni ha privilegiato in modo eccessivo.
Si scopre solo oggi che il settore è importante, ma doveva essere ritenuto importante già in precedenza così da evitare gli squilibri sul mercato della manodopera e dell'erogazione finanziaria. La percentuale delle erogazioni finanziarie non è cambiata, anzi la tendenza del Governo è di lasciare questo capitolo alla competenza delle Regioni senza un impegno nella riforma del settore che è importante anche ai fini della giusta collocazione della scuola secondaria in rapporto ai canali di uscita per arrivare ad un livello di pre-professionalità che permetta di realizzare il "prodotto finito" sul mercato. Mi scuso per questa espressione piuttosto brutale, ma che rispecchia la logica del processo di formazione della manodopera.
La legge 845 ha due pregi: di riconoscere il canale della formazione professionale come un terminale, quindi non più canale di scarico della scuola primaria e secondaria in cui era difficile recuperare quei presupposti culturali che la scuola non era stata in grado di dare. Con l'impegno implicito della 845 si ha la possibilità di creare uno strumento di politica del lavoro e di politica economica. E' possibile fare ufficialmente formazione professionale ai vari livelli, compreso quello terminale dell'università di riconoscere a tutti gli effetti la qualifica a coloro che escono dalla formazione professionale anche nei concorsi pubblici.
La Commissione ha lavorato in questa direzione sviluppando dinamicamente alcuni concetti propri della legge e cercando attraverso le consultazioni di migliorarne il contenuto. Ma non sempre questo è avvenuto alcune formulazioni addirittura lo peggiorano; tuttavia questo risponde al contributo che tutte le forze politiche hanno ritenuto di dare.
Si è lavorato cogliendo una iniziale proposta ambiziosa del collega Conti di delineare un sistema di formazione professionale. Però un conto è parlare di sistema di formazione professionale, un conto è parlare di sistema educativo, un conto è parlare di formazione ricorrente, un conto è parlare di educazione permanente; entrambe sono di competenza regionale l'una ha una specifica dimensione, l'altra ha la funzione di non polarizzare sul fatto scolastico la diffusione della cultura, gli strumenti di cui la popolazione ha bisogno per lavorare, ma anche per vivere.
La formazione professionale è divenuta un valido strumento di politica regionale quindi è indispensabile un legame tra la formazione professionale e gli altri settori di programmazione economica. Però, è ovvio, che la programmazione non può fare riferimento a ciò che deriva dalla domanda di base, dalle esigenze vere o presunte dell'utenza, da spinte anche di carattere corporativo o clientelare, come diceva la collega Vaccarino, ma deve combinarsi con una ipotesi di sviluppo ed essere uno degli elementi che, mantenendo una vera libertà di collocazione del singolo all'interno del sistema produttivo, realizzi gli obiettivi scelti dall'intera comunità attraverso la programmazione.
Gli strumenti di programmazione devono essere affinati e questo strumento sta per essere affinato, così come altri strumenti, le aree attrezzate, gli interventi sul credito e i piani territoriali possono dare alle Regioni la possibilità di condizionare e di orientare lo sviluppo del Paese sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista dei servizi per i quali, attraverso i finanziamenti e le deleghe, la Regione finisce di avere una funzione fondamentale. Questo è uno strumento flessibile che deve adeguarsi agli obiettivi che sono variabili nel tempo, alle esigenze del mercato tenendo conto dei rapporti internazionali e interregionali.
Flessibilità vuol dire anche mobilità della manodopera. La mobilità pu essere di due tipi. Spesso si è parlato di mobilità verso la disoccupazione o di mobilità verso altri settori. In verità in questi anni, grazie all'attenzione volta ai problemi del lavoro, non c'è stata mobilità verso la disoccupazione in quanto la Giunta ha sempre cercato di riconvertire la manodopera in settori diversi e più utili per la comunità. Quindi posso dire, forse un po' presuntuosamente, che c'è stato un inizio di programmazione e di politica del lavoro anche se la situazione piuttosto disastrata della formazione professionale non rendeva facile un intervento in questo settore e i colleghi che mi hanno preceduto lo sanno.
C'è una mobilità orizzontale, ma noi abbiamo teso anche alla mobilità in senso verticale attraverso il miglioramento qualitativo delle figure professionali che hanno possibilità di costituire una dinamica interna al sistema per cui si possono affermare le forze migliori.
Nella figura dell'operatore ci sono dei presupposti in questo senso anche per ciò che riguarda le funzioni e il ruolo dei funzionari regionali: non si tratta più di controllo burocratico, ma di un controllo sui processi di evoluzione scientifici e tecnologici, sui processi di trasformazione delle condizioni e del mercato del lavoro i quali richiedono un tipo di formazione che la Regione, con la Giunta attuale ma credo anche con le Giunte future, è disposta a mettere a disposizione.
Tornerò brevemente sul problema delle deleghe. Questa non è una strana idea venuta alla Giunta, ma è la conseguenza di una politica precedente accettata e ribadita anche dallo Stato con il D.P.R. 616.
Questo progetto è forse ambizioso e utopistico? Ritengo che nel campo della formazione professionale qualsiasi soluzione ha di utopistico; difficoltà ce ne sono ma noi pensiamo che non si possa prescindere dalla strategia regionale in questo senso, non per per uno schema rigido, che non vorremmo, ma perché siamo convinti che soltanto attraverso l'appropriazione di tali funzioni da parte della popolazione, riusciremo a realizzare l'elevamento del livello culturale.
Non credo ci sia differenza fra formazione professionale al centro o alla periferia se mancano gli operatori. Allora dobbiamo porci la domanda: questa funzione è più facile dal centro o delegandola ai Comuni? Sarebbe stato veramente utopistico se non avessimo pensato agli strumenti adeguati per il raggiungimento dell'obiettivo e alla gradualità necessaria.
Mi sembrerebbe un atto estremamente rigido e contrario a questi obiettivi il dare le deleghe alle Province, a parte il fatto che questo ci viene proposto da persone che militano in un partito che addirittura ipotizzava la loro soppressione. Il problema è che la Provincia ha una entità grande, come d'altra parte è grande quella del Comprensorio. Mi stupisce anche che si parli addirittura del livello intercomprensoriale come un livello ottimale. Sentendo il polso di quello che sta muovendosi nella Regione, la Giunta e il Consiglio regionale potranno addivenire gradualmente all'attribuzione di deleghe a livelli idonei per la formazione del personale.
Il collega Rossotto come altri Consiglieri hanno una preoccupazione sull'efficienza degli Enti delegati. Si possono accogliere alcuni emendamenti che danno maggior garanzia in questo senso tenendo conto per che il disegno è quello e che snaturare quel disegno significa sostenere un'altra cosa. Allora, occorre dirlo chiaramente.
La collega Vaccarino osservava che in alcuni punti sono sanciti i principi troppo generali e formulazioni non chiare, in particolare nell'art. 4. Io stesso ho molte perplessità su quell'articolo, d'altra parte tutto quanto sarà proposto per migliorarlo sarà ben accetto tenendo conto che è il frutto del contributo dato all'interno della Commissione e che è stato comunemente accettato.
Le procedure adottate non sono diverse da quelle adottate in altre leggi. Il fatto che vi sia una dispersione non vuol dire che si tende alla dispersione della programmazione ma si vuole tenere in considerazione le varie esigenze locali secondo un metodo giusto di analisi da parte del potere centrale, delle utenze, delle indicazioni, sentiti gli organi competenti, secondo le procedure della legge 43. La modifica della legge 43 non si può fare attraverso una legge settoriale. E' chiaro che queste procedure sono rispettate per i piani pluriennali, mentre il piano annuale ha esigenze diverse poiché l'anno scolastico comincia a ottobre e finisce a giugno, quindi il piano pluriennale non coincide con il piano annuale che è però l'attuazione dell'indicazione del piano pluriennale.
D'altra parte le preoccupazioni che questo piano rispecchi esigenze corporative e di campanile sono superate dal fatto che il piano pluriennale e il programma annuale sono elaborati dai singoli Enti delegati sulle indicazioni della Giunta e dei Comprensori; al ritorno, è ancora la Giunta a proporre al Consiglio un piano organizzato sulla base delle indicazioni che sono venute naturalmente attraverso le selezioni; in questo modo si recupera quell'unitarietà del progetto della programmazione a livello regionale, avendo consultato opportunamente e con precise indicazioni la realtà locale che deve essere valorizzata in tutti i modi.
Se si crea un muro su questo e non si dà al cittadino la possibilità di contare e di decidere, è evidente che si mantiene una certa matrice dello Stato e si dà l'impressione al cittadino di essere stato gabbato.
La programmazione è salvaguardia dal punto di vista della globalità dal punto di vista degli indirizzi e soprattutto dal punto di vista delle esigenze. Per ciò che riguarda la gestione riteniamo che, come un centro si gestisce da solo, così un Ente delegato può autogestirsi. Quando si pongono problemi di gestione più complessi, la legge prevede accordi tra varie Unità Locali dei Servizi perché il problema venga affrontato congruamente sia dal punto di vista territoriale, sia dal punto di vista delle competenze di carattere finanziario. D'altra parte la legge 39 stabilisce questo in un settore che non è meno complesso di quello della formazione professionale.
Non credo che questa legge possa essere in alcun modo attaccata dal punto di vista del pluralismo. Abbiamo tenuto conto delle molteplici iniziative e abbiamo tenuto conto dell'esigenza che si mettano a confronto queste iniziative sia a livello di Enti sia a livello di individui, dando a ciascuno la possibilità di decidere autonomamente.
Per ciò che riguarda l'apprendistato sono d'accordo con il collega Conti che i 90 mila apprendisti del Piemonte hanno in realtà più peso che non i 20 mila giovani che frequentano i corsi di formazione. Il problema è che le risorse che lo Stato dovrebbe trasferire sono tali da impedire qualsiasi iniziativa oltre a quanto abbiamo previsto. Se lo Stato provvederà alla riforma della legge sull'apprendistato e delegherà questo capitolo alle Regioni, dovrà trasferire anche congrue risorse finanziarie.
Non basterà riversare sulla formazione professionale altre risorse. In occasione della discussione del prossimo bilancio inviterò i colleghi a precisare quali risorse potranno essere riversate su tale capitolo.
Per quanto si riferisce alle convenzioni, non abbiamo rispettato il presupposto della legge 845 che dà la possibilità alle Regioni di avvalersi degli Enti privati. Sappiamo che gli Enti privati in Piemonte non sono solo un fatto assistenziale, ma qualcosa di molto più serio e intendiamo appunto dare spazio a quegli Enti privati che operano con criteri di serietà nel campo della formazione professionale.
L'orientamento è uno strumento di politica scolastica utile indispensabile, non coattivo. Non capisco la distinzione che è stata fatta a livello governativo tra orientamento scolastico e orientamento professionale. A mio giudizio sono due fattori legati. Sarà interessante prendere contatto con le autorità competenti statali o con gli organismi delegati per mettere a punto programmi di orientamento che tengano conto delle esigenze dei giovani, della realtà del mercato e dello sviluppo dell'economia del Paese.
Questa legge offre possibilità non indifferenti di trasformazioni della comunità regionale tali da essere un punto fermo per ciò che riguarda la riforma della scuola secondaria. Questa non è presunzione, se lo fosse non sarebbe solo mia ma di quanti hanno collaborato alla formulazione della legge.
Ho esaminato alcuni emendamenti i quali però ripetono le proposte che vennero formulate in sede di Commissione, e respinte, quindi saranno respinte anche in aula. In ogni caso siamo disponibili al confronto che è già iniziato in Commissione e potrà proseguire in aula.



