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Dettaglio seduta n.261 del 05/07/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Problemi energetici

Relazione dell'Intercommissione sul problema degli insediamenti delle centrali nucleari in Piemonte: dibattito ed eventuali determinazioni


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo il dibattito sulla relazione dell'Intercommissione sul problema degli insediamenti delle centrali nucleari in Piemonte.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente e colleghi, debbo a lei e al pubblico delle scuse per la mia intemperanza di questa mattina, probabilmente determinata da tre vizi capitali che mi affliggono: un inguaribile ottimismo, un po' di presunzione e molta ingenuità che gli amici comunisti cercano di barattare come onestà politica. Sono convinto che questo dibattito, partito da posizioni tanto lontane, debba comunque trovarci tutti presenti per arrivare ad una conclusione operativa accettabile; nella mia presunzione pensavo che il mio intervento potesse produrre nell'immediato un tentativo che mi sembra incominci a venire fuori legittimamente da parte della D.C.
di portare questo dibattito a conseguenze anche peggiori di quelle che hanno voluto i comunisti sollecitandolo.
Chi ha voluto la relazione della Commissione? Chi l'ha portata in aula? Se non si approfondisce questo certamente tutto rimane difficile da comprendere.
La maggioranza, preoccupata di dare una risposta politica agli 8.000 cittadini che hanno firmato la proposta di iniziativa popolare, ha chiesto all'Intercommissione di portare lo stato dei lavori in aula. La polemica nucleare quindi è stata introdotta in quest'aula di straforo.
Il nostro Partito ha sempre dichiarato che l'obiettivo primo di una società e di una civiltà è di raggiungere il massimo equilibrio tra l'uomo le risorse e l'ambiente. In questo senso l'energia nucleare si pone come uno strumento in funzione del tipo di risultato che si vuole perseguire uno strumento che si pone come categoria ultima in termine kantiano laddove si vanno a fare impattare tutte le esigenze che non si riescono a risolvere in modo diverso.
Questo, che in definitiva dicono tutti i partiti, deve essere letto con un minimo di realismo.
Ritenendo di dover tornare ad intervenire su questo argomento quando verranno presentati i documenti, per brevità, direi che per capire il problema nucleare bisogna distinguere tra l'elettrificazione delle nostre strutture e l'energia, problemi che molte volte non hanno alcunché in comune. Parlare, per esempio, delle energie alternative di oggi, quando si parla di energia a bassa temperatura, non ha alcun significato se ci si pone il problema del mantenimento dello stato di elettrificazione del nostro sistema produttivo. Ne deriva con assoluta semplicità e senza alcun schematismo che, se non si è cattivi profeti, si può presumere che nell'anno 2000 il petrolio non sarà più destinato a usi ignobili, cioè alla combustione nelle caldaie termiche, ma avrà un uso più significativo, sarà probabilmente appannaggio esclusivo della chimica.
A questo punto si tratta di pensare a grandi linee, di qui all'anno 2000, alle energie alternative, alla sostituzione, se non integrale, di quanto oggi provvediamo con il petrolio e probabilmente questo dovrà, a tempi intermedi, fare carico sull'energia nucleare, quindi questa categoria ultima, in tempi medi, è destinata a sopportare un grosso carico della domanda energetica.
Sottolineo però che si tratta di domanda di tipo elettrico, non di domanda energetica in senso generale. E' pur vero che il mio Gruppo e la Giunta hanno presentato bozze di progetti di legge con cui si tende ad incentivare altri tipi di energia. Dobbiamo però riconoscere che altri tipi di energia, in particolare quella morbida a bassa temperatura, non diminuiranno il consumo di elettricità, ma ridurranno il consumo di combustibile fossile per il riscaldamento, perché l'unico modo per ottenere delle energie dolci dell'elettricità è il sistema fotovoltaico che ha attualmente un costo quattro volte superiore a quello nucleare. Anche questa probabilmente è una di quelle ipotesi di lavoro non praticabili a tempi medi.
Se, a grandissime linee, il problema nucleare è questo e se la verifica che la Regione deve fare è di compatibilità e tolleranza sul piano demografico e sul piano della sicurezza del territorio, colleghi, ci dobbiamo dire con assoluta schiettezza che i problemi emersi nell'ambito dell'Intercommissione non sono di carattere territoriale, cioè obiettivo ma sono problemi di governo.
L'unico dato emerso è che non c'è alcuna garanzia sul governo delle risorse idriche del nostro Paese.
Mi pare non corretto utilizzare l'episodio del '65, perché se è un elemento che ha fatto scandalo e che ci deve far riflettere, non può essere considerato un precedente.
L'ENEL, proprio per questa mancanza di impegno programmatico, non si è mai attrezzato, non ha mai programmato gli invasi e gli svasi in funzione agricola e se in questo momento pensiamo di prevedere l'uso delle acque degli invasi per la centrale nucleare, guardando a un tipo di realtà in cui non era neanche ipotizzato l'uso per l'agricoltura, rifacciamo un precedente che non è, a nostro avviso, attuale. C'è stato il fatto della Pennsylvania e il piano energetico, al quale tutti riteniamo che il governo debba provvedere, non potrà non considerare il vecchio piano energetico come ipotesi quanto meno minimale. A mio avviso, questo problema è politico. Invito l'Assessore a voler riflettere. In ogni caso l'Amministrazione regionale, che scade nella primavera dell''80, non pu venir meno al problema della verifica, della compatibilità del territorio con l'insediamento nucleare; e non può scaricare tutto su un'ipotesi di modifica del piano energetico, perché la modifica del piano energetico potrà attendere a una serie di altri valori, di altri temi, di altri elementi, ma non potrà non considerare la necessità di collocare quanto meno quattro centrali nucleari in Italia e a questo punto la Regione Piemonte probabilmente sarà destinataria di una centrale nucleare. Questo Consiglio regionale deve far sì che il lavoro della Regione sulla verifica della compatibilità del territorio con l'insediamento delle centrali nucleari continui: questa è la richiesta che faccio ai due partiti maggiori.
Non mi sembra serio l'atteggiamento del Partito comunista che sta portando gli interessi di parte fino a conseguenze incompatibili con le sue funzioni di partito di governo, anche se non mi scandalizzo che combatta le sue battaglie di tipo elettorale come forza politica che ha il diritto di conservare il suo peso, la sua rappresentatività e le sue funzioni.
Tuttavia, secondo me, queste funzioni diventano critiche laddove mettono in discussione questa forza politica come forza di governo.
All'Assessore Rivalta, che stamattina ho visto un po' mortificato e sacrificato nella sua funzione di Assessore, che tutti apprezziamo, e in quella di uomo di partito, chiedo di non esasperare nell'ordine del giorno che ha presentato il tentativo di voler congelare in termini inaccettabili il fatto che oggi non ci sono le condizioni. La domanda che è stata posta non è di dire che non ci sono le condizioni, ma è dire se ci sono. Dire che non ci sono è dare una risposta con cui si dà come scontata una serie di considerazioni negative nei confronti delle quali l'Intercommissione (se dovrà sopravvivere, come ritengo) dovrà dare delle risposte al contrario.
In questo modo, a mio avviso, l'Intercommissione fa una fatica di Sisifo perché deve costruire sul non dimostrato. La maggioranza, quando presenterà un documento, non dovrà aggravare le difficoltà di lavoro dell'Intercommissione, perché se quest'ultima dovrà anche dimostrare la sicurezza dell'impianto nucleare, ebbene, cari amici, tanto vale scioglierla subito. Non potete, amici della maggioranza, caricare sull'Intercommissione una serie di problemi che non sono suoi, altrimenti legittimate un'altra operazione, quella della D.C. e magari del sottoscritto, di uscire dall'Intercommissione con il risultato che tutto il lavoro fatto per l'eventuale individuazione dell'area sarà abbandonato e rinviato all'autunno dell''80.
Il prof. Matteoli ad una Tv privata ha dichiarato ieri sera di ritenersi pienamente soddisfatto della posizione comunista (con poco rispetto evidentemente nei confronti del PSI), ritenendo che la presa di posizione del Partito renda accettabile la reiezione della proposta del referendum radicale, quindi, se le questioni sono in questi termini, va fatta qualche riflessione sul piano della responsabilità che tutti abbiamo.
Formulerò alcune altre considerazioni quando andremo ad affrontare il tema preciso. Per ora richiamo le forze presenti in Consiglio alla necessità assoluta e imprescindibile che la seconda legislatura non naufraghi in modo indecoroso su questo argomento, dando battaglia vinta agli amici che hanno sottoposto la proposta di referendum popolare, senza neanche dar loro il piacere di combattere. Non si tratta di una battaglia frontale, ma di una dialettica aperta alla quale non ci sottraiamo e che dobbiamo condurre utilizzando strumenti che l'altra parte, almeno per qualche mese ancora, non può utilizzare (questo rende comprensibile l'utilizzo di strumenti diversi dai nostri).
Auspico che, qualunque sia il risultato del dibattito di oggi, non si sfugga alla responsabilità di continuare, con puntualità, con date e adempimenti precisi, con risorse, con strumenti e con personale adatto, a dirimere quei nodi che la legge dello Stato ci ha lasciato da dirimere senza fughe in avanti, senza pretendere che l'Intercommissione sia in grado di produrre in questo Consiglio la dimostrazione scientifica, assoluta insospettabile sulla pericolosità delle centrali nucleari. Rinvio ulteriori considerazioni all'illustrazione di un ordine del giorno che produrrò, che contiene, con la conferma della fiducia, l'invito all'Intercommissione a promuovere il Convegno, a portare la sua relazione alla Giunta, affinché la Giunta presenti una deliberazione di massima da diramare ai Comuni, i quali, finalmente, potranno esprimersi nelle forme previste dalla legge.
Sulla scorta di quelle deliberazioni potremo verificare se esiste quel tanto di intesa che è prevista dalla legge 393 per la localizzazione della centrale nucleare.



PRESIDENTE

Informo che nella riunione dei Capigruppo si è convenuto che nella giornata di oggi si concluda la discussione in corso unitamente all'esame del punto successivo iscritto all'ordine del giorno, strettamente congiunto con questo, con l'invito a limitare i tempi di intervento nel quarto d'ora perché, anche entro questi limiti, la replica, l'esame dei documenti che verranno presentati, la loro votazione porteranno la conclusione della seduta attorno alle ore 20-20,30.
La parola al Consigliere Enrichens.



ENRICHENS Nicola

L'Assessore Rivalta questa mattina ha detto che il Partito repubblicano nel Consiglio provinciale di Alessandria ha votato un ordine del giorno contrario all'insediamento di centrali nucleari in quella provincia con la motivazione che il sito non ha i requisiti richiesti. Vorrei vedere! La linea del mio Partito è sufficientemente motivata: la Regione quindi trovi un altro sito che abbia i requisiti richiesti.
Il fatto di addossare alla legge 393, che è mal fatta, la responsabilità dei ritardi, non esime la Giunta dalle sue responsabilità nei ritardi.
La relazione è tutta incentrata sull'insicurezza delle centrali nucleari e sull'opposizione delle popolazioni e degli Enti locali. Allora mi domando: il lungo dibattito nella sede della Commissione industria presieduta dal socialista Loris Fortuna e il piano energetico nazionale votato con la legge 393 da parte di tutti i Partiti, compreso il Partito comunista, non sono serviti a niente? E' stato un lavoro inutile e irresponsabile? La presa di posizione dell'ex Ministro dell'industria, che si diceva vicino al Partito comunista, era irresponsabile?



RASCHIO Luciano

Non facciamo delle affermazioni ridicole!



ENRICHENS Nicola

Caro Raschio, quando si parlava dell'introduzione nella compagine governativa di tecnici e di esperti all'infuori del Parlamento, si faceva il nome del Ministro Prodi dicendo che era gradito al Partito comunista.
Tutte quelle dichiarazioni venivano da uomini irresponsabili che non si sono preoccupati della sicurezza delle centrali nucleari? Comunque lasciamo stare.
Ho notato uno stridente contrasto tra la relazione del socialista Calsolaro, Presidente dell'Intercommissione, e la presa di posizione della Giunta, della quale Giunta il Partito di Calsolaro fa parte niente meno che con la persona del Presidente.
C'è un pronunciamento socialista e uno comunista? La Giunta, che aveva nominato la Commissione sull'energia, prima di pronunciarsi, avrebbe dovuto attendere i lavori e le proposte dell'Intercommissione, proposte che dalla relazione Calsolaro risultano positive. Se ora la Giunta dice esplicitamente il suo parere, a mio modesto avviso, prevarica i compiti della Commissione la quale non ha più ragione di essere.
In questa vicenda (metto un po' di humour altrimenti ci addormentiamo tutti, e gli amici socialisti non se la prendano!) non sorprende tanto l'atteggiamento del Partito socialista, perché questo Partito ci ha abituati ai suoi costanti dubbi amletici ogniqualvolta deve prendere decisioni di rilievo, tanto è vero che un ignoto umorista lo ha paragonato a Cristoforo Colombo il quale diceva sempre di partire e non si decideva mai. Quando partì, partì con i mezzi degli altri; quando giunse a destinazione, non sapeva dove fosse: credeva di aver scoperto le Indie invece era in America! E' invece ingiustificato l'atteggiamento del Partito comunista che fino a ieri è stato favorevole alle centrali nucleari, oggi si proclama contrario. Dice, però, "nella situazione attuale". E cioè? Qual è la situazione attuale? L'incidente della centrale di Harrisburg? Il crescere della protesta dei naturisti, degli ecologisti, dei radicali? Ma proprio la situazione attuale, il crescere del prezzo del petrolio la minaccia degli arabi di farcelo avere con il contagocce, il dramma di fermare le fabbriche, lo sviluppo, il pericolo di aumentare la disoccupazione dovrebbero consigliare di iniziare ad attuare il piano energetico nazionale. La giustificazione addotta dal Partito comunista non regge. E' generica, illogica e non va verso gli interessi della classe operaia.
Quanto ad affermare che la scelta nucleare è una scelta capitalistica come risulta dal documento della Federazione regionale piemontese, questa scelta i comunisti l'hanno fatta quando hanno approvato la legge 393.
Giustamente dice un rapporto dei fisici nucleari svizzeri che la scelta nucleare non è una scelta politica, ma è apolitica, tanto è vero che le centrali nucleari sono all'est e all'ovest.
Dicono che bisogna rafforzare le sedi decisionali. Quali sono queste sedi se non il Parlamento nazionale? Siamo al contrordine, compagni! L'adesione alle centrali nucleari data ieri è da intendersi come un'adesione negativa. La Giunta è stata inadempiente rispetto alla richiesta della legge nazionale che prevedeva il termine di sessanta giorni per esprimere la designazione dei siti per le centrali nucleari. Se la legge 393 è stata fatta male, male hanno fatto i Partiti a votarla, anche quei Partiti che compongono la Giunta regionale piemontese. Sono passati oltre tre anni da allora. Che cosa ha fatto la Regione per informare i cittadini su questo importante problema? L'articolo 8 del nostro Statuto dice che presupposto della partecipazione è l'informazione, ma ciò non è stato fatto adeguatamente come il problema richiede, meno ancora come prevede l'articolo 9 sulle consultazioni. Ora esce il numero speciale di "Notizie" della Regione, di cui ho apprezzato la presentazione fatta dal Presidente del Consiglio, e di cui la Commissione interconsiliare per l'energia prende conoscenza soltanto oggi, almeno per quanto mi riguarda. Di questo numero speciale nell'Intercommissione non si è mai parlato e io ho partecipato a tutte le riunioni.
Ripeto che la Giunta è inadempiente sia verso il rispetto e l'attuazione di una legge del Parlamento, sia verso i cittadini della Regione. Si dice che è una legge fatta male, ma anche la legge sull'occupazione giovanile è stata fatta male, anche quella sull'equo canone è stata fatta male. Tante leggi sono state fatte male, ma sono leggi dello Stato. Allora dico che è fatta male la legge che punisce il furto quindi vado a rubare! Siamo stati e siamo ancora governati da uno Stato pontificio e borbonico, lo Stato delle clientele e di Masaniello. Per il senso dello Stato e per il rispetto dello Stato noi repubblicani siamo più che radicali (non intendendo i radicali di Pannella). Si fanno le leggi, ma non vengono attuate e poi ci si stupisce dell'esito delle votazioni. Ci si stupisce dei due milioni di schede bianche.
Nel mezzo del problema dell'energia nucleare tutti sono d'accordo sull'urgenza di reperire altre fonti di energia per sopperire alla sempre più grave carenza di petrolio. E' evidente che questa si farà sentire drammaticamente tra venti o trent'anni, quando saranno esaurite le scorte.
Allora, tra le altre fonti di energia, ci dovrà essere "anche" quella nucleare. Questa, Assessore Rivalta, evidentemente impone problemi di sicurezza. Si risolvano questi problemi in sede tecnica. I governanti devono assicurare ai cittadini un migliore sviluppo delle condizioni di vita e di lavoro. Altre nazioni sono su questa strada. Noi ci siamo messi in ritardo con il piano energetico del 1975. Non è più attuale? Miglioriamolo, ma non accantoniamolo, come vogliono certi Partiti che pure lo hanno votato.
Come si può pretendere di aumentare la produzione industriale, i posti di lavoro senza reperire nuove fonti di energia? Come si può volere...



ROSSI Luciano

Infatti la Venchi Unica licenzia tutti per ridurre l'energia!



ENRICHENS Nicola

Che ragione è questa! Che cosa c'entrano le centrali nucleari con questo problema? Lo sviluppo tecnologico presenta dei rischi. Oggi la gravità della situazione economica comporta di correre il rischio nucleare? A noi repubblicani sembra di sì. Del resto ai tecnici che dicono che ci sono dei rischi rispondono altrettanti tecnici in modo rassicurante, tra questi anche il fisico Felice Ippolito, recentemente approdato nelle liste del Partito comunista italiano.



BESATE Piero

Chi l'aveva mandato in galera? Non parliamo di corda in casa dell'impiccato.



