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Dettaglio seduta n.243 del 22/02/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Se non vi sono osservazioni il processo verbale relativo alla seduta consiliare del 20 febbraio, distribuito ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna, si può considerare approvato.


Argomento: Emigrazione

Interpellanza dei Consiglieri Oberto e Colombino per conoscere quando la Giunta intenda promuovere una conferenza regionale sull'emigrazione e quando intenda costituire la Consulta regionale sull'emigrazione


PRESIDENTE

Il punto secondo all'ordine del giorno reca: "Interpellanze ed interrogazioni". In elenco la prima interpellanza è quella presentata dai Consiglieri Oberto e Colombino per conoscere quando la Giunta intenda promuovere una conferenza regionale sull'emigrazione e quando intenda costituire la Consulta regionale sull'emigrazione.
Risponde l'Assessore Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

In merito al primo punto sollevato dagli interpellanti i quali chiedono se la Regione ritenga opportuno promuovere passi in sede parlamentare "per sollecitare l'adozione urgente di provvedimenti atti a portare all'esame e all'approvazione del Parlamento le norme per la votazione degli italiani residenti all'estero in occasione di elezioni politiche", va ricordato che la legge del 24 gennaio scorso relativa alle elezioni dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo prevede al titolo VI disposizioni particolari per gli elettori residenti nel territorio dei Paesi membri della Comunità europea i quali potranno accedere al voto nel Paese di emigrazione purché siano preventivamente stati definiti specifici accordi bilaterali fra il Governo italiano e lo Stato di residenza.
Risulta, da contatti intercorsi con il Ministero degli affari esteri che il Governo sta operando per la definizione di tali accordi anche se le difficoltà da superare sono molte e complesse.
Nel mese di gennaio la Camera ha approvato, nel testo unificato elaborato dalla I Commissione, la proposta di legge che prevede la reiscrizione automatica dei connazionali nelle liste elettorali dalle quali erano stati cancellati per emigrazione definitiva all'estero.
In merito alla promozione di una conferenza sull'emigrazione, la Giunta ritiene opportuno e corretto che tale importante iniziativa debba essere valutata e promossa dalla Consulta regionale per l'emigrazione alla quale la legge regionale demanda compiti propositivi in materia in quanto nella Consulta sono presenti tutte le forze politiche e sociali interessate.
Mi consentano gli interroganti, e in particolare l'avv. Oberto, di esprimere un'opinione personale. Ammaestrati dall'esperienza dei molti convegni che si tengono in Italia (si è usato il termine della "convegnomania"), riteniamo che ad un'iniziativa di questo genere si debba pervenire dopo aver collaudato la capacità della Consulta stessa.
Partendo dalle indicazioni emerse dalla conferenza di Senigallia richiamate dagli interpellanti, si tratterà di valutare se non sia il caso di cominciare a lavorare su un'iniziativa di carattere più limitato ma riferita ad un particolare problema che si presenta con caratteri di rilievo nella nostra Regione, e cioè quello del frontalierato.
A questo proposito saranno approfonditi e portati avanti i contatti con le altre Regioni interessate, la Lombardia e la Liguria, per individuare le iniziative da assumere.
Del resto questo approfondimento era già stato ipotizzato nella prima conferenza nazionale delle Consulte regionali dell'emigrazione e delle Regioni di Senigallia, alla quale il Piemonte partecipò con un'articolata delegazione composta, seguendo i criteri previsti dalla legge regionale per l'istituzione della Consulta, non essendo la stessa ancora operante e secondo modalità analoghe a quelle seguite da altre Regioni.
Va qui ricordato che la Regione Piemonte ha attivamente collaborato alla fase preparatoria della conferenza, partecipando con i propri rappresentanti ai vari incontri, recando un particolare contributo alla preparazione di uno dei documenti base della conferenza: quello sul frontalierato.
Questo, come gli altri documenti preparatori alla conferenza, fu trasmesso ai componenti della delegazione della nostra Regione non appena si venne a conoscenza dei loro nominativi. Sono spiacente, avvocato Oberto che lei non l'abbia avuto. Posso assicurarla che il documento era giacente in Commissione.
Non riteniamo pertanto di poter condividere i rilievi mossi circa la nostra partecipazione a Senigallia alla quale abbiamo partecipato con un impegno e con modalità pari a quelli delle altre Regioni. Se fosse stata già insediata la Consulta, cosa che non fu possibile per le poche settimane intercorse fra l'entrata in vigore della legge e la data della conferenza il nostro apporto avrebbe potuto essere più qualificato.
Sull'ultimo punto richiamato dagli interpellanti, e cioè sui ritardi per l'istituzione della Consulta, va rilevato che la Giunta, subito dopo la pubblicazione della legge, ha inviato, con comunicazione scritta datata 4/9/1978, a quegli Enti ed organismi (organizzazioni sindacali e A.N.C.I.) già individuati direttamente dalla legge, la richiesta delle rispettive designazioni.
L'avv. Oberto e il Consigliere Colombino sanno quanto questo campo sia minato per non aprire le diaspore alle più strane presenze.
Negli stessi giorni è stata richiamata l'attenzione della Presidenza della IV Commissione consiliare sulle nomine di competenza del Consiglio regionale e, per quanto ci è dato sapere, la Commissione ha investito del problema la Presidenza del Consiglio regionale nello stesso mese di settembre, segnalando gli Enti e gli organismi per i quali il Consiglio doveva procedere alla nomina di uno o più rappresentanti.
Solo nell'adunanza del 30 ottobre il Consiglio ha potuto provvedere alla designazione dei cinque Consiglieri regionali membri della Consulta mentre deve ancora effettuarsi la designazione prevista dalle lettere e) f), g) dell'articolo 3 della legge regionale n. 42/78 per le quali risulta che gli uffici del Consiglio stiano prendendo i relativi contatti. Con comunicazione del 29/12/1978 la Giunta regionale sollecitava il Consiglio regionale a compiere con urgenza le designazioni di competenza.
Nello stesso mese di dicembre, non avendo avuto esito i precedenti numerosi solleciti, con comunicazione scritta si sollecitava L'A.N.C.I, e la U.I.L., che non avevano ancora fatto pervenire le loro designazioni, a provvedere con la massima urgenza. A tutt'oggi questi due Enti non hanno ancora fatto pervenire le loro designazioni.
Riassumendo, la Giunta, per quanto di sua competenza, si è tempestivamente mossa sia richiedendo e sollecitando le nomine per quegli Enti che dovevano direttamente provvedervi, sia evidenziando al Consiglio regionale l'opportunità e l'urgenza dell'effettuazione delle nomine di sua competenza da adottarsi con delibera del Consiglio.
Condividiamo, peraltro, la necessità di arrivare urgentemente alla definizione della Consulta, così come ricordato dagli interpellanti. Ci rammarichiamo che non si sia potuto addivenire alla nomina in tempi brevi anche se non dobbiamo nasconderci i problemi non facili per assicurare ai vari Enti, associazioni ed organismi che operano nel settore, la loro rappresentanza, problemi che hanno fatto sì che in molte Regioni i tempi fra l'approvazione della legge istitutiva e l'approvazione della Consulta siano stati relativamente lunghi. Purtroppo è una situazione che si è verificata anche altrove.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Non posso condividere la risposta dell'Assessore, anzi prendo atto delle dichiarazioni che sono state fatte stamattina con ulteriore dispiacere. E' possibile che una legge regionale approvata da sei mesi non abbia ancora trovato attuazione e che si trovi giustificazione alla mancata attuazione perché la U.I.L. e L'A.N.C.I, non hanno dato risposta alla richiesta di designazione? Se dovesse valere la logica di un simile ragionamento, basterebbe che un'associazione non desse il nominativo per la propria rappresentanza per bloccare la realizzazione della legge. Si costituisca la Consulta senza la presenza di quei membri, tanto più che la Consulta non ha potestà deliberative, ma si limita ad essere un organo consultivo.
La nostra interpellanza è stata tempestiva ed efficace perché ha determinato questa presa di posizione. Ci auguriamo che nello spazio di dieci o quindici giorni si possa formare la Consulta.
Condivido invece la seconda risposta dell'Assessore circa la conferenza dell'emigrazione e dell'immigrazione, non soltanto con riguardo al grosso problema dei frontalieri, ma con riguardo al problema del rientro dall'estero di molti emigrati che devono trovare assistenza, reinserimento nella vita quotidiana, sussidi che non siano semplicemente assistenziali ma che siano strumentalizzati al reinserimento e alla riacquisizione di queste persone. Nell'interpellanza abbiamo inserito anche una doglianza che ha di personale ma che non è soltanto personale, perché coloro che sono andati a Senigallia erano sprovveduti di elementi sufficienti per poter intervenire dettagliatamente.
Tra l'altro, signor Assessore, i frutti della conferenza di Senigallia stentano a venire, non vedo ancora nessuna manifestazione di vitalità.
Anche a nome del collega Colombino che ha sottoscritto l'interpellanza, mi permetto di richiamare l'attenzione dell'Assessore alla costituzione della Consulta regionale e alla preparazione della conferenza dell'emigrazione.
Risalendo al primo punto dell'interpellanza, invito l'organo esecutivo e il Consiglio regionale a compiere un passo presso il Governo centrale e il Parlamento perché si provveda alla famosa legge attesa da tanto tempo.
Non vorrei, Assessore Alasia, che fossimo tutti insieme "insidiati" dalla realtà, che condividiamo, delle elezioni europee. Siamo convinti che il primo esperimento deve essere fatto proprio in occasione delle elezioni europee che interessano molti Paesi europei che però escludono la Svizzera dove gli emigranti italiani sono moltissimi, dove si sviluppa il fenomeno dei frontalieri e dove le elezioni potrebbero essere svolte anche in zone di confine, prossime al luogo di residenza degli emigrati che non dovrebbero affrontare lunghi viaggi, disagi, perdita di tempo e di lavoro.
Prendiamo atto con grande piacere che sia stato proprio un nostro ex collega, l'on. Armella, a farsi promotore del Comitato dei nove che porta innanzi una legge che è già stata approvata da uno dei rami del Parlamento.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

