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Dettaglio seduta n.260 del 05/07/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Poiché non vi sono osservazioni i processi verbali relativi alle precedenti sedute consiliari del 21 giugno si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

a) Congedi Sono in congedo i Consiglieri Borando, Castagnone Vaccarino e Picco.
b) Presentazione progetti di legge Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: n. 431: "Autorizzazione all'acquisto di un immobile da destinare a sede di uffici regionali", presentato dai Consiglieri Rivalta, Bontempi, Bellomo e Raschio in data 21 giugno 1979 e già approvato dal Consiglio nella stessa data n. 432: "Modifica alla legge regionale 22 agosto 1977, n. 44", presentato dalla Giunta regionale in data 21 giugno 1979 n. 433: "Delega ai Consorzi di Comuni delle funzioni amministrative in materia di noleggio con conducente e servizio pubblico da piazza" presentato dalla Giunta regionale in data 21 giugno 1979 n. 434: "Modalità di corresponsione dei contributi di cui alla legge regionale 6/4/1977, n. 22 - Misure straordinarie per il potenziamento degli autoservizi di linea e per il contenimento dell'aumento delle tariffe preferenziali dei servizi medesimi", presentato dalla Giunta regionale in data 21 giugno 1979 n. 435: "Interventi finanziari della Regione nel settore del trasporto pubblico di persone", presentato dalla Giunta regionale in data 21 giugno 1979 n. 436: "Assestamento del bilancio regionale per l'esercizio 1979" presentato dalla Giunta regionale in data 22 giugno 1979 n. 437: "Integrazione della legge regionale 4/4/1979, n. 17", presentato dalla Giunta regionale in data 27 giugno 1979 n. 438: "Istituzione dei ruoli nominativi regionali del personale del servizio sanitario nazionale e disciplina per l'iscrizione nei ruoli medesimi del personale da destinare alle Unità sanitarie locali" presentato dalla Giunta regionale in data 2 luglio 1979 n. 439: "Disciplina transitoria degli organi istituzionali del servizio sanitario regionale", presentato dalla Giunta regionale in data 2 luglio 1979 n. 440: "Territorializzazione dei servizi sanitari e socio-assistenziali in attuazione della legge 23/12/1978, n. 833", presentato dalla Giunta regionale in data 2 luglio 1979 n. 441: "Norme per la disciplina della contabilità, l'utilizzazione e la gestione del patrimonio delle Unità locali dei servizi", presentato dalla Giunta regionale in data 2 luglio 1979 n. 442: "Promozione di studi per il risparmio delle risorse energetiche e di impianti sperimentali per lo sfruttamento di risorse energetiche rinnovabili", presentato dalla Giunta regionale in data 4 luglio 1979.



PRESIDENTE

c) Apposizione visto Commissario del Governo



PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 17/5/1979: "Norme integrative e di attuazione dei criteri e delle norme generali di cui al punto e), n. 2, 3 dell'articolo 2 della legge n. 319/1976, in materia di liquami e fanghi" alla legge regionale del 24/5/1979: "Tutela del patrimonio linguistico e culturale del Piemonte" alla legge regionale del 24/5/1979: "Integrazioni alle leggi regionali 2/9/1974, n. 29 e 23/5/1975, n. 33 relative al Comitato regionale di studi sulla programmazione" alla legge regionale del 24/5/1979: "Interventi straordinari per le eccezionali calamità naturali ed eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nel 1978. Reintegrazione dell'anticipazione di cui alla legge regionale 3/10/1978, n. 60" alla legge regionale del 24/5/1979: "Contributi da erogare alle aziende esercenti trasporti pubblici in copertura maggiori oneri derivanti dall'accordo nazionale del 24/1/1979" alla legge regionale del 24/5/1979: "Proroga dell'efficacia dei decreti del Presidente della Giunta regionale 2/7/1975, n. 2601 e 25/7/1975, n.
3016 (Flora protetta) alla legge regionale del 24/5/1979: "Promozione della domanda turistica" alla legge regionale del 24/5/1979: "Adeguamento dell'indennità di residenza fissata dalla legge statale 8/3/1968, n. 221 in favore dei farmacisti titolari di farmacie rurali".



PRESIDENTE

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo



PRESIDENTE

Il Commissario del Governo non ha apposto il visto: alla legge regionale del 17/5/1979: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa ai coltivatori diretti per il secondo semestre anno 1977, per l'anno 1978 e per l'anno 1979" alla legge regionale del 17/5/1979: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa agli artigiani per il secondo semestre anno 1977, per l'anno 1978 e per l'anno 1979" alla legge regionale del 17/5/1979: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa ai commercianti per il secondo semestre anno 1977, per l'anno 1978 e per l'anno 1979" alla legge regionale del 24/5/1979: "Interventi straordinari a favore delle forze dell'ordine mediante erogazione di anticipazioni di fondi di cui al decreto legge approvato dal Governo in data 23/5/1979 per il potenziamento delle strutture, dei mezzi e del materiale di equipaggiamento delle forze dell'ordine".
In merito a quest'ultima legge respinta dal Governo sono già passati 37 giorni dal decreto ministeriale che doveva tradurre in atti concreti le misure di potenziamento e di aggiornamento del materiale di protezione delle forze dell'ordine. A tutt'oggi le forze dell'ordine non hanno ancora ricevuto nulla. Molto facile è respingere una legge, molto più complicato è attuare un decreto legislativo nazionale.
Il nostro intento non era quello di iniziare una legislazione in materia di ordine pubblico in Piemonte, ma di fornire alle forze di P.S. di Torino alcuni mezzi di cui avevano bisogno. Mi propongo di ricordare al Governo, ogni 40 giorni, che se la legge fosse stata approvata, le forze di P.S. avrebbero ricevuto le macchine blindate. Siccome ho l'impressione che passeranno mazzetti di 40 giorni prima che qualche cosa succeda, un ricordo del genere al Governo non sarà inutile.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Dimissioni di Consiglieri regionali e relativa surrogazione


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo all'ordine del giorno: "Dimissioni di Consiglieri regionali e relativa surrogazione".
Il punto è stato iscritto perché il Consigliere regionale Majorino aveva presentato le dimissioni. Successivamente però è pervenuta una sua comunicazione di revoca alle dimissioni da Consigliere regionale.
Il punto all'ordine del giorno è stato così risolto, poiché le dimissioni sono state ritirate.
Chiede la parola il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Non ho nulla da dire sotto il profilo giuridico poiché le dimissioni fintantoché non sono accettate, possono essere ritirate. Tuttavia vorrei porre delle domande per trarne delle considerazioni.
La prima la rivolgo al Presidente del Consiglio regionale per chiedere quante volte in questi giorni le dimissioni del Consigliere Majorino sono state presentate e quante volte sono state ritirate.
La seconda la rivolgo al Presidente della Giunta per sapere se risponde a verità che l'ultima volta le dimissioni sono state ritirate anche per intervento della Presidenza della Giunta.



PRESIDENTE

Per quanto mi consta la vicenda è stata turbinosa in quanto nel giro di 24 ore ho ricevuto tre volte le dimissioni e tre volte il loro ritiro.
Successivamente sono state ancora presentate, quindi sono state ritirate definitivamente.
Ho cercato di capire il meccanismo che comportava questa andata e ritorno. Quando l'ho capito ne ho preso atto. Non so come commentare la vicenda.
La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Il Presidente della Giunta in genere non si occupa dei fatti funzionali del Consiglio, perché ritiene che il Consiglio debba decidere autonomamente attraverso i suoi organi.
Nulla vieta però al Presidente della Giunta, che conosce professionalmente l'avv. Majorino e la moglie da lunghi anni, di parlare con l'interessato, non per iniziativa del Presidente che in quel momento non sapeva delle dimissioni, ma per iniziativa dell'avv. Majorino stesso che aveva chiesto di parlare con il Presidente della Giunta per esporgli che, a causa delle condizioni di salute non buone, per un certo periodo non avrebbe potuto esercitare il suo mandato elettorale.
Gli ho risposto che, non appena sarebbe stato guarito, avrebbe potuto sedere sui banchi del Consiglio, in autunno, alla ripresa dei lavori. Mi pare di aver svolto un corretto ruolo dialogando con un Consigliere che è venuto a parlarmi, come d'altra parte faccio con qualunque Consigliere lo chieda.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Ringrazio il Presidente del Consiglio per l'informazione che ritenevo opportuna nei confronti dell'intero Consiglio.
Ringrazio anche il Presidente della Giunta il quale non ha escluso i contatti con il Consigliere Majorino, ma ha dato a quei contatti l'interpretazione di un normale incontro come può avvenire con qualunque Consigliere.
Da parte nostra ci sarà molta attenzione alle presenze che il Consigliere Majorino riserverà al Consiglio da questo momento alla fine della legislatura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Non mi sembra corretto lasciare alla D.C. l'onore e l'onere di questa osservazione che, per molti versi, è interessante: sembrerebbe un problema di partiti, mentre è un problema molto delicato. Sottoscrivo la dichiarazione fatta dal collega della D.C. quando dice che sarà attento allo sviluppo di questa vicenda.
La dichiarazione del Presidente del Consiglio, che dice: "Ho cercato di capire il meccanismo della vicenda. Quando l'ho capito ne ho preso atto" e quella del Presidente della Giunta, estroverso e portato ai rapporti cordiali soprattutto con i colleghi, messe assieme, indubbiamente pongono il Consiglio, e non solo la D.C., nella necessità di essere attenti in futuro, non per mettere in discussione le dichiarazioni del Presidente della Giunta, ma per rispondere, a chi questo tipo di preoccupazione ha fatto sorgere, che l'attenzione c'é da parte di tutti.



PRESIDENTE

La parola ancora al Presidente della Giunta regionale.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Non vorrei che un fatto umano come quello del Consigliere Majorino, che peraltro ebbi a ricevere immediatamente dopo la sua nomina e che ho ricevuto in altre occasioni per un normale, giusto e corretto scambio fra esecutivo e Consigliere, rapporto che anzi ritengo debba essere intensificato, desse luogo a manovre di tipo trasformistico.
Assicuro che le manovre di tipo trasformistico non ci saranno. La Giunta dichiara sin d'ora che le rifiuterà. Chiunque voglia avanzare questa ipotesi perde del tempo, perché tra questa Giunta e certe forze politiche non potrà mai esservi alcun rapporto di sostegno o di appoggio.



PRESIDENTE

La mia personale impressione è che il Consigliere Majorino sia in condizioni di salute psicofisiche precarie e che questa precarietà necessiti del rispetto di tutti.
A lui vada l'augurio del Consiglio regionale perché possa prontamente guarire e svolgere le sue funzioni.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Assistenza farmaceutica (organizzazione, servizi ecc.

Sulla mancata apposizione del visto del Commissario del Governo alle leggi regionali sul contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa ai lavoratori autonomi


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Apprendiamo del mancato visto del Commissario del Governo ai tre provvedimenti attinenti l'assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi.
Come fatto ieri mattina in sede di V Commissione, riformulo l'auspicio che la Giunta si faccia carico della grave situazione e ripresenti il disegno di legge celermente ed il Consiglio regionale, con altrettanta celerità, riapprovi quei provvedimenti che, tra l'altro, sono fermi dalla metà del 1977.
Già durante la discussione in V Commissione avevamo avanzato il dubbio che il Governo potesse accettare la norma così come era stata formulata. A tal proposito ci era però stata data assicurazione che l'operazione, di attingere i finanziamenti dai fondi destinati alla sanità, era corretta e certa.
Invece, se non vado errato, le motivazioni del Commissario di Governo vertono proprio sull'incompatibilità del prelievo dei fondi da quelli destinati ad interventi rientranti nell'ambito della sanità.


Argomento: Problemi energetici

Relazione dell'Intercommissione sul problema degli insediamenti delle centrali nucleari in Piemonte: dibattito ed eventuali determinazioni


PRESIDENTE

Punto quarto all'ordine del giorno: "Relazione dell'Intercommissione sul problema degli insediamenti delle centrali nucleari in Piemonte: dibattito ed eventuali determinazioni".
La parola al relatore, Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, relatore

