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Dettaglio seduta n.241 del 01/02/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno reca: 1) Approvazione verbali precedenti sedute.
2) Comunicazioni del Presidente.
3) Proseguimento dibattito sullo stato di attuazione delle leggi 396/349/180 etc., in riferimento alla legge regionale 39/1977 e al Piano socio-sanitario.
4) Parere del Consiglio regionale in ordine a "Statuti di Consorzi per i servizi sanitari e socio-assistenziali".


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

I processi verbali relativi alle adunanze consiliari del 25 e 31 gennaio e 1 febbraio sono stati distribuiti ai Consiglieri e, se non vi sono osservazioni, si possono considerare approvati.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento internazionale extra-comunitario

Richiesta di sollecita risposta ad un'interrogazione sui profughi dal Vietnam e presentazione di un o.d.g. sull'argomento


PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Il Presidente della Giunta si era impegnato a dare risposta a una mia interrogazione che risale al 6 dicembre relativa alla richiesta di interessamento da parte della Regione per i profughi vietnamiti. Era stato detto nella seduta scorsa che nella prima seduta successiva l'argomento sarebbe stato trattato. Devo dolermi che la cosa non si sia puntualizzata e mi permetto di presentare, a nome dei colleghi che hanno firmato con me l'interrogazione, la proposta di un ordine del giorno che suona così: "Il Consiglio regionale invita la Giunta a promuovere urgentemente ogni intervento utile ad alleviare il dramma umano dei cittadini vietnamiti che hanno dovuto abbandonare il proprio paese, con particolare riguardo ai bambini, ed invita altresì il Governo nazionale ad intensificare prontamente a tal fine le iniziative intraprese".
L'ordine del giorno è sottoscritto, oltre che da membri del Gruppo democratico cristiano, dai Consiglieri Marchini, Benzi, Calsolaro, Furnari e Debenedetti. Mi è stata annunziata anche la firma da parte del Gruppo repubblicano. Signor Presidente, lei che è attento lettore di tutte le comunicazioni che vengono di fuori, ricorderà che ai primi di gennaio il Consiglio regionale della Toscana ha ampiamente dibattuto l'argomento arrivando a delle conclusioni positive.
Il Piemonte, che è stato sempre terra generosamente aperta a coloro che, spinti da necessità particolari, hanno le esigenze di essere e di diventare dei profughi non può essere la cenerentola in questa materia.



PRESIDENTE

Non ho nessuna obiezione a iscrivere all'ordine del giorno tutti i argomenti che la Conferenza dei Capigruppo deciderà.



OBERTO Gianni

A questo punto, replico il mio disappunto perché all'ordine del giorno di oggi non c'è la risposta all'interrogazione nonostante la presa di posizione netta e precisa come deve risultare a verbale.



PRESIDENTE

A verbale deve risultare certamente, Consigliere Oberto. L'ordine del giorno di oggi è stato letto in aula nella seduta precedente e, come lei saprà, non comprende le interrogazioni. Il che lascia intendere che il Presidente della Giunta, per esempio, non era impegnato a rispondere a delle interrogazioni, ancorché avesse detto che era pronto a farlo, giacch abbiamo detto che la seduta di oggi era destinata ad altri temi.



OBERTO Gianni

Mi auguro che se ne discuta la prossima seduta.



PRESIDENTE

Le ripeto che non ho nessuna difficoltà a iscrivere all'ordine del giorno qualsiasi argomento che la Conferenza dei Capigruppo indichi come necessario.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

a) Congedi



PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri: Benzi, Fonio, Franzi, Minucci, Moretti e Rossi.



PRESIDENTE

b) Presentazione progetti di legge



PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 382: "Provvedimenti per favorire l'inserimento di handicappati in attività lavorative", presentato dal Consigliere Carazzoni in data 31 gennaio 1979 N. 383: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa ai commercianti per il secondo semestre anno 1977, per l'anno 1978 e per l'anno 1979", presentato dalla Giunta regionale in data 31 gennaio 1979 N. 384: "Contributo regionale per l'assistenza farmaceutica ed integrativa agli artigiani per il secondo semestre anno 1977, per l'anno 1978 e per l'anno 1979", presentato dalla Giunta regionale in data 31 gennaio 1979 N. 385: "Attuazione legge 3/6/1978, n. 296. Erogazione contributo per completamento acquedotto consorziale delle Langhe ed Alpi Cuneesi" presentato dalla Giunta regionale in data 31 gennaio 1979 N. 386: "Erogazione di un contributo straordinario al Comune di Stresa per la ristrutturazione del Palazzo dei Congressi", presentato dai Capigruppo del Consiglio e dalla Giunta regionale in data 1° febbraio 1979.


Argomento: Trattamento economico dei Consiglieri

c) Elenco missioni dei Consiglieri effettuate dal 1/7 al 31/12/1978, in visione presso l'ufficio Economato


PRESIDENTE

Devo comunicare ai colleghi che l'elenco delle missioni dei Consiglieri effettuate dal 1/7 al 31/12/78 è in visione presso l'ufficio Economato.



PRESIDENTE

d) Elenco delibere sulle consulenze da trasmettere ai Gruppi consiliari



PRESIDENTE

Desidero inoltre comunicare che l'art. 7 della legge regionale 6 novembre 1978 n. 65 prevede che la Giunta e l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, entro 15 giorni dalla loro adozione, diano comunicazione in seduta di Consiglio delle deliberazioni assunte per il conferimento delle consulenze e degli incarichi.
In data 29 gennaio 1979 il Presidente della Giunta regionale trasmetteva l'elenco delle deliberazioni relative a consulenze, ricerche e progettazioni, nonché alla costituzione di Commissioni non esplicitamente previste da norme di legge, assunte dalla Giunta regionale nei mesi di dicembre 1978 e gennaio 1979, e cioè dal momento dell'entrata in vigore della legge regionale sopraccitata.
A sua volta l'Ufficio di Presidenza, in data 25 gennaio 1979, adottava due deliberazioni relative all'affidamento degli incarichi di propria competenza. Provvederò a far pervenire immediatamente a tutti i Consiglieri l'elenco delle predette deliberazioni assunte dalla Giunta e dall'Ufficio di Presidenza.
La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

La trasmissione di tale elenco comporta una eventuale discussione della materia nella seduta successiva, nel rispetto del principio indicato nella legge circa la possibilità di discutere sulle consulenze.



PRESIDENTE

Mi pare del tutto corretto. Le comunicazioni del Presidente sono così esaurite.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Proseguimento dibattito sullo stato di attuazione delle leggi n. 396/349/180 etc., in riferimento alla legge regionale 39/1977 e al piano socio-sanitario


PRESIDENTE

Punto terzo all'ordine del giorno: "Proseguimento dibattito sullo stato di attuazione delle leggi n. 396/349/180 ecc., in riferimento alla legge regionale 39/1977 e al piano socio-sanitario".
La parola all'Assessore Enrietti per una comunicazione aggiuntiva a quella svolta precedentemente.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Devo fare una breve introduzione in aggiunta al dibattito a suo tempo avviato.
A distanza di circa un mese dalla promulgazione della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale appare doveroso riferire al Consiglio regionale, da parte del competente Assessore, non solo i giudizi politici globali che su tale legge debbono esser convintamente espressi in modo sostanzialmente positivo quanto soprattutto i intendimenti politici ed operativi per la sua attuazione concreta.
La soddisfazione di vedere tradotto in legge dello Stato il disegno politico delineato e arricchito da motivati apporti culturali, durante anni di faticosa e travagliata gestazione, può e deve tradursi in una spinta a realizzare nei fatti e nelle concretezze quanto la stessa legge presume.
Benché le leggi preparatorie, cosiddette di pre-riforma, abbiano messo in moto meccanismi di trasformazione del vecchio assetto organizzativo sanitario, non va taciuto, anzi va sottolineato che le Regioni sono chiamate a realizzare in poco meno di un anno un disegno istituzionale organizzativo di ampia portata e profonda incisività, che coinvolgerà popolazioni, forze sociali e rappresentanze politiche.
Di fronte alla mole e al peso di tale impresa dobbiamo definire intendimenti e linee politiche e dobbiamo indicare validi strumenti operativi. Malgrado la complessità ed onerosità dei compiti, occorre preliminarmente ribadire che la Giunta intende operare nel rispetto dei tempi fissati dalla legge 833 e ciò come espressione di volontà di realizzare il nuovo assetto sanitario riformato.
Questa osservanza dei termini temporali non deve essere limitata all'attività della Regione ma deve investire anche, in pari misura, i altri livelli istituzionali chiamati in causa dalla legge di riforma.
Poiché vi è uno stretto intreccio ed una concatenazione logica e temporale fra i provvedimenti amministrativi e legislativi del Governo, le leggi regionali di attuazione della 833 e la formulazione dei piani sanitari triennali, appare di estrema importanza politica che azione del Governo e azione delle Regioni non siano scoordinate o, al limite, in contrasto. Sarebbe grave iattura se i provvedimenti del livello statale fossero assunti senza un collegamento di pregnante contenuto politico con le Regioni; se ciò avvenisse, il disegno delineato dalla legge di riforma risulterebbe deformato ed indecifrabile.
La necessità di un costante collegamento politico tra il livello centrale e quello regionale è stata assolta mediante l'istituzione di un gruppo di lavoro interregionale, cui il Piemonte attivamente partecipa gruppo che cura i rapporti con tutti i livelli ministeriali per i problemi specifici della riforma.
Espressione di volontà realizzatrice della riforma va intesa la costituzione di altri gruppi di studio interregionali, per aspetti essenziali della riforma da trasfondere nelle leggi regionali di attuazione o che investano provvedimenti statali o riguardino la formazione dei piani sanitari triennali. Tali gruppi, uno per i aspetti istituzionali organizzativi, uno per quelli del personale, un terzo per i problemi finanziari e contabili, già operanti, costituiscono un momento di propulsione nell'attività legislativa regionale e fattore di tendenza per una sostanziale omogeneità dell'attività legislativa dei Consigli regionali.
La preoccupazione, che è abbastanza diffusa a tutti i livelli, stante la situazione politica generale del Paese e che non è del tutto ingiustificata, di non poter realizzare nei termini prescritti il programma di lavoro legislativo e programmatorio indicato dalla 833, deve tradursi nella Regione Piemonte in un maggior stimolo a ben operare, e non deve ingenerare atteggiamenti di disimpegno o di tiepido interessamento. E' bene dire a chiare lettere che i contenuti essenziali della riforma sono già nelle linee politiche e legislative della Regione Piemonte, la quale non ha fatto fughe in avanti che obblighino ora ad inversioni di rotta politica .né si è trastullata in programmi perfezionistici.
Come è nel costume delle nostre genti, e cioè con sana prudenza non disgiunta a coraggiosa fiducia, abbiamo creduto nella territorializzazione degli interventi, abbiamo creduto nella inscindibilità del sociale dal sanitario, abbiamo dato credito e fiducia a tutte quelle iniziative ed operazioni che fossero tese al riordino dei servizi sanitari e socio assistenziali secondo principi e metodologie, già approvate dalla Giunta, e che, opportunamente completate, costituiscono patrimonio essenziale per la formulazione del piano regionale triennale.
I principi e criteri con cui realizzammo la zonizzazione secondo la legge 41/76 hanno trovato piena e puntuale conferma nella legge istitutiva del servizio sanitario nazionale. La tesi politica di fondo della legge 39/77 sta alla base e sostiene tutta l'impalcatura organizzativa ed istituzionale del servizio sanitario nazionale. Possiamo dire con serena tranquillità che tutta l'azione legislativa ed amministrativa della Giunta in questi anni, in materia socio-sanitaria, non trova nella legge 833 motivi di sostanziale dissonanza, anzi i numerosi provvedimenti sono tutti in linea con i principi della riforma. Ciò, se è di conforto, non è bastevole a realizzare sul territorio regionale e nei tempi previsti, il servizio sanitario riformato.
Oltre alla volontà realizzatrice, dovrà esserci unitarietà o quanto meno sostanziale armonia di indirizzo nella formulazione delle leggi attuative e del piano sanitario triennale. Ciò comporta una efficiente e dimostrabile cooperazione tra tutte le parti politiche e tutte le forze sociali, pur nel rispetto dei ruoli istituzionali e nella necessaria utilizzazione della metodologia dialettica che è positiva ed espressione creativa, quando non divenga o sia usata come mezzo strumentale di prevaricazione.
Ciascuna parte politica, nel ruolo che le compete, non può sottrarsi a contribuire nel mandare avanti questo processo di realizzazione di riforma sanitaria perché la salute è interesse della collettività, oltre che di diritto del singolo. Le leggi attuative della riforma di competenza regionale sono ventidue. Alcune, quale, ad esempio, quella che disciplinerà la struttura ed il funzionamento delle ULS ed il coordinamento con i servizi socio-assistenziali, l'individuazione e le modalità di gestione dei presidi multizonali, sono ad alto contenuto politico; altre sono caratterizzate da connotazioni programmatorie, altre di più rilevante contenuto tecnico.
Il processo di formulazione delle leggi, attuative dovrà conciliare le esigenze statutarie dell'iniziativa legislativa della Giunta e dell'ampia e produttiva consultazione e partecipazione delle forze sociali e dei Comuni Province e Comprensori, con il rispetto dei tempi invero stretti ed obbligati. Se l'anno 1979 sarà l'anno di preparazione del servizio sanitario nazionale nelle varie realtà regionali, è pur vero che in questo stesso anno dovremo completare tutti quei progetti di intervento sanitario già avviati e coerenti con la riforma, ma dovremo anche seriamente impegnarci a che i livelli assistenziali siano in ogni modo assicurati senza abbassamento o dequalificazione.
Riteniamo che, nel senso della riforma, si debba nel 1979: distribuire in modo capillare l'assistenza medico generica attraverso l'attuazione della convenzione, innestandola nei processi di riassetto organizzativo pianificare i interventi di assistenza specialistica, quale assistenza integrativa di base, coordinando le attività degli Enti mutualistici con quelle degli Enti ospedalieri e locali programmare i servizi ospedalieri ed iniziare ad aprire l'ospedale verso il territorio, attuando una integrazione con le strutture ambulatoriali degli Enti mutualistici, diminuendo i tempi di diagnosi e la durata media di degenza accentuare ulteriormente il processo di trasformazione dell'esistente in campo psichiatrico, definendo con legge regionale contenuti, obiettivi e "modus operandi" del dipartimento territoriale di salute mentale completare l'operatività dei Dipartimenti di emergenza ed accettazione e dell'assetto organizzativo di protezione contro le emergenze cliniche su tutto l'ambito regionale (DEA - guardia medica - trasporto urgente malati) migliorare l'efficienza e l'efficacia delle strutture consultoriali e attuare la loro integrazione con i altri presidi e servizi del territorio da ultimo, ma essenziale, completare il processo di aggregazione consortile dei Comuni quale preludio all'attività delle unità sanitarie locali.
Circa i orientamenti per la formulazione del piano sanitario triennale 80/82, riteniamo che quanto già espresso in merito dai documenti di Giunta sia utilizzabile in modo sostanziale e puntuale e sul piano metodologico e nel piano dei contenuti e degli orientamenti.
In modo assai sintetico è intendimento della Giunta: privilegiare i interventi in termini organizzativi e di spesa nell'area della assistenza socio-sanitaria di base e della tutela dell'ambiente a livello distrettuale e di base investire nelle strutture sanitarie del territorio (poliambulatori) e nelle strutture paraospedaliere (day-hospital, comunità protette, ecc.) disincentivare conseguentemente l'attrazione verso l'ospedale che andrà considerato quale presidio specifico, ma non presidio egemone operare secondo la strategia dei progetti obiettivo nella logica del piano regionale di sviluppo investire fortemente nella formazione professionale di base e permanente controllare i costi in termini di salute (rapporto costi-benefici) riducendoli nell'area dell'assistenza farmaceutica attraverso l'informazione corretta e la scientificità dei prontuari, nell'area della diagnosi strumentale attraverso l'ottimizzazione delle strutture ed esaltando la funzione diagnostico-clinica del medico generico.
Tutto ciò sarà possibile se l'avvio della riforma sanitaria sotto il profilo economico-finanziario sarà corretto.
Il fondo sanitario nazionale è stato stimato in L. 12.918.000.000.000 la quota di competenza della Regione Piemonte è pari a L. 911.414.349.500 (7,05% ).
L'incidenza delle varie componenti della spesa sanitaria, sulla base delle valutazioni ministeriali, è la seguente: spese sostenute dai Comuni 5,79 spese sostenute dalle Province 6,49 spese per l'assistenza ospedaliera 52,00 spese sostenute dagli Enti mutualistici 34,86 spese sostenute dalle Regioni 0,86 La quantificazione della spesa sanitaria, operata dai Ministeri, è ora al vaglio delle singole Regioni e del gruppo di lavoro interregionale per i aspetti economico finanziari posti dall'attuazione della riforma sanitaria.
Sin d'ora di possono effettuare alcune considerazioni di carattere generale.
La rilevazione della spesa sanitaria "storica" (1977) è stata effettuata in tempi assai stretti da parte del Ministero della sanità (che ha curato la rilevazione della spesa mutualistica ed ha raccolto ed elaborato la rilevazione delle Regioni) e dalle Regioni (che hanno curato la rilevazione della spesa ospedaliera e degli Enti locali).
Tale celerità è certo positiva e significativa di una volontà di muoversi realmente verso la riforma, ma non può far ignorare i limiti di attendibilità che una simile rilevazione presenta inevitabilmente, al di là delle pur buone volontà impiegate da tutte le parti interessate. Ecco quindi un primo elemento da evidenziare: i conti della spesa storica 1977 ci sono - anche se non sono ancora resi noti nei necessari dettagli - ma per essere rispettati devono essere attendibili e quindi accuratamente verificati, sia da parte del Governo nazionale che da parte delle Regioni.
La determinazione del fondo sanitario nazionale per il 1979 è stata effettuata applicando alla spesa storica 1977 determinate proiezioni peraltro non ancora note nei dettagli. Ed ecco un secondo elemento da evidenziare: il fondo sanitario nazionale 1979 è stato determinato, ma per valere come limite globale di spesa deve essere attendibile e quindi devono essere accuratamente verificati i meccanismi di proiezione della spesa storica. E' comunque in fase di predisposizione una nota di variazione al bilancio regionale di previsione per l'esercizio 1979 che consentirà di affrontare adeguatamente la prima fase di avvio della riforma.
Un compito difficile ci attende in questo ultimo scorcio di legislatura, compito cui nessuno per la sua parte, piccola o grande che sia, può sottrarsi; compito difficile ma esaltante, perché dal momento culturale dovremo passare al momento di concretizzazione dei modelli istituzionali ed organizzativi, trasformando l'esistente, recuperando quanto di buono in questi anni è stato realizzato.
Il massimo impegno dell'Assessorato e della Giunta, che è obbligo verso il Consiglio e verso le popolazioni piemontesi, sarà coronato da successo se alla realizzazione del servizio sanitario sul territorio regionale istituzioni e partiti concorreranno nella piena consapevolezza di un essenziale dovere politico.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

E' iscritta a parlare la dottoressa Vietti. Ne ha facoltà.