E' stata approvata anche dal Senato.



OBERTO Gianni

Nasce quindi un altro problema che non poteva essere oggetto dell'interpellanza, ma che rappresento a lei.
Le Commissioni elettorali devono procedere innanzitutto alla reiscrizione degli emigranti che sono fuori da sei anni dall'Italia condizione fondamentale per poter esercitare il diritto di voto.
In questa direzione potrebbe muoversi la Giunta o il Presidente della Regione stessa. La prima esperienza dobbiamo farla, non deve esserci nessun ostacolo perché questo si verifichi, ma facciamo attenzione che questo non mortifichi il piano più vasto e più generale cioè, fatte le elezioni europee e conferito il diritto di voto a 600-700 mila elettori, non si trascurino gli altri 4 milioni, se saranno tanti i reiscrivibili, che non hanno abbandonato la cittadinanza italiana e che hanno il diritto-dovere di votare come è sancito dalla Costituzione.
La nostra interpellanza, rimeditata e ripensata soprattutto nella prima parte, ha motivo di sollecitare l'intervento del governo regionale presso il Governo centrale e presso il Parlamento perché rapidissimamente trovino attuazione le leggi elettorali che conferiscono ai nostri cittadini piemontesi e italiani, in giro per il mondo a cercare il lavoro, la possibilità di esercitare il loro diritto-dovere.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Interrogazione presentata dai Consiglieri Soldano, Vietti, Beltrami Lombardi e Martini per ottenere chiarimenti circa lo svolgimento dei concorsi per l'assunzione di personale sanitario banditi in data anteriore al 23/12/1978


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione presentata dai Consiglieri Soldano, Vietti Beltrami, Lombardi e Martini per ottenere chiarimenti circa lo svolgimento dei concorsi per l'assunzione di personale sanitario banditi in data anteriore al 23/12/1978.
Risponde l'Assessore Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Il problema concernente la posizione giuridica del personale addetto ai servizi sanitari da parte di Enti ed istituzioni operanti in detto ambito è stata trattata dal legislatore agli articoli 68, 66, 64 e 47 della legge 23/12/1978, n. 833, però tali statuizioni rientrano tra quelle configurabili nel campo costituzionale come programmatiche in quanto non di diretta ed immediata attuazione, ma subordinate all'emanazione di successive normative sia statali che regionali.
Le medesime sono peraltro dirette a realizzare, nel quadro dell'attuazione della riforma sanitaria, il passaggio del personale operante nei presidi del Servizio sanitario nazionale nei ruoli regionali del servizio medesimo.
Va altresì tenuto presente in particolare, che l'art. 47, per quanto attiene alla salvaguardia del rapporto di lavoro del personale in servizio in modo continuativo dal 30/6 al 28/12/1978, alla lettera c) del quarto comma, prevede soltanto la delega al Governo per l'emanazione di un decreto che disciplini l'immissione nei ruoli regionali del Servizio sanitario nazionale del personale previo concorso interno, nulla disponendo in ordine alle modalità procedurali ed ai requisiti di ammissibilità ad eccezione della continuità di servizio suddetta.
Per quanto attiene poi all'articolo 64 che detta norme transitorie per l'assistenza psichiatrica, la medesima norma prevede al settimo comma che gli eventuali concorsi continuino ad essere espletati secondo le procedure applicate da ciascun Ente prima dell'entrata in vigore della legge.
Per quanto attiene infine all'articolo 68 l'unico adempimento a cui la Regione deve ottemperare nello stato attuale è la predisposizione entro il 30/6/1979 di un disegno di legge per l'iscrizione nei ruoli regionali del Servizio sanitario nazionale del personale addetto all'assistenza sanitaria.
In mancanza di un'esplicita statuizione circa la sospensione dei concorsi e tenuto conto del tenore dell'attuale legislazione, l'Assessorato alla sanità di concerto con gli Assessorati delle altre Regioni, ha richiesto all'organo competente del Governo - tramite il gruppo di coordinamento interregionale - di fornire direttive di contenuto interpretativo della legge alla luce delle quali l'Assessorato si riserva di impartire le necessarie istruzioni agli Enti interessati.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, professoressa Soldano.



SOLDANO Albertina

Anche a nome dei colleghi interroganti ringrazio l'Assessore per la risposta che, in realtà, mi pare abbia carattere interlocutorio. In effetti, i motivi per cui abbiamo presentato l'interrogazione derivano da una situazione di disagio che concerne sia le persone che operano all'interno delle strutture ospedaliere sia gli amministratori e, in particolare, gli amministratori più seri e impegnati nell'assolvimento dei loro doveri.
Nell'attuale situazione, diverso ci sembra il comportamento delle singole Amministrazioni. E' vero che ogni Amministrazione è responsabile delle proprie scelte; di fatto, però, ci risulta che il comportamento, a livello regionale, finisce per essere diverso da luogo a luogo e determinare conseguenze diverse. Potrebbe essere interessante verificare oggi a quale punto risulta la gestione dei concorsi banditi prima del 23 dicembre, ad esempio, da parte dell'Ospedale Molinette o degli Ospedali di Venaria, Chivasso, Racconigi, Mondovì, per citare alcuni casi che conosciamo superficialmente, anche se con qualche elemento concreto. In tale situazione interlocutoria, devo prendere atto che i colleghi del P.R.I., hanno, a loro volta, presentato un'interrogazione che porta la data dell'8 febbraio, suggerendo un'eventuale sospensione dei concorsi. Per quanto ci concerne, avendo presentato l'interrogazione otto giorni prima non ritenevamo di dover formulare suggerimenti. Sarebbe comunque ora interessante e, vorrei aggiungere, doveroso da parte della Giunta verificare perché, nella difficoltà di interpretazione della legge n. 833 alcune Amministrazioni ospedaliere corrono il rischio di dover affrontare successivamente complesse e gravi difficoltà. Non dobbiamo infatti dimenticare che, quanto meno, esistono oggi dei diritti acquisiti o in corso di acquisizione da parte del personale dipendente. Come responsabili a livello regionale dobbiamo, più che altro, preoccuparci della qualità del servizio che viene prestato agli utenti; tuttavia ci sembra altrettanto doveroso tener conto, oltre che dei requisiti professionali, anche dei diritti acquisiti, dopo mesi e anni di servizio prestato dignitosamente, da parte di coloro che sono stati chiamati dalle Amministrazioni stesse all'assolvimento di determinate funzioni.
Chiedo pertanto all'Assessore di volermi cortesemente fornire copia della risposta ora data. Nello stesso tempo, lo prego di voler sollecitare presso il Governo una risposta a livello interpretativo, senza la quale è evidente che le confusioni potranno continuare a determinarsi. Grazie.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Per lunedì prossimo è fissato l'incontro tra gli Assessori regionali di tutta Italia e il Governo. Fra gli altri argomenti sarà trattato anche questo.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento internazionale extra-comunitario

Interrogazione del Consigliere Oberto inerente alla richiesta di presa di posizione della Regione sulla situazione del Vietnam