ENRICHENS Nicola

Allora fu mandato in galera per una ragione. Non è stato il mio Partito a mandarlo in galera.
Rispondono rassicuranti i fisici della Società svizzera degli ingegneri nucleari che conta più di 200 specialisti. Essi affermano: "L'energia nucleare mostra di essere la più ecologica tra le fonti di energia per la produzione di elettricità e di calore per il riscaldamento in quantità sufficiente e ad un prezzo sopportabile per il consumatore". Un recente rapporto dell'OCSE prevede che nel 2000 il 34% dell'energia sarà prodotto dal nucleare e prevede continue consultazioni fra i governi per la sicurezza delle centrali.
Riserve mondiali di carbone. Ci sono 8.000 miliardi di tonnellate di carbone di cui 150 miliardi nella CEE (stima del Ministero industria nel piano energetico nazionale presentato al CIPE il 29 luglio 1975); 7.600 miliardi (stima del "Geological Survey") negli Stati Uniti.
La produzione attuale è di 3 miliardi di tonnellate all'anno. Potrà giungere in qualche decennio a 9 miliardi. Il carbone non è fonte di energia pulita per le scorie di anidride carbonica e fosforosa. Inoltre ha tre aspetti negativi: il costo dell'estrazione, il costo del trasporto, è molto inquinante.
Il carbone può essere trasformato in gas. Da esso può estrarsi benzina sintetica (nella seconda guerra mondiale la Germania ne ricavò 12 mila barili al giorno). E' di questa mattina la notizia che il Cancelliere Schmidt ha dato il via all'estrazione della benzina sintetica dal carbone.
Ma loro ce l'hanno il carbone, noi no.
Secondo una stima del CNEN le risorse mondiali del carbone equivalgono a 400 mila miliardi di tonnellate di petrolio, mentre la riserva mondiale di petrolio è stimata in 90 miliardi di tonnellate. Ci stiamo accorgendo in ritardo che una fonte preziosa di energia per il futuro potrà essere quella che lo è stata per il passato, cioé il carbone. Potremmo riattivare le miniere del Sulcis. Ma anche qui torna in campo la non programmazione dei governi del passato.
Secondo il CNEN le riserve di uranio ad alta concentrazione e a basso costo sono circa 1,8 miliardi di tonnellate, equivalenti a 20 miliardi di tonnellate di petrolio. Le scorte quindi sono appena un quarto di quelle di petrolio. Per utilizzare al massimo l'uranio occorre sfruttarlo con i reattori veloci, i famosi breeder, che possono moltiplicare per sessanta volte la resa dell'uranio.
Ma il discorso si fa complesso per le ragioni di politica di sicurezza delle centrali.
Come va posto il problema? Qual è il consumo di energia elettrica in Italia? Come viene prodotta? Qual è la richiesta per il futuro? E' necessaria la scelta nucleare? Nel 1976 la domanda di energia elettrica è cresciuta del 9,3%, si verifica quindi un raddoppio della domanda in sette anni e mezzo. Salta così la previsione del piano energetico nazionale che prevede per il 1985 una domanda del 4% annuo in più o al massimo del 6%.
Con le sole centrali idroelettriche non si può far fronte a tale domanda. Si è smesso di costruirne perché il loro costo era superiore a quelle termoelettriche, ma ora il discorso va ripreso. L'ENEL ci dice che non si può nutrire grandi speranze su un ulteriore sfruttamento del carbone bianco. Oggi l'energia idroelettrica prodotta è il 30% di quella complessiva che occorre all'Italia. Poco meno di 40 miliardi di Kwh all'anno; il consumo totale è stato di 160 miliardi di Kwh nel 1978.
Se si realizzassero tutti gli impianti progettati dall'ENEL per lo sfruttamento del carbone bianco si arriverebbe a produrre il 6% del totale occorrente. Impianti convenienti potrebbero essere costruiti vicino al Gran Paradiso e vicino al Monte Bianco, ma sono zone di interesse turistico; si può sfruttare gli invasi di Combanera in Val di Lanzo, di Moiola in Valle Stura, dell'Orba a Molare, ma le decisioni vanno prese a livello di Enti locali, primo fra tutti l'Ente Regione.
Gli unici progetti in corso sono le centrali di pompaggio, una di Entracque, che sarà finita quest'anno e sarà la più grande d'Europa, e quella di Piè di Lago in Val d'Ossola.
Evidentemente con l'inizio dell'era del petrolio sono state trascurate le altre fonti alternative, prime fra tutte il carbone nero e il carbone bianco.
Nel 1920 il carbone produceva l'87,1% d'energia; nel 1972 il 30,5 mentre il petrolio è salito dal 9,5% del 1920 al 45,5% del 1972. E' evidente che con l'esaurirsi delle scorte, l'aumento dei prezzi, l'era dell'oro nero sta per tramontare ed i bilanci da capogiro delle sette sorelle vanno assottigliandosi (Exxon, Shell, Mobil, Texaco, Gulf, Standard Calif, BP, oltre all'ultima francese, la Total).
Il bilancio della Exxon nel 1972 è stato di 20 mila milioni di dollari 14 mila milioni quello della Shell. Queste società, naturalmente, stanno dirigendo le loro attenzioni e i loro capitali verso l'uranio.
Nel 1990 avremo bisogno di 50 mila Mw in più equivalenti a 50 centrali nucleari. L'ENEL evidentemente non può realizzarle; allora ha realizzato centrali termiche tradizionali che costano la metà di quelle nucleari (500 miliardi), ma di più come costo di esercizio per il combustibile. A fine di ogni anno una centrale nucleare fa risparmiare 90 miliardi su quella ad olio combustibile. Ogni Kw da centrale nucleare costerà nel 1980 9 lire contro le 17 di quello prodotto da una- centrale termica.
Il 5 ottobre 1977 il Parlamento ha approvato la costruzione di otto centrali nucleari, due nell'alto Lazio, due nel Molise, quattro in Piemonte e Lombardia, con i voti dei Partiti socialista e comunista. La centrale nucleare di Caorso (850 Mw) può alimentare 15 milioni di lampadine bruciando un combustibile di 26 tonnellate di uranio. Per produrre l'equivalente una centrale a petrolio avrebbe bisogno di un milione e mezzo di tonnellate di olio combustibile, cioè il carico di 150 petroliere. Per produrre lo stesso totale di Mw una centrale a carbone dovrebbe bruciare 2 milioni 300 mila tonnellate di carbone per portare le quali occorrerebbero 60 mila vagoni, cioè un treno lungo quanto l'Italia, 1.200 chilometri.
Signori colleghi, essendo il problema complesso e comportando esso una scelta che può avere riflessi sul futuro del nostro Paese, non possiamo eludere le nostre responsabilità per quello che ci compete. Quindi non possiamo noi della Regione Piemonte, che è fortemente industrializzata dire che nella nostra Regione facciamo a meno dell'energia nucleare.
Dovremo dire allora come assicureremo i posti di lavoro e l'attuale tenore di vita ai cittadini del Piemonte quando verrà a mancare l'energia che ci viene dal petrolio. Né possiamo tornare indietro come vorrebbero i naturisti e come vorrebbe Ivan Mich, che nel libro "La convivialità" propugna un ritorno alla terra. Questo indubbiamente è un paradosso per sollecitare la gente al rispetto della natura, come paradosso fu quello di Rousseau che voleva annullare il maestro per stimolare l'educatore ad avere più rispetto del bambino.
La nostra scelta deve essere razionale e non emotiva come ci consigliano i fisici nucleari svizzeri nel loro rapporto del febbraio 1978.
Il mio Partito, coerente al voto positivo espresso in Parlamento sul piano energetico nazionale del 1975, non ha cambiato parere in proposito anzi, di fronte all'aggravarsi della crisi energetica, che coinvolge oramai le condizioni di vita di tutto il mondo, invita tutte le persone che hanno responsabilità di decisione a pronunciarsi per un sì allo sfruttamento dell'energia nucleare.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, stiamo dibattendo un grosso problema che appassiona la gente e la divide, mentre nel mondo si fa sentire più acuta la stretta energetica conseguente alla crisi del petrolio e mentre si estende sempre di più il numero di coloro che, pure non pregiudizialmente contrari alla produzione di energia nucleare per far fronte alle necessità dello sviluppo economico del Paese e del mondo, chiedono una pausa di riflessione.
Chiedono uno studio più approfondito, più in profondità, una maggiore disponibilità di dati e di notizie che consenta un giudizio responsabile non soltanto emotivo come molte volte abbiamo pronunciato, io per primo non un giudizio superficiale. Chiedono, in sostanza, più certezze, più garanzie.
Il recente incidente nucleare accaduto nella centrale di Harrisburg ha ulteriormente approfondito il solco della divisione tra i sostenitori dell'energia atomica e i suoi avversari rendendo più complicato il già difficile e impegnato confronto che tecnici e scienziati di tutto il mondo stanno conducendo da quarant'anni, ancor prima della crisi energetica provocata dalla guerra del Kippur, dal rincaro del petrolio del 1973.
Il confronto fra gli scienziati di tutto il mondo su questi delicati problemi ha assunto toni sempre più aspri, sempre più acuti provocando logicamente un contraccolpo nella pubblica opinione che partecipa al discorso nucleare, però quasi sempre in modo passionale e non in modo razionale, non avendo adeguata informazione e conoscenze tecniche del grosso e importante problema.
Si formano spinte e controspinte; quella che sembrava essere un'ondata emotiva ingrossa fino a diventare una marea che dal Lazio sale in Emilia e Romagna e arriva fino al nostro Piemonte. Ci sono stati dei ripensamenti politici in questa fase, ci sono stati dei ripensamenti tecnici che per certi versi fanno testo. Cito per tutti gli Stati Uniti, non sospetti di essere fautori di una strategia fondata sul nucleare, e ricordo il pronunciamento quasi plebiscitario dello Stato del Montana che ha votato contro il piano nucleare per il quale due anni prima, sempre con voto di massa, aveva votato a favore. Ci sono stati i referendum in Austria, in Svizzera, sia pure con risultati diversi e opposti; forse si farà anche in Svezia su iniziativa del partito di centro che, dopo aver vinto le elezioni cavalcando il "no" all'estensione del piano nucleare, si trova in crisi e sta perdendo il potere perché si trova di fronte al problema dello sviluppo economico e deve fare necessariamente ricorso alle fonti energetiche comprese le fonti nucleari.
Anche in altri Paesi europei cresce e si allarga il movimento delle cosiddette liste verdi che trovano nello scienziato Robert Jangk un sacerdote, un apostolo convinto ed appassionato che vuole inaugurare l'era del sole seppellendo la cosiddetta era dell'atomo. In alcuni Paesi Inghilterra, Francia, nella stessa opulenta Germania le iniziative delle liste verdi sono riuscite ad ottenere alcuni risultati concreti, anche se provvisori, come può essere una moratoria, una battuta d'arresto sui programmi cosiddetti nucleari. Adesso, forti di questi primi risultati chiedono molto di più, vogliono l'età del sole, vogliono la cosiddetta energia pulita, l'energia libera, l'energia che non crea dipendenze l'energia egualitaria.
Qualcuno si domanda se sono soltanto delle utopie o se invece la scelta nucleare, sporca e pericolosa, resta una tappa del progresso che il mondo dovrà tagliare.
Il dibattito è ormai vecchio di anni, mentre è nuova la constatazione che facciamo secondo cui per la prima volta si può notare qualche screpolatura in quella che pareva essere una convinzione irreversibile e indefettibile, secondo la quale appunto il nucleare è brutto, ma è necessario. Oggi non si parla più di era nucleare, si parla di fase nucleare, cioè una fase di transizione che nel calcolo di alcuni studiosi dovrà servire a saldare il vuoto fra due ere, l'era del petrolio che è in via di estinzione e l'era solare che sarà salutata, se verrà, come la vera liberazione dell'uomo dal cosiddetto bisogno energetico.
Oggi quindi si parla di "nucleare di transizione" e lo dice lo stesso insospettabile Ippolito quando afferma di non essere né un falco né una colomba in materia di energia nucleare, ma di constatare che fino a quando l'energia pulita non avrà sviluppato la sua tecnologia adeguata, la centrale nucleare in quanto tale è necessaria a far camminare la società mondiale ed a contribuire con impulsi concreti allo sviluppo economico e sociale del mondo medesimo.
La protesta ecologica è un tratto nuovo del carattere degli italiani che scopriamo oggi e che dimostra che non siamo soltanto dei mandolinisti o dei "latin lover", ma vogliamo essere anche dei cittadini che intendono partecipare alle decisioni fondamentali che condizionano in un modo o nell'altro l'avvenire del nostro Paese. Ma per partecipare e soprattutto per poter decidere con cognizione di causa, in libertà di coscienza; per poter decidere come cittadino e non come suddito di un partito o di un ente o di un'associazione o semplicemente di uno stato d'animo, bisogna essere informati, bisogna conoscere, bisogna sapere; non basta l'intuizione che talora fa da stella polare nella guida dell'uomo e della società; occorre al di là dell'intuizione, l'informazione corretta, precisa, puntuale scientifica, che non si serve o che si serve soltanto secondariamente del folclore, ma che è nutrita e sostenuta di dati, di calcoli, di equazioni di dimostrazioni; un'informazione che non fa leva sui sentimenti o sugli egoismi, che non si affida alle emozioni, ma che illustri, freddamente esattamente, i termini del complesso problema energetico, sottolineando i pericoli della centrale nucleare e quelli dell'inquinamento della centrale termica dimostrando quando, come e con quali costi si potrà avere l'energia da carbone o dal sole o dai venti o dalle onde, spiegando come si farà per coprire il buco energetico degli anni '80 e quale dovrà essere questo misterioso modello di sviluppo della nostra società. Non tacendo, infine che la nostra repulsione del nucleare, quando sia accertata documentatamente che esista, non ci affranca totalmente dal pericolo nucleare ed atomico, vuoi perché nel mondo esistono arsenali pieni di ogive e di testate nucleari, vuoi perché, a questi effetti, il mondo è veramente una piccola cosa, voglio dire una cosa di modeste dimensioni, delle quali abbiamo la conferma visiva quando il colonnello Bernacca ci fa vedere il mondo con le fotografie della terra prese dal satellite: non fanno la centrale a Trino ma la fanno a Lione e noi siamo sempre nella teorica soggezione della radiazione, essendo le "distanze" praticamente annullate.
Un'informazione estesa, efficace e didatticamente valida per la pubblica opinione, diciamo la verità, non è mai stata data nel nostro Paese e questa affermazione coinvolge in primo luogo l'ENEL, il CNEN, il Governo e anche le forze politiche, per cui il dibattito nucleare in Italia, non raramente, è stato un dibattito per alcuni versi deformato, comunque incompleto, parziale, certamente viziato all'origine di scarsa attendibilità.
Ora sappiamo tutti, e come socialisti lo abbiamo detto e ribadito nel corso del dibattito parlamentare del settembre 1977 alla Camera, che i problemi da risolvere e gli interrogativi che accompagnano lo sviluppo nucleare sono tali e tanti da legittimare una posizione di cautela e di prudenza da un lato e di approfondire la necessità dello studio e della ricerca dall'altro lato. Non esistono vie facili per risolvere i problemi energetici, non esistono prospettive senza difficoltà e non ci sono soluzioni ad una sola "facciata".
In sostanza, sostenere che non si è a priori contro il nucleare, ma che è opportuno prima varare un autentico e rigido piano di risparmio l'utilizzo pieno e reale delle fonti energetiche, un impegno pubblico nel finanziamento di fonti alternative di energia, mi pare sia una posizione altamente corretta e responsabile.
Affermare che l'indirizzo nucleare non è il solo perno sul quale ruota la politica energetica del nostro Paese non vuol dire negare il ricorso controllato democraticamente e democraticamente diretto, all'uso di energia nucleare, ma vuol dire esperire tutti gli sforzi necessari per la ricerca di fonti alternative e per lo sfruttamento di tutte le risorse energetiche del Paese, per arrivare sì al nucleare come integrazione di tutte le necessità, di tutti i bisogni che comporta il nostro sviluppo.
Dicono gli scienziati, ai quali dobbiamo credere essendo il discorso nucleare prima di tutto un discorso tecnico, di calcoli, di costi e di rischi e non un discorso di paure tenebrose o di terrorismi più o meno diffusi, che in questi ultimi anni sono stati realizzati successi formidabili nel campo della ricerca e delle applicazioni tecnologiche per l'uso delle fonti energetiche alternative e per i possibili risparmi di energia; questi risultati hanno posto il problema del superamento del deficit energetico in termini diversi rispetto a quelli in cui è stato prospettato il programma energetico nazionale che il Governo ha successivamente inserito nel piano triennale.
Diventa necessaria una rielaborazione del piano che sia liberata da quelle decisioni che alla luce delle nuove tecnologie si sono rivelate impraticabili perché tecnicamente superate oppure perché socialmente invecchiate.
In questa nuova situazione che si viene delineando la scelta nucleare non appare "totale" come qualcuno, con tutta legittimità, ha voluto rappresentare, e come era stata collocata dal piano energetico approvato per cui appare valida e opportuna la richiesta di un momento di ulteriore approfondimento scientifico che viene sempre più estesamente inteso come momento di moratoria.
E' proprio in questa valutazione dei fatti che la Regione si è collocata per quanto riguarda la situazione piemontese. Tutto ciò si deduce dalla relazione del Presidente dell'Intercommissione e dall'intervento da parte della Giunta fatto stamane dall'Assessore Rivalta. Credo di poter affermare che la Regione Piemonte sul nucleare non ha voluto saggiamente forzare le decisioni. La Regione in campo nucleare ha un limite ben preciso alla sua competenza: dare un parere sul sito; ma anche un parere meditato e responsabile comporta un lungo e approfondito esame del problema posto, che è fondamentale, complesso e delicato.
Nelle circostanze attuali pare sensato dire "no" all'indicazione del sito perché i dati in nostro possesso suggeriscono tale comportamento: mi riferisco sommariamente ai dati sull'acqua incerti e contrastanti a seconda delle fonti che li fornisce, ai dati sulla falda freatica, a quelli sulla friabilità geologica, sulla densità demografica, ecc.
La Regione non ha voluto ignorare il problema che sta alle spalle della legge 393 e se ne è fatta carico. E' da qui che discende una necessità precisa: soprassedere per il momento alla decisione di competenza per recuperare un'ulteriore fase di studio e di ricerca, una fase che consenta il reperimento di nuovi dati, di nuovi elementi e di nuove certezze scientifiche per una maggiore e migliore qualità dell'informazione pubblica, non solo di natura tecnica e culturale, ma coinvolgente sul serio le comunità piemontesi.
Tutto ciò, a mio parere, non deve far dimenticare due aspetti fondamentali che ci troviamo di fronte: la struttura produttiva del Piemonte ha un crescente bisogno di energia e questa carenza energetica anche nel breve e brevissimo tempo, deve preoccupare le forze politiche e sindacali perché non possiamo far finta di niente e scoprire un bel giorno che un'azienda chiude e mette i lavoratori in cassa integrazione, in attesa che l'Arabia Saudita ci mandi dei barili di petrolio magari alla borsa nera; il problema dell'energia nucleare investe tutte le forze politiche che in Parlamento, al di là di alcune differenziazioni, hanno ritenuto che per quella strada si deve pur passare per fronteggiare i "buchi" energetici dei prossimi anni e per garantire quindi la continuità dello sviluppo economico del nostro Paese.
La vicenda del piano energetico nazionale è nota. Di fronte al rapido aumento dei consumi energetici un primo orientamento in favore dell'energia nucleare si ebbe già alla fine degli anni '50, quando si costruirono le tre piccole centrali nucleari di Latina, del Garigliano e di Trino Vercellese.
Una parte dei trinesi si aspetta una nuova centrale perché porta nuovo lavoro, porta "l'ingrossamento" della città. Da Trino non c'è stata una grossa avversione a questa questione. A Casale invece c'é stata una protesta significativa.
Prevalse poi lo sviluppo delle centrali termoelettriche ad olio combustibile e fu quindi una specie di piano energetico basato sul petrolio che recava già in quel momento dei gravi squilibri all'economia energetica nazionale, rivelati tra l'altro dall'abbandono di molti impianti e progetti idroelettrici e dalla rinuncia alla ricerca nei campi delle altre fonti energetiche alternative, per esempio la fonte geotermica della quale il nostro Paese è particolarmente ricco.
La costruzione della centrale di Caorso (850 Mw) segnò l'inizio di una svolta per l'ENEL nel settore dell'energia nucleare la cui tecnologia si era nel frattempo enormemente sviluppata. Così nel 1970 l'ENEL elaborò un programma nel quale tutti gli ulteriori fabbisogni di energia del Paese sarebbero stati soddisfatti mediante la produzione elettronucleare.
Quando la crisi energetica scoppiò nel mondo a seguito della guerra arabo - israeliana, il Parlamento si trovò a discutere il piano energetico sotto la sferza anche della crisi petrolifera e probabilmente ne rest anche condizionato. In effetti, malgrado che le discussioni in Commissione fossero aperte, ampie e non mancassero perplessità e dissensi, la relazione finale, pur con cautele e riserve da parte di qualche Gruppo politico confermava di fatto le proposte del Governo che in sostanza erano le proposte e le scelte già anticipatamente fatte dall'ENEL per conto del Governo stesso. La Commissione parlamentare approvò sostanzialmente il programma energetico elaborato dall'ENEL.
E' di quel tempo un primo appello pubblicato a pagamento sul giornale "La Repubblica" di 85 studiosi e politici col quale si chiedeva al Parlamento una moratoria che desse modo di studiare meglio e risolvere i problemi rimasti irrisolti con la scelta del programma nucleare.
Non si fece nulla. La mozione parlamentare piena di riserve, ma favorevole ad una scelta nucleare limitata e controllata, venne approvata il 5 ottobre 1977. Se la memoria non mi inganna, il mio Partito si astenne.
Non è ambiguità: è il dubbio legittimo venuto al Partito socialista che in quella circostanza appunto si astenne. I Gruppi dell'estrema sinistra invece votarono contro e tutti gli altri Partiti votarono a favore. Quindi il Partito socialista italiano è nella proiezione della sua posizione.
Semmai sono gli altri Partiti che ci hanno ripensato e io credo profondamente nei ripensamenti: davanti ai dubbi, davanti alle incertezze è giusto fermarsi a ripensare. Chi ha il dubbio e lo esprime e cerca di coinvolgere gli altri per poterne ricavare una soluzione convinta e valida si comporta legittimamente.
Da allora sono passati quasi due anni, le discussioni sono continuate incessantemente, si sono anche approfondite e impegnate, si sono allargate a strati sempre più vasti della popolazione e si sono formate resistenze più o meno spontanee soprattutto da parte di quelle popolazioni destinate ad ospitare le centrali nucleari sul proprio territorio. Una parte dei trinesi non è da collocare tra queste popolazioni. Manifestazioni non sono mancate in Piemonte, soprattutto nel Casalese, il cui Comprensorio è indicato per le due aree di Po 1 e Po 2 e cioè di Trino Vercellese, dove già esiste la centrale Fermi, e di Filippona.
In questi due anni sono però accaduti dei fatti nuovi e rilevanti dei quali si deve tenere conto. Sono accaduti incidenti in alcune centrali nucleari, si sono fatti più stretti i rapporti fra i paesi dell'OPEC ed i paesi moderati in quell'ambito si trovano in netta minoranza; sono state scoperte nuove sorgenti di petrolio nel mare del Nord e in America; c'è stata la Conferenza di Ginevra, c'è stato il "summit" di Tokio dove i "sette grandi" hanno trovato l'accordo per non essere d'accordo e quindi per lasciare le cose allo stato di fatto, dove l'America continuerà da sola a bruciare il 37% dell'energia totale, per salvaguardare la propria economia ed il proprio modello di sviluppo ed esportare da questa condizione le sue tecnologie ai paesi da essa dipendenti, e dove - e qui sta un punto che deve farci meditare - la Francia, o meglio il suo Presidente, vagheggia (o vaneggia) truppe addestrate da utilizzare eventualmente a difesa della cosiddetta civiltà occidentale minacciata da un embargo arabo sul petrolio.
Ci sono pessimisti, ma non per questo meno attendibili, che già intravedono nelle pieghe della crisi energetica del petrolio una ragione di gravissimi contrasti internazionali che possono anche sfociare in un conflitto armato. C'è chi giustamente sostiene che le risorse energetiche del mondo debbono essere ripartite in modo diverso tra i popoli soprattutto tra i popoli emergenti che male sopportano la condizione di inferiorità e di sudditanza e dare inizio quindi ad un nuovo modello di sviluppo della vita singola e collettiva e un nuovo modo di produrre benessere e soprattutto di consumarlo.
In questo quadro d'insieme e tenuto conto che in questo frattempo sono stati realizzati progressi significativi nella ricerca di nuove tecnologie per l'utilizzazione di fonti energetiche alternative, il problema si ripropone in termini diversi. E un ripensamento, una riflessione, una valutazione, una considerazione su elementi nuovi sono comportamenti responsabili e legittimi che non impressionano più di tanto.
Se ci fosse il petrolio sempre, se fosse garantito, se i paesi produttori non aumentassero periodicamente i prezzi facendo traballare le strutture economiche dei paesi occidentali, se in sostanza gli arabi non ci facessero ballare la rumba della loro rivincita sapendo, loro per primi che il petrolio finirà presto o tardi e perderanno in questo modo questo immenso potere economico che è anche potere politico nei confronti del cosiddetto mondo industrializzato, è chiaro che non staremmo qui ad accanirci nella ricerca di una risposta valida e concreta agli inquietanti quesiti che vengono avanti, sospinti da una società che complessivamente vuole progredire con questo tipo di sviluppo e non si sogna nemmeno (lo deduco da cento segni eloquenti che tutti possiamo scoprire ogni giorno) di cambiare il modello di sviluppo e ritornare a concetti e metodi di vita che abbiamo lasciato alle spalle dopo cento battaglie sociali e socialiste e di avanguardia, per conquistare questa società che sarà una società piena di imperfezioni e di ingiustizie, sarà una società piena di iniquità e di vigliaccherie, tuttavia è una società ragionevolmente vivibile e modificabile solo se dimostrassimo volontà politica di lotta e un certo buon senso di saggezza (questa sì la prendiamo dal buon tempo andato) e un po' di attaccamento a certi valori che dovrebbero costituire le travi portanti di una comunità che sa e vuole vivere la vita.
E' chiaro che qui, invece, non si tratta di filosofeggiare, ma di tenere i piedi pesantemente ancorati al suolo e ci domandiamo come piemontesi, come italiani, come europei, come cittadini del mondo quale risposta vogliamo dare e siamo in grado di dare ai problemi urgenti e planetari che pone la crisi energetica essendo già consapevoli di due cose: il petrolio tende a scarseggiare e con esso scarseggia anche la benzina non scarseggiano invece le polemiche roventi tra il Ministro Nicolazzi e i petrolieri.
Se il petrolio tende a scarseggiare non possiamo sostituire questa carenza di energia con le polemiche roventi e nemmeno con le chiacchiere quando siano semplicemente tali, anche se apparentemente ragionate, perch polemiche e chiacchiere non accendono le lampadine e non fanno camminare le automobili.
Nel nostro Paese, ma credo anche negli altri Stati europei, molta gente come me, come la classe sociale da cui provengo e che non ho mai ricusato è stata al buio ed è appiedata da secoli e secoli perché al buio e all'appiedamento questa gente è stata sempre tenuta dai "padroni del vapore", se non proprio dai padroni del petrolio che nei secoli scorsi non c'erano.
Questa gente non è più disposta a rinunciare, in nome di non si sa bene che cosa, al piacere della luce e a tutte quelle piccole e modeste condizioni di progresso sociale che si è conquistata con dure e talora cruenti battaglie per il progresso e l'avanzamento sociale. Allora questa gente vuole vedere bene dentro al problema, chiede di essere informata per decidere in proprio, senza mutuare nulla da nessuno; non mi pare, voglio dire, che questa gente abbia già fatto la scelta bucolica, il ritorno al passato, il salto all'indietro alla vita dei boschi. E poi, a quali boschi dovremmo andare a chiedere di vivere, se i boschi sono stati distrutti e ingoiati dal cemento armato speculativo, irriverente e sacrilego? In fondo nessuno di noi ha già fatto la scelta ragionata, che non sia quella domenicale del week-end, di andare ad abitare in compagnia della formica rufa, che con apposita legge regionale cerchiamo di salvaguardare oppure con il gallo cedrone; comunque sia, una scelta del genere non mi persuade perché la vita deve essere una progressione di condizioni concatenate e successive messe a disposizione dell'uomo come portato del progresso, come conquista dell'intelligenza umana.
Non è da escludere un ribassamento e un livellamento al basso se tutti insieme non saremo capaci di dominare la crisi energetica e di proporre una soluzione valida e concreta in alternativa al petrolio, ma in quel caso saremmo costretti a subire una condizione che ci viene imposta da una logica che si è formata senza il nostro consenso, o malgrado il nostro dissenso; quindi sarebbe una condizione di forza maggiore alla quale ci dovremmo piegare, probabilmente in modo non indolore.
Ma per tranquillità nostra c'è anche chi sostiene e cerca di dimostrare documentatamente che non ci troviamo alla vigilia di un black-out spaventoso, né che il prossimo secolo sarà necessariamente un secolo di penurie combattute eroicamente da ingegneri prometeici con macchinari misteriosi e giganteschi.
Il vero problema che abbiamo davanti, dice il francese André Gors, è un problema di saldatura fra due ere, quella del petrolio e quella del sole.
Ne consegue che dobbiamo far durare per cinquant'anni ancora le risorse che abbiamo oggi. E' sostanzialmente una proposta al risparmio energetico, al risparmio vero, magari anche crudele, al risparmio che comporta sacrifici rinunce e privazioni che non possono trovare un'identità solo con una risposta tecnica, ma la debbono trovare soprattutto in funzione della società e della civiltà che vogliamo costruire.
Forse c'è molta verità in questo assunto, ma dobbiamo verificarla dobbiamo controllarla.
Una fase di riflessione sarà lecita se sarà breve, se sarà fertile di iniziative, di studi, di ricerche. A questo proposito sono allineato pedissequamente con la relazione del collega Calsolaro quando prevede e ripropone la conferenza in autunno, soprattutto perché credo che non possiamo prenderci il lusso di ripensare quotidianamente le cose decise il giorno prima né di perdere altri anni preziosi nel discettare se è giusto il tutto petrolio, se è giusto il tutto carbone, se è giusto il tutto nucleare o il tutto solare.
In questo modo saremmo fra gli ultimi a fare la nostra parte e fra gli ultimi a risolvere i nostri problemi che minacciano di rovinare addosso alle nostre deboli strutture socio- economiche.
Su queste considerazioni si è attestato anche il sindacato che non ha certamente scelto il ritorno alla candela, anche se non sono mancate riserve esplicite sul piano energetico approvato e soprattutto sulla logica che ha guidato l'approccio nucleare in assenza di un vero contributo culturale della popolazione e di una vera partecipazione pubblica alla scelta.
E dire che dovremmo essere estremamente prudenti a fare scelte di questo tipo perché nel nostro Paese sono accaduti fatti come quelli di Seveso e del Vajont; e non dovremmo mai criminalizzare nessun parere discorde, ma tenerlo sempre bene presente e sempre in buona considerazione per la scelta definitiva.
Tutti vogliamo un serio piano energetico che si avvalga di tutte le possibilità concorrenti, prima fra tutte una seria politica di risparmio che non può essere quella delle targhe alternate.
Tecnici ed economisti sostengono che nel nostro Paese si pu risparmiare il 20 o il 25% di ciò che si consuma. Non so se è vero, ma se fosse vero questo rappresenta il doppio di quello che potrebbero produrre otto centrali nucleari fra dieci anni.
Si tratta anche di attuare una diversa valorizzazione di tutte quelle fonti energetiche considerate tradizionali. Lo stesso nuovo Presidente dell'ENEL sembra essere più sensibilizzato in questa direzione.
Potenziamento quindi del settore idroelettrico, discorso che stiamo facendo anche in Piemonte per il quale la Giunta ha presentato un disegno di legge maggiore sfruttamento dei giacimenti carboniferi in Sardegna; utilizzazione delle fonti termiche che in Italia non mancano; infine serie ricerche verso altre fonti energetiche come l'utilizzazione dei rifiuti solidi urbani o dell'energia geotermica per il riscaldamento delle abitazioni.
E poi il nucleare con tutte le garanzie che la gente chiede e la tecnica è in grado di dare, mettendo così in moto un meccanismo che realizzi il consenso delle popolazioni senza terrorismi, senza ricatti di ogni genere.
Non è detto che l'Italia debba seguire la Francia con le sue 50 centrali nucleari, ma è chiaro che una decisione definitiva si impone e non sarà certamente quella di discettare all'infinito sulle centrali sì o sulle centrali no, mentre nel fiume della nostra incapacità decisionale passa il cadavere della nostra speranza, della nostra fiducia in un domani diverso migliore ed economicamente garantito.
Mi pare che questa valutazione, che ho cercato di illustrare un po' sbrigativamente (ma io non sono Ippolito), si stia estendendo e allargando a strati sempre più larghi della pubblica opinione.
. Questo è positivo e avviene in un momento in cui l'OPEC ci ha messi con le spalle al muro e sulle nostre teste sta per cadere l'ennesima stangata che ci romperà ulteriormente le nostre già fragili ossa economiche. Non dobbiamo fasciarci la testa prima che sia rotta, ma per affrancarla da ogni pericolo reale, dobbiamo trovare la capacità necessaria per fare le scelte che ci competono.
Con questa valutazione complessiva, siamo allineati con l'impostazione contenuta nella relazione del Presidente dell'Intercommissione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Signor Presidente dell'assemblea, signor Presidente della Giunta colleghi Consiglieri, sono stato incerto se prendere ancora la parola; mi ha trascinato dentro al discorso quella povera formica rufa che, difesa da un decreto, è stata richiamata qui dal Consigliere che mi ha preceduto.
La formica rufa è una specie che noi difendiamo perché se non la difendessimo andrebbe perduta e se non si tiene conto di una specie di animali non si ha il senso della dimensione nella quale viviamo, nella quale siamo chiamati a legiferare per difendere e per proteggere.
Il mio discorso non attiene alla storia del nucleare e dell'atomo.
Condivido il punto di vista che, in definitiva, o rileggiamo noi le bozze degli interventi per correggerle o a rileggerci nel tempo non ci sarà qualcuno. Maciniamo molte volte a vuoto, ma compiamo un nostro dovere.
Questo è importante: fare il proprio dovere, capiti quel che ha da capitare; dire le cose come debbono essere dette, gradite o sgradevoli che esse siano, per assumere delle responsabilità e per dare il modesto apporto che ciascuno di noi è in condizione di poter dare.
Credo di parlare in un'aula libera dalla cosiddetta "occupazione". Sono stato seduto sullo scanno su cui lei siede oggi, signor Presidente; sono stato seduto anche sullo scanno dove siede il Presidente Viglione, ho avuto altra volta occasione di guardare in su e vedere dei tendaggi di vario colore che indicavano una specie di "occupazione" dell'aula del Consiglio della Regione e ho anch'io accettato e sopportato questo genere di manifestazioni che viene da coloro i quali portano avanti delle istanze.
Ho presente il concetto di relatività di Einstein: noi discutiamo di nucleare e di atomo, loro portano innanzi il loro problema; per i lavoratori della Venchi Unica il loro problema è preminente, relativamente a quello gravissimo di cui ci stiamo occupando, è gravissimo rispetto all'altro problema del quale ci siamo occupati tardi, come ci siamo occupati tardi del problema dell'aiuto ai profughi del Vietnam. Tutto è relativo in questo mondo. Anche la validità del mio intervento è relativa.
Ciascuno di noi deve tirare le fila e dare un giudizio.
Credo, comunque, di parlare in un'aula libera e non governata da preoccupazioni esterne per affermare che veramente siamo in ritardo a prendere delle determinazioni, ma anche a proporre un interrogativo.
Appartengo ad un Partito; l'ho servito, lo servo e penso di poterlo servire finché avrò l'energia; ma in questo momento parlo come un sessantesimo del Consiglio regionale piemontese, indipendentemente dall'appartenenza ad uno schieramento di Gruppo politico e partitico; così come voi avete la vostra sessantesima parte di responsabilità nelle determinazioni che prenderete. E' in questa "relatività" che il discorso va preso e calcolato.
Signor Presidente Viglione, lei che legge un po' di tutto, lei che segue un po' di tutto, lei che fa frequenti dichiarazioni esterne in nome in rappresentanza e nell'interpretazione della realtà regionale, mi ascolti: pensavo, questa mattina, venendo qui, dopo essere stato in un'aula di giustizia, a che cosa c'era in me - e propongo a voi la considerazione che cosa ci sia in ciascun uomo investito di una pubblica responsabilità di quel torpore grigio della personalità che è emersa attraverso la proiezione di quell'"Olocausto", quando metteva in evidenza principale, anche se sembrava assolutamente nell'oscuro, quel Dorf che assisteva a tutto, che partecipava a tutto, e che non conosceva niente o fingeva di non conoscere niente. Questa nostra personalità, questa nostra umanità, questa nostra responsabilità di uomini investiti di un impegno di vita politica e pubblica, non ha qualche cosa dell'immagine di Dorf che lascia che gli eventi si verifichino e vadano innanzi nulla concretamente e seriamente facendo per impedire che si verifichino, come si verificano, le grandi cose? Nella vicenda del Vietnam il lungo silenzio non ha collocato tanti uomini ad assumere la responsabilità di Dorf? Il lungo silenzio nei confronti della realtà di oggi, del nucleare, non ha addormentato coscienze dorfiane dall'agosto del 1945, quando Hiroschima e Nagasaki davano il primo allarme di quello che sarebbe stato il "progresso" di una civiltà strana e stramba che poneva termine in una certa misura ad una guerra, ma che aveva la possibilità di sterminare gli uomini? Quanto c'è di responsabile in noi, quando non vogliamo tener presente e considerare che cosa ci sia di responsabilità nel nostro atteggiamento odierno, procrastinando ancora, ciascuno per la propria parte, la determinazione e la decisione che deve essere presa con un pronunciamento che compete. . . , a chi? Alla Giunta regionale? All'esecutivo regionale? Alla Regione come tale? O al Consiglio regionale come espressione della centralità della vita della Regione? E' il primo interrogativo che mi sembra debba trovare una soluzione anche se si potrebbe dire che sussidiaria e contestuale possa essere la responsabilità dell'esecutivo con quella dell'organo deliberante del Consiglio per la sua centralità di rappresentanza nella vita della Regione.
Questa mattina nell'aula di giustizia andavo pensando al modo antico di dire "de minimis non curat praetor". Era una causa relativa a problemi urbanistici. Il nome di Astengo, il titolo della legge regionale e della legge 10 vennero in campo con un'interpretazione del tutto distorta relativamente a quelli che sono i principi affermati. Dicevo che anche "de minimis" deve darsi ad un certo momento cura l'uomo che è investito di questa responsabilità.
Ecco perché ho preso la parola. Non per fare la filosofia di quello che è stato detto. Approvo anche che l'Ufficio di Presidenza abbia pubblicato quel fascicolo che ho visto solo affrettatamente. Però - mi si consenta - è roba conosciuta, già letta, già stampata; roba che non macina più ai fini della nostra decisione. Non soffermiamoci ulteriormente sulla storia di ieri. E' vero che bisogna conoscere il ieri per vivere oggi e per poter predisporre il futuro di domani; ma non fermiamoci più a bere l'acqua che è stata bevuta.
Condivido la relazione integrata della Commissione e formulo una proposta concreta: promuoviamo il convegno a settembre, non perdiamo dell'altro tempo, mettiamo in condizione gli uffici che lo preparano di lavorare in agosto per arrivare, magari con un altro numero speciale con l'indicazione di cose concrete, semplici, piccole, minute; quelle che possiamo fare noi come Ente Regione e quelle che possono fare i cittadini.
L'Assessore Rivalta questa mattina si è soffermato su due concetti e su due principi sui quali verterà il mio intervento. Il Piemonte, anche in questa materia, finisce per diventare una Regione pilota. Ecco perché è importante far bene le cose che debbono essere fatte.
L'Assessore Rivalta, in previsione della conferenza dell'autunno, che deve avere la caratteristica di una cosa estremamente semplice, chiara pratica, elementare, ha parlato di riduzione dei consumi. Ecco dove la Regione ha una sua parte da fare. La Regione, obbedendo alla norma legislativa nazionale, se ritiene che il territorio piemontese sia territorio che possa sopportare l'insistenza di una o due centrali nucleari, dando indicazione di scelta dell'una o dell'altra zona, può e deve dare, nell'arco di tempo che ci separa dalla realizzazione delle centrali nucleari, la sua indicazione.
La crisi durerà per molti anni, non soltanto, ma peggiorerà se non vi saranno degli interventi sostitutivi, se non ci sarà un contenimento nell'impiego dell'energia che si produce.
Signor Presidente della Giunta, capiterà ancora qualche volta anche a lei di essere in un'aula di giustizia a mezzogiorno di un qualsiasi giorno d'estate, e trovare tutte le luci del palazzo accese. Capiterà anche a lei di andare nelle aule nel mese di dicembre, e trovare le finestre spalancate per l'eccesso di calore che promana dai caloriferi. Parlo delle cose che conosco io; può essere che altrove si verifichi l'opposto e che vi sia il gelo. Queste cose denuncio perché da me vissute.
Può capitare di dover frequentare ospedali di piccole o di grandi città e di vedere lo sciupio di luci e di calore senza che vi sia alcun contenimento; nessuno che spenga, che giri l'interruttore; e così capita negli uffici pubblici. Piccole cose, certo; quelle piccole cose delle quali il pretore deve occuparsi, de minimis, per assolvere al suo dovere.
Capiterà anche al suo Partito, come al mio, che le riunioni sono fatte di notte dove la luce viene consumata e dispersa, e nessuno pensa che quello è sciupio di energia. Capiterà anche a voi, uscendo da quelle riunioni, di andare nelle strade e nelle piazze e di vedere che alle quattro o alle cinque del mattino le luci sono tutte accese ed illuminano il niente assoluto.
Non vogliamo incominciare da queste cose? Assessore Rivalta, non crede che in quel numero straordinario per il convegno di settembre non sia opportuno dare queste indicazioni perché vi sia una riduzione dei consumi? Sono le piccole cose...