VIETTI Anna Maria

Signor Presidente, signori Consiglieri, il dibattito sulle relazioni degli Assessori relative ai problemi socio-sanitari, avviene oggi con riferimento ad una situazione legislativa nazionale mutata rispetto al 20 dicembre, giorno in cui i Assessori hanno esposto le loro relazioni al Consiglio: è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 23 dicembre 1978 n. 833 concernente "L'istituzione del servizio sanitario nazionale" ossia la riforma sanitaria ed il decreto legge 23 dicembre 1978 n. 847 che proroga al 31 marzo '79 i termini di cui all'art. 25 quinto comma del D.P.R. 616, relativo al trasferimento ai Comuni singoli o associati delle "funzioni, personale e beni delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza operanti nell'ambito regionale" con l'esclusione di quelle che siano riconosciute educativo-religiose oltre a prorogare per tali IPAB i termini relativi alla salvaguardia per loro patrimoni e per i organici del personale.
Sono provvedimenti di grande rilievo, in particolare la riforma sanitaria, di cui non si può non tener conto, nel dibattito, anche in seguito all'integrazione della relazione da parte dell'Assessore alla sanità.
Il momento attuale è carico di grande responsabilità per le istituzioni elettive, per le forze politiche, che devono tradurre su un piano concreto i principi ispiratori delle riforme, ancorati ad una nuova concezione culturale dei servizi sociali che supera il verticismo ed il settorialismo che individua i Comuni singoli od associati come i protagonisti della gestione integrata dei servizi socio-sanitari, come soggetti di competenze e di deleghe non settoriali ma globali, che dà largo spazio alla partecipazione dei cittadini e delle forze sociali alla gestione dei servizi, nell'obiettivo di superare il disimpegno o la sterile contestazione e di realizzare invece una democrazia partecipata.
Sono principi recepiti nella riforma sanitaria e nel testo unificato seppur non ancora definitivo, della riforma dell'assistenza per i quali la Democrazia Cristiana ha dato un apporto determinante.
Il tradurli in atti concreti è compito della Regione, dei Comuni, è un impegno che dev'essere assunto da tutti noi, pur nella diversità dei ruoli per non deludere le attese della gente, per garantire razionalità e continuità agli interventi, per assicurare la diffusione dei servizi sul territorio, superare i squilibri oggi esistenti in una logica programmatoria.
Le relazioni degli Assessori fanno sovente riferimento alla programmazione. In realtà il loro operato non è stato ancorato alla programmazione perché, come ha già messo in rilievo il collega Beltrami oggi, nella nostra Regione, è inesistente una programmazione socio sanitaria ospedaliera.
A qualunque osservatore attento non sfugge che i interventi sono stati settoriali: non sono le dichiarazioni verbali, seppur ripetute, che trasformano in interventi programmati quelli che sono i soliti interventi cosiddetti a pioggia, tanto deprecati a parole dalla Giunta. E i interventi senza preciso riferimento programmatorio sono stati numerosi: contributi agli Enti ospedalieri per L. 7.475 milioni per attrezzature più L. 3.117 milioni per le attrezzature di dotazione ai dipartimenti di emergenza ed accettazione; contributi in conto capitale per edilizia ospedaliera di L.
35.023.758 mila in base alla legge 16/10/75 n. 492, il cosiddetto pacchetto La Malfa, più L. 4.229.609.711 in base alla legge regionale 16/5/75 n. 28 oltre a contributi supplementari per appalti in aumento e revisione dei prezzi contrattuali.
E quanto ritengo più grave sono le numerose modifiche degli organici degli Enti ospedalieri - dalla relazione Enrietti si deduce che ne sono state definite ben 258 solo negli ultimi undici mesi del '78 - attuate in modo discrezionale senza un'organica visione di piano.
Né può Vecchione presentarci come intervento programmatorio la distribuzione di parte dei fondi dell'assistenza sociale tramite i Comuni capo-fila. Abbiamo anche noi concordato su tale metodologia per promuovere la collaborazione tra i Comuni inseriti nella stessa Unità locale, per incentivare il confronto sui problemi sociali a livello di area vasta, ma senza illuderci che tale metodologia garantisse un intervento programmato.
Lo stesso Vecchione al convegno di Stresa ha dichiarato che nessun Comune capo-fila ha presentato un vero piano e nella sua relazione dichiara che "si segnalano ritardi negli Enti locali a collocarsi nel loro lavoro in una dimensione di piano" anche se poi in altra parte della stessa relazione, in evidente contraddizione, dichiara che "é stato possibile canalizzare le risorse finanziarie verso programmi redatti dagli Enti locali, che coordinassero ed indirizzassero verso i obiettivi di piano il complesso delle attività globalmente svolte nelle singole zone".
Quale delle due dichiarazioni corrisponde alla realtà? Per me la prima e non certo per colpa dei Comuni, ma per mancanza di dati e di strumenti programmatori.
La Giunta ha presentato i "Criteri generali di programmazione e gestione dei servizi sanitari e socio-assistenziali" che non possono certo essere approfonditi oggi perché prima devono essere sottoposti alla consultazione dei Comprensori, degli Enti locali, degli operatori del settore, delle forze sociali. Certo è che su di essi grossi interrogativi sono stati posti in un'assemblea di qualificati operatori ospedalieri.
Interrogativi che anch'io pongo. Corrisponde ad una vera esigenza di riorganizzazione sanitaria e soprattutto è una necessità per il miglioramento delle prestazioni ai pazienti il superamento degli ospedali specializzati, per trasformarli esclusivamente in servizi ospedalieri specialistici all'interno dell'ospedale generale unico, oppure ciò risponde al mero vezzo di voler cambiare a tutti i costi? A parer mio l'esperienza dei nostri ospedali oftalmico, traumatologico pediatrico, pneumologico è altamente positiva. L'ospedale specializzato ha dato e può continuare a dare, anche con la convenzione con l'Università oltre che risultati positivi a vantaggio degli utenti, notevole contributo nell'ambito della ricerca scientifica.
Mi chiedo inoltre se non sia fare passi a ritroso superare i reparti di angiologia, geriatria, medicina del lavoro, neuropsichiatria infantile oncologia, reumatologia e lungo degenza. Se oggi tali reparti sono sovradimensionati o accolgono pazienti non specifici possono essere ridimensionati, ma ritengo inopportuno il loro superamento perché, ad esempio, seppur le persone anziane possono essere affette dalle più svariate malattie e quindi debbono essere accolte nel reparto apposito, non si può tuttavia negare che esistono malattie specifiche della vecchiaia così come l'accoglimento dei lungo degenti nei reparti di medicina generale per acuti rappresenta, a parer mio, una scelta sbagliata sia per i malati acuti che per i stessi lungo degenti determinando una promiscuità negativa.
Per quanto riguarda l'organizzazione ospedaliera ritengo essa debba essere duttile, non burocratica, permettere il pieno esplicarsi delle capacità professionali degli operatori e tener soprattutto conto che deve dare adeguate risposte a persone nel rispetto della loro libertà e dignità.
L'organizzazione deve essere a carattere dipartimentale per favorire rapporti interdisciplinari ed integrati. Mi pare in contrasto con tale principio l'affidare sotto il profilo della gestione clinica ad ogni nucleo ed a ogni sezione un'unica responsabilità medica perché anziché esaltare la responsabilità del medico di nucleo o di sezione si sminuisce il principio della collegialità e si compromettono valide collaborazioni a scapito dei degenti. A dire il vero tra il primo testo distribuito e la pubblicazione a stampa della Giunta si riscontra una diversa dizione. Nel testo a stampa anziché leggersi "un'unica responsabilità medica" si legge "una precisa responsabilità medica". Voglio sperare che la Giunta con tale modifica abbia voluto correggere la primitiva posizione, o, quanto meno, dare ad essa un'interpretazione meno rigida. La relazione Enrietti tratta anche degli interventi per l'attuazione della legge 1 3 /5/7 8 n. 180 concernente l'assistenza psichiatrica.
L'approvazione della legge ha dovuto essere affrettata ed è evidente che ha causato notevoli disagi: non si poteva pensare che, soppresse le nuove accettazioni negli ospedali psichiatrici, i ospedali generali potessero, anzi dovessero, provvedere al ricovero dei malati mentali gravi che certamente la legge non poteva taumaturgicamente annullare, senza avere una minima organizzazione per l'assistenza psichiatrica.
Lo spirito informatore della legge, anche se deve essere tradotto con cautela e gradualità, è da me condiviso. La malattia mentale deve essere considerata una malattia come le altre e il malato di mente, che necessita del ricovero ospedaliero, deve essere curato nell'ambito dell'assistenza medica generale: è una sorte di recupero medico della psichiatria anche se il servizio ospedaliero deve essere esclusivamente un "anello", non il più importante, della catena dei servizi assistenziali del territorio per la prevenzione, terapia, recupero e reinserimento.
Non ritengo però che l'organizzazione dei servizi psichiatrici della nostra Regione sia sufficiente ed adeguata. A parte l'esigenza dell'organizzazione e del potenziamento dei presidi e delle équipes extraospedaliere e delle comunità per l'accoglimento dei dimessi, non considerando tali, se non come dimostrazione di buona volontà, le comunità che sono state organizzate all'interno dei reparti degli ospedali di Collegno e di Grugliasco, le quali talvolta hanno motivo di invidiare la precedente organizzazione dei reparti psichiatrici, non ritengo, in genere adeguata la struttura dei servizi psichiatrici negli ospedali generali e insufficiente il numero dei posti letto programmati.
Come già affermato nella replica alla risposta della Giunta ad una nostra interpellanza, dai dati di cui disponiamo si può dedurre che sarà necessario un posto letto almeno per ogni cinque - sei mila abitanti quindi una dotazione complessiva di 600-700 posti letto contro i 247 posti letto programmati ed i 177 posti letto attualmente disponibili.
Rilevo poi i ritardi nell'entrata in funzione di alcuni servizi psichiatrici negli ospedali, come, ad esempio, presso l'ospedale di Biella ove da tempo i posti letto sono disponibili, ma il servizio non decolla per mancanza di personale.
Dalla relazione di Vecchione, chi non conosce la nostra realtà dei servizi sociali potrebbe desumere che tutti i problemi socio-assistenziali del Piemonte siano ormai in via di soluzione e che Vecchione li abbia risolti partendo dal nulla. La realtà è ben diversa! I dati trasmessi dall'Assessorato relativi alla presenza in istituto di anziani, minori ed handicappati, oltre che essere di difficile lettura, si riferiscono esclusivamente alle IPAB e non anche alle istituzioni private.
Rilevo che i dati vanno certamente sempre aggiornati, ma che già nella prima legislatura era stato effettuato il censimento delle IPAB, degli istituti privati assistenziali, del numero degli ospiti, dell'ammontare delle rette, del numero del personale, della situazione degli immobili così come è documentato dalla mia relazione al Consiglio del 24 maggio 1973.
Esaminiamo ora i risultati degli interventi nel settore degli asili nido.
Nella precedente legislatura erano stati approvati i piani relativi ai finanziamenti per i anni '72/73 e '74 per un numero complessivo di 185 asili nido; inoltre era stato approvato, in data 13 marzo '75 il piano pluriennale degli asili nido '74/78, che aveva stabilito il fabbisogno di posti in asili-nido al '78 in n. 27.793 corrispondenti al 14,58 % dei potenziali utenti, articolando la percentuale dei posti per aree ecologiche tenendo conto delle loro caratteristiche, della percentuale delle donne che svolgono attività extra-casalinga sul totale della popolazione nonché delle ipotesi dei posti di lavoro e degli indici di specializzazione delle suddette aree.
Approvata la legge regionale degli asili nido nel gennaio '73, il primo piano relativo ai fondi del '72 è stato approvato il 16 maggio '73, il piano relativo ai fondi '73 il 29 maggio '74 e nei primi mesi del '75 il piano relativo all'esercizio '74.
Dai dati dell'Assessorato emerge che, a tutt'oggi, numerosi asili nido previsti in tali piani, devono ancora essere appaltati; emerge che al 31/12/77, ossia a due anni e mezzo dall'insediamento dell'attuale Giunta sui 185 asili nido finanziati nella precedente legislatura erano costruiti solo 86 asili nido; di essi già al marzo '75 14 asili erano in fase di avanzata costruzione, 10 asili in fase di gara d'appalto, 5 in fase di esproprio del terreno, 4 per cui era già stato ottenuto il mutuo della Cassa Depositi e Prestiti; numerosi progetti erano già stati approvati.
Dall'esame dei fatti emerge quindi come la realizzazione degli asili nido sia stata lenta e come strumentali fossero nel passato le denunce di ritardo, ritardi che si sono dimostrati molto più rilevanti nell'attuale legislatura, anche con la costruzione diretta degli asili nido da parte della Regione mentre, invece, tale scelta, secondo le dichiarazioni dell'allora Capogruppo comunista, nel volgere di un anno avrebbe permesso di rendere operanti i piani degli asili nido.
Inoltre, in contrasto con quanto affermato nel documento della Giunta conseguente ai risultati della conferenza regionale sull'occupazione, i investimenti e lo sviluppo economico, discusso in Consiglio nel novembre '75, che fissava come obiettivo di raggiungere nel 1980 un numero di posti in asili nido corrispondente al 25% dei potenziali utenti, nell'attuale legislatura nessun piano per costruzione di asili nido è stato approvato.
Può anche essere stata una decisione saggia per valutare l'effettiva richiesta da parte delle famiglie del servizio; infatti noi abbiamo giudicato eccessiva tale percentuale anche perché, a parer nostro, l'asilo nido è un servizio sociale necessario per permettere alla donna di liberamente scegliere tra attività casalinga ed extra-casalinga, ma non è certo una scelta ottimale, soprattutto nel primo anno di vita del bambino.
Tuttavia non possiamo non rilevare l'incoerenza tra le affermazioni di principio e le pratiche realizzazioni.
Denunciamo inoltre i ritardi nell'assegnazione ai Comuni dei contributi di gestione degli asili nido. Per l'anno '77 i contributi sono stati assegnati solo nel novembre '78 mentre la modifica della legge statale, che attribuisce la competenza alla Regione di stabilire l'ammontare del contributo sia di gestione che di costruzione, risale al novembre '77. Tali ritardi hanno notevolmente gravato sui bilanci dei Comuni gestori di asili nido.
Alcuni principi espressi nel documento relativo alla politica per i anziani ci trovano consenzienti: abbiamo sempre creduto nell'esigenza di interventi preventivi, di privilegiare la famiglia, di promuovere interventi alternativi al ricovero anche se crediamo nell'esigenza di permettere all'anziano di liberamente scegliere tra assistenza domiciliare e l'accoglimento in ambienti comunitari le cui strutture edilizie preferibilmente di modeste dimensioni, devono essere migliorate con l'ampliamento e il potenziamento dei servizi di soggiorno, con il superamento dei cameroni poiché anche i edifici hanno un ruolo nel garantire la libertà e dignità degli ospiti. Temiamo però che il documento si risolva in sterili affermazioni di principio ed in affermazioni nominalistiche come quella di chiamare "case protette" quelle che comunemente sono chiamate case di riposo.
Abbiamo già espresso a commento di alcune interpellanze il nostro giudizio negativo circa la politica della Giunta nei riguardi delle IPAB.
L'atteggiamento preconcetto della Giunta è chiaramente dimostrato dai ricorsi al TAR del Lazio e del Piemonte contro i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che approvano i elenchi delle IPAB educativo religiose, che sono da escludersi dal trasferimento ai Comuni, unica Regione in Italia che ha presentato ricorsi generalizzati, perché le Marche hanno presentato ricorso soltanto verso una singola istituzione. E ci anche se sul 616 tutte le forze politiche sono state concordi e se i elenchi delle IPAB educativo-religiose sono stati approvati all'unanimità dalla Commissione tecnica, prevista dall'art. 25 di tale decreto. Così come l'atteggiamento preconcetto verso le IPAB è dimostrato dalla premura certamente mai dimostrata in altre occasioni - con cui si è approvato il disegno di legge per il trasferimento delle funzioni, dei beni, del personale delle IPAB ai Comuni, disegno di legge certo improponibile almeno fino al primo aprile '79.
Devo inoltre rilevare che la Giunta tanto sovente dimostra la volontà di far partecipare rappresentanti di Enti e di Associazioni all'elaborazione dei suoi piani e dei suoi disegni di legge, ma pare senza per nulla credere nella validità di questa partecipazione perché, ad esempio, per il disegno di legge 367 sul trasferimento delle IPAB, la Giunta ha presentato il disegno di legge, concordato con le altre Regioni di sinistra, senza tener conto delle elaborazioni fatte dalla Commissione costituita. Così come mi pare non sia stata attuata la volontà dei Comuni della zona 28 nel fissare la sede della Saub a Leinì anziché a Volpiano.
Per quanto riguarda l'assistenza privata, già abbiamo avuto occasione di respingere le dichiarazioni provocatorie dell'Assessore Vecchione che la definiscono "una sorte di proliferazione tumorale di attività e iniziative contraddittorie e senza principi" così come rileviamo che l'iniziativa privata, oltre ad avere una validità permanente perché garantisce il pluralismo delle istituzioni, traducendo in autonome esperienze concrete valori ed ideologie coesistenti nella società, ha per molti anni, in particolare per l'attività della Chiesa, in carenza di interventi nel settore pubblico, svolto un ruolo indispensabile di supplenza senza esprimere, come invece afferma Vecchione "tendenze parassitarie ed aggressive nei confronti di quello pubblico". Oltre a questo è sul ruolo e sullo spazio dell'iniziativa privata, nel campo dei servizi sociali, che dissentiamo.
Certo riteniamo importante che le istituzioni private, che ne facciano richiesta, e che abbiano i requisiti necessari, siano inserite nella programmazione e che la programmazione regionale abbia un ruolo promozionale per l'intera comunità, ma dissentiamo da Secchione quando afferma che "sia necessario riconoscere come unico quadro di riferimento la programmazione ed il potere di indirizzo della Regione" e che sia necessario "individuare tutte le esperienze positive presenti sul territorio regionale collegandole e rapportandole a quelle in atto o programmate dagli Enti locali, con destinazione delle risorse per l'avvio della realizzazione della politica delle Unità locali dei servizi".
Questo non dev'essere vincolante perché, se così fosse, sarebbe in contrasto con l'art. 38 della Costituzione che recita "l'assistenza privata è libera".
Appare necessario superare la vecchia contrapposizione tra pubblico e privato - che aveva un suo valore nella realtà dello Stato ottocentesco caratterizzato in linea generale da un atteggiamento astensionista e che interveniva solo in ambiti ben delineati e molto circoscritti - e tendere ad una collocazione dei servizi gestiti dai privati nel quadro della programmazione, in quanto concorrenti al soddisfacimento di fini sociali.
Tuttavia sia dallo spirito che dalla lettera della Costituzione emerge uno spazio residuale, nel quale il privato può operare al di fuori del quadro che si è venuto delineando e la cui esistenza non può che essere positiva per dare, ad esempio, risposte ai "bisogni emergenti" ossia, ai nuovi bisogni.
L'art. 38 della Costituzione deve intendersi come una sfera di disponibilità che la Costituzione garantisce al privato che non può essere limitata, tranne che per i controlli relativi a garantire il pubblico bene ossia la tutela dell'ordine pubblico, del buon costume, della sanità pubblica.
In altre parole i servizi socio-assistenziali che agiscono senza usufruire di contributi pubblici, oltre che essere garantiti nella loro libera esplicazione, non devono essere soggetti, di norma, a particolari autorizzazioni e controlli. Questo discende anche dallo spirito pluralista della nostra Costituzione che all'art. 2 fa carico alla Repubblica di garantire le formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità dell'uomo. Con ciò la Costituzione vuole significare la loro capacità abbiano esse disciplina privatistica o pubblicistica - a raggiungere i scopi per i quali sono sorte senza che lo Stato si sostituisca ad esse.
Esaminiamo ora brevemente l'iter dell'approvazione dei Consorzi di Comuni che si vanno realizzando nella realtà regionale, in applicazione della legge 39, di fronte alle norme previste dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale. Noi abbiamo chiesto in Commissione una breve pausa prima di procedere all'approvazione di tali Consorzi, al fine di provvedere alle necessarie modifiche della 39, non certo per ritardare la possibilità di esercizio di ampi compiti socio-sanitari da parte dei Comuni singoli od associati, bensì per evitare l'insediamento di organismi, che nel volgere di pochi mesi dovrebbero subire modifiche.