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione presentata dal Consigliere Oberto inerente alla richiesta di presa di posizione della Regione sulla situazione del Vietnam.
Chiede la parola l'interrogante. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Alla risposta è connessa anche l'accettazione o la reiezione di quella proposta di ordine del giorno che in relazione a questa interrogazione fu presentata nella passata adunanza o invece quell'ordine del giorno, che non vedo specificatamente scritto nell'ordine del giorno della seduta di oggi non viene discusso? Perché a questo punto potremmo trattare l'aspetto pratico dell'interrogazione circa la possibilità di intervenire per dare aiuti ai profughi del Vietnam e, per evitare una duplicità e una disorganicità del discorso, potremmo rinviare la trattazione dell'altra parte dell'interrogazione insieme all'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Nella giornata di oggi era prevista la discussione della sola interrogazione. La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

La grave situazione in cui si sono venute a trovare le popolazioni del Vietnam e in modo particolare i profughi che fuggono da quel Paese, si è ulteriormente aggravata con i fatti di questi ultimi giorni che ripropongono addirittura il problema drammatico della guerra nel Vietnam con conseguenti lutti, devastazioni e disastri.
Nei giorni precedenti all'apertura di questo nuovo conflitto alle frontiere tra il Vietnam e la Cina, si erano intensificati gli appelli per dare assistenza ai profughi vietnamiti.
Un comitato nazionale di solidarietà ha richiamato attraverso una conferenza stampa le condizioni di difficoltà dei profughi stessi e ha proposto un appello alle forze politiche e sindacali e al Governo perch consentisse l'accoglimento nel nostro Paese di un contingente di 2 mila profughi. Il Governo italiano acconsente a dare asilo politico ai profughi di altri Paesi, ma una clausola territoriale della Convenzione è limitativa nei confronti dei profughi dei Paesi non europei. Questa clausola tuttavia non ha impedito che si desse accoglienza in tempi recenti a profughi cileni ed argentini né in effetti ha impedito che, seppure a scala molto modesta si sia dato asilo anche ad una cinquantina di profughi vietnamiti.
Non esiste quindi un ostacolo di natura giuridica insormontabile.
Accanto a questa iniziativa che ha come diretto interlocutore il Governo, sono nate altre iniziative da parte di intellettuali francesi che hanno aperto delle sottoscrizioni al fine di noleggiare alcune navi che consentano il trasporto dei profughi in Europa. Venivano indicati indirizzi e nominativi italiani a cui fare capo per la sottoscrizione di questa iniziativa. Le altre Regioni si muovono secondo due filoni distinti: da un lato con iniziative per la raccolta di denaro o di generi di prima necessità e dall'altro con sottoscrizioni di ordini del giorno perché il Governo acceleri le procedure intese ad offrire asilo politico ai profughi del Vietnam.
Nella Regione Umbria è stata adottata una deliberazione volta a concedere un contributo di 2 milioni per l'invio di viveri e di generi di prima necessità alle popolazioni, deliberazione che la Commissione regionale di controllo ha bocciato. Anche la Lombardia e l'Emilia Romagna sono orientate in questo senso.
Credo che iniziative di questo tipo potrebbero trovare nel Consiglio la sede più opportuna per essere sviluppate. Se l'Ufficio di Presidenza del Consiglio ritiene che questa assemblea possa adottarle, la Giunta, per quanto la riguarda, è disponibile a fare tutto il necessario per assicurare un risultato positivo.



PRESIDENTE

Esprimo la piena disponibilità del Consiglio a fare quanto si ritiene giusto in questa direzione sulla base della risposta che l'Assessore ha dato.
Nella giornata di oggi una breve riunione dei Capigruppo definirà il quadro delle iniziative che si possono assumere.
La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

E' inutile fare due discussioni, è inutile soprattutto fare dei monologhi dove si andrebbe a cercare il passato, il presente, il futuro. Lo scollamento che denuncia l'Assessore Simonelli è già stato superato sin da gennaio e a Torino il Servizio Missionario Giovanile ha anticipato 50 milioni. Quindi, signor Presidente, facciamo la discussione completa sull'ordine del giorno iscrivendolo per la prossima riunione del Consiglio.
Non posso dichiararmi completamente soddisfatto della risposta per quanto siano state sollevate le eccezioni di cui abbiamo letto sui giornali, perché le difficoltà di carattere burocratico sono state superate, tanto è vero che la figlia di Allende è stata ricevuta in questa aula, i profughi cileni, brasiliani e argentini sono stati giustamente aiutati. Questa gente che non può resistere nel proprio Paese, che fugge a costo della morte andando a cercare riparo altrove deve trovare questo aiuto. Teniamo presente che fra i profughi molti sono i bambini e che quest'anno è l'anno della protezione dei diritti del bambino.



PRESIDENTE

Esiste anche un problema di ordine più generale: il pericolo dello scoppio di una terza guerra mondiale. La richiesta di discutere questo tema in una prossima seduta di Consiglio sarà esaminata dalla conferenza dei Capigruppo che convocherò in giornata.


Argomento: Incarichi e consulenze esterne

Interpellanza del Consigliere Paganelli per conoscere i motivi per cui non è stata rispettata la legge regionale n. 65 del 6/11/1978


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza del Consigliere Paganelli atta a conoscere i motivi per cui non è stata rispettata la legge regionale n. 65 del 6/11/1978.
Risponde l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

Il Consigliere Paganelli lamenta che la Giunta non ha rispettato il dettato della legge sulle norme per il conferimento di incarichi e consulenze non trasmettendo tempestivamente al Consiglio le informazioni relative.
Questa interpellanza è stata presentata il 25 gennaio e oggi non avrebbe più ragion d'essere perché in date successive, 29 gennaio e 19 e 21 febbraio, sono stati trasmessi al Consiglio tre elenchi di incarichi relativi all'oggetto di questa legge.
Il problema è però più complesso. La Giunta il giorno 26 gennaio ha chiesto alla Presidenza del Consiglio, soprattutto con riferimento all'interpellanza presentata il giorno prima dal Consigliere Paganelli come riteneva si dovesse adempiere al disposto della legge regionale relativo alle informazioni al Consiglio, ossia se la Giunta debba dare una comunicazione scritta con trasmissione di copia del provvedimento all'Ufficio di Presidenza del Consiglio oppure se debba intendersi comunicazione della Giunta una comunicazione data in Consiglio.
In attesa di sciogliere questo nodo la Giunta ha seguito la procedura di trasmettere per iscritto alla Presidenza del Consiglio gli elenchi delle deliberazioni. Si dichiara disponibile a seguire qualunque altro tipo di procedura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Nel momento in cui l'interpellanza è stata presentata erano state affidate rilevanti consulenze sulle quali né in un modo né nell'altro era stata data comunicazione; quindi già il 25 gennaio sussistevano dei fatti che non rispettavano il principio legislativo.
Ovviamente l'interpretazione va decisa dagli organi competenti. Avendo partecipato per il mio Gruppo alla stesura della legge sulle consulenze, mi rifaccio a quanto si era detto in Commissione e cioè che la comunicazione deve avvenire in Consiglio in modo che ci possa essere un sindacato sull'affidamento delle consulenze.
Il Presidente del Consiglio regionale che ha ricevuto la comunicazione ha già risolto in questo modo la questione dell'interpretazione, in quanto in una seduta precedente ha dato comunicazione di un pacchetto di consulenze. Questo deve essere il metodo da seguire. Il principio era quello della comunicazione al Consiglio in modo che ci potesse essere su quelle consulenze, che meritavano una sottolineatura, la possibilità di intervento in questa sede.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura - Interventi fondiari - Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Lombardi, Martini, Paganelli e Soldano per conoscere quali iniziative si intendano assumere affinché l'attività agricola possa riprendere nell'area del Comune di Benevagienna soggetta a vincolo archeologico