PRESIDENTE

Con la replica dell'Assessore la discussione generale può ritenersi conclusa.


Argomento: Artigianato - Viabilità

Sul programma dei lavori


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, occorre prendere una serie di decisioni sul modo di procedere nei lavori, dato che numerosi sono i punti da iscrivere all'ordine del giorno e nello stesso tempo esiste il problema di concludere in tempi ragionevoli la discussione sugli emendamenti e sull'articolato della legge sulla formazione professionale.
Propongo di costituire una Commissione, di cui facciano parte il Presidente e i componenti la V Commissione, oltre ai presentatori di emendamenti alla legge stessa, i quali, entro un termine di, poniamo quaranta minuti, dovrebbero vagliare gli emendamenti e stabilire il loro accoglimento o meno.
Nel frattempo potremmo esaminare la questione della Torino-Savona anche se in questo breve tempo non sarà possibile esaurire l'argomento oppure si potrebbe passare alla relazione e alla discussione della legge sull'artigianato.
Vi sono obiezioni? Chiede la parola il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Il Consigliere Marchini ed io domani mattina siamo impegnati in udienza di tribunale e tutti e due siamo particolarmente interessati al problema della Torino-Savona con tutte le implicazioni che esso comporta in base al documento presentato dall'Assessore Bajardi, completato oggi, sul sistema intermodale che abbiamo appena fatto in tempo a leggere. Suggerisco di rinviare l'argomento a giovedì prossimo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

La proposta è ragionevole. Poiché giovedì prossimo è la vigilia del convegno sull'energia e ci sono dei problemi inerenti alla preparazione di questa sala, propongo di fissare la discussione per mercoledì mattina, 17 ottobre.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono.



BONO Sereno

Sono d'accordo anche perché martedì si apre un ciclo di consultazioni sul piano dei trasporti con inizio alle 9,30 e i lavori dureranno tutto il giorno.



PRESIDENTE

D'accordo, mi pare allora opportuno fissare la seduta di Consiglio per la giornata di mercoledì mattina, iscrivendo al primo punto la discussione sulla Torino-Savona.


Argomento: Artigianato

Esame progetto di legge n. 377: "Interventi a favore dei Comuni e dei loro consorzi per la costituzione di aree attrezzate per insediamenti artigiani"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 377: "Interventi a favore dei Comuni e dei loro consorzi per la costituzione di aree attrezzate per insediamenti artigiani".
La parola al relatore, Consigliere Rossi.