La riforma sanitaria richiede alla Regione una complessa attività legislativa per la sua attuazione quali la zonizzazione, lo stabilire i criteri per l'articolazione dell'unità locale in distretti di base, il determinare il numero dei rappresentanti dei Comuni in seno all'assemblea delle associazioni dei Comuni, fissare norme per assicurare forme di preventiva consultazione dei singoli Comuni sulle decisioni di particolare rilievo da parte dell'associazione dei Comuni, per stabilire l'organizzazione e la gestione dell'unità locale oltre a norme particolari circa la composizione dell'organo di gestione e la sua eventuale articolazione per le unità locali, ove sia- no presenti servizi ospedalieri, extra-ospedalieri, veterinari e presidi per l'igiene ambientale e per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, di livello multizonale.
La pausa richiesta per l'approvazione dei Consorzi - che fra l'altro dovrebbero essere invece Associazioni di Comuni - non è volta a permettere l'approvazione complessiva delle norme richieste. Dovrà però almeno permettere di modificare le norme della 39 in contrasto con la riforma sanitaria e prevedere quelle carenti, quali la rappresentatività dei Comuni nell'assemblea dell'Associazione dei Comuni, il principio dell'elezione del Comitato di gestione con voto limitato e con possibilità di eleggerlo al di fuori dell'assemblea, la previsione della nomina del Presidente dell'ULS da parte del Comitato di gestione e non già dell'assemblea, la presenza nel Comitato di partecipazione non solo dei cittadini e delle forze sociali, ma anche degli operatori e dei rappresentanti degli originali interessi definiti ai sensi della legge 12 febbraio 1968 n. 132, concernente i Enti ospedalieri, oltre a recepire i variati rapporti tra i Comuni e i loro organi del decentramento amministrativo, previsti dalla riforma sanitaria rispetto alla 39.
Contemporaneamente è indispensabile o modificare o confermare la zonizzazione prevista dalla legge 41, attuando però - in ogni caso - i adempimenti previsti, ossia l'acquisizione dei pareri dei Comuni interessati (art. 11 della riforma sanitaria) e quelli dei Consigli provinciali (art. 12). La pausa nell'approvazione dei Consorzi da noi richiesta è volta esclusivamente a non determinare situazione di disagio negli Enti locali, anche se riteniamo che il dibattito ed il confronto sui problemi socio-sanitari avviato, sia stato positivo e debba essere continuato ed approfondito per la sensibilizzazione ai problemi sia degli Amministratori comunali che dei cittadini.
Concludendo ritengo di affermare che il giudizio sull'attività della Giunta, a distanza di oltre tre anni e mezzo dal suo insediamento, non possa che essere espresso sui risultati concreti ottenuti. Ed allora rilevo che continuano ad esservi reparti ospedalieri chiusi pur dotati di attrezzature moderne, altri ospedali sottoutilizzati, altri invece eccessivamente affollati, che sempre maggiore è il tempo necessario per ottenere visite specialistiche, esami di laboratorio e radiologici, che sempre più carente è la presenza sanitaria nelle località depresse; rilevo che tanto sovente i dimessi dagli ospedali psichiatrici pernottano nelle stazioni ferroviarie, ricorrono alla mensa del Cottolengo, sono dediti alla questua o ritornano a richiedere il ricovero volontario negli ospedali psichiatrici senza esigenze cliniche, solo per trovare un tetto ed avere vitto adeguato; rilevo che l'assistenza domiciliare stenta a diffondersi su tutto il territorio e che mai, come in questo momento, è stato difficile trovare un'adeguata sistemazione per un anziano in un ambiente comunitario.
Non strumentalizziamo tali difficili situazioni umane perché conosciamo la complessità dei problemi ma, in questa situazione, riteniamo inammissibile il trionfalismo della Giunta.
La situazione richiede senso di responsabilità, impegno coerente e concreto per far esprimere tutte le potenzialità esistenti nel territorio per dare adeguate risposte ai bisogni emergenti dalla comunità regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Sono passati 40 o 50 giorni ormai da quando l'Assessore ha esposto in questa sede un dettagliato consuntivo dell'attività dell'Assessorato stesso e della Giunta nel campo della sanità, e ha indicato le linee da seguire per l'azione futura. In questo lasso di tempo è intervenuto un evento di portata storica nel processo di rinnovamento del nostro Stato (evento che noi socialisti aspettiamo dal 1902, quindi da un ottantennio). Il 23 dicembre 1978, con legge 833, è stato istituito il servizio sanitario nazionale, coronando così lunghissimi anni di attività, di dibattiti culturali e di attese e se queste ultime non sono state pienamente realizzate, abbiamo il dovere civile e politico di fare di tutto per non vanificarle.
Il mio intervento non sarà improntato sulla esaltazione della legge di riforma, bensì sarà rivolto all'analisi delle cose fatte dalla Regione Piemonte M questa legislatura sulla proiezione della precedente e tenterà di esprimere un giudizio politico e di prospettare a questa assemblea una serie di interventi per il futuro nel quadro di quanto la legge di riforma stabilisce. Dobbiamo innanzitutto verificare se tra la linea di politica sanitaria seguita dalla Giunta e dal Consiglio e la linea che emerge dalla legge di riforma, vi siano o meno sostanziali fratture, ma soprattutto dobbiamo delimitare i spazi che la legge 833 concede ad una politica sanitaria regionale, spazi non solo e non tanto di ordine giuridico e amministrativo e quindi anche organizzativo, quanto invece di vero e proprio significato politico. Tuttavia non vogliamo disquisire in astratto perdere del tempo, vorremmo invece poterci ancorare al concreto e attraverso una rapida e forse incompleta analisi della relazione fatta dall'Assessore, nonché degli interventi dei colleghi Vietti, Ferrero e altri, riteniamo doveroso motivare il giudizio del Gruppo socialista sulla politica sanitaria adottata dalla Giunta regionale.
Non ci faranno velo a questo proposito considerazioni di schieramento politico, sappiamo che la critica obiettiva e costruttiva anche se severa specie nel campo sanitario dove il bene primario è la salute del cittadino obbligo politico e dovere morale che trascende ogni considerazione di parte. In altre circostanze potrei fare la storia del contributo dato dai socialisti alla lunghissima battaglia per la tutela della pubblica salute vorrei poter dire semplicemente, non in forma di battuta, che su questo terreno noi veniamo da lontano per richiamare una frase del Papa Wojtyla veniamo da lontano veramente perché in questo secolo abbiamo portato contributi culturali autentici e di altissimo valore riconosciuti da tutte le forze politiche che hanno voluto riconoscerli.
Un primo momento di riflessione deve investire le risorse umane attraverso le quali la Giunta e l'Assessorato hanno affrontato le leggi dello Stato approvate nella fase della preriforma. Mi pare che dalla relazione dell'Assessore Enrietti traspaiano motivi di preoccupazione per l'esiguità degli organici, tema echeggiato in questa aula in molte occasioni, per le difficoltà di ottenere dagli Enti mutualistici, per quanto riguarda l'Assessorato alla sanità, personale in posizione di comando. Al di là di questa constatazione che facciamo rapidamente a volo di rondine, ci conforta il fatto che malgrado queste obiettive difficoltà da tutte riconosciute, i risultati sono stati apprezzabili. Dobbiamo per realisticamente renderci conto che le idee, i programmi e le leggi si realizzano, si attuano e si concretizzano soltanto attraverso i uomini, in quanto ogni iniziativa umana, ogni idea e ogni inventiva non va avanti con il transistor anche se siamo nell'era dei computer, ma va avanti con la buona volontà e la convinzione degli uomini.
La politica della lesina e della disattenzione verso i problemi organizzativi, strutturali e di fondo dell'Amministrazione regionale, paga quasi sempre in termini di ritardi che vengono sopportati dalla popolazione.
Alcune valutazioni approssimative farebbero ritenere che dalr1/1/79 la quota di riparto del fondo sanitario nazionale per la Regione Piemonte si aggira sugli ottocento miliardi. Con quali strumenti organizzativi, in termini di personale e di strutture, la Regione si accinge ad amministrare questa enorme massa di risorse in un momento in cui amministrare significa pianificare e programmare e non elargire, come diceva la dott. Vietti, "a pioggia" con i vecchi criteri, ormai superati e condannati inappellabilmente? Dobbiamo chiederci con quali mezzi intendiamo affrontare (uso il plurale per indicare che è responsabilità di tutto il Consiglio e non solo dell'esecutivo e della maggioranza che lo sostiene) questa massa di lavoro: 20/22 leggi o forse più che saranno da varare entro la fine di questo mese, leggi regionali che già sono state in questi ultimi giorni all'attenzione di un convegno promosso dai sindacati, che si è esplicato attorno a tre filoni: costruzione partecipata delle ULS sul territorio definizione dei contenuti dei modelli per la prevenzione delle malattie riqualificazione e stato giuridico del personale.
Un risultato e un chiaro valore politico sono stati raggiunti dalla Giunta nel campo della gestione ospedaliera; si è raggiunto il pareggio reale per i esercizi '75/76, pareggio dovuto certamente all'azione di controllo e di programmazione degli interventi e non già alla pletora della quota di riparto medesima. Tuttavia dalla relazione dell'Assessore e dall'esame della legge di riforma, almeno per l'anno 1979, risulta che le gestioni oculate dal potere politico regionale sono talora penalizzate voglio dire che chi ha cumulato debiti, chi ha amministrato secondo i umori, le tendenze del giorno, le convenienze, chi privilegia l'elargizione dei contributi a pioggia rispetto a chi adotta dei metodi e dei criteri basati sulla programmazione, talora sono privilegiati.
Malgrado questi avvertimenti e le pressioni, malgrado alcune istanze tecniche e politiche che da più parti sono state rivolte al legislatore nazionale, l'art. 52 della legge 833, che fissa il fondo nazionale sanitario per il 1979, è stato formulato in modo tale (se non interverranno modifiche e chiarimenti) da delineare la continuità di una sorta di spreco in certe regioni e difficoltà di gestione in altre, colpevoli di aver semplicemente condotto nel 1977 una sana e oculata politica amministrazione. Questa situazione potrà trovare un sostanziale correttivo nella formulazione del piano sanitario nazionale che dovrà essere varato entro il 30 aprile 1979. Dovrà essere ben chiaro a tutti che la Regione Piemonte non potrà né intenderà pagare l'incapacità dell'amministrazione centrale a formulare un piano chiaro, leggibile, efficace e concreto e n intenderà pagare per errori che sono stati eventualmente commessi da altri e altrove. Se il piano deve riequilibrare i assetti organizzativi della sanità, dovrà essere ben chiaro che la Regione Piemonte, anche se si trova ad una latitudine nordica, presenta aree "depresse sanitariarnente" soprattutto in senso strutturale e organizzativo.
Nella relazione dell'Assessore è stato chiaramente indicato che malgrado i investimenti effettuati in questa legislatura, sul piano delle attrezzature tecnologiche, per certi casi, qualitativamente siamo alquanto indietro: mancano le apparecchiature di altissima tecnologia che invece esistono presso le strutture private; anche se la Giunta ha deliberato da tempo i stanziamenti, le realizzazioni sono ancora alle prime battute per alcune vischiosità esistenti nel tessuto politico-amministrativo. Mi pare sia giusto fare da parte del Consiglio un vivo appello alla Giunta ad accelerare le pratiche, a rimuovere le lentezze laddove siano state registrate, dopo il varo della legge 833, eventualmente andando anche a verificare l'attività di alcuni Consigli di amministrazione ospedalieri.
Siamo ancora "depressi" in termini di personale e credo che tutti dobbiamo recepire la maniera preoccupata con la quale si è espresso l'Assessore a questo proposito. Questa preoccupazione non deve rimanere tale, ma deve arginare delle concrete azioni politiche. Non possiamo concepire n permettere che il riordino dei servizi socio-sanitari sia inceppato o bloccato per carenza di personale o di relativi fondi pagando così una sorta di politica clientelare o di politica talora strumentale, messa in essere dagli Enti mutualistici quando l'hanno adottata nei riguardi del personale di servizio assistenziale.
Non solo la Giunta deve farsi carico di questo problema, ma tutto il Consiglio dovrà prendere una posizione ferma e decisa anche sulla base della documentazione che l'Assessore ha promesso di presentare prossimamente. Registriamo positivamente il processo avanzato di costruzione dei dipartimenti di emergenza e di accettazione. In tale realizzazione si sono profuse risorse finanziarie consistenti; il progetto varato nella prima legislatura è stato, per certi versi, fatto proprio dall'attuale Giunta e da questo Consiglio. Si deve concludere che in termini politici c'è una specie di pluralismo politico, sia pure nello scambio dei ruoli delle forze democratiche.
Tuttavia mi chiedo con qualche preoccupazione, quando e in che misura i dipartimenti di emergenza produrranno in termini di salute. Abbiamo tutti avvertito una certa tendenza qua e là a rallentare l'entrata in funzione di tali strutture, non sappiamo se si tratti di ripensamenti o di semplici resistenze presso qualche Ente. Sono sicuro comunque che la Giunta preparerà tutti i strumenti necessari, adotterà tutte le misure per accelerarli. Vorremmo tuttavia che sull'argomento non ci fossero dubbi e che quanto è stato investito incominci davvero a produrre in termini di tutela della salute.
Come rappresentante del Gruppo socialista, mi pare giusto dare atto alla Giunta e all'Assessore dell'azione di contenimento che è stata espletata verso la tendenza di pletorizzazione degli organici e delle strutture ospedaliere: è una azione positiva in linea con la visione che hanno anche i tecnici della materia degli ospedali, intesi come presidi sanitari non egemoni.
In merito all'edilizia ospedaliera si deve osservare che l'80% dei 35 miliardi della legge La Malfa sono stati impegnati mediante l'approvazione di progetti esecutivi, è auspicabile perciò che le amministrazioni ospedaliere passino dalle fasi progettuali alla realizzazione completa delle opere. L'impegno dimostrato dall'esecutivo regionale non mancherà per il presente e anche per il futuro di stimolare in senso concreto e positivo le amministrazioni ospedaliere. Concordiamo quindi sull'affermazione, come logica consequenziale, che per il futuro i investimenti per le opere edili sanitarie non dovranno privilegiare totalmente e semplicemente l'ospedale.
E' infatti riconosciuto che la rete ospedaliera piemontese è sufficiente per i fabbisogni reali della collettività registrandosi una diminuzione del ricorso al ricovero ospedaliero. Se questa tendenza perdurerà, si possono prevedere larghi investimenti in strutture ambulatoriali poliambulatoriali, contenendo nel limite del possibile l'ardore di costruire opere e strutture nuove trascurando l'esistente che potrebbe essere recuperato con interventi adeguati e con minore costo finanziario.
Va fatto inoltre un discorso in termini politici sull'assistenza psichiatrica. La linea politica espressa dalla Giunta è corretta perch traduce in termini operativi lo spirito della legge n. 180. Procedere alla radicale trasformazione dell'assetto manicomiale per la tutela della salute mentale non è cosa di poco conto e non è una operazione che si possa realizzare dall'oggi al domani. Nella struttura manicomiale di Vercelli le forze politiche dell'Amministrazione provinciale lavorano da anni per operare la dislocazione sul territorio degli ammalati nei centri di igiene mentale. Nessuno nega le difficoltà esistenti che occorrerà sormontare attraverso il convincimento politico di tutti i operatori chiamati a operare in quel campo. Il processo di trasformazione ha dei tempi politici che potranno essere relativamente lunghi, e dei tempi tecnici, di programmazione, di pianificazione e di gestione pratica. Dovremo ridurre al minimo i tempi politici e ciò sarà possibile solo se i ruoli dei protagonisti saranno ben chiari. Alla Regione spetta la programmazione, il finanziamento e la vigilanza del servizio psichiatrico territoriale, non in senso meramente giuridico; alle Province, fintantoché resteranno tali, e alle ULS, quando saranno in attività, compete la realizzazione e la gestione operativa.
Gli operatori sanitari e sociali devono perfezionare un modello organizzativo affinché nelle linee fondamentali vedano realizzati nel dipartimento i momenti preventivi, i momenti curativi, privilegiando l'intervento nell'habitat dell'utente e considerando la degenza ospedaliera con il relativo servizio, soltanto come momento del tutto eccezionale.
A questo punto si tratterà di tradurre in un disegno di legge regionale quanto la Giunta e l'Assessore hanno già espresso a suo tempo con il documento del 10 luglio 1978 prefigurando il modello organizzativo del servizio e prevedendo anche i strumenti di trasformazione dell'istituto manicomiale.
Da ultimo dovremo impegnarci seriamente perché le popolazioni prendano coscienza che il nuovo assetto organizzativo per la tutela della salute mentale non potrà mai funzionare senza un'attiva partecipazione delle masse nella consapevolezza della necessità di lottare contro l'emarginazione dei più indifesi.
Il Piemonte è la prima regione che ha operato in concreto per capillarizzare l'assistenza medico-generica. Dobbiamo però segnalare alcuni tentativi retrivi di fare naufragare l'operazione delle SAUB. Mi risulta che a Vercelli, attraversata la prima fase confusionale e di assestamento l'azione procede ora regolarmente, si sono smaltite le code chilometriche nelle sedi provinciali. Mentre diamo atto agli Enti mutualistici che operano in Piemonte della collaborazione con la Giunta per realizzare il primo passo della riforma, dobbiamo invitare la Giunta e l'Assessore ad una sempre maggiore vigilanza ed incisività di azione affinché nel processo di trasformazione verso le ULS, per spirito corporativo o per connivenze antiriformatrici, non vengano frapposti ostacoli di varia natura.
Da questo rapido e purtroppo incompleto esame su quanto è stato detto nella relazione, dobbiamo trarre una conclusione in termini politici. La Giunta nel campo della sanità si è mossa con chiarezza di idee e in sostanziale sintonia con le istanze emerse in Consiglio. Il discorso vale ovviamente anche per l'Assessorato all'assistenza. Malgrado la fragilità delle strutture operative, a fronte della vastità sempre crescente nel campo sanitario si è registrato un salto di qualità nella gestione con risultati apprezzabili quali il contenimento e la qualificazione della spesa ospedaliera, un avvio deciso del processo di trasformazione del sistema mutualistico, forse una maggiore forza rappresentativa in ambito interregionale e presso il governo centrale. Tuttavia il corso degli eventi è inarrestabile, ci sono nuovi compiti, ci saranno certamente nuove battaglie da condurre e da vincere, ci saranno nuovi traguardi, quindi maggioranza ed opposizione, Giunta e Consiglio nel rispetto dei propri ruoli, nella dialettica, nella verifica, nel confronto, devono indirizzare lo sforzo politico e culturale verso il progresso delle popolazioni.
Certamente il futuro ha le sue radici nel passato recente; qualcuno ha detto che per quanto riguarda l'assistenza socio-sanitaria non partiamo dall'anno zero: alcune grandi linee sono già patrimonio della legislazione regionale, occorre trasfonderle in quella ulteriore che deriverà dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale avvantaggiati dal fatto che quanto in questa aula è emerso in occasione dell'approvazione delle leggi regionali 41 e 39 è coerente, a mio modo di vedere, con i principi della riforma. E' giusto allora prevedere la linea politica di quest'ultimo scorcio di legislatura, linea che vorrei sintetizzare in una rapidissima formulazione.
I tempi della istituzione del servizio sanitario riformato a livello regionale vanno rispettati imperativamente. Vanno recuperati integralmente i contenuti politici delle leggi regionali sanitarie finora approvate coinvolgendo in un civile confronto tutte le forze politiche e sociali: la sanità e l'assistenza sono campi tra loro integrati e necessariamente integrabili. Maggiore e preminente dev'essere quindi l'attenzione del Consiglio ai problemi socio-sanitari.
Sono proposizioni modeste, ma chiare che credo possano trovare concorde la maggioranza e l'opposizione nell'intento di raggiungere risultati in termini di tutela della salute tali che non tradiscano quanto fin qui è stato attuato, che completino il disegno di riforma al quale tutte le forze sociali, e io parlo per il PSI, hanno efficacemente contribuito in tanti anni di lotte e di dibattiti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Furnari.