PRESIDENTE

Discutiamo ora l'interrogazione dei Consiglieri Lombardi, Martini Paganelli e Soldano per conoscere quali iniziative si intendano assumere affinché l'attività agricola possa riprendere nell'area del Comune di Benevagienna soggetta a vincolo archeologico.
La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Il vincolo di tutela archeologica esistente sui terreni siti in Comune di Benevagienna (Cuneo), regione Roncaglia, è stato imposto dal Ministero della pubblica istruzione nell'arco di anni fra il 1933 e il 1949 allo scopo di salvaguardare l'area in cui si trova il complesso monumentale dell'insediamento romano di Augusta Bagiennorum.
Si tratta di una delle zone archeologiche più importanti di tutto il Piemonte - paragonabile forse solo a Libarna - sia per l'estensione giacché essa contiene ampia parte dell'antico tessuto urbano della città romana, sia per la rarità, ricchezza e singolarità dei reperti scavati. Non tutta l'area è stata fino ad oggi oggetto di sistematiche campagne di scavo, ma dai saggi eseguiti e dagli studi condotti si è potuto individuare l'estensione della zona di interesse archeologico e lo Stato ha provveduto ad imporvi il vincolo di tutela al fine di evitare che opere improprie potessero danneggiare le testimonianze presenti.
Sia l'impostazione del vincolo, sia la gestione dello stesso - condotta attraverso l'esame dei progetti e degli interventi proposti nella zona da privati od Enti pubblici - costituiscono materia che rientra, ai sensi della legge 1/6/1939 n. 1089, nelle esclusive competenze dello Stato il quale, per l'esercizio delle relative funzioni amministrative, si avvale della Soprintendenza archeologica per il Piemonte.
La Regione pertanto non ha, attualmente, alcuna competenza in merito né può sindacare un giudizio formulato dall'ufficio periferico dello Stato nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali e sulla base di una specifica competenza scientifica.
Si precisa ancora che l'importanza del bene culturale costituito dall'eccezionale complesso archeologico di Augusta Bagiennorum e la conseguente necessità di valorizzare e tutelare tale testimonianza nel quadro ambientale e paesistico che ne determina l'intorno, hanno indotto l'Assessorato alla pianificazione territoriale e parchi naturali a studiare l'opportunità di includere la zona descritta in un'area a parco da inserire nel prossimo aggiornamento del piano regionale dei parchi ai sensi della legge regionale n. 43/75.
D'altra parte l'iter del piano regolatore è in fase avanzata e il Comune ha già controdedotto alle osservazioni che il CUR aveva espresso su di esso. Il Comune pare aver accolto la perimetrazione dell'area di interesse archeologico indicata dal Ministero ai beni culturali, quindi quell'area è inedificabile.
Non c'è invece vincolo sulla conduzione agricola, se questa riguarda lo strato superficiale del suolo, ormai secolarmente lavorato, in quanto la salvaguardia ha come finalità quella di non alterare i resti archeologici che possono essere presenti sotto terra. c'è quindi un problema di tutela e di cautela che impone rigidità di vincoli. Per altro, a tutela degli interessi degli agricoltori, il collega Astengo mi informava che la proposta di piano regolatore del Comune di Benevagienna prevede la possibilità di trasferimento degli indici di cubatura della zona agricola da quest'area alle aree circostanti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Prima di entrare nel merito della risposta dell'Assessore Rivalta, mi permetto di fare una considerazione che esce dall'argomento. Mentre è in corso la seduta del Consiglio, il Presidente della Giunta partecipa a Cuneo ad una consultazione sulla ripartizione dei fondi per la bonifica montana.
Negli ultimi tempi la Giunta e specialmente il Presidente hanno accentuato la loro presenza nella nostra Provincia, forse perché sono vicine le elezioni europee e quelle dell'80 non sono troppo lontane. Il concentrare in una sola mattinata una seduta del Consiglio regionale e una consultazione a livello periferico, va a scapito della "conclamata" centralità del Consiglio e impedisce ai suoi membri di maggioranza o di opposizione di partecipare a entrambe le sedute. Dico questo a nome del Consigliere Martini che è rimasto a Cuneo e a nome dei Consiglieri Paganelli e Soldano che invece sono qui in Consiglio questa mattina.
Fatta questa considerazione di carattere generale vengo alla risposta dell'Assessore Rivalta. Anche se la competenza è del Ministero ai beni culturali, ritengo che di fronte alla situazione che si è venuta a creare in quell'area, la Regione debba cercare di superare le difficoltà. Siamo d'accordo che i resti dell'Augusta Bagiennorum siano valorizzati, riteniamo però che debbano essere anche salvaguardati gli interessi dei coltivatori che hanno le aziende su quell'area.
I funzionari del Ministero dicono che la coltivazione è permessa entro determinati limiti, per esempio, l'aratura non deve superare determinate profondità, è ovvio però che debbono esserci delle precisazioni tecniche.
Se i reperti archeologici si trovano a due o tre metri di profondità, non vedo perché il coltivatore non possa arare alla profondità di 50 cm.
Esiste il problema della conduzione dei terreni che è altrettanto scottante come il problema delle strutture, perché se un'azienda agricola è compresa nel vincolo archeologico non vedo come possa continuare l'attività se non può costruire nemmeno un prefabbricato.
Nel caso in cui le restrizioni fossero esagerate sarà opportuno fare delle verifiche in modo da garantire adeguatamente sia gli interessi archeologici sia gli interessi dei coltivatori. Invito l'Assessore a provvedere in tal senso.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore. Rivalta per una replica.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Nella zona archeologica c'è il vincolo di inedificabilità quindi non si possono inserire nuove strutture edilizie. Il problema che pone il Consigliere Lombardi credo debba essere visto nella prospettiva di contributi agricoli per consentire la coltivazione di quei terreni con attrezzature poste fuori dell'area archeologica. Francamente di fronte a delle preesistenze storiche di questa natura, non penso che si possa agire in contrasto con gli indirizzi della Sovrintendenza archeologica né d'altra parte mi sembra che si possano fare qui valutazioni sulle preesistenze storiche, che sono oggetto di ricerche e di approfondimenti che durano da anni e che probabilmente non sono di facile conclusione.



PRESIDENTE

Le interpellanze ed interrogazioni sono così concluse.


Argomento: Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate - Ristrutturazione industriale - Lavoro - Movimenti migratori: argomenti non sopra specificati

Esame deliberazione Giunta regionale "Indicazione delle aree insufficientemente sviluppate ai sensi dell'art. 7 del DPR 9/11/1976, n. 902 e della legge 2/5/1976, n. 183"


PRESIDENTE

Passiamo al punto settimo all'ordine del giorno: Esame deliberazione Giunta regionale "Indicazione delle aree insufficientemente sviluppate ai sensi dell'art. 7 del DPR 9/11/1976 n. 902 e della legge 2/5/1976, n. 183".
La parola al relatore, Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la deliberazione all'esame del Consiglio regionale è frutto di un lungo dibattito con la realtà regionale piemontese e attiene all'indicazione di aree non sufficientemente sviluppate a favore delle quali possono ottenersi i contributi previsti dal DPR n. 902.
Per chi rinfaccia alle Regioni i residui passivi questa capacità di funzionalità in una materia di tale delicatezza è estremamente 'emblematica. Approfittando del congruo lasso di tempo che il Governo centrale ha consentito, si è cercato di raggiungere l'obiettivo ..pi compatibile con le linee di Piano di sviluppo che vedono il riequilibrio del territorio, l'indicazione dei poli di degrado industriale o di quelli di realizzazione di nuovi insediamenti, quali le aree attrezzate o altre zone di emarginazione come, per esempio, quelle dell'Astigiano più volte sollecitata dalla stessa città di Asti, e quella di Pinerolo.
Polemiche incominciano a camminare nell'interno del Paese per quanto si va scrivendo in materia e per quanto le organizzazioni sindacali stanno portando avanti. Tutto ciò deve in ogni caso presupporre l'attenzione ai problemi del Mezzogiorno, non come secondo momento di attività produttiva ma come attività contestuale. Vogliamo lavorare secondo le linee di programmazione regionale che pongono i problemi del Piemonte nella logica di sviluppo del Mezzogiorno e non nella logica dell'arresto totale delle attività produttive nella Regione Piemonte.
La Commissione è a conoscenza che questa deliberazione troverà a Roma ulteriori contrasti nel conflitto e nel rivendicazionismo sterile che le Regioni meridionali stanno portando avanti nei confronti delle Regioni settentrionali, conflitti che non sono assolutamente ancorati alle nostre volontà ma che non possono neanche essere disancorati dalle nostre gravi responsabilità in ordine all'assetto produttivo del Paese ed ai livelli occupazionali delle nostre terre.
Dico questo confortato dall'alto senso di responsabilità dimostrato nella realtà regionale piemontese, nei Comprensori cosiddetti ricchi quale quello di Torino, ove vogliamo che in tutti i modi si inneschi un processo di decongestionamento; il Comprensorio di Ivrea dove l'attività industriale Olivetti sta diventando troppo monoculturale con il pericolo nell'immediato di problemi nuovi, la zona del Biellese e la necessità di innescare processi alternativi che, grazie alla capacità imprenditoriale degli operatori locali, degli operai trasformatisi in artigiani e in piccoli industriali nel momento del crollo delle grandi industrie, hanno saputo tenere e oggi si pongono in termini di produttività.
Tutto questo segna la capacità della Regione Piemonte di rispondere non a parole, ma nei fatti alle esigenze della comunità di fronte all'impegno statutario e al Piano di sviluppo.
Su questi temi dovremo ritornare perché si deve rispondere alla facile demagogia secondo cui tutto si arresti nel nord e tutto vada al sud. Mentre giorni fa lodavamo la capacità operativa con cui sono stati ripartiti i fondi della legge n. 457, mentre abbiamo sentito nei Comprensori la costante lode agli Assessori che hanno capito la necessità di una comprensorializzazione della spesa regionale ove si sono avviati i processi di investimento e di impegno di spesa, vediamo che in altre Regioni su questi provvedimenti ancora non si è fatto nulla e i fondi rimangono nelle casse. Porre il problema come lo stanno ponendo le organizzazioni sindacali: "tutto al sud e nulla al nord" credo sia un errore pazzesco che la comunità nazionale pagherà nella misura in cui ognuno non si sarà fatto carico delle responsabilità che la Regione Piemonte invece con questa deliberazione si è assunta.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