ROSSI Luciano, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'argomento in esame è da tempo all'attenzione di questa assemblea. Ad esempio durante il dibattito sul Piano regionale di sviluppo, rilevanti sono state le considerazioni esposte perché la Regione attraverso una serie di incentivi crei ulteriori condizioni tese a facilitare una maggiore qualificazione del settore artigiano. Certo queste considerazioni partivano dal fatto che nelle aziende artigiane sono occupate oltre 350.000 unità e perciò assolvono ad una funzione rilevante nell'economia regionale, non solo nei settori dei servizi, ma in modo particolare in quelli di produzione.
Questo fatto è assai importante se si ha presente la situazione più complessiva dell'economia piemontese.
Pertanto il disegno di legge in esame si pone due obiettivi: il primo impegnare la Giunta regionale a predisporre un piano di settore delle aree da attrezzare per insediamenti artigiani; il secondo è quello di concedere in attesa del piano di settore, contributi ai Comuni e loro consorzi per realizzare le opere di urbanizzazione primaria in quelle aree dove già molteplici attività sono in corso da parte di Enti locali e di consorzi già costituiti da parte di artigiani.
Tra l'altro risulta che già un insieme di Comuni attraverso la formazione degli strumenti urbanistici, e dei programmi pluriennali di attività, hanno definito scelte o precise volontà per la creazione di aree per insediamenti artigiani, tenendo conto al tempo stesso come tali aree debbano essere in qualche modo collegate a quelle destinate ad insediamenti produttivi di carattere più generale.
Queste operazioni, così come si evidenzia anche dalle consultazioni fatte con le associazioni degli artigiani, Comitati comprensoriali e le Camere di Commercio, hanno dimostrato l'esistenza di molteplici possibilità per dare soluzioni a quei problemi che interessano il recupero e la valorizzazione dei vari momenti associativi del settore artigiano su cui far leva per riuscire realmente a rafforzare le strutture produttive interessate. E' in tal senso che assumerà particolare valore la localizzazione per comparti omogenei di imprese che hanno una elevata specializzazione produttiva e con caratteristiche complementari delle rispettive produzioni, così dicasi per quelle altre aziende collocate in determinati centri storici, ad esempio l'industria del mobile di Saluzzo così dicasi ancora per quelle aziende che per sopravvivere, ammodernarsi ed ampliarsi, devono trovare una nuova rilocalizzazione.
Questi aspetti ed altri, sono nettamente indicati nell'art. 2 del disegno di legge in esame a proposito di cosa si intende per piano di settore.
A tale proposito, credo vada precisato che il piano di settore dovrà tenere conto anche delle linee programmatiche definite dai Comprensori ai fini dell'elaborazione dei piani territoriali socio-economici.
A questo riguardo le conclusioni dell'indagine conoscitiva sul settore artigiano potrà formare ulteriori elementi per definire meglio i criteri di scelta delle aree attrezzate nel territorio.
Infine, il piano di settore, oltre a tener conto delle norme stabilite nella legge delle procedure per la programmazione, deve basarsi anche su quelle della legge n. 56 sull'uso del suolo, in quanto le aree attrezzate devono essere parte integrante della pianificazione urbanistica.
D'altronde, non può essere diverso, il D.P.R. n. 616 del 1977 demanda ai Comuni la specifica competenza di provvedere l'apprestamento e la gestione di aree attrezzate per l'insediamento di imprese artigiane nell'ambito della pianificazione territoriale comunale.
Il piano di settore che la Regione è impegnata ad elaborare dovrà perciò essere di carattere indicativo nei confronti dei Comuni interessati onde non interferire nelle competenze che il D.P.R. n. 616 assegna ai Comuni medesimi.
In merito ai contributi, per le opere di urbanizzazione primaria delle aree, essi sono previsti dal disegno di legge in esame, nella misura del 50%, oppure del 60% se per le aree di Comuni appartenenti alle Comunità montane. Questo argomento ha costituito un concreto motivo di confronto e di approfondimento con tutti gli Enti e le associazioni interessate.
Infatti alcune Regioni hanno scelto la strada di concentrare i contributi per l'acquisizione delle aree, ed altre di dare i medesimi contributi direttamente alle imprese singole o associate invece che ai Comuni. Dal confronto fatto siamo arrivati alla conclusione di dare ai Comuni contributi per le opere di urbanizzazione primaria, principalmente per due motivi. Il primo è che la scelta delle aree da attrezzare per la loro dimensione e localizzazione è di competenza esclusiva dei Comuni, che si devono valere della legge specifica che facilita l'acquisto delle aree a prezzo equo e che possono altresì decidere l'assegnazione delle aree alle aziende singole o consorziate con criteri diversi: in affitto, in diritto di superficie oppure in proprietà. Scelta questa che deciderà autonomamente il Comune anche in base ai rapporti che definirà con gli artigiani. Così pure, se il Comune non si è ancora dotato dello strumento urbanistico, il fatto di dare direttamente contributi agli artigiani per l'acquisizione delle aree, avrebbe potuto creare situazioni non conformi allo spirito del D.P.R. n. 616 e della legge regionale n. 56.
Il secondo motivo è che appare più giusto dare contributi per le opere di urbanizzazione; questa realtà probabilmente non solo stimola maggiormente i Comuni stessi ad operare per attrezzare le aree scelte, ma mette a loro disposizione maggiori mezzi finanziari da parte della Regione in quanto il costo dell'urbanizzazione è sicuramente superiore al costo per l'acquisizione delle aree stesse.
Indicata perciò la scelta dei contributi per le opere di urbanizzazione primaria, occorre però che il Consiglio regionale valuti l'opportunità attraverso un'adeguata variazione del bilancio 1979 per incrementare lo stanziamento previsto attualmente per il finanziamento di questa legge oltre che verificare anche lo stanziamento previsto già nel 1980 col bilancio pluriennale. A tale proposito anche le associazioni artigiane hanno evidenziato questa necessità.
Altro aspetto che viene sottoposto all'attenzione del Consiglio lo si riscontra nell'art. 3 del disegno di legge, ossia gli appalti delle opere da realizzare oltre che essere indetti dai Comuni o loro consorzi, possono essere fatti anche da apposite società di intervento e da consorzi di imprese artigiane. Tale aspetto è assai importante perché i Comuni possono operare anche con l'impegno della Finpiemonte e con gli Istituti di Credito che a queste operazioni possono essere interessati, oltre che stimolare le imprese artigiane a consorziarsi per rendere più efficaci i loro interventi.
Nell'art. 3 viene poi lasciata la facoltà agli Enti di valutare il contributo che la Regione concede a loro nel senso che il costo delle opere di urbanizzazione primaria debba pesare completamente o in parte sulle imprese artigiane che si localizzeranno nelle aree attrezzate. Tale questione ci pare rilevante non solo sotto l'aspetto dell'incentivazione economica, ma anche come questione di principio. Ed ancora l'art. 4 del disegno di legge indica il modo di procedere all'assegnazione dei contributi ai soggetti interessati, la quale deve avvenire attraverso specifici impegni onde evitare il più possibile l'accumularsi di residui passivi.
Egregi colleghi, abbiamo prima evidenziato come in vari Comuni già iniziative sono in corso per attuare le aree attrezzate e qualche volta anche di intesa con i Consorzi costituiti da imprenditori della categoria artigiana. Così dicasi per gli altri Enti i quali attraverso i PIP hanno o stanno definendo le localizzazioni. Il disegno di legge tiene conto di tale realtà in movimento e pertanto nell'art. 5 precisa un insieme di criteri, i quali, oltre al rispetto dell'uso delle norme sull'uso del territorio e dei principi di razionalizzazione del tessuto produttivo, indicano aspetti innovativi come la garanzia della salvaguardia dell'ambiente, la prospettiva dell'utilizzo di fonti di energia alternativa, ed ancora aspetti che interessano rapporti diretti col mercato o di centri promozionali per la commercializzazione della produzione artigiana.
Infine ci pare opportuno segnalare che nell'art. 7 del disegno di legge si esplicita la collaborazione della Finpiemonte per la predisposizione del piano di settore, assicurare i Comuni o i loro consorzi alla progettazione e realizzazione degli interventi necessari oltre che promuovere la costituzione delle società di intervento che prima abbiamo evidenziato.
Ciò significa che la Finpiemonte sarà impegnata ad intervenire con investimenti in nuovi settori produttivi come da tempo le organizzazioni degli artigiani hanno richiesto.
Ci sembra quindi che si aprano nuove possibilità per la valorizzazione delle produzioni piemontesi.
Egregi colleghi, nel concludere questa relazione ci pare ancora opportuno sottolineare che la funzione dell'intervento regionale previsto con la legge in esame, sia quello di costituire un valido polmone finanziario che contribuisca ad innescare quelle operazioni necessarie alla realizzazione di aree attrezzate nel settore in questione, così come lo stesso D.P.R. 616 indica, e per i nuovi incentivi agli artigiani sul piano produttivo.
Così come è stato considerato ed osservato nelle consultazioni, questa legge da tempo era attesa dagli Enti locali, ma soprattutto e in modo particolare dalla categoria interessata. Infatti l'artigianato, proprio per le sue peculiarità, per il suo reale rilancio, ha necessità di interventi non disorganici e casuali, ma necessita di precise direttive che leghino insieme gli aspetti economici, normativi di sicurezza sui luoghi di lavoro e che offrano soluzioni accettabili rispondendo agli interessi generali nell'ambito di una riorganizzazione programmata del territorio e della stessa struttura produttiva. I documenti che ci sono stati forniti a proposito dell'indagine conoscitiva sull'artigianato piemontese, hanno messo in evidenza (pur con limiti rispetto alla complessità del problema) la necessità e la disponibilità di circa 20.000 aziende alla rilocalizzazione - cifra non certo irrilevante.
Ciò fa considerare anche l'opportunità, una volta che il disegno di legge in esame inizia concretamente ad operare, di valutare non solo le eventuali modifiche sulla base delle esperienze che si faranno, ma di riconsiderare la stessa legge regionale n. 47, che opera nel settore del credito per gli artigiani, nel senso di renderla in alcuni aspetti più incentivante, specie nel settore che interessa la costruzione di capannoni e per l'acquisizione di nuove attrezzature.
Ringrazio ancora i colleghi della IV Commissione che da tempo sono stati impegnati all'esame di questo disegno di legge, per il contributo da loro dato per perfezionare l'articolato specie in merito ai contenuti, e ringrazio ancora gli Enti e le associazioni artigiane consultate per il loro impegno altamente qualificato e costruttivo per meglio definire le varie questioni che il disegno di legge n. 377 ha posto alla loro attenzione.
Ed è con la convinzione che si sia lavorato positivamente, che auspico da parte del Consiglio un altrettanto positivo voto.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Colombino. Ne ha facoltà.