FURNARI Baldassare

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio intervento non sarà n molto politico né molto tecnico.
Direi quasi che le mie sono alcune osservazioni e domande che il cittadino piemontese farebbe o porrebbe agli amministratori, per due temi così importanti come l'assistenza e la sanità. Infatti, l'Istituto regionale sta svolgendo, in questo momento, il ruolo determinante che le compete per il rinnovamento delle strutture fatiscenti dello Stato. La Regione Piemonte, grazie all'attento lavoro di tutte le forze politiche autenticamente democratiche, ha realizzato importanti traguardi. Certamente non tutto ha funzionato, ma spesso ciò è imputabile anche alle leggi quadro dello Stato, nel cui ambito deve muoversi, in base alla Costituzione, il potere locale. Così nessuna censura può rivolgersi alla Regione se, ad oggi, non è stata realizzata la riforma dell'assistenza e se la legge 382 nella parte specifica delle IPAB, sta subendo alcuni rallentamenti. E sempre a questo proposito, non è certo di aiuto la Commissione prevista dall'art. 25 del D.P.R. 616 che ha riconosciuto finalità educativo religiose anche ad Enti che tali funzioni non svolgono affatto! Prendiamo atto, con soddisfazione, ché il lavoro legislativo, compiuto dalla Regione Piemonte, trovi coerenza con la legge 833 per quanto attiene la gestione ospedaliera.
Si raccomanda l'esercizio di un maggior controllo su tali strutture per evitare casi discutibili come quello relativo al Centro cardiologico delle Molinette, che contribuiscono ad alimentare una ormai generalizzata sfiducia nelle strutture pubbliche. Nell'ambito delle nuove leggi da approntare entro il 1979, si suggerisce di affrontare in termini generali il problema dei ricoveri esteri. Sono da promuovere iniziative atte alla nascita o al potenziamento di presidi sanitari che costituiscano una alternativa valida rispetto a Barcellona, per le malattie della vista, a Lione, per le malattie cardiache, a Parigi per quelle oncologiche. Si chiede anche di assumere iniziative nel campo della lotta ad alcune malattie assai gravi anche se, per fortuna, circoscritte.
Prendiamo, ad esempio, la mucoviscidosi per la quale pare esista un solo centro di cura in Italia, con sede a Verona. Chiediamo che sia data piena attuazione alla legge n. 180, proponendo, se del caso, a livello governativo, le opportune modifiche volte a correggere i difetti di una legge sostanzialmente giusta, ma sulla quale pesa la mancanza di strutture alternative. Ricordo, per inciso, che senza la fretta con la quale si è approvata tale legge, si sarebbe evitato, al momento dell'entrata in vigore, di far rimanere per dieci ore un malato di mente sull'ambulanza perché rifiutato dall'ospedale psichiatrico, ma anche dagli altri ospedali! Chiudere i manicomi fu giusto: era una struttura superata, che limitava le più elementari libertà del cittadino. E' necessario, però, che vengano approntate le strutture curative specifiche, ma inesistenti. I molti casi all'onore della cronaca, che vedono malati protagonisti di efferati delitti, debbono far riflettere sulla necessità che presidi sanitari opportuni vengano definiti ed attuati nell'ambito dell'unità locale dei servizi. Riguardo a queste ultime, si segnala l'urgenza di approvare la legge che ne disciplinerà la struttura ed il funzionamento. Si chiede anche alla Giunta di approfondire l'esame delle strutture esistenti o previste nelle Unità Locali della Provincia: si presume che le grandi città siano sufficientemente dotate, ma zone come il Biellese, l'alto Novarese, alcune zone del Cuneese, sono in grado di assicurare i servizi previsti? Mi sia ora consentita una breve considerazione sul servizio sanitario nazionale.
La prima fase attuativa è contrassegnata da problemi non indifferenti: le strutture amministrative unificate di base (le SAUB) si sono rivelate traumatiche per i utenti costretti a code snervanti per la scelta del medico. E' indispensabile che tali strutture siano immediatamente potenziate per ovviare agli inconvenienti lamentati. Un'altra osservazione riguarda la possibilità concessa a ciascun mutuato di scegliere il medico che vuole, anche in deroga al massimale di assistiti consentito normalmente a ciascun medico. Poiché è impensabile che si consenta ad un medico di avere quattro-cinquemila mutuati, cosa si pensa di fare, passata la fase transitoria? Si chiederà ai mutuati di rimettersi pazientemente in coda per un'altra scelta? Altro punto dolente riguarda il personale delle mutue disciolte. I dipendenti interessati vivono in uno stato di estrema incertezza e, mi si consenta, di paura. Nessuno si è preoccupato di evidenziare loro le varie possibilità ed alternative. Non ci si può, per intenderci, presentarsi con la tecnica delle foglie di carciofo: oggi novanta elementi per la Regione do mani un certo numero per l'INPS, dopodomani altri per l'Inail e così via! Ritengo che la Regione debba inviare a tutti i dipendenti delle mutue disciolte una circolare esplicativa, nella quale siano chiaramente indicate tutte le alternative, consentendo, entro limiti possibili, l'esercizio di una seria opzione. Mi sia, infine, consentito di toccare un tasto assai delicato. L'Assessore Vecchione ha ultimato la rilevazione degli handicappati e bisogna dargli atto che, nell'ambito delle sue competenze ha cercato di attuare i interventi possibili. Mi chiedo, però, quali possibilità reali ci siano attualmente che riducano la nascita di bambini handicappati. Allora domando: quali rimedi s'intendono proporre per la prevenzione a livello prenatale e anche al momento del parto, che forse è uno dei momenti più delicati e nel quale avvengono lesioni irreversibili? Inoltre, vorrei invitare l'Assessorato competente a provvedere perché non debba a ripetersi per il Piemonte, quanto accaduto in Emilia qualche giorno fa. Mi riferisco all'episodio (molto italiano, bisogna dire) del medico che ha inteso l'interpretazione della libertà soggettiva di assistenza del cittadino sino a chiedersi se sono ancora obbligatorie le vaccinazioni antidifterica, antipoliomelitica, ecc, ecc.
L'Italia ha problemi sanitari da Terzo mondo: il pensiero va ovviamente ai colleghi della Regione Campania che operano in condizioni ben peggiori delle nostre. Anzi, credo di interpretare il pensiero di tutti se rivolgo loro un augurio di ben operare, perché la situazione migliori. Ebbene, in queste condizioni mi sembra assurdo che qualcuno si metta a cavillare giuridicamente sull'interpretazione della norma generale di libertà soggettiva all'assistenza sanitaria.
Questa norma, se può reggere nel maggior numero di casi di malattie mentali, certamente cade di fronte alle vaccinazioni cui mi riferivo prima.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Menozzi. Ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in tutti i tempi è sempre stato relativamente facile parlare di riforme, ma, ahimè, ben altra cosa è attuarle e soprattutto conseguire i scopi prefissati. Infatti, riforme che al momento del varo suscitarono tante speranze, si tramutarono poi in cocenti delusioni. Oggi la nostra attenzione è rivolta ad un settore della scottante legge sulla riforma sanitaria e più propriamente alle Unità Sanitarie Locali.
L'art. 14 e seguenti della legge approvata nel dicembre scorso dettano norme in proposito e alle ULS vengono affidati compiti e funzioni notevolissimi per non dire determinanti. E' su questi che intendo soffermarmi. All'art. 25 della citata legge di riforma vengono più propriamente specificate le competenze in tema di prestazioni e di cura e in esse la scelta del medico per l'assistenza generica e pediatrica, tra l'altro in corso di svolgimento.
Se è vero com'é vero che l'Assessore Enrietti, dopo aver emanato le disposizioni attuative e rilevate le difficoltà iniziali, d'altro canto prevedibilissime e giustificabilissime, ha apprezzabilmente accolto la collaborazione offerta dai vari Enti di patronato, è il caso di chiederci come procede il lavoro attinente all'indicata scelta del medico e ci nonostante la menzionata collaborazione. Detta collaborazione è stata ufficializzata con circolare n. 789 dell'11 gennaio e in alcune province i patronati si sono già messi all'opera. Ebbene, nonostante questo, si registrano le seguenti carenze e insufficienze che, per dovere di obiettività è doveroso evidenziare e denunciare: 1) carenza notevolissima di stampati o moduli di rilevazione e variazione degli assistibili. I patronati si trovano nella condizione di incrociare le braccia o di fare ricorso ad ordinativi, ammesso che ciò sia possibile, per entrare in possesso degli stampati medesimi. In verità le SAUB concedono detti moduli con il contagocce 2) insufficienza di personale specialmente nell'assolvimento del lavoro di rubricazione, immatricolazione e restituzione dei certificati mutualistici debitamente vistati, senza i quali i assistibili si troverebbero in difficoltà ad ottenere l'assistenza, anche se una dichiarazione provvisoria attesta che l'interessato ha provveduto ad inoltrare il relativo modello. Comunque, sono situazioni che creano confusioni e perplessità.
Presso un patronato della mia provincia, su circa 5.500 moduli presentati, ne sono ritornati 2.000 vistati; altri 10.000 moduli, già compilati, sono fermi negli uffici del patronato perché le SAUB non sono in grado di riceverli. Questo ci dimostra quanto sia grave la carenza del personale non soltanto di quello addetto agli sportelli ma anche all'interno degli uffici.
3) Pur essendo stata chiarita la questione in merito alla scelta dei medici nei Comuni fuori dalle SAUB, non è stata ancora risolta la questione all'interno delle stesse SAUB, vedi il caso degli assistibili di frazioni situate al confine con un altro Comune e lontane dal Comune capoluogo che vorrebbero scegliere il medico operante nel Comune confinante più vicino.
Già oggi si riscontra che alcuni medici di grossi Comuni preferiscono vedersi scelti dai cittadini residenti all'interno del Comune per non dover percorrere chilometri in strade di campagna al momento della chiamata. E' opportuno esaminare questa situazione in rapporto al numero delle opzioni che in certi casi superano il massimo ipotizzato.
Se il buon giorno si conosce dal mattino, non si può non far rilevare che esistono già alcune nubi. E se vogliamo rispettare il detto che chi bene incomincia è solo a metà dell'opera, occorre, caro Assessore intervenire con la necessaria tempestività, innanzitutto con l'assegnazione alle SAUB di altro personale, perché quello esistente, pur con la buona volontà e pur facendo ricorso a prestazioni straordinarie, ha dimostrato di non farcela.
Non spetta al sottoscritto indicare i modi e le vie per reperire il personale. Saranno necessarie alcune visite ispettive per accertare se presso i uffici mutualistici e presso i uffici periferici della Regione vi è personale eccedente. Occorre inoltre dotare i uffici dei moduli necessari e risolvere la questione dei medici. Questi interventi sono necessari perché le SAUB siano in grado di rispettare il termine del 31/5/79 e perch anziché al 31/5 dell'anno in corso non si abbia ad arrivare al 31/5 dell'anno successivo mettendo la riforma nelle condizioni di muoversi male e di continuare peggio.
Le SAUB, inoltre, a fronte dei molteplici e complessi compiti ad esse affidati, accusano una carenza rappresentativa paurosa di natura democratica. Il discorso investe il contesto generale della legge che per non possiamo non denunciare, nel momento in cui si parla di corresponsabilizzazione, di partecipazione, di crescita democratica. Siamo di fronte ad una legge il cui parto è stato elefantiaco, ma che per presenta questo notevole tallone d'Achille. Sotto questo profilo sono stati compiuti passi a ritroso.
Come non ricordare che con le condannate e condannabili istituzioni mutualistiche alcune categorie erano riuscite a conquistarsi quello che va sotto il nome di autogoverno, dove volenti o nolenti, anche se solo allo stato superficiale e non sostanziale, un briciolo di democrazia era penetrata? Ebbene, andate a leggere il testo di quel mastodontico provvedimento. Scorrete i 80/90 articoli, in un punto soltanto si parla genericamente di rappresentanza. Questo, per chi parla e penso per il mio Gruppo, costituisce motivo di profonda preoccupazione.
Auguriamoci che l'operatività della riforma soddisfi le attese dei cittadini. Oggi, come avviene sempre di fronte al nuovo, siamo ancora assai perplessi e frastornati e particolarmente lo sono le comunità rurali che temono di non sapere a chi rivolgersi per ottenere anche la sola assistenza generica e pediatrica. Opero anche a livello sindacale e posso riferire di decine e centinaia di persone preoccupate perché non sanno quale medico scegliere o perché non c'è o perché si sentono dire che il medico che vorrebbero scegliere ha già superato il numero massimo provvisoriamente consentito.
Ieri, la tutela della salute avveniva prevalentemente in forma monocorde, cioè limitatamente alla fase curativa. Stiamo attenti che per le categorie che ho indicato venga a mancare anche detta assistenza: dopo aver sentito parlare di tutela polivalente e cioè, oltre all'assistenza curativa, anche di quella preventiva e riabilitativa, sarebbe una vera beffa.
Con questo non intendo fare l'uccello del malaugurio, ma solo denunciare alcune disfunzioni esistenti nella fase di avvio. Ci auguriamo che con l'impegno e con la volontà di tutti, soprattutto con una attenta ed oculata azione da parte della Giunta regionale, certe disfunzioni abbiano ad essere scongiurate.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, il dibattito di oggi è tutto improntato all'attuazione della riforma e alle difficoltà che questa presenta.
Come ogni fatto veramente nuovo, e indubbiamente la riforma sanitaria è un fatto tanto nuovo da essere sconvolgente di tutte le strutture esistenti, le difficoltà che si presentano nell'attuazione non sono indifferenti ma sono tali da far tremare le vene ai polsi non soltanto all'Assessore a questo compito preposto, ma anche al Consiglio regionale.
E' la prima volta che alle Regioni viene data la delega di amministrare una legge totalmente nuova. Le difficoltà non debbono tuttavia farci trascurare né l'esistente, né quanto deve ancora essere fatto: più ci troviamo in situazione di insufficienza, più difficile sarà la possibilità di attuare la riforma.
Di quanto è scritto nelle relazioni degli Assessori alla sanità e all'assistenza non posso evidentemente segnalare tutto ciò che non ritengo conforme alla realtà, perché il lungo elenco annoierebbe i Consiglieri.
Alcuni punti però, a nostro avviso, è assolutamente essenziale evidenziare o perché non si sono realizzati affatto o perché si sono realizzati parzialmente tanto che possiamo dire che per il momento non servono. Parlo della lunga gestazione dei dipartimenti 'di emergenza e accettazione per i quali si sono già approvati i preventivi dei costi del personale e delle attrezzature ospedaliere, i schemi generali, sono state contattate le singole amministrazioni, sono stati dati i permessi per ampliare il numero del personale per ognuno di essi, sono già state concesse da un terzo alla metà le erogazioni complessive, sono state nuovamente ricontattate le varie categorie ospedaliere, è stata acquisita la maggioranza del personale del primo pacchetto, nonostante tutto questo ci sembra che tutto sia rimasto come prima. In alcuni casi non è successo niente, come a Novara e a Biella in altri casi è successo pochissimo, come a Pinerolo e a Ivrea.