La discussione è aperta. Chiede la parola il Consigliere Petrini. Ne ha facoltà.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, se giungiamo oggi alla definizione di quello che sarà il parere della Regione Piemonte in ordine all'applicazione sul suo territorio del decreto 902, ciò non avviene senza che il pronunciamento consiliare sia stato preceduto da numerose tappe e l'argomento sia stato affrontato a diversi livelli, anche se non sarebbe stato inopportuno, a mio avviso, un coinvolgimento anche della II Commissione, per le sue ovvie connessioni con l'assetto del territorio. La metodologia seguita non smorza il senso del confronto in aula, anzi gli attribuisce il peso di una sintesi che deve obiettivamente tener conto di tutto ciò che è successo, ma che non può sottovalutare il quadro economico industriale piemontese in cui, fatalmente, questo parere finirà con l'incidere. E' una scelta, che sarà sicuramente carica di conseguenze sullo stesso tipo di sviluppo che intendiamo perseguire sul territorio piemontese e sugli obiettivi di programmazione che ci siamo dati con il Piano di sviluppo ormai 18 mesi or sono. Per questo non sarà sicuramente superflua una breve puntualizzazione sul decreto 902, sugli scopi che si prefigge - e non solo con riferimento regionale - in termini di pianificazione industriale e sulla opportunità stessa di incentivi all'industria soprattutto nelle Regioni del centro-nord. Dico subito che mi pare quanto meno difficile concepire ogni atto di politica meridionalistica (e la 902 indubbiamente lo è) senza tener parallelamente conto dell'esigenza del resto del Paese di mantenere ed incrementare gli attuali livelli di sviluppo. Concettualmente si potrebbe dire infatti che non si vede a chi gioverebbe un livellamento in basso; economicamente ci incombe di rilevare che non esiste nessun esempio di politica territoriale all'interno di una compagine nazionale che non tenga comparativamente conto delle necessità di chi più è avanzato nei confronti di chi, avendo meno, è da privilegiare.
Ciò, se non altro, per l'opportunità economica di creare un mercato interno per quanto si intende produrre nell'area da rilanciare. La premessa serve secondo me, a sgombrare il campo dalla facile illusione che basti privilegiare in modo assoluto il sud e lasciare il nord al suo destino per fare politica meridionalistica. Più serio, più logico, più credibile è chiedersi se i meccanismi di legge e quelli di pianificazione siano in grado di correlare le due esigenze: penso che si possa sin da ora concordare che una politica di incentivi applicata indiscriminatamente finirebbe per produrre più inconvenienti che vantaggi ed accentuerebbe il divario, invece di ridurlo. Si tratta dunque di collegare il momento incentivo allorché si sostanzia con l'agevolazione creditizia, con il momento di politica delle strutture che siano funzionali, che attirino nuovi insediamenti industriali e che consentano ai preesistenti ulteriori prospettive di sviluppo. Ecco, di fronte all'applicazione del decreto 902 nelle aree del centro-nord il primo, fondamentale giudizio politico è questo: subordinare o comunque collegare un'azione incentivante ad un'azione strutturale, fondamentale soprattutto nelle zone di maggior arretratezza. Se vogliamo far subito il riferimento a casa nostra, diciamo che è il discorso delle aree industriali attrezzate, il che ci riporta ad una valutazione della spinta all'industrializzazione basata su altri fattori, che non siano esclusivamente creditizi, ma che tengano conto di quella che é, accanto alla cosiddetta "vocazione", la richiesta che un'industria, un'iniziativa di lavoro fa per insediarsi in una determinata zona.
Senza fare un'analisi troppo approfondita, diciamo che il mancato raggiungimento di tutti i traguardi che le precedenti politiche creditizie si ponevano nella nostra Regione dipende proprio dal non aver saputo bilanciare con tutti i mezzi a disposizione il preponderante ruolo che il capoluogo torinese finiva con l'esercitare, a dispetto di agevolazioni (tra l'altro sovente non razionali) concesse alla periferia. Per questi motivi atteso che la nuova delimitazione adottata dalla Giunta regionale ripropone schemi che già furono del passato, mi pare che essa sollevi notevoli perplessità. Vediamone intanto le dimensioni. Se è vero che si è tentato di superare il concetto di zona o di area, o comunque ricercando una dimensione sovracomunale, è altrettanto vero che la diffusione sul territorio delle zone stesse ed il suo riferirsi a ben 11 dei 15 Comprensori esistenti va a sicuro detrimento della possibilità di agire incisivamente. c'è da domandarsi obiettivamente: quale potere, quale capacità di indirizzo avrà la Regione nei confronti di quelle iniziative che, a seguito della 902, potranno svilupparsi? La Regione Piemonte ha leggi e, soprattutto, ha un Piano che definisce talune priorità verso aree di più accentuata crisi. Un'articolazione diversa, magari più limitata sul territorio, ma che di queste aree tenesse conto in maggior misura, poteva essere più logica, sotto il profilo industriale, senza con ciò "tagliar fuori" altre zone dal recupero produttivo ed occupazionale, se è vero che non solo l'industria crea posti di lavoro. Tanto più che, se non vado errato, questo è il criterio seguito dall'Emilia Romagna, che, tra l'altro non ha verso il suo capoluogo gli stessi problemi di decongestionamento che noi abbiamo verso Torino.
C'é veramente il dubbio che con l'odierna delimitazione noi contraddiciamo lo spirito di una legge (quella sulle aree attrezzate) ed annacquiamo ulteriormente il concetto - base del decentramento da Torino da parte di iniziative industriali, come operazione organica e non come polverizzazione verso l'esterno. Infatti è legittimo chiedersi se prevarrà l'ipotesi incentivo creditizio - coi limiti che le ho riconosciuto - ovvero la razionale considerazione che altre aree rechino nel loro complesso benefici superiori agli inconvenienti per coloro che desiderino intraprendere in esse nuove iniziative o trasferirvene altre dal capoluogo.
Sia ben chiaro che riconosco il lavoro cui la Giunta si è sottoposta per addivenire ad una soluzione, con uno sforzo diretto tanto nei confronti del Governo, perché l'ipotesi da questo prospettata - scelta su base comunale si prestava a diverse valutazioni critiche; quanto in direzione dei Comprensori, nel tentativo di coinvolgerli in una scelta che li riguarda direttamente. Tuttavia, perché tale operato non diventi un alibi, occorreva agire con diversa determinazione, soprattutto con maggior ricchezza di informazioni, che è poi il presupposto di ogni lavoro che abbia pretese di scientificità. Per questo motivo, non mi sento di accettare una ammissione di carenza iniziale per l'identificazione delle aree piemontesi insufficientemente sviluppate basata sul fatto che ci siamo trovati a servirci di dati vecchi di 8 anni. Sia chiaro che il rilievo ha carattere generale: mettere le mani avanti non è mai simpatico, soprattutto se non si fa nulla e la Regione aveva l'obbligo di tentare di ovviare a questa situazione. Se l'Ires è ormai talmente inutilizzata da non comparire più in nessuno dei discorsi che la Giunta fa, esistevano altre forme, altri mezzi per giungere, in questi otto mesi in cui la questione si è dibattuta a costituire un bagaglio di informazioni non sull'universo economico piemontese, ma su quei 4/5 fattori base (demografia, andamento occupazionale, produzione e produttività e relativi raffronti percentuali) che avrebbero potuto costituire la miglior guida per una scelta. Una scelta che, così come si presenta, sa di "via di mezzo" tra una politica dell'accontentare il più possibile e l'evitare di render vecchie le indicazioni di piano dopo solo un anno e mezzo. Stando così le cose, credo si possa fare, senza animosità e con spirito critico, ma costruttivo un'analisi di situazioni specifiche, concedendo ad esse il beneficio di essere valutate in un quadro complessivo, il che le rende qualcosa di più e di meglio di semplici battaglie perdute: ripeto che condizione per il riequilibrio è il non permettere che il forte - o supposto tale - non abbia a divenire esso stesso debole.