COLOMBINO Michele

La legge in discussione - che ha già costituito oggetto di intense riunioni di Commissione, fino al punto di farne ripresentare due volte il testo da parte della Giunta, anche a seguito delle prese di posizione avanzate dalle associazioni artigiane - rappresenta una rilevante occasione per venire finalmente incontro sul piano pratico alle esigenze di una categoria produttiva fra le più vive nell'economia piemontese.
Dopo molte parole, dopo gli impegni verbali, un provvedimento come quello in questione - che viene ad affrontare il serio e preminente problema delle aree per l'insediamento delle imprese artigiane, premessa fondamentale per lo sviluppo futuro del settore - non può che essere accolto con favore per quanto di positivo dovrebbe consentire.
In effetti già il Piano di sviluppo regionale 1977/1980 aveva indicato la validità - nell'ambito del programma di sviluppo e qualificazione del settore artigiano - di una politica nei confronti del settore artigiano che, pur non traducendosi in forme indiscriminate di sostegno tendenti a fare delle imprese artigiane una fascia di unità produttive protette, ne promuovesse l'autonomia e la competitività.
Ciò operando essenzialmente - si diceva nel piano, secondo una visione peraltro corretta - in modo coordinato nei diversi vincoli che le strutture artigiane incontrano per la loro crescita: e in quest'ottica, accanto ai vari interventi creditizi, si poneva la necessità di creare aree attrezzate per le imprese artigiane rispondenti alle citate esigenze, anche nel quadro di un riassetto territoriale ed urbano, seguendo una linea programmatica di iniziative di tipo nuovo e meglio rispondenti alle necessità della categoria.
Il provvedimento, in linea di massima, giunge dunque atteso e senza dubbio finalizzato ad interventi che si vorrebbero - da più parti - ancora più efficaci, immediati e diretti; e con qualche ritardo, ci sia consentito notarlo senza tuttavia alcun intento polemico, sulle stesse previsioni della Giunta espresse a suo tempo nel piano regionale, se è vero - come è vero - che anche al di là di alcuni aspetti che ci paiono non adeguati e insufficienti - l'applicazione della presente legge non sarà certo, e lo vedremo, di celere applicazione.
Col ché gli interventi, già preventivati per il triennio in corso '77/80, fatalmente andranno ad operare ben più in là di quanto sarebbe stato opportuno.
Se è vero che - come da parte della Giunta si è più volte accennato occorrerebbe giungere ad una spedita approvazione della presente legge onde non perdere i 500 milioni già stanziati nel bilancio regionale esercizio 1978, ciò non di meno non ci pare corretta questa impostazione che dovrebbe d'improvviso accelerare i tempi e fare concludere, magari anche affrettatamente, pur di concludere in tempo utile.
Non è di sicuro imputabile all'opposizione, questa situazione quando invece già nel Piano di sviluppo regionale citato, a pag. 165, con riferimento specifico alla creazione delle aree attrezzate per le imprese artigiane, si diceva testualmente: "si intende pervenire entro il 1977 alla formulazione, con legge regionale, di un quadro di riferimento organico delle modalità qualitative e quantitative dell'intervento".
Al di là dell'intenzione di terminare comunque il dibattito in questa seduta, per motivi di carattere finanziario, restano forse alcune contraddizioni che si sarebbero potute meglio esaminare con più calma nel merito: ed inoltre potrebbero emergere problemi non semplici di carattere urbanistico, il cui peso non va sottovalutato.
Ciò premesso, ricordo come l'articolato della legge sia stato totalmente rielaborato nei confronti del primo disegno, a seguito soprattutto delle consultazioni operate con le associazioni di categoria degli artigiani le quali non hanno mancato di evidenziare svariate indicazioni, critiche e suggerimenti in merito.
Ciò significa innanzitutto che le imprese artigiane, tramite le loro associazioni, hanno manifestato il favore e l'attenzione con cui si intende una normativa in grado di risolvere il problema connesso alle aree per gli insediamenti e quindi quelli dell'ammodernamento, dello sviluppo e della crescita del settore.
Contemporaneamente l'iter di questa legge evidenzia anche un riconoscimento implicito da parte della Giunta e dell'Assessore Marchesotti circa le richieste e le idee delle associazioni di categoria, che non si pongono certo l'obiettivo di ostacolare e stravolgere valide iniziative che concernono il lavoro dei propri aderenti, ma bensì intervengono con serietà e competenza diretta proprio perché sono in gioco provvedimenti che possono portare un validissimo sostegno alle esigenze della categoria.
Il Gruppo della D.C. affronta l'argomento da un duplice punto di vista quale d'altronde l'operatività della legge ci è parso imporre: con un intervento dal punto di vista urbanistico - legato ai complessi problemi che l'entrata in vigore della legge verrà a comportare nei confronti degli strumenti urbanistici esistenti ed operanti, la cui gravità non si deve affatto sottovalutare - anche e soprattutto in vista dei tempi di attuazione pratica; e con un secondo intervento nel dibattito di carattere generale, nel quale mi limito ad alcune brevi constatazioni che ho già evidenziato in sede di IV Commissione.
Un primo rilievo riguarda i soggetti destinatari dei contributi, che avremmo preferito fossero individuati direttamente nelle imprese artigiane singole o riunite in consorzi, in società consortili e in consorzi costituiti in forma cooperativa, anziché, come invece è previsto nel testo in discussione, ai Comuni dove sorgono le aree da attrezzarsi e sugli oneri per l'urbanizzazione primaria.
La prima soluzione - che tra l'altro è quella vigente nella Regione Emilia Romagna, anche a seguito dell'approvazione della recente legge che facilita gli insediamenti di artigiani nelle zone depresse e prevede contributi per le imprese artigiane che si insediano nella zona di riequilibrio del territorio regionale - concede infatti contributi in conto capitale nelle spese conseguite sia per l'acquisizione dei terreni sia per il pagamento dei relativi oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
La legge della Regione Piemonte, a questo proposito, ci pare meno agile, meno concreta e di certo molto più lenta nelle procedure richieste.
Altri punti di non lieve portata riguardano le difficoltà operative che le imprese dovranno percorrere prima di potere vedere una realistica entrata in vigore della legge stessa, se è vero che i Comuni - in attesa delle prossime elezioni amministrative dell'80 - si avviano ormai verso la completa paralisi: tanto più che - come è noto - molti di questi Comuni interessati hanno fermi presso il competente Assessorato regionale all'urbanistica i proprio strumenti urbanistici, e quindi si troveranno in evidenti difficoltà ad attuare i provvedimenti previsti.
L'apprestamento e la gestione delle aree attrezzate per l'insediamento di imprese artigiane è bensì delegato dal D.P.R. 616 ai Comuni, ma il decreto medesimo non pone certo espressi divieti a che l'intervento per tale realizzazione sia operato direttamente nei confronti degli interessati anziché dei Comuni stessi.
Operando direttamente nei confronti delle imprese si consentirebbe pure ci pare - un atto di fiducia nei confronti di una categoria che certamente non dorme ma lavora, e dà prove continue di sapersi gestire con serietà ed efficacia.
La scelta che esclude le imprese artigiane, i consorzi e le cooperative, dalla possibilità di ricevere direttamente i contributi stanziati, troverebbe secondo la Giunta una conferma obbligata nell'art. 63 del D.P.R. 616 proprio in quanto il medesimo attribuisce ai Comuni l'apprestamento e la gestione delle aree attrezzate, e pertanto non sarebbe legittimo erogare fondi a soggetti diversi dai Comuni o consorzi di Comuni.
Emerge però, allora (se dovesse essere vera questa interpretazione cosa che peraltro non ci convince proprio perché altre Regioni hanno agito diversamente), una contraddizione evidente nel disposto dell'art. 3 della legge laddove prevede che le opere di urbanizzazione primaria siano realizzate mediante appalto di Comuni e loro consorzi o, in alternativa consorzi di imprese artigiane.
Come sarebbe possibile che un consorzio di imprese artigiane appalti tali lavori se la gestione deve essere affidata - come si sostiene esclusivamente ai Comuni? E quando poi, di conseguenza a tale interpretazione, si esclude ogni possibilità di erogare contributi ad altri soggetti che non siano i Comuni stessi? Un secondo rilievo già manifestato da parte nostra in Commissione concerne l'abbassamento dall'80% al 70/60% della percentuale delle aree che dovrà essere occupata da imprese a carattere artigiano ai sensi delle leggi vigenti.
Questo ci pare di una certa importanza per consentire una maggiore integrazione delle costituende aree con le restanti aree urbane già edificate e programmate, e insieme per consentire una più utile diversificazione e compenetrazione di diverse strutture produttive nell'ambito dell'area stessa.
Le tre associazioni artigiane consultate hanno infatti messo in rilievo come occorrerebbe a loro avviso superare la netta divisione fra aree industriali ed aree artigiane, per creare invece aree di insediamenti produttivi in cui possano localizzarsi aziende artigiane insieme a piccole e medie industrie.
Ciò sotto il duplice aspetto dei rapporti delle imprese artigiane con le altre attività complementari e di supporto, sia delle esigenze residenziali degli artigiani e dei loro dipendenti.
La caratterizzazione artigiana deve dunque ovviamente essere evidente e prevalente, ma non costituire un elemento di rigidità troppo accentuato anche tenendo conto del fatto che alcune aziende insediate potrebbero nel corso degli anni evolvere nella piccola industria.
Vorremmo ancora osservare, nei confronti dell'art. 5, come forse i criteri prioritari per la selezione delle iniziative da ammettersi al contributo non si sarebbero dovuti prevedere nella legge ma bensì rinviati e definiti all'atto della redazione del piano di settore per l'insediamento artigiano.
Invece, ci pare, siano stati così introdotti elementi di eccessiva schematizzazione e rigidità. Ci sia consentita un'ultima annotazione, che fa seguito anch'essa a quanto già abbiamo rilevato nell'intervento in Commissione.
La legge prevede all'art. 2 che la predisposizione di un piano di settore delle aree da attrezzare avvenga "sentita la consulta per i problemi dell'artigianato". Siamo perfettamente d'accordo con questa impostazione estremamente corretta, che rispetta le esigenze della categoria e ne consente una giusta valutazione nella sede più appropriata.
Si comincia finalmente a dare spazio e ruolo ad un Ente dalla D.C. sempre propugnato ed ora in fase di decollo attraverso la delibera recentissima della Giunta regionale.
L'auspicio finale che vorremmo ricavare da questo dibattito è quello di poter constatare al più presto la funzionalità e l'utilità pratica della legge in esame, che può trovare una positiva accoglienza presso gli artigiani ancor più se si terranno nel debito conto le osservazioni che già presentate in questa fase, e magari non recepite, potranno e dovranno essere riconsiderate con favore in una fase successiva.
Se, da un lato, si tende a riconoscere e ad attribuire ai consorzi di imprese artigiane un importante ruolo nella fase promozionale ed operativa relativa alla costituzione delle aree (appalto delle opere di urbanizzazione, attività di promozione nell'insediamento) dall'altro sarà opportuno - in sede di verifica - giudicare se ed in quanto sia pagante e valida la scelta ora fatta di escludere totalmente gli stessi dalle forme contributive che sono destinate invece ai Comuni o ai loro consorzi.
La possibilità di prevedere nell'articolo di legge appositi canali contributivi diretti alle imprese artigiane - che come si è detto è stata regolata da altre leggi nazionali, permettendo un rapido decollo delle iniziative - dovrà forse essere riconsiderata non appena emergessero le previste lentezze burocratiche e le immaginabili difficoltà.
Comunque, poiché la legge prevede che ogni anno, entro il 31 ottobre il Consiglio regionale sia investito nuovamente del problema, tramite un dibattito sulla relazione della sua pratica applicazione, sarà estremamente utile e proficuo confrontarci e confrontare in quella sede ormai prossima non solo le idee, ma, sul piano dei dati e della concretezza, la fattiva funzionalità di quanto ora si decide.
L'importante, per ora, è che si aprano nuove e valide prospettive all'artigianato ed agli artigiani piemontesi, apprezzandone con fatti e strumenti idonei l'insostituibile, preziosa funzione da essi svolta nell'economia piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