Ci chiediamo in quali ospedali funzionano quei laboratori che hanno acquisito tre nuovi tecnici per un totale di 120 ore lavorative e che dovrebbero funzionare di notte, al sabato e alla domenica. Ci chiediamo che cosa si debba fare per far realizzare in fretta quel programma che ha avuto una così lunga gestazione, ammesso che non è competenza dell'Assessore tradurre in atti i dipartimenti di emergenza e accettazione, essendo compito dei Consigli di amministrazione, ci chiediamo però come potremo attuare la riforma sanitaria se le varie strutture,che avranno il compito di attuarla in tempi determinati, si comporteranno allo stesso modo in cui si sono comportati i Consigli di amministrazione ospedalieri nei confronti dei dipartimenti di emergenza e accettazione. Quali dovranno essere i meccanismi da mettere in opera da parte della Regione perché non si registrino dei ritardi? La legge sull'interruzione della gravidanza non ha potuto essere applicata compiutamente perché alcuni ospedali mancano di strutture. Mi risulta che oggi la Giunta intende provvedere nei confronti del Consiglio di amministrazione dell'ospedale di Mondovì, il cui ritardo è veramente inammissibile e le cui inadempienze di carattere istituzionale sono incredibili. Capisco che si sono dovute attivare alcune strutture, si è dovuto attendere che i medici e il personale sanitario dichiarassero la loro disponibilità o indisponibilità.
Indubbiamente in Piemonte vi sono ancora gravi carenze tanto che non possiamo dire che la legge sia perfettamente attuata. Alcuni ospedali poi si sono trasformati in macchine per far abortire comportando problemi di carattere psicologico per i operatori sanitari la cui aspirazione, nel momento in cui hanno scelto quella specializzazione, non era di togliere la vita potenziale, ma piuttosto di farla nascere. Il numero ristretto dei reparti in grado di svolgere i interventi abortivi crea dei problemi reali non solo alle donne che vogliono interrompere la gravidanza, ma anche al personale medico e paramedico addetto. Di questo argomento tratteremo in modo più specifico in altra occasione.
La carenza che riteniamo molto grave soprattutto da parte di una Giunta di sinistra è la inattività quasi completa delle unità di base. Ad esse e ai 35 Comuni che parevano intenzionati a lavorare in questo senso, sono state date una prima erogazione di 10 milioni e un'altra di 315 milioni: questa entità dimostra che il problema è stato affrontato in senso minimale nonostante le intenzioni di elaborare una mappa dei rischi che avrebbe comportato l'interazione degli Assessorati alla sanità, all'ecologia all'industria e assetto del territorio. Il programma troppo vasto nei confronti dei mezzi a disposizione della mancanza di operatori qualificati nel settore, vanifica il progetto stesso. Non sarebbe utile rivolgere le indagini a quelle industrie di cui conosciamo in maniera sicura la nocività interna ed esterna? Invece di una mappa dei rischi allargata a tutta la Regione non potremmo incidere maggiormente su settori più piccoli? Non seguire questa parte così importante della salute significa, a nostro avviso, mancare ai principi della prevenzione di cui tutti parlano ma che pochissimi mettono in atto.
Confessiamo poi la nostra delusione per quanto si riferisce al problema della psichiatria che la relazione dell'Assessore Enrietti non approfondisce al di là di un generico entusiasmo per la legge 180 riassorbita poi nella legge di riforma sanitaria. Abbiamo delle vaghe indicazioni sull'hospital day, sulle comunità protette e manca un vero e proprio indirizzo di carattere politico. Non manca - mi sia consentito dirlo - una lavatina di mani dicendo: "se ne sono sempre occupate le Province, continuino ad occuparsene". L'Assessore mi risponderà su questo punto. Questo è un problema antecedente alla riforma sanitaria, tuttavia continua a destare le nostre preoccupazioni.
Non condivido i grandi entusiasmi espressi nei confronti della legge così come non nutro alcun entusiasmo né nei confronti dei vecchi manicomi né di quelli che dovessero succedere ai vecchi. La legge dichiara la vecchia struttura non più usufruibile per i nuovi ricoveri, ma nello stesso tempo non ne prevede una nuova mettendo i Enti nelle condizioni di non poter curare il malato mentale.
Il malato di mente o il sofferente psichico, che nella fase acuta presenta delle gravi difficoltà di inserimento nell'ambiente familiare e sociale, viene curato in reparto ospedaliero; l'indagine sul suo stato patologico e la cura debbono però esaurirsi in 15 giorni più 15, dopo di che l'ammalato viene rinviato alla famiglia perché non esiste nessuna struttura sostitutiva del vecchio ricovero manicomiale, che possa accoglierlo. Non esito a dichiarare che in questo modo si vanno a creare delle sofferenze psichiche indotte poiché l'ammalato, soprattutto se capo famiglia, incide negativamente e profondamente nei confronti dei figli. Ho svolto per 10 anni attività di carattere assistenziale e conosco molto bene certe tristi situazioni. Quante volte un alcoolista si alza dal letto nella notte e minaccia con un coltello in mano i figli e i familiari! Possiamo contare sulla sanità mentale o non sofferenza psichica futura dei familiari? La legge statale un po' frettolosamente ha riversato sulle spalle delle Regioni queste responsabilità, e le Regioni debbono realisticamente valutare il rischio di aver un indotto di malattie psichiche altrettanto gravi se non di più della malattia che aveva costretto il ricovero coatto dell'ammalato di mente. A questo punto, visto che la legge stabilisce precise norme, le Regioni debbono valutare a fondo le sue conseguenze e approntare rapidissimamente alla struttura manicomiale una serie di strutture alternative, effettuare verifiche successive su di esse e insisto su queste verifiche successive. Se invece si attenderanno due o tre anni a mettere in atto le strutture alternative si troveranno nella condizione di avere un indotto di malati mentali che richiederà ulteriori e sempre più ampie strutture alternative. E' indispensabile un controllo sulla situazione attuale per stabilire come funzionano le comunità esistenti sul territorio, se sono effettivamente positive nei confronti del malato mentale, se sono positive nei confronti della sua famiglia, se sono positive per l'inserimento successivo dell'ammalato nella società.
Continuerà ad essere la vecchia struttura di tipo manicomiale? i hospital day,di cui si parla tanto, ci sono? Stanno per attuarsi? Dove s'intendono attuare? In quale quantità e per quanti malati? Le strutture di carattere territoriale sono in grado di curare tutti i ammalati che sono stati dimessi dai manicomi? Sono tali da essere accettate dall'ammalato, oppure sono repellenti per l'ammalato che dovrebbe servirsene? Sono efficienti? Hanno la capacità curativa che si attende da loro, oppure non ce l'hanno? Sono sufficientemente assicurate le visite domiciliari? Queste non sono domande retoriche, sono domande alle quali attendiamo sollecite risposte perché attengono ad un tipo di malattia così grave, così perturbante di tutti i rapporti familiari e sociali che devono seriamente preoccuparci.
Oltre alla parte strettamente curativa dell'ammalato c'è la parte che riguarda i rapporti con il resto della popolazione che presumiamo essere sana di mente. Siamo in presenza di una totale mancanza di cultura sulla malattia mentale, sui modi in cui si manifesta, sul modo in cui deve essere trattato il malato di mente in qualsiasi luogo lo si incontri. Non si pu soltanto dire alla popolazione che deve accettare il malato di mente, che deve imparare a trattare con lui, senza spiegare come deve fare. Possiamo presumere che una persona con una cultura minima, che non abbia mai sentito parlare della malattia mentale o che abbia paura del malato mentale sappia comportarsi senza cadere in stato di crisi quando lo incontra per strada sul tram, sul treno? Questa impreparazione in realtà può provocare negli ammalati una crisi profonda di rigetto. A mio avviso, si deve mettere in piedi una struttura di carattere culturale e didattico con questo preciso scopo. Mi rendo conto che mi dilungo un po' troppo, d'altra parte questa è una delle poche occasioni in cui si dibattono certi importanti argomenti.
Mi compiaccio che l'Assessore Vecchione non abbia ripetuto, come in un documento di un anno fa circa, in cui diceva che il suo fine era l'eliminazione della cronicità. L'avevo sostituito con il Padre Eterno, e mi ero detta che se riusciva ad eliminare la cronicità poteva anche eliminare la morte, quindi potevamo affidarci tutti a lui ed essere tutti contentissimi! Il problema dell'assistenza agli anziani non è di facile attuazione tant'é vero che per il momento non l'ha risolto nessuno Stato del mondo quindi non vorrei accusare l'Assessore Vecchione per non esserci riuscito.
Andrebbe comunque fatta una verifica dei servizi sostitutivi messi in atto da parte dei Comuni delegati dalla Regione e la Regione sarebbe appunto in grado di effettuare tale verifica. L'analisi dovrebbe riguardare soprattutto i servizi di carattere domiciliare per stabilire se e in quale modo hanno avuto efficacia e soprattutto nelle situazioni urbane, se sono riusciti ad eliminare in parte la drammatica solitudine dell'anziano.
Quante volte l'assistente domiciliare trova i cosiddetti morti del lunedì cioè quei poveri anziani che sono morti di sabato o di domenica quando non c'è nessun servizio di assistenza. Questo è un fatto assai grave al quale occorre in qualche modo porre rimedio perché non possiamo pensare che la gente viva e muoia soltanto cinque giorni ..della settimana, quindi non possiamo lasciare senza assistenza domiciliare le persone anziane non autosufficienti. A questo punto è preferibile il ricovero in un istituto oppure questa forma di assistenza alternativa? E' chiaro che un istituto come i Poveri Vecchi non è ipotizzabile.
Pensiamo invece a certi tipi di istituti più piccoli, con possibilità di gestione familiare, con possibilità di collaborazione da parte degli ospitati. Questa soluzione sarebbe utile nelle città, ma soprattutto nelle campagne e in montagna dove molti vecchi sono stati abbandonati dai figli e l'assistenza domiciliare e sanitaria è condizionata dalle nevicate, dalla pioggia che eventualmente abbia prodotto degli smottamenti nelle strade, e così via. Si potranno studiare soluzioni alternative con centri funzionanti durante l'inverno e case vacanza funzionanti durante l'estate.
Si è accennato alla proposta di aumentare il numero delle farmacie comunali nelle zone urbane, ma, a questo proposito, inviterei la Giunta a verificare la situazione gestionale di quelle esistenti in Torino. Non si capisce perché tutte le farmacie comunali sono deficitarie, anche quelle situate in zone centrali, e l'esempio più evidente è quello di Porta Nuova dove abbiamo una farmacia comunale e a 100 metri la vecchia farmacia Boniscontro che notoriamente incassa più di quanto incassano tutte le farmacie torinesi.
Ma vi è un punto strettamente politico che desideriamo evidenziare poiché dagli interventi che abbiamo sentito si è manifestata una mappa di diversificazione fra i uni e i altri, mi riferisco all'intervento del Consigliere Ferrero 'svolto alcune settimane fa e all'intervento del Consigliere Bellomo. Il Consigliere Ferrero diceva che, dal punto di vista istituzionale, il Comitatino potrebbe essere sciolto in qualsiasi minuto anzi potrebbe già essere sciolto.
Ci chiediamo se debba esistere il Comitatino in quanto tale, o se non sia preferibile un organismo tecnico politico intermedio fra la Giunta e il territorio più attivo di quello che ha funzionato finora e tale da essere un punto di riferimento per la Giunta e per la V Commissione. Anche la V Commissione potrebbe giovarsi del parere di un organismo tecnico e non della Giunta in senso stretto, soprattutto perché la mancanza di personale e di strutture che lo stesso Assessore alla sanità ha denunciato e l'evidente impossibilità di strutturare quell'Assessorato secondo le necessità rendono tanto più necessario un punto di riferimento. Sarà opportuno meditare sulla sua struttura e sulle sue caratteristiche istituzionali. Il Consigliere Ferrero, come Presidente della V Commissione dice che le leggi attuative debbono essere fatte dal Consiglio, che la riforma è un fatto molto importante che coinvolge tutte le forze politiche quindi non deve essere un fatto di maggioranza o di minoranza. Il Consigliere Bellomo invece ha parlato di compiti della Giunta e del Consiglio nel rispetto dei propri ruoli.
E' un nodo politico centrale che ci viene esposto con dei punti di vista molto diversi da parte della maggioranza e poiché questi punti di vista non ci vengono presentati dagli Assessori, ma ci vengono da coloro che hanno parlato a nome dei propri Gruppi politici, non possiamo fare a meno di sottolineare la gravità della discrepanza di carattere politico.
Nel momento in cui si chiede alle forze politiche del Consiglio di agire di concerto nella formazione delle leggi attuative all'interno della maggioranza esiste una divisione assoluta, completa: da un lato c'è la visione tradizionale del ruolo della maggioranza alla quale noi repubblicani aderiamo, dall'altro lato invece una visione completamente diversa. Non attribuiamo alla sola Giunta il compito di formulare le leggi attuative della riforma sanitaria, ma allora sarà bene che i Gruppi singoli o i Gruppi riuniti presentino, secondo le vecchie modalità, le loro proposte e che queste vengano discusse in Commissione e poi in Consiglio.
Desidero sottolineare il contributo estremamente positivo, e lo sarà ancora di più in seguito, del Consorzio del centro di calcolo, senza il quale probabilmente le SAUB, sia pure con tutte le loro deficienze, non potrebbero realizzarsi. Dobbiamo dire che la visione della Giunta di portare a termine il progetto del Consorzio e di affidare allo stesso alcuni compiti nell'ambito della strutturazione della sanità è stata anticipativa; attraverso il Consorzio avremo probabilmente la possibilità di ovviare al più presto agli inconvenienti ancora esistenti e di avviare rapidamente l'attuazione della riforma sanitaria.
I repubblicani non hanno approvato la riforma sanitaria esprimendo alcune riserve sulla parte finanziaria, ma sono d'accordo sul complesso della legge (é ovvio che, come ogni forza politica, non aderiscono totalmente, agli 83 articoli, ma sul complesso della legge danno un parere positivo). Dal momento che la legge è operante, riteniamo che sarebbe inopportuno attuarla col rallentatore il che significherebbe non solo un periodo di due o tre anni per il suo rodaggio, quindi di indispensabile confusione, ma potrebbe significare un ritardo di dieci anni senza che questo possa provocare, come alcune forze in realtà desiderano l'annullamento della riforma stessa, ma certamente una riforma mal gestita una riforma abortita, praticamente la non tutela della salute del cittadino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