Il caso del Comprensorio biellese, che conosco più direttamente, è in questo senso emblematico: monoindustria tessile, crisi cicliche ricorrenti unica diversificazione - tra l'altro criticata e che oggi si vorrebbe contenere - la Lancia di Verrone, che serve una fetta non indifferente di area vercellese. Ebbene, l'occupazione industriale nell'arco del 1971/1978 è calata di 6.000 unità, per lo più non recuperati se non con la riduzione del tasso della popolazione attiva, che tuttavia non è fattore elastico all'infinito. La prospettiva del triennio 1978/80 è di un ulteriore calo di 3.000 unità, sulla scorta di un'analisi del settore tessile internazionale soprattutto con riferimento allo sviluppo tecnologico, calo che presumibilmente si amplierà a 5.000 addetti nel 1982.
Tale situazione potrà, per esempio, impedire alla prima zona tessile piemontese ogni accesso ai benefici previsti dalla CEE per le regioni ad insufficiente sviluppo, proprio nel momento in cui almeno quattro Paesi della Comunità (Francia, Inghilterra, Belgio e Germania) stanno adottando misure generali e specifiche per fronteggiare la situazione di concorrenza ed i problemi occupazionali del tessile.
Non priva di significato, mi pare, al riguardo, la presa di posizione del Comprensorio biellese che, al di là delle polemiche, fa osservare, come motivazione delle proprie scelte che: i dati in possesso parlano di un declino locale più rapido in termini occupazionali, soprattutto nelle zone vallive che queste ultime, alla luce di tale aspetto, verranno ad acquisire nel breve periodo tutte le caratteristiche delle aree insufficientemente sviluppate.
Posizione non accoglibile, dice la Giunta regionale, ma comunque a livello comprensoriale unanime e con l'avallo di una maggioranza politica non sospetta. A ciò si aggiunge, direi in termini negativi, ancorch seguita con parecchi contrasti, una impostazione sindacale sia pure non unanime che vorrebbe un ulteriore rallentamento del "peso specifico" della diversificazione meccanica di Verrone, trasferendo tout-court, a professionalità acquisita in sede locale, al meridione alcuni tipi di lavorazione. Tutto ciò induce a pensare ad una situazione complessiva di non stabilità, di relativa incertezza che avrebbe quanto meno dovuto indurre ad una riflessione più approfondita e ad una scelta più articolata.
Sono consapevole che altrove, cioè là dove si è verificata una situazione favorevole all'applicazione del decreto 902, tali problematiche possano essere tenute in minore evidenza.
Tuttavia le argomentazioni addotte non sono, a mio avviso, pretesti tanto è vero che, pur passando l'impostazione della Giunta, sono convinto che il decongestionamento del polo torinese sia ancora una semplice enunciazione e che, al contrario, "l'uscita" delle industrie dal capoluogo per una ricollocazione in un arco di 15/20 chilometri sia la premessa a quella che viene ormai comunemente definita la terza cintura torinese.
Giunti a questo punto, credo veramente che la 902 abbia rappresentato un banco di prova sul quale la Giunta, in Piemonte, avrebbe potuto mostrare ben altra efficienza.
Se è vero che abbiamo sostenuto per molti mesi una polemica con il Governo - e non solo con quello - circa la delimitazione delle aree non sufficientemente sviluppate, ci è mancata la capacità di muoverci alla ricerca di dati "nuovi", o meglio più recenti e tali comunque da suffragare il nostro atteggiamento. Avremmo così potuto essere senz'altro più decisi nel rivendicare alla Regione Piemonte un'autonomia che le deriva dal fatto di essere, nel quadro delle grandi scelte nazionali, soggetto di programmazione. Il "peso" che viene dato ad un parere dipende, a mio avviso, dal sostegno di dati e di documentazioni che lo appoggiano: altrimenti è mera esecutività ad un qualcosa che è altrove già deciso.
Siamo poi davvero convinti che con questa delimitazione ci collochiamo sulla rotta del Piano regionale di sviluppo? O piuttosto saremo costretti ad ammettere che diffusione dello sviluppo non significa polverizzazione delle risorse? Sarebbe stato estremamente importante, poi, che alla logica della agevolazione creditizia noi avessimo saputo opporre, o meglio ancora affiancare, come realtà operanti le nostre aree attrezzate, che, se vogliamo, prevedono tutte le altre misure capaci di attrarre e di indirizzare un insediamento industriale. Abbiamo sempre sostenuto che la 902 non rappresenta l'unico momento di politica industriale: secondo il mio avviso, la delimitazione delle aree insufficientemente sviluppate costituiva l'occasione per inserire il meccanismo della legge in uno schema di sviluppo industriale, elaborato dalla Regione, che facesse perno anche non su momenti di sola agevolazione creditizia. Uno schema, evidentemente centrato sulle 5 aree industriali attrezzate, dove il nuovo incentivo "esterno" all'iniziativa regionale, avrebbe potuto funzionare da complemento o comunque non come unico fattore trainante. Abbiamo serie garanzie che con questa operazione non succederà l'opposto? Ma occorre fare, a titolo esemplificativo, anche un altro ragionamento. Sappiamo ormai tutto del tessile, della periodicità delle sue crisi che giungono anche sfasate nei confronti dei grandi cicli economici regionali e nazionali dei problemi sociali ed umani che esse provocano. La scelta odierna penalizza indiscutibilmente - il futuro dirà se più o meno a ragione - la zona di maggior concentrazione di industria tessile del Piemonte, senza offrire spiragli, almeno per il momento, di pianificazione settoriale nazionale o di applicazione di benefici di carattere internazionale. E' bene riflettere su queste cose. Con tutto ciò, credo di capire le difficoltà e gli imbarazzi di una scelta indubbiamente scomoda, perché si è trattato, per alcuni, non di aver poco, ma addirittura niente del tutto. Ma è una comprensione che è lungi dall'essere appagante, viste le modalità della vicenda. Al contrario, ritengo che l'esperienza, senz'altro non esaltante per chi crede ad un fondamento tecnico e scientifico, oltre che razionale delle scelte in politica, debba suggerire alla Regione un diverso metodo di procedere per il futuro. Non penso che ne saremo delusi anzi, in esso ho creduto e credo: mi auguro che la Giunta ritenga di poter fare altrettanto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nella deliberazione che stiamo esaminando vedo inclusi dei Comuni, soprattutto quelli collinari, che non saranno mai in grado di programmare una azienda, mentre mancano altri Comuni che forse sono in condizioni peggiori di quelli elencati; le Comunità montane poi sono quasi tutte escluse. Capisco che questo è frutto delle segnalazioni pervenute dai Comprensori, ma noi dimentichiamo che a volte il loro parere è scarsamente illuminato.
Quali funzioni hanno le aree attrezzate che abbiamo approvato? Si sono fatte soltanto delle esercitazioni e si sono scritte pagine affliggendo il Consiglio regionale con papiri che per la maggior parte non vengono letti oppure si è veramente creduto di dare al Piemonte una spinta nuova per aumentare la produzione? Per ora il risultato è zero. Non solo. Se il Piemonte non facesse nulla nella maniera più assoluta favorirebbe il Mezzogiorno, vale quindi la pena di non fare nulla nella maniera più assoluta, altrimenti saremmo in contrasto con le affermazioni fatte.
Il Piemonte vuole che tutti gli sforzi vadano al Mezzogiorno? A questo punto blocchi ogni possibilità di ingrandimento e i nuovi impianti in Piemonte e lasci che vada avanti il Mezzogiorno! Questo però non è possibile. Si sono valutati i fenomeni del pendolarismo? Gli studi fatti riguardano Torino e la sua cintura e non dicono nulla sulla situazione del Cuneese, dell'Alessandrino e del Novarese.
Dodici aziende torinesi hanno chiesto di trasferirsi fuori di Torino e questo sarebbe il momento opportuno per indirizzarle nelle zone che sappiamo essere deboli di industrie, come Vercelli e Mondovì. Però, per quanto ne so, queste aziende intendono stabilirsi nelle vicinanze di Torino per tutta una serie di motivazioni che non sto a specificare. Un imprenditore non impianta un'azienda solo perché ha un incentivo finanziario, ma la impianta in una zona che offra condizioni accettabili e le aziende del sud nate con contributi di miliardi e che tuttavia sono fallimentari ci sono di esempio.
Non era necessario fare il censimento delle zone prive di industrie perché queste cose le conosciamo da 20 anni. Ecco perché ritengo che questa deliberazione non sarà di utilità a nessuno. Si poteva fare qualcosa di più e di meglio con altri studi e altri collegamenti in modo da poter dare delle indicazioni precise, in modo da finanziare chi deve essere veramente finanziato.
Questa deliberazione a parer nostro è troppo vaga, troppo incerta per poter dare all'industria qualche beneficio.