In linea di massima ritengo che tutto quello che la Regione realizza per incrementare l'artigianato è positivo.
Tuttavia la somma che viene stanziata con il disegno di legge n. 377 è insufficiente. Mi richiamo al dato citato dal relatore. Posto che siano 20 mila i trasferimenti di aziende, in un lasso di tempo più o meno ampio ammesso che ci vogliano mediamente 10 milioni, la Regione dovrebbe reperire e sborsare 100 miliardi circa (ammettendo che paghi circa il 50%). Il miliardo stanziato con questo disegno di legge è veramente troppo poco.
Con questa legge inoltre la Regione finisce per favorire le zone forti e per non offrire nessuna possibilità alle zone più deboli, come quelle montane per le quali è importante trovare incentivi per far sì che la gente rimanga sul posto. Già altre volte ho avuto l'opportunità di intervenire su questi argomenti per sottolineare che la parte relativa all'area può essere un aiuto importante ma non determinante. Si consideri che per la costruzione di un capannone di 200 mq (20 m x 10) non bastano 100 milioni.
Sarebbe quindi opportuno prevedere maggiori stanziamenti per quelle aziende che intendono rilocalizzarsi, eventualmente facendo intervenire altri Enti. Sappiamo che le aziende che ne avevano la possibilità si sono già trasferite, quindi il nostro intervento vorrebbe rivolgersi per la maggior parte ad aziende che hanno mezzi limitati.
E' un inizio positivo che però deve essere seguito da interventi più incisivi. Come può un artigiano impiantare una azienda piccola, installare le macchine, acquistare le scorte? Se la Regione non pone attenzione a tutto questo complesso procedimento rischia di mettere a disposizione il terreno sul quale però le aziende non potranno andare.
Il nostro voto favorevole vuole stimolare la Giunta e la maggioranza a fare su questa strada qualche cosa di più.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Raschio.



RASCHIO Luciano

Il disegno di legge n. 377 fa da corollario alla politica dell'artigianato iniziata nel lontano 1974 dalla Regione Piemonte.
Condivido le preoccupazioni sull'aspetto finanziario esternate dal Consigliere Benzi. Del resto le Commissioni I e IV hanno raccomandato alla Giunta di prendere in considerazione la possibilità di maggiori stanziamenti in sede di bilancio preventivo per il 1980.
Certamente non si può fare il discorso delle aree attrezzate per l'artigianato in modo generalizzato per tutto il Piemonte. In sede di Commissione, anche da parte della minoranza, si è fatta presente l'opportunità di chiedere garanzie serie a quei Comuni che comprendono nel piano regolatore aree attrezzate, che abbiano zone a forte vocazione artigianale od organizzazioni artigianali che operano in tale direzione. La cifra è modesta però va già in direzione di alcune zone e Comuni che hanno già avviato il lavoro in tale direzione. Il piano di settore che andremo a predisporre ancora una volta dirà che il "cavallo beve" e questo può essere di conforto al Consigliere Benzi.
Chiediamo inoltre alcune garanzie perché si favorisca l'insediamento dell'artigianato produttivo, dell'artigianato artistico, proprio perch vogliamo favorire la promozione dell'artigianato che rispetta la tradizione artistica piemontese.
Su questa tematica non ci sono posizioni ideologiche che ci differenziano. E' chiaro che sul problema degli insediamenti artigiani non possiamo giocare a mosca cieca perché se facciamo un discorso confuso in questa direzione e se parliamo di piccola e media industria nel settore artigiano c'è il pericolo che la legge ci venga bocciata perché la Regione non ha alcun potere nel campo della piccola e media industria.
Occorre avere la capacità intellettiva e il buon senso di fare in modo che ne venga fuori una legge che consenta di far entrare, attraverso i servizi e a certi tipi di attrezzature, momenti produttivi che non sono artigianali.
Vengo al tema della consulta. Il Consigliere Colombino ritiene, e le sue preoccupazioni meritano rispetto, che questa legge non potrà funzionare perché non esiste ancora la consulta artigiana. In realtà la legge sulla consulta artigiana è già di fronte alla Commissione IV, quindi cammina quasi di pari passo con la legge che stiamo per varare.
Raccomando all'Assessore Marchesotti di dare ampia diffusione alla legge non appena verrà approvata dal Governo, eventualmente con la pubblicazione di un numero speciale di Notizie.
Il mio discorso può sembrare arido e scarno, e chiedo scusa, oramai però il tema dell'artigianato è stato ampiamente e serenamente trattato da tutti i Gruppi, su di esso si è tracciata una linea politica chiara e non ci sono motivi di scontro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Il tema relativo al mondo degli artigiani ha una eco frequente in quest'aula ed è tale da meritare l'attenzione del Consiglio.
L'artigiano, in quanto figura sociale produttiva, è un lavoratore con le carte in regola che ha il diritto di chiedere e di ottenere; che paga di persona senza sussidi e senza contributi; è un lavoratore in favore del quale dobbiamo impegnarci con tutta la nostra capacità legislativa per sostenere la categoria che è una componente importante dell'economia.
Ho preso la parola per fare alcune valutazioni sulla situazione di Vercelli. Esiste un piano di interventi che comprende un'area vincolata di 82 mila mq, dei quali 33 mila sono a finalità pubblica e 48.500 sono destinati alle aree produttive. A fronte di queste destinazioni ci sono richieste da parte di 51 aziende per un complesso di 132 mila mq: 43 aziende richiedono un'area di circa 3 mila mq e 8 aziende richiedono un'area che va da 5 a 8 mila mq. Dal buon esito di questi insediamenti dovrebbe derivare una soluzione nel campo occupazionale (circa 260 posti di lavoro verrebbero immessi sul mercato vercellese).
Ho fatto queste brevi considerazioni per sottolineare la validità del disegno di legge e l'opportunità di esaminarlo in breve tempo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

La richiesta che avevamo a suo tempo fatto di una meditazione sugli aspetti che concernono il territorio e alcune impostazioni di indirizzo politico della legge non era del tutto irrilevante e non credo fosse nelle intenzioni della D.C. di liquidarla in termini di limatura formale oppure di strategia dilatoria.
Al di là delle considerazioni di carattere generale, fatte dal collega Colombino, il disegno di legge rivela una serie di profonde carenze non solo sul piano del metodo, ma sul piano degli indirizzi politici che hanno un riferimento specifico al Piano di sviluppo e alla realtà sociale ed economica della Regione.
Questa legge, di fatto, sancisce non la ghettizzazione dell'artigianato, perché è chiaro che questo esula dalle sue finalità, ma l'ottica assolutamente miope nel considerare il rapporto tra le attività artigianali e le attività residenziali. Non è difficile dimostrare come il disamore esistente nelle attività manuali e artigianali soprattutto dei giovani, in larga misura è legato alla difficoltà obiettiva di un rapporto diretto, visuale, affettivo in alcuni casi, tra il lavoro esercitato dal proprio genitore e i giovani che debbono necessariamente rimanere lontani dal laboratorio o dall'esperienza diretta per ottemperare all'obbligo della scolarità proprio nel periodo in cui stanno formandosi le vocazioni e gli indirizzi dell'attività professionale. Riteniamo che sia fondamentale affermare questo principio e riprenderemo il discorso nelle discussioni che avremo sulle variazioni alla legge 56 laddove si ricade in questa assurda definizione astratta di determinate destinazioni d'uso del territorio.
Negli emendamenti abbiamo proposto che si prevedano aree attrezzate ma anche aree integrate residenza-servizi perché è impensabile che si possa relegare l'artigianato a dimensioni di piccole industrie oppure di attività le quali non abbiano diretto collegamento con la residenza.
Il secondo tipo di osservazioni concerne il contenuto del piano di settore il quale deve dare il giusto criterio alla Regione per ammettere sia le localizzazioni sia successivamente le erogazioni di contributi. E' impensabile che si possa seriamente dare attuazione a questa legge ignorandone tutte le connessioni che esistono tra i piani di settore e la pianificazione territoriale. Questo potrebbe ancora essere un aspetto sul quale si possono consentire certe mediazioni nel senso che i piani territoriali non esistono e chissà per quanto tempo ancora.
Però, il pensare che il piano di settore, astratto dal piano di coordinamento, venga completamente ignorato nell'erogazione dei contributi credo sia stravolgere completamente il senso di ogni rapporto corretto sul piano legislativo. Riteniamo che si debba provvedere in tempo celere possibilmente entro 12 mesi (se la Giunta regionale pensa di poterlo fare più in fretta, tanto meglio), al piano di settore, seppure questo piano sarà poi variato dai singoli piani di coordinamento comprensoriali che verranno e che l'erogazione dei primi contributi venga rapportata al quadro di riferimento generale indispensabile per poter anche rendere legittimi i criteri elencati all'art. 5, sui quali, in termini generali, possiamo anche concordare.
Un terzo tipo di osservazioni si riferisce alla connessione con gli strumenti urbanistici. Il relatore Rossi in una parte della sua relazione fa un rapido riferimento a questo problema ma non ho capito se i contributi debbano essere concessi anche nel caso in cui i Comuni siano privi di strumenti urbanistici.