CARDINALI Giulio

Siamo nell'ordine dello zero virgola zero.



OBERTO Gianni

Lo zero virgola zero come valore di consumo, è vero, collega Cardinali ma è il cento per cento come valore di costume e di civiltà; come coscienza responsabile del cittadino che deve innanzitutto fare quello che è nelle sue possibilità perché possa verificarsi quello che i governanti e i parlamentari propongono.
Assessore Rivalta, questa mattina lei ha fatto un richiamo che è stato ripreso anche dal Consigliere che ha parlato prima di me: lo sfruttamento idroelettrico. Capisco che il discorso che stiamo facendo travalica i confini, che la materia specifica è al secondo punto dell'ordine del giorno, ma è impensabile che si possa discutere di queste relazioni senza impingere nell'altro problema.
Ci sono delle centrali idroelettriche non in funzione, o parzialmente in funzione che potrebbero dare, queste sì, molto più dello 0,1. Da questo banco la situazione deve essere denunciata e da voi, responsabili del governo regionale, deve essere richiamata all'attenzione e alla considerazione di coloro i quali oggi non portano innanzi il discorso nel senso di acquisire alla produzione elementi che sono già in essere.
Certo, non una visione bucolica, ma una visione seriamente e saggiamente difensiva dei valori della natura. Nella lettura dei progetti dell'ENEL vi è l'indicazione anche dello sfruttamento nel Gran Paradiso con l'invaso che dovrebbe essere eseguito al piano del Nivolet.
Se ci si deve preoccupare di dare la fornitura di energia elettrica per l'interesse generale e per il progresso civile della società, e della "civiltà" di questa società, dobbiamo anche preoccuparci dei valori di carattere naturalistico che, distrutti una volta, sarebbero per sempre cancellati. Pensate ad un invaso al piano del Nivolet; vorrebbe dire sopprimere e cancellare dal volto della Regione Piemonte e della Valle d'Aosta una realtà tra le più cospicue, tra le più significative, che rendono legittima l'esistenza di un parco nazionale. Certo, tutti i problemi debbono essere comparati e valutati nel senso del valore che ciascuno di essi ha; ma mi sarebbe sembrato colpevole da parte mia non prendere la parola per sottolineare anche questa esigenza, denunciando, per converso, che vi è la possibilità nella Regione Piemonte e nella Regione Valle d'Aosta di recuperare nel campo idroelettrico la produzione di tanta energia che oggi resta bloccata o non è sfruttata come può e deve essere sfruttata.
Sono state fatte delle critiche. Forse sono gli imminenti 77 anni di vita e i più che 50 di partecipazione alla vita politica che mi fanno un poco agostiniano nel concepire le cose di questo mondo. Vederle e tuttavia sapersene un poco astrarre; partecipare, ma nello stesso tempo vederle un poco da lontano.
Colleghi del Gruppo comunista, non mi stupisco e non mi sorprendo di niente. Avete dalla vostra parte una presa di posizione di estrema sincerità. Basta conoscervi e leggervi. Basta non fermarsi alla data del giugno 1979. Basta andare indietro. Basta leggere non dico coloro i quali possono essere in odore di meno santità, Stalin od altri, ma i santoni, gli evangelisti, Lenin. Basta leggere quella famosa lettera di Lenin che dice sostanzialmente, concettualmente: "A noi, per raggiungere i nostri fini tutto è consentito, persino la menzogna".
Voi la verità la dite. E' che le nostre orecchie sono sorde. Voi ci avvertite anche dei pericoli che corriamo e che corriamo nonostante voi ci diciate quali sono i pericoli che volete. Nonostante voi diciate che volete farla questa società comunista, che è diversa dalla società cristiana che vogliamo noi. Voi lo dite, lo ripetete onestamente, francamente. La colpa non è vostra, la colpa è nostra che non ci rendiamo conto delle cose che sinceramente ci dite, e ci illudiamo e ci sorprendiamo qualche volta quando tornando su posizioni antiche, modificate l'atteggiamento come l'avete modificato adesso. Non è sorprendente? Per qualcuno lo è, per me no. E' nel sistema vostro, è nella vostra forma congeniale di logica comunista. Ieri valeva, oggi non vale più: modifico e riformo. Ecco perch non mi sorprendo e non mi stupisco di questo atteggiamento. Chiedo, con infinito rispetto, ai compagni di cordata che fanno parte della Giunta se credono di potersi associare anche loro a questa modificazione di atteggiamento e a questa diversa presa di posizione.
Allora sapremo che il filone è unico, sapremo che effettivamente c'é da ritenere che questo matrimonio è matrimonio di amore perfetto, non dissolubile neanche attraverso una forma di divorzio, collegato e vincolato ad un determinato atteggiamento.
Il Consigliere socialista che mi ha preceduto diceva che dobbiamo vedere la cosa quasi come se fossimo dei sudditi di questa realtà nazionale e regionale, di questa legge dello Stato. Vorrei correggermi e correggerlo per dire che noi non ci possiamo considerare dei sudditi, ma dei cittadini agenti, "uti cives"; siamo qui in Consiglio regionale "uti cives" rispondiamo all'opinione pubblica dei nostro raggruppamenti e dei raggruppamenti generali.
Vorrei concludere con un richiamo che faccio con infinita tristezza perché, al di là delle polemiche anche particolarmente roventi all'indomani di una competizione elettorale che lascia tutti insoddisfatti e scontenti tranne forse quelli che non hanno rappresentanza in quest'aula all'indomani di quella situazione resa difficile per la difficoltà della costruzione di un governo, vorrei invitarvi ad un momento di riflessione perché le decisioni che stiamo per prendere siano veramente responsabili e profonde.
Corso e ricorso storico vichiano. I paesi poveri di ieri, i paesi occupati ieri dalle varie forme imperialiste, dominano oggi tanto quanto gli imperialisti di oggi l'avvenire del mondo. Lo dominano così come vogliono e fino a che lo vogliono, condizionandoci. E l'altra faccia della luna ha un aspetto tremendo. Plaude alla creazione della bomba pulita che sarà in grado di uccidere e sterminare l'uomo e di lasciare salva la casa e le cose: la materia che ancora una volta avrà il dominio sullo spirito.
Possiamo andare avanti in una società di questo genere o la vogliamo veramente riformare con tutte le possibilità che ha anche un piccolo Consiglio regionale, vivo come può essere il Consiglio regionale del Piemonte?



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Ferrero. Ne ha facoltà.



FERRERO Giovanni

Devo confessare che faccio questo intervento con molta amarezza.
La discussione di oggi spiega perché ben prima dei supposti voltafaccia della maggioranza la centrale nucleare in Piemonte non si è fatta. Non c'era infatti nessuna prospettiva ragionevole perché questo Paese fosse nelle condizioni di parlare, con la dignità di altri Paesi industriali, di bilanci energetici, di politica energetica, di progresso e di sviluppo.
La relazione del Consigliere Calsolaro ha illustrato le varie fasi, ha fatto emergere gli errori e fatto capire anche che vedendo la questione a posteriori potevamo forse essere più capaci, avere forse iniziative politiche più conseguenti. Per essere chiari: io sarei d'accordo che si facessero in Italia le centrali nucleari, ma c'é una differenza profonda tra il dire e il fare. Una persona soltanto ha detto ai pani e ai pesci di moltiplicarsi e ha ottenuto la moltiplicazione dei pani e dei pesci. A me dà francamente fastidio solo parlare di nucleare, ma sono d'accordo di produrre e di risparmiare l'energia. Oggi non è in discussione: nucleare sì o nucleare no, è la posizione che lo Stato deve assumere nell'attuale complicata situazione internazionale, nazionale e locale.
E va anche detto subito che il Comitato regionale del nostro partito non ha tirato le conclusioni che spettavano al Gruppo regionale, né ha precostituito, con il suo comunicato, le conclusioni del dibattito che è invece legato a fatti concreti amministrativi. Mi ribello con tutte le mie forze quando sento dire che l'alternativa è la morte. Cioè che se si fanno le centrali nucleari, come è scritto in qualche libro di fantascienza, la specie umana si perderà per sempre, avrà otto occhi e stelle terribili appariranno nel cielo. Non accetto nemmeno quanto dice un autore, che è stato ripreso da altri Consiglieri nei loro interventi, Petr Bekmann fuggito, si dice nella copertina di un suo libro, dalla cortina di ferro il quale, pur svolgendo considerazioni tecniche condivisibili, dice che sarebbe ora di smetterla con questi intellettuali radicaloidi i quali hanno l'abitudine di credere che il problema dell'energia sia un problema di profitti. Non mi riconosco nel discorso di quella gente che fa a gara a terrorizzare e, in nome della paura del presente e della minaccia di un futuro chiuso, bloccato, propone di fare una scelta. Si è anche detto che ci sarà il black out, che gli operai verranno messi in cassa integrazione ci sarà la fame, la miseria, il terrore e questa civiltà occidentale crollerà miseramente in frantumi: sono ipotesi che non tengono affatto conto della questione molto più semplice che oggi dobbiamo discutere.
La questione del terrore tocca la legittimità democratica in un Paese dove esiste il suffragio universale. E inoltre se gli argomenti su cui i cittadini sono chiamati a discutere sono inerenti soltanto ad aspetti tecnici, dei quali nessuno di noi ha il minimo di competenza, voglio sapere in nome di che cosa non si fa il suffragio tra quelli che hanno almeno il dottorato di ricerca. Perché allora difendiamo questa democrazia? Quindi la conclusione delle alternative di terrore è la morte anche della democrazia nel quadro della morte della nostra civiltà. Siccome non è accettabile un'ipotesi tecnocratica, allora cominciano ad affacciarsi problemi concreti che non sono quelli del nucleare sì o no. Le Monde di oggi pubblica un articolo firmato da Xavier Weeger che dice che a Malville, tra Lione e Chambery, è in costruzione una centrale nucleare del tipo Super-Phenix da 5000Mw che in caso di incidente svilupperebbe nel nucleo una energia meccanica di 800 megajoules. Per un'energia del genere - continua l'articolista - non si sa affatto come progettare il contenitore d'acciaio perché nascono problemi di onde d'urto, di cambiamento delle caratteristiche degli acciai; e dal punto di vista matematico nessuno sa dire se un dato serbatoio potrà reggere o meno a una sollecitazione così grande. L'ENEL contribuisce con capitale italiano per il 33% del totale della spesa. E' un problema di sicurezza e ho l'impressione che Torino, nel caso di un disastro di una centrale del genere, sia dentro al raggio di prima evacuazione. Il Parlamento avrà approvato questa decisione? Vorrei leggere il documento relativo.



PRESIDENTE

Sarebbe opportuno che qualche Gruppo consiliare, attraverso i Gruppi parlamentari, rivolgesse un'interrogazione in Parlamento.