La conclusione dell'intervento della dottoressa Castagnone Vaccarino dovrebbe attirare la nostra attenzione. Mi dolgo che non sia presente l'Assessore. Nella sua replica comunque dovrà dirci se le preoccupazioni che la collega Vaccarino ha, e che io condivido, siano fondate o meno e che tipo di disegno ci sia nelle due forze di maggioranza.
Dalle dichiarazioni che abbiamo sentito tempo addietro dal Presidente della V Commissione e dal Capogruppo socialista, mi pare di cogliere un indirizzo ben diverso e ben difforme che richiama la responsabilità politica del Consiglio a verificare fin dove arrivi il contrasto perch evidentemente, è su tale contrasto di fondo che si deve leggere la relazione dell'Assessore Enrietti e non tanto sulle 4/5 pagine di autosoddisfazione per aver anticipato nel territorio una struttura non troppo lontana da quella prevista dalla legge.
Da una parte l'Assessorato alla sanità, quindi il Partito socialista ritiene di dover gestire tutta questa materia nell'ambito delle proprie responsabilità e funzioni. Condividendo le affermazioni della signora Vaccarino che l'iniziativa legislativa non è di esclusivo monopolio della Giunta, mi pare che nella specie non si debba fare una solo legge ma un corpus di leggi. Sarà quindi difficile per i Gruppi consiliari, in particolare per quelli di opposizione, contribuire nel momento propositivo.
Avranno molta possibilità di intervento nel momento della verifica a livello di Commissione e di dibattito in aula, ma il momento della proposizione delle leggi riduce di molto la possibilità di intervento dei Gruppi consiliari, in particolare di quelli minori. Le responsabilità che l'Assessore Enrietti e il Partito socialista intendono assumere e difendere mi trova assolutamente consenziente perché quanto meno ho un interlocutore e un responsabile preciso del modo in cui verrà gestita la materia e soprattutto del modo in cui verrà impostato il corpus di normative regionali.
Non mi trova consenziente l'indirizzo che invece sembra emergere dal Partito comunista e cioè che l'Assessore dovrebbe essere quasi un minus habens, circondato da un gruppo di saggi con funzione tecnico-politica: questo significa mediazione tra istanza e posizioni diverse. E' già molto se riusciamo a svolgere in questa sede l'opera di mediazione fra le istanze e le esigenze politicamente e funzionalmente diverse delle quali riteniamo con poco umiltà, di essere rappresentanti. Non pensiamo che questa verifica possa essere ottenuta attraverso una intercommissione che, come al solito verrà composta di Consiglieri, di esperti, di amici degli esperti, di consulenti dei Consiglieri e di consulenti degli Assessori.
Tutto questo non mi piace e mi trova in disaccordo. Sarebbe corretto nei confronti del Consiglio che alla fine di questo dibattito la Giunta, se non l'Assessore, chiarisse la linea sulla quale in tende muoversi la maggioranza. Altrimenti il contributo di verifica, che è compito istituzionale dell'opposizione, rimane estremamente faticoso.
Fatta questa richiesta di chiarezza alla Giunta, do atto ai colleghi che i interventi che mi hanno preceduto ci hanno richiamati alla nostra f unzione di interpreti più delle preoccupazioni, dei dubbi e delle domande che salgono dalla collettività che delle nostre valutazioni di tipo pregiudiziale. In questo senso, limiterò le mie considerazioni alla relazione che ha fatto l'Assessore. Se è vero che il futuro ha le radici nel passato, mi pare che non sia molto producente continuare a dibattere in Consiglio le difficoltà di questi anni, piuttosto di approfondire e cercare di leggere che cosa c'è scritto nella relazione Enrietti, in relazione alle domande che i cittadini si pongono.
In definitiva i cittadini si pongono quei quesiti che a livello nazionale il mio Partito e il Partito repubblicano, in modo diverso, hanno ritenuto non corrisposti in misura soddisfacente. Noi abbiamo detto in primo luogo che la riforma sanitaria, così com'é impostata, pregiudica e mortifica la funzione sanitaria sia in termini di qualificazione della funzione, sia in termini di relazione tra utente e operatore sanitario; e in questo senso vorrei riferirmi in modo specifico al medico. La relazione Enrietti penalizza il corpo dei medici nel senso che non fa nessun riferimento alla loro funzione nella materia che dovranno gestire maliziosamente e subdolamente si dice d'e l'ospedale non dovrà più avere funzioni egemoni. Mi pare che questo linguaggio non sia del tutto casuale poiché nel capo immediatamente successivo si tende a privilegiare la funzione diagnostica del medico generico. Queste affermazioni non sono casuali, ma hanno un significato ben preciso: nella visione dell'Assessore c'è il disegno di continuare quella politica che in Piemonte ha pagato tanto e che hanno pagato in tanti, che ha distrutto molte delle scuole più qualificate sul piano nazionale e sul piano internazionale.
Alla prima riga della pag. 13 si scrive che l'ospedale non deve più avere funzioni egemoni; Assessore Enrietti, come ha già detto la collega democristiana, non possiamo dimenticare che, nonostante tutto e nonostante tutti, in Piemonte ci sono ancora dei settori e dei presidi ospedalieri che sono un fiore all'occhiello, sono vanto e garanzia per l'utenza; uno di questi è l'Oftalmico e non ne indico altri per non peccare, come dice Fanfani, per omissione. Sono questi i risultati che occorre perseguire oltre alla socializzazione della medicina, se si vogliono evitare i ricoveri dei nostri cittadini all'estero con tutto ciò che ne consegue. Non si può ritenere che la medicina viva di populismo, di pressapochismo e di manovalanza: la medicina è soprattutto una scienza qualificata di altissimo livello e di tutto questo - mi consenta, Assessore Enrietti - non c'è scritto assolutamente niente.
C'é scritto, addirittura, che si tenderà a ridurre la diagnosi strumentale. Non apro una vecchia querelle che mi trova probabilmente più vicino di quanto non lo sia la mia posizione sui banchi, ma pensare che la medicina ritorni alla diagnosi del medico generico rinunciando alla diagnosi strumentale, vuol dire andare contro la realtà e contro la storia.
Nella comunicazione dell'Assessore Enrietti non si è spesa una parola sul problema dei nostri rapporti con l'Università, anche se è un argomento non di nostra specifica competenza. Si è parlato di Napoli, nel cui territorio 12 mila medici generici non hanno possibilità di specializzarsi e dove esiste una serie di infermieri che magari conosce il latino, ma che non è assolutamente in grado di intervenire contro delle malattie tipiche.
Senza prendere posizione né nei confronti del numero programmato nella Facoltà di medicina, né nei confronti dell'operato dei nostri padri conscripti a Roma nell'affrontare il problema, mi pare che sarebbe opportuna una collaborazione con l'Università in modo che vengano garantite le specializzazioni in funzione della riforma che stiamo gestendo. Questo mi pare un indice di disattenzione nei confronti della classe medica che è ripetitivo di comportamenti che, Assessore Enrietti, non sono da lei e neanche del suo partito. La invito a fare giustizia di queste omissioni che probabilmente sono casuali ma che ho il dovere di sottolineare.
L'aspetto politico immediato deve emergere alla fine di questa discussione; in difetto, invito le forze di opposizione a sottoscrivere un documento, a proporre un'interrogazione o una mozione.
Molti colleghi della maggioranza, nell'autocompiacersi di aver visto lontano, hanno letto la legge 833 troppo secondo il loro occhiale e probabilmente guardando lontano non hanno visto vicino. La legge tutela il servizio sanitario nazionale, quindi il "socio" che abitualmente è messo davanti non ha molto spazio; probabilmente ne avrà nella legge che si sta dibattendo sull'assistenza.
Stiamo approvando i Statuti delle Unità locali dei servizi e sarà estremamente delicato dal punto di vista politico verificare a che le future unità siano diverse dalle Unità locali dei servizi da potere gestire in modo adeguato le strutture di tipo particolarissimo che trovano sul loro territorio. Pensiamo all'ospedale regionale San Giovanni che si troverà gestito da una Unità locale sanitaria e non sarà gestito dalla Regione. Mi chiedo se lo Statuto che abbiamo approvato è idoneo a gestire quel tipo di problema e come politico mi chiedo anche come dobbiamo fare marcia indietro o marcia in avanti senza determinare delle crisi di rigetto nei confronti dei Comuni o degli operatori che su questo problema si sono orientati.
Questo problema è particolarmente importante per le forze minori, perch per il meccanismo del Consorzio dei Comuni e delle rappresentanze di maggioranza e minoranza, la rappresentanza delle forze intermedie nel complesso negli Statuti finisce per essere estremamente inferiore alla rappresentanza proporzionale che hanno rispetto alla collettività.
Questo problema è estremamente attuale perché la vicenda dell'ospedale San Luigi ci fa pensare che sia abbastanza immediata una decisione da parte nostra. Non possiamo pensare che di giorno in giorno qualche Consiglio di amministrazione di Ente ospedaliero si dimetta e quindi se sia bene o se sia male l'essersi dimesso diventa una questione di sensibilità o anche qui di fughe in avanti per precostituirsi titoli e prerogative oppure sia una fuga dalle responsabilità. Su questo mi pare che la Giunta regionale dovrebbe incominciare a prendere un indirizzo anche se mi rendo conto delle difficoltà che avrà la Giunta a indirizzarsi in questo senso laddove si viene a dire che l'Unità locale sanitaria vede i suoi verbali e i suoi atti, pur non avendo autonomia giuridica, sottoposti all'esame del CO.RE.CO. Questo mi riesce estremamente difficile.
Il mio intervento ha voluto essere stimolante nei confronti di alcuni problemi che non sono stati sufficientemente considerati o volutamente non sono considerati dall'Assessore. Il mio intervento si chiude con la richiesta alla Giunta e alla maggioranza di chiarirmi i termini della loro vertenza che sono la ragione per cui problemi di tipo specifico non hanno trovato risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrero.