PRESIDENTE

L'Assessore Alasia chiede di intervenire subito nel dibattito, dovendo tra poco partire con l'aereo per Roma. Gli do quindi la parola.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Ringrazio e chiedo scusa all'assemblea di questo modo insolito di intervenire.
Il Presidente Rossotto ha già richiamato la laboriosità di questa vicenda, non attribuibile solo alla Regione e non voglio riprendere tutta la questione del credito agevolato del DPR 902 anche perché questa discussione è già stata fatta nella seduta del 26/10/1978 ed è stata ripresa a livello comprensoriale nell'ambito del quale è stato esaminato l'elenco dei Comuni.
Il 26/10/1978 in quest'aula avevamo concordato con i Comprensori i criteri da seguire dandoci la scadenza del 15 novembre per le loro risposte. Eccoci qui, invece, a metà di febbraio e le scadenze non sono state mantenute. Dico con molta franchezza che questa questione deve essere chiusa anche perché difficilmente avremo a livello governativo un altro momento così favorevole, ben conoscendo le difficoltà che ci sono a Roma sui possibili interventi al nord con il DPR 902.
Ci facciamo responsabilmente carico delle ragioni serie che ha il sud ma respingiamo l'impostazione un po' rozza di un nord tutto in espansione senza problemi e senza punti di caduta. Ho avuto occasione nel mese di agosto di riferire al Consigliere Petrini le opinioni della Giunta. Certo questo intervento va raccordato con altre misure. In questo senso non facciamo del DPR 902 l'ultima trincea, perché la politica industriale non si fa solo con questo strumento. Le numerose tappe che il Consigliere Petrini ricordava, avevano una ragione. Il DPR 902 disciplina il credito per le piccole e le medie imprese; l'art. 7 prevede criteri per la determinazione delle aree di insufficiente sviluppo e gli ampliamenti e i nuovi stabilimenti potranno essere sostenuti solo in questo ambito. L'art.
7 prevede anche che il CIPE, nella individuazione dei Comuni, tenga conto delle proposte regionali, del tasso di emigrazione, del tasso della popolazione attiva occupata, del rapporto fra occupazione manifatturiera e popolazione residente, dati desunti dagli ultimi due censimenti Istat.
Le Regioni del centro-nord nelle riunioni del 12/7/77 e del 2/2/78 hanno chiesto al CIPE di non applicare rigidamente quei parametri e di attenersi invece ai programmi di sviluppo regionali; il CIPE non ne ha tenuto conto e il 21/12/77 ha approvato un elenco di 549 Comuni piemontesi che avevano il punteggio 13 o superiore.
La Giunta ha elaborato una sua proposta con criteri che conoscete; per Torino, Ivrea, Biella e Novara rimaneva aperto l'accesso al credito solo per gli ammodernamenti. Si avevano così Comuni con sedi di aree attrezzate.
Era però aperto il problema politico di trovare un compromesso con la linea del CIPE e con le Regioni del Mezzogiorno. Il primo marzo del 1978 nella riunione delle Regioni centro nord si fissava il tetto massimo del 17% dei residenti al 1971 e si chiedeva al CIPE di non tener conto della soglia 13.
Nel luglio 1978 la Giunta inviava la prima proposta ai Comprensori e ai fini di eventuale compromesso, venivano elencati parte dei Comuni indicati dal CIPE. A luglio, perché sollecitato dal Ministero, abbiamo trasmesso un primo elenco con riserva di discutere. A ottobre, la Giunta tenne la riunione che ho ricordato con i Comprensori nella quale si conveniva che all'interno del tetto fissato i Comprensori dovevano individuare i Comuni, ciò che è stato fatto con molta fatica e con contraddizioni anche comprensibili.
La proposta della Commissione tiene conto nel complesso delle indicazioni dei Comprensori. Rivolgo l'invito perché essa venga accolta senza modifiche sostanziali anche in considerazione delle difficoltà che ancora si incontreranno a Roma e perché si arrivi ad una conclusione che sia sostenibile nei confronti delle altre Regioni.



PRESIDENTE

La parola alla dottoressa Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Concordo con l'atteggiamento della Giunta su due punti: sul fatto di avere inserito nell'elenco i Comuni che dovrebbero essere al centro delle aree attrezzate parte dei quali sono in formazione, parte invece non hanno ancora iniziato l'iter, e sul fatto di avere eliminato alcuni Comprensori di alto sviluppo industriale che non si intende ulteriormente incentivare.
La Regione dovrebbe avviare un tipo di politica che elimini la polverizzazione di piccole aziende che hanno difficoltà di contrattazione rispetto al livello internazionale. Quindi il problema di Biella come tutto il settore tessile dovrebbe essere trattato all'infuori dell'applicazione della legge 183 e del DPR 902 e opportunamente il Comprensorio di Biella non è stato inserito in questa deliberazione.
Ho invece delle riserve da fare rispetto a certi comportamenti di alcuni Comprensori che sono però conseguenza di una indicazione della Regione non sufficientemente precisa nell'ambito della programmazione regionale, perché se da un lato si fa una programmazione regionale e si danno delle indicazioni precise e se queste indicazioni non corrispondono alle indicazioni del piano regionale, ci chiediamo perché facciamo fare i piani regionali. Nelle zone di particolare vocazione agricola dobbiamo sottrarre manodopera all'agricoltura e incentivare la nascita di piccole o medie aziende oppure vogliamo rispettare tale vocazione? Capisco che le discussioni nei Comprensori a volte sono vivaci, ma sappiamo che la politica di piano non può tener conto delle richieste di questo o quel Consigliere comunale in favore di questo o quel Comune nessuno è indenne dalla malattia dell'essere rieletto, intendiamoci bene! Il Comprensorio di Asti è stato uno dei più dibattuti: si sono tolti alcuni Comuni da quelli da incentivare, in realtà vengono ancora dati contributi a pioggia in alcune cittadine che nemmeno sotto il profilo della popolazione esistente danno la possibilità di ritenere che ci sia una occupazione di tipo industriale in diretta concorrenza con l'occupazione agricola.
Lo stesso discorso potremmo fare per il Comprensorio di Alba-Bra dove abbiamo coltivazioni di fragole di altissimo livello e altre coltivazioni che si vedrebbero sottrarre dipendenti forse con nessuna possibilità di continuare ad operare.
Apprezziamo il fatto che la Giunta abbia indicato alcune zone che sono in corrispondenza con il Piano regionale di sviluppo, apprezziamo il fatto che non abbia compreso alcuni Comprensori, mentre non apprezziamo che per alcuni Comprensori abbia mantenuto il vecchio sistema negativo non soltanto perché "a pioggia", ma negativo perché impedisce lo sviluppo delle altre attività contemplate nel Piano regionale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Alberton.