FERRERO Giovanni

Infatti. E non si può che fare dell'ironia! I piani di sicurezza esistono per questo caso come esistono per Trino. Il nostro governo, il Ministero degli interni si saranno impegnati? L'informazione all'opinione pubblica sarà stata data? Se non volessi fare le centrali nucleari in Italia farei esattamente queste cose, farei apparire sui giornali queste notizie e per tutta la vita potrei continuare a dire che i colpevoli sono gli altri. Ci sono sempre i colpevoli, Lenin poi, come ha detto Oberto, è il più colpevole di tutti e i suoi discendenti sono i colpevolini. Quindi sono gli altri quelli che non vogliono l'energia, non chi ha concezione sbagliata della democrazia, della partecipazione, e autoritaria dello Stato.
La verità è che ci sono delle ragioni politiche e delle pressioni di carattere economico che hanno fatto sì che il piano energetico nazionale non sia mai stato votato in via definitiva dal Parlamento. Il governo ha modificato le indicazioni iniziali e il partito a cui appartengo, che ha detto questo prima delle elezioni, ha fatto una valutazione molto precisa che riporta una serie di richieste sul piano che è debole, sulle procedure della legge che sono discutibili perché decentrano poteri ma non decentrano gli apparati, le strutture e le risorse. Non credo che la nostra posizione in nessuna sede sia stata diversa da quella dell'argomentazione pacata svolta sul terreno razionale in Commissione, con la presenza della Giunta.
Prendiamo allora atto che si aprono delle discussioni che non c'entrano col nucleare, ma c'entrano con la natura e la caratteristica dei partiti e con la concezione della democrazia. Non c'è dubbio che la presenza di una dialettica interna evita ai partiti alcuni tipi di guai ma ne produce degli altri, uno dei quali è l'ingovernabilità e l'impotenza. Altri partiti, non il Partito comunista, hanno avuto opinioni diverse in sedi diverse su questo punto e questo è un elemento di debolezza di quei partiti che si riflette pesantemente sulla democrazia. Finisce così, per qualcuno, che chi ha avuto coerenza nel realizzare le cose diventa quello che è responsabile del fatto che non si fanno.
Ci sono poi le pressioni economiche. Le tariffe elettriche per le acciaierie in Francia sono, mi si dice, di 80 lire per Kwh, in Italia sono di 34/35 lire; vi è un contratto speciale dell'ENEL senza garanzia di continuità che si aggira attorno alle 17 lire per le grandi e le medie industrie. Dopo il primo black out parziale e per evitarne un altro, 15 mila persone a Brescia sono state messe in cassa integrazione. E' chiaro che le pressioni economiche cominciano a introdurre la valutazione se adottare la tariffa di 17 o la tariffa di 34 lire e se nella produzione e nell'impianto aziendale sorgeranno problemi tali da far temere che l'energia elettrica raggiunga i valori francesi. C'è chi dice che i nuclearisti sono pagati dalle industrie nucleari; che gli antinuclearisti sono pagati dai petrolieri. Questa è la situazione, ma dietro potrebbe esserci una logica un po' meno grossolana. Se l'energia salisse di prezzo e se partendo dal discorso delle centrali idroelettriche da recuperare in Piemonte si ottenesse una modificazione sostanziale del regime di monopolio dell'ENEL, attraverso una pesante detassazione della produzione in proprio dell'energia, sono convinto che molti complessi industriali potrebbero trovare delle ragioni sufficienti per giustificare una produzione in proprio dell'energia elettrica. Questo fatto introdurrebbe nel mercato dell'energia elettrica delle turbative notevoli rispetto alle condizioni di mercato attuali e avrebbe un grande significato politico: la fine del processo avviato con la nazionalizzazione dell'ENEL anni fa e la riprivatizzazione delle fonti di energia.
Sono convinto che questo coacervo di interessi ha reso il piano energetico nazionale debole, le procedure della legge 393 così dubbie da non permettere nessuna realizzazione. Continuando in questo modo non vedo perché le cose debbano cambiare: quindi mancherà lo sviluppo di un ragionamento serio prima, e di una realizzazione seria poi sul problema del sistema energetico.
Perché non si debbono dire le cose come stanno e si deve far finta che esistono grandi consensi quando invece non ci sono? Credo si debba realisticamente ammettere la situazione della Commissione, la mancanza di strumenti, il fatto che la Giunta non abbia nessuna competenza, nessun potere, nessun funzionario e assumere innanzitutto per l'immediato e per il futuro provvedimenti non solo sul modo di produrre l'energia, ma sul carattere politico del dibattito che tocca i rapporti tra le forze politiche, la concezione dello Stato, la concezione della democrazia. Si può anche essere d'accordo su alcuni punti, si può anche avere una discussione sugli strumenti, sui modi, sulla responsabilità. Questo non vuol dire cambiare faccia. A noi nessuno può dire che non abbiamo fatto o che abbiamo cambiato faccia, magari ci si può accusare di ingenuità, di errori, ma siamo stati coerenti con il programma fondamentale di sviluppo del Paese e di unità delle forze politiche. Non vedo che cosa di diverso fosse contenuto o si possa dedurre dalle proposte che ha fatto l'Assessore Rivalta questa mattina.
Il Consigliere Alberton diceva: non fermiamo tutto di fronte a posizioni emotive, strumentali, andiamo avanti, non interrompiamo il lavoro, mettiamo a fuoco una proposta concreta. Possiamo discuterne. Ma le indicazioni di modifica di alcune leggi, di ritocchi su alcuni altri punti già richiamati in questo dibattito, dei rapporti con l'ENEL sono delle proposte concrete per andare avanti. Non vorrei che si dicesse che siamo contro lo sviluppo perché abbiamo detto no, e che è giusto dire sì a qualunque cosa, anche alle cose che non si sono pattuite, anche alle doppiezze, anche in carenza di piani di sicurezza o con piani di sicurezza solo dichiarati e non realizzati.
Qualche proposta, malgrado non ci siano gli apparati e le strutture, è emersa, in materia di nuovi invasi e di riordino delle utenze irrigue. Fu anche detto che non era rilevante tanto il luogo geografico indicato, ma che contava il ragionamento politico sottostante. Non proponiamo cioè alla comunità un danno certo e un indennizzo, ma proponiamo lo sviluppo dell'agricoltura, dell'irrigazione, della disponibilità di acqua nel caso di secche particolari.



CARDINALI Giulio

Si tratta o di rilanciare il problema in termini generici o di concluderlo, arrivando alle conclusioni che la legge imponeva sulle quali potevamo far emergere tutti gli aspetti dubitativi. Voi dite di no.



FERRERO Giovanni

La verità, di cui Cardinali sembra non arrendersi, è che per governare un Paese ci vuole una classe dirigente fatta di gente che dice quello che pensa e che fa quello che dice. Quando il nostro partito ha affacciato problemi concreti come la disponibilità degli uffici, di personale, delle strutture dell'ENEL in un corretto rapporto con la gente, le persone si sono volatilizzate. Ricordo, a titolo di esempio, l'atteggiamento del dott.
Ammassari. Non è vero che le proposte concrete non sono state fatte. Non si può pensare che sia la Giunta regionale da sola a fare questo discorso: in questo caso sì che si smembra lo Stato. Deve essere lo Stato, compresa la Giunta regionale, compreso ogni singolo Consigliere regionale, ad assumersi le relative responsabilità. Discutiamo allora francamente. Diamo l'impressione di essere gente capace di decidere e non di dire una cosa per sottintenderne un'altra. Questi non sono problemi tecnici e non sono nemmeno problemi attinenti l'atomo.
Dobbiamo infine avere presente che maneggiare certe parole non è come maneggiare caramelle, perché hanno contenuti e valenze che vanno al di là di quello che noi crediamo.
Ho parlato di sistema energetico perché di sistema energetico si tratta e non di questo o di quella fonte di energia, sapendo che la tecnologia è molto lenta e certe risorse si possono rendere disponibili nell'arco di decenni, che rispetto a certi problemi tecnologici la costruzione di una centrale nucleare ha un tempo relativamente breve nonostante i dieci anni e che ci troviamo in una fase della storia dell'umanità che è incominciata non tanto tempo fa, quando a qualcuno è venuto in mente che far bollire dell'acqua poteva anche servire per far girare una ruota. Immagino che l'umanità abbia passato millenni divisa in ecologi e in progressisti sulla questione teorica fondamentale del cavallo. Se mettere una corda al collo del cavallo e attaccate la corda a un carro il cavallo muore strangolato quindi siete chiaramente antiecologi perché distruggete gli animali, ma altri possono dire che quella è fonte di progresso perché con le ruote pentagonali si riesce a trasportare 50 chili per 400 metri. Poi a qualcuno è venuto in mente che ci voleva il basto, i finimenti e le sbarre, e il cavallo è diventato una forza motrice utilizzabile. La storia di intere civiltà si basa proprio sull'uso dell'energia animale. Allora non ci stupiamo che nella fase attuale i tentativi che facciamo sono molto lontani dalla stabilizzazione: sono ciononostante tentativi che vanno fatti. Per intanto credo che ci si debba collocare in una prospettiva più lunga di quella attuale. Il problema della tecnologia lenta mi fa porre delle questioni che interessano più di quelle delle centrali nucleari. Il carbone si trasforma non soltanto per produrre materie sintetiche ma anche per produrre energia, il metanolo. Per fare il metanolo dal carbone ci vogliono dei catalizzatori che sono spugne di rame le quali, però, hanno il difetto di inquinarsi quando c'è lo zolfo nel carbone. Mi chiedo: è vero o non è vero che si debba prevedere questo tipo di utilizzo del carbone del Sulcis? E' una questione rilevante che interessa anche l'occupazione. Il Presidente dell'ENEL addirittura consiglia di non riconvertire a carbone le centrali perché, entro pochi anni, si potrà disporre di combustibile liquido derivato dal carbone che può sostituire validamente il carbone medesimo.
Il problema del carbone con lo zolfo, come quello del Sulcis, come si risolve? Ci si va a cacciare in questioni più serie e più complicate di quelle del cavallo. C'è il problema dei finimenti del cavallo che è una cosa più complessa del titolo della fonte di energia. Ho l'impressione che la politica della Montedison sia pessima, che abbiamo buttato nell'industria petrolchimica una quantità spaventosa di miliardi per prendere delle pietre per macinarle, per prendere il macinato e farne delle pietre! Mi risulta anche che i centri di ricerca della Montedison sono in fase di smantellamento. So di gente brava che torna a lavorare negli Stati Uniti perché pare che non ci sia molto da fare essendo il problema dell'energia irrilevante, come è noto. Che cosa ha fatto la SIR su questi problemi, visto che era anche in Sardegna? Avrà sicuramente studiato i migliori meccanismi energetici per l'utilizzo delle miniere e la fase di chiusura delle miniere. Visto che abbiamo a che fare con un governo serio e responsabile immagino che questa non è che una fase transitoria in vista del pronto utilizzo di quelle miniere. O forse è legittimo nutrire qualche dubbio? Ho citato l'esempio dell'alcool metilico, che è un anello piccolissimo del sistema della produzione dell'energia, ma molte sono le lavorazioni che comportano un'organizzazione della società e rapporti internazionali.
Poiché si parla di rapporti internazionali gli americani Baran e Sweezj nel 1955 sostenevano che una buona parte delle teorie sull'imperialismo di Lenin si sarebbero riaffacciate su temi dell'energia. E' vero o non è vero? Conta questo rispetto all'Italia? Sostengono gli esperti che il problema dell'energia, inteso in senso di sistema quindi di rapporto energia risorse, non è tanto quello della produzione di energia elettrica, quanto quello dell'alimentazione. I nomadi non vivevano in quella condizione per solo amore di vagabondaggio; esistono problemi di bilanci energetici dei terreni che non sono da poco. Tranne la pianura padana, e alcune poche zone del mondo, zone che hanno un bilancio energetico attivo, tutte le altre zone hanno un bilancio energetico deficitario. In sostanza Israele produce i pompelmi perché pompa acqua decine di metri sotto terra, facendo girare motori e riempie i campi di fosfati e di concimi. Tenete conto che pompare l'acqua costa tanta energia e che i fosfati sono sostanze in termini di bilancio energetico probabilmente peggiori dell'alluminio. Si parla male del ferro: per produrre un chilo di ferro ci vogliono 600 Wh; per l'alluminio 6/7000. Allora, i meccanismi di guerra e di tensione a livello internazionale (non ci sono solo le paure dei parà) avvengono sul problema del cibo e del grano. La politica internazionale si gioca molto di più sul problema del pane che non sul carburante. Ho una mia opinione sul perché è finita la guerra del Vietnam ed è cominciata la guerra del Kippur e ho una mia opinione sul fatto che è uscito il rapporto sui limiti dello sviluppo ed è uscito Kissinger. I rapporti sui limiti dello sviluppo non dicono che il mondo finisce, ma danno un monito a chi comanda la parte che conta del mondo; il numero degli anni entro i quali si deve ottenere un controllo politico di questo processo è limitato e con il passare degli anni ci saranno altri popoli, altri Paesi che saranno in grado di cambiare radicalmente la dislocazione del potere. Quindi, qualche problema di politica del Mediterraneo insieme con la politica dell'Europa s'impone. Ho parlato con qualcuno che ha lavorato su queste cose in America e mi diceva che in Italia non esiste uno specialista che sappia fare in termini generali un bilancio energetico. Mi dispiace che si faccia venire qualcuno da altri Paesi per affrontare in sede di CNR ricerche di questo tipo.
Gli Stati Uniti hanno giacimenti sterminati di carbone e di scisti bituminosi. Come mai un Paese che ha tanta roba ha tanto bisogno di petrolio? Secondo me, non ne ha affatto bisogno ma ha bisogno che il petrolio, che costava 5/6 dollari al barile prima della guerra del Kippur è passato dopo quella guerra a 14 dollari al barile, ai 21/22 dollari di oggi, arrivi a 28/30 dollari al barile. E il giorno in cui questo si verificherà gli scisti bituminosi degli Stati Uniti e le miniere di carbone diventeranno competitivi e si aprirà quindi una possibilità che avrà significato politico a livello internazionale per cambiare radicalmente i rapporti tra alcuni Paesi industriali e i Paesi produttori di materie prime.
In Francia, e non in altri Paesi, pensando alle miniere di uranio del Mali e ai Paesi dell'Africa in cui non c'è convertibilità della moneta locale se non con la moneta francese, che ci sia la minaccia dei parà è un pochino diverso dal dire: poveretti i francesi, sono cattivi, però vanno a prendersi con due parà solo qualche barile di petrolio.
La politica estera è un argomento che mi sta molto a cuore per capire dove andiamo a parare. Sulla politica dell'agricoltura si chiede coerenza che non vuol dire scelta di campo, ma vuol dire classe dirigente coerentemente impegnata a sviluppare le energie del Paese.
Considero, a differenza di altri Consiglieri, Benedetto Croce una delle persone responsabili di uno dei disastri peggiori nel quale il nostro Paese sia incorso, non solo perché diceva che la matematica è uno pseudo concetto, ma perché è la radice del disastro di questa classe dirigente. A me può anche piacere la metafisica e posso anche avere dei dubbi sul fatto che l'illuminismo di per sé fughi le ombre della paura, certo non mi possono venire a raccontare che l'ignoranza sistematica di tutte le cose che pongono in discussione i rapporti reali di democrazia e di potere è un fatto progressivo. Si pongono delle questioni sull'energia sull'Università, sul CNR, sull'asse culturale della nostra scuola, sul diritto a pensare non solo di Lenin, che era un cattivone, ma di Adorno, di Baran, di Sweezj e di un mucchio di altra gente compresi gli scienziati che hanno fatto il rapporto del MIT.
I bilanci energetici in senso generale non si risolveranno in Italia e non si risolveranno nei prossimi sei mesi.
Citavo il libro di Bekmann che contiene una serie di indicazioni molto puntuali sul perché molte delle cose che si dicono sulle centrali nucleari non sono che delle volgari mistificazioni. Peraltro sono convinto che chi fa proposte di referendum abbia in mente un obiettivo che riguarda la concezione della democrazia, l'articolazione istituzionale, il rapporto tra Stato e cittadini. Per questa ragione si fanno anche i funghi atomici sui manifesti. Sbaglieremmo però se dicessimo solo che il fungo non ci sarà.
Se spiegate a un bambino piccolo che non bisogna avere paura del buio e poi gli dite che può attraversare il corridoio, il bambino continua ad avere paura; allora si introduce qualche spiegazione scientifica smontando uno per uno tutti i mostri che il bambino può inventare. Ma c'è un metodo normale: quello di prendere per mano il bambino e attraversare con lui il corridoio: si ottiene un risultato grande quanto è il rapporto di fiducia tra il bambino e la persona che lo accompagna.
Alle paure irrazionali non si risponde soltanto con un elenco illuministico dei "non è vero", questo non cambia l'atteggiamento della gente. Esiste alienazione, il rapporto quotidiano dell'uomo con gli oggetti che produce, che non gli appartengono, che gli sono nemici. Ricordate "Fantasy" di Walt Disney, quando fa vedere le scope che scopano e i secchi che buttano acqua da soli? E' l'altra faccia inquietante della realtà di tutti i giorni.
Il meccanismo più semplice per stabilizzare queste cose è di inventare delle grandi paure, la paura delle stelle viola che gireranno in cielo su un mondo senza umanità, la paura della macchina che non si capisce come funziona, che fa venir la nevrosi perché manca il gasolio, perché c'è l'ingorgo. Il discorso della fiducia deve farci riflettere.
In questi anni ciascuno di noi non deve dire più solo le cose che pensa, ma vedere se può anche mantenere le promesse fatte. Avrei qualche dubbio a prendere per mano uno e a dirgli di andare tranquillo perché c'è chi ha visto, che sa e, se succede qualche cosa, è in grado di intervenire.
E' un problema di credibilità generale.
La logica concordata tra i partiti politici democratici ha prodotto il DPR 616, con cui si fa un ragionamento coerente di decentramento dello Stato in termini di materie, di funzioni relative, di poteri e di strumenti. Come si può ottenere in questi settori così delicati consenso e responsabilizzazione effettiva quando ci sono gravi dubbi sull'impostazione generale e sulla sua credibilità che sono di natura politica e che toccano la valutazione che dobbiamo dare di grandi fenomeni di questo mondo e quando a livello concreto non ci sono strumenti corrispettivi per realizzare quegli obiettivi? Una delle risposte in termini di democrazia è quella del pieno funzionamento del sistema delle autonomie locali. Il Consigliere Alberton mi potrebbe parlare di convenzione con gli Enti locali, però non credo che questo tocchi la sostanza del problema. Non ho bisogno di uno che mi prenda per mano: ho bisogno di fidarmi di quello che mi prende per mano; non ho bisogno di sottoscrivere un pezzo di carta: ho bisogno che ci siano le condizioni di governabilità politica e tecnica perché le cose sottoscritte si facciano.
Ad Harrisburg i problemi di sicurezza non sarebbero venuti dalle macchine. Circolano voci che quando è avvenuta nel secondario, la trasformazione repentina cioè di acqua in vapore (da quel momento alla fase in cui comincia il rischio di melt-down, passano pochi secondi), le due pompe di sicurezza che dovrebbero iniettare acqua fredda e garantire la temperatura erano in manutenzione contemporaneamente. Se questo è vero è drammatico. Quando i sistemi di sicurezza sono in avaria e la centrale viene messa in emergenza, suona una sirena potentissima che funziona ad aria compressa, quindi anche in assenza di energia elettrica, e si accendono luci rosse; credo che anche un registratore dovrebbe segnalare la condizione in avaria. Chi ha sentito la sirena? Sembra nessuno. I giornali non ne parlano. Vuol dire che qualcuno prima ha staccato la sirena, poi ha messo in manutenzione le pompe. Poi ci sono anche le luci e il registratore. Si dice che qualcuno abbia coperto le luci e, finita la manutenzione, se ne sia dimenticato. Capita! Ma non voglio entrare in considerazioni di sabotaggio.
Ho visto che nel nostro Paese quando succede un terremoto partono dalla Regione Piemonte le carovane di macchine e ho anche visto che quando si devono trovare tende di tela per far sì che la gente non si bagni nascono problemi paragonabili a quelli che ha avuto Rommel in Africa. E' una faccenda inquietante che c'entra con l'organizzazione, con gli uomini, con la correttezza.
Sono certo d'accordo di trattare questi temi in modo positivo e costruttivo, accettando anche di superare gli elementi di contrapposizione che ci possono essere. Però trattiamoli. Prendiamo atto di queste cose e non consideriamo le posizioni altrui soltanto come strumentali, se non si vogliono far nascere sospetti che le posizioni proprie siano davvero strumentali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Franzi.