In data 6 aprile 1978 il Consiglio regionale costituiva la "Intercommissione sul problema delle centrali nucleari in Piemonte".
Dell'Intercommissione venivano chiamati a far parte Consiglieri di tutte le forze politiche rappresentate in Consiglio, nonché gli Assessori regionali alla pianificazione territoriale, alla tutela dell'ambiente all'agricoltura.
L'Intercommissione assumeva i compiti fino a quel momento svolti dalla II Commissione permanente del Consiglio regionale relativi alla procedura di formazione della deliberazione di cui all'art. 2 della legge 2 agosto 1975, n. 393, ferma restando la competenza della II Commissione consiliare per l'esame delle questioni riguardanti le centrali idroelettriche termoelettriche e turbogas.
Come è noto, il 9 ottobre 1975 il CIPE deliberava che "le Regioni interessate all'insediamento delle centrali elettronucleari di cui all'art.
22, secondo comma, della legge 2 agosto 1975, n. 393, sono la Regione Piemonte e la Regione Lombardia".
Per queste Regioni, a norma del quarto comma dello stesso art. 22, il termine fissato per l'indicazione delle due aree suscettibili dell'insediamento elettronucleare è ridotto da 150 a 60 giorni.
Con nota 1° dicembre 1975 la Giunta regionale richiedeva, ai sensi del secondo comma dell'art. 2 della legge 393, l'assistenza tecnica del CNEN.
La legge 393, infatti, disciplinando la localizzazione delle centrali elettronucleari da realizzarsi da parte dell'ENEL individua alcuni specifici campi di collaborazione fra il CNEN e le Regioni, e precisamente l'assistenza tecnica alle Regioni per l'individuazione di aree suscettibili di insediamenti di centrali elettronucleari; il parere sulle ubicazioni proposte dall'ENEL nell'ambito delle aree indicate; la redazione entro il 1978, d'intesa con le Regioni e con L'ENEL di una carta nazionale di siti suscettibili di insediamento di centrali e di impianti nucleari.
E' opportuno ancora rilevare che l'indicazione da parte delle Regioni interessate di almeno due aree del proprio territorio suscettibili di insediamento di centrali elettronucleari (e per le quali il CNEN abbia espresso avviso favorevole) costituisce un mero adempimento preliminare nel senso che ad esso deve far seguito un'ulteriore e complessa procedura per la definizione del cosiddetto sito puntuale per la quale occorrono, fra l'altro, indagini necessarie per l'accertamento dell'idoneità tecnica delle aree prescelte, una documentazione completa sulle ubicazioni proposte e sulle relative caratteristiche tecniche ed ambientali, consultazioni delle Amministrazioni e pareri del CNEN.
Nell'aprile 1976 il CNEN trasmetteva alla Regione Piemonte la "Relazione sulla ricerca di aree suscettibili di insediamento di centrali nucleari nella Regione Piemonte", avendo cura di rilevare che sulle aree individuate la Regione avrebbe potuto indicare, ai sensi dell'alt. 2 della legge 393, d'intesa con i Comuni interessati, sentiti L'ENEL e il Ministero della sanità, le aree che avesse ritenuto di prescegliere, e che su tali aree avrebbero dovuto essere effettuate successivamente da parte dell'ENEL indagini approfondite per l'accertamento dell'idoneità tecnica e per la determinazione del sito puntuale, ai fini della successiva istruttoria tecnica del CNEN sulla cui base la Regione avrebbe poi dovuto assumere la decisione definitiva di insediamento.
Con deliberazione in data 26 ottobre 1976 la Giunta regionale "constatato che la Regione Piemonte dovrà indicare almeno due aree del proprio territorio suscettibili di insediamenti di centrali nucleari tenuto conto che prima di addivenire all'indicazione delle suddette due aree, la Regione intende avvalersi della consulenza di una Commissione di professori universitari esperti nelle materie di chimica industriale impianti nucleari, fisica, idraulica, idrologia e geologia, nonché del coordinamento dell'IRES", costituiva una "Commissione scientifico - tecnica per l'esame della relazione predisposta dal CNEN in merito alla ricerca di aree suscettibili di insediamenti nucleari".
La Commissione scientifico - tecnica forniva due distinti contributi: a) l'elaborato "Sull'insediamento di centrali nucleari in Piemonte" del gennaio 1977, seguito da una breve sintesi dal titolo "Relazione conclusiva sugli insediamenti di centrali nucleari in Piemonte" predisposto dal prof. Bertuglia dell'IRES b) la"Relazione conclusiva della Commissione scientifico - tecnica costituita con delibera della Giunta regionale del 26 ottobre 1976 con il compito di esaminare la relazione sulla ricerca di aree suscettibili di insediamento di centrali nucleari nella Regione Piemonte elaborata dal CNEN", in data 23 febbraio 1977 e sottoscritta dagli altri membri della Commissione.
Nell'agosto 1977 la Giunta regionale, esprimendo l'avviso che i tre documenti (e cioè quello del CNEN e i due della Commissione scientifico tecnica), sostanzialmente integrantisi a vicenda, fossero idonei a permettere alla Regione di formulare, ai sensi dell'art. 2 della legge 393 una proposta di almeno due aree del proprio territorio suscettibili di insediamenti di centrali elettronucleari, pervenendo, in buona sostanza alle stesse conclusioni e all'indicazione univoca di due aree principali anche se di dimensioni diverse; e ponendosi quindi la necessità di esperire le previste consultazioni, soprattutto con le comunità locali interessate al fide di fornire tutte le informazioni utili a favorire il massimo dibattito possibile anche per giungere all'intesa con i Comuni interessati prevista dall'art. 2, secondo comma, della legge 393; riteneva che tali consultazioni dovessero essere svolte dalla competente Commissione consiliare piuttosto che dalla Giunta stessa, anche in considerazione che l'indicazione definitiva delle aree avrebbe dovuto scaturire da una deliberazione del Consiglio regionale.
L'esame della questione relativa all'insediamento in Piemonte di una centrale elettronucleare da 2.000 Mwe, in due unità da 1.000 Mwe, veniva pertanto assegnato alla II Commissione permanente del Consiglio regionale.
La II Commissione procedeva, a norma degli articoli 9 e 20 dello Statuto, alla consultazione dei soggetti interessati, nonché all'esame del vasto materiale pervenuto, oltre che dagli Enti istituzionalmente preposti alla materia, dagli Enti locali, dai sindacati, dalle organizzazioni degli agricoltori, dalle associazioni naturalistiche.
In data 19 gennaio 1978 il Presidente della Giunta regionale, con una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio regionale ed al Presidente della II Commissione consiliare - ritenendo che con le consultazioni condotte dalla II Commissione si fosse compiuta una prima fase conoscitiva del problema e che si trattasse pertanto di trarre prime conclusioni e di definire le modalità secondo le quali portare a termine la procedura prevista dalla legge n. 393 del 1975; che a questo fine si rendesse necessario promuovere ulteriori chiarimenti su questioni non ancora affrontate e che le stesse elaborazioni fino allora svolte avevano fatto emergere, e su questioni indicate dagli Enti locali, dalle organizzazioni sociali, sindacali e imprenditoriali; che fosse altresì necessario procedere ad un'estesa informazione della comunità regionale sull'intero problema e sulle questioni specifiche, al fine di giungere ad una decisione consapevole e partecipata, con il diretto apporto del Governo e del Parlamento, degli organi competenti dello Stato, quali il CNEN, l'Istituto Superiore di Sanità, l'ENEL - esprimeva l'avviso della Giunta regionale di procedere attraverso una più stretta e permanente collaborazione con la Commissione consiliare. Da questa proposta emergeva l'opportunità della costituzione di una speciale Commissione del Consiglio regionale che veniva costituita come "Intercommissione sul problema degli insediamenti delle centrali nucleari in Piemonte" nella seduta del 6 aprile 1978.
E' necessario, a questo punto, ricordare che nel corso del 1977 si erano manifestati due fatti di una certa rilevanza politica in ordine alla politica energetica del nostro Paese: l'accordo programmatico fra i sei partiti dell'arco costituzionale ed il dibattito alla Camera dei deputati sui problemi dell'energia.
L'accordo programmatico indicava fra gli interventi prioritari quelli sull'energia, riconoscendo che occorreva: 1) puntare con molta decisione al risparmio energetico per contenere i consumi di petrolio (con particolare riguardo al riscaldamento degli ambienti, alla razionalizzazione del traffico cittadino e agli incentivi alle industrie per investimenti tecnologici miranti a risparmio di energia) 2) utilizzare al massimo fonti nazionali ed autonome di energia (geotermica, idroelettrica, solare, carbone) 3) avviare subito la costruzione delle quattro centrali nucleari (da 2.000 MW) già decise, portando rapidamente a conclusione l'accordo con le Regioni interessate alla loro localizzazione sia per ciò che riguarda la sicurezza sia per ciò che riguarda l'inserimento delle centrali nucleari nei generali piani di sviluppo delle Regioni stesse 4) arrivare inoltre ad una sollecita localizzazione per ulteriori quattro centrali nucleari, impostando contemporaneamente la definizione di altri siti adatti 5) ricercare anche nel settore nucleare il massimo di autonomia tecnologica.
La risoluzione approvata dalla Camera dei deputati nella seduta del 5 ottobre, mentre riteneva necessario un ricorso equilibrato e controllato all'energia nucleare secondo una linea strategica che avesse come obiettivo l'autonomia energetica, un qualificato ed autonomo sviluppo di un'industria elettromeccanica nucleare nazionale e la piena soluzione dei problemi relativi alla sicurezza e alla protezione della salute, individuava, fra i punti fondamentali di questa scelta: la localizzazione delle centrali ai sensi della legge n. 393 del 1975 assicurando una più attiva partecipazione degli Enti locali ed accentuando la collaborazione tra Governo, CNEN, Regioni sulla scorta anche delle esperienze maturate e delle convenzioni stipulate a Caorso e Montalto.
Fondamentale per un positivo coinvolgimento delle popolazioni è la garanzia che gli elementi tecnico - economici che sono alla base delle scelte di localizzazioni vengano messe a disposizione delle Regioni e degli Enti locali al fine di consentire, su un tema di questa rilevanza e delicatezza un dibattito il più ampio e informato possibile l'elaborazione entro i termini stabiliti dalla legge n. 393 del 1975 da parte del CNEN e dell'ENEL della carta dei siti l'adeguamento dell'ENEL in funzione della nuova politica energetica e dei nuovi compiti e responsabilità, tenendo presente la nuova realtà istituzionale del Paese il potenziamento dell'attuale ruolo del CNEN come Ente per la sicurezza la ricerca, lo sviluppo e la promozione industriale e la riorganizzazione del controllo nei settori della sicurezza, della protezione dell'uomo e dell'ambiente e nella valutazione di un'esigenza di unitarietà della ricerca energetica e per il controllo e la sicurezza nucleare; ribadendo al fine di dare al Paese una stabile e continuativa politica energetica, la necessità e l'urgenza di dare all'intero settore energetico una direzione unitaria e coordinata a livello dell'Esecutivo e del Parlamento.
L'Intercommissione iniziava i suoi lavori acquisendo i documenti pervenuti ed esaminati dalla II Commissione consiliare, nonché i risultati delle consultazioni da questa condotte.
Essenziale - come base della decisione da assumere - è stata ovviamente, l'individuazione da parte del CNEN, quali aree suscettibili dell'insediamento della centrale elettronucleare, dell'area n. 4 di Trino e di quella n. 6 di Filippona, successivamente selezionate dalla Commissione scientifico - tecnica come area "Po-1" (tratto del Po fra la confluenza della Dora Baltea e la presa del Canale Lanza), estensione dell'area n. 4 di Trino del CNEN, e area "Po-2" (tratto del Po tra la confluenza col Tanaro e la confluenza con lo Scrivia), estensione dell'area n. 6 di Filippona del CNEN.
Il CNEN ha compiuto un esame del territorio regionale con riferimento ai fattori di caratterizzazione di un sito nucleare: la disponibilità delle risorse idriche, la demografia, la geomorfologia del territorio.
E' noto che per l'insediamento di una centrale nucleare è necessario verificare la possibilità di reperire fonti di approvvigionamento di acqua per il raffreddamento idonee a soddisfare le esigenze dei sistemi attualmente utilizzati per lo smaltimento del calore. Con riferimento ad una centrale da 2.000 MW e alla modestia delle risorse idriche disponibili in Piemonte si è presa in considerazione la soluzione della refrigerazione con acqua a circuito chiuso e con smaltimento del calore pressoch totalmente in atmosfera, anziché in corpo idrico, mediante torri di raffreddamento.
L'individuazione delle due aree di Trino e di Filippona da parte del CNEN è avvenuta, oltre che con riferimento alla disponibilità delle acque all'analisi demografica, dalla quale risulta evidente la disomogeinità esistente, per esempio, fra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica da una parte e l'Europa, presentando questa una densità media di popolazione molto più elevata, e non disponendo di ampie zone scarsamente popolate all'analisi geologica, che consenta di escludere la presenza di fenomeni che possano essere preclusivi per l'installazione di centrali nelle aree di possibile insediamento individuate con i criteri idrologici e demografici e, ancora, alla verifica della distanza da manufatti pericolosi (come gli aeroporti e le zone militari); alle conseguenze sulla tutela dell'ambiente ritenute di valori trascurabili quanto agli effluenti radioattivi e molte modeste per gli effetti delle torri di raffreddamento (si afferma che avendo le torri di raffreddamento un'altezza superiore al centinaio di metri e tenendo conto dell'ulteriore incremento di altezza dovuto alla differenza di temperatura fra vapore e ambiente, è improbabile che il clima locale possa essere influenzato nei mesi invernali per quanto riguarda nebbie e ghiaccio sul suolo; mentre durante il periodo estivo possono formarsi nubi a carattere cumuliforme, con un modesto aumento di frequenza delle piogge, una diminuzione trascurabile della radiazione solare globale e un lieve incremento della formazione di nebbie durante la notte e nelle prime ore del mattino); ed infine ai fini plurimi delle acque, che per la maggior parte convergono su attività di coltivazione del riso e, in qualche caso, di mais e di frumento, per le quali potrebbe anche prevedersi un incremento di produttività qualora le risaie fossero alimentate con acqua moderatamente riscaldata, con portate opportunamente regolate.
La Commissione scientifico-tecnica, composta da docenti dell'Università e del Politecnico di Torino, cui erano naturalmente estranee riflessioni relative alla politica generale nel campo dell'energia ed alle scelte conseguenti, al fabbisogno di energia nella Regione e quindi alla necessità di procedere agli insediamenti, trattandosi di problemi di competenza di altri organi, faceva riferimento, per pervenire all'individuazione delle aree suscettibili di insediamento, a due variabili: la disponibilità delle risorse idriche e gli effetti sulla popolazione per eventuali incidenti derivanti dalla centrale nucleare.
Venivano formate due graduatorie (una per le risorse idriche, l'altra per gli effetti sulla popolazione) e si rilevava che le aree in prima posizione nella prima graduatoria (la Tanaro-Po) sono in ultima posizione nella seconda graduatoria, e che l'area in prima posizione nella seconda graduatoria (l'area di Trino) è in posizione centrale nella prima graduatoria.
Il giudizio in ordine ai pesi relativi da assegnare ai due fattori di selezione delle aree suscettibili di insediamento veniva quindi lasciato all'operatore pubblico, nel senso che le aree da indicare al Ministero sarebbero risultate dai pesi relativi assegnati al fattore "grado di scostamento dalla condizione di ottimalità di insediamento e di regolare funzionamento della centrale nucleare" e al fattore "grado di minimizzazione dell'indice demografico".
Da queste conclusioni, tratte dal coordinatore IRES della Commissione sembrava invece dissentire la Commissione scientifico-tecnica che presentava una propria relazione conclusiva.
Da questa relazione emergono sostanzialmente queste considerazioni: che lo smaltimento per via idrica degli effluenti termici non è proponibile per nessun corso d'acqua della Regione Piemonte, per cui nasce l'esigenza di ricorrere a soluzioni tecniche mediante le quali il calore residuo viene smaltito quasi totalmente nell'atmosfera con le torri di raffreddamento ad evaporazione; che il complesso degli scarichi radioattivi liquidi ed aeriformi di una centrale nucleare danno luogo a livelli di dose che rientrano ampiamente nei limiti di fluttuazione, da zona a zona, della radioattività naturale che la probabilità di eventi accidentali con effetti di rilievo sull'ambiente esterno è estremamente remota; un reattore commerciale del tipo previsto per l'insediamento non potendo assolutamente esplodere, date le sue caratteristiche fisiche.
Sulla base delle indagini svolte nei termini della metodologia internazionale della materia ed in relazione ai consueti elementi di valutazione (disponibilità delle risorse idriche, demografia, geomorfologia del territorio), la Commissione scientifico-tecnica selezionava due aree alternative per l'insediamento nucleare, "Po-1" e "Po-2", con l'avvertenza che l'area "Po-1" fosse da considerarsi suscettibile di insediamento nucleare soltanto a condizione che siano garantite le necessarie portate attraverso un adeguato esercizio dei serbatoi esistenti da parte dell'Ente al quale compete la realizzazione e l'esercizio della centrale.
L'Intercommissione, anche alla luce delle consultazioni esposte e delle osservazioni raccolte dalla II Commissione, iniziava i suoi lavori affrontando i due temi maggiormente discussi nella fase preliminare dell'istruttoria: l'informazione alla comunità regionale e la disponibilità delle risorse idriche, nonché quelli dell'inquinamento termico ed atmosferico (quest'ultimo per l'ipotesi di uso delle torri di raffreddamento).
L'informazione, secondo l'opinione dell'Intercommissione, è certamente alla base della decisione che il Consiglio regionale dovrà assumere sulla proposta di localizzazione della centrale nucleare. Del resto, la Regione Piemonte ha istituzionalizzato nel suo Statuto il metodo democratico della partecipazione, della quale è presupposto essenziale l'informazione. Non ci può essere, infatti, reale partecipazione senza la corrispondente informazione. Senza di essa, l'indicazione preliminare delle aree rischia di assumere un carattere autoritario e di provocare contestazioni a non finire.