ALBERTON Ezio

Siamo consapevoli della difficoltà di gestione della normativa in oggetto. Ci troviamo a gestire una normativa che è tesa a dare disciplina al credito agevolato e che molto difficilmente si piega ad obiettivi di pianificazione territoriale.
Come ci collochiamo dentro le critiche che fin dall'inizio abbi amo sollevato nella schematizzazione di alcune indicazioni che derivavano dalle deliberazioni del CIPE? Abbiamo sollevato delle critiche che riteniamo ancor valide anche in presenza di questo atto deliberativo della Giunta critiche che non consentono di esprimere un voto unanimemente favorevole alla deliberazione.
Nella deliberazione della Giunta dell'ottobre 1977 con la suddivisione comprensoriale, il 30% della popolazione della Regione era suscettibile di essere definita come insufficientemente sviluppata. Il complesso delle Regioni del centro nord a quell'epoca individuava il 21% della popolazione come insufficientemente sviluppata.
Di fronte a tali valutazioni è comprensibile la reazione delle Regioni meridionali. C'era il rischio di introdurre effettivi fattori di indebolimento della politica meridionalistica come d'altra parte all'interno del centro-nord c'era il rischio di realizzare eccessive frammentazioni e dispersioni nel territorio. Dobbiamo tener presenti che (visto che fin dall'inizio sono stati insufficientemente valutati alcuni dati quantitativi, difficili da elaborare con precisione, forse suscettibili di altre prove, ma che in linea macroscopica possono darci delle indicazioni), i 1120 miliardi assegnati al centro-nord possono determinare investimenti per circa 5000 mila miliardi; ipotizzando una ripartizione al 50% tra nuovi insediamenti e ampliamenti da una parte e ammodernamenti dall'altra si può ritenere, con tutte le approssimazioni del caso, che il credito agevolato della legge 902 possa incentivare in 10 anni circa 60 mila posti di lavoro nel centro-nord.
La deliberazione del CIPI del dicembre 1977 ha proceduto all'individuazione dei Comuni mettendo immediatamente in evidenza gli errori del metodo assunto fin dall'inizio; la frantumazione a cui si arriva attraverso l'uso di meri criteri statistici e questo rendeva l'elenco dei Comuni, lo strumento che veniva proposto, poco praticabile.
Si raggiungevano però due obiettivi in antitesi fra di loro perché si riusciva a diminuire la percentuale della popolazione definibile insufficientemente sviluppata tanto che, con gli elenchi del CIPI nella nostra Regione si scendeva attorno al 9,10%, contemporaneamente il numero dei Comuni saliva e arrivava fino a 549; due dati obiettivamente contrastanti tra di loro perché era positivo l'abbassamento della popolazione che consentiva di dialogare meglio sicuramente con le Regioni meridionali e all'interno della Regione, però si assisteva a questa frammentazione su tutto il territorio regionale in maniera scarsamente organizzabile. Si perviene ad un patto tra le Regioni del centro-nord e si fissa un tetto della popolazione al 17% che rischia di apparire alto nei confronti delle Regioni meridionali e soprattutto se si parte dalla deliberazione del CIPI che, pur con tutti gli altri difetti, era arrivata a livelli più bassi.
La deliberazione proposta dalla Giunta si assesta attorno a questi valori: 15% popolazione, 195 Comuni. c'è sicuramente un tentativo di riequilibrio dei due parametri in gioco assunti pur nel loro valore esemplificativo. Crediamo di aver dato a questa deliberazione un contributo significativo mettendo in evidenza i limiti ai quali si andava incontro con i primi atti della deliberazione. Mediare il reddito pro capite per definire se un Comprensorio è ricco o se è povero è una approssimazione eccessivamente grossolana: capita che in Piemonte, all'interno dello stesso Comprensorio sia presente il Comune più ricco e il Comune più povero della Regione.
Crediamo di aver portato avanti le critiche senza campanilismi sia in sede regionale che in sede periferica dove abbiamo responsabilità di gestione comprensoriale. Il Comprensorio da cui provengo non ha mai sollevato obiezioni, quindi non è per questioni locali che sollevo queste critiche. Crediamo cioè di aver contribuito a costringere il complesso della Regione Piemonte a ragionare su questo dispositivo, su questo meccanismo cercando di prescindere da ottiche esclusivamente localistiche.
In questo senso non abbiamo difficoltà a riconoscere i passi avanti che si sono compiuti. Abbiamo detto sì alle ultime modifiche introdotte nella deliberazione però continuano a rimanere in noi tutte le perplessità sul modo con cui si è affrontato questo problema sin dall'inizio. E' continuato a prevalere il puro concetto della soglia demografica applicato all'interno di ogni Comprensorio, parametro sicuramente da tener presente su grande scala nel momento in cui il centro nord si confronta con il meridione, ma artificioso nel momento in cui lo si applica anche a scala comprensoriale.
Quando in passato abbiamo fatto critiche di questo genere, su altri temi, ci siamo sentiti rivolgere il titolo di "cavalieri teutonici"; ho l'impressione che questa volta in questa visione un po' troppo accademica si sia mosso qualcun altro.
Abbiamo chiesto il superamento della biforcazione, Comprensori da una parte, singoli Comuni dall'altra, credendo che fosse necessario arrivare ad individuazione di sistemi industriali più oggettivi (bacini di manodopera bacini di traffico) che consentissero di prevedere per gli obiettivi della legge n. 902, ma anche per la politica industriale in generale un disegno coerente che valga per sempre, non solo per lo strumento che ci troviamo davanti.
Vorrei richiamare alcune proposte del programma triennale presentato recentemente dal Governo, anche perché era emersa l'obiezione che in questo difficile colloquio tra Regioni e Governo la legge 902 rischiasse di diventare uno strumento del tutto impraticabile. Si dice che: "é possibile e necessario operare interventi di stimolo soprattutto nel campo della localizzazione delle unirà nuove in aree meno industrializzate e prevalente nel Mezzogiorno.
A tali compiti sovvengono le leggi in essere quali la legge 183 e il DPR 902. Nelle aree industrializzate del centro - nord l'intervento pubblico dovrà limitarsi ad operazioni altamente qualificate oltre che alla normale gestione degli incentivi finanziari delle piccole e medie imprese nei limiti ristretti definiti dal DPR 902. Sarebbe però errato spingere l'azione di freno allo sviluppo settentrionale fino ad impedire la crescita fisiologica di piccole e medie imprese o di impianti già esistenti che abbisognano di modeste variazioni di occupazione o di area. Bisogna evitare possibili alterazioni dell'equilibrio occupazionale dell'intero bacino di manodopera in cui l'impianto è inserito. Ugualmente deve essere usato con ragionevole flessibilità il divieto di aumento dell'occupazione connesso al riconoscimento degli ammodernamenti agevolati dal DPR 902 senza spingere il controllo al livello dell'unità con pochi addetti".
La parte più interessante è quella dove si dice: "Avendo riguardo all'equilibrio occupazionale per bacino di manodopera anziché per singole imprese o per singoli impianti sarà possibile superare le contraddizioni, a volte riscontrate, di ampliamenti bloccati a norma della legge 350 e di imprese ristrutturate con agevolazioni entro lo stesso bacino di manodopera. L'individuazione dei bacini di intesa con le Regioni contribuirà a dare una dimensione concreta alle norme sulla mobilità sul lavoro e sulle altre leggi di promozione industriale".
Se sin dall'inizio, attraverso un'analisi approfondita, si fossero messi in evidenza gli effetti economici e occupazionali che potevano derivare dai possibili investimenti attraverso questo strumento, si sarebbe potuto fare un dialogo più realistico, più proficuo, più calato sulla nostra realtà regionale. Vogliamo il dialogo con i Comprensori, ma la Regione deve dare delle linee di guida attorno alle quali i Comprensori si assestano nelle elaborazioni interne. A mio parere c'è questo vizio di impostazione.
Chiediamo alla Giunta di prestare molta attenzione agli elenchi perch nelle deliberazioni dei vari Comprensori qualcuno ha cercato di dare indicazioni di priorità.
Applicando quelle prospettazioni sugli effetti della legge n. 902 e ipotizzando che in Piemonte arrivino quote di credito agevolato proporzionali al peso demografico, possiamo immaginare che nella nostra Regione si generino investimenti agevolati per circa 600 miliardi; tenendo conto che prevarranno sicuramente gli ammodernamenti rispetto ai nuovi investimenti, stante la situazione ancora congiunturale, si può prevedere che assisteremo ai 4-5/6000 nuovi posti di lavoro agevolati da questo strumento in 10 anni. Di qui la dimensione estremamente ridotta di questo strumento che poteva e doveva ancora di più spingere affinché invece che a una dispersione, purtroppo ancora presente nei singoli Comuni, si potesse pervenire a sistemi organizzati di insediamento industriale. Doveva essere fatto un più oculato intreccio tra l'organizzazione territoriale e industriale e i livelli del reddito che sono parametri migliori di quelli indicati dal CIPI per individuare le aree insufficientemente sviluppate.
Queste sono le considerazioni che abbiamo sempre tentato di esporre e che ci portano ad esprimere un voto di astensione sulla deliberazione della Giunta, augurandoci che si possano superare le polemiche e le contrapposizioni esistenti tra il centro-nord e le Regioni meridionali e che si arrivi, anche attraverso ad una azione, governativa più attenta all'avvio di questo strumento, anche se ancora parziale, perché la nostra economia non può permettersi di vedere bloccati quei pochi strumenti che sono messi in essere.



PRESIDENTE

Data l'ora, propongo di sospendere i lavori e di riprenderli alle ore 15. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13)



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