ROSSI Luciano

Il D.P.R. 616 obbliga lo strumento urbanistico.



PICCO Giovanni

Gli strumenti urbanistici non prevedono in genere destinazioni ad hoc per insediamenti regionali, semmai li prevedono molto raramente; quindi uno degli obiettivi della legge dovrebbe anche essere quello di connettere una modificazione dell'atteggiamento dei Comuni nella fase in cui si stanno predisponendo gli strumenti urbanistici, quindi l'esigenza di prevedere o aree specializzate o aree miste residenza-servizi, che consentano di delineare la gestione, così come si dice nei presupposti della legge.
Voglio ricordare però che non si può pensare di verificare la sola coerenza di queste aree con gli strumenti di carattere generale ma lo si deve fare anche con gli strumenti attuativi, soprattutto laddove si parla di aree compromesse o di aree già costruite, siano esse inserite o meno siano esse soggette o meno al piano di recupero, non v'è dubbio che la coerenza con gli strumenti attuativi va richiamata ed in ultima analisi quella obbligatoria, per tutti gli interventi finanziari di un certo peso del piano pluriennale di attuazione.
Qui si inserisce il grosso problema che è il contenuto essenziale della legge: come la Regione si pone nei confronti dei soggetti e nei confronti delle opere più gravose per affrontare la fase o di rilocazione o di insediamento delle attività? Il collega Rossi ha evidenziato come l'aver fatto ricorso alle opere di urbanizzazione primaria fosse, in termini generali, il miglior modo per dare un valido aiuto agli operatori pubblici, ai Comuni, ai loro consorzi e agli operatori privati, singoli o consorziati.
Riteniamo che l'esonero dagli oneri di urbanizzazione primaria per un operatore che operi su un'area di sua proprietà non sia conforme alla legge. Siamo d'accordo sul fatto che vi siano delle agevolazioni e siamo anche d'accordo sulla formulazione, piuttosto generica, che si fa nel disegno di legge nel senso di lasciare ai Comuni una certa discrezionalità di intervento a seconda delle onerosità più o meno accentuate che si possono dare anche ai soggetti più o meno bisognosi di certi contributi.
Riteniamo però - e questo lo dico a titolo personale ma anche per esprimere una preoccupazione del nostro Gruppo - che la difficoltà obiettiva principale all'innesco di queste aree non sia tanto e solo dei soggetti privati, quanto anche dei Comuni i quali, sia per le urbanizzazioni primarie che per le secondarie, non hanno riferimenti legislativi precisi per accedere a contributi o per accedere a finanziamenti.
Queste aree non hanno solo bisogno di fognature, di marciapiedi, di pali dl illuminazione, ma anche di aree di parcheggio, di aree verdi, di attrezzature sociali, seppure limitate.



ROSSI Luciano

Io sto agli strumenti urbanistici.



PICCO Giovanni

Lo so. Sarebbe stata opportuna una precisa definizione del tipo di urbanizzazione perché ritengo che vi siano delle attrezzature, di carattere secondario, che sarebbe opportuno prevedere non solo ad esclusivo uso delle aree attrezzate, ma con funzioni d'uso più generali. Un altro tipo di osservazioni concerne il rapporto nelle aree che devono essere destinate tra le imprese artigiane e le altre attività. Credo che le nostre intenzioni nel proporre l'abbassamento della quota al 70% non fossero solo nella direzione della piccola industria perché ci rendiamo conto che in questo senso andiamo ad investire problemi di altro tipo. Le connessioni con il sistema di commercializzazione del prodotto artigianale e di determinate attività non commerciali o di imprese artigiane non iscritte negli albi appositi, debbono poter essere contemplate con una certa elasticità, senza dover necessariamente tenere disponibili delle aree le quali rischiano di non essere utilizzate.
Un ultimo tipo di osservazione riguarda il ruolo della Finpiemonte. I compiti dell'Ente, che sono fissati dalla legge istitutiva, non debbono debordare sul piano della operatività sia per quanto attiene alla progettazione sia per quanto attiene alla gestione o all'appalto delle opere previste nelle aree attrezzate. Riteniamo che questo sia lo strumento utile per coinvolgere l'operatore pubblico o istituzionale, Regione e Comuni e l'operatore privato. Quindi a queste società si deve far riferimento anche per quanto attiene alla progettazione e all'esecuzione delle infrastrutture, escludendo per principio che la Finpiemonte assuma ruoli stravolgenti del proprio ruolo istituzionale.
Riteniamo di aver dato un contributo migliorativo, anche se lamentiamo che questo contributo non si sia potuto esercitare in un clima di maggiore confronto con le altre forze politiche, soprattutto in un clima di maggiore raccordo con gli Assessori competenti. Quando vi sono richieste di trasferire determinate discussioni da una Commissione all'altra, non si intendano i problemi in un ambito settoriale, ma si tenda a coinvolgere anche gli Assessorati che in genere dovrebbero assistere i Consiglieri nella funzione legislativa.
Tutto questo in termini di principio può sembrare stravolgente, ma nella realtà, le Commissioni debbono lavorare in raccordo con l'esecutivo.
Il discorso mi porterebbe a parlare del modo in cui è gestita la II.
Commissione ma, poiché non è presente il suo Presidente, preferisco rinviare l'appunto ad altro momento. La Commissione dovrebbe operare in un confronto ben più ampio anche per quanto si riferisce agli aspetti di impostazione delle attività che si svolgono all'interno dell'istituto regionale complessivo, la qual cosa non ci viene quasi mai data, tranne per il settore dei trasporti in cui riusciamo ad avere alcune anticipazioni sulle cose che l'Assessore intende fare.
Mi auguro che il Presidente del Consiglio raccolga questa raccomandazione.



PRESIDENTE

La sua proposta, che è stata raccolta dal Vicepresidente della IV Commissione, merita attenzione in sede di esame del regolamento del Consiglio regionale. Vedo degli aspetti positivi nell'approfondire l'esame di un progetto di legge in altra Commissione anche dopo la conclusione dell'esame nella sede naturale, ma vedo anche dei pericoli. La questione è opinabile. Accolgo intanto il suo invito a cercare di risolvere la questione in una norma del regolamento del Consiglio regionale che è all'ordine del giorno.
Gli emendamenti presentati da Gruppi diversi sono 19, sarebbe quindi opportuna una rapida riunione della IV Commissione con l'Assessore competente e con i presentatori degli emendamenti stessi per verificare quanti possono essere accolti e quanti devono essere respinti, al fine di consentire un iter più veloce.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore all'artigianato

D'accordo.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa per pochi minuti.



(La seduta, sospesa alle ore 18, riprende alle ore 18,50)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

Passiamo all'esame degli articoli e degli emendamenti.
Art. 1 - Finalità "Con gli interventi previsti dalla presente legge la Regione si propone, conformemente agli obiettivi indicati nell'art. 4 dello Statuto di potenziare la struttura produttiva dell'artigianato piemontese e favorirne l'ammodernamento aziendale, in attuazione del Piano di sviluppo regionale e ai sensi e per gli effetti dell'art. 63 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
A questo scopo, in armonia con gli obiettivi di riequilibrio territoriale e di maggiore diffusione dello sviluppo economico, la Regione promuove e contribuisce alla realizzazione di aree attrezzate per insediamenti artigiani".
Emendamento al secondo comma presentato dal Gruppo D.C.
Al secondo comma dopo "alla realizzazione di" aggiungere: "a) aree attrezzate per insediamenti artigiani b) aree integrate (residenza e servizi) per l'artigianato artistico e di servizio".
La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Non c'è accordo sulla parentesi dopo "aree integrate" del punto b). La maggioranza proponga una modifica al nostro emendamento.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore all'artigianato

Accettiamo l'emendamento purché si tolgano le parole "residenza e servizi" tra parentesi.



PICCO Giovanni

Il Gruppo D.C. mantiene l'emendamento.