E' un fatto che, come correttamente ebbe ad esprimersi l'allora Ministro Romano Prodi: "Non è vero che esiste un'opposizione 'locale' alle centrali nucleari. Ormai esiste un'opposizione 'locale' ad ogni tipo di centrale, sia essa nucleare, a gasolio o a carbone. La gente non vuole più questi impianti. Il Paese invece ne ha bisogno e io penso che il Governo debba assumersi le sue responsabilità". E ancora: "Ritengo che in questa materia il Governo debba giocare a carte assolutamente scoperte. Sta poi a tutti noi capire che senza le nuove centrali e senza l'utilizzazione di tutte le fonti alternative di energia il nostro sviluppo è bloccato. Credo che il Paese sia disponibile per una discussione franca e onesta su questo problema. Il primo passo però, a questo punto, spetta al Governo e io conto di farlo".
E' indubbio che tutti i grandi insediamenti energetici comportano notevoli problemi di sicurezza, di lotta contro l'inquinamento, di perturbazioni dell'ambiente socio-economico e di degradazione della qualità della vita e che, conseguentemente, sono da analizzare sotto il profilo del processo decisionale per assicurare la massima informazione, il dibattito e la partecipazione della popolazione, in modo che ognuno sappia quali sacrifici dovrà sopportare, quali vantaggi ne potrà ricavare e quali controlli avrà il diritto di esercitare. E' quindi necessario istituire anche da noi un rapporto più esteso tra autorità e cittadini in questo delicato settore.
Se le scelte di pianificazione complessiva rimangono necessariamente allo Stato, è fuori dubbio che la gestione del territorio nel senso più lato è della Regione. E' la Regione, pertanto, che deve far pervenire tutte le informazioni ai Comuni interessati, e saranno questi a dialogare con i cittadini, a raccogliere le osservazioni e a organizzarle per farle risalire alla Regione, consentendo ad associazioni, gruppi organizzati e singoli cittadini di esercitare il diritto di partecipazione democratica.
E' necessario quindi un piano solido, concreto, immediatamente operativo, sostenuto da un quadro di comando serio e non fluttuante discusso ampiamente ai diversi livelli per essere sorretto da un consenso conseguente ad una partecipazione responsabile.
In questa prospettiva l'Intercommissione ha messo a punto un programma di informazione suscettibile di essere raccolto dai più vasti strati della comunità, anche in carenza di un'adeguata azione informativa da parte degli organi del Governo centrale.
Questo programma dovrà svolgersi, intanto, con la convocazione di una "Conferenza regionale sull'energia", e con la predisposizione di una serie di inserti da pubblicarsi sui giornali regionali e locali e di trasmissioni da farsi attraverso le emittenti radio-televisive locali.
Non si può non sottolineare il fatto che il servizio radio-televisivo nazionale, dal quale l'Intercommissione aveva ricevuto assicurazione circa la produzione di materiale sull'argomento, da diffondersi su scala nazionale e locale, non abbia ancora dato, a più di un anno di distanza alcuna notizia sullo stato di attuazione dell'iniziativa.
Per parte sua l'Intercommissione ha proceduto con particolare attenzione alla messa a punto dell'agenda dei lavori della Conferenza che convocata per il mese di aprile scorso, ha dovuto essere rinviata al prossimo mese di ottobre a causa dell'intervenuta crisi di governo e del successivo scioglimento delle Camere.
La Conferenza sarà incentrata sulle seguenti relazioni: 1) I consumi e le disponibilità energetiche del Piemonte nel quadro della situazione e delle prospettive nazionali.
2) La produzione di energia elettrica con impianti nucleari in Piemonte. Le fonti alternative e integrative. I risparmi energetici, l'uso razionale delle energie e la ricerca.
3) Le disponibilità idriche della Regione e la compatibilità dell'impianto elettronucleare con la destinazione agricola dei territori interessati.
4) L'opposizione all'insediamento dell'impianto elettronucleare in Piemonte.
5) Le influenze dell'impianto elettronucleare sul microclima.
6) La sicurezza e i controlli.
7) Le esperienze locali di territori sedi di centrali elettronucleari in Paesi esteri.
8) La politica energetica della CEE.
Dalla bozza di ordine del giorno risulta in modo chiaro che la Conferenza dovrà investire l'intera tematica della questione energetica con evidente particolare e specifico riferimento allo sviluppo socio-economico della nostra Regione nel più ampio contesto del programma economico nazionale, e che esso costituirà il luogo d'incontro per raccogliere le fila di tutte le informazioni politiche, programmatiche e tecniche che costituiscono il fondamento necessario di ogni futura prossima decisione.
Le relazioni saranno ovviamente svolte, al più alto livello, da responsabili delle istituzioni preposte alla realizzazione della politica energetica nel nostro Paese. A svolgere la relazione di cui al punto 4) saranno invitati i rappresentanti del movimento di opposizione.
Nel corso degli incontri con il Direttore generale delle Fonti di energia del Ministero dell'industria è stata formalmente richiesta la precisa assicurazione per la presenza del Governo, trattandosi dell'interlocutore politico primo nei confronti della Regione, e quindi condizione ineliminabile per un corretto svolgimento della Conferenza.
Gli inviti saranno rivolti prevalentemente ai soggetti a struttura collettiva, a norma degli articoli 9 e 20 dello Statuto regionale, mentre congruo spazio sarà riservato al dibattito, per il quale sarà ovviamente cura della Presidenza della Conferenza di garantire la più ampia libertà di espressione sull'argomento.
Sul problema degli aspetti idrologici, ed ambientali l'ENEL ha fatto pervenire, nel maggio 1978, tre note sull'area Po-1, per le zone di Trino e di Saluggia, e sull'area Po-2, per la zona Tanaro Foce, con queste conclusioni quanto agli aspetti idrologici: a) che per la zona di Trino è possibile, con appropriate modifiche dell'attuale regime di svaso, anche del solo bacino di Place Moulin integrare la portata del Po nei periodi irrigui in cui questa scende al di sotto dei 12 metri cubi al secondo, il che si verificherebbe mediamente per circa 15 giorni all'anno. Ciò, oltre a garantire la piena disponibilità di acqua per le esigenze della nuova centrale, assicurerebbe all'agricoltura disponibilità maggiori di quelle attuali b) che per la zona di Saluggia è necessario prevedere di utilizzare anche le acque del Naviglio di Ivrea o del Canale Depretis, mentre per quanto concerne lo scarico dei canali viene osservato che le acque della Dora sono caratterizzate da temperature molto basse e che il loro utilizzo per il raffreddamento di un impianto nucleare produrrebbe un aumento di temperatura con sicuro beneficio per l'agricoltura c) che per la zona Tanaro Foce, la valutazione della portata mediamente presente per 355 giorni l'anno nel Po a valle della confluenza col Tanaro portano a concludere che tale portata si aggira sui 50 metri cubi al secondo e che la minima assoluta non discende al di sotto dei 26 metri cubi al secondo. Questa portata è largamente sovrabbondante per consentire, nei limiti imposti dalla legge, l'esercizio di un impianto nucleare su due unità di 1.000 MW con sistema di raffreddamento a torri di evaporazione.
Viene osservato che le condizioni di legge sarebbero ugualmente rispettate anche se gli utilizzi futuri delle acque a monte dimezzassero le attuali fluenze.
Per gli aspetti ambientali: a) che le caratteristiche meteorologiche delle zone comprendenti i tre possibili siti non variano in modo sostanziale, e che l'evaporazione delle torri di raffreddamento non può influire in modo apprezzabile sulle locali caratteristiche climatiche: non sarebbero quindi ipotizzabili danni alle colture agricole del riso e della vite b) che l'acqua evaporata dalle torri viene emessa a quota elevata con conseguente dispersione e diluizione in grandi volumi d'aria, per cui si avrebbero effetti al suolo del tutto trascurabili e comunque decrescenti con l'aumentare della distanza della torre c) che, per quanto riguarda l'irraggiamento solare, i pennacchi delle torri di raffreddamento possono estendersi a distanze apprezzabili dalla centrale solo in condizioni di cielo coperto per cui la presenza del pennacchio non influenza l'irraggiamento solare, mentre nei giorni di sereno interesserebbe una ristretta area attorno alla torre coincidente in pratica con l'area di esclusione occupata dalla centrale e non interessante quindi le utilizzazioni agricole d) che, in ogni caso, sarebbe da escludersi qualsiasi effetto sul microclima delle zone circostanti in considerazione della quantità di calore in gioco rispetto a quello di origine naturale e) che gli scarichi chimici della centrale sarebbero tali da rientrare in qualsiasi condizione nei limiti previsti dalla legge 10 maggio 1976, n.
319. Lo stato ecologico dei corsi d'acqua delle zone in questione dipende oggi da cause quali gli scarichi industriali ed urbani, e dall'immissione di diserbanti impiegati in larga misura in agricoltura.
A queste conclusioni è stato fatto osservare che, per quanto riguarda la zona di Trino, resta confermato il dato essenziale secondo cui la suscettibilità dell'insediamento è subordinata ad un adeguato esercizio di serbatoi esistenti nell'ambito dei bacini imbriferi sottesi dalle sezioni di prelievo, e che comunque, al fine di garantire le necessarie portate, si dovrebbe procedere allo svaso dei serbatoi ENEL per volumi sensibilmente maggiori di quelli corrispondenti alle sole portate di integrazione a causa delle perdite di acqua lungo la rete idrografica interessata e anche per effetto di eventuali prelievi, da parte di altri utenti, di acque svasate ai fini predetti.
Su questo problema le consultazioni hanno messo in rilievo l'opportunità di promuovere uno studio per la costruzione di nuovi invasi mediante i quali l'acqua potrebbe essere impiegata in modo promiscuo sia allo scopo di sopperire a carenze, anno per anno sempre più gravi a fronte di continui crescenti fabbisogni idrici, e sia per irrigare terreni da destinare a colture agricole, sia, ancora, per la produzione di energia idroelettrica sia, infine, per il raffreddamento dei nuovi impianti nucleari.
Una delle preoccupazioni espresse dai produttori agricoli è infatti quella della sottrazione d'acqua alle già scarse disponibilità dei comprensori irrigui. E' stato fatto osservare che l'esperienza trascorsa in anni particolarmente siccitosi mostra che la regolazione delle reti irrigue attraverso lo svaso dei serbatoi idrici d'alta quota dell'ENEL non ha avuto luogo nonostante le normative vigenti. L'Intercommissione sottolinea la necessità che urgentemente, attraverso indagini specifiche sulle quali dovrà operare la Giunta regionale, sollecitando tutti gli Enti interessati vengano verificati i dati contrastanti, ancor oggi emergenti, sulle attuali disponibilità idriche.
Ne deriva quindi la necessità di promuovere e di potenziare gli strumenti di intervento e di iniziativa decentrati a livello dei poteri locali e della Regione in ordine ai poteri di governo delle acque modificando anche gli aspetti istituzionali degli Enti centrali (quali l'ENEL. l'ENI ed il CNEN), in modo tale da consentire l'intervento democratico non solo nel momento della determinazione delle linee politiche generali, ma anche in fase di programmazione territoriale, nel campo edilizio, nell'agricoltura e nei servizi, agevolando e fornendo i necessari strumenti per sviluppare un intervento operativo diretto nello sfruttamento di risorse e di fonti di rilievo essenzialmente locale e valorizzando le articolazioni del Paese per incidere sulla composizione della produzione e dei consumi.
In merito alle ipotesi fatte dall'ENEL per un eventuale insediamento di una centrale elettronucleare nella zona di Saluggia viene osservato che tutte le ipotesi di installazione prevedono l'utilizzazione di canali irrigui derivati dalla Dora Baltea e che non si fa cenno dell'esigenza di integrare con acque di serbatoio le portate sottratte dalla centrale nei periodi di deficiente disponibilità di acque irrigue. Occorre, tuttavia precisare che la Commissione scientifico-tecnica aveva ritenuto di escludere sistematicamente l'impiego di acque canalizzate ad uso irriguo e che un simile vincolo aveva portato a concludere che non si trovano aree suscettibili di insediamento al di fuori di quelle alimentabili direttamente dal Po.
E' opinione dell'Intercommissione che il discusso problema dell'approvvigionamento idrico possa essere compiutamente affrontato soltanto attraverso l'esame del piano regionale delle risorse idriche e dei relativi documenti di cui l'Assessorato regionale alla tutela dell'ambiente ha preannunciato l'imminente presentazione, e che consentirà di superare le contraddizioni, rilevate nel corso delle consultazioni, sui dati forniti dai diversi Enti.
In ordine all'inquinamento termico e a quello atmosferico l'Intercommissione, priva di qualsivoglia struttura di indagine e di ricerca, operativa e funzionale, non può che prendere atto delle argomentazioni svolte dal CNEN e dall'ENEL da una parte, e da coloro che in contrapposizione alle tesi presentate da questi Enti in materia avanzano serie perplessità sulla irrilevanza dei fenomeni indotti dall'eventuale insediamento.
L'individuazione, nell'ambito dei temi in discussione nella Conferenza regionale dell'energia, degli specifici argomenti è stata fatta per consentire una precisa puntualizzazione dello stato degli studi e delle rilevazioni in materia e per fornire elementi essenziali ai fini di una corretta decisione sulla determinazione delle aree.
Non si può non rilevare come tanto la II Commissione consiliare, prima quanto l'Intercommissione, dopo, si siano trovate di fronte ad un complesso di deliberazioni degli Enti locali territoriali direttamente interessati dall'insediamento sull'inopportunità di una scelta che possa coinvolgere i loro territori e le loro popolazioni.
Si tratta di deliberazioni che, seppur variamente motivate, non consentono di considerare immediatamente praticabile la strada dell'intesa prevista dalla legge 393, e che quanto meno, o al massimo, indicano nella direzione di ulteriori approfondimenti della problematica in esame le condizioni per l'assunzione di nuove deliberazioni in merito.
D'altra parte sembra opinione comune, emergente dagli stessi dibattiti parlamentari, politici, sindacali e culturali che l'energia nucleare non possa ricoprire il ruolo risolutivo dei nostri problemi energetici e che non possa essere aprioristicamente scelta come l'unico elemento con il quale si debba caratterizzare strategicamente la struttura della produzione elettrica. Essa viene piuttosto indicata quale possibilità "residuale" da realizzarsi non a scapito di altre scelte o di altre possibilità.
In questo senso sono state individuate fonti diverse, alcune delle quali hanno già formato o formeranno oggetto di specifici pareri della Regione, come è stato fatto per la centrale turbogas di Alessandria e come sarà fatto per la centrale idroelettrica della Valle Gesso. Altre sono attualmente sottoposte all'attenzione e al dibattito, allo studio e alla ricerca da parte degli organi politici e tecnici, degli Enti scientifici del nostro Paese.
Se alcune di queste centrali - come la turbogas - non provocano le perplessità e non incontrano gli ostacoli, anche psicologici, di una centrale elettronucleare (perché, per esempio, non utilizzano acque e non provocano inquinamento termico, non necessitano di grandi edifici e sono facilmente mimetizzabili nell'ambiente), altre non sono per ora, e per motivi vari, in grado di risolvere gli problemi urgenti della produzione e dell'impiego dell'energia elettrica; altre ancora, come le centrali idroelettriche, incontrano - anch'esse per la questione della sottrazione delle acque - una certa contestazione da parte delle popolazioni locali.
Il profondo mutamento di prospettive energetiche verificatosi nel nostro Paese negli ultimi anni impone, così, da un lato l'impegno di valutare attentamente la prevista domanda di energia elettrica necessaria per lo sviluppo del nostro Paese e la conseguente necessità di nuovi impianti e dall'altro un impegno nell'utilizzare razionalmente le risorse disponibili attraverso uno sforzo di diversificazione degli approvvigionamenti energetici.
Per raggiungere questi obiettivi è quindi necessaria un'organica politica di programmazione dello sviluppo socio-economico, di utilizzazione delle risorse e della spesa pubblica. Essenziale in questo contesto appare il ruolo delle Regioni e delle autonomie locali, la funzione operativa dell'ENEL e la partecipazione delle forze economiche e sociali, di tutta la collettività.
I Consiglieri regionali componenti l'Intercommissione ritengono che la Regione Piemonte abbia assunto, nell'affrontare la delicata questione della localizzazione della centrale nucleare, un atteggiamento di responsabile prudenza, con l'affidamento al gruppo di lavoro dell'Università e del Politecnico di Torino, coordinato dall'IRES, l'esame della relazione del CNEN; con l'approfondimento della materia, a mezzo delle consultazioni effettuate dalla II Commissione permanente e successivamente dalla stessa speciale Intercommissione consiliare; con la promozione di tutte quelle iniziative di informazione che si andranno sviluppando a tempi brevi nei prossimi mesi, al fine di giungere a decisioni realmente partecipate e consapevoli.
L'Intercommissione è perfettamente conscia dell'importanza fondamentale che il problema energetico assume non solo nella nostra Regione e nel nostro Paese, ma in tutto il mondo industrializzato ed in quello in via di sviluppo. Proprio per questo ritiene che il Consiglio regionale, per la parte che lo riguarda, debba assumere posizioni chiare ed univoche coerentemente finalizzate a quegli obiettivi di crescita economica e sociale che costituiscono la base essenziale della sua azione politica e programmatica.
Il ritardo nell'adempimento dell'obbligo di cui alla delega legislativa per la determinazione delle aree nei termini cronologici previsti dagli articoli 2 e 22 della legge 393 va pertanto inteso non come colpevole negligenza nell'affrontare la questione o come ragionato calcolo per evitare ogni e qualsiasi decisione, ma come momento di riflessione e di attenta ricerca delle soluzioni più opportune e di maggior vantaggio per la collettività.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Sull'incontro per la Venchi Unica