FRANZI Piero

La prima volta che in Piemonte si è parlato di centrali termonucleari è stato il 10 novembre 1974, nel corso di un convegno promosso dalla Camera di Commercio di Vercelli: presenti fra gli altri, l'Assessore Simonelli ed i Consiglieri Besate e Franzi.
In quell'occasione, già in presenza della prima fase della crisi petrolifera come conseguenza della guerra del Kippur, l'Assessore Simonelli richiamò l'attenzione dei presenti sull'esigenza di prendere in attenta considerazione l'urgente necessità di contenere il galoppante deficit energetico nazionale, causa di un pesante e continuo indebitamento per la massiccia importazione di petrolio.
Per fronteggiare tale preoccupante situazione venne proposto il raddoppio della centrale termonucleare di Trino, cioè altri 250 Mw di potenza.
La proposta di una centrale termonucleare nell'area piemontese venne però ufficializzata soltanto dopo l'approvazione della legge 2 agosto 1975 n. 393, del CIPE nella seduta del 9 ottobre 1975, dopo aver sentito il giorno 7 ottobre 1975 la Commissione interregionale consultiva prevista dall'articolo 2 della citata legge n. 393/1975.
In quell'occasione, presenti gli Assessori Simonelli per il Piemonte Campagnoli per la Lombardia e Rizzi per il Molise, vennero raccolti seppure in forma semplicemente consultiva, i primi pareri delle Regioni interessate agli insediamenti nucleari.
Pareri per la verità molto diversi: infatti Simonelli per la Regione Piemonte ha subito espresso parere favorevole alla localizzazione di due centrali da 1.000 Mw, soggiungendo che preliminarmente erano stati consultati gli Enti locali della zona, indicati nel piano ENEL e che pertanto, la determinazione positiva della decisione teneva anche conto del parere espresso dalle popolazioni interessate; Campagnoli per la Lombardia ha dichiarato che la Regione era d'accordo per una sola centrale riservandosi di decidere per una seconda, al fine di acquisire ulteriori e prioritari elementi rassicuranti circa la conservazione ecologica del bacino idrografico padano; Rizzi ha risposto in modo completamente negativo, come infatti è a tutti noto.
Ho voluto fare queste brevi considerazioni retrospettive per dimostrare che se il CIPE ha gravemente sbagliato nell'indicare la Regione Piemonte quale zona di insediamento, senza aver effettuato nessun preventivo accertamento tecnico - scientifico, eguale e forse ancora più grave errore è stato commesso dalla Giunta piemontese, tramite l'Assessore Simonelli nel dichiarare il primo assenso della Regione con la motivazione che il parere favorevole era sorretto da eguale parere favorevole delle popolazioni interessate.
La sola verifica, ripeto, è stata quella del novembre 1974, cioè quasi un anno prima, quando però si convenne soltanto sul raddoppio della centrale Fermi da 250 Mw e non per due nuove centrali per complessivi 2.000 Mw.
E' vero che fra il novembre 1974 e l'ottobre 1975 l'Amministrazione comunale di Trino deliberò di essere disponibile a prendere in esame l'eventuale ipotesi di un nuovo insediamento nucleare a Trino, però il presupposto di quella deliberazione era quello di un raddoppio di quella esistente e non di due nuove centrali da 1.000 Mw.
Questa precisazione è dovuta, come peraltro anche l'Assessore Rivalta molto correttamente lo ha rilevato nella sua relazione, per evitare che si continui a mandare avanti l'equivoco, come più volte è stato sostenuto, che già esiste il parere favorevole dell'Amministrazione comunale di Trino.
Oggi, nel prendere atto delle dichiarazioni della Giunta preannunciate dall'Assessore Rivalta, che allo stato attuale non si può esprimere parere favorevole per un insediamento nucleare nell'area della Regione Piemonte si vedono direttamente confermate tutte le preoccupazioni che, in modi diversi, hanno posto in evidenza le popolazioni della zona interessata durante questi ultimi quattro anni.
E' stata una battaglia dura, portata avanti non certamente con spirito fazioso ed argomentazioni allarmistiche, ma in modo molto pacato al solo scopo di salvaguardare diritti sociali ed economici già consolidati, che l'installazione di una centrale termoelettrica da 2.000 Mw avrebbe gravemente pregiudicato, perché si sarebbe sconvolta l'armonia di un'agricoltura tra le più progredite del mondo e si sarebbero create condizioni di clima che sicuramente avrebbero ulteriormente aggravato le già difficili condizioni socio-economiche delle vicine colline del Monferrato.
La battaglia (se così si può chiamare) è stata portata avanti con spirito molto democratico e sorretta sempre da documentazione tecnica inoppugnabile.
All'opposizione, per dire no all'insediamento di una centrale da 2.000 Mw nel Comune di Trino, non ci sono state soltanto le organizzazioni professionali agricole del Vercellese e del Casalese, ma anche 14 Amministrazioni comunali, due Amministrazioni provinciali ed una Amministrazione comprensoriale, sempre sorretti dai partiti politici locali (per la Democrazia Cristiana di Vercelli si ricorda il puntuale ordine del giorno votato all'unanimità dalla direzione provinciale il 1° febbraio 1978).
Ho detto che l'opposizione è sempre stata documentata con elementi tecnici inconfutabili, sviluppati con ricerche ed analisi molto puntuali e precise peraltro resesi necessarie per coprire il vuoto di notizie non offerte dagli organismi tecnici preposti per la doverosa istruttoria, ed anche quando, dopo molte insistenze, alcuni dati sono stati forniti, non sempre si sono dimostrati attendibili.
Lavoro lungo e difficile, però abbiamo la soddisfazione di aver fatto chiarezza sui troppi punti oscuri e dubitativi, dimostrando in primo luogo che nel tratto del Po, dal fiume Dora al canale Lanza manca il pre requisito "acqua" per alimentare una centrale da 2.000 Mw, e che, per assicurare il corretto funzionamento dell'impianto elettrico-nucleare, si sarebbe dovuto sottrarre da 10 a 12 metri cubi d'acqua all'agricoltura del Vercellese e del Novarese.
Questa nostra tesi, portata avanti con tenacia e sempre con nuovi dati tecnici per dimostrare che la documentazione fornita alla Regione non era corretta, è stata ufficialmente confermata dall'Amministrazione generale dei canali Cavour con lettera del 19 dicembre 1977, indirizzata al Presidente della Regione, ove puntualmente si precisa che l'ENEL ha già lamentato, in diverse occasioni, carenza d'acqua nel fiume Po, per cui si è dovuto acconsentire a ridurre a Chivasso l'immissione di acqua nel canale Cavour e far defluire nel Po acqua sufficiente per il corretto funzionamento della centrale Fermi di Trino, e così assicurare la portata minima ad essa occorrente.
La stessa Amministrazione conclude precisando come non siano da approvare insediamenti nucleari nel basso Vercellese.
Se abbiamo vinto la battaglia per difendere l'uso delle acque a favore dell'agricoltura, peraltro già scarse - al canale Cavour manca mediamente il 20% di portata ed al canale Lanza manca circa il 50% - dobbiamo per ancora vincere la battaglia per la difesa dell'ambiente, cioè far capire che l'immissione nell'atmosfera di 300 metri cubi di vapore d'acqua ad una temperatura di più 15° rispetto a quella esterna, può provocare gravi modificazioni al microclima.
A questo riguardo sarà anche necessario chiarire se il volume di vapore d'acqua è veramente di 300 metri cubi, oppure 30.000 come è stato fatto osservare dall'ing. Cigna, con la giustificazione che si è trattato di. . .
un errore della dattilografa.
Questo dimostra quanta poca attendibilità abbiano i dati che sono stati forniti alla Regione Piemonte.
Faccio osservare che, avendo letto anche la documentazione offerta alla Regione Lombardia, anche in quelle relazioni si indica il quantitativo di vapore in 300 metri cubi, per cui è da verificare se veramente si tratta di semplice sbaglio della dattilografa, oppure se è errore di calcolo, il che sarebbe ben più grave.
Dobbiamo anche far capire che riversare nel fiume Po da due a tre metri cubi di acqua al secondo, ad una temperatura superiore di 15-16° a quella di ambiente, quando scorrono appena sei o sette metri cubi al secondo, si possono causare gravi modificazioni alla flora e alla fauna fluviale nonché conseguenze disastrose per i produttori agricoli sottesi che utilizzano tali acque per l'irrigazione dei loro campi.
Proprio per questi motivi dobbiamo essere molto rigorosi nel far rispettare la legge Merli che ammette, come limite massimo, un sovralzo di temperatura di appena 3°, ma perché tale condizione sia attuata è necessario che nel fiume vi scorrano almeno 14-17 metri cubi al secondo.
Sono tutti aspetti che interessano la salvaguardia dell'ambiente, che riguardano tutta la società, anche se per la verità i primi a subirne l'impatto negativo sono, ancora una volta, i produttori agricoli.
Sono interrogativi e domande che più volte ci siamo posti ed abbiamo posto ai tecnici del CNEN e dell'ENEL, ricevendo però sempre risposte molto generiche, evasive, e poco puntuali.
Così, ad esempio, per sopperire alle attuali carenze idriche è stato proposto, da parte dell'ENEL, lo svaso di bacini montani, ma quando sono stati presentati studi e diagrammi disponibili si è potuto constatare che nei mesi più critici di aprile e maggio, quando necessita l'acqua per l'agricoltura, i bacini sono completamente vuoti, mentre per quanto riguarda le condizioni di clima ci sono stati forniti quelli di Caselle e non quelli del basso Vercellese. Tutti sappiamo infatti che gli aeroporti si costruiscono nelle zone meno nebbiose, mentre a Trino vi è un'umidità costante del 90-95% durante tutte le ore notturne e lunghi periodi di nebbia bassa e medio-alta, assenza di venti con velocità media di 3-3,4 km all'ora, variazioni termiche fra i 300-800 m, condizioni che potrebbero pesantemente aggravarsi con l'installazione di una centrale termonucleare.
Fortunatamente abbiamo avuto l'intelligente ed obiettiva consulenza della Commissione scientifica, composta da tecnici dell'Università e del Politecnico, che hanno fatto chiarezza su molti punti dubitativi dimostrando che le tesi sostenute dai produttori agricoli vercellesi erano vere e fondate.
Certo molto resta ancora da fare, e se proprio si vuole, in Piemonte una centrale termonucleare, per avere questo fiore all'occhiello, e visto che a Trino manca il pre-requisito della disponibilità di acqua e le popolazioni sono contrarie, allora si devono prendere in considerazione anche quelle altre zone che sono state individuate nella Relazione IRES per quanto riguarda disponibilità di acque, e nella relazione degli esperti della Regione per quanto riguarda l'indice di qualità demografica, cioè l'area di Polonghera in provincia di Cuneo. Se poi anche questa località non presentasse i necessari requisiti, allora bisogna avere il coraggio politico e civile di dire che, in Piemonte, non vi sono le condizioni minime per installare una centrale termonucleare di 2.000 Mw. E' troppo facile e comodo dire che un impianto del genere sta bene in una zona e non in un'altra. Tutti sappiamo perché da anni si insiste su Trino, anche se di fronte ai dati tecnici, non si riscontrano le necessarie condizioni di compatibilità, per cui verificare se vi sono altre aree idonee è il minimo che si deve fare nell'interesse generale della società piemontese. Capisco che affrontare e definire il problema di far quadrare il bilancio energetico debba rappresentare per tutti l'impegno più pressante e urgente tuttavia vi sono aspetti che meritano altrettanta considerazione perché le decisioni che si assumono oggi sono irreversibili e possono coinvolgere il corretto processo di sviluppo sociale ed economico di intere zone. Per prima cosa bisogna chiarire una buona volta se il problema energetico coinvolge soltanto aspetti di vita e produttivi, collocabili nell'ambito di una "certa" zona politico - amministrativa, quale la Regione, oppure se non sia più corretto e tecnicamente più preciso collocarlo in un'area geografica a livello interregionale almeno a dimensione di bacino idrografico, e se poi ogni Regione amministrativa deve quadrare il proprio bilancio energetico in forma autonoma, allora si rende indispensabile accertare prioritariamente se non vi siano altre fonti produttive.
Ultimamente, infatti, anche se in modo non diretto, abbiamo appreso che l'ENEL nella sola area piemontese (esclusa la Valle d'Aosta), potrebbe produrre energia idroelettrica per circa due miliardi e mezzo di Kwh, e se poi l'indagine ENEL venisse integrata con gli studi della Regione Piemonte allora la produzione idroelettrica potrebbe salire a tre miliardi e seicento milioni di Kwh.
Anche l'ing. Bevilacqua dell'ENEL, nel corso dell'incontro con l'Intercommissione del giorno 10 marzo 1978, ha precisato che, utilizzando meglio le risorse idriche piemontesi, si potrebbero produrre circa 10 miliardi di Kwh, cioè più di quanti ne può produrre una centrale termonucleare.
Sono indagini ed accertamenti necessari perché anche esperti in materia, da noi interpellati in proposito, hanno confermato che il potenziale idroelettrico è rilevante, e visto che l'ENEL preferisce il nucleare alle risorse naturali, è compito della Regione approfondire questi studi e queste ricerche, anche per il più razionale sfruttamento dei corsi d'acqua, fiumi e canali.
E' urgente portare avanti questi impegni perché dobbiamo contenere il deficit elettrico già oggi, mentre il nucleare, e tutti lo sanno, potrà produrre soltanto fra dieci anni.
La nostra primaria preoccupazione dev'essere quella di ricercare soluzioni capaci di coprire il fabbisogno di energia negli anni '80 portando contemporaneamente avanti la ricerca per realizzare sistemi produttivi rinnovabili e tali da non penalizzare nessun settore della nostra società.
Noi, nel Vercellese, sensibili a questi problemi, siamo disposti a collaborare per sperimentare, provare ed applicare sul piano pratico quanto le nuove tecnologie possono offrire, e così, ad esempio, abbiamo aziende agricole disponibili ad installare impianti sperimentali per verificare come si possono sfruttare le acque dei canali irrigui per piccole produzioni di energia idroelettrica, oppure pannelli solari per scaldare l'aria per essiccare il riso e gli altri cereali.
Sono disponibilità umane e civili che non devono essere lasciate cadere nel nulla, ma sorrette con contributi e finanziamenti pubblici adeguati perché è proprio da questa volontà di collaborazione che possono scaturire soluzioni valide e positive per risanare i problemi dell'oggi.
Abbiamo quindi accolto positivamente la notizia appresa dai giornali secondo cui la Giunta intende presentare un proprio disegno di legge per finanziare iniziative, anche minime, per la produzione di energia elettrica sfruttando risorse oggi inutilizzate.
Confermo, quindi, affinché la Giunta ne faccia buon uso, che i produttori vercellesi, anche se contrari al nucleare perché fortemente preoccupati per la pesante ed irreversibile servitù cui dovrebbero sottostare, sono disponibili a collaborare per portare avanti tutte quelle iniziative capaci di realizzare soluzioni diverse da quelle proposte dall'ENEL.
Mi sono limitato a valutare aspetti strettamente tecnici, acquisiti in quattro anni di letture e di partecipazione a tutti i convegni, senza soffermarmi a considerare altri aspetti riconducibili ai rischi e pericoli di natura nucleare.
Volutamente non ho fatto considerazioni allarmistiche sui pericoli tipo quello più recente e più noto di Harrisburg, perché sicuramente sarei tacciato dai sostenitori dell'atomo di strumentalizzazione e di violenza ideologica, però non accetto che si faccia eguale violenza dicendo che se non si costruiscono le centrali nucleari si arresta il progresso, si illumineranno le abitazioni con la candela ed il lume ad olio.
Certo che, dopo aver ascoltato alla Tv il dibattito proposto dal TG1 il giorno 5 aprile di quest'anno, appena dopo l'incidente di Harrisburg, e si è appreso che in quella località si è dovuto immediatamente evacuare i bambini e le gestanti sino ad una distanza di 16 km, e si è sentito il Sindaco di Caorso dichiarare che sono fortemente aumentati i dubbi sull'attendibilità del rapporto Rasmussen, che secondo Robert Younk il rischio di Harrisburg poteva rappresentare una Seveso all'ennesima potenza mentre secondo l'ing. Velona dell'ENEL non si è trattato che di una serie di circostanze negative, viene spontaneo chiederci come ed in che modo si possono confortare le nostre popolazioni, come ed in che modo si può dare affidamento a tutte le assicurazioni che sino ad oggi ci sono state fornite.
Signor Presidente, colleghi, dopo quanto pronunciato, volutamente non traggo precise conclusioni, perché comunque mi pronunciassi, sarei classificato fra gli antinucleari, anche se oggi non ho fatto altro che ripetere quanto vado sostenendo da circa quattro anni, cioè che la scelta di Trino è sbagliata, che danneggia l'agricoltura, e come rappresentante e conoscitore dei problemi agricoli, come in questi nove anni di presenza in Consiglio regionale ho cercato di dimostrare, non posso esprimere un voto positivo in favore di tale scelta.
Mi rendo conto che il problema è grave e che comporta l'assunzione di responsabilità globali e non solo settoriali, ma essere responsabili significa anche porre in evidenza che certe soluzioni sono errate e che sia necessario ricercarne altre capaci ugualmente di rispondere in senso positivo, senza necessariamente danneggiare alcuni per il bene degli altri e questi "alcuni" sarebbero ancora una volta i produttori agricoli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