PRESIDENTE

Chi è favorevole all'emendamento D.C. alzi la mano. L'emendamento è respinto.
Chi è favorevole all'emendamento della Giunta regionale, che si differenzia da quello del Gruppo D.C. per le parole tra parentesi "residenza e servizi", alzi la mano. L'emendamento è accolto.
Si passi alla votazione dell'art. 1.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
Art. 2 - Programmazione "Nell'ambito del Piano regionale di sviluppo la Giunta regionale sentita la consulta per i problemi dell'artigianato, predispone un piano di settore delle aree da attrezzare per insediamenti artigiani.
Il piano è soggetto all'approvazione secondo le norme della legge regionale 19/8/77 n. 43 e si articola in: a) individuazione delle zone candidate alla localizzazione di aree attrezzate per insediamenti artigiani effettuate in base ad indicatori ed informazioni riguardanti la presenza delle imprese artigiane, anche per comparti omogenei, e le loro necessità di ubicazione nelle aree suddette b) definizione delle aree che prioritariamente possono essere realizzate, tenuto conto dei riflessi sullo sviluppo produttivo sull'associazionismo economico e la capacità di commercializzazione dell'ubicazione in Comuni definiti insufficientemente sviluppati dalla deliberazione del Consiglio regionale n. 440/C.R. 1463 in data 22/2/79 della concreta disponibilità delle aziende artigiane a rilocalizzarsi e dei Comuni interessati a predisporre gli atti necessari alla realizzazione delle aree stesse.
Il piano di settore è attuato tramite gli interventi previsti nel programma pluriennale di attività e di spesa e nel relativo bilancio pluriennale e annuale di previsione ai sensi del titolo III, legge regionale 19/8/77, n. 43.
Il primo piano di settore deve essere predisposto dalla Giunta regionale entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e quindi trasmesso al Consiglio regionale".
Il Gruppo D.C. presenta alcuni emendamenti in merito.
Al primo comma dopo "insediamenti artigiani" aggiungere: "articolate come previsto al secondo comma del precedente art. 1".
Chi approva l'emendamento, alzi la mano. E' approvato.
Al secondo comma dopo "si articola in" aggiungere: "a) individuazione dei Comuni con prevalente vocazione e consolidato sviluppo di attività artigianale; inventario delle tradizioni artigianali locali e delle specializzazioni in atto b) individuazione delle località di possibile domanda di aree attrezzate ed aree integrate per l'insediamento di artigiani, effettuate.
c) definizione delle aree che prioritariamente possono essere realizzate o previste negli strumenti urbanistici, tenuto conto.".
Il Gruppo D.C. concorda di sostituire "località" con "zone". Chi approva l'emendamento alzi la mano. E' approvato.
Sostituire a "18 mesi" "12 mesi".
Chi approva l'emendamento alzi la mano. E' respinto.
Aggiungere un quinto comma così formulato: "Il piano di settore viene adeguato alle previsioni del piano territoriale comprensoriale entro 6 mesi dalla data di approvazione del PTC stesso".
Chi approva l'emendamento, alzi la mano. E' approvato.
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
Art. 3 - Finanziamenti e soggetti destinatari "Per il conseguimento delle finalità di cui al precedente art. 1, la Giunta regionale concede ai Comuni e ai consorzi di Comuni contributi in conto capitale fino al 50% delle spese relative alle opere di urbanizzazione primaria, da destinare ai sensi dell'art. 63 del D.P.R. n.
616 all'apprestamento di aree per insediamenti produttivi artigiani.
Tali opere devono essere realizzate mediante appalto dei lavori da: a) Comuni o loro consorzi b) apposite società di intervento costituite dai Comuni o loro consorzi con Enti, società finanziarie, istituti di credito, associazioni d'impresa e consorzi di imprese artigiane c) consorzio delle imprese artigiane.
Ai soggetti destinatari spetta decidere se il contributo regionale sia a fondo perduto oppure se valga quale anticipazione gratuita dei corrispondenti oneri gravanti, per legge o per convenzione con il Comune o consorzio di Comuni, sulle imprese artigiane singole o sui loro consorzi che si insediano nell'area attrezzata.
Nel secondo caso i Comuni o i consorzi di Comuni determinano i tempi le modalità e le quote di rimborso, che potranno essere previste anche in misura parziale.
Ad avvenuta assegnazione dell'area, le risorse finanziarie risultanti dai rimborsi di cui al precedente comma dovranno essere destinate alla realizzazione di infrastrutture tecniche e servizi comuni o comunque alla gestione, dell'area medesima, oppure all'avvio di nuove aree.
La misura massima del contributo di cui al primo comma del presente articolo, è aumentata fino al 60% qualora gli interventi da realizzare riguardino aree ubicate in Comunità montane.
Almeno l'80% dell'area attrezzata deve essere utilizzato da imprese qualificate artigiane ai sensi delle vigenti leggi".
Sono stati presentati numerosi emendamenti.
Emendamento presentato dal Gruppo D.C.: dopo "urbanizzazione primaria" aggiungere "e/o secondaria" e dopo "produttivi artigiani" aggiungere "come previste all'art. 1".
Chi approva questo emendamento, alzi la mano. E' respinto.
Dai Consiglieri Dadone, Raschio, Rossi: aggiungere al primo comma dell'art. 3 dopo "produttivi artigiani" la frase "come previsto dall'art.
1".
Chi approva l'emendamento, alzi la mano. E' approvato.
Dal Consigliere Majorino: nel primo comma, dopo l'espressione "l'Amministrazione regionale concede ai Comuni ed ai consorzi di Comuni" aggiungere "oltreché ai consorzi delle imprese artigiane".
Chi è favorevole a questo emendamento, alzi la mano. E' respinto.
Dal Gruppo D.C.: dopo le parole "infrastrutture tecniche" aggiungere "e sociali".
Chi approva questo emendamento, alzi la mano. E' respinto.
Dal Gruppo D.C.: dopo "servizi comuni" sopprimere "o comunque alla gestione".
Chi approva questo emendamento, alzi la mano. E' approvato.
Dal Gruppo D.C.: il testo è così modificato: "Almeno il 20% dell'area attrezzata deve essere destinata a servizi ed il 70% della restante area dev'essere utilizzato da imprese qualificate artigiane ai sensi delle vigenti leggi".
Chi è favorevole a questo emendamento, alzi la mano. E' respinto.
Si passi alla votazione dell'art. 3.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 12 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Art. 4 - Domanda di contributo "Le domande di contributo devono essere indirizzate dai Comuni o dai loro consorzi al Presidente della Giunta regionale e presentate, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e per gli anni successivi entro il 31 luglio, corredate di: 1) relazione illustrativa indicante ogni elemento di valutazione circa i tempi di apprestamento dell'area, le previsioni di insediamento l'utilità economica e sociale che la realizzazione dell'area riveste, anche in rapporto alla struttura produttiva locale e alle sue esigenze di sviluppo, e le modalità previste per la gestione dell'area stessa 2) documentazione comprovante la disponibilità dell'area o da parte del Comune o del consorzio artigiano 3) progetto tecnico integrale dell'area 4) deliberazione del Consiglio comunale o degli organi altrimenti competenti, con cui si approva il piano finanziario per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria indicandone le fonti 5) estratto degli strumenti urbanistici vigenti nei Comuni interessati attestante la destinazione ad insediamenti produttivi artigiani dell'area al cui servizio s'intendono realizzare le opere di urbanizzazione 6) elenco degli artigiani che si impegnano ad insediarsi 7) atto costitutivo e statuto del consorzio.
I consorzi di Comuni devono allegare alla do manda una copia autenticata dell'atto costitutivo e dello statuto".
A quest'articolo vengono presentati alcuni emendamenti.
Dai Consiglieri Raschio, Rossi, Dadone: alla quinta riga sostituire "entro 30 giorni" con "entro 60 giorni".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. E' approvato.
Dal Gruppo D.C.: dopo "entro 8 giorni" modificare con "dalla data di approvazione del primo piano di settore e successivamente entro il 31 luglio di ogni anno".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' respinto.
Dal Gruppo D.C.: dopo "urbanizzazione primaria" aggiungere "e secondaria".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' respinto.
Il Gruppo D.C. presenta ancora i seguenti emendamenti.
Primo emendamento: aggiungere un punto 5) così formulato: "deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del PPA o di variante dello stesso che ne comprovi l'inserimento".
Secondo emendamento: il punto 5) ora 6) viene così modificato: "estratto degli strumenti urbanistici vigenti nei Comuni interessati attestante la destinazione delle aree al cui servizio si intendono realizzare le opere di urbanizzazione e la compatibilità, eventualmente richiesta, con gli strumenti attuativi di cui alla legge 457 del 6/8/1978 e alla legge regionale 56 del 5/12/1977".
Tali emendamenti sono ritirati.
In ultimo, i Consiglieri Astengo e Marchesotti presentano un emendamento: il punto 5) del primo comma è così modificato: "estratto degli strumenti urbanistici e dei programmi poliennali di attuazione vigenti nel Comune interessato, attestante sia la destinazione ad insediamenti produttivi artigianali al cui servizio si intendono realizzare le opere di urbanizzazione, sia l'inserimento delle aree e delle opere nel programma poliennale di attuazione del Comune stesso".
Chi approva questo emendamento, alzi la mano. E' approvato.
Passiamo alla votazione dell'art. 4.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
Art. 5 - Criteri prioritari "Fino alla data di approvazione del piano delle aree previsto all'art.
2 della presente legge la Giunta regionale ammette al contributo le richieste che effettivamente potenziano le strutture dell'artigianato favorendone l'ammodernamento e consentendo uno sviluppo o un riequilibrio del territorio.
La Giunta regionale, previo parere del Comitato comprensoriale interessato che dovrà esprimersi nel termine di 30 giorni dalla richiesta delibera la concessione del contributo, indicando la somma ritenuta ammissibile, l'inizio dei lavori e il termine massimo per il completamento delle opere.
Sono ammesse a contributo anche eventuali aree attrezzate in corso di realizzazione.
Nella valutazione delle singole domande tiene conto dei seguenti criteri: 1) iniziative localizzate nel territorio dei Comuni definiti insufficientemente sviluppati con deliberazione del Consiglio regionale n.
440/C.R. 1463 in data 22/2/79 o nel territorio dei Comuni montani 2) iniziative da realizzarsi all'interno delle zone destinate a insediamenti produttivi ai sensi dell'art. 27 della legge 22/10/71,n. 865 3) esistenza di un consorzio d'imprese promotore dell'insediamento 4) garanzia di organizzazione di servizi sociali nell'area 5) omogeneità delle imprese artigiane interessate all'insediamento 6) iniziative che possono concorrere a realizzare un recupero ed una valorizzazione del patrimonio infrastrutturale e dei servizi esistenti sul territorio, sia attraverso l'insediamento nell'area di imprese che lasciano liberi centri storici, permettendo così un loro più razionale utilizzo, sia con la riqualificazione di centri storici attraverso la costituzione in essi dell'area medesima 7) garanzia di adeguata salvaguardia dell'ambiente e di difesa dell'inquinamento 8) prospettive di utilizzo di fonti di energia alternative 9) esistenza di un rapporto diretto delle imprese artigiane con il mercato 10) esistenza di iniziative per la costituzione di aree, già in corso all'entrata in vigore della presente legge 11) esistenza di un centro promozionale per la commercializzazione della produzione artigiana".
Vengono presentati alcuni emendamenti.
Dal Gruppo D.C.: il titolo è così modificato: "Criteri per l'ammissibilità dei contributi".
Chi è favorevole a questo emendamento, alzi la mano. E' respinto.
Dal Gruppo D.C.: il primo comma è così modificato: "La Giunta regionale ammette al contributo le richieste che potenzino le strutture dell'artigianato, favorendone l'ammodernamento e l'integrazione con le residenze ed i servizi sociali, nel quadro d'un riequilibrato sviluppo del territorio".
Chi approva questo emendamento, alzi la mano. E' respinto.
Dal Consigliere Rossi: dopo la parola "l'ammodernamento" aggiungere la parola "integrazione".
Chi approva questo emendamento, alzi la mano. E' approvato.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 12 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
Art. 6 - Erogazione dei contributi "L'erogazione dei contributi è disposta, anche ai fini di cui all'art.
55, ultimo comma, della legge regionale 14/3/1978, n. 12, con decreto del Presidente della Giunta regionale.
La Giunta regionale accerta attraverso i propri uffici l'attuazione delle iniziative ammesse ai contributi.
Qualora le opere non siano iniziate o realizzate nei termini previsti la Giunta regionale, salva motivata richiesta di proroga, dispone la revoca dei contributi concessi, determinando le somme non utilizzate che, insieme agli interessi legali decorrenti dalla data di erogazione dei contributi dovranno essere restituite dagli Enti interessati".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
Art. 7 - Ruolo della Finpiemonte "La Regione, per la predisposizione del piano regionale di settore delle aree attrezzate per insediamenti artigiani di cui all'art. 2 della presente legge, può avvalersi della collaborazione dell'Istituto Finanziario Regionale Piemontese - Finpiemonte S.p.A. - ai sensi degli articoli 5 e 8 della legge regionale 19 agosto 1977, n. 43.
Della Finpiemonte possono altresì avvalersi i soggetti di cui all'art.
3 per la progettazione e realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge.
La Finpiemonte può promuovere la costituzione delle società di intervento di cui all'art. 3 per la progettazione e realizzazione di aree attrezzate per insediamenti artigiani, in armonia con quanto disposto all'art. 2 e all'art. 5, secondo comma, della presente legge".
Il Gruppo D.C. presenta due emendamenti. Il primo recita: "Il secondo comma è soppresso".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' accolto.
Sul secondo emendamento aggiuntivo della D.C., chiede di parlare l'Assessore Marchesotti. Ne ha facoltà.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore all'artigianato