PRESIDENTE

Devo informare il Consiglio che è in corso una riunione fra l'Assessore Alasia, gli Consiglieri Rossi, Vera e Conti e una delegazione dei lavoratori della Venchi Unica che attendono nelle prossime ore gli esiti degli incontri che si stanno svolgendo a Roma, presenti i rappresentanti delle autonomie locali del Piemonte.



MARTINI Mario

E' la prima volta che il Presidente del Consiglio non fa appello perch vengano tolti dalla tribuna gli striscioni delle organizzazioni sindacali che normalmente venivano tolti.



PRESIDENTE

Non faccio appello per il semplice fatto che sono sceso a parlare con i lavoratori della Venchi Unica e insieme abbiamo convenuto questo modo di comportamento che mi pare del tutto civile.



(Voci dalla tribuna)



PRESIDENTE

Adesso richiamo i lavoratori della Venchi Unica a non esprimere n apprezzamenti né dissensi su quanto viene detto in quest'aula. La gestione di questa questione tiene conto della situazione in atto.


Argomento: Problemi energetici

Relazione dell'Intercommissione sul problema degli insediamenti delle centrali nucleari in Piemonte: dibattito ed eventuali determinazioni (seguito)


PRESIDENTE

La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

La relazione dell'Intercommissione, con sinteticità e tuttavia con chiarezza e puntualità, ha messo in evidenza quello che è stato, sino ad ora, il ruolo della Regione Piemonte nei confronti dell'insediamento delle centrali nucleari: ha messo in evidenza i suoi limiti, ma anche le sue posizioni.
Sono dati, pertanto, tutti gli elementi necessari per trarre delle considerazioni. La prima considerazione è che la Regione, né per essa la Giunta, non ha mai preso una decisione circa l'individuazione di aree suscettibili di insediamento di centrali nucleari. Con ciò smentisco ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, l'equivoco che in questo senso da alcune parti si è voluto strumentalmente creare, con l'intento di promuovere agitazioni e precostituire contrapposizioni.
La Regione Piemonte ha bensì accettato l'impegno, formalmente attribuitole con delibera del CIPE nell'ottobre del '75, di considerare e verificare la possibilità di insediamento di centrali nucleari nel proprio territorio. Lo ha fatto in applicazione di una legge nazionale e in attuazione di un indirizzo di politica energetica assunto dal Parlamento avendo coscienza dei gravi problemi di cui è investito il nostro Paese in conseguenza della crisi apertasi nel mercato del petrolio dal 1973 in avanti. Problemi la cui gravità è esaltata per causa della politica energetica condotta nel passato, basata su un pressoché totale affidamento al petrolio, e sull'incosciente presunzione o sull'insipiente illusione di un illimitato approvvigionamento a basso costo.
Per altro, nel '75, un'informazione ancora più scarsa di quella di oggi e la relativa novità del problema lasciavano in ombra l'intera problematica riguardante le centrali nucleari, che è emersa successivamente nell'affrontare la questione. Le posizioni tecnocratiche e i suoi portavoci ne esaltavano, senza ombra di dubbio alcuno, la validità e la facilità d'uso. D'altra parte il Piemonte è già, da anni, a Trino, sede di una pur piccola centrale nucleare, da cui non sono derivati mai rilevanti problemi si aggiunga che nella passata tornata amministrativa l'Amministrazione comunale di Trino si espresse favorevolmente in merito al suo ampliamento.
L'impegno assunto dalla Regione Piemonte fu quindi responsabile: teneva conto della situazione di fatto e delle espressioni che sino ad allora si erano avute. Impegno serio, volto a ricercare e a verificare le possibilità del Piemonte di contribuire ad alleggerire la gravità del problema dell'approvvigionamento e produzione di energia; impegno che muove anche dalla constatazione del deficit del Piemonte nella produzione energetica rispetto al consumo, per cui la Regione Piemonte è debitrice rispetto ad altre Regioni di circa 5.000 Kwh. E' ben vero che il bilancio energetico non può essere assunto a livello regionale; non possiamo dimenticare che abbiamo alle spalle la Regione Valle d'Aosta che produce molta più energia di quanta ne consumi. Certo, il bilancio energetico deve essere fatto a livello interregionale o a livello nazionale. Il problema di fondo tuttavia, permane, e la Regione Piemonte ha voluto assumere un impegno rispetto all'intero Paese, affinché il suo assorbimento di energia non abbia a ripercuotersi in impedimenti allo sviluppo di altre Regioni, quelle meridionali in particolare, e la sua capacità di produzione di energia possa invece essere commisurata ai problemi dello sviluppo dell'intero Paese.
Dicemmo subito che si doveva contemporaneamente e in modo prioritario affrontare il problema dello sfruttamento totale e complessivo di quelle fonti che sono connaturate alle caratteristiche della nostra regione, e cioè di quella idrica. Siamo stati inascoltati. I lavori della II Commissione e dell'Intercommissione possono testimoniare che fino alle ultime riunioni c'é stato da parte dell'ENEL un pressoché totale rifiuto ad affrontare questi problemi nella misura dovuta e possibile.
Ebbene, l'impegno con il quale si è fin qui operato tuttora rimane.
Oggi, con maggior coscienza di ieri, misuriamo la gravità del problema energetico; conosciamo le componenti che lo determinano; siamo convinti dell'urgenza di affrontarlo correttamente senza superficialità o distorsioni. Abbiamo, d'altra parte, acquisito piena coscienza che l'aver affrontato il problema energetico con disorganicità, al di fuori di una visione programmata dell'uso delle risorse e dello sviluppo, credendo nella fonte nucleare come in una fonte esclusiva e risolutiva e di facile introduzione per via tecnica e burocratica, ci ha allontanato dalla soluzione.
Dalla relazione dell'Intercommissione si trae una seconda considerazione: l'impegno della Regione a contribuire alla ricerca di soluzioni non è stato acritico. Anche questo evidenzia un atteggiamento responsabile.
Dopo aver accettato di verificare la possibilità di insediamento di centrali nucleari in Piemonte, abbiamo proceduto con la cautela che la qualità del problema richiede. Questo, al di fuori di questa Regione, non sempre è avvenuto. Così, ad esempio, non è cresciuta la necessaria sensibilità culturale e politica negli organismi dello Stato, i quali hanno sempre teso a minimizzare i problemi posti dalle centrali nucleari e a rinviarne l'analisi e le risposte. Abbiamo assunto questo impegno con cautela e visione critica per nostro razionale e responsabile atteggiamento di governo, quando nessuno ce lo sollecitava o richiedeva. Da questo nostro atteggiamento è infatti derivata l'esigenza di una prima verifica tecnica e scientifica dell'elaborazione, svolta dal CNEN, per l'individuazione delle aree, dalla quale, anche in relazione al primario e funzionale parametro della disponibilità di acqua, trasparivano incertezze di valutazione, in particolare proprio per quell'area di Trino, ove l'ENEL già prima dell'approvazione della legge 393 e delle attribuzioni alle Regioni di competenze nella scelta dei siti, aveva avviato sondaggi sul suolo e definito accordi preliminari per l'acquisizione di terreni su cui impiantare una nuova centrale. Il Consigliere Franzi ci può essere buon testimone dell'approssimazione delle valutazioni presentate.
La terza considerazione che emerge dalla relazione dell'Intercommissione è che la Regione non ha proceduto sulla base di sole verifiche tecniche e, quel che più conta, nell'affrontare questi problemi non é rimasta chiusa nell'ambito dei propri organismi e uffici. Attraverso la II Commissione ha condotto consultazioni degli Enti locali, dei sindacati, delle organizzazioni di categoria, delle associazioni interessate; ha avviato un esteso processo di formazione delle decisioni entro il quale si è collocato un primo pronunciamento dei Comuni interessati, con i quali, secondo quanto previsto dalla legge 393, va raggiunta l'intesa.
Le consultazioni hanno aperto vari dibattiti, non sempre sereni. Essi comunque vanno accolti per quanto di positivo hanno promosso in termini di crescita di attenzione sul problema e di definizione della stessa problematica, nel Paese e nella Regione.
Ed ecco il risultato di queste consultazioni. I Comuni di Alluvioni Cambiò, di Castelnuovo Scrivia, di Alzano Scrivia, di Molino dei Torti, di Guazzora, di Sale hanno comunicato nel corso della consultazione del 19 dicembre 1977 il parere negativo espresso nelle rispettive assemblee dei Consigli comunali. Il Gruppo della D.C. del Comune di Morano Po, a quella stessa consultazione della II Commissione del dicembre '77, esprimeva parere negativo per la localizzazione a Trino.
Per quanto riguarda il Consiglio provinciale di Alessandria le posizioni emerse sono: il Partito comunista si dichiarò non contrario in linea di principio, ma chiese maggiori approfondimenti; il Gruppo del Partito repubblicano espresse parere negativo all'insediamento per mancanza dei prerequisiti necessari per avviare la procedura e l'analisi; il Gruppo della Democrazia Cristiana richiese la sospensione della localizzazione delle centrali nucleari in Piemonte; il Gruppo del Movimento Sociale, bontà sua, espresse parere favorevole; il Gruppo del Partito socialdemocratico si dichiarò non contrario in linea di principio, ma chiese approfondimenti; il Gruppo del Partito socialista espresse parere non favorevole e richiese il massimo coinvolgimento delle popolazioni locali.
Ci sono state mozioni dei Comuni di Sale, Alzano Scrivia, Molino dei Torti, Isola Sant'Antonio, Guazzora, Piovera, Alluvioni Cambiò, Tortona Castelnuovo Scrivia che richiedevano di sospendere ogni decisione in merito alla scelta dei siti in Piemonte.
Il Comprensorio di Casale, con deliberazione consiliare approvata il 1 febbraio 1978, richiedeva una stretta collaborazione fra Regione e Comprensorio e il massimo approfondimento di ogni aspetto del problema prima di assumere ogni decisione.
Ordini del giorno venivano presentati da altri Comuni. Il Comune di Alessandria ha presentato un ordine del giorno il 20 dicembre 1977 con il quale rilevava la mancanza di dati conoscitivi e, pur dichiarandosi disponibile a prendere in considerazione il problema, chiedeva maggiori dati, la verifica della compatibilità della localizzazione con la situazione ambientale della zona e invitava il Governo a motivare le scelte del piano energetico nazionale.
Il Comune di Casale ha espresso il 19 dicembre 1977 a maggioranza parere negativo.
Il Comune di Trino ha assunto una posizione né favorevole né contraria in quanto riteneva che il problema dovesse essere valutato a scala sovracomunale e richiedeva garanzie. Il Comprensorio di Alessandria approvava l'identico testo dell'ordine del giorno del Comune di Alessandria. Il Comprensorio di Vercelli il 16 dicembre 1977 richiedeva un impegno ad ottenere maggiore documentazione e garanzie; solo dopo avrebbe espresso un proprio parere.
Ci sono poi le deliberazioni dei Comuni di Villanova del novembre del '76 e di Gabiano del marzo del '76 con parere negativo per la localizzazione a Trino.
Sono state presentate deliberazioni, nell'aprile del '78, del Comune di Saluggia, con parere negativo per la localizzazione di una centrale nucleare a Saluggia e con richiesta di rinvio di ogni decisione in ordine al deposito delle scorie della Sorim.
E ancora, è stato presentato un ordine del giorno nel dicembre del '77 dal Comune di Occimiano che esprimeva parere negativo per la localizzazione di una centrale nucleare a Trino.
Dalle consultazioni, ed io ho citato solo i pronunciamenti degli Enti locali, è emersa un'estesa contrapposizione alle centrali nucleari, e comunque la richiesta di approfondimenti e di verifiche preventive.
E' stata confermata e comprovata l'incertezza di valutazione in merito alla disponibilità idrica a Trino. Più in generale, è stata ribadita la preoccupazione in merito ai problemi di impatto con l'ambiente e ai problemi dell'inquinamento. E' emersa appieno l'inagibilità di una procedura che affronta il problema a partire da una pura valutazione d'ordine territoriale, fondata essenzialmente sui parametri della disponibilità idrica e della densità della popolazione, parametro quest'ultimo che rileva l'esistenza di una condizione di rischio.
Le comunità, chiamate dalla legge a partecipare ad una decisione, non possono limitarsi ad accettare l'esistenza di due parametri per acconsentire all'ipotesi di insediamento di una centrale nucleare, sia pure subordinatamente a successive verifiche e confronti.
Nell'arco sotteso da un lato dal dato di disponibilità idrica e dall'altro lato dal dato della densità di popolazione, e quindi del rischio, hanno preso corpo e sono emersi come prioritari i problemi della natura economica, culturale, sociale della scelta nucleare, e in modo specifico quelli della sicurezza, della garanzia e dell'informazione.
Pur trovandosi di fronte questa complessa situazione, il Consiglio regionale non ha rinunciato all'impegno assunto di cooperare e collaborare per la soluzione dei problemi energetici nazionali. Per affrontare ed esaminare le questioni poste dalla consultazione, ha costituito l'Intercommissione.
Il significato dell'Intercommissione sta nell'aver ricondotto ad un organismo politico, rappresentativo dell'intero Consiglio, il compito di portare avanti una discussione, un confronto, un processo di formazione delle decisioni, che per sua natura e per il peso dei temi affrontati non può che essere politico, e non meramente tecnico. In questo senso, si pu forse dire che non è stato ancora sviluppato un sufficiente lavoro.
Prenderà corpo a partire dal Convegno che si sta organizzando e che dovrà realizzare le condizioni di informazione per un ampio confronto e per un'esauriente partecipazione, superando i limiti, ed anche le reticenze che sino ad ora ci sono state.
La Giunta prima, l'Intercommissione poi, hanno più volte chiesto agli organismi dello Stato che possono e devono affrontare per loro competenza i problemi emersi, cioè al CNEN, all'ENEL, intermediario il Ministero dell'industria da cui dipendono, di lavorare sui temi posti, in stretto e dialettico contatto con le comunità locali. Abbiamo ricevuto un sostanziale rifiuto ad operare in loco, in questa direzione. Ci si è rifugiati dietro la normativa e le procedure della legge 393, sostenendo burocraticamente che le comunità locali e le Regioni avrebbero d'intesa dovuto indicare prima le aree di possibile insediamento; solo dopo gli organi tecnici competenti avrebbero iniziato l'analisi e l'approfondimento dei problemi emersi. In questo modo si è mostrato di non rendersi assolutamente conto della natura politica e culturale del problema. Dalle comunità locali o da settori delle comunità locali - per esempio, dalle organizzazioni contadine agricole del Vercellese - abbiamo avuto domande specifiche. A queste domande sono state date risposte generiche, spesso evasive, che non hanno rassicurato nessuno, anzi hanno fatto emergere maggiori e ulteriori incertezze e hanno creato sfiducia negli organi tecnici che dovrebbero sovrintendere all'intera operazione.
E' emerso che questi organismi sono predisposti e preparati ad affrontare attività tecniche progettuali, di natura ingegneristica piuttosto che ad un lavoro preparatorio di ricerca e ad un'attività di formazione e diffusione culturale scientifica adeguata alla natura del problema che si vuole affrontare. E' emerso che su varie questioni, anche le più circoscrivibili, non esistono dati di base conoscitivi esaurienti.
Le stesse portate dell'acqua del Po non sono conosciute con sicurezza nemmeno a Trino, dove pur esiste già una centrale nucleare.
Agli agricoltori che difendono la disponibilità delle acque a loro necessarie non si sono date precise risposte; non sono stati presi impegni per progetti integrati di impianto nucleare e di bacini idroelettrici questi ultimi in funzione di compensazione nei periodi di magra. Ci sono state reticenze. L'ENEL avrebbe dovuto affrontare la questione mostrando un impegno nella ricerca di sfruttamento della sorgente idroelettrica, che in questo caso avrebbe la funzione anche di regimare le acque e di dare garanzia, nel Vercellese, di disponibilità in ogni momento per gli usi agricoli. L'esperienza dei contadini che non hanno ricevuto l'acqua dei bacini idroelettrici nel momento delle siccità, o l'hanno avuta in ritardo nonostante le disposizioni di una vecchia legge dello Stato, non ha certo avallato credibilità alle semplici dichiarazioni di futuri impegni o alla promessa di una convenzione: quando si ha esperienza di leggi disattese non si crede se non toccando con mano, se non avendo garanzia di poter essere partecipi delle decisioni riguardanti il deflusso delle acque. In generale è emerso quanto sono inadeguati gli strumenti, le mentalità , le concezioni con cui si è inteso operare.