FERRERO Giovanni

Il fatto di intervenire nuovamente dopo una ulteriore apertura del dibattito da parte della Giunta, in seguito all'approvazione della legge di riforma sanitaria, comporta da parte mia un'autocritica.
Forse mi dovrò sentire un'altra critica ma non nel senso che intendeva il Consigliere Bianchi alla fine della votazione della legge sulle strutture. Certamente l'età e il temperamento rendono le persone nette e magari con poca esperienza. Non credo di avere raggiunto quella che Sartre chiama l'età della ragione, l'età dell'indifferenza che comunque fa tirare avanti con operazioni sicuramente molto dignitose, ma poco chiare nelle finalità che perseguono. In generale cerco sempre di dire le cose che ritengo debbano essere fatte. Il dibattito mi riconferma nella necessità imprescindibile che quando si entra in questa sala si abbia in modo freddo e predeterminato una opinione e delle idee nella testa, perché risulterebbe molto difficile,essendo vissuto qui per quattro anni, tentare di trarre per se stessi e per i altri una lezione semplice, magari di contrapposizione magari di unità, ma che sia chiara alla comunità regionale.
Vorrei fare l'autocritica rispetto al vecchio stile con il quale facevo il mio intervento sulla sanità, nel quale credo mi facessi prendere troppo dal gusto di arrivare al concreto. Ho sentito parlare di attrezzature, di laboratori, di macchine costose: a me piacerebbe discutere dei morti che hanno fatto le tecniche chirurgiche sui tumori, della gente finita con i eritemi per la cobalto terapia, degli impianti di modellistica per le terapie dei tumori senza norme di sicurezza, al di sotto degli standards di qualità (e direi morali) delle persone che la usano, dell'assoluta incapacità di capire perfino il processo fisico, oltre all'effetto terapeutico, degli elettroni lenti, dei betatroni, dei megatroni, dei calcolatori di cui i ospedali in cui ho lavorato sono pieni. Nei sotterranei ci sono dei sistemi di generazione dell'energia elettrica le cui batterie non sono mai state attaccate; ci sono palazzi vuoti non perch non c'è la gente, ma perché non c'è l'intelligenza che accenda questi impianti.
Nel primo intervento mi ero lasciato trascinare su questo terreno, ma potrei farmi trascinare su tanti terreni, sui fondi alle cliniche private sui meccanismi, sulle classificazioni, sulla correttezza, sui laboratori privati di analisi, sul fatto, ad esempio, che macchinari ordinati allo stesso tempo presso le stesse ditte, o presso ditte similari, arrivano in tempi diversi alla struttura pubblica e alla struttura privata garantendo nel divario, la possibilità di canalizzare una parte consistente dell'utente verso le strutture private. Voglio sapere con quale criterio negli ospedali, alle persone che muoiono per emorragia cerebrale, si dice di far venire, pagandolo, un chirurgo da un altro ospedale; poi i si dice che sarebbe opportuno fare un ulteriore esame con il tomografo assiale computerizzato, che è assolutamente inutile, ma garantirebbe ad una certa clinica privata che lo possiede altre decine di biglietti da mille; questa povera gente dovrebbe prendere la persona con l'emorragia e trasportarla da un ospedale pubblico, dopo che ha fatto venire un consulto a pagamento, in un ospedale privato. Queste cose le ho dette allora, ma credo sia stato un errore perché su questo terreno non si arriva a concludere le decisioni sulle quali le forze politiche in qualche modo debbono impegnarsi e scegliere.
Ciascuno di noi deve sapere che il mondo è semplice. Non credo al fatto che esistano grandi complessità, cose che richiedono studi incomprensibili tutte cose che vanno benissimo nei fumetti per accontentare i bambini: le lame galattiche, il tuono, il superman; quando si comincia a dire che il mondo è complicato è perché ci sono altri elementi di semplicità che si vogliono nascondere. Una lezione e una scelta politica per la difesa dello Stato repubblicano deve essere chiara e responsabile nei confronti della comunità, tale che i giornalisti possano scriverla in modo che si Capisca.
Voglio toccare uno dei terreni più delicati: il misto tra assistenza e scuola, terreno delicatissimo che tocca in termini di principio questioni complesse e difformi nelle vedute di ciascuno di noi.
Ho preso i dati del riparto dei fondi dell'assistenza scolastica di un anno qualsiasi. Comprendono la cifra per ogni unità locale del Piemonte e alcune variabili: la superficie territoriale, la popolazione, la popolazione scolastica divisa per fasce di età e alcuni altri parametri più specifici inerenti la scuola. Salto i aspetti statistici dell'operazione.
Il calcolatore è richiesto di individuare le variabili che rappresentano il criterio di ripartizione dei fondi che è stato effettivamente adottato e che è rappresentativo. Il calcolatore individua, una dopo l'altra, quelle variabili che permettono di estrarre il massimo di informazione dal riparto.
La prima variabile che emerge é, guarda caso, la popolazione, cioè il numero degli abitanti. La seconda variabile - e questo sicuramente richiederà una profonda revisione della legge 39 - è la superficie territoriale. Pare confermato come queste due variabili da sole arrivino al limite di significatività e tutte le altre informazioni aggiungono "rumore". Non è sempre così: questo è un caso brutale. Ma badate bene che se voi faceste un discorso di questo tipo, cioè che i meccanismi di riparto dei fondi debbono essere fatti come base di partenza, prima che i Comitati comprensoriali discutano, ad esempio, sulla base della popolazione e della superficie territoriale, e che le variazioni rispetto a quella proposta di riparto debbono essere discusse e motivate su un piano politico chiaro, in termini di squilibrio, di situazione storica pregressa diversa, ecc., credo che ridurremmo e semplificheremmo moltissimo le procedure amministrative.
Ma questo, in quest'aula, fu detto non essere possibile. Fu costruita una teoria sul fatto che ogni processo è separato dagli altri e richiede una grandissima cura, attenzione, meccanismo, ufficio, Ente, struttura e chi ne ha più ne metta.
E arriverò anche alla legge 39 e al perché dico che oggi si votano i Consorzi che sono in discussione, non solo, ma si dà mandato alla comunità di accelerare i tempi per l'approvazione degli altri.
Nemmeno sul terreno istituzionale accetto un discorso che dica che la complessità della legge di riforma, che è grandissima, è la maschera e il telo dietro la quale si nascondono dei meccanismi di blocco, di ritardo e di avvio dell'inizio dei processi. Sappiamo benissimo nella nostra comunità che cosa significa ridiscutere le rappresentanze tra le forze politiche contrattate in sede locale, sappiamo che l'art. 15 della legge di riforma sanitaria, per essere interpretato senza attribuire incoerenza al legislatore nazionale, richiede l'unica interpretazione possibile che è quella che le comunità locali hanno concretamente mediato e praticato nei rapporti tra le comunità e i Comuni. Non interessano i numeri delle Unità locali dei servizi, questo è del tutto marginale. Vi posso garantire che altrettanto semplicemente con quel criterio di riparto quasi tutte le Unità locali stanno dentro; qualcuna sta molto sopra; nessuna sta molto sotto non solo, ma in quelle che stanno molto sopra esistono attorno delle zone che stanno sotto alla media, cioè non esistono soltanto dei poli a livello regionale ma, individuate delle aree nella nostra Regione, esistono a loro volta dei meccanismi di attrazione attorno ai punti centrali.
Vorrei fare il disc orso sull'edilizia ospedaliera, sull'edilizia sanitaria, sulla passata Giunta, su questa Giunta, su quella che verrà.
Sono convinto che i meccanismi che decidiamo con l'attuazione della riforma condizioneranno i prossimi 10/15 anni, ammesso che esistano ancora delle Regioni che non siano schiacciate completamente tra Stato e Comuni. Andrà fatto un discorso sull'interpretazione del decreto Pandolfi, secondo me molto positivo per rilanciare l'attività legislativa della Regione e per spogliarla di amministrazione attiva, ma anche molto rischioso se interpretato in modo strumentale attraverso una combinazione del decreto Pandolfi, dell'uso della Cassa Depositi e Prestiti, dell'interpretazione restrittiva e del controllo del Ministero degli interni attraverso i Commissari di Governo e attraverso altri strumenti centrali; che può anche avere un segno radicalmente diverso dal segno positivo che io auspico.
Voglio dire che la discussione che facciamo oggi condiziona anche le Giunte future e del futuro si discute quando si mettono in piedi dei meccanismi che hanno delle continuità, che vanno al di là della volontà di chi governa.
Non ho dubbi che sorgerà la questione degli Statuti dei Consorzi. E' chiaro che in questo caso ci si assume in tutti i luoghi la stessa responsabilità.
Rispetto al dettato della legge 39, in alcune situazioni specifiche, su richiesta, pressione e volontà politica delle comunità locali, sono state date delle interpretazioni leggermente forzate, che i stessi CORECO hanno peraltro approvato ritenendole legittime. Sono persino discutibili questi meccanismi di doppia rappresentanza. Queste cose furono poste nei dibattiti dei Comitati comprensoriali, nelle comunità locali come condizioni imprescindibili per la realizzazione concreta di una unità tra soggetti istituzionali che il governo centrale e anche le forze politiche non avevano coraggio di chiarire: la dottoressa Vietti non ha fatto menzione al problema del Comune di Lanzo rispetto alla Comunità montana, e cosi per il Comune di Biella, di Pinerolo, di Ivrea e di un'infinità di altri Comuni dell'Eporediese.
L'art. 15 della legge di riforma sanitaria permette di far passare i Comuni del Piemonte da 1209 a 76? No. Se i Comuni rimangono 1209 e se le Comunità montane rimangono quelle che sono, voglio sapere con quale volontà astratta e contro i Comuni, il legislatore regionale potrà studiare qualcosa di meglio e di più acuto di quanto la stessa comunità locale ha sviluppato in un anno di discussione con tutte le contrapposizioni e le unità politiche che ci sono state.
Se andiamo a vedere la proposta di zonizzazione che la maggioranza e la Giunta avevano avanzato allora su una serie di questioni era probabilmente preferibile rispetto a quella che tutti insieme abbiamo ritenuto di approvare e lo ritenemmo perché il concorso degli Enti locali aveva apportato delle modifiche, quindi preferimmo un discorso politico concreto a un illuminismo astratto.
Con la stessa logica chiedo chi oggi può sostenere che il lavoro svolto dai partiti di migliaia di riunioni, dall'agosto 1977 all'inizio del 1979 è irrilevante rispetto agli infiniti numeri e criteri che la legge fissa. Si tratta di fare tempestivamente una legge che raccolga un 'espressione sostanziale della Comunità montana. Se si decide oggi di non votare, si fa una scelta che non è legata alla riforma sanitaria; già allora si fece una scelta che, in carenza della riforma sanitaria e in presenza del D.P.R. 616 incontrò delle perplessità



VIETTI Anna Maria

La legge 39 non era ancora approvata.



FERRERO Giovanni

Allora eravamo più fiduciosi nella speranza che a livello nazionale tutti i partiti mantenessero i patti; voi forse eravate meno fiduciosi che li mantenessero. Ebbi il D.P.R. 616 alcuni giorni prima che venisse votato nella sua stesura sostanziale; quando quel giorno ci ponemmo il problema di votare la legge 39, con tutte le sofferenze e le difficoltà che ci potevano essere, non potevamo avere dubbi che la strada dell'associazione dei Comuni in quella forma era la strada maestra che i accordi nazionali e il D.P.R.
616 trattavano.
In attesa che con l'iter opportuno il Consiglio regionale e il Commissario di Governo rendano operanti le leggi applicative della riforma sanitaria (minimo mesi tre), bisognerà informare la comunità regionale. O volete che si proceda in modo indiscriminato e antidemocratico? Il che significa che almeno nei mesi di giugno o luglio si possano illustrare alcuni criteri fondamentali e profondamente innovativi rispetto alla situazione attuale; il che significa che ci ritroveremmo nei mesi di settembre e ottobre a rivotare deliberazioni, organi, strutture e poco prima della fine del 1979 ad approvare le ultime leggi di contabilità.
L'articolo sulle norme finanziarie parla di incompetenza di cassa verifica di cassa ogni due mesi e, in caso di cassa non coperta, vi sono procedure di cambiamento sostanziale del programma, riconvocazione dell'assemblea ecc. La volete fare quando i Consorzi non sono nemmeno costituiti, in modo che non abbiano diritto di esprimere la propria opinione sulle norme finanziarie? Io direi di no.
Si arriva al primo di gennaio del 1980, anno che avrà molti significati, con i primi timidi tentativi di combinare la faccenda finanziaria. Si vuole questo? Allora è chiaro che abbiamo deciso che la riforma sanitaria riguarderà la legislatura successiva.
E' una decisione questa che molte Regioni seguiranno e ritengo che la nostra Regione non debba seguire, perché la legge nazionale di riforma è una grande vittoria vinta anche per effetto delle iniziative assunte in Piemonte; quindi mi sento solidalmente impegnato a una realizzazione tempestiva con tutti i sforzi possibili. Se diciamo che la discussione sui testi è una pura finzione e che questi articoli ci penserà la prossima legislatura ad applicarli, facciamo un discorso inaccettabile, che tuttavia capisco. Se invece diciamo che oggi, coi tempi che la legge di riforma prevede, occorre definire le forme istituzionali, i schemi di bilancio, la mobilità del personale, il mantenimento dei livelli dei servizi, il decentramento dalle province, i problemi sulla psichiatria; allora tutto quello che la comunità regionale ha espresso per volontà del legislatore è oro colato.
La questione delle SAUB è sempre la stessa rifritta in altro modo. In questo caso non si parla più dei Comuni, ma si parla di strutture tecniche e amministrative transitorie che dovrebbero essere soppresse quando ci saranno i Consorzi, e quando la Regione con proprie leggi e lo Stato con decreti nazionali le passerà ai Comuni. Quindi fino al 1980 rimangono tutti i problemi organizzativi che ricordava il Consigliere Menozzi, perché né la Regione né i Comuni possono mettervi mano essendo strutture sospese che vigono con i regolamenti interni delle mutue però con competenze amministrative passate alle Regioni, quindi tenendo conto dei ruoli dei commissari liquidatori, ma sulla base delle direttive del Ministro della sanità, sentiti i Comuni, ma sulla base delle direttive regionali: questo pendolino rimane lì. Se mi trovassi nelle condizioni di un lavoratore a cui un organo legislativo ha detto di rimanere sospeso, non sarei tanto contento e mi sentirei in diritto di far valere le mie posizioni sindacali.
Vorrei sapere se ci saranno dei trasferimenti ulteriori di personale degli Enti mutualistici, dalla Regione Piemonte alle Regioni meridionali e quali orientamenti Governo e strutture amministrative interne delle mutue intendono assumere per garantire alla Regione Piemonte soluzioni tecniche e una struttura sufficiente, visto che alcune amministrazioni mutualistiche hanno la metà o il 30% in meno delle piante organiche.
Non credo tocchi al Piemonte andare alla Regione Sicilia o in altre Regioni a porre la questione della mobilità dell'inquadramento unico nazionale del personale, del meccanismo del reclutamento e delle liste regionali. Sono problemi tecnici ma vi è anche il problema politico qualcuno dovrà occuparsene spiegando alle amministrazioni mutualistiche che non si manda alle SAUB gente in maternità o che sta per andare in pensione di lì a un mese o che si mette in mutua tre giorni dopo l'arrivo.
Va anche detto che è stato l'Inam a sopportare il grande peso del personale anche se altre mutue hanno contribuito. Se un lavoratore dalla sua cassa mutua ha l'indicazione che se entro il 31 del mese di dicembre non va a fare la coda perde la mutua, quella persona va a fare la coda fogli di questo genere sono stati affissi nei luoghi di lavoro piemontesi.
Perché non abbiamo il coraggio di utilizzare l'art. 8 dello Statuto? Per applicare la riforma sanitaria bisogna decidere quante centinaia di milioni si devono spendere per manifesti, dépliants, cartelli, pagine di giornali per spiegare alla gente dove si trovano i uffici, quali sono le procedure per accedervi, chi ne ha diritto, chi non ne ha diritto, che cosa occorre fare per avere l'assistenza. E' chiaro che mancando qualunque informazione il lavoratore non sa che cosa fare, chiede all'amico, l'amico dice di essere andato; allora va anche lui nel timore di essere escluso dato che il cittadino medio è convinto che dallo Stato c'è da aspettarsi poco e dice "sarà come la razione del pane: se arrivo presto mi iscrivono, se arrivo dopo non mi iscrivono più".
Poiché nella convenzione unica nazionale si sono fatti dei compromessi secondo me accettabili, che portano delle conseguenze, questa corsa è anche giustificata.
Dobbiamo decidere qui se vogliamo fare dell'informazione preventiva o se riteniamo che dare dei dépliants in giro per sapere dove sono le SAUB è un attacco all'autonomia dei partiti, al dibattito democratico. Se non si assumono delle iniziative che coinvolgano i Comuni si arriverà obbligatoriamente ai patronati. Dobbiamo però avere ben chiaro che questa scelta è suicida perché significa raddoppiare il lavoro. Immaginate una persona che va in un ufficio del patronato e compila un modulo; dopo di che quel modulo viene trasmesso alle SAUB, le quali però non vedranno diminuire il loro carico di lavoro perché dovranno ricostruire la situazione dell'assistito.



MENOZZI Stanislao

Un conto è un persona con 1000/2000 moduli, e un altro conto è mandare un lavoratore a fare una coda di 1000/2000 persone.



FERRERO Giovanni

Però se si dimensiona uno sportello al 50% del carico si ha una probabilità su due di arrivare e di non fare assolutamente coda.



MENOZZI Stanislao

Ci sono cittadini che per raggiungere le SAUB percorrono chilometri di strada, fanno la coda per una giornata intera e spesso se ne ritornano a casa senza aver operato la scelta del medico.