La Giunta accetta l'emendamento, non come aggiunta, ma come comma e cioè: "I soggetti di cui all'art. 3 possono avvalersi delle società di intervento di cui al comma precedente".



PRESIDENTE

Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. L'emendamento è accolto.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 7 è approvato.
Art. 8 - Adempimenti dei Comuni "I Comuni o i consorzi di Comuni nei confronti dei quali è stato deliberato il contributo trasmettono alla Giunta regionale, entro il 31 marzo di ogni anno, copia degli atti di cessione e delle convenzioni stipulate nell'anno precedente con le imprese artigiane insediatesi nell'area assistita dal contributo stesso; trasmettono inoltre una apposita relazione che evidenzi la parte dell'area oggetto di tali atti e convenzioni oltreché quella ancora libera.
Gli Enti interessati dal contributo sono tenuti a fornire alla Giunta regionale, su richiesta di quest'ultima, informazione, dati statistici, e ogni elemento conoscitivo giudicato utile in rapporto alle operazioni relative all'area attrezzata".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 8 è approvato.
Art. 9 - Disposizioni finali "Entro il 31 ottobre di ogni anno la Giunta regionale presenta al Consiglio una relazione illustrativa sulla gestione della presente legge".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri.
si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 9 è approvato.
Art. 10 - Disposizioni finanziarie "Per gli interventi previsti dalla presente legge è autorizzata, per l'esercizio finanziario 1979, la spesa complessiva di 1.000 milioni di lire a cui si provvede: per 500 milioni mediante una quota di pari importo, in termini di competenza e di cassa, del fondo speciale di cui al capitolo 12600 dello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1978, ai sensi dell'art. 40 della legge regionale 14/3/1978 n. 12 per gli altri 500 milioni mediante una quota di pari importo, in termini di competenza e di cassa, del fondo speciale di cui al capitolo 12600 dello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1979.
Nello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1979 sarà istituito apposito capitolo con la denominazione 'Contributi in capitale ai Comuni ed ai loro consorzi per la costituzione di aree attrezzate per insediamenti artigiani' e con lo stanziamento di 1.000 milioni in termini di competenza e di cassa.
La spesa per gli esercizi finanziari successivi al 1979 sarà determinata con la legge di approvazione dei relativi bilanci.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 10 è approvato.
Art. 11 - Dichiarazione d'urgenza "La presente legge è dichiarata urgente ed entrerà in vigore nel giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 45 dello Statuto".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 11 è approvato.
La parola al Consigliere Picco per la dichiarazione di voto.



PICCO Giovanni

Il commento sul comportamento dei Gruppi consiliari e della maggioranza su un testo di così rilevante importanza meriterebbe maggiore spazio.
L'atteggiamento della D.C. è stato di alta responsabilità per cercare di abbreviare al massimo i tempi. Non siamo responsabili della conduzione della Commissione, quindi come forza politica non possiamo essere imputati di aver ritardato i lavori.
Molto probabilmente non solo per la fretta con la quale la Giunta ha voluto concludere i lavori, ma anche per la metodologia con la quale è stato articolato il disegno di legge, la risposta sarà del tutto inadeguata alle aspettative. Il non aver voluto evidenziare con sufficiente chiarezza le connessioni che abbiamo evidenziato tra determinati tipi di attività ed altre che hanno stretta dipendenza, ed avere, anche dal punto di vista metodologico, voluto anticipare con decisioni astratte da qualsiasi contesto di inquadramento, sia sul piano urbanistico come sul piano programmatico, il riferimento al piano di settore, darà certamente il risultato di una gestione clientelare di questa legge del tutto astratta dalla valutazione complessiva dei fabbisogni e delle esigenze della comunità piemontese.
Vi sono poi alcuni 'comportamenti sconcertanti per quanto attiene alla coerenza rispetto a quanto la maggioranza ha sempre ritenuto di dover difendere. Riteniamo che tutto ciò che concerne il sociale, cioè le attrezzature connesse alle attività di lavoro, sia una componente non indispensabile, ma sia, in una valutazione politica di prospettiva essenziale per assicurare una corretta gestione.
Le proposte che concernono di destinare il 20% delle aree attrezzate ai servizi sono in palese contrasto con i disposti della legge 56. Mi auguro che nell'effettiva valutazione delle proposte che verranno fatte, la Giunta dimentichi l'onta di un voto che certamente non è stato di alto merito per quanto attiene alle valutazioni del rapporto tra le esigenze pubbliche e le esigenze, sia pure rispettabili, dell'attività privata.
Con le valutazioni fatte, non tanto per voler rivendicare meriti, ma per sottolineare la nostra disponibilità ad affrontare gli adempimenti di tipo legislativo, quindi per assicurare credibilità alle istituzioni più che favorire un'affrettata gestione della legge, ci asterremo nella votazione del testo proposto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossi.



ROSSI Luciano

Desidero ricordare che la nostra preoccupazione era di rimanere nell'ambito di quanto stabilisce il DPR 616. In secondo luogo, sottolineo che questo è un momento transitorio in attesa del piano di settore. Questo non è spirito clientelare, ma è una risposta a quanto le associazioni artigiane chiedono. D'altra parte a fronte di uno stanziamento di un miliardo che tipo di clientelarismo si potrebbe fare? Ed ancora non è del nostro Gruppo e del nostro costume politico fare una politica clientelare.
Il nostro spirito era invece di tenere conto di una realtà in movimento.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione sull'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 23 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.
Il Consiglio è convocato per domattina alle ore 9,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20.00)



(La seduta ha termine alle ore 20.00)



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