Non ci si deve stupire, visto che all'inizio degli anni '60, nel momento in cui si stava con tempismo creando una struttura per la ricerca scientifica sugli aspetti del nucleare, si é, per interessi e giochi di parte, affossata l'iniziativa e si è colpito duramente Ippolito che di questo discorso di possibile alternativa energetica era artefice e fautore.
Se il discorso della ricerca nel campo nucleare fosse andato avanti, ora con più coscienza, con una propria accumulazione tecnica e scientifica, con strumenti e strutture adeguate, potremmo decidere; per il sì o per il no comunque con cognizione di causa.
Se si voleva, veramente portare avanti un tema come quello dell'insediamento delle centrali nucleari si doveva porre la Regione in condizione di svolgere il proprio lavoro politico con strumenti adeguati si dovevano porre le strutture di lavoro disponibili a contatto della Regione e delle comunità locali, a sostegno dei processi politici di formazione delle decisioni. Non si venga a dire che la Regione doveva darseli questi strumenti. Basterebbe ricordare il costo e i tempi di una ricerca in uno qualsiasi dei settori della produzione dell'energia, da quella nucleare a quella solare a quella idroelettrica per capire che ci non era possibile. Al di là, poi, degli aspetti più tangibili e concreti dei problemi emersi, come, ad esempio, quello della disponibilità dell'acqua e dell'impatto ambientale, va aggiunto che ancor più pesantemente ha giocato un ruolo nel creare disorientamento il fatto che non si è affrontato a livello nazionale il tema generale, e di fondo, della sicurezza, che è a priori della scelta dell'area. Questo tema è stato minimizzato ogni qual volta lo si è posto; lo si è rinviato come non preliminare, come problema che si sarebbe dovuto affrontare cammin facendo in questa trappola, in una certa misura, anche noi siamo caduti.
Le comunità locali nel rinvio del problema della sicurezza hanno individuato un'ulteriore ragione di sfiducia e di non credibilità. In un Paese dove troppo spesso si subiscono danni per aver avuto fiducia; dove si nascondono persino le statistiche sulla mortalità conseguente agli interventi chirurgici, come è successo all'Ospedale Molinette; dove, come a Seveso, non si ha completa informazione sulle conseguenze della catastrofe in un Paese dove l'informazione è scarsissima, dove persino avere i dati della consistenza idrica dei vari fiumi e dei vari torrenti, nonostante la presenza del Magistrato del Po e dell'ENEL. è difficile, non si può avere fiducia nelle promesse, e queste non possono acquistare credibilità.
Il problema della sicurezza ha assunto un significato nuovo dopo Harrisburg. Abbiamo toccato con mano che il dato della probabilità ha un significato ed un valore matematico statistico, di orientamento; ma quell'unica probabilità può verificarsi domani. Dopo l'evento di Harrisburg non si sono avute agitazioni demagogiche o strumentali, ma si è aperto un problema di coscienza politica, civile e individuale; si è fatta più pressante l'esigenza di vedere più a fondo i problemi della sicurezza.
Seveso, i problemi dell'IPCA di Cirié, i problemi dell'ACNA della Valle Bormida sono i campanelli d'allarme che ci ammoniscono: non si deve fare più un passo in avanti su strade con rischi elevati se sulla sicurezza non si dice una parola chiara e persuasiva. E se anche Harrisburg farà fare un ulteriore salto di qualità nei dispositivi di sicurezza, che già sono molto elevati, va detto che su questo tema non è più possibile esprimere atti di fiducia, ma è necessario l'esame razionale delle situazioni, anche di quelle più remote e più gravose, e la definizione preventiva delle garanzie, delle situazioni di emergenza, delle condizioni di controllo della loro gestione. E' ben lontana da noi la volontà di fare dell'allarmismo. Certo l'energia nucleare non può essere messa in un canto riteniamo che non se ne potrà fare a meno; ma Harrisburg ha fatto cambiare i tempi. "Ritarderanno i programmi nucleari in Italia", dichiaravo alla stampa il giorno dopo l'incidente di Harrisburg, pur riconoscendo che quella è una fonte da perseguire; e dicevo che la pausa che viene imposta deve essere utilizzata per approfondire gli studi sulla sicurezza e d'altro lato, per avviare la ricerca per sfruttare le fonti energetiche alternative.
E' vero che la condizione di rischio è presente in ogni situazione, in ogni condizione umana; ma in questo caso si tratta di un rischio di qualità diversa dal solito, che può avere influenza e conseguenze anche genetiche.
Questi problemi vanno quindi affrontati con strumenti, metodi, scelte politiche qualitativamente diversi. Non possiamo accontentarci dell'improvvisazione, delle enunciazioni facili e dell'informazione giornalistica. In definitiva, è necessario prendere atto che il problema nucleare va affrontato a partire da quello della sicurezza, che non è solo di natura tecnica, ma è politico. A tutt'oggi non è arrivato il piano di emergenza di Trino nonostante che nella riunione del Comitato per la difesa civile tenutasi dopo i fatti di Harrisburg avessimo chiesto agli organi competenti di darcene comunicazione e di darne informazione alla popolazione, perché fosse noto a tutti lo svolgersi dell'emergenza nel caso di possibili eventi.
Oggi più di ieri sappiamo quanti problemi aperti esistono e quali rischi possono esserci se non sono affrontati a priori.
Se non si affrontano i problemi in modo serio e preventivo non sarà possibile raggiungere l'intesa con i Comuni. E' giusto e necessario che il Consiglio regionale si esprima in questo senso. Le comunità interessate devono sapere a che punto e come stanno le cose. Ed è bene che gli stessi organi dello Stato ne prendano coscienza. Va rotta una situazione equivoca di attesa di uno sbocco imminente, anche per evitare che, nell'attesa di questo sbocco ritenuto imminente, si continui a rinviare un esame serio dei problemi, ad affrontare i problemi in modo fittizio. Nel constatare e denunciare questa situazione, che conosciamo bene proprio perché abbiamo lavorato sul tema, chiediamo risposte approfondite: prioritariamente in ordine all'impatto con l'ambiente e, soprattutto, in ordine alla sicurezza.
Chiediamo che, dopo quanto è avvenuto in Pennsylvania, il Parlamento affronti nuovamente il piano energetico e definisca con chiarezza tutta la parte che riguarda le garanzie di sicurezza, i sistemi di difesa e di emergenza. Il rischio esiste e va affrontato conoscendolo, non rinviandolo.
Si deve sapere che, in questa situazione di incertezza, non si può mettere in piedi nessun programma di energia nucleare. La coscienza civile impone che in generale non si realizzino più impianti industriali che comportino rischi per i lavoratori, per le popolazioni e per l'ambiente.
C'è un nodo di questa problematica che va chiarito: chi gestisce questi programmi e i processi che derivano? Come si collocano le comunità locali all'interno dei processi di controllo e di gestione della sicurezza? Deve essere chiaro che vogliamo produrre l'energia necessaria, ma vogliamo anche migliorare e ampliare la democrazia; non assumiamo atteggiamenti ostili allo sviluppo tecnologico, ma vogliamo che le scelte, per essere scelte di progresso, significhino aumento di democrazia e di partecipazione.
La Giunta regionale ritiene necessario e indispensabile garantire lo sviluppo della produzione energetica perché ritiene che si debba favorire il progressivo sganciamento del Paese dalla dipendenza del petrolio. Ogni centesimo di dollaro d'aumento per barile mette in crisi la nostra economia, e fa perdere i benefici di quelle conquiste che la classe operaia ha ottenuto e ottiene dopo mesi di dure battaglie.
Riteniamo che si debbano utilizzare tutte le fonti energetiche, quindi anche quella nucleare, però nel rispetto e nella chiarezza delle condizioni di garanzia e di sicurezza. Non abbiamo fatto voltafaccia come qualcuno dice, sui giornali di stamattina; ma operiamo in un organismo politico che non può non avere sensibilità ai problemi posti dalla comunità. Non crediamo che si possa entrare nel XXI secolo senza ricorrere anche all'energia nucleare. Non pensiamo come qualcuno vuol farci credere che le tecnologie del settore siano mature od obsolete, quindi da abbandonare. Non può essere obsoleta una tecnologia che ha il suo punto di partenza in questo stesso secolo, nelle teorie di Einstein e nelle scoperte di Fermi ma non siamo neanche schiavi di una concezione ottocentesca per cui il progresso è automatica conseguenza dell'uso di nuove tecnologie. Vogliamo usare la ragione fino in fondo, e ciò richiede che si usi la scienza per dare le risposte necessarie e le garanzie volute. La scienza che ha scoperto queste tecnologie è la scienza che deve darci gli strumenti adatti per garantire la sicurezza delle popolazioni. Non alimentiamo la paura nel nucleare, anzi riteniamo questo atteggiamento culturale pericoloso perch potrebbe estendersi e collegarsi ad un atteggiamento generale, irrazionale di rifiuto della scienza e della tecnica, come già in questo periodo si sta diffondendo. Teniamo però conto dei problemi reali e dei rischi. Non dimentichiamo quanto hanno dichiarato in questi ultimi tempi persone autorevoli come il nuovo Presidente dell'ENEL. che l'8 aprile si è espresso in questi termini: "Non possiamo fare a meno delle centrali nucleari, ma dobbiamo costruirne il minimo indispensabile". Il Presidente del CNEN in una riunione qui a Torino ha dichiarato che l'energia nucleare è indispensabile e inevitabile, ma è indesiderata e bisogna usarla con la dovuta cautela.
Proprio Umberto Colombo, il nuovo Presidente del CNEN, nelle sue dichiarazioni pone l'uso del nucleare come marginale nel quadro dell'utilizzo delle altre fonti.
Sarebbe incoscienza da parte nostra se non tenessimo conto, non solo delle espressioni che provengono dalla comunità per empirico e pragmatico convincimento, ma delle dichiarazioni delle persone che oggi sono preposte a risolvere i problemi dell'energia, le quali pongono l'utilizzo del nucleare come problema residuo rispetto alla risposta energetica che pu venire dalle altre fonti.
Sotto questo profilo non può essere elusa l'approvazione in sede parlamentare di un piano energetico. Siamo fermi a una mozione approvata nel '77 contenente alcuni indirizzi positivi: già allora si collocava l'energia nucleare come problema residuale e marginale rispetto al bilancio energetico proveniente dalle altre fonti.
Dovrà essere questo l'impegno di fondo del prossimo Governo. Qui più che su ogni altra questione si misurerà la capacità di governare; si mostrerà se ci sarà la forza necessaria, il convincimento e gli apporti culturali indispensabili. La Giunta regionale chiede che si elabori in fretta un serio piano energetico nazionale, e si diano con urgenza indicazioni positive per uscire da una crisi che sta divenendo sempre più grave, e che può divenire letale per lo sviluppo economico e democratico del nostro Paese. Bisogna fare qualche cosa subito, per l'immediato trovare condizioni che facciano da ponte verso le soluzioni di più lunga introduzione. E' innegabile che nel nostro Paese, pur avendo consumi complessivi relativamente bassi, si spreca energia. Il risparmio diventa quindi un problema contingente. Aggiungo però subito che esso va assunto anche e soprattutto come problema strategico, per un corretto uso e distribuzione delle risorse nel mondo, per un qualificato rispetto del rapporto uomo natura, e per migliorare le condizioni di vita dell'umanità.
Nel nostro Paese ha prevalso il modello di produzione e consumi ingenerato dalla disponibilità di petrolio a basso prezzo. In un Paese come il nostro è necessario invece che il risparmio energetico divenga un dato culturale un vero e proprio modo di essere del nostro atteggiamento verso i problemi di produzione e di consumo dell'energia. Questa concezione deve tradursi nell'aumento di efficienza dell'intero sistema energetico e del sistema produttivo e deve influenzare le caratteristiche di quest'ultimo. L'energia deve essere ben utilizzata e deve essere conservata: anche su questo piano non si è fatta né ricerca né sperimentazione. Occorre individuare nuovi sistemi produttivi, organizzazioni territoriali in grado di farci consumare meno energia. Anche in questo senso chiedo ai tanti denigratori di rivalutare la legge n. 56 sull'uso del suolo; essa ha come finalità intrinseca quella di organizzare il territorio, le attività, le aree industriali in modo che si possa realizzare risparmio di energia.
A questi obiettivi si orientano i nostri sforzi, tanto contrastati, di organizzazione territoriale, di razionale distribuzione di attività e residenze, la forma urbana che perseguiamo. A questo fine è orientata la difesa delle aree agricole e la carta della fertilità del suolo che si è elaborata.
E' un problema, quello del risparmio, di grande ampiezza, che deve promuovere nel Paese, e nel mondo, una vera e propria rivoluzione culturale che investe ogni settore.
C'é il problema dell'idroelettrico e delle fonti rinnovabili. Cogliamo positivamente i nuovi atteggiamenti dell'ENEL sullo sfruttamento delle risorse idriche e vogliamo sperare che non rimangano pronunciamenti, ma che si traducano rapidamente in fatti concreti, a partire, per esempio, dalla diga di Mazzé che attualmente nessuno gestisce.
Anche il problema delle fonti rinnovabili va affrontato subito. Se la scelta non è solo quella del nucleare occorre con chiarezza fondare la ricerca anche sull'energia rinnovabile.
Si pone poi il problema di collegare il piano energetico con gli obiettivi dello sviluppo. Ci sono i problemi del Mezzogiorno, i problemi dello sviluppo dei vari settori produttivi. L'energia non è che uno strumento al servizio dello sviluppo, quindi il suo uso dipende dal tipo di sviluppo che si vuole introdurre. Non possiamo camminare senza avere un piano energetico nucleare, basato su chiare linee di sviluppo. Il Governo passato non ha affrontato, se non in modo superficiale e generico, il problema del collegamento dei problemi dello sviluppo a quelli dell'energia: nessuna connessione con quelli della riconversione industriale e del piano agricolo. Oggi vengono al nodo tutti questi problemi: dalla sicurezza ai problemi complessivi e specifici dello sviluppo del Paese. Il nuovo Parlamento uscito dalle ultime elezioni non potrà non affrontare questi nodi.
A questo impegno nazionale dovrà corrispondere l'impegno nostro.
Proprio in questa direzione è necessario che l'Intercommissione continui a lavorare; intanto nella preparazione del Convegno, come primo atto di informazione, ma poi, proprio perché sui problemi dell'energia si realizzi un lavoro e un controllo permanente, c'è l'esigenza che il lavoro dell'Intercommissione continui e venga sostenuto da strumenti tecnici adeguati. A questo fine è necessaria una strutturazione articolata e decentrata a servizio delle istituzioni locali, sia dell'ENEL, che sembra tuttora avere ancora le caratteristiche e la mentalità dell'azienda privata da cui ha preso origine, sia del CNEN e dell'Istituto Superiore della Sanità. Questi Enti devono trasformarsi da organismi tecnici di progettazione e di controllo in organismi anche di ricerca. In particolare questo è il problema per una qualificazione del CNEN. Il nuovo Presidente Colombo, nelle dichiarazioni di investitura, chiedendo che il CNEN divenga struttura di ricerca sulle varie fonti energetiche, dice: "In questo modo il CNEN verrebbe a configurarsi come Ente di promozione e attuazione di strategie nel settore energetico e uscirebbe anche culturalmente dalla monocultura nucleare. Il Paese verrebbe così a disporre di un Ente di ricerca e promozione in grado di affrontare per tempo e con la necessaria incisività i sempre più drammatici problemi imposti dalla carenza energetica". Condividiamo queste dichiarazioni certamente critiche sul passato dell'Istituto. Proprio Umberto Colombo, in un'intervista rilasciata ai giornali torinesi, ha detto che per fare questo occorre passare dagli attuali finanziamenti dell'ordine di 120-150 miliardi all'anno a 2.000 miliardi all'anno. Su questa strada è necessario andare.
Sono questi i problemi nodali da affrontare. Non pensiamo che si possano risolvere subito, ma pensiamo che essi debbano essere affrontati con immediatezza seguendo alcune linee direttrici che devono essere individuate subito con chiarezza. Questa nuova impostazione deve dare supporti all'azione delle Regioni e degli Enti locali. La Regione non deve essere una cinghia di trasmissione di organismi tecnici nazionali rispetto alle comunità locali; il lavoro politico della Regione e dell'Intercommissione deve aprire un dibattito facendo partecipare la comunità regionale alle decisioni sulla base di un'informazione e coscienza culturale adeguata.
Chiediamo allo Stato di assumere gli impegni che in questo settore deve assumersi e di assecondarci nell'impegno che abbiamo intrapreso e che intendiamo portare avanti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Sull'incontro per la Venchi Unica (seguito)