Gli interventi svolti in aula e il residuo buon senso che credo di conservare consigliano di tralasciare una serie di argomenti e di problemi che ho appreso attraverso la partecipazione ai lavori della II Commissione sui quali, peraltro, non ho acquisito una conoscenza sufficiente per diradare dubbi e perplessità.
Mi soffermerò solo su alcuni aspetti centrali cercando di pormi l'interrogativo sulle conclusioni verso cui sta andando il Consiglio regionale, anche per capire in quale modo l'approfondimento operato insufficiente e non ancora capace di tradursi in un'indicazione puntuale e rigorosa, possa costituire un momento di riflessione comune da non disperdersi per il futuro.
Anch'io come il Consigliere Ferrero, con amarezza ma con motivazioni diverse, non intendendo riprendere considerazioni generali di carattere economico e di politica internazionale, assisto e partecipo ad un dibattito in cui mi pare di comprendere che esiste una divaricazione tra i risultati che abbiamo raggiunto e gli impegni per il futuro. Sembrerebbe quasi di assistere alla fine di una fase e all'inizio di un'altra in cui l'impegno della Regione rischia di stemperarsi e di ridursi ad iniziativa di studio e di ricerca generale, senza assunzione di responsabilità politica nei confronti del Governo centrale e della comunità regionale volta a favorire un processo di crescita democratica.
Dopo questo dibattito dovremo riflettere sul significato dell'Intercommissione appositamente creata per affrontare i problemi energetici e, in qualche misura, dovremo chiederci se ai limiti riscontrati nei lavori della II Commissione prima e dell'Intercommissione poi, debba seguire un puro momento di informazione o invece una riconsiderazione delle competenze della Regione e la definizione degli strumenti che consentano di esercitare le responsabilità alle quali non possiamo sottrarci nei confronti della comunità regionale.
Ed allora credo che sia doveroso fare subito un'autocritica rispetto al modo con cui in questi anni abbiamo lavorato. Non si può dire che non ci sia stato approfondimento attorno ai principali problemi, che ha per comportato la ripetizione di confronti senza pervenire ad indicazioni e decisioni precise. Secondo il mio parere sarebbe ingiusto liquidare questa fase, come se fosse stata contrassegnata da confronti formali e da chiacchiere, come qualcuno ha detto all'interno degli organi della Regione credo invece che sui lavori della Commissione abbiano pesato alcuni vizi e limiti di fondo, come l'assenza di strumenti a servizio della Regione e dell'Intercommissione, e il fatto che si trattava di procedere, senza adeguati supporti tecnici e scientifici, ad un approfondimento con il CNEN con l'ENEL e con tutti gli organismi preposti alla politica energetica del nostro Paese per conseguire adeguate garanzie sulla sicurezza e sui controlli. Questo, infatti, non è un dato di novità emergente dal dibattito di oggi in Consiglio regionale. Sarebbe doveroso e istruttivo per tutti i Consiglieri procedere alla pubblicazione, sia pure in una stesura schematica, dei verbali della II Commissione e dell'Intercommissione risulterebbe che una serie di problemi che oggi sono sottoposti all'attenzione del Consiglio regionale erano già stati approfonditi dai Consiglieri e dagli Assessori che si sono occupati del problema dell'applicazione della legge 393 e dei problemi della politica energetica.
Non solo all'Assessore Rivalta, ma anche ad altri è toccato in sorte in questi anni di essere ingiustamente attaccato e individuato come rappresentante di forze politiche che non si esprimono con coerenza rispetto alle decisioni e agli accordi programmatici assunti a livello nazionale.
Tutti corriamo il rischio della non credibilità. Mutamenti di indirizzo e di indicazione politica devono essere supportati da motivazioni e da impegni politici che consentano di dire che la Regione nelle sue diverse espressioni di responsabilità non si è liberata di un problema per un certo periodo di tempo; ma che, invece, attraverso motivazioni chiare, precise e puntuali, ha individuato la necessità di una riflessione più vasta che mette in campo il rapporto istituzionale con gli organi centrali di Governo, con il CNEN e con l'ENEL.
In sostanza oggi si viene a dire che l'Intercommissione non ha nulla di nuovo e di definitivo da riferire al Consiglio regionale. Quindi ogni accentuazione polemica che tenda a superare il problema, riducendolo ad una risposta positiva o negativa in ordine alle centrali nucleari è fuorviante,perché questo schematismo lo abbiamo risolto o abbiamo creduto di risolverlo quando nella II Commissione e nell'Intercommissione siamo entrati nel merito dei problemi e, sia pure con limiti, insufficienze e carenze nei rapporti con il Governo centrale, abbiamo cercato di renderci conto del significato dell'attuazione della legge 393 e, più in generale dei problemi energetici del Paese e della nostra Regione.
L'Intercommissione non viene al dibattito in Consiglio regionale perch autonomamente ha ritenuto di aver raggiunto un livello di approfondimento che consenta delle scelte, ma viene al dibattito perché il suo Presidente è stato sollecitato dalla Giunta. L'Intercommissione, a meno che non ci siano ulteriori approfondimenti, non ha più motivo di esistere e di funzionare.
Non credo che la Regione abbia bisogno di una Commissione speciale solo per organizzare il convegno che da tempo si è impegnata a fare.
Più volte ci siamo trovati nella realtà di dover prendere atto che nei momenti decisivi ha prevalso l'indicazione e la volontà politica della Giunta. Di questo non mi scandalizzo, ma dico che se si ritiene che debba essere la Giunta a procedere negli ulteriori approfondimenti, allora essa deve assumersene con pienezza la responsabilità nei confronti del Consiglio. Se invece si ritiene opportuno proseguire in un lavoro congiunto, occorre allora delimitare i campi di responsabilità, i tempi, le modalità e gli strumenti di lavoro. Da questo equivoco è opportuno uscire per dare maggiore credibilità all'iniziativa politica della Regione Piemonte.
Non voglio polemizzare, ma ricordo che su fatti modesti l'Intercommissione non ha potuto esprimere la propria iniziativa e la propria capacità di intervento autonomo e decisionale, come, per esempio nel caso della redazione del numero speciale sull'energia. Se si ritiene che l'Intercommissione non abbia neppure la competenza per occuparsi dell'informazione alla comunità regionale, credo veramente che essa abbia cessato di svolgere una funzione positiva.
Più volte in II Commissione e in Intercommissione sono state da noi evidenziate realtà esistenti nel ciclo di produzione dei combustibili, come quella di Bosco Marengo, e per il deposito delle scorie, come quella di Saluggia, e i problemi dell'impatto ambientale delle centrali nucleari della sicurezza e del controllo. Non si è pervenuti a proposte poiché la condizione all'interno della quale abbiamo operato dava come largamente scontata l'ineluttabilità di una scelta rispetto alla quale dovevamo solamente raccogliere dati, informazioni, procedere ad approfondimenti che alla fine, avrebbero dovuto portarci a dire se i pre-requisiti e le condizioni di controllo, di sicurezza, di garanzia erano tali da poterci consentire l'indicazione richiesta dalla legge 392. Se oggi la situazione si presenta in termini diversi, se oggi i Gruppi che prima si atteggiavano con più certezza rispetto all'inevitabilità e alla necessità di compiere la scelta a favore dell'insediamento di una centrale nucleare da 2.000 Mw sul territorio della nostra Regione si esprimono in modo opposto, occorre allora dire con chiarezza se si intende procedere o no nell'ulteriore approfondimento, definendo tempi e responsabilità. I limiti, le carenze e le insufficienze del passato non sono addebitabili a chi ha diretto il lavoro o a chi ha partecipato al lavoro stesso, ma invece alla carenza di strumenti, all'incertezza sulle responsabilità e in ordine agli obiettivi da perseguire.
Nel febbraio del '78 sono stato invitato pubblicamente da fronti opposti ad avere coerenza con le decisioni contenute negli "accordi programmatici a sei" e a uscire dalle ambiguità perché non parevo "troppo" nucleare. Non ho questo tipo di preoccupazione. Le preoccupazioni che abbiamo sono quelle che il Consigliere Pranzi ha richiamato e che abbiamo espresso più volte all'interno degli organi dove abbiamo operato. Però, e soprattutto nella mia provincia, ci siamo sforzati di difendere le modalità attraverso cui la Regione stava lavorando per acquisire dati, informazioni approfondimenti che servissero a compiere scelte rigorose e ad andare al confronto con la gente con un'informazione corretta ed esauriente. Abbiamo sempre tenuto questo atteggiamento non per ambiguità, ma per prudenza.
Sarebbe curioso che il Consiglio regionale contrapponesse motivi di parte per rimarcare che le insufficienze e le carenze possono anche esserci a livello nazionale; queste considerazioni sono già avvenute nel confronto che c'è stato in questi anni, e credo che oggi non sarebbe saggio radicalizzare le posizioni per contrapporre forzatamente due schieramenti che dividano i nucleari dagli antinucleari.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Non ho molto da aggiungere a quanto hanno detto l'Assessore Rivalta e il Consigliere Calsolaro. Dal dibattito di oggi ho tratto conclusioni non proprio edificanti. Molto spesso l'improvvisazione, il desiderio di dire qualunque cosa fa premio sulla necessità di rigore e di serietà che è anche il modo migliore per farci comprendere dagli elettori. Va invece riconosciuto al Presidente dell'Intercommissione di aver svolto una relazione seria e rigorosa sul lavoro che abbiamo svolto in questi mesi.
Non è solo un riconoscimento formale, ma è anche un riconoscimento nel merito.
Devo fare alcune considerazioni sul tema del cambiamento di posizione della Giunta qui ripreso con serietà da alcuni, con molta leggerezza e superficialità da altri. Se non si ascoltano attentamente le nostre motivazioni, il rischio è quello di strumentalizzare, di mistificare, di non capire. La Giunta, e anche noi per la parte che abbiamo nella maggioranza insieme con i compagni socialisti, siamo stati mossi dall'urgenza di assumere una posizione chiara, non equivoca e non ambigua su una questione che richiama l'assunzione di responsabilità di fronte ai cittadini e alla comunità piemontese. Questa urgenza non avrebbe permesso di escogitare nuove forme di rinvio, pronunciamenti non chiari. I Consiglieri Genovese e Alberton hanno messo in rilievo alcuni limiti del lavoro svolto ma, oltre ai limiti, va messo in rilievo il cambiamento profondo delle cose. I problemi della sicurezza che prima sembravano meno importanti, si sono aggravati per effetto dell'episodio di Harrisburg. Il mio compagno di Partito Ferrero ha illustrato i rapporti con le strutture centrali.
Non si può non rimarcare come i Consiglieri dell'Intercommissione si sono trovati perlomeno a disagio di fronte all'atteggiamento dei funzionari centrali; ricordiamo tutti le consultazioni con i rappresentanti dell'ENEL e del CNEN. Credo sia stato sbagliato avere solo quel tipo di rapporto, ma l'abbiamo capito tardi. Non si chiedeva una consultazione, ma un apporto per entrare nel problema con lo stesso spirito con cui noi abbiamo cercato di interpretare con coerenza e con correttezza il nostro ruolo. Invece c'è stato un atteggiamento di delega in basso, quasi come per dire: "sbrigatevela". Credo sia giusto dire questo a chi ci sta a sentire con attenzione e anche a chi ci chiama "palazzo". Rifiuto questa espressione nel momento in cui dichiariamo i fatti come stanno, e certo anche i nostri limiti e le nostre pecche.
Ci colpisce sempre lo humour del Consigliere Cardinali, oggi però non mi ha colpito favorevolmente la sua superficialità e il suo cinismo. I facili giudizi e il tirar in ballo l'Unione Sovietica, secondo me, non provano niente. L'Unione Sovietica ha i suoi problemi e noi abbiamo i nostri (a parte il fatto che nell'Unione Sovietica la potenza già costruita delle centrali è di 7.900 Mw, come in Gran Bretagna, rispetto ai 46.000 degli Stati Uniti e ai 10.600 del Giappone; il progettato è di 22.800 in Unione Sovietica rispetto ai 174.000 negli Stati Uniti).
Oggi, di fronte alle popolazioni che chiedono chiarezza, abbiamo il dovere di rispondere con altrettanta chiarezza. Noi non rilanciamo strumentalmente ad altri i problemi perché vogliamo le nostre responsabilità e chiediamo vengano poste in essere le condizioni per renderle effettive. I problemi in ordine ad una decisione complessiva sugli strumenti della politica energetica e in particolare sul nucleare sono grandi e vanno assunti, risolti, avviati alle giuste scale, con la necessaria serietà. Non si tratta di inseguimento dei radicali, né di codismo. Un grande partito come il P.C.I. non è solito, anche per la sua ispirazione, avere dei codismi nei confronti di nessuno e non li ha certamente nei confronti del Partito radicale. La nostra parte politica ha dato all'inizio del decollo della politica energetica e della politica nucleare, quindi anche prima delle elezioni e di eventuali suggestioni di ricorsa ai radicali o agli antinucleari, il suo contributo sempre sollecitando garanzie, controlli e il consenso della gente.
Dopo l'evento di Harrisburg e il sorgere nelle coscienze dei cittadini del problema della sicurezza, ha assunto una posizione chiara, che rimanda la soluzione ad una nuova istruttoria in sede tecnica e in sede parlamentare.
Oggi possiamo dire che le condizioni che chiedevamo non ci sono state: quindi non è una questione di opportunismo politico, di cambiamento di vento. La nostra è la posizione di un grande partito politico che ha le radici nella società e che con piena coscienza si assume le sue responsabilità.
I problemi dell'energia e dello sviluppo del Paese e del futuro degli individui sono diventati temi centrali sui quali non è possibile n pressapochismo né superficialità. Le angosce che percorrono la nostra società possono essere la preparazione ad una qualità di vita migliore, ma possono anche essere i segni del buio che ritorna. Dopo l'incontro di Tokio, dopo il vertice di Strasburgo e dopo gli aumenti dell'OPEC dobbiamo riprendere il filo complessivo del discorso, ma non come delegati di una funzione residuale dello Stato, ma come interpreti del processo di coinvolgimento delle popolazioni della Regione e del Paese.
Il modo in cui è stata impostata l'iniziativa radicale, secondo me, è sbagliato perché tende nelle finalità a far scaturire i comunicati, a uscire con proclami di vittoria, ad accusare complessivamente "il palazzo".
Abbiamo avuto un'esigenza politica e a questa esigenza politica abbiamo risposto, ma cammin facendo ci siamo accorti che la politica dell'energia e del nucleare non si fanno con le enunciazioni né con roboanti dispute tra il sì e il no, ma si fanno basandosi sui fatti, sulla capacità della classe dirigente ad orientare i fenomeni con la ragione. In certi discorsi sembra sia calata la responsabilità delle guerre che Giscard e Carter stanno sognando nei confronti dei Paesi produttori di petrolio. Prendiamo atto delle componenti irrazionali, ma prendiamo anche atto che prima e dopo Harrisburg ci sono stati i referendum in Austria, in Svizzera, in Svezia indice che il problema è all'attenzione della grande opinione pubblica in tutti i Paesi e che quegli stati, quei governi hanno sentito la necessità di promuovere un pronunciamento popolare.
E' fuori luogo usare argomenti di tatticismo e di opportunismo. Non li condividiamo, non li accettiamo.
Do atto al Consigliere Genovese della cautela che ha sempre avuto in questo, gli do atto di aver partecipato a certi dibattiti dove non c'era un'atmosfera favorevole a chi presenziava a nome della Regione. Però, non si può scaricare sull'Intercommissione e sulla Giunta, come comodo alibi ciò che non ha funzionato, non si può dire che la Giunta non ha dato gli strumenti e si è avocata le decisioni: la funzione di proporre, di richiedere strumenti e strutture i Consiglieri potevano esercitarla fino in fondo: guai però se non si andasse oltre, guai se non si riscontrassero nel rapporto con gli organi dello Stato i nuovi elementi che sono venuti in gioco, le difficoltà della Regione che non ha competenze dirette, una struttura adatta, guai se non si riscontrassero in queste le ragioni della nostra lentezza, dei nostri dubbi! Quando andremo al confronto con la popolazione ci saranno richieste garanzie sulla sicurezza e noi sappiamo che non ci sono così come non c'é il piano di emergenza per la centrale di Trino.
Ecco allora che di fronte a questi fatti noi assumiamo la posizione responsabile che è contenuta nella relazione dell'Assessore Rivalta e nella proposta di ordine del giorno, ribadendo che i comunisti sono per lo sviluppo sotto il profilo della ricerca e dell'utilizzo di tutte le fonti energetiche, compresa quella nucleare. Oggi però allo stato dei fatti non ci sono le condizioni per costruire nuove centrali in Piemonte. Siamo anche d'accordo perché si promuova un grande dibattito e perché i partiti riprendano la loro funzione di proporre le idee, di promuovere orientamenti, di far lavorare intelligenze ed energie.
In un dibattito sulla questione energetica presso una televisione privata ho fatto presente il grave rischio di una radicalizzazione di posizioni imperialistiche dei Paesi occidentali industrializzati, come possono essere i parà di Giscard e di Carter. Uno spettatore ha chiesto: "Il rappresentante del Partito comunista propone il suicidio dell'Occidente?". Ho risposto che il P.C.I. non propone né il suicidio dell'Occidente, né l'omicidio degli arabi o di altri, ma propone la via della pace, della cooperazione, dell'unità dei popoli per sfruttare le risorse e per distribuirle adeguatamente a tutti i cittadini del mondo.
In questo quadro sta l'opuscolo del Consiglio, il dibattito di massa e il convegno che dovrà essere convocato dall'Intercommissione e sta anche il nostro impegno perché su questo tema si presti maggior attenzione rispetto al passato.
Per non ingannare la gente chiedo che non si facciano delle polemiche strumentali, non si accusino né la Giunta né i partiti di maggioranza di cose che non hanno senso. Si parli invece con correttezza e con coerenza del problema che abbiamo di fronte ed è quello dell'approvvigionamento di risorse a breve e medio periodo. La Giunta si è impegnata e noi dobbiamo impegnarci fortemente anche nei confronti del Governo affinché nel piano energetico nazionale ci siano misure sul risparmio, sulle fonti energetiche rinnovabili, su tutte le forme di risorse non petrolifere, non nucleari che possono essere piccole parti ma che messe assieme possono dare una risposta al fabbisogno energetico.
Usciamo da questo dibattito con posizioni divise, con il senso della gravità dei problemi e della delicatezza del nostro ruolo, ma possiamo uscirne con l'impegno costruttivo di capire quelle che sono state le strumentalizzazioni e le incoerenze. Nel Gruppo della D.C. sono apparse delle posizioni diverse e questo forse è legittimo e dimostra la voglia di aderire a tutte le pieghe della società ma, quando si deve esercitare la funzione di governo, questo è un ostacolo non piccolo. Dobbiamo uscire di qui mettendoci d'accordo su alcune regole fondamentali del gioco e le regole fondamentali sono quelle dell'impegno a riportare la questione ad una giusta scala senza preoccupazioni di tatticismi o di pestare i piedi a qualcuno.
Giudicheremo anche da questo il comportamento del Governo. Credo che provocare una presa di coscienza complessiva da parte dell'esecutivo rispetto alla politica dell'energia sia una questione che compete anche a noi.
Non è un ultimatum né uno scarico di responsabilità: è, però, la richiesta netta e precisa di adempimenti e di comportamenti coerenti. Il Governo che deve nascere sarà misurato anche su queste cose.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, nel chiudere il presente dibattito desidero innanzitutto sottolineare l'importanza di questo momento politico su un tema al cui esame la Giunta regionale si è dedicata con estrema attenzione e non soltanto recentemente.
La relazione dell'Intercommissione è stata esauriente ed ha evidenziato con immediatezza che la questione dell'energia e le scelte cui la Regione era chiamata dal Governo sono state affrontate fin dall'inizio con grande responsabilità e cautela.
Ne è testimonianza la costituzione dell'Intercommissione stessa, volta a far esprimere tutti i partiti politici su una questione che interessa e attiene al tipo di sviluppo economico e sociale che intendiamo dare alla nostra comunità locale e nazionale.
L'Intercommissione, in raccordo con l'orientamento stesso della Giunta regionale, ha proceduto ad una serie di approfondimenti tecnici e scientifici in materia, valendosi degli esperti e degli Enti che si occupano dei problemi energetici in tutti i loro riflessi, territoriali ambientali, idrici, ecologici.
E' certo tuttavia che in un campo che riguarda le scelte di fondo sullo sviluppo e sui modelli di programmazione del territorio in tutte le sue risorse, anche gli elementi tecnici possono, e sovente sono, insufficienti per fare delle scelte di questa portata.
Inoltre non vi sono certezze, né a livello nazionale, né a livello internazionale; anzi esistono e sono nate tutta una serie di contrapposizioni anche in campo scientifico a favore o contro la scelta nucleare.
Ma è nostra volontà, al di là delle competenze specifiche, farci carico dei problemi che scaturiscono dal complesso della problematica che riguarda l'energia e che sempre con maggior forza viene sentita dalla comunità e dai cittadini che si sentono direttamente o indirettamente coinvolti dalle conseguenze di eventuali scelte errate in questo campo.
Crediamo che l'interesse crescente intorno a questo delicato problema sia un fatto che vada giudicato in modo positivo.
In una società in cui i problemi dell'inquinamento, dello squilibrio territoriale e della mancata pianificazione e utilizzazione delle risorse umane e produttive gravano innanzitutto sugli uomini, sulle classi sociali più deboli, sui lavoratori in primo luogo; l'attenzione su questi temi sulle conseguenze di scelte errate o frettolose nel campo energetico, è sintomo di cresciuto livello culturale e di una accresciuta autonomia dell'uomo da molti processi in atto di condizionamento di massa.
Proprio come amministratori che vogliono dare il loro contributo politico complessivo alla comunità, sentiamo viva l'esigenza di confrontarci con la gente nella direzione giusta, di favorirne l'informazione e la partecipazione, evitando innanzitutto di dare spazio a forme di allarmismo o a scelte preconcette di tipo negativo rispetto alle esigenze energetiche, posizioni queste che di fatto anch'esse vengono ad assumere un analogo valore di condizionamento di massa.
Certo il problema energetico esiste, coinvolge il Piemonte, il nostro Paese, ma è essenzialmente un problema di tipo mondiale, che ha conseguenze sul futuro di milioni di uomini, sulla loro salute, sul loro equilibrio per questo la nostra risposta non vuole essere parziale, né intendiamo scaricarci di responsabilità dicendo semplicisticamente che la scelta definitiva non è di nostra competenza, ma spetta al Governo.
Siamo consapevoli infatti che agire con responsabilità di fronte alla gente, significa dare con chiarezza alcune indicazioni, che da un lato rispondano ai bisogni energetici indispensabili nell'attuale organizzazione economica e produttiva, dall'altro rispondano a condizioni di sicurezza degli individui e di difesa dell'equilibrio ambientale.
Va detto con chiarezza che la scelta energetica che pure è indispensabile se non vogliamo fare un discorso di tipo utopistico, attiene nel modo più profondo al tipo di modello di vita che intendiamo favorire.
Se intendiamo cioè porre al centro dello sviluppo l'individuo nella pienezza della sua potenzialità creativa e produttiva; oppure il profitto scelta questa che prescinde dalle conseguenze negative che possono derivarne alla sicurezza umana e alla conservazione dell'ambiente.
In base a questa indispensabile premessa si è sviluppato il nostro comportamento e desidero ricordare che noi socialisti siamo stati i soli che su questo problema abbiamo determinato l'astensione e proposto la moratoria nucleare.
Considerata l'ampiezza del problema, il livello di interesse della comunità regionale su di esso, il disorientamento a livello individuale e l'assenza di certezze a livello scientifico; preso atto della mancanza del consenso da parte dei Comuni precedentemente indicati come eventuali siti di insediamenti di centrali nucleari, abbiamo ritenuto che non sussistano oggi le condizioni per indicare le aree per la costruzione di nuove centrali nucleari in Piemonte, e che si debba procedere ad un riesame sia in sede tecnico-scientifica sia in sede parlamentare.
Pensate infatti che cosa significherebbe in caso di un incidente anche piccolo evacuare un territorio come l'area metropolitana torinese! Sarebbe una tragedia di dimensioni quali non abbiamo mai affrontato.
Del resto dopo il drammatico episodio di Harrisburg, che ha profondamente scosso l'opinione pubblica per il modo in cui è avvenuto e la sostanziale carenza di giustificazioni scientifiche e tecniche che lo hanno seguito, si è posto con maggior forza l'interrogativo inerente quale energia scegliere, in quale quantità e con quali garanzie per l'uomo.
A questi interrogativi la posizione del Piemonte è dunque di non restare in un passivo atteggiamento di attesa, ma di coinvolgere attraverso un ampio processo di informazione e ulteriori fasi di approfondimento scientifico tutta la comunità piemontese.
Intendiamo infatti fornire tutti i necessari strumenti di informazione per affrontare in modo più sereno questa scelta conferendo priorità agli aspetti inerenti la prevenzione e la sicurezza.
Chiediamo altresì agli altri organismi quali il CNEN, l'Istituto Superiore della sanità, il CNR di voler ancora approfondire per parte loro questi temi, svolgendo una funzione di supporto per la Regione stessa utilizzando le stesse strutture decentrate di questi Enti.
Da questa impostazione è nata, in accordo con la Giunta regionale, la convocazione della Conferenza regionale sull'energia che si svolgerà nel prossimo mese di ottobre.
I temi della Conferenza che sono stati illustrati nella relazione dell'Intercommissione evidenziano il tipo di approccio che parte da un'analisi seria dei consumi di energia fatti nel Piemonte, rapportandoli al quadro nazionale per giungere ad una valutazione sui risparmi energetici, eliminando ogni forma di spreco.
Ma ciò che è essenziale è la ricerca di fonti alternative ed integrative, vedendo la questione energetica non soltanto limitata alle sole centrali termonucleari, ma ristrutturando e migliorando l'utilizzazione degli impianti esistenti.
Di fronte alle esigenze energetiche l'attenzione va rivolta in tutte le direzioni aprendo ad ogni altra possibile scelta, ciò soprattutto nell'attesa di un'ampia revisione del piano energetico nazionale cui il Governo dovrà procedere, anche alla luce del piano Pandolfi se ancora se ne parlerà.
Sono state ricordate nella relazione dell'Intercommissione le centrali turbogas di Alessandria ed idroelettrica della Valle Gesso, ma molte possono essere le forme di recupero, di ristrutturazione e di potenziamento dell'esistente.
Al proposito desidero ricordare che l'Assessorato all'ecologia sta per iniziare una ricerca per individuare la possibilità di realizzare nel territorio piccole centrali idroelettriche da destinare agli autoproduttori così come previsto dalla legge n. 393/1975.
Anche il potenziamento delle risorse idriche destinate ad uso plurimo delle acque è compatibile con la costruzione di piccole e medie centrali idroelettriche, ed inoltre è possibile recuperare il calore prodotto dalle centrali termonucleari o termoelettriche per usi diversi (esempio riscaldamento domestico) come già sperimentato anche nel nostro Paese (esempio Brescia) con la conseguente riduzione degli inquinamenti.
Certo tutto ciò presuppone una forte volontà politica e maggiore impegno da parte di Enti locali, degli organi politici, tecnici e scientifici, per raccordare l'individuazione di fonti energetiche ed il loro possibile sfruttamento.
A questo compito non intende sottrarsi, anzi se ne fa carico la Giunta regionale del Piemonte per accogliere le perplessità, le proposte, le indicazioni e gli interrogativi degli Enti locali e di tutta la popolazione.
Crediamo che tale orientamento da parte della Regione risponda ai criteri che ispirano il Piano regionale di sviluppo.
La relazione dell'Intercommissione mette chiaramente in evidenza l'approfondimento sotto tutti i profili dedicato alla scelta energetica, ma emerge anche che non esistono oggi posizioni scientificamente chiare che consentano una scelta sul nucleare tale da rassicurare la popolazione piemontese.
Non esistono ad oggi in definitiva le condizioni per decidere.
Certo, in una Regione altamente industrializzata come è il Piemonte, vi è la consapevolezza dell'importanza e dell'entità del fabbisogno energetico a breve e a medio periodo, ma restano irrisolte le questioni inerenti le garanzie di sicurezza e l'adeguatezza di piani di emergenza.
Per quanto riguarda poi il problema delle acque di grande importanza in questo campo, sia sotto il profilo dell'approvvigionamento, che per la migliore utilizzazione e per i conseguenti problemi di inquinamento, il Piano regionale delle risorse idriche, che è in fase definitiva, potrà dare un notevole contributo tecnico, scientifico ed organizzativo e attraverso di esso la Giunta farà proposte più precise.
Il rapporto, dunque, con il territorio, i problemi del controllo ed il conseguente livello di sicurezza delle centrali, devono ancora essere definiti e comunque la Conferenza indetta per l'autunno consentirà di informare la comunità piemontese su tutti gli elementi già in nostro possesso.
Riteniamo che il problema dell'energia non si possa affrontare con allarmismi e con generiche posizioni del tipo: "sì" o "no" al nucleare; ma si deve individuare la scelta energetica che nel modo migliore risponda ai fabbisogni energetici, garantendo l'equilibrio ecologico del territorio e la conseguente sicurezza fisica e psicologica dei cittadini.
In questo contesto la Giunta regionale ha presentato un disegno di legge inerente la promozione di studi per il risparmio delle risorse energetiche e di impianti sperimentali per lo sfruttamento di risorse energetiche rinnovabili.
Questa iniziativa ci consente di procedere nelle valutazioni per una scelta definitiva sulle centrali nucleari in Piemonte, continuando nel contempo ad affrontare anche per altre vie l'esigenza energetica per il Piemonte.
Abbiamo voluto fare con questa proposta che è di tipo sperimentale un'azione di stimolo produttivo verso quanti hanno responsabilità a livello nazionale, affinché venga avviato un vasto programma di studio e di intervento in questa direzione.
Così come andremo ad avviare iniziative verso le altre Regioni sui contenuti e le procedure del Piano energetico nazionale.
La posizione che oggi assumiamo non vuole affatto essere di freno vogliamo infatti andare avanti per giungere ad adeguate scelte energetiche ma vogliamo farlo riaffrontando il problema, ritenendo di non aver avuto fino ad ora dati certi da parte di chi doveva fornirli: Governo, ENEL forze scientifiche.
Siamo oggi in una situazione che non è quella di non voler scegliere né tanto meno di non saper scegliere, intendiamo invece procedere nella maggior chiarezza in un confronto con la gente ed a tal fine ci diamo la scadenza del convegno di ottobre come sede di informazione alla collettività e di ulteriore confronto fra le forze politiche, ritenendo in questo modo di operare con cautela, nel rispetto delle esigenze scientifiche che la questione comporta e soprattutto nel rispetto delle esigenze di tranquillità e certezza che la comunità ci richiede.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa. Sono stati presentati tre documenti, uno della maggioranza, uno dal Gruppo P.L.I. ed uno dal Gruppo D.C.
Vi do lettura dell'ordine del giorno a firma dei Consiglieri Bontempi Calsolaro e Rossotto: "Il Consiglio regionale prese in esame le risultanze della relazione del Presidente dell' 'Intercommissione sul problema delle centrali nucleari in Piemonte' sentita la comunicazione della Giunta valutando opportuno assumere una posizione chiara ed inequivoca in merito al problema dell'individuazione delle aree per la localizzazione della centrale nucleare, a conclusione di una fase caratterizzata dal lungo lavoro svolto dall'Intercommissione nonché dalla Giunta e dalla II Commissione in termini di accertamento, confronto e consultazione con le popolazioni dei luoghi interessati essendo tuttora del tutto irrisolti i problemi delle garanzie di sicurezza dell'adeguatezza e idoneità dei piani di emergenza, dello stesso accertamento delle condizioni di base per la localizzazione (acqua inquinamento, impatto con l'ambiente, ecc.) e, d'altra parte, essendo indispensabile che il programma nucleare sia inserito correttamente nel quadro del piano energetico nazionale che il Governo deve ampiamente rivedere, anche alla luce del piano triennale e degli indirizzi generali di programmazione dello sviluppo del Paese, e comunque presentare al Parlamento per l'approvazione ritiene che nella presente situazione, e comunque fino al riesame in sede tecnico scientifica prima e parlamentare poi, delle garanzie di sicurezza e dell'adeguatezza dei piani di emergenza, non sussistano le condizioni per indicare le aree per la costruzione di nuove centrali nucleari in Piemonte.
Si impegna a condurre fin da ora un'ampia campagna di informazione sia con gli strumenti già prodotti (edizione speciale della rivista del Consiglio) sia promuovendo con la collaborazione del sistema complessivo delle radio televisioni e della stampa regionale, una vasta e prolungata azione di informazione necessaria per consentire un'effettiva partecipazione cosciente di tutta la comunità piemontese a tutte le decisioni in materia.
In questo ambito invita l'Intercommissione ad organizzare il convegno, a suo tempo annunciato, per il mese di ottobre, garantendo a tal fine i necessari apporti organizzativi e finanziari.
Il Consiglio regionale si impegna altresì, in presenza di decisioni per insediamenti nucleari che venissero riproposti dal Governo come conseguenza di un nuovo piano energetico varato dal Parlamento, a promuovere prima di decidere, un'ampia consultazione fra la comunità piemontese.
Nella presente situazione il Consiglio regionale, rilevando che la crisi energetica ha raggiunto in Italia e in tutti i Paesi industrializzati livelli di estrema gravità, sollecita il Governo italiano all'individuazione ed elaborazione di concrete misure che siano tali da affrontare la situazione a breve e medio periodo, situazione che in nessun caso potrebbe essere risolta da una scelta unilaterale di sfruttamento ed utilizzo di fonti energetiche. Occorre invece realizzare il massimo di risparmio, differenziare al massimo le fonti di energia, sviluppando e privilegiando le fonti energetiche rinnovabili, e comunque valorizzando tutte le fonti energetiche non nucleari e non petrolifere impegna la Giunta a proseguire nell'opera già positivamente avviata con l'approvazione e presentazione del disegno di legge relativo alla 'Promozione di studi per il risparmio delle risorse energetiche e di impianti sperimentali per lo sfruttamento di risorse energetiche rinnovabili'.
Il Consiglio regionale riafferma altresì la necessità che gli organi ed Enti dello Stato (Ministero, ENEL CNEN, Istituto Superiore di sanità) partecipino direttamente e con la Regione e gli Enti locali, attraverso la predisposizione degli idonei strumenti e mezzi e nelle forme adeguate, a definire le questioni tecnico operative indispensabili per rendere effettive le misure previste nel piano energetico che il Governo deve presentare in Parlamento si impegna altresì a promuovere ogni opportuna iniziativa presso tutte le altre Regioni per discutere e concordare un'azione comune volta a collocare correttamente il ruolo delle Regioni ed Enti locali in ordine alla definizione dei contenuti e procedure del piano energetico nazionale".
Vi do ora lettura dell'ordine del giorno presentato dal Consigliere Marchini: "Il Consiglio regionale del Piemonte sentita la relazione del Presidente dell'Intercommissione, avv. Calsolaro nonché l'intervento dell'Assessore Rivalta e di vari Consiglieri, esprime apprezzamento per il lavoro svolto dall'Intercommissione ed un particolare ringraziamento al suo Presidente.
Invita l'Intercommissione ad acquisire ai suoi atti il verbale stenografico dell'odierna seduta invita l'Intercommissione a valutare la problematica emersa e suggerisce l'integrazione conseguente del programma del convegno invita quindi l'Intercommissione ad organizzare a tempi stretti e compatibili con la tematica il convegno, ne assegna la Presidenza all'avv. Corrado Calsolaro.
Invita ancora l'Intercommissione ad integrare il suo lavoro con comunicazioni relative alla disponibilità idrica, all'inquinamento termico dagli effetti sull'agricoltura, e ad altri particolari aspetti che emergano dall'esame degli atti.
Invita ancora l'Intercommissione a concludere i suoi lavori in tempi compatibili con la complessità della materia e di rimettere quindi la conseguente relazione alla Giunta.
Invita la Giunta, non appena in possesso della relazione dell'Intercommissione, a deliberare il conseguente documento da sottoporre alle competenti Amministrazioni comunali per verificarne, previa consultazione, la disponibilità 'a procedere d'intesa' all'individuazione delle aree da effettuarsi con delibera di Consiglio regionale.
Autorizza l'Intercommissione a valersi, per l'espletamento degli incombenti di cui sopra di personale della Giunta, nonché del fondo di dotazione del Consiglio per l'eventuale incarico a consulenti esterni".
Procedo alla lettura dell'ultimo ordine del giorno presentato dal Gruppo D.C.: "Il Consiglio regionale sentita la relazione del Presidente dell'Intercommissione preso atto dei dati oggettivi e storici sul lavoro svolto, sulle difficoltà e sui problemi tuttora aperti, coi quali l 'Intercommissione si è misurata ritiene, in via pregiudiziale, che le difficoltà ed i problemi insorti vanno affrontati, anche per iniziativa della Regione e dei suoi organi così come deve farsi luogo all'approfondimento e all'estensione della fase di ricerca e di informazione che trova nel convegno rinviato ad ottobre un suo punto fermo di riferimento, per l'ulteriore esercizio delle responsabilità che gravano sulle istituzioni, sulle forze politiche e sui cittadini prende atto dei mutamenti repentini e delle motivazioni, almeno in parte strumentali con le quali la maggioranza tenta di dare una risposta impropria ad iniziative politiche in corso, cui devesi invece rispondere con l'accentuazione dell'iniziativa e della responsabilizzazione degli organi regionali, con la sollecitazione allo Stato (Parlamento e Governo) e agli Enti aventi competenze in materia energetica, perché aggiornino tempestivamente studi e proposte alla luce di nuove esperienze ed esigenze riconosce che il dibattito offre un'ulteriore occasione e sollecita a ribadire la pregiudiziale esigenza dell'impostazione urgente, nei suoi termini culturali e scientifici, di una politica energetica che sia strettamente e realisticamente collegata ai problemi dello sviluppo e della sua qualità, che non trascuri o sottovaluti alcuna fonte di energia o misura per il suo risparmio, che affronti la questione non eludibile delle fonti energetiche nucleari, col rigore e la chiarezza che s'impongono sotto il profilo delle condizioni di sicurezza, di tutela della salute e dell'ambiente, di impegno delle risorse e degli strumenti di controllo pubblico e democratico delle attività di progettazione, esecuzione ed esercizio degli eventuali impianti.
Il Consiglio preso infine atto che le iniziative in corso e le posizioni assunte dalla maggioranza e dalla Giunta regionale mutano le condizioni ed i rapporti sui quali si era fondata la costituzione dell''Intercommissione sul problema degli insediamenti delle centrali nucleari in Piemonte' e tolgono ogni certezza operativa ed istituzionale al suo ruolo impegna l'Intercommissione a preparare e far svolgere il convegno programmato per l'ottobre 1979 ritiene che successivamente ad esso l'Intercommissione trasmetta alla Giunta regionale gli atti acquisiti fino a quel momento e rimetta alla Giunta l'impegno a proseguire attivamente nel verificare l'esistenza delle condizioni per la localizzazione in Regione degli impianti elettronucleari previsti dalla delibera del CIPE del 9 ottobre 1975 invita la Giunta a far quindi relazione al Consiglio ed a formulare in tempi solleciti puntuali proposte in funzione delle quali i Gruppi politici presenti in Consiglio e l'opinione pubblica possano correttamente collocarsi rispetto ai problemi in discussione.
Afferma comunque: a) che debbano in ogni caso proseguire le attività di ricerca informazione, consultazione e deliberazione per l'adempimento da parte della Regione dei compiti e delle funzioni che le sono attribuiti in materia energetica e di politica territoriale b) che debba farsi luogo da parte della stessa Regione all'elaborazione dei contributi che più efficacemente possono concorrere alla formazione di una più adeguata politica energetica nazionale, fondata su di una nuova coscienza e cultura che non agiti paure irrazionali, ma sappia affrontare in modo globale ed unitario l'esigenza immediata del risparmio energetico quella a medio termine, del nucleare o delle molteplici fonti alternative e quella finale dell'energia rinnovabile e pulita".
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il documento presentato dal Gruppo liberale pone all'attenzione del Consiglio la necessità di un pronunciamento, dal momento che il documento presentato dalla maggioranza non chiarisce al Consiglio che cosa si farà dopo.
Con il mio documento propongo che si prenda atto del risultato del dibattito odierno, le cui motivazioni non debbono considerarsi come pietra tombale che chiude la vicenda, e propongo che la materia ritorni alla sede naturale dell'Intercommissione. Il mio documento non fa alcun rilievo politico né alcun apprezzamento, a differenza di quello della D.C.; vuole essere meramente una bozza di procedura di qui in avanti considerando che il risultato del dibattito odierno, insieme con gli interventi a favore e contro, sono materia che va esaminata dalla II Commissione, dalla Giunta dal Consiglio nelle fasi conseguenti all'applicazione della legge 393.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Non intendo illustrare il documento presentato dalla maggioranza essendovi già stata un'illustrazione ampia negli interventi di apertura da parte dei Gruppi comunista e socialista e di chiusura da parte della Giunta. Vorrei invece fare qualche valutazione sul documento presentato dal Consigliere Marchini. Il documento chiede di assicurare la continuità della funzione dell'Intercommissione in vista del convegno, richieste che rientrano in quanto anche noi abbiamo auspicato; abbiamo invece delle perplessità e non siamo d'accordo sul penultimo capoverso, in quanto riteniamo che ci sono dei compiti che vanno affrontati dalla Regione e ci sono altre questioni che abbiamo definito decisive ed importanti sulle quali invece devono essere richiamati gli organi competenti, il Governo, il Parlamento ed i vari Enti.
Non siamo d'accordo sul documento della D.C. in quanto tenta di bloccare in maniera esclusiva sul livello regionale, addirittura sulla Giunta regionale, responsabilità che, per le cose che abbiamo detto, la maggioranza non sente di avere, caso mai chiediamo di averle in funzione di altre che devono essere espresse e devono essere rese operative.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Rileviamo che il quarto capoverso dell'ordine del giorno presentato dalla maggioranza al di là del merito, ha un carattere conclusivo e liquidativo rispetto al mandato che è stato conferito all'Intercommissione.
Il modo in cui è giunto in Consiglio e lo stesso dibattito liquidano e concludono una certa fase di attività dell'Intercommissione.
Ne prendiamo atto, ma, ad evitare che possano esserci addebitate o possano essere create ragioni di ritardo nella prosecuzione dell'attività di informazione e di confronto delle forze culturali e politiche, abbiamo proposto la temporanea continuazione dell'attività dell'Intercommissione.
Al momento conclusivo la situazione verrà riesaminata, ciascuno farà le proprie proposte e si collocherà politicamente rispetto alla questione, ma in una condizione nuova e secondo diverse e nuove prospettive e responsabilità. Sarà forse normale, a quel momento, restituire la materia alla Commissione consiliare competente, che potrà essere rafforzata ed affiancata da strutture che le consentano di affrontare argomenti come questo, con il conseguente senso di responsabilità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Il Gruppo socialdemocratico non ha presentato un ordine del giorno, mi compete però una brevissima dichiarazione di voto sull'atteggiamento che intendo assumere. Il senso del nostro intervento non era di disputare il lavoro svolto o l'ipotesi di prosecuzione del lavoro nella fase istruttoria, ma era nell'affermare che la fase istruttoria era chiusa e tranne le ultime diciotto righe della relazione dell'Intercommissione, la conclusione c'era: c'erano i pareri dei Comuni, quindi il nostro compito era assolto.
Non abbiamo tanto rilevato il fatto che ci si trova di fronte ad un atteggiamento diverso, cosa che ci interessa fino ad un certo punto perch ogni forza politica assume di fronte ai suoi elettori e al Paese la responsabilità che crede, ma abbiamo rilevato il fatto che veniva rilanciata da parte della Regione una procedura e un'iniziativa che non avevano nulla a che vedere con l'impegno e il mandato della legge.
Per questo motivo voteremo contro all'ordine del giorno della maggioranza e ci asterremo sugli altri due ordini del giorno, perch nessuno di questi interpreta l'atteggiamento che abbiamo assunto.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione

Il dibattito di oggi non ha forzato i tempi e i modi di lavoro dell'Intercommissione, ma ha consentito di fare opportunamente il punto sulla situazione a cui siamo arrivati; non si tratta quindi di dismissione di responsabilità, anzi, di assunzione di responsabilità nel dire che non possiamo completare l'iter delegatoci dalla legge 393 in carenza di una serie di elementi nonostante lo sforzo compiuto dall'Intercommissione e l'ampio materiale che la Regione ha acquisito in questi anni.
Il Consigliere Genovese in effetti ha detto che tale posizione non è nuova, atteso che le perplessità erano presenti e furono manifestate in seno all'Intercommissione, significherebbe allora nasconderci dietro un dito, se non dicessimo quali elementi ulteriori negli ultimi tempi hanno accentuato le perplessità. L'incidente di Harrisburg, seppure non abbia registrato dei morti, è grave perché dimostra che ciò che si riteneva non possibile è stato invece possibile, quindi fa suonare un campanello d'allarme a fronte del quale appare particolarmente grave l'assenza di indicazioni sulla sicurezza degli impianti da parte delle autorità e degli organismi preposti a questo aspetto del piano nucleare. E' un elemento nuovo, importante e rilevante che merita una particolare attenzione, tanto più che, in conseguenza dell'incidente in Pennsylvania, è precipitata negli Stati Uniti l'ordinazione di nuovi impianti nucleari.
Dobbiamo fermare il piano di energia nucleare? Non lo diciamo affatto tant'è vero che le relazioni del Presidente dell'Intercommissione e dell'Assessore Rivalta e gli interventi da parte della maggioranza non vanno affatto in quella direzione. Riteniamo che si debba perciò dire no al piano nucleare, di fronte ad una serie di elementi di dubbio e di incertezza sui quali non possiamo tranquillamente sorvolare. Di fronte agli elementi nuovi non si impone un'attesa o l'inerzia o una posizione al di fuori della mischia, ma una risposta chiara, come afferma l'ordine del giorno. Non è possibile proseguire nell'iter previsto dalla legge 393, ma occorre occupare questo tempo per acquisire altri elementi.
Il problema vero, che forse meritava una più puntuale sottolineatura è la carenza di energia per i prossimi dieci anni, indipendentemente dal problema nucleare i cui effetti si faranno sentire dal 1990 in poi. Questo elemento è sottovalutato anche dalle autorità di governo. Nella mozione parlamentare del '77 il piano energetico e il piano nucleare erano all'ultimo punto dopo una lunga serie di attributi più pressanti: l'ordine è stato ribaltato e il mio Partito in quella sede approvò il resto del piano energetico e dissentì solo sul piano nucleare.
Si pone anche un problema di compatibilità tra gli investimenti necessari per realizzare il piano di acquisizione di fonti energetiche nel breve e medio periodo e gli investimenti connessi al piano nucleare. Queste cose devono essere comprese nel piano triennale. Non possiamo discutere di questa materia prescindendo dalle compatibilità finanziarie della politica energetica. La Commissione energia della CEE, alla quale ha partecipato come esperto italiano il prof. Colombo, Presidente del CNEN, ha sviluppato uno studio sulle possibilità di risparmio nei consumi energetici che comporterebbe rilevanti investimenti. Non sappiamo se questa sarà una strada alternativa o complementare dell'energia nucleare. Non conosciamo la reale entità dei risparmi. Crediamo che ci si debba muovere attivamente e subito. In questi giorni si sono svolti convegni, iniziative di studio e di dibattito sulle nuove tecnologie capaci di risparmiare energia nei processi produttivi promossi dal mondo produttivo. Il Governo non assume iniziative in questo senso. Non ho antipatia per il Ministro Nicolazzi, anzi capisco che si trovi in guai grossi, però voglio dire che un Governo deve affrontare questo tema fondamentale...



BIANCHI Adriano

Il collega Simonelli sa con quanto interesse lo ascolto, ma in questo momento sta riaprendo la discussione.



OBERTO Gianni

E' un problema di regolamento. Se questo non viene sottolineato pu costituire un precedente.



PRESIDENTE

La discussione si è in qualche modo formalmente riaperta con la presentazione dei documenti. C'è stata l'intesa che i presentatori degli ordini del giorno si sarebbero limitati a poche parole per illustrarne il contenuto. A termini di regolamento, ciascun documento può dare adito ad una discussione sui contenuti.
La parola al Presidente della Giunta regionale.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, l'Assessore Simonelli ha illustrato il documento presentato dalla maggioranza, a cui la Giunta aderisce. Il suo intervento non è durato nemmeno cinque minuti.
Tengo inoltre a precisare che il regolamento consente alla Giunta di intervenire in ogni momento.



OBERTO Gianni

Prendo atto della difesa d'ufficio, signor Presidente!



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Consigliere Oberto, il Presidente della Giunta non fa la difesa d'ufficio. Questo non lo deve dire perché non va a suo onore: lei è sempre stato corretto. Ho sempre fatto in questo consesso la parte che mi spetta non quella di difensore d'ufficio perché nessuno ha bisogno di difesa. Ho ritenuto di chiarire i termini reali del problema, cosa che, creda.
Consigliere Oberto, il Consiglio ha compreso.



OBERTO Gianni

E' una funzione nobilissima quella del difensore d'ufficio!



PRESIDENTE

Poiché nessun Consigliere chiede ancora la parola, passiamo alla votazione dei documenti.
Pongo in votazione, per alzata di mano, l'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Bontempi, Calsolaro e Rossotto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti n. 48 favorevoli n. 29 contrari n. 19 L'ordine del giorno è approvato.
Passiamo ora alla votazione, per alzata di mano, dell'ordine del giorno presentato dal Consigliere Marchini.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti n. 48 favorevole n. 1 contrari n. 29 astenuti n. 18 L'ordine del giorno è respinto.
Pongo ora in votazione, per alzata di mano, l'ultimo ordine del giorno presentato dal Gruppo D.C.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti n. 48 favorevoli n. 15 contrari n. 29 astenuti n. 4 L'ordine del giorno è respinto.


Argomento: Iniziativa legislativa popolare e degli enti locali - Referendum abrogativo e consultivo - Problemi energetici

Esame progetto di legge n. 395 di iniziativa popolare: "Consultazione della popolazione sulla realizzazione delle centrali nucleari in Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto all'ordine del giorno: "Esame progetto di legge n. 395 di iniziativa popolare: 'Consultazione della popolazione sulla realizzazione delle centrali nucleari in Piemonte'".
La parola al relatore, Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, relatore