FERRERO Giovanni

Il problema è che la gente abita troppo distante dalle SAUB e nessuno ha creato un più ordinato afflusso. In molte SAUB le cose vanno benissimo e lo so personalmente, dato che ogni tanto per curiosità vado negli uffici di Torino per vedere qual è la situazione generale.
Il Consigliere Menozzi può anche immaginare che cosa succede se presso l'ufficio delle SAUB arriva il modulo sbagliato, sono minuti che l'impiegato deve perdere per ricercare l'errore, telefonate da fare e così via dicendo. Chiunque ha fatto lavoro d'ufficio sa come la moltiplicazione delle sedi richiede un aumento di prestazioni, intanto perché certe situazioni si duplicano, inoltre perché occorre un ulteriore tempo per coordinare chi lavora. E' il meccanismo che tende alla nullificazione di chi lavora e al rigonfiamento delle funzioni di coordinamento dei pensieri: più la situazione diventa complicata più richiede grandi e numerosi pensatori, molti cervelli che pensano insieme richiedono un ulteriore coordinamento. Questa era la situazione preesistente. Le doppie registrazioni, Consigliere Menozzi, esistevano o no? E come si configurano ove accertate? Sicuramente si configurano come soldi buttati.
Non basta discutere dei principi generali, occorre avere idee sufficientemente chiare e semplici. Occorre che ci pronunciamo sul modo in cui vanno fatte le indagini, se in modo mirato, in base a scelte, a priorità, a criteri, oppure in modo che chiunque venga mandato in qualunque laboratorio per fare qualunque esame, anzi, il moltiplicare degli esami è il moltiplicarsi della salute dei cittadini.
Il nostro partito ha sempre sostenuto la battaglia sull'unità di base sulla centralità nei luoghi di lavoro, e che era possibile partire da questi luoghi per costruire delle metodologie che nei decenni avrebbero reso la medicina meno consumista e più orientata verso i aspetti preventivi, verso l'individuazione dei rischi e meno orientata a tamponare a diagnosticare senza curare. Esiste una molteplicità di malattie sulle quali l'intervento sanitario è pressappoco nullo; quasi tutte le malattie degenerative permettono pochissimi interventi riparatori ma grandissime possibilità di indagini diagnostiche per mezzo dei tomografi assiali computerizzati. Come ingegnere elettronico posso dire che sono delle macchine meravigliose e se fossi bambino vorrei che mi regalassero un tomografo assiale computerizzato. E' una macchina che viene usata per il controllo dei rotori delle macchine di duralluminio per vedere le incrinature interne nelle cavità di oggetti e che permettono di misurare la densità del cervello superando la barriera della scatola cranica. Tutto questo mentre ancora non si sa se è il virus sinciziale o se è qualcos'altro quello che continua ad uccidere i bambini di Napoli! Non sono contrario alle specialità, anzi sono per il più alto sviluppo della cultura, però vorrei che il sistema sanitario fosse in grado di documentare i effetti che la spesa e il lavoro producono.
Il sistema odierno non documenta nessun effetto. E vengo a quanto affermava l'Assessore Vecchione sui piani delle Unità locali. Non credo che intendesse esprimere un giudizio negativo sui Comuni, bensì intendeva rimarcare il fatto che quando si chiede un programma di attività in primo luogo si valuta l'entità dei fondi necessari, poi si viene al tipo di attività e per ultima cosa si dicono quali sono i obiettivi; così avviene dei 911 sperati e sottostimati miliardi che si spendono solo per la sanità ogni anno in Piemonte. A me va benissimo un meccanismo con grande capacità di documentare i effetti sapendo che questo è l'elemento decisivo della funzione dirigente. Il Piemonte è pieno di dirigenti sanitari, che sono retribuiti più di noi e che hanno alte funzioni sanitarie; primari ospedalieri, aiuti ospedalieri, direttori amministrativi, direttori sanitari, vice direttori, tutte persone secondo me preziose per contribuire alla riforma della sanità. Ma queste persone devono essere in grado, sulla base di scienza e di conoscenza, di capire quello che succede e di proporre dei concreti miglioramenti della situazione attuale che non abbiano come conseguenza l'aumento della spesa essendo questo uno dei criteri che il legislatore nazionale ci impone. Dovendosi necessariamente procedere all'estensione di alcuni settori e alla diminuzione di altri, sarebbe positivo che i Consigli regionali indicassero dei criteri su questa materia e il piano socio-sanitario va in quella direzione.
Il Consiglio regionale dovrà approvare un piano sanitario e un piano ospedaliero comprendente alcune grosse scelte che incominceranno ad introdurre dei cambiamenti.
Il discorso delle SAUB, del coinvolgimento degli operatori comportano accanto ai principi di unificazione, anche il discorso che bisogna farla finita con i doppi lavori.
La logica delle SAUB, cioè l'utilizzo del personale vecchio per un lavoro nuovo e lo spostamento delle informazioni, degli uffici, degli organici per attuare la riforma, secondo me, andrebbero estesi a tutti i Enti e a tutta la Regione nel giro di pochissimi mesi. Quella impostazione deve essere estesa al registro tumori, alle province per i aspetti psichiatrici, agli ospedali per tutto ciò che riguarda la metodologia di unificazione degli archivi sui dimessi e sui non dimessi. E' una operazione che tecnicamente può essere avviata nel giro di 5/6 mesi. E' questa la direzione verso cui bisogna andare, oppure è un'altra? La riforma sanitaria è una legge con degli elementi negativi, ma sostanzialmente buona, oppure è una legge di principi che viene rinviata alla prossima legislatura e che noi non applicheremo? Ho parlato troppo forte e non credo di poter alzare ulteriormente la voce. L'abbasso decisamente e concludo con un'ultima questione. Come si affronta questa fase? Chi le fa queste cose? Ho sentito dire che i titolari dell'iniziativa legislativa sono la Giunta, il suo Presidente, i Consiglieri, i Comuni singoli o associati e sono, come nel caso della legge di iniziativa popolare (per la quale sono scaduti i termini di Statuto e per la quale implicitamente chiedo il mandato di continuare i incontri per perfezionare una posizione con la quale arrivare in aula), i cittadini.
Su questo punto la discussione è del tutto sterile ed è .sterile per le ragioni che dicevo all'inizio. Se fossi amministratore presso il Comune di Torino e ritenessi che le leggi regionali sono gravemente lesive del grosso problema sanitario nei rapporti con i aspetti economici, industriali salute dei lavoratori (asbestosi, silicosi e tumori, malattie ritenute prioritarie dalle organizzazioni sindacali); se ritenessi di non poter rispondere positivamente alle organizzazioni sindacali che mi sollecitano su specifici terreni, voglio vedere quale sarà la legge regionale che verrà approvata contro un milione e duecentomila cittadini, contro le organizzazioni sindacali! Si potrà anche tentare di approvarne un'altra, ma allora la scelta sarà di non fare nulla. Ho citato il caso macroscopico del Comune di Torino, ma esiste il caso altrettanto macroscopico dei piccoli Comuni che hanno i segretari comunali a scavalco, che sono al di sotto dei 5000 abitanti i quali altro non fanno che bilancio di competenza e di cassa, la verifica ogni due mesi, i bolli e i timbri: è già tanto se riescono a stendere in qualche modo un bilancio.
Se le leggi applicative della riforma sanitaria non definiranno degli strumenti e delle modalità che rendano nei piccoli Comuni gestibile il meccanismo della riforma, la situazione sarà altrettanto grave come quella del Comune di Torino. Le Comunità montane, l'Uncem, i Comuni, le forze politiche si faranno promotrici di iniziative per riaffermare il ruolo delle zone montane. c'è il modo di mettersi in viaggio tutti assieme incominciando a dare le informazioni necessarie a tutti.
Consigliere Marchini, la questione riguarda anche il Gruppo liberale perché se ritenessi che tutti i Gruppi hanno la stessa informazione per presentare le leggi, nei confronti dei tuoi elettori personalmente saresti inadempiente, però la sproporzione tra le leggi presentate dai partiti di maggioranza o dalla Giunta e quelle presentate d a altri Gruppi, senza nemmeno misurarne la rilevanza, è così spaventosa che se non ci fosse qualche ragione di tipo strutturale, si dovrebbe ritenere che c'è un'altra ragione, comunque non commendevole. Non ritengo che le cose stiano così. Ci possono essere delle valutazioni politiche ma, secondo me, sovente ci sono delle valutazioni di fatto. Un conto è dare un indirizzo e avere pretesti in alternativa, altro conto è dover passare le sere a scrivere, a verificare le righe, le virgole e a compulsare i testi.
Chi ha delle informazioni di prima mano dettagliate, ha sicuramente anche la lucidità politica per affermarle esplicitamente e potrebbe anche dire quale significato politico possono avere e quale significato politico intende dare.
Non sono Capogruppo di un partito, non sono Assessore, sono il Presidente della V Commissione che ha girato il Piemonte per consultare sulle leggi 41 e 39, e sono convinto che il rapporto con i 20 mila Consiglieri del Piemonte è indispensabile e lo sento come fatto angoscioso.
Ricordo le obiezioni durante le consultazioni, nelle quali non si trattava di discutere di una legge, ma era opportuno almeno leggere ad alta voce la legge affinché i interventi ne prendessero per la prima volta visione.
Queste difficoltà derivano dal fatto che il segretario comunale è a scavalco e dalle mille questioni che incombono sui Comuni. Sento molto questo problema in Commissione, l'ho detto apertamente. Ho anche posto un'altra questione: chi le fa queste cose? Nessun esecutivo, nessun Consiglio regionale farà fare a 1209 Comuni questo o quello, se non saranno i 1209 Comuni che vedranno nelle strade nuove proposte, una soluzione per risolvere i problemi del passato e quelli nuovi.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Oberto vorrei avanzare una proposta. Il dibattito che si è svolto dopo l'introduzione dell'Assessore Enrietti, è stato molto serio e molto accurato. A meno che la Giunta sia di diverso avviso, non credo sia opportuno dare delle risposte necessariamente improvvisate a una questione di tale portata che ha avuto un così alto livello di preparazione, per cui, dopo aver ascoltato l'intervento del Consigliere Oberto, propongo di chiudere la discussione generale, offrendo ai due Assessori l'occasione di replicare nella prossima seduta del Consiglio, e di concludere il dibattito con i documenti che si riterrà opportuno approvare.
Vi sono obiezioni? Non ve ne sono. La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Sono rimasto ad ascoltare l'intervento del Consigliere Ferrero nonostante fossi sollecitato ad andarmene perché oltre a dire che ci sono degli apparecchi del cobalto non operanti e messi in cantina e che una certa quantità di altri strumenti sono distrutti o resi pressoché inutili temevo dicesse che anche il pace maker è inefficiente e allora ero preoccupato perché sono proprio i ingegneri elettronici a fare quei controlli.
Ma il Consigliere Ferrero sarebbe anche un bravissimo avvocato non soltanto per il tono che ha usato, non soltanto perché ha detto di fare l'autocritica e di condannare se stesso per quello che aveva detto, ma perché poi ha creduto di stritolare con un fattore critico tutto quello che è stato detto da coloro che erano in contrasto con le relazioni degli Assessori. Ha avuto anche l'abilità di dire: "adesso calo il tono di voce" poi lo ha ripreso e l'ha portato ad un tono anche superiore. Il suo intervento indubbiamente pregevole, per il livello, per la durata tale che non consente più a chi parla, non preparato, di restare allo stesso livello.
Non saranno certamente i 45 minuti utilizzati dal collega Ferrero quelli che utilizzerò io. Voglio anche fare una premessa, lui ha parlato di cose semplici, io vorrei dire che il mio apporto è fatto con molta umiltà portando avanti un'esperienza personale: 18 giorni di ricovero in un ospedale della mia città e quattro giorni di ricovero alle Molinette quindi il problema sanitario non visto freddamente dal legislatore o dall'amministratore, ma visto dal paziente con tutte le esperienze che sono connaturate alla particolare situazione. E' un discorso che può avere delle implicazioni abbastanza delicate e gravi.
Assessore Vecchione, siamo arrivati alla circolare n. 5.000? Avete fatto 5 mila circolari per mettere ordine nel campo dell'assistenza? Sono rimasto abbastanza esterrefatto; arrivati alla cinquemillesima circolare finalmente si dice qualche cosa di preciso per riportare ad unità in ambito zonale un complesso di attività oggettivamente interdipendenti, ma...



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

Partono dall'inizio delle legislature.



OBERTO Gianni

La prima viene messa da parte. c'è soltanto l'abilità del collega Ferrero che torna alla prima, che sta in questa, che addirittura si infutura nella successiva. E' per questo che i chiedo che dica qualche cosa di quello che sarà la nuova Giunta, perché saremmo tutti abbastanza curiosi di sapere se dobbiamo votare questi provvedimenti di legge perché questa Giunta possa realizzarli e attuarli o se invece dobbiamo andare alla futura Giunta che, per semplice ipotesi, potrebbe avere una ricomposizione all'antica, quindi ci potrebbe essere una specie di giustificazione a fare in fretta...



BONTEMPI Rinaldo

E' un bravo avvocato anche lei!



OBERTO Gianni

La ringrazio di questo riconoscimento. Cinquant'anni di toga non sono portati avanti del tutto inutilmente. In questo momento però non faccio l'avvocato, faccio solo alcune constatazioni.
Nella relazione dell'Assessore Enrietti, senza ombra di malizia, mi è parso di cogliere una specie di narcisismo che si illumina di immenso: pagine e pagine, parole e parole, una relazione che non consente una consultazione pratica. Mettiamo un punto e andiamo a capo, ogni tanto mettiamo un titolo dove si parla di malati di mente, dove si parla di attrezzature per i ospedali, facciamo un piccolo indice per rendere leggibile il documento.
Ho avuto anche una grossa preoccupazione durante l'intervento del collega Bellomo quando dice che la salute è un bene patrimoniale dello Stato. Io non intendo collocarmi come parte di un bene patrimoniale dello Stato, non rivendico una concezione patrimoniale dello Stato, rivendico una posizione di dignità umana e dico che tutta l'attività del servizio sanitario deve avere essenzialmente riguardo all'uomo.
Fatta questa premessa, mi limito a due prese di posizione, una è collegata all'interrogazione che avevo fatto sull'assistenza psichiatrica e l'altra è relativa alla gestione ospedaliera interna. Vado a ruota libera senza consultare i appunti che avevo preso. Un ammalato che è stato per circa due anni in campo di concentramento va in corsia, è stato nei biposti, nei triposti, avendo vicini dei compagni di ventura e di sventura.
E' in una corsia e, anche volendo, non può avere una diversa collocazione.
E' giusto, questo? Una amministrazione saggia della sanità pubblica non pu consentire a dare una diversa collocazione? Questo livellamento che mette tutti in condizione di dover accettare la componente collettiva e collegiale del ricovero può piacere a molti. Ricordo due miei compagni di sventura di cuore che, dal mattino alle 6 della sera,disturbando tutti i altri, facevano i elogi della fonduta e della bagna cauda, uno dicendo che beveva tre fiaschi di vino al giorno (povero cuore che ha sopportato questi insulti per tanto tempo! ). Ma questo si sopporta ancora, c'è però chi muore vicino, c'è chi interviene con l'erompere del male e distrugge quel tanto di benessere che può dare il sonno, forse anche più delle attrezzature alle quali faceva riferimento il collega Ferrero. E' una direttiva importante che può venire dalla Regione non come linea di sovrapposizione all'organismo interno, ma come linea di indirizzo.
Mi domando poi perché, quando ci sono delle realtà egregiamente funzionanti come il reparto di Cardiologia dell'ospedale di Ivrea, non si valuta la possibilità di dotarli di strumenti, di mezzi e di organico che consenta di funzionare. Quel reparto non ha la possibilità di applicare il pace maker, apparecchio che si applica con estrema facilità da parte di un medico, per cui un ammalato deve essere trasferito in barella a Torino entrare in un altro elemento di degenza. Venendo poi alla gestione interna mi domando se non si fanno i conti delle spese, perché negli ospedali le luci rimangono accese dalle 6 del mattino alle 12 della sera con un intervallo di sei ore di luci soffuse. Per non dire poi del calore incredibile tanto che si aprono le finestre sciupando energie e denaro. La Regione non potrebbe indicare una linea di indirizzo e stabilire dei rapporti a carattere volontaristico o a carattere consorziale di quattro o cinque ospedali per l'acquisto dei materiali, per le forniture delle lenzuola, del pane, della carne e così via dicendo? La gestione sanitaria è fatta con un criterio che risponde allo spirito della riforma? Nella scelta degli strumenti di cui dotare i ospedali siamo larghi, siamo generosi certo non nel dare il cobalto che va a finire in cantina. Leggo sui giornali che mancano 2000 o 3000 infermieri. Uno dei contatti preziosi avuto in questi giorni è stato quello con dei giovani medici e con delle giovani infermiere che mi hanno riconciliato con i giovani, per la loro dedizione, per lo spirito di servizio, per l'apertura ampia" collega Ferrero, proprio per l'autocritica che hanno fatto, al momento in cui erano all'Università, rapportato al momento in cui giovanissimi ancora entrano al servizio della cosa pubblica.
Mi sta particolarmente a cuore il problema dei malati di mente.
Leggiamo tutti i giorni sul giornale che un dimesso dall'ospedale psichiatrico, in casa da 15 giorni, ammazza il marito, ammazza la moglie ammazza il figlio, va per strada, entra in uno stabilimento, entra in una trattoria, uccide, ferisce, ferisce se stesso. Ci rendiamo conto di questo? Ho l'esempio di una ventina di casi di dimessi dagli ospedali psichiatrici di affidati alle cosiddette "case famiglia", ai cosiddetti "elementi protetti" che combinano di questi guai. Vogliamo andare avanti veramente così? In secondo luogo ricollegandomi a quello che ha detto la dottoressa Castagnone Vaccarino, mi domando se è pensabile che sia sufficiente avere 15 letti a disposizione in un numero limitato di ospedali per ricoverare i sofferenti di mente? Ci rendiamo conto che 2/3/5 malati di mente possono occupare quel letto per 15/30/50 giorni? I dimessi dal manicomio sono adesso in uno stato di relativa euforia, i stessi familiari stanno vicino a loro, ma questa situazione li stancherà. E' vero quello che ha detto la signora Castagnone Vaccarino: sopportano oggi, domani, postdomani, poi non sopportano più e può succedere il fattaccio come può sorgere una insofferenza tale da ammalare anche i familiari. Quanto ha fatto la Regione decentrando il servizio, prendendo delle intese con le Province, come l'Assessore Enrietti ci dà conto nella relazione è assolutamente non sufficiente, questo tema dev'essere approfonditi alla luce della concreta rilevazione dei dati.
La legge mentre distrugge il manicomio classico, mantiene la casa di cura giudiziale che rimane costituzionalmente corretta e anche l'imputato che sia stato prosciolto per un vizio parziale di mente è ricoverato dopo scontata la pena (solitamente il ricovero avveniva prima dello sconto della pena, salvo diversa eccezionalissima determinazione del giudice). Siamo ancora su una posizione accettabile? La Regione non ha competenza in questo, ha però la possibilità di farsi iniziatrice di una iniziativa per chiedere la riforma di queste disposizioni. Pensate per un momento ad un evaso da un manicomio giudiziale che viene a rissa con qualcuno, che ferisce; è portato dal medico che lo cura per le ferite riportate. Il medico a quel momento rileva il suo stato di malato di mente, lo vede in condizioni di pericolosità per sé e per i altri, non ha più la possibilità di denunziare, quindi lo lascia circolare.
Nel quadro della priorità della quale avete parlato e della quale vi compiacete, vogliamo prendere una iniziativa in questo senso? Vogliamo essere i ultimi a prenderla una iniziativa di questo genere? Ho detto a braccio alcune cose che voleva sottolineare. Desidererei avere risposta sugli accorpamenti degli ospedali per le gestioni non soltanto dal punto di vista amministrativo per i acquisti dei materiali, dei medicinali, ma concettualmente.
Nella zona canavesana c'è un ospedale a Castellamonte, uno a Rivarolo uno a Cuorgné, un ospedale a Pont Canavese e ci sono molti altri casi di questo genere. E' possibile collocare in un ospedale il reparto di chirurgia, nell'altro il reparto di medicina? Vogliamo lasciar andare la gestione degli ospedali a ruota libera con una visione subprovinciale e subcomunale? Vorrei che nel tempo che intercorre di qui alla replica si accertasse esattamente qual è la posizione dei degenti dimessi dal manicomio e a quali ospedali vengono affidati.
Vorrei ancora aggiungere un'osservazione non perché la cosa mi possa riguardare personalmente, ma perché tocca l'Assessore alla sanità che ha collaborato con me nella passata Giunta e già il collega Beltrami aveva avuto un accenno in questa direzione. Non è né corretto né esatto dire che quell'Assessore non ha fatto nulla. Coloro che hanno fatto parte della passata amministrazione sanno quanto quell'Assessore fosse puntato personalmente dai Consiglieri Vecchione e Berti. Non scriviamo in una relazione come questa che nulla è stato fatto; pensate per un momento a che cosa potrebbe succedere in quella futura Giunta di cui ha parlato il collega Ferrero, se si dicesse di questa Giunta che non ha fatto niente! Ciascuno faccia il suo dovere, non è sempre necessario andare a vedere quello che non è stato fatto; semmai può essere soddisfazione di tutti continuare nel solco di un'opera fattiva, iniziata da altri, perfezionarla tenendo presente che oggi ci sono degli strumenti legislativi estremamente validi e importanti che mancavano a quel momento.
Mi scuso dell'intervento fatto a braccio forse lontano dall'impostazione che aveva l'intervento del Consigliere Ferrero, ma mi è parso giusto dare un modestissimo apporto di esperienza diretta. Grazie.



PRESIDENTE

La proposta che ho avanzato è stata approvata. Convoco i Capigruppo per stabilire il calendario dei lavori della prossima settimana.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,45)



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