PRESIDENTE

Prima di dare inizio alla discussione, devo comunicare che si è conclusa la riunione della Venchi Unica; al termine è stato deciso di inviare al Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Andreotti, che in questo momento sta incontrando il Sindaco di Torino, mentre a latere ci sono riunioni dei sindacati con i Ministri interessati, e ai Ministri dell'industria, Nicolazzi, e del lavoro, Scotti, il seguente telegramma: "Rappresentanti Gruppi consiliari Regione Piemonte sentito Assessore regionale lavoro Alasia circa la possibilità soluzione concreta vertenza stabilimento Venchi Unica, sentito Consiglio fabbrica e organizzazioni sindacali CGIL CISL UIL chiedono intervento immediato segreterie loro al fine ottenere che Tribunale Torino, valutati i fatti nuovi che si inseriscono nella vicenda Venchi Unica, revochi la lettera di licenziamento inviata ai 1.040 lavoratori interessati".


Argomento: Problemi energetici

Relazione dell'Intercommissione sul problema degli insediamenti delle centrali nucleari in Piemonte: dibattito ed eventuali determinazioni (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo il dibattito.
La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, signori Consiglieri, se fossi in vena di grossi ricordi e reminiscenze di tipo emotivo, direi che la lettura delle due relazioni del collega Calsolaro e dell'Assessore Rivalta mi hanno riportato con il pensiero all'America dello scorso secolo, al momento in cui gli Stati del sud si sono separati dagli Stati del nord. In realtà, le due relazioni, le conclusioni, il significato che deliberatamente è stato dato rappresentano un chiaro modo di documentare il divorzio della Regione Piemonte da un corpo organico dello Stato, il quale fino a questo momento fa capo, per ciò che riguarda l'argomento che stiamo discutendo, ad una legge del 1975 che il Parlamento approvò con una larga maggioranza che oggi non c'é più e che pertanto fa rimettere in discussione anche queste ragioni.
Ho partecipato poche volte, perché non ne facevo parte di diritto all'Intercommissione. Quando partecipai chiesi il motivo del ritardo della Regione nell'ottemperanza di quei compiti che la legge le aveva attribuito.
Allora non mi si disse che c'era una revisione ideologica o culturale in corso; si disse semplicemente che i tempi purtroppo richiedevano accertamenti d'ordine tecnico e di altro tipo.
Abbiamo poi avuto l'iniziativa legislativa del Partito radicale e tutto questo ha messo in moto all'interno dell'Intercommissione una specie di nervosismo tendente in qualche modo a contenere la minaccia dell'ipotizzato referendum e ad accelerare i tempi di conclusione dei compiti assegnati dalla legge alla Regione.
Il risultato elettorale ha fatto cambiare parere a molte persone, sia ingigantendo quella che è stata la pericolosità o quella che può continuare ad essere la pericolosità elettorale del Partito radicale, sia quello che può essere l'atteggiamento nuovo delle forze politiche nei confronti del quadro politico nazionale.
Poiché noi socialdemocratici in questi temi abbiamo una politica che prescinde dalla nostra presenza o dalla nostra opposizione a un governo credo che non si possa non rimanere stupefatti dalle conclusioni a cui si tende di arrivare con queste due relazioni, non a caso inserite oggi prima del dibattito sull'altra questione che comporterà il rigetto o l'accettazione della proposta di legge del Partito radicale.
Forse sarebbe stato opportuno unificare le due cose perché l'argomento è unico e, tutto sommato, i punti di vista e le responsabilità molto spesso invocate ma quasi mai attese delle forze politiche comportano una verifica su questo tema.
Avendo letto attentamente la relazione del collega Calsolaro sui lavori dell'Intercommissione ho tratto delle conclusioni e ho fatto delle valutazioni che sono in netto contrasto o comunque notevolmente stridenti nei confronti dell'ultimo versetto con cui si conclude la relazione, un versetto che butta in alto mare la nave delle nostre adempienze, che fa della Regione Piemonte, o presume di fare della Regione Piemonte, non la base di una collaborazione stretta per raggiungere degli obiettivi, ma di un contenzioso di estrema gravità nei confronti dello Stato ponendo il problema all'ordine del giorno. Credo che diverso sarebbe stato il lavoro svolto dall'Intercommissione nel senso positivo con cui era stato avviato mentre diventa drammatico nel momento in cui, attraverso l'Intercommissione e attraverso le dichiarazioni dell'Assessore, si dà un'indicazione che, a mio modo di vedere, è la risposta emotiva a quel referendum che il Partito radicale chiedeva per i cittadini del Piemonte: volete o no le centrali nucleari in Piemonte? L'Assessore ci viene a dire: noi le centrali nucleari non le ipotizziamo in senso assolutamente negativo, ma quando dice chiaramente tutte le condizioni che emergono perché questo possa verificarsi, ha già risposto al referendum: ha detto "Non vogliamo le centrali nucleari in Piemonte".
Credo che una democrazia rappresentativa come la nostra presuma delle assunzioni di responsabilità che non possono essere affidate ad un gioco che si fonda, a mio modo di vedere, su considerazioni che non pretendo siano di carattere esclusivamente tecnico, Dio me ne guardi!, ma che sono state di carattere politico nel momento in cui si è votata una legge dello Stato e, dopo che si è votata le legge dello Stato, le situazioni sul piano energetico non sono migliorate e pongono davanti alla collettività dei problemi fondamentali che vanno risolti non tra vent'anni, ma devono essere risolti oggi.
E' proprio per questa ragione che devono essere respinte la relazione dell'Intercommissione e quella dell'Assessore Rivalta, non sul piano di motivazioni tecniche da contrapporsi a motivazioni tecniche, ma proprio per ragioni di carattere politico, perché il nostro compito è quello di verificare a livello territoriale e a livello di possibilità (e su questo tutte le ragioni tecniche potranno prevalere) per contribuire alla soluzione dei problemi energetici del Paese attraverso l'attuazione della legge che lo Stato ha dato, che la maggioranza del Parlamento ha votato e che non è stata contraddetta dalle grandi esigenze che emergono sul piano energetico.
E' una questione che deve farci pensare. Non possiamo creare una situazione di questo genere. Noi non l'accettiamo. Saremo pronti a votare e a prendere in considerazione il programma che la Giunta intende avanzare sulla rivalutazione di tutte le fonti energetiche del Piemonte, sulla ricerca che deve essere effettuata per posizioni alternative, ma riteniamo che su questo argomento di fondo non ci si possa sottrarre con una fuga dalle responsabilità estremamente grave.
D'altra parte, sono d'accordo con tutti i problemi sulla sicurezza, ma non ho mai sentito emergere dal Consiglio regionale, neanche ho constatato nei sit-in o nei digiuni del Partito radicale, la protesta per il fatto che dopo un accordo tra le grandi potenze fatto a Ginevra sul problema dei Salt si è ammesso che c'é la bellezza di un arsenale di 10 mila testate nucleari (non 8 come sono le centrali da farsi in Italia) che rappresentano una minaccia estremamente più grave e più consistente.
E' certo che ci sono problemi che dobbiamo valutare. I radicali hanno detto che il nuovo modello di sviluppo da concatenarsi con il problema energetico è un fatto culturale. Mi hanno rinfacciato di essere lontano e assente da questo tipo di cultura. La cosa non mi preoccupa minimamente perché vorrò vedere quando i radicali dovranno andare ad accettare il referendum se metà degli operai del Piemonte dovrà lavorare durante il giorno e metà dovrà lavorare durante la notte: quello sarà un referendum realmente da farsi nel momento in cui le fonti energetiche non saranno sufficienti a sopperire alla contemporaneità del lavoro degli operai durante il giorno.
Sono argomenti che un Consiglio regionale responsabile non pu liquidare. Quando si viene a dire nell'ultimo capoverso della relazione dell'Intercommissione: non abbiamo ritardato per sabotare, per cattiva volontà o per pigrizia: abbiamo ritardato perché sono maturate queste considerazioni di carattere generale, vogliamo essere il partner di una nuova visione, di un nuovo tipo di valutazione.
Sono d'accordo. Abbiamo un Parlamento, abbiamo un Governo. L'iniziativa su cui dobbiamo spingere è quella di un dibattito che interessi tutto il Paese, ma che porti a decisioni del Parlamento su un problema di questo genere, ma non ignorandone tutti i risvolti, non accettando soltanto quelle ipotesi che ci fanno comodo, soltanto quelle che sono positive, non con il sistema quasi terroristico della candela in prospettiva nei confronti della lampadina elettrica - Dio ce ne guardi! - ma evidentemente valutando tutti i risvolti che sono del resto all'ordine del giorno di tutti i Paesi, anche dell'Unione Sovietica dove il contributo all'energia lo troviamo nell'installazione di centrali nucleari che sono autorizzate dal compagno Breznev.
Permettetemi una nota umoristica. Non vorrei che il Partito comunista proprio per questa ragione, trovasse attraverso questo canale un modo per valutare il suo sganciamento dalla politica generale dell'Unione Sovietica! Come socialdemocratico sono d'accordo con Breznev.



RASCHIO Luciano

Ci pensa il Ministro Nicolazzi.



CARDINALI Giulio

Caro Raschio, in un momento in cui la politica generale la fa un Ministro è perché il Governo è in una fase di grosso scadimento. Il vostro accanimento sta proprio a dimostrare che va sulla strada giusta.
Noi come Partito socialdemocratico respingiamo la relazione dell'Intercommissione e la relazione dell'Assessore Rivalta.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Alberton. Ne ha facoltà.