In data 8 marzo 1979 è stata presentata, ai sensi dell'art. 50 dello Statuto regionale, la proposta di legge regionale n. 395 di iniziativa popolare per la "Consultazione della popolazione sulla realizzazione di centrali nucleari in Piemonte".
La proposta di legge è stata dichiarata ricevibile ed ammissibile dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale in data 5 aprile 1979, e in pari data annunciata in Consiglio regionale.
In data 6 aprile 1979 la proposta di legge è stata assegnata alle Commissioni consiliari I e II per l'esame congiunto in sede referente.
Le Commissioni hanno proceduto all'adempimento di cui all'ultimo comma dell'art. 50 dello Statuto che sancisce il diritto dei primi tre sottoscrittori di illustrare alla Commissione consiliare competente le ragioni e il contenuto del progetto.
La proposta di legge in esame prevede che la Regione indica una consultazione del corpo elettorale regionale sull'insediamento di centrali nucleari nel suo territorio: a tal fine gli elettori della Regione dovrebbero essere chiamati ad esprimere il loro giudizio sul seguente quesito: "Sei favorevole alla realizzazione di centrali nucleari nel territorio della Regione Piemonte?" La proposta di legge contiene altresì le norme per l'indizione della consultazione, la convocazione degli elettori, il procedimento elettorale la proclamazione dei risultati, le sanzioni, la propaganda, l'onere finanziario e la dichiarazione d'urgenza, facendo riferimento, per quanto non espressamente da essa disciplinato, a specifici articoli della legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4 e della legge statale 25 maggio 1970, n.
352.
Si osserva preliminarmente: 1) l'art. 123 della Costituzione stabilisce che lo Statuto regionale, in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica, regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione.
2) L'art. 9 dello Statuto indica i soggetti della consultazione regionale: gli Enti locali, i sindacati dei lavoratori, le organizzazioni di categoria, le formazioni sociali, le istituzioni culturali, le associazioni e gli organismi in cui si articola la comunità regionale e, quando la materia lo richieda, elettori della Regione, secondo le forme previste dallo Statuto e dal Regolamento. Lo stesso art. 9 prevede che la Regione possa altresì predisporre indagini conoscitive sulle materie di sua competenza anche a mezzo di organi e strumenti di consultazione e di ricerca. Il successivo art. 20 regola l'esercizio dei poteri di consultazione delle Commissioni permanenti per l'esame di singoli argomenti o disegni di legge.
3) Il titolo IV dello Statuto regionale disciplina gli istituti della partecipazione popolare, ed in particolare il Capo II l'iniziativa popolare e il Capo III il referendum. L'art. 49 stabilisce che l'esercizio dell'iniziativa legislativa popolare è regolato da legge regionale; l'art.
50 che l'esercizio dell'iniziativa popolare ha per oggetto la formazione di leggi e di provvedimenti amministrativi di interesse generale. L'art. 53 introduce l'istituto del referendum su leggi, regolamenti e provvedimenti amministrativi di carattere generale. I successivi articoli dello Statuto prevedono due tipi di referendum: quello abrogativo di una legge regionale o di regolamenti regionali o di provvedimenti amministrativi di interesse generale della Regione, e quello consultivo per l'istituzione di nuovi Comuni, la modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali. L'art. 57 dichiara esplicitamente improponibile il referendum su atti amministrativi di esecuzione di norme legislative, mentre l'art. 61 rinvia alla legge regionale la fissazione delle ulteriori norme per l'attuazione delle diverse forme di referendum previste dallo Statuto.
L'art. 64 - collocato nel Capo IV relativo ad altri istituti della partecipazione popolare - con il titolo "Consultazione popolare" stabilisce che la Regione può deliberare la consultazione di particolari categorie o settori della popolazione su provvedimenti di loro interesse.
4) La legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4, contiene le norme, ad essa rinviate dagli articoli 49 e 61 dello Statuto, riguardanti l'"Iniziativa popolare e degli Enti locali e referendum abrogativo e consultivo". Per meglio specificare, la legge, nel suo complesso, contiene - proprio ai sensi degli articoli 49 e 61 dello Statuto - le sole norme per l'esercizio dell'iniziativa popolare e per l'attuazione delle diverse forme di referendum abrogativo e consultivo, senza introdurre alcuna novità sostanziale rispetto al dettato statutario. Così, per esempio, l'art. 2 riprende il contenuto della norma statutaria secondo cui l'esercizio dell'iniziativa popolare per la formazione di provvedimenti amministrativi di carattere generale di competenza del Consiglio regionale è escluso per le proposte riguardanti i provvedimenti amministrativi di mera esecuzione di norme legislative emanate dallo Stato.
5) L'art. 2 della legge 2 agosto 1975, n. 393, stabilisce che nel quadro del piano nazionale per l'energia, su proposta del Ministro per l'industria, il CIPE, d'intesa con la Commissione consultiva interregionale e sentito il CNEN, approva i programmi pluriennali dell'ENEL per la costruzione di centrali elettronucleari e determina le Regioni nel cui territorio possono essere insediate le centrali stesse, tenendo anche conto delle esigenze di un equilibrato sviluppo economico del Paese. Le Regioni determinate dal CIPE, debbono indicare al Ministro per l'industria, entro 150 giorni dalla comunicazione del CIPE, d'intesa con i Comuni interessati con il parere del Ministero della sanità, sentito l'ENEL e avvalendosi dell'assistenza tecnica del CNEN, almeno due aree del proprio territorio suscettibili di insediamenti di centrali elettronucleari e per le quali il CNEN abbia espresso avviso favorevole.
Qualora nel termine di 150 giorni le Regioni non abbiano provveduto, le aree sono determinate con legge su proposta del Ministro per l'industria di concerto con il Ministro per il bilancio e la programmazione economica.
Sulla proposta di legge, che reca il n. 395, si osserva: 1) che essa non può ricondursi all'istituto della consultazione così come previsto dallo Statuto agli articoli 9, 20 e 64. E' del tutto evidente che le norme citate individuano con chiarezza i soggetti della consultazione, e che la stessa interpretazione logica, oltre che quella letterale delle norme statutarie, esclude una consultazione generale degli elettori della Regione. Questa, infatti, acquisterebbe ipso iure la forma giuridica del referendum, non essendo, fra l'altro, neppure politicamente, ipotizzabile una convocazione generale del corpo elettorale costituito dai cittadini della Regione priva di conseguenti effetti giuridici, ed in quanto tale non giuridicamente vincolante per gli organi della Regione.
2) Che essa va invece ricondotta, indipendentemente dal "nomen iuris" all'istituto del referendum consultivo, ammesso solo per singole e limitate fattispecie del tutto diverse da quella ipotizzata dalla proposta di legge.
Lo stesso richiamo, contenuto negli articoli 3 e 4 del proposto testo legislativo, a disposizioni della legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4 e della legge statale 25 maggio 1970, n. 352, dimostra in modo chiaro che trattasi di vero e proprio referendum. Infatti gli articoli 21, 23, 24, 25 26, 27, 28 e 29 della legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4, richiamati dall'art. 3 della proposta di legge n. 395, riguardano esplicitamente la procedura per la convocazione degli elettori, il procedimento elettorale e la proclamazione dei risultati del referendum abrogativo; mentre invece altre norme, non richiamate dalla proposta in oggetto, disciplinano l'istituto del referendum consultivo. Gli articoli 51 e 52 della legge statale 25 maggio 1970, n. 352, richiamati dall'art. 4 della proposta di legge n. 395, riguardano le sanzioni e la propaganda in materia di referendum.
3) Che, anche accogliendo in via di mera ipotesi la sua ammissibilità questa è a sua volta preclusa dalla norma statutaria, trattandosi di materia sulla quale la Regione è tenuta a compiere un puro atto amministrativo di esecuzione di una norma legislativa dello Stato. Tanto è vero ciò che la legge statale sulla localizzazione delle centrali nucleari stabilisce che, nel caso in cui le Regioni non provvedano nei termini indicati alla determinazione di almeno due aree del proprio territorio suscettibili di insediamento di centrali elettronucleari, le aree sono determinate con legge. Trattasi, comunque, di materia sottratta alla competenza regionale, non trasferita né delegata alle Regioni, se non per la sola determinazione delle aree e anche questa solo parzialmente per la contemporanea concorrenza di altri poteri.
4) Che, sia pure a solo titolo di un'opportuna e più completa informazione al Consiglio, l'art. 5 della proposta di legge contiene una previsione di spesa della consultazione "mediante riduzione del capitolo 12850 del bilancio regionale". Il capitolo 12850, che reca il titolo "Fondo di riserva per le spese impreviste", contiene una previsione di spesa per l'esercizio 1979 di 150 milioni di lire. E' doveroso, a questo riguardo far rilevare che la spesa di una consultazione del tipo di quella richiesta può ritenersi valutabile in circa 4 miliardi di lire, di cui L. 3 miliardi e 600 milioni per rimborsi ai Comuni - e specificatamente per i compensi agli scrutatori, per l'allestimento dei seggi e per gli oneri relativi alle prestazioni di lavoro straordinario del personale impiegato - e L. 300 milioni per la stampa dei manifesti e delle schede elettorali. I dati sono stati rilevati per estrapolazione dalle spese effettivamente erogate, dalla pubblica amministrazione, secondo le rispettive competenze, in occasione delle precedenti consultazioni elettorali. Pur essendo consapevoli del fatto che gli istituti della partecipazione popolare non debbano trovare ostacolo, quanto al loro esercizio, nelle norme di carattere finanziario essendo queste correlate al soddisfacimento di interessi generali, tra i quali assumono carattere prevalente proprio quelli che rilevano dalle esigenze di partecipazione dei cittadini al governo della cosa pubblica non si può non mettere in luce il fatto che nella fattispecie si tratta di proposta che solo apparentemente attiene alla partecipazione popolare. Essa appare piuttosto formulata e finalizzata alla promozione dell'informazione su un aspetto specifico di un tema di carattere politico-economico di più vasta portata e, nello stesso tempo, alla limitazione della potestà di decisione del Consiglio regionale, quale organo rappresentativo dell'intera collettività regionale, al di fuori delle ipotesi espressamente previste dallo Statuto. Non sembra infatti possibile, senza modificare il vigente Statuto regionale, introdurre surrettiziamente con legge regionale un istituto - quale il proposto referendum consultivo - non previsto dalla norma statutaria, se non per le ipotesi indicate. E' pacifico che le norme che prevedono istituti di democrazia diretta hanno carattere di eccezionalità, di deroga, rispetto ai principi che regolano l'esercizio delle funzioni degli Enti elettivi in un sistema di democrazia rappresentativa quale è quello esistente nel nostro Paese. Nel caso in esame, poi, queste funzioni sono esercitate a mezzo di procedimenti disciplinati dalla normativa statale e da quella regionale, implicano esami e valutazioni assai complessi ed approfonditi, e non sono certamente surrogabili con la risposta, affermativa o negativa, ad un quesito che non appare idoneo ad affrontare con compiutezza l'intera problematica né a risolvere in modo realmente efficace e partecipativo il tema in discussione.
5) Che, infine, la proposta di legge non appare suscettibile di approvazione da parte del Consiglio regionale in quanto censurabile a norma dell'art. 127 della Costituzione. Essa infatti eccede certamente la competenza della Regione, determinata dall'art. 117 della Costituzione ed in particolare, per il merito della questione oggetto dell'esame, dall'art.
2 della legge 2 agosto 1975, n. 393. Non solo, ma alla luce della legislazione vigente - e cioè fino a quando il Parlamento o gli organi istituzionalmente preposti alle scelte della programmazione nazionale non abbiano assunto un diverso indirizzo e nuove deliberazioni sulla materia può assumere rilevanti profili di contrasto con gli interessi nazionali o con quelli di altre Regioni, ugualmente interessate alle decisioni in ordine ai problemi della politica energetica.
Alla luce della vigente normativa statutaria e legislativa regionale la consultazione della popolazione potrebbe avere luogo solo per quei settori della popolazione che risiedono nei Comuni interessati alla localizzazione della centrale elettronucleare, ai quali la legge statale n. 393 del 1975 richiede l'intesa - da esprimersi con deliberazione formale del Consiglio comunale su conforme richiesta della Regione, da esprimersi anch'essa con deliberazione formale del Consiglio regionale - ai fini della formazione del procedimento di determinazione preliminare delle due aree suscettibili dell'insediamento.
Giova a questo punto far rilevare che il referendum, o la consultazione che dir si voglia, non può essere comunque inteso come momento iniziale di un processo di informazione sui problemi energetici - e soprattutto non del solo nucleare -, ma semmai come momento finale, conclusivo, di un processo di informazione che abbia come obiettivo di fondo, politico e istituzionale, di creare le condizioni indispensabili per rendere effettiva, cosciente e responsabile, la partecipazione dei cittadini.
Resta tuttavia evidente l'improcedibilità di un'iniziativa che volesse fare di una o di alcune Regioni le arbitre di una scelta politica ed economica che è di competenza e responsabilità del Governo e del Parlamento per gli interessi generali del Paese che essa coinvolge.
La proposta di legge alla quale questa relazione si riferisce - al di là delle questioni istituzionali che propone all'esame e al voto del Consiglio regionale - non sembra così dare una risposta efficace ai problemi della crisi energetica, ai modi per avviare a soluzione i nodi dello sviluppo socio-economico della nostra collettività, ad impostare in termini rigorosamente programmatici e di insieme la complessa vicenda.
Non vi è dubbio, comunque, che l'esame della proposta di legge si incentra, in modo preminente, sull'aspetto formale ed istituzionale dell'iniziativa, e che da questo punto di vista essa appare incompatibile con le norme che presiedono alle competenze e alle funzioni della Regione e pertanto illegittima.
Per i motivi sopra esposti, le Commissioni consiliari permanenti I e II visti gli articoli 117, 123 e 127 della Costituzione visti gli articoli 9, 20, 49, 50, 51, 53, 57, 60, 61 e 64 dello Statuto della Regione visto l'art. 2 della.legge 2 agosto 1975, n. 393 vista la deliberazione del CIPE in data 9 ottobre 1975 visti gli articoli 1, 2, 8 e 11 della legge regionale 16 gennaio 1973, n.
4 preso atto della dichiarazione di ricevibilità e di ammissibilità resa dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale in data 5 aprile 1979 della proposta di legge n. 395 di iniziativa popolare dal titolo "Consultazione della popolazione sulla realizzazione di centrali nucleari in Piemonte" presentata in data 8 marzo 1979 sentiti i tre primi sottoscrittori della proposta di legge in oggetto esaminati la relazione ed il testo legislativo proposto rassegna la presente relazione al Consiglio regionale proponendo che il Consiglio regionale respinga, con propria deliberazione, la proposta di legge regionale n. 395, con il conseguente non passaggio all'esame degli articoli.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Non farò l'avvocato dopo che altri l'ha fatto molto bene con una relazione che puntualizza i termini della questione, così come non riprenderò la sostanza del dibattito che ha preceduto questo punto all'ordine del giorno e che ha evidenziato come tutte le forze politiche, a titolo diverso e con puntualità diversa, non abbiano trascurato, né gli elementi che riguardano l'informazione nei confronti della pubblica opinione e dei cittadini interessati, né le consultazioni di questi, semmai diversamente accentuando le esigenze di approfondimento perché la discussione e la collocazione nei rapporti tra istituzione e cittadini fosse la più corretta possibile.
Una forma di consultazione, proposta in termini provocatori sull'esistenza o meno di una paura diffusa e irrazionale nei riguardi dell'atomo è un atto costruttivo? E' un atto costruttivo consultare la gente per sapere se ha paura in forma generica rispetto a questa nuova tecnica, ma che potrà rivelarsi come il momento sovranamente liberatorio da fatiche, da condizionamenti storici, mutando anche i termini dello stesso contrasto politico? Il voto negativo non è un voto che si appiglia tartufescamente a motivazioni giuridiche pur valide, che devono essere rispettate a livello istituzionale se non si vuole sbracare in tutte le direzioni.
Vogliamo consentire operazioni di segmentazione della società, dei gruppi, degli Enti, delle comunità mettendo le une contro le altre, secondo momenti di accentuazione dei timori e degli egoismi, impedendo ogni sintesi a livello istituzionale? Credo di no.
Quanto al tema fondamentale non possiamo non ricordare come attorno ai nostri confini nazionali, a distanza di gita in bicicletta, cento centrali elettronucleari sono già realizzate o in fieri. Quindi vi è qualche cosa di umoristico nel nostro modo di affrontare questi temi. Speriamo di non essere costretti, senza energia, al freddo e nello stesso tempo inquinati dalle iniziative altrui o al freddo e successivamente colonizzati dalla preveggenza degli altri che avranno in mano il rubinetto dell'energia nuova per farci sopravvivere o meno.
Per evitare questa sorte il processo critico di approfondimento, di garanzie per la sicurezza, di rapporto di coinvolgimento nei confronti della gente è sicuramente necessario.
La nuova cultura che vogliamo proporre è di assunzione di responsabilità nette, chiare, precise da parte delle istituzioni, non in forma autoritativa e preliminare, ma in forma successiva ad un rapporto completo e totale con la gente che è in condizione di capire, alla quale debbono essere dati tutti gli strumenti per comprendere e per partecipare in tempo.
Respingiamo con tutta tranquillità questa proposta, ma avendone accolto le suggestioni per misurarci, verificare e controllare il nostro comportamento nei confronti dei temi che debbono essere affrontati con le popolazioni. Fare i cavalieri dell'Apocalisse sollecitando timori e paure in tempi già percorsi da tante suggestioni irrazionali, non è compiere opera democratica e costruttiva all'interno di una società complessa e percorsa da tanti stimoli nuovi, quale la nostra.
Siamo certi che le intenzioni dei proponenti tendevano a sottolineare la necessità di un rapporto serio e concreto con la gente; noi però siamo disponibili a questo tipo di rapporto purché la responsabilità non si diluisca fino a vanificare ogni decisione, a rendere impossibile ogni presa di posizione, a contrapporre la gente l'una all'altra, a mandarci nel disordine totale, dopo di che non ci sarà più soltanto il pericolo sventolato della militarizzazione attorno alle centrali, ma magari ci sarà il pericolo di un diverso tipo di militarizzazione politica, dovuta agli effetti dirompenti di una caduta verticale dello sviluppo e delle condizioni di vita, dovuta ad una crisi energetica verticale provocata in modo irresponsabile.
All'interno di confini apocalittici le forze politiche e la nostra società evoluta sapranno trovare i modi e gli istituti per giungere alle decisioni consapevolmente e con le garanzie necessarie ed opportune.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Nelle motivazioni che abbiamo votato in Commissione e che mi accingo a votare in questa sede si parla di legittimità. Non vorrei che questa venisse considerata come un limite puramente formale perché dietro al rispetto della forma c'è il rispetto del contenuto che la forma viene a rappresentare.
La Costituzione repubblicana e lo Statuto della Regione Piemonte cristallizzano e formalizzano l'evoluzione dei rapporti fra i cittadini e le istituzioni, che è quanto di più avanzato la società umana è riuscita a concretare quanto ai rapporti tra noi e i nostri simili. Quindi la difesa della situazione formale indica anche la volontà di non far degenerare la democrazia in demagogia ad ogni pié sospinto.
Sul merito, ho il dovere di dire che non so che cosa significhi "società a sviluppo esponenziale". Se questo significa che, nell'anno 1910 l'età mediana era di anni 24, e l'età mediana dell'anno che stiamo vivendo è di 74 anni, ben venga questo tipo di sviluppo della società. Lascio ai filosofi discutere se le radici siano nel Rinascimento italiano o nella riforma protestante.
L'ultima considerazione è amara: mentre cerchiamo di difendere, anche con il provvedimento che stiamo assumendo, gli organi rappresentativi e cerchiamo di farci carico delle responsabilità del Paese, non possiamo non prendere atto che la classe di governo di questa Regione si è fatta condizionare, almeno nei tempi e nelle modalità di decisione, da una minoranza di 8.000 persone.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Avrei fatto un discorso molto più articolato e più completo se non si fosse già verificato il dibattito di questa mattina che ha svuotato completamente di contenuto il nostro comportamento.
A parte lo squillo di vittoria del Partito radicale, credo di poter fare una valutazione essenzialmente politica. Diciamo subito che noi non ci sottrarremo, avendo il nostro Partito ipotizzato il referendum a carattere nazionale, su un argomento di questo tipo, a una sfida che ci viene lanciata e questa sfida la faremmo per sostenere una determinata tesi, con una coscienza, con una convinzione, con la certezza che marciamo nel giusto, con la fiducia che vogliamo essere con Papin e non con i marinai che distruggevano la sua macchina, anche se ci rendiamo conto che c'è un punto interrogativo sul problema generale dello sviluppo dell'umanità sul quale, almeno in questa fase, non siamo in grado di dare una risposta per l'immediato in un momento in cui nel nostro Paese metà della popolazione vive ancora in condizioni di sottosviluppo.
Dopo la conclusione del dibattito di oggi sarei tentato di suggerire ai compagni del Gruppo di accettare il referendum impegnandomi a condurre una battaglia in questa direzione, che non è certamente quella in cui si impegneranno i radicali stessi, devo però riconoscere che i termini della presentazione, gli aspetti giuridici non ci permettono di arrivare ad una conclusione di questo genere, che sarebbe una conclusione di carattere ritorsivo ma non certamente valida, perché dal punto di vista giuridico onestamente dobbiamo dire "non possumus", nel senso che si tratta di un'iniziativa non contemplata dalla nostra legislazione statutaria e non ammissibile per le ragioni illustrate.
Nel concludere non posso non esprimere l'amarezza per vedere condurre battaglie di questo genere che mi sembrano di assoluta retroguardia. E' vero che in un'epoca in cui l'ayatollah Khomeini, seguendo il diritto romano, ripristina la fustigazione delle prostitute, è possibile tutto! Il passato può riaffiorare, possono riaffiorare termini di qualsiasi genere.
La conclusione alla quale il mio Gruppo deve arrivare è quella di respingere la richiesta presentata dal Partito radicale perché non legittima.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Anche a me spiace che il dibattito precedente abbia sottratto molto tempo. Per le implicazioni di carattere istituzionale e di merito, ma soprattutto per i collegamenti che questa iniziativa ha con i temi della democrazia, sarebbe stato opportuno sviluppare un dibattito più ampio.
Rispettando rigorosamente i termini, cercherò di rendere la posizione del Gruppo comunista. Noi, respingendo la richiesta pervenuta dal Partito radicale, siamo convinti di essere nel giusto per ragioni di legittimità.
Esiste uno Statuto regionale e noi siamo tenuti ad attenerci ad esso dietro la forma delle leggi che ci siamo dati c'è il senso dell'ordinamento, delle regole di condotta, del modo con cui intendiamo la democrazia.
C'è però anche una ragione di merito: riteniamo che il quesito che viene posto dall'iniziativa del Partito radicale non debba essere sciolto attraverso questa forma. Abbiamo detto che l'alternativa del sì e del no era una falsa alternativa.
Proporre addirittura una consultazione generale su questo tema è un atto politicamente sbagliato. Nel merito si può decidere su questo solo dopo l'assunzione cosciente e consapevole dei termini del problema. Potrei aggiungere che noi non siamo generalmente favorevoli a consultazioni di questo tipo quando gli interessi in gioco attengono al destino di ognuno ma anche ad un collegamento che nelle istituzioni trova la sua migliore espressione.
Voglio cogliere l'occasione per rilanciare un tema, è il tema di come noi oggi, nel 1979, dobbiamo intendere le forme di democrazia e il nostro modo di rapportarci con i cittadini.
C'è un problema che agita tutti noi e i segni elettorali o non elettorali ci sono stati, quello di ristabilire dei rapporti corretti comprensibili in cui l'azione politica sia fortemente riconoscibile.
Abbiamo l'interesse di lavorare concretamente sui temi della partecipazione, della consultazione, del modo di rapportarci come istituzione alla comunità. Non faccio delle affermazioni generiche. Forse questo è proprio il caso di insistere perché il regolamento venga approvato.
Forse qualche adempimento legislativo in più potrebbe essere compiuto per disciplinare meglio la materia della partecipazione, ma quando parliamo di disciplina, intendiamo parlarne in senso evolutivo, aperto non per regolamentare ed ingabbiare. E' per questo che noi saremo sempre in profondo disaccordo con tutte quelle suggestioni che vedono nelle istituzioni il modo per imbavagliare, per negare la libertà delle opinioni.
Abbiamo tanti limiti e questi limiti ci inducono a ricercare nuove forme. Non dimentichiamo quello che abbiamo fatto. L'esperienza dei Comprensori, l'attenzione sulle questioni poste dai movimenti autonomi sono segnali del comportamento che dobbiamo tenere ma anche del recupero e del privilegio delle cose che abbiamo fatto.
Guai se percorressimo la nostra strada a salti e in maniera sconnessa.
A chi critica dal di fuori le istituzioni, a chi critica il nostro comportamento diciamo che in questa Regione, più che altrove, anche attraverso leggi che hanno trovato voto unitario, abbiamo cercato di rendere più efficienti le istituzioni attraverso la partecipazione dei cittadini.
Pochi mesi fa abbiamo votato il piano di localizzazione in attuazione della legge 457: era un tema concreto di governo. La nostra efficienza si è sposata in maniera ideale con un processo di partecipazione che ha coinvolto molti cittadini e che avrebbe voluto coinvolgerne di più.
Vogliamo fare uno sforzo per andare ancora più avanti? Sono convinto che queste cose attengono alla difesa vera delle istituzioni e soprattutto alla difesa degli interessi legittimi dei cittadini: questi non sono termini antitetici, colleghiamoli, riesaminiamo le formule ma sappiamo che questa è una strada di grande importanza.
Noi comunisti abbiamo questa attenzione e la proponiamo ancora una volta alle altre forze politiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Al grido di vittoria della forza politica che non siede in questo Consiglio, si può rispondere che la vittoria è molto vaga: non si sa se hanno vinto i francesi o gli austriaci. Di fronte alla realtà piemontese ha vinto il Consiglio regionale, dimostrando con quanta serietà ha lavorato nella diversità della scelta politica, che non è poi così traumatizzante come la stampa ama far credere.
I cittadini piemontesi, preoccupati perché male informati che si fosse deciso qualche cosa, sappiano che non si era deciso e che si stava esaminando. Questo non è un escamotage giuridico, ma è la risposta che l'istituzione deve dare.
La vittoria ancora una volta premia il senso di responsabilità che anima i 60 Consiglieri della Regione Piemonte: siamo pochi di fronte all'enormità dei problemi, ma, nei gravi momenti di responsabilità e di scelte, non arriviamo abborracciando qualche cosa dietro ai paraventi, ma difendendo, nella nostra dignità istituzionale, i diritti dei cittadini e la necessità che i cittadini hanno di essere partecipi alle grandi scelte.
Il dibattito è servito a chiarire che in questa Regione si lavora seriamente e con assiduità cercando di dare risposte concrete e positive ai problemi della gente. Dico questo nel profondo rispetto dei termini di partecipazione e di democrazia che lo Statuto regionale recepì nella fase costituente e che come legge dello Stato dobbiamo osservare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

I "no" di carattere giuridico sono stati ampiamente dimostrati dal Consigliere Calsolaro. Noi teniamo fermo il diritto che deriva dallo Statuto e dall'articolato citato dal relatore per concludere che nella fattispecie non è possibile consentire il referendum sulla centrale.
Sul "no" politico il discorso è rapidissimo. C'è stato un vasto dibattito, la maggioranza ha esposto le ragioni per le quali il grosso e grave problema della carenza energetica e dello sviluppo economico non si può liquidare con un sì o con un no. E' stato votato un documento in cui c'è l'impegno del Consiglio a potenziare l'informazione, presupposto della partecipazione. Una vigilia referendaria non è l'occasione favorevole per illustrare e chiedere la partecipazione su dati di conoscenza di questo difficile problema; sarebbe una vigilia elettorale calda in cui ognuno di noi andrebbe a inseguire il si o il no nel tentativo di portare una vittoria in un senso o in un altro. Il momento non sarebbe adatto per un discorso così importante.
Attorno a questo problema dobbiamo invece organizzare il consenso sulla base di valutazioni obiettive che Giunta, Consiglio e Commissione andranno a cercare, poi sentiremo l'opinione della popolazione piemontese.
Se si chiede al contadino se è favorevole alla centrale nucleare egli direbbe di no sapendo che la centrale vuole molta acqua che lui ha bisogno per la sua risaia, ma il suo no non è per amore del riso, ma perché il riso glielo pagano 40 mila lire il quintale e con questo lui si prende una rivincita storica sulla povertà endemica delle campagne. Il no del contadino sarebbe inattendibile, non potrebbe essere di supporto nel più vasto e impegnato discorso del sì o del no alle centrali energetiche.
Ecco perché è facile dire ai compagni radicali di avere pazienza.
Entriamo nella problematica tecnico-scientifica, poi magari sentiremo i 5 milioni di piemontesi. Non è poi scritto da nessuna parte che il risultato sarà scontato; il risultato deve essere ragionato, deve nascere dalla coscienza di ogni singolo piemontese e di fronte a questo tipo di consultazione non abbiamo remore di nessun genere.



PRESIDENTE

Non vi sono altri iscritti. Vi do lettura dell'ordine del giorno: "Il Consiglio regionale visti gli articoli 117, 123 e 127 della Costituzione visti gli articoli 9, 20, 49, 50, 51, 53, 57, 60, 61 e 64 dello Statuto della Regione visto l'articolo 2 della legge 2 agosto 1975, n. 393 vista la deliberazione del CIPE in data 9 ottobre 1975 visti gli articoli 1, 2, 8 e 11 della legge regionale 16 gennaio 1973, n.
4 preso atto della dichiarazione di ricevibilità e di ammissibilità resa dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, in data 5 aprile 1979 della proposta di legge n. 395 di iniziativa popolare dal titolo 'Consultazione della popolazione sulla realizzazione di centrali nucleari in Piemonte' presentata in data 8 marzo 1979 preso atto che le Commissioni congiunte hanno sentito i primi tre sottoscrittori della proposta di legge in oggetto esaminati la relazione ed il testo legislativo proposto sentita la relazione delle Commissioni consiliari I e II considerato che la proposta di legge regionale n. 395 di iniziativa popolare appare incompatibile con le norme che regolano le competenze e le funzioni della Regione, e pertanto illegittima la respinge con il conseguente non passaggio all'esame degli articoli".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 48 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Esame progetto di legge n. 434: "Modificazioni alla legge regionale 20 agosto 1973, n. 23, recante 'Contributi negli oneri di esercizio delle imprese concessionarie di autoservizi di linea per viaggiatori' "


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del punto ottavo all'ordine del giorno: Esame progetto di legge n. 434: "Modificazioni alla legge regionale 20 agosto 1973, n. 23, recante 'Contributi negli oneri di esercizio delle imprese concessionarie di autoservizi di linea per viaggiatori' ".
Articolo 1 - "Il secondo comma dell'articolo 1 della legge regionale 20 agosto 1973, n. 23, è così modificato: 'A partire dall'anno 1979 il Presidente della Giunta regionale, su istanza dell'impresa e su conforme deliberazione della Giunta medesima, pu autorizzare il pagamento di acconti su detto contributo sino a concorrenza del finanziamento disponibile nel bilancio dell'esercizio in corso e sulla base delle risultanze di esercizio dei rispettivi periodi di ogni anno' ".
Se nessuno chiede di parlare si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri L'articolo 1 è approvato.
Articolo 2 - "La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'articolo 45 dello Statuto regionale ed entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'articolo 2 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero testo del progetto di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri Il progetto di legge n. 434 è approvato.


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Esame progetto di legge n. 422: "Modifica alle leggi regionali 6 aprile 1977, n. 22 'Contributo alle imprese private per le spese di acquisto di autobus nuovi', 6 maggio 1974, n. 14 'Contributo agli Enti locali e alle aziende pubbliche o a partecipazione pubblica per l'acquisto di materiale rotabile', 6 maggio 1974, n. 15 'Contributo alle imprese private per le spese di acquisto di autobus nuovi' "


PRESIDENTE

Il punto nono all'ordine del giorno reca: Esame progetto di legge n.
422: "Modifica alle leggi regionali 6 aprile 1977; n. 22 'Contributo alle imprese private per le spese di acquisto di autobus nuovi', 6 maggio 1974 n. 14 'Contributo agli Enti locali e alle aziende pubbliche o a partecipazione pubblica per l'acquisto di materiale rotabile', 6 maggio 1974, n. 15 'Contributo alle imprese private per le spese di acquisto di autobus nuovi' ".
Passiamo subito alla votazione dell'articolato.
Articolo 1 - "Il contributo di cui al secondo comma dell'articolo 1 della legge regionale 6 aprile 1977, n. 22, può essere concesso sino alla misura massima del 65% della spesa riconosciuta ammissibile e sostenuta per l'acquisto di autobus nuovi di linea".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri L'articolo 1 è approvato.
Articolo 2 - "Il primo comma dell'articolo 5 della legge regionale 6 maggio 1974, n. 14, viene sostituito col seguente: 'La concessione e l'erogazione dei contributi sono stabilite con decreto del Presidente della Giunta regionale in conformità alla deliberazione della Giunta regionale che approva il piano autobus e le eventuali successive variazioni' ".
Si passi alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'articolo 2 è approvato.
Articolo 3 - "Il primo comma dell'articolo 5 della legge regionale 6 maggio 1974, n. 15, viene sostituito col seguente: 'La concessione e l'erogazione dei contributi sono stabilite con decreto del Presidente della Giunta regionale in conformità alla deliberazione della Giunta regionale che approva il piano autobus e le eventuali successive variazioni' ".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'articolo 3 è approvato.
Articolo 4 - "Agli oneri derivanti dalla presente legge si provvede con gli appositi stanziamenti di bilancio".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'articolo 4 è approvato.
Articolo 5 - "La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 45 dello Statuto regionale ed entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'articolo 5 è approvato.
Passiamo ora alla votazione dell'intero testo del progetto di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
Il progetto di legge n. 422 è approvato.


Argomento: Musei - Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Esame deliberazione Giunta regionale: "Modifica dello Statuto dell'Associazione Museo ferroviario piemontese"


PRESIDENTE

Passiamo al punto undicesimo dell'ordine del giorno: Esame deliberazione Giunta regionale: "Modifica dello Statuto dell'Associazione Museo ferroviario piemontese".
Vi do lettura della deliberazione: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 26 luglio 1978, n. 45, relativa all'istituzione dell'Associazione Museo ferroviario piemontese visto lo Statuto associativo approvato nell'adunanza consiliare del 30 novembre 1978 ritenuto opportuno ovviare ad ogni possibile incompatibilità con quanto disposto dall'articolo 5 della legge 17 febbraio 1968, n. 108 viste le proposte della Giunta regionale sentita la competente Commissione consiliare delibera di approvare le seguenti modifiche allo Statuto dell'Associazione Museo ferroviario piemontese approvato nell'adunanza consiliare del 30 novembre 1978: Articolo 3 - Le parole 'contributo annuo stabilito nell'articolo 4' sono sostituite da 'contributo annuo di cui all'articolo 4'.
Articolo 6 - Il secondo comma è sostituito da: 'Il rappresentante della Regione Piemonte è nominato dal Presidente della Giunta regionale'.
Articolo 9 - Fino al punto 2) compreso, è sostituito da: 'Il Consiglio direttivo è costituito dal Presidente dell'Associazione e da: 1) 5 componenti nominati dal Consiglio regionale con voto limitato a 2 nominativi 2) un componente nominato dal Consiglio comunale di Torino'.
L'ultimo periodo dell'ultimo comma è sostituito da: 'I Consiglieri durano in carica cinque anni e in ogni caso non oltre la durata del Consiglio regionale. Essi sono rieleggibili'.
Articolo 12 - Il primo comma è sostituito da: 'Il Presidente dell'Associazione è nominato dal Consiglio regionale e rappresenta legalmente l'Associazione tanto nei rapporti interni che in quelli esterni'.
L'ultimo comma è sostituito da: 'In caso di impedimento del Presidente, ne esercita le funzioni il membro del Consiglio direttivo da lui delegato'.
Articolo 13 - Istituisce la figura del Presidente onorario, con il seguente testo: 'Presidente onorario'. 'Presidente onorario dell'Associazione è l'Assessore regionale ai trasporti, in riconoscimento del peculiare interesse regionale che rivestono gli scopi dell'Associazione'. Articolo 14 L'articolo 13 originario diventa articolo 14 ed è interamente sostituito dal seguente testo: 'I revisori dei conti, in numero di due, sono nominati uno per ciascuno dal Consiglio regionale e dall'assemblea dei soci: essi durano in carica cinque anni ed in ogni caso non oltre la durata del Consiglio regionale'.
Gli articoli 14, 15, 16 originari assumono rispettivamente la numerazione: 15, 16, 17.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'articolo 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.


Argomento:

Rinvio di un punto all'ordine del giorno ad altra seduta


PRESIDENTE

Al punto dodicesimo dell'ordine del giorno troviamo: Esame deliberazione Giunta regionale: "Proposta al Consiglio regionale per la determinazione dei criteri e delle modalità di concessione dei contributi di cui alla legge regionale 22 dicembre 1978, n. 83 - Contributi ai Comuni per la realizzazione di iniziative a favore dei giovani, nonché concessione ai sensi della suddetta legge di un contributo di L. 413.409.280 al Comune di Torino".
La parola all'avvocato Bianchi.



BIANCHI Adriano

Poiché non ho ancora avuto la possibilità di esaminare il testo, chiedo che la discussione sia rinviata.



PRESIDENTE

Il provvedimento è rinviato. Il Consiglio regionale sarà convocato per il 13 luglio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 21,15)



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