ALBERTON Ezio

L'opportunità di questo dibattito sta emergendo e investe tutti, il Consiglio stesso, la comunità, ciascuno di noi singolarmente. Il problema della localizzazione delle centrali nucleari assume un'importanza tecnica economica, sociale, politica e certamente anche culturale. E' vero che progressivamente sono emersi anche problemi nuovi, anche dal punto di vista organizzativo istituzionale che investe direttamente la Regione.
Dobbiamo ricordare ancora una volta l'iter parlamentare e regionale.
Anni di indagini non solo del Governo, ma anche del Parlamento nazionale la legge 393 e la deliberazione conseguente del CIPE dell'autunno del 1975 le dichiarazioni della Giunta dell'autunno del 1975 che enunciavano una sostanziale adesione per una sollecita soluzione del problema. Ricordo l'interrogazione del Consigliere Gandolfi, unico momento in cui, seppure molto brevemente, si è parlato in quest'aula del problema della localizzazione; la risposta dell'Assessore Fonio nel mese di marzo del 1976, in cui si diceva che la Regione non doveva essere latitante di fronte ad un così grosso problema, ma che anzi doveva essere essa stessa a gestire tutte le operazioni previste dalla legge affinché nella Regione stessa avvenisse ogni approfondimento ai fini della scelta definitiva.
Queste dichiarazioni per noi andavano bene, ecco perché non aprimmo anche se già allora il problema era rilevantissimo, la richiesta di un dibattito in aula. Vedevamo in quelle dichiarazioni un atteggiamento responsabile, attento, realistico nella successione degli atti da compiersi, nella competenza degli atti stessi.
Vengono successivamente elaborati e consegnati gli studi del CNEN dell'IRES, della Commissione tecnico - scientifica. Siamo a febbraio del 1977. Vengono divulgati. Emergono divergenze, difficoltà di approfondimento evidenziati dalle consultazioni. Arriviamo già a dicembre del 1977.
Intanto, nell'autunno del 1977, si svolge il dibattito parlamentare a conclusione della seconda indagine, con la mozione finale approvata a larghissima maggioranza. Siamo, ricordiamocelo tutti, non un secolo fa, ma un anno e mezzo fa. Alcuni passi sono stati ricordati dal Presidente dell'Intercommissione e li confermiamo come validi sia dove suonano impegno per noi e dove suonano impegno per il Governo.
I sindacati nazionali, che avevano anticipato e poi fatte proprie le conclusioni di quella mozione parlamentare, avevano richiesto l'immediata partenza delle quattro centrali nucleari previste.
Anche noi esprimiamo consenso alle dichiarazioni recenti fornite dai Presidenti del CNEN e dell'ENEL. Forse a questo punto si deve riconoscere che le nomine avvenute in questi Enti non sono poi così brutte figlie di quella lottizzazione che si era rimproverata e forse queste stesse dichiarazioni dimostrano che quel processo di revisione di questi importanti organismi, previsto dalla mozione parlamentare, sta già andando avanti.
Sulla base di quella mozione il CIPE approvava nel dicembre del 1977 il piano energetico nazionale. Le contestazioni allora raccolte si riferivano sostanzialmente al problema delle disponibilità idriche e dell'impatto ambientale. Erano, e purtroppo sono ancora, come vedremo, problemi concreti, reali che richiedevano e richiedono analisi, confronti approfonditi, difficili, ma gestibili.
La Giunta regionale propose il passaggio del problema all'esame dell'Intercommissione, formata da Giunta e Consiglio. Nutrivamo già allora forti perplessità sull'operatività dello strumento. Ma facemmo prevalere la disponibilità a corresponsabilizzarci per sostenere le istituzioni, per concretizzare nell'azione lo spirito dell'intesa complessiva regionale e nazionale.
A maggio del 1978 furono raccolte nuove documentazioni dell'ENEL e del CNEN sulle reali disponibilità idriche, sugli effetti metereologici, sugli inquinamenti per evaporazione e calore. La documentazione forniva per gli aspetti termici ed atmosferici dati più rassicuranti e per le disponibilità idriche dati in parte diversi dai precedenti che ponevano nuovi problemi di approfondimento e che prospettavano soluzioni anch'esse da verificare.
Sorgevano in modo esplicito i problemi di gestione dell'intera operazione.
Si raccoglievano memorie e contromemorie, ma rischiava di mancare il confronto, l'opera di ricerca di un punto di sintesi. Si avvertiva il rischio della ripetizione e della stasi. La Commissione non aveva strumenti operativi propri e la Giunta diceva di non poterli fornire. Difficili erano i rapporti con i molteplici Enti in causa, ma avvertivamo la sensazione che si fosse ormai persa l'omogeneità degli obiettivi.
Rilevanti erano i problemi emersi sui quali occorreva operare con chiarezza e con sintesi; contemporaneamente sapevamo che altri problemi andavano affrontati. Il nostro Gruppo sollecitò momenti di maggiore iniziativa, verso il Governo, ma anche verso la Giunta e la maggioranza perché con chiarezza si sviluppasse il quadro analitico dei problemi perché si cercasse di temporizzare le scadenze, di evidenziare le competenze. Questo era l'unico metodo valido per dare spazio e far crescere una partecipazione reale, che è profonda se responsabilizzata. Questo era possibile sulla base dei comuni obiettivi e dei comuni impegni che avevano fondamento sulla solidarietà con le decisioni parlamentari.
La tanto declamata volontà politica, a volte esaltata a sproposito questa volta c'entrava e c'entra sul serio, se eravamo, come siamo ancora convinti che questa impegnativa operazione è da proseguire non in omaggio passivo e forzato ad un potere superiore, ma nell'interesse della comunità regionale, in stretto riferimento alla nostra volontà di essere, almeno in parte, protagonisti del futuro delle nostre popolazioni.
Qui si gioca anche la corretta rivendicazione dell'autonomia delle Regioni, che non è violata, come giustamente dice il relatore, dalla decisione nazionale, ma che rischia di frantumarsi sugli scogli dell'impotenza e della non volontà di rispondere, con aggressività se necessario, ai compiti che rivendica.
E' giusto che la legge dica che sono le Regioni a dover segnalare i siti di potenziali localizzazioni. Qualcuno ora dice di no e ci chiediamo che cosa sarebbe successo se la legge nazionale non avesse previsto questa responsabilizzazione delle Regioni. E se le ostilità crescono perché non trovano sui singoli punti risposte specifiche, si rischia di lasciar montare un indistinto in cui certamente è più facile rinviare e non decidere.
Di qui le polemiche giornalistiche di gennaio.
Risolleviamo anche noi la richiesta al Governo perché metta in atto molto più risolutamente ed efficacemente strumenti di informazione, perch solleciti la disponibilità di dati e fatti con l'autorità che gli deriva dalla responsabilità politica nazionale. Da qui ha il nostro consenso e sollecitazione il Convegno regionale purtroppo già troppo ritardato.
Facciamo alcuni esempi sulle verifiche idriche. Abbiamo sentito proporre possibilità concrete di realizzare progetti integrati che soddisfino ai fabbisogni dell'insediamento elettronucleare arricchendo anziché indebolendo le disponibilità per l'agricoltura. Sono obiettivi validi e legittimi anche per giustificare nuove risorse finanziarie.
Giustamente il Ministro Prodi ricordava gli indennizzi che dovevano essere dati alle popolazioni che dovevano sopportare per il bene della comunità nazionale degli insediamenti energetici.
Torniamo a chiederci: l'operatività concreta del piano delle acque, che tante volte è stato promesso, quando sarà pronta? E' possibile avere stralci di essa che consentano verifiche? Se si devono richiedere progetti globali all'ENEL si chiedano con tutta la formalità e con tutta l'insistenza del caso, ma non è possibile, dopo tre anni, non saper rispondere sull'effettiva disponibilità idrica in zone indicate tecnicamente come suscettibili di insediamento. Vuol dire che nella concreta operatività della gestione sono mancati alcuni importanti anelli della catena.
Impatto ambientale e possibili livelli di inquinamento. Possiamo indicare anche aree molto estese, addirittura dell'ordine di 20x20 chilometri; all'interno di esse è ovvio che debbono essere cercati i siti puntuali, ottimali.
L'Assessore Fonio, rispondendo a quell'interrogazione nel 1976 ricordava l'onerosità di indagini preventive rispetto alla preselezione delle aree stesse. Ma, se è necessario, chiediamo alcune verifiche più approfondite, compatibili con i costi. Sono responsabilità globali, ma elenchiamole, programmiamole, certifichiamole, facciamo insieme con il CNEN verifiche presso le sedi di impianti elettronucleari; oltre ai viaggi pur significativi in Romania, in Unione Sovietica, ricordiamoci che la vicina Francia ha 14 reattori nucleari in esercizio e 31 in costruzione; la Germania 15 in esercizio e 16 in costruzione; la Gran Bretagna ne ha 33 in esercizio.
I dati forniti ultimamente dal CNEN sono molto più confortanti e non li si può lasciare travolgere da un dubbio indistinto.
Abbiamo sentito dichiarare la disponibilità da parte del Ministero dell'industria a far porre in convenzione, per un effettivo controllo e gestione partecipata, i controlli delle portate d'acqua dei corsi interessati al raffreddamento, i controlli sulle temperature, i controlli sulle concentrazioni saline.
Si dichiara sfiducia! Ma è impossibile operare una messa a fuoco di una proposta concreta, magari restrittiva e molto cautelativa in questa prima fase, su cui far pronunciare Ministero e ENEL come ipotesi di verifica? Così crediamo si eserciti una funzione propulsiva, direttiva e non passiva e puramente resistente. Così si opera per un'effettiva ed efficace e rispettosa operazione di convincimento della gente, obiettivo dichiarato dal Presidente della Giunta.
Oggi la gente vuol sapere se c'è un piano di emergenza perché è preoccupata di possibili incidenti. Crediamo fermamente alla necessità di un piano di emergenza, ma vogliamo ricordare che dal momento in cui la Regione indica le aree al momento dell'entrata in funzione dell'impianto possono passare, purtroppo, anche otto anni. Dobbiamo certamente programmare con il Governo il momento entro il quale esso sia definito, con diritto della Regione di verifica.
Si evidenzia, da questo mio ragionamento, ancora una volta, l'esigenza di un metodo che analizza, distingue i problemi, definisce i livelli decisionali e che opera attivamente perché uno dopo l'altro i vari problemi vengano risolti. In questo quadro assume positività l'azione divulgativa della Regione attraverso "Notizie". E' emersa progressivamente con chiarezza la necessità che il fenomeno energetico, per i suoi impatti con lo sviluppo, con l'ambiente, con l'ecologia, con la programmazione territoriale conosca un momento di gestione coordinata a livello regionale.
Proponiamo la sintesi di una serie di responsabilità in un Assessorato specifico che gestisca la promozione dell'uso dell'energia rinnovabile, la verifica dei consumi, l'utilizzo dei rifiuti solidi, l'uso combinato di energia elettrica e calore, attraverso commissioni per obiettivi, con Università, associazioni professionali, industriali. Siamo consapevoli delle difficoltà e dell'onerosità di una tale scelta. Ricordiamo che queste indicazioni erano già contenute nella relazione sullo stato dell'industria della fine del 1977. Ma, attenzione! Abbiamo l'obbligo, se vogliamo assumere il ruolo di ulteriori protagonisti, di verificare le sperimentazioni, di indicare i limiti di convenienza delle operazioni che proponiamo. L'affidamento delle responsabilità del problema delle centrali nucleari all'Intercommissione rivelava già i suoi limiti intrinseci di operatività. Ora, però, si è aperto un capitolo radicalmente nuovo.
Il Partito comunista con il documento del 30 giugno ha formalizzato le sue posizioni, dando piena legittimità e corpo alle sensazioni e ai timori che avvertivamo e che ci venivano rimproverati come illegittimi sospetti.
Il Partito comunista è partito di maggioranza in questo Consiglio regionale. La Giunta, seppure con maggiore prudenza e perplessità, fa sostanzialmente proprio questo atteggiamento. La Democrazia Cristiana ne critica l'ispirazione, la motivazione, gli obiettivi; ma non può, mentre ne denuncia la gravità, non prenderne atto.
A questo punto la corresponsabilizzazione nell'Intercommissione ci pare difficilmente proponibile. Eravamo e siamo in ritardo, anche se con obiettive difficoltà, ma sappiamo che ora ci sarebbe, c'è una maggioranza che va avanti in direzioni non coerenti, non giustamente finalizzate e quindi opposte alle nostre. A lei, allora, deve ritornare la responsabilità della gestione di questa inversione di marcia.
Il nostro Paese è uscito proprio in questi giorni da una serie di verifiche a livello europeo e mondiale da cui il problema energetico è emerso aggravato e il piano energetico nazionale acquisisce ancor di più il valore di una prima messa a punto, da intensificare nelle stesse direzioni.
Il Partito comunista chiede invece, nel tentativo mal indirizzato di rimediare un risultato elettorale, per giustificare un rifiuto del piano energetico attuale, un suo rinvio sine die, la redazione di un nuovo piano energetico che fa quasi intendere radicalmente diverso dall'attuale. Quando si fa questa richiesta non la si lega ai problemi di sicurezza, ma la si lega ai problemi di fabbisogno, si dice: "Queste questioni più generali così come i recenti atti compiuti dal Governo con la liberalizzazione del prezzo del gasolio che premia manovre speculative delle aziende importatrici, mentre protraggono le incertezze e le voci per quel che riguarda il prezzo della benzina, ripropongono con forza l'esigenza della presentazione da parte del Governo di un nuovo piano energetico nazionale".
Oggi il prezzo del petrolio è salito fino al prezzo di 18 e 23 dollari il barile. Si diceva che il costo del kwh nucleare sarebbe stato comparabile con quello del petrolio quando il petrolio fosse costato 5 dollari il barile! Consentitemi alcune considerazioni generali e conclusive per spiegare le motivazioni complessive del nostro atteggiamento, gli intenti e gli obiettivi con cui abbiamo operato finora in tutte le sedi competenti, per spiegare nel merito del problema le differenze rispetto alle motivazioni che hanno animato la proposta radicale di iniziativa popolare. Specifiche analisi sul problema saranno poi svolte dal Capogruppo Bianchi.
Le nostre sono considerazioni fatte con tutto il peso della problematicità e con la convinzione delle responsabilità che stanno sopra di noi.
I problemi politici di una società industrializzata ed evoluta sono complessi come la società che li genera e le loro soluzioni esigono sforzo culturale, tensione morale, volontà politica netta e chiaramente espressa.
E' certamente facile illudere ed ottenere facili consensi promettendo impossibili paradisi ben confezionati, erigendosi a paladini dei diritti e dimenticando di definire i doveri che ne conseguono.
In tema di energia la Democrazia Cristiana ha fatto da tempo scelte chiare ed esplicite. Il piano energetico è stata la prima organica e coraggiosa espressione. Esso nasce da un profondo realismo e dalla consapevolezza dei mezzi disponibili per la soluzione. Non è certamente perfetto, ma è una solida base per costruire un domani energetico avviando la costruzione degli impianti e delle infrastrutture necessarie.
Il balletto del disimpegno iniziò durante il dibattito parlamentare.
Oggi riscontriamo che anche il Partito comunista, paralizzato dalla pur prevedibile ascesa radicale, prende le distanze dal problema. La presenza di un'opposizione, a torto forse non sospettata, rende forse meno doverosa l'assunzione di responsabilità di governo anche dall'opposizione a livello nazionale, ma pur di governo diretto a livello regionale? C'è chi sostiene che non sarebbe necessaria altra energia perché l'adozione di nuovi modelli di sviluppo renderebbe gli impianti attuali largamente sufficienti. Noi crediamo che non si possa barare in un gioco così importante.
Non vi è dubbio che i consumi energetici pro capite degli Stati Uniti debbano frenare la loro crescita e che le generazioni future debbano riporre in qualche cosa di più profondo di una crescita solamente economica la loro speranza storica. Ma non vi è dubbio che i consumi energetici italiani, un terzo di quelli degli USA, debbano ancora espandersi e che in particolare il nostro Mezzogiorno abbia fame robusta di energia. Non a caso il buco energetico è previsto, nei prossimi anni, proprio nel sud. Allora i nuovi modellisti devono sapere, e, se lo sanno, devono dire con chiarezza che l'effetto immediato della loro proposta è il blocco della crescita del Mezzogiorno.
Si sente parlare con disinvolto carattere provocatorio di uno sviluppo esponenziale a cui incoscientemente tenderebbe il nostro Paese. Il tasso di sviluppo previsto nel piano energetico è del 4% e sappiamo che esso è il minimo per garantire lo sviluppo dell'occupazione capace di assorbire la nuova domanda di lavoro. Vogliamo evidenziare un altro aspetto dell'attuale disputa energetica. Stando agli schieramenti si dovrebbe ritenere progressista l'opposizione alla scelta nucleare e più generalmente alla crescita industriale. Lo contestiamo recisamente. E' infatti grazie a questa crescita industriale che si è potuto offrire a strati sempre più larghi della popolazione un tenore di vita che affrancasse dalla fame e dalle fatiche. Che l'impresa sia incompiuta e che sussistano ancora enormi sperequazioni è constatazione inequivocabile e giustifica ogni più accanito dibattito in proposito. Ma una cosa è certa: domani ci sarà poco più di oggi da distribuire se avremo frenato la nostra industrializzazione.
La posizione di chi si oppone ad un'ulteriore crescita industriale, di fatto, anche se scaturisce da posizioni ideologiche di sinistra, tende a conservare gli attuali stati di privilegio bloccando processi di crescita e di affrancamento degli strati più deboli.
Il dibattito energetico in atto, costellato com'é di discussioni sulle energie democratiche e su quelle totalitarie, rischia di farci dimenticare che in tema di energia il solo fatto sicuramente antidemocratico è la sua mancanza.
Una larga disponibilità di energia, invece, è presupposto di crescita e competerà alla nostra responsabilità politica farne un uso democratico o totalitario. Ma, subito dopo, viene un altro quesito: se sì a più energia: quanta di più? E normalmente tutti i numeri vengono giudicati eccessivi! Anche su questo cerchiamo di fare chiarezza. Il risparmio va fatto. Non si possono tollerare sprechi. Questa non è austerità. E' buon senso efficienza, rigore. Il Kippur ha dato una lezione a tutti e abbiamo presenti, però, le iniziative, i piani di riconversione industriale, gli studi del CNR che sono stati elaborati in questi anni. Non, quindi indulgere a tentazioni di grandezza, ma diciamo no, per avarizia o per paura, a un domani di sottosviluppo.
Nessuno sa con esattezza di quanta energia avremo bisogno tra dieci anni, però sappiamo che avremo l'energia che oggi decidiamo di darci. E allora, chiediamoci, qual è il costo di un'errata previsione? Stime economiche indicano che 1.000 Mw installati in meno costano, per mancata produzione e occupazione, almeno cinque volte di più di 1.000 Mw installati in eccesso. Ma il costo sociale non è solo quello economico. Razionamento e mancata produzione sono depressione e instabilità sociale che nessuna forza politica può e deve seriamente sotto stimare. Lo ricordava recentemente Sacharov, della cui competenza nucleare e della cui sensibilità liberale credo poco ci sia da dubitare.
Guai se questi problemi li sottostimassimo oggi perché i loro effetti li prevediamo lontani nel tempo, quasi a noi estranei. La crescita deve essere conquistata con coraggio e con tenacia. Oggi sembra mancarci il coraggio di voler tale crescita e ancor più sembra difettare la tenacia nel perseguire obiettivi che per la loro durata decennale non tollerano facili variazioni di umori, soprattutto da chi evidenzia contemporaneamente e giustamente la necessità di provvedimenti di lungo respiro.
A questo punto si apre spesso nel dibattito una vera e propria guerra santa: di fronte agli antinucleari più accaniti chi sostiene la necessità di un ricorso all'energia nucleare rischia di passare per il moderno untore che, chissà per quali inconfessabili fini, si riduce ad arido adoratore del feticcio economico, esaltatore della tecnica, insensibile ai veri valori della vita.
Lo diciamo per noi stessi (e, se ci fosse, andrebbe eliminata): non c' in noi nessuna componente dogmatica. Il nucleare non è un credo: è una constatazione. Il nucleare non è una scelta ideologica, marcata dai caratteri dell'irreversibilità: per questo crediamo e vogliamo dare spazio agli apporti tecnici e scientifici, per non ridurlo a mero fatto politico.
Politica è la scelta degli obiettivi di sviluppo, non la scelta nucleare.
Il nucleare non è più bello né più importante degli altri settori industriali. E' che appare oggi, semplicemente, quello a più elevato contenuto industriale organizzato. Ne fanno fede i successi delle industrie nucleari sui mercati stranieri (Ansaldo, Tosi, Breda, Fiat), là dove devono andare per non disperdere un patrimonio di investimenti, di organizzazione di competenze tecniche che non riescono a trovare sfogo nel nostro Paese.
Ecco, dicevo, e concludo, le convinzioni da cui ci siamo mossi. Le ho ricordate anche se esulano dal nostro livello di competenza regionale per caricare il nostro faticoso e difficile lavoro del suo significato più nobile, fiducioso che su questi obiettivi la comunità regionale saprà partecipare con disponibilità.
E' necessario, per noi e per la Regione, mantenere un collegamento con l'opinione pubblica e specie con l'espressione dissenziente: questo dialogo è l'essenza della democrazia. Ci sono ancora aspetti da capire, da spiegare, da contrattare. Ci rivolgiamo a certe espressioni radicali e a pretese di revisione globale dei programmi energetici: questo non pu significare né la frantumazione dello Stato né l'attesa indefinita di una improbabile maturazione politica né di partenze sempre e comunque da zero.
L'on. Moro, che non molto spesso scriveva su questioni economiche sulla politica nucleare scriveva, chiamandolo "un atto di responsabilità": "é necessario che funzioni il nostro sistema di democrazia rappresentativa sensibile a quello che si agita nel corpo sociale e ne costituisce il fermento critico. Quando è il tempo giusto le decisioni debbono essere prese con serietà e rigore".
Noi speriamo di esserne capaci, operando in ciò secondo coscienza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vedo con estremo piacere che questo problema, prettamente politico, ha formato nell'ambito del Consiglio regionale delle posizioni in contrasto che gli hanno dato importanza e nobiltà. A monte del fatto politico esiste il fatto psicologico con cui la nostra generazione deve fare i conti.
C'é carenza di energia, da trent'anni dura la lotta per chiedere che l'energia nucleare non venga usata a fini di massacro dei popoli, ma venga utilizzata per la pace. Ci rendiamo conto che all'avanzamento dei livelli sociali, delle tensioni, degli scontri si affiancano libertà politica e libertà economica. Indubbiamente, non è dicendo "no" che si possono risolvere questi problemi.
C'é il problema dello sviluppo; sorge però una domanda: quale sviluppo? Di fronte alla scelta politica il Consiglio regionale ha lavorato seriamente affrontando la complessità delle interconnessioni dei rapporti e avendo presente il Piano di sviluppo e il tipo di economia della Regione in rapporto con l'Europa e specialmente con lo sviluppo del Mezzogiorno pertanto, non ripiegherà rispetto a queste linee e qualsiasi atteggiamento dovrà sempre tenere conto di questi due parametri.
Il lavoro dell'Intercommissione ha dimostrato impegno quotidiano a voler capire i problemi esistenti a monte, a fianco e a valle, corporativi e generali. Quando i contadini del Vercellese hanno denunciato la carenza di acqua era sorto il dubbio che fosse soltanto un'interpretazione corporativa, era invece un momento di certezza oggettiva a cui ancora oggi non è stata data una risposta.
Gli esponenti del Partito radicale invitano i Consiglieri regionali a ragionare profondamente. In questo Consiglio nelle due legislature, in bene e in male, maggioranza ed opposizione, nell'alternanza dei momenti, hanno lavorato con impegno e con senso di responsabilità anche di fronte a scelte impopolari.
Come si risolve questo problema? Constatiamo la realtà oggettiva delle carenze. La legge 393 sembra quasi invitare alla non scelta, tanto che il Ministro Prodi ha parlato di indennizzi. Se dovesse capitare qualche cosa in quel poco di nucleare che abbiamo, sono pronti i piani di intervento? O vedremo di nuovo il Presidente e il Vicepresidente della Giunta correre per tamponare le deficienze dello Stato? Ci sono due strade: la ragione e l'emotività. La ragione è figlia del dubbio ed è matrice della filosofia del pensiero in cui si ritrovano forze politiche ideologicamente differenti che continuano a misurarsi nella realtà. Abbiamo lavorato seriamente e oggi ci troviamo qui a dibattere questo tema per metterci a posto. Io e i colleghi con i quali ho discusso abbiamo la coscienza completamente serena.
Dalle relazioni dell'Assessore Rivalta e del collega Calsolaro emergono dubbi. Il collega Cardinali non può, come un signore del '700, nel momento in cui viviamo la drammaticità del '900, venire a porre il problema con leggera vena di cinismo e di humour e dire che di fronte al deficit di energia oggi dobbiamo decidere e risolvere, quando sappiamo che il problema si risolverà fra dieci anni, quando sappiamo che da diciassette anni è stato bloccato un certo processo che avanzava ed è stata messa sotto accusa una persona per fare una scelta che era molto meno costosa: un paese povero non poteva buttare i soldi nell'energia nucleare quando il petrolio sgorgava a poco prezzo.
Su questi problemi i radicali dovrebbero riflettere, dovrebbero rendersi conto che anche allora le classi politiche avevano assunto delle responsabilità soltanto su una grossa emotività.
Che cosa dobbiamo rispondere oggi nella pienezza delle nostre responsabilità istituzionali, interpreti del pensiero della società? Il problema è centrato nell'immediato, nel breve termine, ma nel breve termine la risposta non può essere data. Attenzione al fattore psicologico! Oggi si parla di energia vitale, la mia generazione sui banchi di scuola parlava di spazio vitale e i colleghi qui presenti ricordano che per lo spazio vitale hanno dovuto indossare una divisa, hanno dovuto calpestare terra altrui sono finiti nei campi di concentramento, per capire poi che tutto questo era un disegno e che lo spazio vitale lo avevano a casa propria.
Il problema è di oggi ed è un problema che richiede scelte chiare.
Nell'immediato che cosa si può fare? Risparmiare, indubbiamente, ma risparmiare intelligentemente, non secondo quanto sta avanzando nella Germania federale in Francia e negli Stati Uniti e cioè l'idea di essere pronti a salvare la società in crisi e a occupare i pozzi di petrolio. Se lasciassimo andare avanti questo discorso avremmo lo stesso atteggiamento che hanno avuto i nostri genitori nel tacere per troppo tempo quando vedevano segnare le schiene degli ebrei.
Si deve riflettere in termini di cronaca, il che non vuol dire il gioco delle targhe alternate, delle pompe di benzina chiuse, degli interventi della Guardia di Finanza. I padri dell'economia politica e del liberalismo economico ci hanno insegnato che le forme di calmiere saltano e che con gli interventi del governo o del principe non si risolvono i problemi, bensì si risolvono attraverso una maggiore partecipazione, una maggiore liberalizzazione, risolvendo a monte i problemi.
Verso quale tipo di sviluppo si sta avviando la nostra società? La Regione Piemonte, nella sua realtà di forze politiche e sociali, di Enti di quella parte viva che si sobbarca la fatica di girare nelle piazze deserte per cercare di esprimere e di ragionare con i propri simili, ancora una volta ha le carte in regola.
E' arrivato il momento di ragionare in termini urbanistici, di affrontare il problema dell'accesso dei mezzi privati ai centri storici, di risolvere il problema della congestione, delle diseconomie rilanciando la politica del trasporto pubblico. Questi sono temi sui quali dobbiamo avere il coraggio di misurarci con la gente. Chiusa via Garibaldi, ci fu la protesta; oggi, però, possiamo dire che una parte della cultura subalpina rivive, la gente ricomincia a respirare, il tragitto a piedi di via Garibaldi ha quasi il tono del centro dell'Aia. Questa è l'impressione che ho il sabato quando con i figli cerco di riscoprire le nostre bellezze culturali prettamente subalpine che si ricollegano alla cultura mitteleuropea nei rapporti di costruzione, di rispetto, di tolleranza.
Siamo contro le concentrazioni urbane che dilagano a macchia d'olio e questo lo abbiamo detto nel Piano di sviluppo, questo lo ha detto Genisio Capo compartimento dell'ENEL, nell'intervista rilasciata.
Black-out: non esageriamo? Il classico black-out è quello che avviene a New York e nella concentrazione parigina. In Italia non abbiamo concentrazioni di questo tipo, possiamo avere immediata mancanza di corrente sulla quale però è ancora possibile intervenire.
Mi pare, allora, che l'aver impostato da anni una battaglia contro lo sviluppo della conurbazione torinese a macchia d'olio in funzione delle economie che dovevano essere alla base del processo per dare lavoro alla gente, ha dato una risposta in termini sociali e anche in termini di risparmio.
Non abbiamo approfondito il problema delle fonti alternative. Didimo ha detto delle cose completamente nuove e cioè che è possibile trarre l'energia dai mari tropicali e dai nostri mari con pochissimo costo e in brevissimo tempo. Non so se ciò è valido.
Ma esistono altri problemi. Fra due anni avremo il gasdotto dall'Algeria che porterà in Italia una fonte di energia per la quale per non è pronta la rete e lo sarà nell'arco di dieci anni. Le centrali turbogas che cosa sono? Chi ha parlato di una loro immediata e rapida costruzione? Su questi temi la Regione può ragionare in termini di correttezza senza eludere le responsabilità. Nessuno vuole acchiappare per la coda la tigre radicale che si sta scatenando.
Rispettiamo ogni forza politica che si sa imporre con le idee, che sa parlare direttamente con le popolazioni, ma noi abbiamo le nostre responsabilità e noi abbiamo parlato con le popolazioni, abbiamo affrontato i problemi, siamo partiti psicologicamente convinti che la crisi di energia ci poteva completamente arrestare e, conoscendo i problemi, conoscendo le lentezze, sapendo che questo poteva essere un atteggiamento provocatorio su questa materia abbiamo lavorato.
Un ripensamento non vuol dire licenziamento in termini generali del tema: vuol dire evidenziare le realtà, le responsabilità in termini politici, amministrativi, di gestione e di volontà autonoma.
Poniamo dei quesiti chiari agli organi di governo, agli Enti di Stato preposti a queste materie: tutto ciò non vuol dire fuggire dalla realtà non vuol dire tentare di salvare la coscienza, non vuol dire che per il fatto che salta una certa politica a livello nazionale, si incomincia a fare a livello regionale piccoli dispettucci.
Approvo totalmente la relazione del collega Calsolaro e quella dell'Assessore Rivalta per lo sforzo culturale fatto che tiene in evidenza da una parte il problema drammatico della crisi, dall'altra il necessario approfondimento al di là dell'emotività che porterebbe a dire un immediato sì e a scaricare sul Governo le responsabilità della legge approvata.
Come esponente di una maggioranza che sa discutere al suo interno, che sa valutare le preoccupazioni, che sa arrivare attraverso il suo esecutivo sia pure con delle diversificazioni come qualcuno notava, ad una risposta ritengo che questo non è appannaggio di nessuno, non è proprietà di nessuno, ma è momento di scelta politica di forze che, nel confrontarsi, si assumono le responsabilità nel contesto generale e non soltanto in funzione del particolare.



PRESIDENTE

Come si era stabilito, interrompiamo a questo punto i lavori per riprenderli alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,10)



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